Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1. Introduzione
Un metodo di analisi energetica ormai ampiamente condiviso è quello che consiste nel partire dagli
usi finali dell’energia connessi alle funzioni insediate (riscaldare ambienti, raffrescarli, illuminarli,
muovere ascensori … ), classificarli in base alla qualità dell’energia necessaria a soddisfarli, e
verificare, relativamente ad ogni utilizzo, se la forma di energia effettivamente impiegata è
adeguata o se invece si trova ad essere degradata in quanto di qualità superiore a quella
necessaria.
Tipicamente è uno spreco utilizzare energia ad alta temperatura, quale quella fornita dalla
combustione, o l’energia elettrica per il riscaldamento di ambienti; utilizzo per il quale sarebbe
sufficiente calore a bassa temperatura. In questi casi l’exergia richiesta è molto minore di quella
impiegata ed il rendimento exergetico è molto basso.
Lo scopo dell’analisi è ovviamente quello di individuare gli sprechi per poi eliminarli, in modo da
minimizzare l’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili, ed il conseguente impatto ambientale, ma
sarebbe egualmente uno spreco utilizzare ad esempio energia elettrica di origine fotovoltaica per
riscaldare ambienti.
Nel bilancio energetico nazionale italiano gli usi finali a bassa temperatura non sono affatto
trascurabili da un punto di vista quantitativo, all’inizio degli anni ottanta dello scorso secolo essi
costituivano circa il 32% del totale. Più esattamente i soli usi finali cosiddetti “domestici”, per la
quasi totalità a bassa temperatura, costituivano un circa quarto della domanda totale di energia
primaria, ad essi andavano aggiunti gli usi terziari ed industriali sempre a bassa temperatura.
L’analisi che parte dagli usi finali è un approccio esattamente contrario a quello che viene utilizzato
quando ci si pone semplicemente il problema di sostituire una fonte energetica con un’altra, ad
esempio il petrolio con l’energia elettrica di origine nucleare. In questo caso, dopo aver riscontrato
che la forma di energia ottenuta è pregiata, si cerca di adeguarla a tutti gli usi finali, degradandola
nella maggior parte dei casi.
È bene precisare che l’adeguamento delle forme di energia disponibili agli utilizzi finali più idonei è
detto razionalizzazione, ed il suo scopo è la conservazione della qualità dell’energia, che si traduce
generalmente in una minor domanda di energia primaria in particolare da fonti non rinnovabili / di
energia primaria, ovvero così come fornita dal combustibile, suo potere calorifico.
Con il termine risparmio si intende invece una compressione degli usi finali, come: ridurre la
temperatura interna degli edifici, utilizzare meno acqua calda, spostarsi di meno. Nel termine
risparmio è insita l’idea di sacrificio, e di rallentamento dell’economia.
Studiando il secondo principio della termodinamica si è visto come in tutti i processi naturali si
verifichi un degrado dell’energia, degrado che viene quantificato dall’aumento di entropia dei
sistemi coinvolti. Concretamente questo degrado comporta una diminuzione della trasformabilità
dell’energia termica in lavoro meccanico.
Per questo le trasformazioni reali sono irreversibili: una volta che un ciclo motore ha convertito
energia termica ad alta temperatura in energia meccanica ed energia termica a temperatura più
bassa (calore di scarto), non si può ripercorrere la trasformazione in senso inverso e riottenere la
stessa quantità di energia termica alla stessa temperatura da cui si era partiti.
Le principali cause di irreversibilità sono costituite dagli attriti e dagli scambi termici che avvengono
sotto l’effetto di differenze di temperatura non infinitesime.
Nell’analisi delle trasformazioni che avvengono entro sistemi energetici complessi è
particolarmente utile introdurre una nuova grandezza che rappresenti appunto l’entità del lavoro
meccanico ottenibile da una data quantità di energia, che serva a misurarla
Si tratta della funzione termodinamica denominata exergia. In ogni processo naturale, irreversibile
il suo valore tenderà a diminuire.
r •
• ∑Q k
Qa k =1
n • n •
∑ mi ∑ mi
i =1 i =1
•
e L u
Figura 1.
In riferimento ad un sistema con deflusso essa è definibile analiticamente nel modo di seguito
descritto.
Si consideri un sistema termodinamico come quello schematizzato in figura 1, esso opera in
regime stazionario, è percorso da n correnti di fluidi indipendenti ognuno con portata m &i, e
scambia calore con r sorgenti oltreché con l’ambiente.
Le condizioni del fluido i-esimo in entrata ed in uscita sono definite rispettivamente da:
• entalpia hie, hi u
• entropia s ie, s iu
ω ie2 ω iu2
• energia cinetica ,
2 2
• energia potenziale rispetto ad una quota di riferimento gz ie, gz iu
•
Contemporaneamente
• •
il• sistema
•
scambia la potenza termica Q a con l’ambiente a temperatura T a ,
e le potenze Q1 , Q2 , Q 3 … Qr con le sorgenti a temperatura T1 , T2 , T 3 … Tr.
•
Il sistema scambia anche globalmente la potenza meccanica L con l’ambiente.
Pertanto in base al primo principio della termodinamica si può scrivere il seguente bilancio di
energia del sistema aperto in esame:
• r • n • n • ω iu2 − ω ie2 n • •
Qa + ∑ Qk = ∑ m i ⋅ (hiu − h ie ) + ∑ m i ⋅
∑
+ m i ⋅ g ⋅ ( z iu − z ie )+ L [W] (1)
k =1 i =1 i =1 2 i=1
• •
n • Qa r
Qk •
•
in cui il termine ∆ S irr rappresenta la variazione di entropia del sistema dovuta ai fenomeni di
irreversibilità, o meglio, essendo l’equazione scritta in termini di potenza (tutti i termini risultano da
una divisione per l’intervallo di tempo), rappresenta la variazione di entropia nell’unità di tempo, la
velocità di variazione dell’entropia.
Moltiplicando ambo i membri della (2) per Ta e sommandola membro a membro alla (1) si ottiene
dapprima:
n • • r •
∑ m ⋅ (s i iu − s ie ) ⋅ Ta + Qa + ∑ Qk =
i =1 k =1
• •
Qa r
Qk • n • n •
ω 2 − ω ie2 n • •
⋅ Ta + ∑ ⋅ Ta + ∆ S irr ⋅ Ta ∑ m i ⋅ (hiu − hie ) + ∑ m i ⋅ iu + ∑ m i ⋅ g ⋅ (z iu − z ie )+ L
Ta k =1 Tk i =1 i =1 2 i=1
quindi:
• • r
T
L = ∑ Q k ⋅ 1 − a +
k =1 Tk
(3)
n • ω −ω
n • 2 2
n • •
+ ∑ m i ⋅ (hie − hiu − Ta ⋅ ( sie − siu )) + ∑ m i ⋅ ie iu
+ ∑ m i ⋅ g ⋅ ( z ie − z iu )− ∆ S irr ⋅ Ta
i =1 i =1 2 i=1
•
in assenza di effetti dissipativi, rappresentati dal termine ∆ S irr ⋅ T , la (3) consente di calcolare la
potenza meccanica massima ottenibile dai flussi termici scambiati e dalla differenza tra le
condizioni di ingresso ed uscita dei fluidi.
Si ipotizzi per semplicità che il sistema sopradescritto scambi calore con una sola sorgente a
temperatura T1, oltreché con l’ambiente, e che sia attraversato da una sola corrente fluida.
Riferendo il bilancio all’unità di portata massica del fluido in transito, dividendo cioè per l’unica
•
portata m la precedente equazione, si avrà che il lavoro utile specifico ottenibile sarà:
T ω 2 − ω u2
l = q1 ⋅ 1 − a + he − hu − T a ⋅ (s e − su ) + e + g ⋅ (z e − z u )− ∆s irr ⋅ Ta (4)
T1 2
Facendo un confronto con l’equazione del primo principio si nota che qui, mentre le variazioni di
energia cinetica e potenziale sono considerate per intero, non vengono cioè penalizzate, la
quantità di calore q1 scambiato con la sorgente a T1 viene ridotta dalla moltiplicazione per una
quantità minore di uno, e la variazione di entalpia ( he − hu ) viene diminuita dalla sottrazione del
termine Ta ⋅ (se − su ) , che rappresenta una quantità di calore.
Per analizzare il significato di queste due penalizzazioni si assuma che il processo sia reversibile,
pertanto ∆s irr ⋅ Ta = 0 , e si considerino separatamente i due seguenti casi.
1° caso: il processo sia ciclico, dunque i valori di tutti i parametri termodinamici non variano tra
ingresso e uscita:
∆h = 0 , ∆s = 0 , ∆E c = 0 , ∆E p = 0 ,
e la (4) si riduce a:
T
l = q1 ⋅ 1 − a (5)
T1
e l’unico termine che compare al secondo membro della (5) è detto exergia della quantità di
calore scambiata q1 disponibile alla temperatura T1. Essa è definibile come il lavoro massimo
ottenibile da una macchina che realizza un ciclo reversibile diretto come il ciclo di Carnot, o come il
lavoro minimo che si può spendere in un ciclo inverso, sempre reversibile, i quali cicli scambino la
quantità di calore q1 con una sorgente a temperatura T1 oltrechè con l’ambiente a temperatura Ta.
Ta
Il termine 1 − è detto fattore di Carnot
T1
Ta
Se la (5) fornisce il valore dell’exergia, la quantità q1 ⋅ che viene sottratta a q1 è detta anergia e
T1
rappresenta la quantità di calore che non si trasforma in lavoro.
2° caso: nel processo vi è scambio di calore soltanto con l’ambiente a temperatura Ta per cui q1=0.
La (4) si riduce a:
ω 2 − ω u2
l = he − hu − T a ⋅ (s e − su ) + e + g ⋅ (z e − zu ) (6)
2
e = h − h a − T a ⋅ (s − sa ) (7)
e rappresenta il lavoro massimo ottenibile o il lavoro minimo spendibile facendo passare il sistema
dallo stato generico in cui si trova allo stato neutro mediante un processo continuo, con deflusso,
reversibile, in cui il sistema scambia calore soltanto con l’ambiente a temperatura Ta. Esso è il
lavoro prodotto dalla variazione dello stato termodinamico del sistema, dei suoi parametri di stato,
in particolare: temperatura, pressione e volume.
Si parla ovviamente di lavoro ottenibile se la T del sistema è maggiore di Ta e di lavoro spendibile
in caso contrario. Se T = Ta allora il lavoro in questione è nullo.
Si ipotizzi ad esempio che il sistema si trovi in uno stato generico 1 a temperatura T > Ta ed a
pressione p = pa. Come rappresentato in figura 2. per portare il sistema dallo stato 1 allo stato
neutro si può ad esempio seguire la isoentropica 1-2 quindi la isoterma reversibile 2-a. per il primo
principio si avrà rispettivamente nelle due trasformazioni:
q = 0 == h 2 − h1 + l12
q = T a ⋅ (s a − s 2 ) = h a − h 2 + l 2 a
la stessa valutazione può essere condotta esaminando una trasformazione isobara reversibile alla
pressione pa dallo stato 1 allo stato neutro a.
Lungo tale trasformazione il fluido cederà istante per istante la quantità infinitesima di calore dq ad
una temperatura T, compresa tra T1 e Ta, ad un sistema che opera secondo un ciclo di Carnot tra
le temperature T e Ta.
Per ogni ciclo di Carnot infinitesimo si potrà scrivere:
T
d l = dq ⋅ 1 − a
T
a a dq
l= ∫1
dq − Ta ∫
1 T
(8)
trattandosi di una trasformazione isobara di un sistema con deflusso, il lavoro utile sarà nullo e
dall’equazione del primo principio si avrà:
h1 − ha = ∫ dq = q
a
ricordando che
dq
ds =
T
l = h1 − ha − Ta ⋅ ( s1 − s a )
pa
T
Exergia
a 2
Ta
Anergia
B C
s
sa S1
Figura 2.
Nel diagramma di Figura 2 l’area Ba1C rappresenta il calore totale q ceduto dal fluido durante la
trasformazione isobara reversibile, l’area 12a al di sopra dell’isoterma a Ta rappresenta l’exergia,
ovvero la parte di esso trasformabile in lavoro, mentre l’area Ba2C al di sotto dell’isoterma
rappresenta l’anergia.
Tornando all’equazione del primo principio riferita all’unità di portata massica del fluido che
attraversa un sistema aperto
ω 22 − ω12
q = h2 − h1 + l + + g ⋅ ( z 2 − z1 ) (9)
2
È evidente la somiglianza formale con l’equazione dell’exergia (4), nelle stesse ipotesi
semplificative: unica corrente fluida e scambio con una sola sorgente oltrechè con l’ambiente.
Indicando con 1 e 2 gli stati termodinamici nelle sezioni di ingresso ed uscita e tenendo conto della
definizione dell’exergia (7), la (4) può essere scritta nella seguente forma (portando q al primo
membro):
T ω 2 − ω 12
q ⋅ 1 − a = e2 − e1 + l + 2 + g ⋅ (z 2 − z1 )+ Ta ⋅ ∆sirr (10)
T1 2
Mentre il primo principio stabilisce l’eguaglianza metrologica tra le varie forme di energia, in tal
caso calore e lavoro, quest’ultima equazione stabilisce l’eguaglianza operativa tra le varie forme di
energia sulla base del secondo principio. Si tratta di un’eguaglianza tra le rispettive quantità di
exergia.
Nella (10) come nella (9) compaiono il lavoro meccanico, le energie cinetica e potenziale, che
costituiscono exergia pura, ma al posto della quantità di calore q scambiata con l’unica sorgente
T
compare il termine q ⋅ 1 − a , che rappresenta la frazione di q trasformabile in energia meccanica
T 1
mediante il fattore di Carnot, dunque l’exergia di q, ed al posto della variazione di entalpia ∆h
compare la variazione di exergia di sistema ∆e :
∆e = ∆h − Ta ⋅ ∆s = h2 − h1 − Ta ⋅ (s 2 − s1 )
che rappresenta l’exergia di ∆h , ovvero il lavoro meccanico ottenibile dalla variazione entalpica
del sistema (dell’unità di massa fluente) dalla variazione dello stato termodinamico di esso,
rappresentato in particolare dalle grandezze pressione, volume e temperatura (vedasi definizione
di entalpia).
Mentre l’equazione del primo principio afferma la conservazione dell’energia, la (10) afferma che in
tutti i processi naturali, nei quali non è eliminabile il termine Ta ⋅ ∆sirr che rappresenta i fenomeni di
irreversibilità, vi è sempre una perdita di exergia o una sua trasformazione in anergia, perdita che
fornisce una misura del degrado dell’energia, della riduzione della sua trasformabilità in lavoro
meccanico.
Dal punto di vista exergetico il primo ed il secondo principio della termodinamica possono essere
riformulati come segue:
o 1° principio: in ogni processo la somma dell’exergia e dell’anergia resta costante,
o 2° principio: in ogni processo reversibile l’exergia resta costante, mentre in ogni processo
irreversibile una parte dell’exergia si trasforma in anergia, e quest’ultima non può essere
convertita in exergia.
Nell’analisi dei processi è utile introdurre, ai fini della valutazione della loro efficienza, il
rendimento exergetico. Esso è definito come il rapporto tra l’exergia ottenuta e l’exergia spesa:
eottenuta
ηex =
espesa
è utile anche valutare la perdita di exergia, definita come differenza tra exergia spesa ed exergia
ottenuta:
∆e = e spesa − eottenuta
P1
T
P2
2’ 2
Ta
A’ B’
A B s
Ta
T1
T2
disponibile).
Figura 4.
• • • •
L = E1 − E 2 − ∆ S irr = 0
• T • T •
Q ⋅ 1 − a − Q ⋅ 1 − a − ∆ S irr = 0 ,
T1 T2
•
da questa equazione si vede che il termine ∆ S irr , che rappresenta la produzione di entropia
da irreversibilità (dovuta cioè allo scambio termico con ∆t finito) è pari alla differenza di
exergia tra i due fluidi, o, nel caso di un solo fluido che entra a T1 ed esce a T2, alla variazione
di exergia di questo.
Ta
1 −
Si avranno quindi: rendimento exergetico: ηex =
T2
Ta
1 −
T1
• • • • T • T • T −T
perdita di exergia: ∆ E = E 1 − E 2 = Q ⋅ 1 − a − Q ⋅ 1 − a = Ta ⋅ Q ⋅ 1 2
T1 T 2 ⋅
1 2
T T
Si noti che, se lo scambio termico fosse reversibile, ovvero se avvenisse per effetto di una
differenza di temperatura infinitesima, allora T1 e T2 sarebbero praticamente uguali, in tal caso
sarebbero uguali anche e1 ed e2, il rendimento exergetico •
avrebbe valore unitario, la
trasformazione sarebbe reversibile, gli effetti dissipativi nulli ( ∆ S irr = 0 ).
Si riportano alcuni esempi di calcolo del rendimento exergetico di trasformazioni che riguardano gli
insediamenti urbani, al fine di evidenziare il degrado energetico che si verifica negli usi impropri.
2.4.1 Produzione di energia elettrica. Si consideri un ciclo Rankine a vapore surriscaldato per la
produzione di energia elettrica.
Se si esamina il ciclo termodinamico in sé si osserva che il fluido che lo percorre:
- scambia la quantità di calore Q1 con i fumi del combustibile nel generatore di vapore,
- cede all’ambiente esterno la quantità di calore Q2 nel condensatore,
- espandendosi nella turbina cede all’ambiente il lavoro meccanico L che muoverà l’alternatore,
- riceve una quantità di lavoro dall’ambiente nella pompa di circolazione.
A prima vista, prescindendo dalle irreversibilità, il rendimento exergetico potrebbe risultare quasi
unitario, perché: il lavoro prodotto è exergia pura, il calore di scarto è considerabile pressoché
totalmente anergia, in quanto a temperatura prossima a quella dell’ambiente, e l’exergia del calore
assorbito è pari al lavoro prodotto
eottenuta ⋅L ⋅L
ηex = = = =1
e spesa T L
Q1 ⋅ 1 − a
T1
Innanzitutto per produrre il vapore surriscaldato a circa 500 °C, non basta fornire calore a tale
temperatura, perché lo scambio termico non è reversibile, non avviene per effetto di una differenza
di temperatura infinitesima. Bisogna pertanto bruciare del combustibile ad una temperatura ben
superiore ai 500 °C e lo scambio termico avverrà nel generatore di vapore tra i fumi di
combustione ed il fluido che percorre il ciclo (acqua) dapprima in fase liquida, poi in fase di vapore
saturo umido, poi secco, infine surriscaldato.
Dunque, partendo dall’exergia del combustibile, che si può far coincidere con il suo potere
calorifico inferiore Hi, si incontra dapprima una irreversibilità connessa alla combustione, quindi
una irreversibilità connessa allo scambio termico sotto l’effetto di una differenza di temperatura
finita. Queste costituiscono le principali penalizzazioni del rendimento exergetico del processo
La figura 6 riporta gli andamenti dei flussi di exergia e di energia secondo la rappresentazione di
Sankey.
Le perdite di exergia connesse alla combustione adiabatica sono rilevanti (32,1% dell’exergia del
combustibile) a causa innanzitutto delle irreversibilità di tipo chimico (disequilibrio chimico dei
reagenti in miscela), pur assumendo che la combustione sia completa (niente perdite da
incombusti). La perdita relativa di exergia, riferita all’exergia specifica iniziale del combustibile ec , è
data da:
ec − m ∗f ⋅ e1 f
Π1 =
ec
Figura 6 (fonte[1]).
∗
dove m f ⋅ e1 f rappresenta l’exergia della massa di fumi prodotta dalla combustione completa
dell’unità di massa del combustibile alla temperatura di combustione adiabatica t1 f .
Dal punto di vista energetico invece tale processo di combustione può essere considerato esente
da perdite, in quanto adiabatico verso l’esterno.
Lo scambio termico tra i fumi di combustione e l’acqua, o il vapore saturo umido, nel generatore di
vapore, è assunto anch’esso come adiabatico verso l’ambiente esterno. Pertanto la perdita di
energia è minima. La perdita di exergia dovuta alla elevata differenza di temperatura tra i due fluidi
è invece rilevante (29,7%) e può essere così calcolata
∗
Dove m f e m ∗v rappresentano sempre le portate di fumi e di vapore relative all’unità di massa del
combustibile, mentre e1 ed e2 sono i valori dell’exergia specifica del fluido evolvente (acqua)
all’ingresso ed all’uscita della caldaia (generatore di vapore), ed e2f è l’exergia specifica dei fumi
all’uscita della caldaia (vedasi fig. 5).
Nello scarico dei fumi al camino la perdita di exergia è costituita dal contenuto exergetico dei fumi.
Sempre in termini relativi all’exergia del combustibile risulta essere:
m∗f ⋅ e 2 f
Π3 =
ec
trattandosi di energia di bassa qualità, la perdita exergetica è meno rilevante della perdita in
termini di energia, che è data da:
m∗v ⋅ (h2 f − h0 f )
Ψ3 =
Hi
come si può osservare in figura dal punto di vista energetico questa perdita è la più rilevante (più
dei due terzi del potere calorifico del combustibile) ma dal punto di vista exergetico conta molto
meno perché si tratta di energia di scarsa qualità, in quanto già molto degradata nelle
trasformazioni precedenti, che l’hanno portata ad una temperatura molto prossima a quella
dell’ambiente esterno.
Va detto che dal punto di vista pratico il rilascio di calore di scarto nell’ambiente da parte del
condensatore comporta praticamente sempre fenomeni di inquinamento termico, a meno che non
siano assunti particolari accorgimenti. Questo perché una differenza di temperatura finita esiste
(altrimenti non si riuscirebbe a realizzare lo scambio termico), e gli ecosistem i coinvolti sono
spesso sensibili a variazioni anche apparentemente modeste di temperatura (dell’ordine del grado
o del mezzo grado centigrado).
Nel bilancio illustrato non si sono considerati: l’energia meccanica necessaria al pompaggio, le
perdite meccaniche in turbina il rendimento del generatore elettrico ed il consumo delle
apparecchiature ausiliarie della centrale (autoconsumo della stessa). Tutte voci che penalizzano i
rendimenti energetico ed exergetico del processo. Entrambi i rendimenti così calcolati si aggirano
su valori del 30%, questo dovrebbe chiarire l’idea di quanto l’energia elettrica sia una forma
“pregiata” di energia.
2.4.2 Riscaldamento di ambienti con combustibile convenzionale. Si è già visto come gli
scambi termici che avvengono sotto l’effetto di una differenza di temperatura finita comportino una
produzione di entropia che penalizza l’exergia dei sistemi termodinamici coinvolti. Tale
penalizzazione è tanto maggiore quanto maggiore è la differenza di temperatura, in questo caso la
differenza tra la temperatura richiesta dall’uso finale e quella della sorgente termica impiegata.
Nel caso di riscaldamento ad acqua (impianti a termosifone) la temperatura cui deve essere
portata l’acqua è di circa 80 °C (353,15 K), mentre la temperatura fornita in caldaia dai prodotti
della combustione di un combustibile fossile è dell’ordine dei 900 °C (1173,15 K), si può assumere
approssimativamente che lo scambio avvenga tra due fluidi a temperatura costante di 900 e 75 °C
(348,15 K), essendo quest’ultima la temperatura intermedia dell’acqua in caldaia, che entra a 70
°C (temperatura di ritorno dai radiatori) ed esce ad 80 °C. Pertanto (vedasi paragrafo 2.3 al punto
B) il rendimento exergetico sarà:
Ta 293,15
1 − 1 −
ηex = = 348,15 = 0,1579 = 0,21
T2
Ta 293,15 0,7501
1 − 1 −
T1 1173,15
come si vede questo rendimento è abbastanza diverso dal rendimento puramente energetico della
caldaia che normalmente supera il valore di 0,85.
2.4.3 Riscaldamento di ambienti con calore recuperato. Se invece si riesce a svolgere la
stessa operazione, scaldare l’acqua del circuito domestico a termosifone sfruttando il calore di
scarto di un altro processo, quale ad esempio quello per la produzione di energia elettrica prima
visto, il rendimento exergetico cambia sensibilmente. In genere il calore di scarto in questione può
essere reso disponibile alle utenze domestiche sotto forma di acqua surriscaldata a circa 150 °C, o
anche meno, pertanto il rendimento exergetico diventa:
Ta 293,15
1 − 1 −
ηex = = 348,15 = 0,1579 = 0,5139
T2
Ta 293,15 0,3072
1 − 1 −
T1 423,15
2.4.4 Riscaldamento elettrico di ambienti. Come anzidetto, dal punto di vista degli usi finali,
l’energia elettrica è assimilata al calore ad alta temperatura, sia perché la sua produzione per via
termoelettrica, attualmente dominante, richiede alte temperature, sia perché con l’energia elettrica
si possono ottenere lavoro meccanico ed alte temperature di utilizzo, si pensi ai forni metallurgici
(sui 1200 °C) od ai filamenti delle lampade (sui 2500 °C). Pertanto lo stesso degrado energetico
che si è visto nel caso dell’utilizzo di combustibili si verifica anche nel caso di impiego di energia
elettrica per riscaldamento domestico. Ipotizzando che lo scambio termico avvenga all’interno di un
ventilconvettore tra una resistenza elettrica alla temperatura di 500 °C (773,15 K) e l’aria ad una
temperatura intermedia tra ingresso ed uscita di 30 °C (303,15 K) il rendimento exergetico dello
scambio termico sarà:
Ta 293,15
1 − 1 −
ηex = = 303,15 = 0,032 = 0,084
T2
Ta 293,15 0,379
1 − 1 −
T1 773,15
dunque un valore inferiore all’10%, ovvero un pressoché totale degrado dell’energia. È bene
ricordare che il corrispondente rendimento energetico è invece quasi unitario, perché la resistenza
elettrica cede unicamente all’aria il suo calore, non ci sono perdite al camino o verso altre sorgenti.
Se poi consideriamo l’intero processo che comprende anche la produzione di energia elettrica il cui
rendimento energetico si è visto essere del 30% circa, allora il rendimento totale sarà:
È evidente lo spreco connesso questo utilizzo dell’energia elettrica, che può trovare giustificazione
solo in casi molto particolari, in cui sia impossibile provvedere in altro modo
Bibliografia
[2] Commoner Barry. La povertà del potere, crisi ambientale, crisi energetica, crisi economica: tre
aspetti di un'unica crisi.. Milano : Garzanti (1976). 307 p. Traduzione di: The poverty of power di E.
Vinassa de Regny.. - BNI IT 778572
[2] Commoner Barry. La politica dell'energia. Milano. Garzanti (1980). 235 p. Traduzione di: The
politics of energy di Domenico Garelli.. - BNI IT 82-289