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DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LUCANIA

QUADERNI ARCHEOLOGICI

Fondati da
Dinu Adamesteanu
Vincenzo Verrastro

2
DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA LUCANIA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA


SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ARCHEOLOGIA DI MATERA

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Direttore
Massimo Osanna

Nuova Serie

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TORRE DI SATRIANO I
IL SANTUARIO LUCANO

a cura di Massimo Osanna e M. Maddalena Sica

OSANNA EDIZIONI

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Redazione
Lucia Colangelo, Tonia Giammatteo

Documentazione grafica, fotografica, foto da pallone ed elaborazione in CAD a cura di


Marco Di Lieto

Composizione e lucidatura tavole dei materiali


Antonio Bruscella, Lucia Colangelo

ISBN 88-8167-249-9

© 2005 OSANNA EDIZIONI s.r.l.


via appia 3/a 85029 venosa (pz) tel. 0972. 35952 fax 35723
e-mail: osanna@osannaedizioni.it sito web: www.osannaedizioni.it

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Indice

111 Introduzione. MASSIMO OSANNA

TORRE DI SATRIANO I. IL SANTUARIO LUCANO

115 Abbreviazioni bibliografiche

I. IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO

141 1. Il comprensorio lucano centro-settentrionale tra età arcaica e romanizzazione


Il quadro territoriale e le vicende storiche
153 2. Il santuario lucano nel suo contesto
Continuità e cesure nell’insediamento di Torre di Satriano. MASSIMO OSANNA

II. IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO

161 1. La scoperta del santuario e le prime ricerche


Gli scavi del biennio 1987-1988. M. MADDALENA SICA
2. La ripresa delle indagini
164 2. 1. I nuovi scavi dell’Università della Basilicata (2000-2003). MASSIMO OSANNA, M. MADDALENA SICA
166 2. 2. La sequenza stratigrafica e le fasi. LUCIA COLANGELO, ALESSANDRO D’ALESSIO, SALVATORE DE VINCENZO
3. L’architettura del santuario
100 3. 1. Ipotesi ricostruttiva delle planimetrie e degli alzati nella varie fasi. M. MADDALENA SICA
119 3. 2. Le coperture e le terracotte architettoniche. VINCENZO CAPOZZOLI

III. LA SUPPELLETTILE DAL SANTUARIO

141 1. La coroplastica. ILARIA BATTILORO


198 2. Statuetta bronzea. SALVATORE DE VINCENZO
3. La ceramica
200 3.1. Ceramica d’impasto. CECILIA DE FAVERI
222 3.2. Ceramica comune. MASSIMO RINALDI
240 3.3. Ceramica a decorazione geometrica. LARA COSSALTÉR
250 3.4. Ceramica di produzione coloniale. LUCIA COLANGELO
251 3.5. Ceramica a bande. LUCIA COLANGELO
261 3.6. Ceramica a vernice nera. ANTONIO BRUSCELLA, TERESA VIRTUOSO
299 3.7. Ceramica a vernice rossa o bruna. LUCIA COLANGELO
311 3.8. Ceramica a figure rosse. LUCIA COLANGELO

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316 3.9. Ceramica sovraddipinta. LUCIA COLANGELO
325 3.10. Ceramica a pasta grigia. SALVATORE DE VINCENZO
333 3.11. Ceramica sigillata. MARCO GIGLIO
334 3.12. Ceramica a pareti sottili. MARCO GIGLIO
334 3.13. Unguentari. MARCO GIGLIO
342 3.14. Ceramica miniaturistica. ANNARITA DI NOIA
348 4. Lucerne. SALVATORE DE VINCENZO
357 5. Thymiateria. MARCO DI LIETO
388 6. Pesi da telaio e fuseruole. ANNALISA LO MONACO
396 7. Oggetti di ornamento personale e varia. ANNARITA DI NOIA
401 8. Reperti metallici. ANTONIO BRUSCELLA, VINCENZO CAPOZZOLI
409 9. Monete. MONICA SATRIANO

IV. DALL’INDAGINE ARCHEOLOGICA ALLA RICOSTRUZIONE DEL RITO

415 1. La morfologia del sacro


Linee introduttive allo studio del fenomeno cultuale a Torre di Satriano. MASSIMO OSANNA
417 2. Iconografia e culto
Dalle immagini votive alla ricostruzione della personalità divina. ILARIA BATTILORO
3. Il rito nello spazio sacro
427 3.1. Organizzazione dello spazio sacro
434 3.2. Il rito: sacrificio, libagione e pasto rituale. MASSIMO OSANNA
4. Dalla sorgente al santuario
443 4.1. Il ruolo dell’acqua nelle dinamiche del sacro. TONIA GIAMMATTEO
447 4.2. L’acqua nel santuario di Torre di Satriano. MASSIMO OSANNA
5. L’età delle trasformazioni
450 5.1. Il culto tra tarda repubblica e principato. MASSIMO OSANNA
452 5.2. Un culto dei Lari a Torre di Satriano? SALVATORE DE VINCENZO

Appendici
461 I. LA DOCUMENTAZIONE EPIGRAFICA. CHIARA PILO

II. LE INDAGINI GEOMORFOLOGICHE


462 2.1. Prospezioni magnetiche superficiali applicate all’area archeologica del santuario di Torre di
Satriano. DOMENICO CHIANESE, VITA LOCATORE, MARCO MUCCIARELLI
466 2.2. Analisi archeoambientale del santuario di Torre di Satriano.
S. IVO GIANO, FRANCESCO SDAO, CINZIA ZOTTA

III. I METODI DELL’INDAGINE


473 Documentazione archeologica ed applicazioni tecnologiche. MARCO DI LIETO
IV. LE ANALISI ARCHEOMETRICHE
477 Le indagini archeometriche delle ceramiche di Torre di Satriano: analisi mineralogiche e
petrografiche. TONIA GIAMMATTEO, PAOLA DI LEO, PAOLO BENEDUCE

491 V. LE ANALISI ARCHEOZOOLOGICHE. CLAUDIO SORRENTINO

8 INTRODUZIONE
ILARIA BATTILORO I. B.
Contributi
PAOLO BENEDUCE P. B.

ANTONIO BRUSCELLA A. B.

VINCENZO CAPOZZOLI V. C.

DOMENICO CHIANESE D. C.

LUCIA COLANGELO LUCIA C.

LARA COSSALTÉR LARA C.

ALESSANDRO D’ALESSIO A. D’A.

CECILIA DE FAVERI C. D. F.

SALVATORE DE VINCENZO S. D. V.

PAOLA DI LEO P. D. L.

MARCO DI LIETO M. D. L.

ANNARITA DI NOIA A. D. N.

TONIA GIAMMATTEO T. G.

S. IVO GIANO S. I. G.

MARCO GIGLIO M. G.

VITA LOCATORE V. L.

ANNALISA LO MONACO A. L. M.

MARCO MUCCIARELLI M. M.

MASSIMO OSANNA M. O.

CHIARA PILO C. P.

MASSIMO RINALDI M. R.

MONICA SATRIANO M. S.

FRANCESCO SDAO F. S.

M. MADDALENA SICA M. M. S.

CLAUDIO SORRENTINO C. S.

TERESA VIRTUOSO T. V.

CINZIA ZOTTA C. Z.

INTRODUZIONE 9
10 INTRODUZIONE
Introduzione

A partire dalla primavera 2000 la Facoltà di Lettere e Filosofia e la Scuola di


Specializzazione in Archeologia di Matera (Università degli Studi della
Basilicata) hanno intrapreso una attività di ricerca scientifica sul territorio
lucano, rivolgendo l’interesse ad un importante insediamento antico del
potentino, ubicato presso l’elevato picco di Torre di Satriano, tra i due comuni
di Tito e di Satriano di Lucania, già noto nella letteratura archeologica per le
rilevanti scoperte effettuate a più riprese nel corso del secolo scorso.
Nell’ambito di tale progetto, in base alle indicazioni della Soprintendenza
per i Beni Archeologici della Basilicata, è stato avviato lo scavo sistematico
presso il versante meridionale dell’altura, dove, nel biennio 1987-1988, Ema-
nuele Greco con una équipe dell’Istituto Orientale di Napoli, aveva parzial-
mente indagato un luogo di culto di età lucana e alcune sepolture dell’età del
Ferro. Scopo delle nuove ricerche era l’esplorazione complessiva del santuario e
la conoscenza più approfondita del lembo di insediamento arcaico documenta-
to dalle poche tombe già portate alla luce.
Lo scavo è stato portato avanti nel corso di quattro campagne e si è concluso
nel dicembre 2003, portando alla luce nuovi rilevanti dati sia sul complesso
sacro sia sull’abitato pre-lucano1. Parallelamente allo scavo, nel biennio 2002-
2003 è stata inoltre condotta in tutto il territorio circostante l’altura di Torre
di Satriano una ricognizione di superficie, finalizzata alla comprensione delle
dinamiche insediative sviluppatesi nella diacronia nel comprensorio.

1 Nel corso di un quadriennio lo scavo del santuario può ritenersi praticamente concluso. I
risultati significativi ottenuti nelle varie campagne sono stati già parzialmente presentati in sedi
diverse: oltre ai resoconti annuali presentati da M.L. Nava nell’ambito dei convegni tarantini, si
ricorda il catalogo collegato alla mostra Rituali per una dea lucana, allestita al Museo Provinciale
di Potenza nel maggio 2001 e il primo resoconto preliminare, edito in Osanna 2002. Un quadro
di sintesi riguardante materiali e ritualità in età lucana è stato presentato nel convegno materano
Lo spazio del rito. Santuari e culti in Magna Grecia tra indigeni e greci, e più recentemente nel
saggio edito in «Archiv für Religionsgeschichte» (Osanna 2004); alla frequentazione di età pre-
lucana è stato dedicato il saggio di Sica 2004; a quella di età romana il lavoro a più mani di De
Vincenzo-Osanna-Sica 2004.

INTRODUZIONE 11
In questa sede si presenta l’edizione definitiva dei nuovi scavi nel santuario,
mentre confluiranno in un secondo volume, attualmente in preparazione, i
risultati delle indagini riguardanti l’insediamento nel suo complesso, tanto
quelli della ricognizione di superficie quanto degli scavi condotti sia nel settore
dell’abitato arcaico ricadente nell’area del santuario, sia lungo il muro di cin-
ta di età lucana, nel tratto che si sviluppa lungo il versante meridionale del
rilievo.
Alle indagini hanno preso parte numerosissimi studenti dell’Ateneo lucano,
tanto della Facoltà di Lettere quanto della Scuola di Specializzazione in Archeo-
logia, oltre a molti studenti stranieri (provenienti dalle Università di Granada
e di Jaen, di Pau, dalla Libera Università di Amsterdam, dalla John Cabot
University di Roma e dalla Bilkent University di Ankara).
L’indagine scientifica, diretta da chi scrive, è stata coordinata sul campo da
Maria Maddalena Sica. Responsabile della documentazione grafica e fotografi-
ca è stato, come di solito nei progetti che coinvolgono la Scuola di
Specializzazione, Marco Di Lieto, affiancato nella campagna del 2002 da Lara
Cossaltér. In qualità di responsabili dei vari settori di scavo si sono invece
alternati sul campo Lucia Colangelo, Alessandro D’Alessio, Cecilia De Faveri,
Salvatore De Vincenzo, Marco Di Lieto, Giancarlo Garna, Tonia Giammatteo,
Marco Giglio, Paola Iannuzziello, tutti allievi della Scuola di Specializzazione.
Il complesso lavoro di coordinamento tra i saggi dei vari autori e di reda-
zione del volume è stato svolto da chi scrive, affiancato con grande perizia e
impegno da Lucia Colangelo e Tonia Giammatteo; la lucidatura dei disegni
dei materiali si deve ad Antonio Bruscella. A loro va il mio sentito ringrazia-
mento per l’impegno profuso e la grande professionalità dimostrata.
La realizzazione del volume è stata resa possibile grazie ad una convergen-
za significativa di intenti che ha visto proficuamente collaborare Università,
Soprintendenza e Enti locali, tra cui Regione Basilicata, Consiglio Regionale
di Basilicata, Comunità Montana del Melandro e Deputazione per la Storia
Patria della Lucania, circostanza importante questa, che si auspica destinata a
ripetersi costantemente in un panorama regionale, come quello lucano, ove i
Beni Culturali costituiscono un patrimonio di eccezionale rilievo.
Un grazie particolare, dunque, ai rappresentanti di tali Istituzioni:
Antonino De Francesco, Aldo Corcella e Rita Enrica Librandi, che si sono
succeduti alla presidenza della Facoltà, e hanno sempre voluto assicurare alla
ricerca un significativo sostegno finanziario; Maria Luisa Nava, allora soprin-
tendente archeologo della Basilicata; Nicola Fermo e Pasquale Scavone, che si
sono succeduti come sindaci del comune di Tito, l’allora sindaco di Satriano di
Lucania, Vincenzo Giuliano; Raffaele Giura Longo, presidente della Deputa-
zione di Storia Patria. A Mariano Schiavone della Regione Basilicata, va la

12 INTRODUZIONE
gratitudine per il lavoro svolto nell’elaborazione del “progetto Torre di
Satriano”. Alla Famiglia Laurini va invece il sentito ringraziamento di tutta
l’équipe per il privilegio di essere stati ospitati nel bel palazzo di Tito.
Ovviamente ringraziamenti non meno sentiti vanno a quanti si sono pro-
digati, nel corso di dibattiti pubblici e in discussioni private in consigli, sugge-
rimenti, stimoli e indicazioni. Tra questi ricordo Marco Bettelli, Gert Burgers,
Matilde Carrara Ronzani, Olivier de Cazanove, Fabio Colivicchi, Annamaria
Comella, Aldo Corcella, Emmanuele Curti, Francesco D’Andria, Antonio De
Siena, Liliana Giardino, Daniel Graepler, Maurizio Gualtieri, Pier Giovanni
Guzzo, Fernande Hölscher, Tonio Hölscher, Sara Tiziana Levi, Enzo Lippolis,
Concetta Masseria, Yannis Mylonopoulos, Vinciane Pirenne-Delforge, Claude
Pouzadoux, François Quantin, Carlo Rescigno, Dimitris Roubis, Alfonsina
Russo, Thomas Schäfer, Marcello Schiattarella, Barbara Serio, Antonia
Serritella, Marcello Tagliente. Alle discussioni con Marco Fabbri e ai suoi sug-
gerimenti e consigli non poco deve tutto il lavoro di comprensione ed edizione
dello scavo; a Mario Torelli, Maestro di ieri e di oggi, oltre ai ringraziamenti
va, come sempre, tutta la mia riconoscenza.
Un’ultima nota: l’indagine del santuario di Torre di Satriano è stata termi-
nata solo un anno fa. La rapidità dello studio e della pubblicazione dei mate-
riali è certamente dovuta alla felice sinergia che ha visto all’opera forze diverse
che si sono dedicate con passione al progetto. La presentazione dei dati di scavo
e delle ipotesi di ricostruzione, nonché lo studio dei materiali è opera di una
équipe eterogenea che affianca a studiosi un gruppo di giovani laureati e di
specializzandi dell’Ateneo lucano. Tale esperienza di lavoro, che ha portato –
come conseguenza inevitabile – qualche ingenuità e una certa disomogeneità
tra le varie sezioni del volume, è risultata altamente significativa tanto per i
giovani allievi, che hanno sicuramente fatto un passo avanti lungo la strada
della maturità scientifica, tanto per chi ha coordinato i lavori negli anni della
ricerca e dello studio, che di molto ha giovato dell’entusiasmo e delle energie
profuse in questo impegno.
Tutto questo non sarebbe avvenuto senza l’iniziale spinta della Soprinten-
denza e dell’Università, che, in piena sintonia e cooperazione hanno reso possi-
bile la realizzazione di un progetto significativo sul territorio regionale.

Matera, dicembre 2005 MASSIMO OSANNA

INTRODUZIONE 13
ABBREVIAZIONI

altezza = h frammento/i non definibile/i = fnd opera = op.


articolo = art. grammi = gr. pagina = p.
bibliografia = bibl. impasto = imp pagine = pp.
catalogo = cat. in corso di stampa = c.d.c. secolo = sec.
centimetro/centimetri = cm. inventario = inv. seguente = sg.
circa = ca. inventari = invv. seguenti = sgg.
citato = cit. larghezza = largh senza data = s.d.
Codice Munsell = M. luogo citato = loc. cit. senza luogo = s.l.
colonna = col. lunghezza = lungh serie = ser.
colonne = coll. maggiore/massima = max spessore = sp
confronta = cfr. metro = m. tavola = tav.
cosiddetto = c.d. metro quadro = mq. tavole = tavv.
diametro = ø millimetro/millimetri = mm. tomba = T.
fascicolo = fasc. minore = min. traduzione italiana = tr.it.
figura = fig. non ricostruibile = non ric. vedere = ved.
figure = figg. numero = n. versi = vv.
frammento = fr. numeri = nn. volume = vol.
frammenti = frr. nuova serie = n.s. volumi = voll.

14 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE*

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* Le sigle utilizzate per i periodici sono di norma quelle adottate dall’ Archäologische Bibliographie

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ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE 37
38 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Torre di Satriano I
Il santuario lucano

39
40 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
I. IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO

La Lucania è situata fra la costa del mar Tirreno e quella del mar di
Sicilia: sulla prima si estende dal Silaris al Laos, sulla seconda da
Metaponto a Turi; sul continente essa si estende dalla terra dei
Sanniti fino all’istmo che va da Turi a Cerilli, vicino a Laos.
(STRABONE, VI 1, 2-4)

1. Il comprensorio lucano centro-settentrionale tra età arcaica e romanizzazione

Il quadro territoriale e le vicende storiche

L’insediamento antico di Torre di Satriano si dispo- collocabile entro il XIV sec. a.C.2. In base al reperto-
ne all’interno di un ampio comprensorio montuoso rio ceramico la stazione di Satriano si inserisce in un
che si sviluppa tra potentino, melfese occidentale e comprensorio che ingloba l’alta valle dell’Agri e del
limitrofa area campana, il quale ha visto svilupparsi Sinni, nonché la Campania meridionale, definendo
nel corso dell’età arcaica un popolamento dalle ca- una facies appenninica di gravitazione tirrenica3.
ratteristiche abbastanza omogenee, che distinguono Il comprensorio lucano centro-settentrionale co-
questo cantone dalle aree finitime del Melfese orien- nosce un notevole sviluppo a partire dall’età del
FIGG. 1-2 tale e dell’alta valle dell’Agri1. ferro. La ricerca archeologica non ha ancora per-
I confini, sfumati e di difficile definizione per messo di conoscere gli insediamenti di queste gen-
tutto il cantone, sono individuabili grosso modo lun- ti, ma grazie al cospicuo rinvenimento di tombe è
go il corso del fiume Tanagro e il vallo di Diano ad possibile individuare alcune caratteristiche del
est, l’alto corso dell’Ofanto e del Bradano a nord e popolamento dell’area. I centri principali sono ol-
a nord-est, l’alta valle dell’Agri a sud. tre a Torre di Satriano, innanzitutto, Serra di Va-
Tale area è già frequentata nel II millennio a.C.: glio, l’insediamento di gran lunga più rilevante4,
proprio nel comprensorio dominato dall’altura di Buccino e Atena Lucana in territorio campano e,
Torre di Satriano sono state rinvenute tracce di pre- risalendo progressivamente verso nord, Baragiano,
senza umana, come documenta il rinvenimento, in Ruvo del Monte e Ripacandida. Tra gli indicatori
giacitura secondaria, di frammenti ceramici decorati più significativi che permettono di distinguere que-
ad incisione e intaglio che rimandano ad un oriz- sto cantone da quelli finitimi, popolati da genti di
zonte della fase finale della media età del bronzo, cultura diversa, è, innanzitutto, il rito funebre: la

1
Sul comprensorio nord-lucano in generale, ved.: A. Botti- contro di Studi, Messina 2-4 dicembre 1996), Messina 1999,
ni, I popoli indigeni fino al V secolo, in C. Ampolo, A. Bottini, pp. 13-21; M. Tagliente, La Basilicata centro-settentrionale in
P. G. Guzzo (a cura di), Popoli e civiltà dell’Italia antica, VIII, età arcaica, in Storia della Basilicata, pp. 391-418; A. Russo, in
Roma 1986, p. 195 sgg.; Bottini 1999; B. d’Agostino, Le genti Rituali per una dea, pp. 14-16.
2
della Basilicata antica, in Italia omnium terrarum parens, pp. Satriano, pp. 69-72.
3
191-246; M. Tagliente, Il mondo indigeno della Basilicata in età M. Cipolloni Sampò, L’Eneolitico e l’età del Bronzo, in
arcaica. Realtà a confronto e prospettive di ricerca, in Magna Gre- Storia della Basilicata, pp. 119-123.
4
cia e Sicilia. Stato degli studi e prospettive di ricerca (Atti dell’In- A. Bottini, E. Setari, Una metropolis della Lucania antica,

IL COMPRENSORIO LUCANO CENTRO-SETTENTRIONALE TRA ETÀ ARCAICA E ROMANIZZAZIONE 41


FIG. 1. LA LUCANIA ANTICA

FIG. 2. PANORAMICA DELL’ALTURA DI TORRE DI SATRIANO

42 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
deposizione del cadavere nella tomba in posizione La forma di popolamento che caratterizza in età
rannicchiata distingue nettamente l’area nord-lucana arcaica questo comprensorio è destinata a trasfor-
rispetto alla fascia più meridionale della regione, marsi radicalmente e ad esaurirsi nel corso del V
dove lungo le vallate dei fiumi Agri e Sinni, le genti sec. a. C., come avviene del resto – e in maniera più
usano il seppellimento in posizione supina5. La drammatica – nei cantoni vicini, in particolare
posizione fetale del cadavere avvicina, invece, le nell’entroterra della costa ionica. Nelle comunità
genti della Lucania centro-settentrionale alle popo- enotrie delle vallate dell’Agri e del Sinni i segni della
lazioni apule e in particolare ai vicini indigeni del “crisi” sono già evidenti nella prima metà del V sec.
melfese orientale, di cultura daunia6. Proprio que- a.C., come attesta il decremento improvviso delle
sta affinità con le vicine genti apule ha fatto ipotiz- sepolture nelle vaste necropoli di Alianello e di
zare che il nome antico di queste popolazioni, le Guardia Perticara, insediamenti che non sembrano
quali sicuramente non rientrano tra le genti defini- sopravvivere oltre il secondo quarto del secolo9. Tale
te “Enotri” dalle fonti greche (queste ultime sem- fenomeno di vasta portata è stato da più parti mes-
brano piuttosto gravitare nell’immediato entroterra so in connessione con la distruzione di Sibari nel
delle colonie della costa ionica e tirrenica, lungo le 510 a. C., che avrebbe avuto come conseguenza il
vallate dell’Agri e del Sinni), possa coincidere con collasso pressoché generalizzato delle realtà
quello di una popolazione confinante con gli insediative della mesogaia, e la decadenza di quei
Enotri, nota da Ecateo, che ne ricorda l’etnico di cantoni collegati da molteplici rapporti con la gran-
Peuketiantes7. de città achea10. Nell’area nord-lucana tali contrac-
Accanto al costume funerario un ulteriore elemen- colpi sembrano meno drammatici, o comunque de-
to distintivo, particolarmente importante, è dato stinati ad avere conseguenze meno radicali, almeno
senz’altro dalla caratteristica serie ceramica a decora- per l’occupazione dell’area, che continuerà ad esse-
zione geometrica (la c.d. ceramica North-Lucanian re frequentata, seppure secondo nuovi parametri e
di D. Yntema)8, che presenta schemi decorativi ana- nuove scelte nell’organizzazione dello spazio.
loghi in tutto il cantone, lasciando intravedere l’esi- Nel vuoto creatosi con l’esaurirsi delle esperien-
stenza di botteghe artigianali in contatto reciproco, ze insediative enotrie si verrà ad inserire presto un
mentre si distinguono nettamente tanto per scelta nuovo tipo di popolamento dalle caratteristiche
delle forme quanto per sintassi decorativa, sia dalle sostanzialmente diverse, destinato a trasformare gran
coeve serie di area enotria sia da quelle daunie e parte delle definizioni etnico-culturali della Magna
peucete, diffuse in tutta la vicina fascia di territorio Grecia appenninica11. Le fonti attestano l’ingresso
che si sviluppa tra area nord-orientale della Basilicata di gruppi di stirpe osco-sabellica, provenienti dal-
e costa apula settentrionale e centrale. l’area centro-italica, i quali avrebbero occupato pri-

9
«Ostraka» V, 2 1996, pp. 205-214. S. Bianco, Gli Enotri delle vallate dell’Agri e del Sinni tra
5
S. Bianco, La prima età del ferro, in Storia della Basilicata, VII e V sec. a.C., in Storia della Basilicata, pp. 359-390; Bottini
pp. 170-177. 1999.
6 10
A. Bottini, Il Melfese tra VII e V sec. a.C., «DialA», n.s. IV, 2 Su Sibari, il suo territorio e il c.d. “impero”, dati archeo-
1982, pp. 152-160; A. Bottini, Identità e confini etnico-culturali: logici e discussione in: Osanna 1992, con bibliografia; E. Gre-
l’Italia meridionale, in Atti Taranto XXXVI 1997, pp. 307-326. co, L’impero di Sibari. Bilancio archeologico-topografico, in Atti
7
Ecateo, 57. L’ipotesi si deve a W. Johannowsky, in Siris- Taranto XXXII 1992, pp. 459-483. Sul collasso dei centri enotri
Polieion. Fonti letterarie e nuova documentazione archeologica come conseguenza della caduta di Sibari: M. Lombardo, Da
(Incontro di studi, Policoro 8-10 giugno 1984), Galatina 1986, Sibari a Thurii, in Atti Taranto XXXII 1992, p. 274 sgg.
11
pp. 183-185. Ma non è escluso che il coronimo sia una variante A. Pontrandolfo, I Lucani. Etnografia e archeologia di una
di Peuketioi, e che si riferisca alla stessa area apula, il cui rap- regione antica, Milano 1982; Bottini 1987; Torelli 1993; M. Lom-
porto di confine con gli Enotri, stanziati al di là del Bradano, è bardo, Greci, Enotri e Lucani nella Basilicata meridionale tra
noto. Cfr. H. Philipp, in RE XIX, 2, col. 1390. l’VIII e il III secolo a.C.: aspetti e momenti dei processi storici, in
8
Yntema 1990, pp. 187-196. Greci, Enotri e Lucani, pp. 15-26; Torelli 1996.

IL COMPRENSORIO LUCANO CENTRO-SETTENTRIONALE TRA ETÀ ARCAICA E ROMANIZZAZIONE 43


ma – già allo scadere del V sec. a.C. – le fertili pia- guerra resuscitano l’antica istituzione monarchica,
nure costiere dove erano insediate le poleis di Posei- eleggendo un basileus15.
donia e di Cuma, per poi con ondate successive, Non meraviglia, se tale ricostruzione storica
tutto il comprensorio interno, appenninico, della coglie nel segno, riscontrare nella documentazione
Basilicata e della Calabria12. Le genti lucane si ven- archeologica un processo di territorializzazione che
gono a stanziare all’interno di un territorio noto si attua progressivamente attraverso la costruzione
dalle fonti antiche come “grande Lucania”, la quale di cinte fortificate poste a difendere le cime di ele-
si dividerà dopo il 356 a.C. in Lucania, a nord del- vate imprendibili alture, cui fa eco una polverizza-
l’Istmo Thurii-Cerilli, e in Bruttium, a sud dello ta occupazione della chora, attraverso l’impianto di
stesso fino all’estremità della penisola calabra13. Con fattorie monofamiliari e piccoli villaggi. Come ha
la definizione dell’ethnos lucano tutto il frastagliato messo ben in evidenza Mario Torelli, le scoperte
panorama del popolamento che aveva caratterizza- archeologiche degli ultimi decenni, hanno permes-
to il cuore della Basilicata e della vicina Campania so di conoscere meglio sia i ceti emergenti, identi-
meridionale è destinato a trovare per la prima volta ficabili con quelli che detenevano le magistrature,
una consapevole unità, dal punto di vista della cul- ricordati da Strabone, sia le masse “democratiche”,
tura e dell’identità delle genti. che danno vita a quella democrazia militare, ben
Partendo dalle fonti letterarie sui Lucani – scar- ricostruita da Ettore Lepore.
se in verità – è possibile tentare una ricostruzione Per quanto riguarda le dinamiche insediative e
per grandi linee della nuova organizzazione socio- l’organizzazione data allo spazio rurale16, è soprat-
politica. Tali dati possono essere letti in parallelo tutto nel comprensorio dei fiumi Agri e Sinni che
con quanto documentato dalla fenomenologia la ricerca ha permesso di conoscere la realtà del fe-
archeologica che, come vedremo, permette di co- nomeno insediativo di IV sec. a. C., relativo a quei
gliere in maniera tangibile trasformazioni epocali, gruppi che il Torelli definisce come “ceti interme-
cui va incontro tutto il panorama regionale. di”. Nei territori di S. Arcangelo o Chiaromonte,
Strabone14, che si rifà sicuramente a fonti più ad esempio, l’archeologia ha portato alla luce un
antiche, ricorda che i Lucani «per tutto il tempo sistema di piccole necropoli, spesso caratterizzate
vivevano in democrazia; tuttavia in occasione di dalla presenza di pochissime tombe che rispondo-
guerre veniva prescelto un re per iniziativa di colo- no ad una occupazione territoriale, nota nella stes-
ro i quali detenevano le magistrature». Il dato sa epoca nelle colonie greche, caratterizzata dalla
straboniano non è di poco rilievo, ma come hanno presenza di fattorie a conduzione familiare17.
dimostrato Lepore prima e Torelli poi, va letto come Se le tombe delle vallate dell’Agri e del Sinni
prova dell’esistenza presso i Lucani di una “demo- rimangono ancora isolate, e non sono ancora note
crazia di tipo militare”, retta da un segmento della le strutture abitative cui dovevano riferirsi, le sco-
popolazione che si può definire a pieno titolo ari- perte di altre aree della mesogaia lucana, permetto-
stocrazia: quelli che detenevano le magistrature cor- no di conoscere gli impianti abitativi, che immagi-
risponderebbero ai ceti emergenti che in caso di niamo disseminati capillarmente nel territorio: si

12
E. Lepore, s.v. Lucania, in Dizionario epigrafico di schiavistica, I, pp. 79-85; A. Mele, I Brettii secondo Diodoro,
antichità romane, IV 3, Roma 1972, pp. 1881-1890; E. Trogo e Strabone, in Poccetti 1988, pp. 189-196.
14
Lepore, La tradizione antica sui Lucani e le origini dell’en- Strabone, VI 254.
15
tità regionale, in Antiche Civiltà Lucane, Galatina 1975, pp. Torelli 1993; Bottini 1999, p. 431.
16
43-58. Al riguardo ved. le osservazioni avanzate da E. Greco,
13
E. Lepore, L’Ιταλία nella formazione della comunità ro- Bruzi e Lucani: alla ricerca di una definizione di abitato, in
mana-italica, «Klearchos» XX 1963; E. Lepore, Geografia del Poccetti 1988, pp. 159-170.
17
modo di produzione schiavistica, in Società romana e produzione Bottini 1987; Torelli 1996.

44 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
pensi alla fattoria di Tolve (nella prima fase), sulle un abitato disperso, scandito da singole fattorie
montagne a nord-est di Potenza o a quella di mono-familiari.
Montegiordano, sui rilievi della costa ionica a sud Se la possibilità di ricostruire su ampia scala il
di Herakleia, le quali restituiscono l’aspetto di fat- paesaggio agrario attraverso le indagini di superfi-
torie improntate al modello greco18. cie permette di riconoscere un paesaggio saldamen-
Per quanto riguarda il comprensorio territoria- te antropizzato, scandito da una distribuzione
le che gravita intorno all’insediamento di Torre di capillare di fattorie monofamiliari e forse di piccoli
Satriano, le recenti ricognizioni di superficie per- villaggi, le ricerche svolte negli ultimi decenni al-
mettono di ricostruire un paesaggio non dissimile l’interno degli insediamenti permettono di stabili-
da quello ipotizzabile per i territori appena ricor- re che i Lucani nel IV secolo conoscevano l’insedia-
dati19. L’organizzazione dello spazio insediativo in mento accentrato di tipo pseudo-urbano. A diffe-
età lucana risulta caratterizzato dalla scomparsa renza di quanto a lungo ipotizzato, nel ricostruire
pressoché totale dei nuclei di abitato arcaico che il popolamento che si riferiva alle numerose cinte
gravitavano tutto intorno all’altura, segno evidente fortificate che caratterizzano marcatamente il pae-
di una rinnovata, più organica definizione dello saggio dell’area lucana e brettia, le strutture difensi-
spazio sulla sommità del rilievo, ora cinto da mura, ve non possono più interpretarsi come contenitori
la quale passa ad ospitare un polo abitativo accen- di spazi vuoti, utilizzabili solo in caso di pericolo
FIGG. 3-4 trato20. Non sembra infatti casuale che all’abbando- da una popolazione sostanzialmente distribuita nel
no dei nuclei di villaggio più prossimi all’altura fac- territorio: come gli scavi più recenti stanno ormai
cia riscontro la nascita, su una fascia più distante, dimostrando in maniera inequivocabile – da
di tutta una serie di siti, che in base alle dimensioni Tricarico a Pomarico, da Cersosimo a Muro Lucano
e al materiale rinvenuto possono essere identificati –, le cinte fortificate più che costituire un sistema
con singole fattorie, analoghe alle strutture meglio autonomo di organizzazione dello spazio, svinco-
note in ambiente rurale coloniale21. Saremmo di lato dall’insediamento vero e proprio, sembrano co-
fronte, dunque, ad un modello che non prevede una stituire piuttosto la difesa di nuclei accentrati di
semplice capillare distribuzione dell’insediamento insediamenti, forse destinati proprio a quei ceti
in un territorio privo di polo centrale, ma di una emergenti, identificabili con quelli che “detengono
maniera di abitare più vicina a quella nota contem- cariche pubbliche” in Strabone22.
poraneamente nel mondo coloniale (con tutte le Ci troveremmo, dunque, di fronte ad un siste-
dovute differenze politiche e sociali), dove ad un ma di territorializzazione che prevede da un lato la
polo principale, perno del sistema, si contrappone definizione di insediamenti pseudo-urbani fortifi-

18
Tolve: G. Soppelsa, Tolve (Potenza). Monte Moltone. Il com- “alto”, anche se non si può escludere, in base al confronto con
plesso abitativo, «BA» IX 1991, pp. 89-94; A. Russo, Moltone situazioni meglio note (da Roccagloriosa a Pomarico), che in
di Tolve - Complesso residenziale, in Da Leukania a Lucania, età lucana si fosse andati ben avanti nella strutturazione del-
pp. 39-42; Montegiordano: Russo 1992, pp. 183-186. l’insediamento dal punto di vista “urbano”: Roccagloriosa I;
19
Alle indagini nel territorio sarà dedicato un volume in Pomarico Vecchio I.
21
preparazione, a cura di chi scrive, di M. Di Lieto e B. Serio. Sul comprensorio interno Torelli 1996; sull’ambiente
Dati preliminari del survey sono stati presentati in De Vin- coloniale: M. Osanna, Fattorie e villaggi in Magna Grecia, in
cenzo-Osanna-Sica 2004. A Barbara Serio che ha coordinato Atti Taranto XL 2000, pp. 203-220.
22
sul campo le ricerche va il mio ringraziamento particolare Tricarico: O. de Cazanove, Le site lucanien de Civita di
per aver elaborato in maniera tempestiva i dati cui qui si fa Tricarico. Entre hellénisation et romanisation, «RA» 1996, pp.
accenno. 200-210; Pomarico: Pomarico Vecchio I; Cersosimo: C. De
20
La presenza di abitazioni sulla parte alta del rilievo è Faveri, Il grande edificio a peristilio di Cersosimo, Tesi di
documentata dalle indagini della missione americana: ovvia- specializzazione (Università della Basilicata) 2004; Muro
mente nulla sappiamo di come dovesse presentarsi l’abitato Lucano: A. Russo in Rituali per una dea, p. 16.

IL COMPRENSORIO LUCANO CENTRO-SETTENTRIONALE TRA ETÀ ARCAICA E ROMANIZZAZIONE 45


FIG. 3. IL TERRITORIO DI TORRE DI SATRIANO IN ETÀ ARCAICA (STRALCIO CARTOGRAFICO CTR)

46 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
FIG. 4. IL TERRITORIO DI TORRE DI SATRIANO TRA IV E III SEC. A.C. (STRALCIO CARTOGRAFICO CTR)

IL COMPRENSORIO LUCANO CENTRO-SETTENTRIONALE TRA ETÀ ARCAICA E ROMANIZZAZIONE 47


cati ed accentrati, in luoghi di grande rilievo stra- cio, le cui dimensioni oscillano tra i 4 e i 13 ettari),
tegico, posti di solito su impervie alture che do- i quali rimandano ad impianti con funzione esclu-
minano con ampia veduta vallate fluviali e assi di sivamente militare, diversi da quello di Raia San
comunicazione, dall’altro l’organizzazione di uno Basile, la cui estensione notevole è da riferire al-
spazio rurale attraverso un sistema capillare e pol- l’esistenza di un abitato vero e proprio.
verizzato di piccoli nuclei, fattorie singole o ri- I ceti emergenti, che dovevano risiedere, all’in-
dotti villaggi23. Il processo di territorializzazione terno degli spazi fortificati, in complessi di una certa
potrebbe essere, dunque, non troppo diverso dal monumentalità, come ben documenta il caso
punto di vista dell’organizzazione dello spazio ri- emblematico di Roccaglorisosa26, sono caratteriz-
spetto al coevo modello greco, che prevede la zati da una profonda ellenizazione, come dimostra-
polarità tra un insediamento concentrato-fortifi- no sia gli impianti domestici relativi sia le ricche
cato e un territorio popolato da fattorie e com- tombe di tipo “principesco”, note ancora una volta
plessi rurali, anche se ovviamente ci troveremmo a Roccagloriosa e a Laos27.
di fronte ad un sistema politico-sociale completa- La trama complessa del sistema insediativo defi-
mente diverso. nito nella regione con lo stabilizzarsi delle genti
Un esempio significativo di tali insediamenti lucane non è destinato a perdurare oltre la fine del
fortificati può essere visto nel sito di Muro Lucano24, III sec. a.C. Al volgere del secolo, conseguenza pri-
di cui si conosce la cinta con il suo sistema di acces- ma della guerra annibalica e della mancata fedeltà a
so e relativa iscrizione osca menzionante il magi- Roma, gran parte degli abitati dell’area appenninica
strato locale (meddix), Mais Arrios, in carica duran- sono destinati ad entrare in crisi e progressivamen-
te la costruzione delle mura25. L’iscrizione, confron- te a scomparire28. Nella regione un nuovo assetto
tabile con quella analoga rinvenuta in connessione sarà stato dato a buona parte delle terre, così come
con la cinta fortificata di Serra di Vaglio che ricorda alla viabilità interna, la cui ridefinizione procede
l’arché di Nummelos, il magistrato sotto il cui go- parallelamente alla creazione di nuove realtà urba-
verno la cinta deve essere stata ricostruita, rimanda ne e alla ineluttabile decadenza degli antichi centri
in maniera evidente a quei ceti emergenti cui spet- abitati.
tava rivestire magistrature pubbliche, tra i quali in Ripercorrere le tappe del complesso fenomeno
casi di guerra veniva eletto un basileus. Particolare della romanizzazione di un’area particolare della
rilievo nel caso dell’insediamento di Muro Lucano penisola italica è certo un’impresa non facile: la ca-
è l’individuazione di una rete di piccoli impianti renza delle fonti letterarie, spesso tendenziose e non
difensivi, centri fortificati minori (Serra di Fagato, contemporanee agli eventi, insieme al “naufragio”
Ripa della Scala, Monte Nuovo e Toppo Castelluc- quasi generale della documentazione archeologica,

23
Si rinvia al riguardo a quanto la ricerca archeologica ha mare, una sorta di vera e propria acropoli naturale, mentre la
rivelato in aree oggetto di indagini estensive, come ad esem- seconda, che si sviluppava ad una quota inferiore, in località
pio il comprensorio del Mingardo e del Bussento: H. Fracchia, Raia San Basile, circondava le pendici della collina. All’inter-
M. Gualtieri, Roccagloriosa II. L’oppidum lucano e il territo- no della cinta, in località Colle Torrana, sono state portate alla
rio, Napoli 2001. Per una sintesi aggiornata si rimanda a luce abitazioni che ripropongono nella planimetria l’articola-
Gualtieri 2003, pp. 29-32. Notevoli risultati ha portato an- zione degli spazi delle case greche, con più ambienti aperti su
che la ricerca nella Valle del Sinni: L. Quilici, S. Quilici Gi- una corte a cielo aperto: A. Russo in Rituali per una dea, p. 16.
25
gli, Ricerche nella Valle del Sinni, in Atti Taranto XL 2000, pp. A. Capano, L. Del Tutto Palma, L’iscrizione di Muro
793-806, con bibl. Lucano, in Italici in Magna Grecia, pp. 105-109.
24 26
A Muro Lucano è noto un sistema difensivo caratteriz- Roccagloriosa I.
27
zato dalla presenza di una doppia cinta che racchiude uno spa- Roccagloriosa I; E. Greco, P. G. Guzzo (a cura di), Laos II.
zio di circa 20 ettari: la prima delle quali circondava la parte La tomba a camera di Marcellina, Taranto 1992.
28
più alta del rilievo, il colle Torrana a 680 s.l.m. sul livello del Torelli 1993; Russi 1999.

48 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
soprattutto per quanto riguarda le fasi più antiche ture inseditive definibili in senso proprio come ur-
del processo, impediscono di proporre un quadro bane (diffuse, invece, lungo le coste ionica e tir-
puntuale delle vistose dinamiche di cambiamento renica, costellate da significativi poli cittadini, in
avvenute in un territorio, dinamiche di cui spesso prevalenza colonie greche), ma che stavano avvian-
si colgono con evidenza solo gli sviluppi finali. Pri- dosi verso una strutturazione organizzata dello spa-
ma di analizzare i dati che riguardano in maniera zio, con un polo accentrato – di tipo proto-urbano –
particolare il nostro territorio è opportuno dare uno fortificato (si tratterebbe degli oppida ricordati dalle
sguardo ai fatti di cui le fonti letterarie serbano fonti latine), alternato a villaggi e fattorie sparse
memoria, tenendo presente che ovviamente l’atten- (probabilmente i vici e i pagi delle stesse fonti)31.
zione alla regione lucana nella tradizione letteraria Tale strutturazione territoriale entrerà rapidamen-
coincide con i momenti iniziali di quella stessa spin- te in crisi al momento della conquista, soprattutto
ta espansionistica che porterà Roma a ridefinire per quel che riguarda l’articolazione politico-socia-
complessivamente l’assetto politico di tutta la com- le sottesa, mentre probabilmente la maniera di
pagine29. conduzione del territorio rimarrà inizialmente inal-
Come è stato ben sottolineato da più parti, lo terata. Ovviamente, fenomeni di urbanizzazione
strumento cardine della politica espansionistica ro- repentina, si pensi alle fondazioni di Potentia e di
mana nella penisola italiana è stato sicuramente il Volcei, ai margini di tale territorio avranno ampie
massiccio movimento di colonizzazione, intrapre- ripercussioni su tutto l’assetto, innescando sia pro-
so su vasta scala, soprattutto tramite la deduzione cessi di integrazione economica sia di adeguamento
di colonie di diritto latino, che a ritmo incessante ai modelli imposti32.
si concretizza nella creazione di ben quindici nuo- Nel percorrere le tappe di tale sviluppo è op-
ve entità urbane nel breve arco di tempo compreso portuno, dunque, partire dallo scorcio del IV seco-
tra gli anni 334 e 273 a.C.30. lo che vede uno dei momenti decisivi del lungo con-
Il panorama etnico-sociale con cui Roma viene flitto tra Romani e Sanniti: il rapporto tra Lucani e
via via in rapporto nel corso del processo di espan- Romani si apre pacificamente, come avviene anche
sione nella penisola italiana è estremamente diso- per altri gruppi della penisola, con una prima ri-
mogeneo, circostanza che ha spinto la potenza chiesta da parte lucana di alleanza nel 326 a.C, nel
egemone a definire strumenti duttili e a trovare so- tentativo di contenere la pressione sannita verso i
luzioni diversificate mentre avanza nella conquista. territori della confederazione lucana33. Il trattato,
La situazione dell’area nord-lucana, a confine tra di breve durata, costituisce il preludio di un incon-
le odierne Basilicata e Campania, tra lo scorcio del tro-scontro che di lì a poco doveva farsi serrato e
IV e l’inizio del III secolo, è, come abbiamo visto, pieno di conseguenze. In effetti, a giudicare dalla
quella di un territorio non caratterizzato da strut- testimonianza liviana, l’intervento tarantino avreb-

29
Russi 1999. bilità dei termini pagus e vicus.
30 32
F. Coarelli, Colonizzazione latina e viabilità, «DialA» VI Un quadro di sintesi è offerto ora da Gualtieri 2003.
33
1988, pp. 35-48. Livio, VIII 25, 3. Livio, in un altro passo, riferisce di una
31
Torelli 1993. Una recentissima messa a punto sul proble- richiesta da parte lucana già avvenuta nel 330 a.C.: in questo
ma delle definizioni terminologiche riferite dalle fonti latine caso si tratta probabilmente di una duplicazione dell’alleanza
alle strutture territoriali e applicate ai dati provenienti dalla più tarda: Livio, VIII 19, 1. Significative al riguardo le parole
fenomenologia archeologica, tanto riguardo alle realtà prero- che descrivono la richiesta del 326: «i Lucani e gli Apuli, genti
mane, quanto a quelle di età imperiale, è in L. Capogrossi Bolo- che fino a quel giorno non avevano avuto alcun rapporto col
gnesi, Pagi, vici, fundi nell’Italia romana, «Athenaeum» XC popolo romano si misero sotto la sua protezione, prometten-
2002, pp. 3-48, dove si sottolinea tra l’altro l’ambiguità di fon- do armi e uomini per la guerra; furono dunque accolti in ami-
do della espressione “paganico-vicana” e la non interscambia- cizia con un trattato».

IL COMPRENSORIO LUCANO CENTRO-SETTENTRIONALE TRA ETÀ ARCAICA E ROMANIZZAZIONE 49

4
be interrotto presto il trattato: i Lucani risultano poco Papirio Cursore negli anni 297-295 a.C. che espri-
dopo in diretto conflitto con Roma, anche se il pas- me il vanto della sottomissione dell’intera Lucania37,
so liviano al riguardo risulta non scevro di proble- confermando il testo liviano: subigit omne Louca-
mi: per l’anno 317 a.C. il testo riporta: “assoggettata nam opsidesque abdoucit. In effetti già per il 294 a.C.
interamente l’Apulia – infatti Giunio si era impa- tra le forze dei socii è presente una cohors lucana,
dronito anche della forte città di Forentum – ci si segno del rientro avvenuto fra le fila degli alleati38.
spinse nella Lucania; quindi, con l’improvviso arri- Pochi anni dopo, nel 291 a.C., nell’ambito delle
vo del console Emilio fu presa d’assalto Nerulum” operazioni di accerchiamento dei Sanniti che pote-
(Livio, IX 20, 9). Lasciando aperto il problema della rà alla successiva capitolazione finale di questi, si
cronologia dell’episodio e dell’esatta identificazione registra l’importante evento della fondazione di una
topografica della Nerulum citata da Livio, non è da popolosissima colonia latina a Venusia, che tanta
mettere in dubbio comunque lo stato di conflittualità parte avrà nella trasformazione della compagine ter-
aperta di questi anni: parte del variegato territorio ritoriale, politica e socio-economica dell’area a ca-
lucano viene ad opporsi a Roma, secondo un model- vallo tra Lucania e Apulia.
lo che avrà visto gruppi aristocratici dei centri più Lo scontro con Roma si riapre già nel 285 a.C.,
evoluti, soprattutto della costa, avvicinarsi a Roma, quando il teatro dell’azione si sposta più a sud nel
mentre altre aree e soprattutto le fasce “intermedie” cuore dei territori greci della Magna Grecia: è que-
della popolazione, dislocata tra pagi e vici, mantene- sta volta proprio una colonia greca, Thurii, ad in-
re un atteggiamento ribelle e conflittuale per tutto il vocare l’intervento romano, provata dalle pressioni
corso della guerra34. Per gli anni successivi al 317 dei Lucani all’interno della chora. La richiesta di
a.C. si ha notizia di un presunto riavvicinamento aiuto si traduce in un intervento immediato della
tra Romani e Lucani, nel 304-303 a.C. in contrap- potenza romana, che apre le sue manovre diretta-
posizione a Taranto, al tempo della spedizione di mente nei territori lucani39, mentre i Fasti Trionfa-
Cleonimo35, anch’esso di brevissima durata, men- li forniscono coerentemente la testimonianza
tre con l’aprirsi nel 298 a.C. di un nuovo conflitto epigrafica del trionfo di C. Fabricio Luscino per
con i Sanniti, le fonti documentano concordemen- l’anno 282 a.C. su Lucani, Sanniti e Brettii. L’inter-
te la stipula di un trattato di alleanza36, invocato dai vento diretto di Roma nell’ambito magnogreco
Lucani, con l’offerta di ostaggi, pressati come era- porta come conseguenza lo scontro con Taranto e
no dalla ripetuta violenza dei Sanniti nel loro terri- il conseguente arrivo di Pirro in Italia che trascine-
torio. Questo episodio dettagliatamente descritto rà dalla sua parte contro Roma i riottosi Lucani40.
da Livio, insieme all’altro passo riguardante la re- Il territorio lucano vedrà svolgersi le operazioni di
pressione delle sedizioni lucane nel 296 a.C., è evi- Emilio Barbula contro il re epirota sino alla celebre
dentemente alla base dell’elogio, documentato battaglia di Eraclea nel 281 a.C.41. Le popolazioni
epigraficamente, di L. Cornelio Scipione Barbato, lucane resteranno comunque nella coalizione
luogotenente di Q. Fabio Massimo e poi di L. antiromana sino alla conclusione del conflitto42. I

34 37
Significativo al riguardo è il passo liviano che si riferisce Livio, X 14, 14; 25, 11; 26, 8; CIL I2, 7.
38
agli avvenimenti dell’anno 296 a.C., Livio, X 18, 8: «Volum- Livio, X 33, 1.
39
nio...aveva represso col pieno consenso degli ottimati e con Livio, Epit. 11, 12; Dionigi di Alicarnasso, XIX 13, 2; 16, 6,
l’appoggio di Quinto Fabio..., alcune sedizioni fatte scoppiare XX 4, 2; Valerio Massimo, I 8, 6; Plinio, Nat. Hist. XXXIV 6, 32.
40
fra i Lucani da capi plebei e bisognosi». Dionigi di Alicarnasso, XIX 6, 4 ; 9, 4; Plutarco, Pyrrh.
35
Diodoro, XX 104, 1-3. 13, 8; Giustino, XVIII 1, 1.
36 41
Dionigi di Alicarnasso, XVII-XVIII 11, 1-12, 4; Livio, X Frontino, I 4, 1.
42
11, 11-12, 3. Livio, Epit. 13; 14.

50 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
Fasti trionfali registrano nuovi trionfi sui Lucani politica romana nel corso dell’espansione, di cui uno
tra gli anni 278 e 272 a.C. L’epilogo di tale sitazione degli elementi, senz’altro più evidenti, è il favore
è costituito dalla fondazione di una colonia latina a accordato alle fazioni favorevoli dell’oligarchia in-
Paestum, nel 273 a.C. ai margini dell’area lucana, digena. Favore che si sviluppa parallelo ad azioni
ma significativamente nel cuore dell’unico rilevan- tese a «colpire quei ceti intermedi che, alleandosi a
te centro urbano in mano alla confederazione: non questa o a quella fazione oligarchica, potevano far
è esplicitamente ricordato dalle fonti se il territorio pendere la bilancia in una direzione pericolosa per
lucano abbia subito altre perdite, mentre secondo Roma»46. Tale situazione è ben fotografata ancora
la prassi è chiaro che le condizioni per la pace im- una volta dalle parole di Livio che ricorda come
poste alla confederazione portarono i Lucani allo «tutte le città d’Italia erano state contagiate da una
status di socii, dunque alleati di Roma obbligati a specie di infezione, in forza della quale le plebi fi-
fornire contingenti militari. I Lucani rimangono nivano per dissentire dagli ottimati, i consigli par-
così accanto a Roma come alleati fino alla guerra teggiavano per i Romani, e le assemblee popolari
annibalica. Lo strumento di dominio resta nel cuo- erano invece al fianco dei cartaginesi»47. Il ritorno
re della regione il foedus, mentre ai margini del ter- “sotto il dominio del popolo romano” nel 206 a.C.
ritorio è il processo di colonizzazione a caratteriz- significa evidentemente la riconferma di trattati che
zare il panorama geo-politico. Ovviamente la nasci- questa volta difficilmente saranno stati foedera aequa:
ta di nuove entità urbane ebbe come conseguenza dopo le ampie defezioni avvenute nel corso della
immediata l’istaurarsi di un nuovo rapporto città- guerra annibalica da parte degli alleati, Roma mo-
campagna con una prevalenza della prima sulla se- stra una certa diffidenza nei loro confronti e appli-
conda. La ristrutturazione agrimensoria dei territo- ca ampie misure punitive, insieme a confische di
ri coloniali portò al superamento delle preesistenti vaste porzioni di territorio. Le confische operate in
forme di sfruttamento del suolo e delle connesse re- buona parte del territorio lucano costituiscono la
lazioni giuridiche di proprietà. Il nuovo modello ur- testimonianza più drammatica delle trasformazio-
bano avrà infine comportato una riorganizzazione ni territoriali operate dall’intervento romano nel
delle forze sociali e una destrutturazione della realtà sud della penisola: se la conquista realizzatasi nel
indigena, come evidenziato dall’indagine archeologica primo quarto del III secolo aveva già incrinato pro-
che fa ben vedere il tracollo e il trasformarsi di una fondamente l’assetto produttivo della zona, la guerra
serie di siti indigeni nella fascia di confine tra Apulia annibalica inferse «un vero e proprio colpo di gra-
e Lucania43. zia»48. Sembra infatti che sia stato più della metà il
Per avere ulteriori notizie sul territorio bisogna territorio sottratto ai Lucani che cambiò statuto
attendere la guerra annibalica che interessò diretta- politico e di proprietà venendo annesso e trasfor-
mente buona parte del panorama lucano. I Lucani mato in ager publicus populi romani. In queste aree
furono fra quelle popolazioni che, almeno in par- che la guerra annibalica doveva aver contribuito
te, passarono dalla parte di Annibale dopo la batta- ampiamente a spopolare, l’utilizzazione della terra
glia di Canne nel 217 a.C.44 e solo nel 206 a.C. si sembra, almeno inizialmente, essere stata lasciata
arrendono alla forza romana45. Le fonti ci fanno all’intrapresa privata, di cui avranno giovato soprat-
intravedere per questi anni lo svolgersi coerente della tutto le élites locali, grazie all’occupatio di ager

43
Raccolta della documentazione e discussione in Basilicata. romano».
44 46
Livio, XXII 61, 12; XXIII 11, 11; XXV 16, 5. Torelli 1993.
45 47
Livio, XXVIII 11, 15: «tutta quella popolazione, senza Livio, XXIV 2, 8.
48
minimamente opporsi, ritornò sotto il dominio del popolo Torelli 1993.

IL COMPRENSORIO LUCANO CENTRO-SETTENTRIONALE TRA ETÀ ARCAICA E ROMANIZZAZIONE 51


publicus, dietro pagamento di un vectigal presto ca- mentazione archeologica proveniente dal nostro ter-
duto in disuso o non riscosso49. La pressione di ritorio, per il periodo fin qui ripercorso, dall’inizio
occupatores provvisti di capitali su un governo im- del III all’inizio del I sec. a.C., la mancanza di dati
possibilitato ad intraprendere un’organica potrebbe spingere verso un atteggiamento di scetti-
strutturazione e un conseguente controllo sull’ager cismo e di rinuncia ad una comprensione dello status
publicus deve aver portato allo sviluppo della gran- del territorio in quest’epoca. Tenendo presente
de speculazione romana cui toccherà di organizza- come modello altre aree del mondo italico venute
re lo sfruttamento economico del territorio. Secon- in contatto con la macchina di conquista romana, è
do l’esplicita testimonianza di Cicerone 50, gli possibile valorizzare i dati che provengono dallo
occupatores delle terre pubbliche lucane erano co- scavo e dalla ricognizione di superficie condotta nel
stituiti soprattutto da ricchi pecuari con i loro schiavi territorio di Torre di Satriano. Il contrarsi drastico
pastores, figura quest’ultima che riemerge costante- della documentazione, tanto nell’area del santua-
mente nella documentazione letteraria ed epigrafica rio quanto nel territorio tutto, a partire dallo scor-
connessa con la Lucania di II-I sec. a.C. Nel II seco- cio del III sec. a.C. si fa spia significativa di un in-
lo a.C. si assiste ad un processo di omologazione tervento drastico di Roma nei confronti dei territo-
delle ricche élites locali a Roma ed un connesso fe- ri conquistati. L’esaurirsi pressoché completo dei
nomeno di pauperizzazione dei ceti “intermedi”, segni di vita si registra del resto nei vicini centri
ormai progressivamente esclusi da un sistema pro- quali Serra di Vaglio e Oppido Lucano, per portare
duttivo dove la piccola proprietà non trova più il solo gli esempi più drammaticamente evidenti51. La
suo spazio. Di qui la tensione crescente a livello fine dell’insediamento di Torre di Satriano, come
sociale sull’intero contesto italico, le sollevazioni dei centri vicini, costituisce il segno tangibile di una
servili ricordate dalle fonti, fino al noto affaire dei politica romana tesa a destrutturare il mondo indi-
Bacchanalia, scoppiato nel 185 a.C. fra i pastores geno incontrato per ricomporlo secondo un dise-
dell’Apulia. gno favorevole alle consolidate prassi di conquista
Questo dunque il quadro, sinteticamente riper- e controllo del territorio: si favorisce il tramonto di
corso, della Lucania alla vigilia della guerra sociale, alcuni centri, trapiantandone probabilmente parte
quando il processo di romanizzazione si potrà con- della popolazione in altri siti, si conservano ma in
siderare virtualmente concluso. Solo a partire dagli maniera trasformata altri insediamenti posti in po-
anni 80 quest’area del retroterra indigeno, primo sizioni chiave per il controllo territoriale.
referente del mondo coloniale magno-greco, si tra- Nel comprensorio del potentino scompaiono i
sformerà da territorio popolato da socii dall’inse- grandi insediamenti di Serra di Vaglio e di Torre di
diamento non-cittadino, ad una terra di municipia, Satriano, mentre si assiste alla nascita, verosimil-
di città popolate da cittadini romani uniformi agli mente nel corso del II sec. a.C., della città romana
altri municipi dell’Italia romana, dotate di ordina- di Potentia, nel luogo attualmente occupato dal cen-
menti di tipo urbano ed esercitanti un dominio sulle tro storico di Potenza52.
campagne circostanti. Tali drammatici cambiamenti percepibili dalle
Se passiamo a considerare ora da vicino la docu- fonti trovano un riscontro nelle trasformazioni ter-

49
Significativo al riguardo è il dato che emerge dalle fonti their collapse in the III c. B.C., in Lo Cascio-Storchi Marino 2001,
circa la “morosità” degli affittuari, atteggiamento che proba- pp. 107-128; Crawford 2003. Sopravvive invece fino all’inizio
bilmente nasconde una connivenza da parte del governo: Ap- del I sec. a.C., seppur ridimensionato, il centro di Civita di
piano, Historiae 1, 7 sg.; Catone, fr. 167 Malcovati. Tricarico: O. de Cazanove, Civita di Tricarico nell’età della
50
Cicerone, de Off. II 25, 89. romanizzazione, in Lo Cascio-Storchi Marino 2001, pp. 169-202.
51 52
E. Isayev, The role of the indigenous centres in Lucania and N. Terrenato, Il centro di Potentia, in Da Leukania a

52 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
ritoriali che l’archeologia documenta. Se gli scavi siste più alcuna organizzazione politica comune a
all’interno degli insediamenti di Serra di Vaglio e di ciascuno di questi popoli, e i loro costumi partico-
Torre di Satriano non hanno restituito tracce di vita lari, di lingua, di armamento, di vestiario e di altre
oltre lo scadere del secolo, le indagini di superficie cose del genere, sono scomparsi, e d’altronde, con-
intraprese nel territorio di Satriano mostrano in siderati singolarmente e a parte, questi insediamenti
maniera tangibile i segni di cambiamenti radicali. sono assolutamente trascurabili».
A partire dal II sec. a.C. si assiste infatti ad una
contrazione impressionante dei siti frequentati: di
FIG. 5 sessantanove siti rinvenuti in totale, solo undici sono
databili con certezza tra I sec. a.C. e IV sec. d.C., 2. Il santuario lucano nel suo contesto
tra questi, dieci sono stati individuati nella fascia
più distante dall’altura, caratterizzata da una Continuità e cesure nell’insediamento di Torre
morfologia più dolce e dalla presenza di corsi d’ac- di Satriano
qua. Tra i siti individuati tre documentano signifi-
cativamente una frequentazione già a partire dal IV Prima di passare a centrare l’attenzione sull’area
sec. a.C., mentre nella piena età romana si colloca sacra, è opportuno presentare brevemente un qua-
la fase di frequentazione principale dei restanti otto dro dell’insediamento, presentandone le dinamiche
siti, disposti in maniera piuttosto omogenea nel ter- di frequentazione nella diacronia. Si rimanda inve-
ritorio53. ce al successivo volume, dedicato specificatamente
Il nuovo sistema insediativo e le nuove realtà al territorio, l’analisi dettagliata della vicenda
del sacro, come vedremo, si ridefiniscono secon- insediativa.
do modelli non più epicori, ma rientrano ormai L’altura di Torre di Satriano, con la sua elevata
nella koiné di una Italia ormai pienamente cima che raggiunge quasi i 1000 metri di altezza, è
romanizzata. Questo il quadro dell’area nel perio- il cuore di un insediamento antico che ha restituito
do che precede il grande conflitto della guerra so- tracce di intensa frequentazione comprese tra l’età
ciale, che vede significativamente i Lucani schie- del Bronzo e il basso Medioevo55. FIG. 6

rarsi contro Roma. Per questo saranno duramente Sulla sommità, occupata ancora oggi dagli im-
penalizzati da Silla. Il periodo successivo fino al- ponenti resti della Satrianum medievale, una ter-
l’avvento dell’impero vedrà ancora guerre, devasta- razza stretta e lunga, circondata da scoscesi pendii,
zioni, proscrizioni. ha costituito il nucleo centrale tanto dell’insedia-
Fotografano bene il nuovo quadro – anche se mento arcaico quanto di quello di età lucana e poi
possono sembrare eccessive – le parole di Strabone54 nuovamente di età alto-medievale. La conformazio- FIG. 7

che ricordano l’epilogo della esperienza culturale e ne morfologica del sito e del territorio circostante
insediativa dei Lucani: «sono tanto decaduti che è risulta particolarmente favorevole all’insediamen-
arduo distinguere gli insediamenti […] che non sus- to: l’elevato plateau, costituisce una vera e propria

Lucania, pp. 34-35; Gualtieri 2003, pp. 96-98. Su Potenza ro- L’archeologia e l’Italia meridionale post-annibalica: una prospet-
mana una raccolta complessiva dei dati è ora in A. Di Noia, tiva regionale e diacronica, in Lo Cascio-Storchi Marino 2001,
Potentia, Tesi di Laurea (Università degli Studi della Basilicata), pp. 249-266. Importanti considerazioni sulle trasformazioni
2005. territoriali in Lucania tra età tardo-repubblicana ed età impe-
53
Per una lettura storica del fenomeno documentato dal- riale in Crawford 2003.
54
l’archeologia, ved. le osservazioni di sintesi (con relativa docu- Strabone, VI 1, 2.
55
mentazione raccolta) in Gualtieri 2003, pp. 29-46. Riguardo G. Spera, L’antica città di Satriano in Lucania, Cava dei
alle trasformazioni agrarie dell’età post-annibalica: G. J. Burgers, Tirreni 1886; Holloway 1970; Satriano; Rituali per una dea.

IL SANTUARIO LUCANO NEL SUO CONTESTO 53


FIG. 5. IL TERRITORIO DI TORRE DI SATRIANO IN ETÀ ROMANA (STRALCIO CARTOGRAFICO CTR)

FIG. 6. PARTICOLARE DELL’ALTURA


FIG. 7. PLANIMETRIA DEL SITO

54 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
IL SANTUARIO LUCANO NEL SUO CONTESTO 55
roccaforte, naturalmente difesa su tutto il lato set- siccia presenza di siti sembra rimandare all’esisten-
tentrionale e occidentale da uno strapiombo che za di un insediamento ben strutturato, scandito in
guarda verso la alta valle del Basento, mentre sul una serie di villaggi con relative sepolture che si
lato meridionale, caratterizzato da un pendio meno disponevano tutt’intorno all’elevato plateau,
drammaticamente scosceso, la parte più elevata (che senz’altro sede del nucleo più rilevante dell’abitato
sarà inglobata nelle mura lucane e poi medievali) si policentrico57.
presenta particolarmente ripida. In tale situazione Tra V e IV sec. a.C. si registra una serie di cam-
morfologica, l’unica possibilità di accesso alla roc- biamenti significativi nell’insediamento, come del
ca è da est, dove il pendio degrada più dolcemente e resto in tutto il comprensorio, la quale va attribui-
dove, non a caso, sono ancora tracce della via di ta alla “lucanizzazione” dell’entroterra compreso tra
accesso – in parte tagliata nella roccia affiorante – coste tirrenica e ionica. Una spia di tali processi è
alla città medievale. l’esaurirsi delle necropoli arcaiche nel corso del V
L’insediamento, inserito in un paesaggio acci- sec. a.C., come attestano scavi vecchi e nuovi58, non-
dentato e montuoso, domina un circondario che si ché l’esaurirsi pressoché completo dei nuclei di vil-
presenta idoneo tanto alla pastorizia, quanto all’agri- laggio arcaico documentati dalla ricognizione di
FIGG. 8-9 coltura. Il sito è ricco di acqua, non solo fluviale, superficie59.
ma soprattutto di sorgenti, tra cui spicca quella di- Questo non significa, necessariamente, una
sposta sul versante sud-orientale del rilievo, la cui cesura netta nella continuità dell’insediamento:
presenza è stata fondamentale per la scelta del luo- quello che sembra chiaro è che le trasformazioni
go in cui impiantare il santuario lucano. nell’organizzazione dello spazio sono radicali e che
Nell’area, frequentata già nel secondo millen- la vicenda insediativa si viene a configurare secon-
nio, tracce più consistenti della presenza di un inse- do altre modalità, per tutto il corso del IV e del III
diamento si cominciano a percepire già nella prima sec. a.C. Evidentemente i Lucani scelgono nuove
età del ferro. Per tutta l’età arcaica fino al V sec. aree da destinare al mondo dei morti come rinno-
a.C. compreso, la documentazione rinvenuta lascia vata sembra l’organizzazione degli spazi dei vivi,
presupporre un abitato di grande rilievo56. Le ricer- che rispetto alla polverizzata maniera arcaica di vi-
che di superficie hanno portato al rinvenimento di vere insieme, predilige ora un insediamento più
una occupazione capillare della zona immediata- compatto centrato sull’altura stessa e sulle sue pen-
mente circostante l’altura nel corso dell’età arcaica: dici60. Qui almeno sembra ospitato un settore rile-
in base alla distribuzione delle evidenze tale mas- vante dell’abitato, il quale verrà racchiuso, proba-

56
Sugli scavi effettuati sulla sommità della collina e sul sommità della collina che nella cosiddetta “città bassa”, ossia sulle
pendio meridionale e orientale, i quali hanno accertato l’esi- pendici orientali dell’altura: Holloway 1970, pp. 27-28. La pre-
stenza di un rilevante nucleo dell’insediamento arcaico: senza della cinta fortificata, l’esaurirsi dei nuclei sepolcrali arcaici
Holloway 1970; per quanto riguarda l’età del bronzo e la ri- significano evidentemente la riorganizzazione dell’insediamento,
presa della frequentazione nella prima età del ferro: Satriano; circostanza che non sappiamo se vada attribuita all’arrivo effetti-
sugli scavi più recenti nell’area del santuario che hanno resti- vo di nuove popolazioni o alla trasformazione dei vecchi assetti
tuito le tracce di strutture e di tombe di età arcaica: Rituali per socio-politici. In ogni caso, per quanto riguarda il sistema
una dea; Osanna 2002. insediativo in vigore nel IV sec. a.C., in base ai pochi dati prove-
57
Per i rinvenimenti di età arcaica provenienti dalla som- nienti dalle vecchie indagini (ed in particolare dai risultati delle
mità dell’altura ved. Holloway 1970. ricognizioni effettuate dalla équipe di Emanuele Greco: Satriano,
58
Sulle passate indagini: Holloway 1970; Satriano; sui pp. 25-28), e a quanto noto dalle nuove, sembra lecito proporre
rinvenimenti relativi all’età arcaica effettuati nel corso delle un sistema articolato in nuclei sparsi nel territorio, con fattorie
nuove ricerche: Rituali per una dea; Osanna 2002. isolate e piccoli villaggi, i quali fanno riferimento ad un insedia-
59
De Vincenzo-Osanna-Sica 2004. mento concentrato presso l’altura di Torre di Satriano, che deve
60
Interessante al riguardo il rinvenimento, nel corso degli sca- aver mantenuto la sua centralità all’interno della nuova organiz-
vi americani, di tracce di strutture abitative di IV sec. a.C. sia sulla zazione dello spazio, come già nei secoli precedenti: Torelli 1996.

56 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
FIG. 8. IL COMPRENSORIO TERRITORIALE

FIG. 9. CARTA DI DISTRIBUZIONE DELLE NECROPOLI ARCAICHE

IL SANTUARIO LUCANO NEL SUO CONTESTO 57


FIG. 10. L’ALTURA DI TORRE DI SATRIANO, LINEA DELLE FORTIFICAZIONI

FIG. 11. LA FORTIFICAZIONE IN FASE DI SCAVO

58 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
bilmente verso la fine del IV sec. a.C. da un impo- l’area del Melandro e dunque con le possibilità di
FIGG. 10-11 nente muro di fortificazione61. transito verso il Vallo di Diano. Si tratta di un an-
Tra le trasformazioni che interessano il territo- tichissimo asse viario, significativamente noto in
rio di Torre di Satriano in epoca lucana, partico- epoca moderna come “trazzera degli stranieri”, la
larmente significativo è l’impiantarsi di un luogo quale sarà percorso a lungo dalle vie stagionali della
sacro, in un’area già destinata ad un nucleo transumanza. Alla presenza di un importante asse FIG. 12

abitativo e alle relative sepolture nel corso dell’età viario si aggiunge un elemento ancora più signifi-
arcaica. Allo stato attuale della documentazione cativo, se letto alla luce delle pratiche cultuali che
non è possibile stabilire se la necropoli arcaica (di qui sono state ospitate: una sorgente si dispone a
cui sono state individuate per ora sepolture perti- circa un centinaio di metri a nord dell’area sacra,
nenti all’VIII e al VI sec. a.C.) continui ad essere dando origine ad una sorta di piccolo torrente che
utilizzata ancora nel V sec. a.C. Del resto anche la viene a bordare il santuario.
cronologia di impianto del santuario non è al Riguardo alle fasi conclusive di questa vicenda
momento precisabile con sicurezza62: certo è che insediativa, al momento è difficile stabilire quando
nel corso del IV sec. a.C. il “sacro” emerge prepo- il centro e il suo santuario terminino di essere fre-
tentemente, come mostra la suppellettile recu- quentati: una serie di dati sembra attestare una cesura
perata. La scelta del luogo dove impiantare il san- significativa intorno alla fine del III-inizio II sec.
tuario non è certo casuale se si considera come a.C., forse conseguenza della guerra annibalica che
l’impianto insista in una zona caratterizzata dalla per molte compagini del territorio lucano signifi-
presenza di un asse viario “naturale” di collega- cherà il collasso definitivo63. Dell’abitato sembra-
mento, che passando a sud del pendio meridiona- no scomparire completamente le tracce nel II sec.
le dell’altura, collega l’insediamento da un lato con a.C. e la rioccupazione non avverrà che molti seco-
l’area del Basento e con il potentino, dall’altra con li dopo64.
M. O.

61
L’indagine condotta da Holloway ha permesso di indivi- il plateau meridionale di Torre di Satriano abbia ospitato prati-
duare tra l’altro, tracce rilevanti del sistema difensivo che si im- che cultuali. Del resto a giudicare dalle tracce sempre più cospi-
pianta nel corso del IV sec. a.C.: per la cronologia della struttura cue dell’insediamento arcaico che stanno venendo alla luce nel
particolarmente significativa è la scoperta di un tratto di muro corso delle nuove campagne, sembra assai probabile che anche i
che si imposta sui resti di una struttura abitativa di pieno IV pochi materiali riconducibili al sacro (tra cui una antefissa a
sec.a.C. (Holloway 1970, pp. 21-26). La fortificazione si inseri- palmetta) siano stati destinati alla decorazione di edifici di un
sce all’interno del sistema di cinte fortificate che a partire dal IV certo livello, ma a carattere abitativo. Analogamente il materiale
sec. a.C. si distribuiscono capillarmente nel territorio lucano ceramico più antico rinvenuto in suolo sacro (tra cui si segnala
(H. Tréziny, Main d’ouvre indigéne et hellènisation: le probléme qualche frammento di “coppa ionica” e di kylikes a vernice nera
des fortifications lucaniennes, in Architecture et sociétè de l’archaisme “Bloesch C”: Satriano, p. 44) potrebbe essere pertinente tanto a
grec â la fin de la Rèpublique, Paris-Roma 1983, pp. 105-118). tombe sconvolte, quanto a strutture di carattere domestico.
62 63
Al momento non è possibile precisare a quando risalga il Torelli 1996.
64
primo impianto sacro: nonostante alcuni materiali sporadici Sul tracollo degli insediamenti lucani conseguenza dell’in-
dall’area abbiano fatto ipotizzare una prima fase di frequentazione tervento romano nella zona: M. Torelli, La romanizzazione dei
sacra già a partire dalla fine del VI - primo quarto del V sec. a.C. territori italici. Il contributo della documentazione archeologica,
(Greco 1991, p. 77), i dati sono al momento troppo esigui (e in La cultura italica (Atti del Convegno della Società Italiana di
soprattutto fuori contesto) per stabilire se prima del IV sec.a.C. Glottologia, Pisa, 19-20 dicembre 1977), Pisa 1978, pp. 75-89.

IL SANTUARIO LUCANO NEL SUO CONTESTO 59


FIG. 12. PLANIMETRIA DI TORRE DI SATRIANO. IL SANTUARIO E LA SORGENTE

60 IL TERRITORIO E L’INSEDIAMENTO
II. IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO

1. La scoperta del santuario e le prime ricerche

Gli scavi del biennio 1987-1988

L’area sacra ubicata in località Masseria di Satriano trame messo in opera a secco su cui si doveva svi-
alle pendici sud-occidentali della collina della Torre luppare un alzato probabilmente in mattoni crudi;
fu individuata durante una campagna di prospezioni i tetti presentavano una travatura lignea con coper-
topografiche grazie al ritrovamento di alcune terre- tura in tegole e coppi. Il collegamento tra le due
cotte votive – in particolare testine e statuette fittili terrazze era assicurato da una sorta di corridoio for-
– e fu di seguito oggetto di indagini archeologiche nito nella parte nord di due gradini che consentiva-
condotte dall’équipe guidata da Emanuele Greco, no il superamento del dislivello di circa un metro
dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli nel permettendo in tal modo l’accesso agli ambienti
biennio 1987-19881. L’esplorazione, effettuata in due delle due terrazze che si aprivano ad est3.
grandi settori contigui ciascuno dei quali misurava Questa distribuzione su due terrazze corrispon-
m. 15 x 30, portò alla luce il fulcro del complesso deva ad un’esigenza architettonico-funzionale in
sacro, costituito da due edifici, il quale fu datato tra base alla quale la terrazza inferiore veniva ad ospi-
FIG. 13 il IV e la fine del III secolo a.C.2 tare il sacello della divinità mentre in quella supe-
Le strutture messe in luce erano state impianta- riore trovavano posto una sala da banchetto e l’an-
te in una zona caratterizzata da una sensibile pen- nessa cucina4. Per quanto riguarda lo stretto am-
denza che venne sfruttata per la realizzazione di biente addossato al lato settentrionale della sala da
due terrazze destinate ad ospitare i due corpi di fab- banchetto, identificato come portico, il ritrovamen-
brica: un lungo vano rettangolare preceduto da un to di due punte di lancia faceva propendere per una
ambiente molto stretto largo 90 cm. occupava la interpretazione come luogo per l’esposizione di
terrazza superiore, mentre un edificio quadrato si trofei di armi ed ex voto5.
disponeva su quella sottostante, addossandosi al lato Il sacello della divinità presentava una pianta
lungo meridionale dell’edificio rettangolare. En- pressappoco quadrata (m. 4,40 x 4,70) e conservava
trambe le costruzioni avevano uno zoccolo di pie- al centro la base per l’imposta di un palo ligneo

1 3
I risultati delle ricognizioni di superficie e delle due cam- Satriano, p. 33 sgg.
4
pagne di scavo furono pubblicati nel volume Satriano. Satriano, p. 14; Greco 1991.
2 5
Satriano, p. 33. Satriano, pp. 14, 34; Greco 1991, p. 79 sgg.

IL SANTUARIO LUCANO NEL SUO CONTESTO 61


FIG. 13. TORRE DI SATRIANO. PIANTA GENERALE DELLE AREE DI SCAVO 1987-1988

62 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


con funzione di sostegno del tetto; la zona setten-
trionale era forse fornita di una piattaforma che
avrebbe avuto la funzione di sostenere oggetti voti-
vi o l’immagine del culto. Al momento dello scavo
al suo interno furono rinvenute diverse terrecotte
votive (cinque tanagrine e ventisette protomi fem-
minili), uno spiedo in ferro, un fibula in bronzo,
una decina di coppette integre a vernice nera, tre
vasetti ed una lekythos miniaturistica a figure rosse,
una fusaiola, un thymiaterion, due vasi in ceramica
comune di forma aperta. Insieme a questo materia-
le un particolare interesse riveste il rinvenimento
di diverse monete di zecche magno-greche cui si
aggiungono una semuncia ed un quinario di Roma,
considerati dagli scavatori il terminus post quem per
l’abbandono dell’edificio che andrebbe così a da-
tarsi ad epoca posteriore al 211 a.C.6.
La struttura sulla terrazza superiore si presenta-
va suddivisa in due ambienti: un piccolo vano-cuci- FIG. 14. PILASTRINO E PHIALE BRONZEA (DA SATRIANO)

na, così identificato per la presenza di bruciato e


frammenti di fornelli di terracotta, occupava la zona Il quadro delle evidenze del santuario veniva
occidentale e presentava una pianta grosso modo completato dal rinvenimento a poco meno di 20
quadrata di 3 metri per lato; una sala da banchetto metri di distanza più a sud da una particolare con-
occupava la restante zona ad est e misurava 7 metri centrazione di pietre, nella quale si è voluto vedere
di lunghezza per 3 di larghezza. Il materiale rinve- una sorta di “recinto”, grosso modo rettangolare,
nuto all’interno di quest’ultimo era costituito da intorno al quale furono ritrovati alcuni tubuli e
alcune terrecotte votive e un thymiaterion, nume- thymateria fittili8. L’area sacra era poi delimitata da
rosa ceramica a vernice nera. Inoltre si rinvennero alcune particolari concentrazioni di materiale
armi e strumenti in ferro (due spade, due lance e lapideo – interpretate come muri di recinzione –
uno spiedo): tra questi si segnalava il significativo rinvenute immediatamente a nord della sala rettan-
rinvenimento di una spada e una lancia deposte al- golare e ad essa parallela e ad un centinaio di metri
l’interno di un coppo. a sud-est dove presentava un andamento irregolare
Un significativo elemento del rituale “segnava” nord-est/sud-ovest9.
inoltre l’ingresso agli edifici: su uno dei gradini di Sulla base dei materiali gli archeologi hanno
accesso, forse presso uno degli stipiti della porta datato la realizzazione dell’intero complesso nel
della sala rettangolare, trovava posto un pilastrino corso del IV secolo a.C. anche se il rinvenimento
in arenaria su cui gli scavatori hanno proposto di di una terracotta architettonica più antica e mate-
collocare una phiale mesomphalos in bronzo rinve- riale ceramico vario (a decorazione subgeometrica,
FIG. 14 nuta nelle vicinanze7. frammenti di coppe ioniche B2 e ceramica greca

6 7
Satriano, pp. 14, 34; su una quantificazione di massima Satriano, p. 14; Greco 1991, p. 80.
8
dei materiali si veda anche Greco 1996, p. 276. Una sintesi è in Satriano, p. 35; Greco 1991, p. 79.
9
M. R. Salsano, Satriano, in Poseidonia e i Lucani; pp. 102-103. Satriano, pp. 33, 35, 63-65.

LA SCOPERTA DEL SANTUARIO E LE PRIME RICERCHE 63


coloniale a fasce e kylikes di tipo C) lasciava aperta di scavo: la prima (Saggio I) ha interessato il settore FIG. 15

la possibilità di una frequentazione dell’area ad uso posto ad oriente degli edifici rinvenuti nelle prece-
sacro forse già a partire dal VI secolo10. denti campagne, un’area che non era stata mai in-
In base a queste prime indagini si propose di dagata prima e che risultava cruciale al fine di me-
collocare la fine della frequentazione alla fine del glio comprendere articolazione interna e limiti dello
III o ai primissimi anni del II sec. a.C. e solo dopo spazio sacro13; la seconda (Saggio II) è stata aperta
un lungo periodo di abbandono, agli inizi dell’età nel settore a sud degli edifici, dove le indagini pre-
imperiale, piccoli e limitati interventi, quali la co- cedenti avevano parzialmente portato alla luce strut-
struzione di una vasca rivestita di malta idraulica e ture di non facile comprensione e dove l’indagine
una struttura identificata come altare, attesterebbero di superficie segnalava la cospicua presenza di ma-
una ripresa effimera dell’area. A partire dal IV se- teriali, a partire dall’età arcaica14. La scoperta in
colo d.C. lo spazio occupato dal santuario sembra questo settore di scavo di un nuovo edificio15 ha
sia stato destinato in parte ad uso agricolo limitata- reso necessaria nel corso della campagna del 2002
mente allo stallaggio di animali, in parte ad uso la riapertura di tutto il settore già indagato, dove
sepolcrale ospitando un piccolo gruppo di sepolture era il fulcro dello spazio sacro, l’oikos quadrato e
che venne ad occupare il settore sud dell’area sacra, l’adiacente edificio rettangolare, in modo da com-
il cosiddetto “recinto dei thymiateria”11. prendere meglio il rapporto del nuovo manufatto
M. M. S architettonico con gli altri edifici del complesso16.
La riapertura del settore già ricadente nell’area
indagata dall’équipe dell’Istituto Orientale di Napo-
li, ha permesso di approfondire lo scavo nella parte
2. La ripresa delle indagini orientale dell’edificio rettangolare e, dunque, nello
spazio immediatamente all’esterno, compreso tra
2.1. I nuovi scavi dell’Università della questo e la fronte dell’oikos quadrato. In questo set-
Basilicata (2000-2003) tore, esplorato solo parzialmente nel corso delle in-
dagini precedenti, era stata segnalata la presenza di
La ripresa delle indagini nell’area del santuario materiali di epoca romana, che aprivano nuovi in-
lucano è stata finalizzata a completare l’esplorazio- terrogativi sulla cronologia finale di frequentazione
ne dello spazio sacro, di cui le indagini degli anni dell’area sacra. La ripresa delle indagini ha confer-
’80 avevano mostrato la rilevanza12. La necessità di mato la lunga vita del santuario, mostrando come
acquisire nuove informazioni sull’area e di definire tutto il settore nord-orientale del santuario sia stato
i limiti del santuario emergeva come preliminare in interessato da una complessa sequenza di
un progetto pluriennale destinato alla conoscenza ristrutturazioni e ridefinizioni dello spazio sacro,
dell’insediamento antico nella diacronia. Pertanto documentate almeno sino all’età giulio-claudia17.
nel 2000 è stata programmata l’apertura di due aree M. O.

10
Satriano, p. 15; Greco 1991, p. 77. 251-254.
11 15
Satriano, p. 15; Greco 1991, p. 78 sgg. M. M. Sica, La nuova struttura del santuario lucano, in
12
Satriano; Greco 1991; Greco 1996. Osanna 2002, pp. 254-256.
13 16
Rapporto preliminare delle prime due campagne in que- Prime riflessioni sulla organizzazione dello spazio sacro,
sto settore in Osanna 2002, pp. 241-244, 249-251. in base alle nuove scoperte in Osanna-Sica 2005.
14 17
Rapporto preliminare delle prime due campa- Su questo settore dello scavo una serie di dati sono anti-
gne in questo settore in Osanna 2002, pp. 244-247, cipati in De Vincenzo-Osanna-Sica 2004.

64 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 15. PIANTA GENERALE DELLE AREE DI SCAVO 2000-2003 (SAGGI I E II)

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AREE DI SCAVO

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 65

5
2.2. La sequenza stratigrafica e le fasi18 gna (US 139) orientata in senso nord-ovest/sud-
est22. Lo scheletro (US 140), in discrete condizioni
Passando a definire in maniera puntuale posizione
di conservazione, era adagiato in posizione
ed estensione delle aree indagate, l’indagine archeo-
rannicchiata sul fianco sinistro, con il braccio de-
logica si è concentrata, come si è visto, in due di-
stro flesso in corrispondenza della vita e il braccio
stinti settori di scavo (Saggi I e II) impiantati rispet-
sinistro steso lungo il corpo, le gambe ripiegate
tivamente ad est e ad ovest di un piccolo scolo per
all’altezza del bacino, la testa a nord volta a est. Il
lo smaltimento dell’acqua che, captata dal vicino
corredo ceramico era costituito da undici vasi di-
acquedotto, rifornisce una moderna vasca-fontana.
sposti intorno al corpo della defunta: sul lato bre- FIG. 18
Durante la prima campagna di scavo il Saggio I, col-
ve settentrionale, all’altezza del capo, erano un’olla
locato immediatamente a sud della moderna vasca-
a decorazione subgeometrica, un’olletta biansata
fontana, copriva una superficie di circa 180 mq.; il
su piede, un’oinochoe a bocca trilobata e un’olletta-
Saggio II, ubicato a circa 25 metri dal Saggio I, im-
kantharos a decorazione subgeometrica; sul lato
mediatamente a sud-est dell’area indagata nel bien-
orientale, accanto al busto, erano invece una cop-
nio 1987-1988, si estendeva per 70 mq. Durante le
pa di tradizione ionica, una brocchetta-attingitoio
successive campagne di scavo i due saggi sono stati
e due kantharoi; infine, ai piedi della donna erano
ampliati a più riprese fino a raggiungere per il Sag-
deposte una scodella monoansata e una grande olla
gio I una superficie massima di 280 mq., per il Sag-
acroma, contenente una brocchetta-attingitoio.
gio II di circa 900 mq. arrivando a comprendere
Completavano il corredo tre spiedi collocati al-
tutta l’area precedentemente indagata.
l’altezza del bacino sul lato ovest. Gli oggetti del-
In questa sede si presenteranno i risultati della
l’ornamento personale, distribuiti principalmen-
ricerca condotta nei due saggi di scavo19, ad esclusio-
te lungo il busto, consistevano in una serie di fibule
ne del settore meridionale del Saggio II che ricade in
sia in bronzo a doppio arco insellato sia in ferro
un’area esterna all’area sacra e dove sono venuti alla
con arco rivestito in ambra e in osso, associate a
luce i resti di un precedente insediamento di età ar-
diversi tipi di vaghi e pendenti in ambra; inoltre
caica (abitato e necropoli) che sarà oggetto di una
un orecchino in argento ritrovato sotto il cranio,
prossima ed integrale pubblicazione20. M. M. S.
in corrispondenza della mandibola sinistra, e un
FIG. 16 — FASE I vago d’impasto tra le scapole. La composizione del
- Saggio I corredo consente di datare la sepoltura alla secon-
Corrispondente al periodo di occupazione arcai- da metà del VI secolo a.C.
ca dell’area, è testimoniata in questo settore da una Da segnalare ancora come la tomba sia stata rin-
sepoltura pertinente a un individuo femminile venuta a brevissima distanza dal margine orientale
adulto e individuata al centro del saggio (tomba di un piccolo corso d’acqua naturale (US 59), forse
FIG. 17 3)21. Si tratta di una deposizione entro fossa terra- già esistente durante l’età arcaica23. A. D’A.

18 21
Nel testo viene fatto riferimento a diverse unità strati- A. D’Alessio in Osanna 2002, p. 251; Sica 2004.
22
grafiche non riportate nelle planimetrie sia perché parte di una Il taglio US 139 (2 x 1 m.) fu praticato nel banco naturale
articolata successione stratigrafica sia perché lasciate in situ o (US 11) e in un sovrapposto deposito argilloso (US 125); il riem-
asportate solo parzialmente. L’analisi e la ricomposizione dei pimento della fossa (US 130) era costituito da una terra bruna
contesti sono state curate da T. Giammatteo. mescolata ad abbondante pietrisco e ghiaino, componenti prin-
19
Non vengono riportate le sigle IIA, IIB e IIC con le quali cipali anche dei depositi geologici soprastanti (US 88 e 72=110).
23
sono stati indicati alcuni approfondimenti effettuati nel Saggio II. Il La possibile esistenza nella zona di fossi e ‘canalizzazioni’
testo relativo al Saggio I è di A. D’Alessio; quello relativo al Saggio di epoca precedente a quella del santuario sembra suggerita
II è di L. Colangelo (Fasi I-IV) e di S. De Vincenzo (Fasi V-IX). anche dal rinvenimento di altri tagli e avvallamenti nelle im-
20
Rituali per una dea, pp. 18-24; Osanna 2002, p. 244-247; mediate vicinanze del canale 59, in un caso almeno (US 150) di
Sica 2004; cfr. supra p. 45, nota 19. età forse preesistente alla stessa occupazione arcaica.

66 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 16. FASE I

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FASE I

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 67


FIG. 17. SAGGIO I, TOMBA 3

FIG. 18. SAGGIO I, TOMBA 3 IN CORSO DI SCAVO (VISTA DA EST)


FIG. 19. SAGGIO II, TOMBA 4
FIG. 20. SAGGIO II, STRUTTURA MURARIA DI I FASE. USM 467=522 (VISTA DA SUD)

18

17

19 20

68 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


- Saggio II — FASE II FIG. 21

Corrisponde alla frequentazione arcaica dell’area - Saggio I


documentata dalla presenza di sepolture e da alcu- Corrisponde alla prima fase di vita del santuario,
ne murature – forse pertinenti ad abitazioni – rin- inquadrabile nella seconda metà del IV secolo a.C.,
venute sotto i livelli di vita del santuario. La desti- nel corso della quale è sicuramente attivo il corso
nazione funeraria dell’area in epoca precedente l’im- d’acqua già menzionato (US 59). Se, infatti, per la
FIG. 19 pianto dell’area sacra è documentata, in particola- fase precedente non è possibile stabilire con certez-
re, da una sepoltura (tomba 4), pertinente ad un za che il letto del piccolo ruscello fosse già esistente
individuo di sesso femminile inumato, rinvenuta in questa posizione, si è certi – in base alle stratigrafie
nel settore nord-orientale del saggio, laddove in età del riempimento – che al momento dell’impianto
lucana verrà costruito l’ambiente C del santuario. del santuario il suo corso fosse esattamente quello
La tomba, priva di corredo, presentava lo scheletro testimoniato dallo scavo.
(US 450) in posizione rannicchiata sul fianco sini- Contestualmente alla definizione dell’impianto
stro, rivolto verso est; la fossa (US 451), di forma sacro viene intenzionalmente aperto un piccolo
ellittica (70 x 45 cm.) e profonda circa 20 cm., è canale (US 28), posto a ovest del corso d’acqua, a
ricavata nel banco naturale (US 233). una distanza compresa tra m. 0,90 e 2,20. Inoltre,
Pertinente a questa fase è il muro (USM 471), sono riferibili a questa fase alcuni strati riconduci-
realizzato in pietrame in calcare di piccole dimen- bili alla originaria sistemazione nell’area di un pia-
sioni, legato con terra argillosa, largo 40 cm. che si no di calpestio, funzionale ad uno spazio ipetrale,
conserva per una lunghezza di 2,1 m. ed in alzato come suggerito dalla totale assenza di tracce di strut-
per un unico filare. Alla stessa fase sembra apparte- ture. Sebbene infatti la sensibile pendenza che ca-
nere anche una seconda struttura muraria (USM ratterizza tutto questo settore non abbia consenti-
FIG. 20 467=522), che corre a circa 4 m. di distanza e alla to l’individuazione di stratigrafia in situ certamen-
medesima quota della USM 471. Essa è costituita te riferibile a tale apprestamento – essendo i depo-
da pietrame sbozzato di medie dimensioni siti fortemente dilavati sull’interfaccia del sotto-
assemblato con argilla, orientata in senso nord-sud; stante banco naturale (US 11) – esso sembra comun-
presenta una larghezza di 70 cm., si conserva per que testimoniato da limitati lembi di terra mista a
una lunghezza max. di 2,4 m. ed è visibile in alzato materiale detritico, pietrisco e ghiaia, giacenti in
per due filari. prossimità del canale 59 e aventi probabilmente
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non funzione di compattamento e drenaggio della su-
è possibile definire in maniera puntuale la funzio- perficie del banco stesso (8=21, 12). In corrispon-
ne e la planimetria delle strutture indiziate dai resti denza della zona sud-occidentale del saggio, invece,
di muri citati. Il rinvenimento di una struttura l’esistenza del piano di calpestio è suggerita dal rin-
abitativa di età arcaica nel settore meridionale del venimento di un’attività di colluvio (US 262) a
saggio24 farebbe pensare ad una loro pertinenza ad matrice argillosa compatta e con inclusi litici di di-
abitazioni riferibili al nucleo insediativo sui cui re- mensioni inferiori al centimetro26. Come già anti-
sti si impianta il santuario lucano25. cipato, le maggiori testimonianze riferibili alla pri-
LUCIA C. ma fase di vita del santuario in questo settore orien-

24 26
Rituali per una dea, pp. 18-24; M. Di Lieto in Osanna Lo strato US 262 è assimilabile all’US 255, rinvenuta
2002, pp. 252-254. immediatamente ad est e distinta in base ad una maggiore con-
25
Sica 2004; De Vincenzo-Osanna-Sica 2004, pp. 37-42. centrazione di ghiaino e materiale.

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 69


FIG. 21. FASE II

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FASE II

70 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIGG. 22-23 tale sono date dal corso d’acqua 59 e dal vicino ca- desimo orientamento delle strutture del santuario
nale 28. dal quale dista tra 6 e 7 m. Rispetto al corso d’acqua
(US 59) il canale diverge di circa 10° in direzione
FIG. 24 Il corso d’acqua US 59 nord-ovest, distando nel punto di maggior diver-
L’invaso, di origine con ogni probabilità naturale genza circa 1 m. Ricavato nel banco naturale con
anche se verosimilmente rimaneggiato per il suo evidente azione di asporto, il canale segue la pen-
utilizzo nel corso di questa fase, occupa il settore denza del terreno (da 7° a 10°), è profondo 0,20-
occidentale del saggio interessando il locale banco 0,40 m., largo 1 m. a nord fino a raggiungere i 40
argilloso (US 11, 152) per una lunghezza di 15 m. cm. nella parte terminale; presenta un fondo dal pro-
ca. in senso nord-est/sud-ovest e proseguendo a nord filo leggermente concavo; le pareti sono rettilinee e
in direzione della vasca moderna che raccoglie l’ac- lievemente oblique, con stacco dal margine superio-
qua della sorgente sita più a monte, mentre verso re piuttosto netto su ambo i lati, mentre solo nel
sud scende gradualmente fino a perdersi nei pressi tratto più a monte quella occidentale va superior-
del limite di scavo. Di forma alquanto irregolare, mente allargandosi a nord-ovest, creando in tal modo
presenta una pendenza più o meno costante (da 4° un piano intermedio su cui erano adagiate alcune
a 16°), una larghezza compresa tra 1,60/2 m. nella grosse pietre informi. Da segnalare ancora la presen-
parte più settentrionale e 0,60 m. più in basso, e za, in corrispondenza del margine orientale, di alcu-
una profondità variabile tra i 0,30 m. del tratto cen- ne piccole cavità semicircolari di dubbia interpreta-
trale e i m.1 a sud, con pareti diversamente articola- zione. Significativa appare infine la brusca interru-
te e fondo in alcuni tratti concavo, in altri notevol- zione della fossa a sud, tanto da far ipotizzare un
mente accidentato dalla presenza di avvallamenti, periodico e indotto ristagno d’acqua al suo interno,
cavità e micro-rilievi dovuti all’antico ruscellamento piuttosto che il naturale ruscellamento come nel caso
dell’acqua al suo interno; verso sud i relativi margi- del vicino corso d’acqua (US 59)27.
ni si ampliano sia a est che a ovest a formare una A. D’A.
sorta di depressione poco profonda, ove il torrente
sfogava la sua portata a valle e sul fondo della quale - Saggio II
era un deposito a matrice argillosa (US 190) parti- Questa fase è caratterizzata da una complessiva
colarmente ricco di inclusi litici di piccole dimen- ridefinizione degli spazi e da una trasformazione
sioni (tra 1 e 1,5 cm.). decisiva delle funzioni dell’area. Si segnala innanzi-
tutto una preliminare sistemazione dell’area: il pen- FIG. 26

FIG. 25 Il canale US 28 dio naturale viene regolarizzato grazie ad una con-


Per quanto concerne il taglio più occidentale, di sistente sistemazione dei terreni, che ha previsto da
origine sicuramente antropica, questo è stato indi- un lato il livellamento del banco naturale e dall’al-
viduato nel settore nord-occidentale del saggio, per tro il riporto di terra. In particolare sarà interessato
una lunghezza massima di 11 m. ca. e per un ulte- il settore centrale del saggio, ove si verrà ad impo-
riore tratto a nord, pari a 2 m. nell’adiacente Saggio stare l’edificio quadrato, con strati di colmatura ar-
II (US 468). Di forma stretta e allungata, il canale tificiale (US 302, 362, 363, 365). Tale impegnativo
che corre in direzione nord-sud, mostra quasi il me- intervento, preliminare alla ridefinizione funzionale

27
Sulla distinzione topografica e funzionale delle due fosse dell’area sacra oltre che sede delle acque “vive”, correnti e pe-
nell’ambito del santuario e in relazione al culto, in particolare renni, a fronte del diverso impiego della fossa occidentale come
riguardo al carattere di invaso naturale del canale maggiore, ricettacolo artificiale delle acque “stagnanti”, meteoriche, cfr.
elemento preesistente e condizionante nella scelta di ubicazione Osanna-Sica 2005.

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 71


FIG. 22. SAGGIO I, IL CORSO D’ACQUA US 59 E IL CANALE US 28 FIG. 24. SAGGIO I, IL CORSO D’ACQUA US 59 (VISTA DA SUD-OVEST)
(VISTA DA SUD)

FIG. 23. SAGGIO I, SEZIONE OVEST-EST (LINEA SEZIONE FIG. 21)

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SAGGIO I - SEZIONE E-W
h 774.5

72 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


(muro W oikos), 223 (muro S oikos), 245 e 346 (muri
E oikos). Tali strutture sono pertinenti alla prima
definizione di uno spazio sacro che prevede la realiz-
zazione di un recinto quadrangolare contenente al-
l’interno un edificio quadrato; FIGG. 29-30-31

– resti di piani di calpestio interni – 228/229/230 –


al recinto quadrangolare e la probabile soglia (US 235)
in corrispondenza dell’ingresso dell’oikos. FIG. 32

Le strutture murarie sono costituite da doppio


paramento di pietrame sgrossato di media e grande
pezzatura e parzialmente sbozzato e regolarizzato
FIG. 25. SAGGIO I, IL CANALE US 28 (VISTA DA NORD-EST)
sulle facce esterne, messo in opera con un legante a
matrice argillosa; rari sono i frammenti di laterizi
dello spazio, è finalizzato da un lato a obliterare i impiegati sia nei paramenti che nel nucleo. Le
FIG. 26 resti delle strutture abitative più antiche, dall’altro murature si presentano in buono stato di conserva-
a risistemare il terreno caratterizzato da un accen- zione nel settore settentrionale del saggio, dove si
tuato pendio verso sud, in modo da poter procede- conservano in elevato per due filari; nel settore
re ad una rinnovata frequentazione del sito. Anche meridionale, invece, esse appaiono parzialmente
FIG. 27 l’US 452, originariamente crollo della struttura sconvolte anche a causa di uno smottamento che
muraria USM 471, nei pressi del cui limite occiden- ha compromesso la stabilità delle strutture murarie
tale è stata rinvenuta la tomba 4, è stato rimaneggiato che si conservano a livello delle fondazioni. I muri
e livellato al fine di consentire la realizzazione, ad perimetrali presentano uno spessore variabile tra i
una quota superiore, del piano di calpestio di que- 60 e i 65 cm. (USM 408, 214, 429, 248), mentre di
sta fase. Nell’area nord-orientale del saggio è stato dimensioni minori appaiono quelli che definisco-
intercettato inoltre il tratto superiore del canale US no l’edificio quadrangolare (47-50 cm.) (USM 221,
FIG. 28 468, individuato nel suo tratto terminale nel Saggio 222, 223, 245 e 346).
I (US 28). Si segnala presso la sponda orientale del Per quanto concerne le tracce di piani di calpe-
canale la presenza di una fossetta grosso modo stio interni (US 228/229/230), essi interessano prin-
ellittica, profonda circa 0,25 m. (0,45x 0,30 m.) (US cipalmente l’area compresa tra l’ingresso dell’edifi-
469), il cui riempimento (US 470) è costituto da cio quadrato e il muro perimetrale orientale (USM
terra argillosa mista a frustuli carboniosi oltre ad 529 e 375), dove l’apprestamento di pietre US 235 è
un frammento laterizio posto a ridosso della parete verosimilmente assimilato ad una soglia. I lacerti di
orientale. pavimento sono costituiti da pietre semisquadrate e
Contestualmente alla sistemazione dell’area e alla frammenti di laterizi, giustapposte e legate parzial-
realizzazione del canale ha inizio l’attività costrut- mente tra loro con argilla.
tiva, testimoniata da: La costruzione del complesso sacro può essere
– strutture murarie: 408 (muro N recinto), 214 e fissata a partire dalla metà del IV secolo a.C. sulla
429 (muri W recinto), 529-375 e 24728 (muri E recin- base del materiale rinvenuto negli strati riferiti a
to), 248 (muro S recinto); 221 (muro N oikos), 222 questa fase. LUCIA C.

28
Questa struttura muraria, leggibile in fase di crollo spoliazione documentata da un taglio (US 305), cfr. infra
per una lunghezza di 1,08 m., risente dell’azione di una Fase V, p. 90.

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 73


26

27 28

74 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 26. SAGGIO II, L’AREA DELL’OIKOS (VISTA DA OVEST)

FIG. 27. SAGGIO II, CROLLO DI ETÀ ARCAICA LIVELLATO PER


LA COSTRUZIONE DEL SANTUARIO. US 452

FIG. 28. SAGGIO II, CANALE US 468 E FOSSETTA US 469 (VISTA


DA NORD-OVEST)

FIG. 29. SAGGIO II, MURO NORD DEL RECINTO USM 408 (VISTA
DA OVEST)

FIG. 30. SAGGIO II, STRUTTURA MURARIA OVEST DEL RE-


CINTO USM 214 (VISTA DA OVEST)

FIG. 31. SAGGIO II, STRUTTURE MURARIE DELL’OIKOS (VEDU-


TA DA PALLONE)

FIG. 32. SAGGIO II. RESTI DEL PIANO DI CALPESTIO DEL RE-
CINTO E SOGLIA. US 228-230, 235 (VISTA DA EST)

29

30

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 75


31

32

76 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 33 — FASE III gnificativo intervento costruttivo che consiste nella
- Saggio I realizzazione di un edificio (B), provvisto di portico,
Queste fase, che nel Saggio II corrisponde ad una che si impianta a sud dell’oikos quadrato, parte al-
significativa attività di ristrutturazione del com- l’interno, parte all’esterno dell’originario recinto sa-
plesso sacro (la costruzione dell’edificio B)29, in cro. Tale attività costruttiva è documentata:
quest’area risulta attestata dal piano US 182=189 - dalle strutture murarie: 402 (muro N), 249
che ricopre il precedente US 262. La realizzazio- (muro E), 131 (muro S), 134 (muro W), 133 (muro
ne in tali depositi di interventi di asporto e colma- del portico a sud dell’ambiente B), 167 (tratto
tura pare indicarne una prolungata esposizione murario orientato NW-SE). FIGG. 34-35

della superficie e il relativo utilizzo dello spazio I muri attestati in questa fase, ad eccezione
per lo svolgimento di attività connesse al santua- dell’USM 249 che si presenta in stato di crollo, si
rio. All’interno di questo piano è stata praticata conservano in elevato per un filare, con uno spes-
una piccola fossa approssimativamente circolare sore compreso tra 50 e 60 cm. Presentano la stessa
(diametro massimo 62 cm.), profonda una trenti- tecnica costruttiva documentata per la prima fase
na di centimetri e dalle pareti superiormente ver- del santuario, un doppio paramento di pietrame di
ticali e fortemente oblique in corrispondenza del media e grande pezzatura, parzialmente sbozzato e
fondo (US 260), il riempimento della quale (US regolarizzato sulle facce esterne, messo in opera con
258) è risultato costituito da terra mista a scarso un legante a matrice argillosa.
materiale ceramico, alcuni resti ossei (volatili, scro- LUCIA C.
fa, ovo-caprini) e numerosi resti carboniosi e di
‘concotto’ che fanno appunto ipotizzare l’esecu- — FASE IV FIG. 36

zione al suo interno di azioni di combustione a - Saggio I


scopo rituale30. Nello stesso piano è stato indivi- Questa fase coincide con l’obliterazione del canale
duato anche parte di un altro taglio (US 269=270) (US 28) e del corso d’acqua (US 59), contestuale
che corre in senso nord-sud, di cui non è possibile verosimilmente all’abbandono delle strutture po-
determinarne la funzione, sviluppandosi verso nord ste sulla terrazza meridionale nel Saggio II, proba-
e verso ovest oltre i limiti di scavo. Il taglio, con bilmente a causa di un evento naturale. Tracce di
pareti verticali in alto e inferiormente irregolari, questo episodio si rinvengono anche nel Saggio I
presenta solo nella parte settentrionale una sorta di dove sono stati individuati tagli e avvallamenti nel
rivestimento in ciottoli e frammenti laterizi; il suo banco naturale di diversa forma e dimensione tra
riempimento (US 268) ha restituito numerosi fram- cui, in particolare, è stata individuata una linea di
menti ceramici, tra cui materiale a vernice nera, a faglia che costituisce, in termini stratigrafici e
figure rosse e coroplastica databile tra la seconda diacronici, un significativo elemento in quanto get-
metà del IV e il primo quarto del III secolo a.C. ta luce sulle cause della distruzione e dell’abbando-
A. D’A. no della terrazza inferiore del santuario e dell’area
adiacente a est. La sua superficie di scorrimento (US FIG. 37

- Saggio II 265) si presenta liscia e inclinata di circa 45° rispet-


Questa fase, databile tra la fine del IV e il primo to al piano di campagna, mentre lungo l’interfaccia
quarto del III secolo a.C., è caratterizzata da un si- si sono riconosciute striature dall’andamento ap-

29
Infra Saggio II. di piccolissimi grumi di argilla depurata grigio-azzurra e
30
Tra i manufatti rinvenuti spiccano un unguentario rossastra in prossimità del fondo della fossa. Lo strato ri-
acromo e rari frammenti di coroplastica. Da segnalare an- sulta però inquinato dal taglio del canale moderno
che la presenza di un guscio di mollusco del tipo murex e (US 151).

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 77


FIG. 33. FASE III

FIG. 34. SAGGIO II, USM 131 E 134 - AMBIENTE B (VISTA DA EST)

FIG. 35. SAGGIO II, USM 133 (VISTA DA SUD)

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FASE III

78 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


prossimativamente nord-sud che indicano il senso di
slittamento del blocco geologico US 264, di compo-
sizione analoga a quella del banco US 11 ma più fria-
bile e con minori inclusi marnosi31.
Il riempimento (US 5=10=18, 465)32 del canale
(US 28) è risultato nettamente distinguibile dai de-
positi circostanti per composizione e colore (matri-
ce argillosa grigio scura, di consistenza a tratti com-
patta e in altri friabile). La sua rimozione ha com- FIG. 38

portato il recupero di una discreta quantità di mate-


riali, fra cui soprattutto frammenti laterizi e ceramici,
numerosi thymiateria, coroplastica, pesi da telaio e
una moneta d’argento – oltre ad ossa animali e cospi-
cui resti di bruciato – reperti nella maggior parte dei
casi inquadrabili tra la metà del IV e la metà del III
secolo a.C.33. FIGG. 39-40

31
Per i fenomeni geologici che hanno interessato l’area ved.
Appendice II.2.2., pp. 466-472.
32
La US 465 costituisce il riempimento del taglio US 468,
prosecuzione a nord-ovest del canale US 28, messo in luce nel
corso della campagna di scavo inverno 2002 (Saggio II).
33
Decisamente rari i manufatti databili già a partire dal VI
secolo a.C., evidentemente residui.

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 79


FIG. 36. FASE IV

FIG. 37. SAGGIO I, US 258, 264, 265

FIG. 38. SAGGIO I, RIEMPIMENTO DEL CANALE US 28

FIG. 39. SAGGIO I, THYMIATERION IN CORSO DI SCAVO DAL RIEMPIMENTO DEL CANALE US 28 (US 10)

FIG. 40. SAGGIO I, SCAVO DEL RIEMPIMENTO DEL CANALE US 28 (US 10)

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FASE IV

36

80 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


37

39 38

Il riempimento del corso d’acqua (US 59), in-


vece, ha rivelato delle differenze di composizio-
ne con ogni probabilità imputabili alle precipue
dinamiche di colmatura. Il riempimento era co-
stituito infatti da una serie di depositi sovrapposti
con diverse caratteristiche distintive: quelli supe-
FIG. 41 riori (US 47=76=94), composti da un terreno
argilloso bruno-scuro misto a numerose pietre
(anche di medie e grandi dimensioni, alcune del-
le quali squadrate) e ad abbondante materiale
fittile e ceramico (associati a thymiateria, pesi da
telaio, coroplastica e a una punta di lancia in fer-
FIG. 42 ro, oltre a resti ossei e residui ‘carboniosi’). Gli
strati di riempimento sottostanti (fig. 23), posti a
diretto contatto con il fondo del corso d’acqua
(US 63, 66=73, 77, 85 = 95 = 97=120), a matri-
ce limo-sabbiosa di colore tra il grigio e il marro-
ne chiaro-giallastro (con rade concentrazioni di
terra nera, pietrisco e ghiaia), hanno pure resti-
tuito una discreta quantità di reperti estremamen-
te interessanti quanto a tipologia e condizioni 40

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 81

6
della giacitura34. Tra questi si segnalano di nuovo
i molti frammenti ceramici e coroplastici (spe-
cialmente coppe, skyphoi, piatti e altre forme in
ceramica a vernice nera, testine e statuette di di-
vinità femminile stanti o in trono), accanto a ma-
teriale lapideo e laterizio e ai resti di ossa anima-
li e malacologici. Di frequente, inoltre, tanto
sull’interfaccia superiore che in prossimità del
fondo, vi si sono rinvenute determinate associa-
zioni di reperti, come nel caso esemplare di un
gruppo di pietre di piccole dimensioni poste a
delimitare una ristretta zona con tracce di bru-
ciato, entro cui giacevano un frammento di pinax
con raffigurazione di Erote alato, una terracotta
acefala di Afrodite stante e un frammento di cop-
pa (US 77)35. Questa particolare concentrazione
sembra rimandare ad una attività rituale (e più
specificamente sacrificale) svolta prima delle ope-
razioni di colmatura e di definitiva obliterazione
del corso d’acqua. Va infine segnalato che nel trat-
to centro-settentrionale dell’invaso, dove il pen-
dio del terreno è meno accentuato, gli strati di
riempimento superiori (US 47=76=94) erano
“sigillati” da un sottile strato di terra scura mista
a pietre e frammenti laterizi e ceramici di piccole
dimensioni, insieme ad ossa e a residui ‘carbo-
niosi’ (US 41), il quale debordava in più punti
oltre i margini della canale. La significativa pre-
senza, al di sopra della US 41, di una cospicua
concentrazione di resti di bruciato e dello sche-
letro pressoché completo di un cane (US 54), può FIG. 43

essere interpretata come testimonianza del sacri-


ficio conclusivo dell’atto di obliterazione36. Per
quanto concerne la cronologia dei materiali re-
stituiti da questo riempimento, essi sembrano rin-

34
Le US 85 e 95, che costituiscono due dei riempimenti
inferiori laddove il fondo del canale presenta una quota più
alta, hanno risentito dei rimaneggiamenti moderni trovandosi
immediatamente a contatto con lo strato superficiale US 71.
35
Si aggiungano a questi materiali frammenti di una testina
FIG. 41. SAGGIO I, RIEMPIMENTO SUPERIORE DEL CORSO D’ACQUA US 59 e di un thymiaterion (infra pp. 366-367, cat. 555).
36
(VISTA DA SUD) Sul significato del sacrificio del cane in rapporto alla ge-
FIG. 42. SAGGIO I, PARTICOLARE DEL RIEMPIMENTO SUPERIORE DEL CORSO stazione e al parto, e dunque alla nascita, ved. Osanna-Sica
D’ACQUA US 59 2005; al riguardo cfr. anche Rituali per una dea, p. 107 sgg.

82 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


viare ad un arco di tempo piuttosto ampio, so-
stanzialmente ascrivibile al periodo compreso tra
la seconda metà del IV e la prima metà del III
secolo a.C.
Nella zona ad ovest del corso d’acqua (US 59), è
stata messa in luce una serie di depositi affiancati
e/o sovrapposti (US 146, 154, 155, 159) caratteriz-
zati dalla presenza di abbondante materiale edili-
FIG. 44-45 zio e votivo37, i quali paiono riferibili al crollo e
all’abbandono della terrazza meridionale del san-
tuario sita poco più a monte e al successivo
scivolamento dei suoi elementi verso valle38.
Gli strati sopra citati, unitamente ad altri strati
(US 181, 187 e 251) scivolati verso sud-est, hanno
occupato l’avvallamento naturale (US 147 = 156
=169, 252) determinato dal movimento tettonico
sopra descritto, venendo a creare una sorta di depo-
sito del materiale pertinente alle strutture del Saggio
II, rinvenuto mescolato con i votivi. Tutti gli strati
hanno restituito una discreta quantità di materiale
ceramico e coroplastico, databile tra la seconda metà
del IV e la prima metà del III secolo a.C.39.
A. D’A.

- Saggio II
A tale fase, inquadrabile cronologicamente entro la
metà del III secolo a.C., sono ascrivibili l’abbando-
no delle strutture poste sulla terrazza meridionale,
documentato dal crollo delle coperture e dalla di-
struzione delle relative strutture da attribuire a cause
naturali40, e un primo intervento di ristrutturazione
del settore settentrionale del santuario.
La prima attività è attestata dalle US 135,
144=161, 171, 172, 173, 175, 249, 309. Si tratta di

37
Tegole, coppi e pietre anche lavorate, moltissima ceramica
comune e a vernice nera e rossa, sovraddipinta, a figure rosse e a
bande, terracotte di varia forma e tipologia e thymiateria.
38
Infra Saggio II, pp. 83-85.
39
Da segnalare la presenza di una laminetta aurea accartocciata
(infra, p. 398, cat. 626) e vari frammenti di ceramica residuale in
impasto di età arcaica.
40
Uno dei motivi che ha sicuramente contribuito alla FIG. 43. SAGGIO I, SCHELETRO DI UN CANE, US 54
ristrutturazione sembra sia da ricercare in un dissesto naturale,
probabilmente un evento franoso, al quale rinvia un cedimento FIG. 44. SAGGIO I, US 154
strutturale registrato sulle murature della terrazza inferiore, ved. FIG. 45. SAGGIO I, TERRACOTTA VOTIVA DAL SETTORE AD OVEST DEL CORSO
Rituali per una dea, p. 254.; cfr. Appendice II.2.2., pp. 466-472. D’ACQUA US 59

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 83


FIG. 46. SAGGIO II, CROLLO MURARIO US 144=161 (VISTA DA SUD-EST) FIG. 47. SAGGIO II, CROLLO DELLE COPERTURE US 135 (VISTA DA NORD)

FIG. 48. SAGGIO II, IL CANALE SETTENTRIONALE US 455 (VISTA DA EST)

84 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 46 strati di crollo degli alzati in pietrame US 144=161, re: innanzitutto ceramica e coroplastica, ma anche
FIG. 47 171, 172, 173, 249, e delle relative coperture US 135, oggetti metallici (fra cui due coltelli in ferro) e spe-
175, 309, costituiti da frammenti di tegole, coppi e cialmente pietre e numerosi spezzoni di tegole, ada-
dai resti carbonizzati di un palo ligneo (US 153), giati sia di piatto che di taglio e posti in concentra-
verosimilmente parte della carpenteria del tetto41. zioni ravvicinate. Lo scavo ha indicato trattarsi del FIGG. 51-52-53

A questa fase va anche attribuita l’US 231, quanto dilavamento e rimescolamento non solo della
resta del crollo rinvenuto all’interno dell’oikos. colmatura superficiale del corso d’acqua (US 59), ma
Contestualmente all’abbandono di quest’area, anche di parte della stratificazione esistente a ovest,
nel settore settentrionale viene realizzato un canale a ridosso del margine occidentale del saggio, dove
FIG. 48 di origine antropica (US 455), che occupa il settore corre il moderno canale che convoglia l’acqua pro-
settentrionale del saggio interessando il banco na- veniente dalla grande vasca. Sempre nel settore sud-
turale (US 233=456); esso si conserva per una lun- occidentale, al di sopra del piano di colluvio US 26242,
ghezza di 14 m. ca. in senso sud-ovest/nord-est e si sono individuati infine diversi strati di scivolamento
prosegue oltre i limiti di scavo. Presenta una forma a composizione analoga a quelli già menzionati (US
piuttosto regolare, un fondo concavo caratterizzato 261, 263, 266, 267)43 e le US 254 e 257, strati dilavati
da una leggera pendenza verso sud-ovest, una lar- e inquinati dal taglio del canale moderno (US 151) e
ghezza compresa tra 1,60 e 2,40 m., una profondità per la presenza delle radici di un albero.
media di 70 cm. Le pareti meridionali presentano A. D’A.
un profilo quasi verticale mentre quelle settentrio-
nali, più basse, hanno un profilo obliquo. - Saggio II
LUCIA C. Questa fase coincide con la risistemazione del set-
tore settentrionale del santuario, dove si realizza un
FIG. 49 — FASE V nuovo edificio coperto (C), in sostituzione del pre-
- Saggio I cedente edificio meridionale (B).
A partire da questa fase, inquadrabile tra la seconda Questa rinnovata frequentazione è documen-
metà del III e gli inizi del II secolo a.C., che nel tata:
Saggio II corrisponde ad una risistemazione e ad – dai resti delle strutture murarie dell’ambiente
una rinnovata frequentazione del settore settentrio- C: USM 212, 213, 220, 232, 410; FIGG. 54-55

nale del santuario, nel Saggio I ha inizio una serie – dai setti murari USM 367 e 215, che costitui-
di attività nell’area precedentemente occupata dal scono la ripresa di precedenti strutture a nord e ad
canale e dal corso d’acqua, le quali palesano una est l’area antistante l’ambiente C; FIG. 56

netta contrazione dello spazio sacro, avvenuta in – da un piccolo apprestamento (30 x 35 cm.) rea-
seguito alla distruzione dei livelli inferiori del san- lizzato con blocchi squadrati di piccole dimensioni
tuario, come documenta la situazione individuata assemblati con malta, che si addossa all’angolo nord-
nel settore sud-occidentale del saggio. orientale dell’ambiente C (USM 368); FIG. 57

Qui, il riempimento originario del corso d’acqua – una sistemazione di tegole mista ad uno strato
FIG. 50 (US 59) risulta coperto da alcuni strati (US 107=119, di terra argillosa di colore scuro, ricco di frustuli
158) estremamente ricchi di materiali di ogni gene- carboniosi (US 394)44, che s’imposta direttamente

41 43
La verticalità della US 153 ha lasciato ipotizzare che si Anche qui il materiale ceramico e coroplastico è tutto
tratti di un palo di sostegno del tetto piuttosto che della trave inquadrabile tra il IV e la metà del III secolo a.C.
44
di colmo, essendo posizionata esattamente sulla diagonale del- Lo strato spesso circa 20 cm. ricopre un’area di 2,8 x
l’angolo composto dalle USM 131-134. 2,5 m., in prossimità dell’angolo nord-orientale dell’am-
42
Supra, Fase II, p. 69. biente.

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 85


FIG. 49. FASE V

FIG. 50. SAGGIO I, US 119 (VISTA DA SUD).

FIG. 51. SAGGIO I, CONCENTRAZIONI DI MATERIALE US 107=119

FIG. 52. SAGGIO I, CONCENTRAZIONI DI MATERIALE US 107=119

FIG. 53. SAGGIO I, CONCENTRAZIONI DI MATERIALE US 107=119

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FASE V

49

86 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


51

50 52

sugli strati della precedente fase arcaica (Fase I) e della sua distruzio-
ne (Fase II). Queste tegole, miste a terra carboniosa, rimandano ve-
rosimilmente ad una sistemazione dell’area (che deve aver previsto
l’espletazione di azioni rituali con impiego di fuoco), tesa a sigillare
la sottostante tomba arcaica45. Sia l’US 394 che l’US 454, riempi-
mento della fossa di fondazione (US 453) dell’USM 215, hanno re-
stituito una cospicua quantità di materiale rituale e votivo: l’US 394
ha restituito quattro statuine fittili femminili, rinvenute in prossi-
mità dell’angolo nord-est dell’ambiente, ed una testina, rinvenuta
vicino alla tomba arcaica, un piatto a vernice nera ed una bottiglia
baccellata in stile di Gnathia; la fondazione US 454 ha restituito
altre statuette fittili di figure femminili panneggiate stanti46; FIG. 58

– da una serie di strati (US 217=355, 218 e 219), costituiti an-


ch’essi da terra argillosa e tegole miste a frustuli carboniosi, dispo-

45
In merito De Vincenzo-Osanna-Sica 2004, pp. 38-41.
46
53 Infra p. 165, cat. 28-29.

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 87


FIG. 54. SAGGIO II, USM 213 (VISTA DA SUD-EST)

55 56

57 58

FIG. 55. SAGGIO II, STRUTTURE MURARIE DELL’AMBIENTE C (VISTA DA EST) FIG. 56. SAGGIO II, AMBIENTE C, USM 367 E 215, US 217 (VISTA DA NORD)
FIG. 57. SAGGIO II, AMBIENTE C, USM 215, 367 E 368, US 394 (VISTA DA NORD-EST) FIG. 58. SAGGIO II, AMBIENTE C, DEPOSIZIONE DI TERRACOTTE NELLA US 454

88 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


59

61 60

FIG. 59. SAGGIO II, US 217. FIG. 60. SAGGIO II, PIANO DI CALPESTIO ESTERNO ALL’AMBIENTE C US 226-227 E SOGLIA DI ACCESSO US 225 (VISTA DA SUD-EST).
FIG. 61. SAGGIO II, USM 212-213 E PIANO DI CALPESTIO US 311 (VISTA DA OVEST).

sti sopra US 394 e funzionali verosimilmente al realizzati con pietre di piccole dimensioni assem-
rialzamento dei livelli di calpestio di questa rinno- blate con malta di calce, presente anche nella rea-
FIG. 59 vata frequentazione; lizzazione della soglia US 225, che si lega alla US
– da resti di soglia (US 225) e piani di calpestio 227. Quest’ultima, realizzata con pietre frammiste
FIG. 60 esterni (US 226/227); a frammenti di laterizi, costituisce la preparazione
del piano di calpestio US 226.
I muri attestati in questa fase, che si conservano Nel settore settentrionale è documentato un
in elevato per due filari con uno spessore compreso probabile piano di calpestio (US 311)47, posto tra le
tra 50 e 60 cm., presentano un doppio paramento USM 212 e 213 e costituito da terra a matrice
di pietre sgrossate di medie e grandi dimensioni, argillosa frammista a radi frammenti di materiale
parzialmente sbozzate e regolarizzate sulle facce lapideo e di laterizi di piccole dimensioni. FIG. 61

esterne, messe in opera con un legante a matrice Nella terrazza centrale sembrano riutilizzati i
argillosa. I muri (USM 213, 215) risultano invece precedenti piani di calpestio in relazione alla zona

47
Lo strato era stato già messo in luce nel corso delle inda- gini condotte tra il 1987 e il 1988.

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 89


d’ingresso all’oikos, mentre si conservano strati di che interessa tutto il settore nord-orientale del
dilavamento ad ovest e ad est di quest’ultimo (US santuario. Oltre alla ristrutturazione del già esi-
364 e 420). In questa fase si realizza probabilmente stente edificio rettangolare (C) – il quale viene
la spoliazione del muro est del recinto (USM 247) suddiviso mediante un piccolo muro divisorio
il cui taglio (US 305), leggibile in senso nord-sud (USM 216) in un ambiente quadrato ad ovest (D)
per una lunghezza di 4,60 m., presenta pareti verti- ed uno rettangolare ad est che occupa probabil-
cali e fondo piano48. mente la lunghezza rimanente – in questa fase si
Sulla terrazza inferiore si registra invece l’oblite- realizza:
razione dei crolli e delle murature, con la successio- – un allineamento di blocchi di travertino (US
ne di strati, prevalentemente a matrice argillosa (US 426) orientato in senso nord-sud (m. 4,3 x 0,60) in-
132, 142, 143, 301, 310, 397), che sanciscono il defi- sieme agli strati di riempimento (US 512 e 514) del
nitivo abbandono di tutta l’area meridionale del san- taglio di fondazione (US 513) funzionale alla sua
tuario. Si segnala in quest’area la presenza di una pic- impostazione. Verosimilmente tale allineamento –
cola costruzione di forma ellittica (USM 312) realiz- che funge da raccordo tra l’area ad est del santuario
zata con pietre legate da malta di calce, mentre un’uni- e il settore settentrionale del luogo sacro, caratte-
ca grande pietra piatta ne costituisce il fondo (US rizzato dalla presenza del portico e del canale – può
313); l’interno presenta un rivestimento a base di calce essere interpretato come soglia;
(US 314). La struttura, già individuata negli scavi – i muri USM 366 e 527 che, nel raccordarsi alla
precedenti, potrebbe essere interpretata come un soglia (US 426), inquadrano probabilmente un pas-
apprestamento funzionale alla preparazione della saggio dall’area del canale al settore lastricato im-
calce il cui uso proprio in questa fase viene a caratte- mediatamente ad est dell’edificio sacro;
rizzare la realizzazione delle strutture. – un livello di calpestio tra il portico ed il canale
Tutti gli interventi nei diversi settori indagati documentato da un lacerto di lastricato (US 526)
sono databili verosimilmente in un arco di tempo realizzato con blocchi calcarei pressoché squadrati
compreso tra la seconda metà del III e gli inizi del ed assemblati in modo regolare, disposto su di uno
II secolo a.C. strato di terra argillosa mista a frammenti lapidei e
S. D. V. laterizi (US 414), che ne costituisce pertanto la pre-
parazione; FIG. 63

FIG. 62 — FASE VI - l’apprestamento pavimentale (US 464) nel set- FIG. 64

- Saggio I tore nord-orientale, realizzato in blocchi calcarei di


Non sono attestate attività riferibili a questa fase differenti dimensioni solamente sbozzati49. Esso si
che nel Saggio II corrisponde alla risistemazione imposta su di una preparazione (US 506 = 517 =
della zona settentrionale del santuario. 463 e 501)50 in terra a matrice argillosa frammista a FIG. 65

pietre e laterizi che si dispone a sua volta diretta-


- Saggio II mente sopra i livelli dell’obliterazione (US 460 =
Corrisponde ad una significativa risistemazione 461) del tratto più settentrionale del canale 28 (US

48
Nei riempimenti della fossa di spoliazione (US 304-378) est con il muro occidentale della vasca moderna, ad ovest con
figurano reperti databili tra la fine IV e la metà del III secolo la soglia US 426, a sud si conserva fino alla precedente
a.C. (ceramica a vernice nera e un anello digitale in argento pavimentazione 226/227.
50
con castone raffigurante un quadrupede) e piccoli nuclei di malta L’asportazione di questo strato (US 463 = 506 = 517) ha
di calce. restituito una cospicua quantità di materiali, alcuni dei quali
49
Tale apprestamento pavimentale, con un’accentuata pen- riferibili alla precedente frequentazione, tra cui vernice nera e
denza verso sud, si conserva su di una superficie di 6,5 x 4,5 coroplastica; tra i materiali più recenti predominano la cerami-
m.; il suo limite coincide a nord con il margine del saggio, ad ca a pasta grigia, gli unguentari ed in particolare le lucerne.

90 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 62. FASE VI

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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ARCHEOLOGIA DI MATERA

TORRE DI SATRIANO - SCAVI 2000-2003


FASE VI

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 91


63 64

65 66

FIG. 63. SAGGIO II, SETTO-


RE SETTENTRIONALE
DEL SANTUARIO (USM
212, 366, 527, 426; US 455, 414,
526) (VISTA DA OVEST)

FIG. 64. SAGGIO II, US 464


(VISTA DA OVEST)

FIG. 65. SAGGIO II, US


463=506=517

FIG. 66; SAGGIO II, AREA


SIGILLATA DA TEGOLE
(US 424)

FIG. 67. SAGGIO II. IL SET-


TORE NORD-ORIENTALE
DEL SANTUARIO, DOPO
L ’ A S P O RTA Z I O N E
DELL’APPRESTAMENTO
IN TEGOLE US 424 E DI
PARTE DELLO STRATO
SOTTOSTANTE US 463 (VI-
STA DA SUD-OVEST)

FIG. 68. SAGGIO II, DEPO-


SIZIONE RITUALE (US 479)

FIG. 69. SAGGIO II, APPRE-


STAMENTO RETTANGO-
LARE CONTENENTE MA-
TERIALI RITUALI US 502,
504 (VISTA DA OVEST)

FIG. 70. SAGGIO II, US 502,


504 (VISTA DA SUD)

FIG. 71. SAGGIO II, US 78


67 (VISTA DA OVEST)

92 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


468)51. In corrispondenza del limite sud-orientale del
piano lastricato è stato rinvenuto uno spazio non pa-
vimentato, di forma quasi circolare, forse funzionale
a rituali “ctonii”, successivamente sigillato da uno strato
FIGG. 66-67 di tegole (US 424).
Asportato lo strato di tegole, tra le quali è stato
rinvenuto un bronzetto raffigurante un Lare52, nello
strato sottostante (US 506 = 517 = 463) sono state
rinvenute una serie di interessanti deposizioni di ca- 68

rattere rituale: si tratta di particolari apprestamenti


quali un circolo di piccoli blocchetti di pietra calcare
(US 479) coperto da un frammento di tegola che rac-
chiude una statuina capovolta raffigurante una figu-
FIG. 68 ra femminile panneggiata acefala – del tipo Afrodite
in posizione di appoggio – ed un piccolo unguentario
fusiforme; un’altro circolo (US 480) conteneva inve-
ce una lucerna del tipo Dressel 3.
Un ultimo apprestamento, di particolare rilie-
vo, è stato rinvenuto a ridosso del lato orientale
della soglia US 426, costituito da tre grosse lastre
FIGG. 69-70 calcaree (US 504) poste di taglio nel terreno. Il suo 69
riempimento (US 502), oltre ad una esigua quanti-
tà di frammenti di ceramica comune e di laterizi,
ha restituito una lucerna Dressel 3 addossata al bloc-
co di travertino, un boccaletto miniaturistico rin-
venuto capovolto, una testina in terracotta femmi-
nile ed un peso da telaio.
Questi interventi sono funzionali ad un’unica
risistemazione del settore settentrionale dell’edifi-
cio sacro dove si realizza pertanto un’area lastricata
collegata attraverso una soglia al complesso porti-
co – canale. Sul canale settentrionale, ortogonale
70
alla soglia US 426, si apre il portico USM 212; sia il
canale che il portico realizzati durante le preceden-
ti frequentazioni, sono diventati parte di quest’ul-
timo intervento costruttivo, che prevede la costru-
zione ex novo della soglia e dell’apprestamento pa-
vimentale.
A questa fase è ascrivibile, nell’area meridionale

51
Lo strato 460=461 ha restituito materiale di II-I secolo
a.C. associato a residui di fine IV-inizi III secolo a.C.
52
Ved. infra pp. 198-199. 71

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 93


al di sopra dei livelli di crollo e di obliterazione delle margine settentrionale, doveva probabilmente co-
strutture di età lucana (US 81, 331), la realizzazio- stituire una sorta di protezione contro la spinta del
ne di una grande massicciata (USM 78) costruita terreno da nord54.
con il materiale di spoglio dei muri precedenti e A questa fase sono inoltre attribuibili l’US 373,
FIG. 71 della quale non è possibile accertare la funzione53. interpretabile come dilavamento del piano di cal-
La struttura, dalla forma grosso modo rettangolare e pestio US 226/227, e i livelli di crollo US 209-211, FIGG. 75-76

con una superficie pendente da nord-est verso sud- 333, 342, concentrati nel settore settentrionale e
ovest, è stata costruita mettendo in opera le pietre nord-orientale del saggio, costituiti da pietre di
di maggiori dimensioni poste sui lati sud e nord in medie e grandi dimensioni frammiste a frammenti
modo da realizzare quasi una sorta di contenimento di laterizi da copertura.
per il pietrame di minore pezzatura sistemato al- S. D. V.
l’interno.
La riorganizzazione del settore nord del santua- — FASE VIII FIG. 77

rio è da riferire alla seconda metà del I secolo a.C. - Saggio I


S. D. V. Le evidenze pertinenti al lungo periodo posteriore
al definitivo abbandono del sito sono state riscon-
FIG. 72 — FASE VII trate in corrispondenza del settore settentrionale
- Saggio I del saggio: si tratta di un esteso strato (US 9=19) FIG. 78

Non sono attestate attività riferibili a questa fase caratterizzato dalla presenza in superficie di cospi-
che nel Saggio II corrisponde al definitivo abban- cue concentrazioni di materiale edilizio dilavato,
dono del santuario. tra cui si segnalano frammenti di tegole e coppi e
soprattutto pietre, alcune squadrate e di grandi di-
- Saggio II mensioni. Tali materiali derivano con ogni pro-
Corrisponde all’abbandono del santuario, avvenu- babilità dalla distruzione di strutture o appresta-
to molto probabilmente in modo graduale e comun- menti originariamente siti nelle vicinanze (verosi-
que entro la fine del I secolo d.C., senza che si pos- milmente nell’area occupata dalla grande vasca mo-
sa documentare alcun intervento traumatico. derna) e progressivamente scivolati lungo il pendio
In stretta connessione con l’abbandono dell’edi- collinare55. Lo strato, sconvolto e rimescolato in più
ficio molto probabilmente è avvenuto il crollo sia punti anche dalle radici di un albero di gelso, ha
delle coperture che delle strutture murarie, docu- uno spessore variabile dai 10 ai 30 cm. e prosegue
FIGG. 73-74 mentato in particolare dalle tegole e dai coppi (US oltre i limiti del saggio sia a nord che a est e a ovest,
341) scivolate all’interno del canale addossandosi digradando verso sud. La composizione interna, so-
alla sua parete meridionale, conservando in caduta stanzialmente analoga a quella della superficie,
la stessa posizione che avevano sul tetto, e dai di- mostra tuttavia frammenti lapidei di minori dimen-
versi strati di riempimento del canale stesso (US 234, sioni e maggiormente compattati. A sud, ove lo stra-
332). All’interno del canale si registra il crollo di to di dilavamento è stato rimosso per intero, esso
un muro (USM 458) che, posto originariamente sul risultava direttamente sovrapposto al banco natu-

53
La struttura, messa in luce con le indagini precedenti, era sere in parte riferibile al lastricato US 463, rinvenuto nel
stata identificata come altare, cfr. supra p. 64. Saggio II, o anche a costruzioni che occupavano, almeno
54
Il muretto, realizzato con piccole pietre calcaree in parte, la zona ove attualmente sorge la grande vasca, per
assemblate forse con argilla, si conserva per una lunghezza di la realizzazione della quale furono riutilizzate forse alcu-
2,9 m. ed una larghezza di circa 50 cm. ne delle pietre precedentemente in opera in quelle stesse
55
È possibile che il materiale lapideo dilavato possa es- strutture.

94 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 72. FASE VII

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FASE VII

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 95


74

75

73 76

FIG. 73. SAGGIO II, CROLLO DI TEGOLE US 341 (VISTA DA OVEST) FIG. 74. SAGGIO II, CROLLO DI TEGOLE US 341 (VISTA DA NORD-OVEST)
FIG. 75. SAGGIO II, SETTORE NORD-ORIENTALE DEL SAGGIO (VEDUTA DA PALLONE SUD-EST) FIG. 76. SAGGIO II, AREE DI CROLLO US 209, 342 (VISTA DA NORD-EST)

rale. Il carattere meno omogeneo delle stratigrafie riscontrate tosi in altezza per tre filari, risulta realiz-
in questo settore e la presenza di materiale eterogeneo attesta zato con pietre calcaree sbozzate e legate
la pertinenza di questi strati ad una fase di abbandono pro- con terra. Il muro, che presenta orienta-
lungata e successiva alla definitiva defunzionalizzazione del mento e tecnica completamente differen-
santuario. A. D’A. ti dai restanti muri del santuario, s’impo-
sta in un momento imprecisabile, al di
- Saggio II sopra dei crolli delle strutture del santua-
Questa fase è documentata dal muro USM 425, ubicato nel- rio (US 342).
l’angolo nord-orientale del saggio, in corrispondenza della Questa fase è seguita dall’interro del-
FIG. 79 vasca moderna, orientato in senso nord-ovest/sud-est. Tale l’area, documentato da strati argillosi di
muro, messo in luce per una lunghezza di 2,5 m. e conserva- origine colluviale (US 236, 336, 499).
S. D. V.

96 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 77. FASE VIII

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FASE VIII

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 97

7
FIG. 78. SAGGIO I, US 9 (VISTA DA SUD)

FIG. 80 — FASE IX –
- Saggio I
Alla fase di età moderna possono essere attribuiti da
ultimo i depositi più recenti individuati nell’area: sia
quelli immediatamente sottostanti lo strato superfi-
ciale di humus (US 60, 61, 62=65=71=117)56, sia
quelli posti all’interno dell’attuale canale US 151,
indagato nel settore sud-occidentale del saggio e i cui
diversi riempimenti (US 185, 188) sono risultati estre-
mamente ricchi di materiale ceramico, coroplastico
e di altro genere57, chiaramente per il fatto che il flus-
so dell’acqua verso valle ha usurato e continua ad
erodere la giacitura antica esistente nei pressi.
A. D’A.

- Saggio II
Coincide con l’ultimo intervento costruttivo effet-
tuato nell’area, documentato dalla realizzazione di
una vasca per la raccolta delle acque (USM 204), in
uso ancora oggi, realizzata con blocchi, provenien-

56
Tutti gli strati risultano intaccati dalle arature moderne.
57
Da segnalare la presenza di una lancia in ferro molto
ossidata (p. 402, cat. 632). FIG. 79. SAGGIO II, USM 425 (VISTA DA OVEST)

98 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


ti dalle vicine strutture antiche, allettati con malta. precisazioni sia cronologiche che costruttive in
Tale vasca s’imposta su di una precedente struttura, quanto la presenza dell’acqua ha impedito ogni ul-
realizzata con blocchi squadrati allettati con malta teriore approfondimento.
di calce di cui non è possibile, però, fornire S. D. V.

FIG. 80. FASE IX

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FASE IX

LA RIPRESA DELLE INDAGINI 99


3. L’architettura del santuario come il canale 28 – funzionali all’espletamento di
pratiche rituali. Il luogo sacro si compone, dunque,
3.1. Ipotesi ricostruttiva delle planimetrie e di due aree diversamente attrezzate che restituisco-
degli alzati nelle varie fasi no un impianto che si adatta e in parte modifica le
caratteristiche morfologiche originarie del luogo,
Il santuario lucano di Torre di Satriano viene im- prevedendo interventi di taglio nel banco naturale
piantato in una zona dalla forte pendenza, attra- (US 233=11) e nei sottostanti livelli arcaici.
versata da un piccolo corso d’acqua naturale e in- Per quanto riguarda la scelta dell’area in cui im-
teressata precedentemente da un’area abitativa e piantare il piccolo santuario, certamente connesso
sepolcrale di età arcaica. Sono stati registrati, nel alla nuova ridefinizione dell’abitato, probabilmen-
corso dello scavo, rimaneggiamenti e risistema- te concentrato ora sulla sommità della collina, la
zioni della precedente occupazione dell’area, come presenza del corso d’acqua e, forse, le caratteristi-
riscontrato in particolare nella terrazza centrale che naturali dell’area, che oggi è possibile soltanto
dove è stata realizzata una colmata artificiale, con- ipotizzare, devono aver costituito un forte fattore
tenente materiale proveniente dalla distruzione dei di attrazione. Le indagini geomorfologiche e quelle
livelli di vita arcaici. Al contrario, nella terrazza archeologiche individuano, infatti, questa zona
superiore, è stata rinvenuta una tomba pertinente come costantemente caratterizzata dalla presenza
ad una deposizione femminile (tomba 4), la quale delle acque che in antico sono state convogliate sia
mostra di essere stata accuratamente rispettata, naturalmente che artificialmente e che ancora oggi
anche se privata verosimilmente del corredo, nel vengono captate e raccolte in una vasca per defluire
corso di lavori di ristrutturazione delle strutture poi verso valle60. Ed è proprio ad ovest del ruscello
santuariali. La deposizione, infatti, a differenza di che l’area viene sistemata in modo da ospitare le
altre di cui si sono recuperate le sole tracce del cor- opere murarie che definiscono lo spazio del costrui-
redo sconvolto, è rimasta in situ al di sotto di stra- to. Come già precedentemente sottolineato, i nuo-
ti di allestimento e preparazione per la nuova co- vi dati recuperati nel corso delle recenti indagini, se
struzione58. La presenza di una sepoltura arcaica letti parallelamente a quelli rinvenuti nelle passate
intatta (tomba 3), ad est del corso d’acqua natura- esplorazioni (in particolare l’analisi delle tecniche
le 59, e di una struttura abitativa e relative tombe, costruttive), consentono ora di integrare la plani-
sempre di età arcaica, collocate nella parte a sud metria del complesso santuariale e precisare meglio
della terrazza inferiore, sembrano indicare i limiti la cronologia dell’impianto originario e delle suc-
entro cui si articola lo spazio sacro59. cessive trasformazioni61.
Il complesso santuariale, come si è venuto a deli- Se ovvia risulta la relazione intercorrente tra area
neare a conclusione delle recenti campagne di scavo, costruita sul sistema terrazzato (Saggio II) e largo spa-
è organizzato con una parte costruita – edificata su zio aperto ad est (Saggio I), i più recenti dati recuperati
tre terrazze degradanti, con esposizione prevalente a permettono di specificare meglio la funzione fonda-
sud/sud-est, dell’ampiezza variabile dai tre ai cinque mentale svolta dall’acqua nel santuario, in relazione
metri e con dislivelli di circa un metro – ed un’am- alla quale tutto il complesso sembra strutturarsi e
pia area priva di costruzioni ma attraversata dal ru- modificarsi nelle sue diverse fasi costruttive. Per quanto
scello 59 e interessata da apprestamenti particolari – riguarda l’arco di tempo nel quale avvengono tali di-

60
58
Osanna 2004, p. 61. Ved. al riguardo Appendice II.2.2., pp. 466-472; Osanna-
59
Rituali per una dea, p. 21 sgg.; Osanna 2002, pp. 251-254; Sica 2005.
61
Sica 2004. Osanna-Sica 2005.

100 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


namiche di definizione – e ridefinizione – architetto- ed est (che oscillano tra i 4,60 e 4,70 m.) sembrano
nica del complesso è stato possibile inquadrarlo in un da attribuire allo stato di conservazione precario e
periodo compreso tra il IV ed il I secolo a.C. Tuttavia in particolare al lieve smottamento verso valle su-
l’abbandono definitivo dell’area sacra è ascrivibile al I bito dall’edificio, che presenta proprio nel settore
d.C. mentre un uso molto saltuario, e con ogni pro- ovest e sud setti murari non più legati tra di loro.
babilità non più legato al culto, deve essere ipotizzato Del resto che l’impianto previsto fosse proprio
sulla base dello scarsissimo materiale di età imperiale quello di un quadrato è testimoniato dalle diago-
rinvenuto nei livelli di abbandono e post-abbandono nali che risultano di 6.40 m., le quali restituisco-
del luogo che verosimilmente ha continuato ad essere no un quadrato di 4.40 m. di lato, proprio la misu-
frequentato per l’attrattiva esercitata dall’acqua stes- ra calcolabile per il lato nord, quello meglio con-
sa62. I dati emersi consentono ora di proporre una ipo- servato.
tesi ricostruttiva della planimetria e dei relativi alzati Gli elementi strutturali del recinto di questa FIG. 84

degli edifici e la conseguente forma architettonica as- prima fase architettonica sono stati individuati
sunta dal complesso sacro, attraverso la presentazione chiaramente a nord, nel muro USM 408, ad ovest
e l’analisi delle variazioni costruttive che danno ragio- nei tratti di muro USM 214 e 429, a sud, dove si
ne delle trasformazioni planimetriche registrate nel conserva del recinto un piccolo tratto all’estremi-
lungo arco di tempo. tà orientale nel muro USM 248, ad est, dove è sta-
Sono state individuate quattro diverse fasi co- ta intercettata la fossa di spoliazione di un muro
struttive del santuario che mostrano un quadro ar- (US 305), un tratto murario ancora conservato
ticolato delle attività edilizie che si riflettono in (USM 247) e l’USM 529. L’ampio spazio sembra
modificazioni e cambi planimetrici e che a loro volta venir dunque delimitato da una struttura muraria
sembrano presupporre variazioni nel campo perimetrale, larga mediamente 60 cm. che, non
dell’esplicitazione rituale e forse anche cultuale. sappiamo quanto sviluppata in altezza, certamen-
te materializzava i limiti dello spazio sacro. Di
FIGG. 81-82 L’IMPIANTO ORIGINARIO DEL SANTUARIO. Cronologi- particolare rilievo è quindi la pianta perfettamen-
camente inquadrabile nel corso del IV secolo a.C., te quadrata del recinto che contiene all’interno un
la prima fase edilizia è caratterizzata da strutture edificio altrettanto quadrato, l’oikos. Quest’ultimo,
realizzate con muri a doppio paramento in pietra- rispetto al recinto, presenta una distanza quasi re-
me sgrossato e parzialmente sbozzato, messo in golare dai lati settentrionale e meridionale (3,30/
opera con un legante a matrice argillosa. 3,40 m. ca.), mentre risulta decentrato nell’asse est-
FIG. 83 L’oikos quadrato (A), orientato ad est, costitui- ovest, distando dal muro di recinto occidentale 4,40
sce il fulcro della composizione architettonica, po- m., mentre a est, dove si apre l’ingresso dell’oikos,
sto com’è al centro di un recinto delimitato da muri lo spazio è ridotto a 3,30 m.
che definiscono un’area quadrata di 13,2 m. di lato. Dunque, in questa fase originaria lo spazio che
Dell’oikos si conservano in buono stato il muro borda su tutti i lati il sacello sembra essere privo di
settentrionale (USM 221) lungo 4,40 m.; in ma- copertura; la sua funzione, non accertabile, è forse
niera più precaria il muro occidentale (USM 222) da connettere con le pratiche e le attività, occasio-
e quello meridionale (USM 223) ed infine, lungo nali o continue, che si ricollegano al culto e ai ri-
il lato orientale, due setti murari che definiscono tuali che dovevano svolgersi necessariamente all’in-
un ingresso centrale (USM 245, 346). Le misure terno dello spazio recintato.
lievemente irregolari restituite dai lati ovest, sud Per quanto riguarda la sistemazione dello spa-

62
De Vincenzo-Osanna-Sica 2004.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 101


FIG. 81. L’IMPIANTO ORIGINARIO DEL SANTUARIO. PLANIMETRIA

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102 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 82. RICOSTRUZIONE PLANIMETRICA DELL’IMPIANTO ORIGINARIO DEL SANTUARIO (ELABORAZIONE GRAFICA MARCO DI LIETO)

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TORRE DI SATRIANO - SANTUARIO


IMPIANTO ORIGINARIO
(IV SEC. A. C.)

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 103


FIG. 83. L’OIKOS QUADRATO (VEDUTA DA PALLONE DA SUD-OVEST)

zio interno un dato interessante è costituito dalla diatamente all’esterno del recinto fosse provvista,
presenza di lacerti pavimentali in tegole e in pietra- già in questa fase, di un apprestamento pavimenta-
FIG. 85 me (US 228, 230) collocati sulla fronte orientale le, come sembrerebbe suggerire un piccolo tratto
dell’oikos. Questi sembrano rimandare ad una vo- di pavimentazione in pietrame (US 226), del tutto
lontà di segnare l’ingresso al sacello della divinità e simile a quella rinvenuta all’interno in corrispon-
istituire in maniera evidente una relazione diretta denza dell’ingresso all’oikos, e che ricopriva uno
con l’antistante piazzale orientale, attraverso un pas- strato di preparazione, con funzione drenante (US
saggio nel muro nord-sud, segnato da una soglia rea- 227). Se così fosse dovremmo comunque ipotizzare
lizzata con grandi lastre di pietra allettate con terra che tale allestimento pavimentale non riguardasse
(US 235) e poste in linea con il filo del muro setten- tutto il piazzale antistante il cui piano di calpestio
trionale e con la fossa di spoliazione meridionale doveva invece essere costituito in parte dal banco
che si origina in questo punto. naturale (US 11), nella parte più settentrionale del
A questo primo momento di vita del santuario Saggio I, e da strati di terra, più o meno volontaria-
FIG. 86 va infatti collegato l’ampio spazio scoperto orien- mente compattati, individuati nell’angolo sud-ovest
tale attraversato dal ruscello e da una lungo e stret- del Saggio I (US 182, 262) dove il banco naturale si
to canale, dal medesimo orientamento delle strut- rinviene ad una maggiore profondità e i depositi
ture più occidentali, e verso il quale si apre lo spa- colluviali post-abbandono che hanno interessato
zio costruito. Non sappiamo se l’area posta imme- l’area li hanno parzialmente preservati.

104 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 84. IL SANTUARIO (VEDUTA DA PALLONE DA SUD-OVEST)

FIGG. 87-88-89 LA PRIMA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO. Cronolo- scoperti su tre lati mentre nella parte meridionale è
gicamente inquadrabile tra la seconda metà del IV e occupato in gran parte dal lungo ambiente B, sicura-
l’inizio del III sec. a.C., la seconda fase edilizia è ca- mente coperto, come attestano gli strati di crollo del
ratterizzata da una parziale ridefinizione del recinto tetto e delle murature (USM 135, 172)63. Il nuovo
a sud e dalla costruzione di un nuovo edificio coper- ambiente, largo circa 4,40 m. e lungo circa 8,70/8,80
FIG. 90 to (B), per impiantare il quale viene realizzata una m., è delimitato a sud dal muro USM 131, a ovest
terrazza posta a circa 1 metro più in basso rispetto al dal muro USM 134 e dal tratto murario in crollo
livello dell’oikos. Il nuovo edificio è definito anch’es- USM 429, mentre è definito dai crolli dei tratti murari
so da muri a doppio paramento in pietrame sgrossato USM 249 ad est; a nord, dove il muro è assente, è
e parzialmente sbozzato, messo in opera con un le- stato comunque individuato il taglio dalla fossa di
gante a matrice argillosa. L’oikos quadrato (A) per- fondazione di un muro (US 430) di cui è parzial-
mane come fulcro della composizione architettonica mente visibile il tratto orientale (USM 402), come
che si arricchisce ora di un nuovo edificio che viene mostrano alcune pietre ancora in situ, alcune delle
a impiantarsi a sud, tagliando gran parte del lato me- quali chiaramente in scivolamento verso sud rispet-
ridionale del recinto, entro il quale ne viene a ricade- to all’originario orientamento est-ovest. Sulla fronte
re la metà. Il recinto viene così a delimitare spazi meridionale dell’edificio il setto murario USM 133

63
Ved. supra cap. II.2.2., Fase IV, pp. 83-85.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 105


FIG. 85. LACERTI PAVIMENTALI IN TEGOLE E IN
PIETRAME (US 228, 230) SULLA FRONTE ORIENTALE
DELL’OIKOS (VISTA DA EST)

FIG. 86. SAGGIO I. L’AREA A CIELO APERTO AD


ORIENTE DEL RECINTO SACRO (VISTA DA SUD)

106 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


che corre parallelo al muro USM 131, per l’intera posta a livello superiore rispetto all’oikos, funzionale
sua lunghezza, viene a delimitare uno stretto ambien- all’impianto di un nuovo edificio coperto (C), che sem- FIG. 94

te, largo mediamente 70 cm. bra nascere in sostituzione del meridionale edificio B,
Di difficile comprensione sembra essere la funzio- venendo ad occupare uno spazio originariamente sco-
ne di questo ambiente meridionale coperto che ha re- perto, compreso tra il muro settentrionale dell’oikos e
stituito solo rari frammenti ceramici e una testina fem- quello del recinto. Lo spazio antistante l’edificio, com-
minile mentre lo stretto spazio antistante può forse preso tra la sua fronte est e l’angolo nord-est del recin-
essere interpretato come portico o spazio per l’esposi- to, continua a permanere scoperto, anche se viene ad
zione dei votivi, come sembrerebbe attestare l’abbon- essere oggetto di una ridefinizione strutturale, come
dante quantità di materiale connesso al culto rinvenu- attesta la fondazione USM 529 (che a differenze del-
ta negli strati di distruzione di questa zona e scivolati l’elevato USM 215 non presenta malta di calce), du-
verso sud. D’altronde proprio questo portico doveva rante la ristrutturazione del quale vengono deposte
presentarsi alla vista dei fedeli che, arrivando da un alcune terrecotte figurate e una bottiglia baccellata.
ipotetico percorso proveniente da valle, trovavano forse Proprio questo deposito ben databile agli anni centra-
in questo punto una cruciale area di snodo. Qui i resti li del III sec. a.C. consente di collocare questa signifi-
di strutture murarie, rinvenute nella parte sud-orien- cativa fase ricostruttiva al medesimo ambito cronolo-
tale, sono probabilmente da collegare all’esigenza di gico.
realizzare in questo punto una sorta di biforcazione Il nuovo edificio rettangolare misura 10,40 me-
dei percorsi: da una parte si consentiva l’ingresso al- tri di lunghezza e 4,10 metri di larghezza e presen-
l’interno del recinto sacro, dall’altro si permetteva di ta significativamente lungo la fronte settentrionale
raggiungere il piazzale con il ruscello. Queste osserva- uno spazio stretto e lungo, delimitato dal muro
zioni sono ipotizzate sulla base di due setti murari, USM 212, identificabile con un piccolo portico,
purtroppo mal conservati (USM 167 e 173), il primo analogo a quello che precedentemente correva lun-
dei quali, in crollo, oltre probabilmente a chiudere il go il lato meridionale dell’ambiente B.
portico ad est bordava il limite del passaggio verso La riedificazione è leggibile nella tessitura del
l’area interna; il secondo, di cui rimangono in situ solo muro settentrionale (USM 213) che riutilizza il pre- FIG. 95

alcune pietre del filare inferiore, in considerazione della cedente muro USM 408 come fondazione, nella
sua posizione e dell’orientamento, sembra suggerire creazione dell’USM 220, che definisce il lato sud
una direzione verso il piazzale esterno. Non è possibi- del nuovo ambiente, e nella costruzione di due set-
le confermare una simile sistemazione anche nel setto- ti murari con probabile funzione di contrafforti che
re settentrionale per coloro i quali raggiungevano il san- si appoggiano all’estremità orientale ed occidenta-
tuario dall’area dell’abitato posto sulla collina, perché le dell’edificio quadrato (USM 232 e 410). L’ingres- FIG. 96

le modifiche apportate in questa zona nell’ultima fase so al recinto sembra da ricercarsi ancora ad est, in
di vita del santuario stesso, sono state tanto consistenti corrispondenza dell’ingresso all’oikos, dove perma-
da cancellare gran parte delle evidenze precedenti. ne la soglia US 235.
Sulla terrazza inferiore, invece, si registra una
FIGG. 91-92-93 LA SECONDA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO. Un evento risistemazione radicale: l’area ormai abbandonata a
naturale traumatico dovuto a un cedimento del terre- causa dell’evento franoso che ha compromesso la sta-
no che ha interessato la parte meridionale dell’area – ticità delle strutture viene interessata da un interro
ed in particolare la terrazza sud – segna l’abbandono che ricopre i muri e gli strati di crollo. Nonostante le
dell’edificio B, cui segue una ristrutturazione del com- trasformazioni evidenti in questa fase, importante ri-
plesso che interessa soprattutto il settore settentriona- sulta essere la conservazione non solo della sede della
le. Qui viene realizzata una nuova terrazza, questa volta divinità – cosa del resto ovvia – ma la permanenza

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 107


FIG. 87. LA PRIMA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO. PLANIMETRIA

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108 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 88. RICOSTRUZIONE PLANIMETRICA DELLA PRIMA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO (ELABORAZIONE GRAFICA MARCO DI LIETO)

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PRIMA RISTRUTTURAZIONE
(METÀ IV - INIZIO III SEC. A. C.)

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 109


FIG. 89. LA PRIMA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO. PROFILO NORD-SUD (LINEA SEZIONE FIG. 87)

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PRIMA RISTRUTTURAZIONE
PROFILO N-S

FIG. 90. SAGGIO II. L’EDIFICIO B (VEDUTA DA PALLONE DA SUD)

110 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


funzionale dell’edificio “di servizio” che dal settore duano come pertinenti alla stessa fase strati di prepa-
sud viene “trasferito” sulla terrazza superiore. Ciò che razione per innalzare il piano pavimentale (US 217,
qui si realizza sembra riproporre planimetricamente 218, 235, 394). Tali interventi sono funzionali evi-
l’edificio meridionale e, con ogni probabilità, ne ac- dentemente alla definizione di un nuovo spazio sa-
coglie anche le funzioni: si ridefinisce pertanto lo spa- cro, adeguato a nuove esigenze cultuali.
zio complessivo all’interno del quale, fermo restando A questo periodo bisogna, con ogni probabilità,
l’ubicazione del sacello, è chiara la volontà di disporre far risalire la ripresa del muro orientale (USM 215)
di ambienti la cui destinazione d’uso è determinante che nell’angolo formato con il muro nord (USM 367)
per le attività che dovevano svolgersi al servizio delle presenta una piccola struttura quadrangolare (USM
cerimonie sacre. Le modifiche sostanziali non riguar- 368); inoltre si riferisce a questa fase la suddivisione
dano, quindi, il cuore del complesso sacro – che con- del già esistente edificio rettangolare (C), il quale viene FIGG. 94, 98

tinua ad avere la sua sede nell’oikos quadrato – ma lo suddiviso mediante un piccolo muro divisorio (USM
spazio che lo circonda: questo non solo ha cambiato 216) in un ambiente quadrato ad ovest (D) ed uno
forma e dimensioni ma si articola e si orienta diversa- rettangolare ad est che occupa probabilmente la lun-
mente, pur continuando ad avere, probabilmente, una ghezza rimanente. La relazione con il piazzale orien-
qualche relazione con l’ampia area ipetra orientale, tale viene mantenuta, come documenta la presenza
come sembra dimostrare la persistenza delle aperture di un ingresso che si apre nel muro 215, testimonia-
verso est. Questo nuovo impianto dunque sembre- to da una soglia in malta di calce (US 225) larga circa
rebbe prevedere uno spazio non più, complessivamen- 1 metro. Dal punto di vista tecnico-costruttivo i
te, quadrato entro cui gestire spazi a cielo aperto e nuovi interventi sono testimoniati dall’utilizzo di pie-
unità funzionali di servizio coperti ma sembrerebbe trame di pezzatura minore rispetto a quello impiega-
ridimensionato nella sua unità architettonico-funzio- to nella fase precedente e dalla sua messa in opera
nale. Le spoliazioni che hanno riguardato il tratto me- piuttosto sommaria, che prevede quasi dappertutto
ridionale del muro orientale e quello immediatamen- l’utilizzo di malta di calce, sia nei muri realizzati ex-
te a sud dell’oikos, unitamente alla ridefinizione novo che nelle riprese di quelli precedenti.
costruttiva del settore più settentrionale, sembrano per- Per quanto riguarda lo spazio antistante le co-
tanto restituire una composizione architettonica in cui struzioni, si assiste in quest’epoca alla realizzazio-
il sacello della divinità viene addossato a nord ad una ne di un piano pavimentale lastricato (US 464), pur-
struttura, articolata in più vani. troppo mal conservato, e di una struttura in bloc-
chi di travertino (USM 426) che, unitamente a nuovi
FIG. 97 L’ULTIMA TRASFORMAZIONE DEL SANTUARIO. A questa fase tratti murari (USM 366, 409, 527), sembrano indi- FIG. 99

ricostruttiva, inquadrabile cronologicamente nel cor- viduare, all’interno di un mutato quadro di percor-
so del I sec. a.C., si ascrive una serie di interventi si, l’accesso al santuario da nord. Questa nuova si-
mediante i quali il complesso sacro subisce una par- stemazione pertanto, oltre ad enfatizzare in parti-
ziale riorganizzazione, percepibile soprattutto nel set- colare tutto il settore nord/nord-est del complesso
tore nord, sulla terrazza più alta. Qui, dove si era sacro, sembra trovare una ragione in relazione ad
impiantato nella fase precedente l’edificio C e il ca- un percorso, non sappiamo quanto obbligato, che
nale US 455, vengono realizzate riprese murarie, ri- forse avrebbe potuto prevedere un coinvolgimento
facimenti di parti delle stesse caratterizzate dall’uso dell’area a sud dell’oikos dove una particolare mas-
di una malta di calce, risistemazioni o sistemazioni sicciata in pietrame, dalla funzione incerta, può forse
ex-novo di alcuni piani di calpestio; inoltre si indivi- essere attribuita a questa fase64.

64
Osanna 2002, p. 256.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 111


FIG. 91. LA SECONDA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO. PLANIMETRIA

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112 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


FIG. 92. RICOSTRUZIONE PLANIMETRICA DELLA SECONDA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO (ELABORAZIONE GRAFICA MARCO DI LIETO)

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SECONDA RISTRUTTURAZIONE
(METÀ III SEC. A. C.)

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SECONDA RISTRUTTURAZIONE
PROFILO N-S

FIG. 93. LA SECONDA RISTRUTTURAZIONE DEL SANTUARIO. PROFILO NORD-SUD (LINEA SEZIONE FIG. 91)

Sulla base degli indizi emersi si propongono al- di concepire gli spazi, di realizzare percorsi e rela-
cune osservazioni riguardo essenzialmente l’archi- zioni, con varianti tipologiche e funzionali non sem-
tettura del santuario. Si rileva come nelle diverse pre ben riconoscibili.
fasi costruttive siano individuabili modi differenti Generalmente, per l’ambito lucano, le osserva-

FIG. 94. SAGGIO II. L’EDIFICIO C-D (VEDUTA DA PALLONE DA NORD)

114 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


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SAGGIO II - PROSPETTO SUD USM 213, 408, 367

FIG. 95. PROSPETTO DELLA USM 408-213 (RILIEVO A. D’ALESSIO; LINEA SEZIONE FIG. 91)

zioni sulle architetture sacre, a causa soprattutto tiva omogenea per i casi evidenziati in Lucania. Tali
della scarsa articolazione delle stesse e fatta ecce- elementi infatti, seppure concorrono alla formazio-
zione per alcuni santuari come i complessi di ne planimetrica ed architettonica dell’impianto sa-
Rossano di Vaglio e di Armento, rimandano ad un cro, non rimandano allo stesso tipo né tanto meno
principio uniformante che tende a restituire un ad un modello di riferimento; a tal proposito non
quadro sostanzialmente omogeneo65 costruito in- va confusa la “semplicità” dell’apparato architetto-
torno a delle invarianti: la presenza dell’acqua, sia nico e costruttivo con una presunta omogeneità
essa di sorgente o artificialmente trasportata; la di- tipologica. Questo si verifica nei casi in cui la “sem-
sposizione su terrazze; la centralità rituale, attribuita plicità” architettonica, rappresentata da impianti in
in alcuni casi, ad un percorso per il cerimoniale; la cui giocano un ruolo significativo piccole costru-
presenza di ambienti destinati a celebrazioni col- zioni generalmente quadrangolari, sacelli o naiskoi,
lettive. L’insieme di questi elementi non può esse- si accompagna a pochi altri elementi distintivi non
re considerato canonico sul piano compositivo in sempre omogenei sia in santuari come quelli di
quanto tutti, pur essendo componenti fondamen- Lavello, S. Chirico Nuovo, Rivello, Timmari, Fer-
tali per la definizione di una tipologia architettonica, randina sia in complessi più articolati come nei casi
non formano né restituiscono una regola composi- di Rossano di Vaglio, Armento o Chiaromonte66.
Tornando all’esempio di Torre di Satriano, si è
FIG. 96. SAGGIO II. L’EDIFICIO C E L’OIKOS (VEDUTA DA PALLONE DA SUD- verificato che nella fase iniziale l’impianto sembra
OVEST)
essere costituito da uno spazio architettonicamente
dimensionato sulla proposizione del quadrato: il
fulcro centrale quale sede della divinità è posto quasi
al centro di un spazio complessivamente quadran-
golare, a cielo aperto su quattro lati. Ad un secon-
do momento costruttivo si aggiunge al complesso,
impiantandolo a cavallo del lato meridionale, una
nuova unità funzionale (l’ambiente con o senza

65
Ved. La Rocca 1999, p. 13 sgg.
66
Raccolta della documentazione in Masseria 2000.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 115


FIG. 97. L’ULTIMA TRASFORMAZIONE DEL SANTUARIO. PLANIMETRIA (PARTICOLARE)

FIG. 98. SAGGIO II. IL SETTORE NORD (VEDUTA DA PALLONE DA SUD)

FIG. 99. SAGGIO II. TRATTI MURARI (USM 367, 409) CHE SEMBRANO ENFATIZZARE L’ACCESSO AL SANTUARIO DA NORD (VISTA DA EST)

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116 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


partizioni interne, completato e delimitato da uno
stretto portico), in cui è forse possibile riconoscere
ambienti di servizio al culto, come mostrano alcu-
ni confronti sempre in ambito lucano67. L’impor-
tanza di tale spazio è testimoniata dalla sua soprav-
vivenza anche nella fase successiva, quando eventi
naturali portano alla ridefinizione dello spazio, che
significa l’abbandono del settore sud e la ripro-
posizione dell’edificio “di servizio” a nord, secon-
do una analoga planimetria.
Nell’ultima fase la composizione presenta di-
mensioni più ridotte, tutta la costruzione sembra
subire un modifica planimetrica sostanziale: al
grande spazio quadrato si sostituisce uno spazio
complessivamente ridimensionato, comunque in-
centrato sul sacello che continua ad essere aperto
verso est.
In tutte le ridefinizioni dello spazio sembra sus-

67
Si rimanda al riguardo a quanto avanzato in sede di con-
clusioni da M. Osanna: infra pp. 431-433.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 117


sistere, comunque, il principio in base al quale è logicamente, ma ricordato dalla tradizione antiquaria
sempre l’edificio quadrato a costituire il fulcro in- romana: i più antichi luoghi di culto dell’area sannita,
torno al quale ruota la disposizione degli spazi, con ad esempio, consistono probabilmente di un sempli-
variazioni riferibili alla collocazione degli ambien- ce recinto quadrato con apprestamenti vari (altari,
ti annessi. oikoi, thesauroi, vasche, pozzi, canalizzazioni per le
Ciò che sembra sostanzialmente invariata è la per- acque, ecc.) che sembrano corrispondere ai sacella –
manenza del principio tipologico che vede nell’oikos termine con il quale gli antichi indicavano tecnica-
il nucleo centrale e principale della composizione mente i loca dis sacrata sine tecto (Fest. P. 422 L)70 – e
che nella fase originaria si inserisce in un più genera- che, più in generale, si riferiscono al templum (Fest. P.
le “spazio quadrato” mentre nelle successive viene 146), area sacralizzata di forma quadrata che custodi-
definito prima sul lato sud e poi su quello nord da sce, in uno spazio aperto, apprestamenti funzionali al
un altro edificio. culto e ai rituali71.
Il problema dell’origine del modello architet- Alcune semplificazioni archeologiche provengono
tonico cui il santuario è riferibile è di non facile dall’area dei Sanniti Pentri come il modesto sacello
soluzione: si pensi alle diverse proposte interpre- posto entro un recinto di forma quasi quadrata, di 11,50
tative, del resto non sempre convincenti, che vo- metri di lato, rinvenuto ad Alfedena o l’area quadrata
gliono, per i santuari lucani, modelli di riferimen- risalente alla più antica fase del santuario di
to mutuati ad esempio dalle realizzazioni elleni- Pietrabbondante di III secolo a.C. (fase del tempio
stiche. Per i santuari lucani costruiti su terrazze sono ionico). Si ricordi che per quest’ultimo esempio è sta-
stati proposti infatti parallelismi o citazioni che ta istituita una corrispondenza con la testimonianza
investono l’architettura “scenografica” con deriva- letteraria di Livio (X, 38. 5-12) che riporta, in relazio-
zioni tipologiche dalla Grecia continentale, media- ni al reclutamento della legio linteata sannitica nel 293
te attraverso sperimentazioni nelle poleis coloniali svoltosi ad Aquilonia, il riferimento ad un più antico
magnogreche68. Interessanti sono, d’altra parte, i rituale che trovava spazio in un recinto allestito con
richiami all’ambito “italico” o “centro-italico”, a materiali lignei e ricoperto di teli di lino72.
partire probabilmente da quel concetto espresso Ma se questo rappresenta il modello culturale di
nella struttura del templum augurale riconoscibile, appartenenza cui riferire la realizzazione più anti-
nelle diverse esemplificazioni, in alcuni santuari ca del santuario di Satriano un più immediato raf-
lucani, in cui le ragioni della “semplicità” architet- fronto in ambito lucano lo si ritrova, dal punto di
tonica vanno forse ricercate “nella tradizione reli- vista dell’esemplificazione tipologica, nel santuario
giosa italica, nella cultura e nella pratica di antiche di San Chirico Nuovo dove un recinto quadrato
manifestazioni di culto”69. delimita e circonda la sede della divinità, a sua vol-
È all’ambiente centro-italico che bisogna rivolgere ta quadrata73. Ed è proprio in questi due santuari
l’attenzione per ritrovare nel recinto quadrato un par- lucani che gli elementi principali della composizio-
ticolare riferimento, scarsamente attestato archeo- ne originaria sembra fondarsi sulla duplicazione del-

68
Ved A. Russo Tagliente, L’età lucana. I culti, in Greci, il fanum (lo spazio appositamente liberato dai pontefici per-
Enotri e Lucani, p. 190. ché al suo interno possa aver posto il templum), il sacellum
69
Per il collegamento della pianta quadrata alla dottrina oltre al templum e all’aedes ved. Torelli 1993; sulla forma
panitalica dell’auspicio e alle correlate forme mentali si riman- quadrilatera dei templa più antichi ved. anche P. Gros,
da a Masseria 2000, p. 8 (citazione a p. 240). L’architecture romaine du début du IIIème siècle av. J.C. à la fin du
70
G. Tagliamonte, I Sanniti. Caudini, Irpini, Pentri, Haut-Empire, 1. Les Monuments publics, Paris 1996, p. 123 sgg.
72
Carricini, Frentani, Milano 1996, p. 179 sgg. F. Coarelli, Legio Linteata. L’iniziazione militare nel
71
Sui luoghi sacri indicati dalla tradizione letteraria come Sannio, in Tavola di Agnone, pp. 3-16.
73
il lucus (la radura naturale o artificiale all’interno del bosco) o Russo 1999, p. 115 sgg.

118 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


la forma quadrata: da una parte il recinto che defini- sistema di assemblaggio per sovrapposizione76,
sce lo spazio sacro in senso stretto e all’interno del attestato variamente in Basilicata (e non solo), in
quale sono forse possibili atti e pratiche legati al cul- contesti di IV sec. a.C. o comunque di età lu-
to e dall’altro l’oikos quadrato, posto al centro – o cana77. Il rivestimento della trave di colmo è affi-
quasi – dello spazio scoperto, quale sede della divini- dato ad una fila sommitale di kalyptéres hegemò-
tà e nucleo centrale della composizione. nes, la cui presenza costituisce inoltre una prova
In ambito lucano, quindi, a Satriano sembra aver certa dell’esistenza di uno o più tetti a doppio
individuato archeologicamente una delle più anti- spiovente.
che manifestazioni architettoniche in cui la dupli- Il fatto che la maggior parte delle tegole fosse
cazione dello spazio quadrato (quello del recinto disposta di piatto all’interno dei rispettivi crolli di
esterno e quello dell’oikos), anche se in una com- appartenenza – pur tenendo conto delle innumere-
posizione non perfettamente simmetrica, trova forse voli possibilità di caduta e di scivolamento – indu-
ragione in una sorta di commistione tra gli elemen- ce a pensare che le dinamiche di crollo siano state
ti propri del sostrato culturale e religioso italico e quelle “tradizionali”, alla cui base ci sarebbe stato
quelli che invece derivano della cultura greca: si dunque un cedimento strutturale dell’orditura lignea
pensi alle diverse strutture sacre a pianta quadrata, che sorreggeva il tetto, cedimento facilitato anche
ai più arcaici oikoi del mondo greco coloniale e alla da fenomeni di smottamento verso valle, evidenti
loro eventuale rielaborazione e assimilazione in non solo nell’oikos quadrato, come già sottolineato
ambito italico74. sopra, ma anche nell’angolo sud-ovest del recinto
M. M. S. sacro78.
Proprio in questo angolo, fra l’altro, è venuto
3.2. Le coperture e le terrecotte architettoniche alla luce un consistente nucleo di carbone a sezio-
ne pressoché circolare e del diametro di 25 cm.79,
I vari tipi di tegole e coppi individuati sono che va riferito, quasi certamente, proprio alla trava-
riferibili ad un sistema ibrido di copertura75, che tura lignea del tetto, consentendo pertanto di in-
prevede la combinazione di tegole piane con trodurre, sia pure in misura assai parziale, il discor-
listelli laterali e coprigiunti semicircolari in un so relativo al sistema di carpenteria80. I dati in no-

74
Sulla realizzazione di edifici sacri, in età arcaica e in am- tipo corinzio attestate in Sicilia (Martin 1965, p. 72; A.
biente apulo-lucano, elaborati su modelli greci come, in partico- Orlandos, Les matériaux de construction et la technique
lare, il tipo ad “oikos” ved. M. Torelli, Greci e indigeni in Magna architecturale des anciens grecs, I, tr. fr. Paris 1966, p. 83; Winter
Grecia: ideologia religiosa e rapporti di classe, «Studi Storici» XVIII 1993, p. 273), e risultano utilizzati anche per il tetto del tem-
1977, pp. 45-61. Per un generale riferimento a sacelli o naiskoi di pio arcaico di Apollo a Neandria (cfr. Winter 1993, p. 252
modeste dimensioni, in ambito magnogreco e in età arcaica, cfr. dove si parla di hybrid type, sottolineando, peraltro, la sua pe-
R. Leone, Luoghi di culto extraurbani d’età arcaica in Magna Gre- culiare diffusione in vari siti dell’Asia Minore), come pure
cia, Firenze 1998, p. 21 sgg. Sugli edifici quadrati e la loro assi- in ambito etrusco, gia à a partire dalla seconda metà del VII
milazione all’oikos-pyrgos quale luogo di culto femminile ved. sec. a.C. (Colonna 1986 p. 423).
76
Greco 1996, pp. 263-282. Per i diversi oikoi o piccole costruzio- Martin 1965, p. 70.
77
ni tendenzialmente isolate all’interno dei contesti sacri per l’am- Valle del Sinni I, p. 201. Cfr. anche Ausculum I, p. 306.
78
bito lucano, ved. Barra Bagnasco 1996a, pp. 183-193. Ved. Mas- Si tratta di due muri (USM 131, 134) orientati rispettiva-
seria 2000, p. 240 con tutta la bibliografia precedente. mente in senso est-ovest e nord-sud che si presentano più o
75
Tale definizione si deve alla classificazione di Wikander meno deformati rispetto al loro asse originario, circostanza
1988, p. 211 (fig. 6, n. 4) seguita più di recente anche in Valle che pare imputabile ad un cedimento delle fondazioni piutto-
del Sinni I, p. 201: va comunque osservato che pur essendo sto che alle spinte del terreno (Osanna 2002, pp. 254-256, e p.
vero che i coppi corinzi possiedono generalmente una sezione 265 nota 72).
79
angolare piuttosto che semicircolare – circostanza questa che Osanna 2002, p. 265, nota 73.
80
ha indotto a inserire il nostro sistema di copertura fra quelli di Combinando il risultato delle operazioni di pesatura del-
tipo “ibrido”–, è altrettanto vero che i coppi a sezione semi- le singole tegole e dei singoli coppi con i parametri indicati da
circolare rappresentano la “règle générale” nelle coperture di Giuliani (1990, p. 63) è possibile stabilire, sia pure con un cer-

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 119


stro possesso sono di fatto inesistenti, nondimeno ad una falda, con la copertura compresa fra il muro
l’ipotesi di un sistema di capriate81 sembra potersi di fondo e il colonnato stesso del portico.87
accantonare in modo pressoché definitivo: e questo Non sono attestati, d’altro canto, elementi utili
per ragioni legate non tanto ai costi, quanto piutto- a ricostruire l’articolazione vera e propria del man-
sto alle non irrilevanti difficoltà tecniche che avreb- to di copertura, sebbene l’assenza di tegole angola-
be comportato la sua messa in opera. A ciò si ag- ri, le cosiddette tegole deliciares (o conliciares), con-
giunga che la fenomenologia archeologica non con- senta di escludere l’esistenza di possibili linee di
serva, almeno per quest’epoca, alcuna traccia di tale displuvio/compluvio88 e, con ciò, di tetti con più
carpenteria che, peraltro, si tende a considerare di due spioventi89.
un’innovazione tecnica dell’architettura romana, Di maggiore utilità si rivela, invece, il rinveni-
sconosciuta – o quasi – ai Greci82 e assai poco mento della opaia keramìs, tegola-camino la cui pre-
attestata anche in ambito estrusco83. Meglio, dun- senza – forse riconducibile a quello che E. Greco
que, pensare ad un sistema più semplice, basato sul- interpreta come vano cucina90 (edificio C) – suggeri-
la costruzione di timpani in muratura piena – rea- sce, assai verosimilmente, l’assenza almeno per la
lizzati verosimilmente nello stesso materiale dell’al- struttura cui tale oggetto doveva appartenere, di un
zato – che, da soli e senza il supporto di sostegni solaio piano o comunque di una contro-soffittatura
lignei interni, avrebbero sorretto innanzitutto il in grado di mascherare l’intradosso del tetto: se, in-
colmareccio e quindi tutto il complesso della gros- fatti, è vero che tali elementi avrebbero favorito un
sa e piccola orditura84. migliore isolamento termico ed una maggiore prote-
Diversa, invece, la situazione dei due portici che, zione del manto di copertura da eventuali correnti
assai verosimilmente, devono aver posseduto una ascensionali d’aria, è altrettanto vero che essi avreb-
“piccola tettoia”85, vale a dire una copertura propria, bero complicato notevolmente non solo l’apertura e
distinta da quella delle strutture adiacenti86. Si tratta, la chiusura della opaia keramìs dall’interno91, ma an-
in tal caso, della più rudimentale forma di tetto, quella che l’evacuazione dei fumi e l’ingresso della luce.

to grado di approssimazione, che il carico permanente della questo passo vedi A. Andrén, Architectural Terracottas from etru-
copertura (espresso in mq.) doveva aggirarsi intorno ai 120 kg, sco-italic Temples, Lund-Leipzig 1940, in particolare p. LX sgg.,
mentre quello accidentale intorno ai 230 kg. nonché Andrén 1959-60, p. 34 sgg. Cfr. Anche Giuliani 1990,
81
Su questo argomento si rimanda in particolare a Giuliani p. 63 sg.
85
1990, pp. 64-65. Satriano, p. 14.
82 86
Cfr. Adam 1989, pp. 224-229. In realtà, sul momento A tal proposito si rimanda anche alla ricostruzione pro-
preciso dell’introduzione della capriata non esiste generale ac- posta in Rituali per una dea, figg. 20-21.
87
cordo fra gli studiosi: vedi La Torre 2002, p. 64 e nota 168, al Adam 1989, pp. 222-223.
88
quale si rimanda anche per la principale bibliografia di riferi- Per le tegole angolari si veda Andrén 1959-60, pp. 44-45;
mento. Celuzza 1985, p. 34 e S. M. Giani, Proposta di ricostruzione
83
Ci riferiamo sostanzialmente ai numerosi modelli fittili etru- architettonica dell’edificio di seconda fase, »AnnOrNap» V 1998,
schi, che riproducono in maniera abbastanza fedele i sistemi di pp. 169-172.
89
carpenteria utilizzati in antico e nei quali è assente del tutto ogni Riguardo alle modalità di smaltimento delle acque
riferimento all’utilizzo di capriate triangolari nella realizzazione meteoriche va detto che gli elementi in nostro possesso non
del tetto: cfr. Staccioli 1968, in particolare p. 87 sgg. consentono di verificare, in alcun modo, la presenza di un qual-
84
Per avere un’idea concreta di questo sistema basti pensa- che genere di grondaia, capace di raccogliere e di convogliare
re ai modellini fittili di tempietti provenienti da Medma e l’acqua in un unico punto, e si ha invece l’impressione che lo
Hipponion (databili, comunque, fra fine VI e inizio V sec. a.C.) stillicidio delle acque sia stato agevolato direttamente dalle te-
che presentano, tutti, un timpano pieno sul quale viene a pog- gole di riva, che, di conseguenza, avrebbero dovuto sporgere di
giare direttamente la carpenteria lignea del tetto (Danner 1992, un certo margine rispetto ai muri perimetrali degli edifici.
90
p. 36 sgg.). Si tratta peraltro di una soluzione che richiama Satriano, p. 14 e p. 34; Rituali per una dea, p. 36-37.
91
molto da vicino il sistema di copertura del tempio etrusco- Colpisce, al riguardo, il mancato ritrovamento di quegli
italico dettagliatamente descritto da Vitruvio: [...] supraque is elementi discoidali in terracotta che, azionati dall’interno del-
tympanum fastigii structura seu de materia conlocetur, supraque l’edificio mediante un bastone, consentivano per l’appunto la
eum fastigium, columen, cantherii, templa ita sunt conlocanda, chiusura dell’opaia keramìs in occasione, ad esempio, di aria
ut stillicidium tecti absoluti tertiario respondeat (IV, 7, 4). Su troppo fredda o di pioggia.

120 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


Un discorso a parte merita, infine, la scoperta di aree di crollo e del suo dilavamento (US 83, 146, 211,
due frammenti di tegola (Saggio II, US 341, 424) ca- 217, 341); la restante parte risulta invece distribuita
ratterizzati dalla presenza di un piccolo foro, di for- tra i diversi strati di riempimento (US 47, 94, 107,
ma grosso modo circolare, e al cui interno era stato 119, 502), e di sistemazione o livellamento (US 501,
conficcato un chiodo in ferro92. È noto, infatti, che, 506, 509, 521); una frazione non irrilevante di mate-
una volta costruita l’orditura che avrebbe dovuto riale si registra pure in alcuni strati di abbandono e
sorreggere il tetto vero e proprio, si rendeva indispen- post-abbandono (US 320 e 332).
sabile garantire un sicuro fissaggio di alcune tegole, Considerato che una parte dei crolli era stata già
le quali venivano inchiodate al tavolato ligneo o co- asportata nel corso dei precedenti interventi di sca-
munque alla piccola orditura. Ciò non valeva, ovvia- vo, rendendo così impossibile procedere ad un’esat-
mente, per tutte le tegole: normalmente esse erano ta quantificazione del materiale edilizio riferibile al
tenute al loro posto sia dal proprio peso che da quel- crollo dei tetti97, la nostra ricerca si è concentrata
lo della tegola superiore93, ma è evidente che a tale principalmente sull’analisi metrologica e su quella
prassi, ancora oggi in uso, si ricorreva essenzialmen- morfo-tipologica tanto delle tegole quanto dei
te per le parti del tetto più esposte all’azione del ven- coprigiunti. Le modalità di rinvenimento e lo stato
to94 e, naturalmente, il suo impiego cresceva o dimi- di conservazione assai frammentario dei manufatti
nuiva a seconda della pendenza del manto di coper- recuperati hanno suggerito, inoltre, di scandire la ri-
tura. Quel che sorprende è, piuttosto, il fatto che cerca in due fasi distinte: la prima ha visto una
siano stati rinvenuti due soli esemplari del genere, schedatura preliminare del materiale, vale a dire una
circostanza – casuale? – che parrebbe escludere un’in- semplice quantificazione numerica di tutti i laterizi
clinazione particolarmente elevata del tetto95. rinvenuti; nella seconda fase, invece, si è proceduti
alla scelta dei campioni da analizzare dal punto di
3.2. Le coperture e le terracotte architettoniche vista metrologico, morfo-tipologico e degli impasti.
Prima di passare all’analisi metrologica, appare
Prodotti laterizi
opportuno ricordare come, nel caso di Torre di
Le operazioni di scavo hanno restituito una quan- Satriano, l’uso dei prodotti laterizi non si sia limi-
tità piuttosto elevata di prodotti laterizi: si tratta es- tato alla sola copertura dell’edificio sacro nelle sue
senzialmente di tegole96 e coppi, che provengono per diverse fasi: infatti, mentre diversi frammenti si tro-
la maggiorparte da strati superficiali rimescolati e di vano riutilizzati, in qualità di inerti, negli interstizi
interro (US 0, 1, 2, 71, 117, 331, 491), come pure da compresi fra i blocchi lapidei dei paramenti murari98,

92
Sulle tegole caratterizzate da fori per l’alloggio di chiodi, Inscribed Economy. Production and Dstribution in the Roman
si rimanda in particolare a Giuntoli 1997, pp. 32-33, dove vie- Empire in the Light of Instrumentum Domesticum (The
ne riportata anche la bibliografia precedente al riguardo. proceedings of a conference held at the American Academy in
93
Cfr., ad esempio, Satricum, p. 65. Rome on 10 - 11 January, 1992), Ann Arbor 1993, p. 140. Per
94
Vedi Stopponi 1985, pp. 49-50, dove l’uso di chiodi viene l’uso dei termini tecnici in ambito greco, si veda Martin 1965,
riferito al fissaggio delle tegole di maggior pregio come pure di pp. 72-74.
97
quelle più vicine alla gronda. Una simile circostanza ha reso praticamente inutile una
95
Non si può neppure escludere del tutto che l’utilizzo di pesatura generale del materiale, come pure un calcolo della sua
chiodi per il fissaggio delle tegole abbia rappresentato un’ecce- superficie complessiva.
98
zione a Satriano, mentre la “regola” prevedeva l’impiego di un Ved. supra pp. 71-73. Cfr. D. Adamesteanu, H. Dilthey,
qualche genere di legante che assicurava la tenuta delle tegole al Siris. Nuovi contributi archeologici, «MEFRA» XC 1998, p. 521;
tavolato ligneo sul quale esse erano disposte. Per una soluzione D’Andria-Roubis 1999, pp. 131-133 e 136; Roccagloriosa I, p.
simile, sia pure in epoca arcaica, si veda La Torre 2002, p. 65 sg. 70; Celuzza 1985, p. 33. Vitruvio stesso canonizza tale prassi:
96
Per la distinzione in età romana tra tegulae e lateres cfr. ergo quae non in tectis poterit pati laborem, ea non potest in
Lugli 1957, pp. 541-542; per l’evoluzione del termine tegula structura oneri ferendo esse firma, quare maxime ex veteribus
cfr. anche M. Steinby, L’organizzazione produttiva dei laterizi: tegulis tecta <et ex vetere testa> structi parietes firmitatem
un modello interpretativo per l’instrumentum in genere?, in The poterunt habere (II, 8, 19).

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 121


altri vengono reimpiegati a creare sistemazioni re- endo da una misura massima (7,3 cm.) in corrispon-
golari di determinate aree (US 521), o anche piani denza dell’estremità maggiore ad una minima (6
di calpestio, come quello realizzato a sud dell’in- cm.) presso l’altra estremità.
gresso all’oikos (US 230, rimasta in situ); un caso a Se passiamo a combinare questi dati con quelli
sé è costituito, infine, dal riuso di laterizi verificato desumibili dagli altri frammenti rinvenuti nel cor-
all’interno dell’ambiente C della struttura so dello scavo e ricomposti – per almeno una delle
santuariale (US 394) e funzionale, probabilmente, due dimensioni – a seguito di operazioni di restau-
a sigillare i livelli inferiori – caratterizzati dalla pre- ro, risulta possibile stabilire, almeno per le tegole,
senza di una sepoltura di età arcaica –, oltre che ad una forbice relativa alle due dimensioni, ove la lun-
innalzare la quota stessa del piano di calpestio99. ghezza va dai 68 ai 71 cm., mentre la larghezza va-
ria dai 48,5-49 ai 54 cm. Un modulo questo attesta-
L’analisi metrologica to non solo nell’area lucana100, ma anche in quella
La possibilità di condurre un’analisi metrologica sui campana101 ed apula102, nonché a Settefinestre103 ed
prodotti laterizi risulta, come ovvio, direttamente Ostia104. Allo stesso tempo non va dimenticato come
proporzionale allo stato di conservazione dei ma- anche la larghezza delle tegole dell’area sacra di
nufatti. Nel nostro caso, però, i reperti si presenta- Satricum105 si aggiri fra i 48 e i 55 cm., esattamente
no, per la maggior parte dei casi, assai frammentari, come la larghezza dell’unico esemplare integro di
tranne che nel settore settentrionale del santuario, Gravisca, che raggiunge i 49 cm106.
dove è venuto alla luce uno strato di crollo ricco di Un solo esemplare pare deviare da questo range
tegole e coppi (US 341) – verosimilmente il crollo dimensionale: si tratta di una tegola proveniente
del tetto del portico realizzato lungo la fronte set- dall’US 512 (uno strato di sistemazione connesso
tentrionale dell’edificio sacro –, che ha restituito all’impianto dei blocchi in travertino [USM 426],
sei tegole e due coppi ricostruibili per intero. In realizzato probabilmente nel corso del I secolo a.C.),
particolare, le tegole – il cui peso doveva aggirarsi la quale dimostra, in modo abbastanza evidente,
intorno ai 20 kg ciascuna – oscillano fra una lun- quanto vasto fosse il campo di azione per gli artefi-
ghezza massima di 71 cm. ed una minima di 69 cm., ci di tali prodotti se si considera che, mentre la sua
come pure fra una larghezza massima di 54 cm. ed lunghezza rientra nella forbice sopra indicata (72,5
una minima di 48,5 cm. Per i coppi – caratterizzati cm.), la larghezza scende addirittura a 42 cm., rom-
da un peso di 3-3,5 kg – la situazione è leggermente pendo di fatto il rapporto di 4/3 che, almeno nei 6
differente, giacché i due esemplari rinvenuti (perti- esemplari integri dell’US 341, sembra essere piena-
nenti al tipo 1) presentano le stesse dimensioni: vale mente rispettato107. Sfortunatamente si tratta del-
a dire 68,7 cm. di lunghezza. Quanto alla larghezza l’unica tegola dell’US 512 che si sia conservata per
il coppo presenta un’estremità maggiore di 16 cm. intero: non siamo, pertanto, in grado di stabilire se
e una minore di 12 cm. Anche l’altezza va diminu- essa rappresenti un caso singolare e imputabile, ad

99
Sull’argomento ved. Osanna 2004, p. 61 sg. II sec. a.C. e la prima metà del I sec. a.C.: cfr. J. Mertens, Ordona
100
De Vincenzo 2003, p. 54. 1978-1986. Rapport sommaire sur neuf années de fouilles
101
Si pensi ad alcuni esemplari rinvenuti a Pompei – ma archéologiques, in J. Mertens (a cura di), Ordona VIII. Rapports
prodotti quasi certamente a Roma-, i quali, comunque, risulta- et études, Bruxelles-Roma 1988, p. 59.
103
no leggermente più lunghi (M. Steinby, La produzione laterizia, Cfr. Celuzza 1985, p. 33.
104
in F. Zevi (a cura di), Pompei 79, Napoli 1979, pp. 265-266). Lugli 1957, p. 545.
105
Cfr. anche Rescigno 1998, p. 30, dove un modulo quasi identi- Satricum, p. 92.
106
co sembra caratterizzare la stragrande maggioranza delle tegole Colivicchi 2004, p. 109.
107
di età arcaica rinvenute in area campana. Sulla più che probabile esistenza di un rapporto di 4 a 3
102
Si tratta di due tegole non cotte provenienti da Ordona, fra lunghezza e larghezza, almeno per quel che concerne le
in un contesto inquadrabile cronologicamente fra l’inizio del tegole gallo-romane, si veda Goulpeau 1988, pp. 102-103.

122 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


esempio, a quella molteplicità di variabili che ca- to ad Atene nell’angolo Sud-Ovest dell’agora113.
ratterizzano le modalità di produzione di tali ma-
nufatti108, o, piuttosto, se questa variazione di mi- L’analisi tipologica
sura nella larghezza abbia caratterizzato più di un Le tegole rinvenute nel corso delle operazioni di
esemplare, e vada pertanto letta in senso diacronico. scavo sono riferibili ad un sistema di copertura as-
Le misure verificate nel corso dell’analisi sai semplice e diffuso: si tratta, infatti, di tegole pia-
metrologica sembrano indicare, quindi, una certa ne con margini rilevati o listelli, associate a coppi
standardizzazione delle dimensioni, ascrivibile, for- semicilindrici/semicircolari. Questi ultimi non for-
se, alla provenienza di questi manufatti da pochis- mano un unico corpo con le tegole ma sono sem-
simi o addirittura da un unico centro di produzio- plicemente sovrapposti ad esse, assicurandone la
ne. Tale circostanza risulta del resto facilmente tenuta.
spiegabile, soprattutto se si pensa alla facilità di rot- Prima di procedere all’analisi tipologica vera e
tura dei manufatti109: il che implica, all’interno del propria, è necessario tuttavia premettere come la
manto di copertura, una sostituzione particolarmen- forma dei laterizi e le loro dimensioni risultino stret-
te complicata, nel caso in cui le nuove tegole diffe- tamente dipendenti dal telaio114 in cui la tegola è
riscano nelle dimensioni110 da quelle sostituite e stata creata, come pure dall’abilità e dalla scrupolo-
impedisce altrove il reimpiego di tegole vecchie per- sità dell’artigiano al punto che “dallo stesso telaio
ché non più corrispondenti alle nuove misure. potevano uscire tegole con riseghe e soprattutto ali
D’altra parte, se in ambiente italico si possono diversissime”115. Variabilità e relatività ci guidano,
avanzare soltanto ipotesi sull’effettiva esistenza di pertanto, nell’analisi di tali manufatti, e, nonostan-
un’uniformità dimensionale della produzione te la loro presenza possa sminuire l’efficacia degli
laterizia, è praticamente certo che quest’ultima ab- strumenti di lavoro a nostra disposizione, sarebbe
bia rappresentato un fenomeno pressoché naturale un grave errore sottovalutarne la reale portata.
in età romana e, anzi, ufficialmente perseguito da- Come si è già detto in precedenza, l’esame
gli organi municipali, come documentano, in modo tipologico non ha riguardato la totalità degli esem-
inequivocabile, due leggi, la lex Ursonensis111 e la lex plari rinvenuti – un totale di 2231 frammenti di
municipii Tarentini112, e un vero e proprio monu- diversa grandezza, di cui 1498 riferibili a tegole e
mento – la tegola “standard” in marmo –, rinvenu- 733 a coprigiunti116: infatti, mentre i coppi sono

108
Non bisogna dimenticare, infatti, che l’abilità dell’arti- erano i rifacimenti o le ristrutturazioni del tetto), potendo tro-
giano veniva fortemente provata dal fatto che, durante la fase di vare spiegazione anche in una loro diversa destinazione fun-
essiccamento prima e quella di cottura poi, l’originaria superfi- zionale (Celuzza 1985, p. 33; De Vincenzo 2003, p. 56).
111
cie delle tegole subiva una forte riduzione la quale andava calco- Per il testo della legge si veda: Dessau 1974, p. 505. Per le
lata scrupolosamente fin dal primo stadio della produzione. Se- osservazioni relative ad essa si veda in particolare P. Mingazzini,
condo Stevens, inoltre, i costruttori erano perfettamente a co- Tre brevi note sui laterizi antichi, «BMusCivRom» XIX 1956-
noscenza di questo fenomeno che comportava quindi la dispo- 1958, pp. 77-92.
112
nibilità di telai dalle dimensioni leggermente superiori rispetto De Vincenzo 2002, p. 193. Per il testo della legge si veda
a quelle richieste dalla messa in opera del tetto (Stevens 1950, p. Dessau 1974, p. 501.
113
179 sg.). Per una linea di pensiero opposta cfr. Goulpeau 1988, Stevens 1950, pp. 174 sgg.
114
p. 107. È stato calcolato, inoltre, che la tegola si riducesse media- Non va dimenticato, infatti, che la presenza di più ope-
mente del 10-12% durante la fase di cottura (Steinby 1973, p. rai all’interno della stessa officina avrebbe richiesto la disponi-
125; Goulpeau 1988, p. 107; De Vincenzo 2002, p. 195). bilità di altrettanti telai, attrezzi piuttosto dozzinali che, solo
109
Steinby 1973, p. 125. Per il comportamento delle tegole molto raramente, corrispondevano gli uni agli altri. In genere,
nei confronti degli agenti atmosferici si veda De Vincenzo 2002, essi non possedevano le stesse dimensioni e, inoltre, andavano
pp. 197-198. sostituiti con una certa frequenza essendo soggetti a naturali
110
Sebbene questa sembri essere la regola generale bisogna processi di usura (Steinby 1973, p. 125).
115
ricordare, nondimeno, che la compresenza di manufatti Steinby 1973, p. 125.
116
metrologicamente diversi, non va tout-court motivata in base a Esulano da questo computo complessivo i 6 frammenti
meri criteri di anteriorità o posteriorità (piuttosto frequenti di kalyptéres hegemònes, che, in virtù delle loro caratteristiche

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 123


stati considerati senza alcuna eccezione, in quan- vazione: il suo listello, ad una delle due estremità,
to, seppur frammentari, risultano di facile identi- possiede la parte superiore appiattita con una se-
ficazione, non altrettanto è avvenuto per le tego- zione quasi trapezoidale, all’altra presenta un’evi-
le, di cui si sono conservati solo gli esemplari dente sezione a quarto di cerchio120. Una circostan-
“tipologicamente significativi”, quelli, cioè, za questa che, oltre a confermare la pericolosità di
contraddistinti dalla presenza di almeno uno dei un’analisi tipologica fondata sull’osservazione del-
due listelli. Si tratta, nella fattispecie, di 307 tego- la forma dei listelli – come faceva osservare, già ne-
le (il 20,5% del materiale complessivo), dalla cui gli anni ’70, Ö. Wikander121 –, ha suggerito una certa
analisi sono emersi tutta una serie di informazio- cautela nel considerare i frammenti con sezione
ni di un certo rilievo117. trapezoidale come un tipo a sé stante. In effetti, un
Un primo elemento particolarmente degno di esame più attento di tali frammenti pare dimostra-
attenzione concerne la presenza di un incavo nel re come la sezione trapezoidale sia il risultato di
punto di raccordo fra la lastra e il listello, e la possi- una lisciatura irregolare, che finisce per conferire al
bilità di considerarlo un elemento valido ai fini del- listello stesso una certa spigolosità e, di conseguen-
l’analisi tipologica. In realtà, i diversi esemplari che za, una sezione trapezoidale o vagamente
recano tale incavo sembrano indicare come esso – trapezoidale, in luogo della più caratteristica sezio-
con una sola possibile eccezione118 – non rappre- ne a quarto cerchio. Premesso ciò e tenuto conto
senti mai il risultato di un’azione volontaria, ma del numero particolarmente esiguo di frammenti
piuttosto il segno tangibile di una fase imprescindi- recanti tale caratteristica morfologica, si è preferito
bile nella realizzazione stessa dei laterizi119. Ci ap- considerare questi ultimi come una delle numerose
pare, pertanto, assai azzardata la volontà di fondare varianti del tipo con sezione a quarto di cerchio.
proprio sulla sua presenza/assenza un distinguo La fortunosa circostanza di disporre di tegole
tipologicamente valido. conservate per intero ha permesso, poi, di
Un secondo elemento, ancora più interessante, evidenziare un nuovo dato: ciascun esemplare va
riguarda la sezione dei listelli della tegola: un esem- rastremandosi a partire da una larghezza massima,
plare proveniente dall’US 341, ad esempio, modifi- misurata in corrispondenza dell’estremità cava122,
ca la propria sezione a seconda del punto di osser- fino a raggiungere una larghezza minima in corri-

morfologiche sono stati considerati a parte. esso risulta attestato a Roselle (L. Donati, La casa dell’Implu-
117
La grande maggioranza delle tegole rinvenute (1191 esem- vium. Architettura etrusca a Roselle, Roma 1994, p. 46, tav. LVa),
plari, oltre il 79,5 %) risultano, invece, prive di qualsiasi ele- come pure ad Accesa dove, però, si tratta di una differenza non
mento necessario ad una loro classificazione tipologica. Con- già all’interno dello stesso listello ma piuttosto fra i due listelli
siderazioni di vario tipo (qualità dell’impasto, spessore, tracce della stessa tegola (Giuntoli 1997, p. 34). Tutto ciò comporta
di lisciatura solo su uno dei due lati, etc.) paiono escludere, una conseguenza rilevante al momento dell’esame tipologico:
comunque, la possibilità che tali frammenti vadano identifica- poiché le due estremità di una tegola appaiono non di rado
ti con altri materiali edilizi come, ad esempio, mattoni. divergenti è possibile che due o più frammenti che apparten-
118
Si tratta di un ristretto numero di tegole appartenenti gono allo stesso esemplare non vengano a volte riconosciuti
alla variante 1 del Tipo 1, dove la presenza di un incavo parti- come tali (in genere per la mancanza di attacchi) e quindi di-
colarmente accentuato potrebbe essere collegata, come si dirà stinti come nuove varianti e attribuiti a più esemplari piutto-
anche in seguito, alla volontà di agevolare la sovrapposizione sto che ad un unico esemplare.
121
del coprigiunto. Ö. Wikander, Etruscan Roofing-Tiles from Acquarossa. A
119
Nel corso della fase di essiccamento venivano disposte Preliminary Report, «OpRom» VIII 1972, p. 18. Cfr. anche
sui lati lunghi della parte piana e ancora cruda della tegola del- Wikander 1981, p. 71. Altrettanto scettici si rivelano pure
le listarelle che, in virtù del loro peso, finivano per lasciare Giuntoli (1997, p. 33) e Colivicchi (2004, p. 108 sg.).
122
naturalmente una impronta sull’argilla sottostante. È evidente Si tratta delle tegole appartenenti al tipo 1, che possie-
che questa non sempre appariva perfettamente regolare ed al- dono, in effetti, un’estremità piena ed una cava – un incasso (o
lora non sorprende il fatto che alcuni esemplari si presentino alloggiamento, se si preferisce) a sezione grosso modo rettan-
con o senza incavo a seconda dell’estremità che si osserva. golare; una circostanza quest’ultima dovuta alle esigenze della
120
Non si tratta di un caso eccezionale, dal momento che messa in opera e non esclusiva del mondo indigeno o magno-

124 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


spondenza dell’estremità piena123. Allo stesso tem- volare il sistema stesso di assemblaggio129.
po si è osservato come pure il listello di ciascun
esemplare vada rastremandosi da uno spessore mas- — Tegole
simo presso l’estremità cava, ad uno minimo pres- La presenza di sei soli esemplari conservati per in-
so l’estremità piena124. tero e l’alto grado di frammentazione che caratte-
Un cenno a parte meritano, inoltre, alcune te- rizza la restante parte delle tegole rinvenute hanno
gole caratterizzate da un leggero anticipo di entram- impedito di procedere, nel corso dell’esame tipolo-
bi i listelli su uno dei due lati corti della tegola125. gico, in modo ampio ed esaustivo. Quest’ultimo si
In genere si è ascritta a tale caratteristica la funzio- è basato principalmente sull’osservazione delle dif-
ne di agevolare ulteriormente il sistema delle ferenti sezioni dei listelli, pur tenendo conto – come
sovrapposizioni e, dunque, l’inserimento dell’estre- già rilevato – dei rischi connessi ad una simile ope-
mità cava della tegola superiore126. Nel nostro caso, razione. Si è così osservato che la principale diffe-
tuttavia, sembra più probabile che essa abbia posse- renza è quella che intercorre fra una sezione a quar-
duto (anche) un’altra funzione, quella cioè di per- to di cerchio, con tutte le sue possibili varianti, ed
mettere la collocazione, sulle tegole stesse, delle una quadrangolare, indicate rispettivamente come
antefisse che chiudevano le estremità dei coppi, se- tipo 1 e tipo 2. Con ciò non si vuole restringere il
condo una prassi attestata sia nel mondo italico127 campo di analisi, ma semplicemente evidenziare
che greco128. quella che risulta essere, in base ai nostri dati, l’uni-
Non va dimenticato, infine, come la maggior parte ca differenza sicura e certamente voluta dall’arti-
delle tegole in nostro possesso, specie quelle che si giano. La nostra classificazione, dunque, ricalca, sia
lasciano ricostruire per buona parte delle loro origi- pure parzialmente, quella che già negli anni ’80 era
narie dimensioni, possiedano una forma che assai di stata la proposta di Ö. Wikander per le tegole di
rado è perfettamente rettangolare. La forma di gran San Giovenale: in quel caso lo studioso, pur pre-
lunga più attestata è semmai quella leggermente scindendo totalmente dalla sezione dei listelli ai fini
trapezoidale – in genere la differenza intercorrente dell’analisi tipologica, aveva suggerito di distingue-
tra la base maggiore e quella minore si aggira negli re, all’interno del suo tipo 1, due “main groups”,
esemplari integri fra i 2 e i 4 cm. –, una caratteristica non a caso costituiti da tegole con listelli a sezione
certamente ascrivibile – oltre che alle suddette mo- quadrangolare e tegole con listelli di forma triango-
dalità di produzione/cottura – alla necessità di age- lare130.

greco (Valle del Sinni I, p. 29, fig. 21. 44; Notario 1992, tav. consegue che l’ampiezza dell’arco di circonferenza da essi de-
XCV, fig. 5) ma attestata anche nel mondo romano (Celuzza scritto va diminuendo, sia nella larghezza che nell’altezza, ver-
1985, pp. 33-34, tipo 2 a-c). Sull’argomento si rimanda anche so l’estremità superiore.
125
alle considerazioni relative al tipo 1. Essa ricorre essenzialmente negli esemplari provenienti
123
Nonostante la presenza di un’estremità cava sembri dall’US 341 e non rappresenta tuttavia una costante, come di-
caratterizzare la maggior parte delle tegole, sono attestati al- mostra anche il caso dell’abitato etrusco di Accesa (Giuntoli
cuni esemplari come, ad esempio, le tegole terminali, quelle 1997, p. 33). Tale caratteristica compare anche nella villa di
cioè che appartengono al filare più basso, che ne sono sprov- Settefinestre all’interno del tipo 2 a-c (Celuzza 1985, p. 33).
126
visti. Nella tipologia proposta da Wikander per le tegole di
124
Un comportamento simile si registra anche nei coppi, Acquarossa, tali tegole apparterrebbero al tipo 1 (Wikander
come visto in precedenza nei due soli esemplari integri, dove 1993, p. 27). Vedi anche Wikander 1988, p. 209; Ardea, p. 65,
la differenza di larghezza tra l’estremità superiore e quella in- fig. 132; Celuzza 1985, p. 33; Giuntoli 1997, p. 33; Valle del
feriore si aggira intorno ai 4 cm. Tali manufatti dovevano in- Sinni I, p. 202.
127
fatti rispondere ad una duplice esigenza: da un lato ricoprire lo Cfr. Satricum, p. 59 e p. 93, fig. 52; Rescigno 1998, pp.
spazio intercorrente fra una tegola e l’altra, e dall’altro attuare 31 e 47-48; Small-Buck 1994, fig. 143c.
128
un sistema di assemblaggio parallelo a quello delle tegole, in Winter 1993, p. 31, fig. 4b.
129
virtù del quale ciascuno di essi sormontava il coprigiunto infe- Cfr. Martin 1965, p. 72.
130
riore mentre era sormontato da quello superiore. Da ciò ne Wikander 1981, p. 71.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 125


D’altro canto, la documentazione in nostro pos- particolarmente profondo (cat. 1) e la sua larghez-
sesso sembrerebbe confermare l’ipotesi di Rescigno, za corrisponde a quella di un dito. D’altra parte,
in base alla quale i due tipi qui presentati sarebbero non sembra del tutto impossibile che, in alcuni
funzionali a due diversi sistemi di assemblaggio: il casi133, la particolare conformazione dell’incavo, che
tipo 1 per “sovrapposizione”, il tipo 2 per “imboc- si presenta assai più accentuato e meglio modellato
co”131. In effetti, nel nostro caso – ma potrebbe trat- che in tutti gli altri casi134, venendo letteralmente a
tarsi anche solo di una coincidenza, soprattutto in rompere la continuità fra listello e lastra (cat. 7),
virtù della parzialità dei dati a nostra disposizione vada ricondotta, oltre che alle già dette modalità di
– va notato che nessun esemplare pertinente al tipo produzione di tali manufatti, anche alla volontà di
2 risulta provvisto di un incasso rettangolare nella agevolare, in tal modo, la sovrapposizione del cop-
parte inferiore del listello che caratterizza, invece, po, i cui due bordi avrebbero trovato un vero e pro-
diverse tegole del tipo 1. prio alloggio dove potersi incastrare.
Un discorso a parte meritano, infine, quei po-
Tipo 1 (tav. I, nn. 1-8) chi esemplari (tredici) – dei quali si è già detto pri-
Sezione a quarto di cerchio e incasso rettangolare nel- ma – caratterizzati da un listello a sezione vagamente
la parte inferiore del listello. trapezoidale135. In particolare il listello, assai varia-
Appartengono a questo tipo l’86% degli esemplari bile nello spessore, va rastremandosi gradualmente
oggetto dell’analisi tipologica, vale a dire 264 fram- dal basso verso l’alto, dove appare appiattito e lie-
menti di tegole, molti dei quali caratterizzati da un vemente inclinato (cat. 8); in un caso136 tra questo e
incasso a sezione rettangolare (cat. 2), ricavato nella la lastra compare un incavo particolarmente pro-
parte inferiore del listello stesso per agevolare – fondo assai simile a quelli osservati in precedenza.
come già detto – la sovrapposizione della tegola
successiva132. Quanto alla sezione del listello va det- 1. Parte del listello e della lastra; imp4; h max 6,6; lastra:
to che essa in molti casi è assai ben definita (cat. 1), sp 3,5; listello: largh. 4,4. Saggio I, US 107. Inv. 407948.
più raramente risulta lievemente schiacciata (cat. 4), 2. Parte del listello con l’incasso rettangolare e della la-
stra; imp3; lastra. h 4,8; sp 2,9; listello: largh 4,3; in-
o presenta, addirittura, una forma triangolare (cat.
casso h 2,1; largh. 4,4. Saggio I, US 19. Inv. 407949.
3); non di rado, poi, il listello si presenta legger- 3. Parte del listello e della lastra; imp2; h 6,2; lastra: sp 3;
mente inclinato verso l’esterno (cat. 1-4). Talora è listello: largh 5. Saggio II, US 332. Inv. 407950.
visibile un profilo modanato sia nella parte supe- 4. Parte del listello e della lastra; imp4; h 5,2; lastra: sp
2,6; listello: largh 5,1. Saggio I, US 41. Inv. 407951.
riore del listello (cat. 5) che in quella inferiore; in
5. Parte del listello e della lastra; imp4; h 5,3; lastra: sp
un solo caso il raccordo del listello con la lastra è a 2,6; listello: largh 4,5. Saggio I, US 146. Inv. 407952.
gradino (cat. 4). In diversi casi, inoltre, si riduce di 6. Parte del listello e della lastra; imp4; h 5,1; lastra: sp
molto la differenza di altezza tra il listello e la lastra 3,2; listello: largh 4,2. Saggio II, US 321. Inv. 407953.
(cat. 2-6). 7. Parte del listello e della lastra; imp3; h max 6,4; lastra:
sp 2,6; listello: largh 4. Saggio I, US 119. Inv. 407954.
Un ulteriore elemento è costituito dalla presen- 8. Parte del listello e della lastra; imp4; h max 6; lastra:
za del già menzionato incavo nel punto di incontro sp. 2,5; listello: largh 4,4. Saggio II, US 217. Inv.
tra il listello e la lastra: in genere esso non appare 407955.

131 133
Rescigno 1998, pp. 31 e 46. Cfr. anche Valle del Sinni I, Saggio I, US 1, 2, 119, 146, 261; Saggio II, US 211, 217,
p. 201 sg. 304, 323, 332.
132 134
Su tale elemento di connessione vedi Wikander 1988, p. Cfr., ad esempio, Small-Buck 1994, p. 128, fig. 141, nn. 7-9.
135
208. Cfr. anche M. C. Conti, Elementi per la copertura degli Saggio I, US 113, 146; Saggio II, US 11, 80, 211, 217,
edifici dal quadrante sudorientale del territorio selinuntino, in 332, 506.
136
R. Bianchi et alii, Selinunte 4, Roma 1998, p. 237. Saggio II, US 211.

126 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


Tipo 2 (tav. I, nn. 9-11) re, dal punto di vista tipologico, in quello che si è
Sezione quadrangolare definito il tipo 1. La sua particolarità è dovuta, in-
A differenza di quanto accade per il tipo 1, soltanto vece, all’esistenza sulla faccia superiore della lastra,
il 14% degli esemplari analizzati (43) sono ascrivibili di un bollo a rilievo in cartiglio rettangolare. Sfor-
al tipo 2, caratterizzato da un listello a sezione qua- tunatamente il bollo è illeggibile e, di conseguen-
drangolare: quest’ultimo può presentarsi assoluta- za, non è possibile procedere oltre questo primo
mente piatto nella sua parte superiore (cat. 9-10), e, stadio di analisi. Colpisce, ad ogni modo, l’unicità
in qualche caso, leggermente rialzato (cat. 11). Nel- del ritrovamento, la quale – a meno che non vada
la stragrande maggioranza degli esemplari il raccor- imputata alla mera casualità – potrebbe anche sug-
do del listello con la lastra si presenta chiaramente gerire l’ipotesi di piccole produzioni locali per le
obliquo (cat. 9); non mancano, tuttavia, alcuni pezzi quali, insomma, la bollatura non era ritenuta ope-
in cui tale raccordo appare curvilineo e a profilo razione necessaria.
concavo (cat. 10-11). La sporgenza del listello rispet- Nel secondo caso (cat. 13), invece, si tratta di par-
to alla lastra risulta estremamente variabile, come te della lastra di una tegola, caratterizzata sulla sua
si è già osservato anche a proposito del tipo 1: in faccia superiore dalla presenza di un simbolo inciso
alcuni esemplari essa è di poco inferiore ad 1,5 cm. a forma di “V”. Non si tratta di un caso isolato, per-
(cat. 9), mentre in altri (cat. 10-11) supera abbon- ché simboli simili ricorrono, ad esempio, anche in
dantemente i 2 cm. ambito etrusco, su alcune tegole di età arcaica: la loro
funzione non è ben chiara, e mentre alcuni ricorda-
9. Parte del listello e della lastra; imp3; h 4,4; lastra: sp no come non sia impossibile attribuire loro “un va-
3; listello: largh 5,4. Saggio II, US 68. Inv. 407956. lore di riferimento per il posizionamento dei singoli
10. Parte del listello e della lastra; imp4; h 5,6; lastra: sp
3,2; listello: largh 5,5. Saggio I, US 158. Inv. 407957. gruppi di tegole nelle diverse zone del tetto”137, altri
11. Parte del listello e della lastra; imp3; h 5,8; lastra: sp ancora – e questa ci appare l’ipotesi più verosimile,
3,1; listello: largh list. 5,5. Saggio I, US 261. Inv. soprattutto in mancanza di altri dati – sottolineano
407958. la possibilità che si tratti di tally-marks, ossia di mar-
chi di stoccaggio138.

— Bolli e marchi di stoccaggio (tav. I, nn. 12-13) 12. Tegola piana tipo 1. Parte del listello e della lastra;
Oltre ai manufatti sin qui presentati, vanno segna- imp6; h 6,8; lastra: h 3,5; listello: largh 4,2; h incas-
lati altri due esemplari, entrambi appartenenti ad so 2,6; largh 4; bollo lungh 12,8; h 3. Sporadico.
Inv. 407963.
una tegola, e distinti dai precedenti non già per le
13. Tegola piana. Parte della lastra; imp3; lastra: h 2,8;
loro caratteristiche morfologiche ma per la presen- lungh simbolo 6,5; largh. 5,5. Saggio I US 1. Inv.
za di due elementi nuovi rispetto a quelli finora 407964.
considerati.
Il primo esemplare (cat. 12) conserva parte non
solo della lastra ma anche del listello: quest’ultimo, — Coppi
caratterizzato da una sezione a quarto di cerchio La stragrande maggioranza dei coppi rinvenuti ap-
nonché dal tipico incasso a sezione rettangolare nella partiene al tipo più semplice e diffuso nei sistemi
parte inferiore del listello stesso, si lascia inquadra- di copertura (tipo 1), quello a sezione semicircolare

137
Cfr. Stopponi 1985, p. 100. dove per questi simboli viene supposta la funzione di «semplici
138
G. Brodribb, Markings on Tile and Brick, in Roman Brick contrassegni di vasaio designanti partite di prodotto». Si vedano,
and Tile. Studies in Manifacture, Distribution and Use in the Western infine, Rescigno 1998, p. 391 sgg. e J. Chauffin, Les tuiles gallo-romaine
Empire, Oxford 1979, p. 211 sgg. Cfr. anche Stopponi 1985, p. 101, du Bas-Dauphiné, «GalliaInfAReg» XIV 1956, p. 81 sg.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 127


che permette la sovrapposizione degli elementi gra- e costituisce il tipo 2. La parte superiore si presenta
zie alla differente ampiezza delle due estremità139. piatta e gli angoli che essa forma con gli altri due
Accanto ad esso va segnalata la presenza nel no- lati – caratterizzati generalmente da bordi indistin-
stro contesto di un esiguo numero di coppi contrad- ti– sono per lo più retti (cat.16). Se si considera la
distinti da una sezione quadrangolare, o comunque ridotta frequenza di questo tipo di coppo, non ci
poligonale, e che rappresentano il tipo 2. appare del tutto inverosimile l’ipotesi che esso sia
stato impiegato per la realizzazione di una canaletta
– oramai perduta – piuttosto che con la funzione di
Tipo 1 (tav. II, nn. 14-15) coprigiunti144.
A sezione semicircolare In un sol caso (cat.17), invece, gli angoli formati
Esso rappresenta, come già detto, il tipo principale e dalla parte superiore con i due lati appaiono mag-
maggiormente diffuso nel contesto di Torre di giori di 90°, realizzando una sezione grosso modo
Satriano: il 98,3% dei 733 frammenti rinvenuti nel pentagonale145. Nonostante la singolarità del rinve-
corso delle operazioni di scavo, vale a dire ben 721, nimento – in virtù della quale si è evitato di procede-
sono riferibili ad esso. Si tratta di un coppo provvi- re all’identificazione di un tipo nuovo – non appare
sto di bordi indistinti, la cui base presenta, sui due del tutto inverosimile collegare questo coppo a quel-
lati, angoli smussati con tagli obliqui, e dalla sezione li presenti sui filari più bassi del manto di copertura,
semicircolare che descrive un arco di circonferenza quelli cioè caratterizzati dalla presenza dell’antefissa
particolarmente ampio (cat. 14) che va riducendosi alla loro estremità inferiore. Un’ipotesi questa che
chiaramente da un’estremità all’altra (cat. 15). potrebbe essere confermata dal fatto che nell’unico
Questo coppo, attestato in ambito campano già frammento di antefissa in cui si è conservato l’attac-
a partire dall’età arcaica140, risulta variamente diffu- co del coppo (Saggio II, US 336)146, proprio quest’ul-
so in ambito magno-greco141 ed etrusco142, per poi timo possiede una sezione pentagonale assai simile a
essere utilizzato anche in età romana143 . quella dell’esemplare in questione.

14. Bordo e parte della parete; imp4; ampiezza arco 14,7; 16. Parte del bordo e della parete; imp3; largh 6,8; bor-
h 8; sp. 1,5. Saggio I, US 159. Inv. 407959. do: h 4,4; lastra: sp 2,1. Saggio I, US 2. Inv. 407961.
15. Parte del bordo e della parete; imp5; ampiezza arco 17. Parte dell’orlo e della parete; imp4; largh 7,2; bor-
11,6; h 3,9; sp. 1,7. Saggio II, US 217. Inv. 407960. do: h 5,3; lastra: sp 1,6. Saggio I, US 19. Inv. 407962.

Tipo 2 (tav. II, nn. 16-17) — Opaia keramìs (tav. II, n. 18)
A sezione quadrangolare Nel corso delle operazioni di scavo è venuto alla
Una piccola percentuale (l’1,7 % circa) del materia- luce un unico frammento, di dimensioni piuttosto
le complessivo presenta una sezione quadrangolare ridotte, pertinente alla cosiddetta Οπαια κερα−

139 144
Per questo tipo di coppi, corrispondente al tipo I di Lo stesso impiego è attestato a Roccagloriosa in un oriz-
Wikander (1993, p. 46), cfr. anche Wikander 1981, p. 76, fig. zonte di V sec. a. C. (Roccagloriosa I, p. 70).
145
6,27; A. Ohnesorg, Archaic Roof Tiles from the Heraion on Coppi con una sezione affine sono stati rinvenuti a
Samos, «Hesperia» LIX, 1990, p. 185 sgg., fig. 4; Winter 1993, Lavello, dove, per il cosiddetto oikos gamma, è attestata una
p. 108 sg., fig. 11 a-b. copertura con tegole piane e coppi a sezione chiaramente
140
Rescigno 1998, p. 44, tav. XIV, fig. 12. pentagonale (Forentum II, p. 21, tav. CII) e nel territorio di
141
Notario 1992, p. 324, tav. XCV, figg. 11-13, dove i coppi Senise (S. Teodoro): cfr. Valle del Sinni I, p. 115, fig. 115, n.
a sezione semicircolare, nei loro 3 sottotipi, rappresentano il 8. Cfr. anche Visonà 1999, p. 360, fig. 162, US 108; Notario
41,61% dei rinvenimenti complessivi; Visonà 1999, p. 360, fig. 1992, p. 324, tav. XCV,15; Mollo 2003, p. 314, tav. CXXII,
162, US 140. US 12-8, tipo 5; La Torre 2002, p. 63, fig. 4 b (esemplari di
142
Giuntoli 1997, p. 35, fig. 2, 1. età arcaica).
143 146
Celuzza 1985, p. 34, tav. 1, figg. 6 a-c. Infra p. 132, cat. 1.

128 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


μίς147, vale a dire una tegola forata che consentiva all’estremità principale, è presente una triplice
l’uscita del fumo e di eventuali vapori di cottura costolatura, dove la ghiera centrale è prominente
(specie se ci si trova in un ambiente dotato di foco- rispetto alle due laterali, mentre il loro profilo su-
lare) e, al tempo stesso, l’ingresso di aria e luce148. periore si presenta chiaramente arrotondato, secon-
Lo stato di conservazione del pezzo permette solo do un modello ampiamente diffuso156. Il secondo
di ipotizzare che accanto all’oculus centrale, di for- (cat. 20 a-b) invece – attestato, peraltro, da due esem-
ma pressoché ovale e dal bordo rilevato a sezione plari157 – possiede una singola ghiera mediana, che,
quadrangolare, fosse previsto un dente d’incastro per come nel caso precedente, risulta arrotondata e che
la chiusura149. Ad ogni modo tale esemplare trova sembra richiamare da vicino analoghi esemplari,
confronti anche a Montescaglioso150 e a Roccaglo- uno dei quali proveniente dalla stessa Torre di
riosa in contesti di IV-III sec. a.C.151 come pure ad Satriano158. Per gli altri due kalyptéres, lo stato di
Armento152, ed è attestato un po’ ovunque sia in conservazione piuttosto lacunoso non permette,
ambiente romano153 che greco154. invece, di stabilire con certezza se la costolatura in
essi presente sia quella originaria, e quindi se essa
18 a-b. Parte del bordo e della lastra; imp3; h 4,7; lastra h sia duplice (cat. 21 a-b), o unica (cat. 22 a-b); ad
2,4; bordo: sp 2,4. Saggio II, US 321. Inv. 407965. ogni modo, anche questi due esemplari, similmen-
te agli altri descritti in precedenza, possiedono una
sezione semicircolare, sebbene l’arco di circonfe-
— Kalyptéres hegemònes (tav. II, nn. 19-22) renza da essi descritto non sembri essere particolar-
Esula dall’analisi tipologica un numero piuttosto mente ampio.
esiguo di “καλυπτη̃ρες η‘ γεμόνες155”, vale a dire i Se, dunque, un discorso metrologico appare ine-
coppi di colmo, riconosciuti come tali soltanto gra- vitabilmente precluso dall’elevato grado di
zie ad una delle due estremità, quella, cioè, caratte- frammentazione159, non altrettanto vale per quel che
rizzata dalla presenza della costolatura e, in due casi concerne l’aspetto morfologico, che consente di
(cat. 19-20) del sottostante battente, funzionale ad avanzare almeno una riflessione: uno dei kalyptéres
agevolare la sovrapposizione sul kalyptér successivo. venuti alla luce (cat. 22) possiede – come anticipato
Quanto alla costolatura va detto che essa si pre- – una sola costolatura, la quale, a differenza delle
senta variamente realizzata: nel primo dei due esem- costolature appartenenti agli altri tre esemplari –
plari conservatisi per intero (cat. 19 a-b), almeno ed in particolare all’altro kalyptér caratterizzato da

147
Sulla opaia keramìs in generale, si rimanda, in particolare, una tavola di riferimento.
156
a Wikander 1982, p. 81 sg. Cfr. pure Martin 1965, pp. 78-79. Un esemplare molto simile era già stato rinvenuto a Torre
148
Esemplari provenienti dall’abitato di Roccagloriosa e di Satriano da Holloway negli anni ’60 (Holloway 1970, p.
dotati di un’apertura circolare vengono definiti semplicemen- 113, tav. 174, n. 309). Cfr. anche Roccagloriosa I, p. 304, fig.
te “tegole per camino”, mentre per le tegole che possiedono 200, nn. 542-543; C. Masseria, Le terracotte architettoniche, in
un’apertura ovale viene adoperata la definizione di opaion Pedley-Torelli 1993, p. 139 sg., fig. 40, tav. 36a; Mollo 2003, p.
(Roccagloriosa I, p. 77 e p. 303 sg.). 315, tav. CXX, M3. Questo tipo di kalyptér hegemòn si trova,
149
Si vedano, ad esempio, gli esemplari integri di Acquarossa peraltro, attestato già in epoca arcaica: cfr. La Torre 2002, p.
(Ö. Wikander, Acquarossa VI. The Roof-Tiles, 1. Catalogue and 63, figg. 4 c-d, tav. X b.
157
Architectural Context, Stockholm 1986, p. 39, figg. 17-18). Sporadico (dalla pulizia della cresta del muro sud-ovest
150
D’Andria-Roubis 1999, p. 152, fig. 21. della vasca); Saggio II, US 219.
151 158
Roccagloriosa I, p. 304, fig. 200, n. 551. Holloway 1970, p. 112, tav. 174, n. 306. Cfr. anche
152
Armento, pp. 103-104. Roccagloriosa I, p. 302, fig. 200, n. 536 e Notario 1992, p. 325,
153
Adam 1989, p. 230 e p. 231, figg. 500-501; Celuzza 1985, tav. XCV, 16-17.
159
p. 34. Non si dimentichi, a questo proposito, che a differenza
154
Wikander 1982, p. 83, figg. 7b e 12. dell’estremità principale, l’altra doveva essere assai simile a quella
155
Il rinvenimento di 4 soli frammenti, di cui 2 pertinenti di un normale kalyptér, circostanza che perciò ha impedito,
allo stesso pezzo, ha reso praticamente inutile la creazione di nella totalità dei casi, la sua identificazione come tale.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 129

9
una sola ghiera (cat. 20) – che si presentano chiara- I risultati emersi dalla nostra analisi sembrano
mente arrotondate nella parte superiore, possiede dimostrare che all’interno dello stesso tipo di tego-
un profilo squadrato. Tale diversità, se letta in con- le e coppi figurano impasti differenti, senza cioè
nessione con la differente provenienza stratigrafica che a ciascun tipo di tegole o coppi corrisponda
del frammento in questione (US 501, strato perti- uno specifico impasto. Per quanto concerne l’im-
nente alla risistemazione del santuario in età roma- pasto vero e proprio, non sorprende il fatto che la
na), rispetto a quella degli altri due frammenti (US sua qualità sia, in genere, non particolarmente ele-
146, 217, 219: due strati di crollo, pertinenti rispet- vata. Il grado di depurazione dell’argilla, infatti, ri-
tivamente alle fasi IV e VI), potrebbe essere inter- sulta nella quasi totalità dei casi basso o medio-bas-
pretata in senso diacronico, finendo per attribuire so, il che non avrà contribuito, probabilmente, a
al kalyptér dalla costolatura singola a sezione qua- migliorare le prestazioni di un prodotto già di per
drata una cronologia più bassa rispetto a quella de- sé esposto alle intemperie: fanno eccezione solo le
gli altri esemplari. classi n. 1 (rappresentata da due soli esemplari, cir-
costanza che sembra sottolineare ulteriormente la
19 a-b. Parte della triplice costolatura, del battente e del- sua eccezionalità) e n. 2, che per la loro qualità pos-
la parete, imp3; sp max 6,1; parete sp 1,7; costolatura sono essere considerate le migliori produzioni.
mediana: h 4,7; largh 4,6; costolature laterali: h 3,5; Nella stragrande maggioranza dei campioni esa-
largh costolature laterali 3,1. Saggio I, US 146. Inv.
407967. minati, invece, numerose sono le impurità e la
20 a-b. Parte di una sola costolatura, del battente e della sabbiosità (per lo più sabbia silicea, raramente mica
parete; imp6; sp 7,3; parete: sp 3; costolatura: h 3; polverizzata) sembra essere una qualità intrinseca
largh 6,2. Saggio II, US 219. Inv. 407968. dell’argilla piuttosto che una conseguenza dell’uso
21 a-b. Parte dell’estremità principale, della parete, e di
una sola costolatura; imp4; sp. max 5; parete: sp di sgrassanti. Fra questi gioca un ruolo notevole la
2,5; costolatura: h 2,4; largh 3,2. Saggio II, US 501. chamotte, presente praticamente in tutte le classi
Inv. 407970. esaminate, eccezion fatta per la classe n. 1: quello
22 a-b. Parte dell’estremità principale, della parete, e della che cambia è, piuttosto, la dimensione degli inclu-
duplice costolatura. Due frammenti che attaccano;
imp6; sp 5,1; parete: sp 2,1; costolatura inferiore; h
si, talora a granulometria molto fine, come nella
4,9; costolatura superiore; largh costolatura inferio- classe n. 2, più spesso a granulometria piccola o
re 3,4. Saggio I, US 146; Saggio II, US 217. Inv. medio-piccola. Accanto alla chamotte, un altro ele-
407969-407966. mento che compare di frequente, anch’esso dalla
granulometria piuttosto variabile, è probabilmente
la calcite che, in alcuni casi, sembrerebbe essersi
L’analisi del corpo ceramico dissociata nei suoi componenti-base, a seguito di
L’analisi degli impasti, condotta mediante l’utiliz- una temperatura di cottura probabilmente superio-
zo di una lente di ingrandimento da geologo (Konus re ai 900°, secondo un processo ben noto161.
# 3013, 20 X), ha permesso di individuare almeno Al pari dell’aspetto qualitativo dell’argilla, an-
sette tipi di impasto, la cui identificazione si è basa- che “il trattamento” delle superfici non sembra con-
ta esclusivamente sulla diversità dei dimagranti pre- traddire le nostre conoscenze relative a questa clas-
senti all’interno del corpo ceramico, come pure sulla se di manufatti: se, infatti, la faccia superiore della
loro frequenza e granulometria160. tegola è abbastanza polita, probabilmente lisciata a

160
Va tenuto presente, comunque, che i risultati qui pre- torio consentiranno di verificarne l’effettiva validità.
161
sentati sono del tutto preliminari: successive analisi di labora- Cuomo di Caprio 1985, pp. 131-132.

130 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


stecca162, anche per facilitare lo scorrimento delle Frattura netta. Sensazione al tatto liscia. Molto dura.
acque piovane, quella inferiore possiede una super- Consistenza compatta. La frazione inerte è costituita da:
a) chamotte a granulometria finissima; b) rari e piccoli
ficie irregolare e scabra in conseguenza del suo pro- inclusi litici164. Sono presenti, inoltre, vacuoli medi e pic-
babile essiccamento direttamente sul terreno. coli di forma pressoché circolare.
Un’ultima considerazione concerne, invece, le 3. Argilla affine alla precedente anche se depurata in
differenze di colore, talora notevoli, riscontrate fra misura minore. Colore M. 7.5 YR 6/8. Frattura irrego-
lare. Sensazione al tatto ruvida. Dura. Consistenza po-
una tegola e l’altra come pure fra un coppo ed un rosa. La frazione inerte è costituita come sempre da: a)
altro. È noto, in effetti, che l’utilizzo di impasti chamotte a granulometria fine; b) frammenti litici picco-
differenti come pure di combustibili diversi, le va- li e piccolissimi165. Sono presenti, inoltre, piccoli e pic-
riazioni di temperatura ed il tenore di ossigeno pre- colissimi vacuoli di forma allungata.
4. Argilla mediamente o poco depurata166. Colore M. 7.5
sente nell’atmosfera durante la fase di cottura, infi- YR 5/8. Frattura irregolare. Sensazione al tatto polvero-
ne la distanza più o meno ravvicinata dei laterizi sa. Dura. Consistenza vacuolata. La frazione inerte è
dalla fonte di calore all’interno della fornace, sono costituita da: a) chamotte a granulometria fine; b) fram-
tutti elementi capaci di generare differenze più o menti litici medi e piccoli. Sono presenti, inoltre, molti
vacuoli medi e piccoli di forma allungata ed ellissoidale.
meno evidenti di colore che, nel nostro caso, va dal
5. Argilla assai poco depurata. Colore M. 2.5 Y 6/4. Frat-
marrone molto scuro (M. 10 YR 7/2) al giallo tura a scaglie. Sensazione al tatto granulosa. Tenera. Con-
paglierino (M. 5 Y 8/8). sistenza porosa. La frazione inerte è costituita da: a) fram-
menti litici di medie e piccole dimensioni; b) chamotte a
granulometria fine o finissima.
6. Questo impasto è stato distinto dall’impasto n. 4, non
IMPASTI in base ai costituenti della frazione inerte, ma piuttosto
per la granulometria molto grande di questi ultimi e per
1. Argilla assai ben depurata caratterizzata dall’assenza la qualità piuttosto scarsa dell’argilla, poco depurata167.
di dimagranti al suo interno e da medi e piccoli vacuoli Colore M. 7.5 YR 7/8. Frattura irregolare. Sensazione al
di forma allungata. Il suo colore (M. 5 Y 8/8) sembre- tatto granulosa. Dura. Consistenza porosa. La frazione
rebbe indicare che si tratta di un’argilla calcarea163, cotta inerte è costituita da: a) chamotte a granulometria gran-
in ambiente ossidante, forse con presenza, tra i combu- de e media (in pochissimi casi fine); b) frammenti litici
stibili, di anidride solforosa. Frattura a scaglie. Sensazio- grandi e medi. Sono presenti molti vacuoli di forma al-
ne al tatto ruvida. Tenera. Consistenza vacuolata. La fra- lungata.
zione inerte è assente quasi del tutto presentando: a) un 7. Argilla assai poco depurata. Colore M. 7.5 YR 7/6.
tenore bassissimo di frammenti litici piccolissimi; b) un Frattura irregolare. Sensazione al tatto ruvida. Molto
tenore altrettanto basso di chamotte a granulometria dura. Consistenza vacuolata. La frazione inerte è costi-
finissima. tuita da: a) chamotte a granulometria fine; b) pochi fram-
2. Argilla ben depurata, sia pure in percentuale minore menti litici di piccole dimensioni168. Sono presenti vacuoli
rispetto all’impasto precedente. Colore M. 7.5 YR 7/6. di forma ellissoidale.

162 166
È molto probabile che tale proprietà servisse pure ad In uno dei campioni (US 159) sembra che l’impasto sia
agevolare il corretto scorrimento delle acque meteoriche costituito da argilla calcarea, cotta in atmosfera ossidante, forse
(Giuntoli 1997, p. 32). con anidride solforosa fra i combustibili. Infine in due campioni
163
Per questo procedimento si veda anche Cuomo di Caprio (US 107, 254) è presente un altissimo tenore di sabbia.
167
1985, p. 32. È possibile inoltre distinguere all’interno di questo im-
164
In assenza di analisi archeometriche, si è ritenuto op- pasto, una “sottocategoria”, derivante dal fatto che, oltre alle
portuno definiri litici i vari tipi di inclusi non precisamente succitate caratteristiche, l’impasto possiede – ma si tratta di
individuabili. una minoranza – medi e piccoli glomeruli di quarzo.
165 168
In uno dei campioni esaminati (US 509) sembra partico- In uno dei campioni (US 503) compare un altissimo
larmente elevata la componente sabbiosa. tenore di medi e piccoli glomeruli di quarzo.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 131


Le terrecotte architettoniche direttamente l’architrave, separato, da una sottilissi-
ma fascia cava173, dal filare superiore, costituito da
tegole (le cui lastre si intravedono fra un’antefissa ed
Nel corso delle operazioni di scavo è stato rinvenu- un’altra) e da dodici antefisse realizzate in modo
to un numero estremamente ridotto di manufatti schematico e stilizzato. All’estremità superiore di tale
riconducibili al sistema della decorazione architet- frammento si nota, infine, un singolare elemento
tonica, che vanno ad aggiungersi ad un altro fram- curvilineo a rilievo, di non semplice identificazione:
non è inverosimile che si tratti di parte di un motivo
mento di terracotta architettonica venuto alla luce decorativo, forse un girale, che avrebbe caratterizza-
nel corso degli scavi, condotti nella stessa area nel to la rimanente superficie dell’antefissa.
biennio 1987-1988, e identificabile, probabilmen- Imp1; largh 15,8; h 10,1; sp 1,8. Saggio II, US 336.
te, come un’antefissa a palmetta databile fra la fine Inv. 407944.
del VI e l’inizio del V sec. a.C.169 2. Lastra dal profilo più rettilineo di quella precedente
Si tratta, nel complesso, di quattro esemplari, e sprovvista, sul retro, dell’attacco del coppo; finita
caratterizzati da uno stato di conservazione assai sia sul lato di appoggio che su quello destro. Il moti-
vo raffiguratovi è identico al precedente, ma qui, ol-
frammentario che impedisce non solo una puntua- tre alle colonne, una delle quali caratterizzata da sei
le analisi stilistica, ma anche un preciso inquadra- scanalature (l’altra si conserva solo in piccolissima
mento cronologico170. La situazione è aggravata parte), compare anche la relativa base, che si presen-
anche dal fatto che dei quattro esemplari, due (cat. ta priva di modanature e di forma quadrangolare nel-
la colonna conservata per intero, arrotondata verso
1-4) provengono da uno strato colluviale relativo
l’alto in quella frammentaria. Al di sopra delle co-
all’interro dell’area santuariale, l’altro (cat. 2) da uno lonne corre l’architrave, e su di esso è visibile un’uni-
dei livelli di riempimento del canale est-ovest (US ca antefissa.
455), e l’ultimo (cat. 3) da uno strato di risistema- Imp1; largh 10; h 11,1; sp max 2,4; sp min. 1,8. Sag-
gio II, US 332. Inv. 407945.
zione del settore nord-orientale dell’area sacra,
riferibile alla seconda metà del I sec. a.C.171
Nonostante il pessimo stato di conservazione, è
possibile procedere ad un’ipotesi ricostruttiva,
— Antefissa con raffigurazione di un edificio (tav. III, nn. 1-2)
ancorché parziale, di quello che doveva essere l’esem-
1. Lastra a profilo curvilineo, che conserva, sul retro, plare integro. La parte inferiore dell’antefissa dove- FIG. 100

l’attacco del relativo coppo a sezione pressoché pen- va raffigurare non meno – e forse non più174 – di tre
tagonale172. Vi è raffigurata la parte superiore di due
colonne variamente scanalate e di diversa larghez-
colonne, caratterizzate rispettivamente da cinque e
otto scanalature, e prive di capitello. Al di sopra di za175, con intercolumnio variabile176. Inoltre, la pre-
esse, e senza alcun elemento di raccordo, si imposta senza dell’elemento curvilineo, interpretato come

169 173
Satriano, p. 44, tav. 9. Cfr. anche Greco 1991, p. 77. Il fatto che tale fascia non sia stata realizzata a rilievo po-
170
Sui problemi di inquadramento cronologico delle trebbe indicare che essa riproduce lo spazio vuoto compreso fra il
antefisse si rimanda in particolare a Danner 1996, pp. 10-11. tavolato ligneo, sul quale poggiava direttamente il materiale di
171
Una simile circostanza impedisce anche la loro attribu- coperta, e l’architrave stesso: uno spazio che sarebbe stato occupa-
zione ad uno in particolare delle strutture qui rinvenute, ope- to, almeno in parte, dalle testate dei puntoni, vale a dire delle travi
razione già di per sé assai complicata, vista l’estrema vicinanza oblique disposte a sostegno dello spiovente e qui non visibili.
174
delle strutture stesse. Accanto ai contesti di rinvenimento non Questa affermazione nasce dal fatto che nel frammento
va dimenticato, inoltre, che qualsiasi tentativo di datazione è in cui si conserva l’attacco del coppo (cat. 1), il vertice di que-
ulteriormente complicato dalla considerazione più generale che st’ultimo si trova esattamente all’altezza della colonna di sini-
in caso di ricostruzione o riparazione delle strutture, non vie- stra, mentre quasi in corrispondenza della colonna di destra, il
ne necessariamente sostituito tutto il loro sistema di decora- coppo comincia a chiudere verso il basso. È altamente proba-
zione architettonica, potendosi, invece, conservare gli esem- bile, pertanto, che la colonna di sinistra rappresenti quella cen-
plari ancora integri e funzionali; infine, non va neppure esclu- trale, e che a quella di destra – da considerarsi, forse, la più
sa la possibilità di un riutilizzo di matrici più antiche per la esterna – corrisponda un’altra colonna sul lato opposto.
175
realizzazione di nuove antefisse (Danner 1996, p. 11. Cfr. an- La colonna più piccola misura infatti 2,1 cm., quella più
che Ardea, p. 56). grande 2,7 cm.
172 176
Supra p. 128, tipo 2. Si passa, infatti, da un intercolumnio minimo di 3,3 cm.

132 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


realistico ma frutto di un chiaro processo di astrazio-
ne formale177. Non si tratta, naturalmente, dell’uni-
ca interpretazione a nostra disposizione, ma la pre-
senza di (almeno) tre colonne piuttosto ravvicinate,
e la singolare riproduzione delle antefisse inducono
ad escludere, in modo quasi definitivo, soluzioni al-
ternative178. E che si tratti di un’architettura assai
schematica, lo si deduce non solo dall’assenza piut-
tosto inconsueta dei capitelli, ma anche dall’architrave
stesso, estremamente semplificato rispetto a quello
delle ben più appariscenti architetture magno-gre-
che e ridotto ad una sola fascia179, e, infine, persino
dal materiale di coperta, quali tegole ed antefisse,
quest’ultime definite, in modo assai sommario, nei
soli tratti esteriori – i quali non sembrano, peraltro,
avere soluzione di continuità – e riprodotte come
FIG. 100. ANTEFISSA CON RAFFIGURAZIONE DI UN EDIFICIO. IPOTESI antefisse vagamente circolari.
RICOSTRUTTIVA Se, dunque, l’interpretazione della struttura come
portico coglie nel segno, è possibile avanzare anche
girale, induce a credere che la metà superiore un’ulteriore considerazione relativa alla genesi stessa
dell’antefissa dovesse essere occupata da una qual- di questa raffigurazione, che non sembra trovare al-
che sorta di motivo floreale, presente tanto sul lato cun confronto in ambito magno greco, sia in conte-
destro quanto su quello sinistro; ciò nonostante sti indigeni che greci180. Detto altrimenti, ci si chiede
nulla può essere detto circa la forma originaria e, di se il portico presente sull’antefissa non riproduca
conseguenza, lo sviluppo in altezza dell’antefissa. proprio un’architettura locale, ovvero una delle strut-
Quanto all’edificio raffigurato, è probabile che ci ture pertinenti al complesso sacro, assumendo, in
si trovi dinnanzi ad un portico, evidentemente non quest’ottica, il ruolo generalmente assolto dai model-

nel primo frammento, ad un intercolumnio massimo di 3,9 di edificio, recuperato a Fratte negli anni ’40, e che, in modo
cm. nel secondo. del tutto singolare, possiede l’apertura su uno dei lati lunghi:
177
Un processo simile interessa anche la realizzazione di quest’ultima è costituita da due colonne che inquadrano l’in-
diversi modellini fittili provenienti da Locri, Medma e gresso e che reggono un tetto a doppio spiovente, sul quale
Hipponion: cfr. Danner 1992, p. 44. sono evidenti i coppi e, alle estremità di questi, dei piccoli
178
Si sarebbe potuto pensare, ad esempio, alla fronte di un rigonfiamenti, che rimandano proprio alla presenza delle rela-
edificio, nel qual caso ci si sarebbe trovati necessariamente di tive antefisse (Fratte, p. 98, fig. 144; Sestieri 1952, p. 105 sg.).
fronte ad un esempio di spazio frontonale aperto, che si pro- Un modellino analogo – con ingresso sul lato lungo – ricorre,
tende verso il basso con una piccola tettoia, rivestita da tegole sempre in ambito campano, a Minturno (Staccioli 1968, p. 50
e decorata, non a caso, da antefisse. Una caratteristica, questa, sg., tavv. LII-LIII, 1).
179
tipica del mondo etrusco (cfr., al riguardo, il caso noto del Nel già citato modellino di Fratte l’architrave scompare
modello fittile di Nemi: Rizzo 1910, p. 286 sgg. Sullo stesso del tutto, così che il tetto viene a poggiare direttamente sui
argomento si rimanda anche a Staccioli 1968, p. 92 sgg.; R. A. capitelli delle due colonne (Fratte, p. 98, fig. 144).
180
Staccioli, Due note sui frontoni del tempio etrusco-italico, In effetti riproduzioni architettoniche non si ritrovano
«ArchCl» XX 1968, pp. 296-301; G. Colonna (a cura di), San- generalmente sulle antefisse, mentre compaiono, ad esempio,
tuari d’Etruria, Milano 1985, p. 62; 1986, pp. 493 e 502) ma su diversi pinakes tarantini con raffigurazione dei Dioscuri
attestata, sia pure in misura assai minore, anche in ambito italico (Breitenstein 1941, p. 44, tav. 47, figg. 391-398), su un noto
(Staccioli 1968, p. 57, tav. LVI, 2; Fratte, p. 98, fig. 145; Sestieri pinax locrese (Danner 1996, p. 77, tav. 17,6) e, in una fase
1963, p. 218 sgg.; più scettica, riguardo al modellino di Fratte, cronologicamente assai più tarda, sulle c.d. lastre Campana (R.
Laviosa 1954, p. 219) e siceliota (Orlandini 1962, p. 103 sgg., Perry, Die Campanareliefs in der Sammlung des Archäologischen
tavv. XXVII-XXVIII). Accanto al frontone aperto, un’altra Instituts der Universität Heidelberg, Heidelberg 1967, p. 48 sg.
possibilità sarebbe stata quella suggerita da un modellino fittile tav. 10, fig. 18).

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 133


cat. 1 cat. 2

lini templari, rinvenuti in gran copia tanto nei santuari etru- — Antefissa a gorgoneion (?) (tav. III, n. 3)
schi quanto in quelli magno-greci, che, in alcuni casi, riprodu- 3. Lastra a profilo pressoché rettilineo e sprov-
cono, sia pure in forma riassuntiva, architetture realmente vista sul retro dell’attacco del coppo, forse
presenti nell’area181. fissato alla metà inferiore dell’antefissa, la
Un’osservazione non irrilevante concerne, inoltre, il nu- cui parte superiore doveva perciò sporgere
liberamente. Vi è raffigurata la metà destra
mero e la qualità delle matrici utilizzate. Se, infatti, il moti- e parte della metà sinistra di un volto, fino
vo raffigurato sui due frammenti appare sostanzialmente iden- al labbro superiore – conservato in piccola
tico, la diversità del numero delle scanalature delle colonne, parte –, nonché parte della sua capigliatu-
come pure la variabilità degli intercolumni lasciano intende- ra. Quest’ultima incornicia la fronte piut-
tosto bassa della maschera, ed è costituita
re assai chiaramente, che dietro la realizzazione di tali antefisse da almeno tre file di piccole ciocche, di for-
ci fossero almeno due matrici differenti e probabilmente stan- ma e dimensioni variabili, che quasi sugge-
che, a giudicare dall’aspetto piuttosto consunto della decora- riscono un motivo ad onde e che, in linea
zione. generale, evidenziano una tendenza a dimi-
nuire di dimensioni man mano che si pro-
Non poche difficoltà solleva, infine, l’inquadramento cro- cede dal basso verso l’alto, secondo una di-
nologico di questo tipo di antefissa: in assenza di confronti sposizione organizzata in senso verticale,
puntuali, infatti, le uniche informazioni in tal senso si pos- piuttosto che orizzontale. La prima fila di
sono desumere soltanto dal contesto di rinvenimento di uno ciocche realizza, inoltre, un passaggio di
piano piuttosto netto e tagliente rispetto
dei due esemplari appena esaminati (cat. 2). Tale frammento
alla fronte: proprio in corrispondenza di
proviene dall’US 332, e – come già le tegole e i coppi appar- questo punto si registra il massimo spesso-
tenenti all’US 341 – va quasi sicuramente riferito al crollo re della capigliatura, che va poi progressi-
della copertura del portico settentrionale realizzato fra la vamente riducendosi verso l’alto. Gli oc-
chi, a mandorla e nient’affatto sporgenti,
metà del III e la prima metà del II sec. a.C.; non appare del
appaiono appena incisi, al contrario delle
tutto inverosimile ascrivere anche l’antefissa in questione al palpebre che risultano rilevate all’interno
medesimo ambito cronologico. di un’arcata sopraccigliare decisamente bas-

181
Si veda, ancora una volta, il frontone di Fratte (Sestieri 1952, p. 106 anche, Rizzo 1910, p. 289; Orlandini 1962, p. 103
sg.; Sestieri 1963, p. 219; Staccioli 1968, pp. 64-65, 76; Fratte, p. 98, fig. sgg. Sull’argomento più in generale si rimanda, in-
145) pertinente, probabilmente, ad un modellino fittile, e che riproduce, vece, a Staccioli 1968, p. 81 sgg. e Danner 1992, in
nel timpano, tre tipi di antefisse rinvenute effettivamente sul sito. Cfr. particolare pp. 44-45.

134 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


dente dalla sezione, si tratta di un rilievo assai basso, che
non lavora molto sui passaggi di piano – i più evidenti dei
quali rispettivamente fra la fronte e i capelli, come pure fra
il naso e le labbra –, e che, ad eccezione della capigliatura,
riduce non poco alcuni dettagli fisionomici, in particolar
modo le arcate sopraccigliari non troppo marcate e i bulbi
oculari, che appaiono appena accennati, sintomo, forse,
anche dell’utilizzo di una matrice stanca per la realizzazio-
ne di questa maschera182.
Ci troviamo, dunque, di fronte ad un esemplare molto
singolare, che non trova alcun confronto puntuale né in area
lucana, né in territori limitrofi, presentando, in tal modo,
notevoli difficoltà non solo per l’identificazione del perso-
naggio raffigurato, ma anche per un preciso inquadramento
cat. 3 cronologico.
Per quel che concerne il primo punto, le indicazioni prin-
sa, e che si origina direttamente dalla radice cipali sembra fornirle il singolare tipo di acconciatura: in-
del naso. Quest’ultimo, diversamente dagli fatti, gli unici due esemplari – uno da Serra di Vaglio183 e
occhi, risulta ben modellato, caratterizzan- l’altro dal santuario di Villalfonsina184 – in cui ricorre un’ac-
dosi per un setto pronunciato e chiaramen- conciatura per certi versi assimilabile a quella della nostra
te definito, e assumendo – contrariamente
agli altri tratti fisionomici – una plasticità antefissa, rappresentano dei gorgoneia. Di conseguenza, am-
quasi completa. Immediatamente al di sot- messo che tale confronto sia pertinente, si tratterebbe, an-
to del naso stesso e ad una distanza brevissi- che nel nostro caso, di una maschera gorgonica, quasi certa-
ma da esso, si imposta la bocca di cui si con- mente non di tipo orrido come quella di Serra di Vaglio185,
serva il solo labbro superiore lievemente
arcuato. ma già umanizzata, nell’apparente serenità del volto che, se
Ricomposto da quattro frammenti; imp2; per un verso ha perduto i tratti ferini caratteristici della
largh 9,5; h 13,2; sp max 3,5; sp min. 1,9. gorgone di tipo orrido (dall’assenza dei caratteristici riccio-
Saggio II, US 463. Inv. 407946. li a lumachella e della fronte triangolare, a quella del naso
Se la lacunosità dello stato di conserva- trilobato e delle guance rigonfie)186, per un altro, però, con-
zione impedisce – come già nel caso prece- cede ancora ben poco – se si eccettua la forma semiaperta
dente – di stabilire la forma originaria del- della bocca, peraltro solo ipotizzabile187 – ad espressioni di
la lastra, diverse, invece, sono le osserva- tipo patetico che tenderanno ad affermarsi più propriamente
zioni che si possono avanzare in merito a nel corso del IV sec. a.C.188.
questo manufatto sotto l’aspetto stilistico. Si potrebbe pensare, pertanto, ad una maschera gorgonica
Una prima considerazione merita la di tipo “calmo”, per quanto ancora in corso di sperimen-
natura stessa del rilievo: come risulta evi- tazione, e quindi assimilabile solo in parte agli esemplari

182 185
Non è impossibile, comunque, che la particolare Cfr., su questo tipo di gorgoneion, Laviosa 1954, p. 230 sg. e Rainini
consunzione del volto vada imputata anche ad una sua 1991, p. 115 sg.
186
esposizione particolarmente lunga agli agenti atmosferici. Sulla classificazione e funzione dei vari tipi di gorgoneia si riman-
183
Popoli anellenici in Basilicata, p. 76, tav. XXII, da, in particolare, a J. Floren, Studien zur Typologie des Gorgoneion,
n. inv. 54598 (prima metà del V sec. a.C.). Münster 1977 e Kästner 1982.
184 187
A. Faustoferri, Il santuario italico di Villalfon- È quanto sembrerebbe desumersi dal fatto che il labbro superiore,
sina: le terrecotte architettoniche, in I luoghi degli dei, l’unico conservato, si presenti – come visto – leggermente arcuato.
188
p. 73. Laviosa 1954, pp. 236-237.

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 135


sicuramente appartenenti a questo tipo rinvenuti a — Frammento di antefissa (?) (tav. III, n. 4)
Taranto189 e nel territorio di Lavello190, e databili fra
4. Frammento parzialmente finito su di un lato e costi-
la fine del V e la prima metà del IV sec. a.C. Insom- tuito da una sorta di piccole scanalature, di spessore
ma, una testa di impianto classico, che riproduce, a costante e di larghezza variabile, che si ripetono, in
seguito di una rielaborazione verosimilmente loca- modo parallelo, una accanto l’altra.
Imp3; largh 7,8; h 4,6. Saggio II, US 336. Inv. 407947.
le, tratti fisionomici di matrice classica, caratteriz-
zati da una certa purezza di linee e da un’evidente Sfortunatamente lo stato di conservazione asso-
essenzialità stilistica, e i cui volumi sono resi in lutamente parziale non consente di avanzare alcu-
modo abbastanza “naturalistico”. Elementi questi na ipotesi sicura sulla natura e la funzione di questo
che sono, tuttavia, “costretti” a convivere con altri, manufatto: la sua attribuzione ad un’antefissa rap-
come l’acconciatura, le basse arcate sopraccigliari e presenta la soluzione più semplice, benché non si
gli zigomi alti e che creano un passaggio di piano comprenda il tipo di antefissa cui esso sarebbe ap-
non ancora armonioso rispetto alla concavità degli partenuto. La possibilità che tale frammento rap-
occhi, che sembrano invece conservare ancora un presenti parte di una corona sormontante il capo195,
qualcosa della tradizione arcaica191, rivelando, nel se non addirittura parte di un nimbo non pare per-
contempo, “una certa immaturità, da parte delle tanto superare lo stadio della semplice ipotesi.
maestranze indigene, nella strutturazione organica
dei volumi”192.
Non è allora impossibile affermare che, come IMPASTI
per alcune antefisse daune, anche a Torre di Satriano
1. Argilla mediamente depurata. Colore M. 7.5 YR 7/6.
ci troveremmo dinnanzi al caso “di un artigianato Frattura irregolare. Sensazione al tatto ruvida. Molto
indigeno in grado di realizzare creazioni autonome dura. Consistenza compatta. La frazione inerte è costi-
sulla base di un modello importato”193, esemplari tuita da: a) un tenore molto basso di chamotte a granulo-
che – come già detto – se da un lato sono sicura- metria finissima; b) frammenti litici piccoli e piccolissi-
mi. Sono presenti, inoltre, vacuoli piccoli e piccolissimi
mente più recenti dei gorgoneia tardo-arcaici, per
di forma allungata.
un altro non sembrano assimilabili neppure a ma- 2. Argilla più depurata della precedente. Colore M. 7.5
nufatti di età ellenistica194. Di conseguenza, si po- YR 7/6. Frattura netta. Sensazione al tatto liscia. Dura.
trebbe suggerire il V sec. a.C. e – sia pure in via del Consistenza compatta. La frazione inerte è costituita da:
a) frammenti litici piccoli e piccolissimi. Assente, o qua-
tutto ipotetica – la seconda metà di questo secolo,
si, la chamotte. Sono presenti, inoltre, vacuoli piccoli e
come momento cui ascrivere la realizzazione della piccolissimi di forma allungata.
nostra antefissa. 3. Argilla assai poco depurata. Colore M. 7.5 YR 5/6.

189
Laviosa 1954, pp. 235-236, dove si ricorda come questo tipo l’argomento si veda anche Greco G. 1977, pp. 144-146, nonché
sia stato elaborato intorno alla metà del V sec. a.C. per poi conti- Kästner 1982, pp. 129-130 e 138, dove si sottolinea l’esistenza a
nuare a diffondersi nel secolo successivo; Rainini 1991, p. 116 sg. Serra di Vaglio, già in età arcaica, di una rielaborazione locale
190
Rainini 1991, p. 116 sg. e 126 sgg., tav. II, figg. 17-18. di modelli tarantini.
192
Cfr., a tal proposito, anche Greco G. 1977, p. 136 sg. e Armen- Rainini 1991, p. 127.
193
to, p. 102, fig. 103. M. Mazzei, Appunti preliminari sulle antefisse fittili ‘etrusco-
191
La ripresa di un modello arcaico è un fenomeno ampia- campane’ nella Daunia preromana, «Taras» I 1 1981, p. 24. Sullo
mente attestato in alcune aree dell’entroterra lucano (G. Gre- stesso argomento si rimanda anche a Rainini 1991, pp. 124-126.
194
co, M.J. Strazzulla, Le terrecotte architettoniche di Elea-Velia, in Oltre ai già menzionati casi di gorgoni di tipo calmo, si
G. Greco, F. Krinzinger (a cura di), Velia. Studi e ricerche, Mo- vedano anche alcune antefisse con protome femminile prove-
dena 1994, p. 130) e potrebbe trattarsi, secondo Rainini, di «un nienti da Metaponto: cfr. A. L. Tempesta, Antefisse fittili da
fenomeno di conservatorismo» da parte delle maestranze indi- Metaponto, «BBasil» XI 1995, in particolare pp. 43-51.
195
gene che si rivelano ben disposte a «proporre semplici varia- Cfr., ad esempio, L. Giardino, Grumentum: la ricerca
zioni sul tema, sfruttando noti e consolidati cliché, in un inedi- archeologica in un centro antico, Galatina 1981, p. 41, tav.
to connubio fra antico e moderno» (Rainini 1991, p. 128). Sul- XXVII, 2; Bottini P. 1997, p. 178, n. 14.

136 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


Frattura a scaglie. Sensazione al tatto granulosa. Tenera. un tenore piuttosto basso di chamotte a granulometria
Consistenza vacuolata. La frazione inerte è costituita da: fine. Sono presenti, inoltre, vacuoli piccoli di forma al-
a) un tenore altissimo di inclusi litici grandi e medi; b) lungata.
V. C.

PRODOTTI LATERIZI - Distribuzione quantitativa delle forme all’interno delle unità stratigrafiche

FORMA TIPO n. frammenti DISTRIBUZIONE


tegole tipo 1 264 Saggio I, US 1, 5, 9, 11, 19, 22, 41,47,59, 63, 66, 71, 80, 107, 113,
117, 119, 142, 146, 158, 190, 211, 217, 254, 257; Saggio II, US 0, 2,
3, 492, 261, 266, 267, 332, 341, 331, 323,491, 501, 502, 503, 506,
509, 512, 521
tegole tipo 2 43 Saggio I, US 1, 2, 9, 47, 6, 119, 146, 158, 159, 256, 257, 261, 266;
Saggio II, US 1, 68, 81, 83, 99, 202, 211, 217, 331, 491, 501, 502
tegole non diagnostici 1191 Saggio I, US 1, 2, 5, 9, 10, 11, 19, 22, 47, 60, 61, 63, 66, 68, 71, 73,
77, 80, 81, 83, 86, 94, 95,96, 97, 99, 107, 113, 117, 119, 142, 146,
158, 159, 182, 186, 187, 190, 196, 202, 205, 217, 236, 239, 251,
254, 255, 257, 258, 261, 264, 266, 268; Saggio II, US 304, 306,
308, 320, 321,324, 328, 321, 323, 331, 342, 352, 356, 490, 491, 492,
493, 496, 497, 499, 501, 502, 503, 506, 507, 508, 509, 512, 515, 521
coppi tipo 1 721 Saggio I, US 1, 2, 10, 15, 19, 41, 47, 60, 62, 63, 66, 71, 73, 77, 94,
97, 107, 117, 119, 146, 158, 159, 182, 186, 187, 188, 251, 252, 253,
254, 255, 256, 257, 258, 261, 266, 267, 268; Saggio II, US 0, 1, 3,
22, 43, 68, 80, 81, 83, 86, 113, 132, 142, 199, 202, 211, 217, 236,
239, 304, 320, 321, 324, 328, 332, 341, 352; 321, 323, 331, 354,
490, 491, 492, 497, 499, 501, 502, 503, 506, 507, 508, 515, 521
coppi tipo 2 12 saggioI, US 1, 2, 9, 59, 96; Saggio II, US 1, 96, 113, 490, 515
kalypteres tipo 1 6 Saggio I, US 146; Saggio II, US 217, 219, 501
hegemones
TOTALE 2237

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 137


TAV. I. PRODOTTI LATERIZI
1:4

1 2 3

4 5 6

7 8 9

10 11

12 13

138 IL SANTUARIO LUCANO DI TORRE DI SATRIANO


TAV. II. PRODOTTI LATERIZI
1:4

16
15
14

17

19
18

20 21

22

L’ARCHITETTURA DEL SANTUARIO 139


TAV. III. TERRACOTTE ARCHITETTONICHE

140
III. LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO

1. La coroplastica

Il santuario di Torre di Satriano* ha restituito una te queste analisi vanno ben al di là della ricostru-
cospicua messe di terrecotte figurate, caratterizzate zione delle reti di scambi tra siti diversi. Bisogna
da grande varietà tipologica e iconografica. Nello considerare, infatti, che l’importazione di un de-
studio di questi manufatti si è proceduto innanzi- terminato fittile (o di una matrice, allo scopo di
tutto alla classificazione tipologica degli esemplari, fabbricarne innumerevoli esemplari) comporta an-
finalizzata alla redazione di un catalogo il più pos- che l’acquisizione (e quindi la scelta) di un’icono-
sibile agevole e comprensibile. In questa fase del grafia ben precisa, sulla base del valore simbolico
lavoro, particolarmente ardua si è rivelata la rico- intrinseco di ciascun fittile votivo1.
struzione dei prototipi cui risalgono gli esemplari, Per quanto riguarda la datazione dei pezzi, si è
dato il pessimo stato di conservazione della mag- in genere indicato l’arco cronologico entro il quale
gior parte di essi. L’inquadramento tipologico ha un determinato prototipo nasce e si sviluppa dan-
permesso di individuare, in numerosi casi, i centri do luogo a molteplici varianti. Solo nei casi in cui
di produzione e diffusione di determinati prototi- le terrecotte provengono da un contesto chiuso e
pi, consentendo di avanzare ipotesi su contatti e databile con precisione, si è fornita la datazione del
scambi tecnologici con siti dell’area tirrenica e manufatto grazie all’esame degli altri materiali pro-
ionica, oltre che della Lucania interna. Naturalmen- venienti dallo stesso strato2.

*
Desidero ringraziare il Professor M. Osanna, che mi ha ni in un nuovo sito implichi, nel caso di terrecotte votive, che
affidato lo studio delle terrecotte figurate del santuario e ha la sua iconografia sia stata considerata adatta a qualche livello
seguito con attenzione le varie fasi del lavoro di ricerca; il So- per le pratiche di culto in quel luogo».
2
printendente archeologo della Basilicata Dott.ssa M. L. Nava, È d’uopo sottolineare che gli oggetti fabbricati a matrice
per la liberalità con cui mi ha concesso di prendere in esame il presentano due cronologie: il periodo in cui il prototipo viene
materiale. Un vivo ringraziamento va inoltre alla Professores- ideato ed elaborato e il periodo in cui viene fabbricata la
sa A. M. Comella dell’Università degli Studi di Cagliari, al statuetta ad esso riconducibile. Questo principio, generalmen-
Professor D. Graepler dell’Università di Gottingen e al te trascurato nelle pubblicazioni esistenti, è stato per la prima
Professor E. Lippolis dell’Università di Roma “La Sapienza”, volta sottolineato dal D. B. Thompson nel suo studio sulle
per la disponibilità dimostratami con preziosi consigli e sugge- terrecotte ellenistiche di Troia (Thompson 1963, p. 20). Sulla
rimenti. Un pensiero riconoscente va infine al Dott. F. difficoltà di inquadrare cronologicamente gli oggetti apparte-
Colivicchi, cui devo lunghe discussioni che tanto hanno age- nenti alla classe delle terrecotte fgurate, anche a causa del con-
volato e migliorato il mio lavoro. servatorismo che caratterizza questa produzione in serie, cfr.
1
Cfr. Miller Ammermann 1989-1990, p. 356: «Si può so- la premessa metodologica in J. P. Uhlenbrock, La coroplastica
stenere che l’adozione di una mold series da parte degli artigia- nella Sicilia orientale e meridionale nell’età dei due Dionisi: pro-

LA COROPLASTICA 141
Ampio spazio è stato riservato all’analisi un’analisi delle argille, finalizzata alla individua-
iconografica dei pezzi, per fornire un contributo zione dei centri di produzione dei fittili6. Natural-
alla ricostruzione delle pratiche rituali svolte nel mente, poiché si tratta di una produzione essen-
santuario e per poter meglio delineare la fisiono- zialmente eseguita a stampo, l’individuazione del-
mia della divinità che ad esso presiedeva. Natural- l’origine dei pezzi necessita di un discorso ben più
mente, si è ben lungi dal ritenere che attraverso l’ana- articolato: le statuette potevano essere importate da
lisi iconografica dei fittili dedicati in un’area sacra altri centri, o potevano essere prodotte localmente;
si possa giungere a identificarne la divinità cui gli utilizzando statuette importate si potevano fabbri-
ex voto erano dedicati3. Va inoltre precisato che – care matrici per dare inizio ad una nuova produzio-
nel campo della coroplastica – generalmente non è ne in loco; oppure potevano essere importate diret-
il tipo di terracotta più frequentemente attestato a tamente le matrici, e successivamente, sui prodotti
fornire la chiave interpretativa di un contesto finiti fabbricati, potevano realizzarsi ancora altre
cultuale: spesso accade che proprio le iconografie matrici.
numericamente non dominanti siano funzionali, Le terrecotte prese in esame comprendono i
per le loro specifiche caratteristiche, all’identifica- manufatti rinvenuti in occasione delle campagne
zione della divinità cui i fittili sono legati. di scavo condotte dall’Università degli Studi della
Non minore attenzione è stata prestata all’ana- Basilicata tra gli anni 2000 e 20037.
lisi dei contesti archeologici di provenienza delle Esse comprendono: statuette, ovvero rappresen-
terrecotte, che sola può chiarire il valore religioso e tazioni tridimensionali di figure antropomorfe;
simbolico che questi fittili hanno rivestito nell’am- protomi, ovvero rappresentazioni del volto umano,
bito delle pratiche rituali svolte nel santuario. Ben a retro cavo, prive della valva posteriore; busti, ov-
poco significato avrebbero, infatti, se scissi dal loro vero raffigurazioni della testa e delle spalle di una
contesto di provenienza e non letti alla luce dell’in- figura corredate di retro (per cui stanno in piedi
tero complesso4. senza supporto); rilievi figurati, ovvero placche di
Ulteriori dati si potrebbero acquisire solo gra- terracotta con raffigurazioni a rilievo, che prendo-
zie allo studio eseguito sulle argille, le cui analisi, no il nome di “pinakes” od “oscilla”, i primi di for-
tuttora in corso5, non sono state ultimate al mo- ma quadrangolare, i secondi si forma tondeggiante
mento della definitiva stesura del presente lavoro. (sia pinakes che oscilla recano di norma i fori di so-
Lo studio delle terrecotte votive, infatti, non può spensione; nel caso in cui le placche di forma tondeg-
dirsi completo ed esauriente se non corredato da giante non rechino i fori di sospensione, parliamo

blemi di stile e cronologia archeologica, in La Sicilia dei due Dionisi cui l’analisi dei singoli oggetti è prevalsa in maniera significati-
(Atti della settimana di studio, Agrigento, 24-28 febbraio 1999), va rispetto allo studio delle associazioni e delle condizioni di
Roma 2002, p. 321 sg. ritrovamento, applicando forme di ricerca rispondenti ancora
3
Cfr. Comella 1981, p. 759 sg.: «Individuare la divinità vene- alle esigenze emerse nella lunga storia del collezionismo euro-
rata in un santuario, esclusivamente sulla base degli ex voto in esso peo» (Lippolis 2001, p. 225).
5
rinvenuti, è molto difficile. Alcuni complessi votivi collegabili Per i risultati preliminari ved. Appendice IV, pp. 477-490.
6
con certezza ad una divinità, attestata epigraficamente, dimostra- Sull’esigenza di integrare lo studio iconografico delle ter-
no infatti che spesso il culto assume molteplici sfumature, non recotte votive con un’analisi delle argille e degli scambi tecno-
sempre tutte esclusive di quella particolare divinità. Queste sfu- logici tra siti diversi, ved. Miller Ammermann 1989-1990, p.
mature, che si riflettono nella tipologia delle offerte, si possono 355 sg.
7
cogliere, in modo particolare, in alcune categorie di ex voto». Un considerevole gruppo di terrecotte votive è stato por-
4
Sulla necessità di non scindere l’analisi delle iconografie tato alla luce durante le campagne di scavo del biennio 1987-
delle terrecotte dallo studio dei contesti archeologici di prove- 1988 dirette dal Prof. E. Greco dell’Università degli Studi di
nienza ved. Lippolis 2001, p. 225 sg. L’Autore si sofferma in Napoli “L’Orientale” ed è tuttora oggetto di studio. Parte di
particolare sui limiti che comporta un tipo di studi basato esclu- questo materiale è stato edito in una relazione preliminare su-
sivamente sull’esame descrittivo dei pezzi: «Il problema dipen- gli scavi al santuario pubblicata in occasione di una mostra:
de … dalla tradizione di studi antiquaria o storico artistica, in Satriano, pp. 49-52, tavv. 12-14.

142 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


genericamente di dischi fittili); figurine di animali; a basso costo. È probabile, quindi, che, dopo avere
un solo esemplare frammentario di bambola. importato prodotti finiti da Poseidonia, a Torre di
La qualità dei pezzi è spesso scadente e le matri- Satriano siano state fabbricate matrici sugli esem-
ci sono quasi sempre stanche. Non mancano, tut- plari pestani e sia iniziata, di conseguenza, una pro-
tavia, esemplari isolati che si distinguono per argil- duzione locale.
la, tecnica di fabbricazione e cura prestata alla resa
dei particolari (acconciatura, particolari del volto, — Dati tecnici
drappeggio delle vesti). Tecnica di fabbricazione. La quasi totalità delle ter-
Per quanto riguarda l’arco cronologico entro cui recotte rinvenute nel santuario di Torre di Satriano
si possono inquadrare i prototipi da cui derivano le è eseguita a matrice9. Nella maggior parte dei casi, i
terrecotte, esso va dalla fine del V sec. a.C. al II sec. fittili presentano solo la parte anteriore, ricavata da
a.C. Inoltre, sebbene parte di questo materiale pro- un’unica matrice in cui l’argilla è pressata a strati;
venga da strati superficiali o sia stato rinvenuto come talvolta presentano la parte posteriore modellata a
residuale in strati relativi alle più recenti fasi di vita mano lisciando una placchetta di argilla, senza al-
del santuario, una considerevole quantità di pezzi cuna caratterizzazione. In rarissimi casi, sono rica-
proviene invece da contesti chiusi: come si è detto, vati mediante l’impiego di due matrici, una per la
solo in questi casi è stato possibile stabilire anche parte anteriore ed un per quella posteriore, con trac-
una datazione del singolo esemplare (oltre che del ce visibili di ritocco a stecca (che consiste in una
prototipo cui risale la terracotta)8. semplice lisciatura a spatola) lungo la linea di sutu-
I modelli iconografici dei prototipi che sono alla ra delle due valve. Quest’ultimo è il caso delle
base dei tipi coroplastici attestati nel santuario sono “tanagrine”, che sono eseguite a matrice mediante
prevalentemente pestani, testimoniando così il le- l’uso di due stampi elementari principali per la te-
game di Torre di Satriano con l’esperienza artigia- sta e per la parte anteriore del corpo, mentre la par-
nale della colonia greca. Tale circostanza, più che te posteriore viene resa modellando a mano libera
rimandare ad una assunzione diretta di queste ter- una placchetta di argilla10.
recotte da quella città, sembra testimoniare come il La fattura delle terrecotte è nel complesso sca-
referente culturale principale del centro lucano fos- dente; la maggior parte dei manufatti è stata fab-
se proprio l’esperienza artigianale di Poseidonia (del bricata con matrici stanche11, né si riscontrano tracce
resto ormai saldamente nelle mani degli stessi di ritocco allo scopo di ravvivare i dettagli. Non
Lucani). Tale mutuazione di iconografie e stilemi mancano casi di impiego di matrici difettose.
documenta una assimilazione di manifestazioni di Argilla. Ad un semplice esame autoptico, è stato
culto che si avvalgono degli stessi schemi icono- possibile riconoscere i seguenti impasti di argilla12:
grafici di divinità od offerenti riprodotti in ex voto 1. Frattura netta; polveroso; duro; inclusi picco-

8
Cfr. quanto sottolineato alla nota n. 2. ta all’utilizzo di matrici sporche, più che usurate. Ved. da ulti-
9
Per un’illustrazione sintetica della tecnica di fabbricazio- mo V. Barberis, Rappresentazioni di divinità e di devoti dal-
ne delle matrici, ved. da ultimo F. W. Hamdorf, Zur Technik l’area sacra urbana di Metaponto. La coroplastica votiva dalla
der Koroplastik. Einige Beobachtungen an Münchner Terrakotten, fine del VII all’inizio del V sec. a.C., Città di Castello 2004, p.
in Müller 1997, pp. 29-38, con bibl. precedente. 40, nota 35, con bibl.
10 12
Sulla tecnica di fabbricazione di questa particolare pro- Le argille impiegate nella fabbricazione dei fittili esami-
duzione coroplastica ved. da ultimo A. Müller, La technique nati sono state suddivise secondo i seguenti parametri:
des coroplathes de Tanagra. De l’artisanat local à une industrie - frattura: netta, abbastanza netta, irregolare;
«mondialisée», in Tanagra, pp. 169-185, con bibl. precedente. - durezza: duro, abbastanza duro;
11
Per quanto in letteratura si continui ad utilizzare la dici- - inclusi: bianco brillante (mica); bianco opaco (calcite); bruni
tura “matrice stanca”, alcuni studiosi hanno sottolineato come (chamotte); neri (chamotte);
la mancanza di freschezza dei dettagli sia probabilmente dovu- - gradi di grandezza degli inclusi: piccoli, medi, grandi.

LA COROPLASTICA 143
li e radi bianchi, medi e radi vacuoli allungati (argil- durata di decantazione dell’argilla e della cottura
la semidepurata); colore arancio intenso. determinano una serie innumerevole di sfumature
2. Frattura poco netta; polveroso; abbastanza di colore, anche all’interno dello stesso esemplare.
duro; inclusi radi e di medie dimensioni gialli, radi In generale si può notare che l’argilla semide-
rossi (argilla semidepurata); colore beige chiaro. purata si presenta molto più compatta e dura ri-
3. Frattura abbastanza netta; ruvida; duro; in- spetto a quella più chiara e depurata, friabile e
clusi numerosi bianchi lucenti (mica), radi neri, saponosa al tatto, caratterizzata da superfici lisce e
bruni e bianchi (argilla grezza); colore rosso bruno pareti sottili.
con nucleo grigio. Colore. Alcuni esemplari recano tracce di latte
4. Frattura abbastanza netta; ruvida; duro; in- di calce, materiale usato come ingubbiatura che ri-
clusi numerosi piccoli bianchi opachi, radi medi copriva la superficie delle terrecotte, sulla quale si
bruni, neri e bianchi opachi, radi piccoli bianchi dipingeva. Completamente scomparse le tracce di
lucenti (mica) (argilla grezza); colore arancio bruno policromia (in rarissimi casi si conservano tracce di
con nucleo grigio. colore rosso), ma – grazie all’osservazione della pro-
5. Frattura netta; polveroso; duro; inclusi radi, duzione coroplastica di altri contesti con cui è pos-
medi vacuoli allungati, radi piccoli bruni (argilla sibile stabilire dei confronti – sappiamo che la rosa
semidepurata); colore beige. dei colori documentata per la coroplastica
6. Frattura poco netta; polveroso; friabile; in- inquadrabile tra IV e I sec. a.C. era molto varia:
clusi radi bianchi lucenti (mica) (argilla semidepu- oltre al rosso, il blu, il bianco sovradipinto, il gial-
rata); colore beige chiarissimo. lo, l’azzurro13. Probabilmente l’utilizzo del colore
7. Frattura netta; polveroso; duro; inclusi radi serviva anche a rimediare all’utilizzo di matrici stan-
piccoli bianchi brillanti, radi e piccoli vacuoli ro- che, consentendo una maggiore caratterizzazione
tondi (argilla semidepurata); colore beige con nu- di particolari ormai scomparsi dalla matrice.
cleo grigio.
8. Frattura abbastanza netta; polveroso; abbastan- — Criteri di classificazione14
za duro; inclusi radi bianchi opachi, radi bruni opa- La classificazione delle terrecotte figurate prese in
chi (argilla semidepurata); colore arancio rosato. esame in questa sede si basa sulla individuazione
Naturalmente, le variazioni di temperatura, di dei prototipi15. La ricostruzione dei prototipi è sta-

13
Cfr. Scatozza Höricht 1987, p. 21. tipo metodologico, soffermandosi in particolare sulla mancanza
14
La classificazione delle terrecotte figurate non conosce di un vocabolario tecnico univoco in letteratura.
15
norme redazionali univoche: manca, ad oggi, omogeneità ed La classificazione delle terrecotte figurate si basa su due
uniformità nei criteri di classificazione adottati in questo cam- livelli convenzionali, definiti con i termini di «classe» e «grup-
po di studi, nonché un unico linguaggio formale e iconografico po». La «classe» distingue le terrecotte figurate dalle terrecot-
(per una revisione della letteratura archeologica inerente gli te architettoniche, sulla base della diversa funzione delle stes-
studi sulla coroplastica antica dai primi lavori a carattere se. Le «classi» accorpano dei «gruppi»: si intende per «grup-
meramente filologico e antiquario ai recenti studi basati sulla po» un insieme di «tipi»; con «tipi» si designano gli esemplari
classificazione tipologica, ved. J.P. Uhlenbrock, The Study of discendenti dallo stesso «prototipo». Il «prototipo» consiste
Ancient Greek Terracottas: A Historography of the Discipline, nel bozzetto plasmato a mano dal coroplasta, sul quale ven-
«BHarMus» I, 3, Spring 1993, pp. 7-27). Solo negli ultimi de- gono fabbricate a stampo le matrici per la produzione delle
cenni la letteratura archeologica ha prodotto una serie di lavo- terrecotte. Di conseguenza, si può affermare che esso costi-
ri, che costituiscono un tentativo di definizione dei criteri di tuisce «la parte portante del sistema di creazione e di produ-
classificazione del materiale coroplastico, allo scopo di fissare zione ed è al centro della classificazione stessa» (M. Bonghi
tipologie e vocabolario. Ved. in generale sull’argomento R.V. Iovino, Artigiani e botteghe nell’Italia preromana, Roma 1990,
Nicholls, Type, Group and Series: A Reconsideration of some cit. p. 32). Così, a proposito del “prototipo”, in Della Torre-
Coroplastic Fundamentals, «BSA» XLVII 1952, pp. 217-226; A. Ciaghi 1980, p. XIII: «l’entità primaria che possa esistere in
Bencze, Terres cuites votives de Tarente: Proposition de méthode, forma indipendente nel complesso di questo materiale, cioè
in «Bulletin du Musée Hongrois des Beaux-Arts» XCIV 2001, l’entità archeologica elementare». La parola «tipo» sembra
pp. 41-64, in cui l’Autore affronta numerose problematiche di ancora suscettibile di uso improprio, in quanto l’antica paro-

144 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


ta eseguita mediante il confronto con esemplari editi stinti (laddove il numero degli esemplari e la varie-
in miglior stato di conservazione, provenienti da tà tipologica l’hanno consentito) dei gruppi
città greche o centri greci e indigeni dell’Italia me- tipologici, ovvero gruppi di esemplari appartenen-
ridionale e della Sicilia. ti a tipi che, pur differenti, presentano almeno una
Sono state classificate solo le terrecotte attri- caratteristica associativa comune. Il gruppo
buibili con certezza ad un dato prototipo, mentre tipologico è stato contrassegnato con un numero
sono stati solo conteggiati i pezzi che, pur essendo arabo affiancato alla lettera maiuscola della catego-
riconducibili ad una categoria, non è stato possibi- ria di appartenenza del pezzo (o al numero arabo
le attribuire ad un tipo. che contrassegna il sottogruppo della categoria A).
Il materiale è stato innanzitutto suddiviso in tre All’interno di ciascun gruppo tipologico sono
categorie, contrassegnate da una lettera maiuscola stati distinti, su base iconografica, i diversi tipi, in-
dell’alfabeto; la prima categoria di fittili – piccole dicati con un numero romano. La descrizione di
terrecotte figurate – presenta un’ulteriore suddivi- ciascun tipo è stata effettuata prendendo in consi-
sione (contrassegnata da un numero arabo) basata derazione esemplari che, per stato di conservazio-
su parametri puramente iconografici. ne ed integrità, risultano leggibili.
Le eventuali varianti16 riconducibili al medesi-
A PICCOLE TERRECOTTE FIGURATE mo tipo sono state segnalate con lettere maiuscole
A.1 STATUETTE FEMMINILI ASSISE dell’alfabeto, poste di seguito al numero romano
A.2 STATUETTE FEMMINILI STANTI del tipo.
A.3 EROTI Nel caso in cui siano state identificate diverse
A.4 ANIMALI generazioni di matrici17, la successione delle gene-
B PROTOMI E BUSTI razioni è indicata con una lettera minuscola affian-
B.1 PROTOMI cata al numero romano indicante il tipo o alla lette-
B.2 BUSTI ra maiuscola che ne indica eventuali varianti.
C RILIEVI FIGURATI Un numero arabo in pedice al numero romano
del tipo costituisce il numero progressivo degli
All’interno di ciascuna categoria sono stati di- esemplari ricondicibili a ciascun tipo individuato.

la τυ´πος, che ha il significato tecnico di “matrice”, può esse- dell’argilla. Infatti, l’esemplare fittile è sottoposto prima ad
re adoperata anche per indicare il modello sul quale era stata essiccamento, durante il quale avviene il ritiro in crudo, ovve-
fabbricata la matrice. In quest’ultimo caso si possono consi- ro l’eliminazione dell’acqua contenuta nell’argilla mediante eva-
derare appartenenti allo stesso «tipo» tutti gli esemplari da porazione; successivamente, in fase di cottura, si verifica il riti-
esso derivati, comprese le matrici, altrimenti indicati col ter- ro in cotto dovuto alla combustione delle sostanze organiche
mine di «serie» (cfr. G. Rizza, Il Santuario sull’acropoli di dell’argilla. Il coefficiente medio di restringimento dell’argilla
Gortina I, Roma 1968, p. 155; Gatti Lo Guzzo 1978). La «se- per ogni cottura è stato calcolata del 9,4% in rapporto alla sua
rie» corrisponde dunque all’insieme degli esemplari (matrici, altezza (cfr. E. Jastrow, Abformung und Typenwadel in der
repliche) «qui dérivent mécaniquement du même prototipe et antiken Tonplastik, «OA» II 1941, p. 1 sg.), anche se va sottoli-
cosituent ainsi les differentes occurrences matérielles d’un neato che la contrazione del volume può dipendere, nel ritiro
type» (A. Müller, Description et analyse des productions moulées. in crudo, dalla finezza dell’impasto e dalla presenza di
Proposition de lexique multilingue, suggestions de méthode, in digrassante, mentre nel ritiro in cotto varia a seconda della tem-
Müller 1997, p. 541). peratura (cfr. Cuomo di Caprio 1985). Alla luce di questi dati
16
La “varianti” sono delle aggiunte apportate al pezzo pri- inerenti la tecnica di fabbricazione delle statuette in terracot-
ma della cottura (una base; un polos; orecchini, etc.), che costi- ta, si deduce che, poiché nuove matrici potevano essere fabbri-
tuiscono una deroga dagli elementi che consentono la defini- cate su repliche e varianti, esse rappresentano, rispetto a quelle
zione di un tipo. realizzate direttamente sul “bozzetto”, matrici di II generazio-
17
L’attribuzione delle terrecotte a differenti generazioni di ne, e le repliche fabbricate da queste matrici sono cosiddette di
matrici dipende da fattori di carattere tecnico. Le dimensioni seconda derivazione (e così via). L’attribuzione di una terra-
dell’esemplare realizzato mediante matrice risultano inferiori cotta ad una determinata generazione di matrice viene effet-
all’originale (ovvero al bozzetto o archetipo su cui era stata tuata mediante misurazioni standard (ad esempio distanza fron-
fabbricata la matrice), a causa della contrazione del volume te-mento, distanza fra gli angoli esterni degli occhi etc.) su

LA COROPLASTICA 145

10
In base a questa classificazione, ogni esemplare classificabili gli esemplari troppo frammentari ed
sarà contraddistinto da una sigla, che risulterà infor- abrasi o i frammenti che corrispondevano ad una
mativa degli elementi fondamentali per l’identifica- parte della terracotta non indicativa del tipo. I fram-
zione di ciascun reperto: categoria; gruppo tipologico menti che, pur non attribuibili a tipi precisi, pos-
di appartenenza; tipo o modello di base sul quale era sono comunque essere riferiti a gruppi tipologici o
stata fabbricata la matrice del pezzo; eventuali va- anche categorie di appartenenza, sono stati conteg-
rianti di uno stesso tipo; eventuali generazioni di giati e i dati ad essi relativi sono stati presentati in
matrici; numero progressivo dell’esemplare. schematiche tabelle18. I frammenti leggibili, per i
Si è convenuto di trattare in una sezione a parte quali non è stato possibile ricostruire il tipo com-
le teste (intere o frammentarie) non attribuibili a pleto ma che presentavano caratteristiche peculiari
tipi di corpi. Non ne è stata presentata classifica- (ad esempio attributi specifici), sono stati conside-
zione tipologica, pur essendo state discusse solo le rati tipi a sé stanti (cfr. ad esempio il tipo stante
più probabili ipotesi di attribuzione a dei tipi. con tympanon). Infine, gli esemplari frammentari
Sotto la denominazione Varia si presentano al- che – pur non attribuibili a dei tipi – presentano
cuni tipi coroplastici limitati a pochissimi esempla- caratteristiche peculiari e un discreto stato di con-
ri, che si allontanano dall’insieme omogeneo dei servazione, sono stati inseriti all’interno del catalo-
fittili provenienti dall’area sacra. go segnalati con la sigla fr.
La corposa quantità del materiale ha reso neces- Per quanto concerne l’ampia serie di frustuli che,
saria – nella presentazione delle terrecotte – una per questioni di stato di conservazione, risultano
selezione in base alla quale sono stati inseriti nella illeggibili e pertanto non attribuibili a gruppo
classificazione solo i fittili ascrivibili con sicurezza tipologico o categoria, se ne forniscono solo i dati
a dei tipi, mentre sono stati considerati non quantitativi.

Schema riassuntivo dei parametri utilizzati nella classificazione tipologica.

Categoria Lettera maiuscola dell’alfabeto


Eventuali sottogruppi all’interno della categoria Numero arabo
Gruppo tipologico Numero arabo affiancato alla lettera maiuscola della
categoria di appartenenza del pezzo (o al numero ara-
bo che contrassegna il sottogruppo della categoria A)
Tipo Numero romano
Varianti dello stesso tipo Lettera maiuscola dell’alfabeto posta di seguito al
numero romano del tipo
Generazioni di matrici Lettera minuscola posta di seguito al numero roma-
no indicante il tipo o dopo la lettera maiuscola che
ne indica eventuali varianti.

statuette appartenenti al medesimo tipo (cfr. M. Bonghi Iovino, so, infatti, l’unico criterio è lo stato di conservazione dell’esem-
Capua Preromana, I. Terrecotte votive, Firenze 1965, pp. 1-17). plare. Secondo l’Autore, invece, «Il faut en fait, me semble-t-il,
18
A giusta ragione A. Müller (La coroplathie: un travail de refuser le hasard de l’état de conservation et traiter obliga-
petite fille? Les figurines de terre cuite, de l’atelier à la publication: toirement la totalité des fragments recueillis, sans choix préa-
questions de méthode, «RevArch» II 1994, p. 178) sottolinea che lable, et imaginer en conséquence d’autre formes de publication,
difficilmente nelle edizioni di materiale coroplastico sono qui permettent de rendre compte de l’ensemble de façon
espressi i criteri di selezione dei pezzi inseriti in catalogo; spes- rationelle».

146 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


A. Piccole terrecotte figurate sciamo attestata lungo tutto il IV sec. a.C.: la figura è
ieraticamente assisa su un trono, il cui montante la-
A.1 - Statuette femminili assise (tavv. IV-VI, nn. 1-20) terale si incrocia con la traversa orizzontale forman-
Molto numerosi risultano nel santuario lucano gli do una sorta di alette semicircolari; sul capo è il polos;
esemplari di statuette femminili assise, inquadrabili i capelli scendono sulle spalle incorniciando il volto
cronologicamente tra la fine del V e il IV sec. a.C. largo e squadrato, rigidamente frontale; veste un
Sulla base di peculiarità iconografiche proprie dei chitone reso a fitte piegoline che formano un ampio
tipi, sono stati distinti tre gruppi tipologici. kolpos a metà gamba23 e un himation, spesso poggia-
to a mo’ di velo sul capo; nella mano destra regge
A.11 – Statuette femminili assise con phiale e ca- una phiale ombelicata, nella sinistra un canestro
nestro di frutti (tavv. IV-V, nn. 1-8) ricolmo di frutti o una melagrana.
Il modello iconografico delle numerose soluzioni L’enorme diffusione di questa tipologia in tutto
riferibili a questo gruppo è quello della “dea in tro- il mondo magno-greco spiega come mai si trovino
no”19, che – di origine ionica20 – si diffonde poco attestazioni dello schema pestano non solo nell’am-
prima della metà del VI sec. a.C. in Sicilia e Magna bito dei santuari della chora poseidoniate – si pensi
Grecia ed è alla base di numerosissimi tipi di divi- agli innumerevoli esemplari provenienti
nità in trono21 prodotti in tutto il mondo greco e dall’Heraion alla foce del Sele24 o a quelli del san-
magno-greco tra la seconda metà del VI secolo e tuario di S. Nicola di Albanella25 – ma anche in
buona parte del V sec. a.C. altri siti collegati con Poseidonia: a Fratte di Salerno
In Italia questa iconografia ha il suo centro di Poseidonia risulta essere «il referente principale per
origine a Poseidonia all’inizio del V sec. a.C., e trova tutta la produzione coroplastica […] nel corso del
ampia diffusione in tutto il versante tirrenico del- IV sec. a.C.»26 e dal tipo della c.d. “Hera pestana”
l’Italia meridionale durante il corso del secolo22. In viene qui derivata ed elaborata la variante del tipo
questo arco cronologico vennero elaborate una serie con porcellino (attributo che sostituisce la phiale);
di varianti del soggetto figurativo, fino a giungere ad lo stesso può dirsi per Pontecagnano27, Eboli28,
una schematizzazione dello stesso quale noi cono- Capua29, Valle d’Ansanto (dove ritroviamo lo sche-

19
Higgins 1954, p. 357; 1967, p. 21, fig. 10. Questa ico- versione evoluta che divenne estremamente popolare (Higgins
nografia è nota come “pestana” per gli innumerevoli esemplari 1967, tav. XLe).
21
rinvenuti in territorio poseidoniate sia nell’Heraion urbano che Anche D. Adamesteanu (Gela. Ritrovamenti vari, «NSc»
in quello extraurbano alla foce del Sele. Il nome “pestana” è X 1956, p. 224, fig. 2) ha sottolineato la derivazione ionica del
dovuto in primo lugo al fatto che questa produzione è forte- «Blockstil» comune a queste statuette e alla grande statuaria
mente distintiva dell’artigianato pestano di età classica. Ved. milesia e samia.
22
Miller Ammermann 2002, p. 104. G. Greco, La coroplastica, in Poseidonia e i Lucani, pp.
20
L’invenzione del tipo è stata in un primo momento at- 272-274.
23
tribuita agli ateliers di Rodi (Blinkenberg 1931, coll. 530-532; Il kolpos, cioè una piega del chitone che sembra quasi
L. Quarles van Ufford, Les terres cuites siciliennes, Assen 1941, l’orlo di un «grembiule» indossato dalla figura al di sopra della
p. 44), ipotesi contestata in favore di altri centri della Ionia veste, è presente – come fa notare G. Greco (Fratte, p. 107) –
meridionale. È stato infatti sottolineato (cfr. L. Faedo, Contri- anche in ambito siceliota (F. Giudice, La stipe di Persephone a
buto allo studio della coroplastica selinuntina, «ArchCl» XXII Camarina, «MonAnt» XLIX 1979, pp. 281-355).
24
1970, p. 25 sg.) il legame con la grande statuaria che fa capo a Zancani Montuoro-Zanotti Bianco 1937, p. 219; G.
Mileto, in particolare col gruppo dei Branchidi di Mileto (P. Greco, Heraion di foce Sele. La classificazione dei materiali, in I.
Orsi, Megara Hyblea, storia-topografia-necropoli e anathema, Gallo (a cura di), Momenti di Storia salernitana nell’antichità
«MonAnt» I 1881, col. 930, tav. VII, 3) e con la statuaria di (Atti del Convegno Nazionale AICC di Salerno-Fisciano, 12-
Samo (si pensi alla statua di Phileia del gruppo di Geneleos di 13 novembre 1988), Napoli 1988, pp. 49-66.
25
Samo, secondo quarto del VI sec. a.C., in E. Buschor, Cipriani 1989, pp. 110-111, tav. 19.
26
Altsamische Standbilder, Berlin 1930, p. 26). Questa iconografia Fratte, p. 106 sg., figg. 165-167.
27
fu successivamente assimilata in ambiente attico di età severa Bailo Modesti 1984, p. 217, fig. 21.
28
(si pensi all’Atena seduta attica datata al 500 a.C.: Higgins 1967, Levi 1926, p. 91.
29
tav. XXIX) e fu prodotta in serie dalla fine del V secolo in una Della Torre-Ciaghi 1980, p. 13, tav. III,1.

LA COROPLASTICA 147
ma originario con la phiale mesonfalica tenuta in come attributi la phiale e il canestro di frutti. I tipi
grembo con la mano destra)30, la Valle del Noce (dal- II e III, riconducibili a prototipi cronologicamente
la cui area sacra provengono frammenti di statuetta successivi al I tipo, rappresentano delle varianti più
di dea in trono con phiale e melagrana di prove- evolute del modello pestano quale è noto alla fine
nienza pestana)31. Lo stesso schema ritorna poi an- del V sec. a.C. (quando è invece in voga il I tipo,
che in aree interne della Lucania, come a Ruoti32 e che è quello più vicino agli schemi originari di que-
sulla costa ionica, come ad esempio a Metaponto33. sta iconografia).
La grande diffusione del soggetto, nonché l’am- Il primo tipo (A.11I), che è il più diffuso in am-
pio arco cronologico in cui viene prodotto questo bito poseidoniate a partire dalla fine del V sec. a.C.,
tipo, fa sì che gli ambiti culturali che lo hanno assi- presenta tutte le caratteristiche peculiari
milato abbiano rielaborato l’iconografia adattandola dell’iconografia originaria: seduta su un trono dal
alle proprie specifiche esigenze cultuali (si pensi – ad basso suppedaneo, la dea regge la phiale ombelicata
esempio – a Fratte). La diffusione che questa nella mano destra ed un canestro ricolmo di frutti
iconografia ebbe nel mondo antico si può spiegare, nella sinistra. Il volto si presenta ovale, con naso
infatti, oltre che con la grande fama che il culto di prominente; i capelli, leggermente ondulati, scen-
Era poseidoniate ebbe in tutta l’Italia meridionale, dono in due masse distinte e rigide ai lati del collo;
con il valore universale dell’immagine, che poteva sul capo è un basso polos leggermente svasato; alle
adattarsi – come si è detto – a diversi tipi di culto34. orecchie orecchini a disco. La dea veste un chitone
La presenza di questo soggetto figurativo atte- con kolpos e apoptygma: il kolpos si trova poco al di
stato in numerosissimi esemplari nell’ambito del sotto delle ginocchia, mentre l’apoptygma forma sul
santuario di Torre Satriano testimonia quindi il forte petto una piega dalla caratteristica forma ad omega;
legame di questo sito con gli ateliers pestani. Come numerose pieghe a forma di U rendono il volume e
è stato già sottolineato, sembra probabile che dopo la distanza fra le ginocchia; un mantello, che le scen-
aver acquistato matrici, prototipi o prodotti finiti de ai lati del capo coprendo le spalle, forma piccole
dalle botteghe pestane sia iniziata una produzione pieghe sinuose lungo le braccia36.
locale destinata a soddisfare le esigenze dei fedeli Ugualmente diffuso in ambito tirrenico37, il se-
frequentatori del santuario. condo tipo (A.11II) viene elaborato dagli ateliers
I tipi attestati nel santuario di Torre di Satriano pestani nell’ultimo terzo del V sec. a.C. e presenta,
appartengono a tre diverse mold series di produzio- sia nella resa del volto che in quella della veste in-
ne pestana35, derivanti dallo stesso modello recante dossata dalla dea, variazioni stilistiche attribuibili

30 36
Rainini 1976, p. 400 sg, fig. 45. Per il tipo ved. Mollard Besques 1954, tav. C, n. 575; tav.
31
Bottini P. 1988, p. 46, tav. XXI, n. 4. CI, n. 584; Breitenstein 1941, tav. 52, nn. 418, 421. Innumere-
32
Fabbricotti 1979, p. 198, fig. 126. voli le attestazioni: ved. Fabbricotti 1979, p. 370, n. 198;
33
G. Postrioti, La stipe votiva del tempio “E” di Metaponto, Poseidonia e i Lucani, p. 276, n. 263.
37
Roma 1996, tav. 16. Sebbene la mold series cui appartiene il secondo tipo di
34
Ardovino1986, pp. 154-155. dea in trono attestato a Torre di Satriano presenti, rispetto alla
35
Per un quadro complessivo dell’attività degli ateliers precedente dalle chiare reminiscenze arcaiche, un «more
coroplastici pestani, ved. Miller Ammermann 2002, p. 103 fashionably up-to-date appearance» (Miller Ammermann 2002,
sg. La studiosa, in particolare, sottolinea che «The vitality of p. 106), essa non conobbe una diffusione così ampia come quella
the Pestan coroplasts is demonstrated first by the number of attestata per la prima mold series. A parte i pochi esemplari
different mold series created to portray the enthroned goddess, rinvenuti in ambito pestano (per l’Heraion alla foce del Sele
and second by the often complicated (if not sometimes cfr. Zancani Montuoro-Zanotti Bianco 1937, p. 222, fig. 7; per
ingenious) manipulation of mold series to multiply and vary il santuario di S. Venera, cfr. Miller Ammermann 2002, tav.
with great efficiency the number of different images that a XXVIII, nn. 1684, 1686), si segnalano varianti del tipo a
single workshop could produce» (Miller Ammermann 2002, Roccagloriosa (Cipriani 1990, pp. 109, 115, fig. 115, nn. V2-
p. 104). V3; Fracchia 1990, pp. 215-216, tav. 84.1).

148 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


all’influsso dell’arte di V sec. a.C.38 A.11 Ia1
Il volto è più arrotondato, con mento paffuto; i Frammento di dea in trono.
Si conserva il busto della figura, tagliata al collo e all’al-
capelli, scriminati al centro della fronte, vengono tezza delle ginocchia; imp3; h 8,8; largh 6,6. Saggio I,
resi più naturalisticamente a sottili ciocche legger- US 97. Inv. 407589.
mente ondulate. Per quanto riguarda le vesti, cam- A.11 Ia2
bia il modo di rendere il drappeggio: le pieghe for- Frammento di dea in trono.
Si conserva il busto della figura tagliata al collo e all’al-
mate dall’himation lungo le braccia sono meno ac- tezza delle ginocchia; imp4; h 6,2; largh 6,2. Saggio I,
centuate; la grossa piega a forma di omega appena US 117. Inv. 407590.
sotto al seno scompare, ed è sostituita da una serie A.11 Ia3 (tav. IV, n. 1)
di pieghe a V che sottolineano la scollatura del Testa di dea in trono.
Tagliata al collo. Superficie molto abrasa, poco leggibili
chitone. Più rigide divengono invece le pieghe del- i particolari del volto. Lesionato il lato sinistro del polos.
la parte inferiore del chitone, che meno accentua- Tracce di pittura rossa; imp6; h 6,4; largh 5,2; h polos 1,4;
no la distanza tra gambe e ginocchia. h fronte-mento 3,3. Saggio II, US 143. Inv. 407591.
Il terzo ed ultimo tipo di dea in trono con phiale A.11 Ia4
Testa di dea in trono.
e canestro di frutti individuato tra le attestazioni di
Tagliata al collo; imp4; h 6,2; largh 5,2; h polos 1,4; h
Torre di Satriano (A.11III) presenta ulteriori varia- fronte-mento 3,3. Saggio I, US 257. Inv. 407592.
zioni rispetto all’iconografia originaria39: il canestro A.11 Ia5 (tav. IV, n. 2)
di frutti diviene più piccolo, più alto il cumulo dei Frammento di dea in trono.
Ricomposta di due frammenti. Si conserva il busto, con
pomi; la resa del drappeggio più rigida e schematica;
la mano sinistra che regge il canestro di frutti; imp8; h 6;
il volto più largo, i particolari (soprattutto le palpe- largh 9,2. Saggio I, US 268. Inv. 407593.
bre) più marcati, gli orecchini ad anello rilevato. A.11 Ia6
Testa di dea in trono.
A.11 I: statuetta femminile assisa con phiale e cane- Tagliata al collo. Mutila della parte sinistra della capi-
stro di frutti gliatura e del volto; imp8; h 6,2; largh 3,1; h polos 1,4; h
La figura è seduta su un trono dal basso suppedaneo, fronte-mento 3,3. Saggio II, US 334. Inv. 407594.
con il montante laterale incrociato con la traversa supe- A.11 Ib7 (tav. IV, n. 3)
riore. Regge la phiale ombelicata nella mano destra ed Testina di dea in trono.
un canestro ricolmo di frutti nella sinistra. Il volto si Tagliata alla gola; superficie molto abrasa, poco leggibili
presenta ovale, con fronte bassa, occhi amigdaloidi rav- i particolari del volto; imp8; h 5,1; largh 4,4; h 2; distan-
vicinati e naso prominente; i capelli, leggermente ondu- za fronte-mento 2,8. Saggio I, US 10. Inv. 407595.
lati, scendono in due masse distinte e rigide ai lati del A.11 Ib8 (tav. IV, n. 3)
collo; sul capo è un basso polos leggermente svasato, da Testina di dea in trono.
cui scende l’himation; alle orecchie orecchini a disco. Tagliata al collo; superficie molto abrasa, poco leggibili i
Veste un chitone con kolpos e apoptygma: il kolpos si tro- particolari del volto; imp4; h 5,8; largh 4,4; h 1,2; distan-
va poco al di sotto delle ginocchia, mentre l’apoptygma za fronte-mento 2,8. Saggio I, US 10. Inv. 407596.
forma sul petto una piega dalla caratteristica forma ad A.11 Ib9
omega; numerose pieghe a forma di U rendono il volu- Testina di dea in trono.
me a la distanza fra le ginocchia; un mantello, che le Tagliata al collo; mutila di parte del lato sinistro del vol-
scende ai lati del capo coprendo le spalle e le braccia, to. Superficie molto abrasa, poco leggibili i particolari
forma piccole pieghe sinuose lungo le braccia. del volto; imp5; h 6; largh 3,6; h polos 1,4; distanza fron-
Matrice unica, cava. te-mento 2,8. Saggio I, US 119. Inv. 407597.
Fine V-IV sec. a.C. A.11 Ib10
Si individuano due differenti generazioni di matrici39. Testina di dea in trono.
È attestato in cinquanta esemplari frammentari. Tagliata al collo. Scheggiature ai lati del volto; imp4; h

38 39
Miller Ammermann 2002, p. 106. Miller Ammermann 2002, p. 107, tavv. XXX-XXXI.

LA COROPLASTICA 149
5,9; largh 2,9; h 1,4; distanza fronte-mento 2,8. Saggio I, regge la phiale; imp8; h 6,7; largh 5,9. Saggio I, US 5. Inv.
US 146. Inv. 407598. 407608.
A.11 Ib11 A.11 I21
Testina di dea in trono. Frammento di dea in trono.
Si conserva la capigliatura e la parte centrale del polos; Si conserva il canestro di frutti. Superficie fortemente
imp6; h 4,4; largh 3,7; h polos 1,4; distanza fronte-mento abrasa; imp3; h 7,3; largh 5,8. Saggio I, US 10. Inv. 407609.
2,8. Saggio I, US 182=189. Inv. 407599. A.11 I22
A.11 Ib12 Frammento di dea in trono.
Testina di dea in trono. Si conserva il canestro di frutti e parte del panneggio;
Tagliata al collo. Traccia della spalliera del trono al lato imp1; h 9,7; largh 6,1. Saggio I, US 10. Inv. 407610.
sinistro della testina. Profonda scheggiatura sul volto; A.11 I23
imp4; h 5,4; largh 5,5; h polos 1,5; distanza fronte-mento Frammento di dea in trono.
2,8. Saggio I, US 187. Inv. 407600. Si conserva il grembo della figura e la mano destra che
A.11 Ib13 regge la phiale; imp3; h 5,7; largh 5,6. Saggio I, US 119.
Testina di dea in trono. Inv. 407611.
Si conservano capigliatura e polos; imp6; h 2,8; largh 4,4; A.11 I24
h polos 1,5; distanza fronte-mento 2,8. Saggio I, US 187. Frammento di dea in trono.
Inv. 407601. Si conserva la mano con canestro di frutti; imp8; h 2,9;
A.11 Ib14 largh 3. Saggio I, US 119. Inv. 407612.
Testa di dea in trono. A.11 I25
Tagliata alla gola. Mutila del lato destro della capigliatu- Frammento di dea in trono.
ra e del polos; imp6; h 5,3; largh 3,7; h polos 1,2; distanza Si conserva il canestro di frutti; imp3; h 3,2; largh 2,9.
fronte-mento 2,8. Saggio I, US 187. Inv. 407602. Saggio I, US 119. Inv. 407613.
A.11 Ib15 (tav. IV, n. 4) A.11 I26
Frammento di dea in trono. Frammento di dea in trono.
Ricomposto di due frammenti. Si conservano il busto e Si conserva il canestro di frutti; imp1; h 3,5; largh 4,1.
le gambe della figura; imp4; h 10,6; largh 7,4. Saggio I, Saggio I, US 146. Inv. 407614.
US 187. Inv. 407603. A.11 I27
A.11 Ib16 Frammento di dea in trono.
Testa di dea in trono. Si conserva il grembo della figura e la mano destra che
Si conserva il polos, la capigliatura, la fronte e l’occhio regge la phiale. Tracce di latte di calce; imp3; h 6,7; largh
destro; imp8; h 4,1; largh 3,9; distanza fronte-mento 2,8. 4,6. Saggio I, US 119. Inv. 407615.
Saggio I, US 254. inv. 407604. A.11 I28
A.11 Ib17 Frammento di dea in trono.
Testa di dea in trono. Si conserva il braccio e la mano destra che regge la phiale;
Tagliata alla gola. Frattura lungo il lato destro del volto. imp1; h 5,3; largh 4. Saggio I, US 119. Inv. 407616.
Superficie fortemente abrasa; imp8; h 5,2; largh 3,6; h A.11 I29
polos 1,6; distanza fronte-mento 2,8. Saggio I, US 267. Frammento di dea in trono.
Inv. 40605. Si conserva il braccio e la mano destra che regge la phiale;
A.11 Ib18 imp8; h 10,5; largh 4,3. Saggio I, US 119. Inv. 407617.
Testa di dea in trono. A.11 I30
Tagliata alla gola. Frattura lungo il lato destro del volto. Frammento di dea in trono.
Superficie fortemente abrasa; imp5; h 5,5; largh 3,5; h Si conserva il braccio e la mano destra che regge la phiale;
polos 1,6; h polos 1,5; h fronte-mento 2,8. Saggio I, US imp8; h 5,4; largh 3,7. Saggio I, US 119. Inv. 407618.
267. Inv. 407606. A.11 I31
A.11 Ib19 Frammento di dea in trono.
Testa di dea in trono. Si conserva la phiale, scheggiata lungo il bordo. Tracce di
Si conserva la parte anteriore del polos, la capigliatura e latte di calce; imp5; h 4,5; largh 2,8. Saggio I, US 119.
la fronte; imp8; h 3,6; largh 2,9; h polos 1,4; distanza Inv. 407619.
fronte-mento 2,8. Saggio II, US 475. Inv. 407607. A.11 I32
A.11 I20 Frammento di dea in trono.
Frammento di dea in trono. Si conserva la gamba sinistra tagliata alla caviglia e al di
Si conserva il grembo della figura e la mano destra che sopra del ginocchio, con kolpos in evidenza. Tracce di

150 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


latte di calce; imp2; h 5,1; largh 3,6. Saggio I, US 119. 253. Inv. 407631.
Inv. 407620. A.11 I44
A.11 I33 Frammento di dea in trono.
Frammento di dea in trono. Si conservano le gambe panneggiate con accenno di
Ricomposto di 4 frammenti. Si conservano le gambe ta- kolpos; imp5; h 6,7; largh 4,6. Saggio I, US 255. Inv.
gliate alle caviglie e al di sopra delle ginocchia, con kolpos 407632.
in evidenza; imp1; h 7,3; largh 6,6. Saggio I, US 119. Inv. A.11 I45
407621. Frammento di dea in trono.
A.11 I34 Si conserva la parte inferiore sinistra della figura, con
Frammento di dea in trono. braccio e mano sinistra che regge il canestro di frutti;
Si conservano le gambe tagliate alle caviglie e al di sopra imp5; h 6,2; larg5,5. Saggio I, US 266. Inv. 407633.
delle ginocchia, con kolpos in evidenza; imp4; h 7,6; largh A.11 I46
4. Saggio I, US 119. Inv. 407622. Frammento di dea in trono.
A.11 I35 Si conserva parte la parte inferiore della figura; imp8; h
Frammento di dea in trono. 9,8; largh 6,2. Saggio I, US 266. Inv. 407634.
Si conservano le gambe tagliate alle caviglie e al di sopra A.11 I47
delle ginocchia, con kolpos in evidenza; imp4; h 6,7; largh Frammento di dea in trono.
5,8. Saggio II, US 143. Inv. 407623. Si conserva il busto della figura, il braccio sinistro con
A.11 I36 canestro di frutti e parte della phiale tenuta nella mano
Frammento di dea in trono. destro; imp8; h 6,3; largh 8,9. Saggio I, US 267. Inv.
Si conserva la mano destra che regge la phiale e parte 407635.
della gamba destra panneggiata; imp3; h 7,2; largh 3,5. A.11 I48
Saggio I, US 146. Inv. 407624. Frammento di dea in trono.
A.11 I37 Si conserva la parte sinistra del busto, con la mano sini-
Frammento di dea in trono. stra che regge il canestro di frutti; imp8; h 5,7; largh 8,8.
Si conserva la mano destra che regge la phiale e parte Saggio I, US 268. Inv. 407636.
della gamba destra panneggiata. Tracce di latte di calce; A.11 I49
imp1; h 7,3; largh 4,2. Saggio I, US 146. Inv. 407625. Frammento di dea in trono.
A.11 I38 Si conserva il braccio sinistro con canestro di frutti; imp8;
Frammento di dea in trono. h 10; largh 6. Saggio II, US 334. Inv. 407637.
Si conserva la mano destra che regge la phiale; imp8; h A.11 I50
4,3; largh 3,5. Saggio I, US 146. Inv. 407626. Frammento di dea in trono.
A.11 I39 Si conserva la parte inferiore della figura, con kolpos;
Frammento di dea in trono. imp5; h 3; largh 4,1. Saggio II, US 465. Inv. 407638.
Si conserva il canestro di frutti; imp4; h 3,3; largh 3.
Saggio I, US 186. Inv. 407627.
A.11 I40 A.11 II: statuetta femminile assisa con phiale e cane-
Frammento di dea in trono. stro di frutti
Si conserva la parte sinistra del busto con il canestro di La figura è seduta su un trono dal basso suppedaneo,
frutti; imp8; h 6,1; largh 5,4. Saggio I, US 253. Inv. con il montante laterale incrociato con la traversa supe-
407628. riore. Regge la phiale ombelicata nella mano destra ed
A.11 I41 un canestro ricolmo di frutti nella sinistra. Il volto è più
Frammento di dea in trono. arrotondato, con mento paffuto; i capelli, scriminati al
Si conservano le gambe con kolpos in evidenza; imp8; h centro della fronte, vengono resi più naturalisticamente
2,7; largh 5,4. Saggio I, US 253. Inv. 407629. a sottili ciocche leggermente ondulate; sul capo è un basso
A.11 I42 polos leggermente svasato; alle orecchie orecchini a di-
Frammento di dea in trono. sco. Veste un chitone con kolpos poco al di sotto delle
Si conserva la gamba destra panneggiata; imp8; h 4,4; ginocchia, le pieghe formate dal mantello lungo le brac-
largh 4,6. Saggio I, US 253. Inv. 407630. cia sono meno accentuate; sul petto una serie di pieghe a
A.11 I43 V sottolineano la scollatura del chitone. Più rigide di-
Frammento di dea in trono. vengono le pieghe della parte inferiore del chitone, che
Si conserva parte del busto, con la mano che regge il meno accentuano la distanza tra gambe e ginocchia.
canestro di frutti; imp8; h 6,8; largh 4,2. Saggio I, US Matrice unica, cava.

LA COROPLASTICA 151
Ultimo terzo del V-IV sec. a.C. capo è un basso polos leggermente svasato; alle orecchie
È attestato in 8 esemplari frammentari. orecchini ad anello rilevato. Veste un chitone con kolpos
poco al di sotto delle ginocchia, le pieghe formate dal
A.11 II1 mantello lungo le braccia sono poco accentuate; sul pet-
Frammento di dea in trono. to una serie di pieghe a V sottolineano la scollatura del
Si conserva il busto della figura, tagliata al collo e all’al- chitone. Rigide le pieghe nella parte inferiore del chitone,
tezza delle ginocchia; mutila della metà destra; imp5; h che poco accentuano la distanza tra gambe e ginocchia.
7,7; largh 7,3. Saggio I, US 119. Inv. 407639. Matrice unica, cava.
A.11 II2 Fine del V sec. a.C.
Frammento di dea in trono. È attestato in dieci esemplari frammentari.
Si conserva il braccio sinistro piegato a reggere il cane-
stro di frutti; imp5; h 5,4; largh 4,6. SaggioI, US 119. A.11 III1
Inv. 407640. Testina di dea in trono.
A.11 II3 Tagliata alla gola. Mutila della parte destra del volto;
Frammento di dea in trono. imp2; h 6,1; largh 4,3; h polos 1,4. Saggio I, US 5. Inv.
Si conserva il canestro di frutti. Superficie fortemente 407647.
abrasa; imp6; h 2,8; largh 2,5. Saggio I, US 119. Inv. A.11 III2
407641. Frammento di dea in trono.
A.11 II4 Si conserva il canesto di frutti e parte del panneggio;
Frammento di dea in trono. imp1; h 4,4; largh 2,6. Saggio I, US 55. Inv. 407648.
Si conservano le gambe tagliate al di sopra del ginocchio A.11 III3 (tav. V, n. 7)
con kolpos a metà gamba; imp5; h 4,4; largh 4,1. Saggio Frammento di dea in trono.
I, US 119. Inv. 407642. Si conserva la mano sinistra con canestro di frutti; imp3;
A.11 II5 h 3,2; largh 3,3. Saggio I, US 71. Inv. 407649.
Frammento di dea in trono. A.11 III4 (tav. V, n. 8)
Si conserva il canestro di frutti. Superficie fortemente Testa di dea in trono.
abrasa; imp6; h 3,6; largh 4,8. Saggio II, US 143. Inv. Tagliata alla gola. Mutila della parte sinistra della capi-
407643. gliatura e del polos. Scheggiatura sulla parte superiore
A.11 II6 del naso; imp1; h 5,6; largh 4,3; h polos 1,2. Saggio I, US
Frammento di dea in trono. 155. Inv. 407650.
Si conservano le gambe tagliate al di sopra del ginocchio A.11 III5
con kolpos a metà gamba; imp1; h 3,9; largh 3,3. Saggio Testa di dea in trono.
II, US 143. Inv. 407644. Tagliata alla gola. Ricomposta di tre frammenti.
A.11 II7 (tav. IV, n. 5) Scheggiatura al lato sinistro del polos; imp4; h 5,9; largh
Frammento di dea in trono. 5,2; distanza fronte-mento 2,6. Saggio I, US 182=189.
Si conserva la parte sinistra del busto con il canestro di Inv. 407651.
frutti; imp4; h 8,2; largh 6. Saggio I, US 188. Inv. 407645. A.11 III6
A.11 II8 (tav. IV, n. 6) Testa di dea in trono.
Testa di dea in trono. Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; imp2; h
Tagliata alla gola; imp5; h 6,2; largh 4,8; h polos 1,4; h 2,8; largh 4,4; h polos 1,5. Saggio I, US 187. Inv. 407652.
fronte-mento 2,7. Saggio II, US 257. Inv. 407646. A.11 III7
Testa di dea in trono.
A.11 III: Statuetta femminile assisa con phiale e cane- Tagliata alla gola. Profonda scheggiatura al lato sinistro
stro di frutti della testa; imp2; h 5,4; largh 3,9; distanza fronte-mento
La figura è seduta su un trono dal basso suppedaneo, 2,6. Saggio I, US 251. Inv. 407653.
con il montante laterale incrociato con la traversa supe- A.11 III8
riore. Regge la phiale ombelicata nella mano destra ed Frammento di dea in trono.
un canestro ricolmo di frutti nella sinistra. Il canestro di Si conserva la mano sinistra che regge il canestro di frut-
frutti è più piccolo, con il cumulo dei frutti più alto. Il ti; imp3; h 3,8; largh 3,7. Saggio I, US 267. Inv. 407654.
volto è largo, con mento paffuto; i particolari del volto A.11 III9
sono molto marcati, in particolare le palpebre; il naso è Frammento di dea in trono.
prominente. I capelli, scriminati al centro della fronte, Si conserva la parte sinistra del busto con canestro di
vengono resi a sottili ciocche leggermente ondulate; sul frutti. Visibile parte della spalliera del trono; imp3; h

152 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


5,2; largh 5,1. Saggio II, US 320. Inv. 407655. quello delle statuette con phiale e canestro di frutti,
A.11 III10 è, nel caso dei nostri esemplari, assisa su un sempli-
Testa di dea in trono.
Tagliata alla gola. Profonda scheggiatura al lato sinistro ce sedile, che scompare sotto il panneggio dell’hi-
della testa; imp2; h 5; largh 3,7; distanza fronte-mento mation43. Veste un himation fittamente drappeggia-
2,6. Saggio II, US 498. Inv. 407656. to, che le copre il capo e l’avvolge completamente
lasciando scoperto – poco al di sopra delle caviglie –
A.12 – Statuette femminili assise con capo velato un lembo di chitone reso a piccole pieghe tubolari
(tavv. V-VI, nn. 9-14) parallele. Il volto, dalla forma allungata, è caratte-
A matrici pestane vanno ricondotti anche gli esem- rizzato da naso prominente e palpebre rilevate; la
plari di statuette con capo velato, riconducibili a capigliatura, lasciata scoperta dall’himation che è
tre tipi differenti. leggermente sollevato al di sopra della testa, è resa a
Tre testine tagliate al collo o alla gola apparten- piccole matasse ovoidali. La figura reca nella mano
gono ad un tipo (A.12I) che trova un preciso con- destra una phiale, che è difficilmente individuabile
fronto con un esemplare inedito di figura femminile negli esemplari di generazioni più tarde o fabbrica-
assisa proveniente da una tomba di Pontecagnano ti con matrici stanche44; la mano sinistra è tenuta
datata alla prima metà del IV sec. a.C. Il velo forma in grembo, completamente coperta dall’himation.
sul capo un’alta piega triangolare, i capelli, resi a mo’ Due sole testine appartengono ad un tipo di
di gonfie matasse, sono scriminati al centro della fron- kourotrophos (A.12III)45 velata assisa su trono: negli
te; il volto è piccolo e rotondo. Come si deduce dal- esemplari integri la figura femminile tiene un bam-
l’esame iconografico dell’esemplare integro di bino sulla spalla sinistra; nella mano destra una
Pontecagnano, la figura non reca attributi. phiale. Veste himation e chitone; l’himation l’avvolge
Il secondo tipo (A.12II)41 è attestato in area completamente coprendo anche il bambino e for-
pestana durante tutto il IV sec. a.C. ed è diffuso, al ma sulla testa una bassa piega triangolare. Il chitone
pari della iconografia della dea in trono con phiale presenta kolpos e apoptygma. Il volto della figura
e canestro di frutti, in tutta la fascia tirrenica42. La femminile è piccolo e tondo; la capigliatura, resa a
figura, generalmente assisa su un trono identico a sottili ciocche leggermente ondulate, è bipartita al

40
L’attribuzione alle due diverse generazioni di matrici è lagonegrese, p. 46, tav. 21.4).
43
stata effettuata – per le teste – misurando la distanza fronte- Per questa variante del tipo cfr. Winter 1903, p. 129, n. 7;
mento, per i frammenti pertinenti a corpi misurando (laddove Laumonier 1921, pp. 128-129, tav. 59, n. 2; Dewailly 1997, p.
possibile) la distanza tra i seni, tra lo scollo della veste e le 203, fig. 10; Cipriani 1990, p. 116, fig. 115, nn. V10-V13; Fracchia
pieghe del drappeggio sul busto, la lunghezza del kolpos. 1990, pp. 215-218, tav. 84, n. 3; Fracchia-Gualtieri 1993, pp. 116-
41
Il tipo è già noto a Satriano; cfr. Satriano, tav. 12. 120, figg. 79-80.
42 44
Per la diffusione del tipo in area tirrenica si vedano, a Miller Ammermann 2002, p. 108.
45
titolo esemplificativo, gli esemplari rinvenuti all’Heraion di La ricostruzione del tipo si basa su confronti stilistici
Foce del Sele (G. Greco, La ripresa delle indagini allo Heraion con materiale edito in miglior stato di conservazione. Inoltre
di Foce del Sele, in Atti Taranto XXXII 1992, p. 256, tav. 53, n. un esemplare meglio conservato appartenente al tipo in que-
6); il santuario di Santa Venera (Miller Ammermann 2002, p. stione è stato già rinvenuto durante gli scavi condotti a Torre
108, tav. XXXIII, nn. 1796-1799); Pontecagnano, in tombe del- di Satriano da E. Greco (inv. n. 76922) (pubblicato in Satriano,
l’ultimo terzo del IV sec. a.C. (Bailo Modesti 1984, p. 223, fig. tav. 13). Non va esclusa l’attribuzione dei nostri pezzi a esem-
24); Palinuro (E. Greco, Velia e Palinuro: Problemi di topografia plari di kourotrophoi stanti, variante del tipo seduto, fabbricata
antica, «MEFRA» XXCVII 1975, pp. 106-107, fig. 51.g; 53.b); con la medesima matrice utilizzata per la testa del tipo seduto
Roccagloriosa (Cipriani 1990, fig. 115, V8-V9; H. Fracchia, M. (su questa pratica tipica degli ateliers pestani di IV sec. a.C.,
Gualtieri, The Social Context of Cult Practices in Pre-Roman cfr. Miller Ammermann 2002, p. 129). Le due testine di Satriano
Lucania, «AJA» XCIII 1989, pp. 226-229, figg. 8, 11; Fracchia sono state inserite nel gruppo delle figure femminili assise poi-
1990, pp. 215-218, tav. 84, nn. 3-4; M. Gualtieri, Roccagloriosa. ché mancano del tutto frammenti attribuibili con certezza a
Un antico centro Lucano sul Golfo di Policastro, Siracusa 1990, figure stanti del tipo della kourotrophos, mentre risultano nu-
pp. 74-75, fig. 54.b; Fracchia-Gualtieri 1993, pp. 116-120, figg. mericamente superiori i frammenti sicuramente attribuibili a
76, 79-80); Rivello, località Colla (Evidenza archeologica statuette di figure femminili sedute.

LA COROPLASTICA 153
centro della fronte46. sinistra è tenuta in grembo, completamente coperta
La nascita del prototipo risale alla fine del V sec. dall’himation. Spuntano dall’himation i piedi nudi ben
caratterizzati.
a.C., per essere prodotto durante tutto il IV sec. Matrice unica.
a.C.47 Fine V-IV sec. a.C.
Si individuano due diverse generazioni di matrici.
A.12I: statuetta con capo velato senza attributi È attestata in ventiquattro esemplari.
La figura è seduta su trono dal basso suppedaneo, com-
pletamente avvolta nell’himation che le ricopre anche il A.12IIa1 (tav. V, n. 10)
capo. Il velo è sollevato sulla cima della testa a formare Testina e busto di statuetta velata.
un’alta piega triangolare, ricadendo ai lati del collo e la- Tagliata a metà del busto. La linea di frattura sale diago-
sciando scoperta la capigliatura. Pettinatura bipartita al nalmente dal centro del busto verso destra e verso sini-
centro della fronte, resa a mo’ di due matasse indistinte. stra tagliando entrambe le braccia fino all’attaccatura delle
Volto largo e tondeggiante, fronte bassa, mento pieno. spalle; imp5; h 7,9; largh 5,1; distanza fronte-mento 2,2.
Orecchini globulari. L’himation crea un fitto gioco di pie- Saggio I, US 95. Inv. 407660.
ghe oblique sul busto e sulle gambe, inglobando i piedi. A.12IIa2 (tav. V, n. 12)
Matrice unica. Frammento di statuetta velata.
Prima metà del IV sec. a.C. Ricomposta di due frammenti. Si conserva la parte infe-
È attestata in tre esemplari frammentari. riore della figura; imp8; h 13; largh 8,1. Saggio I, US 117.
Inv. 407661.
A.12I1 (tav. V, n. 9) A.12IIa3
Testina velata. Testina velata.
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Reca un Tagliata al collo. La linea di frattura sale diagonalmente
foro di sospensione nella parte centrale della testa; imp5; dalla gola verso sinistra. Superficie fortemente abrasa;
h 3,9; largh 3,5; distanza fronte-mento 1,9. Saggio I, US imp5; h 4; largh 3; distanza fronte-mento 2,2. Saggio I,
117. Inv. 407657. US 119. Inv. 407662.
A.12I2 A.12IIa4
Testina velata. Testina velata.
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; imp5; h Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; imp8; h
3,7; largh 3,4; distanza fronte-mento 1,9. Saggio I, US 4,7; largh 2,7; distanza fronte-mento 2,2. Saggio I, US
186. Inv. 407658. 155. Inv. 407663.
A.12I3 A.12IIa5
Testina velata. Testina velata.
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Tracce di Tagliata al collo. Profonde crepe su tutta la superficie
latte di calce; imp5; h 3,8; largh 3,7; distanza fronte-mento del volto e del velo; imp8; h 3,9; largh 3,8; distanza fron-
1,9. Saggio I, US 268. Inv. 407659. te-mento 2,2. Saggio I, US 182=189. Inv. 407664.
A.12IIa6
A.12II: statuetta velata con phiale Testina di statuetta velata.
La figura è seduta su sedile o trono dal basso suppedaneo Tagliata al collo. La linea di frattura parte dalla base del
senza spalliera, completamente avvolta nell’himation, da collo e sale lungo il contorno sinistro del viso sino alla
cui spunta, poco al di sopra delle caviglie, un lembo di fronte. Superficie fortemente abrasa; imp5; h 3,9; largh
chitone reso a sottili pieghe tubolari parallele. Il volto, 2,3; distanza fronte-mento 2,2. Saggio I, US 186. Inv.
dalla forma allungata è caratterizzato da naso prominen- 407665.
te e palpebre rilevate; la capigliatura, lasciata scoperta A.12IIa7
dall’himation leggermente sollevato al di sopra della te- Testina velata.
sta, è scriminata al centro della fronte ed è resa a piccole Tagliata al collo. La linea di frattura parte dalla base del
matasse ovoidali. Reca nella mano destra una phiale, che collo e sale lungo il lato destro del capo. Profonda
è difficilmente individuabile negli esemplari di genera- scheggiatura sulla parte inferiore del volto e sulla parte
zioni più tarde o fabbricati con matrici stanche; la mano superiore della capigliatura e del velo. Superficie forte-

46
Per il tipo ved. Winter 1903, p. 146, n. 6; Mollard Besques XXXV, n. 1817.
47
1954, tav. C, nn. 577-578; Miller Ammermann 2002, tav. Miller Ammermann 2002, p. 130.

154 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


mente abrasa; imp5; h 4,2; largh 3; distanza fronte-men- largh 5,5. Saggio I, US 0. Inv. 407677.
to 2,1. Saggio I, US 186. Inv. 407666. A.12II19
A.12IIa8 (tav. V, n. 11) Frammento di statuetta velata.
Testina velata. Si conservano le gambe tagliate alle caviglie; imp5; h 6,4;
Testina tagliata al collo. Scheggiatura sul naso. Superfi- largh 4,4. Saggio I, US 0. Inv. 407678.
cie fortemente abrasa; imp4; h 4,1; largh 3,5; distanza A.12II20
fronte-mento 2,1. Saggio I, US 257. Inv. 407667. Frammento di statuetta velata.
A.12IIa9 (tav. V, n. 11) Si conserva il busto panneggiato; imp8; h 3,9; largh 5,5.
Testina velata. Saggio I, US 187. Inv. 407679.
Testina tagliata alla gola. Scheggiatura sul naso; imp4; h A.12II21
3,4; largh 2,2; distanza fronte-mento 2,1. Saggio I, US Frammento di statuetta velata.
257. Inv. 407668. Si conserva il busto panneggiato. Tracce di latte di calce;
A.12IIa10 (tav. V, n. 11) imp8; h 5,9; largh 5,4. Saggio I, US 257. Inv. 407680.
Testina velata. A.12II22
Testina tagliata al collo. Scheggiatura sul naso; imp5; h Frammento di statuetta velata.
3,9; largh 3; distanza fronte-mento 2,1. Saggio I US 268. Si conserva parte del busto panneggiato; imp8; h 5,1;
Inv. 407669. largh 2,9. Saggio I, US 257. Inv. 407681.
A.12IIa11 (tav. V, n. 11) A.12II23
Testina velata. Frammento di statuetta velata.
Tagliata al collo; imp5; h 3,9; largh 2,8; distanza fronte- Ricomposta di tre frammenti. Si conserva il corpo acefalo,
mento 2,1. Saggio I, US 268. Inv. 407670. tagliato alle caviglie; imp5; h 11,3; largh 6. Saggio I, US
A.12IIa12 266. Inv. 407682.
Testina velata. A.12II24
Tagliata al collo. Reca un foro di sospensione al centro Frammento di statuetta velata.
della testa; imp5; h 4; largh 2,8; distanza fronte-mento Si conserva il busto panneggiato; imp8; h 5; largh 5,3.
2,2. Saggio II, US 334. Inv. 407671. Saggio I, US 267. Inv. 407683.
A.12IIa13
Testina velata.
Tagliata alla gola. Reca un foro di sospensione al centro A.12III: kourotrophos velata
della testa; imp5; h 3,7; largh 2,8; distanza fronte-mento La figura è seduta su trono dal basso suppedaneo. Tiene
2,2. Saggio II, US 463. Inv. 407672. un bambino sulla spalla sinistra, nella mano destra una
A.12IIb14 (tav. V, n. 13) phiale. Veste himation e chitone; l’himation l’avvolge
Testina velata. completamente coprendo anche il bambino e forma sul-
Tagliata alla gola. Superficie abrasa. Reca foro di sospen- la testa una bassa piega triangolare. Il chitone presenta
sione al centro; imp1; h 3,5; largh 3; distanza fronte- kolpos e apoptygma. Il volto della figura femminile è pic-
mento 1,8. Saggio I, US 181. Inv. 407673. colo e tondo, la capigliatura, resa a sottili ciocche legger-
A.12IIb15 (tav. V, n. 13) mente ondulate, è bipartita al centro della fronte.
Testina velata. Matrice unica, retro cavo.
Si conserva parte delle spalle. Reca foro di sospensione Fine V sec. a.C.
al centro della testa; imp5; h 6,5; largh 3,4; distanza fronte- È attestato in due esemplari.
mento 1,8. Saggio I, US 268. Inv. 407674.
A.12IIb16 (tav. V, n. 13) A.12III1 (tav. VI, n. 14)
Testina velata. Testina velata.
Tagliata al collo; imp5; h 3,6; largh 2,8; distanza fronte- Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; imp5; h
mento 1,8. Saggio I, US 268. Inv. 407675. 4,2; largh 2,9; distanza fronte-mento 2. Saggio II, US 266.
A.12IIb17 (tav. V, n. 13) Inv. 407684.
Testina velata. A.12III2
Tagliata alla gola; imp5; h 2,8; largh 2,5; distanza fronte- Testina velata.
mento 1,8. Saggio I, US 268. Inv. 407676. Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Profonde
A.12II18 scheggiature sulla superficie del volto; imp5; h 4,9; largh
Frammento di statuetta velata. 3,6; distanza fronte-mento 2,4. Saggio II, US 354. Inv.
Si conserva la parte laterale destra del busto; imp8; h 6,2; 407685.

LA COROPLASTICA 155
A.13 – Statuette femminili assise con krobylos (tav. VI, Timmari50, Grumento51 e Chiaromonte52.
nn. 15-18) Simili al precedente sono le statuette riconduci-
Il terzo gruppo di statuette femminili assise com- bili al secondo tipo, attestato in due generazioni di
prende figure femminili con pettinatura a ciocche matrici (A.13II): il volto è più allungato, meno folta
ondulate raccolte in un grosso krobylos sulla som- la chioma, raccolta sulla cima del capo in uno
mità del capo. Si tratta di tipi di derivazione ta- chignon desinente a punta. Come si evince dall’esa-
rantina48 che si diffondono in area lucana tra il IV me degli esemplari integri provenienti da altri con-
e la prima metà del III sec. a.C., come attestano i testi, la figura stringe nella mano sinistra un attri-
numerosi ritrovamenti in contesti sacri quali quelli buto (un frutto, una phiale, un animale). Tipi simi-
di Metaponto, Herakleia, Timmari; Chiaromon- li sono attestati in tutta l’area lucana: Timmari53,
te-San Pasquale, San Brancato e Grumento in Val Metaponto54, Chiaromonte55, Sant’Arcangelo-San
d’Agri; Colla di Rivello nella valle del Noce. Brancato56, San Chirico Nuovo57, nella Valle del
A Torre di Satriano sono attestati tre tipi differen- Noce a Rivello-Colla58, Accettura59.
ti. Lo schema iconografico è il medesimo: la figura Le statuette riferibili al terzo tipo (A.13III) pre-
muliebre è assisa su trono, indossa chitone ed himation sentano caratteristiche simili a quelle dei due tipi di
da cui è completamente avvolta, stringe al petto con cui sopra, con la medesima struttura “a gradino” e
la mano destra i due lembi del mantello, tiene con la la rigida frontalità. Si distinguono, tuttavia, per l’ac-
sinistra un’offerta (un pomo, una phiale). Queste conciatura più elaborata, resa a sottili ciocche for-
statuette – destinate ad essere fissale su un supporto in temente ondulate che creano due masse rigonfie
materiale deperibile (legno) – presentano una caratte- sulle tempie, sormontata da un alto diadema stria-
ristica struttura “a gradino”49, che suggerisce la posi- to e krobylos globulare60.
zione seduta su di un trono o un sedile. Conservatasi in un solo frammento è un esem-
Il primo tipo (A.13I), in cui la figura femminile plare riconducibile ad un tipo di statuetta seduta
è rappresentata con una voluminosa pettinatura a recante fra le braccia un cigno (o un’oca) (A.13IV)61.
bande bipartite che ricoprono le tempie e le orec- Si tratta di una iconografia riconducibile, per la
chie, sormontata da un grande krobylos globulare, presenza dell’attributo, al mondo afrodisio. Con-
presenta il braccio sinistro adagiato in grembo, la fronti stringenti sono riscontrabili a Timmari, dove
mano destra portata al petto a chiudere l’himation. la figura reca nella sinistra il cigno, nella destra un
Numerosissimi sono i confronti istituibili con esem- tympanon62. Una iconografia simile è attestata a
plari provenienti da altri contesti dell’area lucana: Rossano (dove la figura reca sul capo il polos)63.

48 58
Higgins 1967, p. 126 sg.; Lo Porto 1991, p. 108. Per i tipi G. Greco, Zona sacra in località Colla, in Evidenza
che presentano questo schema iconografico ved. in generale archeologica lagonegrese, pp. 39-66, tav. XXII, n. 1.
59
Winter 1903, pp. 130-131; Breitenstein 1941, nn. 430-438; M. C. D’Anisi, Nuovi dati sui culti lucani: un deposito
Herdejürgen 1971, nn. 48-50; Iacobone 1988, p. 136, tav. 129 a. votivo inediti da Accettura, in Lo spazio del rito, pp. 165-179.
49 60
Per questa particolare struttura ved. Winter 1903, pp. Per il tipo ved. Winter 1903, p. 131, n. 1,d (da Ruvo);
130-131; Breitenstein 1941, nn. 430-438; Mollard Besques 1954, un confronto piuttosto stringente è con un esemplare pro-
tav. C, n. 607; Higgins 1954, n. 1305 sg. veniente da Timmari, che presenta approssimativamente le
50
Lo Porto 1991, tav. LII, n. 110. stesse dimensioni dei nostri pezzi (Lo Porto 1991, tav. LVI
51
Bottini P. 1997, p. 130, fig. 14. n. 128). Cfr., inoltre, varianti del tipo con cornucopia da
52
Barra Bagnasco 1996b, p. 219 sg.; p. 265, fig. 3.40.24; p. Timmari (Lo Porto 1991, tav. LV, n. 126), o con leprotto al
266, fig. 3.40.25; p. 267, fig. 3.40.14. posto della phiale da Taranto e Ruvo (Winter 1903, p. 130,
53
Lo Porto 1991, tav. XLVI, n. 72. nn. 1-2).
54 61
Letta 1971, tav. XXV, n. 3. Per il tipo ved. Breitenstein 1941, tav. 54, n. 439.
55 62
Il sacro e l’acqua, p. 24. Lo Porto 1991, tav. LI, n. 105; cfr. inoltre una matrice da
56
Barra Bagnasco 1996b, p. 265, n. 3.40.24. Herakleia in Adamesteanu 1974, p. 107.
57 63
Il Sacro e l’Acqua, p. 33. Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. V.

156 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


A.13I: statuetta assisa con attributo dal panneggio. Superficie fortemente abrasa. Matrice
La figura seduta indossa chitone ed himation da cui è unica, cava, retro non caratterizzato; imp1; h 6,1; largh
completamente avvolta. Presenta una struttura “a gradi- 4. Saggio I, US 251. Inv 407692.
no”, che suggerisce la posizione seduta su di un trono o
un sedile. Stringe al petto con la mano destra i due lembi A.13II: statuetta assisa con attributo
del mantello, il braccio sinistro è adagiato in grembo a La figura seduta indossa chitone ed himation da cui è
reggere un’offerta (un pomo, una phiale). completamente avvolta. Presenta una struttura “a gradi-
Presenta una voluminosa pettinatura a bande bipartite no”, che suggerisce la posizione seduta su di un trono o
che ricoprono le tempie e le orecchie, cercine a tre sotti- un sedile. Presenta una pettinatura a bande ondulate e
li fasce, sormontata da un grande krobylos globulare. crocchia desinente a punta, trattenuta da un sottile cercine
Matrice unica. Testa piena con retro non caratterizzato, a tre fasce. Volto allungato, occhi poco definiti, naso corto
corpo cavo con retro non caratterizzato e foro sfiatatoio che va allargandosi alla base, bocca carnosa. Orecchini
circolare. globulari fortemente in evidenza. Indossa chitone e
Seconda metà del IV sec. a.C. himation. Stringe al petto, con la mano destra, i due lembi
Si individuano due diverse generazioni di matrici. del mantello; il braccio sinistro è poggiato in grembo a
È attestata in sette esemplari frammentari. reggere un’offerta (un frutto?). Dalle sottili pieghe
tubolari del chitone, visibile sotto l’himation, spuntano
A.13Ia1 (tav. VI, n. 15) i piedi affusolati, leggermente distanziati.
Testina con krobylos. Matrice unica. Testa piena con retro non caratterizzato,
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Piena, corpo cavo con retro non caratterizzato e foro sfiatatoio
retro non caratterizzato; imp2; h 5,7; largh 3,4; distanza circolare.
fronte-mento 2,7. Saggio I, US 5. Inv. 407686. Prima metà del IV sec. a.C.
A.13Ia2 Si individuano due diverse generazioni di matrici.
Testina con krobylos. È attestato in undici esemplari frammentari.
Tagliata al collo. Mutila dello chignon. Piena, retro non
caratterizzato; imp2; h 5,2; largh 3,6; distanza fronte- A.13IIa1
mento 2,7. Saggio I, US 95. Inv. 407687. Testina con krobylos.
A.13Ia3 Tagliata alla gola. Superficie fortemente abrasa. Sbeccatura
Testina con krobylos. all’angolo sinistro della capigliatura. Matrice unica. Tut-
Tagliata al collo. Mutila dello chignon. Superficie forte- to tondo, cava, retro non caratterizzato; imp2; h 4,1; largh
mente abrasa. Piena, retro non caratterizzato; imp8; h 2,6; distanza fronte-mento 2,7. Saggio I, US 1. Inv.
4,7; largh 3,2; distanza fronte-mento 2,7. Saggio I, US 407693.
117. Inv. 407688. A.13IIa2
A.13Ia4 Testina con krobylos.
Testina con krobylos. Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa.
Tagliata al collo. Mutila dello chignon. Superficie forte- Scheggiatura sul naso e sulla bocca. Matrice unica. Tutto
mente abrasa. Piena, retro non caratterizzato; imp7; h tondo, cava, retro non caratterizzato; imp5; h 4,1; largh
5,9; largh 3,7; distanza fronte-mento 2,7. Saggio I, US 2,6; distanza fronte-mento 2,7. Saggio I, US 66. Inv.
119. Inv. 407689. 407694.
A.13Ib5 A.13IIa3 (tav. VI, n. 17)
Testina con krobylos. Testina con krobylos.
Tagliata alla gola. Superficie fortemente abrasa. Cava, Tagliata alla gola. Superficie fortemente abrasa. Matrice
retro non caratterizzato; imp1; h 6; largh 3,1; distanza unica. Tutto tondo, cava, retro non caratterizzato; imp6;
fronte-mento 1,9. Saggio I, US 187. Inv. 407690. h 4,8; largh 2,8; distanza fronte-mento 2,7. Saggio I, US
A.13Ib6 77. Inv. 407695.
Testina con krobylos. A.13IIa4
Tagliata alla gola. Scheggiatura lungo il lato sinistro del Testina con krobylos.
volto. Superficie fortemente abrasa. Piena, retro non ca- Tagliata alla gola. Lacunosa dello chignon. Superficie for-
ratterizzato; imp2; h 4,1; largh 3,2; distanza fronte-men- temente abrasa. Matrice unica. Tutto tondo, cava, retro
to 1,9. Saggio II, US 253. Inv. 407691. non caratterizzato; imp5; h 3,6; largh 2,6; distanza fron-
A.13I7 (tav. VI, n. 16) te-mento 2,7. Saggio I, US 155. Inv. 407696.
Statuetta frammentaria con krobylos. A.13IIa5
Si conservano le gambe e i piedi affusolati che spuntano Testina con krobylos.

LA COROPLASTICA 157
Tagliata al collo. Scheggiatura sul lato sinistro del volto. chini globulari. Tiene in grembo, con la mano destra,
Superficie fortemente abrasa. Matrice unica. Tutto ton- una phiale ombelicata.
do, piena. Retro non caratterizzato; imp6; h 5,7; largh Seconda metà del IV sec. a.C.
2,8; distanza fronte-mento 2,7. Saggio II, US 465. Inv. Si individuano due diverse generazioni di matrici.
407697. È attestato in due esemplari frammentari.
A3IIb6
Testina con krobylos. A.13IIIa1 (tav. VI, n. 18)
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Matrice Testina con krobylos.
unica. Tutto tondo, piena. Retro non caratterizzato; imp7; Tagliata alla gola, lacunosa del krobylos. Scheggiatura sul
h 6,3; largh 2,9; distanza fronte-mento 2,1. Saggio I, US naso. Superficie abrasa. Matrice unica, tutto tondo, cava.
146. Inv. 407698. Retro plasmato sommariamente a mano; imp4; h 7,4;
A.13IIb7 largh 5; distanza fronte-mento 3,5. Saggio I, US 268. Inv.
Testina con krobylos. 407704.
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa. Matrice A.13IIIb2
unica. Tutto tondo, piena. Retro non caratterizzato; imp7; Testina con krobylos.
h 4,7; largh 2,7; distanza fronte-mento 2,1. Saggio II, US Tagliata al collo. Ricomposta di due frammenti. Profon-
465. Inv. 407699. da scheggiatura sulla fronte e sulla capigliatura. Superfi-
A.13II8 cie fortemente abrasa. Matrice unica, tutto tondo, cava.
Statuetta frammentaria con krobylos. Retro plasmato sommariamente a mano; imp2; h 8,9;
Si conserva parte del busto e del braccio sinistro. Matri- largh 5,6; distanza fronte-mento 2,7. Saggio II, US 465.
ce unica, cava, retro non caratterizzato; imp5; h 6,1; largh Inv. 407705.
5. Saggio I, US 95. Inv. 407700.
A3II9
Statuetta frammentaria con krobylos. A.13IV: statuetta assisa con cigno (tav. VI, n. 19)
Acefala, ricomposta di 11 frammenti e mutila della par- La figura è seduta su trono o sedile. Il braccio sinistro è
te inferiore. Superficie fortemente abrasa con scheggiature flesso a reggere in grembo un cigno dal collo sinuoso,
lungo le fratture. Non leggibili i particolari del panneggio. col becco rivolto verso l’esterno. Negli esemplari inte-
Matrice unica, cava, retro non caratterizzato. Foro sfia- gri la figura reca un altro attributo nella mano destra
tatoio circolare. Visibili i segni di ritocco a stecca lungo (una phiale o un tympanon?).
la linea di saldatura. Tracce di latte di calce; imp5; h 6,6; Seconda metà del IV sec. a.C.
largh 5,2. Saggio I, US 107. Inv. 407701. È attestato in un solo esemplare.
A.13II10
Statuetta frammentaria con krobylos. A.13IV1
Si conservano le gambe tagliate alle caviglie e appena Si conserva il braccio sinistro piegato, a reggere il volati-
sopra le ginocchia. Superficie fortemente abrasa. Matri- le; imp4; h 5,9; largh 2,8. Saggio I, US 119. Inv. 407706.
ce unica, cava, retro non caratterizzato; imp1; h 5,2; largh
3,9. Saggio I, US 119. Inv. 407702.
A.13II11 A.1fr Esemplari di statuette assise non ricondu-
Statuetta frammentaria con krobylos. cibili ad un tipo
Si conservano le gambe e i piedi affusolati che spuntano
dal panneggio. Superficie fortemente abrasa. Matrice A.1fr1: statuetta seduta completamente ammantata
unica, cava, retro non caratterizzato; imp1; h 5,2; largh (tav. VI, n. 20)
3,9. Saggio II, US 463. Inv. 407703. La figura è seduta su trono, reso invisibile sotto al pan-
neggio. Braccio sinistro lungo il corpo, poggiato sul brac-
ciolo del trono. Porta una collana resa a grossi vaghi
A.13III: statuetta assisa con phiale globulari ottenuti mediante profonde incisioni in un
La figura seduta indossa chitone ed himation da cui è cordone tubolare. L’himation, riccamente drappeggiato,
completamente avvolta. Presenta una struttura “a gradi- è avvolto attorno al busto da sinistra verso destra, in modo
no”, che suggerisce la posizione seduta su di un trono o che le pieghe formano una grossa V sul petto.
un sedile. Presenta una pettinatura a bande ondulate, in
alcuni punti quasi arricciate, sormontata da diadema stria- Acefala, mutila del braccio e della spalla destri, e della
to e krobylos globulare. Volto tondeggiante, palpebre ri- parte inferiore del corpo dalle ginocchia in giù; del retro
levate, naso a base larga, labbra serrate e sinuose. Orec- si conserva parte del lato sinistro. Matrice unica, tutto

158 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


tondo, cava, retro non caratterizzato; tracce di ritocco a A.21 Statuette femminili stanti di tipi vari (tav. VI, nn.
stecca lungo la linea di sutura delle due parti; imp1; h 21-23)
15,4; largh 8,5; profondità 8,5. Saggio I, US 158. Inv.
407707. Appartengono a questo gruppo alcune statuette
riferibili a quattro tipi differenti.
La statuetta è caratterizzata da un panneggio molto ric- Il primo tipo (A.21I), che rappresenta una figu-
co, che ricopre anche il sedile rendendolo invisibile, e ra seminuda che stringe al fianco un piccolo vola-
dall’assenza di attributi. Per la resa del panneggio e per
tile – probabilmente una colomba –, è inquadrabile
la mancanza di attributi, l’esemplare frammentario ri-
corda alcuni esemplari tarantini datati tra la fine del IV e in uno schema iconografico ben noto nel mondo
l’inizio del III sec. a.C.64, che presentano una struttura greco. In Italia meridionale tale schema, caratteriz-
cosiddetta “a leggio”. zato dalla presenza della colomba ad ali chiuse, ri-
torna sia in contesti greci, come a Metaponto66, che
in ambiente anellenico, dal vicino santuario di Val-
A.2 - Statuette femminili stanti (tavv. VI-VIII, nn. le d’Ansanto67, dove si data tra il IV e il III sec. a.C.
21-32) L’esemplare di Torre di Satriano presenta caratteri-
Le statuette femminili stanti sono state suddivise stiche peculiari, contraddistinto com’è – a differen-
in tre gruppi tipologici65. za, per esempio, della statuetta metapontina – dal-
Il primo accorpa pezzi riconducibili a tipi vari, la nudità fino alla vita. Tale elemento contribuisce
attestati generalmente in un solo esemplare. insieme, alla presenza dell’attributo, a inquadrare il
Nel secondo gruppo sono state catalogate le tipo all’interno delle iconografie associabili ad
statuette riconducibili a tipi tanagrini. Sono state Afrodite.
raggruppate in un sottogruppo le testine che in ori- Reca un attributo non identificabile a causa del-
gine dovevano essere congiunte ad una figura intera lo stato di conservazione una statuetta appartenen-
di tanagrina. Poiché in questo genere di produzio- te a un tipo (A.21II) con chlaina e chitone altocinto,
ne fittile le teste erano fabbricate con matrici diffe- databile stilisticamente nel III sec. a.C. 68
renti da quelle utilizzate per i corpi, anche delle Ugualmente attestata in un solo esemplare (tipo
teste frammentarie è stata effettuata una classifica- A.21III) è una figura femminile stante vestita, che
zione tipologica. porta la mano destra al ventre. Sebbene il cattivo
Il terzo gruppo, infine, comprende pochi esem- stato di conservazione del pezzo impedisca di rico-
plari che ricalcano schemi iconografici noti nella noscerne con chiarezza le caratteristiche69, si tratta
grande statuaria. molto probabilmente della raffigurazione di una

64
Graepler 1994, p. 286, fig. 213. p. 527, tav. 97 nn. 2146-2147), nonché quelle della Magna
65
Numerosissimi sono i frammenti genericamente ricon- Grecia e della Sicilia (Letta 1971, p. 121; Iacobone 1988, pp.
ducibili al gruppo delle statuette femminili stanti, ma non 9-11, tavv. I-IV).
66
ascrivibili – per il loro grado di frammentarietà – a nessuno Adamesteanu-Mertens-D’Andria 1975, p. 164, fig. 26. 1.
67
dei tipi attestati. Questi frammenti potrebbero essere relativi Rainini 1976, p. 424, fig. 125.
68
a innumerevoli tipi di statuette panneggiate, che costituisco- Per la resa del panneggio cfr. Mollard Besques 1963b, tav.
no un gruppo ampiamente distribuito in tutto il mondo gre- 115 a, e.
69
co e magno-greco a partire dagli inizi del V sec. a.C., la cui Non va escluso possa trattarsi di una statuetta che regge
caratterizzazione particolare è demandata agli attributi reca- all’altezza del ventre un lembo dell’himation, tipo che deriva
ti. Si pensi – ad esempio – alle statuette con attributi vari da modelli tanagrini e si data al III sec. a.C. (cfr. Winter 1903,
provenienti da Attica, Beozia e Argolide (Mollard Besques p. 12, n. 3; p. 15, n. 7; p. 19, n. 6; e un esemplare da Delo in
1954, tav. 2 B2; tav. 10 B78; tav. 19 B150), da Corinto (A. N. Laumonier 1956, p. 110, tav. 27, n. 273). Esemplari affini ri-
Stillwell, Corinth XV, I, Princeton 1948, pp. 84-88, tavv. 14- troviamo a Pompei (D’Ambrosio 1984, p. 168, tav. XXXIX,
17), da Olinto (D.M. Robinson, Excavation at Olynthus, VII, n. 381, e a Carsoli (A. Cerdena, Carsoli. Scoperta di un deposito
Baltimora 1933, p. 157, tav. 19) e da Lindos (Blinkenberg 1931, votivo del III sec. a.C., «NSc» 1951, p. 221, fig. 23d).

LA COROPLASTICA 159
donna gravida70 (un esemplare di donna incinta è A.21II: offerente con chitone altocinto (tav. VI, n. 21)
già stato rinvenuto a Satriano, ma è inedito), come La figura indossa chitone altocinto che ricopre anche i
piedi e chlaina che crea due lunghe pieghe ai lati del cor-
l’atto di poggiare la mano sul ventre sta ad indicare. po fino all’altezza delle ginocchia. Porta la mano sini-
Esemplare unico e inedito è una figura femmi- stra sotto al seno a reggere un’offerta non identificabile.
nile (A.21IV) vestita di leggera tunica che mette in Gravita sulla gamba destra, gamba sinistra leggermente
risalto le forme del corpo, in veloce movimento flessa e portata in avanti. Negli esemplari integri il cor-
po appartenente a questo tipo è generalmente associato
verso destra. Più che una statuetta a tutto tondo, ad una testa con pettinatura a melone.
potrebbe essere quasi un bassorilievo o meglio III sec. a.C.
un’applique destinata ad essere poggiata contro un È attestato in un solo esemplare.
fondo di diverso colore. Il manufatto rappresenta
A.21II1
una fanciulla che stringe nella mano destra un dop- Mutila della parte superiore del corpo e della testa. Si
pio flauto71, mentre nella sinistra tiene una sorta di conserva parte del braccio e della mano sinistri. Matrice
“sacco” che sembra una sorta di bisaccia da viag- unica, tutto tondo, cava, retro non caratterizzato con foro
gio72, per la quale non sono stati trovati confronti sfiatatoio circolare; imp1; h 14; largh 8. Saggio I, US 47.
Inv. 407709.
né in coroplastica né in ceramografia. Sebbene non
ci siano elementi che la caratterizzano come danza-
trice, il movimento della figura verso destra, sotto- A.21III: figura femminile con mano sul ventre (tav.
lineato anche dall’agitazione del panneggio, potreb- VI, n. 23)
La figura, rigidamente frontale, porta la mano destra al
be far pensare ad un movimento di danza. La capi-
ventre. Gamba destra portante, gamba sinistra leggermen-
gliatura con alto chignon sul capo, la resa del te flessa e arretrata. Braccio sinistro leggermente flesso e
panneggio e i tratti minuti del volto consentono mano poggiata sul fianco. L’himation è avvolto attorno
una datazione su base stilistica tra la fine del IV e il al braccio sinistro e scende al lato fino ai piedi.
III sec. a.C.
III sec. a.C.
È attestato in un solo esemplare.

A.21I: offerente con colomba (tav. VI, n. 22) A.21III1


La figura, panneggiata dalla vita in giù, reca una colomba Acefala; tagliata alle caviglie. Superficie fortemente
nella mano sinistra. Rigidamente frontale, presenta il brac- abrasa. Matrice unica, cava. Tracce appena visibili di lat-
cio destro lungo il busto, quello sinistro piegato al fianco te di calce; imp4; h 9,6; largh 4,6. Saggio I, US 119. Inv.
a reggere il volatile. Seni piccoli e distanziati. Himation 407710.
drappeggiato sui fianchi, a formare un cordone.
È attestato in un solo esemplare.
A.21IV: figura femminile con flauto e bisaccia (tav. VII,
A.21I1 n. 24)
Acefala; tagliata alla vita; la linea di frattura sale diago- La figura insiste su base parallelepipeda ed è gradiente
nalmente dal polso destro lungo il fianco sinistro, ta- verso destra. Veste una leggera tunica lunga fino alle ca-
gliando parzialmente il braccio sinistro. Matrice unica, viglie che lascia intravedere le forme del corpo e himation
cava; imp1; h 5,7; largh 4,9; profondità 1. Saggio I, US poggiato sulle spalle, che scende fino alle caviglie. Insi-
63. Inv. 407708. ste sulla gamba sinistra, mentre la destra è leggermente

70
Cfr. le statuette di donne incinte del santuario di flautista non suona lo strumento ma lo stringe al petto in
Macchia di Rossano: Adamesteanu-Dilthey 1992, tavv. XI- Herdejürgen 1971, tav. 15, n. 41.
72
XII. Ved., ad esempio, il sacco appeso accanto ad un satiro
71
Le iconografie legate a questo attributo prevedono gene- seduto su una roccia mentre suona un doppio aulos su uno
ralmente che i personaggi suonino l’aulos. Non mancano le skyphos lucano a figure rosse in Museo Taranto III.1, p. 403, n.
eccezioni: ved., ad esempio, un esemplare tarantino in cui la 178.3 (anche in LCS 1967, p. 64, n. 313).

160 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


flessa e spostata di lato, creando così un gioco di pieghe lo. Con l’età ellenistica le tecniche di fabbricazione
oblique che partono dalla vita della figura e arrivano alla conobbero una svolta decisiva: innanzitutto il nu-
caviglia sinistra. Il piede destro si presenta leggermente
ruotato in modo da apparire di profilo, al fine di dare mero di matrici utilizzate per la fabbricazione di ogni
l’idea del movimento. Pettinatura ad alto chignon globu- singola statuetta aumentò in maniera considerevole,
lare sulla cima della testa e scriminatura al centro della per cui fu possibile creare tipi più articolati grazie
fronte. Faccia piccola e tonda; orecchini globulari. Brac- alla libertà con cui il coroplasta poteva assemblare le
cio destro piegato a reggere, al lato del seno, un doppio
flauto; braccio sinistro che ricade al lato del corpo. Nel- singole parti della statuetta ottenute con le diverse
la mano sinistra la figura regge un sacco. matrici. Inoltre, la maggiore cura prestata alla resa
Fine IV-III sec. a.C. (?) dei particolari diede vita ad una produzione di fattu-
È attestato in un solo esemplare. ra molto più raffinata rispetto a quella di età prece-
A.21IV1 dente75: per quanto riguarda i corpi, l’impostazione
Integra, ricomposta di 4 frammenti. Piccola scheggiatura delle figure e le vesti rese a ricche pieghe ondeggianti
alla base del panneggio. Superficie abrasa. Matrice uni- suggeriscono un’impressione di movimento decisa-
ca, cava; imp1; h 15,3; largh 7,7; profondità 2,7; distanza
mente sconosciuta nella coroplastica di età arcaica e
fronte-mento 1,3. Saggio II, US 524. Inv. 407711.
classica; la fabbricazione delle teste è caratterizzata
A.22 – Tipi tanagrini (tavv. VII-VIII, nn. 25-32) da una particolare cura prestata alla resa della capi-
Rientra nella generica definizione di «tanagrine»73 gliatura a piccole ciocche ondulate raccolte a chignon
quella produzione di età ellenistica che costituisce, nonché ai particolari del viso, che diventa più espres-
per caratteristiche iconografiche, cromatiche e tec- sivo e caratterizzato76.
niche, un’evidente frattura con la produzione pre- Come attestano i depositi votivi rinvenuti sul-
cedente74. Infatti in età arcaica e classica le statuette l’Acropoli e nella necropoli del Ceramico di Ate-
fittili presentano generalmente forme semplici e – sal- ne, la tipologia (e quindi l’ideazione dei prototipi e
vo poche eccezioni – sono fabbricate con un’unica l’elaborazione degli esemplari) nasce ad Atene77 a
matrice. Già alla fine dell’età classica le teste comin- partire dal terzo venticinquennio del IV sec. a.C.78,
ciarono ad essere modellate a parte, per essere poi per poi diffondersi, dalla fine del secolo, in tutto in
inserite nei corpi grazie a un perno alla base del col- mondo ellenistico79.

73
Il termine deriva dalla città beotica di Tanagra, in cui Besques, che, pur attribuendo ad Atene la nascita di alcuni
negli anni settanta del XIX secolo furono rinvenute centinaia tipi, considera anche la stessa Tanagra un importante centro di
di statuette di questo genere. Sugli scavi condotti a Tanagra e produzione, come dimostrerebbe il fatto che «de tout temps la
su questo tipo di produzione ved. in generale Kleiner 1984; R. Béotie a été un centre exportateur, mais le commerce des terres
Higgins, Tanagra and the Figurines, London 1986, pp. 118-161. cuites augmente dès les premières annés de l’époque
74
Cfr. Graepler 1994, pp. 282-299; M. Bell, Tanagras and hellénistique» (Mollard Besques 1963a, p. 73). L’ipotesi oggi
the Idea of Type, in Greek Terracottas of the Hellenistic world. maggiormente accettata vede Atene il centro creatore della
The Coroplast’s Art (june 1991), «BHarvMus» I 1993, p. 41: produzione, con una successiva diffusione in Beozia, dove
«They represent a distinct break with the coroplastic past, a Tanagra diviene effettivamente, nel corso del III sec. a.C., il
raising of the sight of the coroplasts to the level of those of più importante centro di produzione e diffusione dei tipi atti-
major artists. It is not that the coroplasts were imitating the ci mutuati da Atene e probabilmente essa stessa centro di
work of the sculptors, rather that they were now setting ideazione e creazione di tipi originali (Graepler 1997).
78
themselves similar problems in miniature». Sull’inquadramento storico di questa produzione ved. da
75
«“Tanagras” are, particularly at the biginning, tiny works ultimo, con bibl., V. Jeammet, La naissance des Tanagréennes.
of art, true pieces of miniature sculpture, not made for any Athènes au IV e siècle avant J. C. Origine et diffusion des
dedicatory purpose, but created for delight» (Thompson 1952, Tanagréennes, in Tanagra, pp. 120-152, in cui si sottolinea che
p. 130). «les Tanagréennes sont avant tout l’expression plastique de cette
76
J. C. Chesterman, Classical Terracotta Figures, London période de transition qu’est le IVe siècle en Grèce, qui voit
1974, p. 58 sg. mourir un ancien monde ancore centré sur la cité d’Athènes,
77
Sulle numerose ipotesi avanzate sull’origine di questa première puissance politique, économique et artistique, malgré
produzione, ved. D. Burr Thompson, The Origin of Tanagras, la ruineuse guerre du Pelopponnèse, pour passer sous le noveau
«AJA» LXX 1966, pp. 51-63, in cui la città di Atene è indivi- pouvoir du royaume macédonien» (p. 120).
79
duata come centro creatore; di parere diverso S. Mollard Diffusasi anche in Italia meridionale e in Sicilia, la pro-

LA COROPLASTICA 161

11
Non è ancora chiaro il significato di questi fittili, citare una forte influenza sulle produzioni fittili
che ritroviamo nei contesti più diversi: santuari, dei siti dell’interno sembra confermato dalla pro-
tombe, abitazioni private. A ciò si aggiunge la duzione di età ellenistica di Ruoti83 o Valle d’An-
genericità delle iconografie80, dovute a un fenome- santo84.
no di laicizzazione comune a tutte le espressioni
artistiche della società ellenistica, per cui – nel caso A.22 – Tipi tanagrini (esemplari integri e corpi)
specifico della coroplastica – le statuette votive per- Due esemplari (tipi A.22I e A.22II) – una statuetta
dono la specifica connotazione religiosa e non sono acefala e mutila della base e un’altra conservatasi
più caratterizzate da attributi specifici81. Va sottoli- integra – appartengono alla tipologia definita dal
neata, comunque, la ripresa di schemi iconografici Kleiner della Kleine Herculanenserin85, in quanto
mutuati dalla grande statuaria, per cui una parte ispirata al noto tipo statuario della Piccola Erco-
della produzione rappresenta delle divinità secon- lanese86. La creazione del tipo, che rientra tra i ge-
do schemi statuari noti. neri più diffusi di tanagrine ammantate, nell’am-
Le terrecotte del santuario di Torre di Satriano bito della produzione coroplastica si data alla fine
derivano da prototipi che vanno dalla fine del IV al del IV sec. a.C., ma viene riprodotto fino all’età
II sec. a.C. 82 e ricalcano schemi iconografici molto tardo-repubblicana87. Nella metà del III sec. a.C.
comuni, noti non solo in ambito magno-greco, ma si colloca la creazione del prototipo cui è ricondu-
in tutto il bacino del Mediterraneo. cibile la statuetta frammentaria (A.22I), che pre-
Va comunque sottolineata la vicinanza a sche- senta accurato trattamento del panneggio seppur
mi ampiamente attestati in area pestana, per cui ancora rigida e schematica è la figura rigidamente
è probabile che anche questi tipi di piena età frontale: ben modellata è la spessa piega dell’hi-
ellenistica, pur non essendo propriamente distin- mation, che dal gomito destro scende obliqua, ri-
tivi della produzione coroplastica pestana (come coprendola, fino alla mano sinistra, mentre dal
in età classica è stata la figura della dea in trono polso scendono le sottili piegoline dell’estremità
con phiale e canestro di frutti), siano giunti a dell’himation che avvolge la figura. Esemplari si-
Satriano attraverso la mediazione e il filtro della mili a questo di Torre di Satriano sono attestati in
tradizione artistica della colonia. D’altronde, che ambito pestano88.
l’artigianato coroplastico pestano continui a eser- La statuetta integra reca sul capo leggermente

83
duzione tanagrina vede i suoi principali centri di elaborazione Fabbricotti 1979, p. 369 sg.; p. 399 sg.
84
e diffusione a Taranto («where a series of rich burials from the Rainini 1976, p. 430 sg.
85
4th through the early 2nd century has revealed a coroplastic Kleiner 1942, pp. 105-108, tav. 14 b.
86
underworld populated by gods, demigods, and a variety of Si tratta di un originale attico di scuola prassitelica databile
mortals»: Bell 1990, p. 64) e Siracusa («The little-known all’incirca tra il 330 e il 310 a.C. L’archetipo del tipo è stato
terracottas of Syracuse, almost alla votives of more solemn identificato in alcuni rilievi tombali attici dell’ultimo venti-
character, can be seen today either through their reflections in cinquennio del IV sec. a.C. (B. Neutsch, Studien zur vorta-
the products of dependent workshops in outlying cities such nagräisch-attischen Koroplastik, «JdI» EH XVII 1952, pp. 31-
as Morgantina or Kentoripai (known today as Centuripe), or 34). Per la creazione del tipo nella grande statuaria ved. G.
in the few ambitious pieces that have been excavated in the Lippold, Die griechische Plastik, in Handbuch der Archäologie,
sanctuaries of metropolis»: Bell 1990, p. 64). III, 1, München 1960, p. 242, tav. 86; Ch. Picard, Manuel
80
Per quanto riguarda le iconografie attestate, il repertorio d’Archéologie grecque. La sculture, IV, 2, Paris 1963, p. 364, figg.
è piuttosto limitato e attinge agli atteggiamenti tipici della vita 159-160; L. Alscher, Griechische Plastik, IV, Hellenismus, Berlin
quotidiana o agli schemi della grande statuaria: il soggetto più 1957, p. 81 sg., fig. 26; p. 195, nota 130. Sul legame tra la gran-
comune è quello della donna drappeggiata, ma sono attestate de statuaria e la produzione di stile tanagrino ved. A. Pasquier,
anche immagini di fanciulli, nikai, danzatrici, etc. ved. Kleiner «Tanagréennes» et grande sculpture, in Tanagra, pp. 153-158.
87
1984. Kleiner 1942, p. 108; 1984, pp. 105, 265; Mollard Besques
81
Ved. da ultimo Lippolis 2003, pp. 272-275. 1972, p. 16, tav. 15 b.
82 88
Cfr., sul problema della cronologia, quanto sottolineato Si tratta di esemplari inediti provenienti dall’Heraion alla
alla nota 2. Ved. inoltre Miller Ammermann 2002, p. 145. foce del Sele e dall’area dell’Athenaion di Poseidonia (Cipriani

162 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


inclinato su un lato un cercine tubolare liscio89, se- ni realizzate a crudo.
condo una tipologia ampiamente attestata in area Numerosi difetti di fabbricazione presenta una
tirrenica. Di forme più affusolate rispetto all’esem- statuetta con acconciatura a melone (A.22VI), con
plare precedente, questa statuetta sembra potersi mano destra portata in avanti e poggiata sul ventre
datare nell’arco del II sec. a.C. Esemplari affini sono a reggere il panneggio. Si tratta di un tipo molto
noti in area microasiatica90 e, in Italia meridionale, noto97, riprodotto in innumerevoli varianti (nume-
nel santuario rurale di Postiglione e nell’Heraion rose sono le acconciature associate a questi corpi,
alla foce del Sele91. Attestazioni del tipo ritroviamo con o senza copricapo, anche se prevalgono le teste
anche in ambito tirrenico-laziale92. con melonenfrisur). Affinità stilistiche possono rav-
Di dimensioni piuttosto grandi (l’esemplare in- visarsi con alcuni esemplari provenienti da Capua,
tegro doveva superare i 30 cm. di altezza) è un esem- Cuma e Teano (esemplare databile non oltre il se-
plare frammentario di figura femminile (A.22III), condo decennio del III sec. a.C.)98.
vestita di himation e chitone; essa protende il brac- Si distacca da questo repertorio di tipi molto co-
cio destro a sollevare l’himation all’altezza della vita, muni, di cui sono attestate rielaborazioni locali di
formando così una spessa piega verticale. Il con- chiara impronta pestana, una statuetta acefala di gran-
fronto più stringente è con un esemplare di Timmari di dimensioni tipo (A.22VII)99: le dimensioni accre-
del primo quarto del III sec. a.C.93, ma si tratta di sciute del pezzo (oltre i 30 cm.), gli accorgimenti atti
una tipologia diffusissima, al pari delle altre già ri- a dare una nuova visione della statuetta da più di
cordate, in tutto il mondo greco e magno-greco94. un’angolatura (la rigida frontalità è scomparsa), la
Derivati da schemi di area microasiatica (in parti- mano sinistra protesa in avanti, la forte svasatura del-
colare a Myrina e Tanagra95) e diffusi in ambito co- le pieghe del chitone, il drappeggio particolarmente
loniale96 sono probabilmente i prototipi cui risal- ricco a creare numerose pieghe oblique dalla mano
gono due esemplari frammentari (A.22IV e A.22V), sinistra al ginocchio destro, rendono il pezzo unico
realizzati con argilla molto grezza. Anche la fattura e differente rispetto alla produzione piuttosto sca-
è piuttosto scadente, come testimoniano i ritocchi dente attestata nel santuario. Il corpo, solitamente
del panneggio delle figure, reso a profonde incisio- associato a teste con acconciature a melone100, è

95
1994, p. 18, nn. 46-47), e di alcuni esemplari su base quadrata Per Tanagra ved. Winter 1903, p. 36, n. 5; per Myrina
da Postiglione (Cipriani 1994, tav. III, nn. 8-9). M.B. Huish, Greek Terracotta Statuettes, London 1900, tav.
89
La possibilità di assemblare corpi e teste di tipi differenti XLIV, n. 4; cfr., inoltre, Baroni-Casolo 1990, tavv. LXVIII, 1;
dà luogo, in età ellenistica, ad una grandissima varietà nella per Myrina E. Pottier, S. Reinach, La nécropole de Myrina, I,
produzione coroplastica. In riferimento al nostro esemplare, Paris 1887, p. 141, fig. 2, tav. XXV.
96
cfr., ad esempio, una statuetta di Fratte, in cui ad un corpo che Cipriani 1994, tav. IV, n. 13.
97
segue l’iconografia della Piccola Ercolanese è associata una Per il tipo cfr. Winter 1903, p. 17, n. 1.
98
testina con pettinatura a melone: Fratte, p. 114, n. 206. Per Capua ved. Baroni-Casolo 1990, tav. IX, 5; per Cuma
90
Mollard Besques 1963b, tav. 124 d (seconda metà del III ved. E. Gabrici, Cuma, «MonAnt» XXII 1913, tav. CXI, n. 2,
sec. a.C.); tav. 124 e-f (inizi del II sec. a.C.); tav. 125 a, d (metà col. 706; e Scatozza Höricht 1987, tav. XIV, n. 1; per Teano
del II sec. a.C.). ved. E. Gabrici, Necropoli ellenistica a Teano dei Sidicini,
91
Per Postiglione ved. Cipriani 1994, tav. IV, 16; per «MonAnt» XX 1910, fig. 60, col. 90.
99
l’Heraion alla foce del Sele ved. Dewailly 1997, p. 209, fig. 18, Per il tipo cfr. A. Cartault, Terres cuites grecques, photo-
inv. n. 94865; p. 210, fig. 19, inv. n. 94815. graphiées d’après les originaux des collections privéè de France et
92
Gatti Lo Guzzo 1978, tav. VI, tipo EVIa,1. Tra gli innu- des muséès d’Athènes, Paris 1890, pp. 29-30, tav. VIII, n. 1, Winter
merevoli esempi, cfr. alcune statuette che presentano lo stesso 1903, p. 26, n. 1; H B. Walters, Catalogue of Terracottas in the
schema provenienti da Pompei (D’Ambrosio 1984, p. 182, tav. Department of Greek and Roman Antiquities, British Museum,
XLIX, n. 434; D’Alessio 2001, pp. 68-69, tav. 13 c-d), e dalla London 1903, p. 210, XXVIII, C 255.
100
stipe del Belvedere a Lucera (M. C. D’Ercole, La stipe votiva Baroni-Casolo 1990, p. 116, tav. III, 4. Un tipo simile
del Belvedere a Lucera, Roma 1990, tav. 55 b-c). per il movimento e la posizione della mano sinistra protesa in
93
Lo Porto 1991, tav. LIX, n. 143. avanti a sollevare l’himation presenta invece il capo velato e si
94
Cfr. Winter 1903, p. 15, n. 7; Kleiner 1984, p. 133, tav. 30a. data al II sec. a.C.: Schmidt 1994, tav. 35, n. 177.

LA COROPLASTICA 163
avvicinabile a modelli di area beotica101 e micro- braccio sinistro. Quest’ultimo, leggermente flesso e av-
asiatica102, anche se tipi simili, ma non uguali, ritro- volto nelle pieghe dell’himation, ricade lungo il fianco.
Testa con cercine tubolare liscio applicato a crudo. Petti-
viamo nel Sannio103 e in Sicilia104. Molto simile è un natura scriminata al centro della fronte con crocchia sul-
capolavoro della coroplastica tarantina105, nonché la nuca. Volto rotondo. Orecchini a pasticca. Base qua-
alcuni esemplari provenienti dall’area pestana106. La drangolare.
creazione del tipo si data nel tardo III sec. a.C., e il Inizi del II sec. a.C.
È attestato in due esemplari.
nostro esemplare sembra potersi collocare
stilisticamente agli inizi del II sec. a.C.
A.22II1 (tav. VII, n. 26)
La statuetta con tympanon (il cui tipo non è Si conserva integra. Superficie fortemente abrasa: non
completamente ricostruibile data l’estrema fram- leggibili i particolari del volto. Matrice unica, tutto ton-
mentarietà del pezzi) tipo (A.22VIII) appartiene ad do, cava, retro non caratterizzato. Foro sfiatatoio circo-
lare sul retro; imp1; h 20,5; largh 6. Saggio II, US 394.
una tipologia nota e diffusa nel III sec. a.C. La po-
Inv. 407713.
sizione della gamba destra leggermente flessa del A.22II2
primo esemplare lascia ipotizzare si tratti di una Si conserva parte del busto; la linea di frattura sale diago-
figura stante, che grava sulla gamba sinistra e tiene nalmente fino alla spalla destra. Matrice unica, tutto ton-
do, cava, retro non caratterizzato. Tracce di latte di calce
il braccio destro abbandonato lungo il fianco a reg-
e di colore rosso; imp6; h 5,8; largh 5,2. Saggio I, US 95.
gere il tympanon, come si vede in un esemplare da Inv. 407714.
Capua, cui è associata una testina con ghirlanda di
foglie di edera107.
A.22III: statuetta panneggiata stante
A.22I: tanagrina del tipo “Piccola Ercolanese” Rigidamente frontale, insiste sulle due gambe e indossa
Veste chitone e himation, trattenuto al petto con la mano himation e chitone. L’himation avvolge completamente
destra. L’himation si tende sul braccio destro proteso al la figura lasciando scoperto, al di sotto delle ginocchia, il
collo e avvolge il braccio sinistro, che ricade lungo il chitone reso a pieghe tubolari parallele, che nella parte
fianco, formando una larga piega obliqua che dal gomi- inferiore sono leggermente svasate e si ispessiscono in
to sinistro arriva all’anca destra. maniera da formare la base di appoggio della figura. Il
Metà del III sec. a.C. braccio destro è semiflesso e proteso a sollevare, all’al-
È attestato in un solo esemplare. tezza della vita, il panneggio, formando una spessa piega
verticale che scende al di sotto delle ginocchia.
A.22I1 (tav. VII, n. 25) Primo quarto del III sec. a.C.
Acefala, mutila della base. Superficie fortemente abrasa. È attestato in un solo esemplare.
Matrice unica, tutto tondo, cava, retro non caratterizza-
to; imp6; h 20,5; largh 9,2. Saggio II, US 394. Inv. 407712. A.22III1 (tav. VII, n. 27)
Tagliata alla vita, lacunosa della parte inferiore sinistra
del panneggio. Matrice unica, tutto tondo, cava, retro
A.22II: tanagrina del tipo “Piccola Ercolanese” non caratterizzato; imp8; h 20,5; largh 10,6. Saggio II,
Veste chitone e himation. Il chitone è trattato a sottili US 394. Inv. 407715.
pieghe tubolari parallele, appena visibile sotto l’himation
che avvolge completamente la figura e trattenuto al pet- A.22IV: statuetta panneggiata stante
to con la mano destra, creando un gioco di pieghe che Indossa il chitone visibile all’altezza delle ginocchia sot-
scendono diagonalmente dalla spalla destra fino all’avam- to l’himation, che avvolge la figura coprendo il busto.

101 105
E. Paul, Tanagrafiguren aus den staatlichen Museen zu Graepler 1997, p. 122, fig. 92.
106
Berlin, Leipzig 1962, p. 33, tav 2. Cfr. l’esemplare da Postiglione in forme più rigide e
102
Ved. gli esemplari da Myrina in Winter 1903, p. 53, n. 6; schematiche in Cipriani 1994, p. 20 , tav. IV, n. 15, note 88-89.
107
Mollard Besques 1963b, p. 105, tav. 124 b. Della Torre-Ciaghi 1980, tav. XIII, n. 2. Numerosi sono
103
Sannio: Pentri e Frentani dal VI al I sec. a.C. (Catalogo i tipi ellenistici con tympanon. L’attributo è presente anche in
della Mostra, Isernia), Roma 1980, pp. 293-294, fig. 91.2. esemplari di statuette sedute attestate per esempio a Timmari
104
Kekulé 1884, p. 73, tav XXXIX, 4. (Lo Porto 1991, tav. LII, nn. 108-109).

164 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


Grava sulla gamba destra, gamba sinistra flessa e legger- mente inclinata verso destra, con acconciatura a melone
mente arretrata. Il braccio sinistro è piegato a gomito a a 6 bande profondamente incise, che si raccolgono sulla
reggere, sotto al seno, un lembo dell’himation che ricade sommità del capo in uno chignon circolare e piatto. Orec-
in spesse pieghe ai lati della figura. Le estremità del man- chini globulari.
tello sono raccolte in modo da ricadere in un ricco drap- III sec. a.C.
peggio lungo il fianco sinistro della figura. Base quadran- È attestato in un solo esemplare.
golare.
Prima metà del III sec.a.C. A.22VI1 (tav. VIII, n. 30)
È attestato in un solo esemplare. Matrice unica, tutto tondo, cava; retro non caratterizza-
to con foro sfiatatoio di forma ovale. La testa presenta
A.22IV1 (tav. VIII, n. 28) un perno per l’inserimento nel corpo. L’esemplare pre-
Ricostruita di 12 frammenti. Acefala. Si conserva la par- senta difetti di fabbricazione, come si evince dagli orec-
te anteriore sinistra della figura ed il retro. Superficie chini globulari applicati a crudo, che appaiono di di-
fortemente abrasa. L’esemplare è di grossolana fattura, mensioni eccessive e, nel caso dell’orecchino destro, pre-
come dimostra la resa del panneggio a profonde incisio- sentano una forma anomala. Di conseguenza è probabi-
ni ai lati della figura. Matrice doppia, retro lisciato con le che l’esemplare in questione costituisca uno scarto di
foro sfiatatoio ovale. Tracce di latte di calce e di cattiva fabbrica.
cottura. Incrostazioni nere sulla superficie; imp3; h 16,2;
largh 8,2. Saggio II, US 454. Inv. 407716. Ricostruita di due frammenti. Tagliata poco al di sotto
della vita. Sbeccature sul retro della testa. Superficie for-
A.22V: statuetta panneggiata stante temente abrasa: illeggibili i particolari del volto e del
Indossa il chitone reso a spesse pieghe parallele, visibile drappeggio; imp5; h 10,5; largh 6,1; h fronte-mento 6,1.
al di sotto dell’himation all’altezza delle ginocchia. Le Saggio II, US 512. Inv. 407721.
pieghe del chitone sono leggermente svasate alla base e
si ispessiscono in modo da formare una base di appog- A.22VII: statuetta ammantata (tav. VIII, n. 31)
gio. Il braccio destro è piegato a gomito e la mano destra Indossa chitone e lungo himation, che l’avvolge comple-
doveva essere probabilmente portata al seno a reggere un tamente coprendo le mani. Braccio destro leggermente
lembo di panneggio. piegato e disteso lungo il fianco; braccio sinistro portato
III sec. a.C. all’altezza della vita con mano leggermente protesa in
Si individuao due diverse generazioni di matrici. avanti a sollevare il mantello che scende fino alle ginoc-
È attestato in quattro esemplari. chia in un fitto drappeggio. Il chitone, fortemente
A.22Va1 (tav. VIII, n. 29) scanalato, spunta dall’himation al di sotto delle ginoc-
Ricostruita di 11 frammenti. Acefala, mutila della parte chia ed è fortemente svasato e ondulato alla base al fine
superiore della figura. Si conserva il panneggio del si creare un piano di appoggio. Grava sulla gamba sini-
chitone, il braccio destro ed il retro. Superficie fortemente stra, gamba destra leggermente flessa e arretrata.
abrasa. Matrice doppia, retro non caratterizzato con foro Metà del III-II sec. a.C.
sfiatatoio ovale; imp2; h 17,9; largh 9,6. Saggio II, US È attestato in un solo esemplare.
454. Inv. 407717.
A.22Va2 A.22VII1
Si conserva la parte anteriore della figura tagliata alla Ricostruita di 12 frammenti. Acefala; mutila della mano
vita; imp2; h 8,1; largh 9,4. Saggio II, US 454. Inv. 407718. sinistra; lacuna in prossimità della mano destra e della
A.22Va3 base del chitone. Superficie abrasa. Matrice unica, retro
Si conserva la parte anteriore della figura tagliata alla modellato a mano non caratterizzato con foro sfiatato-
vita; imp2; h 9,1; largh 9,9. Saggio II, US 463. Inv. 407719. io; imp6; h 26; largh 12. Saggio II, US 454. Inv. 407722.
A.22Vb4
Ricostruita di 2 frammenti conserva la parte anteriore A.22VIII: statuetta con tympanon
della figura tagliata alla vita; imp5; h 6,9; largh 9,4. Sag- Negli esemplari integri, veste un himation che l’avvolge
gio II, US 454. Inv. 407720. quasi completamente. La gamba sinistra è portante, quel-
la destra leggermente flessa. Il braccio sinistro è piegato
A.22VI: statuetta ammantata al fianco, il destro è rilasciato lungo il corpo a reggere un
Indossa chitone e himation che è avvolto attorno al brac- tympanon. In alcuni esemplari è associata ad una testa
cio destro portato dietro al fianco e al braccio sinistro con ghirlanda di foglie di edera.
leggermente flesso con mano sul ventre. Testa legger- III sec. a.C.

LA COROPLASTICA 165
È attestato in due esemplari frammentari. variante posteriore rispetto all’originaria acconcia-
tura a 8 spicchi profondamente incisi114. Il volto,
A.22VIII1 (tav. VIII, n. 32)
Si conserva la gamba destra leggermente flessa con trac- dalle forme morbide, esprime, nell’inclinazione la-
ce del panneggio, e la mano destra che regge il tympanon; terale della testa, nella resa delle sopracciglia fina-
imp4; h 3,6; largh 3,5. Saggio I, US 266. Inv. 407723. lizzata a creare uno sguardo corrugato, nell’infos-
A.22VIII2 samento degli occhi, una sottile intonazione pate-
Si conserva mano destra con il tympanon; imp4; h 2,8;
largh 3,1. Saggio I, US 187. Inv. 407724. tica. Anche per questo tipo, a generiche corrispon-
denze con testine riconducibili a questo diffusissi-
A.2.22 – Tipi tanagrini (testine) (tavv. VIII-IX, nn. 33- mo modello iconografico115, si possono aggiunge-
38) re confronti istituibili con esemplari provenienti
Non numerosissime, le testine dello “stile di dall’area poseidoniate116, dato molto interessante
Tanagra” richiamano, al pari dei corpi rinvenuti, se pensiamo ancora una volta a Paestum come cen-
modelli molto diffusi in area greca e magno-greca, tro di irradiazione di modelli culturali che si dif-
talvolta con rifacimenti di carattere locale da attri- fusero in tutto il mondo campano, sannitico e
buirsi forse anche all’utilizzo di matrici difettose. lucano nel corso del IV e III sec. a.C. Ed è proba-
Due testine presentano l’acconciatura cosiddet- bile che anche questi tipi di piena età ellenistica,
ta “a melone”, resa a bande più o meno marcate, che rientrano in un’ampissima koiné stilistica, sia-
con o senza nodo sulla nuca108. no giunti a Satriano attraverso il filtro della tradi-
Il primo tipo (A.2.22I1)109, caratterizzato da un’ac- zione artistica pestana.
conciatura a 8 bande profondamente incise e largo Ugualmente diffuso117 è il tipo con cercine
nodo schiacciato sulla nuca, è tra i più diffusi della tubolare liscio118 lavorato a parte e aggiunto dopo il
serie110. Numerosi i confronti con l’area tirrenica, distacco dalla matrice (A.2.22III), che trova un con-
in particolare poseidoniate111. fronto stringente a Postiglione119. Il modello di que-
L’altra testina con acconciatura a melone112 sta testina è stato utilizzato anche nella realizzazio-
(A.2.22II1) si data stilisticamente alla metà III sec. ne della statuetta che ricalca lo schema della Picco-
a.C. per il particolare tipo di melonenfrisur113 a nu- la Ercolanese tipo (A.22II1).
merose bande poco marcate, che costituisce una Nell’arco cronologico del III sec. a.C. si data un

108 115
Kleiner data le prime attestazioni di questo tipo di ac- Laumonier 1921, tav. XIII, n. 24; Bell 1981, nn. 570, 588.
116
conciatura all’ultimo quarto del IV sec. a.C. (Kleiner 1942, p. Ved. gli esemplari dall’Heraion alla foce del Sele (Zancani
15). Montuoro-Zanotti Bianco 1937, p. 335, figg. 88-89); dal san-
109
Per il tipo cfr. Breitenstein 1941, p. 75, tav. 87, n. 717. tuario rurale di Postiglione (Cipriani 1994, tav. IV, n. 20); dal
110
Innumerevoli i confronti con esemplari simili da Ruoti santuario extra-urbano di Santa Venera (Miller Ammermann
(Fabbricotti 1979, p. 371, fr. 27, n. 212); Metaponto (Ada- 2002, tav. LXVII, nn. 2310, 2314).
117
mesteanu-Mertens-D’Andria 1975, p. 95, fig. 85 b); Capua (Ba- Oltre che in ambiente magno-greco, il tipo è diffuso
roni-Casolo 1990, tav. XXXIII, n. 6; tav. XXXV, n. 5; tav. anche in ambiente medio italico: ved. P. Mingazzini, Il Santua-
XLVII, n. 7); Morgantina (Bell 1981, nn. 550-551, 559). rio della dea Marica alle foci del Garigliano, «MonAnt» XXXVII
111
Miller Ammermann 2002, tav. LXVII, nn. 2316, 2323. 1938, col. 319, tav. XXVI, nn. 9-10; M. Torelli, I. Pohl, Veio.
112
Il tipo è già noto a Satriano (Satriano, tav. 13). Scoperta di un piccolo Santuario etrusco in località Campetti. La
113
Per il tipo cfr. Mollard Besques 1963b, n. 212 f. stipe votiva, «NSc» XXVII 1973, p. 258, fig. 145 F40; Comella
114
Secondo la D. B. Thompson, l’acconciatura a melone a 1978, tav. XIX, nn. 92-95.
118
numerose (da 10 a 18) e sottili bande poco marcate, che aderisco- Sulla tipologia del cercine, liscio o ombreggiato con
no alla testa a mo’ di copricapo o calotta, costituisce una variante puntini o lineette, ved. Thompson 1963, p. 44.
119
derivata da un più antico schema a poche bande (in genere 8) Cipriani 1994, tav. IV, n. 25. Cfr., inoltre, generici con-
profondamente incise. Questa variante compare ad Atene nel ter- fronti con esemplari dal santuario di Santa Venera (Miller
zo quarto del IV sec. a.C. sulle Muse della Base di Mantinea, per Ammermann 2002, tav. LXIV, n. 2171), dal santuario di Valle
poi diffondersi in Italia Meridionale (e in Asia Minore), dove di- D’Ansanto (Rainini 1976, p. 437, fig. 24, nn. 152-153; p. 438,
viene popolare dalla metà del III sec. a.C. (Thompson 1963, pp. fig. 25, n. 155) e da Capua (Baroni-Casolo 1990, tav. XLIX, nn.
37-39; Baroni-Casolo 1990, p. 101 sg., n. 31). 4, 5; tav. L, n. 2).

166 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


unico esemplare di testa femminile con alta ste- lele ed alto nodo circolare sulla nuca. Manca il cercine
phane120 semilunata sulla testa tipo (A.2.22IV))121. A tubolare applicato a crudo. Volto ovale leggermente in-
clinato verso destra. Collo lungo con linee di Venere in
generiche corrispondenze che rispecchiano – come evidenza.
si è più volte sottolineato – un’ampissima koiné122, III sec. a.C.
si aggiungono confronti stringenti con esemplari È attestato in un solo esemplare.
provenienti da Ruoti e dall’area pestana123.
A.2.22I1 (tav. VIII, n. 34)
Derivato da modelli tanagrini dell’ultimo quar- Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa: non leg-
to del IV sec. a.C., caratterizzati da dimensioni gibili i particolari del volto. Matrice unica, tutto tondo,
minute, volto ovale, bocca piccola e occhi legger- piena, retro rifinito; imp4; h 4,4; largh 2,4; h fronte-mento
mente infossati124, è il tipo cui va attribuita una 2,2. Saggio II, US 211. Inv. 407725.
testina strettamente avvolta nel velo (A.2.22V), che A.2.22II: testina con melonenfrisur
lascia scoperto un cercine decorato da una fila di Pettinatura a 17 bande rese con incisioni parallele poco
puntini a stecca. La presenza del cercine decorato a marcate. Volto ovale leggermente inclinato verso destra;
stecca125 consente di datare il manufatto ad un mo- fronte alta, mento grassoccio. Occhi allungati, naso a
base larga con narici ben definite; labbra serrate e sinuo-
mento avanzato del III sec. a.C.126 . se. Collo lungo con linee di Venere in evidenza.
Da inquadrarsi nel II sec. a.C. (seconda metà?) è Metà del III sec. a.C.
una testa (A.2.22VI) di dimensioni maggiori rispetto È attestato in un solo esemplare.
alla media delle statuette di “stile tanagrino” attestate
A.2.22II1 (tav. VIII, n. 33)
nel santuario127. Inoltre la fattura è decisamente sca-
Si conserva integra, con spesso perno per l’inserimento
dente, come dimostra la resa grossolana delle cioc- della testa nel corpo della statuina. Matrice unica, tutto
che di capelli a incisioni oblique e l’applicazione di tondo, piena, retro rifinito; imp6; h 9,1; h testa 6,2; h
orecchini globulari che presentano forma irregolare. perno 3,9; largh 3,5; distanza fronte-mento 3,2. Saggio
II, US 143. Inv. 407726.
Sebbene l’esemplare non sia completamente leggibi-
le a causa dello stato di forte abrasione della superfi-
cie, la forma del volto dal mento prominente sembra A.2.22III: testina con cercine liscio
potersi accostare ad un modello di volto molto dif- Pettinatura a ciocche leggermente ondulate scriminata
sulla fronte e crocchia sulla nuca. Cercine tubolare liscio
fuso negli ateliers pestani a partire dal III sec. a.C., lavorato a parte e applicato a crudo. Volto rotondo, leg-
utilizzato per creare immagini sia maschili che fem- germente rivolto a sinistra, naso prominente, bocca pic-
minili e variato mediante l’aggiunta di cercine, orec- cola e serrata. Orecchini a globetto.
chini, ciocche di capelli128. Prima metà del III sec. a.C.
È attestato in un solo esemplare.

A.2.22I: testina con melonenfrisur e nodo sulla nuca A.2.22III1 (tav. IX, n. 35)
Pettinatura a 8 bande rese con profonde incisioni paral- Tagliata al collo. Mutila della parte sinistra del cercine.

120
Per uno studio di tale ornamento nella coroplastica, dalle per Santa Venera ved. Miller Ammermann 2002, tav. LXXI,
forme più semplici e basse (diffuse dalla metà del IV sec. a.C.), ai nn. 2380-2382.
124
diademi più alti, spesso con decorazione a rilievo (che si diffon- Cfr. Thompson 1952, pp. 116-164, tav. 36, n. 28;
dono dal III sec. a.C.), ved. Thompson 1963, pp. 49-50. Thompson 1963, tav. XXXVIII, nn. 170-172.
121 125
Per il tipo cfr. Breitenstein 1941, tav. 40, n. 352; Mollard Per il cercine decorato con punti a stecca cfr. una testina
Besques 1986, tav. 112, D 3942 b; D 3944 c; D 3946 f. da Postiglione in Cipriani 1994, tav. V, n. 32.
122 126
Cfr. gli esemplari da Capua in Baroni-Casolo 1990, tav. Cfr. quanto riportato alla nota 116.
127
XXXI, n. 8; tav. XXXII, n. 1; da Morgantina in Bell 1981, nn. Un esemplare appartenente allo stesso tipo ma in mi-
650, 652-653, 658-660, 665, 667-668, 670. glior stato di conservazione è già stato rinvenuto nel santuario
123
Per Ruoti ved. Fabbricotti 1979, p. 400, fig. 54 S90; per di Torre di Satriano (Satriano, tav. 13).
128
Postiglione ved. Cipriani 1994, tav. V, n. 38; per l’Heraion del Cipriani 1994, p. 25, tav. IV, nn. 27-28; Miller
Sele ved. Zancani Montuoro 1965-1966, pp. 69-70, tav. 14.c; Ammermann 2002, tav. LXV, nn. 2198-2229.

LA COROPLASTICA 167
Superficie fortemente abrasa. Matrice unica, tutto ton- con crocchia sulla nuca. Cercine tubolare applicato a
do, piena. Il retro non è caratterizzato e appare liscio e crudo. Orecchini a globetto. Volto ovale allungato, naso
tondeggiante per l’uso di matrice stanca; imp3; h 5,1; poco prominente e occhi distanziati, con palpebre mar-
largh 3,8; distanza fronte-mento 2,8. Saggio II, US 394. cate.
Inv. 407727. III sec. a.C.
Attestato in un solo esemplare.
A.2.22IV: testina con diadema o stephane
Pettinatura bipartita al centro della fronte resa a mo’ di A.2.22VI1 (tav. IX, n. 38)
due matasse indistinte che ricoprono le tempie. Diade- Tagliata al collo. Lacunosa dello chignon e del cercine,
ma semilunato. Volto ovale, fronte bassa, mento pieno, che si conserva solo in prossimità delle orecchie e dello
collo lungo, naso prominente. chignon. Superficie fortemente abrasa. Scheggiatura sul
III sec. a.C. naso, mento e sul retro della testa. Matrice unica, tutto
È attestato in un solo esemplare. tondo, cava, retro non caratterizzato; imp3; h 7,3; largh
5,9; profondità 4,8. Saggio II, US 417. Inv. 407730.
A.2.22IV1 (tav. IX, n. 36)
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa: illeggibili A.23 – Rappresentazioni di divinità (tavv. IX-X,
i particolari del volto. Sbeccatura all’angolo destro della
stephane. Matrice unica. Tutto tondo, piena, retro non
nn. 39-42)
caratterizzato. Tracce di latte di calce; imp8; h 6,8; largh Ad una nota iconografia di Afrodite si ricondu-
3,5. Saggio II, US 143. Inv. 407728. cono due esemplari (A.23I e A.23II) che derivano
dal ben noto tipo statuario di Afrodite stante in
A.2.22V: testina velata posizione di appoggio129, intorno al quale esiste
Pettinatura a bande con scriminatura centrale. Grossa
crocchia ovoidale sulla nuca. Il velo è poggiato sul capo un’annosa questione rimasta tuttora insoluta130.
in modo da aderire completamente alla testa ed è avvol- Questo tipo, di cui abbiamo decine di copie ro-
to attorno al collo coprendo appena il mento. Dal velo mane (le migliori al Louvre e a Napoli, oltre a un
spunta un diadema decorato da una fila di puntini a stec- torso da Tralles e da Smirne)131, risale alla grande
ca. Volto ovale e minuto.
Ultimo quarto del IV-inizi III sec. a.C.
statuaria di età classica ed è stato identificato dallo
È attestato in un solo esemplare. Schrader132 con l’opera più celebrata di Alkamenes,
l’“Afrodite en Kepois”133, a cui Fidia stesso si di-
A.2.22V1 (tav. IX, n. 37) ceva avesse posto mano134. Questo modello, che
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa: illeggibili
i particolari del volto. Matrice unica, tutto tondo, piena;
conosciamo nella duplice variante con e senza
imp6; h 4, largh 2,2; profondità 3,2. Saggio II, US 1. Inv. velo, è stato adottato nella piccola plastica in ter-
407729. racotta nel tardo IV sec. a.C. ed è un motivo ri-
corrente di età ellenistica (al pari della Cnidia e
dell’Afrodite che si allaccia il sandalo) fino alla
A.2.22VI: testina con cercine tubolare
Pettinatura resa a profonde incisioni oblique realizzate a fine del I sec. a.C. nel mondo greco135 e nella
crudo, originariamente bipartita al centro della fronte, Grecia d’Occidente, in ambito sia greco136 che

129 134
Per il tipo cfr. Mollard Besques 1986, tav. 3 D3342 b; Plinio, Nat. Hist. XXXVI, 16.
135
tav. 2 D 3340 f (quest’ultimo nella variante completamente Il modello è rielaborato in un rilievo proveniente da
nuda, con l’himation avvolto attorno alle braccia). Daphnì, che raffigura un dedicante davanti alla dea appoggiata
130
Cfr., da ultimo, A. Delivorrias, La statua di culto ad un albero (che si sostituisce al pilastrino). Posa e ritmo iden-
dell’Afrodite di Dafni, in E. La Rocca (a cura di) L’esperimento tici ritroviamo in una paragnatide di elmo a rilievo, di cui si ha
della perfezione. Arte e società nell’Atene di Pericle, Milano 1988, una forma fittile nel museo di Bonn; cfr. Schrader 1924, p.
pp. 258-279, con bibl. 208, fig. 191.
131 136
E. Langlotz, Antiken aus Rheinischen Museum. Winter 1903, pp. 95-96, 100, n. 4; Laumonier 1921, pp.
Exhibit in Rheinischers Landesmuseum Bonn, Cöln 1973, 163-164, tav. 83.3, n. 775; Mollard Besques 1986, p. 10, tav. 7,
p. 87 sg. D 23-D 24; Schürmann 1989, p. 195, tav. 116, n. 719; Pianu
132
Schrader 1924, pp. 185-191. 1990, tav. LXVI, n. 1 (esemplare da Eraclea di Lucania); Graepler
133
Pausania, I 19, 2. 1997, p. 127, fig. 106.

168 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


indigeno137, come dimostrano gli innumerevoli mentario proveniente da Roma, in cui troviamo la
confronti legati alla produzione e le numerose stessa erma con testa barbuta nonché il medesimo
versioni che furono elaborate, di cui molte sono trattamento del panneggio (sulla vita è il rotolo del
note a Myrina138. I tipi riconducibili a questo sche- mantello, che ricopre, in spesse pieghe convergenti
ma iconografico, inoltre, sono ampiamente dif- verso ginocchio flesso, la parte inferiore della figu-
fusi anche in ambiente estrusco-laziale139, dove ra)145. Al di là delle differenze iconografiche, questa
lo schema di appoggio ad un sostegno è diffuso statuetta presenta una fattura di gran lunga miglio-
anche per le figure maschili140. re rispetto a quella riscontrata negli esemplari ri-
Di dimensioni maggiori delle due statuette ap- conducibili al primo tipo, come si evince dalla resa
pena ricordate è un esemplare che presenta, rispet- del panneggio che forma morbide pieghe tubolari
to all’iconografia di cui sopra, numerose varianti oblique rialzandosi leggermente sul piede destro, si
(A.23III): grava sulla gamba sinistra, quella destra è avvolge attorno al braccio destro e crea sulla vita
leggermente flessa e avanzata; la mano sinistra è po- della figura uno spesso cordone.
sata sul fianco, mentre la destra è appoggiata ad Ugualmente riconosciuta come una raffigurazio-
un’erma barbata, probabilmente itifallica141. L’as- ne di Afrodite è una statuetta frammentaria con
sociazione della dea Afrodite rappresentata nuda o Erote sulla spalla (A.23IV), ispirata a tipi tanagrini146:
semipanneggiata con erme, ben nota nella grande pur non essendo stati rinvenuti esemplari integri
statuaria142, in coroplastica è testimoniata da nume- né confronti puntuali147, l’elemento che caratteriz-
rosi esemplari143 in cui la dea è associata ad un’erma za la figura come Afrodite è l’erote sulla sua spalla
barbata144. Un confronto puntuale con la nostra sinistra. L’associazione Afrodite-Eroti è ben nota
statuetta è istituibile con un esemplare fram- nel santuario di Torre di Satriano in altre categorie

137
Tra gli innumerevoli esemplari che presentano il medesi- stanca, presenta anche un forte stato di abrasione; non va escluso
mo schema iconografico della nostra statuetta cfr. le terrecotte possa trattarsi di un’iconografia in cui la figura femminile si
tipologicamente affini rinvenute nel santuario di Valle d’Ansanto appoggia ad una colonnina e tiene in mano una maschera tea-
(Rainini 1976, p. 441, fig. 164: l’esemplare presenta uno schema trale (ved. ad esempio l’esemplare da Myrina in Winter 1903,
simile a quello di Satriano per la presenza del supporto, ma manca p. 87, n. 3).
142
la struttura chiastica della nostra statuetta); l’esemplare taranti- Nella grande statuaria, la rappresentazione di Afrodite
no da una tomba di Manduria (Palumbo 1986, tav. XVII); le appoggiata ad un’erma costituisce la rielaborazione ellenistica
numerose statuette provenienti da Grotta Caruso a Locri, pur del tipo dell’Urania fidiaca con il piede poggiato sulla tartaru-
se in numerose varianti (per lo più sono o completamente nude ga e il braccio appoggiato ad un’erma laterale (cfr. LIMC II,
o col panneggio stretto fra le gambe; con le gambe parallele o 1984, pp. 67-68, nn. 581-588 s.v. Aphrodite; Cumont 1923, pp.
con le gambe incrociate: F. Costabile, I ninfei di Locri Epizefiri, 31-43, tav. III).
143
Soveria Mannelli 1991, pp. 137 sgg.); le terrecotte dal santuario L’associazione ad erme itifalliche è attestata anche per
di Rossano di Vaglio (Adamesteanu-Dilthey 1992, p. 51; Monte altre figure: cfr. la statuetta di efebo vestito di clamide, appog-
Sannace, tav. 384, 1; tav. 384, n. 1, nn. 2-2 a. giato col gomito alla testa di un’erma barbata, che ha definiti
138
LIMC II, 1984, pp. 67-68, nn. 581-588 s.v. Aphrodite; solo i genitali da Myrina (Mollard Besques 1963a, p. 146, b).
144
Mollard Besques 1963a, tavv. 28-31. Altri esempi in B. Baudat, In ambito asiatico cfr. l’esemplare da Myrina raffiguran-
Terrecuites de l’Ecole Française d’Athènes, «BCH» LXXVII 1953, te Afrodite nuda che si appoggia, quasi cingendone la testa con
p. 19, tav. IX, n. 17. le mani, ad un’erma barbata di Dioniso, datata al I sec. a.C.
139
Comella 1978, pp. 26-27, tav. VII, n. 33; Pensabene et (Burn-Higgins 2001, tav. 49, n. 2276). Per il tipo appoggiato ad
alii 1980, tav. 17, nn. 52-54; H. Nagy, Votive Terracottas from erma femminile cfr. Winter 1903, p. 83, n. 1.
145
the «Vignaccia», Cerveteri in the Lowie Museum of Anthropology, Pensabene et alii 1980, tav. 17, n. 55.
146
Roma 1988, p. 53, IIA, p. 54, p. 179, IIA, tav. LIII, figg. 144- Ved. i numerosi esemplari attestati a Myrina e Asia Mi-
145; A Pautasso, Il deposito votivo presso la Porta Nord a Vulci, nore in Mollard Besques 1963a, p. 30, tav. 33 d; Winter 1903,
Roma 1994, tav. 30 c-D7. p. 84, n. 9; p. 85, n. 8; p. 88, n. 4.
140 147
Ved. Gatti Lo Guzzo 1978, p. 73, tav. 27 ECX, 1; Sebbene non si tratti di un confronto puntuale, il no-
Pensabene et alii 1980, tav. 6, nn. 18, 29; tav. 8, nn. 22-24 stro esemplare si avvicina molto ad una statuetta rinvenuta a
(Dioniso); tav. 9, nn. 25-27 (Apollo); tav. 10, nn. 29-30; tav. 11, Pompei, che veste un chitone altocinto con scollatura a V e
nn. 32-35 (Ermes). Cfr. inoltre Winter 1903, p. 346, n. 8; p. leggero mantello appoggiato sulla spalla sinistra, che ricade at-
355, n. 3 (Eros); p. 359, n. 7 (Ermafrodito). torno al braccio sinistro e attraversa obliquamente il corpo della
141
L’esemplare di Satriano, oltre che prodotto da matrice figura. D’Alessio 2001, tav. 18 c.

LA COROPLASTICA 169
di fittili quali i busti e i rilievi figurati. sottili pieghe oblique, svasandosi verso il basso a creare
una base di appoggio. Mano sinistra lungo il fianco. Ma-
A.23I: Afrodite appoggiata a pilastrino (tav. IX, n. 39) trice doppia, retro caratterizzato.
La figura si appoggia con il braccio sinistro ad un È attestato in un solo esemplare.
pilastrino, il braccio destro è flesso con la mano poggia-
ta sul fianco. La gamba destra è portante, quella sinistra A.23III1
è incrociata sulla destra. L’himation è avvolto attorno Si conserva la metà inferiore della figura. Superficie for-
alla vita a formare un cordone; il drappeggio è in rilievo temente abrasa; imp2; h 16,8; largh 9,3; Saggio II, US
lungo il lato sinistro della figura fino ai piedi. Piedi affu- 394. Inv. 407733.
solati che spuntano dall’himation. Basso plinto tondeg-
giante. Matrice unica, tutto tondo, cava, retro non carat- A.23IV: Afrodite con Erote sulla spalla (tav. X, n. 42)
terizzato, con foro sfiatatoio ovale al centro. Tracce ap- La figura indossa un morbido chitone altocinto, con Erote
pena visibili di latte di calce. sulla spalla sinistra rivolto di profilo verso la dea. Matrice
Fine IV-III sec. a.C. unica, tutto tondo, cava, con foro sfiatatoio circolare.
È attestata in un solo esemplare. Seconda metà del II sec. a.C.
È attestata in un solo esemplare.
A.23I1
Acefala. Superficie fortemente abrasa. Sbeccato il bordo A.23IV1
del retro della base; imp2; h 15,3; largh 5,4; h base 2,6; Ricomposta di due frammenti. Si conserva il busto della
profondità 3,9. Saggio I, US 77. Inv. 407731. figura acefala, con l’erote sulla spalla, e parte del retro.
Superficie fortemente abrasa. Numerose scheggiature
A.23II: Afrodite appoggiata a pilastrino (tav. IX, n. sulla superficie; imp2; h 6,5; largh 5,6. Saggio II, US 333.
40) Inv. 407734.
La figura si appoggia con il braccio destro a un pilastrino,
il braccio sinistro è piegato con la mano poggiata sul A.3 – Eroti
fianco. La gamba sinistra è portante, quella destra è in-
Nel santuario di Torre di Satriano è stata rinvenuta
crociata sull’altra. L’himation è avvolto attorno al brac-
cio sinistro e crea pieghe oblique ai lati della figura. Ma- una sola terracotta che ritrae Eros da solo, ma la
trice unica, tutto tondo, cava, retro non caratterizzato, figura del semidio è presente in busti e rilievi figu-
con foro sfiatatoio ovale al centro. rati come figura associata ad Afrodite.
Fine IV-III sec. a.C.
Statuette che ritraggono Eros in differenti pose
È attestata in un solo esemplare.
ed iconografie cominciano ad essere fabbricate nel-
A.23II1 l’ambito del Mediterraneo dal IV sec. a.C. in poi,
Acefala. Mutila della base. Superficie fortemente abrasa. quando il ruolo e la funzione del dio alato si affer-
Matrice unica, tutto tondo, cava. Retro non caratterizza-
to, con foro sfiatatoio ovale al centro. Tracce appena vi- mano e si definiscono non solo nella statuaria e
sibili di latte di calce; imp2; h 13,5; largh 5,7; profondità nella piccola plastica in terracotta, ma anche nella
4,4. Saggio II, US 479. Inv. 407732. letteratura148.
A.23III: Afrodite appoggiata ad un’erma (tav. X, n.
Le numerose attestazioni di terrecotte che raffi-
41) gurano questo soggetto in ambito pestano lasciano
La figura si appoggia con il braccio destro ad un’erma intuire che in Italia meridionale queste figurine di-
barbata, che presenta un accenno del braccio destro e de- vengono popolari dall’ultimo terzo del IV sec. a.C.
gli attributi sessuali. Gamba sinistra portante, gamba de-
alla prima metà del III sec. a.C., comparendo sia
stra leggermente flessa e portata in avanti. Il panneggio
copre la figura dalla vita in giù, si avvolge attorno al brac- come ex voto in aree santuariali che come offerte
cio destro poggiato al supporto e ricade verso il basso in nelle tombe149.

148
La diffusione dell’iconografia che ritrae Eros bambi- coroplastica ateniese in B. Vierneisel-Schlörb, Kerameikos.
no o putto rispecchia una nuova tendenza dell’arte greca, Ergebnisse der Ausgrabungen, 15. Die figürlichen Terrakotten
che, a partire dal IV sec. a.C., comincia a rappresentare Spätmykemisch bis Späthellenistisch, München 1997, pp. 108-
figure di età differenti (si pensi al gruppo di Eirene e Ploutos 111.
149
di Cefisodoto). Si vedano i numerosi esempi nella Miller Ammermann 2002, p. 155. Anche se il significato

170 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


L’esemplare di Satriano presenta un’iconografia La pratica di dedicare figurine di animali in ter-
che rientra nel repertorio di genere, comune in età racotta è molto diffusa nel mondo greco, magno-
ellenistica nel mondo greco e magno-greco, in cui greco152 e romano, sia all’interno di aree sacre che
Eros bambino cavalca un volatile150. Un confronto in contesti funerari153: queste figurine erano intese
stringente è istituibile con alcuni esemplari pestani151. come simboliche rappresentazioni di reali animali
destinati al sacrificio154 oppure come semplici ex voto
A.3I: Eros su volatile (tav. X, n. 43) raffiguranti animali sacri alla divinità155. Nel caso
Eros bambino siede di traverso sul voltatile (una colom- di bovini, suini ed equini, è probabile che fossero
ba o un’oca) raffigurato di profilo, con la gamba sinistra
protesa, quella destra sul retro del volatile. La testa è ar- semplicemente doni destinati ad ingraziare la pro-
rotondata, il volto paffuto. Le ali tondeggianti sono rese tezione della divinità sul bestiame156. Le figure di
a leggeri solchi semicircolari. Protende la mano destra volatili157, invece, erano dedicate in quanto animali
ad offrire una coppa al volatile. Dal braccio destro di sacri ad alcune divinità158.
Eros scendono delle pieghe che ricoprono il dorso del
volatile. Va da sé che per il loro intrinseco significato,
Matrice doppia. questi fittili risultano molto importanti per la rico-
III-II sec. a.C. struzione della fisionomia della divinità cui erano
È attestato in un solo esemplare frammentario. destinati e per chiarire alcuni aspetti delle pratiche
rituali svolte nel santuario.
A.3I1
Le statuette di animali sono state suddivisi, al-
Si conserva la testa e l’ala sinistra dell’erote. Superficie
fortemente abrasa. Illeggibili i particolari del volto; imp7; l’interno del catalogo, in tre gruppi tipologici sulla
h 5,7; largh 5,3. Saggio II, US 463. Inv. 407735. base del soggetto che essi rappresentano: volatili
(A.41); ovini (A.42); bovini (A.43).
A.4 – Animali (tav. X, nn. 44-49) Le figure di colomba sono di piccole dimensio-
Tra le terrecotte votive oggetto di studio si annove- ni e rappresentano tutti il volatile con le ali aperte
rano alcune riproduzioni di animali: colombe, ovi- in volo e coda a ventaglio. Presentano o un foro o
ni e un corno di bovino. una risega alla base del corpo, funzionali alla so-

funerario di queste figure è stato contestato: LIMC III, 1986, pp. plessi votivi dell’Italia meridionale si veda la tabella di distri-
938-939 s.v. Eros; è innegabile la presenza considerevole di fittili buzione dei tipi di ex voto redatta da Comella 1981.
153
raffiguranti Eros in tombe prevalentemente infantili (Burn-Higgins Sulla consuetudine di consacrare animali in terracotta,
2001, pp. 70-75). In contesti funerari, infatti, la figura di Eros alato ved. in generale Pesetti 1994, p. 31 sgg.
154
è stata interpretata come intermediaria e guida dei defunti (R. V. Cfr. Van Straten 1995, p. 54: «In many cases we have
Nicholls, The Stele-Goddess Workshop. Terrakottas from Well u.13:I good reason to assume that they are a replica of the sacrificial
in Athenian Agora, «Hesperia» LXIV 1995, p. 434). victim, set up as a memento of the sacrifice».
150 155
Per il tipo ved. Winter 1903, pp. 313, 315, n. 6b; Cfr. Van Straten 1995, p. 55: «It is probably more realistic
Greifenhagen 1957; Mollard Besques 1986, tav. 13 D 3409 d; D to assume that many of the animal figurines were dedicated,
408 e; D 3410 f; LIMC III, 1986, p. 870 s.v. Eros; H.G. Döhl, not as a memento of a sacrificed animal, but as a means to
Eros-Amor-Putto, Die SammlungBenno Markus, Berlin 1990, p. place one’s livestock under the care and protection of the god».
156
42, tav. 8, n. 25. Ben nota e diffusa è anche l’iconografia di R. Bartoccini, Arte e religione nella stipe votiva di Lucera,
Afrodite sul dorso di un cigno (cfr. Miller Ammermann 2002, «Japigia» XI 1940, pp. 185-190; A. M. Reggiani Massarini, San-
p. 150, tav. XXXIX, n. 1859), immagine associata ad Afrodite tuario degli Equicoli a Corsaro. Oggetti votivi del Museo Nazio-
Urania, come testimonierebbe un’iscrizione di Ponticapeo nale Romano, Roma 1988, p. 52; Pesetti 1994, p. 32: «In luogo
datata al II sec. a.C. (S. Settis, ΧΕΛΩΝΕ: Saggio sull’Afrodite del ben più dispendioso sacrificio della vittima reale, il dono
Urania di Fidia, Pisa 1966, p. 153). votivo di figurine fittili era inteso nel senso simbolico della
151
Miller Ammermann 2002, tav. XLV n. 1888 (in cui si consacrazione del proprio bestiame all’entità divina, per rice-
inserisce la foto di un esemplare integro proveniente dal san- verne protezione in contraccambio».
157
tuario urbano settentrionale di Paestum: tav. XLV S). Cfr. inol- L’offerta di statuette in terracotta raffiguranti volatili
tre Mollard Besques 1986, tav. 13e, D 3408 (esemplare apulo); risale all’epoca minoica. Per le prime attestazioni di questo
Gatti Lo Guzzo 1978, tav. 4 DIII (esemplare da Roma); genere di dedica, cfr. Ch. Picard, Religions préhelléniques, Paris
Bürgerwelten, p. 137, n. 64. 1948, pp. 112-113.
152 158
Sulla presenza di figurine di animali in teracotta nei com- Cfr. in generale Bodson 1978, p. 93 sg.

LA COROPLASTICA 171
spensione del pezzo su un supporto in materiale di modelli molto standardizzati, che vengono pro-
deperibile (molto probabilmente legno) o all’appli- dotti in un arco cronologico molto ampio.
cazione su oggetti di maggiori dimensioni159, secon- Passando al significato che questi fittili doveva-
do una tipologia attestata nella Grecia Orientale160. no aver rivestito all’interno del santuario, sembra
Un solo esemplare raffigura solo la testa ed il collo significativo sottolineare che, nonostante la quan-
del volatile, resi in maniera piuttosto schematica161. tità irrilevante di animali fittili rinvenuta, degli 8
Le statuette di ovini, invece, sono per lo più a esemplari recuperati, 4 sono raffigurazioni di co-
tutto tondo e destinati ad essere appoggiati su un lomba166. La presenza della colomba, non solo tra i
piano. Si conserva una testina di ariete162, con cor- votivi raffiguranti animali ma anche come attribu-
na rigirate e vello reso a incisioni puntiformi163, ed to di alcune statuette femminili, si rivela di partico-
una testa di ovino molto affusolata, che trova ri- lare interesse in quanto - sin dall’epoca arcaica, ma
scontri a Capua164 e generici richiami a Smirne165. soprattutto in età ellenistica - è attributo preferen-
Dal punto di vista tecnico, i modellini venivano ziale di Afrodite167 e naturalmente di Eros168, in
fabbricati con una sola matrice per la parte supe- quanto simbolo della vis generandi169.
riore, mentre la parte inferiore era modellata a Più generica, invece, è l’offerta di modellini di
mano. Due soli esemplari sono plasmati a mano. ovini, che erano dedicati a molte divinità, come pure
Come tutti gli altri prodotti coroplastici, anche i a differenti divinità potevano essere sacrificati gli
modellini di animali venivano ricoperti da animali vivi170.
un’ingubbiatura bianca per essere poi decorati con I bovini, generalmente attestati sotto forma di
colori vivaci. rappresentazioni della testa o di parti del corpo
L’inquadramento stilistico e cronologico di que- dell’animale, non sono attestati se non per un cor-
sti fittili è particolarmente difficile, poiché si tratta no bovino modellato a mano171. Questo tipo di ex

159
Confronti puntuali con gli esemplari di Satriano si ri- 204; Ovidio, Fast. I, 451 sg., Servio, In Verg. Ecl. 8, 37.
167
scontrano Rossano (Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXX), S. Sul legame preferenziale esistente tra la colomba ed
Venera (Miller Ammermann 2002, tav. XCII, n. 2827). Ved. an- Afrodite, ved. in generale RE I, 1984, 2767-2768 s.v. Aphrodite.
che esemplari simili a Cirene in S. Mollard Besques, Musée Per le attestazioni iconografiche: LIMC II 1, 1984, pp. 2-151
National du Louvre. Catalogue raisonné des figurines et reliefs en s.v. Aphrodite; Mollard Besques 1963a, p. 49, tav. 24 B, nn. 311-
terre-cuite grècs, étrusques et romains, IV. 2. Époques hellénistique 312, 317; 1972, p. 10, tav. 8 g, h, (V sec. a.C.); p. 148, tav. 183 d,
et romaine. Cyrénaique, Égypte ptolémaïque et romaine, Afrique B 81 (età ellenistica); Thompson 1963, p. 141, tav. LVI, n. 290;
du Nord et Proche-Orient, Paris 1992, p. 78, tav. 44 e-f; D 4409; D Laumonier 1956, p. 280 sg., tav. 100, n. 1346. Sugli altri volati-
4410; 4459 c; D 4411-4413; Schürmann 1989, p. 46, tav. 22, 102. li sacri ad Afrodite e sulle attestazioni iconografiche esistenti,
160
Leyenaar-Plaisier 1979, pp. 497-498, tav. 183, nn. 1440- cfr. Bodson 1978, p. 97, n. 43.
168
1441. Vale la pena notare come l’iconografia della colomba La colomba, sebbene generalmente associata ad Afrodite,
con le ali spiegate e la coda a ventaglio risalga all’età minoica, non è appannaggio esclusivo della dea. Come attributo
come conferma la coppa con figurina a rilievo proveniente da allusivamente erotico e coerente con il tema della fecondità, la
Paleocastro, risalente al 2000-1700 a.C. (P. Demargne, Arte Egea, si trova associata anche a divinità come Era o Persefone. Ved.,
Milano 1988, p. 108, fig. 138). a questo proposito, W. H D. Rouse, Greek Votive Offering. An
161
Esemplari simili di teste di volatili sono attestati in nu- Essay in the History of Greek Religion, Cambridge 1976, p. 286
merosi complessi votivi. Cfr. Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. sg.; De Santis 1987, p. 24.
169
XXX; Bell 1981, tav. 134, n. 885 (si tratta, in questo caso di una Aristofane, Av. 705-707. Cfr., inoltre, Pesetti 1994, p.
protome di oca). 33: «le colombe, trasposizione simbolica dell’amore, della
162
La testa è molto simile ad alcuni esemplari da Capua proliferazione e della femminilità in genere, corrispondono
(Pesetti 1994, tav. VII, nn. 4-5). alla forza procreatrice che emana dalla dea madre».
163 170
Cfr. statuette simili provenienti da Lykosoura (K. Sulle fonti antiche relative a sacrifici di ovini e capre ad
Kouroniotes, Τό εν Λυκοσούρα Μέγαρον της Δεσπούνης, Afrodite ved. E. Kadtletz, Animal Sacrifice in Greek and Roman
«AEphem» 1912, p. 157, fig. 26). Religion, Washington 1976, pp. 16-21, 272-273. I nostri esem-
164
Pesetti 1994, tav. XV, n. 1. plari possono essere confrontati con alcuni amunfatti prove-
165
Mollard Besques 1972, p. 183, tav. 256, b-d. nienti da Rossano di Vaglio (Adamesteanu-Dilthey 1992, tav.
166
Sulla valenza sacra delle colombe, ved. Eliano, NA 4, 2 e XXIX) e dall’area pestana (Miller Ammermann 2002, tav.
10, 33, e VH 12, 1; Anacreonte, fr. 14, 10-12 Bergk; Apollonio XCIII, n. 2836).
171
Rodio, III, 540-553; Ath., 9, 394f-395g; Virgilio, Aen. VI, 190- Esemplari molto simili provengono da Morgantina: Bell

172 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


voto è attestato nell’Etruria meridionale, nel Lazio172 È attestato in un solo esemplare.
e in Campania. L’unicità del pezzo non consente
A.41II1
di ampliare il discorso sull’attestazione di questo Scheggiatura alla base del collo; imp7; h 5,4; largh 2,4.
tipo di ex voto nel santuario di Satriano; va tuttavia Saggio II, US 331. Inv. 407740.
sottolineato che la presenza di corni fittili nel san-
tuario extraurbano di S. Venera a Paestum è stata a A.42: ovini e caprini (tav. X, nn. 47-49)
A.42I ariete (tav. X, n. 47)
giusta ragione attribuita all’influenza delle pratiche Ariete con corna a spirale, vista di profilo. Il vello è reso
votive “romane” in seguito alla fondazione della ad incisioni puntinate.
colonia latina di Paestum173. Matrice unica, cava.
È attestato in un solo esemplare.
A.41: volatili (tav. X, nn. 44-45)
A.42I1
A.41I: colomba con le ali spiegate
Si conserva la testa, tagliata al collo; imp1; h 4; largh 3,8.
La colomba è rappresentata con ali spiegate e coda a ven-
Saggio I, US 119. Inv. 407741.
taglio. La testa, sommariamente modellata, è girata leg-
germente verso destra.
A.42II ovino (tav. X, n. 48)
È attestata in due varianti. La prima presenta ali più gran-
Ovino (pecora) con muso molto affusolato. I particolari
di e un piccolo foro circolare alla base funzionale all’ap-
della testa (occhi, narici, bocca) sono resi sommariamente.
plicazione su di un supporto in materiale deperibile o
Modellata a mano, tutto tondo, piena.
alla sospensione. Nella seconda variante le ali sono leg-
È attestato in un solo esemplare.
germente più piccole, con le punte sollevare, e alla base
è presente una risega funzionale all’applicazione su di
A.42II1
un supporto in materiale deperibile.
Si conserva la testa, tagliata al collo. Superficie fortemente
La parte superiore è fabbricata con una sola matrice,
abrasa; imp3; h 3,5; largh 3,9. Saggio II, US 336. Inv.
quella inferiore sommariamente modellata a mano.
407742.
Dal IV al II sec. a.C.
È attestata in quattro esmplari.
A.43: bovini
A.43I corno di bovino (tav. X, n. 49)
A.41IA1 Corno di bovino modellato a mano, con base resa con-
Lacunosa della coda; imp4; lungh 4,5; largh 5,3; sp 2,1. cava dalla pressione delle dita dell’artigiano.
Saggio II, US 333. Inv. 407736. III-II sec. a.C.
A.41IA2 È attestato in un solo esemplare.
Lacunosa delle ali e della coda; imp1; lungh 3; largh 4,3;
sp 1,9. Saggio II, US 249. Inv. 407737. A.43I1
A.41IB2 Integro. Modellato a mano; tracce di ritocco a stecca;
Scheggiata l’ala destra e la coda; imp4; lungh 6,8; largh imp3; h 7,7; largh 2,4. Saggio II, US 331. Inv. 407743.
4,4; sp 1,9. Saggio II, US 342. Inv. 407738.
A.41I B4
B. Protomi e busti (tavv. XI-XII, nn. 50-58)
Lacunosa della testa e dell’ala sinistra; imp4; lungh 5,2;
largh 3,9; sp 1,9. Saggio II, US 501. Inv. 407739. Si è convenuto suddividere questa categoria di fittili
in due sottogruppi: protomi (B.1) e busti (B.2). Pur
A.41II testa di colomba (tav. X, n. 46) rappresentando, entrambe le categorie, una forma
Testa e collo di colomba. La testa presenta una forma abbreviata della figura umana, esse hanno funzione
triangolare, abbastanza schematizzata. Gli occhi sono
e caratteristiche diverse: le protomi – rappresenta-
resi ad incisione.
Matrice unica, cava. zioni del volto umano, con le spalle e talvolta ac-
Fine IV-III sec. a.C. cenno delle braccia, a retro cavo privo della valva

1981, tav. 132. nn. 875-877. (a cura di), Papers in Italian Archaeology I. BAR Suppl. XLI 1,
172
C. Lowe, The Historical Significance of Early Latin Voti- Oxford 1978, p. 147.
173
ve Deposits (up to the 4th Century B.C.), in H.McK Blake et alii Miller Ammermann 2002, p. 347, tav. XCIV, n. 2843.

LA COROPLASTICA 173
posteriore – sono destinate ad essere appese174; i e Core in Sicilia, ha indotto ad associare questo tipo
busti, invece, riproducono la testa e le spalle di una di ex voto a culti ctoni, in particolare demetriaci180.
figura corredate di retro, per cui stanno in piedi Tuttavia, che la protome non fosse esclusivo
senza supporto. appannaggio delle due dee ctonie è stato ampiamen-
te dimostrato181. Come è stato recentemente affer-
B.1 — Protomi (tav. XI, nn. 50-54) mato da R. Miller Ammermann, non è possibile
Numericamente superiori ai busti risultano gli generalizzare, per cui le differenti attestazioni van-
esemplari di protome175. no valutate singolarmente182.
Nella più recente letteratura archeologica il ter- Circa l’inquadramento tipologico delle protomi
mine “protome” ha sostituito il più generico “ma- del santuario, il pessimo stato di conservazione di
schera”176, consentendo così di distinguere due di- questi manufatti ha reso ardua e talvolta impossibi-
verse categorie di fittili sulla base di una differen- le la ricostruzione dei prototipi.
za177 che è, oltre che sostanziale (la maschera è ta- Appartengono ad un tipo con polos basso capi-
gliata al mento; la protome comporta – in aggiunta gliatura a piccole ciocche leggermente ondulate che
al volto – anche la rappresentazione del collo e del- ricadono ai lati del collo. (B.1I) numerosi esempla-
le spalle), soprattutto funzionale: le maschere dove- ri frammentari, quasi piatti e sommariamente trat-
vano essere indossate (di qui la foratura di occhi e tati nel busto.
bocca), mentre le protomi erano destinate alla so- Una fattura decisamente più raffinata si riscontra
spensione178. nel secondo tipo (B.1II), attestato in soli due esempla-
Questa particolare categoria di opere coropla- ri appartenenti a due diverse generazioni di matrici: il
stiche è documentata, in numerosissime varianti volto è in leggera torsione e lo sguardo è rivolto verso
tipologiche, in molti centri del mondo greco, della l’alto; la linea di contorno del viso è ovale, più sottile
Magna Grecia e della Sicilia fin dal VI sec. a.C.179. ed elegante il naso, particolarmente espressivi gli oc-
Molto discusso il significato e il valore religioso chi. Si tratta probabilmente di un pezzo di piena età
di questo genere di raffigurazione. La rappresenta- ellenistica, tipologicamente affine ad un esemplare della
zione parziale della figura, che la rende particolar- stipe di San Marco a Grumento183.
mente adatta a simboleggiare l’anodos, nonché la Affini ad alcuni esemplari del santuario di Mac-
presenza di numerosi esemplari di protomi e busti chia di Rossano sono alcune protomi riconducibili
in contesti funerari e in santuari dedicati a Demetra ad un tipo caratterizzato da capigliatura a due ban-

174
Miller Ammermann 2002, p. 290, nota 1, con bibl. pre- tata dalla Uhlenbrock, che usa il doppio termine “mask
cedente. protome” riferendolo ad un «mould-made, terracotta type that
175
Va tuttavia sottolineato che è stato perso il dato quanti- represents the front half of a femal head and neck modelled in
tativo riguardante i busti poiché lo stato di conservazione del the form of a semi-circular sheath, straight-sided, rounded at
materiale recuperato rende difficile l’attribuzione certa di molti the top, and truncated just below the neck» (Uhlenbrock 1988,
esemplari frammentari a questa categoria di fittili. p. 19), e dalla Di Filippo Balestrazzi (E. Di Filippo Balestrazzi,
176
Una prima distinzione tra i due termini è stata fatta per La maschera e la dea: orfismo e riti di passaggio nella religione
differenziare la maschera di tipo arcaico, che rappresenta il solo locrese, «RdA» XV 1991, p. 73).
178
volto umano tagliato al collo, dalla successiva rappresentazio- Ved. da ultimo A. Pautasso, Terrecotte arcaiche e classiche
ne della testa e del busto insieme, definito “protome”. Cfr. Lo del Museo Civico di Castello Ursino a Catania, Palermo 1996, p.
Porto 1991, p. 84. La Miller ha distinto le “maschere” dalle 23 sg. con bibl. precedente.
179
“protomi” intendendo per “mask” ciò che genericamente si Croissant 1983, p. 20 sgg., con bibl.
180
indica con “protome”, e usa il termine “protome” per indicare Sulla diffusione delle protomi in Sicilia e sulla conse-
statuette monovalve con la raffigurazione della parte superiore guente attribuzione di questi fittili al culto demetriaco, cfr.
delle spalle o del torso intero della figura (R. Miller Ammer- Uhlenbrock 1988, pp. 117-138, 141-142, 150-156.
181
mann, The Terracotta votives from Medma: cult and Coroplastic Ved. da ultimo Siracusano 1986-1987, pp. 53-59, con bibl.
182
Craft in Magna Grecia, p. 43). Miller Ammermann 2002, pp. 290-291.
177 183
La distinzione tra “maschera” e “protome” è stata rifiu- Bottini P. 1997, p. 141.

174 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


de divergenti e dal modellato liscio del volto (B.1III), B.1I5
databili genericamente all’età ellenistica184. Si conserva un frammento del busto con tracce di capi-
gliatura; imp8; h 5,9; largh 5,5. Saggio I, US 117. Inv.
Ugualmente diffuso in età ellenistica, infine, è 407748.
lo schema iconografico in cui la protome femmini- B.1I6
le è affiancata da uno o due Eroti accovacciati Si conserva un frammento del busto con tracce di capi-
(B.1IV). Confronti stringenti sono individuabili, gliatura; imp8; h 4; largh 4,3. Saggio I, US 117. Inv.
407749.
anche per questi esemplari, in alcuni pezzi prove- B.1I7
nienti da Rossano di Vaglio185. Si conserva un frammento del busto con tracce di capi-
Per quel che concerne i pezzi frammentari di cui gliatura; imp8; h 3,4; largh 3,8. Saggio I, US 117. Inv.
non è possibile riconoscere il tipo – ovvero quegli esem- 407750.
B.1I8 (tav. XI, n. 50)
plari che, seppur frammentari, risultano abbastanza Si conserva il lato destro della faccia, tagliata alla gola;
leggibili nei particolari fisionomici – si hanno dei ri- imp8; h 10,3; largh 5,9. Saggio I, US 119. Inv. 407751.
scontri nel santuario della Mefite in Valle d’Ansanto186, B.1I9 (tav. XI, n. 51)
dove troviamo protomi con strette analogie con i no- Si conservano spalla e seno destri con tracce della capi-
gliatura che ricade a piccole ciocche ai lati del collo. Si
stri esemplari per il taglio della bocca, il naso promi- conserva il lato destro della faccia, tagliata alla gola; imp8;
nente e il mento grassoccio e tondeggiante. Queste h 10,4; largh 8,8. Saggio I, US 119. Inv. 407752.
caratteristiche consentono una datazione tra la fine B.1I10
del IV e l’inizio del III sec. a.C. Si conserva un frammento del busto con tracce di capi-
gliatura; imp8; h 5,1; largh 7,5. Saggio I, US 119. Inv.
B.1I: protome femminile con polos (tav. XI, nn. 50-51) 407753.
La figura femminile è rappresentata fino alle spalle. Pet- B.1I11
tinatura a ciocche leggermente ondulate, che ricadono Si conserva un frammento del busto con tracce di capi-
in piccole bande ai lati del collo e sulle spalle. Orecchini gliatura; imp8; h 4,9; largh 4,1. Saggio I, US 119. Inv.
globulari. Polos basso, leggermente svasato, con alla base 407754.
un cordoncino tubolare. Volto tondo, mento pieno. Pal- B.1I12
pebre rilevate. Il busto è liscio, con la sola caratterizza- Si conserva un frammento del busto con tracce di capi-
zione del seno. Matrice unica, cava. gliatura; imp8; h 4,7; largh 5,2. Saggio I, US 119. Inv.
IV sec. a.C. 407755.
È attestata in diciannove esemplari frammentari B.1I13
Si conserva un frammento del busto con tracce di capi-
B.1I1 gliatura; imp8; h 4,7; largh 5,2. Saggio I, US 155. Inv.
Si conserva un frammento del busto con tracce di capi- 407756.
gliatura; imp5; h 3,4; largh 2,8. Saggio I, US 71. Inv. B.1I14
407744. Si conserva la parte laterale sinistra del collo con tracce
B.1I2 della capigliatura; imp8; h 4,5; largh 2,8. Saggio I, US
Si conserva un frammento del busto con tracce di capi- 182=189. Inv. 407757.
gliatura; imp5; h 2,7; largh 3. Saggio I, US 71. Inv. 407745. B.1I15
B.1I3 Si conserva parte del polos con tracce della capigliatura;
Si conserva un frammento del busto con tracce di capi- imp8; h 4,4; largh 3,7. Saggio I, US 182=189. Inv. 407758.
gliatura; imp8; h 8,1; largh 8,2. Saggio I, US 117. Inv. B.1I16
407746. Si conserva la parte laterale sinistra del collo con tracce
B.1I4 della capigliatura; imp8; h 4,7; largh 8,8. Saggio I, US
Si conserva un frammento del busto con tracce di capi- 183. Inv. 407759.
gliatura; imp8; h 5,7; largh 3,4. Saggio I, US 117. Inv. B.1I17
407747. Si conserva la parte laterale destra del collo con tracce

184
Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXV.
185 186
Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXVI. Rainini 1976, pp. 414-415, fig. 18, nn. 77-79.

LA COROPLASTICA 175
della capigliatura; imp5; h 4; largh 3,2. Saggio I, US 183. appena sopra la fronte; tagliata al collo. A matrice,
Inv. 407760. monovalva, cava; imp8; h 10,6; largh 6,4; distanza fron-
B.1I18 te-mento 6,5. Saggio I, US 146. Inv. 407765.
Si conserva la parte laterale sinistra del polos con tracce B.1III2
della capigliatura; imp5; h 3,4; largh 4. Saggio I, US 186. Si conserva la parte superiore destra del volto; imp8; h
Inv. 407761. 5,2; largh 5,4. Saggio I, US 117. Inv. 407766.
B.1I19 B.1III3
Si conserva parte della capigliatura con accenno del polos; Si conserva la parte superiore destra del volto; imp8; h
imp8; h 4,3; largh 5. Saggio I, US 254. Inv. 407762. 5,2; largh 5,4. Saggio I, US 188. Inv. 407767.

B.1II: protome femminile B.1IV: protome femminile con Erote accovacciato


La figura è rappresentata fino alle spalle. Pettinatura a La figura è raffigurata fino al collo con accenno delle
bande leggermente ondulate che coprono le orecchie. spalle e presenta un Erote accovacciato sul lato.
Occhi amigdaloidi con palpebre ben definite e bulbi piut- È attestata in due esemplari.
tosto piatti. Naso fine e prominente. Labbra sinuose e
semiaperte. Collo largo, con linee di Venere in evidenza. B.1IV1
Orecchini costituiti da un elemento superiore ad anello Si conserva la parte inferiore sinista del volto e il collo.
e da un elemento inferiore fusiforme. Si intravede la linea della palpebra inferiore dell’occhio
Matrice unica, cava. sinistro. Incrostazioni calcaree concentrate soprattutto
IV-III sec. a.C. (?) sul collo; imp8; h 9; largh 9,5. Saggio I, US 107. Inv.
È attestata in due esemplari. 407768.
B.1IV2 (tav. XI, n. 54)
I particolari fisionomici della parte inferiore del volto
B.1IIa1 (tav. XI, n. 52)
Ricostruita da due frammenti. Si conserva la testa, ta- risultano illeggibili a causa di due profonde scheggiature
gliata al collo. Mutila della capigliatura sul lato sinistro sulla parte sinistra e centrale della faccia. Mento pieno,
linee di Venere in evidenza. L’esemplare è mutilo della
del volto. Scheggiatura sul mento; imp8; h 9,1; largh 7,6.
Saggio I, US 119. Inv. 407763. parte superiore del volto e del lato destro del collo. Trac-
B.1IIb2 ce di latte di calce. A matrice, monovalva, retro cavo;
imp7; h 9,9; largh 7,7. Saggio I, US 155. Inv. 407769.
Si conserva la parte inferiore sinistra della testa, tagliata
al collo. Profonda scheggiatura sulla guancia e sul collo;
imp4; h 6, 8; largh 4,4.Saggio I, US 119. Inv. 407764. B.2 – Busti (tav. XII, nn. 55-58)
Al pari delle protomi, anche i busti possono consi-
B.1III: protome femminile
Protome femminile con capigliatura a sottili bande on-
derarsi forme abbreviate di figure umane187, in quan-
dulate, che formano due masse di opposte direzioni. to rappresentazioni della testa cui si aggiunge il busto
Volto ovale, mento grassoccio; in evidenza le linee di tagliato generalmente all’altezza della vita o del petto
Venere. Occhi amigdaloidi con palpebre ben delineate, (ma – come già si è sottolineato – a differenza delle
naso prominente a base larga, labbra sinuose e carnose.
protomi recano anche il retro, in quanto destinati
Orecchino costituito da un elemento superiore formato
da due anelli rilevati uniti insieme e da un elemento in- ad essere appoggiati su un piano). Pur generalmen-
feriore fusiforme. te inteso come «a three-dimensional version of
È attesato in tre esemplari protome»188, il busto fittile è stato recentemente
B.1III1 oggetto di studio da parte di A. Siracusano, che in-
Si conserva il lato destro del volto e della capigliatura terpreta l’evoluzione del busto dalla protome come

187
Questa categoria di fittili deriva dalla più antica protome, ritrovamenti di busti databili a partire dal secondo quarto del
tipologia inventata in Grecia nel VI sec. a.C. e successivamen- VI sec. a.C. (quindi ben prima dell’inizio della produzione di
te prodotta in particolare ad Agrigento nella particolare forma protomi ad Agrigento) dalle stipi di contrada “Crucinia” a
della “protome-busto” (Kilmer 1977, p. 77 sg.); cfr. da ultimo Metaponto (Lo Porto 1981, p. 322 sg., figg. 32, 2; 35, 1-3) e di
Siracusano 1986-1987, con bibl. precedente. Di parere contra- S. Biagio alla Venella (G. Olbrich, Archaische Statuetten eines
rio il Lo Porto (Lo Porto 1991, pp. 88-89), che ritiene questa Metapontinen Heiligtums, Roma 1979, tav. 37 sg.).
188
teoria generalmente sostenuta dagli studiosi smentita dai Bell 1981, p. 85.

176 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


riflesso di una nuova valenza e funzione acquistata fronto con esemplari provenienti da Timmari ed
da questa categoria di terrecotte, cui corrispondo- altri siti della Lucania antica197.
no più grandi dimensioni e una maggiore I prototipi si collocano cronologicamente tra il
plasticità189. IV ed il III sec. a.C. L’iconografia maggiormente
La diffusione dei busti in Sicilia e Magna Grecia ricorrente rappresenta una figura femminile con
è attestata a partire dalla metà del V sec. a.C., in polos e tagliata all’altezza delle spalle, con la sola
particolare ad Agrigento, Siracusa e Gela che ne caratterizzazione della scollatura del chitone (arro-
divennero i principali centri di produzione190. Pro- tondata e a V).
prio in Sicilia, infatti, vennero elaborate le tipologie I confronti più immediati (in particolare per i
diffusesi in Italia meridionale nel III sec. a.C.191 tipi B.2I e B.2III) sono istituibili con alcuni esem-
Sul significato che questo tipo di ex voto rivesti- plari provenienti da Timmari198 e dal santuario di
va all’interno di un’area sacra, esistono pareri Rossano di Vaglio199, genericamente datati all’età
discordanti. A parte alcune interpretazioni che fan- ellenistica. Esemplari affini ritroviamo inoltre nel-
no derivare i busti dai vasi destinati ai tumuli l’area sacra di Armento-Serra Lustrante200 e nella
tombali192 o dal cilindrico sema tombale193, si è ge- stipe votiva di San Marco a Grumento201.
neralmente concordi nel considerare il busto, insie- Probabilmente riconducibile a modelli taranti-
me con la protome, come simbolo di anodos, cioè ni202 è il secondo tipo (B.2II), caratterizzato dal vol-
di “risalita dalla terra”194, riconducendo, in questo to ben modellato, con tratti regolari che lo avvici-
modo, tale categoria di terrecotte a divinità ctonie nano a modelli classici 203. Numerose sono le
in cui facilmente si riconoscono Demetra e Perse- attestazioni anche in area pestana204.
fone195 (cfr. supra a proposito delle protomi). Sulla base di confronti con esemplari editi me-
Data l’estrema frammentarietà degli esemplari glio conservati è stato possibile ricostruire lo sche-
di busto rinvenuti nel santuario di Torre di ma iconografico relativo agli esemplari frammentari
Satriano196, la ricostruzione dei tipi si basa sul con- riconducibili al quarto tipo (B.2IV): negli esempla-

189
Siracusano 1986-1987, p. 60, nota 103: «L’acquisizione sola parte anteriore potrebbero essere pertinenti a dei busti,
della posizione stante indica, a mio vedere, che la protome ma per correttezza metodologica si è convenuto di inserirli nel
sviluppa primariamente la qualità di immagine di culto, di si- gruppo dei frustuli, in quanto è impossibile un’attribuzione
mulacro della divinità, per quanto il busto conservi la funzio- certa alla categoria dei busti: questi frammenti potrebbero es-
ne più appariscente di dono votivo, replicato in serie numero- sere stati ugualmente pertinenti a statuette di scala maggiore o
se di esemplari piccoli e grandi». a protomi.
197
190
Cfr. Kekulé 1884, p. 61; G.E. Rizzo, Busti fittili da I busti sono attestati a Torre di Satriano fin dagli scavi
Agrigento, «ÖJh» XIII 1910, p. 73; P. Orsi, Rosarno-Medma- condotti negli anni ’80 da E. Greco (Satriano, p. 49, tav. 13).
198
Esplorazione di un grande deposito di terracotte ieratiche, «NSc» Lo Porto 1991, tav. XXXV, n. 48; per il polos ornato da
1914, p. 108; P. Marconi, Agrigento arcaica: il Santuario delle rosacei a rilievo ved. M. Bedello, Capua Preromana, III, Terre-
divinità ctonie e il Tempio detto di Vulcano, Roma 1933, p. 182; D. cotte votive, Firenze 1974, p. 67, note 7-12.
199
Adamesteanu, Butera. Piano della Fiera, Consi e Fontana Calda, Adamestenanu-Dilthey 1992, tav. XIX.
200
«MonAnt» XLIV 1958, pp. 205-672, 629; Kilmer 1977. Armento, p. 74, fig. 80.
191 201
La diffusione di questa particolare produzione di fittili P. Bottini, Grumento, S. Marco-Stipe votiva pre-romana,
anche in area medio-italica sembra essere all’origine della na- in Da Leukania a Lucania, p. 97, figg. 142-144; Bottini P. 1997,
scita del più tardo busto-ritratto. Cfr. P. Pensabene, Recensione p. 132, fig. 19.
202
a ‘Kilmer, The shoulder Bust in Sicily and south and central Cfr. Neutsch 1968, pp. 775, 780, fig. 28.b.
203
Italy’, «ArchCl» XXIX 2, 1977, p. 425 sg. Higgins 1954, tav. 162, n. 1180; tav. 169, n. 1232.
192 204
S. Ferri, Divinità ignote, Firenze 1929. Laumonier 1921, tav. 30, pp. 130-131 (esemplare integro
193
L. Beschi, Divinità funerarie cirenaiche, «ASAtene» proveniente da Paestum); Poseidonia e i Lucani, p. 238, n. 176.1
XXXI-XXXII 1969-70, p. 325 sg. (esemplare proveniente da Capodifiume); F. Zevi (a cura di),
194
Sul concetto di anodos ved. Bérard 1974. Paestum, Napoli 1990, p. 196; Miller Ammermann 2002, tav.
195
Ch. Picard, Manuel d’Archéologie grecque I, 1. La scultu- LXXX, nn. 2594-2595 (esemplari da Santa Venera). Il modello
re, période archaïque, Paris 1935, pp. 227-228. ricorre anche a Pompei (A. D’Ambrosio, M. Borriello, Le ter-
196
Alcuni frammenti di volto femminile conservati nella recotte figurate di Pompei, Roma 1990, tav. 31, n. 201).

LA COROPLASTICA 177

12
ri integri la figura di Afrodite rattresentata fino alle del volto. Tracce di latte di calce; imp4; h 8,9; largh 5.
spalle reca sull’omero sinistro un Erote alato girato Saggio II, US 143. Inv. 407772.
B.2II3 (tav. XI, n. 56)
di tre quarti col volto rivolto verso la dea205. Que- Si conserva la testa tagliata alla gola; la linea di frattura
sto tipo di raffigurazione si inquadra stilisticamente sale lungo il lato sinistro del volto; imp4; h 9; largh 5,7;
e cronologicamente in età tardo-classica e primo- h polos 3,4; distanza fronte-mento 6,5. Saggio I, US 187.
ellenistica, allorquando divengono numerose le Inv. 407773.
B.2II4
raffigurazioni di Afrodite in associazione con Eros Si conserva parte della capigliatura e del lato sinistro del
o con Eroti. volto; imp4; h 4,8; largh 5,1. Saggio I, US 187. Inv. 407774.
B.2II5
B.2I: busto femminile con basso polos Si conserva la testa tagliata alla gola; la linea di frattura
Pettinatura a fitte bande ondulate con scriminatura cen- sale lungo il lato sinistro del volto. Lacunosa della parte
trale, polos basso leggermente svasato. Viso largo e pie- sinistra della capigliatura e del polos. Tracce di latte di
no. Occhi amigdaloidi abbastanza distanziati e palpebre calce; imp4; h 10,8; largh 7,2; h polos 3,4; distanza fron-
ben definite; naso prominente; labbra serrate e sinuose. te-mento 6,5. Saggio I, US 267. Inv. 407775.
Matrice unica, tutto tondo, cava, retro reso con una B.2II6
placchetta di argilla lisciata a mano. Si conserva la parte superiore del volto tagliato all’altez-
IV-III sec. a.C. za del naso. Superficie fortemente abrasa; imp4; h 8,1;
È attestato in un solo esemplare. largh 7,1; h polos 3.4. Saggio I, US 267. Inv. 407776.

B.2I1 (tav. XI, n. 55) B.2III: busto femminile con polos decorato con rosacei
Si conserva la testa, tagliata al collo, e mutila nella parte a rilievo
destra. Ricomposta di tre frammenti. Superficie forte- Pettinatura a bande ondulate con scriminatura centrale.
mente abrasa. Scheggiature sul naso e sul lato sinistro Viso allungato e largo, mento pieno. Occhi amigdaloidi
del volto. Tracce di ritocco a stecca lungo la linea di su- piuttosto ravvicinati, con palpebre ben definite; naso a
tura tra la parte anteriore e quella posteriore; imp7; h base larga; labbro inferiore carnoso. Orecchini a disco.
7,1; largh 4,9; h polos: 1,9. Saggio I, US 95. Inv. 407770. Polos basso leggermente svasato, decorato da tre rosacei a
rilievo. Matrice unica. tutto tondo, cava, retro reso con
B.2II: busto femminile con alto polos una placchetta di argilla lisciata a mano.
Pettinatura scriminata al centro della fronte, resa a spes- IV-III sec. a.C.
se ciocche tirate all’indietro. Volto largo, mento roton- E attestato in un solo esemplare.
do, fronte bassa. Occhi amigdaloidi con palpebre supe-
riori ben delineate, bulbi quasi piatti; naso sottile e pro- B.2III1 (tav. XI, n. 57)
minente a base larga; labbra serrate e sinuose. Orecchini Si conserva la testa, tagliata al collo. La linea di frattura
a globetto. Alto polos leggermente svasato, che presenta sale diagonalmente dal collo alla base dell’orecchio de-
un cordolo arrotondato alla base. Dal polos scende il velo stro Bordo superiore del polos corroso; imp2; h 8,8; largh
che copre le spalle. Busto caratterizzato dalla scollatura 6,5; h polos 2,3. Saggio I, US 107. Inv. 407777.
arrotondata del chitone.
Matrice unica; retro reso con una sottile placca di argilla B.2IV: busto femminile con Erote sulla spalla
lisciata. La figura è rappresentata fino le spalle con accenno delle
Seconda metà del IV sec. a.C. braccia. Reca sull’omero sinistro un Erote alato girato di
È attestato in sei esemplari. æ verso lafigura, di cui è visibile la sola ala sinistra resa
ad incisioni parallele. Matrice unica, retro non caratte-
B.2II1 rizzato, cava.
Ricomposto di tre frammenti. Si conserva la parte supe- IV-III sec. a.C.
riore del volto e parte del polos. Tracce di latte di calce; È attestato in tre esemplari frammentari.
imp4; h 8,4; largh 4,5. Saggio I, US 0. Inv. 407771.
B.2II2 B.2IV1
Si conserva la testa tagliata alla gola. Scheggiature ai lati Si conserva il busto dell’erote tagliato alla vita; imp8; h

205
Mollard Besques 1986, tav. 6, D3339. Cfr. anche un esem-
plare locrese con lo stesso schema in Levi 1926, p. 24, fig. 26.

178 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


3,3; largh 2,9. Saggio I, US 117. Inv. 407778. mente ascritti a questa tipologia anche gli esemplari
B.2IV2 (tav. XII, n. 58) frammentari C fr .1-3, raffiguranti un grosso
Si conserva il busto dell’erote tagliato alla vita; imp8; h
3,7; largh 3,7. Saggio I, US 251. Inv. 407779. chignon che ricorda l’acconciatura della protome
B.2IV3 femminile raffigurata sui dischi provenienti dal
Si conserva il busto dell’erote tagliato alla vita. Profonda santuario di Rossano di Vaglio e dalla stipe voti-
scheggiatura sul viso dell’erote; imp8; h 4,5; largh 3,6. va di Timmari208.
Saggio I US 267. Inv. 407780.
Come si è più volte sottolineato, le raffigurazioni
di Afrodite affiancata da Eros o da due o più Eroti
C. - Rilievi figurati (tav. XII, nn. 59-62) conosce in età classica ed ellenistica un’ampia dif-
I rilievi figurati rinvenuti a Satriano sono in per- fusione. Si tratta di un soggetto figurativo che si
centuale meno numerosi delle altre categorie di ter- diffonde negli ateliers coroplastici tarantini fin dal-
recotte figurate attestate. Il cattivo stato di conser- la prima età ellenistica (fine IV-inizi III sec. a.C.),
vazione dei pezzi, tutti frammentari, ha reso spesso come dimostrano le numerose attestazioni del sog-
impossibile la ricostruzione del prototipo. Anche getto in altri tipi di oggetti votivi, come statuette e
in questo caso, l’identificazione dei tipi è stata ef- bruciaprofumi209.
fettuata grazie a confronti stilistici con esemplari Gli esemplari riconducibili tipo CII210, che raf-
meglio conservati provenienti da altri contesti figurano Eroti con grandi ali spiegate e tipica ac-
archeologici geograficamente vicini al sauario di conciatura a lampadion topknot211, presentano stret-
Torre di Satriano. te analogie con i rilievi figurati provenienti dal san-
Si tratta prevalentemente di dischi, in cui il sog- tuario di Rossano di Vaglio212 e dal santuario di
getto figurativo maggiormente ricorrente è quello Chiaromonte San Pasquale213. A questa medesima
dell’erote alato, che ora affianca Afrodite, ora è raf- serie di dischi raffiguranti Eroti recanti spesso
figurato da solo o come adolescente stante o come thymiateria ed oinochoai, va riferito anche l’esem-
bambino alato. plare frammentario (CIII), che rappresenta un
Di provenienza tarantina206 è un tipo di di- Erote chinato forse a versare profumi nel thymia-
sco che rappresenta il busto di Afrodite affian- terion.
cata da due Eroti girati di tre quarti, gredienti Un solo tipo (CIV) presenta come soggetto fi-
verso destra (CI). Confronti immediati sono isti- gurativo Eros adolescente stante214. L’esemplare tro-
tuibili con alcuni esemplari provenienti da nu- va un confronto puntuale in un rilievo conservato
merosi contesti sacri dell’area lucana, Tim- al museo di Berlino (derivato da un modello del
mari, Pomarico, Herakleia 207. Vanno probabil- 300 a.C.), che conserva i fori di sospensione ai lati

206
Cfr. E. Lippolis, Le testimonianze del culto in Taranto 2; Lo Porto 1981, p. 351, fig. 65. L’iconografia con la testa di
greca, «Taras» II 1982, p. 114, tav. XXXII, n. 1. Afrodite e al lato gli Eroti è attestata anche sulla pittura vascolare
207
Per Timmari: Lo Porto 1991, tav. XXVII, n. 19; per di età ellenistica. Cfr. una hydria proveniente da Capua in
Pomarico: M. Barra Bagnasco, La coroplastica, in Pomarico Vec- Beazley 1968, n. 1472,4.
210
chio I, pp. 215-226, fig. 3, n. 9; per Herakleia: Tesori dell’Italia Per il tipo ved. Mollard Besques 1954, tav. 6, D 3359.
211
del Sud. Greci e indigeni in Basilicata (Catalogo della mostra, L’acconciatura nota come lampadion topknot (alto chignon
Strasburgo 18 maggio-15 novembre 1998), Milano 1998, tav. sulla cima del capo, caratteristica delle raffigurazioni di Eros ado-
69. lescente) comincia ad essere attestata nella coroplastica dell’Ita-
208
Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXVI; Lo Porto 1991, lia meridionale nei primi tre quarti del IV sec. a.C. Cfr. Bell
tav. XXVII, n. 20. Alla medesima tipologia di disco con pro- 1981, pp. 34-35, n. 92. Cfr. esemplari pestani simili in Miller
tome di Afrodite affiancata da Eroti alati va probabilmente Ammermann 2002, tav. XLI, n. 1869. In generale sul lampadion
ascritto anche l’esemplare frammentario 4 (cfr. Archeologia knot, ved. Thompson 1963, pp. 130-131.
212
dell’acqua, p. 46, fig. 30). Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXVII.
209 213
P. Wuilleumier, Tarente. Dès origines à la conquête Barra Bagnasco 2001, p. 229, fig. 18.
214
romaine, Paris 1939, pp. 428, 434, tav. XXXIX, 3; tav. XLII, 1- Per il tipo cfr. Mollard Besques 1986, tav. 8, D 3370d.

LA COROPLASTICA 179
della capigliatura215. Nel rilievo di Berlino, che è in IV e III a.C., quando si predilige l’iconografia di
buono stato di conservazione, l’iconografia della Eros giovanile con un’impostazione sempre sinuo-
figura è ben leggibile: Eros, in posizione frontale, sa del corpo.
presenta, avvolto attorno al braccio sinistro, un Attestati in un solo esemplare sono altri due tipi
mantello che ricade lungo il corpo (nel nostro rilie- di rilievo figurato, il cui soggetto figurativo deriva
vo, seppur frammentario e abraso, sembrano do- certamente da modelli attestati nel santuario di
versi riconoscere tracce di panneggio sul lato de- Rossano di Vaglio.
stro della figura); le ali, spiegate in alto, arrivano Il primo tipo (CV), inedito, raffigura una figura
all’altezza delle ginocchia; il braccio destro è solle- femminile con il seno scoperto e lunghe trecce ai lati
vato, quello sinistro ricade lungo il corpo; la testa è del collo, che regge nella mano destra un thymiaterion
piccola e presenta un’acconciatura a lampadion con fusto decorato ad anelli plastici. Questo schema
topknot. Si tratta di una fisionomia simile a quella iconografico ricorda i dischi di Rossano che rappre-
di un esemplare del Louvre (di provenienza campa- sentano Eroti stanti con accanto dei thymiateria222.
na)216 e di uno del Museo Nazionale di Atene, pro- Un confronto puntuale è invece istituibile tra
veniente da Myrina217; lo stesso schema iconografico l’unico esemplare di Satriano attribuibile al tipo
ritroviamo in una statuetta proveniente dal santua- CVI ed un disco di Rossano, anch’esso frammenta-
rio della Mefite in Valle d’Ansanto218 e in un rilievo rio, che rappresenta una testa femminile diademata
del Museo di Siracusa, in cui la figura reca come con occhi molto marcati223.
attributo un thymiaterion219.
Il soggetto di Eros raffigurato da solo, ora in grop- CI: disco con testa di Afrodite affiancata da due Eroti
pa ad animali, ora come bambino in culla ora come Il disco raffigura una testa femminile con pettinatura
bipartita al centro della fronte e diadema. Al lato sono
adolescente stante, comincia a diffondersi in età
due Eroti alati stanti, rivolti di 3/4 verso destra. Matrice
ellenistica allorquando acquista una sua identità unica.
peculiare rispetto a quella di Afrodite. In particola- Inizi del III sec. a.C.
re, l’iconografia di Eros adolescente interessa tanto È attestato in due esemplari frammentari.
il mondo artistico e religioso greco quanto quello
CI1 (tav. XII, n. 59)
indigeno. Le prime attestazioni di questo soggetto Si conserva un frammento raffigurante le gambe di uno
si hanno in ambiente laconico e attico; successiva- degli Eroti. Superficie fortemente abrasa; imp6; h 5,7;
mente, questa iconografia si diffonde in tutto il largh 4,2. Saggio I, US 71. Inv. 407781.
mondo greco adattandosi ai diversi contesti cultu- CI2
Si conserva un frammento raffigurante le gambe di uno
rali: se le prime attestazioni del soggetto lo vedono
degli Eroti. Superficie fortemente abrasa; imp6; h 3,7;
impiegato come sostegno di specchi (e va sottolinea- largh 4,2. Saggio I, US 47. Inv. 407782.
to l’aspetto funzionale di queste prime attesta-
zioni)220, a partire dalla metà del V sec. a.C. Eros CII: disco con Erote alato
compare, soprattutto nella pittura vascolare221, sem- Il disco raffigura un Erote con grandi ali spiegate in alto
rese a piccole incisioni parallele e lampadion topknot.
pre al fianco di Afrodite; dall’inizio del V sec. a.C.
Negli esemplari integri, l’erote reca un thymiaterion ed
il dio sembra acquistare una fisionomia autonoma, un’oinochoe. Matrice unica.
e comincia ad essere raffigurato da solo, nei secoli III sec. a.C.

215 221
Bürgerwelten, p. 137, fig. 67. Cfr. Beazley 1968, p. 301, fig. 4.
216 222
Mollard Besques 1954, tav. 8, D 3370. Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXVII.
217 223
Kleiner 1984, p. 245, tav. 46 c. Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. XXXV; per il tipo
218
Rainini 1976, p. 416, fig. 80. facciale cfr. Higgins 1954, p. 188, figg. 1348-1350; B. Sciarra,
219
Kekulé 1884, tav. XXV, n. 5. Brindisi, Museo Archeologico Provinciale, Milano 1976, p. 45,
220
Greifenhagen 1957, p. 74 sg. n. 315.

180 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


È attestato in quattro esemplari frammentari. due ciocche molto ondulate e ben definite. Volto tondo
e piccolo. Occhi distanziati con palpebre ben rilevate;
CII1 (tav. XII, n. 60) naso prominente; labbra serrate. Orecchini ad anello ri-
Si conserva un frammento raffigurante la testa dell’erote levato. Il seno è scoperto e il panneggio avvolge il brac-
tagliata alla gola e le ali spiegate in alto; imp7; h 9,1; cio destro della figura passando sotto al seno. Nella mano
largh 8,4. Saggio I, US 77. Inv. 407783. destra reca un thymiaterion con fusto ad anelli plastici.
CII2 Foro di sospensione ai lati del volto. Matrice unica.
Si conserva un frammento raffigurante le ali fratturate III sec. a.C.
alle punte; imp7; h 10; largh 4,7. Saggio I, US 119. Inv. È attestato in due esemplari.
407784.
CII3 CV1 (tav. XII, n. 63)
Si conserva un frammento che raffigura le ali spiegate. Si conserva un frammento raffigurante la parte superio-
Superficie fortemente abrasa. Tracce di latte di calce; re della figura e il braccio destro; imp2; h 11; largh 5,8; ø
imp1; h 6,1; largh 4,4. Saggio II, US 143. Inv. 407785. foro di sospensione 0,7. Saggio I, US 268. Inv. 407789.
CII4 CV2
Ricomposto di due frammenti. Si conserva la testa Si conserva un frammento raffigurante la testa tagliata al
dell’erote tagliata alla gola con le ali spiegate in alto; imp3; collo con foro di sospensione a destra del volto; imp8; h
h 7,5; largh 7,7. Saggio I, US 155. Inv. 407786. 4,2; largh 3,4; ø foro di sospensione 0,4. Saggio I, US
155. Inv. 407790.
CIII: rilievo con Erote alato
Il rilievo raffigura un Erote con grandi ali spiegate in CVI: disco con figura femminile
alto e lampadion topknot, chino in avanti, con il braccio Il disco raffigura una figura femminile diademata, con
sinistro flesso, quello destro allungato verso il basso. Negli capigliatura resa a ciocche ondulate tirate all’indietro.
esemplari integri, l’erote reca un thymiaterion ed Ovale regolare, mento pieno, labbra carnose e serrate,
un’oinochoe. Matrice unica. occhi grandi con palpebre ben definite. Orecchini a di-
III sec. a.C. sco. Fori di sospensione. Matrice unica.
È attestato in un solo esemplare. È attestato in un solo esemplare.
CIII1 (tav. XII, n. 61)
CVI1 (tav. XII, n. 64)
Si conserva la parte sinistra del disco. Superficie forte-
Si conserva un frammento raffigurante la testa tagliata
mente abrasa; imp6; h 6,7; largh 6,7. Saggio I, US 66.
alla gola; imp4; h 5,3; largh 4,9. Saggio I, US 267. Inv.
Inv. 407787.
407791.
CIV: rilievo con Eros adolescente stante
Il rilievo raffigura Eros nudo, stante, in posizione fronta-
Cfr – Esemplari frammentari di rilievi figurati
le, con mantello avvolto attorno al braccio sinistro e rica- (tav. XII, nn. 65-66)
dente lungo il corpo. La testa è piccola con alto chignon Cfr1
sul capo. Le ali sono abbassate e arrivano all’altezza delle Frammento di disco. Si conserva il bordo superiore e un
ginocchia. Reca i fori di sospensione al lati della capiglia- grosso chignon a rilievo; imp2; h 4,5; largh 3,5. Saggio I,
tura della figura. Matrice unica, retro lisciato. US 146. Inv. 407792.
Inizi del III sec. a.C. Cfr2
È attestato in un solo esemplare. Identico al precedente. Tracce di latte di calce; imp6; h
5; largh 3,7. Saggio I, US 146. Inv. 407793.
CIV1 (tav. XII, n. 62) Cfr3 (tav. XII, n. 65)
La figura è acefala, mutila dei piedi. Superficie fortemente Identico al precedente. Tracce di latte di calce; imp6; h
abrasa; imp6; h 7,3; largh 3,4. Saggio I, US 119. Inv. 4,2; largh 6. Saggio II, US 405. Inv. 407794.
407788. Cfr4 (tav. XII, n. 66)
Frammento di disco. Si conserva il bordo superiore con
CV: disco con figura femminile e thymiaterion due fori di sospensione e la capigliatura di una testa fem-
Il disco raffigura una figura femminile con pettinatura a minile, resa a bande molto ondulate e scriminatura al
sottili bande molto ondulate con scriminatura al centro centro della fronte. Resta traccia della palpebra superio-
della fronte e krobylos globulare sulla cima del capo. I re dell’occhio sinistro; imp4; h 4,9; largh 8,6. Saggio I,
capelli ricadono lunghi ai lati del volto fino al seno in US 66. Inv. 407795.

LA COROPLASTICA 181
Teste frammentarie cima del capo. Grossi orecchini globulari.
1. Testina femminile con stretto polos (tav. XIII, n. 67) Il tipo è attestato in due esemplari.
Volto ovale, mento pieno, occhi a globetto che risultano Seconda metà del IV sec. a.C. (?)
poco sporgenti nell’orbita dai contorni sfumati. Labbra
con taglio diritto. Acconciatura originariamente ripartira a. Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; illeggi-
al centro dela fronte con ciocche che scendono ai lati del bili i particolari del volto. Sbeccato il lato superiore sini-
collo (?). Polos stretto e alto. stro della capigliatura; lesionato il lato superiore destro e
il centro del collo. Matrice unica, tutto tondo, cava, re-
Tagliata alla gola. Restano poche tracce dello stretto polos. tro non caratterizzato; imp6; h 6,9; largh 4,3. Saggio I,
Superficie fortemente abrasa. Illeggibili i particolari del US 107. Inv. 407798.
volto. Matrice unica, tutto tondo, cava; retro non carat- b. Tagliata al collo. Superficie abrasa. Scheggiatura sul
terizzato; imp6; h 8,03; largh 5,4; h fronte-mento 4,8. lato sinistro del collo. Matrice unica, tutto tondo, cava,
Saggio II, US 502. Inv. 407796. retro non caratterizzato. Tracce di latte di calce; imp4; h
7,4; h 4,3; largh 3,6. Saggio II, US 143. Inv. 407799.
Si tratta di una testa femminile probabilmente pertinen-
te ad una statuetta assisa stilisticamente inquadrabile nel Di dimensioni piuttosto grandi, queste teste potrebbero
IV sec. a.C. essere pertinenti a dei busti. Esemplari simili sono atte-
stati a Timmari e a Sant’Arcangelo-San Brancato, datati
2. Testina femminile con polos (tav. XIII, n. 68) alla seconda metà del IV sec. a.C.225
Volto ovale; naso sottile. Pettinatura originariamente
scriminata al centro della fronte. Basso polos leggermen-
4. Testina femminile con polos e velo (tav. XIII, n. 70)
te svasato. Grossi orecchini globulari.
Volto ovale, rigidamente frontale. Pettinatura resa a pic-
Tagliata al collo. Superficie fortemente abrasa; non leg-
cole matasse ovoidali parallele. Basso polos da cui ricade
gibili i particolari del volto. Profonde scheggiature alla
il velo.
base del polos. Incrostazioni grigie sulla superficie. Ma-
trice unica, tutto tondo, cava, retro non caratterizzato.
Polos risparmiato sul retro; imp6; h 8; largh 4,9; h polos Tagliata al collo, superficie fortemente abrasa, illeggibili
2,1. Saggio II, US 143. Inv. 407797. i particolari del volto. Profonda scheggiatura sul mento.
Matrice unica, tutto tondo, piena, retro lisciato, quasi
Stilisticamente affine ad alcune testine provenienti da piatto; imp2; h 3,8; largh 3,2; h polos 0,5, distanza fron-
Agrigento databili alla metà del V sec. a.C., sia per la te-mento 1,2. Saggio II, US 354. Inv. 407800.
resa del polos (alto e leggermente svasato) che per la resa
dei lineamenti del volto (largo e quasi quadrato)224, que- Attestata in un solo esemplare, questa testina di piccole
sta testa appartiene forse ad un tipo di statuetta stante di dimensioni potrebbe essere pertinente ad un esemplare
dimensioni maggiori rispetto alle statuette assise con polos di figura femminile seduta con attributo, dello stesso
attestate nel santuario. schema delle statuette con korymbos (A.13I e A.13II)226.
Tuttavia, potrebbe avvicinarsi anche ad esemplari che
3. Testina femminile con korymbos (tav. XIII, n. 69) riconducono a tipi tanagrini diffusi in ambito lucano,
Volto largo; mento sfuggente; fronte bassa; occhi ravvi- come dimostrano le affinità tipologiche con alcune
cinati. Pettinatura a bande ondulate che ricoprono le statuette di figure stanti, con acconciatura a melone, basso
orecchie formando due matasse rigonfie, con scrimina- polos sormontato dall’himation, mano destra portata al
tura al centro della fronte e alto ciuffo (korymbos) sulla ventre e mano sinistra sul fianco227.

224 226
D. Caporusso, Coroplastica arcaica e classica nelle Civi- Cfr. Palumbo 1986, tav. XLIX, figg. 34-35; Lo Porto
che raccolte archeologiche, in «Rassegna di Studi del Civico 1991, tav. XLVIII, n. 87; Adamesteanu-Dilthey 1992, tav. VIII;
Museo Archeologico e del Civico Gabinetto numismatico di Depalo 1997, p. 129, fig. 281 (esemplare apulo con cigno e
Milano» I 1975, pp. 1-95, tav. XLIII, fig. 68. patera).
225 227
Per gli esemplari di Timmari ved. Lo Porto 1991, tav. Ved. gli esemplari di Timmari (Lo Porto 1991, tav. LXVII,
XXXII, nn. 3-37; per i busti rivenuti nelle tombe a fossa di San n. 168). Tipi simili sono attestati anche a Taranto (Graepler
Brancato ved. Greci, Enotri e Lucani, p. 269, fig. 3.43.5. L’esem- 1997, p. 118, fig. 78) e in area campana, a Capua, datati tra la la
plare di San Brancato presenta un’acconciatura ad alto chignon fine del IV e la prima metà del III sec. a.C. (cfr. Mollard Besques
sul capo trattenuto da kekryphalos legato davanti con un fiocco. 1986, tav. 24 f, D 3466; Baroni-Casolo 1990, tav. LXXIII, n. 5).

182 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


5. Testina femminile con ghirlanda (tav. XIII, n. 71) Il frammento potrebbe essere pertinente ad un
Volto ovale, leggermente inclinato a sinistra. Occhi tipo di statuetta femminile seduta che porta al seno
amigdaloidi con sguardo rivolto di lato; labbra carnose.
Capigliatura resa a piccole ciocche ondulate e ghirlanda il bocciolo. Numerose le iconografie che associano
con vistoso globetto al centro della fronte. Orecchini la figura femminile con questo attributo: talvolta la
globulari. Alla base del collo resta parte del perno per figura, vestita di himation e chitone, siede su un
l’inserimento della testa nel corpo della statuina. trono con spalliera ad alette arrotondate, stringe al
Tagliata al collo. Tracce di latte di calce sulla capigliatu- seno il bocciolo con la mano destra, mentre la sini-
ra. Tutto tondo, piena, retro non caratterizzato; imp.8; stra ricade sul bracciolo completamente coperta
h 5,8; largh 3,1. Saggio II, US 143. Inv. 407801. dall’himation che avvolge la figura230.
Ugualmente attestata è l’iconografia di figura
Esemplare unico, questa testa è caratterizzata da stante che porta al seno il bocciolo di fiore di loto.
una fattura particolarmente raffinata per il modella- L’attributo è presente anche in protomi e busti
to liscio e teso del volto e la resa coloristica della femminili, come attestato – tra i numerosissimi casi
capigliatura a piccole ciocche ondulate con corona citabili – a Locri, Medma, Herakleia e Timmari231.
di foglie e frutti e globetto ornamentale sulla fron- Al pari del melograno, anche il fiore di loto
te228; la figura, inoltre, volge lo sguardo verso l’alto ha valenze ctonie232.
ed è particolarmente espressiva. Si distacca, quindi,
dal resto del materiale coroplastico del santuario e 2. Statuetta maschile (?) (tav. XIII, n. 73)
può datarsi stilisticamente alla metà del II sec. a.C. Statuetta frammentaria e acefala, di cui si conserva parte
Per la forte torsione, potrebbe essere pertinente del busto ed il retro. Il braccio destro è rilasciato lungo il
ad una figura stante, appoggiata ad un sostegno229. corpo. Tracce della clamide sulla spalla sinistra; imp7; h
5,2; largh 4,7. Saggio II, US 517. Inv. 407804.

Varia L’esemplare è troppo frammentario e corroso


Sono raccolti sotto la denominazione di Varia po- per consentire una lettura dei particolari del corpo.
chi tipi di rarissima attestazione e manufatti di in- Si tratta certamente di una statuetta di piccole di-
certa classificazione a causa dell’eccessivo grado di mensioni, raffigurante forse Eros bambino233. Pro-
frammentarietà. Si tratta, comunque, di esemplari babilmente la figura porta un himation a tracolla
di un certo interesse per le possibili ricostruzioni e sul petto. La fattura del pezzo è inoltre molto sca-
letture che di essi è possibile fornire, pur rimanen- dente, come dimostra la resa del retro rozzamente
do, tali interpretazioni, puramente speculative. realizzato a mano.

1. Frammento di statuetta con fiore di loto (tav. 3. Frammento di bambola (tav. XIII, n. 74)
XIII, n. 72) Si conserva il braccio destro tagliato al gomito; la mano
Il frammento rappresenta una mano che regge un boc- è lacunosa delle dita. Modellata a mano. Tutto tondo,
ciolo. Appena visibili le pieghe del chitone della figura; piena; imp8; lungh 3,7; largh 1. Saggio II, US 463. Inv.
imp4; h 3,8; largh 5,1. Saggio I, US 257. Inv. 407803. 407802.

228
Per il globetto sulla fronte cfr. Leyenaar-Plasier 1979, n. 1783), datate tra la fine del V e gli inizi del IV sec. a.C.
231
tav. 168, n. 1296. Per Locri cfr. Higgins 1954, n. 1208; per Medma cfr. S.
229
Ved. ad esempio due esemplari in Mollard Besques 1986, Ferri, Busti fittili in Magna Grecia e l’origine dell’erma,
D 3530 (forse apulo) e, con schema inverso, D 3528, con un «RendLinc» XVIII 1963, tav. VIII; per Herakleia cfr. Neutsch,
confronto identico da Ruvo (collezione Jatta). 1968, p. 776, fig. 23.7; per Timmari cfr. Lo Porto 1991, tav.
230
Per il tipo ved. Winter 1903, p. 129, n. 3. Cfr., tra i XXIX, n. 28.
232
numerosissimi tipi attestati, le terrecotte di figura seduta con Zuntz 1971, p. 162.
233
bocciolo da Taranto (Higgins 1954, p. 179, n. 1305) e dal san- Per le iconografie di Eros diffuse in età ellenistica ved.
tuario di Santa Venera (Miller Ammermann 2002, tav. XXXII, quanto riferito a proposito della categoria “Eroti”.

LA COROPLASTICA 183
L’unico esemplare di bambola attestata a Sa- dellata a mano; imp2; h 7,6; largh 2,1. Saggio II A, US
triano è rappresentato da questo braccio frammen- 334. Inv. 407805.
tario, tagliato al gomito. L’esemplare è molto probabilmente pertinente
Diffuso in tutto il mondo greco e orientale ad una figura femminile (?) le cui braccia sono state
fin dall’epoca geometrica234, questo genere di fittili fabbricate a parte e successivamente assemblate alla
– figurine smontabili i cui arti erano attaccati al statuetta mediante l’utilizzo di perni237. La pratica
corpo mediante fili di ferro – si ritrovano in modo è molto diffusa nella realizzazione di figure femmi-
particolare nelle tombe di bambini, in cui veniva- nili stanti o sedute dello stile di Tanagra della tarda
no deposti come oggetti cari al piccolo defunto235. età ellenistica238, nonché in rappresentazioni di Nike
Potevano tuttavia essere dedicati a divinità come o Eros239.
Afrodite o Artemide dalle giovani spose nel giorno
delle nozze, come simbolo del passaggio di status 5. Frammenti di petalo di “donna fiore” (?)
da parthénos a ninphe236. Esemplari frammentari a forma di “petalo”, con un’in-
L’unicità del pezzo non consente di ipotizzare cisione verticale nel centro. La linea di frattura, che par-
te dall’estremità della parte esterna rotondeggiante dei
una pratica rituale che prevedeva la dedica di questo
pezzi, lascia presupporre che i manufatti prevedessero
tipo di ex voto nel santuario di Torre di Satriano. altri “petali” sia a destra che a sinistra degli stessi.
Probabilmente, siamo di fronte ad un caso isolato Modellato a mano, retro grossolanamente regolarizzato
di offerta che non rientra nel quadro delle pratiche con tracce delle impronte delle dita dell’artigiano.
a. Imp8; 5,9 x 4,8. Saggio I, US 117. Inv. 407806.
rituali usuali nell’area sacra. Va tuttavia notato come
b. Imp8; 5,6 x 4,8. Saggio I, US 187. Inv. 407807.
l’allusione alle nozze sia da ravvisarsi, nelle terre-
cotte votive esaminate, anche nelle numerose Potrebbe trattarsi di petali di fiore di giglio
statuette di figure femminili velate. riferibili a esemplari del tipo della cosiddetta “don-
na fiore”240, che rappresenta la figura femminile in-
tera o inginocchiata, o semplicemente la testa e il
4. Braccio frammentario (tav. XIII, n. 75)
busto, sormontati da un fiore di giglio241. La tipo-
Braccio probabilmente femminile, mutilo della mano,
leggermente flesso, munito, all’estremità superiore, di logia nasce e viene prodotta nelle officine poseido-
un perno funzionale all’inserimento in un corpo. Mo- niati e si diffonde nell’area tirrenica al pari della

234
Sulle bambole ved. in generale K. M. Elderkin, Jointed Dolls Schneider-Hermann, Der Ball bei den Westgriechen, «BAbesch»
in Antiquity, «AJA» XXXIV 1930, pp. 455-479; J. Dörig, Von XLVI 1971, pp. 123-133; per l’interpretazione dell’offerta del-
griechischen Puppen, «AntK» 1958 fasc. 2, pp. 41-52; G. S Merker, la palla come simbolo di passaggio di status, ved. Torelli 1984,
Corinth XVIII.4: The Sanctuary of Demeter and Core: Terracotta pp. 163-164.
237
Figurines of the Classical, Hellenistic, and Roman Periods, Princeton Cfr. Thompson 1952, pp. 126-127, tav. 32, nn. 1-10; Bell
2000. Per alcuni esempi di bambole componibili cfr. Breitenstein 1981, tav. 126, nn. 824-825; Miller Ammermann 2002, tav.
1941, tav. 70, n. 562; tav. 72, nn. 591-592; Mollard Besques 1972, LXXII, nn. 2443-2444, 2452-2453.
238
p. 72, tav. 97, D 445-446; 1986, tav. 69, D 3719-D 3725; Bell 1981, Per una campionatura di statuette stanti o sedute con
tav. 127, nn. 837-839; Palumbo 1986, tav. LII, n. 44; Miller arti fabbricati a parte e successivamente assemblati cfr. Laumo-
Ammermann 2002, tav. LXXII, n. 2454. Per una raccolta delle nier 1921, tav. LXXV.3, n. 694; Higgins 1967, tav. 46.a; tav.
principali fonti antiche sulle bambole e per una campionatura 47.c; tav. 53.a, c-e; tav. 59.c, e; tav. 60.c; Bell 1981, tav. 84, nn.
delle bambole esistenti in varie collezioni e musei ved. M.R. 396-397, tav. 85, n. 401; tav. 90, n. 451; B. Neutsch, Archäolo-
Rinaldi, Ricerche sui giocattoli nell’antichità. A proposito di un’iscri- gische Grabungen und Funden im Bereich der unteritalischen
zione di Brescello, «Epigraphica» XVIII 1956 (1958), pp. 104-129. Soprintendenzen von Tarent, Reggio di Calabria und Salerno
235
Sul fine ludico di questo tipo di oggetti cfr. E. Daremberg, (1949-1955), «AA» 1956, pp. 431, 436, fig. 150.
239
E. Saglio, Dictionnaire des Antiquités grecques et romaines d’après Cfr. Miller Ammerann 2002, pp. 267-268 con bibl. pre-
les textes et les monuments, Paris 1877-1919, s.v. ludi, p. 13561. cedente.
236 240
EAA III, s.v. Giocattolo, pp. 908-909. Questa allusione Questo tipo di fittili è stato interpretato come thymiaterion da
alla sfera prematrimoniale è insita anche nell’offerta della pal- Stoop (M. W. Stoop, Floral Figurines from South Italy, Leiden 1960).
241
la, come simbolo dell’abbandono del mondo dell’infanzia. Sulla Cfr. P. Orlandini, Le arti figurative, in Magna Grecia, p.
complessa simbologia inerente la palla (gioco e offerta) ved. G. 550, fig. 578.

184 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


dea in trono con phiale e canestro di frutti (Fratte, Paestum, dove costituisce un unicum ed è datato
Capua), in area calabra e in Sicilia (Selinunte e tra la fine del V e il IV sec. a.C.243
Lipari). Va sottolineato che l’ipotesi resta puramente
speculativa, poiché nessun esemplare fra quelli esa- 8. Frammento di figura femminile con animale
minati rimanda a questo particolare tipo di produ- (colomba?)
zione fittile. Tuttavia, il forte legame con l’artigia- Frammento raffigurante la mano sinistra di una statuetta
nato pestano da un lato, e l’intrinseco significato di che regge un attributo che sembra essere un volatile di
piccole dimensioni (colomba?); imp4; h 2,9; largh 4,1.
questo tipo di immagine dall’altro (la “donna fio-
Saggio I, US 254. Inv. 407810.
re” è un simbolo della fertilità della terra per la ca-
pacità di rapida riproduzione del bulbo del giglio),
9. frammento di figura femminile con animale
rendono l’ipotesi molto suggestiva.
(pavone?)
Frammento raffigurante la mano sinistra di una statuetta
6. Frammento di figura femminile con pomo che regge un attributo che sembra essere un volatile di
Frammento di statuetta, che rappresenta una mano de- grandi dimensioni (pavone?), di cui si conserva la coda;
stra che stringe un pomo. Tracce di panneggio lungo il imp3; h 3,1; largh 4,1. Saggio I, US 261. Inv. 407811.
braccio; imp7; h 2,3; largh 7,2. Saggio I, US 119. Inv.
407808. 10. Mano frammentaria di statua di medio mo-
dulo (tav. XIII, n. 77)
L’unicità del pezzo, nonché lo stato di conser-
Frammento raffigurante la mano sinistra di una statuetta
vazione e il grado di corrosione dello stesso, non di medio modulo. La mano stringeva un attributo; imp3;
consentono, per questo esemplare frammentario, 3,9 x 5,2. Saggio I, US 268. Inv. 407812.
l’individuazione di un tipo preciso. Potrebbe trat-
tarsi di una variante dell’iconografia della “dea in Frustuli
trono” con la melagrana nella mano destra al posto Gli innumerevoli frustuli che, per il loro grado di
del canestro di frutti, schema altrettanto diffuso nel frammentarietà, non sono ascrivibili a nessuna delle
mondo magno-greco e in particolare in ambito categorie individuate, non sono stati inseriti nel ca-
poseidoniate. talogo. All’interno di questa corposo gruppo di esem-
plari frammentari sono stati distinti: frammenti il-
leggibili, ovvero frammenti in uno stato di conserva-
7. Frammento di figura femminile con cesto (tav.
zione tale da risultare non identificabili; frammenti
XIII, n. 76)
di panneggio troppo piccoli e frammentari per po-
Frammento di busto di figura femminile, probabilmen-
te seduta, che solleva sotto al seno, con la mano destra, ter essere attribuiti ad un gruppo tipologico o cate-
un grande canestro dalla base rotondeggiante. Tracce del goria; frammenti di volto e di capigliatura; basi di
mantello che ricopriva le spalle della figura; imp4; h 6,4; statuette; parti di statuette (braccia, gambe, mani che
largh 6,6. Saggio I, US 351. Inv. 407809.
reggono offerte non identificabili, piedi, etc.). I
Il frammento è probabilmente pertinente a una frustuli, così suddivisi, sono stati conteggiati per con-
statuetta che raffigura una figura femminile seduta sentire una completa analisi quantitativa delle terre-
in trono, che reca come attributo il kanoun, ovvero cotte figurate rinvenute all’interno del santuario. La
il cesto destinato a contenere gli accessori del sacri- loro distribuzione all’interno delle unità stratigrafiche
ficio, e in particolare l’orzo sacro242. Un esemplare di provenienza è riportata nelle tabelle riassuntive
simile proviene dal santuario di Santa Venera a poste in appendice al presente contributo.
I. B.

242 243
Cfr. Schmidt 1994, tav. 42, n. 35. Miller Ammermann 2002, tav. XXXII, n. 1782.

LA COROPLASTICA 185
Specchietto riassuntivo dei frustuli
tipo di frustulo numero di esemplari
frammenti illegibili 761
panneggio 286
basi 22
capigliatura 66
parti di volto 27
braccia e mani 13
gambe e piedi 14
altre parti 25

COROPLASTICA - Distribuzione dei tipi nei contesti di provenienza

TIPO esemplari esemplari DISTRIBUZIONE CRONOLOGIA


integri frammentari
A.11 I 50 Saggio I, US 5, 10, 97, 117, 119, 146, 182=189, fine V- IV scolo a.C.
186, 187, 253, 254, 255, 257, 266, 267, 268;
Saggio II, US 143, 334, 465, 475
A.11 II 8 Saggio I, US 119, 188; Saggio II, US 143, 257 fine V-IV sec. a.C.
A.11III 10 Saggio I, US 5, 55, 71, 155, 182=189, 187, 251, fine V-IV sec. a.C.
267; Saggio II, US 320, 498
A.12I 3 Saggio I, US 117, 186, 268 prima metà del IV sec. a.C.
A.12II 24 Saggio I, US 0, 95, 117, 119, 155, 181, 182=189, fine V-IV sec. a.C.
186, 187, 257, 266, 267, 268; Saggio II, US 334, 463
A.12III 2 Saggio II, US 266; Saggio IIA, US 354 fine V-IV sec. a.C.
A.13I 7 Saggio I, US, 5, 95, 117, 119, 187, 251; Saggio II, seconda metà del IV sec. a.C.
US 253
A.13II 11 Saggio I, US 1, 66, 77, 95, 107, 119, 146, 155; prima metà del IV sec. a.C.
Saggio II, US 463, 465
A.13III 2 Saggio I , US 268; Saggio II, US 465 seconda metà del IV sec. a.C.
A.13IV 1 Saggio I, US 119 seconda metà del IV sec. a.C.
A.21I 1 Saggio I, US 63 fine IV-III sec. a.C.
A.21II 1 Saggio I, US 47 III sec. a.C.
A.21III 1 Saggio I, US 119 IV-III sec. a.C.
A.21IV 1 Saggio II, US 524 fine IV- III sec. a.C. (?)
A.22I 1 Saggio II, US 394 metà III sec. a.C.
A.22II 1 1 Saggio I, US 95; Saggio II, US 394 II sec. a.C.
A.22III 1 Saggio II, US 394 primo quarto del III sec. a.C.
A.22IV 1 Saggio II, US 454 prima metà del III sec. a.C.
A.22V 4 Saggio II, US 454, 463 III sec. a.C.
A.22VI 1 Saggio II, US 512 III sec. a.C.
A.22VII 1 Saggio II, US 454 metà III-II sec. a.C.
A.22VIII 2 Saggio I, US 187, 266 III sec. a.C.
A.2.22I 1 Saggio II, US 211 III sec. a.C.
A.2.22II 1 Saggio II, US 143 metà III sec. a.C.
A.2.22III 1 Saggio II, US 394 prima metà III sec. a.C.
A.2.22IV 1 Saggio II, US 143 III sec. a.C.
A.2.22V 1 Saggio II, US 1 ultimo quarto del IV-inizi III
sec. a.C.
A.2.22VI 1 Saggio II, US 417 III sec. a.C.
A.23I 1 Saggio I, US 77 fine IV-III sec. a.C.

186 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TIPO esemplari esemplari DISTRIBUZIONE CRONOLOGIA
integri frammentari
A.23II 1 Saggio II, US 479 fine IV-III sec. a.C.
A.23III 1 Saggio II, US 394 fine IV-III sec. a.C.
A.23IV 1 Saggio II, US 333 seconda metà del II sec. a.C.
A.3I 1 Saggio II, US 463 III-II sec. a.C.
A.41I 4 Saggio II, US 249, 333, 342, 501 IV-III sec. a.C.
A.41II 1 Saggio II, US 331 fine IV-III sec. a.C.
A.42I 1 Saggio I, US119 IV sec. a.C. (?)
A.42II 1 Saggio II, US336 IV sec. a.C. (?)
A.43I 1 Saggio II, US 331 III-II sec. a.C.
B.1I 19 Saggio I, US 71, 117, 119, 155, 182=189, 183, IV sec. a.C.
186, 254
B.1II 2 Saggio I, US 119 IV-III sec. a.C. (?)
B.1III 3 Saggio I, US 117, 146, 188 IV-III sec. a.C. (?)
B.1IV 2 Saggio I, US 107, 155 IV-III sec. a.C.
B.2I 1 Saggio I, US 95 IV-III sec. a.C.
B.2II 6 Saggio I, US 0, 187, 267; Saggio II, US 143 seconda metà del IV sec. a.C.
B.2III 1 Saggio I, US 107 IV-III sec. a.C.
B.2IV 3 Saggio I, US 117, 251, 267 IV-III sec. a.C.
CI 2 Saggio I, US 47, 71 inizi III sec. a.C.
CII 4 Saggio I, US 77, 119, 155; Saggio II, US 143 III sec. a.C.
CIII 1 Saggio I, US 66 III sec. a.C.
CIV 1 Saggio I, US 119 inizi III sec. a.C.
CV 2 Saggio I, US 155, 268 III sec. a.C.
CVI 1 Saggio I, US 267 III sec. a.C.
TOTALE 5 197

Distribuzione degli esemplari coroplastici non attribuibili a tipi

categoria o parti conservate


gruppo teste frr. parti del ffr. parti con frr. basi frr. di DISTRIBUZIONE
tipologico teste corpo panneggio attributo trono rilievi
figurati

A.1 18 2 78 8 Saggio I, US 0, 10, 47, 71, 117, 119, 146, 154, 155, 158, 182=189,
185, 196, 187, 251, 254, 255, 261, 266, 267, 268; Saggio II, US
0, 143, 234, 236, 304, 320, 333, 334, 465
A.11 5 65 35 12 139 20 Saggio I, US 1, 5, 10,19, 21, 41, 47, 196, 261, 267, 268, 304;
196; Saggio II, US 320, 331, 334 463
A.12 9 12 9 4 Saggio I, US 187, 254, 261, 234, 236; Saggio II, US 463, 465
A.2 67 Saggio I, US 182=189, 186, 251, 257, 268; Saggio II, US 333.
A.21 2 Saggio II, US 333, 341
B.1 7 16 Saggio I, US 182=189, 186, 187, 188, 253, 254, 257, 261, 267,
268; Saggio II, US 331, 332, 465, 502
B.2 4 Saggio I, US 45, 119, 146, 154
C 32 Saggio I, US 47, 54, 66, 117, 119, 146, 182=189, 251, 256, 261,
267; Saggio II, US 143, 146, 155, 334, 405, 424, 463, 502.
/ 5 Saggio II, US 143, 354, 502
TOTALE 5 12 181 49 12 226 32 32

LA COROPLASTICA 187
TAV. IV

1-2

3-4

5-6

188 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. V

7-8-9

10-11

12-13

LA COROPLASTICA 189
TAV. VI

14-15-16

17-18-19

20-21

22 23

190 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. VII

24-25

26-27

LA COROPLASTICA 191
TAV. VIII

28-29-30

32

33

31 34

192 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. IX

35-36

37-38

39-40

LA COROPLASTICA 193

13
TAV. X

41-42-43

44-45

46-47-48-49

194 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XI

50-51-52

53-54-55

56-57

LA COROPLASTICA 195
TAV. XII

58-59-60-61

63

62 64

65-66

196 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XIII

67-68-69

70-71-72

74-75

73

76-77

LA COROPLASTICA 197
2. Statuetta bronzea ampi svolazzi, a sottolineare il forte movimento; il
Lare calza stivaletti con bordo rovesciato.
Il corpo esile nella struttura appare piuttosto allun-
Dal settore nord orientale del Saggio II proviene gato, anche se sproporzionata risulta la grande testa
l’unica statuina di bronzo rinvenuta nello scavo del coronata dai capelli ricciuti. Un lavoro decisamente
santuario di Torre di Satriano. Il manufatto va ad povero, caratterizzato soprattutto dall’appiattimen-
arricchire la serie di piccoli bronzi raffiguranti un to della figura, in parte attenuato dal ripiegamento
della tunica all’indietro, che conferisce alla parte po-
Lare, ampiamente diffusa non solo in Italia ma nel- steriore del bronzetto una struttura concava. Povera
le stesse province dell’impero, soprattutto quelle oc- è allo stesso modo la resa della pieghe della tunica,
cidentali1. Per ciò che concerne la Lucania, per re- rese con solcature estremamente rigide (Inv. 407813).
stringere l’ambito delle attestazioni ad un’area pros-
sima al nostro santuario, attestazioni di bronzetti Dal punto di vista tipologico il bronzetto di Tor-
di Lare sono documentate in contrada Torretta, nei re di Satriano trova confronto in un gruppo nutrito
pressi di Potenza2 e da Muro Lucano3. di esemplari, di varia provenienza, distribuiti soprat-
tutto in Italia e nelle province occidentali a partire
Il bronzetto di Torre di Satriano (US 424), alto 9 cm., dalla riorganizzazione augustea del culto dei Lari, e
è realizzato a fusione piena e mostra alcune parti la- caratterizzati dall’atto di danzare. L’incedere a passo
vorate a bulino, come la capigliatura, il viso e le pie- di danza connota queste statuette come Lares
ghe della tunica. La superficie presenta una patina di
colore verde tendente al grigio, da attribuire verosi-
compitales, distinguendoli dai Lares familiares, in at-
milmente all’impiego di un’alta percentuale di piom- teggiamento statico e con in mano una patera e nel-
bo durante la fusione. l’altra una cornucopia. Il tipo danzante è tra i due
Il Lare, che in origine doveva certamente poggiare su senz’altro quello che mostra una maggiore varietà di
di una base probabilmente di bronzo, come pare evi-
dente dalle tracce dell’attacco presenti sotto i piedi, è
attributi. In una delle mani, quasi sempre sollevata,
rappresentato – secondo uno schema iconografico am- questi bronzetti stringono sempre un rhyton, con la
piamente diffuso - in atto di danzare. La gamba sini- parte terminale a forma di protome di animale (leo-
stra è avanzata e piegata al ginocchio; ambedue i pie- ni, antilopi, ariete oppure delfini); nell’altra mano
di toccano la base con le sole punte. La mano sini-
invece, in genere protesa, un ramo di alloro, una pal-
stra, col braccio sollevato e piegato ad angolo retto,
reca enfaticamente un rhyton a testa di delfino, la ma, una patera oppure una situla.
destra protesa in avanti e scostata dal corpo mostra Fra i molti esemplari noti possono essere acco-
una patera inclinata nel gesto del sacrificio. La testa, stati al nostro Lare in particolare due esemplari, con-
dritta, è incorniciata da due file di riccioli; la parte
servati al Museo Archeologico di Verona4, uno ai
posteriore della capigliatura presenta una calotta di
capelli resi con linee incise. La corta tunica, stretta Civici Musei di Storia e Arte di Trieste5 ed un altro
alla vita da una cintura, si apre lateralmente in due al Museo di Vienne6, vicini per schema iconografico

1
In merito: LIMC VI 1, 1992, pp. 205-212, s.v. Lar, Lares, particolare sigillata africana – e lucerne di età tardo antica, fanno
in particolare p. 212. Per ciò che concerne l’Italia, numerose ipotizzare una datazione dedotta probabilmente sulla base
attestazioni provengono soprattutto da Pompei, a riguardo ved. unicamente del contesto di rinvenimento. Dal punto di vista
Adamo Muscettola 1984. metodologico però, simili tentativi di cronologia, potrebbero non
2
C. Valente, Potenza, «NSc» 1941, p. 250, fig. 4. Si tratta di corrispondere al vero, come dimostra l’abbondante campionario
un bronzetto, alto 13 cm., con doppio chitone, patera nella di esempi offerto dai larari di Pompei e non solo, dove sovente
destra e corno potorio nella sinistra, dalla cronologia, come statuette molto più antiche convivono con esemplari posteriori:
spesso accade per questi oggetti, purtroppo imprecisata. Adamo Muscettola 1984, in particolare p. 20.
3 4
Il bronzetto, molto vicino all’esemplare di Torre di Satriano, L. Franzoni, Bronzetti romani del Museo Archeologico di Verona,
proviene dallo scavo di una villa nel territorio del Comune di Venezia 1973, pp. 140-141. Sebbene uno dei due bronzetti mostri la
Muro Lucano (Pz) ed è conservato nel Museo Archeologico sinistra sollevata anziché la destra, come nel caso del bronzetto di
Nazionale di Muro Lucano, dove è datato al IV sec. d.C. L’assenza Satriano, lo schema iconografico non mostra variazioni.
5
in bibliografia di una statuina con una cronologia analoga e la Cassola Guida 1978, p. 95.
6
collocazione del Lare nella medesima vetrina con ceramiche – in S. Boucher, Vienne, Bronzes antiques, Paris 1971, p. 77.

198 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


quanto per ponderazione, e con il medesimo appiat- sec. d.C.”, senza però fornire alcun elemento a sup-
timento della figura; i bronzetti non conservano porto della sua tesi. Il confronto però con due
purtroppo gli attributi, ad eccezione di uno dei due bronzetti rinvenuti nel larario della Casa delle Pa-
Lari del Museo di Verona che ancora mostra una reti rosse di Pomepi8, i quali mostrano un’analoga
patera nella mano destra protesa. struttura e ponderazione, sebbene la capigliatura
La notevole somiglianza di questo gruppo di culmini sulla fronte con una ciocca rialzata, sem-
bronzetti, particolarmente attestato in Gallia ed in bra documentare l’attestazione di questo tipo in una
Italia settentrionale, ha fatto pensare al lavoro di fase precedente all’ultimo quarto del I sec. d.C.
un’unica officina, localizzata forse in Gallia, oppu- Per ciò che concerne invece il bronzetto di Tor-
re ad una circolazione così ampia di matrici da giu- re di Satriano, il contesto di rinvenimento, databile
stificare il rinvenimento anche in aree lontane di soprattutto sulla base delle lucerne “a volute” nel-
bronzetti simili7. l’ambito della prima metà del I sec. d.C. o al più
In merito all’inquadramento cronologico di que- tardi al terzo quarto del secolo, potrebbe fornire
sto gruppo di bronzetti, la bibliografia non forni- quanto meno un terminus ante quem, per la cro-
sce purtroppo elementi, ad eccezione del Lare di nologia del Lare, la quale si rivela vicina ai due
Trieste secondo Cassola Guida “databile forse al II bronzetti della Casa delle Pareti rosse di Pompei.
S. D. V.

7
In merito: A. Leibundgut, Die Römischen Bronzen der 1978, p. 95.
8
Schweiz II. Avenches, Mainz 1976, pp. 32-33; Cassola Guida Adamo Muscettola 1984, fig. 14; Fröhlich 1991, pp. 291-292.

STATUETTA BRONZEA 199


3. La ceramica evoluzione formale del repertorio vascolare, che
presenta elementi di continuità dall’epoca
3.1. Ceramica d’impasto
protostorica a quella arcaica avanzata. Tali caratte-
Nell’ambito della produzione vascolare ad impasto ristiche rendono spesso impossibile stabilire una
dell’Italia centro-meridionale, durante il Bronzo datazione precisa, soprattutto in un contesto come
medio e recente si assiste ad un processo di standar- quello di Torre di Satriano, in cui non è possibile
dizzazione delle forme che causa, nel corso del Bron- nemmeno procedere a verificare le associazioni con
zo finale, una notevole ripetitività dei modelli eventuale materiale datante poiché i frammenti pro-
tipologici, anche su scale dimensionali e ambiti vengono da strati che appartengono alla fase lucana
funzionali differenti1. Il fenomeno perdura nell’età o romana del santuario e costituiscono dunque ele-
del ferro: recenti ricerche, basate sullo studio del menti residuali3. I manufatti ad impasto documen-
materiale proveniente da necropoli campane, tano quindi la frequentazione più antica dell’area,
calabresi e lucane -in particolare quelle di Ponte- già indiziata dal rinvenimento di materiali in
cagnano, Valle del Sarno, gruppo Oliveto-Cairano, giacitura secondaria e da tombe nel corso degli sca-
Sala Consilina, Torre Galli, S. Maria d’Anglona, vi degli anni ’80 – per quanto riguarda l’età del bron-
Incoronata di Metaponto- hanno infatti evidenziato zo e la prima età del ferro4 – e testimoniata da strut-
il sostanziale ripetersi di forme vascolari di antica ture abitative e da tombe rinvenute nei più recenti
tradizione nei corredi funerari, anche se con diver- scavi – per quanto concerne l’età arcaica5. Tali re-
se frequenze e gamme dimensionali, fenomeni, perti residuali attestano le notevoli attività di risiste-
questi ultimi, che possono essere spiegati da logi- mazione dei terreni, di asporto e colmatura, preli-
che simbolico-rituali e dalla presenza di specifiche minari all’impianto dell’area sacra, che hanno por-
produzioni, legate a committenze locali2. Accanto tato alla dispersione dei manufatti nelle stratigrafie
a contenitori di dimensioni medio-grandi, quali posteriori.
dolii, orci, urne, sono documentate olle, brocche, Sono dunque altri gli elementi che possono for-
orcioli; tra le forme aperte, le più rilevanti risulta- nire indicazioni utili per stabilire la datazione del-
no essere scodelloni, scodelle, tazze e ciotole. la ceramica in questione, in particolare l’indivi-
Passando ad esaminare la ceramica ad impasto duazione di alcuni aspetti tecnologici, quali l’uti-
rinvenuta a Torre di Satriano, va innanzitutto se- lizzo della ruota lenta o del tornio e il trattamen-
gnalato che la classe comprende una esigua quanti- to più o meno accurato delle superfici, unitamente
tà di reperti con uno stato di conservazione estre- al riconoscimento di alcuni tipi di impasto, il cui
mamente frammentario, tanto da rendere spesso utilizzo è limitato ad epoche precise. A Torre di
difficile l’attribuzione ad una forma. Anche l’in- Satriano, infatti, sono documentati sia l’impasto
quadramento cronologico risulta problematico: il cosiddetto “fine” sia quello “grossolano”. Il pri-
processo appena ricordato di standardizzazione dei mo, di antica tradizione protostorica, risulta lar-
modelli tipologici comporta, infatti, una minima gamente diffuso in Italia meridionale nel Bronzo

1 3
Cfr. R. Peroni, Introduzione alla protostoria italiana, Si è infatti deciso di rinviare lo studio del materiale ceramico
Roma-Bari 1994; R. Peroni, L’Italia alle soglie della storia, Roma- proveniente dalla fase arcaica ad un secondo momento, quando
Bari 1996. verrà affrontata anche l’analisi dei reperti rinvenuti durante le ri-
2
Cfr. D. Cocchi Genick (a cura di), Aspetti culturali della cognizioni del territorio circostante il santuario. Elementi prezio-
media età del Bronzo nell’Italia centro-meridionale, Firenze 1995; si e chiarificatori dovrebbero venire da tale disamina, essendo stati
Cocchi Genick 1999 e, in particolare, il contributo di G. Bailo individuati numerosi frammenti ad impasto, in buono stato di
Modesti et alii, Strutture morfologiche e funzionali delle classi conservazione, presumibilmente riferibili all’epoca arcaica.
4
vascolari del Bronzo Finale e della prima età del Ferro in Italia Satriano, pp. 37, 69-72.
5
meridionale, pp. 441-467. Rituali per una dea, pp. 17-22; Osanna 2002; Sica 2004.

200 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


finale e nella prima età del ferro: si presenta nero, ciso di selezionare 35 campioni, da sottoporre ad
compatto, con radi inclusi di piccole dimensioni, analisi mineralogiche e petrografiche, per verificare
superfici sempre rifinite con molta accuratezza, la composizione delle materie prime utilizzate e,
levigate e lucidate a stecca, con esito nero lucente. ove possibile, il rapporto tra tipi di impasto, classi
In alcuni casi, a causa della cottura non perfetta- ceramiche e forme funzionali6. I dati ottenuti sono
mente omogenea, il colore tende al marrone decisamente significativi sia da un punto di vista
rossiccio in prossimità delle superfici. L’impasto cronologico che morfologico: la pasta 1 è riferibile
“grossolano”, il più rappresentato nel nostro con- all’età del ferro, mentre la 2 all’epoca arcaica; in
testo, è invece caratterizzato, a seconda del grado alcuni casi, inoltre, il tipo di impasto sembra
di purezza, da inclusi di piccole, medie e grandi associabile a forme specifiche, come nel caso di fram-
dimensioni: ricorrono quelli litici, calcitici, menti di olle e brocche, realizzate con la pasta 5, e
micacei, quarzitici; è normalmente poco compat- di numerosi grandi contenitori, caratterizzati dalla
to, con nucleo di colore beige, camoscio, marrone pasta 2.
o grigio. L’esito superficiale è di colore variabile Per quanto riguarda il repertorio morfologico,
(beige-rosato, marrone, grigio) e spesso non omo- si segnala la presenza di un numero limitato di for-
geneo, a causa di una cottura difettosa, avvenuta a me, in accordo con una tendenza generale ricono-
temperature non uniformi e in forni rudimentali. sciuta da diversi studiosi in area enotria, per cui a
Le superfici sono lisciate e levigate irregolarmen- partire dal periodo orientalizzante si preferisce la
te, spesso opache e ruvide al tatto. Questo tipo di produzione di ceramica figulina a quella ad impa-
ceramica è eseguito a mano con l’ausilio della stecca sto7. Il dato è estremamente interessante e ancor
o alla ruota lenta e, in taluni casi, sono visibili più significativo nel caso di Torre di Satriano, con-
tracce di tornio. I vasi possono essere realizzati in siderando che il centro ha forti legami con l’area
parti diverse e assemblati in un secondo momen- culturale del melfese, in cui si inserisce anche Ruvo
to, quando si sono parzialmente seccati; spesso tali del Monte, che appare orientata verso la Campania
giunture sono chiaramente visibili sulle superfici e, in particolare, verso la cultura di Oliveto-Cairano,
interne o addirittura su quelle esterne, se l’esecu- in cui in fase arcaica l’impasto è invece largamente
zione è sommaria. Non si tratta comunque di una attestato8.
produzione tecnicamente scadente; al contrario, A Satriano sono documentati soprattutto vasi
in alcuni casi si segnala una resa accurata delle su- destinati alla conservazione degli alimenti o alla
perfici tramite l’utilizzo di strumenti attorno al- mensa, con una netta prevalenza delle forme aper-
l’orlo e alla parete. te: sono attestate le olle globulari ed ovoidi a lab-
In una fase iniziale dello studio si è inoltre av- bro estroflesso, le brocche, le scodelle di diverse di-
viata la classificazione degli impasti, basata su inda- mensioni, con vasca per lo più convessa e orlo drit-
gine autoptica, e si è tentato di distinguere le paste to, i vasi di medie dimensioni e i grandi contenitori
in base alle diverse forme ceramiche. Per ottenere il troncoconici o a parete convessa, il dolio a labbro
maggior numero di informazioni possibili, si è de- estroflesso e il pithos a labbro rientrante.

6
Cfr. Picon-Olcese 1995, pp. 105-114; S.T. Levi, M. cordonati e la ceramica grigia, protogeometrica e di impasto del
Sonnino, Classi di impasto e forme funzionali nella ceramica “di sito di Torre Castelluccia, in M. A. Gorgoglione, Strutture e
impasto” e nei dolii del sito protostorico di Broglio di Trebisacce modelli di abitati del Bronzo tardo da Torre Castelluccia a Roca
(CS), in S. Santoro Bianchi, B. Fabbri (a cura di), Il Contributo Vecchia. Rapporti ed interrelazioni sull’arco ionico da Taranto al
delle Analisi Archeometriche allo Studio delle Ceramiche Grezze canale d’Otranto e sul versante adriatico, (Atti del Convegno di
e Comuni: Forma/Funzione/Impasto (Atti della I Giornata di Studio, Pulsano, 28-29 novembre 1996), Manduria 2002.
7
Archeometria della Ceramica, Bologna 28-2-1997), Bologna Cfr. Bottini 1981, p. 209; Cuozzo 2000, p. 40.
8
1997, pp. 12-19; Levi S. T. 1999; R. E. Jones, S. T. Levi, I dolii Cfr. Bailo Modesti 1980.

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 201


— Olla 1.2
L’olla è una delle poche forme di ceramica ad im- Labbro a tesa.
pasto che, in Italia meridionale, continua ad esse- 4. Parte del labbro e della spalla; ingobbio esterno camo-
re prodotta nel periodo orientalizzante e per tut- scio; imp2; ø 22,4; h 3,6; sp 1,2; tornio veloce. Saggio II,
US 394. Inv. 407076.
ta l’età arcaica: è attestata sia in contesti abitativi,
per conservare liquidi o derrate alimentari, sia in
L’olla globulare ed ovoide a labbro estroflesso è una
ambiti funerari, come vaso di corredo o, nel caso
forma di lunga durata, ampiamente documentata
di esemplari di grandi dimensioni, come conteni-
in Italia meridionale nel Bronzo finale e per tutta
tore per enchytrismos. In area nord lucana, enotria,
l’età del ferro. Il tipo 1.1 (cat. 1) trova confronto
dauna e peuceta, la forma conosce larga diffusio-
con un’olla rinvenuta nella necropoli di Chiaro-
ne e presenta spesso una notevole continuità
monte (località Sotto la Croce, tomba 18), databile
morfologica dalla fine della prima età del ferro fino
alla seconda metà del VII sec. a.C; dal medesimo
all’avanzata epoca arcaica9. A Torre di Satriano
contesto proviene anche un esemplare molto vici-
sono attestati esemplari di dimensioni grandi (dia-
no al nostro tipo 1.2 (cat. 2), ma con collo
metro all’orlo di circa 30 cm.) e medio-piccole (dia-
troncoconico appena accennato, riferibile sempre
metro all’orlo tra i 22,5 e i 16,5 cm.), con forma
alla seconda metà del VII sec. a.C (località Sotto la
globulare od ovoide, come indiziato dal profilo
Croce, tomba 27)10.
della spalla, dato che l’esiguità dello stato di con-
In generale, tuttavia, per quanto concerne l’epoca
servazione dei frammenti non consente una rico-
arcaica i confronti più stringenti sono con olle di
struzione completa dei vasi. All’interno del tipo,
argilla depurata, secondo una tendenza generale ri-
la suddivisione in due varietà è effettuata in base
levata nella cultura materiale, per cui alla ceramica
all’inclinazione del labbro.
ad impasto si preferisce quella figulina, acroma o
dipinta. A Cairano, una delle forme ricorrenti nel-
Tipo 1 (tav. XIV, nn. 1-4)
la ceramica figulina è l’olla globulare (tipo 72 B),
Profilo da globulare ad ovoide, labbro estroflesso.
con labbro distinto ed estroflesso, senza collo e a
1.1 ventre molto espanso, attestata ad esempio in una
Labbro estroflesso, obliquo. È attestato di dimen- tomba della prima metà del VI sec. a.C.; in questo
sioni grandi (US 47) e medio-piccole (US 182 e 475). caso il tipo presenta due anse a maniglia semicirco-
1. Parte del labbro e della spalla; ingobbio esterno rosa- lare e un becco-ansa, assenti negli esemplari di
to; imp6; ø 30,2; h 6,8; sp 1,9; lavorato al tornio. Saggio Satriano, ma il profilo complessivo è molto vicino
I, US 47. Inv. 407073.
ai nostri frammenti11. Confronti puntuali sono con
2. Parte del labbro e della spalla; bugna circolare sotto il
labbro e, accanto, decorazione incisa a spina di pesce e a altre due olle, sempre di ceramica acroma: la prima
pseudo-bacellature oblique; imp4; ø 22; h 7,6; sp 1; lavo- da Ruvo del Monte (contrada S. Antonio, tomba 7,
rato alla ruota lenta, superfici lisciate accuratamente. inquadrabile tra la fine del VII a tutto il primo quar-
Saggio I, US 182. Inv. 407074.
to del VI sec. a.C.) e la seconda da Lavello (contrada
3. Parte del labbro e della spalla; ingobbio esterno camo-
scio; imp5; ø 16,4; h 3,5; sp 0,7; lavorato a mano, risega Gravetta, tomba 56, databile agli inizi del V sec.
sotto l’orlo. Saggio II, US 475. Inv. 407075. a.C.)12. Si segnala, infine, un ultimo esemplare pro-

9 12
Cfr. Cuozzo 2000, p. 40. Per la Sibaritide cfr. Peroni-Trucco 1994, p. 520; per l’età
10
Berlingò-Russo Tagliente 1992-1993, p. 343, fig. 65, n. del Ferro cfr. Chiartano 1977, in particolare p. 75, fig. 31, a-b;
20; p. 293, fig. 71, n. 62. Incoronata V, p. 104, fig. 159. Per i corredi funerari di Ruvo del
11
Cfr. Bailo Modesti 1980, p. 65, con discussione del tipo e Monte cfr. Bottini 1981, in particolare p. 225, fig. 18, n. 49;
confronti in area laziale e calabra. l’olla da Lavello è presentata in Popoli anellenici in Basilicata,

202 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


veniente dalla necropoli di Braida di Vaglio (tomba articolato, con vasca convessa o angolare, di diversa
103), ancora di ceramica acroma13. profondità; anse e prese, quando presenti, sono
impostate orizzontalmente, di norma sul labbro,
— Brocca ma possono avere andamento diverso. A Satriano
Forma chiusa utilizzata per contenere e versare i sono documentati alcuni esemplari di scodella a
liquidi, ha dimensioni variabili e corpo generalmen- profilo angolare e labbro introflesso, di impasto
te globulare od ovoide, con un’ansa verticale, a vol- nero, con superfici lucidate, sicuramente riferibili
te sormontante, variamente impostata. Largamen- all’età del bronzo finale-inizio Ferro. Sono inoltre
te diffusa in contesti abitativi e funerari enotri del- presenti frammenti di scodella con vasca a profilo
l’età del ferro, la brocca presenta caratteristiche convesso: il tipo è di lunga durata, essendo attesta-
morfologiche conservative ed è attestata, senza so- to in Italia meridionale in contesti indigeni dell’età
stanziali evoluzioni, fino ad epoca arcaica avanzata, del ferro e perdurando in epoca arcaica; per i nostri
in diversi siti quali Roccanova, S. Maria d’Anglona, esemplari, tuttavia, l’impasto farebbe propendere
Cozzo Presepe, le necropoli di Matera, Pisticci, alla datazione più recente.
Timmari; in ambito peuceta, a Gravina e Monte
Sannace; in area dauna ad Ordona, Ascoli Satriano Tipo 1 (tav. XV, n. 6)
ed Arpi14. Scodella a profilo angolare, labbro fortemente rien-
A Satriano sono documentati due esemplari, da US trante, vasca profonda.
268 e 279, estremamente frammentari, per i quali si 6. Parte del labbro e della vasca; imp nero; ø 24,2; h 3,8;
può solo ipotizzare una forma ovoide, con ansa a sp 0,8; lavorato alla ruota lenta e a mano. Saggio II, US
nastro impostata dalla spalla all’orlo; alla medesi- 164. Inv. 407078.
ma forma afferiscono probabilmente anche una se-
rie di frammenti di ansa (cfr. infra: anse, tipo 1 e 2). Tipo 2 (tav. XV, n. 7)
Scodella a profilo ovoide, labbro lievemente estroflesso,
Tipo 1 (tav. XV, n. 5) orlo arrotondato.
Labbro estroflesso, con ansa impostata sull’orlo. Distribuione: Saggio I, US 279; Saggio II, US 301.

5. Parte del labbro e del corpo; ansa verticale a nastro, a 7. Parte del labbro e del corpo; sotto il labbro, presa tipo
sezione sub-ovale; ingobbio esterno rosato; imp5; h 3,4; 1; ingobbio esterno beige-rosato, imp4; ø 16,8; h 8,3; sp
largh 5,7; sp 0,8; lavorato a mano e alla ruota lenta. Sag- 0,7; lavorato a mano e alla ruota lenta; superfici lisciate.
gio I, US 268. Inv. 407077. Saggio I, US 279. Inv. 407079.

Gli esemplari documentati a Satriano trovano con- Tipo 3 (tavv. XV-XVI, nn. 8-9)
fronto con una brocca dell’età del Ferro da S. Ma- Scodella ovoide, labbro lievemente rientrante, orlo
ria d’Anglona, databile alla seconda metà dell’VIII arrotondato, vasca profonda.
sec. a.C.15.
3.1
Orlo arrotondato.
— Scodella 8. Parte del labbro e della vasca; sotto il labbro, presa
Forma aperta di dimensioni variabili, a profilo poco tipo 3A; ingobbio esterno bruno; imp4; ø 22,4; h 8,6; sp

14
p. 131, tav. LVII, T. 56. Cfr. Cuozzo 2000 e bibl. di riferimento. Inoltre per
13
Cfr. A. Bottini, E. Setari, La necropoli italica di Braida di Roccanova cfr. Tocco Sciarelli 1980, per S. Maria d’Anglona
Vaglio in Basilicata, Roma 2003, in particolare p. 48, n. 179, cfr. Malnati 1984.
15
tav. XV, fig. 28. Cfr. Malnati 1984, T. IV, n. 2, tav. XXVIII A.

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 203


1,2. Saggio II, US 331. Inv. 407080. sec. a.C. e con una scodella di Ruvo del Monte
3.2 (contrada S. Antonio, tomba 8), databile dopo la
Orlo ingrossato, tagliato obliquamente. metà del VI sec. a.C., probabilmente al terzo quar-
9. Quasi completamente ricomposto; ingobbio esterno to del secolo17. Forme complessivamente molto vi-
bruno; imp. 2; ø orlo 14,6; ø fondo 9,4; h 10,9; sp 0,9; cine alla nostra sono presenti a Cairano, dove è sta-
lavorato a mano. Saggio II, US 70. Inv. 407081. to possibile individuare un tipo di boccale (54 A1)
ovoide, con labbro rientrante, ansa obliqua e, tal-
Tipo 4 (tav. XVI, nn. 10-11) volta, bugnette circolari o allungate sotto l’orlo, e
Scodella a profilo convesso, labbro dritto, vasca poco un tipo di olletta-boccale (55 A2), di maggiori di-
profonda. mensioni, priva di ansa e dotata talora di prese sot-
4.1 to l’orlo. In particolare, il boccale 54 A1 ricorre in
Orlo arrotondato. due tombe databili rispettivamente alla prima metà
Distribuzione: Saggio II, US 143, 475. e alla seconda metà del VI sec. a.C.; entrambe le
10. Parte del labbro e della vasca; ingobbio esterno beige; forme sono inoltre attestate nel nucleo abitativo
imp4; ø 10,4; h 2,9; sp 0,5; lavorato a mano e alla ruota arcaico di Cairano (collina del Calvario)18. Il tipo
lenta; superfici lisciate. Saggio II, US 143. Inv. 407082.
3.2 (cat. 9) trova un confronto stringente in un boc-
4.2 cale dalla tomba 35 di Serra di Vaglio, databile al-
Orlo appiattito superiormente. l’ultimo quarto del VII sec. a.C.19
11. Parte del labbro e della vasca; sotto il labbro, presa I tipi 4.1 e 4.2 (cat. 10-11) sono documentati in
tipo 1; imp4; ø 12,8; h 4,6; sp 0,6; lavorato a mano e alla Sibaritide a partire dal Bronzo finale e continuano
ruota lenta. Saggio I, US 8. Inv. 407083.
ad essere diffusamente attestati in siti enotri del-
l’età del Ferro; in particolare si segnalano una sco-
Il tipo 1 è attestato a Broglio di Trebisacce a partire della di piccole dimensioni rinvenuta a Gravina ed
dal Bronzo finale, a Sala Consilina nella fase I B, a un esemplare di ceramica acroma dall’Incoronata
Pontecagnano nell’età del ferro e, nel medesimo greca, databile tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII
orizzonte cronologico, conosce larga diffusione sec. a.C.20 In epoca arcaica il tipo trova solo con-
anche in ambito enotrio. Si ricordano, in particola- fronti generici, mentre sembrano più diffusi la sco-
re, alcuni esemplari provenienti dalla necropoli di della angolare o i grandi scodelloni21.
S. Teodoro-Incoronata indigena, databili al IX-VIII
sec. a.C. e dall’Incoronata greca, di VIII sec. a.C.16 — Situla
Il tipo 3 è documentato in corredi funebri di VII- Forma aperta, a parete convessa, con diametro mas-
VI sec. a.C. della necropoli di Roccanova (località simo all’orlo. In base alle dimensioni può avere di-
Serre); in particolare, il 3.1 (cat. 8) trova confronti verse funzioni, principalmente quelle di contenito-
con un esemplare da Chiaromonte (località Sotto re destinato alla conservazione di derrate alimenta-
La Croce, tomba 27) della seconda metà del VII ri o legato alla mensa e alla cucina.

16
Cfr. Chiartano 1977; Peroni–Trucco 1994, p. 511 e nota re proveniente da Satriano, probabilmente dell’età del ferro,
14; Incoronata V, p. 112. abbastanza vicino al boccale 54 A1, per il quale si veda
17
Gli esemplari di Roccanova sono presentati in Tocco Holloway 1970, p. 85, cat. 200, fig. 149.
19
Sciarelli 1980, p. 444, tav. V, n. 3; per la scodella di Cfr. Greco G. 1991, p. 19, fig. 72.
20
Chiaromonte cfr. Berlingò-Russo Tagliente 1992-1993, p. 348, Cfr. Gravina II, p. 125, fig. 21, n. 165; Incoronata V, p.
fig. 71, n. 63. Per Ruvo, infine, cfr. Bottini 1981, p. 209, fig. 112, fig. 118.
21
20, n. 66. Interessante, in tal senso, la documentazione di Cairano:
18
Cfr. Bailo Modesti 1980, pp. 52-55, con discussione delle si veda, in particolare, la tipologia delle forme più frequenti
forme e confronti, tra i quali viene ricordato un altro esempla- nella ceramica ad impasto (Bailo Modesti 1980, tav. 8).

204 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


A Satriano la forma è documentata di dimensioni bro estroflesso, con orlo tagliato obliquamente,
medio-piccole (diametro di circa 20-18 cm.), talvol- provenienti da US 107 e 506.
ta con prese aggettanti impostate sotto l’orlo. 14. Labbro estroflesso, orlo tagliato obliquamente, ini-
zio della parete a profilo rigido; imp6; ø 32,2; h 5,7; sp
Tipo 1 (tav. XVI, nn. 12-13) 1,9; lavorato al tornio. Saggio II, US 506. Inv. 407086.
Labbro dritto o lievemente rientrante, corpo ovoide.
La forma è standardizzata e di lunga durata: è pre-
1.1
sente a Broglio, nella Sibaritide, nei livelli del Bron-
Orlo arrotondato.
12. Parte del labbro, inizio del corpo; presa tipo 2; ingob- zo finale ed è largamente diffusa in contesti dell’età
bio esterno beige; imp5; ø 18,6; h 5,4; sp 0,8; lavorato del Ferro25.
alla ruota lenta e a mano. Saggio I, US 107. Inv. 407084.

1.2 — Vaso troncoconico a parete convessa (tav. XVII, n. 15)


Orlo tagliato obliquamente. Forma aperta, di dimensioni medio-grandi, con
Distribuzione: Saggio II, US 86, 452. parete più o meno inclinata. Può presentare bugne
13. Parte del labbro e del corpo; imp2; ø 19,8; h 2,6; sp o prese sotto l’orlo. Per quanto concerne le consi-
1,4; lavorato alla ruota lenta e a mano; superfici lisciate derazioni di carattere generale, non si notano diffe-
accuratamente. Saggio II, US 86. Inv. 407085. renze rispetto alla forma precedente; anche in que-
sto caso, a seconda delle dimensioni è ipotizzabile
La forma ha tradizione antica ed è attestata in di- un utilizzo come grande contenitore o come vaso
versi siti dell’età del ferro, in Sibaritide, all’Incoro- da mensa e cucina. A Satriano è documentato un
nata greca, a Gravina, Satyrion e a Cavallino22. In unico esemplare, a labbro dritto, orlo arrotondato,
età arcaica a Cairano è documentato un tipo di presa di forma sub-ovale.
olletta-boccale (55 A2), molto simile ai nostri esem-
plari, a corpo alto, pressoché ovoide, per il quale Tipo 1
vengono istituiti confronti proprio con gli esem- Labbro dritto, con orlo arrotondato.
plari di Gravina di VIII sec. a.C. e con altri prove-
15. Parte del labbro e della parete; sul labbro, presa tipo
nienti dalle necropoli calabresi23. 2; ingobbio esterno rosato; imp2; ø 30; h 6,2; sp 1; lavo-
Il tipo 1.1, in particolare, è complessivamente rato al tornio. Saggio II, US 465. Inv. 407087.
avvicinabile ad un frammento rinvenuto in una ca-
panna di Oppido, che ha restituito materiale — Piatto
ceramico databile tra la fine dell’VIII e il VI sec. a.C.24 Forma aperta, vasca poco profonda con parete obli-
qua, fondo piatto; le funzioni sono connesse alla
— Vaso Troncoconico (tav. XVII, n. 14) mensa. A Satriano è attestato un unico esemplare,
Forma aperta, vasca a profilo rigido, con ampio di piccole dimensioni.
campo di variabilità delle dimensioni; assolve fun-
zioni connesse prevalentemente alla conservazione Tipo 1 (tav. XVII, n. 16)
delle derrate alimentari ma è ipotizzabile anche un Orlo arrotondato, vasca convessa, poco profonda, fon-
utilizzo legato alla cucina. A Satriano sono docu- do indistinto, piatto.
mentati due esemplari di dimensioni medie, a lab- 16. Parte dell’orlo, della vasca e del fondo; imp4; ø 12,6;

22 24
Cfr. Peroni–Trucco 1994, p. 521; Gravina II, p. 126, fig. 22. Cfr. Oppido Lucano II, p. 280, fig. 231, n. 2.
23 25
Cfr. Bailo Modesti 1980, pp. 54-55, con bibl. di riferi- Cfr. Peroni-Trucco 1994, p. 516; per i siti del ferro si
mento. ricorda l’Incoronata greca, cfr. Incoronata V, p. 112.

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 205


h 2,8; sp 1,2; lavorato a mano. Saggio I, US 10. Inv. Tipo 2 (tav. XVII, n. 18)
407088. Ansa verticale a nastro, con costolatura mediana.
A Gravina, dai livelli dell’età del Ferro proviene un 18. Ansa a nastro, costolatura mediana; ingobbio ester-
piatto ad impasto pressoché identico al nostro26. Un no beige-rosato; imp3; h 3,6; largh 2,3; sp 1,4. Saggio II,
altro confronto stringente per la forma complessi- US 81. Inv. 407090.
va può essere istituito con un piatto (tipo 66 B) da Tipo 3 (tav. XVII, n. 19)
Cairano, rinvenuto in una tomba databile alla pri- Ansa a maniglia, a sezione quadrangolare.
ma metà del V sec. a.C. In quest’ultimo caso l’esem- Di norma è pertinente ad olle o a scodelle e scodel-
plare presenta una breve protuberanza insellata sul loni.
bordo, assente nel piatto di Satriano; Bailo Mode- Distribuzione: Saggio II, US 0, 394.
sti individua una matrice trans-adriatica per il tipo,
19. Ansa a maniglia, a sezione quadrangolare; ingobbio
che presenta somiglianze puntuali con piatti del-
beige-rosato; imp2; h 1,6; largh 3; sp 2; lavorato a mano,
l’età del ferro ritrovati a Nin27. superfici lisciate. Saggio II, US 0. Inv. 407091.

— Anse e prese Presa: elemento plastico, aggettante, funzionale al


Si segnala la presenza di una serie di frammenti re- sollevamento o allo spostamento di un vaso. Rea-
lativi ad anse e prese, che raramente possono essere lizzato a mano e applicato poi sulle pareti, può es-
riferiti ad una forma specifica. Vengono di seguito sere posizionato subito sotto l’orlo, sulla spalla o
presentati gli esemplari più ricorrenti e maggior- lungo il diametro massimo. Il numero delle prese
mente significativi da un punto di vista formale, varia in rapporto alle dimensioni del vaso e talvolta
funzionale e decorativo; si tratta per lo più di ele- queste compaiono in associazione alle anse. Oltre
menti standardizzati e di lunga tradizione, diffusi a rivestire caratteristiche funzionali, le prese spesso
in contesti del Bronzo finale e dell’età del ferro del- contribuiscono ad arricchire l’apparato decorativo
l’Italia meridionale. del vaso, presentando forme diverse che talvolta ri-
chiamano le decorazioni plastiche.
Ansa: sono attestate anse verticali, per lo più a na- A Satriano sono documentate prese sub-circolari,
stro e a bastoncello, e orizzontali o a maniglia28. biapicate, semilunate.
Quando possibile, viene indicata l’attribuzione alla
forma.
Tipo 1 (tav. XVII, n. 20)
Tipo 1 (tav. XVII, n. 17) Presa di forma sub-circolare, aggettante.
Ansa verticale a nastro, a sezione sub-rettangolare; Il frammento proveniente da US 8 è pertinente ad
impostata sull’orlo. una scodella.
Può essere pertinente ad olla o brocca. Distribuzione: Saggio I, US 8; Saggio 2, US 354
Distribuzione: Saggio II US 41, 107; Saggio II, US 86, 342.
20. Presa e attacco della parete; ingobbio esterno camo-
17. Ansa a nastro, inizio di orlo estroflesso; imp2; h 1; scio; imp4; h 3,1; largh 2,5; sp 1; lavorato a mano. Saggio
largh 2; lavorato a mano. Saggio II, US 342. Inv. 407089. II, US 354. Inv. 407092.

26
Cfr. Gravina II, p. 130, fig. 24, n. 188. in Nin 1969), «Diadora» VI 1973, pp. 33-48, tavv. 40-41.
27 28
Cfr. Bailo Modesti 1980, pp. 61-62. Per i confronti con il Per la nomenclatura si seguono i criteri usati in Peroni-
materiale di Nin, cfr. Sˇ . Batović, Instraživanje Liburnskong Naselje Trucco 1994, con aggiornamenti e discussione in Cocchi
u Ninu 1969 - Godina (Ansgrabungen der Liburnischen Siedlung Genick 1999.

206 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


Tipo 2 (tav. XVII, n. 21) te della parete; ingobbio camoscio chiaro; imp3; h 5,5;
Presa di forma ovale, aggettante. largh 6,6; sp 0,7; h presa 2,8; largh 4,7; lavorato a mano.
Saggio I, US 187. Inv. 407097.
Distribuzione: Saggio I, US 107, 155; Saggio II, US 332.
In particolare, gli esemplari da US 107 sono perti- — Fondi
nenti ad una situla e ad un vaso troncoconico a pa- Sono inoltre documentati numerosi frammenti di
rete convessa29. fondo. Nell’impossibilità di individuare la forma di
21. Presa e attacco della parete; imp4; h 2,6; largh 4,1; sp appartenenza, considerato il precario stato di con-
parete 0,4; lavorato a mano. Saggio II, US 332. Inv. servazione, si è deciso di presentare i tipi più docu-
407093. mentati; nei rari casi in cui sia plausibile ipotizzare
un’attribuzione, viene segnalato nella discussione.
Tipo 3 (tav. XVIII, nn. 22-23)
Presa di forma da sub-rettangolare a sub-ovale,
Tipo 1 (tav. XVIII, n. 26)
aggettante, biapicata.
Fondo piano, indistinto, corpo con parete a profilo
Il tipo è articolato in due versioni in base all’aggetto
svasato.
degli apici e alla concavità centrale.
Distribuzione: Saggio I, US 2, 107, 158, 251; Saggio
3.1 II 22, 42, 53, 55, 143, 187, 331, 332, 398, 424, 465.
Apici mediamente aggettanti, concavità poco ac-
26. Parte del fondo e della parete; ingobbio esterno ca-
centuata. moscio; imp4; ø 9; h 2,3; sp 1,4; sp parete 0,9; lavorato a
Distribuzione: Saggio I, US 54; Saggio II, US 86, 96, 331. mano. Saggio I, US 251. Inv. 407098.
In quest’ultimo caso il frammento è riferibile ad
una scodella30. Tipo 2 (tav. XVIII, n. 27)
22. Presa e inizio della parete; ingobbio esterno camo- Fondo piano, distinto, corpo con parete a profilo
scio; imp2; h 3; largh 3,4; sp 1,5; lavorato a mano. Saggio svasato.
I, US 54. Inv. 407094.
Distribuzione: Saggio I, US 279; Saggio II, US 200.
3.2
27. Parte del fondo e della parete; ingobbio esterno beige-
Apici molto aggettanti, concavità centrale fortemen- rosato; imp4; ø 9,4; h 5; sp 1,6; sp parete 1,2; lavorato a
te accentuata. mano. Saggio I, US 279. Inv. 407099.
23. Presa e inizio della parete; ingobbio esterno rosato;
imp4; h 3,8; largh 5,9; sp 1,2; lavorato a mano. Saggio I, Tipo 3 (tav. XIX, n. 28)
US 1. Inv. 407095.
Fondo distinto, con piede prominente.
Tipo 4 (tav. XVIII, n. 24) Distribuzione: Saggio I, US 154; Saggio II 22, 465.
Presa a linguetta, aggettante, a profilo sinuoso. 28. Parte del fondo e inizio del corpo; imp4; ø 6,6; h 2,2;
Il frammento è riferibile ad una scodella o ad uno sp 0,5; lavorato a mano e alla ruota lenta. Saggio I, US
scodellone. 154. Inv. 407100.

24. Presa e parte della parete; ingobbio esterno rosato; Tipo 4 (tav. XIX, n. 29)
imp6; ø max 21,4; h 6,6; largh 8,4; presa h 3, sp 0,8;
Fondo a tacco, con piede distinto, alto e squadrato.
lavorato a mano, superfici lisciate. Saggio II, US 1. Inv.
407096. Il frammento è attribuibile ad olla o brocca a corpo
ovoide.
Tipo 5 (tav. XVIII, n. 25) Distribuzione: Saggio I, US 254; Saggio II, US 108,
Presa semilunata, aggettante. 231.
25. Presa con decorazione a linea spezzata, incisa, e par- 29. Parte del fondo e del corpo; ingobbio esterno rosato;

29 30
Cfr. supra, pp. 204-205. Cfr. supra, pp. 203-204.

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 207


imp5; ø 9,6; h 3,5; sp 1,9; sp parete 1; lavorato a mano, vicini al tipo di Satriano, sono documentati per
superfici lisciate. Saggio II, US 231. Inv. 407101. l’epoca arcaica nell’abitato di Cairano31. Pithoi di
piccole dimensioni, di forma simile al nostro ma
— Dolio con labbro lievemente estroflesso, sono attestati a
Forma chiusa, di dimensioni variabili, con ampia Satriano per deposizioni di infanti databili alla metà
imboccatura, corpo da globulare a troncoconico, del V sec. a.C.32
con due o più anse di norma impostate lungo il
diametro massimo. Questo tipo di grande conteni- — Scodellone (tav. XIX, n. 32)
tore, destinato alla conservazione di derrate alimen- A Satriano è attestato un unico esemplare di sco-
tari, è largamente diffuso in Italia meridionale con dellone, con labbro dritto, orlo internamente ad
una notevole continuità morfologica dall’età del unghia, vasca convessa, profonda. All’esterno, sot-
Ferro all’epoca arcaica avanzata. to l’orlo, si conserva parte di una presa a forma di
serpentello.
Tipo 1 (tav. XIX, n. 30) 32. Parte dell’orlo e della vasca; sotto l’orlo, presa a
Labbro estroflesso, obliquo, spalla fortemente globula- serpentello; imp6; ø 40,12; h 7; sp 1,7. Saggio I, US 155.
re. Inv. 407104.

30. Parte del labbro e della spalla; ingobbio esterno ca-


Ancora una volta i confronti più stringenti sono con
moscio rosato; imp2; ø 53,6; h 10,1; sp 3,2; lavorato al
tornio. Saggio II, US 331. Inv. 407102. esemplari provenienti da Cairano, dove è stato indi-
viduato un tipo di scodellone (64 B1) molto vicino
al nostro, che ricorre in corredi funerari databili alla
— Pithos fine del VI-inizi del V sec. a.C.33. La presa a serpentello
Vaso chiuso di grandi dimensioni, a profilo ovoide; potrebbe derivare dai motivi plastici a W presenti su
può presentare anse o prese impostate lungo la scodelle e ciotole dell’età del ferro34.
massima espansione. Come la precedente, anche
questa forma ha una lunga tradizione ed è larga- — Fondi
mente documentata in Italia meridionale dall’età Si segnala, infine, la presenza di numerosi frammenti
del Ferro a tutta l’epoca arcaica, con poche evolu- di fondo pertinenti a grandi contenitori. Nell’im-
zioni morfologiche, sia in contesti abitativi che possibilità di individuare la forma di appartenenza,
funerari, soprattutto come contenitore per enchy- considerato il precario stato di conservazione, si è
trismos. deciso di presentare i tipi più documentati; nei rari
casi in cui sia plausibile ipotizzare un’attribuzione,
Tipo 1 (tav. XIX, n. 31) viene segnalato nella discussione35.
Labbro indistinto, introflesso, orlo assottigliato e ar-
rotondato, corpo a botte Tipo 1 (tav. XX, n. 33)
Fondo piano, indistinto.
31. Parte del labbro e inizio del corpo; imp2; ø 44, h 4;
sp 1,4; lavorato a mano. Saggio II, US 517. Inv. 407103.
La parte inferiore del corpo presenta parete svasata.
Distribuzione: Saggio I, US 71; Saggio II, US 35, 108,
Esemplari di ceramica figulina, complessivamente 331, 461.

31
In particolare si veda il tipo 69 B; cfr. Bailo Modesti 1980, dalla necropoli di S. Teodoro, cfr. Gravina II, p. 132, n. 197,
p. 63. con bibliografia di riferimento, e Popoli anellenici in Basilicata,
32
Cfr. Holloway 1970, p. 69, fig. 73. p. 17, tav. 1.
33 35
Cfr. Bailo Modesti 1980, p. 60. Anche in questo caso si è preferito suddividere i fram-
34
Si segnalano, tra gli altri, un esemplare da Gravina e uno menti in fogge e versioni.

208 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


33. Fondo piano, indistinto, inizio della parete; ingobbio Tipo 1 (tav. XXI, n. 38)
esterno camoscio rosato; imp2; ø 4,5; h 6; sp 4; lavorato Calotta troncoconica.
a mano. Saggio I, US 71. Inv. 407105.
38. Si conserva la presa apicale troncoconica e inizio del-
In base al confronto con un esemplare da Oppido, la calotta a profilo troncoconico; ingobbio esterno rosa-
databile alla prima metà del VI sec. a.C., è presumi- to; imp2; ø 5; h 3,5; sp parete 1,1; lavorato a mano som-
mariamente, superfici lisciate. Saggio I, US 182. Inv.
bilmente pertinente a pithos36.
407110.

Tipo 2 (tav. XX, n. 34)


— Tarallo
Fondo distinto con piede prominente e profilato; lieve La funzione di tali oggetti è ancora ampiamente
concavità centrale. discussa: la forma grossomodo circolare, con am-
Il profilo complessivo è simile a quello del piede ad pia cavità centrale, rimanda ad un utilizzo come
anello. sostegno o anche in connessione alla tessitura. A
34. Parte del fondo e del corpo; ingobbio esterno rosato; Satriano sono stati rinvenuti due frammenti di
imp6; ø 16,4; h 6; sp 1,7; lavorato a mano e al tornio; tarallo di ceramica ad impasto, uno in US 332 e
superfici lisciate accuratamente. Saggio II, US 301. Inv.
407106.
l’altro in US 452. Presentano sezione sub-quadran-
golare e il primo una decorazione a impressioni.
Tipo 3 (tav. XX, n. 35)
Fondo a tacco. Tipo 1 (tav. XXI, n. 39)
Il piede è distinto, alto e squadrato. La parte infe- Forma circolare, sezione sub-quadrangolare.
riore del corpo, quando conservata, presenta pare- 39. Parte del corpo, con decorazione a ovali impressi sulla
te svasata. superficie esterna; imp2; h 3,2; largh 7,1; sp 3; lavorato
alla ruota lenta e a mano. Saggio II, US 332. Inv. 407111.
35. Parte del fondo e inizio della parete; ingobbio ester-
no beige-rosato; imp6; ø 14; h 5,2; sp 3,7; sp parete 1,9;
lavorato a mano. Saggio II, US 0. Inv. 407107. — Decorazioni
Vengono presentati di seguito una serie di frammenti
Tipo 4 (tav. XX, n. 36) esemplificativi dei diversi tipi di apparati decorati-
Fondo a disco. vi documentati sulla ceramica ad impasto di
36. Fondo a disco, inizio della parete a profilo svasato; Satriano, essenzialmente motivi incisi, scanalature
ingobbio esterno rosato; imp6; ø 12,4; h 3,6; sp 1,6; lavora- ed elementi plastici.
to a mano, superfici lisciate. Saggio I, US 258. Inv. 407108.
Motivi incisi (tav. XXI, nn. 40-41)
Tipo 5 (tav. XX, n. 37) Decorazione a rombi, campiti da punti
Fondo ad alto piede.
40. Parte della parete con decorazione a linee incise, che
37. Parte del fondo con piede a profilo modanato; subito sembrano costituire un motivo a rombi, campito da pun-
sopra il piede, cordone a sezione quadrangolare, con de- teggio e alternato a fasce lisce; il motivo conserva tracce
corazione a impressioni circolari; lavorato al tornio; imp2; di sostanza bianca incrostante; h 3,6; largh 3,2; sp 0,4.
ø 50; h 10,8; sp 2. Saggio II, US 464. Inv. 407109. US 1. Inv. 407112.

— Coperchi La sintassi decorativa è riconducibile al repertorio


Distribuzione: Saggio I, US 117, 182, 279; Saggio II, appenninico; in particolare, in Basilicata confronti
US 86. puntuali possono essere istituiti con il materiale pro-

36
Cfr. Oppido Lucano II, p. 131, T. 23, fig. 15.

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 209

14
veniente dall’insediamento di Civita di Paterno (Pz)37. 465) e su un frammento di grande contenitore di
Frammenti di ceramica ad impasto con decorazione figulina da US 1.
simile sono stati individuati anche a Torre di Satriano, 43. Parte della parete a profilo rigido, pertinente a un
nel corso delle ricerche degli anni ’8038. grande contenitore di figulina, con una fascia di tre sca-
nalature poco profonde, orizzontali e parallele, sopra l’at-
Decorazione a spina di pesce e baccellature tacco dell’ansa (US1). Ingobbio beige-rosato; imp6; h 9,
largh 8; sp 2.
È presente sull’olla tipo 1.2 (cat. 2). 44. Parte della parete a profilo rigido con una serie di
scanalature verticali, poco profonde; ingobbio esterno
Decorazione a linee verticali beige; imp6; h 6,4, largh 6,3; sp 1,2. Saggio II, US 465.
Inv. 407115.
41. Parte della parete a profilo rigido, accenno di labbro
estroflesso; due linee incise segnano il punto di giunzio-
ne tra parete e labbro; sotto, serie fittissima di linee ver- Elementi Plastici (tav. XXII, nn. 45-46)
ticali incise; ingobbio esterno rosato; imp4; h 4,7, largh Cordone plastico
6,3, sp 1,2; lavorato a mano. Saggio II, US 465. Inv.
407113. Oltre agli esemplari già ricordati, con decorazione
impressa (cat. 37 e 42), si segnala la presenza di due
Motivi impressi (tav. XXI, n. 42) frammenti di grande contenitore, riferibili all’età
Serie di impressioni circolari del Ferro, con cordone rispettivamente digitato e
Il motivo decora un cordone plastico che margina decorato a scanalature oblique.
il fondo tipo 5 (cat. 37). 45. Parte della parete a profilo troncoconico, pertinente
presumibilmente ad un grande contenitore, con cordo-
Serie di ovali impressi ne a profilo sub-ovale, digitato; ingobbio esterno bruno
È attestato sulla superficie esterna del tarallo tipo 1 chiaro; imp1; h 6,3; largh 6,8; sp 1,3; lavorato a mano,
superficie esterna lisciata accuratamente. US 1. Inv.
(cat. 39). Il motivo è presente anche su cordone pla-
407116.
stico, in associazione a scanalature verticali. 46. Parte della parete a profilo rigido, pertinente presu-
42. Parte della parete a profilo rigido, pertinente ad un mibilmente a un grande contenitore, con cordone a pro-
grande contenitore, con cordone ad ovali impressi, sotto filo sub-ovale, decorato con scanalature oblique; ingobbio
il quale è documentata una serie di sei scanalature verti- esterno camoscio, imp1, h 4,9, largh 5,2; sp 1,2; lavorato
cali, profonde; ingobbio camoscio rosato, imp2, h 8,3, a mano, superficie esterna lisciata accuratamente. US 0.
largh 9,2, sp 1.9. Saggio I, US 251. Inv. 407114. Inv. 407117.

Scanalature (tav. XXII, nn. 43-44) — Serpentello


Tracce di scanalature, poco profonde, si conserva- Un serpentello plastico, applicato subito sotto l’or-
no su quattro pareti ad impasto (US 22, 182, 187, lo, è documentato su uno scodellone (cat. 32).

37
Cfr. S. Bianco, L. Cataldo, L’insediamento “appen- tav. 31, n. 9.
38
ninico” di Civita di Paterno (Potenza), Galatina 1994, p. 66, Cfr. Satriano, pp. 69-72 e, in particolare, tav. 17, n. 2.

210 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


IMPASTI 4. Frattura netta, granulosa, tenera; consistenza friabile;
1. Frattura netta, ruvida e tenera; consistenza compatta; colore grigio M. 5 YR, 5/1. Esito in superficie da beige-
colore grigio-marrone M. 5 YR, 4/3. Esito in superficie rosato a camoscio rosato M. 5 YR, 7/3 e 2.5 YR, 5/6.
da camoscio scuro a grigio rosato M. 5 YR, 3/3, 6/2. Inclusi: 20% bianchi, a profilo arrotondato (calcite); 10%
Inclusi: 30% bianchi, a profilo arrotondato (calcite), 10% bianchi, trasparenti, rotondi (mica bianca). Comprende
grigi, a spigolo vivo (litici). Comprende i campioni nn. i campioni nn. 5-8, 19, 20.
4, 21, 23. 5. Frattura irregolare, ruvida, friabile; colore da camoscio
2. Frattura netta, ruvida e dura; consistenza compatta; rosato a marrone scuro M. 2.5 YR, 4/8 e 3/3. Esito in
colore da beige scuro, a camoscio, a grigio M. 2.5 YR, 4/ superficie camoscio rosato M. 2.5 YR, 5/4. Inclusi: 70%
2, 5/4 e 5/6. Esito in superficie da camoscio rosato a bianchi, rotondi (mica bianca), 10% rosso-bruni rotondi
grigio M. 5 YR, 4/4 e 2.5 YR, 4/2. Inclusi: 80% bianchi, (chamotte). Comprende i campioni nn. 11-13, 15, 16.
a spigolo vivo, di dimensioni millimetriche (calcite); 5%
rosso-bruni rotondi (chamotte). Comprende i campioni ARGILLA
nn. 1-3, 10, 14, 22, 24-26, 32, 35. 6. Frattura netta, polverosa, dura; consistenza porosa;
3. Frattura irregolare, granulosa, dura; consistenza friabi- colore da rosa a grigio-rosato M. 5 YR, 7/5 e 2.5 YR, 6/
le; colore da grigio scuro a nero M. 5 YR, 3/1 e 2.5/1. 4. Esito in superficie da rosa scuro a grigio rosato M. 5
Esito in superficie camoscio scuro M. 5 YR, 3/4. Inclusi: YR, 6/3 e 2.5 YR, 6/6. Inclusi: 10% bianchi, rotondi
30% grigi, a spigolo vivo (litici); 20% grigio chiaro, traspa- (mica bianca), 10% vacuoli arrotondati. Comprende i
rente (quarzite). Comprende i campioni nn. 17-18. campioni nn. 9, 27-31, 33, 34.

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 211


CERAMICA D’IMPASTO - Distribuzione quantitativa delle forme all’interno delle unità stratigrafiche

PARTI CONSERVATE
FORMA TIPO DISTRIBUZIONE
orli/bordi anse prese pareti fondi
olla tipo 1.1 3 Saggio I, US 47, 182; Saggio II, US 475
olla tipo 1.2 1 Saggio II, US 394
brocca tipo 1 1 1 Saggio I, US 268
scodella tipo 1 1 Saggio II, US 164
scodella tipo 2 2 Saggio I, US 279; Saggio II, US 301
scodella tipo 3.1 1 Saggio II, US 331
scodella tipo 3.2 1 Saggio II, US 70
scodella tipo 4.1 2 Saggio II, US 143, 475
scodella tipo 4.2 1 Saggio I, US 8
situla tipo 1.1 1 Saggio I, US 107
situla tipo 1.2 2 Saggio II, US 86, 452
vaso troncoconico tipo 1 2 Saggio I, US 107; Saggio II, US 506
vaso troncoconico tipo 1 1 Saggio II, US 465
a parete convessa
piatto tipo 1 1 Saggio I, US 10
ansa tipo 1 4 Saggio I, US 41, 107; Saggio II, US 86, 342
ansa tipo 2 1 Saggio II, US 81
ansa tipo 3 2 Saggio II, US 0, 394
presa tipo 1 2 Saggio I, US 8; Saggio II, US 354
presa tipo 2 4 Saggio I, US 107, 155, Saggio II, US 332
presa tipo 3.1 4 Saggio I, US 54; Saggio II, US 86, 96, 331
presa tipo 3.2 1 Saggio I, US 1
presa tipo 4 1 Saggio II, US 1
presa tipo 5 1 Saggio I, US 187
fondi tipo 1 15 Saggio I, US 2, 107, 158, 251; Saggio II, US 22,
42, 53, 55, 143, 187, 331, 332, 398, 424, 465
fondi tipo 2 2 Saggio I, US 279; Saggio II, US 200
fondi tipo 3 3 Saggio I, US 154; Saggio II, US 22, 465
fondi tipo 4 3 Saggio I, US 254; Saggio II, US 108, 231
dolio tipo 1 1 Saggio II, US 331
pithos tipo 1 1 Saggio II, US 517
scodellone non 1 Saggio I, US 155
determinabile
fondo di grande contenitore tipo 1 5 Saggio I, US 71; Saggio II, US 35, 108, 331,
461
fondo di grande contenitore tipo 2 1 Saggio II, US 301
fondo di grande contenitore tipo 3 1 Saggio II, US 0
fondo di grande contenitore tipo 4 1 Saggio I, US 258
fondo tipo 5 1 Saggio II, US 464
coperchi tipo 1 4 Saggio I, US 117, 182, 279; Saggio II, US 86
tarallo tipo 1 2 Saggio II, US 332, 452
TOTALE 27 8 13 2 32

212 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XIV. CERAMICA D’IMPASTO
1:2

OLLE

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 213


TAV. XV. CERAMICA D’IMPASTO
1:2

BROCCA

SCODELLE

214 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XVI. CERAMICA D’IMPASTO
1:2

10

11

SITULE

12

13

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 215


TAV. XVII. CERAMICA D’IMPASTO
1:2

VASO TRONCOCONICO

1:4
14

1:4 15

PIATTO ANSE/PRESE

16 17

19

18

20
21

216 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XVIII. CERAMICA D’IMPASTO
1:2

23

22

1:4 24

25

FONDI

26 27

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 217


TAV. XIX. CERAMICA D’IMPASTO
1:2

14

28 29

DOLIO

30
1:4

PITHOS

1:4
31

SCODELLONE

32

218 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XX. CERAMICA D’IMPASTO
1:2

FONDI

33

34

35

36

1:4 37

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 219


TAV. XXI. CERAMICA D’IMPASTO
1:2

COPERCHI TARALLO

38

39

DECORAZIONI

40
41

42

220 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XXII. CERAMICA D’IMPASTO
1:2

43

44

46
45

LA CERAMICA - CERAMICA D’IMPASTO 221


3.2. Ceramica comune durante lo scavo, si possano ricavare molte infor-
mazioni per la conoscenza delle culture antiche.
Per “ceramica comune” si intende nella più recente Grazie all’affermarsi dei metodi archeometrici è
letteratura archeologica quel vasellame, destinato alle possibile, così, recuperare dallo studio della cera-
molteplici esigenze della vita quotidiana, caratte- mica notizie sulle tecniche di lavorazione, sui luo-
rizzato da una lavorazione non particolarmente raf- ghi di produzione, sulla distribuzione e circolazio-
finata dell’argilla e dall’assenza della vernice. Lo stu- ne delle merci e aggiungere dati utili alle ipotesi di
dio di tali manufatti rinvenuti nel contesto santua- ricostruzione della storia economica e sociale del
riale di Torre di Satriano presenta una serie di diffi- mondo antico.
coltà dovute innanzitutto alla mancanza di contri- In linea di massima, la classe “ceramica comu-
buti di carattere generale che facciano il punto sulla ne” viene distinta in due grandi raggruppamenti,
classe definendo al contempo una metodologia ade- differenti per fattura e per composizione degli im-
guata di classificazione, basata su punti di riferimen- pasti. Tra questi si segnala per uno spettro quantitati-
to sicuri per quel che riguarda produzioni, crono- vamente più rilevante di materiali la ceramica co-
logia e tipologia. Tra le cause di un tale stato della mune grezza, caratterizzata dall’assenza di un rive-
ricerca su tale classe di materiali va annoverato il stimento, la quale viene prodotta con la cottura non
prevalente indirizzo estetico o antiquario che ha uniforme di impasti apparentemente non depurati
pesato a lungo sull’archeologia come scienza, il quale o arricchiti con vari degrassanti. Il secondo raggrup-
non ha certo favorito la conservazione di questo pamento comprende la ceramica comune depurata,
tipo di manufatti nelle collezioni museali o di sca- anch’essa caratterizzata dalla mancanza di un rive-
vo, con la conseguente, irrimediabile, perdita dei stimento, la quale si distingue però per una fattura
dati. Inoltre, va tenuto presente che, trattandosi di più accurata, che prevede l’uso di impasti dalle to-
vasellame a carattere prevalentemente funzionale, nalità nocciola-rosate con inclusi di piccolissime
si assiste nelle forme ad un accentuato conservato- dimensioni2.
rismo che è stato ritenuto elemento condizionante La difficoltà di elaborare una classificazione tipolo-
per una eventuale utilizzazione dei manufatti ai fini gica puntuale per questo vasellame soggetto ad un
della datazione dei contesti di provenienza. Infine, accentuato conservatorismo formale, con solo sem-
la presunta identificazione – che non si basava però plici variazioni in lunghi archi cronologici, l’elevata
su solide basi analitiche1 – di tale ceramica come frammentazione dei pezzi a volte presenti in esem-
vasellame di produzione locale, ha fatto si che non plari unici, l’impossibilità di ricostruire profili com-
essendo reputata adatta ad una ricostruzione degli pleti, e dunque la presenza di informazioni morfolo-
scambi dell’antichità non fosse considerata di par- giche troppo generiche, ha spinto, nello studio della
ticolare interesse. A quanto detto si può aggiungere ceramica comune di Torre di Satriano, a seguire gli
una difficoltà intrinseca alla classe, ossia l’assenza ultimi indirizzi di studio che tendono a rapportare
di una sua definizione: già la sua denominazione le singole morfologie alla loro originaria funzione,
pone infatti problemi di univocità. privilegiando le categorie funzionali. Esse fornisco-
Tuttavia da qualche anno si è affermata tra gli no utili informazioni sulla loro destinazione d’uso e
studiosi la consapevolezza che dalla ceramica co- rappresentano un grande potenziale informativo per
mune, la più numerosa tra i materiali recuperati lo studio delle società antiche presso le quali la sfera

1
Come invece giustamente osservato da M. Bats: «la céramique même titre que d’autres catégories plus “nobles”» M. Bats, Céramique
culinaire tournée doit posséder des qualités de résistance thermique commune grecque. Céramique commune italique, in Py 1993, p. 345.
2
qui en font une série très spécialisée, susceptible d’être exportée au Cuomo Di Caprio 1985.

222 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


legata alla preparazione e al consumo del cibo rive- Per questo motivo, nella presentazione dei re-
ste un’ampia portata sociale3. perti si è anche evitato di ricercare singoli confron-
L’analisi effettuata sui contesti di Torre di ti morfologici. Per ora, si ritiene prematuro fare de-
Satriano fa emergere che i recipienti legati all’am- rivare una forma da un’altra ignorando i movimen-
bito della cottura sono i più numerosi, mentre ri- ti complessivi, i tempi, l’articolazione degli scambi
sultano percentualmente inferiori le ceramiche per e dei processi. Ovviamente non perché manchino i
la preparazione e da dispensa, utilizzate per la con- confronti formali di singoli pezzi, ma perché i con-
servazione delle derrate, così come sono poco rap- fronti stessi, anche per la genericità di molte
presentate le ceramiche comuni con impasto depu- datazioni, troppo spesso non appaiono soddisfacen-
rato, essenzialmente funzionali alla mensa. ti. Tuttavia va evidenziato come aspetti morfologici
I materiali presi in considerazione sono stati, simili si riscontrino tra i materiali editi da altri siti
tranne poche eccezioni, recuperati in uno stato di dell’antica Lucania e per uno stesso ambito crono-
minuta frammentarietà che, pur consentendo di ri- logico4. Il tentativo di ricercare il confronto di sin-
conoscere le forme, spesso ha impedito di valutar- goli pezzi non ha indotto certezze anche perché,
ne appieno tutte le caratteristiche formali che pos- pur non mancando reperti ben caratterizzati per
sono permettere una più articolata classificazione. morfologia, questi presentano una genericità for-
In questa ricerca, per la particolarità della classe male (ad esempio, i fondi piani o gli orli legger-
ceramica esaminata si è scelto di limitare al massimo mente estroflessi e arrotondati).
i possibili confronti tipologici in quanto nell’attuale A conclusione di questa lettura analitica è possibi-
fase, confronti a più vasto raggio anche se con reper- le riflettere su alcuni dati emersi, ovviamente ancora
ti di siti ben noti, sembrano non aiutare a risolvere i parziali, per il limitato campione preso in esame oltre
problemi della caratterizzazione subregionale dei che per lo stato della ricerca ancora in corso.
manufatti d’uso e quindi delle varie produzioni. Il vasellame in ceramica comune di Torre di

3
Alcuni tra i contributi più significativi, relativi alle de repas communautaires en Lucanie interne, «MEFRA» CVIII
problematiche di questa classe, sono in M. Bats, Vaisselle et 1996, 2, pp. 901-941; Fracchia-Girardot 1986, pp. 127-156; Fratte,
alimentation à Olbia de Provence, «RANarb» suppl. 18, Parigi p. 147; E. Greco, P. G. Guzzo, S. Maria del Cedro. Frazione
1988; G. Olcese, Le ceramiche comuni di Albintimilium. Indagi- Marcellina, «NSc» XXXII 1978, pp. 429-461; Greco G. 1991,
ne archeologica e archeometrica sui materiali nell’area del Cardi- pp. 74-75; Gualtieri 1978, pp. 383-421; Laos I, pp. 19-23; Locri
ne, Firenze 1993; M. Bats, La vaisselle culinaire comme marquer II, pp. 257-294, 327-346; Monte Sannace, pp. 185-190; Morel
culturel: l’exemple de la Gaule méridionale et de la Grande Grèce ( 1970, pp. 73-116; P. Munzi, Laos: aspetti di vita quotidiana at-
IVe -Ier s. av. J. C.), in Terre cuite et société. La céramique, document traverso lo studio del materiale cerammico, in Nella terra degli
technique, économique, culturel (XIVe Rencontres Internationales Enotri (Atti del convegno di studi, Tortora 1998), Paestum 1999,
d’Archéologie et d’Histoire d’Antibes), Juan-les-Pins 1994, pp. pp. 91-98; Rituali per una dea, pp. 63-74; Oppido Lucano I, pp.
407-424; C. Panella, Lo studio delle ceramiche comuni di età ro- 488-534; Oppido Lucano II, pp. 119-297.; Oppido Lucano III,
mana: qualche riflessione, in Les céramiques communes de pp. 215-352; Poseidonia-Paestum I, p. 18; Poseidonia-Paestum II,
Campanie et de Narbonnaise (I s. av.J. C.-II s. ap. J. C.). La vaisselle p. 117; Poseidonia-Paestum III, pp. 144-145; Pomarico Vecchio I,
de cuisine et de table (Actes des Journées d’étude, Naples 1994), pp. 186-195; A. Pontrandolfo, B. Danza, A. Santoriello, L.
Napoli 1996; C. Pavolini, Scavi di Ostia, XIII. La ceramica co- Tomay, Materiali di una fossa di scarico dell’abitato di Fratte:
mune. Le forme in argilla depurata dell’antiquarium, Roma 2000; frammenti di vita quotidiana, «Apollo» XIII 1997, pp. 15-50;
G. Olcese, Ceramiche comuni a Roma e in area romana: produ- Poseidonia e i Lucani, pp. 269-271; Roccagloriosa I, pp. 262-273;
zione, circolazione e tecnologia (tarda età repubblicana-prima età D. Roubis, Ricerche archeologiche nell’abitato indigeno di Dife-
imperiale), Mantova 2003, con relativa bibl. sa San Biagio (Montescaglioso), in F. D’Andria, K. Mannino (a
4
Cfr. Archeologia alle sorgenti del Lao, pp. 163-225; M. cura di) Ricerche sulla casa in Magna Grecia e in Sicilia, Bari
Rinaldi, La ceramica comune di IV e III sec. a.C. di Volcei. Ana- 1998, pp. 235-253, fig. 9 n. 10; Satriano, p. 82; Sibari II. Scavi al
lisi tipologica ed archeometrica, Tesi di specializzazione (Uni- Parco del Cavallo (1960-62; 1969-70) e agli Stombi (1969-1970),
versità della Basilicata) 2002; Cipriani 1989, p. 85; M. A. Cotton, «NSc» XXIII 1970, II suppl., p. 96; Sibari V, Relazione prelimi-
Plain Dark-Surface or Cooking Pot Ware, «NSc» XXXI 1977, nare delle campagne di scavo 1973 e 1974, «NSc» 1988-89, III
suppl., pp. 374-379; M. A. Cotton, Cooking Ware, «BRS» XLIV suppl., p. 188; Tolve, p. 31; H Tréziny, Kaulonia I. Sondages sur
1977, pp. 130-133; M. A. Cotton, Dark-Surfaced or Cooking la fortification nord (Cahier du Centre J. Bérard XIII), Napoli
Ware, in Gravina II, pp. 179-194; O. de Cazanove, Un édifice 1989, pp. 81-90.

LA CERAMICA - CERAMICA COMUNE 223


Satriano non manifesta sostanziali differenze rispet- reti in molti casi può variare. La rifinitura è limita-
to a quello individuato nella maggior parte dei con- ta ad una semplice lisciatura, che non elimina la
temporanei centri greci ed indigeni dell’Italia meri- ruvidezza dell’impasto in superficie con rare deco-
dionale. Esso appare caratterizzato da un certo ri- razioni incise, per lo più linee o motivi ad onde.
petersi nella scelta e nell’uso delle forme e da Tra questi prodotti prevalgono i colori scuri, poco
un’estrema omogeneità tecnica. Tali elementi lascia- uniformi.
no ipotizzare anche per Satriano l’esistenza di bot- Le analisi morfologiche del vasellame grezzo rin-
teghe autonome in grado di soddisfare completa- venuto a Torre di Satriano hanno permesso di indi-
mente le esigenze locali. Anche se siamo in presen- viduare sette forme destinate alla cottura dei cibi,
za di produzioni locali è possibile cogliere numero- alle quali vanno aggiunte altre due forme come il
si elementi morfologici di confronto con molti siti coperchio ed il clibano, anch’esse utilizzate nei pro-
dell’Italia meridionale, a testimonianza di come la cessi di cottura.
standardizzazione delle ceramiche comuni, al di là
delle qualità tecniche, sia legata alla funzionalità — Olla
che questi recipienti rivestono. Forma piuttosto profonda con un corpo ovoide o
globulare, breve collo più stretto dell’imboccatura
Ceramica comune grezza o priva dello stesso, generalmente senza anse e con
Comprende recipienti che corrispondono ai prin- fondo piatto; ha una morfologia che, tranne poche
cipali livelli di consumo cui questa produzione era varianti, resta immutata nei secoli. Nella batteria
destinata come quelli per la cottura, generalmente da cucina costituisce il recipiente adatto alla cottu-
definiti da fuoco, e quelli destinati alla preparazio- ra di cibi che richiedevano tempi lunghi.
ne ed alla dispensa. Tra le forme riconosciute a Torre di Satriano risul-
tano quelle più attestate e sulla base della morfologia
Il vasellame da fuoco si presenta come il più gros- dell’orlo sono stati classificati nove tipi differenti5.
solano all’interno della classe e generalmente carat- L’olla con orlo arrotondato e corpo globulare è la
terizzato da superfici annerite. Costituisce il mate- più diffusa ed è presente in tutte le fasi cronologiche
riale quantitativamente più attestato della classe riconosciute. Dai contesti di età lucana provengo-
negli strati archeologici, rappresentato da manufat- no le olle con orlo assottigliato, a sezione quadrata
ti che sopportano senza rompersi le differenti tem- e quelle con labbro a breve tesa ed orlo arrotonda-
perature che si stabiliscono tra la parte interna e la to. Olle con orlo a sezione triangolare ed olle con
parte esterna del vaso a contatto diretto e ripetuto corto labbro ed orlo arrotondato sono presenti nei
con il fuoco. Si tratta di manufatti modellati con contesti che si datano al III sec. a.C. e anche negli
argilla ricca di sabbia quarzosa e di ossido di ferro, strati datati al I sec. a.C.6, a testimonianza del con-
povera di calcare e di fondenti quali gli alcali. Ne servatorismo morfologico proprio di questa cera-
risulta un impasto refrattario, molto magro e dota- mica. Infine, caratteristiche dell’ultima fase di vita
to di scarsa plasticità. In prevalenza è un impasto dell’area, sono le olle con labbro svasato, orlo arro-
caratterizzato da una notevole quantità d’inclusi di tondato e leggera concavità interna e quelle con lab-
varia natura e dimensione, con una lavorazione non bro a colletto distinte in orlo a mandorla ed orlo
particolarmente curata perciò lo spessore delle pa- assottigliato.

5
In questo lavoro il termine “tipo”, che è alla base della che per la ceramica comune di Torre di Satriano non è stato
classificazione delle diverse forme, è da riferirsi soltanto alla possibile realizzare.
6
diversa morfologia di un elemento notevole quale è il labbro e Ad eccezione del frammento n. 47, proveniente da uno
l’orlo e non al valore usato per una articolazione tipologica strato di crollo pertinente alla struttura arcaica.

224 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


Tipo 1 (tav. XXIII, nn. 47-48) Tipo 9 (tav. XXIII, n. 59)
Labbro svasato con orlo arrotondato, corpo globulare. Labbro a colletto con orlo assottigliato.
47. Tre frammenti di orlo e otto pareti; imp g1; ø 11; h 7. 59. Orlo; imp g1; ø 10; h 2. Saggio II, US 463. Inv. 407130.
Saggio II, US 99. Inv. 407118.
48. Due frammenti di orlo; imp arancio chiaro, duro — Pentola
con numerosi inclusi neri, mica e bianchi di piccole/
medie dimensioni; ø 13; h 4,5. Saggio II, US 463. Inv. Forma piuttosto profonda con un corpo cilindrico,
407119. labbro a tesa appena poco più stretto del diametro
massimo. Generalmente senza anse e con fondo piat-
Tipo 2 (tav. XXIII, n. 49)
to. Nella batteria da cucina è il recipiente usato per
Labbro svasato con orlo assottigliato.
la cottura di cibi che richiedevano tempi lunghi.
49. Orlo; imp g3; ø 14; h 3,8. Saggio II, US 333. Inv.
407120. Tipo 1 (tav. XXIII, n. 60)
Labbro a tesa con orlo arrotondato.
Tipo 3 (tav. XXIII, n. 50)
60. Orlo; imp g2; ø 20; h 2. Saggio II, US 463. Inv. 407131.
Labbro con breve tesa, orlo arrotondato, alto collo
cilindrico.
— Chytra
50. Orlo; imp g2; ø 14; h 6,5. Saggio II, US 501. Inv. Forma di tradizione greca, piuttosto profonda, con
407121.
corpo globulare e collo cilindrico più o meno alto.
Tipo 4 (tav. XXIII, n. 51) Generalmente è provvista di una o due anse a na-
Labbro svasato con orlo a sezione quadrata. stro dall’orlo alla spalla. Il fondo è indistinto, arro-
51. Orlo; imp g2; ø 12; h 6. Saggio II, US 342. Inv. 407122. tondato. Come i precedenti, costituisce un recipien-
te adatto a cucinare cibi bolliti che richiedono lun-
Tipo 5 (tav. XXIII, n. 52) ghi tempi di cottura. Sono state individuate due di-
Corto labbro svasato con orlo arrotondato. verse morfologie presenti nei contesti datati al IV e
52. Orlo; imp g1; ø 14; h 1,7. Saggio II, US 234. Inv. al III sec. a.C.
407123.
Tipo 1 (tav. XXIII, n. 61)
Tipo 6 (tav. XXIII, nn. 53-54) Labbro a tesa con orlo arrotondato, alto collo
Labbro svasato con orlo a sezione triangolare. cilindrico.
53. Orlo; imp g2; ø 16; h 2,5. Saggio II, US 234. Inv. 61. Due frammenti di orlo; imp g3; ø 15; h 2,5. Saggio
407124. II, US 465. Inv. 407132.
54. Orlo; imp g3; ø 16; h 1,4. Saggio II, US 333. Inv.
407125. Tipo 2 (tav. XXIV, n. 62)

Tipo 7 (tav. XXIII, n. 55)


Labbro a tesa con orlo arrotondato, basso collo
Labbro poco svasato con leggera concavità interna. cilindrico.
62. Orlo; imp g1; ø 18; h 4,3. Saggio I, US 257. Inv.
55. Due frammenti di orlo, una parete; imp g2; ø 15,5; h
407133.
5,5. Saggio II, US 517. Inv. 407126.
Tipo 8 (tav. XXIII, nn. 56-58)
— Caccabè
Labbro a colletto con orlo a mandorla.
Vaso di tradizione greca relativamente alto, con cor-
56. Due frammenti di orlo; imp g3; ø 12; h 2,5. Saggio po globulare, labbro grossomodo verticale, fornito
II, US 234. Inv. 407127.
57. Due frammenti di orlo; imp g1; ø 12,5; h 3,3. Saggio
all’interno di battuta per l’alloggiamento del coper-
II, US 460. Inv. 407128. chio. Due anse verticali a sezione circolare sono
58. Orlo; imp g1; ø 15; h 4. Saggio II, US 463. Inv. 407129. impostate sulla parete nel punto di massima espan-

LA CERAMICA - CERAMICA COMUNE 225

15
sione. Questi recipienti, privi di un fondo distinto, 67. Due frammenti di orlo; imp g2; ø 21; h 3. Saggio II,
erano generalmente sorretti da sostegni e potevano US 394. Inv. 407138.
prevedere sulla spalla uno sfiatatoio; sono adatti Tipo 3 (tav. XXIV, n. 68)
principalmente alla cottura di minestre e stufati. A Vasca carenata con orlo piatto.
Torre di Satriano, poco attestata, è presente nei con-
68. Orlo; imp g4; ø 20; h 4,3. Saggio I, US 257. Inv.
testi datati al IV e al III sec. a.C. 407139.
Tipo 1 (tav. XXIV, n. 63) Tipo 4 (tav. XXIV, n. 69)
Corto labbro con orlo arrotondato, corpo globulare. Vasca carenata con orlo obliquo esterno.
63. Due frammenti di orlo, cinque pareti ed il beccuccio; 69. Orlo; imp g2; ø 15; h 3,2. Saggio I, US 190. Inv.
imp g 1; ø 10,5; h 9. Saggio II, US 86. Inv. 407134. 407140.
Tipo 2 (tav. XXIV, n. 64) Tipo 5 (tav. XXIV, n. 70)
Corto labbro con orlo piatto, corpo globulare. Vasca carenata con orlo a sezione quadrata.
64. Orlo; imp. arancio-grigio, duro, nucleo grigio con 70. Orlo; imp g2; ø 18; h 2. Saggio II, US 501. Inv. 407141.
numerosi inclusi di calcite; ø 21; h 3. Saggio I, US
182=189. Inv. 407135.
— Tegame
Tipo 3 (tav. XXIV, n. 65) Forma ceramica aperta caratterizzata da una vasca
Alto labbro con orlo obliquo interno. poco profonda a profilo obliquo o arrotondato e di
65. Orlo, cinque pareti ed il beccuccio; imp g6; ø 20; h dimensioni variabili.
4,2. Saggio II, US 459. Inv. 407136. Per quanto riguarda i tegami presi in esame, si trat-
ta di manufatti estremamente frammentari di cui è
— Lopas difficile definire puntualmente la morfologia: non
Forma caratterizzata da una vasca poco profonda è stato possibile associare alla forma un tipo preci-
ed un fondo bombato, che nei reperti di produzio- so di fondo, anche se per la funzione svolta dal reci-
ne più tarda tende a diventare piatto, reca all’inter- piente si può presumere che fosse piatto o piatto
no un risalto per contenere il coperchio ed è forni- profilato.
ta, nella forma più diffusa, di anse a bastoncello La funzione di questo recipiente è legata alla pre-
aderenti alla vasca. Il recipiente è adatto alla bolli- parazione e alla cottura di cibi che non richiedeva-
tura ma soprattutto alla cottura in umido. no una cottura prolungata. A Torre di Satriano
Il profilo della vasca, carenato o arrotondato, ha sono attestati in tutte le fasi cronologiche ricono-
permesso di individuare due differenti morfologie sciute.
che presentano una variabilità nella resa dell’orlo.
Tipo 1 (tav. XXIV, n. 71)
Ha un’origine greca e si diffonde nei siti dell’Italia
Vasca a profilo obliquo, labbro indistinto con orlo
meridionale a partire dalla seconda metà del IV sec.
arrotondato.
a.C.; costituisce per tutto il III sec. a.C. il recipien-
te basso da fuoco più diffuso. 71. Due frammenti di orlo; imp nocciola-rossiccio, duro
con numerosi inclusi bianchi e mica di piccole dimen-
Tipo 1 (tav. XXIV, n. 66) sioni; ø 26; h 2. Saggio II, US 463. Inv. 407142.
Vasca arrotondata con orlo arrotondato.
Tipo 2 (tav. XXIV, n. 72)
66. Orlo; imp g1; ø 16; h 4. Saggio I, US 107. Inv. 407137. Vasca a profilo obliquo, labbro a mandorla.
Tipo 2 (tav. XXIV, n. 67) 72. Orlo; imp g2; ø 25; h 1,2. Saggio II, US 333. Inv.
Vasca arrotondata con orlo piatto. 407143.

226 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


Tipo 3 (tav. XXIV, n. 73) 78. Orlo; imp g6; ø 28; h 2,5. Saggio II, US 465. Inv.
Vasca a profilo obliquo, labbro a tesa con orlo arro- 407149.
tondato.
— Clibano
73. Orlo; imp arancio rosato, duro, compatto con radi
inclusi di quarzo, mica e neri di piccole dimensioni; ø Forma ceramica che costituisce una campana di
14; h 0,8. Saggio II, US 333. Inv. 407144. cottura impiegata come copertura di basse pentole
o del solo cibo. Questo strumento era coperto con
Tipo 4 (tav. XXIV, n. 74)
cenere e brace contenuta da alette impostate sulla
Vasca a profilo arrotondato, labbro indistinto con orlo
parte centrale del corpo. Con il clibano si aveva una
arrotondato.
cottura lenta e a calore diffuso, ottima per il pane e
74. Quattro frammenti di orlo; imp g7; ø 24; h 1,5. Sag- per i dolci. Di forma troncoconica, con pareti a
gio II, US 463. Inv. 407145.
profilo teso, calotta superiore bombata e presa cen-
Tipo 5 (tav. XXIV, n. 75) trale. Gli esemplari individuati, in uno stato molto
Vasca a profilo arrotondato, labbro indistinto con orlo frammentario, sono stati distinti sulla base della
piatto. forma delle alette. Si rinviene negli strati datati a
75. Orlo; imp g1; ø 12; h 2,3. Saggio II, US 333. Inv. partire dal III sec. a.C. e continua ad essere attesta-
407146. to anche nei contesti di I sec. a.C.
Tipo 1 (tav. XXV, n. 79)
Tipo 6 (tav. XXV, n. 76)
Aletta obliqua a sezione quadrata.
Vasca a profilo arrotondato, labbro indistinto con orlo
assottigliato. 79. Frammento di aletta con calotta; imp g2; ø corpo 19;
h 5,5. Saggio II, US 463. Inv. 407150.
76. Orlo; imp g4; ø 22; h 1,4. Saggio II, US 333. Inv.
407147. Tipo 2 (tav. XXV, n. 80)
Aletta a tesa, calotta schiacciata, appoggio a sezione
Tipo 7 (tav. XXV, n. 77)
triangolare.
Vasca a profilo arrotondato, labbro a tesa con orlo
80. sedici pareti, sei frammenti di tesa e un frammento di
arrotondato.
appoggio; imp g1; ø 24; h 4. Saggio II, US 333. Inv.
77. Orlo; imp arancio, duro, compatto con radi inclusi 407151.
di calcarei di piccole dimensioni; ø 24,5; h 3,1. Saggio II,
US 331. Inv. 407148. — Coperchio
L’utilizzo dei coperchi è ampiamente diffuso, come
— Tagenon documentato dall’alto numero di esemplari rinve-
Recipiente corrispondente alla padella metallica. Si nuti e dalla presenza di forme ceramiche la cui
caratterizza per una vasca poco profonda compresa morfologia prevede l’alloggiamento di un elemen-
generalmente tra i 2,5 e i 3,5 cm., con pareti obli- to di copertura, a testimonianza della sua indispen-
que o verticali e fondo piatto o leggermente conves- sabile funzione durante la cottura dei cibi.
so. Presenta un labbro a tesa che può essere predispo- Si presentano con una forma aperta, pareti della ca-
sta per contenere un coperchio. A Torre di Satriano lotta oblique, più adatte per recipienti provvisti di
è stato rinvenuto un solo esemplare nei contesti alloggiamento o convesse, adatte ad appoggiarsi su
databili al III sec. a.C. orli piatti. Variabile è l’elemento prensile: pomello a
Tipo 1 (tav. XXV, n. 78) disco espanso o prese cilindriche per i coperchi con
Vasca a profilo verticale, labbro a tesa con orlo obli- calotta concava, pomelli a disco o ad anello senza
quo all’esterno. supporto per quelli con calotta obliqua.

LA CERAMICA - CERAMICA COMUNE 227


Tipo 1 (tav. XXV, nn. 81-83) ceramica grezza hanno un impasto più compatto
Calotta a profilo obliquo, battuta arrotondata. e resistente, caratterizzato dalla presenza di inclu-
81. Orlo; imp g1; ø 14; h 1,5. Saggio II, US 333. Inv. si di dimensioni più piccole, anche la lisciatura
407152. appare più accurata, tale da rendere la superficie
82. Orlo; imp g1; ø 6; h 3,3. Saggio II, US 465. Inv. dei vasi liscia al tatto. I colori non cambiano ri-
407153. spetto a quelli della ceramica refrattaria, se non
83. Orlo; imp g1; ø 9; h 3. Saggio II, US 517. Inv. 407154.
per una maggiore tendenza a tonalità più chiare.
Tipo 2 (tav. XXV, n. 84) L’analisi dei reperti rinvenuti a Torre di Satriano
Calotta a profilo obliquo, battuta a sezione quadrata. ha permesso di riconoscere tre forme funzionali
84. Orlo; imp arancio scuro, duro, compatto con nume- alla conservazione o al contenimento e due per la
rosi inclusi piroclastici e di mica bianca di piccole di- preparazione dei cibi.
mensioni; ø 20; h 2. Saggio II, US 517. Inv. 407155.

Tipo 3 (tav. XXV, n. 85) — Olla


Calotta a profilo obliquo, battuta piana allungata. Forma piuttosto globulare di dimensioni medio-
grandi. Utilizzata per la conservazione e lo stoccag-
85. Orlo; imp g4; ø 8; h 1,2. Saggio II, US 333. Inv.
gio di liquidi e derrate. A Torre di Satriano sono
407156.
stati rinvenuti pochi esemplari ed in stato molto
Tipo 4 (tav. XXV, n. 86) frammentario, distinti in base alla morfologia del-
Calotta a profilo obliquo, battuta a mandorla. l’orlo in due tipi presenti entrambi nei contesti da-
86. Orlo; imp g1; ø 25; h 2. Saggio II, US 333. Inv. 407157. tati al III sec. a.C.
Tipo 5 (tav. XXV, n. 87) Tipo 1 (tav. XXVI, n. 91)
Calotta a profilo obliquo, battuta a sezione quadrata Labbro svasato con orlo arrotondato.
esternamente modanata. 91. Orlo; imp g1; ø 14,5; h 5,9. Saggio II, US 143. Inv.
87. Orlo; imp rosso intenso, duro con inclusi bianchi, 407162.
micacei e radi bruni di piccole dimensioni; ø 20; h 2,8.
Saggio II, US 331. Inv. 407158. Tipo 2 (tav. XXVI, n. 92)
Labbro a tesa con orlo a sezione triangolare.
Tipo 6 (tav. XXV, n. 88)
92. Orlo; imp g1; ø 16; h 6. Saggio II, US 143. Inv. 407163.
Calotta a profilo convesso, battuta piatta.
88. Orlo; imp g2; ø 13; h 3,5. Saggio II, US 334. Inv. — Catino
407159.
Sono stati individuati come catini due reperti con
Tipo 7 (tav. XXV, n. 89) labbro a tesa e vasca a profilo obliquo, molto pro-
Calotta a profilo convesso, battuta distinta piana a fonda e con pareti molto spesse. Avevano la funzio-
disco. ne di contenere ma fungevano anche come vasella-
89. Orlo; imp g2; ø 9,5; h 2,5. Saggio I, US 254. Inv. me di stoccaggio. A Torre di Satriano sono stati
407160. rinvenuti nei contesti che restituiscono materiali
databili tra il IV ed il III sec. a.C.
Tipo 8 (tav. XXV, n. 90)
Calotta a profilo convesso, battuta a ipsilon. Tipo 1 (tav. XXVI, n. 93)
90. Orlo; imp g2; ø 21; h 1,4. Saggio II, US 333. Inv. Labbro a tesa, orlo arrotondato.
407161. 93. Orlo; imp arancio-rosato, duro, poroso con diffusi
inclusi calcarei di medie dimensioni e rada mica; ø 28; h
I contenitori, destinati alla conservazione di derra-
6,2. Saggio I, US 268. Inv. 407164.
te alimentari, o legati alla preparazione dei cibi, in

228 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


— Brocca no provvisti di fondi piatti profilati. In base alla
Vaso impiegato per contenere o versare liquidi, so- morfologia del labbro e dell’orlo sono stati classifi-
prattutto vino ed acqua, da portare direttamente cati sei diversi bacili, presenti in tutti i contesti
sulla mensa. Ha una forma chiusa di modeste di- stratigrafici riconosciuti.
mensioni, generalmente fornita di un’ansa con se-
Tipo 1 (tav. XXVI, n. 97)
zione a nastro o circolare e di un piede piatto o ad
Labbro indistinto, orlo arrotondato.
anello. Il limitato numero di frammenti in impa-
sto grezzo appartenenti alle brocche indica come 97. Orlo; imp g2; ø 26; h 3. Saggio II, US 234. Inv. 407168.
l’uso di questo recipiente si affiancasse a quello in Tipo 2 (tav. XXVI, n. 98)
impasto depurato e ai recipienti vernice nera a cui Labbro indistinto, orlo a sezione triangolare.
morfologicamente si richiama. Le brocche classi-
98. Orlo; imp g7; ø 24; h 2,5. Saggio II, US 463. Inv.
ficate in base alla variazione dell’orlo sono pre- 407169.
senti sia nei contesti datati al III sec. a.C. sia in
Tipo 3 (tav. XXVI, n. 99)
quelli più tardi.
Labbro appena distinto, orlo superiormente piatto.
Tipo 1 (tav. XXVI, n. 94)
99. Orlo; imp nocciola, duro, ruvido con radi inclusi
Labbro svasato, alto collo troncoconico, ansa a nastro, calcarei, neri e bruni di grandi dimensioni; ø 24; h 4,2.
orlo arrotondato. Saggio II, US 331. Inv. 407170.
94. Orlo; imp g1; ø 11; h 4,3. Saggio II, US 333. Inv. Tipo 4 (tav. XXVI, n. 100)
407165.
Labbro distinto pendulo, orlo arrotondato.
Tipo 2 (tav. XXVI, n. 95) 100. Orlo; imp arancio intenso, duro con diffusi vacuoli,
Labbro verticale, alto collo troncoconico, orlo distin- inclusi di chamotte di piccole dimensioni e radi bianchi;
to arrotondato ø 23; h 3,5. Saggio II, US 126. Inv. 407171.

95. Orlo; imp arancio chiaro, in superficie scialbatura


biancastra, duro, compatto con diffusi inclusi di quarzo Tipo 5 (tav. XXVI, n. 101)
di piccole dimensioni, calcare, mica, bruni, vacuoli; ø 8; Labbro distinto pendulo, orlo a sezione triangolare.
h 5. Saggio II, US 143. Inv. 407166.
101. Orlo; imp g5; ø 22; h 3. Saggio I, US 107. Inv. 407172.
Tipo 3 (tav. XXVI, n. 96)
Tipo 6 (tav. XXVII, n. 102)
Labbro verticale, alto collo troncoconico, orlo distin- Labbro distinto pendulo, orlo a mandorla.
to modanato.
102. Orlo; imp g5; ø 19; h 3,5. Saggio II, US 234. Inv.
96. Orlo; imp g1; ø 13; h 2,2. Saggio II, US 143. Inv. 407173.
407167.

— Mortaio
— Bacile
Recipiente usato per macinare e pestare, ha una va-
Recipiente aperto, dal diametro dell’orlo mediamen-
sca dal profilo concavo, poco profonda e con pareti
te tra i 20 e i 30 cm., usato per la preparazione ed il
spesse. La vasca, sorretta da un piede piuttosto ro-
contenimento dei cibi. Ha pareti abbastanza spes-
busto, è generalmente provvista di un colatoio im-
se, vasca non molto profonda a profilo leggermen-
postato sull’orlo. A Torre di Satriano è stato rinve-
te convesso o obliquo, labbro indistinto o distinto
nuto un solo mortaio con un diametro massimo di
più o meno pendulo. Per le forme individuate a
28 cm. proveniente dai contesti più antichi ricono-
Torre di Satriano non possediamo profili completi,
sciuti nelle indagini eseguite.
pertanto non possiamo associarvi i piedi, ma per
confronto con esemplari simili da altri siti essi era-

LA CERAMICA - CERAMICA COMUNE 229


Tipo 1 (tav. XXVII, n. 103) Tipo 4 (tav. XXVII, n. 107)
Labbro distinto pendulo, orlo a mandorla. Labbro a tesa, orlo a sezione quadrata.
103. Orlo; imp arancio, duro compatto con numerosi 107. Orlo; imp nocciola chiaro; ø 16; h 3,8. Saggio I, US
inclusi medio/grandi di calcare e chamotte; ø 28; h 6. 266. Inv. 407178.
Saggio II, US 68. Inv. 407174.
— Anforetta
Ceramica comune depurata Pochi frammenti sono riconducibili all’anforetta, re-
Comprende vasellame destinato a conservare le der- cipiente essenzialmente con funzione di contenitore
rate alimentari nella dispensa, alla preparazione, al e per la conservazione, ma che in molti casi poteva
contenimento e al consumo in tavola dei cibi pre- essere portato in tavola. Gli individui analizzati a Tor-
parati. Si presenta senza vernici e di fattura accura- re di Satriano, recuperati in cattivo stato di conserva-
ta, con argille che presentano tonalità dall’arancio- zione e particolarmente frammentari, sono caratte-
rosato al nocciola e con forme che morfologicamen- rizzati da un alto collo cilindrico e da anse a bastoncello
te rimandano a quelle in ceramica a vernice nera. o a nastro impostate sotto l’orlo. L’associazione nelle
A Torre di Satriano è in percentuale molto ridotta ed unità stratigrafiche agli altri materiali consente di at-
in pessimo stato di conservazione. Tra gli individui tribuire tutti e tre i tipi riconosciuti alle fasi datate al
analizzati è stato possibile riconoscere tre forme desti- IV-III sec. a.C. mentre solo le anforette con labbro
nate a conservare, due a mescere e due a contenere, svasato ed orlo arrotondato si rinvengono anche negli
alcune delle quali simili alle produzioni grezze. strati relativi all’ultima fase di vita dell’area.
Tipo 1 (tav. XXVII, n. 108)
— Olla da dispensa
Labbro indistinto, orlo ingrossato.
Forma globulare, rispetto a quella d’impasto grez-
zo ha dimensioni più contenute, mentre conserva 108. Orlo; imp beige; ø 8,5; h 4,6. Saggio II, US 328. Inv.
407179.
una variabilità della resa del labbro e dell’orlo. Le
olle di Torre di Satriano sono presenti con la loro Tipo 2 (tav. XXVII, n. 109)
morfologia immutata in tutti i contesti riconosciu- Labbro appena distinto, orlo assottigliato.
ti a testimonianza di come il conservatorismo for- 109. Orlo; imp nocciola chiaro; ø 14; h 5. Saggio II, US
male sia una peculiarità di questa classe ceramica. 332. Inv. 407180.

Tipo 1 (tav. XXVII, n. 104) Tipo 3 (tav. XXVII, n. 110)


Labbro svasato, orlo arrotondato. Labbro svasato, orlo arrotondato.
104. Orlo; imp arancio; ø 17; h 3. Saggio II, US 341. Inv. 110. Orlo; imp arancio chiaro; ø 11; h 3,5. Saggio II, US
407175. 234. Inv. 407181.

Tipo 2 (tav. XXVII, n. 105)


— Catino
Labbro svasato, orlo a mandorla.
Tra i frammenti in ceramica depurata sono stati indi-
105. Orlo; imp arancio; ø 13; h 2,7. Saggio II, US 333. viduati anche due catini, caratterizzati da una vasca
Inv. 407176.
molto profonda e di forma cilindrica o leggermente
Tipo 3 (tav. XXVII, n. 106) rastremata che permette una notevole capienza.
Labbro svasato, orlo bifido.
Tipo 1 (tav. XXVII, n. 111)
106. Orlo; imp beige; ø 12; h 3,8. Saggio II, US 333. Inv. Labbro a tesa, orlo arrotondato.
407177.
111. Orlo; imp arancio chiaro; ø 24; h 5. Saggio I, US 71.
Inv. 407182.

230 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


Tipo 2 (tav. XXVII, n. 112) Tipo 6 (tav. XXVIII, n. 118)
Labbro appena svasato, orlo a sezione quadrata. Labbro a tesa con orlo a sezione quadrata, alto collo
112. Orlo; imp nocciola scuro; ø 17; h 5,5. Saggio II, US cilindrico.
333. Inv. 407183. 118. Orlo; imp beige; ø 13,5; h 4,5. Saggio II, US 414.
Inv. 407189.
— Brocca
Tra le forme in impasto depurato destinate alla — Bottiglia
mensa le brocche sono le più numerose. A Torre di Vaso con stretta imboccatura ed alto collo cilindrico.
Satriano, conservatesi solo nella parte superiore, Purtroppo, lo stato molto frammentario degli indi-
hanno una morfologia caratterizzata da un alto collo vidui di Torre di Satriano non ha permesso una
cilindrico o troncoconico e da un’ansa a nastro. buona conoscenza della loro morfologia.
Variabile è la resa dell’orlo che ha permesso di clas- Tipo 1 (tav. XXVIII, n. 119)
sificarne sei diversi tipi presenti in tutti i contesti Labbro indistinto con orlo ingrossato.
datati a partire dal III sec. a.C. fino all’ultima fase
119. Orlo; imp beige; ø 5; h 1,3. Saggio II, US 333. Inv.
di vita dell’area.
407190.
Tipo 1 (tav. XXVII, n. 113)
Labbro poco svasato con orlo arrotondato, alto collo — Ciotola
dal profilo troncoconico. Le ciotole individuate a Torre di Satriano, in alcuni
casi definibili per dimensione come bacili, presenta-
113. Orlo; imp nocciola; ø 11,5; h 3,8. Saggio I, US 187.
Inv. 407184. no una morfologia che in base al profilo della vasca
può essere divisa in due gruppi. Le ciotole con la
Tipo 2 (tav. XXVII, n. 114)
vasca a profilo concavo sono caratterizzate da una
Labbro svasato con orlo obliquo esterno, alto collo
limitata profondità e quindi più adatte alla prepara-
cilindrico.
zione dei cibi, mentre quelle con la vasca a profilo
114. Orlo; imp nocciola scuro; ø 11; h 2,7. Saggio I, US obliquo risultano più capienti e funzionali al conte-
257. Inv. 407185.
nimento.
Tipo 3 (tav. XXVII, n. 115)
Tipo 1 (tav. XXVIII, n. 120)
Labbro svasato con orlo piatto, alto collo cilindrico,
Labbro pendulo con orlo ingrossato, vasca dal profilo
ansa a nastro.
concavo.
115. Orlo; imp beige; ø 8; h 2,5. Saggio II, US 234. Inv.
120. Orlo; imp nocciola scuro; ø 25; h 2. Saggio II, US
407186.
521. Inv. 407191.
Tipo 4 (tav. XXVIII, n. 116)
Tipo 2 (tav. XXVIII, n. 121)
Labbro poco svasato con orlo superiormente piatto,
Labbro appena distinto con orlo arrotondato, vasca
alto collo cilindrico, ansa a nastro.
dal profilo concavo.
116. Orlo; imp beige; ø 8; h 4. Saggio II, US 517. Inv.
121. Orlo; imp arancio chiaro; ø 20; h 3,5. Saggio I, US
407187.
155.Inv. 407192.
Tipo 5 (tav. XXVIII, n. 117)
Tipo 3 (tav. XXVIII, n. 122)
Labbro poco svasato con orlo assottigliato, corto collo
Labbro indistinto con orlo arrotondato, vasca dal pro-
cilindrico.
filo concavo.
117. Orlo; imp arancio; ø 10; h 3,5. Saggio II, US 341.
122. Orlo; imp beige; ø 16,5; h 2,5. Saggio II, US 506.
Inv. 407188.
Inv. 407193.

LA CERAMICA - CERAMICA COMUNE 231


Tipo 4 (tav. XXVIII, n. 123) piccole dimensioni e radi bruni di medie dimensioni.
Labbro appena distinto con orlo piatto, vasca dal pro- Imp g2. Frattura irregolare, ruvido; duro; compatto.
Arancio M. 5 YR 6/8. Inclusi: radi di quarzo di medio/
filo obliquo. piccole dimensioni e di calcare di grandi dimensioni.
123. Orlo; imp arancio; ø 18; h 4. Saggio I, US 506. Inv. Imp g3. Frattura irregolare, poco ruvido; duro; compatto
407194. Arancio M. 5 YR 6/8. Inclusi: radi bruni e neri di grandi
dimensioni, radi di quarzo di piccole dimensioni.
Imp g4. Frattura irregolare, ruvido; duro; compatto.
— Coppa Nocciola-rossastro M. 7.5 YR 5/6. Inclusi: diffusi di quar-
zo di piccole dimensioni.
Le coppe rinvenute a Torre di Satriano e realizzate
Imp g5. Frattura irregolare, ruvido; duro; compatto.
con impasto depurato, richiamano le coppe prodot- Arancio rosato M. 5 YR 6/6. Inclusi: diffusi bruni e neri
te in ceramica a vernice nera. Presentano vasche di piccole dimensioni.
emisferiche più o meno profonde e piede ad anello Imp g6. Frattura irregolare, ruvido; duro; compatto. Bru-
no-rossiccio M. 5 YR 4/6. Inclusi: diffusi di augite di
o a disco nel caso in cui gli individui sono stati ri-
piccole dimensioni.
costruiti per l’intero profilo. Imp g7. Frattura irregolare, ruvido; duro; compatto.
Nocciola-arancio M. 5 YR 5/4. Inclusi: diffusi calcarei
Tipo 1 (tav. XXVIII, n. 124) di medie dimensioni.
Labbro indistinto con orlo piatto, vasca emisferica e
piede ad anello. Esistono poi una serie di impasti grezzi che si presenta-
no unici e per i quali si è preferito non creare alcuna
124. Orlo; imp arancio; ø 11; h 4,5. Saggio I, US 268. scheda, ma segnalarli con le loro caratteristiche per ogni
Inv. 407195. singolo individuo.
Tipo 2 (tav. XXVIII, n. 125)
Labbro indistinto con orlo assottigliato, vasca emi-
sferica. (B)
Gli impasti della ceramica comune depurata non per-
125. Orlo; imp nocciola scuro; ø 10; h 1,6. Saggio I, US mettono una schedatura analitica, tutti presentano una
266. Inv. 407196. frattura netta, durezza costante e una sensazione al tatto
che è per lo più polverosa. È stato possibile individuare
Tipo 3 (tav. XXVIII, n. 126) in base al colore e quindi alla presenza di minerali ferrosi
Labbro distinto con orlo assottigliato, vasca emisferica o calcarei tre impasti principali:
e piede a disco. a) arancio. A questo può essere ricondotta una variante
che è un arancio-rosato M. 5 YR 6/6, qui definito aran-
126. Orlo; imp beige scuro; ø 10; h 5. Saggio I, US 254. cio chiaro.
Inv. 407197. b) beige. Anche a questo impasto può essere associata
una variante, beige più scuro M. 5 YR 6/3, qui definito
beige scuro.
IMPASTI
c) nocciola. Quest’impasto presenta due tonalità una più
(A) chiara, definita qui nocciola chiaro M. 7.5 YR 7/3 e una
Imp g1. Frattura irregolare, ruvido; duro; compatto. Aran- tonalità nocciola-arancio bruno M. 7.5 YR 5/3, qui defi-
cio-nocciola M. 7.5 YR 4/6. Inclusi: diffusi di quarzo di nita nocciola scuro.
M. R.

232 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


CERAMICA COMUNE GREZZA - Distribuzione quantitativa delle forme all’interno delle unità stratigrafiche

FORMA INDIVIDUI FUNZIONE DISTRIBUZIONE

olla 177 cuocere Saggio I, US 66, 71, 99, 107, 117, 119, 120, 121, 146, 155, 187, 254, 257, 266, 268;
Saggio II, US 83, 96, 126, 143, 210, 234, 301, 323, 328, 331, 333, 334, 341, 354,
394, 424, 452, 460, 463, 465, 501, 517
chytra 9 “ Saggio I, US 120, 155, 257, 268; Saggio II, US 143, 328, 331, 493, 465
caccabè 7 “ Saggio II, US 86, 143, 331, 465, 459; Saggio I, US 182=189
pentola 4 “ Saggio I, US 47, 86, 155; Saggio II, US 143, 328, 341, 463
lopas 39 “ Saggio I, US 47, 71, 107, 117, 119, 187, 190, 251, 257;
Saggio II, US 143, 323, 331, 333, 334, 354, 394, 414, 463, 501, 517
tegame 20 “ Saggio I, US 46, 66, 155; Saggio II, US 331, 333, 341, 463, 512
tagenon 1 “ Saggio II, US 465
clibano 26 coprire Saggio II, US 331, 333, 465, 210, 234, 341, 463, 506, 511
coperchio 33 “ Saggio I, US 71, 97, 146, 155, 187, 254;
Saggio II, US 143, 234, 323, 328, 331, 333, 334,341, 354, 414, 463, 465, 517
brocca 20 contenere Saggio I, US 71, 107, 117, 155; Saggio II, US 143, 331, 333, 341, 424, 460,465, 517
bottiglia 1 “ Saggio I, US 117
piatto 1 “ Saggio II, US 333
olla da dispensa 10 conservare Saggio I, US 71; Saggio II, US 126, 143, 465
catino 1 “ Saggio I, US 268
mortaio 5 preparare Saggio I, US 68, 119, 266, 268; Saggio II, US 143
bacile 33 “ Saggio I, US 68, 71, 107, 119, 146, 155, 257, 274;
Saggio II, US 121, 126, 234, 331, 341, 354, 394, 460, 463, 465, 501

CERAMICA COMUNE DEPURATA - Distribuzione quantitativa delle forme all’interno delle unità stratigrafiche

FORMA INDIVIDUI FUNZIONE DISTRIBUZIONE

olla 40 conservare Saggio I, US 47, 66, 71, 73, 96, 99, 119, 121, 126, 143, 155, 251, 257, 266, 268,
274; Saggio II, US 234, 331, 333 , 341, 501
anforetta 3 “ Saggio II, US 234, 328, 333
catino 2 “ Saggio I, US 71; Saggio II, US 333
brocca 28 mesecere Saggio I, US 66, 70, 71, 73, 104, 117, 119,155, 187;
Saggio II, US 234, 323, 333, 341, 414, 465, 517
bottiglia 5 “ Saggio II, US 143, 104, 333, 501
boccale 1 “ Saggio II, US 1
piatto 4 contenere Saggio I, US 47; Saggio II, US 143, 341
ciotola 12 “ Saggio I, US 66, 73, 119, 155; Saggio II, US 234, 333, 424, 465, 506, 521
bacile 2 “ Saggio II, US 261, 266; Saggio II, US 333
coppa 25 “ Saggio I, US 1, 47, 73, 77, 117, 119, 146, 254, 257, 266, 268; Saggio II, US 83, 99,
143, 328, 354,
lekane 1 “ Saggio II, US 501
coperchio 7 coprire Saggio I, US 1, 66, 72, 146, 251, 266; Saggio II, US 234, 370, 506

LA CERAMICA - CERAMICA COMUNE 233


TAV. XXIII. CERAMICA COMUNE GREZZA
1:2

OLLE

48

47

49

50

52

51
53

54

55

56
57

59

58

PENTOLA CHYTRA

60 61

234 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XXIV. CERAMICA COMUNE GREZZA
1:2

CACCABÉ

62

64 63

LOPADES

65
66

67
68

70
69
TEGAMI

71

72

73

74

75

LA CERAMICA - CERAMICA COMUNE 235


TAV. XXV. CERAMICA COMUNE GREZZA
1:2

76

77

TAGENON

78

CLIBANO

79

80

COPERCHI

81 82 83

84 85

86

87 88

89 90

236 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XXVI. CERAMICA COMUNE GREZZA
1:2

OLLE

91

92

CATINO

93

BROCCHE

96
94

95

BACILI

97

98
99

100

101

LA CERAMICA - CERAMICA COMUNE 237


TAV. XXVII. CERAMICA COMUNE GREZZA (102-103); CERAMICA COMUNE DEPURATA (104-115)
1:2

102

MORTAIO

103

OLLE DA DISPENSA

104
105

106

107
ANFORETTE

108
109
CATINI

110

111

BROCCHE

113

112

115
114

238 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XXVIII. CERAMICA COMUNE DEPURATA
1:2

117
116

BOTTIGLIA

119

118

CIOTOLE

120

121

122 123

COPPE

125

124
126

LA CERAMICA - CERAMICA COMUNE 239


3.3. Ceramica a decorazione geometrica sequenza di bande orizzontali sulla metà superiore
del vaso e una serie di pannelli rettangolari alterna-
Tra la fine del VII e il primo quarto circa del V sec. ti a metope verticali non campite sulla metà infe-
a.C. è attestato in Lucania settentrionale un carat- riore. Meno caratteristico, ma attestato, è lo sche-
teristico stile ceramico con decorazione geometri- ma con bande orizzontali sulla metà superiore del
ca, ben documentato dai corredi vascolari rinvenu- corpo e larghi raggi pendenti sulla metà inferiore6.
ti nelle necropoli di Ruvo del Monte e Satriano di Raramente documentata, invece, la decorazione a
Lucania1. Nel suo lavoro di sintesi sulla ceramica semplici bande orizzontali. I motivi che più fre-
geometrica dell’Italia meridionale, Douwe Yntema quentemente ricorrono all’interno delle bande e
riconosce questa produzione come stile autonomo, degli spazi metopali tipici di questo linguaggio
stante l’omogeneità e la peculiarità delle caratteri- decorativo, sono meandri, scacchiere, ornati circo-
stiche morfologiche e decorative, e la presenta con lari, losanghe, croci di Malta, braccia umane stiliz-
il termine “The Ruvo-Satriano class”2. zate. Le forme aperte presentano motivi circolari
Si tratta di contenitori lavorati a mano e alla ruota sulla parete interna.
lenta3, caratterizzati dalla presenza di un sottile Questo caratteristico stile ceramico – che condi-
ingobbio – che ripete in una tonalità più chiara il vide alcune caratteristiche con gli stili ceramici del-
colore dell’argilla utilizzata per la realizzazione del le aree circostanti, in particolare con la tradizione
vaso, normalmente da beige ad arancio chiaro – sul ad impasto della cosiddetta cultura di Oliveto-
quale è applicata una decorazione bicroma in bru- Cairano, con il Geometrico del Bradano e della
no scuro e rosso scuro, o monocroma in bruno4. Lucania occidentale7 – è diffuso tra le vallate fluvia-
Le forme più ricorrenti sono l’olla, la brocca, li di Ofanto, Sele, Tanagro e Bradano e sembra tipi-
l’attingitoio, l’askòs e la scodella, che si discostano co dei centri della Basilicata nordoccidentale e del-
pochissimo, per caratteristiche morfologiche, dalla la fascia territoriale limitrofa, ricadente nella Cam-
tradizione geometrica più antica; le novità maggio- pania. Vasi con le caratteristiche dello stile, infatti,
ri sono percepibili invece nelle forme più vicine al sono stati rinvenuti lungo la valle dell’Ofanto a
repertorio greco, quali le ollette kantaroidi, le Cairano e nel Melfese, a Ruvo del Monte, Ripa-
nestorides e le coppe affini a lekanides5. candida, Melfi-Pisciolo e Melfi-Chiucchiari; nel
La decorazione dei vasi chiusi occupa general- potentino a Satriano e Serra di Vaglio; nella valle
mente l’intero corpo del vaso. Non esiste un unico del Tanagro a Sala Consilina e Atena Lucana; infi-
schema decorativo: il più ricorrente consiste in una ne nella valle del Sele a Oliveto Citra e Buccino8.

1 5
Ai corredi ceramici di Ruvo del Monte e Satriano, infatti, Questa particolare lekanis con decorazione geometrica,
si deve la possibilità di conoscere in maniera sufficientemente realizzata, diversamente dalle altre forme, con il tornio veloce,
articolata le caratteristiche della ceramica subgeometrica diffu- deriva dalle lekanides a bande comuni nel repertorio greco,
sa tra l’alto corso dell’Ofanto e la Basilicata nordoccidentale, anche di produzione magnogreca. Cfr. Oppido Lucano I, p. 528,
tra la fine del VII secolo e il primo quarto del V sec. a.C., fig. 49, n. 8; Oppido Lucano II, p. 150, fig. 44, n. 7.
6
altrimenti solo sporadicamente attestata. Per un inquadramen- Tale sintassi presenta analogie con gli apparati decorativi
to generale delle necropoli suddette si rimanda a Bottini 1979, presenti su vasi rinvenuti in Lucania occidentale (Sala Consilina,
pp. 77-94 e Holloway 1970, pp. 33-82. Roccanova, Palinuro) e datati tra la fine del VII e il corso del
2
Cfr. Yntema 1990, pp. 187-193. VI sec. a.C. Cfr. Yntema 1990, pp. 133-143.
3 7
Realizzate separatamente le diverse parti del vaso, esse ve- Cfr. Yntema 1990, pp. 192-193.
8
nivano assemblate quando l’argilla si fosse parzialmente seccata. Per Ruvo del Monte, cfr. Bottini 1979; 1980; 1981; per
4
La produzione di Satriano, in particolare, si caratterizza Cairano, cfr. L. A. Scatozza, Una brocchetta enotria sub-geome-
per la presenza di una soluzione decorativa anche a tre tonalità trica e altro materiale da Satriano, «RendNap» LIII 1978, pp.
cromatiche, con l’inserimento di un rosso-viola, accanto al 105-122; Bailo Modesti 1980; per Pisciolo, cfr. Tocco 1975, tav.
bruno e al rosso scuro tradizionali. Questa originale tricromia 94.1; per Ripacandida, cfr. Bottini 1980; 1981; Setari 1999; per
è attestata nel corso del VI secolo, fino all’inizio del V sec. Melfi Chiucchiari, cfr. Ordona IV, tav. XXXVIII, 43; per
a.C. Cfr. Holloway 1970, pp. 88-91. Satriano, cfr. Holloway 1970; per Serra di Vaglio, cfr. Greco

240 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


I frammenti subgeometrici del corpus presenta- enotrio prevalgono le morfologie globulari e
to in questa sede provengono esclusivamente da stra- biconiche, su fondo piano, anche se forme su alto
ti relativi alla fase lucana del Santuario e si caratte- piede sono attestate in Lucania settentrionale. È
rizzano dunque come materiali residui (US 138, 142, presente nei corredi vascolari delle sepolture indi-
143, 158, 182, 209, 308, 354, 363, 364, 394, 397)9. gene in un significato spiccatamente ideologico. Nei
L’esiguità del numero degli esemplari pervenuti e saggi indagati sono attestati sia il tipo globulare, sia
lo stato di conservazione, che impone l’obbligo di il tipo biconico.
confrontarsi quasi esclusivamente con frammenti
di pareti, non hanno permesso di impostare uno Olla globulare (tav. XXIX, n. 127)
studio propriamente tipologico, tanto delle forme, Labbro estroflesso con orlo arrotondato e spigolo in-
quanto dei motivi decorativi10. Le forme individua- terno, spalla globulare.
te con sicurezza sono olla, brocca e scodella, tutte 127. Orlo e spalla; ingobbio esterno di colore beige; sul-
molto vicine al repertorio morfologico tradiziona- la superficie superiore del labbro, serie di triangoli pieni
a lato inflesso; vernice bruna; imp12; ø 16,6; h 3,5; a
le; si osserva un netta prevalenza delle forme chiuse mano e alla ruota lenta. Saggio I, US 182. Inv. 407198.
sulle aperte. Per quanto riguarda gli schemi decora-
tivi, in conformità con le caratteristiche della clas- Il frammento monocromo in esame, insieme alla
se, è attestata la sequenza di linee orizzontali sulla scodella ad orlo rientrante, è l’esemplare connota-
metà superiore del vaso e l’uso di decorare anche la to da tratti morfologici e decorativi più antichi e
metà inferiore, in particolare con i tipici festoni tradizionali. Un frammento di olla da Satriano, con
multipli, in prossimità del fondo. Sul labbro pre- schema decorativo del tutto analogo, viene attribu-
valgono archi e file di punti rispetto ai più antichi ito da Holloway all’età del Ferro, e fatto rientrare
triangoli campiti, e si segnala la presenza di ornati nella produzione della ceramica a tenda11.
specifici di questa produzione, in particolare le fa-
Olla biconica o ovoide (tav. XXIX, n. 128)
sce campite in rosso alternate a gruppi di tratti bru-
Labbro estroflesso con orlo arrotondato, collo a profi-
ni. Si riscontra infine, la tendenza a dare vita a sin-
lo troncoconico.
tassi complesse, attraverso la combinazione di mo-
tivi diversi, geometrici e curvilinei insieme. 128. Orlo e collo; ingobbio esterno di colore beige chia-
ro; sulla superficie superiore del labbro, tracce di moti-
Accanto ad alcuni frammenti riferibili ad una fase
vo non leggibile, nel punto di raccordo tra labbro e collo
avanzata della prima età del Ferro, la maggior parte banda orizzontale; vernice rossa; imp1; ø 15,2; h 3,4; a
degli esemplari si colloca nel pieno VI sec. a.C. mano e alla ruota lenta. Saggio I, US 158. Inv. 407199.

— Olla — Brocca
Forma tradizionalmente destinata nel mondo indi- Forma impiegata per contenere e versare liquidi, la
geno a contenere liquidi o derrate solide. In ambito brocca è ampiamente attestata sia in contesto

G. 1980, tav. III; per Sala Consilina, cfr. De La Genière 1968, individuare, ancor prima che studiare, le forme dei frammenti
tav. 12, n. 1; tav. 50, n. 12; tav. 51, nn. 1-2; per Atena Lucana, in esame, dato lo scarso numero di orli rinvenuti e l’assenza su
cfr. E. D’Alto, Atena Lucana, Galdo degli Alburni 1985; per questi ultimi di attacchi d’ansa, preziosi per distinguere alcune
Oliveto Citra, cfr. De La Genière 1968, tav. 52, n. 6; per forme chiuse da altre.
11
Buccino, cfr. V. Bracco, Volcei (Forma Italiae, Regio III), II, Fi- Cfr. Holloway 1970, p. 87, fig. 151. La serie di triangoli
renze 1978; Johannowsky 1985. pieni, a lato rigido, è la tipica decorazione del labbro già nel
9
Nonostante il rinvenimento di materiale subgeometrico repertorio Protogeometrico. In seguito, a partire dal Mediogeo-
anche dagli strati propriamente arcaici, si è scelto di rimandare metrico, nel secondo quarto dell’VIII sec. a.C., il lato perde
la trattazione di quest’ultimo all’interno dello studio specifico rigidità, diventa inflesso e mantiene nella ceramica enotria que-
della fase arcaica del sito, e di presentare in questa sede solo la sta caratteristica fino al Tardogeometrico. Nello stile Sub-
ceramica subgeometrica residuale proveniente dai livelli lucani. geometrico è sostituito da ornati bicromi, dove prevale nor-
10
Risulta compromessa, particolarmente, la possibilità di malmente il motivo ad archi.

LA CERAMICA - CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA 241

16
abitativo, sia funerario. In ambito nord-lucano è Si può ipotizzare che nella decorazione del labbro,
particolarmente diffuso il tipo a corpo globulare, fortemente lacunosa, un motivo ad archi marginas-
con collo troncoconico o cilindrico. Tra il materia- se superiormente i triangoli campiti, secondo uno
le in esame è attestato il tipo a collo troncoconico. schema ricorrente nella produzione nord-lucana. Il
motivo presenta elementi di somiglianza con un
Brocca a collo troncoconico (tav. XXIX, n. 129)
kantharos da Serra di Vaglio, datato alla seconda
Labbro estroflesso con orlo arrotondato e assotigliato,
metà del VII sec. a.C.15.
collo troncoconico.
129. Orlo e collo; ingobbio esterno di colore beige rosa- Labbro estroflesso con orlo arrotondato.
to; sulla superficie superiore del labbro, due strette fasce
orizzontali parallele, bruna e rossa; lungo l’orlo, fila di 131. Labbro; ingobbio esterno di colore beige rosato;
punti bruni; sul collo, alta banda orizzontale; vernice sulla superficie superiore del labbro, motivo ad archi for-
rossa e bruna; imp1; ø 9; h 2,5; a mano e alla ruota lenta. mato da una coppia di linee parallele; in prossimità del-
Saggio I, US 182. Inv. 407200. l’orlo, serie continua di punti; vernice rossa e bruna;
imp1; ø 15,4; h 2,2; a mano e alla ruota lenta. Saggio II,
Per la forma un confronto puntuale può istituirsi US 209. Inv. 407202.
con un esemplare da Torre di Satriano datato nel
corso del VI sec. a.C.12 e con una brocca dalla tomba L’associazione del motivo ad archi con la serie di
18 di Ruvo del Monte, datata tra la fine del VII e la punti lungo l’orlo è documentata a Ruvo del Mon-
fine del primo quarto del VI sec. a.C. La particolare te fra primo e secondo quarto del VI sec. a.C., a
decorazione del labbro, con fila di punti lungo il Satriano nel corso del VI sec. a.C., a Serra di Vaglio
margine dell’orlo, pare una originale elaborazione e in ambito peuceta in pieno VI sec. a.C.16
del motivo a bande concentriche, per lo più bicrome,
comune all’interno della Ruvo-Satriano class, ma più Labbro estroflesso con orlo arrotondato e assotigliato.
frequente nella produzione daunia13. L’associazione 132. Labbro; ingobbio esterno di colore beige rosato;
della fila di punti con una o più bande è una soluzio- sulla superficie superiore del labbro, fasci di sei tratti
verticali paralleli, irregolari, si alternano a riquadri ros-
ne decorativa presente a Ruvo del Monte nel terzo
si, pieni; lungo l’orlo, linea continua rossa; nel punto di
quarto del VI sec. a.C.14. passaggio dal labbro al collo, motivo non leggibile; ver-
nice rossa e bruna; imp5; ø 9,5; h 1,5; a mano e alla ruo-
— Orli di forme chiuse non identificabili ta lenta. Saggio II, US 394. Inv. 407203.

Labbro fortemente estroflesso (tavv. XXIX-XXX, nn.


Il motivo presente sul labbro è sicuramente il più dif-
130-134)
fuso sulla ceramica enotria della Lucania nord-occi-
Orlo arrotondato, assotigliato e spigolo interno.
dentale, tra la fine del VII e l’inizio del V sec. a.C.,
130. Labbro; ingobbio esterno di colore beige chiaro; tanto da costituirne un elemento distintivo17. Esso è
sulla superficie superiore del labbro, linea continua sor- caratteristico della produzione di Ripacandida, ed è
montata da serie di triangoli pieni a lato inflesso; verni-
ce rossa e bruna; imp1; ø 12,4; h 1,5; a mano e alla ruota attestato a Buccino, Satriano, Serra di Vaglio, Oppido
lenta. Saggio I, US 190. Inv. 407201. Lucano, Ruvo del Monte, nella necropoli di Pisciolo18.

16
12
Cfr. Bottini 1981, p. 241, fig. 38.140; Holloway 1970, Cfr. Bottini 1981, p. 272, fig. 76.337; Holloway 1970,
pp. 38-39, fig. 80.4. pp. 93-94, fig. 154.218; Greco G. 1991, p. 21, fig. 58; Yntema
13
Cfr. Yntema 1990, p. 190, fig. 173.18; Setari 1999, p. 83, 1990, p. 213, fig. 195.29. Lo schema decorativo è presente an-
fig. 6a.3. che nei corredi della fase III B di Sala Consilina.
17
14
Cfr. Bottini 1981, p. 232, fig. 26.80. Cfr. Yntema 1990, p. 190, fig. 173.19.
18
15
Cfr. Greco G. 1991, p. 23, fig. 65. Per Ripacandida, cfr. Setari 1999, p. 83, fig. 6a.1; per

242 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


Labbro estroflesso con orlo arrotondato e assotigliato, beige, sul dorso, tra due linee brune verticali parallele,
collo troncoconico, attacco d’ansa a sezione lenticolare, motivo a scaletta; imp3; h 1,2; sp 0,5; a mano. Saggio II,
US 308. Inv. 407206.
impostata da labbro alla spalla.
133. Labbro, collo, spalla, attacco d’ansa; ingobbio ester- La linea del profilo, con curvatura poco accentua-
no di colore beige rosato; sulla superficie superiore del ta, lascia supporre che l’esemplare in esame ap-
labbro, riquadri interamente campiti di rosso si alterna- partenesse ad una brocca, piuttosto che ad una
no a serie di tre linee brune verticali parallele; nel punto
olletta cantaroide con anse sormontanti, forma am-
di passaggio dal labbro al collo, due linee brune oriz-
zontali; vernice rossa e bruna; imp8; ø 8,3; h 1,3; a mano piamente diffusa in età arcaica. Il motivo a scalet-
e alla ruota lenta. Saggio II, US 1. Inv. 407204. ta che ne decora il dorso è di antica tradizione:
comparso inizialmente nel Mediogeometrico del
Labbro estroflesso con orlo assotigliato. Salento per influenza del Geometrico albanese del-
134. Labbro; ingobbio beige rosato; sulla superficie su- la fase Barç, si specializza nel corso del tempo nel-
periore del labbro, tre linee orizzontali parallele; sull’orlo, la decorazione delle anse a nastro20. Rispetto alla
brevi tratti bruni leggermente obliqui, paralleli; vernice
versione in esame, con la scaletta inserita entro
bruna; imp3; ø non ric.; h 2,3; a mano e alla ruota lenta.
Saggio II, US 354. Inv. 407205. uno stretto spazio che occupa soltanto la parte
centrale del dorso, è più diffuso il tipo in cui il
Per lo schema decorativo il confronto più preci- motivo interessa l’intera larghezza dell’ansa, come
so è con una brocca da Ruvo del Monte datata al documentano esemplari da Ruvo del Monte e
terzo quarto del VI sec. a.C.19 Ripacandida21. Per questo tipo non si registrano,
al momento, confronti precisi.

Verticali. Ansa a bastoncello a sezione subquadran-


golare, con bottoncino plastico applicato.
cat. 131
136. Ansa a bastoncello; ingobbio esterno di colore beige-
cat. 138 rosato; in corrispondenza del bottoncino plastico, trac-
cat. 139
ce di vernice rossa, che doveva presumibilmente coprire
il motivo applicato; vernice rossa e bruna; ingobbio beige
rosato; imp1; h 5,8; sp 0,81; a mano. Saggio II, US 394.
Inv. 407207.
cat. 145
cat. 143
L’esemplare in esame sembra pertinente ad una for-
ma chiusa, non meglio identificabile. In associazio-
ne con il motivo a scaletta, come detto sopra del
— Anse di forme chiuse non identificabili (tav. XXX, tutto tradizionale, si segnala la presenza di un
nn. 135-137)
bottoncino plastico sul dorso, elemento decorativo
Verticali. Ansa a nastro, a sezione lenticolare, con curva- estremamente diffuso sulle anse a nastro della cera-
tura poco accentuata, impostata dal labbro alla spalla mica di produzione nord-lucana di età arcaica. Nor-
135. Ansa a nastro; ingobbio esterno di colore grigio- malmente però queste pasticche sono collocate nel

Buccino, cfr. Johannowsky 1985, fig.30.23, fig. 31.27 (brocca e XVII 1974-1976, p. 189, fig. 1; per Ruvo del Monte, cfr. Botti-
olla kantaroide provenienti dalla tomba 207 della necropoli di ni 1980, fig. 76.332; per la necropoli di Pisciolo nel Melfese,
S. Stefano, il cui corredo corrisponde cronologicamente alla cfr. Tocco 1975, tav. 94.1.
19
fase III B di Sala Consilina); per Satriano, cfr. Holloway 1970, Cfr. Bottini 1981, p. 233, fig. 26.80.
20
p. 38, fig. 79.3; per Serra di Vaglio, cfr. Greco G. 1980, tav. III; Cfr. Yntema 1990, p. 56, fig. 38.
21
1991, p. 30, fig. 77; per Oppido Lucano, cfr. E. Lissi Caronna, Per Ruvo del Monte, cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 28.95;
Botteghe oppidane di ceramica enotria, «AttiMemMagnaGr» XV- per Ripacandida, cfr. Setari 1999, p. 83, fig. 6a.5.

LA CERAMICA - CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA 243


punto di maggior curvatura dell’ansa, nella parte tre linee orizzontali parallele; sulla spalla serie di angoli con
sormontante, diversamente da qui22. punto centrale entro coppie di linee orizzontali parallele;
vernice rossa e bruna; imp15; ø spalla 14,4, sp 0,4; a mano e
alla ruota lenta. Saggio II, US 364. Inv. 407210.
Orizzontali. Ansa a maniglia, di forma semicircolare,
a sezione tubolare, impostata quasi orizzontalmente La forma a cui appartiene il frammento in esame
sulla parete. richiama la brocca tipo 2 di Ruvo del Monte, data-
ta alla prima metà del VI sec. a.C.26. Si tratta di una
137. Ansa a maniglia; ingobbio esterno di colore beige
chiaro sul dorso, due linee orizzontali parallele; su quel- forma ampiamente diffusa in tutto il mondo
la superiore si imposta una serie continua di breve tratti enotrio, con una sintassi decorativa caratterizzata,
irregolari; imp15; h 1,4; sp 1,1; a mano. Saggio II, US come nel nostro esemplare, da una sequenza fitta
308. Inv. 407208. di linee orizzontali sul collo, da cui partono motivi
spesso pendenti sulla metà inferiore del vaso. La
La forma e lo schema decorativo di questo esem-
serie di angoli con punto centrale è accostabile in-
plare, probabilmente pertinente ad una forma chiu-
vece ad un motivo attestato a Buccino e, in una
sa, appartengono alla tradizione più antica del re-
redazione più schematica, a Torre di Satriano nel
pertorio geometrico, ma sopravvivono fino alle fasi
corso del VI sec. a.C.27.
più tarde della produzione. I confronti più precisi e
cronologicamente vicini sono con le olle globulari
140. Parete a profilo teso; ingobbio esterno di colore
di Ripacandida e Serra di Vaglio, e con le ollette beige-rosato; coppia di linee orizzontali parallele, sotto,
biconiche biansate di Ruvo del Monte23. sequenza di angoli concentrici e triangoli campiti a reti-
colo alternati a motivi circolari; vernice rossa e bruna;
— Frammenti di pareti di forme chiuse non imp1; largh 3,9, sp 0,5; a mano. Saggio I, US 182. Inv.
407211.
identificabili (tavv. XXX-XXXI, nn. 138-146)
138. Piede indistinto, fondo piatto; parete a profilo con- Il frammento in esame reca un apparato decorativo
vesso; ingobbio esterno di colore beige rosato; sulla pa- particolarmente elaborato, che lo stato di conser-
rete, in prossimità del fondo, linee concentriche, rosse e vazione non consente di apprezzare, se non par-
brune, molto irregolari, formano un motivo a festoni; zialmente, e che non trova, nel suo complesso, ri-
vernice rossa e bruna; imp12; ø 6,8; h 2,9; a mano e alla
ruota lenta. Saggio II, US 142. Inv. 407209. scontri precisi. É possibile invece cogliere analogie
per alcuni dei motivi che compongono lo schema:
Semicerchi penduli, multipli, per lo più in sequen-
la serie di triangoli concentrici richiama ornati dif-
za bicroma, rappresentano il motivo decorativo più
fusi a Ruvo del Monte nella prima metà del VI sec.
diffuso sulla metà inferiore del vaso nella classe di
a.C., mentre il triangolo a reticolo è prossimo ad
Ruvo e Satriano24. Lo schema è documentato a
un tipo di decorazione presente a Torre di Satriano28.
Buccino, Ripacandida, Torre di Satriano, Oppido
Lucano, Ruvo del Monte in epoca arcaica25. 141. Parete a profilo lievemente convesso; ingobbio ester-
no di colore beige-rosato; sulla parete, linee alternate a
139. Collo a profilo troncoconico, spalla distinta, conves- larghe bande, disposte verticalmente, leggermente a
sa; ingobbio esterno di colore beige rosato; sul collo, banda raggiera; vernice rossa e bruna; imp1; largh 3,6, sp 0,5; a
rossa orizzontale; nel punto di passaggio tra collo e spalla mano. Saggio II, US 363. Inv. 407212.

22
Cfr. Bottini 1981, p. 223, fig. 15.33. Satriano, cfr. Holloway 1970, p. 94, fig. 154.220; per Oppido
23
Per Ripacandida, cfr. Setari 1999, p. 98, fig. 14.44; per Lucano, cfr. Yntema 1990, p. 316, fig. 314; per Ruvo del Mon-
Serra di Vaglio, cfr. Greco G. 1980, tav. III; per Ruvo del Mon- te. cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 17.46.
26
te, cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 17.46. Cfr. Bottini 1981, pp. 190-191, fig. 8.
24 27
Cfr. Yntema 1990, p. 190, fig. 173.9. Cfr. Johannowsky 1985, p. 117, fig. 30.30.
25 28
Per Buccino, cfr. Johannowsky 1985, p. 117, fig. 31.29; Cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 78.338; Holloway 1970, p.
per Ripacandida, cfr. Setari 1999, p. 89, fig. 10.40; per Torre di 76, fig. 152.

244 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


La presenza di larghe fasce verticali alternate a li- Il motivo a triglifo è documentato a partire dal VII
nee parallele sulla pancia di forme chiuse è ampia- fino al V sec. a.C. in alcuni centri della Lucania set-
mente documentata a Ruvo del Monte e Torre di tentrionale, tra le valli del Tanagro, dell’Ofanto e del
Satriano in età arcaica, tanto da costituire un tratto Bradano. Le attestazioni più antiche si riferiscono ad
specifico della classe29. un frammento proveniente da Oppido Lucano e ad
una olletta kantaroide da Sala Consilina, pertinente
142. Spalla a profilo lievemente convesso; ingobbio ester- ad un corredo attribuibile alla fase finale del periodo
no di colore beige chiaro; sulla parete, larga banda oriz-
zontale, sotto, in sequenza, serie di rombi in legamento III.A della necropoli (675-625 a.C.)32. Nella produzio-
orizzontale riempiti da due losanghe concentriche, la ne di Ripacandida, ben documentata dai corredi della
più interna delle quali risulta divisa in quattro piccoli necropoli in località San Donato, databili tra l’inizio
rombi, con punto centrale; vernice rossa e bruna; imp2; del VI e la fine del V sec. a.C., il triglifo è un motivo
largh 3,6, sp 0,5; a mano. Saggio II, US 364. Inv. 407213.
specifico della spalla di vasi chiusi33. Nel melfese è at-
Lo schema decorativo con rombi in legamento oriz- testato nel corso del V sec. a.C. anche a Cairano34.
zontale non rientra nella tradizione più antica del
repertorio geometrico dell’Italia meridionale, ma 145. Parete a profilo teso; ingobbio esterno di colore
fa la sua comparsa, inizialmente nel Salento, nel beige-rosato; sulla spalla, si conserva un reticolo a ma-
glia piuttosto irregolare, marginato in basso da una ban-
corso della prima metà dell’VIII sec. a.C., per in-
da orizzontale; vernice bruna; imp1; largh 2,4, sp 0,4; a
fluenza del Geometrico greco e del Geometrico mano. Saggio II, US 1. Inv. 407216.
albanese Korçe-Devoll della fase Barç30. Nella Ruvo-
La campitura a reticolo di motivi decorativi, prin-
Satriano class è attestato in redazioni diverse, con
cipalmente triangoli e losanghe, è presente sulla
semplici campiture a reticolo e con l’inserimento
ceramica geometrica fin dai suoi esordi, nel Bronzo
di rombi concentrici a Torre di Satriano, con pun-
finale, ed attraversa le diverse fasi della produzione
to centrale a Ruvo del Monte, ma sempre sulla spalla
adattandosi al linguaggio dei diversi stili regiona-
di forme chiuse 31.
li35. La campitura presente sul frammento in esame
143. Parete a profilo lievemente convesso; ingobbio ester- sembra pertinente ad una fascia rettangolare, mol-
no di colore beige scuro; sulla parete, larghe bande con- to vicina ad una soluzione decorativa attestata a
centriche disposte ad angolo; vernice bruna; imp1; largh Ruvo del Monte in epoca arcaica36.
7,2, sp 0,7; a mano. Saggio II, US 364. Inv. 407214.
Con ogni probabilità, le bande disposte ad angolo 146. Parete a profilo lievemente convesso; ingobbio ester-
presenti sul frammento in esame formavano un no di colore beige chiaro; sulla parete, motivo a reticolo
obliquo su registro orizzontale entro due coppie di linee
motivo a larghi rombi concentrici. Non trova, al
orizzontali parallele; vernice bruna; imp3; largh 1,6, sp
momento, riscontri precisi. 0,3; alla ruota lenta. Saggio II, US 364. Inv. 407217.

144. Parete a profilo teso; ingobbio di colore beige; nel Il motivo a semplici tratti obliqui, leggermente ir-
punto di passaggio dal collo alla spalla, linea e banda regolari, che formano una fascia reticolata entro li-
orizzontali parallele, da cui parte una serie di tre larghe
fasce verticali parallele a formare un triglifo; vernice bru-
nee parallele è attestato in ambito Bradanico, a
na; imp5; largh 5, sp 0,4; a mano. Saggio II, US 397. Inv. Cozzo Presepe, in contesto datato tra la fine
407215. dell’VIII e l’inizio del VII sec. a.C.37. Non si segna-

29
Cfr. Bottini 1981, p. 189, fig. 91.372; Holloway 1970, p. 1968, p. 327, tav. 42, fig. 9.
33
93, fig. 154.216. Cfr. Setari 1999, p. 86, fig. 9b.20.
30 34
Cfr. Yntema 1990, p. 56, fig. 38.i. Cfr. Bailo Modesti 1980, p. 172, tav. 92.11.
31 35
Cfr. Holloway 1970, pp. 94-95, fig. 154.223-225; Bottini Cfr. Yntema 1990, p. 22, fig. 6.3.
36
1981, p. 194, fig. 66.241. Cfr. Bottini 1981, p. 193, fig. 76.337.
32 37
Cfr. Oppido Lucano III, p. 274, fig. 225.11; De La Genière Cfr. Yntema 1990, p. 163, fig. 143.

LA CERAMICA - CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA 245


lano, per contro, riscontri precisi in ambito nord monocromo, del tutto tradizionale, avvicinano
lucano in epoca arcaica. l’esemplare in esame alle produzioni enotrie di una
fase avanzata della prima età del Ferro38.
— Scodella (tav. XXXI, n. 147)
Forma ceramica legata alla mensa, usata sia per IMPASTI
mangiare sia per bere. Il tipo ad orlo fortemente
rientrante e vasca poco profonda è di antica tradi- 1. Frattura netta; farinosa; tenera; compatta; beige rosa-
zione protostorica. ta M. 7.5YR 7/4; mica diffusa.
2. Frattura netta; liscia; dura; compatta; camoscio M. 5YR
6/6; mica diffusa.
Labbro rientrante con orlo piatto, tagliato obliqua-
3. Frattura netta; farinosa; tenera; compatta; grigio beige
mente verso l’ interno. M. 2.5YR 7/1.
147. Labbro; ingobbio di colore beige; sull’orlo, serie 5. Frattura netta; liscia; tenera; compatta; arancione M.
continua di brevi tratti irregolari; sulla superficie supe- 2.5YR 5/8; rada presenza di mica.
riore del labbro, tre linee orizzontali parallele; vernice 6. Frattura irregolare; ruvida; dura; porosa; da camoscio
bruna; imp12; ø 21,5; h 2,3; a mano e alla ruota lenta. a beige rosata M. 10YR 5/2; inclusi calcitici rotondi e
Saggio I, US 143. Inv. 407218. litici di forma irregolare, submillimetrici, rada presenza
di mica.
Il frammento in esame appartiene verosimilmente 8. Frattura netta; molto farinosa; tenera; compatta; beige-
ad una scodella ad orlo rientrante, forma di antica rosato M. 7.5YR 6/6.
tradizione indigena, attestata sia nella ceramica ad 12. Frattura netta; molto farinosa; tenera; compatta;
arancione-rosata; inclusi rosso-bruni rotondi (chamotte)
impasto, sia nella ceramica geometrica fin dal Bron-
M. 5YR 7/6; mica diffusa.
zo finale. Le caratteristiche morfologiche e, ancor 15. Frattura irregolare; ruvida; dura; porosa; beige-giallino
più, la semplicità dello schema decorativo M. 5 YR 7/6.
LARA C.

CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA - Distribuzione quantitativa delle forme all’interno delle unità stratigrafiche

FORMA PARTI CONSERVATE DISTRIBUZIONE

orli anse presa pareti fondi


olla 5 Saggio I, US 158, 182, 190;
Saggio II, US 452
brocca 3 Saggio I, US 1, 182;
Saggio II, 394
scodella 2 Saggio II, US 143, 475
forme chiuse non identificabili 6 3 8 Saggio I, US 1, 142; Saggio
II, US 1, 138, 190, 209, 308,
354, 363, 364, 394, 397
TOTALE 16 3 8

38
Cfr. B. Chiartano, La necropoli dell’età del Ferro del- 1996, p. 52, tav. 18, T. 482; Incoronata V, p. 105, figg. 169-
l’Incoronata e di San Teodoro. Scavi 1986-1987, 3, Galatina 170.

246 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XXIX. CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA
1:2

OLLE

127

128

BROCCHE ORLI

130
129

132
131

LA CERAMICA - CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA 247


TAV. XXX. CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA
1:2

133 134

ANSE

135

136 127 137

FONDO

138

PARETI

139 140

248 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XXXI. CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA
1:2

141
142

143

144

145 146

SCODELLA

147

LA CERAMICA - CERAMICA A DECORAZIONE GEOMETRICA 249


3.4. Ceramica di produzione coloniale diversi, con labbro estroflesso, in un caso fortemente
appuntito all’estremità (cat. 148), attribuibili a due
Rientra in questa classe un numero ridotto di fram- tipi di coppe ioniche. Il primo tipo coincide con il
menti di coppe pertinenti ad una produzione carat- tipo A2 della classificazione di Vallet e Villard, il
teristica del mondo coloniale di età arcaica, deno- secondo al tipo B13. Per quanto riguarda la decora-
minate tradizionalmente coppe “di tipo ionico”1. zione dei frammenti di coppe A2, uno risulta deco-
In assenza di analisi archeometriche non è possibi- rato all’interno con un filetto di vernice nera, che
le stabilire con certezza i centri di produzione, an- ne interessa solo un breve tratto, e all’esterno con
che se alcune caratteristiche tecniche, dall’uso del due filetti di colore bruno (cat. 148), un altro pre-
tornio veloce alla qualità della vernice, permettono senta una spessa fascia bruna all’interno e una fa-
di distinguere questi manufatti da quelli di produ- scia posta appena sotto l’orlo (cat. 149). In base alla
zione indigena. Solo in un caso (cat. 150) la caratte- decorazione le due coppe rientrano nel tipo A2 (va-
ristica decorazione sovraddipinta in rosso potrebbe riante con orlo esterno risparmiato) e trovano con-
far pensare ad una importazione metapontina: le fronti con esemplari attestati a Metaponto 4,
produzioni della colonia achea, note grazie al ritro- Pomarico5 e Lavello6.
vamento di una fornace con scarti di lavorazione2, Il terzo frammento (cat. 150) che rientra, invece,
si caratterizzano, infatti, per la realizzazione di di- nel tipo B1 presenta sulla superficie interna dell’or-
verse varianti di coppe, prevalentemente del tipo lo una sottile fascia a vernice rossa sovraddipinta
B2, con schemi decorativi differenti, che prevedo- che ne delimita l’estremità; due sottili fasce a verni-
no anche il ricorso a filetti rossi sovraddipinti sulle ce nera decorano sia l’orlo che l’attacco della vasca.
pareti dei vasi. Tra i manufatti rinvenuti nel santua- Sulla superficie esterna, l’orlo appare risparmiato e
rio lucano di Torre di Satriano – materiali residui una sottile fascia a vernice rossa sovraddipinta de-
riferibili a sepolture sconvolte o asportate dal luo- cora la vasca.
go sacro – si distinguono tre orli di coppe ioniche
148. Orlo; imp3; ø 11,8; h max 2. Saggio I, US 187. Inv.
pertinenti a due tipi diversi che presentano schemi 407255.
decorativi differenti. 149. Orlo; imp3; ø 11,8; h max 2. Saggio I, US 187. Inv.
407256.
— Coppa (tav. XXXII, nn. 148-150) 150. Orlo; imp3;ø 11,6; h max 1,6. Saggio II, US 332.
I frammenti rinvenuti si riferiscono a tre individui Inv. 407257.
LUCIA C.

1
La produzione di coppe ioniche sembra rientrare in un Gravisca, scavi nel santuario greco. Le ceramiche ioniche, Bari 1994;
arco cronologico piuttosto ampio compreso tra il VI sec. a.C. e S. Boldrini, Coppe ioniche e altro: una produzione occidentale a
la prima metà del V sec. a.C. (J. P. Morel, L’expansion phocéenne Gravisca, in Ceràmiques jònes d’època arcaica. Centres de producció
en Occident. Dix années de recherches (1966-1975), «BCH» XCIX i commercialització al Mediterrani occidental (Actes de la Taula
1975, p. 861). L’ampia distribuzione dei manufatti pertinenti a rodona celebrada a Empúries, els dies 26 al 28 de maig de 1999),
tale produzione è attestata dai numerosi rinvenimenti in siti Empúries 2000, pp. 101-110.
2
dell’area lucana (Cozzo Presepe, pp. 321-333; Pomarico Vecchio I, Adamesteanu 1973, pp. 153-180; F. D’Andria, Metaponto.
pp. 56-59 con relativa bibliografia), apula (P. G. Guzzo, Importa- Scavi nella zona del Kerameikos (1973), in Adamesteanu-Mertens-
zioni fittili greco-orientali sulla costa ionica d’Italia in Les D’Andria 1975, pp. 355-342; D’Andria 1980, pp. 117-146.
3
Céramiques de l’Est et leur diffusion en Occident, Parigi 1978, pp. F. Villard, G.Vallet, Megara Hyblea V. Lampes du VIIe siècle
107-130; E. Lippolis, Dal VII al secondo venticinquennio del V et cronologie des coupes ioniennes, «MEFRA» 1955, pp. 7-34.
4
sec. a.C., in A. Dell’Aglio, E. Lippolis (a cura di), Catalogo del Adamesteanu 1973, pp. 153-180; Adamesteanu-Mertens-
Museo Nazionale Archeologico di Taranto, II. 1. Ginosa e Laterza. D’Andria 1975, pp. 419-472.
5
La documentazione archeologica dal VII al III sec. a.C. Scavi 1900- Pomarico Vecchio I, pp. 56-57.
6
1980, Taranto 1982, p.159) e dell’Etruria meridionale (S. Boldrini, Forentum I, p. 155, tav. 29.

250 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


.
3.5. Ceramica a bande nie. Per quanto riguarda l’inquadramento tipologico
dei nostri reperti, si segnalano analogie in partico-
Sono stati raggruppati all’interno di questa classe lare con i materiali documentati a Pomarico, i qua-
una serie di reperti di produzione indigena caratte- li risultano caratterizzati da un analogo repertorio
rizzati da uno schema decorativo piuttosto sempli- decorativo costituito da bande, linee orizzontali,
ce e ripetitivo, che consiste essenzialmente in ban- spesso a tremolo e in alcuni casi arricchite da ele-
de, lineari o ondulate, realizzate in colore rosso, menti fitomorfi3. Anche in questo contesto preval-
bruno o nero1. Si tratta di una produzione che deri- gono, tra le forme chiuse, olle e brocche e, tra le
va dalle serie a decorazione geometrica più antiche, forme aperte, piatti, coppe e coppette destinati alla
classificate da D. Yntema come Matt-painted, la qua- mensa. Gli esemplari più antichi sono databili alla
le si distingue essenzialmente per alcune caratteri- fine del V sec. a.C.; l’arco cronologico della mag-
stiche tecniche, come l’uso del tornio veloce, e gior parte dei reperti, definito sulla base dei con-
decorative, come l’uso di un repertorio di motivi e fronti istituiti con i materiali di Pomarico, sembra
stilemi del tutto semplificato rispetto ai prodotti oscillare tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C.
più antichi, i quali rivestono essenzialmente l’orlo,
la spalla, il punto di massima ampiezza della vasca — Olla
e le anse dei vasi2. Si tratta di un tipo di vasellame Si tratta di una forma ampiamente attestata a Torre
destinato prevalentemente alla mensa: tra le forme di Satriano, la cui caratteristica principale è data
attestate prevalgono quelle chiuse destinate a con- dall’ampiezza (compresa tra 16 e 20 cm.) e dalla
tenere alimenti o liquidi, le olle, e quelle utilizzate peculiare morfologia dell’orlo, estroflesso e varia-
per versare liquidi, essenzialmente brocche. Tra le mente sagomato. Sulla base di questa caratteristica
forme aperte prevalgono quelle destinate al consu- è stato possibile distinguere sei tipi differenti.
mo individuale di cibo quali coppe e coppette. Tale
suppellettile costituisce normalmente parte inte- Tipo 1 (tav. XXXII, n. 151)
grante di un articolato servizio da mensa che trova Orlo obliquo, lievemente ingrossato, spalla accentua-
posto, nei vari contesti di rinvenimento, accanto ta, corpo arrotondato.
alle più raffinate serie di ceramica fine a vernice nera,
figurata e sovraddipinta. Le articolazioni puntuali Si tratta di un tipo confrontabile con analoghi manu-
di funzione e uso delle singole forme in determina- fatti attestati a Oppido lucano 4, Pomarico 5 e
ti contesti sono destinate comunque a sfuggirci, Roccagloriosa6, databili tra la fine del IV e il III sec. a.C.
151. Orlo e attacco della spalla; sottile fascia di colore
come d’altronde le ragioni della scelta di forme per-
bruno sull’orlo; imp2; ø orlo 20; h max 3. Saggio I, US
tinenti a tale classe, rispetto alle altre serie. Non è 107. Inv. 407219.
infatti possibile stabilire nel caso del santuario
lucano se l’uso di contenitori di tradizione indige- Tipo 2 (tav. XXXII, n. 152)
na fosse riservato a particolari rituali, momenti o Orlo obliquo ed ingrossato, spalla accentuata7.
azioni determinate dell’organizzazione di cerimo- 152.Orlo e attacco della spalla; fascia di colore rosso bru-

1
In altri contesti di studio questa classe ceramica è stata Vecchio I, p. 161.
2
inserita all’interno della stessa classe a decorazione geometrica De Juliis 1990, pp. 163-171; Giorgi 1989, p. 172.
3
definita Matt-painted, come sviluppo delle serie più antiche: Pomarico Vecchio I, pp. 161- 172.
4
la decorazione di tale produzione adotta una decorazione c.d. Oppido Lucano IV, p. 373 sg.
5
“di stile misto”, che accosta ai motivi a bande, a linee Pomarico Vecchio I, p. 166, tav. 56, nn. 25-26.
6
orizzontali o a tremolo, elementi fitomorfi stilizzati: Yntema Roccagloriosa I, p. 225, fig. 177.
7
1990; cfr. al riguardo l’edizione degli scavi di Gravina (Gravina Edito: L. Colangelo in Rituali per una dea, p. 76, fig. 53,
II) e Cozzo Presepe. Sul problema si veda anche Pomarico n. 98.

LA CERAMICA - CERAMICA A BANDE 251


no sull’orlo; imp2; ø orlo 18,6; h max 3,2. Saggio I, US indagini di superficie. È una forma tornita, carat-
1. Inv. 407220. terizzata da una morfologia dell’orlo molto varia
ed una tettonica del corpo piuttosto diversificata.
Tipo 3 (tav. XXXII, n. 153)
Sono stati distinti otto tipi principali e alcune va-
Orlo estroflesso, tesa piatta, lievemente inclinata ver-
rianti.
so l’interno, spalla accentuata.
Tipo 1 (tav. XXXIII, n. 158)
153. Orlo e parte del corpo; fascia di colore bruno sul-
l’orlo; imp3; ø orlo 19,4; h max 2,4. Saggio I, US 107. Orlo estroflesso, collo cilindrico, spalla poco accentua-
Inv. 407221. ta, ansa a nastro sopraelevata.
Tipo 4 (tav. XXXII, n. 154) 158. Orlo, parte del corpo e ansa; fascia di colore rosso-
bruno sull’orlo; imp2; ø orlo 12,8; h 6. Saggio I, US 10.
Orlo estroflesso, estremità superiore lievemente ingros-
Inv. 407226.
sata, spalla poco accentuata ed arrotondata.
Tipo 2 (tav. XXXIII, nn. 159-160)
154. Orlo e spalla; sottile fascia di colore bruno sull’or-
lo; imp3; ø orlo 16; h max 5,5. Saggio I, US 268. Inv. Orlo svasato.
407222. Questa forma trova confronto morfologico con una
Tipo 5 (tav. XXXII, n. 155) forma simile rinvenuta a Pomarico8 e databile al IV
Orlo a tesa, spalla poco accentuata, corpo arrotondato. sec. a.C.
159. Orlo e parte del collo; fascia di colore bruno sulla
155. Orlo e parte del corpo; fascia di colore bruno sul- superficie interna dell’orlo; imp4; ø orlo 9,6; h max 3,8.
l’orlo e sulla spalla, linea ondulata di colore bruno sul Saggio I, US 254. Inv. 407227.
collo; imp3; ø orlo 20; h max 6. Saggio I, US 187. Inv.
407223. 2.1
Tipo 6 (tav. XXXIII, nn. 156-157) Orlo estroflesso, lievemente ispessito, collo cilindrico,
Orlo estroflesso, a tesa, collo cilindrico. spalla poco accentuata.

156. Due frr. di orlo e parte del corpo; fascia di colore 160. Orlo, collo e attacco della spalla; fascia di colore
bruno sull’orlo; imp1; ø orlo 20,2; h max 3,2. Saggio I, bruno sul collo; imp3; ø orlo 15,9; h max 2,3. Saggio I,
US 187. Inv. 407224. US 257. Inv. 407228.
Tipo 3 (tav. XXXIII, nn. 161-162)
6.1
Orlo indistinto, collo cilindrico, spalla poco accentuata.
Orlo estroflesso, a tesa piatta, lievemente sagomato,
collo cilindrico. 161. Orlo; fascia di colore bruno sotto l’orlo; imp3; ø
orlo 9,8; h max 3,2. Saggio II, US 143. Inv. 407229.
157. Orlo, parte del corpo e ansa; fascia di colore bruno
sull’orlo, sul collo motivo a goccia alternato a bande di 3.1
colore bruno di differente spessore; imp3; ø orlo 19,2; h Orlo indistinto, lineare, con andamento obliquo.
3. Saggio I, US 187. Inv. 407225.
162. Orlo; fascia di colore bruno sull’orlo; imp3; ø orlo
8,4; h max 1,8. Saggio I, US 155. Inv. 407230.
— Brocca
Tipo 4 (tav. XXXIII, n. 163)
Tale forma, usata per contenere e versare liquidi,
sembra essere prodotta localmente, come atteste- Orlo estroflesso, labbro lievemente ingrossato, collo
rebbe il ricorrere di analoghi manufatti provenienti cilindrico.
sia dalle due aree di scavo (Saggio I e II) sia dalle 163. Orlo; fascia di colore bruno sull’orlo; imp2; ø orlo

8
Pomarico Vecchio I, p. 170, tav. 63, n. 52. L’esemplare,
classificato come olpe, in questo caso presenta un rivestimento
a vernice rossa.

252 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


12,2; h max 1,7. Saggio I, US 257. Inv. 407231. La forma costituisce un unicum nel contesto del
Tipo 5 (tav. XXXIII, n. 164) santuario: è modellata al tornio e presenta una su-
Orlo estroflesso, collo cilindrico. perficie lisciata e rifinita. La decorazione ricorre ad
elementi semplici direttamente mutuati dal reper-
164. Orlo e attacco del collo; fascia di colore bruno sul-
l’orlo; imp3; ø orlo 15; h max 2,1. Saggio I, US 187. Inv. torio vascolare coloniale. L’assenza di confronti non
407232. ci consente di definire una cronologia puntuale;
tuttavia, la presenza di un repertorio decorativo
Tipo 6 (tav. XXXIV, nn. 165-166)
ampiamente attestato in contesti indigeni di IV-III
Orlo estroflesso.
sec. a.C.9 costituisce un valido elemento a sostegno
6.1 di un analogo inquadramento cronologico.
Orlo estroflesso con profilo liscio, collo cilindrico. 169. Orlo, parte del corpo e ansa; sotto l’orlo e sulla
spalla motivo a gocce alternato a bande di colore bruno,
165. Orlo con attacco del collo; fascia di colore bruno di diverso spessore, che decorano anche le anse; imp3; ø
sull’orlo; imp2; ø orlo 20; h max 2,1. Saggio I, US 187. 12; orlo; h max 11,5. Saggio I, US 187. Inv. 407237.
Inv. 407233.
6.2
Orlo estroflesso con profilo lievemente sagomato.
166. Orlo con attacco del collo; fascia di colore bruno
sull’orlo; imp3; ø orlo 18,5; h max 1,9. Saggio I, US 155.
Inv. 407234.

Tipo 7 (tav. XXXIV, n. 167)


Orlo a tesa, lievemente ingrossato.
167. Orlo; fascia di colore bruno e sottile linea
sovraddipinta in rosso sull’orlo; imp2; ø orlo 14,4; h max
1,5. Saggio I, US 117. Inv. 407235.

Tipo 8 (tav. XXXIV, n. 168)


Orlo a tesa, lievemente ingrossato e sagomato.
168. Orlo e parte del collo; fascia di colore nero sull’or-
cat. 169
lo; imp4; ø orlo 16,4; h max 1,9. Saggio II, US 143. Inv.
407236.
— Coppa
— Craterisco Si tratta di manufatti di dimensioni medio piccole
Manufatto ceramico che riproduce, in dimensioni destinati principalmente al consumo individuale,
ridotte, la forma del cratere. Verosimilmente desti- legati alla mensa e utilizzati indistintamente sia per
nato alla mensa, è usato come vaso potorio. bere che per mangiare. Non conservano anse e pre-
Tipo 1 (tav. XXXIV, n. 169) sentano un diametro dell’orlo compreso tra 13 e 16
Orlo estroflesso, bordo lievemente sagomato, collo cm. Sulla base della morfologia dell’orlo sono stati
cilindrico, spalla poco accentuata, corpo arrotondato distinti tre tipi differenti.
e rastremato verso il basso, anse a bastoncello, lieve- Tipo 1 (tav. XXXIV, n. 170)
mente insellate, impostate nel punto di massima am- Orlo rientrante, arrotondato all’estremità, vasca pro-
piezza del corpo. fonda, pareti concave.

9
Giorgi 1989, p. 172; Pomarico Vecchio I, p. 171.

LA CERAMICA - CERAMICA A BANDE 253


Il tipo è confrontabile con una coppa rinvenuta a Tale forma, piuttosto diffusa a Satriano, dove trova
Pomarico per la morfologia dell’orlo e per la deco- confronti con esemplari provenienti dalle vicine
razione10 ma trova confronti anche con reperti di necropoli databili alla metà del V secolo13, risulta es-
area apula11. sere anche tra le forme ceramiche più diffuse nei cen-
170. Orlo e parte del corpo; sottile fascia di colore bru- tri indigeni lucani ed apuli14, sia in contesti di abitato
no sotto l’orlo, nella parte interna della vasca; imp2; ø che nei corredi tombali. La diffusione di tale forma è
orlo 16,4; h max 3,9. Saggio I, US 47. Inv. 407238.
legata alla produzione coloniale documentata a parti-
Tipo 2 (tav. XXXIV, n. 171) re dagli ultimi decenni del VI sec. a.C.15 Da questi
Orlo ingrossato internamente, vasca poco profonda, prototipi sembra aver preso origine una produzione
parete rettilinea. indigena attestata dall’inizio del V sec. a.C. e fino al
Una forma analoga è stata rinvenuta in un sito del- IV-III sec. a.C.16 In tutti i contesti di rinvenimento tali
l’area del Sinni12. manufatti si distinguono per l’uso di una vernice nero-
171. Orlo e parte del corpo; fascia di colore bruno sotto bruna o rossa piuttosto diluita e per una varietà del
l’orlo e sulla vasca; imp3; ø orlo 13; h max 2. Saggio I, profilo e del motivo decorativo17. A Satriano, gli esem-
US 187. Inv. 407239. plari attestati sono accomunati da un sistema
Tipo 3 (tav. XXXIV, nn. 172-173) decorativo che prevede l’uso di bande, di differenti
Orlo a tesa piatta, con risega nella parte interna. spessori, che decorano spesso solo la superficie inter-
na della vasca. Bande più spesse, di colore bruno o
172. Orlo e parte del corpo; fascia di colore bruno sul
nero decorano, invece, gli orli e le superfici esterne.
bordo; imp4; ø orlo 12,5; h max 1,8. Saggio I, US 267.
Inv. 407240. 174. Parte dell’orlo, della vasca e del fondo; sulla superfi-
173. Orlo e parte del corpo; fascia di colore bruno sul cie interna, sottili fasce di colore bruno segnano il pun-
bordo; imp4; ø orlo 14; h max 3,1. Saggio II, US 304. to di diametro massimo e l’attacco della vasca con il fon-
Inv. 407241. do; imp2; ø orlo 10; h 3,8; ø fondo 6,2. Saggio II, US
334. Inv. 407242.
175. Orlo e parte del fondo; sulla superficie interna, sot-
— Coppetta tili fasce di colore bruno segnano il punto di diametro
Distinguiamo questa forma dalla precedente essen- massimo e l’attacco della vasca con il fondo; imp3; ø
orlo 9,8; h 4,4; ø fondo 5,3. US 268. Inv. 407243.
zialmente per le dimensioni ridotte: il diametro 176. Orlo e parte della vasca; sull’orlo sottile fascia di
dell’orlo non supera mai i 10 cm. e l’altezza media colore bruno; imp2; ø orlo 9,2; h max 2,8. Saggio I, US
è compresa tra 3,8 e 5 cm. Tale manufatto risulta 146. Inv. 407244.
piuttosto diffuso e pare destinato al contenimento 177. Orlo e parte della vasca; sull’orlo sottile fascia di
colore bruno; imp2; ø orlo 10,7; h max 2,8. Saggio II,
di piccole quantità di liquidi.
US 231. Inv. 407245.
178. Orlo e parte della vasca; sulla superficie interna,
Tipo 1 (tav. XXXV, nn. 174-184)
sottili fasce di colore bruno segnano il punto di diame-
Orlo indistinto, tendente ad assottigliarsi all’estremi- tro massimo e l’attacco della vasca con il fondo; imp3; ø
tà, vasca profonda, pareti arrotondate, piede ad anello. orlo 9,4; h max 3. Saggio I, US 252. Inv. 407246.

10
Pomarico Vecchio I, p. 163, tav. 57, n. 6 Settembre 1988-Giugno 1989, «Taras» IX 1-2 1989, p. 212, tav.
11
Tinè Bertocchi 1985, p.12, T. 12,1; pp. 129-130, T. 15,6; XCIII, 1; Giorgi 1989, pp. 179-181, tav. 32, in particolare la
p. 131, T. 19,5; pp. 139-140, T. 51,1; p. 147, T. 57,2; Archeologia nota 30; A. Dell’Aglio, Dal 475 a.C. al III sec. a.C., in Museo
dei Messapi, pp. 164, 277; Gravina III, p.125, n. 275. Taranto II. 1, pp.183-184.
12 15
Valle del Sinni I, pp. 162-166, fig. 161, n. 3. S. Taylor, Whaelmade Plainted Pottery, in Metaponto II,
13
Holloway 1970, p. 73, tav. 153, n. 139; pp. 71-72, tav. 131, n. 131. p. 337, n. 200; per la produzione metapontina di V sec. a.C.
14
Sulla diffusione di tale forma all’interno dei principali ved. D’Andria 1980, p. 117.
16
centri indigeni, lucani ed apuli, si veda Pomarico Vecchio I, pp. A Pomarico, come a Satriano, tale forma è documentata
164-165, con relativa bibl.; Archeologia dei Messapi, p. 291, n. per tutto l’arco di vita del sito; ved. Pomarico Vecchio I, p. 164.
17
204; A. Dell’Aglio, G. Russo, Notiziario delle attività di tutela. Giorgi 1989, p. 180.

254 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


179. Orlo e parte della vasca; sull’orlo e sulla vasca, sulla — Coperchio (tav. XXXV, n. 186)
superficie interna ed esterna, sottile fascia di colore bru-
no; imp3; ø orlo 10; h max 3. Saggio I, US 117. Inv. 407247.
180. Orlo e parte della vasca; sull’orlo sottile fascia di Bordo arrotondato lievemente ingrossato, pareti obli-
colore bruno; imp3; ø orlo 8,8; h max 3,7.Saggio I, US que.
182. Inv. 407248.
181. Orlo e parte della vasca; sull’orlo sottile fascia di 186. Bordo; fascia di colore bruno; imp2; ø orlo 16,5; h
colore bruno; imp2; ø orlo 7,8; h max 3. Saggio II, US max 1,3. Saggio I, US 254. Inv. 407254.
143. Inv. 407249.
182. Orlo e parte della vasca; sull’orlo e sulla vasca, sulla
superficie interna ed esterna, sottile fascia di colore bruno; IMPASTI
imp3; ø orlo 9,2; h max 3. Saggio I, US 187. Inv. 407250. 1. Frattura irregolare, ruvida e polverosa al tatto, tenera.
183. Orlo e parte della vasca; sull’orlo e sulla vasca, sulla Consistenza compatta. Colore camoscio M. 7.5YR7/8.
superficie interna ed esterna, sottile fascia di colore bruno; Inclusi: mica bianca e radi inclusi di colore grigio.
imp2; ø orlo 7,4; h max 2,1. Saggio I, US 117. Inv. 407251. 2. Frattura regolare, ruvida e polverosa al tatto, tenera.
184. Orlo; sull’orlo e sulla vasca, sulla superficie interna Consistenza compatta. Colore rosa scuro M. 7.5YR6/6.
ed esterna, sottile fascia di colore bruno; imp3; ø orlo Inclusi: mica bianca.
10, h max 2. Saggio I, US 255. Inv. 407252. 3. Frattura regolare, ruvida e polverosa al tatto, poco dura.
Consistenza compatta. Colore beige M. 7.5YR7/6. In-
— Piatto (tav. XXXV, n. 185) clusi: non apprezzabili ad occhio nudo.
4. Frattura regolare, ruvida al tatto, poco dura. Consi-
Orlo estroflesso e sagomato, vasca con pareti oblique18. stenza compatta. Colore marrone M. 7.5YR6/6. Inclu-
185. Orlo e parte superiore della vasca; imp2; ø orlo 18,6; si: mica e radi inclusi di colore grigio iridescenti.
h 1,7. Saggio I, US 1. Inv. 407253. LUCIA C.

18
Edito: L. Colangelo in Rituali per una dea, p. 76, fig. 53,
n. 96.

LA CERAMICA - CERAMICA A BANDE 255


CERAMICA A BANDE - Distribuzione quantitativa delle forme all’interno delle unità stratigrafiche

PARTI CONSERVATE
FORMA TIPO ESEMPLARI DISTRIBUZIONE CRONOLOGIA
INTEGRI orli/bordi anse pareti fondi
olla tipo 1 1 Saggio I, US 107 seconda metà del IV-
inizi III sec. a.C.
olla tipo 2 1 Saggio I, US 1 ”
olla tipo 3 1 Saggio I, US107 ”
olla tipo 4 1 Saggio I, US 268 ”
olla tipo 5 1 Saggio I, US 187 ”
olla tipo 6 1 Saggio I, US 187 ”
olla tipo 6.1 1 Saggio I, US 187 ”
brocca tipo 1 1 Saggio I, US 10 ”
brocca tipo 2 1 Saggio I, US 254 ”
brocca tipo 2.1 3 Saggio I, US 251, 254, 257 ”
brocca tipo 3 1 Saggio II, US 143 ”
brocca tipo 3.1 1 Saggio I, US 155 ”
brocca tipo 4 1 Saggio I, US 257 ”
brocca tipo 5 1 Saggio I, US 187 ”
brocca tipo 6.1 1 Saggio I, US 187 ”
brocca tipo 6.2 1 Saggio I, US 155 ”
brocca tipo 7 1 Saggio I, US 117 ”
brocca tipo 8 1 Saggio II, US 143 ”
craterisco tipo 1 1 1 Saggio I, US 187 IV sec. a.C.
coppa tipo 1 2 Saggio I, US 47, 323 seconda metà del IV-
inizi III sec. a.C.
coppa tipo 2 Saggio I, US 187 ”
coppa tipo 3 5 Saggio I, US 5, 10, 251, 267; ”
Saggio II, US 304
coppetta tipo 1 11 2 Saggio I, US 5, 8, 117, 146, ”
182, 187, 252, 255, 268;
Saggio II, US 143, 231, 334
piatto tipo 1 1 Saggio I, US 1 ”
coperchio tipo 1 1 Saggio I, US 254 ”
forma chiusa non 22 1 79 2 Saggio I, US 95, 107, 119, 146,
determinabile 155, 164, 187, 254, 261, 266,
267, 268 ; Saggio II, US 143, 1 /
TOTALE 1 63 1 81 2

256 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XXXII. CERAMICA DI PRODUZIONE COLONIALE (148-150); CERAMICA A BANDE (151-155)
1:2

COPPE

148 149

150

OLLE

151

152

153

154

155

LA CERAMICA - CERAMICA A BANDE 257

17
TAV. XXXIII. CERAMICA A BANDE
1:2

156

157

BROCCHE

158

159

161 160

162 163

164

258 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


TAV. XXXIV. CERAMICA A BANDE
1:2

165

166

167

168

CRATERISCO

178

169

COPPE/COPPETTE

171
170

172

173

LA CERAMICA - CERAMICA A BANDE 259


TAV. XXXV. CERAMICA A BANDE
1:2

174
175

176 177

178 179

181
180

183
182 184

PIATTO

185

COPERCHIO

186

260 LA SUPPELLETTILE DEL SANTUARIO


3.6. Ceramica a vernice nera ne attica, non sempre permanendo fedeli ai modelli
di origine, ma producendo, in quantità spesso limita-
La ceramica a vernice nera costituisce senza dubbio te, manufatti destinati ad una diffusione abbastanza
la classe di manufatti maggiormente attestata tra le ristretta, locale o al massimo “regionale”2.
suppellettili del santuario lucano. Lo scavo ha infatti Allo studio tipologico delle forme si sono asso-
portato alla luce in quasi tutti i contesti stratigrafici ciate analisi autoptiche e, successivamente, di labo-
– anche se in percentuali differenti e con una mag- ratorio3, finalizzate alla conoscenza delle argille uti-
giore frequenza negli strati US 117 e 119 – frammen- lizzate nella produzione di questa ceramica. Allo
ti pertinenti a questa classe ceramica. Oltre la metà stato attuale della ricerca è possibile attestare che,
di essi è comunque rappresentata da frammenti di limitatamente alla produzione di skyphoi Serie 4363
pareti da cui non è stato possibile estrapolare alcun e delle epichyseis Serie 5772, forme cronologicamente
dato diagnostico. Solo in pochissimi casi è stato pos- inquadrabili nella prima metà del III sec. a.C., si
sibile recuperare reperti integri o frammenti in di- riscontra l’uso costante ed esclusivo di un impasto
screto stato di conservazione, che permettessero di caratterizzato da un’argilla priva di inclusi, polve-
riprodurre integralmente il profilo del vaso. Lo stu- rosa al tatto e rivestito da una vernice, sia opaca che
dio condotto su ogni singolo reperto ha consentito lucida con luminescenze metalliche, stesa sempre
di tracciare un inquadramento cronologico abbastan- in maniera abbastanza omogenea (impasto 1). A
za puntuale delle forme attestate nel sito lucano, in- queste due forme è possibile associare due coevi
quadramento che si snoda prevalentemente lungo un frammenti di coppa attribuiti alla Serie 2621, rea-
arco temporale compreso tra la metà del IV sec. a.C. lizzati con un’argilla in cui sono presenti inclusi di
e la prima metà del II sec. a.C., periodo di più inten- mica bianca (impasto 5). Dall’esame autoptico, i due
sa frequentazione del santuario. Alla fine della se- impasti, pur presentando delle diversità nella com-
quenza si possono porre alcuni frammenti di piatti posizione della pasta, appaiono molto simili,
della Serie Morel 1323 e della Serie Morel 2234, similitudine che non si riscontra confrontando gli
recuperati in strati di obliterazione (US 107, 132, 211, stessi con i restanti impasti; questo dato, anche se
323, 333 e 476) di alcune strutture murarie del san- esiguo, potrebbe far supporre che i prodotti di ce-
tuario (USM 131, 133, 212 e 213). ramica a vernice nera presenti a Torre di Satriano
Durante la classificazione del materiale si è cercato nel III sec. a.C. provengano da uno stesso, unico,
per quanto possibile di far riferimento alle Serie indi- centro di produzione. Per il restante materiale l’uso
viduate dal J. P. Morel1 nel suo lavoro sulla ceramica a indistinto dei cinque tipi di impasto individuati e
vernice nera campana; purtroppo in molti casi, lo sta- di “vernici” varie, presenti in tutte le tonalità
to di estrema frammentarietà dei reperti e l’assenza, cromatiche dal bruno al nero, non consentono, allo
per molte forme, di vasi ricostruibili integralmente stato attuale della ricerca, di isolare una ipotetica
nel profilo ha costretto ad un riferimento, meno pun- produzione locale dai materiali importati dai cen-
tuale, alla “specie” o addirittura al “genere”. Inoltre, tri limitrofi. Se l’indagine autoptica non permette
anche per la ceramica a vernice nera di Torre Satriano di individuare raggruppamenti coerenti (se si esclu-
si segnala un fenomeno ampiamente documentato in de il caso dell’impasto 1), tuttavia va tenuto in alta