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“Inno alla Bellezza Intellettuale”

L’Ombra terribile di un Potere Occulto

Invisibile fluttua in mezzo a noi

Il nostro vario mondo visitando

Con ala disuguale come vento

D’estate che da fiore a fiore sfila.

Visita nel cuore e nel sembiante

D’ogni essere umano variamente,

come pioggia di luna che diluvia

dietro una vetta coperta di pini;

come i colori e le dolci armonie

crepuscolari; come nubi sparse

nella luce diffusa delle stelle;

come ricordo di una melodia;

come quello che può per la sua grazia

Essere caro, è più pel suo mistero.

II

Spirito di Bellezza, che consacri

Coi tuoi colori ogni umano pensiero

O umana forma che da te s’irradi

Dove sei mai? Perché ti dilegui

E lasci questa nostra vita, questa

Valle di pianto smisurata e cupa,

desolata e vuota? Chiedi: perché

non sempre il sole intesse arcobaleni

laggiù, sui monti, dove scorre il fiume?

Perché sfiorisce e muore ciò che ha vita?

Perché gettano il sogno e la paura

La nascita e la morte, sulla luce

Di questa Terra un’ombra così lugubre?


Perché l’amore, l’odio, la speranza,

L’angoscia sono dati in sorte all’uomo?

III

Queste risposte mai nessuna voce

Da più sublime mondo diede a un saggio

O a un Poeta? E i nomi di demonio,

spirito, cielo, restano a ricordo

del loro sforzo vano, sortilegi

senza Potere, il cui cantato verso

non basta a discernere dalle cose

che vediamo e sentiamo, il dubbio, il caso

e il mutamento. La tua luce sola,

come nebbia che sale alla montagna,

o musica che il vento della notte

sveglia dal sonno in tacito strumento,

o a mezzanotte sopra un rivo d’acqua

luna piena dà grazie e verità

al sogno inquieto della nostra vita.

IV

Nubi che vengono e vanno con l’Amore,

l’orgoglio e la speranza, e ci son dati

per qualche istante privo di certezza.

Immortale sarebbe, e onnipotente,

l’uomo, se tu, sia pure sconosciuto

e terribile, avessi ferma stanza,

con tua corte di gloria nel suo cuore.

O messaggero delle simpatie

Che negli sguardi degli innamorati

Crescono e calano, tu, che l’umano

Pensiero nutri, come fa la tenebra

Col fuoco moribondo non svanire

Quando si mostra l’immagine tua,


perché non sia la tomba tenebrosa

realtà, come la vita e la paura.

Fanciullo ancora cercavo gli spiriti

E mi aggirano nei tesi silenzi

di camere, di grotte, di rovine

e per i boschi al lume delle stelle

inseguendo con passi timorosi

speranze di colloqui con i morti.

Ed invocavo i velenosi nomi

Che nutrono la nostra giovinezza;

non fui udito, né li vidi, quando

nella dolce stagione in cui l’amore

dai venti gioca con tutte le cose

viventi, che si destano a portare

nuove di uccelli e fiori, all’improvviso,

nel meditare sul destino umano,

la possente ombra tua mi folgorò:

gridai e in estasi giunsi le mani!

VI

Giurai – e il giuramento ho mantenuto –

Di dedicare tutto il mio potere

a te e ai tuoi. Con occhi lacrimosi

E il cuore che mi batte, chiamo ancora,

ciascuno dalla propria muta tomba,

gli spettri di mille ore: esse hanno vinto,

con me vegliando, la notte invidiosa

nei fatati rifugi dell’impegno

intellettuale e della voluttà

d’Amore; e sanno che nessuna gioia

illuminò il mio viso che non fosse


legata alla speranza che dalla tetra

schiavitù questo mondo libererai,

terribile BELLEZZA, e ci darai

tutto ciò che è impossibile al mio dire.

VII

Il giorno più solenne e più sereno

Diventa dopo l’ora meridiana:

c’è nell’autunno una tale armonia

ed un tale splendore nel suo cielo,

che in estate quasi non potessero

esistere, o non fossero stati

mai uditi né visti.

Così il suo potere, che sulla mia sofferta

giovinezza discese, come il velo di natura,

possa dar la pace al mio futuro,

a chi ti adora e adora ogni tua forma,

e tu costringi, SPIRITO gentile,

a temere sé stesso e a consacrare

a tutti gli uomini tutto il suo Cuore.

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