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ANALISI POESIA “CHIARE ,FRESCHE E DOLCI ACQUE”

Testo della poesia


1. Chiare, fresche et dolci acque,
2. ove le belle membra
3. pose colei che sola a me par donna;
4. gentil ramo ove piacque
5. (con sospir’ mi rimembra)
6. a lei di fare al bel fiancho colonna;
7. herba et fior’ che la gonna
8. leggiadra ricoverse
9. co l’angelico seno;
10. aere sacro, sereno,
11. ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
12. date udïenza insieme
13. a le dolenti mie parole extreme.

14. S’egli è pur mio destino


15. e ’l cielo in ciò s’adopra,
16. ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,
17. qualche gratia il meschino
18. corpo fra voi ricopra,
19. et torni l’alma al proprio albergo ignuda.
20. La morte fia men cruda
21. se questa spene porto
22. a quel dubbioso passo:
23. ché lo spirito lasso
24. non poria mai in piú riposato porto
25. né in piú tranquilla fossa
26. fuggir la carne travagliata et l’ossa.

27. Tempo verrà anchor forse


28. ch’a l’usato soggiorno
29. torni la fera bella et mansüeta,
30. et là ’v’ella mi scorse
31. nel benedetto giorno,
32. volga la vista disïosa et lieta,
33. cercandomi; et, o pietà!,
34. già terra in fra le pietre
35. vedendo, Amor l’inspiri
36. in guisa che sospiri
37. sí dolcemente che mercé m’impetre,
38. et faccia forza al cielo,
39. asciugandosi gli occhi col bel velo.

40. Da’ be’ rami scendea


41. (dolce ne la memoria)
42. una pioggia di fior’ sovra ’l suo grembo;
43. et ella si sedea
44. humile in tanta gloria,
45. coverta già de l’amoroso nembo.
46. Qual fior cadea sul lembo,
47. qual su le treccie bionde,
48. ch’oro forbito et perle
49. eran quel dí a vederle;
50. qual si posava in terra, et qual su l’onde;
51. qual con un vago errore
52. girando parea dir: Qui regna Amore.

53. Quante volte diss’io


54. allor pien di spavento:
55. Costei per fermo nacque in paradiso.
56. Cosí carco d’oblio
57. il divin portamento
58. e ’l volto e le parole e ’l dolce riso
59. m’aveano, et sí diviso
60. da l’imagine vera,
61. ch’i’ dicea sospirando:
62. Qui come venn’io, o quando?;
63. credendo esser in ciel, non là dov’era.
64. Da indi in qua mi piace
65. questa herba sí, ch’altrove non ò pace.

66. Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,


67. poresti arditamente
68. uscir del boscho, et gir in fra la gente.

Parafrasi affiancata
1. Acque limpide e fresche, d’acqua dolce come lo siete nella mia memoria,
2. dove il suo bel corpo
3. pose Laura, colei che a me sembra l’unica degna di essere definita donna;
4. nobile ramo, dove lei ebbe piacere di
5. (ne sospiro ancora al ricordo)
6. appoggiare il bel fianco come si fa a una colonna;
7. erba e fiori dove la veste
8. leggiadra ed elegante e l’angelico seno di Laura si distendevano;
10. aria del cielo, serena, limpida e resa sacra dalla presenza di Laura,
11. dove Amore grazie agli occhi di lei mi aprì il cuore:
12. ascoltate tutti
13. le mie dolorose ultime parole.

14. Se il mio destino è questo,


15. e il cielo vuole che tale sia la mia sorte,
16. che Amore chiuda per sempre le palpebre dei miei occhi mentre da esse sgorgano
lacrime,
17. una qualche grazia divina faccia in modo
18. da far seppellire il mio corpo tormentato qui fra di voi elementi naturali,
19. e l’anima priva del corpo torni alla sede celeste da cui proviene.
20. La morte sarà per me così meno dolorosa,
21. se potrò portar con me questa speranza
22. nel momento del passaggio misterioso che conduce all’aldilà:
23. perché il mio spirito, ormai sfiancato,
24. non potrebbe mai rifugiarsi in un approdo più sereno (del cielo),
25. né in una sepoltura più tranquilla (di quella in questa valle)
26. separarsi per sempre dalle mie ossa e dalla mia carne consumata.

27. Verrà forse il giorno


28. In cui in questo luogo già da lei visitato,
29. tornerà Laura, come un magnifico e docile animale dei boschi,
30. e là verso il punto in cui mi scorse
31. in quel giorno benedetto in cui io la incontrai,
32. volgerà lo sguardo serena e desiderosa,
33. per vedere se ci sono: e, vista dolorosa!,
34. riconoscendomi come già parte della terra fra i sassi
35. Amore le faccia nascere dentro
36. un sospiro di languore
37. così dolce da chiedere pietà per me
38. e convincere persino la giustizia divina,
39. che la osserverà asciugarsi gli occhi in lacrime col bel velo.

40. Dai rigogliosi rami di questo luogo scendeva


41. (pensiero dolce da ricordare)
42. una pioggia soave di fiori sopra il suo grembo;
43. e lei stava seduta
44. umile persino in un quadro che le infondeva così tanta gloria,
45. già ricoperta della nuvola di fiori suscitata da Amore.
46. Un fiore si posava sul lembo della veste,
47. uno sulle trecce bionde,
48. che quasi oro fino (il colore dei capelli) e perle (i fiori bianchi che le si posavano
sopra);
49. sembravano quel giorno a vederle;
50. uno per terra e uno sulle acque;
51. uno volteggiando nell’aria trasportato dalla brezza
52. sembrava potesse essere capace per dire: “Qui regna Amore”.

53. Quante volte dissi


54. allora pieno di stupore a tale vista:
55. “Questa donna deve sicuramente proviene dal paradiso”.
56. Mi avevano a tal punto fatto dimenticare di tutto il resto,
57. il suo divino portamento,
58. il volto, le parole, il dolce sorriso,
59. e tanto avevano trasportato la mia vista
60. al di sopra della realtà del mondo,
61. che io sospirando ero capace di pronunciare le sole parole:
62. “Come sono arrivato qui, e quando?”,
63. credendo di essere giunto in paradiso, e non là dov’ero.
64. Da allora amo
65. quest’erba verdeggiante al punto da non trovare pace in nessun altro posto.

66. Canzone, se tu fossi bella e ornata quanto ambisci ad essere per descrivere ciò di
cui tu parli,
67. potresti impavida e senza vergogna
68. uscire da questa valletta boscosa e andare fra la gente, a farti conoscere ed
ascoltare.

Da un punto di vista contenutistico:


La canzone 126 rappresenta forse il componimento più celebre della raccolta dell’intero
Canzoniere , il poeta si rivolge ai luoghi che hanno accolto in passato la presenza di Laura , e ,
come affidando loro le proprie volontà testamentarie , sentendo vicina la morte , chiede di essere
sepolto appunto in quei luoghi , anche nella speranza che un giorno Laura stessa , tornandovi ,
possa essere presa infine da pietà alla vista della sua tomba.
Chiare, fresche et dolci acque è costruita sapientemente su una fusione tra i piani temporali che
rievocano il passato, idealizzano il presente e inseriscono elementi di immaginazione sul futuro. 
Ogni strofa è dedicata al tempo: la prima al passato , la seconda al futuro , la terza al passato , la
quarta al futuro e la quinta al passato , nel congedo c’è un accenno al presente.
La prima strofa è formalmente diretta a descrivere il locus amoenus( è un termine usato in
letteratura che si riferisce ad un luogo idealizzato e piacevole, in cui si svolge parte della trama)
in cui qui si incentra infatti il ricordo di Laura immersa nell’acqua, circondata dagli elementi
naturali, che il poeta chiama direttamente in causa attraverso le apostrofi ai vv.1-4-7-10. Ad essi
egli chiede udienza, come stesse redigendo un testamento, per le sue parole. La presenza di Laura,
mai nominata direttamente se non attraverso la perifrasi “colei che sola a me par donna” (v.3),
conferisce un’atmosfera di illuminazione quasi divina al luogo: il ramo diventa gentile,
l’aere diventa sacro; viceversa, le parti del corpo della donna si dissolvono nella natura, il bel
fianco, l’angelico seno diventano elementi incorporati nel quadro.
La seconda e la terza strofa, invece, si spostano sul vagheggiamento di una possibilità futura, una
vera e propria profezia o fantasticheria che il poeta pone sul proprio destino: egli chiede agli
elementi naturali di poter essere sepolto sulle rive del fiume così che Laura, di passaggio per
questo luogo, vedendo la tomba, apprenda della morte di lui e ne abbia compassione, pregando
per la sua anima e la sua salvezza. Questo aspetto funebre pone la questione del realismo del
componimento: Petrarca non è infatti prossimo alla morte nel momento in cui scrive questa
canzone, ma è fortemente presente nella lirica un senso di incombenza del trapasso (anche
le parole del v. 13 che chiudono la prima strofa sono “extreme”). Ciò tinge il componimento di una
sfumatura di sconforto, se non di disperazione.

Nella quarta e quinta strofa, infine, si approda al ritorno del passato suscitato dalle rive del fiume.
L’immagine di Laura coperta da una nuvola di fiori, che riprende la Beatrice dantesca nel Paradiso
terrestre (Purg. XXX) e conferisce alla rievocazione toni favolosi, con i petali che ondeggiano quasi
per incanto mossi da Amore, è propriamente un’ecfrasi, figura retorica di ascendenza latina che
inserisce un quadro all’interno del generale quadro poetico che fa da cornice. I toni vividi della
visione e poi del ricordo sono accentuati da Petrarca nella quinta strofa: il trionfo di laura proietta
la figura descritta in una dimensione angelica e divina che dà al poeta l’impressione di essere
traslato in cielo e dimentico del mondo che lo circonda, come testimoniano le parole in discorso
diretto, espresse attraverso delle prosopopee, che egli attribuisce a se stesso (“Costei per fermo
nacque in paradiso”;“Qui come venn’io, o quando?”: vv. 55-62).

La canzone è infine chiusa dai tre versi di congedo, che introducono l’intento metaletterario della
poesia petrarchesca nel Canzoniere. L’apostrofe non è più infatti rivolta al locus amoenus, ma alla
canzone stessa, che Petrarca incita ad andare per il mondo a farsi conoscere, trattando essa
argomenti nobili e quasi paradisiaci ed avendo acquisito elementi alti derivati dalla poesia classica
nonostante la scelta dell’utilizzo della lingua volgare da parte del poeta.

Stile: Chiare fresche et dolci acque è una canzone , si compone perciò di un numero
variabile di strofe dette stanze e una strofa finale detta di congedo, in cui il poeta si
rivolge direttamente al lettore o al componimento stesso, come accade nella nostra
lirica. Ogni stanza di una canzone si divide poi in due sezioni di versi identici detti
fronte e sirma, legati da un verso detto chiave o concatenatio. Nel caso del nostro
componimento, la canzone è divisa in 5 stanze di 13 versi , che seguono lo schema
rimico abCabC (fronte)-C-(chiave)-DeeDff (sirma). Il congedo ripete lo schema rimico
finale delle stanze in Dff.

A livello semantico, la lingua della poesia di Petrarca riflette in un certo senso le sue
immagini: stilizzate e quasi astratte queste, di conseguenza convenzionale e
stereotipata quella. Petrarca non avverte l’esigenza di conferire realismo per mezzo di
un lessico preciso e concreto, né quella di apportare originalità per mezzo di
artificiosità linguistiche. Le sue scelte lessicali sono improntate a criteri di rigorosa
selezione: soltanto alcuni termini possono rientrare nel nobile vocabolario della
poesia, e questo aspetto spiega l’impressione di piattezza e ripetitività che, in
contrapposizione all’esuberanza stilistica di Dante, la lirica petrarchesca può suscitare.
 A livello metrico e sintattico, canzone formata da cinque stanze di tredici versi ciascuna
(endecasillabi e settenari), con schema della rima abCabCcdeeDfF e un congedo il cui
schema riprende gli ultimi tre versi della sirma (DfF). La lingua presenta numerosi latinismi,
consueti nello stile petrarchesco, tra cui "et" (vv. 1, 7, 26 ecc.), "herba" (v. 7), "extreme" (v.
14), "gratia" (v. 17), "humile" (v. 44); alcune forme sono proprie della grafia del latino
medievale, come "fiancho" (v. 6), "anchor" (v. 27), "boscho" (v. 68). Il lessico non presenta
termini ricercati o preziosi, conformemente a tutta la lirica petrarchesca, e lo stile è
piuttosto fluido e musicale, anche grazie alla prevalenza di versi settenari (contrariamente
alla tradizione della poesia lirica e al modello della canzone dantesca. è fondamentale
rilevare l’intento nobilitante che muove Petrarca nei confronti della versificazione in lingua
volgare. Nel medioevo, la lingua che doveva essere utilizzata per trattare di argomenti che
avevano a che fare con il divino o la spiritualità era ancora il latino, ma Petrarca ebbe
l’enorme merito di importare nella lingua volgare allora nascente la complessità sintattica
della poesia classica, riscontrabile ad esempio nel frequente utilizzo di figure come
l’anastrofe (vv. 2-3: “le belle membra/ pose”; vv. 7-8: “la gonna/ leggiadra ricoverse”; v. 11:
“il cor m’aperse”; v. 16: “ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda”; vv. 17-18: “il meschino/
corpo fra voi ricopra”; v. 19: “torni l’alma”; v. 21: “questa spene porto”; v. 29: “torni la
fera”; v. 37: “mercé m’impetre”; vv. 64-65: “mi piace/ questa herba”). Anche alcune scelte
lessicali rimandano a tale ideale poetico, si pensi ai latinismi come “et” vv. 1-7-19-26-29-
32-38; o “extreme” v.13. Come parzialmente enunciato nel congedo della canzone, grazie a
questi elementi stilistici latineggianti, Chiare fresche et dolci acque poteva essere un
componimento che trattava argomenti semidivini come appunto l’apparizione di Laura
senza doversi “vergognare” del confronto con il pubblico.

Figure retoriche
 Anafore vv. 46-47 e 50-51: “qual… qual… qual”: il poeta descrive il quadro
seguendo la caduta leggera dei fiori sul corpo di Laura.
 Anastrofi vv. 2-3: “le belle membra/ pose”; vv. 7-8: “la gonna/ leggiadra
ricoverse”; v. 11: “il cor m’aperse”; v. 16: “ch’Amor quest’occhi lagrimando
chiuda”; vv. 17-18: “il meschino/ corpo fra voi ricopra”; v. 19: “torni l’alma”; v. 21:
“questa spene porto”; v. 29: “torni la fera”; v. 37: “mercé m’impetre”; vv. 64-65:
“mi piace/ questa herba”: le inversioni ritmiche creano musicalità e ritmo
conferendo andamento regolare all’endecasillabo petrarchesco.
 Antitesi v. 63: “in ciel, non là dov’era”: la figura contrappone la realtà del mondo
e la visione di Laura apparsa al poeta, la quale rappresenta qualcosa che va al
di là dell’umano.
 Apostrofi vv. 1-11: “acque… ramo… erba e fior… aere”: la poesia è formalmente
rivolta agli elementi naturali (lago, vegetazione e cielo) di cui si compone il
luogo paradisiaco in cui è avvenuto l’incontro con Laura; v. 66 “Se tu avessi
ornamenti quant’ài voglia”: la strofa finale cambia destinatario ed è rivolta dal
poeta alla canzone stessa.
 Endiadi v. 26: “la carne travagliata et l’ossa”: la coppia di elementi rafforza la
descrizione della materialità del corpo; v. 32: “disiosa et lieta”: gli aggettivi
descrivono la serenità dello sguardo di Laura.
 Enjambements vv. 7-8; vv. 17-18; vv. 59-60; vv. 67-68: la figura stilistica
contribuisce a creare ritmo regolare e versi assolutamente piani come vuole
l’ideale di poesia perseguito da Petrarca.
 Ellissi v. 41 “dolce ne la memoria”: Petrarca omette la parola “ricordo”, ossia ciò
che sta descrivendo in questa strofa; v. 47: “qual su le trecce” (ellissi di cadeva,
riferito ai fiori); v. 50: “qual su l’onde” (ellissi di si poseva); v. 66 “Se tu avessi
ornamenti quant’ài voglia”: ellissi del soggetto “canzone”, alla quale è indirizzata
l’apostrofe dell’ultima strofa.
 Enumerazione (per asindeto) vv. 1-11: “acque… ramo… erba e fior… aere”;: gli
elementi naturali del primo verso compongono un elenco che va a comporre il
quadro idilliaco come un mosaico nella strofa d’apertura; (per polisindeto) v. 58:
“il divin portamento / e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso”: la figura di Laura è
descritta attraverso l’elenco rallentato della parti corporee che compongono il
suo viso.
 Epifrasi vv.66-69 “Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,/ poresti arditamente/
uscir del boscho, et gir in fra la gente.”: l’ultima strofa conclude e ripete il senso
dell’intero componimento e conferisce inoltre significato metaletterario alla
lirica, essendo indirizzata alla canzone stessa appena composta dal poeta.
 Metafore v. 11: “il cor m’aperse”: la figura descrive la nascita dell’amore
nell’animo di Petrarca; v. 29: “la fera bella et mansueta”: Laura è paragonata a
un animale dei boschi, leggiadro e bellissimo; vv. 46-48: “le trecce bionde,/
ch’oro forbito et perle/ eran”: i fiori che cadono sui capelli di Laura e i capelli
stessi della ragazza prendono l’aspetto di pietre preziose.
 Paronomasia vv. 33-34: “pieta… pietre”: la figura di suono accosta il dolore che
si prova di fronte alla morte di una persona cara e le pietre (tra le quali il poeta
immagina di essere sepolto), che rimandano alle lapidi dei cimiteri.
 Perifrasi v. 3: “colei che sola a me par donna”: Laura, soggetto principale
dell’intero Canzoniere, non è mai nominata nel componimento.
 Personificazione vv. 11-16-35“Amor”: v. 52 “parea dir: Qui regna Amore” il
sentimento del poeta è ritratto come un vero e proprio personaggio, di
rimando a Cupido;; vv. 66-68: “se tu avessi… gente”: il componimento è
chiamato in causa come interlocutore diretto del poeta che l’ha composto.
 Prosopopea v. 51 “Qui regna Amore”; v. 55 “Costei per fermo nacque in
paradiso”; v. 62 “Qui come venn’io, o quando?”: Petrarca inserisce nel discorso
poetico e nel ricordo frasi in discorso diretto (pronunciate da se stesso o da uno
dei fiori che cadono su Laura) e conferisce immediatezza e presenza alla visione
della donna.
 Sinestesia v. 1: “chiare, fresche et dolci acque”: le acque del fiume o lago sulle
cui rive Laura sta seduta sono dolci come lo è il ricordo dell’immagine nel cuore
di Petrarca.
 Zeugma vv.41-42 “(dolce ne la memoria) / una pioggia di fior [..]”: l’aggettivo
dolce in questi versi è riferito sia al soggetto (in ellissi) “ricordo” sia alla
leggerezza della caduta dei fiori su Laura.

Sequenze narrative:

Confronti
Il rapporto amoroso che Petrarca descrive in Chiare, fresche et dolci acque nei confronti di Laura
non è costante nel Canzoniere. Se nella nostra canzone l’immagine della donna sulla riva del fiume
è un’autentica visione immaginifica e il poeta arriva a fantasticare sulla preghiera che essa
rivolgerà per lui al cielo compiangendo la sua morte, in altrettanto componimenti all’interno della
raccolta l’autore descrive l’incredibile sofferenza che l’amore per la donna amata gli causa. Si pensi
ad alcuni versi del sonetto Solo et pensoso:

12. Pascomi di dolor, piangendo rido;


13. egualmente mi spiace morte et vita:
14. in questo stato son, donna, per voi.

(Mi nutro di dolore, sono contento di piangere; / mi sono insopportabili allo stesso modo sia la vita
che la morte: / Laura, sono in questo stato per causa tua.)

1. Solo et pensoso i più deserti campi


2. vo mesurando a passi tardi et lenti,
3. et gli occhi porto per fuggire intenti
4. ove vestigio human la rena stampi. […]
12. Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
13. cercar non so, ch’Amor non venga sempre
14. ragionando con meco, et io co·llui.

(Solo e pensieroso i più deserti campi / percorro a passo lento / e tengo gli occhi attenti affinché io
possa fuggire / i luoghi segnati da piede umano. […] Ma tuttavia vie così impervie e solitarie / non
so cercare, che Amore non venga sempre / a parlare con me ed io con lui.”)

Vediamo che Amore, il sentimento che Petrarca stilisticamente personifica ispirandosi alla
mitologia latina, per il poeta è un autentico demone che nutre e allo stesso tempo tormenta,
lasciandolo in uno stato a metà tra la vita e la morte e non abbandonandolo nemmeno quando
egli, malinconicamente, cerca di fuggire il più lontano possibile dalla vita e dal mondo dei propri
simili. La visione salvifica della donna che invece vediamo in Chiare, fresche et dolci acque, nella
quale viene descritto sostanzialmente il primo incontro con Laura, sembra accostare la figura
femminile a quella tipicamente dantesca e stilnovista. le tematiche dantesche rimandano le
preghiere che Petrarca spera la donna rivolgerà per lui al cielo scoprendo la sua tomba.
Nella Commedia è infatti Beatrice a intercedere presso la Giustizia Divina e consentire a Dante di
intraprendere il viaggio da vivo nei tre regni ultraterreni.

Nella canzone, Laura viene sublimata e la sua figura ci appare quasi irreale; qui infatti il poeta
rievoca con dolcezza l’amata, che assume i tratti di una bellezza fuori dal tempo.
Questa visione è molto diversa anche da quella di altri componimenti ( “Erano i capei d'oro a
l'aura sparsi”), in cui la figura femminile è sì descritta in tutta la sua bellezza, ma con malinconia e
tristezza per il tempo che ha sfiorito e sbiadito l’immagine di Laura.

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