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Clinica Ortopedica
Clinica Ortopedica
Argomenti
• Artrosi pag. 24.
• Cifosi e Lordosi pag. 12.
• Deformità congenite pag. 2.
• Distacchi epifisari pag. 48.
• Distorsioni pag. 52.
• Fratture Arto Inferiore pag. 41.
• Fratture Arto Superiore pag. 28.
• Fratture Bacino pag. 39.
• Fratture Vertebrali pag. 35.
• Lussazioni pag. 49.
• Scoliosi pag. 16.
1
Non sono da considerarsi condizioni congenite predisponenti: l’eventuale lussazione della testa del femore (si parla di
anca lussabile alla nascita – vedi oltre), così come l’eventuale perdita di rapporti articolari per malformazione
embrionaria.
Epidemiologia
La frequenza della DCA varia nei diversi Paesi e nelle diverse razze, presente fino al 2,5 per mille,
risultando quasi sconosciuta nella razza nera. La percentuale generale va dallo 0,6 al 2%
considerando le lussazioni e fino al 6% considerando i vari stadi di malattia. In Italia la frequenza
varia dallo 0,1 allo 0,6%, considerando la lussazione, ma aumenta considerando le anche lussabili e
displasiche. Il rapporto maschi/femmine è di 1:5; il lato destro è colpito nel 20% dei casi, il sinistro
nel 33% dei casi, la bilateralità arriva al 47%. Il fattore familiare è del 3 - 12%.
Etiopatogenesi
• Fattori genetici: differente razza e presenza di familiarità. Le displasie su base genetica del
cotile e del femore sono da considerarsi solo fattori predisponenti, ma da soli non determinano
la lussazione.
• Fattori meccanici: sono preponderanti, spt nelle primipare; sono chiamati in causa la
presentazione podalica, spt quelle con iperflessione ed extrarotazione delle anche, così come la
macrosomia, l’ologodramnios ecc., quindi, in definitiva, tutte le condizioni di sproporzione tra
utero e feto.
Alcuni lavori recenti (Dunn, Seringe ecc…) hanno dimostrato che la lussazione può avvenire:
• Durante la vita fetale: quando si instaura conflitto meccanico.
• Non può avvenire durante il parto perché i traumi ostetrici comportano distacco epifisario
prossimale del femore anziché una lussazione.
• Dopo la nascita: se l’anca è instabile, cioè lussabile.
Classificazione
A scopo didattico si usava definire la DCA in diversi stadi subentranti:
• Prelussazione o displasia propriamente detta.
• Sublussazione.
• Lussazione.
• Lussazione inveterata.
Ad oggi, invece, si è capito che il carattere subentrante non è presente e che la lesione principale di
partenza è l’anca lussata o sublussata in utero. Da qui:
• Anca displasica.
• Anca lussabile: che può evolvere in sublussabile e stabile (in entrambi i casi è riscontrabile la
displasia), o può evolvere in anca normale.
• Anca lussata riducibile: può evolvere in anca sublussata o in lussazione inveterata.
• Anca lussata irriducibile: con certa evoluzione in lussazione inveterata.
Anatomia Patologica
Le lesioni variano per il feto, neonato, lattante e bambino.
FETO, NEONATO E LATTANTE
Si riconoscono, essenzialmente:
• Anche lussate e sublussate.
• Anche displastiche.
Nelle anche lussate e sublussate:
• Capsula: lassa nella sua parte postero-inferiore (chambre de luxation).
• Legamento rotondo: allungato, nastriforme, talvolta atrofico o assente.
• Limbus cotiloideo: talvolta assente o più spesso deformato in eversione o inversione; il
cotile perde la rotondità diventando ovale; presenza di una salienza smussa nella porzione
postero-superiore del bordo dell’acetabolo definita neo-limbus (Ortolani).
• Testa del femore: un po’ appiattica per l’appoggio anomalo e per la pressione del
legamento rotondo.
• Collo femorale: angoli di inclinazione e declinazione aumentati = coxa valga anteversa.
Secondo Dunn si parla di DCA:
• I grado: sublussazione con limbus everso.
• II grado: lussazione intermedia con limbus in parte everso, in parte invertito.
• III grado: lussazione con limbus invertito.
Nelle anche displasiche:
Le anomalie morfologiche riguardano esclusivamente il cotile, che risulta:
• Primitiva: non mostra beneficio con trattamento e non mostra evoluzione verso lussazione.
• Secondaria: ad una lussazione spontaneamente ridotta all’atto del parto (specie dopo
presentazione podalica), o dopo un trattamento.
BAMBINO ALL’ETÀ E DOPO LA DEAMBULAZIONE
• Displasia cotiloidea: cotile insufficiente per mancanza di copertura antero-superiore della testa
del femore associata a coxa valga anteversa.
• Sublussazione: anomalia a carico del polo antero.superiore dell’acetabolo, là dove poggia la
testa femorale più o meno anteversa. Allontanamento della testa del femore dal fondo del cotile
e la sua risalita verso il bordo dell’acetabolo.
Esame clinico
L’esame clinico prevede raccolta anamnestica su evoluzione della gravidanza, della primiparietà,
della gemellarità, della presentazione, della modalità del parto, nonché della presenza di antecedenti
familiari. Disporre il bambino supino su tavolo duro in modo che il bacino non ruoti,
completamente nudo, ben rilassato (provocando il riflesso di suzione). Osservare la posizione
spontanea delle coscie: se sono in abduzione sono probabilmente normali; l’atteggiamento
asimmetrico delle coscie è dubbio per l’anca con limitazione in abduzione.
• Studio di ab-adduzione: abduzione a neonato supino con ginocchia flesse a 90° è di 70-85°; se
inferiore a 50° si parla di limitazione per retrazione degli adduttori ⇒ effettuare la prova del
tono degli adduttori (stretching rapido fino a 70°, ritorno alla normalità e poi stretching dolce
fino a 70°: se c’è limitazione l’anca è a rischio). Adduzione a paziente prono, con ginocchio
flesso a 90°; prima si abduce l’anca e poi la si adduce. Se l’arto non raggiunge la linea mediana
del corpo si ha retrazione degli abduttori ⇒ si ha rischio all’altro arto perché risulta in
adduzione per obliquità del bacino e retrazione degli adduttori. – In questa posizione si studia
anche la lassità della capsula legamentosa con la prova di Trelat o della squadra ⇒ si effettua
extrarotatazione dell’anca che, se affetta da patologia, può determinare contatto tra margine
laterale del piede e piano del letto.
• Scroscio articolare: si può apprezzare, a volte, anche uditivamente; lo scrosci è rilevabile nei
movimenti di adduzione per lo più nelle stesse posizioni; ha carattere di benignità, ma è da
controllare sempre.
• Segno di Savariaud: consiste nell’accorciamento dell’arto affetto, nel passaggio dalla posizione
supina a quella seduta, mantenendo le ginocchia estese.
• Manovre di studio dell’instabilità:
• M. di Le Damany – rivela un’anca lussabile: pz supino con arti addotti ed anche flesse a
90°, si pone palmo della mano sul ginocchio fless, police su faccia interna della coscia e
medio su regione trocanterica; adducendo ulteriormente l’anca e spingendo i femori
posteriormente, l’anca può lussare; lasciando la presa ritorna alla normalità.
• M. di Ortolani – rivela un’anca lussata riducibile: posizione del pz e delle mani come la
precedente. Si pratica movimento di abduzione e lieve extrarotazione delle cosce, tirando
vero l’alto e spingendo sul grande trocantere verso l’avanti e medialmente; l’anca lusata si
riduce con una netta sensazione di scatto. Se si lascia la presa, l’anca rilussa facilmente.
• M. di Barlow – rivela un’anca instabile con Ortolani negativa. Pz supindo, una mano
stabilizza la pelvi con pollice sul pube e le dita sul sacro, l’altra mano circonda l’arto da
esaminare ad anca flessa a 90° e ginocchio completamente flesso, ponendo il medio sul
grande trocantere e il pollice sulla faccia interna della coscia; si porta la coscia in abduzione
intermedia (circa 40°). Prima parte: spingi con pollice indietro e verso l’esterno alla radice
della coscia ⇒ se la testa femorale scivola sopra il bordo posteriore dell’acetabolo, l’anca è
Imaging
• Ecografia secondo Graf: secondo la metodica di Graf, bisogna riscontrare i punti di repere,
tracciare le linee di base, del tetto cotiloideo e del tetto cartilagineo, con la misurazione degli
angoli α e β. Se l’angolo α > 60° e β > 77°, si ha anca normale e centrata.
• anche displasiche (stadio 2A+,2A-,2B), con angolo alfa tra 50° e 60°;
• anche critiche e "decentering hips" (stadio 2C, D), con angolo alfa tra 43° e 49°;
• anche decentrate (stadio 3A, 3B), con angolo alfa minore di 43°.
Molto rare sono le anche di stadio 4 ("femore calvo"), in cui non è possibile effettuare una
misurazione, poiché i punti di repere non sono più rilevabili per la marcata lussazione e
deformazione del margine cotiloideo e del labbro acetabolare. Anche con angoli β > 77° sono
decentrate.
• RX: varia in base all’età ed agli stadi.
• Primi mesi di vita: per l’incompleta ossificazione si fa ricorso all’ECO.
• 4-6 mesi: permette di evidenziare la displasia dell’anca mediante il riscontro della tipica
triade di Putti: 1) angolo C di Hilgenreiner risulta aumentato finanche i 45°,
continuandosi quasi sulla stessa linea del profilo dell’ala iliaca (fig. 57a): sfuggenza ed
esagerata inclinazione del tetto acetabolare; 2) ipoplasia o mancanza del nucleo della testa
del femore; 3) allontanamento del nucleo femorale riscontrabile nel quadrante infero
esterno nel diagramma di Ombredanne.
• Sublussazione: persistenza della sfuggenza del tetto e ulteriore allontanamento e risalita
della testa del femore con interruzione dell’ogiva di Shenton.
• Lussazione: sfuggenza del tetto acetabolare e spianamento del cotile; perdita completa dei
rapporti articolari e testa del femore in sede iliaca; eventuale impronta scavata nell’ala iliaca
(neo-cotile) e doccia di migrazione; deformazione della testa del femore; ipoplasia,
antiversione e valgismo del collo femorale (coxa valga anteversa).
Diagnosi
Alla nascita va effettuato sempre l’esame clinico da ripetere più volte nel corso dei primi mesi di
vita; in caso di sospetti, va effettuata l’ECO secondo Graf, ed eventualmente anche l’ecografia
dinamica dell’anca. Verso il 4° mese va effettuata anche la RX. La diagnosi differenziale tra
lussazione su base displastica e acquisita (trauma, osteoartritica, paralitica) si basa su indagine
anamnestica e sul quadro radiografico, che mostra, in questi ultimi casi, una conformazione normale
del cotile e dell’epifisi femorale nelle forme traumatiche e paralitiche; nelle forme infettive (artriti
acute da piogeni, osteoartriti tubercolari ecc…) è evidente la presenza di ampie lesioni distruttive
dei componenti articolari.
Più la diagnosi è tardiva, più il trattamento risulta difficile, più i rischi iatrogeni aumentano e più
diminuisce la possibilità di una restitutio ad integrum, perché diminuisce il potenziale evolutivo del
cotile.
Esiti
Possono verificarsi rigità articolari, a seguito del’apertura della capsula; può residuare un lieve
valgismo, che può essere anche solo apparente per l’eccessiva antiversione del collo del femore
(possono correggersi da sé durante l’accrescimento – per questo non si effettua più l’osteotomia di
centramento). Questa patolotogia predispone sempre alla coxartrosi.
È tra le anomalie scheletriche più comuni rilevabili alla nascita. È un’affezione solitamente
bilaterale e si può presentare con differenti gradi di gravità. Può accompagnarsi frequentemente a
displasia dell’anca, e ad altre alterazioni dello scheletro, per cui bisogna porre molta attenzione alla
diagnosi radiografica di tutto l’apparato locomotore. In caso di bilateralità, si può avere la stessa
lesione ad entrambi i piedi, o diverse.
Epidemiologia
L’incidenza di PTC resta più o meno stabile. Va da 1-2 per la razza caucasica ai 3-4 per la razza
orientale su 1000 nati vivi. La percentuale aumenta in caso di aborto spontaneo, specialmente in
patologie cromosomiche (trisomia 13, trisomia 5+, trisomia 18). Il sesso maschile prevale con un
rapporto 2:1. In figli di consanguinei aumenta l’incidenza al 20-30%, così come in figli di portatori
si ha un aumento al 25%.
Definizione e classificazione
Per PTC si intende una deformità del piede, presente alla nascita, caratterizzata da uno stabile
atteggiamento vizioso del piede per alterazione dei rapporti reciproci tra le ossa che lo
compongono, cui si associano alterazioni capsulari, legamentose, muscolo-tendinee e delle fasce.
Lasciata a se stessa, ad eccezione del piede talo-valgo (vedi dopo), esita in una modificazione
strutturale dello scheletro del piede per cui la deformità diviene sempre più difficilmente
corregibile. Esistono 4 varietà di piede torto congenito. In ordine di frequenza:
• Piede equino-cavo-varo-addotto-supinato.
PIEDE EQUINO-CAVO-VARO-ADDOTTO-SUPINATO
Questa forma è il PTC propriamente detto. È la varietà più frequente (70-75%), predilige il sesso
maschile ed è frequentemente bilaterale.
• Articolazione astragalo-calcaneare: il calcagno è varo e tende a ridurre l’angolo di Kite,
sovrapponendosi all’astragalo. Sul piano laterale, il margine posteriore tende a risalire, per il
tendine d’Achille ispessito e retratto. Nei casi gravi l’asse del calcagno può risultare anche
parallelo a quello dell’astragalo.3
• Articolazione astragalo-scafoidea: lo scafoide lussa medialmente, fino a prendere contatto, nei
casi gravi, con il malleolo interno. Con lo scafoide tutte le ossa si portano in adduzione.
• Articolazione calcaneo-cuboidea: perdita dei rapporti articolari, fino a completa lussazione
mediale del cuboide.
Di conseguenza tutte le capsule ed i tendini si ispessiscono, con fibrosi e retrazione.
2
Durante lo studio ECOgrafico prenatale si raccomanda sempre una valutazione dinamica del feto sollecitandone i
movimenti.
3
Paragone di Farabeuf: come una barca il calcagno vira adducendosi, beccheggia abbassando la sua estremità
anteriore ed alzando quella posteriore, rulla supinandosi (inclinandosi sulla sua faccia esterna).
PIEDE TALO-VALGO
Il piede si presenta in atteggiamento opposto al precedente, cioè in massima flessione dorsale: in
alcuni casi la superficie dorsale del piede è a contatto con la regione anteriore della tibia. La
flessione plantare è possibile solo passivamente. Può essere bilaterale e non è infrequente
l’associazione con DCA o piede equino-cavo-varo-addotto-supinato all’altro arto.
L’angolo di Kite è più ampio del normale, ed in visione laterale l’angolo astragalo-clacaneare >
60°. A livello delle strutture molli si può verificare retrazione del tendine del muscolo tibiale
anteriore, che può condizionare i tempi e modi di trattamento.
Per il trattamento, ci si avvale di manipolazioni per indirizzare il piede in equino, correggendo
conteporaneamente il valgismo. Generalmente tende a correggersi da sé. Tra una manipolazione e
l’altra bisogna applicare presidi ortopedici per mantenere la correzione: tutore costituito da una
vulva di plastica eseguita su calco gessato del piede in correzione; potendo persistere l’incremento
dell’angolo astragalo-calcaneare, con conseguente piede piatto pronato, bisogna utilizzare plantari
dinamici modellati. Interventi cruenti sono mirati all’allungamento dei tendini dorso-flessori del
piede.
METATARSO ADDOTTO
Non si parla più di “metatarso varo” perché in questa condizione è solo l’avampiede addotto,
mentre il retropiede è in linea con la gamba.
Le alterazioni anatomo-patologiche riguardano solo i rapporti tra mesopiede e avampiede. In
particolare lo scafoide si lussa medialmente e con esso il primo cuneiforme e il primo metatarso;
può associarsi una componente di supinazione più o meno accentuata. È frequente la retrazione
capsulo-tendinea mediale ed una retrazione del tendine del muscolo adduttore del 1° dito.
Per quanto attiene al trattamento, anche qui bisogna effettuare manipolazioni nei primi giorni di
vita, riportando l’avampiede in posizione normale, tenendo fermo il calcagno. Tra una
manipolazione l’altra si possono usare tutori regolabili. Non servono, di norma, più di 40-60 gg di
trattamento. In caso contrario, si utilizzano ortesi e/o si provvederà ad un trattamento cruento con
la resezione del tendine del muscolo adduttore del primo dito.
Å alexys3 S.U.N. Napoli Æ Pagina 10 di 59
PIEDE REFLESSO-VALGO / ASTRAGALO VERTICALE
Altrimenti detto “piede a dondolo”; è una rara forma caratterizzata da inversione della volta
longitudinale. Risulta, nella maggioranza dei casi, sostenuto da disturbi neurologici centrali (Paralisi
Cerebrali Infantili), periferiche (mielodisplasia), oppure è legato a patologie muscolari (miopatie) o
nervose (neuropatie periferiche progressive).
L’alterazione anatomo-patologica è caratterizzata dalla presenza dell’astragalo in posizione
verticale, a continuare idealmente l’asse tibiale ⇒ il calcagno posteriormente e i metatarsi
anteriormente tendono a dirigere verso l’alto, configurando “il dondolo”.
Il trattamento prevede manipolazioni e chirurgia per riporre l’astragalo in posizione normale.
TORCICOLLO
ALTRI TIPI
• Torcicollo congenito osseo – S. di Klippel-Feil: è raro. L’atteggiamento vizioso del capo è
legato ad anomalie congenite vertebrali: sinostosi atlanto-occipitale, emisponsilie, sinostosi ed
aplasie vertebrali ⇒ sempre anomala brevità del collo. Il trattamento prevede solo tutori.
• Torcicollo acquisito osteoarticolare: da processi infiammatori acuti o cronici del tratto
cervicale (reumatismi, discopatie, tbc, ecc…) e da fattori traumatici distorsivi del rachide.
• Torcicollo acquisito vario o sintomatico: da astigmatismo, diplopisa, disturbi labirintici,
mastoidei, ascessi oro-faringei, miopatia, isterismo, altro. Trattare la causa.
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Sono state abbandonate le teorie traumatiche, infiammatorie ed embrionarie.
CIFOSI
Ipercifosi posturale
Il dorso curvo posturale consiste in un aumento della cifosi dorsale generalmente accompagnato da
un'accentuata lordosi lombare. Talvolta la cifosi può essere anche molto marcata, ma rimane co-
munque clinicamente discretamente mobile, facilmente e volontariamente correggibile.
Secondo Hanberg gli atteggiamenti cifotici dell'età giovanile sarebbero da attribuirsi in prevalenza
ad una ipostenia dei muscoli erettori del tronco cui consegue un'accentuazione della curva fisio-
logica. Alla componente muscolare si sovrappone difficoltà neuromotoria di controllo
posturale.5
Alla radiografia i corpi vertebrali hanno contorni di normali dimensioni e non vi sono segni né di
cuneizzazione né di irregolarità delle limitanti.
Sono generalmente curve ben correggibili ma potenzialmente possono andare incontro a
strutturazione con conseguente rigidità; è anche possibile che un grave dorso curvo posturale
dell'età giovanile possa in età adolescenziale divenire un Morbo di Scheuermann (con il riscontro
di cuneizzazione vertebrale), ed in questi casi il riscontro di alterazioni dei corpi vertebrali è molto
precoce.
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Spesso è presente un atteggiamento psicologico di introversione, chiusura.
LORDOSI
IPERLORDOSI LOMBARE
La lordosi lombare raramente richiede un trattamento: è infatti una zona del rachide totalmente
mobile interposta tra due tratti rigidi (le cifosi sacrale e toracica) che si riconfigura in base alle
richieste funzionali determinate dalla necessità posturale rispetto ai punti fissi dati dall'orientamento
del bacino e dall'orizzontalità dello sguardo. Quindi un aumento della lordosi in ortostasi è
generalmente secondaria a un incremento della cifosi toracica e/o ad una antiversione del bacino.
Sono poi da considerare con particolare attenzione i rari casi di iperlordosi causati da
deformazione congenita del rachide lombare, da stenosi spinale negli acondroplastici e secondari
a procedure di shunt lombo-peritoneali.
ANAMNESI
Il momento dell'anamnesi non può mai essere trascurato, perché ci può orientare verso possibili
secondarismi che non possono essere mancati. E' quindi importante raccogliere le notizie circa
l'anamnesi familiare, fisiologica e patologica remota. Determinante è indagare sui dolori vertebrali,
anche saltuari o lievi, che spesso si associano al M di Scheuermann.
• Inclinometri: valutazione delle curve sagittali del rachide; constano, nella loro
forma più comune, di un telaio rettangolare di supporto a un goniometro a scala
circolare con un indice pesante. Essi si dispongono, a paziente in stazione eretta
naturale, su tre punti di repere del rachide: T1 (caudalmente all'apofisi spinosa C7),
T12-L1, e S2 (linea congiungente le SIPS), Dalla somma degli angoli (a + ß) letti su
T1 e T12 si ottiene l'angolo di superficie della cifosi toracica e dalla somma degli
angoli (ß + γ) letti su T12 e S2 si ottiene l'angolo di superficie della lordosi lom-bare.
Radiografia
L'esame radiografico principe per lo studio dell'ipercifosi è la radiografia laterale in ortostasi ed in
telemetria a due metri di distanza dal rachide con le braccia flesse a 45° e le mani poggiate su di un
supporto. Il paziente deve tenere la testa diritta.
Se al test di Adams si verifica la presenza di una scoliosi significativa, è importante associare una
proiezione anteroposteriore. Si calcola poi il grado di cifosi e lordosi con il metodo di Cobb.
Trattamento
Nelle forme iniziali consiste nell’applicazione di corsetti antigravitari, di tipo Millwaukee, Boston o
Chenau, modificati per cifosi mediante spinte dorsali. Nei casi gravi si applicano corsetti gessati.
Nei casi molto gravi (Cobb > 50°-60°), si effettua trattamento chirurgico effettuando correzione
della deformità e artrodesi vertebrale per via anteriore o posteriore.
corsetto Chenau
LA SCOLIOSI
Definizione
È una deviazione vertebrale che si manifesta su di un piano obliquo, essendo somma di una
inflessione laterale e di una rotazione delle vertebre. Tale deviazione non si corregge
spontaneamente alla flessione del tronco in avanti e si manifesta clinicamente con un gibbo costale
o lombare. Aspetti anatomo-patologici quali la rotazione e la cuneizzazione vertebrali sono sempre
costanti e rendono rigida ed evolutiva, in grado variabile, la deformità.
rotazione cuneizzazione
Epidemiologia
Mediante screening scolastici durante il periodo di massima incidenza della malattia (6-15 anni), si
è registrata un’incidenza molto variabile, dal 4 per mille al 7 per cento. Secondo Shands ed
Eisberg, l’incidenza è dell’1,9% e solo nello 0,5% si registra scoliosi > 20°.
Classificazione
Genesi Età Sede curva primitiva Entità deviazione
• Idiomatiche • Neonatali • Toracica • < 20°
• Congenite • Infantili • Lombare • 20° - 40°
• Acquisite • Giovanili • Toraco-lombare • > 40°
• Adolescenziali • Doppia primaria6
• Cervico-toracica
Altri caratteri classificativi sono: autorisolvenza/evoluzione e convessità (dx o sx).
Da notare, in particolare:
• Curve infantili incidono ugualmente tra i due sessi e sono, per il 90%, sinistro-convesse,
ulteriormente divisibili in autorisolventi (resolving) ed evolutive.
• Curve giovanili, di gran lunga le più frequenti e scoliosi dell’adolescente sono molto spesso a
sede toracica e destro-convesse nel 90% dei casi, e con un’incidenza m:f = 1:4.
Etiopatogenesi
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Anche dette combinate dorsali e lombari: in presenza di doppia curva si definisce la scoliosi doppia primaria
(toracica e lombare, doppia toracica…).
ANATOMIA PATOLOGICA
Ogni localizzazione della scoliosi presenta caratteristiche anatomopatologiche elementari definibili:
• Curvatura principale o primitiva: prodotta direttamente
dall’agente eziologico della scoliosi. Può interessare
ognuno dei tre distretti rachidei (dorsale, cervicale,
lombare), oppure ognuno dei loro tratti di passaggio. Si
distingue per le forti modifiche strutturali delle vertebre.
• Curve secondarie o di compenso: sono secondarie quelle
curve che si sviluppano nei tratti sopra e sottostante la
curva primitiva, al fine di compensare lo strapiombo
creatosi.
• Vertebra apicale: ogni vertebra posta all’apice della
curva, sul piano frontale, la più distante dall’asse normale.
• Vertebre estreme: ogni curva ha due vertebre poste ai
limiti, e rappresentano la zona di transizione (vertebra
neutra) tra curve di senso opposto.
• Rotazione: tutto il tratto interessato dalla curva ruota
intorno all’asse longitudinale, con torsione delle vertebre
su sé e i corpi si portano sul lato convesso della curva.
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A livello cervicale si parla di S. di Klippel-Feil: accorciamento del collo e atteggiamento coatto per ridotta escursione.
EO E SINTOMATOLOGIA
La sintomatologia insorge ed evolve in maniera subdola e senza alcuna compromissione delle
condizioni generali. Va valutato il paziente sia frontalmente che dorsalmente.
• Strapiombo: allineamento tra protuberanza occipitale e linea interglutea con filo a piombo.
L’allontanamento può essere scoliotico, da atteggiamento scoliotico o da scoliosi statica; per
DD provi a fare “sospensione” e “soletta”.
• Incurvamento laterale della linea risultante dall’unione di tutte le apofisi spinose.
• Slivellamento biscapolare – bispinoilaco ant.sup., con perdita parallelismo.
• Scapola: abbassamento di una scapola rispetto all’altra.
• Mammelle: nelle bambine come per la scapola.
• Triangoli della taglia asimmetrici.
• Tronco/bacino: eventuale strapiombo.
• Gibbo: valutazione e misurazione in mm.
QUADRO RADIOGRAFICO
L’esame va praticato su RX della colonna “in toto”, comprendendo anche il bacino; va effettuato a
paziente in stazione eretta (in carico), in posizione supina (fuori carico), ed eventualmente in
sospensione (con il collare di Sayre - DD per atteggiamento scoliotico). In proiezione frontale si
può obiettivare una scoliosi statica, correggibile mediante l’uso di solette ortopediche. L’esame
viene effettuato anche con il massimo bending. Che cosa si ricerca con l’RX?
• Forma: alterazioni di forma delle vertebre (cuneizzazione e aspetto trapezoidale), max in
vertebra apicale e minima in vertebre estreme.
• Rotazione: entità della rotazione dei corpi vertebrali, tanto maggiore quanto più l’immagine
delle spinose si sposta verso la concavità della curva e i corpi verso la convessità.
• Sede: della curva primitiva.
• Maturità ossea: a livello delle epifisi della mano sinistra del soggetto mediante il confronto
dell’atlante radiografico di Greulich e Pyle.
• Grado della curva. Esistono due diversi metodi per studiare il grado della curva, quello di
Cobb e quello di Risser-Ferguson
PROGNOSI
Nelle forme statiche, precocemente diagnosticate e trattate, la prognosi è buona. Nelle scoliosi
idiopatiche, se esiste familiarità, la prognosi è variabile per le variabili forme cliniche. In particolare
la chiusura delle cartilagini epifisarie vertebrali arresta la progressiva evoluzione della malattia:
ciò avviene in genere intorno ai 16-17 anni, salvo variazioni dell’età scheletrica accertabili con il
test di Risser. La crisi puberale rappresenta il periodo più temibile per la progressione della
deformità per il culmine dell’attività osteogenetica. Tre fattori principali da considerare:
• Età: tanto peggiore la prognosi quanto maggioreè l’intervallo di tempo dall’inizio della
patologia fino all’arresto.
• Curvatura: max gravità in scoliosi dorsali e poi, dorso-lombari, combinate, lombari.
TRATTAMENTO
• Atteggiamento scoliotico: ripetuti e prolungati cicli di ginnastica e controlli posturali periodici.
• Scoliosi statiche: correzione mediante rialzo in modo da ripristinare il parallelismo biscapolo-
bispinoiliaco ant./sup. Se avanza, si effettua trattamento per le forme idiopatiche. Se la dismetria
è forte (> 5-6 cm) bisognerebbe effettuare chirurgia per allungamento arto.
• Forme idiopatiche:
• 10°-20°: osservazione attenta e istituzione di un programma di esercizi di ginnastica e/o
nella pratica di attività sportiva. I casi che mostrano evoluzione oltre i 20° in epoca pre-
puberale, necessitano un trattamento con busti ortopedici; agiscono tutti con il meccanismo
dei tre punti di spinta. Esistono due prototipi principali.
Millwaukee Boston
È costituito da un corsetto dinamico che agisce in Più tollerato dai pazienti perché bene occultabile; è il prototipo dei
corsetti bassi, indicato nelle curve lombari e toraco-lombari.
distrazione mediante le aste regolabili e l’appoggio
occipito-mentoniero. Le pad di spinta ottengono la
correzione. Ideale per curve toraciche, toraco-
lombari e doppie primarie.
Esistono indicazioni precise per l’uso di questi corsetti: 1) Cobb 20°-35°; 2) paziente pre-
puberale; 3) flessibilità della curva > 50%; 4) progettazione e costruzione su misura; 5)
collaborazione della famiglia e del paziente. Nel tempo non si ottiene mai regressione.
N.B. Nei casi che peggiorano o casi rigidi ai test di
deflessione sin dall’inizio, si preferisce un corsetto
gessato, che ottiene una correzione da mantenere
con il corsetto lionese. Con opportune spinte
collocate a livello del gibbo costale, realizza la
correzione della deformità (deflessione-
derotazione). I risultati sono, qui, eccellenti.
• > 35°-40°: sia dall’inizio del trattamento che in caso di insuccesso dei corsetti, è indicato
ricorrere alla chirurgia della deformità; oggi si effettua la correzione della curva mediante uso di
barre metalliche, uncini o viti transpeduncolari (tecnica di Cotrel e Dubousset – fissazione
segmentaria).
In tutti i casi è necessario effettuare ginnastica e sport vari, per mantenere il trofismo, tono e forza
muscolare. Necessaria è anche la ginnastica respiratoria.
Classificazione
Epidemiologia
L’OA rappresenta l’artropatia più frequente nella popolazione. La prevalenza aumenta con l’età
ed il picco di massima frequenza è tra i 75 e gli 80 anni. Colpisce prevalentemente i soggetti
maschi prima dei 50 anni, e poi le femmine oltre i 50 anni.
Fattori di rischio
Tra questi, l’infiammazione è molto importante, poiché danni pregressi facilitano l’insorgenza di
patologia artrosica (tipico è il riscontro di artrosi post-artritica nei soggetti con AR).
Fisiopatologia
Il condrocita svolge un ruolo importantissimo perché produce costituenti della matrice cartilaginea
(collagene, GAG, C-6-S, C-4-S, K-S e A-JA) e vari enzimi (spt metallo-proteasi, catepsine, elastasi
e collagenasi) che servono al ricambio della matrice. L’alterazione della sua attività è sicuramente
alla base del processo patologico di OA. A questo sicuramente si aggiungono altri fattori, come la
perdita di quantità e qualità dei PTG, che causano una minore resistenza meccanica, cui
contribuisce il deficit del sistema di pompaggio dell’acqua e tutto ciò è legato alla senescenza.
Ancora, traumi e microtraumi, spt se continuativi, possono favorire la presenza di elemento
extracartilagineo nell’articolazione, in modo da amplificare il danno.
Le articolazioni più colpite sono:
• Arti superiori: TMC, MCF, IFD e IFP.
• Arti inferiori: anca, ginocchio, prima articolazione MTF.
Fasi della patologia
• Precoce: dolore intermittente e risposta positiva ai FANS.
• Tardiva: dolore continuo e assenza di risposta ai FANS.
Quadro clinico
• Dolore: di tipo meccanico, presente dopo movimento e che diminuisce a riposo. Il dolore
presenta un ciclo a 3 tempi: è vivo all’inizio del movimento (es. mattino), si attenua durante
l’attività, si riacutizza dopo affaticamento (es. sera).
• Rigidità mattutina o dopo inattività, ma, a differenza dell’AR, è presente per max 30 minuti.
• Limitazione funzionale è progressiva.
• Tumefazione: piuttosto rilevante, ed è “dura”, legata all’alterazione dell’articolazione; può
essere “molle”, per la presenza di versamento. È tipico il riscontro di crepitio durante la
palpazione dell’articolazione in moto.
Aspetto psicologico
Esami bioumorali
Quando è possibile il prelievo, l’analisi del liquido sinoviale dimostra carattere non infiammatorio,
con cellule nucleate che non superano i 1000 elementi/mm3.
Terapia generale
Cure fisiche e riabilitative la devono fare da padrone, in aggiunta a terapie termali o fangoterapia.
Importantissimo è l’abolizione dei fattori di rischio come alcool, fumo, obesità ecc… I trattamenti
farmacologici prevedono l’uso di FANS (spt paracetamolo) e steroidi per via generale o
intrarticolare, e decontratturanti. Si possono aggiungere, inoltre, terapie di fondo:
• Antiartrosici sintomatici lenti: condroitin-solfato, SAMe.
• Condroprotettori: glucosamina solfato e diacerina.
La terapia fisica prevede: calore, massaggi, ginnastica funzionale ecc… trova indicazione nelle
forme iniziali e nel pre e post-operatorio.
I trattamenti chirurgici prevedono la deposizione intrarticolare di acido jaluronico e/o
l’applicazione di protesi; altre tecniche sono la atrodesi (rara) e l’osterotomia.8
Anca - Coxartrosi
La coxartrosi è una delle forme più bastarde di OA; è molto frequente (1% degli adulti); colpisce, in
genere, i soggetti che hanno oltrepassato i 50 anni. Si ha dolore alla marcia e limitazione
funzionale progressiva. Il dolore è inizialmente avvertito all’inguine e/o alla parte anteriore della
coscia, ma può anche interessare il lato interno della coscia e può essere riferito al ginocchio; nei
casi avanzati il dolore può essere anche ininterrotto. Obiettivamente si osserva un atteggiamento
viziato, favorito dalla contrattura muscolare in adduzione, flessione e rotazione esterna della coscia.
N.B. Questo meccanismo è alla base del riscontro dei un arto inferiore apparentemente più corto
all’EO, che può evidenziare quasi sempre ipotonia e ipotrofia del quadricipite. Il paziente ha
sempre zoppia di fuga. All’Rx si riscontra un’alterazione totale dell’articolazione con la presenza
di osteofiti qua e la; sono presenti, inoltre: riduzione rima articolare, sclerosi subcondrale,
osteofitosi, geodi. Per la DD valutare sempre il dolore che qui recede caratteristicamente a riposo.
Nelle forme primitive sono caratterizzate da rapporti acetabolo/testa femore normali.
Le forme secondarie sono riferibili a:
• Sublussazione da DCA.
• Osteocondrosi dell’anca (M. di Waldenstrom-Legg-Calvé-Perthes).
• Epifisiolisi.
• Pregresse flogosi.
• AR.
• Pregressi traumi.
Il trattamento prevede l’artroprotesi; questa si effettua mediante svariate tecniche: si inserisce
una componente cotiloidea formata da una coppa in lega di titanio (polietilene, metallo o ceramica),
nell’acetabolo; questa è destinata ad accogliere l’estremità cefalica (acciaio inossidabile, lega di
metallo, ceramica) della componente femorale. Queste componenti si possono cementare all’osso,
oppure possono essere rivestite di idrossiapatite che favorisce lo sviluppo osseo in sede
periprotesica, assicurando un ancoraggio migliore e duraturo. In caso di coxartrosi con variazione
del normale angolo di inclinazione (valgismo), si procede con una osteotomia in attesa
dell’attuazione dell’intervento chirurgico.
8
In particolar modo utilizzata per la coxartrosi: si effettua la resezione di un cuneo osseo per correggere eventuali
alterazioni assiali e per ripristinare le zone di scarico del peso normali.
Colonna vertebrale
L’artrosi al rachide si localizza, principalmente, nei tratti lombare e cervicale. Le alterazioni
principali sono due:
• Artrosi anteriore intersomatica: spondiloartrosi; si riscontra frequentemente, ma colpisce solo
le articolazioni diartrodiali (ipofisarie, unco-vertebrali e costovertebrali). È legata a progressiva
disidratazione e perdita dell’elasticità, degenerazione e schiacciamento di uno o più dischi
intervertebrali. A causa della degenerazione discale, le sollecitazioni presso rie si concentrano
sui bordi e corpi vertebrali, con sclerosi delle limitanti superiore ed inferiore, e con sviluppo
degli osteofiti marginali. Ciò può comportare la spondilosi deformante.
• Artrosi posteriore interapofisaria: consiste nella comparsa delle tipiche alterazioni artrosiche
a carico delle apofisi articolari posteriori.
La sintomatologia è caratterizzata sempre da: dolore e rigidità articolare, spesso accompagnata
da contratture muscolari e riduzione della normale lordosi cervicale e lombare. Frequente è il
riscontro di cervicoartrosi.
QUADRI CLINICI
• Cervicobrachialgia: compressione a livello del forame intervertebrale per formazione di
osteofita o per protusione discale. Le radici più frequentemente colpite sono C5, C6, C7. si ha
dolore, disturbi sensitivi, iporeflessia bicipitale, stiloradiale e tricipitale. TC e RM sono
utilissimi per la diagnosi. È una sindrome da compressione radicolare.
• Artrosi dorsale: è frequente e con pochi sintomi, ma determina riduzione dell’altezza e cifosi.
• Artrosi lombare – lombosciatalgia/lombalgia:9 determina, invece, lombalgia, per
compressione radicolare e determina la cosiddetta sindrome del nervo sciatico, con dolore
irradiato alle natiche, alla faccia posteriore della coscia, al cavo popliteo ed al polpaccio, fino al
primo dito del piede. !!!!!!!!!! Questo è importante elemento di DD con le spondiloartriti,
caratterizzate dalla sciatica mozza.
COMPLICANZE
• Sindromi midollari: mielopatia da spoldiloartrosi. Gli osteofiti si generano sui bordi posteriori
delle vertebre; attuano compressione sul sacco meningeo e sul midollo.
• Sindromi vascolari: cervicocefalalgia da compressione dell’arteria vertebrale; conseguono
svariati disturbi: algie cervicali e nucali, cefalea, nistagmo, vertigini ecc… (S. Neri-Barré-Lieu).
• Sindromi radicolari: cervicobrachialgie e lombosciatalgie.
I segni RX sono legati a osteofitosi e restringimento degli spazi discali.
Il trattamento varia:
• Artrosi cervicale: terapia medica e FKT (massoterapia, laser, trazioni cervicali); nei casi gravi si
può ricorrere al collare di Shanz. Cruenta: artrodesi per via anteriore o liberazione di una radice.
9
Vedi capitolo su Lombalgie/Lombosciatalgie/Cruralgie (CAP 6) per le differenti sintomatologie.
Mano
L’OA della mano è abitualmente classificata come OA primaria, in quanto non sembra dipendere
da alcuna causa evidente. L’aspetto più classico è rappresentato dalla formazione di tumefazioni
dure sulle superificie dorsale delle IFD, chiamate noduli di Heberden, tipicamente nelle donne ed
in età avanzata. L’interesamento delle IFP è più raro. Le tumefazioni qui presenti sono definite
noduli di Bouchard ed hanno consistenza più molle rispetto alle altre. L’interessamento classico
riguarda, inoltre, la TMC con la rizartrosi del I dito (segno della mano quadrata), con
sublussazione esterna del primo dito e riduzione della rima articolare.
Fratture dell’Avambraccio
Fratture associate di Radio e Ulna
Sono fratture biossee della diafisi di radio e ulna, dette anche fratture di antibraccio. Sono
frequenti nei bambini. Avvengono per danno indiretto, spesso per caduta sul palmo della mano. In
questi casi ne normali curvature di radio e ulna si inflettono sino alla rottura che, tipicamente,
avviene al terzo medio-inferiore della diafisi. Negli adulti il meccanismo è generalmente diretto e
il tipo di frattura è spesso condizionata dal punto di applicazione dell’agente lesivo.
Dal punto di vista anatomo-patologico, esistono diverse varianti.
• Decalage: si ha spostamento rotatorio “ad peripheriam” di un frammento del radio intorno al
suo asse longitudinale ed intorno a quello dell’ulna. Il decalage ulnare è sempre modesto per
lieve rotazione del frammento distale. Il radio soggiace all’azione dei muscoli pronatori
(pronatore rotondo e quadrato) e supinatori (bicipite e breve supinatore). In condizioni di
integrità scheletrica, la posizione del radio è controllata volontariamente. In condizioni di
frattura, questi muscoli possono agire in maniera diversa sui segmenti di frattura:
• Sopra inserzione distale del pronatore rotondo: frammento prossimale ruota in
massima supinazione per azione dei supinatori; frammento distale ruota in massima
pronazione per azione dei pronatori.
• Distalmente all’inserzione del pronatore rotondo: frammento prossimale si semi-
pronosupinazione per azione dei supinatori e del pronatore rotondo; frammento
distale in pronazione per azione del pronatore quadrato.
• Angolazione: spostamento angolare rispetto agli assi delle ossa. Ne può risultare una deformità
a X, a K, a losanga ecc…
• Accavallamento: sotto l’azione dei muscoli dell’avambraccio, i frammenti distali tendono
sempre a risalire entro i limiti consentiti dalla membrana interossea.
Tutti gli spostamenti possono associati tra loro.
La sintomatologia prevede: dolore vivo spontaneo o provocato, impotenza funzionale, motilità
preternaturale, deformità angolare varia, ecchimosi, tumefazioni, crepitazioni.
11
Ciò avviene spesso se la frattura consolida senza il ripristino della normale inclinazione (linea bistiloidea) sul piano
frontale (25°), sia sul piano sagittale (10°); ciò determinerà un disturbo estetico, ma anche un deficit funzionale, per
riduzione della flessione della mano.
FRATTURE VERTEBRALI
Sono divise in meliche ed amileiche, a seconda che la lesione si accompagni o meno a danno
midollare, da ricercare sempre; si dividono inoltre in dorso-lombari e cervicali.
Fratture Dorso-Lombari
Rappresentano l’80% di tutte le fratture vertebrali. Più colpite sono: I L, XII D, II L. Si verificano
più nei maschi e nell’età adulta,m per traumi che tendono a iperflettere il rachide (cadute su piedi o
natiche, caduta di gravi dall’alto ecc…).
12
L’apice aguzzo e tagliente di un frammento può perforare il periostio restandone incarcerato. Il periostio, dotato di
eccellente elasticità, permette la riduzione mediante trazione energica; quando si allenta la presa, però, il periostio,
proprio grazie alla sua elasticità, scompone nuovamente il frammento richiamandolo nell’asola.
FRATTURE DELL’ASTRAGALO
Sono fratture rare ma meritano un cenno importante per le gravi conseguenze. Per traumi indiretti,
spt per iperflessione del piede, che tende a spingere il margine anteriore dell’epifisi distale della
tibia contro il sottostante astragalo fino a fratturarlo.
• I grado: senza spostamento dei frammenti.
• II grado: separazione e sublussazione del corpo dell’astragalo.
• III grado: fuoriuscita completa dell’astragalo dalla pinza bimalleolare.
N.B. Queste condizioni determinano sempre alterazione nutritizia alla testa ed al corpo
dell’astragalo. Le sedi di lesioni possono variare:
• Schiacciamento del corpo.
• Frattura della testa.
• Frattura di Shepherd: frattura dell’apofisi posteriore. !!! In DD con l’os trigonum: sesamoide
di facile riscontro in sede retroastragalica. Una RX comparativa all’altra caviglia è dirimente.
La sintomatologia prevede: dolore alla pressione ed alla prono-supinazione; tumefazione ed
ecchimosi al collo ed al dorso del piede; deformità, spt se si associa lussazione posteriore.
DISTACCHI EPIFISARI
Sono lesioni frequenti, appannaggio dell’infanzia e dell’adolescenza. In queste età le cartilagini di
coniugazione sono punti di minore resistenza, creando una discontinuità ossea tra diafisi ed
epifisi. Il distacco consiste nella separazione traumatica di un nucleo d’accrescimento fisiario
dalla rispettiva sede d’impianto.
• Distacchi puri: soluzione di continuo coincide con la cartilagine di coniugazione.
• Distacchi misti: soluzione di continuo che interessa anche l’estremità distale del tessuto osseo
sul quale si impianta la cartilagine di coniugazione.
Secondo la classificazione di Salter e Harris esistono 5 tipi di distacchi epifisari
• I: puro. Periostio non compromesso. Durante l’infanzia. Le complicanze sono rare.
• II: è il più frequente. Il periostio mantiene la sua continuità in corrispondenza della frattura, ma
è interrotto a livello dell’epifisi. Accade spesso dopo i 10 anni. L’epifisi porta con se un
frammento metafisario. La ripresa è ottima.
• III: si ha distacco epifisario dal resto dell’epifisi salda e dalla cartilagine dell’accrescimento.
Spesso dopo i 10 anni. La zona di accrescimento è quasi fusa. Il periostio sembra integro.
• IV: la soluzione di continuo distacca parte della metafisi, interessa la cartilagine di
accrescimento, distacca un nucleo di accrescimento epifisario. Il periostio si rompe all’altezza
della frattura metafisaria. Può avvenire a tutte le età. La crescita può essere alterata.
• V: avviene per carichi severi sull’asse longitudinale delle ossa. I nuclei di accrescimento sono
compressi e perdono le potenzialità di crescita. Possono derivarne crescite con deviazioni angol.
I distacchi possono verificarsi, inoltre, con dislocazione del nucleo epifisario (spostamento). Nei
distacchi epifisari senza spostamento, è opportuno sempre fare RX comparativa.
La sintomatologia prevede: dolore in sede metafisaria, tumefazione, impotenza funzionale,
eventuale deformità per spostamento.
Le complicazioni sono immediate (esposizione, infezione, turbe pascolo-nervose ecc… come per
le fratture). Le tardive sono rappresentate dalle deformità per alterazione di osteogenesi.
Per la prognosi, i distacchi guariscono sempre molto bene senza esiti, spt i tipi I, II e III. Nel IV e
nel V si ha alterazione dell’accrescimento più o meno grave con deformità a distanza di tempo.
Il trattamento è d’urgenza e la riduzione in narcosi va effettuata con rapidità. La contenzione è
gessata per evitare recidive da scivolamento, spt per la detumefazione dell’arto in gesso.
• Epifisi distale di Radio: è il più frequente. Come Colles o Colles invertita. È generalmente di
tipo misto, accompagnata da frammento di cilindro diafisario. Frequentemente sussiste
spostamento dorsale e radiale, con quadro clinico simile alla Colles. Si riduce come Colles. Si
possono usare fili di Kirschner e poi immobilizzazione in brachio-metacarpale per 30gg.
• Capitello radiale: non molto frequente; se esiste scomposizione si impone riduzione e
fissazione temporanea con filo di Kirschner e brachio-metacarpale per 20 gg.
• Condilo omerale esterno: frequente, spt a 4-5 anni, per caduta su gomito. È generalmente
misto. Il nucleo, per i muscoli inseriti, si sposta distalmente e lateralmente ruotanto di 180°.
Trattamento sempre cruento con filo di Kirschner e brachio-metacarpale per 30gg.
• Epitroclea: 10-11 anni. È di solito puro e sotto l’azione dei mm. epitrocleari si disloca
distalmente. Trattamento come sopra.
• Epifisi prossimale di omero: frequente e spesso riferibile a trauma ostetrico, nel quale la
sintomatologia può far sospettare esistenza di paralisi del plesso brachiale. Nei bambini non è
molto frequente ed è misto. Se non c’è spostamento, si applica Desault per 20-30 gg. Se cìè
spostamento, riduzione transolecranica e contezione toraco-metacarpale.
LUSSAZIONI
Lussazione: perdita dei rapporti reciproci tra i capi articolari di un’articolazione. Sono molto meno
frequenti delle fratture. Colpiscono principalmente gli adulti ed in ordine: spalla, gomito, dita, anca
e ginocchio. Si distinguono in:
• Complete: perdita totale dei rapporti articolari.
• Sublussazioni: perdita parziale dei rapporti articolari.
• Recenti: entro 24-36 ore.
• Inveterate: verificate in periodo precedente.
• Recidivanti: riprodotte in un periodo di tempo più o meno lungo per traumi anche modesti.
• Abituali: se si riproducono con facilità, anche senza traumi.
• Volontarie: se possono essere provocate dal paziente stesso.
Le recenti sono dovute a traumi indiretti di intensità tale da superare la resistenza delle robuste
strutture capsulo-legamentose.
La sintomatologia preved: 1) deformità della regione; 2) caratteristica resistenza elastica
apprezzabile nei tentativi di mobilizzazione; 3) impotenza funzionale.
Le complicazioni sono immediate e tardive. Le immediate sono: 1) frattura-lussazione, 2) irridu-
cibilità della lussazione; 3) turbe vascolari e nervose; 4) rara esposizione. Le tardive sono: 1)
trasformazione in lussazione abituale (anche poi volontaria) per l’eccessivo danno capsulo-
legamentoso o per inadeguato trattamento; 2) necrosi asettica del capo articolare; 3) ossificazione
articolare con possibile rigidità; 4) lassità articolare.
Il trattamento prevede sempre la riduzione, quasi sempre per via incruenta; ciò va fatto entro le
prime 24 ore. Poi immobilizzazione per 15-20 gg. La terapia cruenta è per le lussazioni irriducibili.
Lussazione Acromio-Clavicolare
Può essere incompleta o completa. Si verifica se si supera la resistenza del legamenti acromio-
clavicolari e spt dei più robusti legamenti coraco-clavicolari (trapezoide e conoide). È frequente
negli sportivi e dovuta a caduta sul moncone della spalla. nelle sublussazioni la sintomatologia è
modesta: dolore provocato sulla rima articolare acromio-clavicolare. Nelle lussazioni si ha vivo
Lussazione dell’Anca
È rara e tipica dell’adulto. Si verifica per violenta sollecitazione lungo l’asse del femore, a coscia
flessa e in adduzione (urto al cruscotto con gambe accavallate). La testa femorale, fuoriesce dalla
cavità cotiloide e si disloca. La lussazione tipica è posteriore in fossa iliaca esterna (lussazione
iliaca); con altri meccanismi patogenetici, può lussare anche verso la spina ischiatica (lus.
ischiatica), ma anche in sede anteriore, con lussazione otturatoria o pubica.
È sempre un evento grave. La sintomatologia prevede:
• Shock.
• Dolore violentissimo.
• Atteggiamento irriducibile della coscia in flessione, adduzione e rotazione interna (varietà
iliaca e ischiatica) o in flessione, abduzione e rotazione esterna (varietà pubica o otturatoria).
• Resistenza elastica ai movimenti passivi.
• Impotenza funzionale.
Le complicazioni sono immediate e tardive. Le immediate:
• Irriducibilità: interposizione del cercine acetabolare tra testa femorale e cavità cotiloide.
• Frattura del cotile.
• Lesione del nervo sciatico, generalmente reversibile, per contusione o stiramento da parte della
testa femorale, quasi sempre sono colpite le fibre dello sciatico popliteo esterno (incapacità a
flettere dorsalmente e pronare il piede, anestesia sulla faccia laterale della gamba e del dorso p.).
Le complicanze tardive sono rappresentate dall’artrosi post-traumatica e dalla necrosi asettica della
testa del femore. Il trattamento prevede sempre la riduzione incruenta da attuarsi entro poche ore
con manovre atte a far ripercorrere a ritroso il tragitto seguito durante il trauma. Poi segue
immobilizzazione per 30 giorni a letto, poi 30 gg di pelvi-condiloideo con staffane di carico, poi 2-3
mesi di deambulazione assistita.
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DD con fratture sovracondiloidee dell’omero in cui il triangolo è normale.
Altre Lussazioni
• Metacarpo-falangee: frequenti, ma di facile riduzione e blocco per 15gg.
• Sterno-clavicolare: rara, per caduta sul moncone della spalla. Si appalesa salienza dell’estremità
sternale della clavicola che spesso esita in deformità.
• Capitello radiale: di norma si associa a fratture della diafisi ulnare: lesione di Monteggia. Spesso
c’è sublussazione, tipica nei bambini, per brusche trazioni dell’avambraccio (caduta e genitore
che tira il braccia). Si può avere una dislocazione incompleta del capitello radiale e il bambino
ha atteggiamento di pronazione obbligata (pronazione dolorosa).
• Polso: molto rare, spt dell’epifisi distale dell’ulna, quella tra radio e carpo (varietà anteriore e
posteriore – simili a Colles e Goyrand), retrolunare del carpo (tutto il capro si lussa dorsalmente,
ad eccezione del semilunare che resta in contatto il radio mediante il legamento triangolare).
• Ginocchio: rara. Dislocazione dell’epifisi prossimale della tibia anteriormente ai condili
femorali (lussazione anteriore) oppure posteriormente o lateralmente (lussazione posteriore o
laterale). Quella anteriore può dare distensione dello sciatico popliteo esterno. Possono
verificarsi anche lussazioni di rotula.
• Collo del piede e piede: rare. Sono lussazioni tibio-tarsica, sottoastragalica (rispetto a scafoide o
calcagno). Rarissime quelle medio-tarische e tarso-metatarsali, generalmente associate a frattura
di scafoide e metatarsi. Frequente la lussazione metatarso-falangea del I dito.
DISTORSIONI
Distorsione: insieme di lesioni capsulo-legamentose prodotte da una sollecitazione che tende a
modificare i reciproci rapporti dei capi articolari.
Sono lesioni frequenti nell’età adulta e colpiscono, in ordine di frequenza: ginocchio, collo del
piede, gomito, dita, rachide. Il trauma è sempre indiretto ed imprime all’articolazione una
sollecitazione esagerata nei normali piani del movimento articolare o, spesso, secondo piani diversi.
• Lievi: semplice distensione dei legamenti o della capsula; lacerazioni parcellari di fasci fibrosi.
• Gravi: rotture di uno o più legamenti, disinserzione con eventuale strappamento della corticale
ossea, lacerazioni capsulari ecc…
La sintomatologia prevede:
• Dolore nei punti di inserzione o sul decorso dei legamenti interessati, alla pressione o alle
sollecitazioni e manovre semeiologiche.
• Tumefazione: per emartro e/o infiltrazione nei tessuti molli.
• Segni di lassità articolare: eventuali; in dipendenza dalla lacerazione completa di uno o più
legamenti.
Le complicazioni:
• Calcificazioni para-articolari: al gomito è l’osteoma del brachiale anteriore; al ginocchio è
la calcificazione del capo prossimale del L.C.I..
• Rigidità / lassità articolare.
La prognosi è buona nelle distorsioni lievi; in quelle gravi, spt se non ben trattate, possono residuare
lassità articolari predisponenti a futuri cedimenti, traumi distorsivi recidivanti, modifiche artrosiche.
14
Mnemonicamente OECI.
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La capsula articolare è molto sottile e lassa e permette che si determini un vasto cul di sacco della sinoviale che si
solleva tra femore e la faccia posteriore del quadricipite. In questo spazio è presente la borsa sopra-patellare, una
struttura sinoviale tesa da fibre muscolari provenienti dai fasci profondi del vasto intermedio: muscolo tensore della
sinoviale del ginocchio.
LESIONI CAPSULO-LEGAMENTOSE
ACUTE
Patogenesi e Anatomia patologica
I traumi di diverso tipo impegnano diversamente le strutture capsulo-legamentose:
• Valgismo-flessione-rotazione esterna: LCI, PAPI, LCA.
• Varismo-flessione-rotazione interna: LCE e LCA.
• Valgismo-estensione: LCA e LCP.
• Varismo-estensione: PAPE, LCP e LCA.
• Retropulsione tibia: trauma sagittale in corrispondenza dell’epifisi prossimale della tibia con
ginocchio in flessione; lesione LCP.
Sintomatologia
Si basa preliminarmente sul dato anamnestico di trauma al ginocchio, con improvviso dolore e
sensazione di crack, come se qualcosa fosse andato fuori posto; segue instabilità al carico.
Possiamo rilevare:
• Atteggiamento in lieve flessione con impossibilità alla estensione.
• Impotenza funzionale più o meno accentuata.
• Tumefazione del ginocchio e eventuale ballottamento rotuleo per idrartro/emartro.
• Dolore spontaneo diffuso e intenso. N.B. In alcuni casi di lesione grave il dolore può essere
diminuito o assente per interruzione di vie sentitive afferenti, o per diffusione dell’emartro in
sede extrarticolare (riduzione tensione della capsula).
• Dolore a pressione sui compartimenti mediale e/o laterale.
• Instabilità articolare, di facile riscontro a poche ore dal trauma; dopo giorni la contrattura
muscolare antalgica rende difficile il riscontro di questo elemento.
Esistono un “cuofano” di prove semeiologiche da poter effettuare per evidenziare l’instabilità
articolare che possono, inoltre, suggerire la lesione più probabile.
• Test di abduzione: stress in valgismo (mano a piatto a lato esterno del ginocchio e l’altra alla
faccia interna del piede); da effettuare in estensione ed in flessione (30°). + in flessione = LCA;
+ in estensione = LCA e LCP.
• Test di adduzione: stress in varismo con manovra opposta alla precedente, in estensione e
flessione. + in flessione = PAPE; + in estensione = PAPE + LCP.
• Test del cassetto anteriore: a ginocchio flesso a 90° a pz supino, sollecitazione in senso
posteriore-anteriore sull’estremità prossimale della tibia; in posizione neutra, in rotazione
interna e rotazione esterna; + in neutra = LCA; + in esterna = compartimento mediale e LCA; +
in interna = LCA e LCP.
• Test del cassetto posteriore: sollecitazione in senso antero-posteriore sull’estremità prossimale
della tibia, con pz supino e ginocchio flesso a 90°; + = lesione LCP.
• Jerk test: mano al calcagno e mano alla faccia esterna del ginocchio con arto in estesione; si
effettuano movimenti di flesso estensione, dopodiché si effettua una rotazione interna di
almento 20°; è + se si avverte una sensazione tattile e visiva di scatto alla faccia esterna del
ginocchio; indica lesione LCA.
• Lachman test: a ginocchio in lieve flessione, una mano tiene la coscia ferma, un’altra tiene
l’estermità prossimale della tibia, sollecitandola verso l’alto e verso il basso; + se si sublussa la
tibia = lesione LCA.
• Test di gravità: pz supino con anche flesse a 90°, gambe flesse a 90° e calcagni appoggiati su
piano rigido; + se si sublussa verso il basso la tibia = lesione LCP.
RX e diagnosi
Effettuare sempre RX in due proiezioni degli arti per escludere fratture concomitanti o distacchi
ossei parcellari a livello delle inserzioni legamentose.
La diagnosi è essenzialmente clinica, ma potrebbe essere necessario effettuare esame clinico in
narcosi. Utile complemento è la TC e la RMN.
Prognosi
È legata al trattamento ed alla natura delle lesioni (periferiche o dei legamenti crociati), ed al loro
grado (distensione, lacerazione parziale, rottura o disinserzione), ed alla loro associazione, ed alla
tempestività del trattamento. Lesioni del pivot centrale non riparano spontaneamente e si richiede
l’intervento di ricostruzione a cielo aperto o in artroscopia.
Trattamento
• Lesioni periferiche lievi: bendaggio elastico per 15-20 gg; eventuale artrocentesi e ginocchiera
gessata o tutore femoro-malleolare per 20-30gg e FKT per le più gravi.
• Lesioni centrali: spt per LCA è chirurgico mediante trapianto tendineo (semitendinoso,
gracile, rotuleo, quadricipite) o sutura termino-terminale, reinserzione ossea ecc… Dopo si
usa un femoro-malleolare per 30-45 gg con mobilità guidata graduale.
N.B. Alcuni AA. preferiscono evitare la riparazione del pivot centrale a dopo la riparazione delle
altre lesioni, ottenute per via incruenta.
CRONICHE
Patogenesi
Lesioni croniche o lassità croniche sono dovute, in genere, a lesioni del pivot centrale; sono legate
a mancato riconoscimento o trattamento, trattamento inadeguato, deterioramento secondario della
stabilità (sport, lavori pesanti), dopo chirurgia.
Le lassità sono divise in rotatorie e dirette. Nelle rotatorie il LCP è integro e funge da perno
centrale di rotazione: 1) antero-mediali (compartimento interno e LCA); 2) antero-laterali (LCA e
compartimento interno); 3) postero-laterali (PAPE e LCA); 4) combinate). Le dirette prevedono
lesione di LCP e quasi sempre anche LCA.
Sintomatologia
Si basa sul dato anamnestico, dolore e sensazione di crack, con tumefazione ecc…; si ha sempre un
intervallo libero, seguito da episodi di cedimento articolare, con dolore e idrartro.
• Ballottamento rotuleo eventuale.
• Ipotrofia quadricipite ex non usu.
• + ai test in base al danno.
• Limitazione escursione articolare.
È sempre necessario ripetere l’RX. La prognosi è buona se le lesioni sono trattate bene. Il
trattamento prevede la riparazione delle lesioni centrali e meniscali se associate, ed è simile a
quello già esposto per le lesioni acute.
Anatomia patologica
MENISCO INTERNO – Frequentemente è interessato il corno posteriore al triangolo d’appoggio.
• Fissurazione longitudinale.
• Fissurazione semilunare a manico di secchio: frammento isolato.
• Dislocazione del frammento nella gola intercondiloidea con blocco articolare spesso irriducib.
• Interruzione del manico di secchio in due porzioni libere nella cavità articolare.
• Disinserzione del paramenisco dalla capsula articolare.
MENISCO ESTERNO – Prevalentemente il terzo medio.
• Rotture trasversali dal margine libero sino al paramenisco.
• Rotture del corno posteriore.
NB A lungo andare, la cartilagine di rivestimento dei condili femorali, nei punti corrispondenti alla
rottura meniscale, può presentare alterazioni da disturbi meccanici come condrite e
condromalacia, presupposti per lesioni artrosiche.
Sintomatologia
Si basa sui dati anamnestici e sintomi specifici di danno meniscale, diversi in fase acuta o cronica
Diagnosi Differenziali
Condizioni che possono determinare blocchi articolari.
• Topo articolare: da osteocondrosi dissecante del ginocchio o frattura osteocondrale.
• Sublussazione o lussazione della rotula.
• Residuo sclerotico di frammento di LCA se rotto precedentemente e non corretto.
• Prodromi di artrosi.
• Condropatia delle superfici articolari del femore.
In questi casi fare sempre RX, TC ad alta risoluzione, RMN (gold-standard).
Prognosi
Lasciare in sede un menisco determina fenomeni reattivi della sinoviale (idrarti recidivanti), blocchi
articolari, accentua ipotrofia del quadricipite, favorisce astrosi. La meniscectomia totale determina
artrosi del ginocchio precoce.
Trattamento
• Meniscectomia selettiva per via artroscopica: parziale o subtotale (tra paramenisco e triangolo).
• Meniscectomia totale: rotture di menisco associate a degenerazione cistica.
• Meniscopessi: dei tratti del paramenisco, capace di riparazione.
Le meniscectomie in artrosi permettono carico dopo pochissimo tempo. Le meniscopessi
necessitano di un periodo di immobilizzazione del ginocchio e ripresa graduale del carico.