1
DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LUCANIA
QUADERNI ARCHEOLOGICI
Fondati da
Dinu Adamesteanu
Vincenzo Verrastro
2
DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LUCANIA
11
Direttore
Massimo Osanna
Nuova Serie
3
4
TORRE DI SATRIANO I
IL SANTUARIO LUCANO
OSANNA EDIZIONI
5
Redazione
Lucia Colangelo, Tonia Giammatteo
ISBN 88-8167-249-9
6
Indice
I. IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
7
316 3.9. Ceramica sovraddipinta. LUCIA COLANGELO
325 3.10. Ceramica a pasta grigia. SALVATORE DE VINCENZO
333 3.11. Ceramica sigillata. MARCO GIGLIO
334 3.12. Ceramica a pareti sottili. MARCO GIGLIO
334 3.13. Unguentari. MARCO GIGLIO
342 3.14. Ceramica miniaturistica. ANNARITA DI NOIA
348 4. Lucerne. SALVATORE DE VINCENZO
357 5. Thymiateria. MARCO DI LIETO
388 6. Pesi da telaio e fuseruole. ANNALISA LO MONACO
396 7. Oggetti di ornamento personale e varia. ANNARITA DI NOIA
401 8. Reperti metallici. ANTONIO BRUSCELLA, VINCENZO CAPOZZOLI
409 9. Monete. MONICA SATRIANO
Appendici
461 I. LA DOCUMENTAZIONE EPIGRAFICA. CHIARA PILO
8 INTRODUZIONE
ILARIA BATTILORO I. B.
Contributi
PAOLO BENEDUCE P. B.
ANTONIO BRUSCELLA A. B.
VINCENZO CAPOZZOLI V. C.
DOMENICO CHIANESE D. C.
CECILIA DE FAVERI C. D. F.
SALVATORE DE VINCENZO S. D. V.
PAOLA DI LEO P. D. L.
MARCO DI LIETO M. D. L.
ANNARITA DI NOIA A. D. N.
TONIA GIAMMATTEO T. G.
S. IVO GIANO S. I. G.
MARCO GIGLIO M. G.
VITA LOCATORE V. L.
ANNALISA LO MONACO A. L. M.
MARCO MUCCIARELLI M. M.
MASSIMO OSANNA M. O.
CHIARA PILO C. P.
MASSIMO RINALDI M. R.
MONICA SATRIANO M. S.
FRANCESCO SDAO F. S.
M. MADDALENA SICA M. M. S.
CLAUDIO SORRENTINO C. S.
TERESA VIRTUOSO T. V.
CINZIA ZOTTA C. Z.
INTRODUZIONE 9
10 INTRODUZIONE
Introduzione
1 Nel corso di un quadriennio lo scavo del santuario può ritenersi praticamente concluso. I
risultati significativi ottenuti nelle varie campagne sono stati già parzialmente presentati in sedi
diverse: oltre ai resoconti annuali presentati da M.L. Nava nell’ambito dei convegni tarantini, si
ricorda il catalogo collegato alla mostra Rituali per una dea lucana, allestita al Museo Provinciale
di Potenza nel maggio 2001 e il primo resoconto preliminare, edito in Osanna 2002. Un quadro
di sintesi riguardante materiali e ritualità in età lucana è stato presentato nel convegno materano
Lo spazio del rito. Santuari e culti in Magna Grecia tra indigeni e greci, e più recentemente nel
saggio edito in «Archiv für Religionsgeschichte» (Osanna 2004); alla frequentazione di età pre-
lucana è stato dedicato il saggio di Sica 2004; a quella di età romana il lavoro a più mani di De
Vincenzo-Osanna-Sica 2004.
INTRODUZIONE 11
In questa sede si presenta l’edizione definitiva dei nuovi scavi nel santuario,
mentre confluiranno in un secondo volume, attualmente in preparazione, i
risultati delle indagini riguardanti l’insediamento nel suo complesso, tanto
quelli della ricognizione di superficie quanto degli scavi condotti sia nel settore
dell’abitato arcaico ricadente nell’area del santuario, sia lungo il muro di cin-
ta di età lucana, nel tratto che si sviluppa lungo il versante meridionale del
rilievo.
Alle indagini hanno preso parte numerosissimi studenti dell’Ateneo lucano,
tanto della Facoltà di Lettere quanto della Scuola di Specializzazione in Archeo-
logia, oltre a molti studenti stranieri (provenienti dalle Università di Granada
e di Jaen, di Pau, dalla Libera Università di Amsterdam, dalla John Cabot
University di Roma e dalla Bilkent University di Ankara).
L’indagine scientifica, diretta da chi scrive, è stata coordinata sul campo da
Maria Maddalena Sica. Responsabile della documentazione grafica e fotografi-
ca è stato, come di solito nei progetti che coinvolgono la Scuola di
Specializzazione, Marco Di Lieto, affiancato nella campagna del 2002 da Lara
Cossaltér. In qualità di responsabili dei vari settori di scavo si sono invece
alternati sul campo Lucia Colangelo, Alessandro D’Alessio, Cecilia De Faveri,
Salvatore De Vincenzo, Marco Di Lieto, Giancarlo Garna, Tonia Giammatteo,
Marco Giglio, Paola Iannuzziello, tutti allievi della Scuola di Specializzazione.
Il complesso lavoro di coordinamento tra i saggi dei vari autori e di reda-
zione del volume è stato svolto da chi scrive, affiancato con grande perizia e
impegno da Lucia Colangelo e Tonia Giammatteo; la lucidatura dei disegni
dei materiali si deve ad Antonio Bruscella. A loro va il mio sentito ringrazia-
mento per l’impegno profuso e la grande professionalità dimostrata.
La realizzazione del volume è stata resa possibile grazie ad una convergen-
za significativa di intenti che ha visto proficuamente collaborare Università,
Soprintendenza e Enti locali, tra cui Regione Basilicata, Consiglio Regionale
di Basilicata, Comunità Montana del Melandro e Deputazione per la Storia
Patria della Lucania, circostanza importante questa, che si auspica destinata a
ripetersi costantemente in un panorama regionale, come quello lucano, ove i
Beni Culturali costituiscono un patrimonio di eccezionale rilievo.
Un grazie particolare, dunque, ai rappresentanti di tali Istituzioni:
Antonino De Francesco, Aldo Corcella e Rita Enrica Librandi, che si sono
succeduti alla presidenza della Facoltà, e hanno sempre voluto assicurare alla
ricerca un significativo sostegno finanziario; Maria Luisa Nava, allora soprin-
tendente archeologo della Basilicata; Nicola Fermo e Pasquale Scavone, che si
sono succeduti come sindaci del comune di Tito, l’allora sindaco di Satriano di
Lucania, Vincenzo Giuliano; Raffaele Giura Longo, presidente della Deputa-
zione di Storia Patria. A Mariano Schiavone della Regione Basilicata, va la
12 INTRODUZIONE
gratitudine per il lavoro svolto nell’elaborazione del “progetto Torre di
Satriano”. Alla Famiglia Laurini va invece il sentito ringraziamento di tutta
l’équipe per il privilegio di essere stati ospitati nel bel palazzo di Tito.
Ovviamente ringraziamenti non meno sentiti vanno a quanti si sono pro-
digati, nel corso di dibattiti pubblici e in discussioni private in consigli, sugge-
rimenti, stimoli e indicazioni. Tra questi ricordo Marco Bettelli, Gert Burgers,
Matilde Carrara Ronzani, Olivier de Cazanove, Fabio Colivicchi, Annamaria
Comella, Aldo Corcella, Emmanuele Curti, Francesco D’Andria, Antonio De
Siena, Liliana Giardino, Daniel Graepler, Maurizio Gualtieri, Pier Giovanni
Guzzo, Fernande Hölscher, Tonio Hölscher, Sara Tiziana Levi, Enzo Lippolis,
Concetta Masseria, Yannis Mylonopoulos, Vinciane Pirenne-Delforge, Claude
Pouzadoux, François Quantin, Carlo Rescigno, Dimitris Roubis, Alfonsina
Russo, Thomas Schäfer, Marcello Schiattarella, Barbara Serio, Antonia
Serritella, Marcello Tagliente. Alle discussioni con Marco Fabbri e ai suoi sug-
gerimenti e consigli non poco deve tutto il lavoro di comprensione ed edizione
dello scavo; a Mario Torelli, Maestro di ieri e di oggi, oltre ai ringraziamenti
va, come sempre, tutta la mia riconoscenza.
Un’ultima nota: l’indagine del santuario di Torre di Satriano è stata termi-
nata solo un anno fa. La rapidità dello studio e della pubblicazione dei mate-
riali è certamente dovuta alla felice sinergia che ha visto all’opera forze diverse
che si sono dedicate con passione al progetto. La presentazione dei dati di scavo
e delle ipotesi di ricostruzione, nonché lo studio dei materiali è opera di una
équipe eterogenea che affianca a studiosi un gruppo di giovani laureati e di
specializzandi dell’Ateneo lucano. Tale esperienza di lavoro, che ha portato –
come conseguenza inevitabile – qualche ingenuità e una certa disomogeneità
tra le varie sezioni del volume, è risultata altamente significativa tanto per i
giovani allievi, che hanno sicuramente fatto un passo avanti lungo la strada
della maturità scientifica, tanto per chi ha coordinato i lavori negli anni della
ricerca e dello studio, che di molto ha giovato dell’entusiasmo e delle energie
profuse in questo impegno.
Tutto questo non sarebbe avvenuto senza l’iniziale spinta della Soprinten-
denza e dell’Università, che, in piena sintonia e cooperazione hanno reso possi-
bile la realizzazione di un progetto significativo sul territorio regionale.
INTRODUZIONE 13
ABBREVIAZIONI
14 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE 37
38 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Torre di Satriano I
Il santuario lucano
39
40 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
I. IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
La Lucania è situata fra la costa del mar Tirreno e quella del mar di
Sicilia: sulla prima si estende dal Silaris al Laos, sulla seconda da
Metaponto a Turi; sul continente essa si estende dalla terra dei
Sanniti fino all’istmo che va da Turi a Cerilli, vicino a Laos.
(STRABONE, VI 1, 2-4)
L’insediamento antico di Torre di Satriano si dispo- collocabile entro il XIV sec. a.C.2. In base al reperto-
ne all’interno di un ampio comprensorio montuoso rio ceramico la stazione di Satriano si inserisce in un
che si sviluppa tra potentino, melfese occidentale e comprensorio che ingloba l’alta valle dell’Agri e del
limitrofa area campana, il quale ha visto svilupparsi Sinni, nonché la Campania meridionale, definendo
nel corso dell’età arcaica un popolamento dalle ca- una facies appenninica di gravitazione tirrenica3.
ratteristiche abbastanza omogenee, che distinguono Il comprensorio lucano centro-settentrionale co-
questo cantone dalle aree finitime del Melfese orien- nosce un notevole sviluppo a partire dall’età del
FIGG. 1-2 tale e dell’alta valle dell’Agri1. ferro. La ricerca archeologica non ha ancora per-
I confini, sfumati e di difficile definizione per messo di conoscere gli insediamenti di queste gen-
tutto il cantone, sono individuabili grosso modo lun- ti, ma grazie al cospicuo rinvenimento di tombe è
go il corso del fiume Tanagro e il vallo di Diano ad possibile individuare alcune caratteristiche del
est, l’alto corso dell’Ofanto e del Bradano a nord e popolamento dell’area. I centri principali sono ol-
a nord-est, l’alta valle dell’Agri a sud. tre a Torre di Satriano, innanzitutto, Serra di Va-
Tale area è già frequentata nel II millennio a.C.: glio, l’insediamento di gran lunga più rilevante4,
proprio nel comprensorio dominato dall’altura di Buccino e Atena Lucana in territorio campano e,
Torre di Satriano sono state rinvenute tracce di pre- risalendo progressivamente verso nord, Baragiano,
senza umana, come documenta il rinvenimento, in Ruvo del Monte e Ripacandida. Tra gli indicatori
giacitura secondaria, di frammenti ceramici decorati più significativi che permettono di distinguere que-
ad incisione e intaglio che rimandano ad un oriz- sto cantone da quelli finitimi, popolati da genti di
zonte della fase finale della media età del bronzo, cultura diversa, è, innanzitutto, il rito funebre: la
1
Sul comprensorio nord-lucano in generale, ved.: A. Botti- contro di Studi, Messina 2-4 dicembre 1996), Messina 1999,
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2
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4
cia e Sicilia. Stato degli studi e prospettive di ricerca (Atti dell’In- A. Bottini, E. Setari, Una metropolis della Lucania antica,
42 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
deposizione del cadavere nella tomba in posizione La forma di popolamento che caratterizza in età
rannicchiata distingue nettamente l’area nord-lucana arcaica questo comprensorio è destinata a trasfor-
rispetto alla fascia più meridionale della regione, marsi radicalmente e ad esaurirsi nel corso del V
dove lungo le vallate dei fiumi Agri e Sinni, le genti sec. a. C., come avviene del resto – e in maniera più
usano il seppellimento in posizione supina5. La drammatica – nei cantoni vicini, in particolare
posizione fetale del cadavere avvicina, invece, le nell’entroterra della costa ionica. Nelle comunità
genti della Lucania centro-settentrionale alle popo- enotrie delle vallate dell’Agri e del Sinni i segni della
lazioni apule e in particolare ai vicini indigeni del “crisi” sono già evidenti nella prima metà del V sec.
melfese orientale, di cultura daunia6. Proprio que- a.C., come attesta il decremento improvviso delle
sta affinità con le vicine genti apule ha fatto ipotiz- sepolture nelle vaste necropoli di Alianello e di
zare che il nome antico di queste popolazioni, le Guardia Perticara, insediamenti che non sembrano
quali sicuramente non rientrano tra le genti defini- sopravvivere oltre il secondo quarto del secolo9. Tale
te “Enotri” dalle fonti greche (queste ultime sem- fenomeno di vasta portata è stato da più parti mes-
brano piuttosto gravitare nell’immediato entroterra so in connessione con la distruzione di Sibari nel
delle colonie della costa ionica e tirrenica, lungo le 510 a. C., che avrebbe avuto come conseguenza il
vallate dell’Agri e del Sinni), possa coincidere con collasso pressoché generalizzato delle realtà
quello di una popolazione confinante con gli insediative della mesogaia, e la decadenza di quei
Enotri, nota da Ecateo, che ne ricorda l’etnico di cantoni collegati da molteplici rapporti con la gran-
Peuketiantes7. de città achea10. Nell’area nord-lucana tali contrac-
Accanto al costume funerario un ulteriore elemen- colpi sembrano meno drammatici, o comunque de-
to distintivo, particolarmente importante, è dato stinati ad avere conseguenze meno radicali, almeno
senz’altro dalla caratteristica serie ceramica a decora- per l’occupazione dell’area, che continuerà ad esse-
zione geometrica (la c.d. ceramica North-Lucanian re frequentata, seppure secondo nuovi parametri e
di D. Yntema)8, che presenta schemi decorativi ana- nuove scelte nell’organizzazione dello spazio.
loghi in tutto il cantone, lasciando intravedere l’esi- Nel vuoto creatosi con l’esaurirsi delle esperien-
stenza di botteghe artigianali in contatto reciproco, ze insediative enotrie si verrà ad inserire presto un
mentre si distinguono nettamente tanto per scelta nuovo tipo di popolamento dalle caratteristiche
delle forme quanto per sintassi decorativa, sia dalle sostanzialmente diverse, destinato a trasformare gran
coeve serie di area enotria sia da quelle daunie e parte delle definizioni etnico-culturali della Magna
peucete, diffuse in tutta la vicina fascia di territorio Grecia appenninica11. Le fonti attestano l’ingresso
che si sviluppa tra area nord-orientale della Basilicata di gruppi di stirpe osco-sabellica, provenienti dal-
e costa apula settentrionale e centrale. l’area centro-italica, i quali avrebbero occupato pri-
9
«Ostraka» V, 2 1996, pp. 205-214. S. Bianco, Gli Enotri delle vallate dell’Agri e del Sinni tra
5
S. Bianco, La prima età del ferro, in Storia della Basilicata, VII e V sec. a.C., in Storia della Basilicata, pp. 359-390; Bottini
pp. 170-177. 1999.
6 10
A. Bottini, Il Melfese tra VII e V sec. a.C., «DialA», n.s. IV, 2 Su Sibari, il suo territorio e il c.d. “impero”, dati archeo-
1982, pp. 152-160; A. Bottini, Identità e confini etnico-culturali: logici e discussione in: Osanna 1992, con bibliografia; E. Gre-
l’Italia meridionale, in Atti Taranto XXXVI 1997, pp. 307-326. co, L’impero di Sibari. Bilancio archeologico-topografico, in Atti
7
Ecateo, 57. L’ipotesi si deve a W. Johannowsky, in Siris- Taranto XXXII 1992, pp. 459-483. Sul collasso dei centri enotri
Polieion. Fonti letterarie e nuova documentazione archeologica come conseguenza della caduta di Sibari: M. Lombardo, Da
(Incontro di studi, Policoro 8-10 giugno 1984), Galatina 1986, Sibari a Thurii, in Atti Taranto XXXII 1992, p. 274 sgg.
11
pp. 183-185. Ma non è escluso che il coronimo sia una variante A. Pontrandolfo, I Lucani. Etnografia e archeologia di una
di Peuketioi, e che si riferisca alla stessa area apula, il cui rap- regione antica, Milano 1982; Bottini 1987; Torelli 1993; M. Lom-
porto di confine con gli Enotri, stanziati al di là del Bradano, è bardo, Greci, Enotri e Lucani nella Basilicata meridionale tra
noto. Cfr. H. Philipp, in RE XIX, 2, col. 1390. l’VIII e il III secolo a.C.: aspetti e momenti dei processi storici, in
8
Yntema 1990, pp. 187-196. Greci, Enotri e Lucani, pp. 15-26; Torelli 1996.
12
E. Lepore, s.v. Lucania, in Dizionario epigrafico di schiavistica, I, pp. 79-85; A. Mele, I Brettii secondo Diodoro,
antichità romane, IV 3, Roma 1972, pp. 1881-1890; E. Trogo e Strabone, in Poccetti 1988, pp. 189-196.
14
Lepore, La tradizione antica sui Lucani e le origini dell’en- Strabone, VI 254.
15
tità regionale, in Antiche Civiltà Lucane, Galatina 1975, pp. Torelli 1993; Bottini 1999, p. 431.
16
43-58. Al riguardo ved. le osservazioni avanzate da E. Greco,
13
E. Lepore, L’Ιταλία nella formazione della comunità ro- Bruzi e Lucani: alla ricerca di una definizione di abitato, in
mana-italica, «Klearchos» XX 1963; E. Lepore, Geografia del Poccetti 1988, pp. 159-170.
17
modo di produzione schiavistica, in Società romana e produzione Bottini 1987; Torelli 1996.
44 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
pensi alla fattoria di Tolve (nella prima fase), sulle un abitato disperso, scandito da singole fattorie
montagne a nord-est di Potenza o a quella di mono-familiari.
Montegiordano, sui rilievi della costa ionica a sud Se la possibilità di ricostruire su ampia scala il
di Herakleia, le quali restituiscono l’aspetto di fat- paesaggio agrario attraverso le indagini di superfi-
torie improntate al modello greco18. cie permette di riconoscere un paesaggio saldamen-
Per quanto riguarda il comprensorio territoria- te antropizzato, scandito da una distribuzione
le che gravita intorno all’insediamento di Torre di capillare di fattorie monofamiliari e forse di piccoli
Satriano, le recenti ricognizioni di superficie per- villaggi, le ricerche svolte negli ultimi decenni al-
mettono di ricostruire un paesaggio non dissimile l’interno degli insediamenti permettono di stabili-
da quello ipotizzabile per i territori appena ricor- re che i Lucani nel IV secolo conoscevano l’insedia-
dati19. L’organizzazione dello spazio insediativo in mento accentrato di tipo pseudo-urbano. A diffe-
età lucana risulta caratterizzato dalla scomparsa renza di quanto a lungo ipotizzato, nel ricostruire
pressoché totale dei nuclei di abitato arcaico che il popolamento che si riferiva alle numerose cinte
gravitavano tutto intorno all’altura, segno evidente fortificate che caratterizzano marcatamente il pae-
di una rinnovata, più organica definizione dello saggio dell’area lucana e brettia, le strutture difensi-
spazio sulla sommità del rilievo, ora cinto da mura, ve non possono più interpretarsi come contenitori
la quale passa ad ospitare un polo abitativo accen- di spazi vuoti, utilizzabili solo in caso di pericolo
FIGG. 3-4 trato20. Non sembra infatti casuale che all’abbando- da una popolazione sostanzialmente distribuita nel
no dei nuclei di villaggio più prossimi all’altura fac- territorio: come gli scavi più recenti stanno ormai
cia riscontro la nascita, su una fascia più distante, dimostrando in maniera inequivocabile – da
di tutta una serie di siti, che in base alle dimensioni Tricarico a Pomarico, da Cersosimo a Muro Lucano
e al materiale rinvenuto possono essere identificati –, le cinte fortificate più che costituire un sistema
con singole fattorie, analoghe alle strutture meglio autonomo di organizzazione dello spazio, svinco-
note in ambiente rurale coloniale21. Saremmo di lato dall’insediamento vero e proprio, sembrano co-
fronte, dunque, ad un modello che non prevede una stituire piuttosto la difesa di nuclei accentrati di
semplice capillare distribuzione dell’insediamento insediamenti, forse destinati proprio a quei ceti
in un territorio privo di polo centrale, ma di una emergenti, identificabili con quelli che “detengono
maniera di abitare più vicina a quella nota contem- cariche pubbliche” in Strabone22.
poraneamente nel mondo coloniale (con tutte le Ci troveremmo, dunque, di fronte ad un siste-
dovute differenze politiche e sociali), dove ad un ma di territorializzazione che prevede da un lato la
polo principale, perno del sistema, si contrappone definizione di insediamenti pseudo-urbani fortifi-
18
Tolve: G. Soppelsa, Tolve (Potenza). Monte Moltone. Il com- “alto”, anche se non si può escludere, in base al confronto con
plesso abitativo, «BA» IX 1991, pp. 89-94; A. Russo, Moltone situazioni meglio note (da Roccagloriosa a Pomarico), che in
di Tolve - Complesso residenziale, in Da Leukania a Lucania, età lucana si fosse andati ben avanti nella strutturazione del-
pp. 39-42; Montegiordano: Russo 1992, pp. 183-186. l’insediamento dal punto di vista “urbano”: Roccagloriosa I;
19
Alle indagini nel territorio sarà dedicato un volume in Pomarico Vecchio I.
21
preparazione, a cura di chi scrive, di M. Di Lieto e B. Serio. Sul comprensorio interno Torelli 1996; sull’ambiente
Dati preliminari del survey sono stati presentati in De Vin- coloniale: M. Osanna, Fattorie e villaggi in Magna Grecia, in
cenzo-Osanna-Sica 2004. A Barbara Serio che ha coordinato Atti Taranto XL 2000, pp. 203-220.
22
sul campo le ricerche va il mio ringraziamento particolare Tricarico: O. de Cazanove, Le site lucanien de Civita di
per aver elaborato in maniera tempestiva i dati cui qui si fa Tricarico. Entre hellénisation et romanisation, «RA» 1996, pp.
accenno. 200-210; Pomarico: Pomarico Vecchio I; Cersosimo: C. De
20
La presenza di abitazioni sulla parte alta del rilievo è Faveri, Il grande edificio a peristilio di Cersosimo, Tesi di
documentata dalle indagini della missione americana: ovvia- specializzazione (Università della Basilicata) 2004; Muro
mente nulla sappiamo di come dovesse presentarsi l’abitato Lucano: A. Russo in Rituali per una dea, p. 16.
46 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
FIG. 4. IL TERRITORIO DI TORRE DI SATRIANO TRA IV E III SEC. A.C. (STRALCIO CARTOGRAFICO CTR)
23
Si rinvia al riguardo a quanto la ricerca archeologica ha mare, una sorta di vera e propria acropoli naturale, mentre la
rivelato in aree oggetto di indagini estensive, come ad esem- seconda, che si sviluppava ad una quota inferiore, in località
pio il comprensorio del Mingardo e del Bussento: H. Fracchia, Raia San Basile, circondava le pendici della collina. All’inter-
M. Gualtieri, Roccagloriosa II. L’oppidum lucano e il territo- no della cinta, in località Colle Torrana, sono state portate alla
rio, Napoli 2001. Per una sintesi aggiornata si rimanda a luce abitazioni che ripropongono nella planimetria l’articola-
Gualtieri 2003, pp. 29-32. Notevoli risultati ha portato an- zione degli spazi delle case greche, con più ambienti aperti su
che la ricerca nella Valle del Sinni: L. Quilici, S. Quilici Gi- una corte a cielo aperto: A. Russo in Rituali per una dea, p. 16.
25
gli, Ricerche nella Valle del Sinni, in Atti Taranto XL 2000, pp. A. Capano, L. Del Tutto Palma, L’iscrizione di Muro
793-806, con bibl. Lucano, in Italici in Magna Grecia, pp. 105-109.
24 26
A Muro Lucano è noto un sistema difensivo caratteriz- Roccagloriosa I.
27
zato dalla presenza di una doppia cinta che racchiude uno spa- Roccagloriosa I; E. Greco, P. G. Guzzo (a cura di), Laos II.
zio di circa 20 ettari: la prima delle quali circondava la parte La tomba a camera di Marcellina, Taranto 1992.
28
più alta del rilievo, il colle Torrana a 680 s.l.m. sul livello del Torelli 1993; Russi 1999.
48 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
soprattutto per quanto riguarda le fasi più antiche ture inseditive definibili in senso proprio come ur-
del processo, impediscono di proporre un quadro bane (diffuse, invece, lungo le coste ionica e tir-
puntuale delle vistose dinamiche di cambiamento renica, costellate da significativi poli cittadini, in
avvenute in un territorio, dinamiche di cui spesso prevalenza colonie greche), ma che stavano avvian-
si colgono con evidenza solo gli sviluppi finali. Pri- dosi verso una strutturazione organizzata dello spa-
ma di analizzare i dati che riguardano in maniera zio, con un polo accentrato – di tipo proto-urbano –
particolare il nostro territorio è opportuno dare uno fortificato (si tratterebbe degli oppida ricordati dalle
sguardo ai fatti di cui le fonti letterarie serbano fonti latine), alternato a villaggi e fattorie sparse
memoria, tenendo presente che ovviamente l’atten- (probabilmente i vici e i pagi delle stesse fonti)31.
zione alla regione lucana nella tradizione letteraria Tale strutturazione territoriale entrerà rapidamen-
coincide con i momenti iniziali di quella stessa spin- te in crisi al momento della conquista, soprattutto
ta espansionistica che porterà Roma a ridefinire per quel che riguarda l’articolazione politico-socia-
complessivamente l’assetto politico di tutta la com- le sottesa, mentre probabilmente la maniera di
pagine29. conduzione del territorio rimarrà inizialmente inal-
Come è stato ben sottolineato da più parti, lo terata. Ovviamente, fenomeni di urbanizzazione
strumento cardine della politica espansionistica ro- repentina, si pensi alle fondazioni di Potentia e di
mana nella penisola italiana è stato sicuramente il Volcei, ai margini di tale territorio avranno ampie
massiccio movimento di colonizzazione, intrapre- ripercussioni su tutto l’assetto, innescando sia pro-
so su vasta scala, soprattutto tramite la deduzione cessi di integrazione economica sia di adeguamento
di colonie di diritto latino, che a ritmo incessante ai modelli imposti32.
si concretizza nella creazione di ben quindici nuo- Nel percorrere le tappe di tale sviluppo è op-
ve entità urbane nel breve arco di tempo compreso portuno, dunque, partire dallo scorcio del IV seco-
tra gli anni 334 e 273 a.C.30. lo che vede uno dei momenti decisivi del lungo con-
Il panorama etnico-sociale con cui Roma viene flitto tra Romani e Sanniti: il rapporto tra Lucani e
via via in rapporto nel corso del processo di espan- Romani si apre pacificamente, come avviene anche
sione nella penisola italiana è estremamente diso- per altri gruppi della penisola, con una prima ri-
mogeneo, circostanza che ha spinto la potenza chiesta da parte lucana di alleanza nel 326 a.C, nel
egemone a definire strumenti duttili e a trovare so- tentativo di contenere la pressione sannita verso i
luzioni diversificate mentre avanza nella conquista. territori della confederazione lucana33. Il trattato,
La situazione dell’area nord-lucana, a confine tra di breve durata, costituisce il preludio di un incon-
le odierne Basilicata e Campania, tra lo scorcio del tro-scontro che di lì a poco doveva farsi serrato e
IV e l’inizio del III secolo, è, come abbiamo visto, pieno di conseguenze. In effetti, a giudicare dalla
quella di un territorio non caratterizzato da strut- testimonianza liviana, l’intervento tarantino avreb-
29
Russi 1999. bilità dei termini pagus e vicus.
30 32
F. Coarelli, Colonizzazione latina e viabilità, «DialA» VI Un quadro di sintesi è offerto ora da Gualtieri 2003.
33
1988, pp. 35-48. Livio, VIII 25, 3. Livio, in un altro passo, riferisce di una
31
Torelli 1993. Una recentissima messa a punto sul proble- richiesta da parte lucana già avvenuta nel 330 a.C.: in questo
ma delle definizioni terminologiche riferite dalle fonti latine caso si tratta probabilmente di una duplicazione dell’alleanza
alle strutture territoriali e applicate ai dati provenienti dalla più tarda: Livio, VIII 19, 1. Significative al riguardo le parole
fenomenologia archeologica, tanto riguardo alle realtà prero- che descrivono la richiesta del 326: «i Lucani e gli Apuli, genti
mane, quanto a quelle di età imperiale, è in L. Capogrossi Bolo- che fino a quel giorno non avevano avuto alcun rapporto col
gnesi, Pagi, vici, fundi nell’Italia romana, «Athenaeum» XC popolo romano si misero sotto la sua protezione, prometten-
2002, pp. 3-48, dove si sottolinea tra l’altro l’ambiguità di fon- do armi e uomini per la guerra; furono dunque accolti in ami-
do della espressione “paganico-vicana” e la non interscambia- cizia con un trattato».
4
be interrotto presto il trattato: i Lucani risultano poco Papirio Cursore negli anni 297-295 a.C. che espri-
dopo in diretto conflitto con Roma, anche se il pas- me il vanto della sottomissione dell’intera Lucania37,
so liviano al riguardo risulta non scevro di proble- confermando il testo liviano: subigit omne Louca-
mi: per l’anno 317 a.C. il testo riporta: “assoggettata nam opsidesque abdoucit. In effetti già per il 294 a.C.
interamente l’Apulia – infatti Giunio si era impa- tra le forze dei socii è presente una cohors lucana,
dronito anche della forte città di Forentum – ci si segno del rientro avvenuto fra le fila degli alleati38.
spinse nella Lucania; quindi, con l’improvviso arri- Pochi anni dopo, nel 291 a.C., nell’ambito delle
vo del console Emilio fu presa d’assalto Nerulum” operazioni di accerchiamento dei Sanniti che pote-
(Livio, IX 20, 9). Lasciando aperto il problema della rà alla successiva capitolazione finale di questi, si
cronologia dell’episodio e dell’esatta identificazione registra l’importante evento della fondazione di una
topografica della Nerulum citata da Livio, non è da popolosissima colonia latina a Venusia, che tanta
mettere in dubbio comunque lo stato di conflittualità parte avrà nella trasformazione della compagine ter-
aperta di questi anni: parte del variegato territorio ritoriale, politica e socio-economica dell’area a ca-
lucano viene ad opporsi a Roma, secondo un model- vallo tra Lucania e Apulia.
lo che avrà visto gruppi aristocratici dei centri più Lo scontro con Roma si riapre già nel 285 a.C.,
evoluti, soprattutto della costa, avvicinarsi a Roma, quando il teatro dell’azione si sposta più a sud nel
mentre altre aree e soprattutto le fasce “intermedie” cuore dei territori greci della Magna Grecia: è que-
della popolazione, dislocata tra pagi e vici, mantene- sta volta proprio una colonia greca, Thurii, ad in-
re un atteggiamento ribelle e conflittuale per tutto il vocare l’intervento romano, provata dalle pressioni
corso della guerra34. Per gli anni successivi al 317 dei Lucani all’interno della chora. La richiesta di
a.C. si ha notizia di un presunto riavvicinamento aiuto si traduce in un intervento immediato della
tra Romani e Lucani, nel 304-303 a.C. in contrap- potenza romana, che apre le sue manovre diretta-
posizione a Taranto, al tempo della spedizione di mente nei territori lucani39, mentre i Fasti Trionfa-
Cleonimo35, anch’esso di brevissima durata, men- li forniscono coerentemente la testimonianza
tre con l’aprirsi nel 298 a.C. di un nuovo conflitto epigrafica del trionfo di C. Fabricio Luscino per
con i Sanniti, le fonti documentano concordemen- l’anno 282 a.C. su Lucani, Sanniti e Brettii. L’inter-
te la stipula di un trattato di alleanza36, invocato dai vento diretto di Roma nell’ambito magnogreco
Lucani, con l’offerta di ostaggi, pressati come era- porta come conseguenza lo scontro con Taranto e
no dalla ripetuta violenza dei Sanniti nel loro terri- il conseguente arrivo di Pirro in Italia che trascine-
torio. Questo episodio dettagliatamente descritto rà dalla sua parte contro Roma i riottosi Lucani40.
da Livio, insieme all’altro passo riguardante la re- Il territorio lucano vedrà svolgersi le operazioni di
pressione delle sedizioni lucane nel 296 a.C., è evi- Emilio Barbula contro il re epirota sino alla celebre
dentemente alla base dell’elogio, documentato battaglia di Eraclea nel 281 a.C.41. Le popolazioni
epigraficamente, di L. Cornelio Scipione Barbato, lucane resteranno comunque nella coalizione
luogotenente di Q. Fabio Massimo e poi di L. antiromana sino alla conclusione del conflitto42. I
34 37
Significativo al riguardo è il passo liviano che si riferisce Livio, X 14, 14; 25, 11; 26, 8; CIL I2, 7.
38
agli avvenimenti dell’anno 296 a.C., Livio, X 18, 8: «Volum- Livio, X 33, 1.
39
nio...aveva represso col pieno consenso degli ottimati e con Livio, Epit. 11, 12; Dionigi di Alicarnasso, XIX 13, 2; 16, 6,
l’appoggio di Quinto Fabio..., alcune sedizioni fatte scoppiare XX 4, 2; Valerio Massimo, I 8, 6; Plinio, Nat. Hist. XXXIV 6, 32.
40
fra i Lucani da capi plebei e bisognosi». Dionigi di Alicarnasso, XIX 6, 4 ; 9, 4; Plutarco, Pyrrh.
35
Diodoro, XX 104, 1-3. 13, 8; Giustino, XVIII 1, 1.
36 41
Dionigi di Alicarnasso, XVII-XVIII 11, 1-12, 4; Livio, X Frontino, I 4, 1.
42
11, 11-12, 3. Livio, Epit. 13; 14.
50 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
Fasti trionfali registrano nuovi trionfi sui Lucani politica romana nel corso dell’espansione, di cui uno
tra gli anni 278 e 272 a.C. L’epilogo di tale sitazione degli elementi, senz’altro più evidenti, è il favore
è costituito dalla fondazione di una colonia latina a accordato alle fazioni favorevoli dell’oligarchia in-
Paestum, nel 273 a.C. ai margini dell’area lucana, digena. Favore che si sviluppa parallelo ad azioni
ma significativamente nel cuore dell’unico rilevan- tese a «colpire quei ceti intermedi che, alleandosi a
te centro urbano in mano alla confederazione: non questa o a quella fazione oligarchica, potevano far
è esplicitamente ricordato dalle fonti se il territorio pendere la bilancia in una direzione pericolosa per
lucano abbia subito altre perdite, mentre secondo Roma»46. Tale situazione è ben fotografata ancora
la prassi è chiaro che le condizioni per la pace im- una volta dalle parole di Livio che ricorda come
poste alla confederazione portarono i Lucani allo «tutte le città d’Italia erano state contagiate da una
status di socii, dunque alleati di Roma obbligati a specie di infezione, in forza della quale le plebi fi-
fornire contingenti militari. I Lucani rimangono nivano per dissentire dagli ottimati, i consigli par-
così accanto a Roma come alleati fino alla guerra teggiavano per i Romani, e le assemblee popolari
annibalica. Lo strumento di dominio resta nel cuo- erano invece al fianco dei cartaginesi»47. Il ritorno
re della regione il foedus, mentre ai margini del ter- “sotto il dominio del popolo romano” nel 206 a.C.
ritorio è il processo di colonizzazione a caratteriz- significa evidentemente la riconferma di trattati che
zare il panorama geo-politico. Ovviamente la nasci- questa volta difficilmente saranno stati foedera aequa:
ta di nuove entità urbane ebbe come conseguenza dopo le ampie defezioni avvenute nel corso della
immediata l’istaurarsi di un nuovo rapporto città- guerra annibalica da parte degli alleati, Roma mo-
campagna con una prevalenza della prima sulla se- stra una certa diffidenza nei loro confronti e appli-
conda. La ristrutturazione agrimensoria dei territo- ca ampie misure punitive, insieme a confische di
ri coloniali portò al superamento delle preesistenti vaste porzioni di territorio. Le confische operate in
forme di sfruttamento del suolo e delle connesse re- buona parte del territorio lucano costituiscono la
lazioni giuridiche di proprietà. Il nuovo modello ur- testimonianza più drammatica delle trasformazio-
bano avrà infine comportato una riorganizzazione ni territoriali operate dall’intervento romano nel
delle forze sociali e una destrutturazione della realtà sud della penisola: se la conquista realizzatasi nel
indigena, come evidenziato dall’indagine archeologica primo quarto del III secolo aveva già incrinato pro-
che fa ben vedere il tracollo e il trasformarsi di una fondamente l’assetto produttivo della zona, la guerra
serie di siti indigeni nella fascia di confine tra Apulia annibalica inferse «un vero e proprio colpo di gra-
e Lucania43. zia»48. Sembra infatti che sia stato più della metà il
Per avere ulteriori notizie sul territorio bisogna territorio sottratto ai Lucani che cambiò statuto
attendere la guerra annibalica che interessò diretta- politico e di proprietà venendo annesso e trasfor-
mente buona parte del panorama lucano. I Lucani mato in ager publicus populi romani. In queste aree
furono fra quelle popolazioni che, almeno in par- che la guerra annibalica doveva aver contribuito
te, passarono dalla parte di Annibale dopo la batta- ampiamente a spopolare, l’utilizzazione della terra
glia di Canne nel 217 a.C.44 e solo nel 206 a.C. si sembra, almeno inizialmente, essere stata lasciata
arrendono alla forza romana45. Le fonti ci fanno all’intrapresa privata, di cui avranno giovato soprat-
intravedere per questi anni lo svolgersi coerente della tutto le élites locali, grazie all’occupatio di ager
43
Raccolta della documentazione e discussione in Basilicata. romano».
44 46
Livio, XXII 61, 12; XXIII 11, 11; XXV 16, 5. Torelli 1993.
45 47
Livio, XXVIII 11, 15: «tutta quella popolazione, senza Livio, XXIV 2, 8.
48
minimamente opporsi, ritornò sotto il dominio del popolo Torelli 1993.
49
Significativo al riguardo è il dato che emerge dalle fonti their collapse in the III c. B.C., in Lo Cascio-Storchi Marino 2001,
circa la “morosità” degli affittuari, atteggiamento che proba- pp. 107-128; Crawford 2003. Sopravvive invece fino all’inizio
bilmente nasconde una connivenza da parte del governo: Ap- del I sec. a.C., seppur ridimensionato, il centro di Civita di
piano, Historiae 1, 7 sg.; Catone, fr. 167 Malcovati. Tricarico: O. de Cazanove, Civita di Tricarico nell’età della
50
Cicerone, de Off. II 25, 89. romanizzazione, in Lo Cascio-Storchi Marino 2001, pp. 169-202.
51 52
E. Isayev, The role of the indigenous centres in Lucania and N. Terrenato, Il centro di Potentia, in Da Leukania a
52 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
ritoriali che l’archeologia documenta. Se gli scavi siste più alcuna organizzazione politica comune a
all’interno degli insediamenti di Serra di Vaglio e di ciascuno di questi popoli, e i loro costumi partico-
Torre di Satriano non hanno restituito tracce di vita lari, di lingua, di armamento, di vestiario e di altre
oltre lo scadere del secolo, le indagini di superficie cose del genere, sono scomparsi, e d’altronde, con-
intraprese nel territorio di Satriano mostrano in siderati singolarmente e a parte, questi insediamenti
maniera tangibile i segni di cambiamenti radicali. sono assolutamente trascurabili».
A partire dal II sec. a.C. si assiste infatti ad una
contrazione impressionante dei siti frequentati: di
FIG. 5 sessantanove siti rinvenuti in totale, solo undici sono
databili con certezza tra I sec. a.C. e IV sec. d.C., 2. Il santuario lucano nel suo contesto
tra questi, dieci sono stati individuati nella fascia
più distante dall’altura, caratterizzata da una Continuità e cesure nell’insediamento di Torre
morfologia più dolce e dalla presenza di corsi d’ac- di Satriano
qua. Tra i siti individuati tre documentano signifi-
cativamente una frequentazione già a partire dal IV Prima di passare a centrare l’attenzione sull’area
sec. a.C., mentre nella piena età romana si colloca sacra, è opportuno presentare brevemente un qua-
la fase di frequentazione principale dei restanti otto dro dell’insediamento, presentandone le dinamiche
siti, disposti in maniera piuttosto omogenea nel ter- di frequentazione nella diacronia. Si rimanda inve-
ritorio53. ce al successivo volume, dedicato specificatamente
Il nuovo sistema insediativo e le nuove realtà al territorio, l’analisi dettagliata della vicenda
del sacro, come vedremo, si ridefiniscono secon- insediativa.
do modelli non più epicori, ma rientrano ormai L’altura di Torre di Satriano, con la sua elevata
nella koiné di una Italia ormai pienamente cima che raggiunge quasi i 1000 metri di altezza, è
romanizzata. Questo il quadro dell’area nel perio- il cuore di un insediamento antico che ha restituito
do che precede il grande conflitto della guerra so- tracce di intensa frequentazione comprese tra l’età
ciale, che vede significativamente i Lucani schie- del Bronzo e il basso Medioevo55. FIG. 6
rarsi contro Roma. Per questo saranno duramente Sulla sommità, occupata ancora oggi dagli im-
penalizzati da Silla. Il periodo successivo fino al- ponenti resti della Satrianum medievale, una ter-
l’avvento dell’impero vedrà ancora guerre, devasta- razza stretta e lunga, circondata da scoscesi pendii,
zioni, proscrizioni. ha costituito il nucleo centrale tanto dell’insedia-
Fotografano bene il nuovo quadro – anche se mento arcaico quanto di quello di età lucana e poi
possono sembrare eccessive – le parole di Strabone54 nuovamente di età alto-medievale. La conformazio- FIG. 7
che ricordano l’epilogo della esperienza culturale e ne morfologica del sito e del territorio circostante
insediativa dei Lucani: «sono tanto decaduti che è risulta particolarmente favorevole all’insediamen-
arduo distinguere gli insediamenti […] che non sus- to: l’elevato plateau, costituisce una vera e propria
Lucania, pp. 34-35; Gualtieri 2003, pp. 96-98. Su Potenza ro- L’archeologia e l’Italia meridionale post-annibalica: una prospet-
mana una raccolta complessiva dei dati è ora in A. Di Noia, tiva regionale e diacronica, in Lo Cascio-Storchi Marino 2001,
Potentia, Tesi di Laurea (Università degli Studi della Basilicata), pp. 249-266. Importanti considerazioni sulle trasformazioni
2005. territoriali in Lucania tra età tardo-repubblicana ed età impe-
53
Per una lettura storica del fenomeno documentato dal- riale in Crawford 2003.
54
l’archeologia, ved. le osservazioni di sintesi (con relativa docu- Strabone, VI 1, 2.
55
mentazione raccolta) in Gualtieri 2003, pp. 29-46. Riguardo G. Spera, L’antica città di Satriano in Lucania, Cava dei
alle trasformazioni agrarie dell’età post-annibalica: G. J. Burgers, Tirreni 1886; Holloway 1970; Satriano; Rituali per una dea.
54 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
IL SANTUARIO LUCANO NEL SUO CONTESTO 55
roccaforte, naturalmente difesa su tutto il lato set- siccia presenza di siti sembra rimandare all’esisten-
tentrionale e occidentale da uno strapiombo che za di un insediamento ben strutturato, scandito in
guarda verso la alta valle del Basento, mentre sul una serie di villaggi con relative sepolture che si
lato meridionale, caratterizzato da un pendio meno disponevano tutt’intorno all’elevato plateau,
drammaticamente scosceso, la parte più elevata (che senz’altro sede del nucleo più rilevante dell’abitato
sarà inglobata nelle mura lucane e poi medievali) si policentrico57.
presenta particolarmente ripida. In tale situazione Tra V e IV sec. a.C. si registra una serie di cam-
morfologica, l’unica possibilità di accesso alla roc- biamenti significativi nell’insediamento, come del
ca è da est, dove il pendio degrada più dolcemente e resto in tutto il comprensorio, la quale va attribui-
dove, non a caso, sono ancora tracce della via di ta alla “lucanizzazione” dell’entroterra compreso tra
accesso – in parte tagliata nella roccia affiorante – coste tirrenica e ionica. Una spia di tali processi è
alla città medievale. l’esaurirsi delle necropoli arcaiche nel corso del V
L’insediamento, inserito in un paesaggio acci- sec. a.C., come attestano scavi vecchi e nuovi58, non-
dentato e montuoso, domina un circondario che si ché l’esaurirsi pressoché completo dei nuclei di vil-
presenta idoneo tanto alla pastorizia, quanto all’agri- laggio arcaico documentati dalla ricognizione di
FIGG. 8-9 coltura. Il sito è ricco di acqua, non solo fluviale, superficie59.
ma soprattutto di sorgenti, tra cui spicca quella di- Questo non significa, necessariamente, una
sposta sul versante sud-orientale del rilievo, la cui cesura netta nella continuità dell’insediamento:
presenza è stata fondamentale per la scelta del luo- quello che sembra chiaro è che le trasformazioni
go in cui impiantare il santuario lucano. nell’organizzazione dello spazio sono radicali e che
Nell’area, frequentata già nel secondo millen- la vicenda insediativa si viene a configurare secon-
nio, tracce più consistenti della presenza di un inse- do altre modalità, per tutto il corso del IV e del III
diamento si cominciano a percepire già nella prima sec. a.C. Evidentemente i Lucani scelgono nuove
età del ferro. Per tutta l’età arcaica fino al V sec. aree da destinare al mondo dei morti come rinno-
a.C. compreso, la documentazione rinvenuta lascia vata sembra l’organizzazione degli spazi dei vivi,
presupporre un abitato di grande rilievo56. Le ricer- che rispetto alla polverizzata maniera arcaica di vi-
che di superficie hanno portato al rinvenimento di vere insieme, predilige ora un insediamento più
una occupazione capillare della zona immediata- compatto centrato sull’altura stessa e sulle sue pen-
mente circostante l’altura nel corso dell’età arcaica: dici60. Qui almeno sembra ospitato un settore rile-
in base alla distribuzione delle evidenze tale mas- vante dell’abitato, il quale verrà racchiuso, proba-
56
Sugli scavi effettuati sulla sommità della collina e sul sommità della collina che nella cosiddetta “città bassa”, ossia sulle
pendio meridionale e orientale, i quali hanno accertato l’esi- pendici orientali dell’altura: Holloway 1970, pp. 27-28. La pre-
stenza di un rilevante nucleo dell’insediamento arcaico: senza della cinta fortificata, l’esaurirsi dei nuclei sepolcrali arcaici
Holloway 1970; per quanto riguarda l’età del bronzo e la ri- significano evidentemente la riorganizzazione dell’insediamento,
presa della frequentazione nella prima età del ferro: Satriano; circostanza che non sappiamo se vada attribuita all’arrivo effetti-
sugli scavi più recenti nell’area del santuario che hanno resti- vo di nuove popolazioni o alla trasformazione dei vecchi assetti
tuito le tracce di strutture e di tombe di età arcaica: Rituali per socio-politici. In ogni caso, per quanto riguarda il sistema
una dea; Osanna 2002. insediativo in vigore nel IV sec. a.C., in base ai pochi dati prove-
57
Per i rinvenimenti di età arcaica provenienti dalla som- nienti dalle vecchie indagini (ed in particolare dai risultati delle
mità dell’altura ved. Holloway 1970. ricognizioni effettuate dalla équipe di Emanuele Greco: Satriano,
58
Sulle passate indagini: Holloway 1970; Satriano; sui pp. 25-28), e a quanto noto dalle nuove, sembra lecito proporre
rinvenimenti relativi all’età arcaica effettuati nel corso delle un sistema articolato in nuclei sparsi nel territorio, con fattorie
nuove ricerche: Rituali per una dea; Osanna 2002. isolate e piccoli villaggi, i quali fanno riferimento ad un insedia-
59
De Vincenzo-Osanna-Sica 2004. mento concentrato presso l’altura di Torre di Satriano, che deve
60
Interessante al riguardo il rinvenimento, nel corso degli sca- aver mantenuto la sua centralità all’interno della nuova organiz-
vi americani, di tracce di strutture abitative di IV sec. a.C. sia sulla zazione dello spazio, come già nei secoli precedenti: Torelli 1996.
56 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
FIG. 8. IL COMPRENSORIO TERRITORIALE
58 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
bilmente verso la fine del IV sec. a.C. da un impo- l’area del Melandro e dunque con le possibilità di
FIGG. 10-11 nente muro di fortificazione61. transito verso il Vallo di Diano. Si tratta di un an-
Tra le trasformazioni che interessano il territo- tichissimo asse viario, significativamente noto in
rio di Torre di Satriano in epoca lucana, partico- epoca moderna come “trazzera degli stranieri”, la
larmente significativo è l’impiantarsi di un luogo quale sarà percorso a lungo dalle vie stagionali della
sacro, in un’area già destinata ad un nucleo transumanza. Alla presenza di un importante asse FIG. 12
abitativo e alle relative sepolture nel corso dell’età viario si aggiunge un elemento ancora più signifi-
arcaica. Allo stato attuale della documentazione cativo, se letto alla luce delle pratiche cultuali che
non è possibile stabilire se la necropoli arcaica (di qui sono state ospitate: una sorgente si dispone a
cui sono state individuate per ora sepolture perti- circa un centinaio di metri a nord dell’area sacra,
nenti all’VIII e al VI sec. a.C.) continui ad essere dando origine ad una sorta di piccolo torrente che
utilizzata ancora nel V sec. a.C. Del resto anche la viene a bordare il santuario.
cronologia di impianto del santuario non è al Riguardo alle fasi conclusive di questa vicenda
momento precisabile con sicurezza62: certo è che insediativa, al momento è difficile stabilire quando
nel corso del IV sec. a.C. il “sacro” emerge prepo- il centro e il suo santuario terminino di essere fre-
tentemente, come mostra la suppellettile recu- quentati: una serie di dati sembra attestare una cesura
perata. La scelta del luogo dove impiantare il san- significativa intorno alla fine del III-inizio II sec.
tuario non è certo casuale se si considera come a.C., forse conseguenza della guerra annibalica che
l’impianto insista in una zona caratterizzata dalla per molte compagini del territorio lucano signifi-
presenza di un asse viario “naturale” di collega- cherà il collasso definitivo63. Dell’abitato sembra-
mento, che passando a sud del pendio meridiona- no scomparire completamente le tracce nel II sec.
le dell’altura, collega l’insediamento da un lato con a.C. e la rioccupazione non avverrà che molti seco-
l’area del Basento e con il potentino, dall’altra con li dopo64.
M. O.
61
L’indagine condotta da Holloway ha permesso di indivi- il plateau meridionale di Torre di Satriano abbia ospitato prati-
duare tra l’altro, tracce rilevanti del sistema difensivo che si im- che cultuali. Del resto a giudicare dalle tracce sempre più cospi-
pianta nel corso del IV sec. a.C.: per la cronologia della struttura cue dell’insediamento arcaico che stanno venendo alla luce nel
particolarmente significativa è la scoperta di un tratto di muro corso delle nuove campagne, sembra assai probabile che anche i
che si imposta sui resti di una struttura abitativa di pieno IV pochi materiali riconducibili al sacro (tra cui una antefissa a
sec.a.C. (Holloway 1970, pp. 21-26). La fortificazione si inseri- palmetta) siano stati destinati alla decorazione di edifici di un
sce all’interno del sistema di cinte fortificate che a partire dal IV certo livello, ma a carattere abitativo. Analogamente il materiale
sec. a.C. si distribuiscono capillarmente nel territorio lucano ceramico più antico rinvenuto in suolo sacro (tra cui si segnala
(H. Tréziny, Main d’ouvre indigéne et hellènisation: le probléme qualche frammento di “coppa ionica” e di kylikes a vernice nera
des fortifications lucaniennes, in Architecture et sociétè de l’archaisme “Bloesch C”: Satriano, p. 44) potrebbe essere pertinente tanto a
grec â la fin de la Rèpublique, Paris-Roma 1983, pp. 105-118). tombe sconvolte, quanto a strutture di carattere domestico.
62 63
Al momento non è possibile precisare a quando risalga il Torelli 1996.
64
primo impianto sacro: nonostante alcuni materiali sporadici Sul tracollo degli insediamenti lucani conseguenza dell’in-
dall’area abbiano fatto ipotizzare una prima fase di frequentazione tervento romano nella zona: M. Torelli, La romanizzazione dei
sacra già a partire dalla fine del VI - primo quarto del V sec. a.C. territori italici. Il contributo della documentazione archeologica,
(Greco 1991, p. 77), i dati sono al momento troppo esigui (e in La cultura italica (Atti del Convegno della Società Italiana di
soprattutto fuori contesto) per stabilire se prima del IV sec.a.C. Glottologia, Pisa, 19-20 dicembre 1977), Pisa 1978, pp. 75-89.
60 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
II. IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO
L’area sacra ubicata in località Masseria di Satriano trame messo in opera a secco su cui si doveva svi-
alle pendici sud-occidentali della collina della Torre luppare un alzato probabilmente in mattoni crudi;
fu individuata durante una campagna di prospezioni i tetti presentavano una travatura lignea con coper-
topografiche grazie al ritrovamento di alcune terre- tura in tegole e coppi. Il collegamento tra le due
cotte votive – in particolare testine e statuette fittili terrazze era assicurato da una sorta di corridoio for-
– e fu di seguito oggetto di indagini archeologiche nito nella parte nord di due gradini che consentiva-
condotte dall’équipe guidata da Emanuele Greco, no il superamento del dislivello di circa un metro
dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli nel permettendo in tal modo l’accesso agli ambienti
biennio 1987-19881. L’esplorazione, effettuata in due delle due terrazze che si aprivano ad est3.
grandi settori contigui ciascuno dei quali misurava Questa distribuzione su due terrazze corrispon-
m. 15 x 30, portò alla luce il fulcro del complesso deva ad un’esigenza architettonico-funzionale in
sacro, costituito da due edifici, il quale fu datato tra base alla quale la terrazza inferiore veniva ad ospi-
FIG. 13 il IV e la fine del III secolo a.C.2 tare il sacello della divinità mentre in quella supe-
Le strutture messe in luce erano state impianta- riore trovavano posto una sala da banchetto e l’an-
te in una zona caratterizzata da una sensibile pen- nessa cucina4. Per quanto riguarda lo stretto am-
denza che venne sfruttata per la realizzazione di biente addossato al lato settentrionale della sala da
due terrazze destinate ad ospitare i due corpi di fab- banchetto, identificato come portico, il ritrovamen-
brica: un lungo vano rettangolare preceduto da un to di due punte di lancia faceva propendere per una
ambiente molto stretto largo 90 cm. occupava la interpretazione come luogo per l’esposizione di
terrazza superiore, mentre un edificio quadrato si trofei di armi ed ex voto5.
disponeva su quella sottostante, addossandosi al lato Il sacello della divinità presentava una pianta
lungo meridionale dell’edificio rettangolare. En- pressappoco quadrata (m. 4,40 x 4,70) e conservava
trambe le costruzioni avevano uno zoccolo di pie- al centro la base per l’imposta di un palo ligneo
1 3
I risultati delle ricognizioni di superficie e delle due cam- Satriano, p. 33 sgg.
4
pagne di scavo furono pubblicati nel volume Satriano. Satriano, p. 14; Greco 1991.
2 5
Satriano, p. 33. Satriano, pp. 14, 34; Greco 1991, p. 79 sgg.
6 7
Satriano, pp. 14, 34; su una quantificazione di massima Satriano, p. 14; Greco 1991, p. 80.
8
dei materiali si veda anche Greco 1996, p. 276. Una sintesi è in Satriano, p. 35; Greco 1991, p. 79.
9
M. R. Salsano, Satriano, in Poseidonia e i Lucani; pp. 102-103. Satriano, pp. 33, 35, 63-65.
la possibilità di una frequentazione dell’area ad uso posto ad oriente degli edifici rinvenuti nelle prece-
sacro forse già a partire dal VI secolo10. denti campagne, un’area che non era stata mai in-
In base a queste prime indagini si propose di dagata prima e che risultava cruciale al fine di me-
collocare la fine della frequentazione alla fine del glio comprendere articolazione interna e limiti dello
III o ai primissimi anni del II sec. a.C. e solo dopo spazio sacro13; la seconda (Saggio II) è stata aperta
un lungo periodo di abbandono, agli inizi dell’età nel settore a sud degli edifici, dove le indagini pre-
imperiale, piccoli e limitati interventi, quali la co- cedenti avevano parzialmente portato alla luce strut-
struzione di una vasca rivestita di malta idraulica e ture di non facile comprensione e dove l’indagine
una struttura identificata come altare, attesterebbero di superficie segnalava la cospicua presenza di ma-
una ripresa effimera dell’area. A partire dal IV se- teriali, a partire dall’età arcaica14. La scoperta in
colo d.C. lo spazio occupato dal santuario sembra questo settore di scavo di un nuovo edificio15 ha
sia stato destinato in parte ad uso agricolo limitata- reso necessaria nel corso della campagna del 2002
mente allo stallaggio di animali, in parte ad uso la riapertura di tutto il settore già indagato, dove
sepolcrale ospitando un piccolo gruppo di sepolture era il fulcro dello spazio sacro, l’oikos quadrato e
che venne ad occupare il settore sud dell’area sacra, l’adiacente edificio rettangolare, in modo da com-
il cosiddetto “recinto dei thymiateria”11. prendere meglio il rapporto del nuovo manufatto
M. M. S architettonico con gli altri edifici del complesso16.
La riapertura del settore già ricadente nell’area
indagata dall’équipe dell’Istituto Orientale di Napo-
li, ha permesso di approfondire lo scavo nella parte
2. La ripresa delle indagini orientale dell’edificio rettangolare e, dunque, nello
spazio immediatamente all’esterno, compreso tra
2.1. I nuovi scavi dell’Università della questo e la fronte dell’oikos quadrato. In questo set-
Basilicata (2000-2003) tore, esplorato solo parzialmente nel corso delle in-
dagini precedenti, era stata segnalata la presenza di
La ripresa delle indagini nell’area del santuario materiali di epoca romana, che aprivano nuovi in-
lucano è stata finalizzata a completare l’esplorazio- terrogativi sulla cronologia finale di frequentazione
ne dello spazio sacro, di cui le indagini degli anni dell’area sacra. La ripresa delle indagini ha confer-
’80 avevano mostrato la rilevanza12. La necessità di mato la lunga vita del santuario, mostrando come
acquisire nuove informazioni sull’area e di definire tutto il settore nord-orientale del santuario sia stato
i limiti del santuario emergeva come preliminare in interessato da una complessa sequenza di
un progetto pluriennale destinato alla conoscenza ristrutturazioni e ridefinizioni dello spazio sacro,
dell’insediamento antico nella diacronia. Pertanto documentate almeno sino all’età giulio-claudia17.
nel 2000 è stata programmata l’apertura di due aree M. O.
10
Satriano, p. 15; Greco 1991, p. 77. 251-254.
11 15
Satriano, p. 15; Greco 1991, p. 78 sgg. M. M. Sica, La nuova struttura del santuario lucano, in
12
Satriano; Greco 1991; Greco 1996. Osanna 2002, pp. 254-256.
13 16
Rapporto preliminare delle prime due campagne in que- Prime riflessioni sulla organizzazione dello spazio sacro,
sto settore in Osanna 2002, pp. 241-244, 249-251. in base alle nuove scoperte in Osanna-Sica 2005.
14 17
Rapporto preliminare delle prime due campa- Su questo settore dello scavo una serie di dati sono anti-
gne in questo settore in Osanna 2002, pp. 244-247, cipati in De Vincenzo-Osanna-Sica 2004.
5
2.2. La sequenza stratigrafica e le fasi18 gna (US 139) orientata in senso nord-ovest/sud-
est22. Lo scheletro (US 140), in discrete condizioni
Passando a definire in maniera puntuale posizione
di conservazione, era adagiato in posizione
ed estensione delle aree indagate, l’indagine archeo-
rannicchiata sul fianco sinistro, con il braccio de-
logica si è concentrata, come si è visto, in due di-
stro flesso in corrispondenza della vita e il braccio
stinti settori di scavo (Saggi I e II) impiantati rispet-
sinistro steso lungo il corpo, le gambe ripiegate
tivamente ad est e ad ovest di un piccolo scolo per
all’altezza del bacino, la testa a nord volta a est. Il
lo smaltimento dell’acqua che, captata dal vicino
corredo ceramico era costituito da undici vasi di-
acquedotto, rifornisce una moderna vasca-fontana.
sposti intorno al corpo della defunta: sul lato bre- FIG. 18
Durante la prima campagna di scavo il Saggio I, col-
ve settentrionale, all’altezza del capo, erano un’olla
locato immediatamente a sud della moderna vasca-
a decorazione subgeometrica, un’olletta biansata
fontana, copriva una superficie di circa 180 mq.; il
su piede, un’oinochoe a bocca trilobata e un’olletta-
Saggio II, ubicato a circa 25 metri dal Saggio I, im-
kantharos a decorazione subgeometrica; sul lato
mediatamente a sud-est dell’area indagata nel bien-
orientale, accanto al busto, erano invece una cop-
nio 1987-1988, si estendeva per 70 mq. Durante le
pa di tradizione ionica, una brocchetta-attingitoio
successive campagne di scavo i due saggi sono stati
e due kantharoi; infine, ai piedi della donna erano
ampliati a più riprese fino a raggiungere per il Sag-
deposte una scodella monoansata e una grande olla
gio I una superficie massima di 280 mq., per il Sag-
acroma, contenente una brocchetta-attingitoio.
gio II di circa 900 mq. arrivando a comprendere
Completavano il corredo tre spiedi collocati al-
tutta l’area precedentemente indagata.
l’altezza del bacino sul lato ovest. Gli oggetti del-
In questa sede si presenteranno i risultati della
l’ornamento personale, distribuiti principalmen-
ricerca condotta nei due saggi di scavo19, ad esclusio-
te lungo il busto, consistevano in una serie di fibule
ne del settore meridionale del Saggio II che ricade in
sia in bronzo a doppio arco insellato sia in ferro
un’area esterna all’area sacra e dove sono venuti alla
con arco rivestito in ambra e in osso, associate a
luce i resti di un precedente insediamento di età ar-
diversi tipi di vaghi e pendenti in ambra; inoltre
caica (abitato e necropoli) che sarà oggetto di una
un orecchino in argento ritrovato sotto il cranio,
prossima ed integrale pubblicazione20. M. M. S.
in corrispondenza della mandibola sinistra, e un
FIG. 16 — FASE I vago d’impasto tra le scapole. La composizione del
- Saggio I corredo consente di datare la sepoltura alla secon-
Corrispondente al periodo di occupazione arcai- da metà del VI secolo a.C.
ca dell’area, è testimoniata in questo settore da una Da segnalare ancora come la tomba sia stata rin-
sepoltura pertinente a un individuo femminile venuta a brevissima distanza dal margine orientale
adulto e individuata al centro del saggio (tomba di un piccolo corso d’acqua naturale (US 59), forse
FIG. 17 3)21. Si tratta di una deposizione entro fossa terra- già esistente durante l’età arcaica23. A. D’A.
18 21
Nel testo viene fatto riferimento a diverse unità strati- A. D’Alessio in Osanna 2002, p. 251; Sica 2004.
22
grafiche non riportate nelle planimetrie sia perché parte di una Il taglio US 139 (2 x 1 m.) fu praticato nel banco naturale
articolata successione stratigrafica sia perché lasciate in situ o (US 11) e in un sovrapposto deposito argilloso (US 125); il riem-
asportate solo parzialmente. L’analisi e la ricomposizione dei pimento della fossa (US 130) era costituito da una terra bruna
contesti sono state curate da T. Giammatteo. mescolata ad abbondante pietrisco e ghiaino, componenti prin-
19
Non vengono riportate le sigle IIA, IIB e IIC con le quali cipali anche dei depositi geologici soprastanti (US 88 e 72=110).
23
sono stati indicati alcuni approfondimenti effettuati nel Saggio II. Il La possibile esistenza nella zona di fossi e ‘canalizzazioni’
testo relativo al Saggio I è di A. D’Alessio; quello relativo al Saggio di epoca precedente a quella del santuario sembra suggerita
II è di L. Colangelo (Fasi I-IV) e di S. De Vincenzo (Fasi V-IX). anche dal rinvenimento di altri tagli e avvallamenti nelle im-
20
Rituali per una dea, pp. 18-24; Osanna 2002, p. 244-247; mediate vicinanze del canale 59, in un caso almeno (US 150) di
Sica 2004; cfr. supra p. 45, nota 19. età forse preesistente alla stessa occupazione arcaica.
18
17
19 20
24 26
Rituali per una dea, pp. 18-24; M. Di Lieto in Osanna Lo strato US 262 è assimilabile all’US 255, rinvenuta
2002, pp. 252-254. immediatamente ad est e distinta in base ad una maggiore con-
25
Sica 2004; De Vincenzo-Osanna-Sica 2004, pp. 37-42. centrazione di ghiaino e materiale.
27
Sulla distinzione topografica e funzionale delle due fosse dell’area sacra oltre che sede delle acque “vive”, correnti e pe-
nell’ambito del santuario e in relazione al culto, in particolare renni, a fronte del diverso impiego della fossa occidentale come
riguardo al carattere di invaso naturale del canale maggiore, ricettacolo artificiale delle acque “stagnanti”, meteoriche, cfr.
elemento preesistente e condizionante nella scelta di ubicazione Osanna-Sica 2005.
28
Questa struttura muraria, leggibile in fase di crollo spoliazione documentata da un taglio (US 305), cfr. infra
per una lunghezza di 1,08 m., risente dell’azione di una Fase V, p. 90.
27 28
FIG. 29. SAGGIO II, MURO NORD DEL RECINTO USM 408 (VISTA
DA OVEST)
FIG. 32. SAGGIO II. RESTI DEL PIANO DI CALPESTIO DEL RE-
CINTO E SOGLIA. US 228-230, 235 (VISTA DA EST)
29
30
32
della superficie e il relativo utilizzo dello spazio I muri attestati in questa fase, ad eccezione
per lo svolgimento di attività connesse al santua- dell’USM 249 che si presenta in stato di crollo, si
rio. All’interno di questo piano è stata praticata conservano in elevato per un filare, con uno spes-
una piccola fossa approssimativamente circolare sore compreso tra 50 e 60 cm. Presentano la stessa
(diametro massimo 62 cm.), profonda una trenti- tecnica costruttiva documentata per la prima fase
na di centimetri e dalle pareti superiormente ver- del santuario, un doppio paramento di pietrame di
ticali e fortemente oblique in corrispondenza del media e grande pezzatura, parzialmente sbozzato e
fondo (US 260), il riempimento della quale (US regolarizzato sulle facce esterne, messo in opera con
258) è risultato costituito da terra mista a scarso un legante a matrice argillosa.
materiale ceramico, alcuni resti ossei (volatili, scro- LUCIA C.
fa, ovo-caprini) e numerosi resti carboniosi e di
‘concotto’ che fanno appunto ipotizzare l’esecu- — FASE IV FIG. 36
29
Infra Saggio II. di piccolissimi grumi di argilla depurata grigio-azzurra e
30
Tra i manufatti rinvenuti spiccano un unguentario rossastra in prossimità del fondo della fossa. Lo strato ri-
acromo e rari frammenti di coroplastica. Da segnalare an- sulta però inquinato dal taglio del canale moderno
che la presenza di un guscio di mollusco del tipo murex e (US 151).
FIG. 34. SAGGIO II, USM 131 E 134 - AMBIENTE B (VISTA DA EST)
31
Per i fenomeni geologici che hanno interessato l’area ved.
Appendice II.2.2., pp. 466-472.
32
La US 465 costituisce il riempimento del taglio US 468,
prosecuzione a nord-ovest del canale US 28, messo in luce nel
corso della campagna di scavo inverno 2002 (Saggio II).
33
Decisamente rari i manufatti databili già a partire dal VI
secolo a.C., evidentemente residui.
FIG. 39. SAGGIO I, THYMIATERION IN CORSO DI SCAVO DAL RIEMPIMENTO DEL CANALE US 28 (US 10)
FIG. 40. SAGGIO I, SCAVO DEL RIEMPIMENTO DEL CANALE US 28 (US 10)
36
39 38
6
della giacitura34. Tra questi si segnalano di nuovo
i molti frammenti ceramici e coroplastici (spe-
cialmente coppe, skyphoi, piatti e altre forme in
ceramica a vernice nera, testine e statuette di di-
vinità femminile stanti o in trono), accanto a ma-
teriale lapideo e laterizio e ai resti di ossa anima-
li e malacologici. Di frequente, inoltre, tanto
sull’interfaccia superiore che in prossimità del
fondo, vi si sono rinvenute determinate associa-
zioni di reperti, come nel caso esemplare di un
gruppo di pietre di piccole dimensioni poste a
delimitare una ristretta zona con tracce di bru-
ciato, entro cui giacevano un frammento di pinax
con raffigurazione di Erote alato, una terracotta
acefala di Afrodite stante e un frammento di cop-
pa (US 77)35. Questa particolare concentrazione
sembra rimandare ad una attività rituale (e più
specificamente sacrificale) svolta prima delle ope-
razioni di colmatura e di definitiva obliterazione
del corso d’acqua. Va infine segnalato che nel trat-
to centro-settentrionale dell’invaso, dove il pen-
dio del terreno è meno accentuato, gli strati di
riempimento superiori (US 47=76=94) erano
“sigillati” da un sottile strato di terra scura mista
a pietre e frammenti laterizi e ceramici di piccole
dimensioni, insieme ad ossa e a residui ‘carbo-
niosi’ (US 41), il quale debordava in più punti
oltre i margini della canale. La significativa pre-
senza, al di sopra della US 41, di una cospicua
concentrazione di resti di bruciato e dello sche-
letro pressoché completo di un cane (US 54), può FIG. 43
34
Le US 85 e 95, che costituiscono due dei riempimenti
inferiori laddove il fondo del canale presenta una quota più
alta, hanno risentito dei rimaneggiamenti moderni trovandosi
immediatamente a contatto con lo strato superficiale US 71.
35
Si aggiungano a questi materiali frammenti di una testina
FIG. 41. SAGGIO I, RIEMPIMENTO SUPERIORE DEL CORSO D’ACQUA US 59 e di un thymiaterion (infra pp. 366-367, cat. 555).
36
(VISTA DA SUD) Sul significato del sacrificio del cane in rapporto alla ge-
FIG. 42. SAGGIO I, PARTICOLARE DEL RIEMPIMENTO SUPERIORE DEL CORSO stazione e al parto, e dunque alla nascita, ved. Osanna-Sica
D’ACQUA US 59 2005; al riguardo cfr. anche Rituali per una dea, p. 107 sgg.
- Saggio II
A tale fase, inquadrabile cronologicamente entro la
metà del III secolo a.C., sono ascrivibili l’abbando-
no delle strutture poste sulla terrazza meridionale,
documentato dal crollo delle coperture e dalla di-
struzione delle relative strutture da attribuire a cause
naturali40, e un primo intervento di ristrutturazione
del settore settentrionale del santuario.
La prima attività è attestata dalle US 135,
144=161, 171, 172, 173, 175, 249, 309. Si tratta di
37
Tegole, coppi e pietre anche lavorate, moltissima ceramica
comune e a vernice nera e rossa, sovraddipinta, a figure rosse e a
bande, terracotte di varia forma e tipologia e thymiateria.
38
Infra Saggio II, pp. 83-85.
39
Da segnalare la presenza di una laminetta aurea accartocciata
(infra, p. 398, cat. 626) e vari frammenti di ceramica residuale in
impasto di età arcaica.
40
Uno dei motivi che ha sicuramente contribuito alla FIG. 43. SAGGIO I, SCHELETRO DI UN CANE, US 54
ristrutturazione sembra sia da ricercare in un dissesto naturale,
probabilmente un evento franoso, al quale rinvia un cedimento FIG. 44. SAGGIO I, US 154
strutturale registrato sulle murature della terrazza inferiore, ved. FIG. 45. SAGGIO I, TERRACOTTA VOTIVA DAL SETTORE AD OVEST DEL CORSO
Rituali per una dea, p. 254.; cfr. Appendice II.2.2., pp. 466-472. D’ACQUA US 59
A questa fase va anche attribuita l’US 231, quanto dilavamento e rimescolamento non solo della
resta del crollo rinvenuto all’interno dell’oikos. colmatura superficiale del corso d’acqua (US 59), ma
Contestualmente all’abbandono di quest’area, anche di parte della stratificazione esistente a ovest,
nel settore settentrionale viene realizzato un canale a ridosso del margine occidentale del saggio, dove
FIG. 48 di origine antropica (US 455), che occupa il settore corre il moderno canale che convoglia l’acqua pro-
settentrionale del saggio interessando il banco na- veniente dalla grande vasca. Sempre nel settore sud-
turale (US 233=456); esso si conserva per una lun- occidentale, al di sopra del piano di colluvio US 26242,
ghezza di 14 m. ca. in senso sud-ovest/nord-est e si sono individuati infine diversi strati di scivolamento
prosegue oltre i limiti di scavo. Presenta una forma a composizione analoga a quelli già menzionati (US
piuttosto regolare, un fondo concavo caratterizzato 261, 263, 266, 267)43 e le US 254 e 257, strati dilavati
da una leggera pendenza verso sud-ovest, una lar- e inquinati dal taglio del canale moderno (US 151) e
ghezza compresa tra 1,60 e 2,40 m., una profondità per la presenza delle radici di un albero.
media di 70 cm. Le pareti meridionali presentano A. D’A.
un profilo quasi verticale mentre quelle settentrio-
nali, più basse, hanno un profilo obliquo. - Saggio II
LUCIA C. Questa fase coincide con la risistemazione del set-
tore settentrionale del santuario, dove si realizza un
FIG. 49 — FASE V nuovo edificio coperto (C), in sostituzione del pre-
- Saggio I cedente edificio meridionale (B).
A partire da questa fase, inquadrabile tra la seconda Questa rinnovata frequentazione è documen-
metà del III e gli inizi del II secolo a.C., che nel tata:
Saggio II corrisponde ad una risistemazione e ad – dai resti delle strutture murarie dell’ambiente
una rinnovata frequentazione del settore settentrio- C: USM 212, 213, 220, 232, 410; FIGG. 54-55
nale del santuario, nel Saggio I ha inizio una serie – dai setti murari USM 367 e 215, che costitui-
di attività nell’area precedentemente occupata dal scono la ripresa di precedenti strutture a nord e ad
canale e dal corso d’acqua, le quali palesano una est l’area antistante l’ambiente C; FIG. 56
netta contrazione dello spazio sacro, avvenuta in – da un piccolo apprestamento (30 x 35 cm.) rea-
seguito alla distruzione dei livelli inferiori del san- lizzato con blocchi squadrati di piccole dimensioni
tuario, come documenta la situazione individuata assemblati con malta, che si addossa all’angolo nord-
nel settore sud-occidentale del saggio. orientale dell’ambiente C (USM 368); FIG. 57
Qui, il riempimento originario del corso d’acqua – una sistemazione di tegole mista ad uno strato
FIG. 50 (US 59) risulta coperto da alcuni strati (US 107=119, di terra argillosa di colore scuro, ricco di frustuli
158) estremamente ricchi di materiali di ogni gene- carboniosi (US 394)44, che s’imposta direttamente
41 43
La verticalità della US 153 ha lasciato ipotizzare che si Anche qui il materiale ceramico e coroplastico è tutto
tratti di un palo di sostegno del tetto piuttosto che della trave inquadrabile tra il IV e la metà del III secolo a.C.
44
di colmo, essendo posizionata esattamente sulla diagonale del- Lo strato spesso circa 20 cm. ricopre un’area di 2,8 x
l’angolo composto dalle USM 131-134. 2,5 m., in prossimità dell’angolo nord-orientale dell’am-
42
Supra, Fase II, p. 69. biente.
49
50 52
sugli strati della precedente fase arcaica (Fase I) e della sua distruzio-
ne (Fase II). Queste tegole, miste a terra carboniosa, rimandano ve-
rosimilmente ad una sistemazione dell’area (che deve aver previsto
l’espletazione di azioni rituali con impiego di fuoco), tesa a sigillare
la sottostante tomba arcaica45. Sia l’US 394 che l’US 454, riempi-
mento della fossa di fondazione (US 453) dell’USM 215, hanno re-
stituito una cospicua quantità di materiale rituale e votivo: l’US 394
ha restituito quattro statuine fittili femminili, rinvenute in prossi-
mità dell’angolo nord-est dell’ambiente, ed una testina, rinvenuta
vicino alla tomba arcaica, un piatto a vernice nera ed una bottiglia
baccellata in stile di Gnathia; la fondazione US 454 ha restituito
altre statuette fittili di figure femminili panneggiate stanti46; FIG. 58
45
In merito De Vincenzo-Osanna-Sica 2004, pp. 38-41.
46
53 Infra p. 165, cat. 28-29.
55 56
57 58
FIG. 55. SAGGIO II, STRUTTURE MURARIE DELL’AMBIENTE C (VISTA DA EST) FIG. 56. SAGGIO II, AMBIENTE C, USM 367 E 215, US 217 (VISTA DA NORD)
FIG. 57. SAGGIO II, AMBIENTE C, USM 215, 367 E 368, US 394 (VISTA DA NORD-EST) FIG. 58. SAGGIO II, AMBIENTE C, DEPOSIZIONE DI TERRACOTTE NELLA US 454
61 60
FIG. 59. SAGGIO II, US 217. FIG. 60. SAGGIO II, PIANO DI CALPESTIO ESTERNO ALL’AMBIENTE C US 226-227 E SOGLIA DI ACCESSO US 225 (VISTA DA SUD-EST).
FIG. 61. SAGGIO II, USM 212-213 E PIANO DI CALPESTIO US 311 (VISTA DA OVEST).
sti sopra US 394 e funzionali verosimilmente al realizzati con pietre di piccole dimensioni assem-
rialzamento dei livelli di calpestio di questa rinno- blate con malta di calce, presente anche nella rea-
FIG. 59 vata frequentazione; lizzazione della soglia US 225, che si lega alla US
– da resti di soglia (US 225) e piani di calpestio 227. Quest’ultima, realizzata con pietre frammiste
FIG. 60 esterni (US 226/227); a frammenti di laterizi, costituisce la preparazione
del piano di calpestio US 226.
I muri attestati in questa fase, che si conservano Nel settore settentrionale è documentato un
in elevato per due filari con uno spessore compreso probabile piano di calpestio (US 311)47, posto tra le
tra 50 e 60 cm., presentano un doppio paramento USM 212 e 213 e costituito da terra a matrice
di pietre sgrossate di medie e grandi dimensioni, argillosa frammista a radi frammenti di materiale
parzialmente sbozzate e regolarizzate sulle facce lapideo e di laterizi di piccole dimensioni. FIG. 61
esterne, messe in opera con un legante a matrice Nella terrazza centrale sembrano riutilizzati i
argillosa. I muri (USM 213, 215) risultano invece precedenti piani di calpestio in relazione alla zona
47
Lo strato era stato già messo in luce nel corso delle inda- gini condotte tra il 1987 e il 1988.
48
Nei riempimenti della fossa di spoliazione (US 304-378) est con il muro occidentale della vasca moderna, ad ovest con
figurano reperti databili tra la fine IV e la metà del III secolo la soglia US 426, a sud si conserva fino alla precedente
a.C. (ceramica a vernice nera e un anello digitale in argento pavimentazione 226/227.
50
con castone raffigurante un quadrupede) e piccoli nuclei di malta L’asportazione di questo strato (US 463 = 506 = 517) ha
di calce. restituito una cospicua quantità di materiali, alcuni dei quali
49
Tale apprestamento pavimentale, con un’accentuata pen- riferibili alla precedente frequentazione, tra cui vernice nera e
denza verso sud, si conserva su di una superficie di 6,5 x 4,5 coroplastica; tra i materiali più recenti predominano la cerami-
m.; il suo limite coincide a nord con il margine del saggio, ad ca a pasta grigia, gli unguentari ed in particolare le lucerne.
65 66
51
Lo strato 460=461 ha restituito materiale di II-I secolo
a.C. associato a residui di fine IV-inizi III secolo a.C.
52
Ved. infra pp. 198-199. 71
con una superficie pendente da nord-est verso sud- 333, 342, concentrati nel settore settentrionale e
ovest, è stata costruita mettendo in opera le pietre nord-orientale del saggio, costituiti da pietre di
di maggiori dimensioni poste sui lati sud e nord in medie e grandi dimensioni frammiste a frammenti
modo da realizzare quasi una sorta di contenimento di laterizi da copertura.
per il pietrame di minore pezzatura sistemato al- S. D. V.
l’interno.
La riorganizzazione del settore nord del santua- — FASE VIII FIG. 77
Non sono attestate attività riferibili a questa fase caratterizzato dalla presenza in superficie di cospi-
che nel Saggio II corrisponde al definitivo abban- cue concentrazioni di materiale edilizio dilavato,
dono del santuario. tra cui si segnalano frammenti di tegole e coppi e
soprattutto pietre, alcune squadrate e di grandi di-
- Saggio II mensioni. Tali materiali derivano con ogni pro-
Corrisponde all’abbandono del santuario, avvenu- babilità dalla distruzione di strutture o appresta-
to molto probabilmente in modo graduale e comun- menti originariamente siti nelle vicinanze (verosi-
que entro la fine del I secolo d.C., senza che si pos- milmente nell’area occupata dalla grande vasca mo-
sa documentare alcun intervento traumatico. derna) e progressivamente scivolati lungo il pendio
In stretta connessione con l’abbandono dell’edi- collinare55. Lo strato, sconvolto e rimescolato in più
ficio molto probabilmente è avvenuto il crollo sia punti anche dalle radici di un albero di gelso, ha
delle coperture che delle strutture murarie, docu- uno spessore variabile dai 10 ai 30 cm. e prosegue
FIGG. 73-74 mentato in particolare dalle tegole e dai coppi (US oltre i limiti del saggio sia a nord che a est e a ovest,
341) scivolate all’interno del canale addossandosi digradando verso sud. La composizione interna, so-
alla sua parete meridionale, conservando in caduta stanzialmente analoga a quella della superficie,
la stessa posizione che avevano sul tetto, e dai di- mostra tuttavia frammenti lapidei di minori dimen-
versi strati di riempimento del canale stesso (US 234, sioni e maggiormente compattati. A sud, ove lo stra-
332). All’interno del canale si registra il crollo di to di dilavamento è stato rimosso per intero, esso
un muro (USM 458) che, posto originariamente sul risultava direttamente sovrapposto al banco natu-
53
La struttura, messa in luce con le indagini precedenti, era sere in parte riferibile al lastricato US 463, rinvenuto nel
stata identificata come altare, cfr. supra p. 64. Saggio II, o anche a costruzioni che occupavano, almeno
54
Il muretto, realizzato con piccole pietre calcaree in parte, la zona ove attualmente sorge la grande vasca, per
assemblate forse con argilla, si conserva per una lunghezza di la realizzazione della quale furono riutilizzate forse alcu-
2,9 m. ed una larghezza di circa 50 cm. ne delle pietre precedentemente in opera in quelle stesse
55
È possibile che il materiale lapideo dilavato possa es- strutture.
75
73 76
FIG. 73. SAGGIO II, CROLLO DI TEGOLE US 341 (VISTA DA OVEST) FIG. 74. SAGGIO II, CROLLO DI TEGOLE US 341 (VISTA DA NORD-OVEST)
FIG. 75. SAGGIO II, SETTORE NORD-ORIENTALE DEL SAGGIO (VEDUTA DA PALLONE SUD-EST) FIG. 76. SAGGIO II, AREE DI CROLLO US 209, 342 (VISTA DA NORD-EST)
rale. Il carattere meno omogeneo delle stratigrafie riscontrate tosi in altezza per tre filari, risulta realiz-
in questo settore e la presenza di materiale eterogeneo attesta zato con pietre calcaree sbozzate e legate
la pertinenza di questi strati ad una fase di abbandono pro- con terra. Il muro, che presenta orienta-
lungata e successiva alla definitiva defunzionalizzazione del mento e tecnica completamente differen-
santuario. A. D’A. ti dai restanti muri del santuario, s’impo-
sta in un momento imprecisabile, al di
- Saggio II sopra dei crolli delle strutture del santua-
Questa fase è documentata dal muro USM 425, ubicato nel- rio (US 342).
l’angolo nord-orientale del saggio, in corrispondenza della Questa fase è seguita dall’interro del-
FIG. 79 vasca moderna, orientato in senso nord-ovest/sud-est. Tale l’area, documentato da strati argillosi di
muro, messo in luce per una lunghezza di 2,5 m. e conserva- origine colluviale (US 236, 336, 499).
S. D. V.
7
FIG. 78. SAGGIO I, US 9 (VISTA DA SUD)
FIG. 80 — FASE IX –
- Saggio I
Alla fase di età moderna possono essere attribuiti da
ultimo i depositi più recenti individuati nell’area: sia
quelli immediatamente sottostanti lo strato superfi-
ciale di humus (US 60, 61, 62=65=71=117)56, sia
quelli posti all’interno dell’attuale canale US 151,
indagato nel settore sud-occidentale del saggio e i cui
diversi riempimenti (US 185, 188) sono risultati estre-
mamente ricchi di materiale ceramico, coroplastico
e di altro genere57, chiaramente per il fatto che il flus-
so dell’acqua verso valle ha usurato e continua ad
erodere la giacitura antica esistente nei pressi.
A. D’A.
- Saggio II
Coincide con l’ultimo intervento costruttivo effet-
tuato nell’area, documentato dalla realizzazione di
una vasca per la raccolta delle acque (USM 204), in
uso ancora oggi, realizzata con blocchi, provenien-
56
Tutti gli strati risultano intaccati dalle arature moderne.
57
Da segnalare la presenza di una lancia in ferro molto
ossidata (p. 402, cat. 632). FIG. 79. SAGGIO II, USM 425 (VISTA DA OVEST)
60
58
Osanna 2004, p. 61. Ved. al riguardo Appendice II.2.2., pp. 466-472; Osanna-
59
Rituali per una dea, p. 21 sgg.; Osanna 2002, pp. 251-254; Sica 2005.
61
Sica 2004. Osanna-Sica 2005.
degli edifici e la conseguente forma architettonica as- prima fase architettonica sono stati individuati
sunta dal complesso sacro, attraverso la presentazione chiaramente a nord, nel muro USM 408, ad ovest
e l’analisi delle variazioni costruttive che danno ragio- nei tratti di muro USM 214 e 429, a sud, dove si
ne delle trasformazioni planimetriche registrate nel conserva del recinto un piccolo tratto all’estremi-
lungo arco di tempo. tà orientale nel muro USM 248, ad est, dove è sta-
Sono state individuate quattro diverse fasi co- ta intercettata la fossa di spoliazione di un muro
struttive del santuario che mostrano un quadro ar- (US 305), un tratto murario ancora conservato
ticolato delle attività edilizie che si riflettono in (USM 247) e l’USM 529. L’ampio spazio sembra
modificazioni e cambi planimetrici e che a loro volta venir dunque delimitato da una struttura muraria
sembrano presupporre variazioni nel campo perimetrale, larga mediamente 60 cm. che, non
dell’esplicitazione rituale e forse anche cultuale. sappiamo quanto sviluppata in altezza, certamen-
te materializzava i limiti dello spazio sacro. Di
FIGG. 81-82 L’IMPIANTO ORIGINARIO DEL SANTUARIO. Cronologi- particolare rilievo è quindi la pianta perfettamen-
camente inquadrabile nel corso del IV secolo a.C., te quadrata del recinto che contiene all’interno un
la prima fase edilizia è caratterizzata da strutture edificio altrettanto quadrato, l’oikos. Quest’ultimo,
realizzate con muri a doppio paramento in pietra- rispetto al recinto, presenta una distanza quasi re-
me sgrossato e parzialmente sbozzato, messo in golare dai lati settentrionale e meridionale (3,30/
opera con un legante a matrice argillosa. 3,40 m. ca.), mentre risulta decentrato nell’asse est-
FIG. 83 L’oikos quadrato (A), orientato ad est, costitui- ovest, distando dal muro di recinto occidentale 4,40
sce il fulcro della composizione architettonica, po- m., mentre a est, dove si apre l’ingresso dell’oikos,
sto com’è al centro di un recinto delimitato da muri lo spazio è ridotto a 3,30 m.
che definiscono un’area quadrata di 13,2 m. di lato. Dunque, in questa fase originaria lo spazio che
Dell’oikos si conservano in buono stato il muro borda su tutti i lati il sacello sembra essere privo di
settentrionale (USM 221) lungo 4,40 m.; in ma- copertura; la sua funzione, non accertabile, è forse
niera più precaria il muro occidentale (USM 222) da connettere con le pratiche e le attività, occasio-
e quello meridionale (USM 223) ed infine, lungo nali o continue, che si ricollegano al culto e ai ri-
il lato orientale, due setti murari che definiscono tuali che dovevano svolgersi necessariamente all’in-
un ingresso centrale (USM 245, 346). Le misure terno dello spazio recintato.
lievemente irregolari restituite dai lati ovest, sud Per quanto riguarda la sistemazione dello spa-
62
De Vincenzo-Osanna-Sica 2004.
zio interno un dato interessante è costituito dalla diatamente all’esterno del recinto fosse provvista,
presenza di lacerti pavimentali in tegole e in pietra- già in questa fase, di un apprestamento pavimenta-
FIG. 85 me (US 228, 230) collocati sulla fronte orientale le, come sembrerebbe suggerire un piccolo tratto
dell’oikos. Questi sembrano rimandare ad una vo- di pavimentazione in pietrame (US 226), del tutto
lontà di segnare l’ingresso al sacello della divinità e simile a quella rinvenuta all’interno in corrispon-
istituire in maniera evidente una relazione diretta denza dell’ingresso all’oikos, e che ricopriva uno
con l’antistante piazzale orientale, attraverso un pas- strato di preparazione, con funzione drenante (US
saggio nel muro nord-sud, segnato da una soglia rea- 227). Se così fosse dovremmo comunque ipotizzare
lizzata con grandi lastre di pietra allettate con terra che tale allestimento pavimentale non riguardasse
(US 235) e poste in linea con il filo del muro setten- tutto il piazzale antistante il cui piano di calpestio
trionale e con la fossa di spoliazione meridionale doveva invece essere costituito in parte dal banco
che si origina in questo punto. naturale (US 11), nella parte più settentrionale del
A questo primo momento di vita del santuario Saggio I, e da strati di terra, più o meno volontaria-
FIG. 86 va infatti collegato l’ampio spazio scoperto orien- mente compattati, individuati nell’angolo sud-ovest
tale attraversato dal ruscello e da una lungo e stret- del Saggio I (US 182, 262) dove il banco naturale si
to canale, dal medesimo orientamento delle strut- rinviene ad una maggiore profondità e i depositi
ture più occidentali, e verso il quale si apre lo spa- colluviali post-abbandono che hanno interessato
zio costruito. Non sappiamo se l’area posta imme- l’area li hanno parzialmente preservati.
FIGG. 87-88-89 LA PRIMA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO. Cronolo- scoperti su tre lati mentre nella parte meridionale è
gicamente inquadrabile tra la seconda metà del IV e occupato in gran parte dal lungo ambiente B, sicura-
l’inizio del III sec. a.C., la seconda fase edilizia è ca- mente coperto, come attestano gli strati di crollo del
ratterizzata da una parziale ridefinizione del recinto tetto e delle murature (USM 135, 172)63. Il nuovo
a sud e dalla costruzione di un nuovo edificio coper- ambiente, largo circa 4,40 m. e lungo circa 8,70/8,80
FIG. 90 to (B), per impiantare il quale viene realizzata una m., è delimitato a sud dal muro USM 131, a ovest
terrazza posta a circa 1 metro più in basso rispetto al dal muro USM 134 e dal tratto murario in crollo
livello dell’oikos. Il nuovo edificio è definito anch’es- USM 429, mentre è definito dai crolli dei tratti murari
so da muri a doppio paramento in pietrame sgrossato USM 249 ad est; a nord, dove il muro è assente, è
e parzialmente sbozzato, messo in opera con un le- stato comunque individuato il taglio dalla fossa di
gante a matrice argillosa. L’oikos quadrato (A) per- fondazione di un muro (US 430) di cui è parzial-
mane come fulcro della composizione architettonica mente visibile il tratto orientale (USM 402), come
che si arricchisce ora di un nuovo edificio che viene mostrano alcune pietre ancora in situ, alcune delle
a impiantarsi a sud, tagliando gran parte del lato me- quali chiaramente in scivolamento verso sud rispet-
ridionale del recinto, entro il quale ne viene a ricade- to all’originario orientamento est-ovest. Sulla fronte
re la metà. Il recinto viene così a delimitare spazi meridionale dell’edificio il setto murario USM 133
63
Ved. supra cap. II.2.2., Fase IV, pp. 83-85.
te, largo mediamente 70 cm. bra nascere in sostituzione del meridionale edificio B,
Di difficile comprensione sembra essere la funzio- venendo ad occupare uno spazio originariamente sco-
ne di questo ambiente meridionale coperto che ha re- perto, compreso tra il muro settentrionale dell’oikos e
stituito solo rari frammenti ceramici e una testina fem- quello del recinto. Lo spazio antistante l’edificio, com-
minile mentre lo stretto spazio antistante può forse preso tra la sua fronte est e l’angolo nord-est del recin-
essere interpretato come portico o spazio per l’esposi- to, continua a permanere scoperto, anche se viene ad
zione dei votivi, come sembrerebbe attestare l’abbon- essere oggetto di una ridefinizione strutturale, come
dante quantità di materiale connesso al culto rinvenu- attesta la fondazione USM 529 (che a differenze del-
ta negli strati di distruzione di questa zona e scivolati l’elevato USM 215 non presenta malta di calce), du-
verso sud. D’altronde proprio questo portico doveva rante la ristrutturazione del quale vengono deposte
presentarsi alla vista dei fedeli che, arrivando da un alcune terrecotte figurate e una bottiglia baccellata.
ipotetico percorso proveniente da valle, trovavano forse Proprio questo deposito ben databile agli anni centra-
in questo punto una cruciale area di snodo. Qui i resti li del III sec. a.C. consente di collocare questa signifi-
di strutture murarie, rinvenute nella parte sud-orien- cativa fase ricostruttiva al medesimo ambito cronolo-
tale, sono probabilmente da collegare all’esigenza di gico.
realizzare in questo punto una sorta di biforcazione Il nuovo edificio rettangolare misura 10,40 me-
dei percorsi: da una parte si consentiva l’ingresso al- tri di lunghezza e 4,10 metri di larghezza e presen-
l’interno del recinto sacro, dall’altro si permetteva di ta significativamente lungo la fronte settentrionale
raggiungere il piazzale con il ruscello. Queste osserva- uno spazio stretto e lungo, delimitato dal muro
zioni sono ipotizzate sulla base di due setti murari, USM 212, identificabile con un piccolo portico,
purtroppo mal conservati (USM 167 e 173), il primo analogo a quello che precedentemente correva lun-
dei quali, in crollo, oltre probabilmente a chiudere il go il lato meridionale dell’ambiente B.
portico ad est bordava il limite del passaggio verso La riedificazione è leggibile nella tessitura del
l’area interna; il secondo, di cui rimangono in situ solo muro settentrionale (USM 213) che riutilizza il pre- FIG. 95
alcune pietre del filare inferiore, in considerazione della cedente muro USM 408 come fondazione, nella
sua posizione e dell’orientamento, sembra suggerire creazione dell’USM 220, che definisce il lato sud
una direzione verso il piazzale esterno. Non è possibi- del nuovo ambiente, e nella costruzione di due set-
le confermare una simile sistemazione anche nel setto- ti murari con probabile funzione di contrafforti che
re settentrionale per coloro i quali raggiungevano il san- si appoggiano all’estremità orientale ed occidenta-
tuario dall’area dell’abitato posto sulla collina, perché le dell’edificio quadrato (USM 232 e 410). L’ingres- FIG. 96
le modifiche apportate in questa zona nell’ultima fase so al recinto sembra da ricercarsi ancora ad est, in
di vita del santuario stesso, sono state tanto consistenti corrispondenza dell’ingresso all’oikos, dove perma-
da cancellare gran parte delle evidenze precedenti. ne la soglia US 235.
Sulla terrazza inferiore, invece, si registra una
FIGG. 91-92-93 LA SECONDA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO. Un evento risistemazione radicale: l’area ormai abbandonata a
naturale traumatico dovuto a un cedimento del terre- causa dell’evento franoso che ha compromesso la sta-
no che ha interessato la parte meridionale dell’area – ticità delle strutture viene interessata da un interro
ed in particolare la terrazza sud – segna l’abbandono che ricopre i muri e gli strati di crollo. Nonostante le
dell’edificio B, cui segue una ristrutturazione del com- trasformazioni evidenti in questa fase, importante ri-
plesso che interessa soprattutto il settore settentriona- sulta essere la conservazione non solo della sede della
le. Qui viene realizzata una nuova terrazza, questa volta divinità – cosa del resto ovvia – ma la permanenza
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tinua ad avere la sua sede nell’oikos quadrato – ma lo suddiviso mediante un piccolo muro divisorio (USM
spazio che lo circonda: questo non solo ha cambiato 216) in un ambiente quadrato ad ovest (D) ed uno
forma e dimensioni ma si articola e si orienta diversa- rettangolare ad est che occupa probabilmente la lun-
mente, pur continuando ad avere, probabilmente, una ghezza rimanente. La relazione con il piazzale orien-
qualche relazione con l’ampia area ipetra orientale, tale viene mantenuta, come documenta la presenza
come sembra dimostrare la persistenza delle aperture di un ingresso che si apre nel muro 215, testimonia-
verso est. Questo nuovo impianto dunque sembre- to da una soglia in malta di calce (US 225) larga circa
rebbe prevedere uno spazio non più, complessivamen- 1 metro. Dal punto di vista tecnico-costruttivo i
te, quadrato entro cui gestire spazi a cielo aperto e nuovi interventi sono testimoniati dall’utilizzo di pie-
unità funzionali di servizio coperti ma sembrerebbe trame di pezzatura minore rispetto a quello impiega-
ridimensionato nella sua unità architettonico-funzio- to nella fase precedente e dalla sua messa in opera
nale. Le spoliazioni che hanno riguardato il tratto me- piuttosto sommaria, che prevede quasi dappertutto
ridionale del muro orientale e quello immediatamen- l’utilizzo di malta di calce, sia nei muri realizzati ex-
te a sud dell’oikos, unitamente alla ridefinizione novo che nelle riprese di quelli precedenti.
costruttiva del settore più settentrionale, sembrano per- Per quanto riguarda lo spazio antistante le co-
tanto restituire una composizione architettonica in cui struzioni, si assiste in quest’epoca alla realizzazio-
il sacello della divinità viene addossato a nord ad una ne di un piano pavimentale lastricato (US 464), pur-
struttura, articolata in più vani. troppo mal conservato, e di una struttura in bloc-
chi di travertino (USM 426) che, unitamente a nuovi
FIG. 97 L’ULTIMA TRASFORMAZIONE DEL SANTUARIO. A questa fase tratti murari (USM 366, 409, 527), sembrano indi- FIG. 99
ricostruttiva, inquadrabile cronologicamente nel cor- viduare, all’interno di un mutato quadro di percor-
so del I sec. a.C., si ascrive una serie di interventi si, l’accesso al santuario da nord. Questa nuova si-
mediante i quali il complesso sacro subisce una par- stemazione pertanto, oltre ad enfatizzare in parti-
ziale riorganizzazione, percepibile soprattutto nel set- colare tutto il settore nord/nord-est del complesso
tore nord, sulla terrazza più alta. Qui, dove si era sacro, sembra trovare una ragione in relazione ad
impiantato nella fase precedente l’edificio C e il ca- un percorso, non sappiamo quanto obbligato, che
nale US 455, vengono realizzate riprese murarie, ri- forse avrebbe potuto prevedere un coinvolgimento
facimenti di parti delle stesse caratterizzate dall’uso dell’area a sud dell’oikos dove una particolare mas-
di una malta di calce, risistemazioni o sistemazioni sicciata in pietrame, dalla funzione incerta, può forse
ex-novo di alcuni piani di calpestio; inoltre si indivi- essere attribuita a questa fase64.
64
Osanna 2002, p. 256.
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ARCHEOLOGIA DI MATERA
FIG. 93. LA SECONDA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO. PROFILO NORD-SUD (LINEA SEZIONE FIG. 91)
Sulla base degli indizi emersi si propongono al- di concepire gli spazi, di realizzare percorsi e rela-
cune osservazioni riguardo essenzialmente l’archi- zioni, con varianti tipologiche e funzionali non sem-
tettura del santuario. Si rileva come nelle diverse pre ben riconoscibili.
fasi costruttive siano individuabili modi differenti Generalmente, per l’ambito lucano, le osserva-
FIG. 95. PROSPETTO DELLA USM 408-213 (RILIEVO A. D’ALESSIO; LINEA SEZIONE FIG. 91)
zioni sulle architetture sacre, a causa soprattutto tiva omogenea per i casi evidenziati in Lucania. Tali
della scarsa articolazione delle stesse e fatta ecce- elementi infatti, seppure concorrono alla formazio-
zione per alcuni santuari come i complessi di ne planimetrica ed architettonica dell’impianto sa-
Rossano di Vaglio e di Armento, rimandano ad un cro, non rimandano allo stesso tipo né tanto meno
principio uniformante che tende a restituire un ad un modello di riferimento; a tal proposito non
quadro sostanzialmente omogeneo65 costruito in- va confusa la “semplicità” dell’apparato architetto-
torno a delle invarianti: la presenza dell’acqua, sia nico e costruttivo con una presunta omogeneità
essa di sorgente o artificialmente trasportata; la di- tipologica. Questo si verifica nei casi in cui la “sem-
sposizione su terrazze; la centralità rituale, attribuita plicità” architettonica, rappresentata da impianti in
in alcuni casi, ad un percorso per il cerimoniale; la cui giocano un ruolo significativo piccole costru-
presenza di ambienti destinati a celebrazioni col- zioni generalmente quadrangolari, sacelli o naiskoi,
lettive. L’insieme di questi elementi non può esse- si accompagna a pochi altri elementi distintivi non
re considerato canonico sul piano compositivo in sempre omogenei sia in santuari come quelli di
quanto tutti, pur essendo componenti fondamen- Lavello, S. Chirico Nuovo, Rivello, Timmari, Fer-
tali per la definizione di una tipologia architettonica, randina sia in complessi più articolati come nei casi
non formano né restituiscono una regola composi- di Rossano di Vaglio, Armento o Chiaromonte66.
Tornando all’esempio di Torre di Satriano, si è
FIG. 96. SAGGIO II. L’EDIFICIO C E L’OIKOS (VEDUTA DA PALLONE DA SUD- verificato che nella fase iniziale l’impianto sembra
OVEST)
essere costituito da uno spazio architettonicamente
dimensionato sulla proposizione del quadrato: il
fulcro centrale quale sede della divinità è posto quasi
al centro di un spazio complessivamente quadran-
golare, a cielo aperto su quattro lati. Ad un secon-
do momento costruttivo si aggiunge al complesso,
impiantandolo a cavallo del lato meridionale, una
nuova unità funzionale (l’ambiente con o senza
65
Ved. La Rocca 1999, p. 13 sgg.
66
Raccolta della documentazione in Masseria 2000.
FIG. 99. SAGGIO II. TRATTI MURARI (USM 367, 409) CHE SEMBRANO ENFATIZZARE L’ACCESSO AL SANTUARIO DA NORD (VISTA DA EST)
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67
Si rimanda al riguardo a quanto avanzato in sede di con-
clusioni da M. Osanna: infra pp. 431-433.
68
Ved A. Russo Tagliente, L’età lucana. I culti, in Greci, il fanum (lo spazio appositamente liberato dai pontefici per-
Enotri e Lucani, p. 190. ché al suo interno possa aver posto il templum), il sacellum
69
Per il collegamento della pianta quadrata alla dottrina oltre al templum e all’aedes ved. Torelli 1993; sulla forma
panitalica dell’auspicio e alle correlate forme mentali si riman- quadrilatera dei templa più antichi ved. anche P. Gros,
da a Masseria 2000, p. 8 (citazione a p. 240). L’architecture romaine du début du IIIème siècle av. J.C. à la fin du
70
G. Tagliamonte, I Sanniti. Caudini, Irpini, Pentri, Haut-Empire, 1. Les Monuments publics, Paris 1996, p. 123 sgg.
72
Carricini, Frentani, Milano 1996, p. 179 sgg. F. Coarelli, Legio Linteata. L’iniziazione militare nel
71
Sui luoghi sacri indicati dalla tradizione letteraria come Sannio, in Tavola di Agnone, pp. 3-16.
73
il lucus (la radura naturale o artificiale all’interno del bosco) o Russo 1999, p. 115 sgg.
74
Sulla realizzazione di edifici sacri, in età arcaica e in am- tipo corinzio attestate in Sicilia (Martin 1965, p. 72; A.
biente apulo-lucano, elaborati su modelli greci come, in partico- Orlandos, Les matériaux de construction et la technique
lare, il tipo ad “oikos” ved. M. Torelli, Greci e indigeni in Magna architecturale des anciens grecs, I, tr. fr. Paris 1966, p. 83; Winter
Grecia: ideologia religiosa e rapporti di classe, «Studi Storici» XVIII 1993, p. 273), e risultano utilizzati anche per il tetto del tem-
1977, pp. 45-61. Per un generale riferimento a sacelli o naiskoi di pio arcaico di Apollo a Neandria (cfr. Winter 1993, p. 252
modeste dimensioni, in ambito magnogreco e in età arcaica, cfr. dove si parla di hybrid type, sottolineando, peraltro, la sua pe-
R. Leone, Luoghi di culto extraurbani d’età arcaica in Magna Gre- culiare diffusione in vari siti dell’Asia Minore), come pure
cia, Firenze 1998, p. 21 sgg. Sugli edifici quadrati e la loro assi- in ambito etrusco, gia à a partire dalla seconda metà del VII
milazione all’oikos-pyrgos quale luogo di culto femminile ved. sec. a.C. (Colonna 1986 p. 423).
76
Greco 1996, pp. 263-282. Per i diversi oikoi o piccole costruzio- Martin 1965, p. 70.
77
ni tendenzialmente isolate all’interno dei contesti sacri per l’am- Valle del Sinni I, p. 201. Cfr. anche Ausculum I, p. 306.
78
bito lucano, ved. Barra Bagnasco 1996a, pp. 183-193. Ved. Mas- Si tratta di due muri (USM 131, 134) orientati rispettiva-
seria 2000, p. 240 con tutta la bibliografia precedente. mente in senso est-ovest e nord-sud che si presentano più o
75
Tale definizione si deve alla classificazione di Wikander meno deformati rispetto al loro asse originario, circostanza
1988, p. 211 (fig. 6, n. 4) seguita più di recente anche in Valle che pare imputabile ad un cedimento delle fondazioni piutto-
del Sinni I, p. 201: va comunque osservato che pur essendo sto che alle spinte del terreno (Osanna 2002, pp. 254-256, e p.
vero che i coppi corinzi possiedono generalmente una sezione 265 nota 72).
79
angolare piuttosto che semicircolare – circostanza questa che Osanna 2002, p. 265, nota 73.
80
ha indotto a inserire il nostro sistema di copertura fra quelli di Combinando il risultato delle operazioni di pesatura del-
tipo “ibrido”–, è altrettanto vero che i coppi a sezione semi- le singole tegole e dei singoli coppi con i parametri indicati da
circolare rappresentano la “règle générale” nelle coperture di Giuliani (1990, p. 63) è possibile stabilire, sia pure con un cer-
to grado di approssimazione, che il carico permanente della questo passo vedi A. Andrén, Architectural Terracottas from etru-
copertura (espresso in mq.) doveva aggirarsi intorno ai 120 kg, sco-italic Temples, Lund-Leipzig 1940, in particolare p. LX sgg.,
mentre quello accidentale intorno ai 230 kg. nonché Andrén 1959-60, p. 34 sgg. Cfr. Anche Giuliani 1990,
81
Su questo argomento si rimanda in particolare a Giuliani p. 63 sg.
85
1990, pp. 64-65. Satriano, p. 14.
82 86
Cfr. Adam 1989, pp. 224-229. In realtà, sul momento A tal proposito si rimanda anche alla ricostruzione pro-
preciso dell’introduzione della capriata non esiste generale ac- posta in Rituali per una dea, figg. 20-21.
87
cordo fra gli studiosi: vedi La Torre 2002, p. 64 e nota 168, al Adam 1989, pp. 222-223.
88
quale si rimanda anche per la principale bibliografia di riferi- Per le tegole angolari si veda Andrén 1959-60, pp. 44-45;
mento. Celuzza 1985, p. 34 e S. M. Giani, Proposta di ricostruzione
83
Ci riferiamo sostanzialmente ai numerosi modelli fittili etru- architettonica dell’edificio di seconda fase, »AnnOrNap» V 1998,
schi, che riproducono in maniera abbastanza fedele i sistemi di pp. 169-172.
89
carpenteria utilizzati in antico e nei quali è assente del tutto ogni Riguardo alle modalità di smaltimento delle acque
riferimento all’utilizzo di capriate triangolari nella realizzazione meteoriche va detto che gli elementi in nostro possesso non
del tetto: cfr. Staccioli 1968, in particolare p. 87 sgg. consentono di verificare, in alcun modo, la presenza di un qual-
84
Per avere un’idea concreta di questo sistema basti pensa- che genere di grondaia, capace di raccogliere e di convogliare
re ai modellini fittili di tempietti provenienti da Medma e l’acqua in un unico punto, e si ha invece l’impressione che lo
Hipponion (databili, comunque, fra fine VI e inizio V sec. a.C.) stillicidio delle acque sia stato agevolato direttamente dalle te-
che presentano, tutti, un timpano pieno sul quale viene a pog- gole di riva, che, di conseguenza, avrebbero dovuto sporgere di
giare direttamente la carpenteria lignea del tetto (Danner 1992, un certo margine rispetto ai muri perimetrali degli edifici.
90
p. 36 sgg.). Si tratta peraltro di una soluzione che richiama Satriano, p. 14 e p. 34; Rituali per una dea, p. 36-37.
91
molto da vicino il sistema di copertura del tempio etrusco- Colpisce, al riguardo, il mancato ritrovamento di quegli
italico dettagliatamente descritto da Vitruvio: [...] supraque is elementi discoidali in terracotta che, azionati dall’interno del-
tympanum fastigii structura seu de materia conlocetur, supraque l’edificio mediante un bastone, consentivano per l’appunto la
eum fastigium, columen, cantherii, templa ita sunt conlocanda, chiusura dell’opaia keramìs in occasione, ad esempio, di aria
ut stillicidium tecti absoluti tertiario respondeat (IV, 7, 4). Su troppo fredda o di pioggia.
92
Sulle tegole caratterizzate da fori per l’alloggio di chiodi, Inscribed Economy. Production and Dstribution in the Roman
si rimanda in particolare a Giuntoli 1997, pp. 32-33, dove vie- Empire in the Light of Instrumentum Domesticum (The
ne riportata anche la bibliografia precedente al riguardo. proceedings of a conference held at the American Academy in
93
Cfr., ad esempio, Satricum, p. 65. Rome on 10 - 11 January, 1992), Ann Arbor 1993, p. 140. Per
94
Vedi Stopponi 1985, pp. 49-50, dove l’uso di chiodi viene l’uso dei termini tecnici in ambito greco, si veda Martin 1965,
riferito al fissaggio delle tegole di maggior pregio come pure di pp. 72-74.
97
quelle più vicine alla gronda. Una simile circostanza ha reso praticamente inutile una
95
Non si può neppure escludere del tutto che l’utilizzo di pesatura generale del materiale, come pure un calcolo della sua
chiodi per il fissaggio delle tegole abbia rappresentato un’ecce- superficie complessiva.
98
zione a Satriano, mentre la “regola” prevedeva l’impiego di un Ved. supra pp. 71-73. Cfr. D. Adamesteanu, H. Dilthey,
qualche genere di legante che assicurava la tenuta delle tegole al Siris. Nuovi contributi archeologici, «MEFRA» XC 1998, p. 521;
tavolato ligneo sul quale esse erano disposte. Per una soluzione D’Andria-Roubis 1999, pp. 131-133 e 136; Roccagloriosa I, p.
simile, sia pure in epoca arcaica, si veda La Torre 2002, p. 65 sg. 70; Celuzza 1985, p. 33. Vitruvio stesso canonizza tale prassi:
96
Per la distinzione in età romana tra tegulae e lateres cfr. ergo quae non in tectis poterit pati laborem, ea non potest in
Lugli 1957, pp. 541-542; per l’evoluzione del termine tegula structura oneri ferendo esse firma, quare maxime ex veteribus
cfr. anche M. Steinby, L’organizzazione produttiva dei laterizi: tegulis tecta <et ex vetere testa> structi parietes firmitatem
un modello interpretativo per l’instrumentum in genere?, in The poterunt habere (II, 8, 19).
99
Sull’argomento ved. Osanna 2004, p. 61 sg. II sec. a.C. e la prima metà del I sec. a.C.: cfr. J. Mertens, Ordona
100
De Vincenzo 2003, p. 54. 1978-1986. Rapport sommaire sur neuf années de fouilles
101
Si pensi ad alcuni esemplari rinvenuti a Pompei – ma archéologiques, in J. Mertens (a cura di), Ordona VIII. Rapports
prodotti quasi certamente a Roma-, i quali, comunque, risulta- et études, Bruxelles-Roma 1988, p. 59.
103
no leggermente più lunghi (M. Steinby, La produzione laterizia, Cfr. Celuzza 1985, p. 33.
104
in F. Zevi (a cura di), Pompei 79, Napoli 1979, pp. 265-266). Lugli 1957, p. 545.
105
Cfr. anche Rescigno 1998, p. 30, dove un modulo quasi identi- Satricum, p. 92.
106
co sembra caratterizzare la stragrande maggioranza delle tegole Colivicchi 2004, p. 109.
107
di età arcaica rinvenute in area campana. Sulla più che probabile esistenza di un rapporto di 4 a 3
102
Si tratta di due tegole non cotte provenienti da Ordona, fra lunghezza e larghezza, almeno per quel che concerne le
in un contesto inquadrabile cronologicamente fra l’inizio del tegole gallo-romane, si veda Goulpeau 1988, pp. 102-103.
108
Non bisogna dimenticare, infatti, che l’abilità dell’arti- erano i rifacimenti o le ristrutturazioni del tetto), potendo tro-
giano veniva fortemente provata dal fatto che, durante la fase di vare spiegazione anche in una loro diversa destinazione fun-
essiccamento prima e quella di cottura poi, l’originaria superfi- zionale (Celuzza 1985, p. 33; De Vincenzo 2003, p. 56).
111
cie delle tegole subiva una forte riduzione la quale andava calco- Per il testo della legge si veda: Dessau 1974, p. 505. Per le
lata scrupolosamente fin dal primo stadio della produzione. Se- osservazioni relative ad essa si veda in particolare P. Mingazzini,
condo Stevens, inoltre, i costruttori erano perfettamente a co- Tre brevi note sui laterizi antichi, «BMusCivRom» XIX 1956-
noscenza di questo fenomeno che comportava quindi la dispo- 1958, pp. 77-92.
112
nibilità di telai dalle dimensioni leggermente superiori rispetto De Vincenzo 2002, p. 193. Per il testo della legge si veda
a quelle richieste dalla messa in opera del tetto (Stevens 1950, p. Dessau 1974, p. 501.
113
179 sg.). Per una linea di pensiero opposta cfr. Goulpeau 1988, Stevens 1950, pp. 174 sgg.
114
p. 107. È stato calcolato, inoltre, che la tegola si riducesse media- Non va dimenticato, infatti, che la presenza di più ope-
mente del 10-12% durante la fase di cottura (Steinby 1973, p. rai all’interno della stessa officina avrebbe richiesto la disponi-
125; Goulpeau 1988, p. 107; De Vincenzo 2002, p. 195). bilità di altrettanti telai, attrezzi piuttosto dozzinali che, solo
109
Steinby 1973, p. 125. Per il comportamento delle tegole molto raramente, corrispondevano gli uni agli altri. In genere,
nei confronti degli agenti atmosferici si veda De Vincenzo 2002, essi non possedevano le stesse dimensioni e, inoltre, andavano
pp. 197-198. sostituiti con una certa frequenza essendo soggetti a naturali
110
Sebbene questa sembri essere la regola generale bisogna processi di usura (Steinby 1973, p. 125).
115
ricordare, nondimeno, che la compresenza di manufatti Steinby 1973, p. 125.
116
metrologicamente diversi, non va tout-court motivata in base a Esulano da questo computo complessivo i 6 frammenti
meri criteri di anteriorità o posteriorità (piuttosto frequenti di kalyptéres hegemònes, che, in virtù delle loro caratteristiche
morfologiche sono stati considerati a parte. esso risulta attestato a Roselle (L. Donati, La casa dell’Implu-
117
La grande maggioranza delle tegole rinvenute (1191 esem- vium. Architettura etrusca a Roselle, Roma 1994, p. 46, tav. LVa),
plari, oltre il 79,5 %) risultano, invece, prive di qualsiasi ele- come pure ad Accesa dove, però, si tratta di una differenza non
mento necessario ad una loro classificazione tipologica. Con- già all’interno dello stesso listello ma piuttosto fra i due listelli
siderazioni di vario tipo (qualità dell’impasto, spessore, tracce della stessa tegola (Giuntoli 1997, p. 34). Tutto ciò comporta
di lisciatura solo su uno dei due lati, etc.) paiono escludere, una conseguenza rilevante al momento dell’esame tipologico:
comunque, la possibilità che tali frammenti vadano identifica- poiché le due estremità di una tegola appaiono non di rado
ti con altri materiali edilizi come, ad esempio, mattoni. divergenti è possibile che due o più frammenti che apparten-
118
Si tratta di un ristretto numero di tegole appartenenti gono allo stesso esemplare non vengano a volte riconosciuti
alla variante 1 del Tipo 1, dove la presenza di un incavo parti- come tali (in genere per la mancanza di attacchi) e quindi di-
colarmente accentuato potrebbe essere collegata, come si dirà stinti come nuove varianti e attribuiti a più esemplari piutto-
anche in seguito, alla volontà di agevolare la sovrapposizione sto che ad un unico esemplare.
121
del coprigiunto. Ö. Wikander, Etruscan Roofing-Tiles from Acquarossa. A
119
Nel corso della fase di essiccamento venivano disposte Preliminary Report, «OpRom» VIII 1972, p. 18. Cfr. anche
sui lati lunghi della parte piana e ancora cruda della tegola del- Wikander 1981, p. 71. Altrettanto scettici si rivelano pure
le listarelle che, in virtù del loro peso, finivano per lasciare Giuntoli (1997, p. 33) e Colivicchi (2004, p. 108 sg.).
122
naturalmente una impronta sull’argilla sottostante. È evidente Si tratta delle tegole appartenenti al tipo 1, che possie-
che questa non sempre appariva perfettamente regolare ed al- dono, in effetti, un’estremità piena ed una cava – un incasso (o
lora non sorprende il fatto che alcuni esemplari si presentino alloggiamento, se si preferisce) a sezione grosso modo rettan-
con o senza incavo a seconda dell’estremità che si osserva. golare; una circostanza quest’ultima dovuta alle esigenze della
120
Non si tratta di un caso eccezionale, dal momento che messa in opera e non esclusiva del mondo indigeno o magno-
greco (Valle del Sinni I, p. 29, fig. 21. 44; Notario 1992, tav. consegue che l’ampiezza dell’arco di circonferenza da essi de-
XCV, fig. 5) ma attestata anche nel mondo romano (Celuzza scritto va diminuendo, sia nella larghezza che nell’altezza, ver-
1985, pp. 33-34, tipo 2 a-c). Sull’argomento si rimanda anche so l’estremità superiore.
125
alle considerazioni relative al tipo 1. Essa ricorre essenzialmente negli esemplari provenienti
123
Nonostante la presenza di un’estremità cava sembri dall’US 341 e non rappresenta tuttavia una costante, come di-
caratterizzare la maggior parte delle tegole, sono attestati al- mostra anche il caso dell’abitato etrusco di Accesa (Giuntoli
cuni esemplari come, ad esempio, le tegole terminali, quelle 1997, p. 33). Tale caratteristica compare anche nella villa di
cioè che appartengono al filare più basso, che ne sono sprov- Settefinestre all’interno del tipo 2 a-c (Celuzza 1985, p. 33).
126
visti. Nella tipologia proposta da Wikander per le tegole di
124
Un comportamento simile si registra anche nei coppi, Acquarossa, tali tegole apparterrebbero al tipo 1 (Wikander
come visto in precedenza nei due soli esemplari integri, dove 1993, p. 27). Vedi anche Wikander 1988, p. 209; Ardea, p. 65,
la differenza di larghezza tra l’estremità superiore e quella in- fig. 132; Celuzza 1985, p. 33; Giuntoli 1997, p. 33; Valle del
feriore si aggira intorno ai 4 cm. Tali manufatti dovevano in- Sinni I, p. 202.
127
fatti rispondere ad una duplice esigenza: da un lato ricoprire lo Cfr. Satricum, p. 59 e p. 93, fig. 52; Rescigno 1998, pp.
spazio intercorrente fra una tegola e l’altra, e dall’altro attuare 31 e 47-48; Small-Buck 1994, fig. 143c.
128
un sistema di assemblaggio parallelo a quello delle tegole, in Winter 1993, p. 31, fig. 4b.
129
virtù del quale ciascuno di essi sormontava il coprigiunto infe- Cfr. Martin 1965, p. 72.
130
riore mentre era sormontato da quello superiore. Da ciò ne Wikander 1981, p. 71.
131 133
Rescigno 1998, pp. 31 e 46. Cfr. anche Valle del Sinni I, Saggio I, US 1, 2, 119, 146, 261; Saggio II, US 211, 217,
p. 201 sg. 304, 323, 332.
132 134
Su tale elemento di connessione vedi Wikander 1988, p. Cfr., ad esempio, Small-Buck 1994, p. 128, fig. 141, nn. 7-9.
135
208. Cfr. anche M. C. Conti, Elementi per la copertura degli Saggio I, US 113, 146; Saggio II, US 11, 80, 211, 217,
edifici dal quadrante sudorientale del territorio selinuntino, in 332, 506.
136
R. Bianchi et alii, Selinunte 4, Roma 1998, p. 237. Saggio II, US 211.
— Bolli e marchi di stoccaggio (tav. I, nn. 12-13) 12. Tegola piana tipo 1. Parte del listello e della lastra;
Oltre ai manufatti sin qui presentati, vanno segna- imp6; h 6,8; lastra: h 3,5; listello: largh 4,2; h incas-
lati altri due esemplari, entrambi appartenenti ad so 2,6; largh 4; bollo lungh 12,8; h 3. Sporadico.
Inv. 407963.
una tegola, e distinti dai precedenti non già per le
13. Tegola piana. Parte della lastra; imp3; lastra: h 2,8;
loro caratteristiche morfologiche ma per la presen- lungh simbolo 6,5; largh. 5,5. Saggio I US 1. Inv.
za di due elementi nuovi rispetto a quelli finora 407964.
considerati.
Il primo esemplare (cat. 12) conserva parte non
solo della lastra ma anche del listello: quest’ultimo, — Coppi
caratterizzato da una sezione a quarto di cerchio La stragrande maggioranza dei coppi rinvenuti ap-
nonché dal tipico incasso a sezione rettangolare nella partiene al tipo più semplice e diffuso nei sistemi
parte inferiore del listello stesso, si lascia inquadra- di copertura (tipo 1), quello a sezione semicircolare
137
Cfr. Stopponi 1985, p. 100. dove per questi simboli viene supposta la funzione di «semplici
138
G. Brodribb, Markings on Tile and Brick, in Roman Brick contrassegni di vasaio designanti partite di prodotto». Si vedano,
and Tile. Studies in Manifacture, Distribution and Use in the Western infine, Rescigno 1998, p. 391 sgg. e J. Chauffin, Les tuiles gallo-romaine
Empire, Oxford 1979, p. 211 sgg. Cfr. anche Stopponi 1985, p. 101, du Bas-Dauphiné, «GalliaInfAReg» XIV 1956, p. 81 sg.
14. Bordo e parte della parete; imp4; ampiezza arco 14,7; 16. Parte del bordo e della parete; imp3; largh 6,8; bor-
h 8; sp. 1,5. Saggio I, US 159. Inv. 407959. do: h 4,4; lastra: sp 2,1. Saggio I, US 2. Inv. 407961.
15. Parte del bordo e della parete; imp5; ampiezza arco 17. Parte dell’orlo e della parete; imp4; largh 7,2; bor-
11,6; h 3,9; sp. 1,7. Saggio II, US 217. Inv. 407960. do: h 5,3; lastra: sp 1,6. Saggio I, US 19. Inv. 407962.
Tipo 2 (tav. II, nn. 16-17) — Opaia keramìs (tav. II, n. 18)
A sezione quadrangolare Nel corso delle operazioni di scavo è venuto alla
Una piccola percentuale (l’1,7 % circa) del materia- luce un unico frammento, di dimensioni piuttosto
le complessivo presenta una sezione quadrangolare ridotte, pertinente alla cosiddetta Οπαια κερα−
139 144
Per questo tipo di coppi, corrispondente al tipo I di Lo stesso impiego è attestato a Roccagloriosa in un oriz-
Wikander (1993, p. 46), cfr. anche Wikander 1981, p. 76, fig. zonte di V sec. a. C. (Roccagloriosa I, p. 70).
145
6,27; A. Ohnesorg, Archaic Roof Tiles from the Heraion on Coppi con una sezione affine sono stati rinvenuti a
Samos, «Hesperia» LIX, 1990, p. 185 sgg., fig. 4; Winter 1993, Lavello, dove, per il cosiddetto oikos gamma, è attestata una
p. 108 sg., fig. 11 a-b. copertura con tegole piane e coppi a sezione chiaramente
140
Rescigno 1998, p. 44, tav. XIV, fig. 12. pentagonale (Forentum II, p. 21, tav. CII) e nel territorio di
141
Notario 1992, p. 324, tav. XCV, figg. 11-13, dove i coppi Senise (S. Teodoro): cfr. Valle del Sinni I, p. 115, fig. 115, n.
a sezione semicircolare, nei loro 3 sottotipi, rappresentano il 8. Cfr. anche Visonà 1999, p. 360, fig. 162, US 108; Notario
41,61% dei rinvenimenti complessivi; Visonà 1999, p. 360, fig. 1992, p. 324, tav. XCV,15; Mollo 2003, p. 314, tav. CXXII,
162, US 140. US 12-8, tipo 5; La Torre 2002, p. 63, fig. 4 b (esemplari di
142
Giuntoli 1997, p. 35, fig. 2, 1. età arcaica).
143 146
Celuzza 1985, p. 34, tav. 1, figg. 6 a-c. Infra p. 132, cat. 1.
147
Sulla opaia keramìs in generale, si rimanda, in particolare, una tavola di riferimento.
156
a Wikander 1982, p. 81 sg. Cfr. pure Martin 1965, pp. 78-79. Un esemplare molto simile era già stato rinvenuto a Torre
148
Esemplari provenienti dall’abitato di Roccagloriosa e di Satriano da Holloway negli anni ’60 (Holloway 1970, p.
dotati di un’apertura circolare vengono definiti semplicemen- 113, tav. 174, n. 309). Cfr. anche Roccagloriosa I, p. 304, fig.
te “tegole per camino”, mentre per le tegole che possiedono 200, nn. 542-543; C. Masseria, Le terracotte architettoniche, in
un’apertura ovale viene adoperata la definizione di opaion Pedley-Torelli 1993, p. 139 sg., fig. 40, tav. 36a; Mollo 2003, p.
(Roccagloriosa I, p. 77 e p. 303 sg.). 315, tav. CXX, M3. Questo tipo di kalyptér hegemòn si trova,
149
Si vedano, ad esempio, gli esemplari integri di Acquarossa peraltro, attestato già in epoca arcaica: cfr. La Torre 2002, p.
(Ö. Wikander, Acquarossa VI. The Roof-Tiles, 1. Catalogue and 63, figg. 4 c-d, tav. X b.
157
Architectural Context, Stockholm 1986, p. 39, figg. 17-18). Sporadico (dalla pulizia della cresta del muro sud-ovest
150
D’Andria-Roubis 1999, p. 152, fig. 21. della vasca); Saggio II, US 219.
151 158
Roccagloriosa I, p. 304, fig. 200, n. 551. Holloway 1970, p. 112, tav. 174, n. 306. Cfr. anche
152
Armento, pp. 103-104. Roccagloriosa I, p. 302, fig. 200, n. 536 e Notario 1992, p. 325,
153
Adam 1989, p. 230 e p. 231, figg. 500-501; Celuzza 1985, tav. XCV, 16-17.
159
p. 34. Non si dimentichi, a questo proposito, che a differenza
154
Wikander 1982, p. 83, figg. 7b e 12. dell’estremità principale, l’altra doveva essere assai simile a quella
155
Il rinvenimento di 4 soli frammenti, di cui 2 pertinenti di un normale kalyptér, circostanza che perciò ha impedito,
allo stesso pezzo, ha reso praticamente inutile la creazione di nella totalità dei casi, la sua identificazione come tale.
9
una sola ghiera (cat. 20) – che si presentano chiara- I risultati emersi dalla nostra analisi sembrano
mente arrotondate nella parte superiore, possiede dimostrare che all’interno dello stesso tipo di tego-
un profilo squadrato. Tale diversità, se letta in con- le e coppi figurano impasti differenti, senza cioè
nessione con la differente provenienza stratigrafica che a ciascun tipo di tegole o coppi corrisponda
del frammento in questione (US 501, strato perti- uno specifico impasto. Per quanto concerne l’im-
nente alla risistemazione del santuario in età roma- pasto vero e proprio, non sorprende il fatto che la
na), rispetto a quella degli altri due frammenti (US sua qualità sia, in genere, non particolarmente ele-
146, 217, 219: due strati di crollo, pertinenti rispet- vata. Il grado di depurazione dell’argilla, infatti, ri-
tivamente alle fasi IV e VI), potrebbe essere inter- sulta nella quasi totalità dei casi basso o medio-bas-
pretata in senso diacronico, finendo per attribuire so, il che non avrà contribuito, probabilmente, a
al kalyptér dalla costolatura singola a sezione qua- migliorare le prestazioni di un prodotto già di per
drata una cronologia più bassa rispetto a quella de- sé esposto alle intemperie: fanno eccezione solo le
gli altri esemplari. classi n. 1 (rappresentata da due soli esemplari, cir-
costanza che sembra sottolineare ulteriormente la
19 a-b. Parte della triplice costolatura, del battente e del- sua eccezionalità) e n. 2, che per la loro qualità pos-
la parete, imp3; sp max 6,1; parete sp 1,7; costolatura sono essere considerate le migliori produzioni.
mediana: h 4,7; largh 4,6; costolature laterali: h 3,5; Nella stragrande maggioranza dei campioni esa-
largh costolature laterali 3,1. Saggio I, US 146. Inv.
407967. minati, invece, numerose sono le impurità e la
20 a-b. Parte di una sola costolatura, del battente e della sabbiosità (per lo più sabbia silicea, raramente mica
parete; imp6; sp 7,3; parete: sp 3; costolatura: h 3; polverizzata) sembra essere una qualità intrinseca
largh 6,2. Saggio II, US 219. Inv. 407968. dell’argilla piuttosto che una conseguenza dell’uso
21 a-b. Parte dell’estremità principale, della parete, e di
una sola costolatura; imp4; sp. max 5; parete: sp di sgrassanti. Fra questi gioca un ruolo notevole la
2,5; costolatura: h 2,4; largh 3,2. Saggio II, US 501. chamotte, presente praticamente in tutte le classi
Inv. 407970. esaminate, eccezion fatta per la classe n. 1: quello
22 a-b. Parte dell’estremità principale, della parete, e della che cambia è, piuttosto, la dimensione degli inclu-
duplice costolatura. Due frammenti che attaccano;
imp6; sp 5,1; parete: sp 2,1; costolatura inferiore; h
si, talora a granulometria molto fine, come nella
4,9; costolatura superiore; largh costolatura inferio- classe n. 2, più spesso a granulometria piccola o
re 3,4. Saggio I, US 146; Saggio II, US 217. Inv. medio-piccola. Accanto alla chamotte, un altro ele-
407969-407966. mento che compare di frequente, anch’esso dalla
granulometria piuttosto variabile, è probabilmente
la calcite che, in alcuni casi, sembrerebbe essersi
L’analisi del corpo ceramico dissociata nei suoi componenti-base, a seguito di
L’analisi degli impasti, condotta mediante l’utiliz- una temperatura di cottura probabilmente superio-
zo di una lente di ingrandimento da geologo (Konus re ai 900°, secondo un processo ben noto161.
# 3013, 20 X), ha permesso di individuare almeno Al pari dell’aspetto qualitativo dell’argilla, an-
sette tipi di impasto, la cui identificazione si è basa- che “il trattamento” delle superfici non sembra con-
ta esclusivamente sulla diversità dei dimagranti pre- traddire le nostre conoscenze relative a questa clas-
senti all’interno del corpo ceramico, come pure sulla se di manufatti: se, infatti, la faccia superiore della
loro frequenza e granulometria160. tegola è abbastanza polita, probabilmente lisciata a
160
Va tenuto presente, comunque, che i risultati qui pre- torio consentiranno di verificarne l’effettiva validità.
161
sentati sono del tutto preliminari: successive analisi di labora- Cuomo di Caprio 1985, pp. 131-132.
162 166
È molto probabile che tale proprietà servisse pure ad In uno dei campioni (US 159) sembra che l’impasto sia
agevolare il corretto scorrimento delle acque meteoriche costituito da argilla calcarea, cotta in atmosfera ossidante, forse
(Giuntoli 1997, p. 32). con anidride solforosa fra i combustibili. Infine in due campioni
163
Per questo procedimento si veda anche Cuomo di Caprio (US 107, 254) è presente un altissimo tenore di sabbia.
167
1985, p. 32. È possibile inoltre distinguere all’interno di questo im-
164
In assenza di analisi archeometriche, si è ritenuto op- pasto, una “sottocategoria”, derivante dal fatto che, oltre alle
portuno definiri litici i vari tipi di inclusi non precisamente succitate caratteristiche, l’impasto possiede – ma si tratta di
individuabili. una minoranza – medi e piccoli glomeruli di quarzo.
165 168
In uno dei campioni esaminati (US 509) sembra partico- In uno dei campioni (US 503) compare un altissimo
larmente elevata la componente sabbiosa. tenore di medi e piccoli glomeruli di quarzo.
l’attacco del relativo coppo a sezione pressoché pen- va raffigurare non meno – e forse non più174 – di tre
tagonale172. Vi è raffigurata la parte superiore di due
colonne variamente scanalate e di diversa larghez-
colonne, caratterizzate rispettivamente da cinque e
otto scanalature, e prive di capitello. Al di sopra di za175, con intercolumnio variabile176. Inoltre, la pre-
esse, e senza alcun elemento di raccordo, si imposta senza dell’elemento curvilineo, interpretato come
169 173
Satriano, p. 44, tav. 9. Cfr. anche Greco 1991, p. 77. Il fatto che tale fascia non sia stata realizzata a rilievo po-
170
Sui problemi di inquadramento cronologico delle trebbe indicare che essa riproduce lo spazio vuoto compreso fra il
antefisse si rimanda in particolare a Danner 1996, pp. 10-11. tavolato ligneo, sul quale poggiava direttamente il materiale di
171
Una simile circostanza impedisce anche la loro attribu- coperta, e l’architrave stesso: uno spazio che sarebbe stato occupa-
zione ad uno in particolare delle strutture qui rinvenute, ope- to, almeno in parte, dalle testate dei puntoni, vale a dire delle travi
razione già di per sé assai complicata, vista l’estrema vicinanza oblique disposte a sostegno dello spiovente e qui non visibili.
174
delle strutture stesse. Accanto ai contesti di rinvenimento non Questa affermazione nasce dal fatto che nel frammento
va dimenticato, inoltre, che qualsiasi tentativo di datazione è in cui si conserva l’attacco del coppo (cat. 1), il vertice di que-
ulteriormente complicato dalla considerazione più generale che st’ultimo si trova esattamente all’altezza della colonna di sini-
in caso di ricostruzione o riparazione delle strutture, non vie- stra, mentre quasi in corrispondenza della colonna di destra, il
ne necessariamente sostituito tutto il loro sistema di decora- coppo comincia a chiudere verso il basso. È altamente proba-
zione architettonica, potendosi, invece, conservare gli esem- bile, pertanto, che la colonna di sinistra rappresenti quella cen-
plari ancora integri e funzionali; infine, non va neppure esclu- trale, e che a quella di destra – da considerarsi, forse, la più
sa la possibilità di un riutilizzo di matrici più antiche per la esterna – corrisponda un’altra colonna sul lato opposto.
175
realizzazione di nuove antefisse (Danner 1996, p. 11. Cfr. an- La colonna più piccola misura infatti 2,1 cm., quella più
che Ardea, p. 56). grande 2,7 cm.
172 176
Supra p. 128, tipo 2. Si passa, infatti, da un intercolumnio minimo di 3,3 cm.
nel primo frammento, ad un intercolumnio massimo di 3,9 di edificio, recuperato a Fratte negli anni ’40, e che, in modo
cm. nel secondo. del tutto singolare, possiede l’apertura su uno dei lati lunghi:
177
Un processo simile interessa anche la realizzazione di quest’ultima è costituita da due colonne che inquadrano l’in-
diversi modellini fittili provenienti da Locri, Medma e gresso e che reggono un tetto a doppio spiovente, sul quale
Hipponion: cfr. Danner 1992, p. 44. sono evidenti i coppi e, alle estremità di questi, dei piccoli
178
Si sarebbe potuto pensare, ad esempio, alla fronte di un rigonfiamenti, che rimandano proprio alla presenza delle rela-
edificio, nel qual caso ci si sarebbe trovati necessariamente di tive antefisse (Fratte, p. 98, fig. 144; Sestieri 1952, p. 105 sg.).
fronte ad un esempio di spazio frontonale aperto, che si pro- Un modellino analogo – con ingresso sul lato lungo – ricorre,
tende verso il basso con una piccola tettoia, rivestita da tegole sempre in ambito campano, a Minturno (Staccioli 1968, p. 50
e decorata, non a caso, da antefisse. Una caratteristica, questa, sg., tavv. LII-LIII, 1).
179
tipica del mondo etrusco (cfr., al riguardo, il caso noto del Nel già citato modellino di Fratte l’architrave scompare
modello fittile di Nemi: Rizzo 1910, p. 286 sgg. Sullo stesso del tutto, così che il tetto viene a poggiare direttamente sui
argomento si rimanda anche a Staccioli 1968, p. 92 sgg.; R. A. capitelli delle due colonne (Fratte, p. 98, fig. 144).
180
Staccioli, Due note sui frontoni del tempio etrusco-italico, In effetti riproduzioni architettoniche non si ritrovano
«ArchCl» XX 1968, pp. 296-301; G. Colonna (a cura di), San- generalmente sulle antefisse, mentre compaiono, ad esempio,
tuari d’Etruria, Milano 1985, p. 62; 1986, pp. 493 e 502) ma su diversi pinakes tarantini con raffigurazione dei Dioscuri
attestata, sia pure in misura assai minore, anche in ambito italico (Breitenstein 1941, p. 44, tav. 47, figg. 391-398), su un noto
(Staccioli 1968, p. 57, tav. LVI, 2; Fratte, p. 98, fig. 145; Sestieri pinax locrese (Danner 1996, p. 77, tav. 17,6) e, in una fase
1963, p. 218 sgg.; più scettica, riguardo al modellino di Fratte, cronologicamente assai più tarda, sulle c.d. lastre Campana (R.
Laviosa 1954, p. 219) e siceliota (Orlandini 1962, p. 103 sgg., Perry, Die Campanareliefs in der Sammlung des Archäologischen
tavv. XXVII-XXVIII). Accanto al frontone aperto, un’altra Instituts der Universität Heidelberg, Heidelberg 1967, p. 48 sg.
possibilità sarebbe stata quella suggerita da un modellino fittile tav. 10, fig. 18).
lini templari, rinvenuti in gran copia tanto nei santuari etru- — Antefissa a gorgoneion (?) (tav. III, n. 3)
schi quanto in quelli magno-greci, che, in alcuni casi, riprodu- 3. Lastra a profilo pressoché rettilineo e sprov-
cono, sia pure in forma riassuntiva, architetture realmente vista sul retro dell’attacco del coppo, forse
presenti nell’area181. fissato alla metà inferiore dell’antefissa, la
Un’osservazione non irrilevante concerne, inoltre, il nu- cui parte superiore doveva perciò sporgere
liberamente. Vi è raffigurata la metà destra
mero e la qualità delle matrici utilizzate. Se, infatti, il moti- e parte della metà sinistra di un volto, fino
vo raffigurato sui due frammenti appare sostanzialmente iden- al labbro superiore – conservato in piccola
tico, la diversità del numero delle scanalature delle colonne, parte –, nonché parte della sua capigliatu-
come pure la variabilità degli intercolumni lasciano intende- ra. Quest’ultima incornicia la fronte piut-
tosto bassa della maschera, ed è costituita
re assai chiaramente, che dietro la realizzazione di tali antefisse da almeno tre file di piccole ciocche, di for-
ci fossero almeno due matrici differenti e probabilmente stan- ma e dimensioni variabili, che quasi sugge-
che, a giudicare dall’aspetto piuttosto consunto della decora- riscono un motivo ad onde e che, in linea
zione. generale, evidenziano una tendenza a dimi-
nuire di dimensioni man mano che si pro-
Non poche difficoltà solleva, infine, l’inquadramento cro- cede dal basso verso l’alto, secondo una di-
nologico di questo tipo di antefissa: in assenza di confronti sposizione organizzata in senso verticale,
puntuali, infatti, le uniche informazioni in tal senso si pos- piuttosto che orizzontale. La prima fila di
sono desumere soltanto dal contesto di rinvenimento di uno ciocche realizza, inoltre, un passaggio di
piano piuttosto netto e tagliente rispetto
dei due esemplari appena esaminati (cat. 2). Tale frammento
alla fronte: proprio in corrispondenza di
proviene dall’US 332, e – come già le tegole e i coppi appar- questo punto si registra il massimo spesso-
tenenti all’US 341 – va quasi sicuramente riferito al crollo re della capigliatura, che va poi progressi-
della copertura del portico settentrionale realizzato fra la vamente riducendosi verso l’alto. Gli oc-
chi, a mandorla e nient’affatto sporgenti,
metà del III e la prima metà del II sec. a.C.; non appare del
appaiono appena incisi, al contrario delle
tutto inverosimile ascrivere anche l’antefissa in questione al palpebre che risultano rilevate all’interno
medesimo ambito cronologico. di un’arcata sopraccigliare decisamente bas-
181
Si veda, ancora una volta, il frontone di Fratte (Sestieri 1952, p. 106 anche, Rizzo 1910, p. 289; Orlandini 1962, p. 103
sg.; Sestieri 1963, p. 219; Staccioli 1968, pp. 64-65, 76; Fratte, p. 98, fig. sgg. Sull’argomento più in generale si rimanda, in-
145) pertinente, probabilmente, ad un modellino fittile, e che riproduce, vece, a Staccioli 1968, p. 81 sgg. e Danner 1992, in
nel timpano, tre tipi di antefisse rinvenute effettivamente sul sito. Cfr. particolare pp. 44-45.
182 185
Non è impossibile, comunque, che la particolare Cfr., su questo tipo di gorgoneion, Laviosa 1954, p. 230 sg. e Rainini
consunzione del volto vada imputata anche ad una sua 1991, p. 115 sg.
186
esposizione particolarmente lunga agli agenti atmosferici. Sulla classificazione e funzione dei vari tipi di gorgoneia si riman-
183
Popoli anellenici in Basilicata, p. 76, tav. XXII, da, in particolare, a J. Floren, Studien zur Typologie des Gorgoneion,
n. inv. 54598 (prima metà del V sec. a.C.). Münster 1977 e Kästner 1982.
184 187
A. Faustoferri, Il santuario italico di Villalfon- È quanto sembrerebbe desumersi dal fatto che il labbro superiore,
sina: le terrecotte architettoniche, in I luoghi degli dei, l’unico conservato, si presenti – come visto – leggermente arcuato.
188
p. 73. Laviosa 1954, pp. 236-237.
189
Laviosa 1954, pp. 235-236, dove si ricorda come questo tipo l’argomento si veda anche Greco G. 1977, pp. 144-146, nonché
sia stato elaborato intorno alla metà del V sec. a.C. per poi conti- Kästner 1982, pp. 129-130 e 138, dove si sottolinea l’esistenza a
nuare a diffondersi nel secolo successivo; Rainini 1991, p. 116 sg. Serra di Vaglio, già in età arcaica, di una rielaborazione locale
190
Rainini 1991, p. 116 sg. e 126 sgg., tav. II, figg. 17-18. di modelli tarantini.
192
Cfr., a tal proposito, anche Greco G. 1977, p. 136 sg. e Armen- Rainini 1991, p. 127.
193
to, p. 102, fig. 103. M. Mazzei, Appunti preliminari sulle antefisse fittili ‘etrusco-
191
La ripresa di un modello arcaico è un fenomeno ampia- campane’ nella Daunia preromana, «Taras» I 1 1981, p. 24. Sullo
mente attestato in alcune aree dell’entroterra lucano (G. Gre- stesso argomento si rimanda anche a Rainini 1991, pp. 124-126.
194
co, M.J. Strazzulla, Le terrecotte architettoniche di Elea-Velia, in Oltre ai già menzionati casi di gorgoni di tipo calmo, si
G. Greco, F. Krinzinger (a cura di), Velia. Studi e ricerche, Mo- vedano anche alcune antefisse con protome femminile prove-
dena 1994, p. 130) e potrebbe trattarsi, secondo Rainini, di «un nienti da Metaponto: cfr. A. L. Tempesta, Antefisse fittili da
fenomeno di conservatorismo» da parte delle maestranze indi- Metaponto, «BBasil» XI 1995, in particolare pp. 43-51.
195
gene che si rivelano ben disposte a «proporre semplici varia- Cfr., ad esempio, L. Giardino, Grumentum: la ricerca
zioni sul tema, sfruttando noti e consolidati cliché, in un inedi- archeologica in un centro antico, Galatina 1981, p. 41, tav.
to connubio fra antico e moderno» (Rainini 1991, p. 128). Sul- XXVII, 2; Bottini P. 1997, p. 178, n. 14.
PRODOTTI LATERIZI - Distribuzione quantitativa delle forme all’interno delle unità stratigrafiche
1 2 3
4 5 6
7 8 9
10 11
12 13
16
15
14
17
19
18
20 21
22
140
III. LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO
1. La coroplastica
Il santuario di Torre di Satriano* ha restituito una te queste analisi vanno ben al di là della ricostru-
cospicua messe di terrecotte figurate, caratterizzate zione delle reti di scambi tra siti diversi. Bisogna
da grande varietà tipologica e iconografica. Nello considerare, infatti, che l’importazione di un de-
studio di questi manufatti si è proceduto innanzi- terminato fittile (o di una matrice, allo scopo di
tutto alla classificazione tipologica degli esemplari, fabbricarne innumerevoli esemplari) comporta an-
finalizzata alla redazione di un catalogo il più pos- che l’acquisizione (e quindi la scelta) di un’icono-
sibile agevole e comprensibile. In questa fase del grafia ben precisa, sulla base del valore simbolico
lavoro, particolarmente ardua si è rivelata la rico- intrinseco di ciascun fittile votivo1.
struzione dei prototipi cui risalgono gli esemplari, Per quanto riguarda la datazione dei pezzi, si è
dato il pessimo stato di conservazione della mag- in genere indicato l’arco cronologico entro il quale
gior parte di essi. L’inquadramento tipologico ha un determinato prototipo nasce e si sviluppa dan-
permesso di individuare, in numerosi casi, i centri do luogo a molteplici varianti. Solo nei casi in cui
di produzione e diffusione di determinati prototi- le terrecotte provengono da un contesto chiuso e
pi, consentendo di avanzare ipotesi su contatti e databile con precisione, si è fornita la datazione del
scambi tecnologici con siti dell’area tirrenica e manufatto grazie all’esame degli altri materiali pro-
ionica, oltre che della Lucania interna. Naturalmen- venienti dallo stesso strato2.
*
Desidero ringraziare il Professor M. Osanna, che mi ha ni in un nuovo sito implichi, nel caso di terrecotte votive, che
affidato lo studio delle terrecotte figurate del santuario e ha la sua iconografia sia stata considerata adatta a qualche livello
seguito con attenzione le varie fasi del lavoro di ricerca; il So- per le pratiche di culto in quel luogo».
2
printendente archeologo della Basilicata Dott.ssa M. L. Nava, È d’uopo sottolineare che gli oggetti fabbricati a matrice
per la liberalità con cui mi ha concesso di prendere in esame il presentano due cronologie: il periodo in cui il prototipo viene
materiale. Un vivo ringraziamento va inoltre alla Professores- ideato ed elaborato e il periodo in cui viene fabbricata la
sa A. M. Comella dell’Università degli Studi di Cagliari, al statuetta ad esso riconducibile. Questo principio, generalmen-
Professor D. Graepler dell’Università di Gottingen e al te trascurato nelle pubblicazioni esistenti, è stato per la prima
Professor E. Lippolis dell’Università di Roma “La Sapienza”, volta sottolineato dal D. B. Thompson nel suo studio sulle
per la disponibilità dimostratami con preziosi consigli e sugge- terrecotte ellenistiche di Troia (Thompson 1963, p. 20). Sulla
rimenti. Un pensiero riconoscente va infine al Dott. F. difficoltà di inquadrare cronologicamente gli oggetti apparte-
Colivicchi, cui devo lunghe discussioni che tanto hanno age- nenti alla classe delle terrecotte fgurate, anche a causa del con-
volato e migliorato il mio lavoro. servatorismo che caratterizza questa produzione in serie, cfr.
1
Cfr. Miller Ammermann 1989-1990, p. 356: «Si può so- la premessa metodologica in J. P. Uhlenbrock, La coroplastica
stenere che l’adozione di una mold series da parte degli artigia- nella Sicilia orientale e meridionale nell’età dei due Dionisi: pro-
LA COROPLASTICA 141
Ampio spazio è stato riservato all’analisi un’analisi delle argille, finalizzata alla individua-
iconografica dei pezzi, per fornire un contributo zione dei centri di produzione dei fittili6. Natural-
alla ricostruzione delle pratiche rituali svolte nel mente, poiché si tratta di una produzione essen-
santuario e per poter meglio delineare la fisiono- zialmente eseguita a stampo, l’individuazione del-
mia della divinità che ad esso presiedeva. Natural- l’origine dei pezzi necessita di un discorso ben più
mente, si è ben lungi dal ritenere che attraverso l’ana- articolato: le statuette potevano essere importate da
lisi iconografica dei fittili dedicati in un’area sacra altri centri, o potevano essere prodotte localmente;
si possa giungere a identificarne la divinità cui gli utilizzando statuette importate si potevano fabbri-
ex voto erano dedicati3. Va inoltre precisato che – care matrici per dare inizio ad una nuova produzio-
nel campo della coroplastica – generalmente non è ne in loco; oppure potevano essere importate diret-
il tipo di terracotta più frequentemente attestato a tamente le matrici, e successivamente, sui prodotti
fornire la chiave interpretativa di un contesto finiti fabbricati, potevano realizzarsi ancora altre
cultuale: spesso accade che proprio le iconografie matrici.
numericamente non dominanti siano funzionali, Le terrecotte prese in esame comprendono i
per le loro specifiche caratteristiche, all’identifica- manufatti rinvenuti in occasione delle campagne
zione della divinità cui i fittili sono legati. di scavo condotte dall’Università degli Studi della
Non minore attenzione è stata prestata all’ana- Basilicata tra gli anni 2000 e 20037.
lisi dei contesti archeologici di provenienza delle Esse comprendono: statuette, ovvero rappresen-
terrecotte, che sola può chiarire il valore religioso e tazioni tridimensionali di figure antropomorfe;
simbolico che questi fittili hanno rivestito nell’am- protomi, ovvero rappresentazioni del volto umano,
bito delle pratiche rituali svolte nel santuario. Ben a retro cavo, prive della valva posteriore; busti, ov-
poco significato avrebbero, infatti, se scissi dal loro vero raffigurazioni della testa e delle spalle di una
contesto di provenienza e non letti alla luce dell’in- figura corredate di retro (per cui stanno in piedi
tero complesso4. senza supporto); rilievi figurati, ovvero placche di
Ulteriori dati si potrebbero acquisire solo gra- terracotta con raffigurazioni a rilievo, che prendo-
zie allo studio eseguito sulle argille, le cui analisi, no il nome di “pinakes” od “oscilla”, i primi di for-
tuttora in corso5, non sono state ultimate al mo- ma quadrangolare, i secondi si forma tondeggiante
mento della definitiva stesura del presente lavoro. (sia pinakes che oscilla recano di norma i fori di so-
Lo studio delle terrecotte votive, infatti, non può spensione; nel caso in cui le placche di forma tondeg-
dirsi completo ed esauriente se non corredato da giante non rechino i fori di sospensione, parliamo
blemi di stile e cronologia archeologica, in La Sicilia dei due Dionisi cui l’analisi dei singoli oggetti è prevalsa in maniera significati-
(Atti della settimana di studio, Agrigento, 24-28 febbraio 1999), va rispetto allo studio delle associazioni e delle condizioni di
Roma 2002, p. 321 sg. ritrovamento, applicando forme di ricerca rispondenti ancora
3
Cfr. Comella 1981, p. 759 sg.: «Individuare la divinità vene- alle esigenze emerse nella lunga storia del collezionismo euro-
rata in un santuario, esclusivamente sulla base degli ex voto in esso peo» (Lippolis 2001, p. 225).
5
rinvenuti, è molto difficile. Alcuni complessi votivi collegabili Per i risultati preliminari ved. Appendice IV, pp. 477-490.
6
con certezza ad una divinità, attestata epigraficamente, dimostra- Sull’esigenza di integrare lo studio iconografico delle ter-
no infatti che spesso il culto assume molteplici sfumature, non recotte votive con un’analisi delle argille e degli scambi tecno-
sempre tutte esclusive di quella particolare divinità. Queste sfu- logici tra siti diversi, ved. Miller Ammermann 1989-1990, p.
mature, che si riflettono nella tipologia delle offerte, si possono 355 sg.
7
cogliere, in modo particolare, in alcune categorie di ex voto». Un considerevole gruppo di terrecotte votive è stato por-
4
Sulla necessità di non scindere l’analisi delle iconografie tato alla luce durante le campagne di scavo del biennio 1987-
delle terrecotte dallo studio dei contesti archeologici di prove- 1988 dirette dal Prof. E. Greco dell’Università degli Studi di
nienza ved. Lippolis 2001, p. 225 sg. L’Autore si sofferma in Napoli “L’Orientale” ed è tuttora oggetto di studio. Parte di
particolare sui limiti che comporta un tipo di studi basato esclu- questo materiale è stato edito in una relazione preliminare su-
sivamente sull’esame descrittivo dei pezzi: «Il problema dipen- gli scavi al santuario pubblicata in occasione di una mostra:
de … dalla tradizione di studi antiquaria o storico artistica, in Satriano, pp. 49-52, tavv. 12-14.
8
Cfr. quanto sottolineato alla nota n. 2. ta all’utilizzo di matrici sporche, più che usurate. Ved. da ulti-
9
Per un’illustrazione sintetica della tecnica di fabbricazio- mo V. Barberis, Rappresentazioni di divinità e di devoti dal-
ne delle matrici, ved. da ultimo F. W. Hamdorf, Zur Technik l’area sacra urbana di Metaponto. La coroplastica votiva dalla
der Koroplastik. Einige Beobachtungen an Münchner Terrakotten, fine del VII all’inizio del V sec. a.C., Città di Castello 2004, p.
in Müller 1997, pp. 29-38, con bibl. precedente. 40, nota 35, con bibl.
10 12
Sulla tecnica di fabbricazione di questa particolare pro- Le argille impiegate nella fabbricazione dei fittili esami-
duzione coroplastica ved. da ultimo A. Müller, La technique nati sono state suddivise secondo i seguenti parametri:
des coroplathes de Tanagra. De l’artisanat local à une industrie - frattura: netta, abbastanza netta, irregolare;
«mondialisée», in Tanagra, pp. 169-185, con bibl. precedente. - durezza: duro, abbastanza duro;
11
Per quanto in letteratura si continui ad utilizzare la dici- - inclusi: bianco brillante (mica); bianco opaco (calcite); bruni
tura “matrice stanca”, alcuni studiosi hanno sottolineato come (chamotte); neri (chamotte);
la mancanza di freschezza dei dettagli sia probabilmente dovu- - gradi di grandezza degli inclusi: piccoli, medi, grandi.
LA COROPLASTICA 143
li e radi bianchi, medi e radi vacuoli allungati (argil- durata di decantazione dell’argilla e della cottura
la semidepurata); colore arancio intenso. determinano una serie innumerevole di sfumature
2. Frattura poco netta; polveroso; abbastanza di colore, anche all’interno dello stesso esemplare.
duro; inclusi radi e di medie dimensioni gialli, radi In generale si può notare che l’argilla semide-
rossi (argilla semidepurata); colore beige chiaro. purata si presenta molto più compatta e dura ri-
3. Frattura abbastanza netta; ruvida; duro; in- spetto a quella più chiara e depurata, friabile e
clusi numerosi bianchi lucenti (mica), radi neri, saponosa al tatto, caratterizzata da superfici lisce e
bruni e bianchi (argilla grezza); colore rosso bruno pareti sottili.
con nucleo grigio. Colore. Alcuni esemplari recano tracce di latte
4. Frattura abbastanza netta; ruvida; duro; in- di calce, materiale usato come ingubbiatura che ri-
clusi numerosi piccoli bianchi opachi, radi medi copriva la superficie delle terrecotte, sulla quale si
bruni, neri e bianchi opachi, radi piccoli bianchi dipingeva. Completamente scomparse le tracce di
lucenti (mica) (argilla grezza); colore arancio bruno policromia (in rarissimi casi si conservano tracce di
con nucleo grigio. colore rosso), ma – grazie all’osservazione della pro-
5. Frattura netta; polveroso; duro; inclusi radi, duzione coroplastica di altri contesti con cui è pos-
medi vacuoli allungati, radi piccoli bruni (argilla sibile stabilire dei confronti – sappiamo che la rosa
semidepurata); colore beige. dei colori documentata per la coroplastica
6. Frattura poco netta; polveroso; friabile; in- inquadrabile tra IV e I sec. a.C. era molto varia:
clusi radi bianchi lucenti (mica) (argilla semidepu- oltre al rosso, il blu, il bianco sovradipinto, il gial-
rata); colore beige chiarissimo. lo, l’azzurro13. Probabilmente l’utilizzo del colore
7. Frattura netta; polveroso; duro; inclusi radi serviva anche a rimediare all’utilizzo di matrici stan-
piccoli bianchi brillanti, radi e piccoli vacuoli ro- che, consentendo una maggiore caratterizzazione
tondi (argilla semidepurata); colore beige con nu- di particolari ormai scomparsi dalla matrice.
cleo grigio.
8. Frattura abbastanza netta; polveroso; abbastan- — Criteri di classificazione14
za duro; inclusi radi bianchi opachi, radi bruni opa- La classificazione delle terrecotte figurate prese in
chi (argilla semidepurata); colore arancio rosato. esame in questa sede si basa sulla individuazione
Naturalmente, le variazioni di temperatura, di dei prototipi15. La ricostruzione dei prototipi è sta-
13
Cfr. Scatozza Höricht 1987, p. 21. tipo metodologico, soffermandosi in particolare sulla mancanza
14
La classificazione delle terrecotte figurate non conosce di un vocabolario tecnico univoco in letteratura.
15
norme redazionali univoche: manca, ad oggi, omogeneità ed La classificazione delle terrecotte figurate si basa su due
uniformità nei criteri di classificazione adottati in questo cam- livelli convenzionali, definiti con i termini di «classe» e «grup-
po di studi, nonché un unico linguaggio formale e iconografico po». La «classe» distingue le terrecotte figurate dalle terrecot-
(per una revisione della letteratura archeologica inerente gli te architettoniche, sulla base della diversa funzione delle stes-
studi sulla coroplastica antica dai primi lavori a carattere se. Le «classi» accorpano dei «gruppi»: si intende per «grup-
meramente filologico e antiquario ai recenti studi basati sulla po» un insieme di «tipi»; con «tipi» si designano gli esemplari
classificazione tipologica, ved. J.P. Uhlenbrock, The Study of discendenti dallo stesso «prototipo». Il «prototipo» consiste
Ancient Greek Terracottas: A Historography of the Discipline, nel bozzetto plasmato a mano dal coroplasta, sul quale ven-
«BHarMus» I, 3, Spring 1993, pp. 7-27). Solo negli ultimi de- gono fabbricate a stampo le matrici per la produzione delle
cenni la letteratura archeologica ha prodotto una serie di lavo- terrecotte. Di conseguenza, si può affermare che esso costi-
ri, che costituiscono un tentativo di definizione dei criteri di tuisce «la parte portante del sistema di creazione e di produ-
classificazione del materiale coroplastico, allo scopo di fissare zione ed è al centro della classificazione stessa» (M. Bonghi
tipologie e vocabolario. Ved. in generale sull’argomento R.V. Iovino, Artigiani e botteghe nell’Italia preromana, Roma 1990,
Nicholls, Type, Group and Series: A Reconsideration of some cit. p. 32). Così, a proposito del “prototipo”, in Della Torre-
Coroplastic Fundamentals, «BSA» XLVII 1952, pp. 217-226; A. Ciaghi 1980, p. XIII: «l’entità primaria che possa esistere in
Bencze, Terres cuites votives de Tarente: Proposition de méthode, forma indipendente nel complesso di questo materiale, cioè
in «Bulletin du Musée Hongrois des Beaux-Arts» XCIV 2001, l’entità archeologica elementare». La parola «tipo» sembra
pp. 41-64, in cui l’Autore affronta numerose problematiche di ancora suscettibile di uso improprio, in quanto l’antica paro-
la τυ´πος, che ha il significato tecnico di “matrice”, può esse- dell’argilla. Infatti, l’esemplare fittile è sottoposto prima ad
re adoperata anche per indicare il modello sul quale era stata essiccamento, durante il quale avviene il ritiro in crudo, ovve-
fabbricata la matrice. In quest’ultimo caso si possono consi- ro l’eliminazione dell’acqua contenuta nell’argilla mediante eva-
derare appartenenti allo stesso «tipo» tutti gli esemplari da porazione; successivamente, in fase di cottura, si verifica il riti-
esso derivati, comprese le matrici, altrimenti indicati col ter- ro in cotto dovuto alla combustione delle sostanze organiche
mine di «serie» (cfr. G. Rizza, Il Santuario sull’acropoli di dell’argilla. Il coefficiente medio di restringimento dell’argilla
Gortina I, Roma 1968, p. 155; Gatti Lo Guzzo 1978). La «se- per ogni cottura è stato calcolata del 9,4% in rapporto alla sua
rie» corrisponde dunque all’insieme degli esemplari (matrici, altezza (cfr. E. Jastrow, Abformung und Typenwadel in der
repliche) «qui dérivent mécaniquement du même prototipe et antiken Tonplastik, «OA» II 1941, p. 1 sg.), anche se va sottoli-
cosituent ainsi les differentes occurrences matérielles d’un neato che la contrazione del volume può dipendere, nel ritiro
type» (A. Müller, Description et analyse des productions moulées. in crudo, dalla finezza dell’impasto e dalla presenza di
Proposition de lexique multilingue, suggestions de méthode, in digrassante, mentre nel ritiro in cotto varia a seconda della tem-
Müller 1997, p. 541). peratura (cfr. Cuomo di Caprio 1985). Alla luce di questi dati
16
La “varianti” sono delle aggiunte apportate al pezzo pri- inerenti la tecnica di fabbricazione delle statuette in terracot-
ma della cottura (una base; un polos; orecchini, etc.), che costi- ta, si deduce che, poiché nuove matrici potevano essere fabbri-
tuiscono una deroga dagli elementi che consentono la defini- cate su repliche e varianti, esse rappresentano, rispetto a quelle
zione di un tipo. realizzate direttamente sul “bozzetto”, matrici di II generazio-
17
L’attribuzione delle terrecotte a differenti generazioni di ne, e le repliche fabbricate da queste matrici sono cosiddette di
matrici dipende da fattori di carattere tecnico. Le dimensioni seconda derivazione (e così via). L’attribuzione di una terra-
dell’esemplare realizzato mediante matrice risultano inferiori cotta ad una determinata generazione di matrice viene effet-
all’originale (ovvero al bozzetto o archetipo su cui era stata tuata mediante misurazioni standard (ad esempio distanza fron-
fabbricata la matrice), a causa della contrazione del volume te-mento, distanza fra gli angoli esterni degli occhi etc.) su
LA COROPLASTICA 145
10
In base a questa classificazione, ogni esemplare classificabili gli esemplari troppo frammentari ed
sarà contraddistinto da una sigla, che risulterà infor- abrasi o i frammenti che corrispondevano ad una
mativa degli elementi fondamentali per l’identifica- parte della terracotta non indicativa del tipo. I fram-
zione di ciascun reperto: categoria; gruppo tipologico menti che, pur non attribuibili a tipi precisi, pos-
di appartenenza; tipo o modello di base sul quale era sono comunque essere riferiti a gruppi tipologici o
stata fabbricata la matrice del pezzo; eventuali va- anche categorie di appartenenza, sono stati conteg-
rianti di uno stesso tipo; eventuali generazioni di giati e i dati ad essi relativi sono stati presentati in
matrici; numero progressivo dell’esemplare. schematiche tabelle18. I frammenti leggibili, per i
Si è convenuto di trattare in una sezione a parte quali non è stato possibile ricostruire il tipo com-
le teste (intere o frammentarie) non attribuibili a pleto ma che presentavano caratteristiche peculiari
tipi di corpi. Non ne è stata presentata classifica- (ad esempio attributi specifici), sono stati conside-
zione tipologica, pur essendo state discusse solo le rati tipi a sé stanti (cfr. ad esempio il tipo stante
più probabili ipotesi di attribuzione a dei tipi. con tympanon). Infine, gli esemplari frammentari
Sotto la denominazione Varia si presentano al- che – pur non attribuibili a dei tipi – presentano
cuni tipi coroplastici limitati a pochissimi esempla- caratteristiche peculiari e un discreto stato di con-
ri, che si allontanano dall’insieme omogeneo dei servazione, sono stati inseriti all’interno del catalo-
fittili provenienti dall’area sacra. go segnalati con la sigla fr.
La corposa quantità del materiale ha reso neces- Per quanto concerne l’ampia serie di frustuli che,
saria – nella presentazione delle terrecotte – una per questioni di stato di conservazione, risultano
selezione in base alla quale sono stati inseriti nella illeggibili e pertanto non attribuibili a gruppo
classificazione solo i fittili ascrivibili con sicurezza tipologico o categoria, se ne forniscono solo i dati
a dei tipi, mentre sono stati considerati non quantitativi.
statuette appartenenti al medesimo tipo (cfr. M. Bonghi Iovino, so, infatti, l’unico criterio è lo stato di conservazione dell’esem-
Capua Preromana, I. Terrecotte votive, Firenze 1965, pp. 1-17). plare. Secondo l’Autore, invece, «Il faut en fait, me semble-t-il,
18
A giusta ragione A. Müller (La coroplathie: un travail de refuser le hasard de l’état de conservation et traiter obliga-
petite fille? Les figurines de terre cuite, de l’atelier à la publication: toirement la totalité des fragments recueillis, sans choix préa-
questions de méthode, «RevArch» II 1994, p. 178) sottolinea che lable, et imaginer en conséquence d’autre formes de publication,
difficilmente nelle edizioni di materiale coroplastico sono qui permettent de rendre compte de l’ensemble de façon
espressi i criteri di selezione dei pezzi inseriti in catalogo; spes- rationelle».
19
Higgins 1954, p. 357; 1967, p. 21, fig. 10. Questa ico- versione evoluta che divenne estremamente popolare (Higgins
nografia è nota come “pestana” per gli innumerevoli esemplari 1967, tav. XLe).
21
rinvenuti in territorio poseidoniate sia nell’Heraion urbano che Anche D. Adamesteanu (Gela. Ritrovamenti vari, «NSc»
in quello extraurbano alla foce del Sele. Il nome “pestana” è X 1956, p. 224, fig. 2) ha sottolineato la derivazione ionica del
dovuto in primo lugo al fatto che questa produzione è forte- «Blockstil» comune a queste statuette e alla grande statuaria
mente distintiva dell’artigianato pestano di età classica. Ved. milesia e samia.
22
Miller Ammermann 2002, p. 104. G. Greco, La coroplastica, in Poseidonia e i Lucani, pp.
20
L’invenzione del tipo è stata in un primo momento at- 272-274.
23
tribuita agli ateliers di Rodi (Blinkenberg 1931, coll. 530-532; Il kolpos, cioè una piega del chitone che sembra quasi
L. Quarles van Ufford, Les terres cuites siciliennes, Assen 1941, l’orlo di un «grembiule» indossato dalla figura al di sopra della
p. 44), ipotesi contestata in favore di altri centri della Ionia veste, è presente – come fa notare G. Greco (Fratte, p. 107) –
meridionale. È stato infatti sottolineato (cfr. L. Faedo, Contri- anche in ambito siceliota (F. Giudice, La stipe di Persephone a
buto allo studio della coroplastica selinuntina, «ArchCl» XXII Camarina, «MonAnt» XLIX 1979, pp. 281-355).
24
1970, p. 25 sg.) il legame con la grande statuaria che fa capo a Zancani Montuoro-Zanotti Bianco 1937, p. 219; G.
Mileto, in particolare col gruppo dei Branchidi di Mileto (P. Greco, Heraion di foce Sele. La classificazione dei materiali, in I.
Orsi, Megara Hyblea, storia-topografia-necropoli e anathema, Gallo (a cura di), Momenti di Storia salernitana nell’antichità
«MonAnt» I 1881, col. 930, tav. VII, 3) e con la statuaria di (Atti del Convegno Nazionale AICC di Salerno-Fisciano, 12-
Samo (si pensi alla statua di Phileia del gruppo di Geneleos di 13 novembre 1988), Napoli 1988, pp. 49-66.
25
Samo, secondo quarto del VI sec. a.C., in E. Buschor, Cipriani 1989, pp. 110-111, tav. 19.
26
Altsamische Standbilder, Berlin 1930, p. 26). Questa iconografia Fratte, p. 106 sg., figg. 165-167.
27
fu successivamente assimilata in ambiente attico di età severa Bailo Modesti 1984, p. 217, fig. 21.
28
(si pensi all’Atena seduta attica datata al 500 a.C.: Higgins 1967, Levi 1926, p. 91.
29
tav. XXIX) e fu prodotta in serie dalla fine del V secolo in una Della Torre-Ciaghi 1980, p. 13, tav. III,1.
LA COROPLASTICA 147
ma originario con la phiale mesonfalica tenuta in come attributi la phiale e il canestro di frutti. I tipi
grembo con la mano destra)30, la Valle del Noce (dal- II e III, riconducibili a prototipi cronologicamente
la cui area sacra provengono frammenti di statuetta successivi al I tipo, rappresentano delle varianti più
di dea in trono con phiale e melagrana di prove- evolute del modello pestano quale è noto alla fine
nienza pestana)31. Lo stesso schema ritorna poi an- del V sec. a.C. (quando è invece in voga il I tipo,
che in aree interne della Lucania, come a Ruoti32 e che è quello più vicino agli schemi originari di que-
sulla costa ionica, come ad esempio a Metaponto33. sta iconografia).
La grande diffusione del soggetto, nonché l’am- Il primo tipo (A.11I), che è il più diffuso in am-
pio arco cronologico in cui viene prodotto questo bito poseidoniate a partire dalla fine del V sec. a.C.,
tipo, fa sì che gli ambiti culturali che lo hanno assi- presenta tutte le caratteristiche peculiari
milato abbiano rielaborato l’iconografia adattandola dell’iconografia originaria: seduta su un trono dal
alle proprie specifiche esigenze cultuali (si pensi – ad basso suppedaneo, la dea regge la phiale ombelicata
esempio – a Fratte). La diffusione che questa nella mano destra ed un canestro ricolmo di frutti
iconografia ebbe nel mondo antico si può spiegare, nella sinistra. Il volto si presenta ovale, con naso
infatti, oltre che con la grande fama che il culto di prominente; i capelli, leggermente ondulati, scen-
Era poseidoniate ebbe in tutta l’Italia meridionale, dono in due masse distinte e rigide ai lati del collo;
con il valore universale dell’immagine, che poteva sul capo è un basso polos leggermente svasato; alle
adattarsi – come si è detto – a diversi tipi di culto34. orecchie orecchini a disco. La dea veste un chitone
La presenza di questo soggetto figurativo atte- con kolpos e apoptygma: il kolpos si trova poco al di
stato in numerosissimi esemplari nell’ambito del sotto delle ginocchia, mentre l’apoptygma forma sul
santuario di Torre Satriano testimonia quindi il forte petto una piega dalla caratteristica forma ad omega;
legame di questo sito con gli ateliers pestani. Come numerose pieghe a forma di U rendono il volume e
è stato già sottolineato, sembra probabile che dopo la distanza fra le ginocchia; un mantello, che le scen-
aver acquistato matrici, prototipi o prodotti finiti de ai lati del capo coprendo le spalle, forma piccole
dalle botteghe pestane sia iniziata una produzione pieghe sinuose lungo le braccia36.
locale destinata a soddisfare le esigenze dei fedeli Ugualmente diffuso in ambito tirrenico37, il se-
frequentatori del santuario. condo tipo (A.11II) viene elaborato dagli ateliers
I tipi attestati nel santuario di Torre di Satriano pestani nell’ultimo terzo del V sec. a.C. e presenta,
appartengono a tre diverse mold series di produzio- sia nella resa del volto che in quella della veste in-
ne pestana35, derivanti dallo stesso modello recante dossata dalla dea, variazioni stilistiche attribuibili
30 36
Rainini 1976, p. 400 sg, fig. 45. Per il tipo ved. Mollard Besques 1954, tav. C, n. 575; tav.
31
Bottini P. 1988, p. 46, tav. XXI, n. 4. CI, n. 584; Breitenstein 1941, tav. 52, nn. 418, 421. Innumere-
32
Fabbricotti 1979, p. 198, fig. 126. voli le attestazioni: ved. Fabbricotti 1979, p. 370, n. 198;
33
G. Postrioti, La stipe votiva del tempio “E” di Metaponto, Poseidonia e i Lucani, p. 276, n. 263.
37
Roma 1996, tav. 16. Sebbene la mold series cui appartiene il secondo tipo di
34
Ardovino1986, pp. 154-155. dea in trono attestato a Torre di Satriano presenti, rispetto alla
35
Per un quadro complessivo dell’attività degli ateliers precedente dalle chiare reminiscenze arcaiche, un «more
coroplastici pestani, ved. Miller Ammermann 2002, p. 103 fashionably up-to-date appearance» (Miller Ammermann 2002,
sg. La studiosa, in particolare, sottolinea che «The vitality of p. 106), essa non conobbe una diffusione così ampia come quella
the Pestan coroplasts is demonstrated first by the number of attestata per la prima mold series. A parte i pochi esemplari
different mold series created to portray the enthroned goddess, rinvenuti in ambito pestano (per l’Heraion alla foce del Sele
and second by the often complicated (if not sometimes cfr. Zancani Montuoro-Zanotti Bianco 1937, p. 222, fig. 7; per
ingenious) manipulation of mold series to multiply and vary il santuario di S. Venera, cfr. Miller Ammermann 2002, tav.
with great efficiency the number of different images that a XXVIII, nn. 1684, 1686), si segnalano varianti del tipo a
single workshop could produce» (Miller Ammermann 2002, Roccagloriosa (Cipriani 1990, pp. 109, 115, fig. 115, nn. V2-
p. 104). V3; Fracchia 1990, pp. 215-216, tav. 84.1).
38 39
Miller Ammermann 2002, p. 106. Miller Ammermann 2002, p. 107, tavv. XXX-XXXI.
LA COROPLASTICA 149
5,9; largh 2,9; h 1,4; distanza fronte-mento 2,8. Saggio I, regge la phiale; imp8; h 6,7; largh 5,9. Saggio I, US 5. Inv.
US 146. Inv. 407598. 407608.
A.11 Ib11 A.11 I21
Testina di dea in trono. Frammento di dea in trono.
Si conserva la capigliatura e la parte centrale del polos; Si conserva il canestro di frutti. Superficie fortemente
imp6; h 4,4; largh 3,7; h polos 1,4; distanza fronte-mento abrasa; imp3; h 7,3; largh 5,8. Saggio I, US 10. Inv. 407609.
2,8. Saggio I, US 182=189. Inv. 407599. A.11 I22
A.11 Ib12 Frammento di dea in trono.
Testina di dea in trono. Si conserva il canestro di frutti e parte del panneggio;
Tagliata al collo. Traccia della spalliera del trono al lato imp1; h 9,7; largh 6,1. Saggio I, US 10. Inv. 407610.
sinistro della testina. Profonda scheggiatura sul volto; A.11 I23
imp4; h 5,4; largh 5,5; h polos 1,5; distanza fronte-mento Frammento di dea in trono.
2,8. Saggio I, US 187. Inv. 407600. Si conserva il grembo della figura e la mano destra che
A.11 Ib13 regge la phiale; imp3; h 5,7; largh 5,6. Saggio I, US 119.
Testina di dea in trono. Inv. 407611.
Si conservano capigliatura e polos; imp6; h 2,8; largh 4,4; A.11 I24
h polos 1,5; distanza fronte-mento 2,8. Saggio I, US 187. Frammento di dea in trono.
Inv. 407601. Si conserva la mano con canestro di frutti; imp8; h 2,9;
A.11 Ib14 largh 3. Saggio I, US 119. Inv. 407612.
Testa di dea in trono. A.11 I25
Tagliata alla gola. Mutila del lato destro della capigliatu- Frammento di dea in trono.
ra e del polos; imp6; h 5,3; largh 3,7; h polos 1,2; distanza Si conserva il canestro di frutti; imp3; h 3,2; largh 2,9.
fronte-mento 2,8. Saggio I, US 187. Inv. 407602. Saggio I, US 119. Inv. 407613.
A.11 Ib15 (tav. IV, n. 4) A.11 I26
Frammento di dea in trono. Frammento di dea in trono.
Ricomposto di due frammenti. Si conservano il busto e Si conserva il canestro di frutti; imp1; h 3,5; largh 4,1.
le gambe della figura; imp4; h 10,6; largh 7,4. Saggio I, Saggio I, US 146. Inv. 407614.
US 187. Inv. 407603. A.11 I27
A.11 Ib16 Frammento di dea in trono.
Testa di dea in trono. Si conserva il grembo della figura e la mano destra che
Si conserva il polos, la capigliatura, la fronte e l’occhio regge la phiale. Tracce di latte di calce; imp3; h 6,7; largh
destro; imp8; h 4,1; largh 3,9; distanza fronte-mento 2,8. 4,6. Saggio I, US 119. Inv. 407615.
Saggio I, US 254. inv. 407604. A.11 I28
A.11 Ib17 Frammento di dea in trono.
Testa di dea in trono. Si conserva il braccio e la mano destra che regge la phiale;
Tagliata alla gola. Frattura lungo il lato destro del volto. imp1; h 5,3; largh 4. Saggio I, US 119. Inv. 407616.
Superficie fortemente abrasa; imp8; h 5,2; largh 3,6; h A.11 I29
polos 1,6; distanza fronte-mento 2,8. Saggio I, US 267. Frammento di dea in trono.
Inv. 40605. Si conserva il braccio e la mano destra che regge la phiale;
A.11 Ib18 imp8; h 10,5; largh 4,3. Saggio I, US 119. Inv. 407617.
Testa di dea in trono. A.11 I30
Tagliata alla gola. Frattura lungo il lato destro del volto. Frammento di dea in trono.
Superficie fortemente abrasa; imp5; h 5,5; largh 3,5; h Si conserva il braccio e la mano destra che regge la phiale;
polos 1,6; h polos 1,5; h fronte-mento 2,8. Saggio I, US imp8; h 5,4; largh 3,7. Saggio I, US 119. Inv. 407618.
267. Inv. 407606. A.11 I31
A.11 Ib19 Frammento di dea in trono.
Testa di dea in trono. Si conserva la phiale, scheggiata lungo il bordo. Tracce di
Si conserva la parte anteriore del polos, la capigliatura e latte di calce; imp5; h 4,5; largh 2,8. Saggio I, US 119.
la fronte; imp8; h 3,6; largh 2,9; h polos 1,4; distanza Inv. 407619.
fronte-mento 2,8. Saggio II, US 475. Inv. 407607. A.11 I32
A.11 I20 Frammento di dea in trono.
Frammento di dea in trono. Si conserva la gamba sinistra tagliata alla caviglia e al di
Si conserva il grembo della figura e la mano destra che sopra del ginocchio, con kolpos in evidenza. Tracce di
LA COROPLASTICA 151
Ultimo terzo del V-IV sec. a.C. capo è un basso polos leggermente svasato; alle orecchie
È attestato in 8 esemplari frammentari. orecchini ad anello rilevato. Veste un chitone con kolpos
poco al di sotto delle ginocchia, le pieghe formate dal
A.11 II1 mantello lungo le braccia sono poco accentuate; sul pet-
Frammento di dea in trono. to una serie di pieghe a V sottolineano la scollatura del
Si conserva il busto della figura, tagliata al collo e all’al- chitone. Rigide le pieghe nella parte inferiore del chitone,
tezza delle ginocchia; mutila della metà destra; imp5; h che poco accentuano la distanza tra gambe e ginocchia.
7,7; largh 7,3. Saggio I, US 119. Inv. 407639. Matrice unica, cava.
A.11 II2 Fine del V sec. a.C.
Frammento di dea in trono. È attestato in dieci esemplari frammentari.
Si conserva il braccio sinistro piegato a reggere il cane-
stro di frutti; imp5; h 5,4; largh 4,6. SaggioI, US 119. A.11 III1
Inv. 407640. Testina di dea in trono.
A.11 II3 Tagliata alla gola. Mutila della parte destra del volto;
Frammento di dea in trono. imp2; h 6,1; largh 4,3; h polos 1,4. Saggio I, US 5. Inv.
Si conserva il canestro di frutti. Superficie fortemente 407647.
abrasa; imp6; h 2,8; largh 2,5. Saggio I, US 119. Inv. A.11 III2
407641. Frammento di dea in trono.
A.11 II4 Si conserva il canesto di frutti e parte del panneggio;
Frammento di dea in trono. imp1; h 4,4; largh 2,6. Saggio I, US 55. Inv. 407648.
Si conservano le gambe tagliate al di sopra del ginocchio A.11 III3 (tav. V, n. 7)
con kolpos a metà gamba; imp5; h 4,4; largh 4,1. Saggio Frammento di dea in trono.
I, US 119. Inv. 407642. Si conserva la mano sinistra con canestro di frutti; imp3;
A.11 II5 h 3,2; largh 3,3. Saggio I, US 71. Inv. 407649.
Frammento di dea in trono. A.11 III4 (tav. V, n. 8)
Si conserva il canestro di frutti. Superficie fortemente Testa di dea in trono.
abrasa; imp6; h 3,6; largh 4,8. Saggio II, US 143. Inv. Tagliata alla gola. Mutila della parte sinistra della capi-
407643. gliatura e del polos. Scheggiatura sulla parte superiore
A.11 II6 del naso; imp1; h 5,6; largh 4,3; h polos 1,2. Saggio I, US
Frammento di dea in trono. 155. Inv. 407650.
Si conservano le gambe tagliate al di sopra del ginocchio A.11 III5
con kolpos a metà gamba; imp1; h 3,9; largh 3,3. Saggio Testa di dea in trono.
II, US 143. Inv. 407644. Tagliata alla gola. Ricomposta di tre frammenti.
A.11 II7 (tav. IV, n. 5) Scheggiatura al lato sinistro del polos; imp4; h 5,9; largh
Frammento di dea in trono. 5,2; distanza fronte-mento 2,6. Saggio I, US 182=189.
Si conserva la parte sinistra del busto con il canestro di Inv. 407651.
frutti; imp4; h 8,2; largh 6. Saggio I, US 188. Inv. 407645. A.11 III6
A.11 II8 (tav. IV, n. 6) Testa di dea in trono.
Testa di dea in trono. Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; imp2; h
Tagliata alla gola; imp5; h 6,2; largh 4,8; h polos 1,4; h 2,8; largh 4,4; h polos 1,5. Saggio I, US 187. Inv. 407652.
fronte-mento 2,7. Saggio II, US 257. Inv. 407646. A.11 III7
Testa di dea in trono.
A.11 III: Statuetta femminile assisa con phiale e cane- Tagliata alla gola. Profonda scheggiatura al lato sinistro
stro di frutti della testa; imp2; h 5,4; largh 3,9; distanza fronte-mento
La figura è seduta su un trono dal basso suppedaneo, 2,6. Saggio I, US 251. Inv. 407653.
con il montante laterale incrociato con la traversa supe- A.11 III8
riore. Regge la phiale ombelicata nella mano destra ed Frammento di dea in trono.
un canestro ricolmo di frutti nella sinistra. Il canestro di Si conserva la mano sinistra che regge il canestro di frut-
frutti è più piccolo, con il cumulo dei frutti più alto. Il ti; imp3; h 3,8; largh 3,7. Saggio I, US 267. Inv. 407654.
volto è largo, con mento paffuto; i particolari del volto A.11 III9
sono molto marcati, in particolare le palpebre; il naso è Frammento di dea in trono.
prominente. I capelli, scriminati al centro della fronte, Si conserva la parte sinistra del busto con canestro di
vengono resi a sottili ciocche leggermente ondulate; sul frutti. Visibile parte della spalliera del trono; imp3; h
40
L’attribuzione alle due diverse generazioni di matrici è lagonegrese, p. 46, tav. 21.4).
43
stata effettuata – per le teste – misurando la distanza fronte- Per questa variante del tipo cfr. Winter 1903, p. 129, n. 7;
mento, per i frammenti pertinenti a corpi misurando (laddove Laumonier 1921, pp. 128-129, tav. 59, n. 2; Dewailly 1997, p.
possibile) la distanza tra i seni, tra lo scollo della veste e le 203, fig. 10; Cipriani 1990, p. 116, fig. 115, nn. V10-V13; Fracchia
pieghe del drappeggio sul busto, la lunghezza del kolpos. 1990, pp. 215-218, tav. 84, n. 3; Fracchia-Gualtieri 1993, pp. 116-
41
Il tipo è già noto a Satriano; cfr. Satriano, tav. 12. 120, figg. 79-80.
42 44
Per la diffusione del tipo in area tirrenica si vedano, a Miller Ammermann 2002, p. 108.
45
titolo esemplificativo, gli esemplari rinvenuti all’Heraion di La ricostruzione del tipo si basa su confronti stilistici
Foce del Sele (G. Greco, La ripresa delle indagini allo Heraion con materiale edito in miglior stato di conservazione. Inoltre
di Foce del Sele, in Atti Taranto XXXII 1992, p. 256, tav. 53, n. un esemplare meglio conservato appartenente al tipo in que-
6); il santuario di Santa Venera (Miller Ammermann 2002, p. stione è stato già rinvenuto durante gli scavi condotti a Torre
108, tav. XXXIII, nn. 1796-1799); Pontecagnano, in tombe del- di Satriano da E. Greco (inv. n. 76922) (pubblicato in Satriano,
l’ultimo terzo del IV sec. a.C. (Bailo Modesti 1984, p. 223, fig. tav. 13). Non va esclusa l’attribuzione dei nostri pezzi a esem-
24); Palinuro (E. Greco, Velia e Palinuro: Problemi di topografia plari di kourotrophoi stanti, variante del tipo seduto, fabbricata
antica, «MEFRA» XXCVII 1975, pp. 106-107, fig. 51.g; 53.b); con la medesima matrice utilizzata per la testa del tipo seduto
Roccagloriosa (Cipriani 1990, fig. 115, V8-V9; H. Fracchia, M. (su questa pratica tipica degli ateliers pestani di IV sec. a.C.,
Gualtieri, The Social Context of Cult Practices in Pre-Roman cfr. Miller Ammermann 2002, p. 129). Le due testine di Satriano
Lucania, «AJA» XCIII 1989, pp. 226-229, figg. 8, 11; Fracchia sono state inserite nel gruppo delle figure femminili assise poi-
1990, pp. 215-218, tav. 84, nn. 3-4; M. Gualtieri, Roccagloriosa. ché mancano del tutto frammenti attribuibili con certezza a
Un antico centro Lucano sul Golfo di Policastro, Siracusa 1990, figure stanti del tipo della kourotrophos, mentre risultano nu-
pp. 74-75, fig. 54.b; Fracchia-Gualtieri 1993, pp. 116-120, figg. mericamente superiori i frammenti sicuramente attribuibili a
76, 79-80); Rivello, località Colla (Evidenza archeologica statuette di figure femminili sedute.
LA COROPLASTICA 153
centro della fronte46. sinistra è tenuta in grembo, completamente coperta
La nascita del prototipo risale alla fine del V sec. dall’himation. Spuntano dall’himation i piedi nudi ben
caratterizzati.
a.C., per essere prodotto durante tutto il IV sec. Matrice unica.
a.C.47 Fine V-IV sec. a.C.
Si individuano due diverse generazioni di matrici.
A.12I: statuetta con capo velato senza attributi È attestata in ventiquattro esemplari.
La figura è seduta su trono dal basso suppedaneo, com-
pletamente avvolta nell’himation che le ricopre anche il A.12IIa1 (tav. V, n. 10)
capo. Il velo è sollevato sulla cima della testa a formare Testina e busto di statuetta velata.
un’alta piega triangolare, ricadendo ai lati del collo e la- Tagliata a metà del busto. La linea di frattura sale diago-
sciando scoperta la capigliatura. Pettinatura bipartita al nalmente dal centro del busto verso destra e verso sini-
centro della fronte, resa a mo’ di due matasse indistinte. stra tagliando entrambe le braccia fino all’attaccatura delle
Volto largo e tondeggiante, fronte bassa, mento pieno. spalle; imp5; h 7,9; largh 5,1; distanza fronte-mento 2,2.
Orecchini globulari. L’himation crea un fitto gioco di pie- Saggio I, US 95. Inv. 407660.
ghe oblique sul busto e sulle gambe, inglobando i piedi. A.12IIa2 (tav. V, n. 12)
Matrice unica. Frammento di statuetta velata.
Prima metà del IV sec. a.C. Ricomposta di due frammenti. Si conserva la parte infe-
È attestata in tre esemplari frammentari. riore della figura; imp8; h 13; largh 8,1. Saggio I, US 117.
Inv. 407661.
A.12I1 (tav. V, n. 9) A.12IIa3
Testina velata. Testina velata.
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Reca un Tagliata al collo. La linea di frattura sale diagonalmente
foro di sospensione nella parte centrale della testa; imp5; dalla gola verso sinistra. Superficie fortemente abrasa;
h 3,9; largh 3,5; distanza fronte-mento 1,9. Saggio I, US imp5; h 4; largh 3; distanza fronte-mento 2,2. Saggio I,
117. Inv. 407657. US 119. Inv. 407662.
A.12I2 A.12IIa4
Testina velata. Testina velata.
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; imp5; h Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; imp8; h
3,7; largh 3,4; distanza fronte-mento 1,9. Saggio I, US 4,7; largh 2,7; distanza fronte-mento 2,2. Saggio I, US
186. Inv. 407658. 155. Inv. 407663.
A.12I3 A.12IIa5
Testina velata. Testina velata.
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Tracce di Tagliata al collo. Profonde crepe su tutta la superficie
latte di calce; imp5; h 3,8; largh 3,7; distanza fronte-mento del volto e del velo; imp8; h 3,9; largh 3,8; distanza fron-
1,9. Saggio I, US 268. Inv. 407659. te-mento 2,2. Saggio I, US 182=189. Inv. 407664.
A.12IIa6
A.12II: statuetta velata con phiale Testina di statuetta velata.
La figura è seduta su sedile o trono dal basso suppedaneo Tagliata al collo. La linea di frattura parte dalla base del
senza spalliera, completamente avvolta nell’himation, da collo e sale lungo il contorno sinistro del viso sino alla
cui spunta, poco al di sopra delle caviglie, un lembo di fronte. Superficie fortemente abrasa; imp5; h 3,9; largh
chitone reso a sottili pieghe tubolari parallele. Il volto, 2,3; distanza fronte-mento 2,2. Saggio I, US 186. Inv.
dalla forma allungata è caratterizzato da naso prominen- 407665.
te e palpebre rilevate; la capigliatura, lasciata scoperta A.12IIa7
dall’himation leggermente sollevato al di sopra della te- Testina velata.
sta, è scriminata al centro della fronte ed è resa a piccole Tagliata al collo. La linea di frattura parte dalla base del
matasse ovoidali. Reca nella mano destra una phiale, che collo e sale lungo il lato destro del capo. Profonda
è difficilmente individuabile negli esemplari di genera- scheggiatura sulla parte inferiore del volto e sulla parte
zioni più tarde o fabbricati con matrici stanche; la mano superiore della capigliatura e del velo. Superficie forte-
46
Per il tipo ved. Winter 1903, p. 146, n. 6; Mollard Besques XXXV, n. 1817.
47
1954, tav. C, nn. 577-578; Miller Ammermann 2002, tav. Miller Ammermann 2002, p. 130.
LA COROPLASTICA 155
A.13 – Statuette femminili assise con krobylos (tav. VI, Timmari50, Grumento51 e Chiaromonte52.
nn. 15-18) Simili al precedente sono le statuette riconduci-
Il terzo gruppo di statuette femminili assise com- bili al secondo tipo, attestato in due generazioni di
prende figure femminili con pettinatura a ciocche matrici (A.13II): il volto è più allungato, meno folta
ondulate raccolte in un grosso krobylos sulla som- la chioma, raccolta sulla cima del capo in uno
mità del capo. Si tratta di tipi di derivazione ta- chignon desinente a punta. Come si evince dall’esa-
rantina48 che si diffondono in area lucana tra il IV me degli esemplari integri provenienti da altri con-
e la prima metà del III sec. a.C., come attestano i testi, la figura stringe nella mano sinistra un attri-
numerosi ritrovamenti in contesti sacri quali quelli buto (un frutto, una phiale, un animale). Tipi simi-
di Metaponto, Herakleia, Timmari; Chiaromon- li sono attestati in tutta l’area lucana: Timmari53,
te-San Pasquale, San Brancato e Grumento in Val Metaponto54, Chiaromonte55, Sant’Arcangelo-San
d’Agri; Colla di Rivello nella valle del Noce. Brancato56, San Chirico Nuovo57, nella Valle del
A Torre di Satriano sono attestati tre tipi differen- Noce a Rivello-Colla58, Accettura59.
ti. Lo schema iconografico è il medesimo: la figura Le statuette riferibili al terzo tipo (A.13III) pre-
muliebre è assisa su trono, indossa chitone ed himation sentano caratteristiche simili a quelle dei due tipi di
da cui è completamente avvolta, stringe al petto con cui sopra, con la medesima struttura “a gradino” e
la mano destra i due lembi del mantello, tiene con la la rigida frontalità. Si distinguono, tuttavia, per l’ac-
sinistra un’offerta (un pomo, una phiale). Queste conciatura più elaborata, resa a sottili ciocche for-
statuette – destinate ad essere fissale su un supporto in temente ondulate che creano due masse rigonfie
materiale deperibile (legno) – presentano una caratte- sulle tempie, sormontata da un alto diadema stria-
ristica struttura “a gradino”49, che suggerisce la posi- to e krobylos globulare60.
zione seduta su di un trono o un sedile. Conservatasi in un solo frammento è un esem-
Il primo tipo (A.13I), in cui la figura femminile plare riconducibile ad un tipo di statuetta seduta
è rappresentata con una voluminosa pettinatura a recante fra le braccia un cigno (o un’oca) (A.13IV)61.
bande bipartite che ricoprono le tempie e le orec- Si tratta di una iconografia riconducibile, per la
chie, sormontata da un grande krobylos globulare, presenza dell’attributo, al mondo afrodisio. Con-
presenta il braccio sinistro adagiato in grembo, la fronti stringenti sono riscontrabili a Timmari, dove
mano destra portata al petto a chiudere l’himation. la figura reca nella sinistra il cigno, nella destra un
Numerosissimi sono i confronti istituibili con esem- tympanon62. Una iconografia simile è attestata a
plari provenienti da altri contesti dell’area lucana: Rossano (dove la figura reca sul capo il polos)63.
48 58
Higgins 1967, p. 126 sg.; Lo Porto 1991, p. 108. Per i tipi G. Greco, Zona sacra in località Colla, in Evidenza
che presentano questo schema iconografico ved. in generale archeologica lagonegrese, pp. 39-66, tav. XXII, n. 1.
59
Winter 1903, pp. 130-131; Breitenstein 1941, nn. 430-438; M. C. D’Anisi, Nuovi dati sui culti lucani: un deposito
Herdejürgen 1971, nn. 48-50; Iacobone 1988, p. 136, tav. 129 a. votivo inediti da Accettura, in Lo spazio del rito, pp. 165-179.
49 60
Per questa particolare struttura ved. Winter 1903, pp. Per il tipo ved. Winter 1903, p. 131, n. 1,d (da Ruvo);
130-131; Breitenstein 1941, nn. 430-438; Mollard Besques 1954, un confronto piuttosto stringente è con un esemplare pro-
tav. C, n. 607; Higgins 1954, n. 1305 sg. veniente da Timmari, che presenta approssimativamente le
50
Lo Porto 1991, tav. LII, n. 110. stesse dimensioni dei nostri pezzi (Lo Porto 1991, tav. LVI
51
Bottini P. 1997, p. 130, fig. 14. n. 128). Cfr., inoltre, varianti del tipo con cornucopia da
52
Barra Bagnasco 1996b, p. 219 sg.; p. 265, fig. 3.40.24; p. Timmari (Lo Porto 1991, tav. LV, n. 126), o con leprotto al
266, fig. 3.40.25; p. 267, fig. 3.40.14. posto della phiale da Taranto e Ruvo (Winter 1903, p. 130,
53
Lo Porto 1991, tav. XLVI, n. 72. nn. 1-2).
54 61
Letta 1971, tav. XXV, n. 3. Per il tipo ved. Breitenstein 1941, tav. 54, n. 439.
55 62
Il sacro e l’acqua, p. 24. Lo Porto 1991, tav. LI, n. 105; cfr. inoltre una matrice da
56
Barra Bagnasco 1996b, p. 265, n. 3.40.24. Herakleia in Adamesteanu 1974, p. 107.
57 63
Il Sacro e l’Acqua, p. 33. Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. V.
LA COROPLASTICA 157
Tagliata al collo. Scheggiatura sul lato sinistro del volto. chini globulari. Tiene in grembo, con la mano destra,
Superficie fortemente abrasa. Matrice unica. Tutto ton- una phiale ombelicata.
do, piena. Retro non caratterizzato; imp6; h 5,7; largh Seconda metà del IV sec. a.C.
2,8; distanza fronte-mento 2,7. Saggio II, US 465. Inv. Si individuano due diverse generazioni di matrici.
407697. È attestato in due esemplari frammentari.
A3IIb6
Testina con krobylos. A.13IIIa1 (tav. VI, n. 18)
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Matrice Testina con krobylos.
unica. Tutto tondo, piena. Retro non caratterizzato; imp7; Tagliata alla gola, lacunosa del krobylos. Scheggiatura sul
h 6,3; largh 2,9; distanza fronte-mento 2,1. Saggio I, US naso. Superficie abrasa. Matrice unica, tutto tondo, cava.
146. Inv. 407698. Retro plasmato sommariamente a mano; imp4; h 7,4;
A.13IIb7 largh 5; distanza fronte-mento 3,5. Saggio I, US 268. Inv.
Testina con krobylos. 407704.
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Matrice A.13IIIb2
unica. Tutto tondo, piena. Retro non caratterizzato; imp7; Testina con krobylos.
h 4,7; largh 2,7; distanza fronte-mento 2,1. Saggio II, US Tagliata al collo. Ricomposta di due frammenti. Profon-
465. Inv. 407699. da scheggiatura sulla fronte e sulla capigliatura. Superfi-
A.13II8 cie fortemente abrasa. Matrice unica, tutto tondo, cava.
Statuetta frammentaria con krobylos. Retro plasmato sommariamente a mano; imp2; h 8,9;
Si conserva parte del busto e del braccio sinistro. Matri- largh 5,6; distanza fronte-mento 2,7. Saggio II, US 465.
ce unica, cava, retro non caratterizzato; imp5; h 6,1; largh Inv. 407705.
5. Saggio I, US 95. Inv. 407700.
A3II9
Statuetta frammentaria con krobylos. A.13IV: statuetta assisa con cigno (tav. VI, n. 19)
Acefala, ricomposta di 11 frammenti e mutila della par- La figura è seduta su trono o sedile. Il braccio sinistro è
te inferiore. Superficie fortemente abrasa con scheggiature flesso a reggere in grembo un cigno dal collo sinuoso,
lungo le fratture. Non leggibili i particolari del panneggio. col becco rivolto verso l’esterno. Negli esemplari inte-
Matrice unica, cava, retro non caratterizzato. Foro sfia- gri la figura reca un altro attributo nella mano destra
tatoio circolare. Visibili i segni di ritocco a stecca lungo (una phiale o un tympanon?).
la linea di saldatura. Tracce di latte di calce; imp5; h 6,6; Seconda metà del IV sec. a.C.
largh 5,2. Saggio I, US 107. Inv. 407701. È attestato in un solo esemplare.
A.13II10
Statuetta frammentaria con krobylos. A.13IV1
Si conservano le gambe tagliate alle caviglie e appena Si conserva il braccio sinistro piegato, a reggere il volati-
sopra le ginocchia. Superficie fortemente abrasa. Matri- le; imp4; h 5,9; largh 2,8. Saggio I, US 119. Inv. 407706.
ce unica, cava, retro non caratterizzato; imp1; h 5,2; largh
3,9. Saggio I, US 119. Inv. 407702.
A.13II11 A.1fr Esemplari di statuette assise non ricondu-
Statuetta frammentaria con krobylos. cibili ad un tipo
Si conservano le gambe e i piedi affusolati che spuntano
dal panneggio. Superficie fortemente abrasa. Matrice A.1fr1: statuetta seduta completamente ammantata
unica, cava, retro non caratterizzato; imp1; h 5,2; largh (tav. VI, n. 20)
3,9. Saggio II, US 463. Inv. 407703. La figura è seduta su trono, reso invisibile sotto al pan-
neggio. Braccio sinistro lungo il corpo, poggiato sul brac-
ciolo del trono. Porta una collana resa a grossi vaghi
A.13III: statuetta assisa con phiale globulari ottenuti mediante profonde incisioni in un
La figura seduta indossa chitone ed himation da cui è cordone tubolare. L’himation, riccamente drappeggiato,
completamente avvolta. Presenta una struttura “a gradi- è avvolto attorno al busto da sinistra verso destra, in modo
no”, che suggerisce la posizione seduta su di un trono o che le pieghe formano una grossa V sul petto.
un sedile. Presenta una pettinatura a bande ondulate, in
alcuni punti quasi arricciate, sormontata da diadema stria- Acefala, mutila del braccio e della spalla destri, e della
to e krobylos globulare. Volto tondeggiante, palpebre ri- parte inferiore del corpo dalle ginocchia in giù; del retro
levate, naso a base larga, labbra serrate e sinuose. Orec- si conserva parte del lato sinistro. Matrice unica, tutto
64
Graepler 1994, p. 286, fig. 213. p. 527, tav. 97 nn. 2146-2147), nonché quelle della Magna
65
Numerosissimi sono i frammenti genericamente ricon- Grecia e della Sicilia (Letta 1971, p. 121; Iacobone 1988, pp.
ducibili al gruppo delle statuette femminili stanti, ma non 9-11, tavv. I-IV).
66
ascrivibili – per il loro grado di frammentarietà – a nessuno Adamesteanu-Mertens-D’Andria 1975, p. 164, fig. 26. 1.
67
dei tipi attestati. Questi frammenti potrebbero essere relativi Rainini 1976, p. 424, fig. 125.
68
a innumerevoli tipi di statuette panneggiate, che costituisco- Per la resa del panneggio cfr. Mollard Besques 1963b, tav.
no un gruppo ampiamente distribuito in tutto il mondo gre- 115 a, e.
69
co e magno-greco a partire dagli inizi del V sec. a.C., la cui Non va escluso possa trattarsi di una statuetta che regge
caratterizzazione particolare è demandata agli attributi reca- all’altezza del ventre un lembo dell’himation, tipo che deriva
ti. Si pensi – ad esempio – alle statuette con attributi vari da modelli tanagrini e si data al III sec. a.C. (cfr. Winter 1903,
provenienti da Attica, Beozia e Argolide (Mollard Besques p. 12, n. 3; p. 15, n. 7; p. 19, n. 6; e un esemplare da Delo in
1954, tav. 2 B2; tav. 10 B78; tav. 19 B150), da Corinto (A. N. Laumonier 1956, p. 110, tav. 27, n. 273). Esemplari affini ri-
Stillwell, Corinth XV, I, Princeton 1948, pp. 84-88, tavv. 14- troviamo a Pompei (D’Ambrosio 1984, p. 168, tav. XXXIX,
17), da Olinto (D.M. Robinson, Excavation at Olynthus, VII, n. 381, e a Carsoli (A. Cerdena, Carsoli. Scoperta di un deposito
Baltimora 1933, p. 157, tav. 19) e da Lindos (Blinkenberg 1931, votivo del III sec. a.C., «NSc» 1951, p. 221, fig. 23d).
LA COROPLASTICA 159
donna gravida70 (un esemplare di donna incinta è A.21II: offerente con chitone altocinto (tav. VI, n. 21)
già stato rinvenuto a Satriano, ma è inedito), come La figura indossa chitone altocinto che ricopre anche i
piedi e chlaina che crea due lunghe pieghe ai lati del cor-
l’atto di poggiare la mano sul ventre sta ad indicare. po fino all’altezza delle ginocchia. Porta la mano sini-
Esemplare unico e inedito è una figura femmi- stra sotto al seno a reggere un’offerta non identificabile.
nile (A.21IV) vestita di leggera tunica che mette in Gravita sulla gamba destra, gamba sinistra leggermente
risalto le forme del corpo, in veloce movimento flessa e portata in avanti. Negli esemplari integri il cor-
po appartenente a questo tipo è generalmente associato
verso destra. Più che una statuetta a tutto tondo, ad una testa con pettinatura a melone.
potrebbe essere quasi un bassorilievo o meglio III sec. a.C.
un’applique destinata ad essere poggiata contro un È attestato in un solo esemplare.
fondo di diverso colore. Il manufatto rappresenta
A.21II1
una fanciulla che stringe nella mano destra un dop- Mutila della parte superiore del corpo e della testa. Si
pio flauto71, mentre nella sinistra tiene una sorta di conserva parte del braccio e della mano sinistri. Matrice
“sacco” che sembra una sorta di bisaccia da viag- unica, tutto tondo, cava, retro non caratterizzato con foro
gio72, per la quale non sono stati trovati confronti sfiatatoio circolare; imp1; h 14; largh 8. Saggio I, US 47.
Inv. 407709.
né in coroplastica né in ceramografia. Sebbene non
ci siano elementi che la caratterizzano come danza-
trice, il movimento della figura verso destra, sotto- A.21III: figura femminile con mano sul ventre (tav.
lineato anche dall’agitazione del panneggio, potreb- VI, n. 23)
La figura, rigidamente frontale, porta la mano destra al
be far pensare ad un movimento di danza. La capi-
ventre. Gamba destra portante, gamba sinistra leggermen-
gliatura con alto chignon sul capo, la resa del te flessa e arretrata. Braccio sinistro leggermente flesso e
panneggio e i tratti minuti del volto consentono mano poggiata sul fianco. L’himation è avvolto attorno
una datazione su base stilistica tra la fine del IV e il al braccio sinistro e scende al lato fino ai piedi.
III sec. a.C.
III sec. a.C.
È attestato in un solo esemplare.
70
Cfr. le statuette di donne incinte del santuario di flautista non suona lo strumento ma lo stringe al petto in
Macchia di Rossano: Adamesteanu-Dilthey 1992, tavv. XI- Herdejürgen 1971, tav. 15, n. 41.
72
XII. Ved., ad esempio, il sacco appeso accanto ad un satiro
71
Le iconografie legate a questo attributo prevedono gene- seduto su una roccia mentre suona un doppio aulos su uno
ralmente che i personaggi suonino l’aulos. Non mancano le skyphos lucano a figure rosse in Museo Taranto III.1, p. 403, n.
eccezioni: ved., ad esempio, un esemplare tarantino in cui la 178.3 (anche in LCS 1967, p. 64, n. 313).
73
Il termine deriva dalla città beotica di Tanagra, in cui Besques, che, pur attribuendo ad Atene la nascita di alcuni
negli anni settanta del XIX secolo furono rinvenute centinaia tipi, considera anche la stessa Tanagra un importante centro di
di statuette di questo genere. Sugli scavi condotti a Tanagra e produzione, come dimostrerebbe il fatto che «de tout temps la
su questo tipo di produzione ved. in generale Kleiner 1984; R. Béotie a été un centre exportateur, mais le commerce des terres
Higgins, Tanagra and the Figurines, London 1986, pp. 118-161. cuites augmente dès les premières annés de l’époque
74
Cfr. Graepler 1994, pp. 282-299; M. Bell, Tanagras and hellénistique» (Mollard Besques 1963a, p. 73). L’ipotesi oggi
the Idea of Type, in Greek Terracottas of the Hellenistic world. maggiormente accettata vede Atene il centro creatore della
The Coroplast’s Art (june 1991), «BHarvMus» I 1993, p. 41: produzione, con una successiva diffusione in Beozia, dove
«They represent a distinct break with the coroplastic past, a Tanagra diviene effettivamente, nel corso del III sec. a.C., il
raising of the sight of the coroplasts to the level of those of più importante centro di produzione e diffusione dei tipi atti-
major artists. It is not that the coroplasts were imitating the ci mutuati da Atene e probabilmente essa stessa centro di
work of the sculptors, rather that they were now setting ideazione e creazione di tipi originali (Graepler 1997).
78
themselves similar problems in miniature». Sull’inquadramento storico di questa produzione ved. da
75
«“Tanagras” are, particularly at the biginning, tiny works ultimo, con bibl., V. Jeammet, La naissance des Tanagréennes.
of art, true pieces of miniature sculpture, not made for any Athènes au IV e siècle avant J. C. Origine et diffusion des
dedicatory purpose, but created for delight» (Thompson 1952, Tanagréennes, in Tanagra, pp. 120-152, in cui si sottolinea che
p. 130). «les Tanagréennes sont avant tout l’expression plastique de cette
76
J. C. Chesterman, Classical Terracotta Figures, London période de transition qu’est le IVe siècle en Grèce, qui voit
1974, p. 58 sg. mourir un ancien monde ancore centré sur la cité d’Athènes,
77
Sulle numerose ipotesi avanzate sull’origine di questa première puissance politique, économique et artistique, malgré
produzione, ved. D. Burr Thompson, The Origin of Tanagras, la ruineuse guerre du Pelopponnèse, pour passer sous le noveau
«AJA» LXX 1966, pp. 51-63, in cui la città di Atene è indivi- pouvoir du royaume macédonien» (p. 120).
79
duata come centro creatore; di parere diverso S. Mollard Diffusasi anche in Italia meridionale e in Sicilia, la pro-
LA COROPLASTICA 161
11
Non è ancora chiaro il significato di questi fittili, citare una forte influenza sulle produzioni fittili
che ritroviamo nei contesti più diversi: santuari, dei siti dell’interno sembra confermato dalla pro-
tombe, abitazioni private. A ciò si aggiunge la duzione di età ellenistica di Ruoti83 o Valle d’An-
genericità delle iconografie80, dovute a un fenome- santo84.
no di laicizzazione comune a tutte le espressioni
artistiche della società ellenistica, per cui – nel caso A.22 – Tipi tanagrini (esemplari integri e corpi)
specifico della coroplastica – le statuette votive per- Due esemplari (tipi A.22I e A.22II) – una statuetta
dono la specifica connotazione religiosa e non sono acefala e mutila della base e un’altra conservatasi
più caratterizzate da attributi specifici81. Va sottoli- integra – appartengono alla tipologia definita dal
neata, comunque, la ripresa di schemi iconografici Kleiner della Kleine Herculanenserin85, in quanto
mutuati dalla grande statuaria, per cui una parte ispirata al noto tipo statuario della Piccola Erco-
della produzione rappresenta delle divinità secon- lanese86. La creazione del tipo, che rientra tra i ge-
do schemi statuari noti. neri più diffusi di tanagrine ammantate, nell’am-
Le terrecotte del santuario di Torre di Satriano bito della produzione coroplastica si data alla fine
derivano da prototipi che vanno dalla fine del IV al del IV sec. a.C., ma viene riprodotto fino all’età
II sec. a.C. 82 e ricalcano schemi iconografici molto tardo-repubblicana87. Nella metà del III sec. a.C.
comuni, noti non solo in ambito magno-greco, ma si colloca la creazione del prototipo cui è ricondu-
in tutto il bacino del Mediterraneo. cibile la statuetta frammentaria (A.22I), che pre-
Va comunque sottolineata la vicinanza a sche- senta accurato trattamento del panneggio seppur
mi ampiamente attestati in area pestana, per cui ancora rigida e schematica è la figura rigidamente
è probabile che anche questi tipi di piena età frontale: ben modellata è la spessa piega dell’hi-
ellenistica, pur non essendo propriamente distin- mation, che dal gomito destro scende obliqua, ri-
tivi della produzione coroplastica pestana (come coprendola, fino alla mano sinistra, mentre dal
in età classica è stata la figura della dea in trono polso scendono le sottili piegoline dell’estremità
con phiale e canestro di frutti), siano giunti a dell’himation che avvolge la figura. Esemplari si-
Satriano attraverso la mediazione e il filtro della mili a questo di Torre di Satriano sono attestati in
tradizione artistica della colonia. D’altronde, che ambito pestano88.
l’artigianato coroplastico pestano continui a eser- La statuetta integra reca sul capo leggermente
83
duzione tanagrina vede i suoi principali centri di elaborazione Fabbricotti 1979, p. 369 sg.; p. 399 sg.
84
e diffusione a Taranto («where a series of rich burials from the Rainini 1976, p. 430 sg.
85
4th through the early 2nd century has revealed a coroplastic Kleiner 1942, pp. 105-108, tav. 14 b.
86
underworld populated by gods, demigods, and a variety of Si tratta di un originale attico di scuola prassitelica databile
mortals»: Bell 1990, p. 64) e Siracusa («The little-known all’incirca tra il 330 e il 310 a.C. L’archetipo del tipo è stato
terracottas of Syracuse, almost alla votives of more solemn identificato in alcuni rilievi tombali attici dell’ultimo venti-
character, can be seen today either through their reflections in cinquennio del IV sec. a.C. (B. Neutsch, Studien zur vorta-
the products of dependent workshops in outlying cities such nagräisch-attischen Koroplastik, «JdI» EH XVII 1952, pp. 31-
as Morgantina or Kentoripai (known today as Centuripe), or 34). Per la creazione del tipo nella grande statuaria ved. G.
in the few ambitious pieces that have been excavated in the Lippold, Die griechische Plastik, in Handbuch der Archäologie,
sanctuaries of metropolis»: Bell 1990, p. 64). III, 1, München 1960, p. 242, tav. 86; Ch. Picard, Manuel
80
Per quanto riguarda le iconografie attestate, il repertorio d’Archéologie grecque. La sculture, IV, 2, Paris 1963, p. 364, figg.
è piuttosto limitato e attinge agli atteggiamenti tipici della vita 159-160; L. Alscher, Griechische Plastik, IV, Hellenismus, Berlin
quotidiana o agli schemi della grande statuaria: il soggetto più 1957, p. 81 sg., fig. 26; p. 195, nota 130. Sul legame tra la gran-
comune è quello della donna drappeggiata, ma sono attestate de statuaria e la produzione di stile tanagrino ved. A. Pasquier,
anche immagini di fanciulli, nikai, danzatrici, etc. ved. Kleiner «Tanagréennes» et grande sculpture, in Tanagra, pp. 153-158.
87
1984. Kleiner 1942, p. 108; 1984, pp. 105, 265; Mollard Besques
81
Ved. da ultimo Lippolis 2003, pp. 272-275. 1972, p. 16, tav. 15 b.
82 88
Cfr., sul problema della cronologia, quanto sottolineato Si tratta di esemplari inediti provenienti dall’Heraion alla
alla nota 2. Ved. inoltre Miller Ammermann 2002, p. 145. foce del Sele e dall’area dell’Athenaion di Poseidonia (Cipriani
95
1994, p. 18, nn. 46-47), e di alcuni esemplari su base quadrata Per Tanagra ved. Winter 1903, p. 36, n. 5; per Myrina
da Postiglione (Cipriani 1994, tav. III, nn. 8-9). M.B. Huish, Greek Terracotta Statuettes, London 1900, tav.
89
La possibilità di assemblare corpi e teste di tipi differenti XLIV, n. 4; cfr., inoltre, Baroni-Casolo 1990, tavv. LXVIII, 1;
dà luogo, in età ellenistica, ad una grandissima varietà nella per Myrina E. Pottier, S. Reinach, La nécropole de Myrina, I,
produzione coroplastica. In riferimento al nostro esemplare, Paris 1887, p. 141, fig. 2, tav. XXV.
96
cfr., ad esempio, una statuetta di Fratte, in cui ad un corpo che Cipriani 1994, tav. IV, n. 13.
97
segue l’iconografia della Piccola Ercolanese è associata una Per il tipo cfr. Winter 1903, p. 17, n. 1.
98
testina con pettinatura a melone: Fratte, p. 114, n. 206. Per Capua ved. Baroni-Casolo 1990, tav. IX, 5; per Cuma
90
Mollard Besques 1963b, tav. 124 d (seconda metà del III ved. E. Gabrici, Cuma, «MonAnt» XXII 1913, tav. CXI, n. 2,
sec. a.C.); tav. 124 e-f (inizi del II sec. a.C.); tav. 125 a, d (metà col. 706; e Scatozza Höricht 1987, tav. XIV, n. 1; per Teano
del II sec. a.C.). ved. E. Gabrici, Necropoli ellenistica a Teano dei Sidicini,
91
Per Postiglione ved. Cipriani 1994, tav. IV, 16; per «MonAnt» XX 1910, fig. 60, col. 90.
99
l’Heraion alla foce del Sele ved. Dewailly 1997, p. 209, fig. 18, Per il tipo cfr. A. Cartault, Terres cuites grecques, photo-
inv. n. 94865; p. 210, fig. 19, inv. n. 94815. graphiées d’après les originaux des collections privéè de France et
92
Gatti Lo Guzzo 1978, tav. VI, tipo EVIa,1. Tra gli innu- des muséès d’Athènes, Paris 1890, pp. 29-30, tav. VIII, n. 1, Winter
merevoli esempi, cfr. alcune statuette che presentano lo stesso 1903, p. 26, n. 1; H B. Walters, Catalogue of Terracottas in the
schema provenienti da Pompei (D’Ambrosio 1984, p. 182, tav. Department of Greek and Roman Antiquities, British Museum,
XLIX, n. 434; D’Alessio 2001, pp. 68-69, tav. 13 c-d), e dalla London 1903, p. 210, XXVIII, C 255.
100
stipe del Belvedere a Lucera (M. C. D’Ercole, La stipe votiva Baroni-Casolo 1990, p. 116, tav. III, 4. Un tipo simile
del Belvedere a Lucera, Roma 1990, tav. 55 b-c). per il movimento e la posizione della mano sinistra protesa in
93
Lo Porto 1991, tav. LIX, n. 143. avanti a sollevare l’himation presenta invece il capo velato e si
94
Cfr. Winter 1903, p. 15, n. 7; Kleiner 1984, p. 133, tav. 30a. data al II sec. a.C.: Schmidt 1994, tav. 35, n. 177.
LA COROPLASTICA 163
avvicinabile a modelli di area beotica101 e micro- braccio sinistro. Quest’ultimo, leggermente flesso e av-
asiatica102, anche se tipi simili, ma non uguali, ritro- volto nelle pieghe dell’himation, ricade lungo il fianco.
Testa con cercine tubolare liscio applicato a crudo. Petti-
viamo nel Sannio103 e in Sicilia104. Molto simile è un natura scriminata al centro della fronte con crocchia sul-
capolavoro della coroplastica tarantina105, nonché la nuca. Volto rotondo. Orecchini a pasticca. Base qua-
alcuni esemplari provenienti dall’area pestana106. La drangolare.
creazione del tipo si data nel tardo III sec. a.C., e il Inizi del II sec. a.C.
È attestato in due esemplari.
nostro esemplare sembra potersi collocare
stilisticamente agli inizi del II sec. a.C.
A.22II1 (tav. VII, n. 26)
La statuetta con tympanon (il cui tipo non è Si conserva integra. Superficie fortemente abrasa: non
completamente ricostruibile data l’estrema fram- leggibili i particolari del volto. Matrice unica, tutto ton-
mentarietà del pezzi) tipo (A.22VIII) appartiene ad do, cava, retro non caratterizzato. Foro sfiatatoio circo-
lare sul retro; imp1; h 20,5; largh 6. Saggio II, US 394.
una tipologia nota e diffusa nel III sec. a.C. La po-
Inv. 407713.
sizione della gamba destra leggermente flessa del A.22II2
primo esemplare lascia ipotizzare si tratti di una Si conserva parte del busto; la linea di frattura sale diago-
figura stante, che grava sulla gamba sinistra e tiene nalmente fino alla spalla destra. Matrice unica, tutto ton-
do, cava, retro non caratterizzato. Tracce di latte di calce
il braccio destro abbandonato lungo il fianco a reg-
e di colore rosso; imp6; h 5,8; largh 5,2. Saggio I, US 95.
gere il tympanon, come si vede in un esemplare da Inv. 407714.
Capua, cui è associata una testina con ghirlanda di
foglie di edera107.
A.22III: statuetta panneggiata stante
A.22I: tanagrina del tipo “Piccola Ercolanese” Rigidamente frontale, insiste sulle due gambe e indossa
Veste chitone e himation, trattenuto al petto con la mano himation e chitone. L’himation avvolge completamente
destra. L’himation si tende sul braccio destro proteso al la figura lasciando scoperto, al di sotto delle ginocchia, il
collo e avvolge il braccio sinistro, che ricade lungo il chitone reso a pieghe tubolari parallele, che nella parte
fianco, formando una larga piega obliqua che dal gomi- inferiore sono leggermente svasate e si ispessiscono in
to sinistro arriva all’anca destra. maniera da formare la base di appoggio della figura. Il
Metà del III sec. a.C. braccio destro è semiflesso e proteso a sollevare, all’al-
È attestato in un solo esemplare. tezza della vita, il panneggio, formando una spessa piega
verticale che scende al di sotto delle ginocchia.
A.22I1 (tav. VII, n. 25) Primo quarto del III sec. a.C.
Acefala, mutila della base. Superficie fortemente abrasa. È attestato in un solo esemplare.
Matrice unica, tutto tondo, cava, retro non caratterizza-
to; imp6; h 20,5; largh 9,2. Saggio II, US 394. Inv. 407712. A.22III1 (tav. VII, n. 27)
Tagliata alla vita, lacunosa della parte inferiore sinistra
del panneggio. Matrice unica, tutto tondo, cava, retro
A.22II: tanagrina del tipo “Piccola Ercolanese” non caratterizzato; imp8; h 20,5; largh 10,6. Saggio II,
Veste chitone e himation. Il chitone è trattato a sottili US 394. Inv. 407715.
pieghe tubolari parallele, appena visibile sotto l’himation
che avvolge completamente la figura e trattenuto al pet- A.22IV: statuetta panneggiata stante
to con la mano destra, creando un gioco di pieghe che Indossa il chitone visibile all’altezza delle ginocchia sot-
scendono diagonalmente dalla spalla destra fino all’avam- to l’himation, che avvolge la figura coprendo il busto.
101 105
E. Paul, Tanagrafiguren aus den staatlichen Museen zu Graepler 1997, p. 122, fig. 92.
106
Berlin, Leipzig 1962, p. 33, tav 2. Cfr. l’esemplare da Postiglione in forme più rigide e
102
Ved. gli esemplari da Myrina in Winter 1903, p. 53, n. 6; schematiche in Cipriani 1994, p. 20 , tav. IV, n. 15, note 88-89.
107
Mollard Besques 1963b, p. 105, tav. 124 b. Della Torre-Ciaghi 1980, tav. XIII, n. 2. Numerosi sono
103
Sannio: Pentri e Frentani dal VI al I sec. a.C. (Catalogo i tipi ellenistici con tympanon. L’attributo è presente anche in
della Mostra, Isernia), Roma 1980, pp. 293-294, fig. 91.2. esemplari di statuette sedute attestate per esempio a Timmari
104
Kekulé 1884, p. 73, tav XXXIX, 4. (Lo Porto 1991, tav. LII, nn. 108-109).
LA COROPLASTICA 165
È attestato in due esemplari frammentari. variante posteriore rispetto all’originaria acconcia-
tura a 8 spicchi profondamente incisi114. Il volto,
A.22VIII1 (tav. VIII, n. 32)
Si conserva la gamba destra leggermente flessa con trac- dalle forme morbide, esprime, nell’inclinazione la-
ce del panneggio, e la mano destra che regge il tympanon; terale della testa, nella resa delle sopracciglia fina-
imp4; h 3,6; largh 3,5. Saggio I, US 266. Inv. 407723. lizzata a creare uno sguardo corrugato, nell’infos-
A.22VIII2 samento degli occhi, una sottile intonazione pate-
Si conserva mano destra con il tympanon; imp4; h 2,8;
largh 3,1. Saggio I, US 187. Inv. 407724. tica. Anche per questo tipo, a generiche corrispon-
denze con testine riconducibili a questo diffusissi-
A.2.22 – Tipi tanagrini (testine) (tavv. VIII-IX, nn. 33- mo modello iconografico115, si possono aggiunge-
38) re confronti istituibili con esemplari provenienti
Non numerosissime, le testine dello “stile di dall’area poseidoniate116, dato molto interessante
Tanagra” richiamano, al pari dei corpi rinvenuti, se pensiamo ancora una volta a Paestum come cen-
modelli molto diffusi in area greca e magno-greca, tro di irradiazione di modelli culturali che si dif-
talvolta con rifacimenti di carattere locale da attri- fusero in tutto il mondo campano, sannitico e
buirsi forse anche all’utilizzo di matrici difettose. lucano nel corso del IV e III sec. a.C. Ed è proba-
Due testine presentano l’acconciatura cosiddet- bile che anche questi tipi di piena età ellenistica,
ta “a melone”, resa a bande più o meno marcate, che rientrano in un’ampissima koiné stilistica, sia-
con o senza nodo sulla nuca108. no giunti a Satriano attraverso il filtro della tradi-
Il primo tipo (A.2.22I1)109, caratterizzato da un’ac- zione artistica pestana.
conciatura a 8 bande profondamente incise e largo Ugualmente diffuso117 è il tipo con cercine
nodo schiacciato sulla nuca, è tra i più diffusi della tubolare liscio118 lavorato a parte e aggiunto dopo il
serie110. Numerosi i confronti con l’area tirrenica, distacco dalla matrice (A.2.22III), che trova un con-
in particolare poseidoniate111. fronto stringente a Postiglione119. Il modello di que-
L’altra testina con acconciatura a melone112 sta testina è stato utilizzato anche nella realizzazio-
(A.2.22II1) si data stilisticamente alla metà III sec. ne della statuetta che ricalca lo schema della Picco-
a.C. per il particolare tipo di melonenfrisur113 a nu- la Ercolanese tipo (A.22II1).
merose bande poco marcate, che costituisce una Nell’arco cronologico del III sec. a.C. si data un
108 115
Kleiner data le prime attestazioni di questo tipo di ac- Laumonier 1921, tav. XIII, n. 24; Bell 1981, nn. 570, 588.
116
conciatura all’ultimo quarto del IV sec. a.C. (Kleiner 1942, p. Ved. gli esemplari dall’Heraion alla foce del Sele (Zancani
15). Montuoro-Zanotti Bianco 1937, p. 335, figg. 88-89); dal san-
109
Per il tipo cfr. Breitenstein 1941, p. 75, tav. 87, n. 717. tuario rurale di Postiglione (Cipriani 1994, tav. IV, n. 20); dal
110
Innumerevoli i confronti con esemplari simili da Ruoti santuario extra-urbano di Santa Venera (Miller Ammermann
(Fabbricotti 1979, p. 371, fr. 27, n. 212); Metaponto (Ada- 2002, tav. LXVII, nn. 2310, 2314).
117
mesteanu-Mertens-D’Andria 1975, p. 95, fig. 85 b); Capua (Ba- Oltre che in ambiente magno-greco, il tipo è diffuso
roni-Casolo 1990, tav. XXXIII, n. 6; tav. XXXV, n. 5; tav. anche in ambiente medio italico: ved. P. Mingazzini, Il Santua-
XLVII, n. 7); Morgantina (Bell 1981, nn. 550-551, 559). rio della dea Marica alle foci del Garigliano, «MonAnt» XXXVII
111
Miller Ammermann 2002, tav. LXVII, nn. 2316, 2323. 1938, col. 319, tav. XXVI, nn. 9-10; M. Torelli, I. Pohl, Veio.
112
Il tipo è già noto a Satriano (Satriano, tav. 13). Scoperta di un piccolo Santuario etrusco in località Campetti. La
113
Per il tipo cfr. Mollard Besques 1963b, n. 212 f. stipe votiva, «NSc» XXVII 1973, p. 258, fig. 145 F40; Comella
114
Secondo la D. B. Thompson, l’acconciatura a melone a 1978, tav. XIX, nn. 92-95.
118
numerose (da 10 a 18) e sottili bande poco marcate, che aderisco- Sulla tipologia del cercine, liscio o ombreggiato con
no alla testa a mo’ di copricapo o calotta, costituisce una variante puntini o lineette, ved. Thompson 1963, p. 44.
119
derivata da un più antico schema a poche bande (in genere 8) Cipriani 1994, tav. IV, n. 25. Cfr., inoltre, generici con-
profondamente incise. Questa variante compare ad Atene nel ter- fronti con esemplari dal santuario di Santa Venera (Miller
zo quarto del IV sec. a.C. sulle Muse della Base di Mantinea, per Ammermann 2002, tav. LXIV, n. 2171), dal santuario di Valle
poi diffondersi in Italia Meridionale (e in Asia Minore), dove di- D’Ansanto (Rainini 1976, p. 437, fig. 24, nn. 152-153; p. 438,
viene popolare dalla metà del III sec. a.C. (Thompson 1963, pp. fig. 25, n. 155) e da Capua (Baroni-Casolo 1990, tav. XLIX, nn.
37-39; Baroni-Casolo 1990, p. 101 sg., n. 31). 4, 5; tav. L, n. 2).
A.2.22I: testina con melonenfrisur e nodo sulla nuca A.2.22III1 (tav. IX, n. 35)
Pettinatura a 8 bande rese con profonde incisioni paral- Tagliata al collo. Mutila della parte sinistra del cercine.
120
Per uno studio di tale ornamento nella coroplastica, dalle per Santa Venera ved. Miller Ammermann 2002, tav. LXXI,
forme più semplici e basse (diffuse dalla metà del IV sec. a.C.), ai nn. 2380-2382.
124
diademi più alti, spesso con decorazione a rilievo (che si diffon- Cfr. Thompson 1952, pp. 116-164, tav. 36, n. 28;
dono dal III sec. a.C.), ved. Thompson 1963, pp. 49-50. Thompson 1963, tav. XXXVIII, nn. 170-172.
121 125
Per il tipo cfr. Breitenstein 1941, tav. 40, n. 352; Mollard Per il cercine decorato con punti a stecca cfr. una testina
Besques 1986, tav. 112, D 3942 b; D 3944 c; D 3946 f. da Postiglione in Cipriani 1994, tav. V, n. 32.
122 126
Cfr. gli esemplari da Capua in Baroni-Casolo 1990, tav. Cfr. quanto riportato alla nota 116.
127
XXXI, n. 8; tav. XXXII, n. 1; da Morgantina in Bell 1981, nn. Un esemplare appartenente allo stesso tipo ma in mi-
650, 652-653, 658-660, 665, 667-668, 670. glior stato di conservazione è già stato rinvenuto nel santuario
123
Per Ruoti ved. Fabbricotti 1979, p. 400, fig. 54 S90; per di Torre di Satriano (Satriano, tav. 13).
128
Postiglione ved. Cipriani 1994, tav. V, n. 38; per l’Heraion del Cipriani 1994, p. 25, tav. IV, nn. 27-28; Miller
Sele ved. Zancani Montuoro 1965-1966, pp. 69-70, tav. 14.c; Ammermann 2002, tav. LXV, nn. 2198-2229.
LA COROPLASTICA 167
Superficie fortemente abrasa. Matrice unica, tutto ton- con crocchia sulla nuca. Cercine tubolare applicato a
do, piena. Il retro non è caratterizzato e appare liscio e crudo. Orecchini a globetto. Volto ovale allungato, naso
tondeggiante per l’uso di matrice stanca; imp3; h 5,1; poco prominente e occhi distanziati, con palpebre mar-
largh 3,8; distanza fronte-mento 2,8. Saggio II, US 394. cate.
Inv. 407727. III sec. a.C.
Attestato in un solo esemplare.
A.2.22IV: testina con diadema o stephane
Pettinatura bipartita al centro della fronte resa a mo’ di A.2.22VI1 (tav. IX, n. 38)
due matasse indistinte che ricoprono le tempie. Diade- Tagliata al collo. Lacunosa dello chignon e del cercine,
ma semilunato. Volto ovale, fronte bassa, mento pieno, che si conserva solo in prossimità delle orecchie e dello
collo lungo, naso prominente. chignon. Superficie fortemente abrasa. Scheggiatura sul
III sec. a.C. naso, mento e sul retro della testa. Matrice unica, tutto
È attestato in un solo esemplare. tondo, cava, retro non caratterizzato; imp3; h 7,3; largh
5,9; profondità 4,8. Saggio II, US 417. Inv. 407730.
A.2.22IV1 (tav. IX, n. 36)
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa: illeggibili A.23 – Rappresentazioni di divinità (tavv. IX-X,
i particolari del volto. Sbeccatura all’angolo destro della
stephane. Matrice unica. Tutto tondo, piena, retro non
nn. 39-42)
caratterizzato. Tracce di latte di calce; imp8; h 6,8; largh Ad una nota iconografia di Afrodite si ricondu-
3,5. Saggio II, US 143. Inv. 407728. cono due esemplari (A.23I e A.23II) che derivano
dal ben noto tipo statuario di Afrodite stante in
A.2.22V: testina velata posizione di appoggio129, intorno al quale esiste
Pettinatura a bande con scriminatura centrale. Grossa
crocchia ovoidale sulla nuca. Il velo è poggiato sul capo un’annosa questione rimasta tuttora insoluta130.
in modo da aderire completamente alla testa ed è avvol- Questo tipo, di cui abbiamo decine di copie ro-
to attorno al collo coprendo appena il mento. Dal velo mane (le migliori al Louvre e a Napoli, oltre a un
spunta un diadema decorato da una fila di puntini a stec- torso da Tralles e da Smirne)131, risale alla grande
ca. Volto ovale e minuto.
Ultimo quarto del IV-inizi III sec. a.C.
statuaria di età classica ed è stato identificato dallo
È attestato in un solo esemplare. Schrader132 con l’opera più celebrata di Alkamenes,
l’“Afrodite en Kepois”133, a cui Fidia stesso si di-
A.2.22V1 (tav. IX, n. 37) ceva avesse posto mano134. Questo modello, che
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa: illeggibili
i particolari del volto. Matrice unica, tutto tondo, piena;
conosciamo nella duplice variante con e senza
imp6; h 4, largh 2,2; profondità 3,2. Saggio II, US 1. Inv. velo, è stato adottato nella piccola plastica in ter-
407729. racotta nel tardo IV sec. a.C. ed è un motivo ri-
corrente di età ellenistica (al pari della Cnidia e
dell’Afrodite che si allaccia il sandalo) fino alla
A.2.22VI: testina con cercine tubolare
Pettinatura resa a profonde incisioni oblique realizzate a fine del I sec. a.C. nel mondo greco135 e nella
crudo, originariamente bipartita al centro della fronte, Grecia d’Occidente, in ambito sia greco136 che
129 134
Per il tipo cfr. Mollard Besques 1986, tav. 3 D3342 b; Plinio, Nat. Hist. XXXVI, 16.
135
tav. 2 D 3340 f (quest’ultimo nella variante completamente Il modello è rielaborato in un rilievo proveniente da
nuda, con l’himation avvolto attorno alle braccia). Daphnì, che raffigura un dedicante davanti alla dea appoggiata
130
Cfr., da ultimo, A. Delivorrias, La statua di culto ad un albero (che si sostituisce al pilastrino). Posa e ritmo iden-
dell’Afrodite di Dafni, in E. La Rocca (a cura di) L’esperimento tici ritroviamo in una paragnatide di elmo a rilievo, di cui si ha
della perfezione. Arte e società nell’Atene di Pericle, Milano 1988, una forma fittile nel museo di Bonn; cfr. Schrader 1924, p.
pp. 258-279, con bibl. 208, fig. 191.
131 136
E. Langlotz, Antiken aus Rheinischen Museum. Winter 1903, pp. 95-96, 100, n. 4; Laumonier 1921, pp.
Exhibit in Rheinischers Landesmuseum Bonn, Cöln 1973, 163-164, tav. 83.3, n. 775; Mollard Besques 1986, p. 10, tav. 7,
p. 87 sg. D 23-D 24; Schürmann 1989, p. 195, tav. 116, n. 719; Pianu
132
Schrader 1924, pp. 185-191. 1990, tav. LXVI, n. 1 (esemplare da Eraclea di Lucania); Graepler
133
Pausania, I 19, 2. 1997, p. 127, fig. 106.
137
Tra gli innumerevoli esemplari che presentano il medesi- stanca, presenta anche un forte stato di abrasione; non va escluso
mo schema iconografico della nostra statuetta cfr. le terrecotte possa trattarsi di un’iconografia in cui la figura femminile si
tipologicamente affini rinvenute nel santuario di Valle d’Ansanto appoggia ad una colonnina e tiene in mano una maschera tea-
(Rainini 1976, p. 441, fig. 164: l’esemplare presenta uno schema trale (ved. ad esempio l’esemplare da Myrina in Winter 1903,
simile a quello di Satriano per la presenza del supporto, ma manca p. 87, n. 3).
142
la struttura chiastica della nostra statuetta); l’esemplare taranti- Nella grande statuaria, la rappresentazione di Afrodite
no da una tomba di Manduria (Palumbo 1986, tav. XVII); le appoggiata ad un’erma costituisce la rielaborazione ellenistica
numerose statuette provenienti da Grotta Caruso a Locri, pur del tipo dell’Urania fidiaca con il piede poggiato sulla tartaru-
se in numerose varianti (per lo più sono o completamente nude ga e il braccio appoggiato ad un’erma laterale (cfr. LIMC II,
o col panneggio stretto fra le gambe; con le gambe parallele o 1984, pp. 67-68, nn. 581-588 s.v. Aphrodite; Cumont 1923, pp.
con le gambe incrociate: F. Costabile, I ninfei di Locri Epizefiri, 31-43, tav. III).
143
Soveria Mannelli 1991, pp. 137 sgg.); le terrecotte dal santuario L’associazione ad erme itifalliche è attestata anche per
di Rossano di Vaglio (Adamesteanu-Dilthey 1992, p. 51; Monte altre figure: cfr. la statuetta di efebo vestito di clamide, appog-
Sannace, tav. 384, 1; tav. 384, n. 1, nn. 2-2 a. giato col gomito alla testa di un’erma barbata, che ha definiti
138
LIMC II, 1984, pp. 67-68, nn. 581-588 s.v. Aphrodite; solo i genitali da Myrina (Mollard Besques 1963a, p. 146, b).
144
Mollard Besques 1963a, tavv. 28-31. Altri esempi in B. Baudat, In ambito asiatico cfr. l’esemplare da Myrina raffiguran-
Terrecuites de l’Ecole Française d’Athènes, «BCH» LXXVII 1953, te Afrodite nuda che si appoggia, quasi cingendone la testa con
p. 19, tav. IX, n. 17. le mani, ad un’erma barbata di Dioniso, datata al I sec. a.C.
139
Comella 1978, pp. 26-27, tav. VII, n. 33; Pensabene et (Burn-Higgins 2001, tav. 49, n. 2276). Per il tipo appoggiato ad
alii 1980, tav. 17, nn. 52-54; H. Nagy, Votive Terracottas from erma femminile cfr. Winter 1903, p. 83, n. 1.
145
the «Vignaccia», Cerveteri in the Lowie Museum of Anthropology, Pensabene et alii 1980, tav. 17, n. 55.
146
Roma 1988, p. 53, IIA, p. 54, p. 179, IIA, tav. LIII, figg. 144- Ved. i numerosi esemplari attestati a Myrina e Asia Mi-
145; A Pautasso, Il deposito votivo presso la Porta Nord a Vulci, nore in Mollard Besques 1963a, p. 30, tav. 33 d; Winter 1903,
Roma 1994, tav. 30 c-D7. p. 84, n. 9; p. 85, n. 8; p. 88, n. 4.
140 147
Ved. Gatti Lo Guzzo 1978, p. 73, tav. 27 ECX, 1; Sebbene non si tratti di un confronto puntuale, il no-
Pensabene et alii 1980, tav. 6, nn. 18, 29; tav. 8, nn. 22-24 stro esemplare si avvicina molto ad una statuetta rinvenuta a
(Dioniso); tav. 9, nn. 25-27 (Apollo); tav. 10, nn. 29-30; tav. 11, Pompei, che veste un chitone altocinto con scollatura a V e
nn. 32-35 (Ermes). Cfr. inoltre Winter 1903, p. 346, n. 8; p. leggero mantello appoggiato sulla spalla sinistra, che ricade at-
355, n. 3 (Eros); p. 359, n. 7 (Ermafrodito). torno al braccio sinistro e attraversa obliquamente il corpo della
141
L’esemplare di Satriano, oltre che prodotto da matrice figura. D’Alessio 2001, tav. 18 c.
LA COROPLASTICA 169
di fittili quali i busti e i rilievi figurati. sottili pieghe oblique, svasandosi verso il basso a creare
una base di appoggio. Mano sinistra lungo il fianco. Ma-
A.23I: Afrodite appoggiata a pilastrino (tav. IX, n. 39) trice doppia, retro caratterizzato.
La figura si appoggia con il braccio sinistro ad un È attestato in un solo esemplare.
pilastrino, il braccio destro è flesso con la mano poggia-
ta sul fianco. La gamba destra è portante, quella sinistra A.23III1
è incrociata sulla destra. L’himation è avvolto attorno Si conserva la metà inferiore della figura. Superficie for-
alla vita a formare un cordone; il drappeggio è in rilievo temente abrasa; imp2; h 16,8; largh 9,3; Saggio II, US
lungo il lato sinistro della figura fino ai piedi. Piedi affu- 394. Inv. 407733.
solati che spuntano dall’himation. Basso plinto tondeg-
giante. Matrice unica, tutto tondo, cava, retro non carat- A.23IV: Afrodite con Erote sulla spalla (tav. X, n. 42)
terizzato, con foro sfiatatoio ovale al centro. Tracce ap- La figura indossa un morbido chitone altocinto, con Erote
pena visibili di latte di calce. sulla spalla sinistra rivolto di profilo verso la dea. Matrice
Fine IV-III sec. a.C. unica, tutto tondo, cava, con foro sfiatatoio circolare.
È attestata in un solo esemplare. Seconda metà del II sec. a.C.
È attestata in un solo esemplare.
A.23I1
Acefala. Superficie fortemente abrasa. Sbeccato il bordo A.23IV1
del retro della base; imp2; h 15,3; largh 5,4; h base 2,6; Ricomposta di due frammenti. Si conserva il busto della
profondità 3,9. Saggio I, US 77. Inv. 407731. figura acefala, con l’erote sulla spalla, e parte del retro.
Superficie fortemente abrasa. Numerose scheggiature
A.23II: Afrodite appoggiata a pilastrino (tav. IX, n. sulla superficie; imp2; h 6,5; largh 5,6. Saggio II, US 333.
40) Inv. 407734.
La figura si appoggia con il braccio destro a un pilastrino,
il braccio sinistro è piegato con la mano poggiata sul A.3 – Eroti
fianco. La gamba sinistra è portante, quella destra è in-
Nel santuario di Torre di Satriano è stata rinvenuta
crociata sull’altra. L’himation è avvolto attorno al brac-
cio sinistro e crea pieghe oblique ai lati della figura. Ma- una sola terracotta che ritrae Eros da solo, ma la
trice unica, tutto tondo, cava, retro non caratterizzato, figura del semidio è presente in busti e rilievi figu-
con foro sfiatatoio ovale al centro. rati come figura associata ad Afrodite.
Fine IV-III sec. a.C.
Statuette che ritraggono Eros in differenti pose
È attestata in un solo esemplare.
ed iconografie cominciano ad essere fabbricate nel-
A.23II1 l’ambito del Mediterraneo dal IV sec. a.C. in poi,
Acefala. Mutila della base. Superficie fortemente abrasa. quando il ruolo e la funzione del dio alato si affer-
Matrice unica, tutto tondo, cava. Retro non caratterizza-
to, con foro sfiatatoio ovale al centro. Tracce appena vi- mano e si definiscono non solo nella statuaria e
sibili di latte di calce; imp2; h 13,5; largh 5,7; profondità nella piccola plastica in terracotta, ma anche nella
4,4. Saggio II, US 479. Inv. 407732. letteratura148.
A.23III: Afrodite appoggiata ad un’erma (tav. X, n.
Le numerose attestazioni di terrecotte che raffi-
41) gurano questo soggetto in ambito pestano lasciano
La figura si appoggia con il braccio destro ad un’erma intuire che in Italia meridionale queste figurine di-
barbata, che presenta un accenno del braccio destro e de- vengono popolari dall’ultimo terzo del IV sec. a.C.
gli attributi sessuali. Gamba sinistra portante, gamba de-
alla prima metà del III sec. a.C., comparendo sia
stra leggermente flessa e portata in avanti. Il panneggio
copre la figura dalla vita in giù, si avvolge attorno al brac- come ex voto in aree santuariali che come offerte
cio destro poggiato al supporto e ricade verso il basso in nelle tombe149.
148
La diffusione dell’iconografia che ritrae Eros bambi- coroplastica ateniese in B. Vierneisel-Schlörb, Kerameikos.
no o putto rispecchia una nuova tendenza dell’arte greca, Ergebnisse der Ausgrabungen, 15. Die figürlichen Terrakotten
che, a partire dal IV sec. a.C., comincia a rappresentare Spätmykemisch bis Späthellenistisch, München 1997, pp. 108-
figure di età differenti (si pensi al gruppo di Eirene e Ploutos 111.
149
di Cefisodoto). Si vedano i numerosi esempi nella Miller Ammermann 2002, p. 155. Anche se il significato
funerario di queste figure è stato contestato: LIMC III, 1986, pp. plessi votivi dell’Italia meridionale si veda la tabella di distri-
938-939 s.v. Eros; è innegabile la presenza considerevole di fittili buzione dei tipi di ex voto redatta da Comella 1981.
153
raffiguranti Eros in tombe prevalentemente infantili (Burn-Higgins Sulla consuetudine di consacrare animali in terracotta,
2001, pp. 70-75). In contesti funerari, infatti, la figura di Eros alato ved. in generale Pesetti 1994, p. 31 sgg.
154
è stata interpretata come intermediaria e guida dei defunti (R. V. Cfr. Van Straten 1995, p. 54: «In many cases we have
Nicholls, The Stele-Goddess Workshop. Terrakottas from Well u.13:I good reason to assume that they are a replica of the sacrificial
in Athenian Agora, «Hesperia» LXIV 1995, p. 434). victim, set up as a memento of the sacrifice».
150 155
Per il tipo ved. Winter 1903, pp. 313, 315, n. 6b; Cfr. Van Straten 1995, p. 55: «It is probably more realistic
Greifenhagen 1957; Mollard Besques 1986, tav. 13 D 3409 d; D to assume that many of the animal figurines were dedicated,
408 e; D 3410 f; LIMC III, 1986, p. 870 s.v. Eros; H.G. Döhl, not as a memento of a sacrificed animal, but as a means to
Eros-Amor-Putto, Die SammlungBenno Markus, Berlin 1990, p. place one’s livestock under the care and protection of the god».
156
42, tav. 8, n. 25. Ben nota e diffusa è anche l’iconografia di R. Bartoccini, Arte e religione nella stipe votiva di Lucera,
Afrodite sul dorso di un cigno (cfr. Miller Ammermann 2002, «Japigia» XI 1940, pp. 185-190; A. M. Reggiani Massarini, San-
p. 150, tav. XXXIX, n. 1859), immagine associata ad Afrodite tuario degli Equicoli a Corsaro. Oggetti votivi del Museo Nazio-
Urania, come testimonierebbe un’iscrizione di Ponticapeo nale Romano, Roma 1988, p. 52; Pesetti 1994, p. 32: «In luogo
datata al II sec. a.C. (S. Settis, ΧΕΛΩΝΕ: Saggio sull’Afrodite del ben più dispendioso sacrificio della vittima reale, il dono
Urania di Fidia, Pisa 1966, p. 153). votivo di figurine fittili era inteso nel senso simbolico della
151
Miller Ammermann 2002, tav. XLV n. 1888 (in cui si consacrazione del proprio bestiame all’entità divina, per rice-
inserisce la foto di un esemplare integro proveniente dal san- verne protezione in contraccambio».
157
tuario urbano settentrionale di Paestum: tav. XLV S). Cfr. inol- L’offerta di statuette in terracotta raffiguranti volatili
tre Mollard Besques 1986, tav. 13e, D 3408 (esemplare apulo); risale all’epoca minoica. Per le prime attestazioni di questo
Gatti Lo Guzzo 1978, tav. 4 DIII (esemplare da Roma); genere di dedica, cfr. Ch. Picard, Religions préhelléniques, Paris
Bürgerwelten, p. 137, n. 64. 1948, pp. 112-113.
152 158
Sulla presenza di figurine di animali in teracotta nei com- Cfr. in generale Bodson 1978, p. 93 sg.
LA COROPLASTICA 171
spensione del pezzo su un supporto in materiale di modelli molto standardizzati, che vengono pro-
deperibile (molto probabilmente legno) o all’appli- dotti in un arco cronologico molto ampio.
cazione su oggetti di maggiori dimensioni159, secon- Passando al significato che questi fittili doveva-
do una tipologia attestata nella Grecia Orientale160. no aver rivestito all’interno del santuario, sembra
Un solo esemplare raffigura solo la testa ed il collo significativo sottolineare che, nonostante la quan-
del volatile, resi in maniera piuttosto schematica161. tità irrilevante di animali fittili rinvenuta, degli 8
Le statuette di ovini, invece, sono per lo più a esemplari recuperati, 4 sono raffigurazioni di co-
tutto tondo e destinati ad essere appoggiati su un lomba166. La presenza della colomba, non solo tra i
piano. Si conserva una testina di ariete162, con cor- votivi raffiguranti animali ma anche come attribu-
na rigirate e vello reso a incisioni puntiformi163, ed to di alcune statuette femminili, si rivela di partico-
una testa di ovino molto affusolata, che trova ri- lare interesse in quanto - sin dall’epoca arcaica, ma
scontri a Capua164 e generici richiami a Smirne165. soprattutto in età ellenistica - è attributo preferen-
Dal punto di vista tecnico, i modellini venivano ziale di Afrodite167 e naturalmente di Eros168, in
fabbricati con una sola matrice per la parte supe- quanto simbolo della vis generandi169.
riore, mentre la parte inferiore era modellata a Più generica, invece, è l’offerta di modellini di
mano. Due soli esemplari sono plasmati a mano. ovini, che erano dedicati a molte divinità, come pure
Come tutti gli altri prodotti coroplastici, anche i a differenti divinità potevano essere sacrificati gli
modellini di animali venivano ricoperti da animali vivi170.
un’ingubbiatura bianca per essere poi decorati con I bovini, generalmente attestati sotto forma di
colori vivaci. rappresentazioni della testa o di parti del corpo
L’inquadramento stilistico e cronologico di que- dell’animale, non sono attestati se non per un cor-
sti fittili è particolarmente difficile, poiché si tratta no bovino modellato a mano171. Questo tipo di ex
159
Confronti puntuali con gli esemplari di Satriano si ri- 204; Ovidio, Fast. I, 451 sg., Servio, In Verg. Ecl. 8, 37.
167
scontrano Rossano (Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXX), S. Sul legame preferenziale esistente tra la colomba ed
Venera (Miller Ammermann 2002, tav. XCII, n. 2827). Ved. an- Afrodite, ved. in generale RE I, 1984, 2767-2768 s.v. Aphrodite.
che esemplari simili a Cirene in S. Mollard Besques, Musée Per le attestazioni iconografiche: LIMC II 1, 1984, pp. 2-151
National du Louvre. Catalogue raisonné des figurines et reliefs en s.v. Aphrodite; Mollard Besques 1963a, p. 49, tav. 24 B, nn. 311-
terre-cuite grècs, étrusques et romains, IV. 2. Époques hellénistique 312, 317; 1972, p. 10, tav. 8 g, h, (V sec. a.C.); p. 148, tav. 183 d,
et romaine. Cyrénaique, Égypte ptolémaïque et romaine, Afrique B 81 (età ellenistica); Thompson 1963, p. 141, tav. LVI, n. 290;
du Nord et Proche-Orient, Paris 1992, p. 78, tav. 44 e-f; D 4409; D Laumonier 1956, p. 280 sg., tav. 100, n. 1346. Sugli altri volati-
4410; 4459 c; D 4411-4413; Schürmann 1989, p. 46, tav. 22, 102. li sacri ad Afrodite e sulle attestazioni iconografiche esistenti,
160
Leyenaar-Plaisier 1979, pp. 497-498, tav. 183, nn. 1440- cfr. Bodson 1978, p. 97, n. 43.
168
1441. Vale la pena notare come l’iconografia della colomba La colomba, sebbene generalmente associata ad Afrodite,
con le ali spiegate e la coda a ventaglio risalga all’età minoica, non è appannaggio esclusivo della dea. Come attributo
come conferma la coppa con figurina a rilievo proveniente da allusivamente erotico e coerente con il tema della fecondità, la
Paleocastro, risalente al 2000-1700 a.C. (P. Demargne, Arte Egea, si trova associata anche a divinità come Era o Persefone. Ved.,
Milano 1988, p. 108, fig. 138). a questo proposito, W. H D. Rouse, Greek Votive Offering. An
161
Esemplari simili di teste di volatili sono attestati in nu- Essay in the History of Greek Religion, Cambridge 1976, p. 286
merosi complessi votivi. Cfr. Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. sg.; De Santis 1987, p. 24.
169
XXX; Bell 1981, tav. 134, n. 885 (si tratta, in questo caso di una Aristofane, Av. 705-707. Cfr., inoltre, Pesetti 1994, p.
protome di oca). 33: «le colombe, trasposizione simbolica dell’amore, della
162
La testa è molto simile ad alcuni esemplari da Capua proliferazione e della femminilità in genere, corrispondono
(Pesetti 1994, tav. VII, nn. 4-5). alla forza procreatrice che emana dalla dea madre».
163 170
Cfr. statuette simili provenienti da Lykosoura (K. Sulle fonti antiche relative a sacrifici di ovini e capre ad
Kouroniotes, Τό εν Λυκοσούρα Μέγαρον της Δεσπούνης, Afrodite ved. E. Kadtletz, Animal Sacrifice in Greek and Roman
«AEphem» 1912, p. 157, fig. 26). Religion, Washington 1976, pp. 16-21, 272-273. I nostri esem-
164
Pesetti 1994, tav. XV, n. 1. plari possono essere confrontati con alcuni amunfatti prove-
165
Mollard Besques 1972, p. 183, tav. 256, b-d. nienti da Rossano di Vaglio (Adamesteanu-Dilthey 1992, tav.
166
Sulla valenza sacra delle colombe, ved. Eliano, NA 4, 2 e XXIX) e dall’area pestana (Miller Ammermann 2002, tav.
10, 33, e VH 12, 1; Anacreonte, fr. 14, 10-12 Bergk; Apollonio XCIII, n. 2836).
171
Rodio, III, 540-553; Ath., 9, 394f-395g; Virgilio, Aen. VI, 190- Esemplari molto simili provengono da Morgantina: Bell
1981, tav. 132. nn. 875-877. (a cura di), Papers in Italian Archaeology I. BAR Suppl. XLI 1,
172
C. Lowe, The Historical Significance of Early Latin Voti- Oxford 1978, p. 147.
173
ve Deposits (up to the 4th Century B.C.), in H.McK Blake et alii Miller Ammermann 2002, p. 347, tav. XCIV, n. 2843.
LA COROPLASTICA 173
posteriore – sono destinate ad essere appese174; i e Core in Sicilia, ha indotto ad associare questo tipo
busti, invece, riproducono la testa e le spalle di una di ex voto a culti ctoni, in particolare demetriaci180.
figura corredate di retro, per cui stanno in piedi Tuttavia, che la protome non fosse esclusivo
senza supporto. appannaggio delle due dee ctonie è stato ampiamen-
te dimostrato181. Come è stato recentemente affer-
B.1 — Protomi (tav. XI, nn. 50-54) mato da R. Miller Ammermann, non è possibile
Numericamente superiori ai busti risultano gli generalizzare, per cui le differenti attestazioni van-
esemplari di protome175. no valutate singolarmente182.
Nella più recente letteratura archeologica il ter- Circa l’inquadramento tipologico delle protomi
mine “protome” ha sostituito il più generico “ma- del santuario, il pessimo stato di conservazione di
schera”176, consentendo così di distinguere due di- questi manufatti ha reso ardua e talvolta impossibi-
verse categorie di fittili sulla base di una differen- le la ricostruzione dei prototipi.
za177 che è, oltre che sostanziale (la maschera è ta- Appartengono ad un tipo con polos basso capi-
gliata al mento; la protome comporta – in aggiunta gliatura a piccole ciocche leggermente ondulate che
al volto – anche la rappresentazione del collo e del- ricadono ai lati del collo. (B.1I) numerosi esempla-
le spalle), soprattutto funzionale: le maschere dove- ri frammentari, quasi piatti e sommariamente trat-
vano essere indossate (di qui la foratura di occhi e tati nel busto.
bocca), mentre le protomi erano destinate alla so- Una fattura decisamente più raffinata si riscontra
spensione178. nel secondo tipo (B.1II), attestato in soli due esempla-
Questa particolare categoria di opere coropla- ri appartenenti a due diverse generazioni di matrici: il
stiche è documentata, in numerosissime varianti volto è in leggera torsione e lo sguardo è rivolto verso
tipologiche, in molti centri del mondo greco, della l’alto; la linea di contorno del viso è ovale, più sottile
Magna Grecia e della Sicilia fin dal VI sec. a.C.179. ed elegante il naso, particolarmente espressivi gli oc-
Molto discusso il significato e il valore religioso chi. Si tratta probabilmente di un pezzo di piena età
di questo genere di raffigurazione. La rappresenta- ellenistica, tipologicamente affine ad un esemplare della
zione parziale della figura, che la rende particolar- stipe di San Marco a Grumento183.
mente adatta a simboleggiare l’anodos, nonché la Affini ad alcuni esemplari del santuario di Mac-
presenza di numerosi esemplari di protomi e busti chia di Rossano sono alcune protomi riconducibili
in contesti funerari e in santuari dedicati a Demetra ad un tipo caratterizzato da capigliatura a due ban-
174
Miller Ammermann 2002, p. 290, nota 1, con bibl. pre- tata dalla Uhlenbrock, che usa il doppio termine “mask
cedente. protome” riferendolo ad un «mould-made, terracotta type that
175
Va tuttavia sottolineato che è stato perso il dato quanti- represents the front half of a femal head and neck modelled in
tativo riguardante i busti poiché lo stato di conservazione del the form of a semi-circular sheath, straight-sided, rounded at
materiale recuperato rende difficile l’attribuzione certa di molti the top, and truncated just below the neck» (Uhlenbrock 1988,
esemplari frammentari a questa categoria di fittili. p. 19), e dalla Di Filippo Balestrazzi (E. Di Filippo Balestrazzi,
176
Una prima distinzione tra i due termini è stata fatta per La maschera e la dea: orfismo e riti di passaggio nella religione
differenziare la maschera di tipo arcaico, che rappresenta il solo locrese, «RdA» XV 1991, p. 73).
178
volto umano tagliato al collo, dalla successiva rappresentazio- Ved. da ultimo A. Pautasso, Terrecotte arcaiche e classiche
ne della testa e del busto insieme, definito “protome”. Cfr. Lo del Museo Civico di Castello Ursino a Catania, Palermo 1996, p.
Porto 1991, p. 84. La Miller ha distinto le “maschere” dalle 23 sg. con bibl. precedente.
179
“protomi” intendendo per “mask” ciò che genericamente si Croissant 1983, p. 20 sgg., con bibl.
180
indica con “protome”, e usa il termine “protome” per indicare Sulla diffusione delle protomi in Sicilia e sulla conse-
statuette monovalve con la raffigurazione della parte superiore guente attribuzione di questi fittili al culto demetriaco, cfr.
delle spalle o del torso intero della figura (R. Miller Ammer- Uhlenbrock 1988, pp. 117-138, 141-142, 150-156.
181
mann, The Terracotta votives from Medma: cult and Coroplastic Ved. da ultimo Siracusano 1986-1987, pp. 53-59, con bibl.
182
Craft in Magna Grecia, p. 43). Miller Ammermann 2002, pp. 290-291.
177 183
La distinzione tra “maschera” e “protome” è stata rifiu- Bottini P. 1997, p. 141.
184
Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXV.
185 186
Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXVI. Rainini 1976, pp. 414-415, fig. 18, nn. 77-79.
LA COROPLASTICA 175
della capigliatura; imp5; h 4; largh 3,2. Saggio I, US 183. appena sopra la fronte; tagliata al collo. A matrice,
Inv. 407760. monovalva, cava; imp8; h 10,6; largh 6,4; distanza fron-
B.1I18 te-mento 6,5. Saggio I, US 146. Inv. 407765.
Si conserva la parte laterale sinistra del polos con tracce B.1III2
della capigliatura; imp5; h 3,4; largh 4. Saggio I, US 186. Si conserva la parte superiore destra del volto; imp8; h
Inv. 407761. 5,2; largh 5,4. Saggio I, US 117. Inv. 407766.
B.1I19 B.1III3
Si conserva parte della capigliatura con accenno del polos; Si conserva la parte superiore destra del volto; imp8; h
imp8; h 4,3; largh 5. Saggio I, US 254. Inv. 407762. 5,2; largh 5,4. Saggio I, US 188. Inv. 407767.
187
Questa categoria di fittili deriva dalla più antica protome, ritrovamenti di busti databili a partire dal secondo quarto del
tipologia inventata in Grecia nel VI sec. a.C. e successivamen- VI sec. a.C. (quindi ben prima dell’inizio della produzione di
te prodotta in particolare ad Agrigento nella particolare forma protomi ad Agrigento) dalle stipi di contrada “Crucinia” a
della “protome-busto” (Kilmer 1977, p. 77 sg.); cfr. da ultimo Metaponto (Lo Porto 1981, p. 322 sg., figg. 32, 2; 35, 1-3) e di
Siracusano 1986-1987, con bibl. precedente. Di parere contra- S. Biagio alla Venella (G. Olbrich, Archaische Statuetten eines
rio il Lo Porto (Lo Porto 1991, pp. 88-89), che ritiene questa Metapontinen Heiligtums, Roma 1979, tav. 37 sg.).
188
teoria generalmente sostenuta dagli studiosi smentita dai Bell 1981, p. 85.
189
Siracusano 1986-1987, p. 60, nota 103: «L’acquisizione sola parte anteriore potrebbero essere pertinenti a dei busti,
della posizione stante indica, a mio vedere, che la protome ma per correttezza metodologica si è convenuto di inserirli nel
sviluppa primariamente la qualità di immagine di culto, di si- gruppo dei frustuli, in quanto è impossibile un’attribuzione
mulacro della divinità, per quanto il busto conservi la funzio- certa alla categoria dei busti: questi frammenti potrebbero es-
ne più appariscente di dono votivo, replicato in serie numero- sere stati ugualmente pertinenti a statuette di scala maggiore o
se di esemplari piccoli e grandi». a protomi.
197
190
Cfr. Kekulé 1884, p. 61; G.E. Rizzo, Busti fittili da I busti sono attestati a Torre di Satriano fin dagli scavi
Agrigento, «ÖJh» XIII 1910, p. 73; P. Orsi, Rosarno-Medma- condotti negli anni ’80 da E. Greco (Satriano, p. 49, tav. 13).
198
Esplorazione di un grande deposito di terracotte ieratiche, «NSc» Lo Porto 1991, tav. XXXV, n. 48; per il polos ornato da
1914, p. 108; P. Marconi, Agrigento arcaica: il Santuario delle rosacei a rilievo ved. M. Bedello, Capua Preromana, III, Terre-
divinità ctonie e il Tempio detto di Vulcano, Roma 1933, p. 182; D. cotte votive, Firenze 1974, p. 67, note 7-12.
199
Adamesteanu, Butera. Piano della Fiera, Consi e Fontana Calda, Adamestenanu-Dilthey 1992, tav. XIX.
200
«MonAnt» XLIV 1958, pp. 205-672, 629; Kilmer 1977. Armento, p. 74, fig. 80.
191 201
La diffusione di questa particolare produzione di fittili P. Bottini, Grumento, S. Marco-Stipe votiva pre-romana,
anche in area medio-italica sembra essere all’origine della na- in Da Leukania a Lucania, p. 97, figg. 142-144; Bottini P. 1997,
scita del più tardo busto-ritratto. Cfr. P. Pensabene, Recensione p. 132, fig. 19.
202
a ‘Kilmer, The shoulder Bust in Sicily and south and central Cfr. Neutsch 1968, pp. 775, 780, fig. 28.b.
203
Italy’, «ArchCl» XXIX 2, 1977, p. 425 sg. Higgins 1954, tav. 162, n. 1180; tav. 169, n. 1232.
192 204
S. Ferri, Divinità ignote, Firenze 1929. Laumonier 1921, tav. 30, pp. 130-131 (esemplare integro
193
L. Beschi, Divinità funerarie cirenaiche, «ASAtene» proveniente da Paestum); Poseidonia e i Lucani, p. 238, n. 176.1
XXXI-XXXII 1969-70, p. 325 sg. (esemplare proveniente da Capodifiume); F. Zevi (a cura di),
194
Sul concetto di anodos ved. Bérard 1974. Paestum, Napoli 1990, p. 196; Miller Ammermann 2002, tav.
195
Ch. Picard, Manuel d’Archéologie grecque I, 1. La scultu- LXXX, nn. 2594-2595 (esemplari da Santa Venera). Il modello
re, période archaïque, Paris 1935, pp. 227-228. ricorre anche a Pompei (A. D’Ambrosio, M. Borriello, Le ter-
196
Alcuni frammenti di volto femminile conservati nella recotte figurate di Pompei, Roma 1990, tav. 31, n. 201).
LA COROPLASTICA 177
12
ri integri la figura di Afrodite rattresentata fino alle del volto. Tracce di latte di calce; imp4; h 8,9; largh 5.
spalle reca sull’omero sinistro un Erote alato girato Saggio II, US 143. Inv. 407772.
B.2II3 (tav. XI, n. 56)
di tre quarti col volto rivolto verso la dea205. Que- Si conserva la testa tagliata alla gola; la linea di frattura
sto tipo di raffigurazione si inquadra stilisticamente sale lungo il lato sinistro del volto; imp4; h 9; largh 5,7;
e cronologicamente in età tardo-classica e primo- h polos 3,4; distanza fronte-mento 6,5. Saggio I, US 187.
ellenistica, allorquando divengono numerose le Inv. 407773.
B.2II4
raffigurazioni di Afrodite in associazione con Eros Si conserva parte della capigliatura e del lato sinistro del
o con Eroti. volto; imp4; h 4,8; largh 5,1. Saggio I, US 187. Inv. 407774.
B.2II5
B.2I: busto femminile con basso polos Si conserva la testa tagliata alla gola; la linea di frattura
Pettinatura a fitte bande ondulate con scriminatura cen- sale lungo il lato sinistro del volto. Lacunosa della parte
trale, polos basso leggermente svasato. Viso largo e pie- sinistra della capigliatura e del polos. Tracce di latte di
no. Occhi amigdaloidi abbastanza distanziati e palpebre calce; imp4; h 10,8; largh 7,2; h polos 3,4; distanza fron-
ben definite; naso prominente; labbra serrate e sinuose. te-mento 6,5. Saggio I, US 267. Inv. 407775.
Matrice unica, tutto tondo, cava, retro reso con una B.2II6
placchetta di argilla lisciata a mano. Si conserva la parte superiore del volto tagliato all’altez-
IV-III sec. a.C. za del naso. Superficie fortemente abrasa; imp4; h 8,1;
È attestato in un solo esemplare. largh 7,1; h polos 3.4. Saggio I, US 267. Inv. 407776.
B.2I1 (tav. XI, n. 55) B.2III: busto femminile con polos decorato con rosacei
Si conserva la testa, tagliata al collo, e mutila nella parte a rilievo
destra. Ricomposta di tre frammenti. Superficie forte- Pettinatura a bande ondulate con scriminatura centrale.
mente abrasa. Scheggiature sul naso e sul lato sinistro Viso allungato e largo, mento pieno. Occhi amigdaloidi
del volto. Tracce di ritocco a stecca lungo la linea di su- piuttosto ravvicinati, con palpebre ben definite; naso a
tura tra la parte anteriore e quella posteriore; imp7; h base larga; labbro inferiore carnoso. Orecchini a disco.
7,1; largh 4,9; h polos: 1,9. Saggio I, US 95. Inv. 407770. Polos basso leggermente svasato, decorato da tre rosacei a
rilievo. Matrice unica. tutto tondo, cava, retro reso con
B.2II: busto femminile con alto polos una placchetta di argilla lisciata a mano.
Pettinatura scriminata al centro della fronte, resa a spes- IV-III sec. a.C.
se ciocche tirate all’indietro. Volto largo, mento roton- E attestato in un solo esemplare.
do, fronte bassa. Occhi amigdaloidi con palpebre supe-
riori ben delineate, bulbi quasi piatti; naso sottile e pro- B.2III1 (tav. XI, n. 57)
minente a base larga; labbra serrate e sinuose. Orecchini Si conserva la testa, tagliata al collo. La linea di frattura
a globetto. Alto polos leggermente svasato, che presenta sale diagonalmente dal collo alla base dell’orecchio de-
un cordolo arrotondato alla base. Dal polos scende il velo stro Bordo superiore del polos corroso; imp2; h 8,8; largh
che copre le spalle. Busto caratterizzato dalla scollatura 6,5; h polos 2,3. Saggio I, US 107. Inv. 407777.
arrotondata del chitone.
Matrice unica; retro reso con una sottile placca di argilla B.2IV: busto femminile con Erote sulla spalla
lisciata. La figura è rappresentata fino le spalle con accenno delle
Seconda metà del IV sec. a.C. braccia. Reca sull’omero sinistro un Erote alato girato di
È attestato in sei esemplari. æ verso lafigura, di cui è visibile la sola ala sinistra resa
ad incisioni parallele. Matrice unica, retro non caratte-
B.2II1 rizzato, cava.
Ricomposto di tre frammenti. Si conserva la parte supe- IV-III sec. a.C.
riore del volto e parte del polos. Tracce di latte di calce; È attestato in tre esemplari frammentari.
imp4; h 8,4; largh 4,5. Saggio I, US 0. Inv. 407771.
B.2II2 B.2IV1
Si conserva la testa tagliata alla gola. Scheggiature ai lati Si conserva il busto dell’erote tagliato alla vita; imp8; h
205
Mollard Besques 1986, tav. 6, D3339. Cfr. anche un esem-
plare locrese con lo stesso schema in Levi 1926, p. 24, fig. 26.
206
Cfr. E. Lippolis, Le testimonianze del culto in Taranto 2; Lo Porto 1981, p. 351, fig. 65. L’iconografia con la testa di
greca, «Taras» II 1982, p. 114, tav. XXXII, n. 1. Afrodite e al lato gli Eroti è attestata anche sulla pittura vascolare
207
Per Timmari: Lo Porto 1991, tav. XXVII, n. 19; per di età ellenistica. Cfr. una hydria proveniente da Capua in
Pomarico: M. Barra Bagnasco, La coroplastica, in Pomarico Vec- Beazley 1968, n. 1472,4.
210
chio I, pp. 215-226, fig. 3, n. 9; per Herakleia: Tesori dell’Italia Per il tipo ved. Mollard Besques 1954, tav. 6, D 3359.
211
del Sud. Greci e indigeni in Basilicata (Catalogo della mostra, L’acconciatura nota come lampadion topknot (alto chignon
Strasburgo 18 maggio-15 novembre 1998), Milano 1998, tav. sulla cima del capo, caratteristica delle raffigurazioni di Eros ado-
69. lescente) comincia ad essere attestata nella coroplastica dell’Ita-
208
Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXVI; Lo Porto 1991, lia meridionale nei primi tre quarti del IV sec. a.C. Cfr. Bell
tav. XXVII, n. 20. Alla medesima tipologia di disco con pro- 1981, pp. 34-35, n. 92. Cfr. esemplari pestani simili in Miller
tome di Afrodite affiancata da Eroti alati va probabilmente Ammermann 2002, tav. XLI, n. 1869. In generale sul lampadion
ascritto anche l’esemplare frammentario 4 (cfr. Archeologia knot, ved. Thompson 1963, pp. 130-131.
212
dell’acqua, p. 46, fig. 30). Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXVII.
209 213
P. Wuilleumier, Tarente. Dès origines à la conquête Barra Bagnasco 2001, p. 229, fig. 18.
214
romaine, Paris 1939, pp. 428, 434, tav. XXXIX, 3; tav. XLII, 1- Per il tipo cfr. Mollard Besques 1986, tav. 8, D 3370d.
LA COROPLASTICA 179
della capigliatura215. Nel rilievo di Berlino, che è in IV e III a.C., quando si predilige l’iconografia di
buono stato di conservazione, l’iconografia della Eros giovanile con un’impostazione sempre sinuo-
figura è ben leggibile: Eros, in posizione frontale, sa del corpo.
presenta, avvolto attorno al braccio sinistro, un Attestati in un solo esemplare sono altri due tipi
mantello che ricade lungo il corpo (nel nostro rilie- di rilievo figurato, il cui soggetto figurativo deriva
vo, seppur frammentario e abraso, sembrano do- certamente da modelli attestati nel santuario di
versi riconoscere tracce di panneggio sul lato de- Rossano di Vaglio.
stro della figura); le ali, spiegate in alto, arrivano Il primo tipo (CV), inedito, raffigura una figura
all’altezza delle ginocchia; il braccio destro è solle- femminile con il seno scoperto e lunghe trecce ai lati
vato, quello sinistro ricade lungo il corpo; la testa è del collo, che regge nella mano destra un thymiaterion
piccola e presenta un’acconciatura a lampadion con fusto decorato ad anelli plastici. Questo schema
topknot. Si tratta di una fisionomia simile a quella iconografico ricorda i dischi di Rossano che rappre-
di un esemplare del Louvre (di provenienza campa- sentano Eroti stanti con accanto dei thymiateria222.
na)216 e di uno del Museo Nazionale di Atene, pro- Un confronto puntuale è invece istituibile tra
veniente da Myrina217; lo stesso schema iconografico l’unico esemplare di Satriano attribuibile al tipo
ritroviamo in una statuetta proveniente dal santua- CVI ed un disco di Rossano, anch’esso frammenta-
rio della Mefite in Valle d’Ansanto218 e in un rilievo rio, che rappresenta una testa femminile diademata
del Museo di Siracusa, in cui la figura reca come con occhi molto marcati223.
attributo un thymiaterion219.
Il soggetto di Eros raffigurato da solo, ora in grop- CI: disco con testa di Afrodite affiancata da due Eroti
pa ad animali, ora come bambino in culla ora come Il disco raffigura una testa femminile con pettinatura
bipartita al centro della fronte e diadema. Al lato sono
adolescente stante, comincia a diffondersi in età
due Eroti alati stanti, rivolti di 3/4 verso destra. Matrice
ellenistica allorquando acquista una sua identità unica.
peculiare rispetto a quella di Afrodite. In particola- Inizi del III sec. a.C.
re, l’iconografia di Eros adolescente interessa tanto È attestato in due esemplari frammentari.
il mondo artistico e religioso greco quanto quello
CI1 (tav. XII, n. 59)
indigeno. Le prime attestazioni di questo soggetto Si conserva un frammento raffigurante le gambe di uno
si hanno in ambiente laconico e attico; successiva- degli Eroti. Superficie fortemente abrasa; imp6; h 5,7;
mente, questa iconografia si diffonde in tutto il largh 4,2. Saggio I, US 71. Inv. 407781.
mondo greco adattandosi ai diversi contesti cultu- CI2
Si conserva un frammento raffigurante le gambe di uno
rali: se le prime attestazioni del soggetto lo vedono
degli Eroti. Superficie fortemente abrasa; imp6; h 3,7;
impiegato come sostegno di specchi (e va sottolinea- largh 4,2. Saggio I, US 47. Inv. 407782.
to l’aspetto funzionale di queste prime attesta-
zioni)220, a partire dalla metà del V sec. a.C. Eros CII: disco con Erote alato
compare, soprattutto nella pittura vascolare221, sem- Il disco raffigura un Erote con grandi ali spiegate in alto
rese a piccole incisioni parallele e lampadion topknot.
pre al fianco di Afrodite; dall’inizio del V sec. a.C.
Negli esemplari integri, l’erote reca un thymiaterion ed
il dio sembra acquistare una fisionomia autonoma, un’oinochoe. Matrice unica.
e comincia ad essere raffigurato da solo, nei secoli III sec. a.C.
215 221
Bürgerwelten, p. 137, fig. 67. Cfr. Beazley 1968, p. 301, fig. 4.
216 222
Mollard Besques 1954, tav. 8, D 3370. Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXVII.
217 223
Kleiner 1984, p. 245, tav. 46 c. Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXV; per il tipo
218
Rainini 1976, p. 416, fig. 80. facciale cfr. Higgins 1954, p. 188, figg. 1348-1350; B. Sciarra,
219
Kekulé 1884, tav. XXV, n. 5. Brindisi, Museo Archeologico Provinciale, Milano 1976, p. 45,
220
Greifenhagen 1957, p. 74 sg. n. 315.
LA COROPLASTICA 181
Teste frammentarie cima del capo. Grossi orecchini globulari.
1. Testina femminile con stretto polos (tav. XIII, n. 67) Il tipo è attestato in due esemplari.
Volto ovale, mento pieno, occhi a globetto che risultano Seconda metà del IV sec. a.C. (?)
poco sporgenti nell’orbita dai contorni sfumati. Labbra
con taglio diritto. Acconciatura originariamente ripartira a. Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; illeggi-
al centro dela fronte con ciocche che scendono ai lati del bili i particolari del volto. Sbeccato il lato superiore sini-
collo (?). Polos stretto e alto. stro della capigliatura; lesionato il lato superiore destro e
il centro del collo. Matrice unica, tutto tondo, cava, re-
Tagliata alla gola. Restano poche tracce dello stretto polos. tro non caratterizzato; imp6; h 6,9; largh 4,3. Saggio I,
Superficie fortemente abrasa. Illeggibili i particolari del US 107. Inv. 407798.
volto. Matrice unica, tutto tondo, cava; retro non carat- b. Tagliata al collo. Superficie abrasa. Scheggiatura sul
terizzato; imp6; h 8,03; largh 5,4; h fronte-mento 4,8. lato sinistro del collo. Matrice unica, tutto tondo, cava,
Saggio II, US 502. Inv. 407796. retro non caratterizzato. Tracce di latte di calce; imp4; h
7,4; h 4,3; largh 3,6. Saggio II, US 143. Inv. 407799.
Si tratta di una testa femminile probabilmente pertinen-
te ad una statuetta assisa stilisticamente inquadrabile nel Di dimensioni piuttosto grandi, queste teste potrebbero
IV sec. a.C. essere pertinenti a dei busti. Esemplari simili sono atte-
stati a Timmari e a Sant’Arcangelo-San Brancato, datati
2. Testina femminile con polos (tav. XIII, n. 68) alla seconda metà del IV sec. a.C.225
Volto ovale; naso sottile. Pettinatura originariamente
scriminata al centro della fronte. Basso polos leggermen-
4. Testina femminile con polos e velo (tav. XIII, n. 70)
te svasato. Grossi orecchini globulari.
Volto ovale, rigidamente frontale. Pettinatura resa a pic-
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; non leg-
cole matasse ovoidali parallele. Basso polos da cui ricade
gibili i particolari del volto. Profonde scheggiature alla
il velo.
base del polos. Incrostazioni grigie sulla superficie. Ma-
trice unica, tutto tondo, cava, retro non caratterizzato.
Polos risparmiato sul retro; imp6; h 8; largh 4,9; h polos Tagliata al collo, superficie fortemente abrasa, illeggibili
2,1. Saggio II, US 143. Inv. 407797. i particolari del volto. Profonda scheggiatura sul mento.
Matrice unica, tutto tondo, piena, retro lisciato, quasi
Stilisticamente affine ad alcune testine provenienti da piatto; imp2; h 3,8; largh 3,2; h polos 0,5, distanza fron-
Agrigento databili alla metà del V sec. a.C., sia per la te-mento 1,2. Saggio II, US 354. Inv. 407800.
resa del polos (alto e leggermente svasato) che per la resa
dei lineamenti del volto (largo e quasi quadrato)224, que- Attestata in un solo esemplare, questa testina di piccole
sta testa appartiene forse ad un tipo di statuetta stante di dimensioni potrebbe essere pertinente ad un esemplare
dimensioni maggiori rispetto alle statuette assise con polos di figura femminile seduta con attributo, dello stesso
attestate nel santuario. schema delle statuette con korymbos (A.13I e A.13II)226.
Tuttavia, potrebbe avvicinarsi anche ad esemplari che
3. Testina femminile con korymbos (tav. XIII, n. 69) riconducono a tipi tanagrini diffusi in ambito lucano,
Volto largo; mento sfuggente; fronte bassa; occhi ravvi- come dimostrano le affinità tipologiche con alcune
cinati. Pettinatura a bande ondulate che ricoprono le statuette di figure stanti, con acconciatura a melone, basso
orecchie formando due matasse rigonfie, con scrimina- polos sormontato dall’himation, mano destra portata al
tura al centro della fronte e alto ciuffo (korymbos) sulla ventre e mano sinistra sul fianco227.
224 226
D. Caporusso, Coroplastica arcaica e classica nelle Civi- Cfr. Palumbo 1986, tav. XLIX, figg. 34-35; Lo Porto
che raccolte archeologiche, in «Rassegna di Studi del Civico 1991, tav. XLVIII, n. 87; Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. VIII;
Museo Archeologico e del Civico Gabinetto numismatico di Depalo 1997, p. 129, fig. 281 (esemplare apulo con cigno e
Milano» I 1975, pp. 1-95, tav. XLIII, fig. 68. patera).
225 227
Per gli esemplari di Timmari ved. Lo Porto 1991, tav. Ved. gli esemplari di Timmari (Lo Porto 1991, tav. LXVII,
XXXII, nn. 3-37; per i busti rivenuti nelle tombe a fossa di San n. 168). Tipi simili sono attestati anche a Taranto (Graepler
Brancato ved. Greci, Enotri e Lucani, p. 269, fig. 3.43.5. L’esem- 1997, p. 118, fig. 78) e in area campana, a Capua, datati tra la la
plare di San Brancato presenta un’acconciatura ad alto chignon fine del IV e la prima metà del III sec. a.C. (cfr. Mollard Besques
sul capo trattenuto da kekryphalos legato davanti con un fiocco. 1986, tav. 24 f, D 3466; Baroni-Casolo 1990, tav. LXXIII, n. 5).
1. Frammento di statuetta con fiore di loto (tav. 3. Frammento di bambola (tav. XIII, n. 74)
XIII, n. 72) Si conserva il braccio destro tagliato al gomito; la mano
Il frammento rappresenta una mano che regge un boc- è lacunosa delle dita. Modellata a mano. Tutto tondo,
ciolo. Appena visibili le pieghe del chitone della figura; piena; imp8; lungh 3,7; largh 1. Saggio II, US 463. Inv.
imp4; h 3,8; largh 5,1. Saggio I, US 257. Inv. 407803. 407802.
228
Per il globetto sulla fronte cfr. Leyenaar-Plasier 1979, n. 1783), datate tra la fine del V e gli inizi del IV sec. a.C.
231
tav. 168, n. 1296. Per Locri cfr. Higgins 1954, n. 1208; per Medma cfr. S.
229
Ved. ad esempio due esemplari in Mollard Besques 1986, Ferri, Busti fittili in Magna Grecia e l’origine dell’erma,
D 3530 (forse apulo) e, con schema inverso, D 3528, con un «RendLinc» XVIII 1963, tav. VIII; per Herakleia cfr. Neutsch,
confronto identico da Ruvo (collezione Jatta). 1968, p. 776, fig. 23.7; per Timmari cfr. Lo Porto 1991, tav.
230
Per il tipo ved. Winter 1903, p. 129, n. 3. Cfr., tra i XXIX, n. 28.
232
numerosissimi tipi attestati, le terrecotte di figura seduta con Zuntz 1971, p. 162.
233
bocciolo da Taranto (Higgins 1954, p. 179, n. 1305) e dal san- Per le iconografie di Eros diffuse in età ellenistica ved.
tuario di Santa Venera (Miller Ammermann 2002, tav. XXXII, quanto riferito a proposito della categoria “Eroti”.
LA COROPLASTICA 183
L’unico esemplare di bambola attestata a Sa- dellata a mano; imp2; h 7,6; largh 2,1. Saggio II A, US
triano è rappresentato da questo braccio frammen- 334. Inv. 407805.
tario, tagliato al gomito. L’esemplare è molto probabilmente pertinente
Diffuso in tutto il mondo greco e orientale ad una figura femminile (?) le cui braccia sono state
fin dall’epoca geometrica234, questo genere di fittili fabbricate a parte e successivamente assemblate alla
– figurine smontabili i cui arti erano attaccati al statuetta mediante l’utilizzo di perni237. La pratica
corpo mediante fili di ferro – si ritrovano in modo è molto diffusa nella realizzazione di figure femmi-
particolare nelle tombe di bambini, in cui veniva- nili stanti o sedute dello stile di Tanagra della tarda
no deposti come oggetti cari al piccolo defunto235. età ellenistica238, nonché in rappresentazioni di Nike
Potevano tuttavia essere dedicati a divinità come o Eros239.
Afrodite o Artemide dalle giovani spose nel giorno
delle nozze, come simbolo del passaggio di status 5. Frammenti di petalo di “donna fiore” (?)
da parthénos a ninphe236. Esemplari frammentari a forma di “petalo”, con un’in-
L’unicità del pezzo non consente di ipotizzare cisione verticale nel centro. La linea di frattura, che par-
te dall’estremità della parte esterna rotondeggiante dei
una pratica rituale che prevedeva la dedica di questo
pezzi, lascia presupporre che i manufatti prevedessero
tipo di ex voto nel santuario di Torre di Satriano. altri “petali” sia a destra che a sinistra degli stessi.
Probabilmente, siamo di fronte ad un caso isolato Modellato a mano, retro grossolanamente regolarizzato
di offerta che non rientra nel quadro delle pratiche con tracce delle impronte delle dita dell’artigiano.
a. Imp8; 5,9 x 4,8. Saggio I, US 117. Inv. 407806.
rituali usuali nell’area sacra. Va tuttavia notato come
b. Imp8; 5,6 x 4,8. Saggio I, US 187. Inv. 407807.
l’allusione alle nozze sia da ravvisarsi, nelle terre-
cotte votive esaminate, anche nelle numerose Potrebbe trattarsi di petali di fiore di giglio
statuette di figure femminili velate. riferibili a esemplari del tipo della cosiddetta “don-
na fiore”240, che rappresenta la figura femminile in-
tera o inginocchiata, o semplicemente la testa e il
4. Braccio frammentario (tav. XIII, n. 75)
busto, sormontati da un fiore di giglio241. La tipo-
Braccio probabilmente femminile, mutilo della mano,
leggermente flesso, munito, all’estremità superiore, di logia nasce e viene prodotta nelle officine poseido-
un perno funzionale all’inserimento in un corpo. Mo- niati e si diffonde nell’area tirrenica al pari della
234
Sulle bambole ved. in generale K. M. Elderkin, Jointed Dolls Schneider-Hermann, Der Ball bei den Westgriechen, «BAbesch»
in Antiquity, «AJA» XXXIV 1930, pp. 455-479; J. Dörig, Von XLVI 1971, pp. 123-133; per l’interpretazione dell’offerta del-
griechischen Puppen, «AntK» 1958 fasc. 2, pp. 41-52; G. S Merker, la palla come simbolo di passaggio di status, ved. Torelli 1984,
Corinth XVIII.4: The Sanctuary of Demeter and Core: Terracotta pp. 163-164.
237
Figurines of the Classical, Hellenistic, and Roman Periods, Princeton Cfr. Thompson 1952, pp. 126-127, tav. 32, nn. 1-10; Bell
2000. Per alcuni esempi di bambole componibili cfr. Breitenstein 1981, tav. 126, nn. 824-825; Miller Ammermann 2002, tav.
1941, tav. 70, n. 562; tav. 72, nn. 591-592; Mollard Besques 1972, LXXII, nn. 2443-2444, 2452-2453.
238
p. 72, tav. 97, D 445-446; 1986, tav. 69, D 3719-D 3725; Bell 1981, Per una campionatura di statuette stanti o sedute con
tav. 127, nn. 837-839; Palumbo 1986, tav. LII, n. 44; Miller arti fabbricati a parte e successivamente assemblati cfr. Laumo-
Ammermann 2002, tav. LXXII, n. 2454. Per una raccolta delle nier 1921, tav. LXXV.3, n. 694; Higgins 1967, tav. 46.a; tav.
principali fonti antiche sulle bambole e per una campionatura 47.c; tav. 53.a, c-e; tav. 59.c, e; tav. 60.c; Bell 1981, tav. 84, nn.
delle bambole esistenti in varie collezioni e musei ved. M.R. 396-397, tav. 85, n. 401; tav. 90, n. 451; B. Neutsch, Archäolo-
Rinaldi, Ricerche sui giocattoli nell’antichità. A proposito di un’iscri- gische Grabungen und Funden im Bereich der unteritalischen
zione di Brescello, «Epigraphica» XVIII 1956 (1958), pp. 104-129. Soprintendenzen von Tarent, Reggio di Calabria und Salerno
235
Sul fine ludico di questo tipo di oggetti cfr. E. Daremberg, (1949-1955), «AA» 1956, pp. 431, 436, fig. 150.
239
E. Saglio, Dictionnaire des Antiquités grecques et romaines d’après Cfr. Miller Ammerann 2002, pp. 267-268 con bibl. pre-
les textes et les monuments, Paris 1877-1919, s.v. ludi, p. 13561. cedente.
236 240
EAA III, s.v. Giocattolo, pp. 908-909. Questa allusione Questo tipo di fittili è stato interpretato come thymiaterion da
alla sfera prematrimoniale è insita anche nell’offerta della pal- Stoop (M. W. Stoop, Floral Figurines from South Italy, Leiden 1960).
241
la, come simbolo dell’abbandono del mondo dell’infanzia. Sulla Cfr. P. Orlandini, Le arti figurative, in Magna Grecia, p.
complessa simbologia inerente la palla (gioco e offerta) ved. G. 550, fig. 578.
242 243
Cfr. Schmidt 1994, tav. 42, n. 35. Miller Ammermann 2002, tav. XXXII, n. 1782.
LA COROPLASTICA 185
Specchietto riassuntivo dei frustuli
tipo di frustulo numero di esemplari
frammenti illegibili 761
panneggio 286
basi 22
capigliatura 66
parti di volto 27
braccia e mani 13
gambe e piedi 14
altre parti 25
A.1 18 2 78 8 Saggio I, US 0, 10, 47, 71, 117, 119, 146, 154, 155, 158, 182=189,
185, 196, 187, 251, 254, 255, 261, 266, 267, 268; Saggio II, US
0, 143, 234, 236, 304, 320, 333, 334, 465
A.11 5 65 35 12 139 20 Saggio I, US 1, 5, 10,19, 21, 41, 47, 196, 261, 267, 268, 304;
196; Saggio II, US 320, 331, 334 463
A.12 9 12 9 4 Saggio I, US 187, 254, 261, 234, 236; Saggio II, US 463, 465
A.2 67 Saggio I, US 182=189, 186, 251, 257, 268; Saggio II, US 333.
A.21 2 Saggio II, US 333, 341
B.1 7 16 Saggio I, US 182=189, 186, 187, 188, 253, 254, 257, 261, 267,
268; Saggio II, US 331, 332, 465, 502
B.2 4 Saggio I, US 45, 119, 146, 154
C 32 Saggio I, US 47, 54, 66, 117, 119, 146, 182=189, 251, 256, 261,
267; Saggio II, US 143, 146, 155, 334, 405, 424, 463, 502.
/ 5 Saggio II, US 143, 354, 502
TOTALE 5 12 181 49 12 226 32 32
LA COROPLASTICA 187
TAV. IV
1-2
3-4
5-6
7-8-9
10-11
12-13
LA COROPLASTICA 189
TAV. VI
14-15-16
17-18-19
20-21
22 23
24-25
26-27
LA COROPLASTICA 191
TAV. VIII
28-29-30
32
33
31 34
35-36
37-38
39-40
LA COROPLASTICA 193
13
TAV. X
41-42-43
44-45
46-47-48-49
50-51-52
53-54-55
56-57
LA COROPLASTICA 195
TAV. XII
58-59-60-61
63
62 64
65-66
67-68-69
70-71-72
74-75
73
76-77
LA COROPLASTICA 197
2. Statuetta bronzea ampi svolazzi, a sottolineare il forte movimento; il
Lare calza stivaletti con bordo rovesciato.
Il corpo esile nella struttura appare piuttosto allun-
Dal settore nord orientale del Saggio II proviene gato, anche se sproporzionata risulta la grande testa
l’unica statuina di bronzo rinvenuta nello scavo del coronata dai capelli ricciuti. Un lavoro decisamente
santuario di Torre di Satriano. Il manufatto va ad povero, caratterizzato soprattutto dall’appiattimen-
arricchire la serie di piccoli bronzi raffiguranti un to della figura, in parte attenuato dal ripiegamento
della tunica all’indietro, che conferisce alla parte po-
Lare, ampiamente diffusa non solo in Italia ma nel- steriore del bronzetto una struttura concava. Povera
le stesse province dell’impero, soprattutto quelle oc- è allo stesso modo la resa della pieghe della tunica,
cidentali1. Per ciò che concerne la Lucania, per re- rese con solcature estremamente rigide (Inv. 407813).
stringere l’ambito delle attestazioni ad un’area pros-
sima al nostro santuario, attestazioni di bronzetti Dal punto di vista tipologico il bronzetto di Tor-
di Lare sono documentate in contrada Torretta, nei re di Satriano trova confronto in un gruppo nutrito
pressi di Potenza2 e da Muro Lucano3. di esemplari, di varia provenienza, distribuiti soprat-
tutto in Italia e nelle province occidentali a partire
Il bronzetto di Torre di Satriano (US 424), alto 9 cm., dalla riorganizzazione augustea del culto dei Lari, e
è realizzato a fusione piena e mostra alcune parti la- caratterizzati dall’atto di danzare. L’incedere a passo
vorate a bulino, come la capigliatura, il viso e le pie- di danza connota queste statuette come Lares
ghe della tunica. La superficie presenta una patina di
colore verde tendente al grigio, da attribuire verosi-
compitales, distinguendoli dai Lares familiares, in at-
milmente all’impiego di un’alta percentuale di piom- teggiamento statico e con in mano una patera e nel-
bo durante la fusione. l’altra una cornucopia. Il tipo danzante è tra i due
Il Lare, che in origine doveva certamente poggiare su senz’altro quello che mostra una maggiore varietà di
di una base probabilmente di bronzo, come pare evi-
dente dalle tracce dell’attacco presenti sotto i piedi, è
attributi. In una delle mani, quasi sempre sollevata,
rappresentato – secondo uno schema iconografico am- questi bronzetti stringono sempre un rhyton, con la
piamente diffuso - in atto di danzare. La gamba sini- parte terminale a forma di protome di animale (leo-
stra è avanzata e piegata al ginocchio; ambedue i pie- ni, antilopi, ariete oppure delfini); nell’altra mano
di toccano la base con le sole punte. La mano sini-
invece, in genere protesa, un ramo di alloro, una pal-
stra, col braccio sollevato e piegato ad angolo retto,
reca enfaticamente un rhyton a testa di delfino, la ma, una patera oppure una situla.
destra protesa in avanti e scostata dal corpo mostra Fra i molti esemplari noti possono essere acco-
una patera inclinata nel gesto del sacrificio. La testa, stati al nostro Lare in particolare due esemplari, con-
dritta, è incorniciata da due file di riccioli; la parte
servati al Museo Archeologico di Verona4, uno ai
posteriore della capigliatura presenta una calotta di
capelli resi con linee incise. La corta tunica, stretta Civici Musei di Storia e Arte di Trieste5 ed un altro
alla vita da una cintura, si apre lateralmente in due al Museo di Vienne6, vicini per schema iconografico
1
In merito: LIMC VI 1, 1992, pp. 205-212, s.v. Lar, Lares, particolare sigillata africana – e lucerne di età tardo antica, fanno
in particolare p. 212. Per ciò che concerne l’Italia, numerose ipotizzare una datazione dedotta probabilmente sulla base
attestazioni provengono soprattutto da Pompei, a riguardo ved. unicamente del contesto di rinvenimento. Dal punto di vista
Adamo Muscettola 1984. metodologico però, simili tentativi di cronologia, potrebbero non
2
C. Valente, Potenza, «NSc» 1941, p. 250, fig. 4. Si tratta di corrispondere al vero, come dimostra l’abbondante campionario
un bronzetto, alto 13 cm., con doppio chitone, patera nella di esempi offerto dai larari di Pompei e non solo, dove sovente
destra e corno potorio nella sinistra, dalla cronologia, come statuette molto più antiche convivono con esemplari posteriori:
spesso accade per questi oggetti, purtroppo imprecisata. Adamo Muscettola 1984, in particolare p. 20.
3 4
Il bronzetto, molto vicino all’esemplare di Torre di Satriano, L. Franzoni, Bronzetti romani del Museo Archeologico di Verona,
proviene dallo scavo di una villa nel territorio del Comune di Venezia 1973, pp. 140-141. Sebbene uno dei due bronzetti mostri la
Muro Lucano (Pz) ed è conservato nel Museo Archeologico sinistra sollevata anziché la destra, come nel caso del bronzetto di
Nazionale di Muro Lucano, dove è datato al IV sec. d.C. L’assenza Satriano, lo schema iconografico non mostra variazioni.
5
in bibliografia di una statuina con una cronologia analoga e la Cassola Guida 1978, p. 95.
6
collocazione del Lare nella medesima vetrina con ceramiche – in S. Boucher, Vienne, Bronzes antiques, Paris 1971, p. 77.
7
In merito: A. Leibundgut, Die Römischen Bronzen der 1978, p. 95.
8
Schweiz II. Avenches, Mainz 1976, pp. 32-33; Cassola Guida Adamo Muscettola 1984, fig. 14; Fröhlich 1991, pp. 291-292.
1 3
Cfr. R. Peroni, Introduzione alla protostoria italiana, Si è infatti deciso di rinviare lo studio del materiale ceramico
Roma-Bari 1994; R. Peroni, L’Italia alle soglie della storia, Roma- proveniente dalla fase arcaica ad un secondo momento, quando
Bari 1996. verrà affrontata anche l’analisi dei reperti rinvenuti durante le ri-
2
Cfr. D. Cocchi Genick (a cura di), Aspetti culturali della cognizioni del territorio circostante il santuario. Elementi prezio-
media età del Bronzo nell’Italia centro-meridionale, Firenze 1995; si e chiarificatori dovrebbero venire da tale disamina, essendo stati
Cocchi Genick 1999 e, in particolare, il contributo di G. Bailo individuati numerosi frammenti ad impasto, in buono stato di
Modesti et alii, Strutture morfologiche e funzionali delle classi conservazione, presumibilmente riferibili all’epoca arcaica.
4
vascolari del Bronzo Finale e della prima età del Ferro in Italia Satriano, pp. 37, 69-72.
5
meridionale, pp. 441-467. Rituali per una dea, pp. 17-22; Osanna 2002; Sica 2004.
6
Cfr. Picon-Olcese 1995, pp. 105-114; S.T. Levi, M. cordonati e la ceramica grigia, protogeometrica e di impasto del
Sonnino, Classi di impasto e forme funzionali nella ceramica “di sito di Torre Castelluccia, in M. A. Gorgoglione, Strutture e
impasto” e nei dolii del sito protostorico di Broglio di Trebisacce modelli di abitati del Bronzo tardo da Torre Castelluccia a Roca
(CS), in S. Santoro Bianchi, B. Fabbri (a cura di), Il Contributo Vecchia. Rapporti ed interrelazioni sull’arco ionico da Taranto al
delle Analisi Archeometriche allo Studio delle Ceramiche Grezze canale d’Otranto e sul versante adriatico, (Atti del Convegno di
e Comuni: Forma/Funzione/Impasto (Atti della I Giornata di Studio, Pulsano, 28-29 novembre 1996), Manduria 2002.
7
Archeometria della Ceramica, Bologna 28-2-1997), Bologna Cfr. Bottini 1981, p. 209; Cuozzo 2000, p. 40.
8
1997, pp. 12-19; Levi S. T. 1999; R. E. Jones, S. T. Levi, I dolii Cfr. Bailo Modesti 1980.
9 12
Cfr. Cuozzo 2000, p. 40. Per la Sibaritide cfr. Peroni-Trucco 1994, p. 520; per l’età
10
Berlingò-Russo Tagliente 1992-1993, p. 343, fig. 65, n. del Ferro cfr. Chiartano 1977, in particolare p. 75, fig. 31, a-b;
20; p. 293, fig. 71, n. 62. Incoronata V, p. 104, fig. 159. Per i corredi funerari di Ruvo del
11
Cfr. Bailo Modesti 1980, p. 65, con discussione del tipo e Monte cfr. Bottini 1981, in particolare p. 225, fig. 18, n. 49;
confronti in area laziale e calabra. l’olla da Lavello è presentata in Popoli anellenici in Basilicata,
5. Parte del labbro e del corpo; ansa verticale a nastro, a 7. Parte del labbro e del corpo; sotto il labbro, presa tipo
sezione sub-ovale; ingobbio esterno rosato; imp5; h 3,4; 1; ingobbio esterno beige-rosato, imp4; ø 16,8; h 8,3; sp
largh 5,7; sp 0,8; lavorato a mano e alla ruota lenta. Sag- 0,7; lavorato a mano e alla ruota lenta; superfici lisciate.
gio I, US 268. Inv. 407077. Saggio I, US 279. Inv. 407079.
Gli esemplari documentati a Satriano trovano con- Tipo 3 (tavv. XV-XVI, nn. 8-9)
fronto con una brocca dell’età del Ferro da S. Ma- Scodella ovoide, labbro lievemente rientrante, orlo
ria d’Anglona, databile alla seconda metà dell’VIII arrotondato, vasca profonda.
sec. a.C.15.
3.1
Orlo arrotondato.
— Scodella 8. Parte del labbro e della vasca; sotto il labbro, presa
Forma aperta di dimensioni variabili, a profilo poco tipo 3A; ingobbio esterno bruno; imp4; ø 22,4; h 8,6; sp
14
p. 131, tav. LVII, T. 56. Cfr. Cuozzo 2000 e bibl. di riferimento. Inoltre per
13
Cfr. A. Bottini, E. Setari, La necropoli italica di Braida di Roccanova cfr. Tocco Sciarelli 1980, per S. Maria d’Anglona
Vaglio in Basilicata, Roma 2003, in particolare p. 48, n. 179, cfr. Malnati 1984.
15
tav. XV, fig. 28. Cfr. Malnati 1984, T. IV, n. 2, tav. XXVIII A.
16
Cfr. Chiartano 1977; Peroni–Trucco 1994, p. 511 e nota re proveniente da Satriano, probabilmente dell’età del ferro,
14; Incoronata V, p. 112. abbastanza vicino al boccale 54 A1, per il quale si veda
17
Gli esemplari di Roccanova sono presentati in Tocco Holloway 1970, p. 85, cat. 200, fig. 149.
19
Sciarelli 1980, p. 444, tav. V, n. 3; per la scodella di Cfr. Greco G. 1991, p. 19, fig. 72.
20
Chiaromonte cfr. Berlingò-Russo Tagliente 1992-1993, p. 348, Cfr. Gravina II, p. 125, fig. 21, n. 165; Incoronata V, p.
fig. 71, n. 63. Per Ruvo, infine, cfr. Bottini 1981, p. 209, fig. 112, fig. 118.
21
20, n. 66. Interessante, in tal senso, la documentazione di Cairano:
18
Cfr. Bailo Modesti 1980, pp. 52-55, con discussione delle si veda, in particolare, la tipologia delle forme più frequenti
forme e confronti, tra i quali viene ricordato un altro esempla- nella ceramica ad impasto (Bailo Modesti 1980, tav. 8).
22 24
Cfr. Peroni–Trucco 1994, p. 521; Gravina II, p. 126, fig. 22. Cfr. Oppido Lucano II, p. 280, fig. 231, n. 2.
23 25
Cfr. Bailo Modesti 1980, pp. 54-55, con bibl. di riferi- Cfr. Peroni-Trucco 1994, p. 516; per i siti del ferro si
mento. ricorda l’Incoronata greca, cfr. Incoronata V, p. 112.
26
Cfr. Gravina II, p. 130, fig. 24, n. 188. in Nin 1969), «Diadora» VI 1973, pp. 33-48, tavv. 40-41.
27 28
Cfr. Bailo Modesti 1980, pp. 61-62. Per i confronti con il Per la nomenclatura si seguono i criteri usati in Peroni-
materiale di Nin, cfr. Sˇ . Batović, Instraživanje Liburnskong Naselje Trucco 1994, con aggiornamenti e discussione in Cocchi
u Ninu 1969 - Godina (Ansgrabungen der Liburnischen Siedlung Genick 1999.
24. Presa e parte della parete; ingobbio esterno rosato; Tipo 4 (tav. XIX, n. 29)
imp6; ø max 21,4; h 6,6; largh 8,4; presa h 3, sp 0,8;
Fondo a tacco, con piede distinto, alto e squadrato.
lavorato a mano, superfici lisciate. Saggio II, US 1. Inv.
407096. Il frammento è attribuibile ad olla o brocca a corpo
ovoide.
Tipo 5 (tav. XVIII, n. 25) Distribuzione: Saggio I, US 254; Saggio II, US 108,
Presa semilunata, aggettante. 231.
25. Presa con decorazione a linea spezzata, incisa, e par- 29. Parte del fondo e del corpo; ingobbio esterno rosato;
29 30
Cfr. supra, pp. 204-205. Cfr. supra, pp. 203-204.
31
In particolare si veda il tipo 69 B; cfr. Bailo Modesti 1980, dalla necropoli di S. Teodoro, cfr. Gravina II, p. 132, n. 197,
p. 63. con bibliografia di riferimento, e Popoli anellenici in Basilicata,
32
Cfr. Holloway 1970, p. 69, fig. 73. p. 17, tav. 1.
33 35
Cfr. Bailo Modesti 1980, p. 60. Anche in questo caso si è preferito suddividere i fram-
34
Si segnalano, tra gli altri, un esemplare da Gravina e uno menti in fogge e versioni.
36
Cfr. Oppido Lucano II, p. 131, T. 23, fig. 15.
14
veniente dall’insediamento di Civita di Paterno (Pz)37. 465) e su un frammento di grande contenitore di
Frammenti di ceramica ad impasto con decorazione figulina da US 1.
simile sono stati individuati anche a Torre di Satriano, 43. Parte della parete a profilo rigido, pertinente a un
nel corso delle ricerche degli anni ’8038. grande contenitore di figulina, con una fascia di tre sca-
nalature poco profonde, orizzontali e parallele, sopra l’at-
Decorazione a spina di pesce e baccellature tacco dell’ansa (US1). Ingobbio beige-rosato; imp6; h 9,
largh 8; sp 2.
È presente sull’olla tipo 1.2 (cat. 2). 44. Parte della parete a profilo rigido con una serie di
scanalature verticali, poco profonde; ingobbio esterno
Decorazione a linee verticali beige; imp6; h 6,4, largh 6,3; sp 1,2. Saggio II, US 465.
Inv. 407115.
41. Parte della parete a profilo rigido, accenno di labbro
estroflesso; due linee incise segnano il punto di giunzio-
ne tra parete e labbro; sotto, serie fittissima di linee ver- Elementi Plastici (tav. XXII, nn. 45-46)
ticali incise; ingobbio esterno rosato; imp4; h 4,7, largh Cordone plastico
6,3, sp 1,2; lavorato a mano. Saggio II, US 465. Inv.
407113. Oltre agli esemplari già ricordati, con decorazione
impressa (cat. 37 e 42), si segnala la presenza di due
Motivi impressi (tav. XXI, n. 42) frammenti di grande contenitore, riferibili all’età
Serie di impressioni circolari del Ferro, con cordone rispettivamente digitato e
Il motivo decora un cordone plastico che margina decorato a scanalature oblique.
il fondo tipo 5 (cat. 37). 45. Parte della parete a profilo troncoconico, pertinente
presumibilmente ad un grande contenitore, con cordo-
Serie di ovali impressi ne a profilo sub-ovale, digitato; ingobbio esterno bruno
È attestato sulla superficie esterna del tarallo tipo 1 chiaro; imp1; h 6,3; largh 6,8; sp 1,3; lavorato a mano,
superficie esterna lisciata accuratamente. US 1. Inv.
(cat. 39). Il motivo è presente anche su cordone pla-
407116.
stico, in associazione a scanalature verticali. 46. Parte della parete a profilo rigido, pertinente presu-
42. Parte della parete a profilo rigido, pertinente ad un mibilmente a un grande contenitore, con cordone a pro-
grande contenitore, con cordone ad ovali impressi, sotto filo sub-ovale, decorato con scanalature oblique; ingobbio
il quale è documentata una serie di sei scanalature verti- esterno camoscio, imp1, h 4,9, largh 5,2; sp 1,2; lavorato
cali, profonde; ingobbio camoscio rosato, imp2, h 8,3, a mano, superficie esterna lisciata accuratamente. US 0.
largh 9,2, sp 1.9. Saggio I, US 251. Inv. 407114. Inv. 407117.
37
Cfr. S. Bianco, L. Cataldo, L’insediamento “appen- tav. 31, n. 9.
38
ninico” di Civita di Paterno (Potenza), Galatina 1994, p. 66, Cfr. Satriano, pp. 69-72 e, in particolare, tav. 17, n. 2.
PARTI CONSERVATE
FORMA TIPO DISTRIBUZIONE
orli/bordi anse prese pareti fondi
olla tipo 1.1 3 Saggio I, US 47, 182; Saggio II, US 475
olla tipo 1.2 1 Saggio II, US 394
brocca tipo 1 1 1 Saggio I, US 268
scodella tipo 1 1 Saggio II, US 164
scodella tipo 2 2 Saggio I, US 279; Saggio II, US 301
scodella tipo 3.1 1 Saggio II, US 331
scodella tipo 3.2 1 Saggio II, US 70
scodella tipo 4.1 2 Saggio II, US 143, 475
scodella tipo 4.2 1 Saggio I, US 8
situla tipo 1.1 1 Saggio I, US 107
situla tipo 1.2 2 Saggio II, US 86, 452
vaso troncoconico tipo 1 2 Saggio I, US 107; Saggio II, US 506
vaso troncoconico tipo 1 1 Saggio II, US 465
a parete convessa
piatto tipo 1 1 Saggio I, US 10
ansa tipo 1 4 Saggio I, US 41, 107; Saggio II, US 86, 342
ansa tipo 2 1 Saggio II, US 81
ansa tipo 3 2 Saggio II, US 0, 394
presa tipo 1 2 Saggio I, US 8; Saggio II, US 354
presa tipo 2 4 Saggio I, US 107, 155, Saggio II, US 332
presa tipo 3.1 4 Saggio I, US 54; Saggio II, US 86, 96, 331
presa tipo 3.2 1 Saggio I, US 1
presa tipo 4 1 Saggio II, US 1
presa tipo 5 1 Saggio I, US 187
fondi tipo 1 15 Saggio I, US 2, 107, 158, 251; Saggio II, US 22,
42, 53, 55, 143, 187, 331, 332, 398, 424, 465
fondi tipo 2 2 Saggio I, US 279; Saggio II, US 200
fondi tipo 3 3 Saggio I, US 154; Saggio II, US 22, 465
fondi tipo 4 3 Saggio I, US 254; Saggio II, US 108, 231
dolio tipo 1 1 Saggio II, US 331
pithos tipo 1 1 Saggio II, US 517
scodellone non 1 Saggio I, US 155
determinabile
fondo di grande contenitore tipo 1 5 Saggio I, US 71; Saggio II, US 35, 108, 331,
461
fondo di grande contenitore tipo 2 1 Saggio II, US 301
fondo di grande contenitore tipo 3 1 Saggio II, US 0
fondo di grande contenitore tipo 4 1 Saggio I, US 258
fondo tipo 5 1 Saggio II, US 464
coperchi tipo 1 4 Saggio I, US 117, 182, 279; Saggio II, US 86
tarallo tipo 1 2 Saggio II, US 332, 452
TOTALE 27 8 13 2 32
OLLE
BROCCA
SCODELLE
10
11
SITULE
12
13
VASO TRONCOCONICO
1:4
14
1:4 15
PIATTO ANSE/PRESE
16 17
19
18
20
21
23
22
1:4 24
25
FONDI
26 27
14
28 29
DOLIO
30
1:4
PITHOS
1:4
31
SCODELLONE
32
FONDI
33
34
35
36
1:4 37
COPERCHI TARALLO
38
39
DECORAZIONI
40
41
42
43
44
46
45
1
Come invece giustamente osservato da M. Bats: «la céramique même titre que d’autres catégories plus “nobles”» M. Bats, Céramique
culinaire tournée doit posséder des qualités de résistance thermique commune grecque. Céramique commune italique, in Py 1993, p. 345.
2
qui en font une série très spécialisée, susceptible d’être exportée au Cuomo Di Caprio 1985.
3
Alcuni tra i contributi più significativi, relativi alle de repas communautaires en Lucanie interne, «MEFRA» CVIII
problematiche di questa classe, sono in M. Bats, Vaisselle et 1996, 2, pp. 901-941; Fracchia-Girardot 1986, pp. 127-156; Fratte,
alimentation à Olbia de Provence, «RANarb» suppl. 18, Parigi p. 147; E. Greco, P. G. Guzzo, S. Maria del Cedro. Frazione
1988; G. Olcese, Le ceramiche comuni di Albintimilium. Indagi- Marcellina, «NSc» XXXII 1978, pp. 429-461; Greco G. 1991,
ne archeologica e archeometrica sui materiali nell’area del Cardi- pp. 74-75; Gualtieri 1978, pp. 383-421; Laos I, pp. 19-23; Locri
ne, Firenze 1993; M. Bats, La vaisselle culinaire comme marquer II, pp. 257-294, 327-346; Monte Sannace, pp. 185-190; Morel
culturel: l’exemple de la Gaule méridionale et de la Grande Grèce ( 1970, pp. 73-116; P. Munzi, Laos: aspetti di vita quotidiana at-
IVe -Ier s. av. J. C.), in Terre cuite et société. La céramique, document traverso lo studio del materiale cerammico, in Nella terra degli
technique, économique, culturel (XIVe Rencontres Internationales Enotri (Atti del convegno di studi, Tortora 1998), Paestum 1999,
d’Archéologie et d’Histoire d’Antibes), Juan-les-Pins 1994, pp. pp. 91-98; Rituali per una dea, pp. 63-74; Oppido Lucano I, pp.
407-424; C. Panella, Lo studio delle ceramiche comuni di età ro- 488-534; Oppido Lucano II, pp. 119-297.; Oppido Lucano III,
mana: qualche riflessione, in Les céramiques communes de pp. 215-352; Poseidonia-Paestum I, p. 18; Poseidonia-Paestum II,
Campanie et de Narbonnaise (I s. av.J. C.-II s. ap. J. C.). La vaisselle p. 117; Poseidonia-Paestum III, pp. 144-145; Pomarico Vecchio I,
de cuisine et de table (Actes des Journées d’étude, Naples 1994), pp. 186-195; A. Pontrandolfo, B. Danza, A. Santoriello, L.
Napoli 1996; C. Pavolini, Scavi di Ostia, XIII. La ceramica co- Tomay, Materiali di una fossa di scarico dell’abitato di Fratte:
mune. Le forme in argilla depurata dell’antiquarium, Roma 2000; frammenti di vita quotidiana, «Apollo» XIII 1997, pp. 15-50;
G. Olcese, Ceramiche comuni a Roma e in area romana: produ- Poseidonia e i Lucani, pp. 269-271; Roccagloriosa I, pp. 262-273;
zione, circolazione e tecnologia (tarda età repubblicana-prima età D. Roubis, Ricerche archeologiche nell’abitato indigeno di Dife-
imperiale), Mantova 2003, con relativa bibl. sa San Biagio (Montescaglioso), in F. D’Andria, K. Mannino (a
4
Cfr. Archeologia alle sorgenti del Lao, pp. 163-225; M. cura di) Ricerche sulla casa in Magna Grecia e in Sicilia, Bari
Rinaldi, La ceramica comune di IV e III sec. a.C. di Volcei. Ana- 1998, pp. 235-253, fig. 9 n. 10; Satriano, p. 82; Sibari II. Scavi al
lisi tipologica ed archeometrica, Tesi di specializzazione (Uni- Parco del Cavallo (1960-62; 1969-70) e agli Stombi (1969-1970),
versità della Basilicata) 2002; Cipriani 1989, p. 85; M. A. Cotton, «NSc» XXIII 1970, II suppl., p. 96; Sibari V, Relazione prelimi-
Plain Dark-Surface or Cooking Pot Ware, «NSc» XXXI 1977, nare delle campagne di scavo 1973 e 1974, «NSc» 1988-89, III
suppl., pp. 374-379; M. A. Cotton, Cooking Ware, «BRS» XLIV suppl., p. 188; Tolve, p. 31; H Tréziny, Kaulonia I. Sondages sur
1977, pp. 130-133; M. A. Cotton, Dark-Surfaced or Cooking la fortification nord (Cahier du Centre J. Bérard XIII), Napoli
Ware, in Gravina II, pp. 179-194; O. de Cazanove, Un édifice 1989, pp. 81-90.
5
In questo lavoro il termine “tipo”, che è alla base della che per la ceramica comune di Torre di Satriano non è stato
classificazione delle diverse forme, è da riferirsi soltanto alla possibile realizzare.
6
diversa morfologia di un elemento notevole quale è il labbro e Ad eccezione del frammento n. 47, proveniente da uno
l’orlo e non al valore usato per una articolazione tipologica strato di crollo pertinente alla struttura arcaica.
15
sione. Questi recipienti, privi di un fondo distinto, 67. Due frammenti di orlo; imp g2; ø 21; h 3. Saggio II,
erano generalmente sorretti da sostegni e potevano US 394. Inv. 407138.
prevedere sulla spalla uno sfiatatoio; sono adatti Tipo 3 (tav. XXIV, n. 68)
principalmente alla cottura di minestre e stufati. A Vasca carenata con orlo piatto.
Torre di Satriano, poco attestata, è presente nei con-
68. Orlo; imp g4; ø 20; h 4,3. Saggio I, US 257. Inv.
testi datati al IV e al III sec. a.C. 407139.
Tipo 1 (tav. XXIV, n. 63) Tipo 4 (tav. XXIV, n. 69)
Corto labbro con orlo arrotondato, corpo globulare. Vasca carenata con orlo obliquo esterno.
63. Due frammenti di orlo, cinque pareti ed il beccuccio; 69. Orlo; imp g2; ø 15; h 3,2. Saggio I, US 190. Inv.
imp g 1; ø 10,5; h 9. Saggio II, US 86. Inv. 407134. 407140.
Tipo 2 (tav. XXIV, n. 64) Tipo 5 (tav. XXIV, n. 70)
Corto labbro con orlo piatto, corpo globulare. Vasca carenata con orlo a sezione quadrata.
64. Orlo; imp. arancio-grigio, duro, nucleo grigio con 70. Orlo; imp g2; ø 18; h 2. Saggio II, US 501. Inv. 407141.
numerosi inclusi di calcite; ø 21; h 3. Saggio I, US
182=189. Inv. 407135.
— Tegame
Tipo 3 (tav. XXIV, n. 65) Forma ceramica aperta caratterizzata da una vasca
Alto labbro con orlo obliquo interno. poco profonda a profilo obliquo o arrotondato e di
65. Orlo, cinque pareti ed il beccuccio; imp g6; ø 20; h dimensioni variabili.
4,2. Saggio II, US 459. Inv. 407136. Per quanto riguarda i tegami presi in esame, si trat-
ta di manufatti estremamente frammentari di cui è
— Lopas difficile definire puntualmente la morfologia: non
Forma caratterizzata da una vasca poco profonda è stato possibile associare alla forma un tipo preci-
ed un fondo bombato, che nei reperti di produzio- so di fondo, anche se per la funzione svolta dal reci-
ne più tarda tende a diventare piatto, reca all’inter- piente si può presumere che fosse piatto o piatto
no un risalto per contenere il coperchio ed è forni- profilato.
ta, nella forma più diffusa, di anse a bastoncello La funzione di questo recipiente è legata alla pre-
aderenti alla vasca. Il recipiente è adatto alla bolli- parazione e alla cottura di cibi che non richiedeva-
tura ma soprattutto alla cottura in umido. no una cottura prolungata. A Torre di Satriano
Il profilo della vasca, carenato o arrotondato, ha sono attestati in tutte le fasi cronologiche ricono-
permesso di individuare due differenti morfologie sciute.
che presentano una variabilità nella resa dell’orlo.
Tipo 1 (tav. XXIV, n. 71)
Ha un’origine greca e si diffonde nei siti dell’Italia
Vasca a profilo obliquo, labbro indistinto con orlo
meridionale a partire dalla seconda metà del IV sec.
arrotondato.
a.C.; costituisce per tutto il III sec. a.C. il recipien-
te basso da fuoco più diffuso. 71. Due frammenti di orlo; imp nocciola-rossiccio, duro
con numerosi inclusi bianchi e mica di piccole dimen-
Tipo 1 (tav. XXIV, n. 66) sioni; ø 26; h 2. Saggio II, US 463. Inv. 407142.
Vasca arrotondata con orlo arrotondato.
Tipo 2 (tav. XXIV, n. 72)
66. Orlo; imp g1; ø 16; h 4. Saggio I, US 107. Inv. 407137. Vasca a profilo obliquo, labbro a mandorla.
Tipo 2 (tav. XXIV, n. 67) 72. Orlo; imp g2; ø 25; h 1,2. Saggio II, US 333. Inv.
Vasca arrotondata con orlo piatto. 407143.
— Mortaio
— Bacile
Recipiente usato per macinare e pestare, ha una va-
Recipiente aperto, dal diametro dell’orlo mediamen-
sca dal profilo concavo, poco profonda e con pareti
te tra i 20 e i 30 cm., usato per la preparazione ed il
spesse. La vasca, sorretta da un piede piuttosto ro-
contenimento dei cibi. Ha pareti abbastanza spes-
busto, è generalmente provvista di un colatoio im-
se, vasca non molto profonda a profilo leggermen-
postato sull’orlo. A Torre di Satriano è stato rinve-
te convesso o obliquo, labbro indistinto o distinto
nuto un solo mortaio con un diametro massimo di
più o meno pendulo. Per le forme individuate a
28 cm. proveniente dai contesti più antichi ricono-
Torre di Satriano non possediamo profili completi,
sciuti nelle indagini eseguite.
pertanto non possiamo associarvi i piedi, ma per
confronto con esemplari simili da altri siti essi era-
olla 177 cuocere Saggio I, US 66, 71, 99, 107, 117, 119, 120, 121, 146, 155, 187, 254, 257, 266, 268;
Saggio II, US 83, 96, 126, 143, 210, 234, 301, 323, 328, 331, 333, 334, 341, 354,
394, 424, 452, 460, 463, 465, 501, 517
chytra 9 “ Saggio I, US 120, 155, 257, 268; Saggio II, US 143, 328, 331, 493, 465
caccabè 7 “ Saggio II, US 86, 143, 331, 465, 459; Saggio I, US 182=189
pentola 4 “ Saggio I, US 47, 86, 155; Saggio II, US 143, 328, 341, 463
lopas 39 “ Saggio I, US 47, 71, 107, 117, 119, 187, 190, 251, 257;
Saggio II, US 143, 323, 331, 333, 334, 354, 394, 414, 463, 501, 517
tegame 20 “ Saggio I, US 46, 66, 155; Saggio II, US 331, 333, 341, 463, 512
tagenon 1 “ Saggio II, US 465
clibano 26 coprire Saggio II, US 331, 333, 465, 210, 234, 341, 463, 506, 511
coperchio 33 “ Saggio I, US 71, 97, 146, 155, 187, 254;
Saggio II, US 143, 234, 323, 328, 331, 333, 334,341, 354, 414, 463, 465, 517
brocca 20 contenere Saggio I, US 71, 107, 117, 155; Saggio II, US 143, 331, 333, 341, 424, 460,465, 517
bottiglia 1 “ Saggio I, US 117
piatto 1 “ Saggio II, US 333
olla da dispensa 10 conservare Saggio I, US 71; Saggio II, US 126, 143, 465
catino 1 “ Saggio I, US 268
mortaio 5 preparare Saggio I, US 68, 119, 266, 268; Saggio II, US 143
bacile 33 “ Saggio I, US 68, 71, 107, 119, 146, 155, 257, 274;
Saggio II, US 121, 126, 234, 331, 341, 354, 394, 460, 463, 465, 501
CERAMICA COMUNE DEPURATA - Distribuzione quantitativa delle forme all’interno delle unità stratigrafiche
olla 40 conservare Saggio I, US 47, 66, 71, 73, 96, 99, 119, 121, 126, 143, 155, 251, 257, 266, 268,
274; Saggio II, US 234, 331, 333 , 341, 501
anforetta 3 “ Saggio II, US 234, 328, 333
catino 2 “ Saggio I, US 71; Saggio II, US 333
brocca 28 mesecere Saggio I, US 66, 70, 71, 73, 104, 117, 119,155, 187;
Saggio II, US 234, 323, 333, 341, 414, 465, 517
bottiglia 5 “ Saggio II, US 143, 104, 333, 501
boccale 1 “ Saggio II, US 1
piatto 4 contenere Saggio I, US 47; Saggio II, US 143, 341
ciotola 12 “ Saggio I, US 66, 73, 119, 155; Saggio II, US 234, 333, 424, 465, 506, 521
bacile 2 “ Saggio II, US 261, 266; Saggio II, US 333
coppa 25 “ Saggio I, US 1, 47, 73, 77, 117, 119, 146, 254, 257, 266, 268; Saggio II, US 83, 99,
143, 328, 354,
lekane 1 “ Saggio II, US 501
coperchio 7 coprire Saggio I, US 1, 66, 72, 146, 251, 266; Saggio II, US 234, 370, 506
OLLE
48
47
49
50
52
51
53
54
55
56
57
59
58
PENTOLA CHYTRA
60 61
CACCABÉ
62
64 63
LOPADES
65
66
67
68
70
69
TEGAMI
71
72
73
74
75
76
77
TAGENON
78
CLIBANO
79
80
COPERCHI
81 82 83
84 85
86
87 88
89 90
OLLE
91
92
CATINO
93
BROCCHE
96
94
95
BACILI
97
98
99
100
101
102
MORTAIO
103
OLLE DA DISPENSA
104
105
106
107
ANFORETTE
108
109
CATINI
110
111
BROCCHE
113
112
115
114
117
116
BOTTIGLIA
119
118
CIOTOLE
120
121
122 123
COPPE
125
124
126
1 5
Ai corredi ceramici di Ruvo del Monte e Satriano, infatti, Questa particolare lekanis con decorazione geometrica,
si deve la possibilità di conoscere in maniera sufficientemente realizzata, diversamente dalle altre forme, con il tornio veloce,
articolata le caratteristiche della ceramica subgeometrica diffu- deriva dalle lekanides a bande comuni nel repertorio greco,
sa tra l’alto corso dell’Ofanto e la Basilicata nordoccidentale, anche di produzione magnogreca. Cfr. Oppido Lucano I, p. 528,
tra la fine del VII secolo e il primo quarto del V sec. a.C., fig. 49, n. 8; Oppido Lucano II, p. 150, fig. 44, n. 7.
6
altrimenti solo sporadicamente attestata. Per un inquadramen- Tale sintassi presenta analogie con gli apparati decorativi
to generale delle necropoli suddette si rimanda a Bottini 1979, presenti su vasi rinvenuti in Lucania occidentale (Sala Consilina,
pp. 77-94 e Holloway 1970, pp. 33-82. Roccanova, Palinuro) e datati tra la fine del VII e il corso del
2
Cfr. Yntema 1990, pp. 187-193. VI sec. a.C. Cfr. Yntema 1990, pp. 133-143.
3 7
Realizzate separatamente le diverse parti del vaso, esse ve- Cfr. Yntema 1990, pp. 192-193.
8
nivano assemblate quando l’argilla si fosse parzialmente seccata. Per Ruvo del Monte, cfr. Bottini 1979; 1980; 1981; per
4
La produzione di Satriano, in particolare, si caratterizza Cairano, cfr. L. A. Scatozza, Una brocchetta enotria sub-geome-
per la presenza di una soluzione decorativa anche a tre tonalità trica e altro materiale da Satriano, «RendNap» LIII 1978, pp.
cromatiche, con l’inserimento di un rosso-viola, accanto al 105-122; Bailo Modesti 1980; per Pisciolo, cfr. Tocco 1975, tav.
bruno e al rosso scuro tradizionali. Questa originale tricromia 94.1; per Ripacandida, cfr. Bottini 1980; 1981; Setari 1999; per
è attestata nel corso del VI secolo, fino all’inizio del V sec. Melfi Chiucchiari, cfr. Ordona IV, tav. XXXVIII, 43; per
a.C. Cfr. Holloway 1970, pp. 88-91. Satriano, cfr. Holloway 1970; per Serra di Vaglio, cfr. Greco
— Olla — Brocca
Forma tradizionalmente destinata nel mondo indi- Forma impiegata per contenere e versare liquidi, la
geno a contenere liquidi o derrate solide. In ambito brocca è ampiamente attestata sia in contesto
G. 1980, tav. III; per Sala Consilina, cfr. De La Genière 1968, individuare, ancor prima che studiare, le forme dei frammenti
tav. 12, n. 1; tav. 50, n. 12; tav. 51, nn. 1-2; per Atena Lucana, in esame, dato lo scarso numero di orli rinvenuti e l’assenza su
cfr. E. D’Alto, Atena Lucana, Galdo degli Alburni 1985; per questi ultimi di attacchi d’ansa, preziosi per distinguere alcune
Oliveto Citra, cfr. De La Genière 1968, tav. 52, n. 6; per forme chiuse da altre.
11
Buccino, cfr. V. Bracco, Volcei (Forma Italiae, Regio III), II, Fi- Cfr. Holloway 1970, p. 87, fig. 151. La serie di triangoli
renze 1978; Johannowsky 1985. pieni, a lato rigido, è la tipica decorazione del labbro già nel
9
Nonostante il rinvenimento di materiale subgeometrico repertorio Protogeometrico. In seguito, a partire dal Mediogeo-
anche dagli strati propriamente arcaici, si è scelto di rimandare metrico, nel secondo quarto dell’VIII sec. a.C., il lato perde
la trattazione di quest’ultimo all’interno dello studio specifico rigidità, diventa inflesso e mantiene nella ceramica enotria que-
della fase arcaica del sito, e di presentare in questa sede solo la sta caratteristica fino al Tardogeometrico. Nello stile Sub-
ceramica subgeometrica residuale proveniente dai livelli lucani. geometrico è sostituito da ornati bicromi, dove prevale nor-
10
Risulta compromessa, particolarmente, la possibilità di malmente il motivo ad archi.
16
abitativo, sia funerario. In ambito nord-lucano è Si può ipotizzare che nella decorazione del labbro,
particolarmente diffuso il tipo a corpo globulare, fortemente lacunosa, un motivo ad archi marginas-
con collo troncoconico o cilindrico. Tra il materia- se superiormente i triangoli campiti, secondo uno
le in esame è attestato il tipo a collo troncoconico. schema ricorrente nella produzione nord-lucana. Il
motivo presenta elementi di somiglianza con un
Brocca a collo troncoconico (tav. XXIX, n. 129)
kantharos da Serra di Vaglio, datato alla seconda
Labbro estroflesso con orlo arrotondato e assotigliato,
metà del VII sec. a.C.15.
collo troncoconico.
129. Orlo e collo; ingobbio esterno di colore beige rosa- Labbro estroflesso con orlo arrotondato.
to; sulla superficie superiore del labbro, due strette fasce
orizzontali parallele, bruna e rossa; lungo l’orlo, fila di 131. Labbro; ingobbio esterno di colore beige rosato;
punti bruni; sul collo, alta banda orizzontale; vernice sulla superficie superiore del labbro, motivo ad archi for-
rossa e bruna; imp1; ø 9; h 2,5; a mano e alla ruota lenta. mato da una coppia di linee parallele; in prossimità del-
Saggio I, US 182. Inv. 407200. l’orlo, serie continua di punti; vernice rossa e bruna;
imp1; ø 15,4; h 2,2; a mano e alla ruota lenta. Saggio II,
Per la forma un confronto puntuale può istituirsi US 209. Inv. 407202.
con un esemplare da Torre di Satriano datato nel
corso del VI sec. a.C.12 e con una brocca dalla tomba L’associazione del motivo ad archi con la serie di
18 di Ruvo del Monte, datata tra la fine del VII e la punti lungo l’orlo è documentata a Ruvo del Mon-
fine del primo quarto del VI sec. a.C. La particolare te fra primo e secondo quarto del VI sec. a.C., a
decorazione del labbro, con fila di punti lungo il Satriano nel corso del VI sec. a.C., a Serra di Vaglio
margine dell’orlo, pare una originale elaborazione e in ambito peuceta in pieno VI sec. a.C.16
del motivo a bande concentriche, per lo più bicrome,
comune all’interno della Ruvo-Satriano class, ma più Labbro estroflesso con orlo arrotondato e assotigliato.
frequente nella produzione daunia13. L’associazione 132. Labbro; ingobbio esterno di colore beige rosato;
della fila di punti con una o più bande è una soluzio- sulla superficie superiore del labbro, fasci di sei tratti
verticali paralleli, irregolari, si alternano a riquadri ros-
ne decorativa presente a Ruvo del Monte nel terzo
si, pieni; lungo l’orlo, linea continua rossa; nel punto di
quarto del VI sec. a.C.14. passaggio dal labbro al collo, motivo non leggibile; ver-
nice rossa e bruna; imp5; ø 9,5; h 1,5; a mano e alla ruo-
— Orli di forme chiuse non identificabili ta lenta. Saggio II, US 394. Inv. 407203.
16
12
Cfr. Bottini 1981, p. 241, fig. 38.140; Holloway 1970, Cfr. Bottini 1981, p. 272, fig. 76.337; Holloway 1970,
pp. 38-39, fig. 80.4. pp. 93-94, fig. 154.218; Greco G. 1991, p. 21, fig. 58; Yntema
13
Cfr. Yntema 1990, p. 190, fig. 173.18; Setari 1999, p. 83, 1990, p. 213, fig. 195.29. Lo schema decorativo è presente an-
fig. 6a.3. che nei corredi della fase III B di Sala Consilina.
17
14
Cfr. Bottini 1981, p. 232, fig. 26.80. Cfr. Yntema 1990, p. 190, fig. 173.19.
18
15
Cfr. Greco G. 1991, p. 23, fig. 65. Per Ripacandida, cfr. Setari 1999, p. 83, fig. 6a.1; per
Buccino, cfr. Johannowsky 1985, fig.30.23, fig. 31.27 (brocca e XVII 1974-1976, p. 189, fig. 1; per Ruvo del Monte, cfr. Botti-
olla kantaroide provenienti dalla tomba 207 della necropoli di ni 1980, fig. 76.332; per la necropoli di Pisciolo nel Melfese,
S. Stefano, il cui corredo corrisponde cronologicamente alla cfr. Tocco 1975, tav. 94.1.
19
fase III B di Sala Consilina); per Satriano, cfr. Holloway 1970, Cfr. Bottini 1981, p. 233, fig. 26.80.
20
p. 38, fig. 79.3; per Serra di Vaglio, cfr. Greco G. 1980, tav. III; Cfr. Yntema 1990, p. 56, fig. 38.
21
1991, p. 30, fig. 77; per Oppido Lucano, cfr. E. Lissi Caronna, Per Ruvo del Monte, cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 28.95;
Botteghe oppidane di ceramica enotria, «AttiMemMagnaGr» XV- per Ripacandida, cfr. Setari 1999, p. 83, fig. 6a.5.
22
Cfr. Bottini 1981, p. 223, fig. 15.33. Satriano, cfr. Holloway 1970, p. 94, fig. 154.220; per Oppido
23
Per Ripacandida, cfr. Setari 1999, p. 98, fig. 14.44; per Lucano, cfr. Yntema 1990, p. 316, fig. 314; per Ruvo del Mon-
Serra di Vaglio, cfr. Greco G. 1980, tav. III; per Ruvo del Mon- te. cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 17.46.
26
te, cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 17.46. Cfr. Bottini 1981, pp. 190-191, fig. 8.
24 27
Cfr. Yntema 1990, p. 190, fig. 173.9. Cfr. Johannowsky 1985, p. 117, fig. 30.30.
25 28
Per Buccino, cfr. Johannowsky 1985, p. 117, fig. 31.29; Cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 78.338; Holloway 1970, p.
per Ripacandida, cfr. Setari 1999, p. 89, fig. 10.40; per Torre di 76, fig. 152.
144. Parete a profilo teso; ingobbio di colore beige; nel Il motivo a semplici tratti obliqui, leggermente ir-
punto di passaggio dal collo alla spalla, linea e banda regolari, che formano una fascia reticolata entro li-
orizzontali parallele, da cui parte una serie di tre larghe
fasce verticali parallele a formare un triglifo; vernice bru-
nee parallele è attestato in ambito Bradanico, a
na; imp5; largh 5, sp 0,4; a mano. Saggio II, US 397. Inv. Cozzo Presepe, in contesto datato tra la fine
407215. dell’VIII e l’inizio del VII sec. a.C.37. Non si segna-
29
Cfr. Bottini 1981, p. 189, fig. 91.372; Holloway 1970, p. 1968, p. 327, tav. 42, fig. 9.
33
93, fig. 154.216. Cfr. Setari 1999, p. 86, fig. 9b.20.
30 34
Cfr. Yntema 1990, p. 56, fig. 38.i. Cfr. Bailo Modesti 1980, p. 172, tav. 92.11.
31 35
Cfr. Holloway 1970, pp. 94-95, fig. 154.223-225; Bottini Cfr. Yntema 1990, p. 22, fig. 6.3.
36
1981, p. 194, fig. 66.241. Cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 76.337.
32 37
Cfr. Oppido Lucano III, p. 274, fig. 225.11; De La Genière Cfr. Yntema 1990, p. 163, fig. 143.
CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA - Distribuzione quantitativa delle forme all’interno delle unità stratigrafiche
38
Cfr. B. Chiartano, La necropoli dell’età del Ferro del- 1996, p. 52, tav. 18, T. 482; Incoronata V, p. 105, figg. 169-
l’Incoronata e di San Teodoro. Scavi 1986-1987, 3, Galatina 170.
OLLE
127
128
BROCCHE ORLI
130
129
132
131
133 134
ANSE
135
FONDO
138
PARETI
139 140
141
142
143
144
145 146
SCODELLA
147
1
La produzione di coppe ioniche sembra rientrare in un Gravisca, scavi nel santuario greco. Le ceramiche ioniche, Bari 1994;
arco cronologico piuttosto ampio compreso tra il VI sec. a.C. e S. Boldrini, Coppe ioniche e altro: una produzione occidentale a
la prima metà del V sec. a.C. (J. P. Morel, L’expansion phocéenne Gravisca, in Ceràmiques jònes d’època arcaica. Centres de producció
en Occident. Dix années de recherches (1966-1975), «BCH» XCIX i commercialització al Mediterrani occidental (Actes de la Taula
1975, p. 861). L’ampia distribuzione dei manufatti pertinenti a rodona celebrada a Empúries, els dies 26 al 28 de maig de 1999),
tale produzione è attestata dai numerosi rinvenimenti in siti Empúries 2000, pp. 101-110.
2
dell’area lucana (Cozzo Presepe, pp. 321-333; Pomarico Vecchio I, Adamesteanu 1973, pp. 153-180; F. D’Andria, Metaponto.
pp. 56-59 con relativa bibliografia), apula (P. G. Guzzo, Importa- Scavi nella zona del Kerameikos (1973), in Adamesteanu-Mertens-
zioni fittili greco-orientali sulla costa ionica d’Italia in Les D’Andria 1975, pp. 355-342; D’Andria 1980, pp. 117-146.
3
Céramiques de l’Est et leur diffusion en Occident, Parigi 1978, pp. F. Villard, G.Vallet, Megara Hyblea V. Lampes du VIIe siècle
107-130; E. Lippolis, Dal VII al secondo venticinquennio del V et cronologie des coupes ioniennes, «MEFRA» 1955, pp. 7-34.
4
sec. a.C., in A. Dell’Aglio, E. Lippolis (a cura di), Catalogo del Adamesteanu 1973, pp. 153-180; Adamesteanu-Mertens-
Museo Nazionale Archeologico di Taranto, II. 1. Ginosa e Laterza. D’Andria 1975, pp. 419-472.
5
La documentazione archeologica dal VII al III sec. a.C. Scavi 1900- Pomarico Vecchio I, pp. 56-57.
6
1980, Taranto 1982, p.159) e dell’Etruria meridionale (S. Boldrini, Forentum I, p. 155, tav. 29.
1
In altri contesti di studio questa classe ceramica è stata Vecchio I, p. 161.
2
inserita all’interno della stessa classe a decorazione geometrica De Juliis 1990, pp. 163-171; Giorgi 1989, p. 172.
3
definita Matt-painted, come sviluppo delle serie più antiche: Pomarico Vecchio I, pp. 161- 172.
4
la decorazione di tale produzione adotta una decorazione c.d. Oppido Lucano IV, p. 373 sg.
5
“di stile misto”, che accosta ai motivi a bande, a linee Pomarico Vecchio I, p. 166, tav. 56, nn. 25-26.
6
orizzontali o a tremolo, elementi fitomorfi stilizzati: Yntema Roccagloriosa I, p. 225, fig. 177.
7
1990; cfr. al riguardo l’edizione degli scavi di Gravina (Gravina Edito: L. Colangelo in Rituali per una dea, p. 76, fig. 53,
II) e Cozzo Presepe. Sul problema si veda anche Pomarico n. 98.
156. Due frr. di orlo e parte del corpo; fascia di colore 160. Orlo, collo e attacco della spalla; fascia di colore
bruno sull’orlo; imp1; ø orlo 20,2; h max 3,2. Saggio I, bruno sul collo; imp3; ø orlo 15,9; h max 2,3. Saggio I,
US 187. Inv. 407224. US 257. Inv. 407228.
Tipo 3 (tav. XXXIII, nn. 161-162)
6.1
Orlo indistinto, collo cilindrico, spalla poco accentuata.
Orlo estroflesso, a tesa piatta, lievemente sagomato,
collo cilindrico. 161. Orlo; fascia di colore bruno sotto l’orlo; imp3; ø
orlo 9,8; h max 3,2. Saggio II, US 143. Inv. 407229.
157. Orlo, parte del corpo e ansa; fascia di colore bruno
sull’orlo, sul collo motivo a goccia alternato a bande di 3.1
colore bruno di differente spessore; imp3; ø orlo 19,2; h Orlo indistinto, lineare, con andamento obliquo.
3. Saggio I, US 187. Inv. 407225.
162. Orlo; fascia di colore bruno sull’orlo; imp3; ø orlo
8,4; h max 1,8. Saggio I, US 155. Inv. 407230.
— Brocca
Tipo 4 (tav. XXXIII, n. 163)
Tale forma, usata per contenere e versare liquidi,
sembra essere prodotta localmente, come atteste- Orlo estroflesso, labbro lievemente ingrossato, collo
rebbe il ricorrere di analoghi manufatti provenienti cilindrico.
sia dalle due aree di scavo (Saggio I e II) sia dalle 163. Orlo; fascia di colore bruno sull’orlo; imp2; ø orlo
8
Pomarico Vecchio I, p. 170, tav. 63, n. 52. L’esemplare,
classificato come olpe, in questo caso presenta un rivestimento
a vernice rossa.
9
Giorgi 1989, p. 172; Pomarico Vecchio I, p. 171.
10
Pomarico Vecchio I, p. 163, tav. 57, n. 6 Settembre 1988-Giugno 1989, «Taras» IX 1-2 1989, p. 212, tav.
11
Tinè Bertocchi 1985, p.12, T. 12,1; pp. 129-130, T. 15,6; XCIII, 1; Giorgi 1989, pp. 179-181, tav. 32, in particolare la
p. 131, T. 19,5; pp. 139-140, T. 51,1; p. 147, T. 57,2; Archeologia nota 30; A. Dell’Aglio, Dal 475 a.C. al III sec. a.C., in Museo
dei Messapi, pp. 164, 277; Gravina III, p.125, n. 275. Taranto II. 1, pp.183-184.
12 15
Valle del Sinni I, pp. 162-166, fig. 161, n. 3. S. Taylor, Whaelmade Plainted Pottery, in Metaponto II,
13
Holloway 1970, p. 73, tav. 153, n. 139; pp. 71-72, tav. 131, n. 131. p. 337, n. 200; per la produzione metapontina di V sec. a.C.
14
Sulla diffusione di tale forma all’interno dei principali ved. D’Andria 1980, p. 117.
16
centri indigeni, lucani ed apuli, si veda Pomarico Vecchio I, pp. A Pomarico, come a Satriano, tale forma è documentata
164-165, con relativa bibl.; Archeologia dei Messapi, p. 291, n. per tutto l’arco di vita del sito; ved. Pomarico Vecchio I, p. 164.
17
204; A. Dell’Aglio, G. Russo, Notiziario delle attività di tutela. Giorgi 1989, p. 180.
18
Edito: L. Colangelo in Rituali per una dea, p. 76, fig. 53,
n. 96.
PARTI CONSERVATE
FORMA TIPO ESEMPLARI DISTRIBUZIONE CRONOLOGIA
INTEGRI orli/bordi anse pareti fondi
olla tipo 1 1 Saggio I, US 107 seconda metà del IV-
inizi III sec. a.C.
olla tipo 2 1 Saggio I, US 1 ”
olla tipo 3 1 Saggio I, US107 ”
olla tipo 4 1 Saggio I, US 268 ”
olla tipo 5 1 Saggio I, US 187 ”
olla tipo 6 1 Saggio I, US 187 ”
olla tipo 6.1 1 Saggio I, US 187 ”
brocca tipo 1 1 Saggio I, US 10 ”
brocca tipo 2 1 Saggio I, US 254 ”
brocca tipo 2.1 3 Saggio I, US 251, 254, 257 ”
brocca tipo 3 1 Saggio II, US 143 ”
brocca tipo 3.1 1 Saggio I, US 155 ”
brocca tipo 4 1 Saggio I, US 257 ”
brocca tipo 5 1 Saggio I, US 187 ”
brocca tipo 6.1 1 Saggio I, US 187 ”
brocca tipo 6.2 1 Saggio I, US 155 ”
brocca tipo 7 1 Saggio I, US 117 ”
brocca tipo 8 1 Saggio II, US 143 ”
craterisco tipo 1 1 1 Saggio I, US 187 IV sec. a.C.
coppa tipo 1 2 Saggio I, US 47, 323 seconda metà del IV-
inizi III sec. a.C.
coppa tipo 2 Saggio I, US 187 ”
coppa tipo 3 5 Saggio I, US 5, 10, 251, 267; ”
Saggio II, US 304
coppetta tipo 1 11 2 Saggio I, US 5, 8, 117, 146, ”
182, 187, 252, 255, 268;
Saggio II, US 143, 231, 334
piatto tipo 1 1 Saggio I, US 1 ”
coperchio tipo 1 1 Saggio I, US 254 ”
forma chiusa non 22 1 79 2 Saggio I, US 95, 107, 119, 146,
determinabile 155, 164, 187, 254, 261, 266,
267, 268 ; Saggio II, US 143, 1 /
TOTALE 1 63 1 81 2
COPPE
148 149
150
OLLE
151
152
153
154
155
17
TAV. XXXIII. CERAMICA A BANDE
1:2
156
157
BROCCHE
158
159
161 160
162 163
164
165
166
167
168
CRATERISCO
178
169
COPPE/COPPETTE
171
170
172
173
174
175
176 177
178 179
181
180
183
182 184
PIATTO
185
COPERCHIO
186