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Università degli Studi di Perugia

Centro Italiano di Studi Compostellani

Atti
7

Copertina: San Giacomo mentre soccorre due pellegrini, in Liber Consortii


Sancti Jacobi apostoli de Galitia, sec. XIV, miniatura su pergamena,
Parma, Biblioteca Palatina, Ms. Misti B 24, c.1v
(Autorizzazione del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del
Turismo, Prot. N. 1002 dell’11.04.2016, Class. 283408026718)

«...L’apostolo prese con cura il defunto tra le sue braccia e issò il vivo in
sella dietro di sé...», (Liber Sancti Jacobi – Codex calixtinus, Lib. II, Cap. IV)
Atti dei Convegni organizzati dal
Centro Italiano di Studi Compostellani

1. Il Pellegrinaggio a Santiago de Compostela e la Letteratura Jacopea, Atti


del Convegno Internazionale di Studi (Perugia 23-24-25 settembre 1983), a
cura di G. Scalia, CISC, Perugia 1985.

2. Pistoia e il Cammino di Santiago. Una dimensione europea nella Toscana


medievale, Atti del Convegno internazionale di studi (Pistoia, 28-29-30
settembre 1984), a cura di L. Gai, CISC, Perugia 1987.

3. Traces du pèlerinage à Saint-Jacques-de-Compostelle dans la culture


européenne, Atti del Convegno internazionale di studi Segni e civiltà del
pellegrinaggio a Santiago de Compostela (Viterbo 28 settembre - 1 ottobre
1989), Conseil de l’Europe, Strasbourg 1992.

4. La ‘peregrinatio studiorum’ iacopea in Europa nell’ultimo decennio. Per


una mappa della cultura iacopea: un bilancio sui principali contributi di
studio e sulle attività collaterali, Atti del Convegno internazionale di
studio (Pistoia-Altopascio, 23-25 settembre 1994), a cura di L. Gai,
CCIAA, Pistoia 1997.

5. Santiago e l’Italia, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Perugia, 23-


26 maggio 2002), a cura di Paolo Caucci von Saucken, CISC-Edizioni
Compostellane, Perugia-Pomigliano d’Arco 2005.

6. Santiago e la Sicilia, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Messina,


2-4 Maggio 2003), a cura di Giuseppe Arlotta, CISC-Edizioni Com-
postellane, Perugia-Pomigliano d’Arco 2008.

7. De peregrinatione, Studi in onore di Paolo Caucci von Saucken (Perugia,


27-29 Maggio 2016), a cura di Giuseppe Arlotta, CISC-Edizioni Com-
postellane, Perugia-Pomigliano d’Arco 2016.
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA
CENTRO ITALIANO DI STUDI COMPOSTELLANI

De peregrinatione
Studi in onore di Paolo Caucci von Saucken

Perugia, 27-29 Maggio 2016

a cura di Giuseppe Arlotta

EDIZIONI COMPOSTELLANE
Direttore del progetto grafico, Angelo Arlotta

ISBN 978-88-95945-19-4

Copyright ©
Edizioni Compostellane
Centro Italiano di Studi Compostellani
2016
Sommario

A. PRESENTAZIONE 9

B. IL SALUTO DELLE AUTORITÀ 21

C. LA COLLECTANEA “DE PEREGRINATIONE” 39

I. SULLE ORIGINI DEL PELLEGRINAGGIO 41

FRANCO CARDINI, La santa imperatrice e il santo vescovo. Culto delle


reliquie, ‘inventiones’, ‘translationes’ e topomimesi alle radici della
fondazione dell’impero romano cristiano e del pellegrinaggio
cristiano in Terrasanta 43

PASQUALE IACOBONE, Pellegrini a Roma. Testimonianze monumentali e


letterarie dell’antichità cristiana 55

FERNANDO LÓPEZ ALSINA, El nacimiento de la población de Santiago


en el siglo IX 113

GIORGIO OTRANTO, Il pellegrinaggio alla grotta di San Michele sul


Gargano 127

BENEDETTO VETERE, Culto delle reliquie e ‘virtus’ dei santi. Sacro e


spazi del sacro nella Gallia merovingia di Gregorio di Tours 169

SIMON BARTON, We have the relics, so where are the pilgrims? Lay pa-
tronage and the monastery of San Antolín de Esla 247

ADA CAMPIONE, Il culto di San Nicola in Inghilterra: vescovi, miracoli,


rappresentazioni e pellegrinaggi 259

II. SUL PELLEGRINAGGIO E SUE INTERPRETAZIONI 279

PAOLO ASOLAN, Hospes tamquam Christus, Christi enim agere vices 281
974 De peregrinatione

PABLO ARRIBAS BRIONES, El demonio en la vida y en el Camino de Santiago 299

ROSANNA BIANCO, Il paesaggio nel Codice Callistino. Note preliminari 325

ANNA SULAI CAPPONI, Santiago Matamoros: simbolo di identità, unione


e protezione del popolo filippino 347

MARCO PICCAT, La liberazione del Cammino di Santiago nella


tradizione epico-cavalleresca italiana 367

DIANELLA GAMBINI, La dimensión dinámica del fenómeno jacobeo 391

SEGUNDO L. PÉREZ LÓPEZ, La peregrinación jacobea en el marco del


Año de la Misericordia 411

CARMEN PUGLIESE, Il Cammino di Santiago come itinerario religioso


esemplare 433

FRANCISCO PUY MUÑOZ, Conceptos, principios, teorías del Camino de


Santiago 453

FRANCISCO SINGUL LORENZO, Cultura e sviluppo per un nuovo secolo:


le mostre del Cammino di Santiago negli ultimi vent’anni 479

MIGUEL TAÍN GUZMÁN, La cattedrale di Santiago de Compostela: fonti e


ricerca degli ultimi venti anni 489

III. SULLE VIE DEL PELLEGRINAGGIO 499

RENATO STOPANI, Gli itinerari culturali europei. Le radici dell’Europa


moderna tra passato e presente 501

GIUSEPPE ARLOTTA, Le Peregrinationes maiores nell’Itinerarium de


Brugis (sec. XIV): un contributo toponomastico e cartografico 507

GUIDO TAMBURLINI, Vie e memorie del pellegrinaggio nel nord-est d’Italia 545

MONICA D’ATTI, FRANCO CINTI, Dalla cartografia cartacea alla


cartografia digitale: in cammino nel Terzo Millennio 557

MARIA JOSÉ AZEVEDO SANTOS, ‘Caminhar como peregrina’. A escrita


em Portugal na 2ª metade do século XI 567
SOMMARIO 975

BRUNELLO NATALE DE CUSATIS, Breve panoramica esplorativa sullo


stato e sulle prospettive della ricerca compostellana in Portogallo 575

KLAUS HERBERS, Peregrinos y viajeros de Norimberga a Compostela en


la Baja Edad Media 581

ADELINE RUCQUOI, Le “chemin français” vers Saint-Jacques: une en-


treprise publicitaire au XIIe siècle 607

JACOPO CAUCCI VON SAUCKEN, Finisterrae tra mito e letteratura


nell’odeporica compostellana 631

ANTÓN POMBO RODRÍGUEZ, Peregrinación del canónigo José Meseguer


y Costa, de Oviedo a Santiago, en el Año Santo de 1875 651

ALEJANDRO REBOLLO MATÍAS, Urbanismo medieval en el Camino de


Santiago de Castilla y León. Estructura de los espacios urbanos y ar-
quitecturas en el Camino y la singularidad puente-ermita y hospital 683

LUISA LOFOCO, La Puglia, il pellegrinaggio medievale ed alcuni ‘signa’


dell’‘iter sancti Jacobi’ 705

PAOLO SPOLAORE, Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 725

IV. SULL’ICONOGRAFIA 747

MANUEL A. CASTIÑEIRAS GONZÁLEZ, El Apóstol y sus adorantes peregri-


nos: el porqué de la imagen coral de Santiago de Turégano (Segovia) 749

LUCIA GAI, Iconografia e Agiografia jacopee a Pistoia 791

MAURIZIO C.A. GORRA, La tematica compostellana nella ricerca


araldica. Riflessioni sullo stato attuale e sulle potenzialità future 861

HUMBERT JACOMET, L’image de Saint Jacques en France (XIIe-XIXe


siècles) 879

ROBERT PLÖTZ, Totus plenus conchilibus. Miraculum quod legimus ac


pictum etiam videmus in singulis beatis Jacobi ecclesiis et capellis 909

DRAGAN UMEK, Riflessi jacopei nella cartografia tolemaica del Rina-


scimento 961
Paolo Spolaore
Centro Italiano di Studi Compostellani

Venezia e il mondo jacopeo-compostellano

La mappatura in un determinato territorio delle tracce di culto


jacopeo, in termini di edifici di culto, di ospitali e di associazioni
confraternali dedicati a Giacomo, di testi liturgici che ne registrano la
memoria, di presenza di reliquie ed altro rappresenta la premessa in-
dispensabile di un percorso di ricerca finalizzato a individuare le tracce
di culti di pellegrinaggio.
L’identificazione di luoghi di culto dedicati a san Giacomo, rap-
presenta però una condizione necessaria, ma non sufficiente per
identificare segni di pellegrinaggio.
Come è noto, non vi è infatti un rapporto biunivoco tra il culto di
un Santo ed il pellegrinaggio; se il movimento di popolo verso un
luogo presuppone l’esistenza in quello stesso luogo di un culto, di una
storia devozionale che lo ha sacralizzato, l’esistenza di un luogo sacro
non comporta necessariamente un movimento di popolo verso di esso.
La ricerca di tracce dell’epopea dei grandi pellegrinaggi, romei, com-
postellani o gerosolimitani che fossero, deve orientarsi pertanto ad
individuare sia le tracce del patrimonio devozionale del Santo (la
dimensione verticale del pellegrinaggio espressa in termini di fisiono-
mia liturgica, patrimonio reliquiario, edifici di culto allo stesso Santo
dedicati etc.), sia le tracce della dimensione orizzontale del pellegri-
naggio (in termini di rete di supporto al pellegrino: monasteri, ospitali,
rete viaria, etc.).
Nel caso del culto jacopeo, oltre alla nota complessità degli studi
agiorafici, vi sono peculiari criticità determinate dalla figura di questo
Santo, cosi come emerge dalle sacre fonti e dai testi dei padri della
Chiesa, nei quali ritroviamo tra l’altro più figure di Giacomo. Questo
726 PAOLO SPOLAORE

fatto diede origine, fin dall’inizio, a differenti culti jacopei, con diffe-
renze di caratteri e storia devozionale tra Chiese orientali e Chiesa
latina e successive contaminazioni tra le diverse figure di Giacomo.
Nella stessa Chiesa occidentale il patrimonio devozionale jacopeo
non si esaurisce nel patrimonio devozionale compostellano, non solo,
ma la stessa figura di Giacomo il Maggiore, assume nei secoli volti dif-
ferenti, con ovvi riflessi sulla sua rappresentazione e sui profili de-
vozionali.
Queste dimensioni di complessità assumono, come atteso,
particolare rilievo in una città come Venezia che, fin dalle origini, è
sempre stata anello di congiunzione tra Oriente e Occidente e snodo
strategico delle grandi vie di pellegrinaggio, in ispecie nel periodo au-
reo dei pellegrinaggi compostellani. Non ci si può che limitare per-
tanto, in questo ambito, a descrivere le tracce che “dall’alto” sembrano
cariche di suggestioni circa possibili rapporti tra il mondo devozionale
jacopeo-compostellano e Venezia, nella prospettiva di approfondimenti
successivi.
Si tratta di segni i cui contorni si fanno via via più marcati dal-
l’inizio del secondo millennio, anche se qualche tenue bagliore sembra
venire pure dai secoli precedenti.
La loro lettura-interpretazione non può che avvenire alla luce delle
rispettive situazioni politiche, che, ovviamente, mutano con lo scorrere
dei secoli.
Il lungo arco temporale considerato è stato pertanto, suddiviso
sommariamente in alcune grandi fasi storiche:
1. Fase precedente l’“inventio” del sepolcro in Galizia
2. Origini del culto di pellegrinaggio compostellano
3. Apogeo del culto compostellano (sec XII-XIII)
4. Basso medioevo e inizio età moderna.
Si è tentato poi di appaiare in ciascuna di queste fasi contesti
politici lontani come quelli ispanico e dell’area lagunare veneta e infine
di collocare e provare a leggere in tali contesti le tracce osservate.
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 727

FASE PRECEDENTE L’”INVENTIO” DEL SEPOLCRO DI GIACOMO IN GALIZIA


I primi segnali del culto di Giacomo arrivano dalla Spagna intorno
al 6501, sono d’incerta origine, consistenza e riguardano unicamente la
tradizione della predicazione di Giacomo in terra di Spagna, con
riferimento ai due primi testi che sono:
la versione latina del “Breviarium apostolorum” bizantino che non
corrisponde all’originale greco, che è possibile datare intorno al 650
circa2, quindi prima dell’invasione araba della Spagna ed il “De ortu et
obitu patrum” del VII secolo3.
Lo scenario politico spagnolo del tempo era quello del dominio
visigoto e della crescente pressione araba da sud, dal vicino nord Africa.
L’elemento dominante dello scenario politico delle Venezie è
legato alle “invasioni” di popoli “barbari” da est, al conseguente decli-
no e crollo d’importanti centri romani quali Oderzo, Altino e soprattut-

una delle poche chiese di Venezia a essersi salvata dalla distruzione a


seguito di un grave incendio che devastò la città nel 1533.
1 R.A. FLETCHER, Saint James’s Catapult: The Life and Times of Diego Gelmírez of
Santiago de Compostela, Oxford, Oxford Clarendon Press, 1984, cap. I, p. 1: «Any en-
quiry into the early history of the cult of St. James in Spain must still take as its point
of departure a masterly study by Louis Duchesne published nearly a century ago.
Gleefully bellowing gales of rational air about the dusty obfuscations of cherished
Spanish mythology, Duchesne established once and for all that there is no sign
whatsoever that during the first six centuries of the Christian era anyone believed
that St. James had either preached or been buried in Spain. Research conducted
since his day has unreservedly endorsed Duchesne’s findings. So far, so good. But
when we advance beyond the sixth century we enter at once a thicket of highly prob-
lematical texts. Their origins are often obscure, their testimony not easy to interpret,
and their historical value debatable. However, they are important for us. No enquirer
may shirk the task of trying to thread a path through them».
2 Ibid., p. 2: «The earliest, probably, is a short tract known as the Breviarium

Apostolorum. It is a list of the apostles, giving details about where they preached, how
they met their deaths, where they were buried and when their feasts were celebrated.
The version which circulated in western Europe was a Latin translation and amplifi-
cation of a Greek original. …For the editor of the Latin version James the son of
Zebedee preached the gospel in Spain but was not, be it noted, buried there. When
and where the Latin Breviarium originated we cannot say. It would seem to have been a seventh
century production. In England it was known to Aldhelm (d 709), in Spain it was cited by Julian
of Toledo in about 686, though he chose, most interestingly, to disregard the connection it postulated
between St James and Spain» (enfasi aggiunta).
3 http://goo.gl/5uwwqy (accesso 19 ottobre 2013)
728 PAOLO SPOLAORE

to Aquileia, con la frantumazione politica dell’impero romano e del-


l’unitarietà del suo sistema di comunicazioni.
La caduta e la distruzione di Oderzo nel VII secolo, ad opera dei
longobardi, sembrano esser state il suggello alla definitiva separazione
politica tra l’entroterra, passato sotto il controllo longobardo prima e
franco poi e l’area endolitoranea, rimasta sotto il controllo imperiale-
bizantino.
Alla decadenza di Oderzo, Aquileia e Altino seguirono fenomeni
di spostamento di popolazioni verso la laguna, legati anche a fattori
ambientali e climatici con progressiva affermazione di nuovi centri e
sedi vescovili lungo il litorale, e in area lagunare quali Eraclea, Caorle,
Iesolo, Olivolo, Torcello, Rivoalto, Malamocco.
In questo contesto, già nel VI secolo il Vescovo di Altino trasferisce
la sede episcopale a Torcello, traslando nella nuova sede le reliquie
conservate ad Altino.
La cattedrale di santa Maria Assunta di Torcello conserva ancor
oggi in un reliquiario d’argento il braccio destro di san Giacomo il
Maggiore; questa presenza la ritroviamo documentata in diversi
registri di visite pastorali dei Vescovi di Torcello prima e dei Patriarchi
di Venezia poi, a partire dal XVII secolo4 .
La tradizione, poco documentata, salvo una “passio” di S. Elio-
doro, peraltro di scarsa affidabilità, fa risalire appunto a questo Santo,
la traslazione della reliquia da Gerusalemme, dove si sarebbe recato
per incontrare l’amico san Girolamo. Tra l’altro anche il sarcofago del-
lo stesso Eliodoro è conservato nella cattedrale di Torcello.
Il Corner vuole che la “prima chiesa fondata in città” sia stata
consacrata nel 421 a Rivoalto, con la reliquia del braccio di Giacomo,
figlio di Zebedeo5, dedicandola a san Giacomo: si tratterebbe del-
l’attuale chiesa di san Giacometto di Rialto.
La datazione sembra assolutamente inverosimile e comunque priva
di qualsiasi riscontro, anche se, nel 1421, si sarebbero svolti a Venezia
grandi festeggiamenti per il “millenario” della fondazione della città.

4 F. CORNER, Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia e di Torcello tratte dalle

chiese veneziane e torcellane, Padova, Stamperia del Seminario, 1758, pp. 569-571.
5 C. AGNOLETTI, Memorie storiche delle chiese e parrocchie della diocesi di Treviso, I,

Treviso, Tipografia Ist. Mander Sc. A., 1888, p. 426.


Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 729

Questa tipologia di reliquie non è di raro riscontro in Europa6, pur


tuttavia è sicuramente suggestivo il contesto in cui sarebbe avvenuta la
traslazione della reliquia di san Giacomo ad Altino.
Sappiamo, infatti, che strettissimi erano stati e forse, in parte, con-
tinuavano ad essere, anche nel tardo antico, i rapporti commerciali
lungo le rotte di collegamento via mare tra il grande porto della città di
Aquileia e l’Oriente.
Anche i collegamenti via terra tra Gallia e Oriente avevano nelle
città romane della costa e dell’entroterra veneto, Aquileia ed Altino in
particolare, riferimenti importanti, come documentato nel famoso
Itinerario Burdigalense, in cui l’anonimo estensore, partito nel 333 da
Burdigala (Bordeaux) verso la Terra Santa, descrive le stazioni di sosta
lungo le strade romane del tempo, attraverso il sud della Francia e il
nord Italia. Del prezioso documento, il cui originale è conservato nella
Biblioteca nazionale di Parigi, una copia dell’VIII secolo è conservata
nella Biblioteca capitolare di Verona7.
Tra il 370 e il 420 tra Aquileia e Palestina viaggiarono cittadini di
Aquileia, delle città e aree contermini, come Girolamo e Rufino, ma
anche vescovi e monaci del nord Italia e della Gallia. Affermava Rufi-
no “talvolta bisogna andare fino in Gallia per seguire le tracce di un
viaggiatore o pellegrino diretto o di ritorno da Gerusalemme e passato
per Aquileia”. Il famoso martirologio Geronimiano8, redatto forse in

6 D. PÉRICARD-MÉA, Compostela e il Culto di san Giacomo nel Medioevo, Bologna, Il


Mulino, pp. 107-132; B. BERTOLI, S. TRAMONTIN (a cura di), Le visite pastorali di
Jacopo Monico nella Diocesi di Venezia 1829-1845 (Thesaurus Ecclesiarum Italiae
recentioris Aevi III, 10), Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1976, p. 206; ASVP,
Curia vescovile di Torcello, visite pastorali, registri 3, 4, 8.
7 Itinerarium burdigalense, SS. Patrum Homiliae, Regula Sancti Benedicti, Codice

II (50) 15E, sec. VIII, Verona, Biblioteca Capitolare.


8 F. SALVATORI, Il Gruppo agiografico di Felicita e i sette figli. Genesi ed evoluzione del

culto e i suoi riflessi monumentali, Università degli studi di Roma Tor Vegata, Facoltà di
Lettere, Dottorato di ricerca in Storia del Cristianesimo e delle Chiese, a.a. 2008/
2009, p. 13. Con riferimento al martirologio Geronimiano si afferma che la denomi-
nazione geronimiano deriva dalle due lettere dei vescovi veneti, Cromazio e Eliodoro
inserite nell’introduzione, in cui si chiede a Girolamo l’invio di una lista delle feste
dei martiri basandosi sul feriale di Eusebio. Girolamo, nella seconda lettera, risponde
che i nomi sono talmente tanti che lui è costretto ad inviare solo una piccola
raccolta. Tale corrispondenza è ormai unanimemente considerata falsa dagli studiosi.
L’ignoto autore del Martirologio, infatti, per accreditare la sua opera si è avvalso del
nome di Girolamo. Nonostante la mancata autorevole paternità, tale testo rimane
730 PAOLO SPOLAORE

Italia settentrionale nel V secolo9, sembra sia stato erroneamente attri-


buito a Girolamo, perché nell’introduzione dello stesso testo liturgico
sono inserite due lettere inviate a Girolamo dai vescovi veneti Eliodoro
e Cromazio. Lo stesso Girolamo10, nel suo viaggio verso Gerusalem-
me11, avrebbe incontrato l’amico Eliodoro, primo Vescovo di Altino.
Infine, pur in assenza di fonti documentarie, sembra in ogni caso
rilevante il fatto che vi sia una tradizione, pur ai confini con la leg-
genda, che identifica e data le origini della città di Venezia, a partire
dalla dedicazione di una chiesa a san Giacomo.

“INVENTIO” DEL SEPOLCRO DI GIACOMO IN GALIZIA E AVVIO DEL CULTO


DI PELLEGRINAGGIO COMPOSTELLANO

L’“inventio” sembra databile a seconda delle fonti tra l’816 e 840;


la prima segnalazione in un testo liturgico della nuova festività di san
Giacomo al 25 luglio, accompagnata da elementi della tradizione ispa-
nica, si ritrova, però e solo in forma indiretta, qualche decennio dopo
nel martirologio di Floro, derivato dal martirologio geronimiano.

comunque assai prezioso poiché fornisce allo studioso importanti dati sull’ evoluzio-
ne del culto dei martiri non solo a Roma, ma in numerose altre città dell’orbis
christianus antiquus. La verità geografica, di martiri e santi e vescovi presenti in questo
documento, deriva dalle fonti utilizzate dal redattore: il Cronografo del 354; una lista
di martiri e vescovi del Nord-Africa, di cui però non si conserva l’originale, ma solo
una recensione tardiva rintracciabile nel calendario di Cartagine datato al 505, ed
infine un calendario greco proveniente dall’Oriente, il calendario di Nicomedia,
redatto intorno al 362; anche in tal caso non se ne conserva l’originale, ma una
traduzione in lingua siriaca datata al 411 circa. Si può ormai affermare con certezza
che quest’opera fu redatta in Italia del Nord, in un’area compresa tra Milano ed
Aquileia, tra il 431 e il 450. Tale documento è però ricostruibile solo per congettura,
attraverso la critica storica della varie notizie: i codici superstiti del Martirologio
geronimiano, infatti, tramandano unicamente la cosiddetta recensione “gallicana”,
che fu compilata nel monastero di Auxerre intorno al 592. La necessità di adattare il
testo originale alle esigenze locali comportò l’aggiunta di nuovi santi occidentali e di
feste gallicane, che modificò inevitabilmente il testo originale dandogli la sua
versione definitiva.
9 P. TESTINI, Archeologia cristiana. Nozioni generali dalle origini alla fine del secolo VI,

Bari, Edipuglia, 1980, pp. 17-21.


10 Ibid., p. 24.
11 F. CARDINI, In Terrasanta. Pellegrini italiani tra medioevo e prima età moderna,

Bologna, Il Mulino, 2002, p. 34.


Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 731

I primi pellegrinaggi, in forma elitaria, iniziano circa un secolo


dopo, con il vescovo franco Gotescalco.
Nell’827 il doge di Venezia Agnello Partecipazio trasferiva defini-
tivamente il centro del dogado a Rivoalto, dove si andavano coagulan-
do i vari insediamenti lagunari come Malamocco, Castello, Olivolo. In
una nebbia fitta, al centro del sistema di comunicazioni endo-laguna-
re12, iniziava ad affermarsi una nuova città destinata a diventare,
rapidamente, una grande potenza marittima, continentale e uno snodo
strategico delle grandi vie di pellegrinaggio.
Lo scenario veneziano è segnato dall’“inventio” dei resti di
Marco, portati nell’anno 82813 a Venezia da Alessandria d’Egitto ed
accolti con tutti gli onori dal Doge Giustiniano Partecipazio.
Non si può non osservare come i due eventi, anche se connotati di-
versamente e lontani nello spazio, siano quasi coevi, e riguardino due
nuove potenze emergenti nello scacchiere occidentale (Asturie e Venezia),
desiderose forse di un suggello di sacralità alle loro crescenti ambizioni.
Anche le successive dinamiche di nascondimento del corpo di
Marco all’interno della basilica marciana non sembrano poi così dissi-
mili da quelle descritte per i resti di Giacomo all’interno della cattedra-
le compostellana. A un osservatore attento, che abbia la fortuna di
visitare la splendida cripta della basilica marciana, non può sfuggire la
scalinata che, posteriormente all’altare maggiore della cripta, sale fino
all’urna deposta sotto lo stesso altare, dove un tempo era o si pensava
che fosse il corpo di Marco. I pellegrini marciani salivano quella scala
per rendere omaggio al Santo forse allo stesso modo dei pellegrini
compostellani, che ogni giorno venerano Santiago abbracciandone il
busto, dopo aver fatto i pochi scalini posti dietro l’altar maggiore.
Il culto di Giacomo il Maggiore però, come afferma lo storico
veneziano Niero, prima del IX secolo «è sconosciuto sia a Ravenna sia
nei sacramentari romani».
In quella fase storica esistevano in laguna più sedi episcopali, tra
cui la sede vescovile della città, ubicata nell’attuale sestiere di
Castello, uno dei primi siti antropizzati di Venezia. Considerata l’ in-

12 W. DORIGO, L’acqua e le origini di Venezia, in «Atti dell'Istituto Veneto di

Scienze, Lettere ed Arti. Classe di Scienze Morali, Lettere ed Arti», 168 (2009-2010)
1, pp. 117-119.
13 J. LE GOFF, Il tempo sacro dell’uomo. La “Legenda aurea” di Jacopo da Varazze,

Roma-Bari, GLF Editori Laterza, 2012, p. 126.


732 PAOLO SPOLAORE

fluenza ravennate in area lagunare è verosimile che le tradizioni


liturgiche delle chiese lagunari, quindi anche della Chiesa di Castello,
non differissero di molto da quelle ravennati.
Questo elemento sarebbe in contrasto con le tradizioni citate in
precedenza circa la presenza a Torcello di reliquie di san Giacomo il
Maggiore fin dai primi secoli. Nella chiesa di Verona invece, città
sotto il diretto dominio imperiale franco, dove ebbe addirittura sede la
corte di Pipino, figlio di Carlo Magno, il famoso codice14 “Versus de
Verona”, detto anche ritmo pipiniano, documenta, già nell’anno 800 la
presenza di un culto jacopeo. Inoltre, negli anni 800-810, nella stessa
chiesa l’orazionale e il martirologio breve (cod. CVI) dell’arcidiacono
Pacifico15, menzionano la festività di san Giacomo al 25 luglio16, senza
però alcun riferimento a elementi ispanici.
Un primo segnale, alquanto misterioso, quanto a rapporti tra
Venezia e il mondo franco ispanico, riguarda il viaggio verso i Pirenei
di un personaggio di assoluto rilievo nella Venezia del tempo: il doge
Pietro Orseolo.
Questi, nel 979, partì dalla vicina grande abbazia di sant’Ilario,
dove si era ritirato in seguito alla sua rinuncia al dogado, in direzione
dell’abbazia cluniacense di Cuxà, nei Pirenei, dove trovò riparo e morì
in odore di santità.
Da segnalare che il vescovo franco Gotescalco, considerato il
primo pellegrino alla tomba di Santiago partì da Le Puy per Compo-
stella solo qualche decennio prima della partenza da Venezia verso i
Pirenei del doge Orseolo.
Non sono chiare le ragioni di questo trasferimento in una regione
del mondo apparentemente cosi lontana dagli interessi della nascente
potenza veneziana.

14 G.G. MEERSSEMAN, E. ADDA, J. DERSHUSSES, L’orazionale dell’arcidiacono


Pacifico e il “Carpsum” del cantore Stefano: Studi e testi sulla liturgia del duomo di Verona dal
IX all’XI sec. (Spicilegium Friburgense 21), Fribourg, Suisse, Editions Universitaires,
1974, pp. 6-7.
15 Ibid., p. 17.
16 A. SPAGNOLO, Tre calendari medievali veronesi, con prefazione storica, in «Atti

dell’Accademia d’Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona», serie IV, 15 (1914), pp.


22-23, 28, 32.
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 733

Sembrano però difficilmente separabili da quelle che determinarono


la sua rinuncia al dogado, avvenuta pare in uno scenario di pressioni e
conflitti tra fazioni opposte filo imperiali franche e bizantine.
Non è noto nemmeno l’itinerario seguito in questo lungo viaggio,
ma va ricordato che l’abbazia da cui partì il doge, fondata nell’819, si
trovava all’intersezione tra la foce del fiume Brenta, via fluviale di
collegamento con la città romana di Padova e la via consolare Annia,
che collegava anch’essa Padova con Altino ed Aquileia.
Si tratta di un tratto descritto anche nell’itinerario burdigalense;
forse il doge Orseolo percorse in senso inverso gran parte dello stesso
itinerario, sei secoli dopo l’anonimo pellegrino partito da Bordeaux.

LA FASE DELL’APOGEO DEL CULTO COMPOSTELLANO (SECC. XII E XIII)


Numerosi in città e nelle isole sono gli edifici di culto, le scuole e
gli ospitali dedicati a san Giacomo la cui edificazione risale a questo
periodo.

CHIESA DI SAN GIACOMO DI RIALTO


Il culto jacopeo sembra connotare la nascita stessa di Venezia,
come affermato dal Corner17 a proposito della consacrazione della
chiesa di san Giacomo a Rialto, che ne costituiva il centro politico e
commerciale (Fig. 1).
Le fonti documentarie, pur problematiche e oscure18, attestano
l’esistenza di questo edificio di culto solo dal 115219.
Da notare che Papa Alessandro III, in occasione della sua visita a
Venezia nel 1177, concede ampie indulgenze ai fedeli che visitano la
chiesa il mercoledì santo. La stessa chiesa sarebbe stata, se non l’unica,
una delle poche chiese di Venezia a essersi salvata dalla distruzione a
seguito di un grave incendio che devastò la città nel 1533.

17 CORNER, Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia e di Torcello cit., p. 369.
18 DORIGO, L’acqua e le origini di Venezia cit., p. 130; S. TRAMONTIN, A. NIERO,
G. MUSOLINO, C. CANDIANI, Culto dei Santi a Venezia, Venezia, Edizioni Studium
Cattolico Veneziano, 1965, pp. 105-106.
19 A. NIERO, G. MUSOLINO, S. TRAMONTIN, Santità a Venezia, Venezia, Edi-

zioni Studium Cattolico Veneziano, 1972, p. 92; R. CESSI, A. ALBERTI, Rialto: L’isola,
il ponte, il mercato, Bologna, Zanichelli, 1934, passim
734 PAOLO SPOLAORE

FIG. 1 – CANALETTO, San Giacomo di Rialto, 1725-1726, Olio su tela,


Gemäldegalerie, Dresda

Si hanno notizie di un’antica Confraternita di san Giacomo e


Cristoforo, a suo tempo soppressa, di cui l’erede è l’attuale Arciconfra-
ternita di san Cristoforo e della misericordia di Venezia.
In alcune chiese di Venezia è documentata anche l’esistenza di
“Scuole” (corporazioni di mestiere) intitolate a san Giacomo, abbinato
non sempre a san Cristoforo e una di queste, quella dei “casaroli”,
trovava sede proprio in questa chiesa. Altre “Scuole” avevano sede in
altri edifici di culto: quella di san Giacomo detta dei “capelleri” nella
chiesa di san Leone Papa, dove l’altare della “Scuola” è ornato da un
dipinto di Tiziano Vecellio, raffigurante Giacomo Maggiore in vesti
apostoliche, con bordone decorato dal “pannissellus”.
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 735

CHIESA PARROCCHIALE DI SAN GIACOMO DELL’ORIO


Orio è un toponimo di derivazione celto-romanza, di non certa
definizione, che sembra riferito a una area alluvionale, ubicata in pros-
simità delle teste di ponte della città verso la via di Alemagna (San
Giuliano) e verso la via Annia (sant’Ilario)20. Nella stessa zona fiorì
l’importante abbazia cluniacense di santa Croce, di antichissima fon-
dazione (documentata già nel 774), oggi scomparsa. Secondo tradizio-
ni leggendarie, diffusesi anche per la presenza di un’incisione con tre
“V” sulla facciata, ritenuta da alcuni un numero romano (oggi scom-
parsa), la chiesa sarebbe stata edificata nel 55521.
Le prime attestazioni del titolo sancti Iacobi de Luprio risalgono
al 112022, anche se si pone il problema dell’identificazione di Giaco-
mo; venne ricostruita nel 1225 ad opera delle famiglie Badoer e da
Mula e restaurata, di nuovo, ai tempi del Sansovino.
L’edificio a tre navate con un ampio transetto è uno splendido ed
affascinante scrigno di tesori d’arte e di storia, in uno dei più suggesti-
vi campielli di Venezia. All’interno si possono ammirare l’antica ac-
quasantiera quadrilobata, in marmo di Anatolia, probabilmente risalen-
te alla quarta crociata, e la famosa colonna di marmo verde, con
capitello ionico, con ogni probabilità proveniente da Bisanzio (citata
da J. Ruskin e da G. d’Annunzio nei loro scritti).

20 «Nell’ambito urbano più tardi la regione di Luprio è apparsa

progressivamente ristretta alla zona centrale del sestiere di S. Croce; ma ancora in A.


Dandolo (Chronica per extensum descripta, aa. 46-1280 d.C., cur. E. Pastorello, «RIS»,
XII.I, Bologna 1938: V.XI.19, pp. 75-76) le “tumbas in Luprio situatas” accolgono la
fondazione di due chiese molto lontane fra loro, “Crucis” (S. Croce) e “aliam vero sub
vocabulo sanctorum Hermacore et Fortunati” (S. Marcuola): comprendevano cioè gran
parte del sestiere di Cannaregio, che non figura nello stesso autore (Chronica cit.,
VIII.XII.16, p. 121) fra le “insule Gemini, Rivoalti, Luprii et Dorsoduri”,cohaderentes al
castro Olibolensi”. Per quanto riguarda il significato del nome, si nota che M.A.
Sabellico (De situ Urbis Venetae libri III, Venezia 1502: I, I Regio, p. 10) aveva
conservato fino all’alba dell’età moderna una tradizione corretta: “Luprium veteres a
palustri facie dixere”: cioè da allupies (alluvione)», cfr. W. DORIGO, La società del
‘Canaleclus’ fra il Canal grande e il ‘caput’ de Canareglio, tesi di laurea honoris causa,
IUAV 2005, nota 3, online http://goo.gl/7btvhZ (accesso 11 aprile 2016).
21 CORNER, Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia cit., p. 389; NIERO,

MUSOLINO, TRAMONTIN, Santità a Venezia cit., p. 92.


22 Archivio di Stato di Venezia (ASVE), S. Zaccaria, b. 14.
736 PAOLO SPOLAORE

FIGG. 2-3 – LORENZO LOTTO, Madonna in trono tra san Giacomo pellegrino
e sant’Andrea, 1546, olio su tela, Venezia, Chiesa di San Giacomo dell’Orio.
A fianco, la bisaccia e il cappello con la conchiglia (part.).
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 737

Numerose, di grande interesse e suggestione sono le raffigurazioni


di Giacomo, rappresentato secondo differenti moduli iconografici, nel-
le tante opere d’arte di questa chiesa, tra cui una grande pala di
LORENZO LOTTO, che domina il presbiterio, con Madonna in trono tra
san Giacomo pellegrino e sant’Andrea (Figg. 2-3), una tela con “il
miracolo del gallo” della metà del XVI secolo (A. Negretti23),un
bassorilievo dell’abside con il martirio di san Giacomo apostolo (forse
del Torretto).

23A. NIERO, Chiesa di san Giacomo dell’Orio (Venezia sacra 15), Venezia,
Tipografia Salvagno, 19902, pp. 47-92. (Fonte: http://goo.gl/QBHSmE)
738 PAOLO SPOLAORE

L’ISOLA DI SAN GIACOMO IN PALUDO


L’isola, è oggi un lembo di terra abbandonata, ai margini nord est
della laguna di Venezia, che in quella zona è delimitata dalla costa
altinate, un tempo attraversata dalla via Annia. Questa importante strada
consolare di collegamento tra Padova, Altino ed Aquileia intercettava,
circa all’altezza di quest’isola, il porto di Cavergnago Campalto collegato,
anche per via fluviale, con Mestre, Treviso ed il nord transalpino. L’isola
era anche tappa importante dei percorsi di navigazione endo-lagunare, che
mettevano in comunicazione Ravenna con i porti veneti dell’alto
Adriatico24. Si tratta di un’ubicazione che, considerato anche il ruolo
assunto da Treviso, quale importante snodo delle vie ungariche di
pellegrinaggio, documentato fin dagli inizi del XII secolo, rende ragione
della rilevanza di questo, oggi sconosciuto, lembo di terra salmastra nella
rete delle vie di pellegrinaggio, che facevano capo a Venezia.
La scelta di costruire qui in epoca remota un ospitale per i
pellegrini va letta pertanto nello scenario delle vie di comunicazione
del tempo: «...di quest’isola essendo padrone Orso Badoaro, nel 932, la
donò a Gio. Trono, il quale, su un terreno paludoso concesso dal doge
Pietro Polani nel 1046, edificò un spedale con la chiesa che consacrò a
san Giacomo per dover essere ricetto de Pellegrini»25.
L’isola Ospitale non ebbe lunga durata: dopo un secolo di attività
furono introdotte le monache cistercensi, seguirono nei secoli diverse
traversie, tra cui la peste del 1456, che portò alla istituzione di un
ospizio per lebbrosi e successivamente l’isola venne assegnata ai frati
minori conventuali della chiesa di santa Maria dei Frari di Venezia.
Dal 1700 in poi vicissitudini varie portarono prima alla soppressione
amministrativa del Convento nel 1769, poi alla successiva sistemazio-
ne nello stesso di un deposito di polveri da sparo, da parte della Repub-
blica di Venezia. Infine la chiesa, che appare molto elegante in alcune
incisioni settecentesche26, venne abbattuta. Nel 1810, per editto napo-
leonico, divenne presidio militare e restò tale fino ai primi anni del

24 W. DORIGO, “Per flumina et fossas”. La navigazione endolitoranea fra Chioggia e


Aquileia in età romana e medievale, in «Aquileia nostra», 65 (1994), cc. 81-140.
25 A. SARTORI, Archivio Sartori. Documenti di storia e arte francescana, II/2, La

provincia del Santo dei Frati minori conventuali, a cura di P. Giovanni Luisetto ofm conv.,
Padova, Biblioteca Antoniana, 1986, p. 2071.
26 G. PIAMONTE, Litorali ed Isole. Guida alla laguna veneta, Venezia, Filippi

Editore, p. 28.
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 739

secolo XX, quando vi scomparve ogni segno di presenza umana. Solo


un piccolo bassorilievo trecentesco raffigurante la Madonna fino a
qualche anno decennio fa, guardava da un muro cadente dell’isola, i
passeggeri dei vaporetti diretti a Burano e Torcello. Era l’unico segno
rimasto sull’isola di una secolare presenza di accoglienza e culto ed è
stato trasferito nel 1988 nella chiesa di santa Caterina a Mazzorbo27.

LE ISOLE SCOMPARSE DELLA ZONA NORD DELLA LAGUNA VENETA


Lembi di terra posti anch’essi nella zona nord della laguna, in
prossimità della costa nordest percorsa dalla via Annia, erano tappe dei
percorsi di navigazione endolagunare. Vi sono documentazioni d’in-
sediamenti urbani nelle isole di Ammiana, Ammianella, Costanziaco,
eredi anch’essi della scomparsa città romana di Altino. Nell’isola di
Ammiana28 la chiesa dei santi Filippo e Giacomo sembra conservasse
una reliquia del capo di san Giacomo minore29.
La vicina isola di Ammianella, citata in documenti del 1179, era
sede di una chiesa con monastero (1228), dedicati ai santi Andrea e
Giacomo, in cui l’accesso di poveri e pellegrini era molto frequente30.
Per problemi ambientali, nel XIV sec, la vita nelle isole divenne quasi
impossibile, con conseguente graduale spopolamento, scomparsa degli
insediamenti e accorpamento degli insediamenti religiosi ivi esistenti

27 G. FUGA, L. VIANELLO, Navigar in laguna: tra isole fiabe e ricordi, Venezia,

Edizioni Mare di carta, 2009, pp. 1-153; G. CROVATO, M. CROVATO, Isole abbandonate
della laguna veneziana, Venezia, San Marco press, 2008, pp. 1-239.
28 ASVE, San Giovanni evangelista di Torcello, bb. 65, comprende documenti

di san Giacomo e Filippo di Ammiana.


29 De S. Jacobo Majore Apostolo e Martyre, Compostellae in Hispania. Commentarius

Historicus, Pars Prima, AASS, Iulii, VI, Parisiis-Romae 1868, p. 23, capoverso 72: «…
Cum autem monasterium sanctorum Phlippi et Jacobi, olim membrum sancti Felicis
de Aimanis (monastero di san Felice di Ammiana) et nunc ecclesiae Sancti Marci
copulatum, asserat, se habere similiter caput sancti apostoli Jacobi, tenendum est,
caput illude esse sancti Jacobi Alphaei suprascriti, qui et Minor dicuts est: nam et ejus
festum celebrant die prima Maii, cujus nomini monasterium ipsum dedicatum
est…».
30 CORNER, Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia cit., p. 669.
740 PAOLO SPOLAORE

ai monasteri di Torcello prima e di Venezia poi. Sembra che l’ab-


bandono definitivo delle isole si sia verificato verso il 147431.
L’esatta ubicazione delle isole sommerse non è stata ancor oggi
identificata con certezza32.

L’ISOLA PORTO DEL LIDO


Già nell’XI secolo esisteva in quest’isola un grande monastero
dedicato a san Nicolò, in cui si conservano ancor oggi importanti
reliquie di san Nicola. Anticamente, “in visceribus monasterii”, vi era
una chiesa dedicata a san Giacomo Apostolo, la cui edificazione sem-
bra risalga addirittura al mille, che non risultava più consacrata già nel
144833. Sarebbe stata abbattuta nel secolo XVIII, perché fatiscente.
Scavi eseguiti nel 1982 hanno messo in luce le sue fondamenta.
Il culto di san Nicola e i relativi pellegrinaggi a Venezia devono
esser in ogni modo durati ancora per secoli se, ancora nel XVII secolo,
abbondante era la produzione a Murano di ampolline in cui raccogliere
la “manna” del Santo.
Altri segni oltre a quelli riguardanti edifici di culto o di ospitalità
jacopei arrivano dalle profondità della storia dei pellegrinaggi jacopei e
riguardano i primi pellegrini veneti diretti a Compostella.
Il cavaliere pellegrino de Rabito di Verona, il 22 gennaio 1174,
appena vent’anni dopo il viaggio dell’abate Nikulas di Munkathvera34,

31 C. ZANGIROLAMI, Storia delle chiese e dei monasteri delle scuole di Venezia rapinate e

distrutte da Napoleone Bonaparte, Venezia, Zanetti editore, 1962, pp. 130-131.


32 D. BUSATO, M. ROSSO, P. SFAMENI, Le conseguenze delle variazioni geografiche

avvenute tra il XIII ed il XIV secolo su talune comunità monastiche ubicate in alcune isole della
laguna nord di Venezia, in «Archeomedia. Rivista on line di informazioni e ricerca
archeologica», 20 (2007), pp. 1-18, online https://goo.gl/RECMD2
33 FABBIANI, La fondazione monastica di san Nicolò di Lido (1053-1628) cit., pp. 43-

50: «vicina al monastero di san Nicolò del Lido si trova già molti anni una cappella
consecrata a san Giacomo, la quale essendo fino inanzi l’anno 1448 profanata et
adoperata per servizio d’una taverna[ …] al tempo della guerra passata fu adoperata
per allogar munizioni et altro [...]; pare anco che sia stata fatta affitatione a persona
che se ne valese per magazino e taverna[...]».
34 S. BORTOLAMI, “Locus magne misericordiae”. Pellegrinaggi e ospitalità nel Veneto

Medioevale, in I percorsi della fede e l’esperienza della carità nel Veneto Medievale, Atti del
Convegno (Castello di Monselice, 16 dicembre 2001), a cura di A. Rigon, Padova, Il
Poligrafo, 2002, p. 87.
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 741

rinnova il vecchio testamento fatto in occasione di un viaggio a San


Giacomo di Compostella e, fra i vari legati monetari a favore di enti
assistenziali e religiosi della città, lascia «all’hospitalis Hierusalem
catenam meam bonam et mea arma». Si tratta di uno dei primi pelle-
grini italiani a Santiago di cui vi sia documentazione35. L’ itinerario
seguito è a noi sconosciuto ma credo sia lecito immaginare che il
nobile cavaliere frequentasse il capitolo della cattedrale, nelle cui
segrete stanze si conservava il prezioso codice copia, già vecchia di
due secoli, dell’itinerario “burdigalense” ed anche l’ambiente della
grande abbazia di san Zeno, che aveva dipendenze ad Ostiglia, nodo
strategico delle comunicazioni padane.
Solo tre anni dopo, nel 1177, anche la nobildonna Sofia dei
Collalto, conti di Treviso, la cui storia s’intreccia strettamente con la
storia del trevigiano e non solo, parte dalle terre trevigiane verso
Compostella, morendo in Navarra36. La fonte testamentaria è muta sia
circa le motivazioni di un iter così lontano e periglioso per una donna,
sia circa le circostanze della sua morte in terra di Spagna.
Il Beato Antonio Pellegrino da Padova, comunemente chiamato il
beato Pellegrino, al secolo Antonio Manzoni, nato a Padova nel 1237 –
da non confondere con il più famoso sant’Antonio –, fu il primo e
forse unico santo pellegrino jacopeo nel Veneto medievale; in una vita
del Beato scritta nel 1267, si racconta che «attraversando vari cammini
in terre ignote e straniere giunse in Galizia, patria del beato san
Giacomo»37. Si recò poi anche a Colonia e, rientrato a Padova, si ritirò

35 Archivio Segreto Vaticano, Nunziatura veneta, perg. 7229, cfr. Le carte dei

lebbrosi di Verona tra XII e XIII secolo, a cura di A. Rossi Saccomani, Padova, Antenore,
1989, p. 45; M. GAZZINI, L’ordine di San Giovanni e la società locale tra religiosità e
assistenza. Italia centrosettentrionale, secoli XII-XIV, in Gli ordini ospedalieri tra centro e
periferia, Atti della giornata di studio (Roma, 16 giugno 2005), a cura di A. Esposito, A.
Rehberg, Roma, Istituto Storico Germanico di Roma, 2007, pp. 137-157.
36 C. AGNOLETTI, Treviso e le sue Pievi. Illustrazione storica nel XV centenario dalla

istituzione del Vescovato Trivigiano (396-1896), parte seconda, Treviso, Stab. Tip. Ist.
Turazza, 1898, p. 738: «Zottier di Mel, Colderù di Lentai, … questi villaggi facevano
parte del territorio del Contà di Zumelle per la cui eredità divisa nel testamento della
Co Sofia dei Collalto morta nel 1177 in Navarra durante il pellegrinaggio a
Compostella si scatenarono guerre fra trevigiani, bellunesi e patriarchini».
37 PÉRICARD-MÉA, Compostela e il culto di san Giacomo nel Medioevo cit., pp. 344-

345; cfr., inoltre, De B. Antonio Peregrino patavino, a cura di G.B. Mittarelli, A. Costado-
ni, in Annales camaldulenses, IV, Venezia 1760, p. 372.
742 PAOLO SPOLAORE

nel monastero di santa Maria di Porciglia, dove morì in odore di


santità. Subito dopo la sua morte, avvenuta nel 1256, Padova assistette
a una vera e propria esplosione della devozione popolare con numero-
sissimi pellegrini che accorrevano al suo sepolcro38.
Anche il grande veneziano Marco Polo nei suoi racconti del Milione,
parlando della presunta tomba di Buddha cita i pellegrinaggi a Compostel-
la: “e se vi dico che gli idolatori dalle più lontane parte poi vi vengono in
pellegrinaggio, siccome vanno i cristiani a san Jacopo in Galizia”39.

FASE DEL BASSO MEDIOEVO E INIZIO ETÀ MODERNA


Sembra proprio che sia questa la fase storica, la fase tra l’altro
dell’apice della potenza di Venezia, in cui il culto di pellegrinaggio
compostellano ha raggiunto il suo apogeo a Venezia e dintorni, almeno
a stare ai segni rimasti sul terreno e negli archivi fin qui identificati.
È questo il periodo dei primi itinerari compostellani a partenza dal-
l’Italia: l’ANONIMO PELLEGRINO (1392-1425), che partì da Venezia «per
andar da messere San Zacomo de Galizia per la via da Chioza»,
dirigendosi da Venezia a Chioggia, poi non è chiaro se per Adria o Rovigo
per Ferrara40, da qui a Bologna, poi Firenze, senza precisare il passo, da
Firenze a Pisa e da qui via mare (si deve notare che, nel Trecento, non si
parla più di Luni); poi i porti della Liguria, Nizza, Monaco, con un tragitto
simile a quello prefigurato due secoli prima da Edrisi.
Nel 1500 un altro veneziano, BARTOLOMEO FONTANA, parte da
Venezia per Santiago, via Mestre, Padova, Ferrara, Lugo di Romagna,
Forlì, Pesaro, Loreto, Assisi, Perugia, Roma. Inizia il pellegrinaggio
compostellano da Roma, ma non dritto … la Verna, Camaldoli, Val-
lombrosa, Bologna, Milano, Digione e informa anche «sul vero camino
dritto de Giacopo usitato anticamente»: da Milano per la via delle
Alpi, cioè via il valico del Monginevro fino ad Avignone, poi la via
Tolosana. Sono le stesse vie che, nel 1600, seguirà DOMENICO LAFFI da
Bologna per Santiago.
38 A. RIGON, Manzoni Antonio, detto il Pellegrino, in Dizionario Biografico degli Italiani,

69, Roma, Treccani, 2007, online http://goo.gl/g7JUR5


39 L. MASCANZONI, San Giacomo: il Guerriero e il Pellegrino; il culto jacobeo tra la

Spagna e l’Esarcato (secoli XI-XV), Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto
2000, p. 122.
40 Ibid., pp. 231-232.
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 743

Numerose e di grande interesse sono le testimonianze del tempo


negli edifici di culto veneziani dedicati a san Giacomo, parte di questi
scomparsi, salvo qualche toponimo.

CHIESA E MONASTERO FEMMINILE AGOSTINIANO DI SAN GIACOMO


MAGGIORE O “DELLA PUNTA” O DI GALIZIA (SCOMPARSI) - ISOLA DI
MURANO
L’antico sito si trova vicino a riva san Giacomo, sulla parte del-
l’isola, che guarda a San Giacomo dell’Orio. Il convento di S.
Giacomo maggiore o di Galizia fu fondato sul principio del sec. XIV;
nel 1330 vennero introdotte le monache Agostiniane41, sotto il cui
governo fu rifatto il convento e restaurata la chiesa nel sec. XV.
Qualche anno prima della sua caduta la Serenissima Repubblica,
assegnò le monache di S. Giacomo, rimaste in poche, al monastero di
S. Maria degli Angeli di Murano. Il monastero fu soppresso nel 1796 e
in seguito smantellato42. L’edificio, ancora segnalato in una visita
pastorale del 1799, venne distrutto intorno al 180043.

CHIESA DI SAN GIACOMO DELLA GIUDECCA, CON ANNESSO


CONVENTO DEI SERVITI E SCUOLA DI SAN GIACOMO DI GALIZIA
(SCOMPARSI) - ISOLA DELLA GIUDECCA.
La chiesa e il convento vennero eretti nel 1343, in seguito ad una
disposizione testamentaria di Marsilio da Carrara, signore di Padova44,
per accogliervi i Servi di Maria. La chiesa, posta sotto l’invocazione di
S. Maria Novella45, fu comunemente chiamata di S. Giacomo della
Giudecca a ricordo di un oratorio ad essa preesistente e gestito dalla
confraternita dei Battuti, in memoria del quale si conservava, all’in-

41 M.P. PEDAN, Monasteri di Agostiniane a Venezia, in «Archivio Veneto», ser. V,

125 (1985), pp. 43-50.


42 ASVE, Fondi IT, 3212 004, (Serie) Catastici, 1796 registri 1.
43 E. BASSI, Tracce di chiese veneziane distrutte. Ricostruzioni dai disegni di Antonio

Visentini, Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, 1997, p. 302.


44 ASVE, san Giacomo della Giudecca o della Zuecca sive santa Maria Novella.

b 15, fascicolo 3 f 1, «non avendo libri se non dal 1426…si fa riferimento a un


bonifico di “Marsilio da Carrara di lire mille al anno”».
45 ASVE, Fondi IT 3100 003, (Serie) Catastici, 1659-1725, con regesti di

documenti dal 1334, registri 3.


744 PAOLO SPOLAORE

terno della chiesa, un importante altare dedicato al Santo46, (una storia


questa che ricalca quasi fedelmente quella della chiesa di san Giacomo
di Castelfranco Veneto).
Prima della costruzione della basilica del Redentore, l’edificio,
ritenuto di ideazione palladiana, era il più grande dell’isola della
Giudecca. L’ubicazione di chiesa, Monastero, Scuola di san Giacomo
di Galizia47 è chiaramente identificabile da una suggestiva mappa a
colori (1746), conservata presso l’Archivio di Stato di Venezia48. Le
mappe di Ignazio Danti (1585), conservate nei musei vaticani, mo-
strano nettamente il profilo di questa chiesa con il suo campanile.
L’edificio è rappresentato anche in belle stampe del 1736 di Giovani
Battista Brustolon e in una tela del Canaletto conservata nella Man-
chester Art Gallery. Nel 1806 il convento dei Serviti veniva adibito a
caserma, per essere abbattuto nel 1837. Unico segno rimasto di questa
storia secolare il giardino Checchia, la grande area verde che un tempo
circondava gli edifici del Monastero49.

BASILICA DI SAN MARCO


All’interno della basilica di san Marco, nel braccio destro del
transetto, il Doge Cristoforo Moro (1462-1471) fece erigere un altarino
con statua di san Giacomo apostolo il Maggiore.

46 ASVE, S. Giacomo della Giudecca (Venezia), 1443-1806, con docc. in copia


dal 1338 e con regesti di docc. dal 133. Altre denominazioni: S. Giacomo della Giudecca;
S. Maria nuova dei Servi detta S. Giacomo della Giudecca; S. Maria nuova dei Servi, buste 24,
registri 5.
47 ASVE, san Giacomo della Giudecca o della Zuecca. b 15 «Negli atti della

Commissione provinciale del censo del Regno Austroungarico 1805 si ritrova traccia
di una avvenuta composizione tra Scuola di san Giacomo e Priore Monastero di san
Giacomo in cui si fa obbligo ai frati per una solenne processione nella festa di san
Giacomo e suonare le campane alla vigilia il 24 luglio…».
48 ASVE, san Giacomo della Giudecca o della Zuecca, b 15 «disegno architetto

Fossati del 16 maggio 1746, con mappa della proprietà del monastero di san
Giacomo della Zuecca sive santa Maria Novella in cui è identificato il sito della
chiesa e della Scuola di san Giacomo di Galizia in campo san Giacomo, lungo le
fondamenta omonime del canale della Giudecca, eseguito su ordine dei RRPP di san
Giacomo della Giudecca».
49 DON SANTE DELLA VALENTINA, Degli Edifizi consacrati al culto divino in Venezia

o distrutti o mutati d’uso nella prima metà del secolo XIX, Note storiche tratte da un
«catalogo inedito», Venezia, Tipografia Gaspari, 1852.
Venezia e il mondo jacopeo-compostellano 745

ISOLA-MONASTERO DI SAN GIORGIO


Fin dai primi anni del sec IX, in quest’isoletta della laguna, venne
edificata una chiesa dedicata a San Giorgio, un secolo dopo affiancata
da un monastero benedettino Nel 1204 vi furono trasferite da
Costantinopoli le spoglie di santa Lucia, vergine e martire di Siracusa,
che sarebbero state poi traslate nella chiesa a Lei dedicata.
Vi sono conservate numerose reliquie arrivate nel 1210 da
Costantinopoli, tra cui oltre ad una “notabil porzione” del corpo di san
Giacomo minore, la testa di san Giacomo Maggiore. Si tratta di una
reliquia la cui autenticità e decisamente contestata negli Acta Sancto-
rum dei bollandisti50: «presso i Veneti», affermano i bollandisti, «due
chiese litigano per il capo di san Giacomo, come si ricava anche da un
manoscritto della Regina di Svezia riferito alle reliquie di Santi, una è
il monastero di san Giorgio a Venezia, l’altra è la chiesa dei santi
Filippo e Giacomo dell’isola di Ammiana». Il corpo di san Giacomo
minore viene51 segnalato, a dire il vero, anche nella chiesa dei santi
Filippo e Giacomo nel sestiere di Castello, edificata prima del 1199.

50 De S. Jacobo Majore Apostolo e Martyre, Compostellae in Hispania. Commentarius

Historicus, Pars Prima, AASS, Iulii, VI, Parisiis-Romae 1868, p. 22, capoverso 71: «…
Etiam apud Venetos. duae ecclesiae de capite S. Jacobi Majoris inter se Georgii
Venetiis requisecunt. Opinor, hic intelligendum esse monasterium S Georgii, quod in
insula Venetiis adjacet, et cujus fundationem Mabillonius in Annalibus Benedectinis
ad annum 982 refert. Utut est, apographi nostru hic est titulus: de venerando beati
apostoli Jacobi jam olim in hoc nostro coenobio, ut atiam nunc, existente capite.
Tunc monachus anonymus sic scribit ex sacris constat historiis, fratres carissimi,
beatam Annam tres peperisse filias, quarum quaelibet Maria vocata est. Harum prima
fuit beatissima virgo Maria, mater Domini ac Salvatoris nostri,secunda quae Secunda,
quae conjugio copulata Alpheo genuit Jacobum Minorem, qui Justus dictus est, ac
Domini frater, nec non et Simonem Chananaeum, et Judam, qui et Thaddaeus voca-
tus est. Tertis, quae et Maria Salome dicta est, Zebedaeo conjuncta, peperit Jacobum
Majorem ac Joannem Evangelistam; hujus nos apostoli Jacobi pretioso capite Dei
benignitate donati sumus, quod testatur ejus imago, in palladio altaris sui depicta, sed
et solennitas, quam Julii tempore ad dictum altare ejus nomine annis singulis hono-
rifice celebramus. Peregrini quoque ex Compostella, Gallitiae urbe, ubi san-
ctissimum ejus corpus quiescit, reversi testantur, hanc ipsius capitis partem ibi
deesse. Quod hic asseritur de tribus S. Annae filiabus, falsum esse ostendemus ad
diem sequentem, ipsi sacrum. Deinde idem scriptor contra alteram ecclesiam
reliquias suas ita tueri conatur ...».
51 CORNER, Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia cit., p. 174.
746 PAOLO SPOLAORE

Tracce di questa storia si ritrovano nel diario di viaggio a


Compostella di Bartolomeo Bourdelot, in cui si definiscono bugiardi i
pellegrini che riferivano di aver visto a Santiago il corpo di Giacomo
senza testa, «così dando ragione ai monaci di san Giorgio Maggiore a
Venezia, che affermavano di possederla loro»52.

CONCLUSIONI
Ho tentato di catturare dalle profondità della storia veneta qualche
bagliore che potesse illuminare il presente, consentendo di identificare
almeno qualche traccia di quella civiltà dell’itineranza, che, avendo
connotato nel profondo la religiosità, la cultura e la storia europea, non
poteva non aver interessato anche una città e un territorio da sempre
posti all’incrocio della storia e dei destini dell’Europa.
E di tutta evidenza che le origini, il suo ruolo storico di cerniera tra
Occidente e Oriente e di centro strategico, per secoli, delle grandi
correnti di pellegrinaggio fanno di Venezia un campione privilegiato,
ma anche un terreno difficile e complesso di ricerca storica sui cammini
di pellegrinaggio.
Tracce di culto e di culti, di pellegrini e pellegrinaggi nonostante
tutto si sono rivelate talora in modo inaspettato, appena sollevata la
coltre di polvere e di oblio del tempo e degli uomini. Le poche tracce
rimaste sul terreno circa le origini del culto jacopeo latino sono osser-
vabili, più nelle città dell’entroterra veneto, a Verona in particolare, che
a Venezia. Infatti le poche tracce della scena delle origini fanno pensare
che, coerentemente con il contesto politico del tempo, che vedeva
l’entroterra dominato dai Franchi, la costa e la laguna dai Bizantini,
origini e caratteri del culto jacopeo a Venezia città, come del resto il
culto dei Santi in genere, abbiano risentito degli influssi delle diverse
tradizioni liturgiche delle Chiese d’Oriente.
Su questo scenario, peraltro oscuro, si innestò, nei secoli del suo
apogeo, la tradizione compostellana, lasciando segni che stupiscono
per la loro diffusione quasi capillare nel tessuto urbano, quasi a fare di
Venezia una città jacopea. Tra le pietre, gli archivi, i reliquiari e le
opere d’arte traspaiono le tracce di un mondo sommerso che non poteva
non aver abitato la più grande potenza navale del mediterraneo, la
metropoli dell’Occidente, ma anche un centro che fu per secoli grande
snodo delle vie di pellegrinaggio maggiori.

52 P. CAUCCI VON SAUCKEN, Il cammino italiano a Compostella in Il pellegrinaggio a


Santiago di Compostella e l’Italia, Perugia, Università degli Studi di Perugia, 1984, p. 133.

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