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Benedetti – CISM 2005 - 1-

Consolidamento di fondazioni
CISM, 25 febbraio 2005
note redatte da A. Benedetti per il corso di
tecniche di Analisi, Consolidamento, Rinforzo e Miglioramento Sismico di Edifici Storici

1. Analisi dello stato di efficienza di fondazioni


Lo stato di efficienza di sistemi di fondazione di edifici storici in muratura o di edifici moderni in
calcestruzzo risulta fortemente influenzato dalla stabilità del terreno di fondazione. Come è ben
noto la presenza di edifici contigui nei quali possono essere avviati lavori di manutenzione o
ampliamento, la presenza di alberi di grosso fusto, eventuali dissesti dei sistemi fognari,
scivolamenti dei versanti e frane, possono in diverso grado penalizzare la statica di una costruzione
attraverso azioni distorsionali che vengono trasmesse dalle fondazioni a contatto con il terreno.
Il raggiungimento di un equilibrio è generalmente caratterizzato da un percorso lungo nel quale vari
tipi di dissesti come lesioni, fessure, soqquadri di porte e finestre, inclinazioni e strapiombi delle
fabbriche, possono rendere assai difficile la diagnosi e la terapia. In ogni caso l’identificazione delle
cause non è mai agevole e porta sovente a questioni che si risolvono in ambito di giudizio tecnico-
legale con una causa tra le parti.
In quanto segue si forniscono suggerimenti di riflessione per un approfondimento critico delle varie
tecniche di consolidamento e manutenzione dei sistemi di fondazione allo scopo di stabilizzare
l’evoluzione di un quadro di dissesto.

2. Interpretazione dei dissesti


Le strutture in muratura e calcestruzzo possono presentare severi danneggiamenti per effetto di
cedimenti del terreno fondale; ad esempio in quanto segue si illustrano alcuni comuni quadri
fessurativi che sono causati da cedimenti differenziali delle fondazioni.
Il cedimento del terreno fondale può essere generato da movimenti generalizzati del suolo
conseguenti a variazione di forma o di volume dello strato superficiale; nel primo caso, tipico dello
scivolamento dei versanti o delle frane, la superficie ove è fondato l’edificio si altera e causa una
profonda modifica delle pressioni di contatto. Nel secondo caso, tipico della subsidenza e del ritiro
o espansione dei terreni coesivi per effetto di modifiche del contenuto d’umidità, il cambiamento
delle pressioni di contatto è meno marcato, ma solitamente la presenza di edifici contigui fondati su
sistemi diversi o a quote diverse, genera sulle parti in elevazione un sistema di azioni mutue
difficilmente tollerabile dall’organismo strutturale senza dar luogo a lesioni.

2.1. Perdita di contrasto in zone interne


Per effetto di subsidenza differenziale le fondazioni dell’edificio possono perdere il contrasto del
terreno in zone interne alla pianta dell’edificio. In questo caso si ha la formazione di un effetto arco
tra le zone che sono rimaste attive, fino al possibile schiacciamento delle spalle compresse
dell’arco.
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In edifici con file di aperture la formazione dell’arco di scarico si manifesta con lesioni e fessure a
carico degli spigoli delle finestre, con configurazione ad accentro circonflesso.
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2.2. Perdita di contatto su zone perimetrali


Nel caso di perdita d’appoggio di una zona esterna della fabbrica muraria, una parte dell’edificio
rimane a sbalzo su quella efficacemente appoggiata a terra e si formano le caratteristiche fessure ad
inclinazione variabile di uno stato flessionale all’interno di una trave parete

Nel caso nella costruzione siano presenti aperture, l’inclinazione progressiva delle fessure è di
difficile individuazione perché le singolarità tensionali degli spigoli rientranti delle finestre tendono
a ridurre le differenze lungo l’altezza.
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3. Capacità portante di fondazioni superficiali


La valutazione della capacità portante di fondazioni superficiali può essere condotta con riferimento
alla così detta formula di Brinch-Hansen:

D
a

Fig. 3.1: schema di calcolo di Prtandtl Terzaghi Hill per lo scorrimento plastico

1
pu = c′N c + (γ D − γ w a) N q + γ ′BNγ
2
dove i fattori plastici di coesione, sovraccarico e peso proprio del terreno mobilitato valgono:
1 + sin ϕ ' π tan ϕ '
Nq = e N c = ( N q − 1) cot ϕ ' Nγ = 2 ⋅ ( N q + 1) tan ϕ '
1 − sin ϕ '

40

30
Nc
20
Nq
10

0 ϕ’
0 5 10 15 20 25 30 35
fig. 3.2: andamento di Nc e Nq con l’angolo d’attrito ϕ’
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Le fondazioni di edifici storici sono in generale caratterizzate da pressioni di contatto assai elevate
sulle fondazioni, ma non sempre tali pressioni elevate sono causa di cedimenti e dissesti. Infatti il
terreno nel corso del tempo per effetto della pressione applicata va incontro ad un fenomeno di
consolidazione che ne migliora le proprietà meccaniche. Se la pressione che agisce sul terreno è
maggiore della pressione litostatica (pressione di normale consolidazione), il terreno raggiunge uno
stato di sovraconsolidazione.e con esso, una maggiore capacità portante.
Ovviamente tale stato viene raggiunto attraverso una compattazione che dà luogo a consistenti
cedimenti; qualora il carico nella costruzione s’incrementi lentamente, ad esempio in conseguenza
di lavori che durano molti anni, la struttura è in grado di adattarsi ai cedimenti che via via si
manifestano. Se invece i carichi s’incrementano repentinamente, l’evoluzione dei cedimenti per
effetto ritardato della viscosità del terreno può causare notevoli dissesti alla costruzione, ed anche la
perdita di stabilità del terreno di fondazione.
Si comprende quindi che il coefficiente di sicurezza da applicare alle pressioni di rottura del terreno
sono funzione sia del cedimento che si ritiene ammissibile, sia del tempo nel quale si raggiunge la
situazione finale nelle fondazioni.

3.1. Condizioni drenate e non drenate


Le formule precedentemente indicate possono essere utilizzate nel caso di terreno in condizioni
drenate e non drenate; nel primo caso, che corrisponde all’annullamento delle pressioni neutre
dell’acqua dei pori, le proprietà coesive del terreno possono essere ottenute con una prova di taglio
consolidata e drenata (CD), dalla quale si ottiene c’ e ϕ’.
Nel caso la falda sia in pressione al livello fondale e la rottura avvenga in modo rapido, occorre
riferirsi alla pressione litostatica efficace e si devono ricavare i parametri non drenati (U),
tipicamente la sola coesione cu essendo l’angolo d’attrito in queste condizioni praticamente nullo.

3.2. Calcolo del cedimento


La rigidezza locale del terreno risulta pari per definizione alla pressione che causa il cedimento
unitario; assunta agente una pressione uniforme, il terreno si abbassa secondo una prefissata
concavità, mostrando quindi maggior rigidezza via via che ci si sposta dal centro verso i bordi e
infine sugli spigoli. Ovviamente, in conseguenza dell’interazione, le pressioni locali potrebbero
diventare diverse, modificando la distribuzione delle rigidezze. Qualora si volesse determinare la
matrice di rigidezza delle molle equivalenti al terreno, invertendo i movimenti associati ad
un’assegnata distribuzione di pressioni si otterrebbe una matrice di rigidezza ovunque non nulla; in
prima approssimazione si possono trascurare tutti i termini fuori diagonale, semplicemente
calcolando la rigidezza locale dal movimento locale generato da una pressione distribuita uniforme
su tutta l’area caricata.
Ciò corrisponde ad assumere che possa variare il valore della pressione, ma che non si modifichi la
sua distribuzione relativa in pianta.
In quanto segue si presenterà la soluzione approssimata del cedimento a profondità z di un’area di
carico flessibile rettangolare di lati L e B proposta da Harr (si veda Poulos, 1981); per il caso di un
singolo strato si ha:
pB(1 − ν 2 )  1 − 2ν 
δ ( z) =  C1 − C2 
Es  1 −ν 
dove:
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1   Dr ( B, L, z ) + L  L  Dr ( B, L, z ) + B   z  LB 
C1 = ln   + ln   , C2 = tan −1   ,
2π   Dr ( B, L, z ) − L  B  Dr ( B, L, z ) − B   2π B  z Dr ( L, B, z ) 
e
Dr ( L, B, z ) = L2 + B 2 + z 2 .
Il calcolo del cedimento in un punto qualsiasi può essere ottenuto sovrapponendo gli effetti dei
quattro rettangoli che hanno come vertice comune il punto per il quale si desidera calcolare il
cedimento:
δ (ξ ,ψ ) = δ (ξ ,ψ ) + δ (ξ , B −ψ ) + δ ( L − ξ ,ψ ) + δ ( L − ξ , B −ψ )
La soluzione per un terreno stratificato definito da m moduli Esj estesi per profondità ∆zj = zj+1-zj
può essere ricavata per sovrapposizione delle differenze:
m −1
δ m = δ ( Em , zm ) + ∑ δ ( Esj , z j ) − δ ( Esj , z j +1 ) .
j =1

Infine, la rigidezza in una certa posizione (x, y) può essere ottenuta dividendo la pressione applicata
per il cedimento calcolato.

4. Capacità portante di fondazioni profonde


La capacita portante di un palo viene definita come somma della portata limite di base Qb e della
portata limite per attrito laterale Qs per cui la condizione di equilibrio a stato limite ultimo è
espressa dalla relazione:
Qtot + W = Qb + Qs
nella quale W è il peso del palo.
Le due componenti laterale e di base sono assunte tra loro indipendenti, anche se la loro
mobilitazione richiede spostamenti relativi tra il palo e il terreno circostante sensibilmente diversi.
Ad esempio, le curve di mobilitazione riportate nelle Figure 4.1 e 4.2 mostrano che solitamente la
portata per attrito laterale raggiunge il suo valore limite in corrispondenza di cedimenti compresi
tra 0.2% e 0.5% del diametro del palo, mentre la mobilitazione della portata limite di base richiede
cedimenti ben più importanti, che raggiungono valori dell'ordine del 10% del diametro.

Figura 4.1: grafici carico – cedimento per pali trivellati in terreni coesivi (Reese e O’ Neill 1989)
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Figura 4.2: grafici carico – cedimento per pali trivellati in terreni sabbiosi (Reese e O’ Neill 1989)

Questa differenza e particolarmente rilevante quando si esamina il comportamento in servizio, così


pure quando si esplora il significato dei coefficienti di sicurezza normalmente impiegati.
Il rapporto tra la portata di base e quella per attrito laterale dipende dalla snellezza del palo
(rapporto tra lunghezza e diametro) e dal profilo stratigrafico del terreno.
Se un palo attraversa uno strato di argilla tenera per intestarsi in uno strato di base consistente, la
capacita portante per attrito laterale può risultare una trascurabile aliquota della portata totale.
Viceversa, se il deposito coesivo e di notevole spessore, la capacita portante del palo dipenderà
quasi esclusivamente dall'attrito laterale e sovente il palo viene indicato in questo caso come palo
sospeso. In altri casi ancora, come ad esempio avviene con i pali trivellati a base allargata in terreni
sabbiosi, le due aliquote possono risultare tra loro comparabili.

4.1. Portata di base di pali in terreni coesivi


La portata di base di un palo in tin terreno coesivo e solitamente valutata con riferimento alle
condizioni non drenate e in termini di tensioni totali:
Qb = qlim Ab = Ab ( su N c + σ v 0 )
dove Ab e σv0 sono rispettivamente l'area della base del palo e la tensione verticale totale, valutata
alla profondità raggiunta dalla punta del palo. Tenendo conto della forma della fondazione e della
profondità relativa, il coefficiente di capacità portante Nc che compare nella formula viene
usualmente assunto pari a 9.
In argille tenere il valore della resistenza non drenata da introdurre nelle analisi va scelto tenendo
conto dell'anisotropia di comportamento e dei fenomeni di rottura progressiva del terreno alla base
del palo. In argille consistenti, la struttura ha un 'influenza dominante e la resistenza mobilitata
tende a ridursi al crescere del diametro del palo, come mostrano i risultati riportati in Figura 4.3
(Lancellotta e Calavera, 2001).
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figura 4.3: variazione della resistenza non drenata in funzione dell’area caricata (Lancellotta, 1999)

4.2. Portata per attrito laterale di pali in terreni coesivi


Tradizionalmente la portata per attrito laterale dei pali installati in terreni coesivi e valutata in
termini di resistenza al taglio non drenata, scrivendo
Qs = f s As = (α ⋅ su ) As
nella quale As è l' area della superficie laterale e α è un coefficiente di efficienza dello strato di
processo dipendente dal tipo di terreno e dalle modalità esecutive del palo.
i) Le esperienze raccolte da Skempton (l969), relativamente a pali trivellati installati nell'argilla di
Londra, indicherebbero che l'attrito laterale all'interfaccia è controllato fondamentalmente dalla
resistenza di uno strato di materiale disturbato. Il rammollimento del materiale avviene anche per
installazione a secco, in quanto l'argilla dello strato di processo tende ad aumentare il proprio
contenuto d'acqua per effetto delle tensioni indotte dall'esecuzione del foro.
Le prove di carico disponibili indicano valori di α variabili da 0.3 a 0.6, con un valor medio di 0.45
e un limite superiore di fs = 96 kPa.
ii) Più recentemente Reese e 0'Neill (1989), analizzando 41 prove di carico eseguite su pali
trivellati di grande diametro, hanno evidenziato che, trascurando il contributo alla testa e alla base
del palo per un tratto pari a circa un diametro, si ritrova un valore di α = 0.55.
iii) Operativamente, la scelta di α può essere basata su di una proposta di Stas e Kulhavy (1984),
ottenuta dall’analisi di ben 106 prove di carico su pali trivellati, mediante la relazione:
p
α = 0.21 + 0.26 a
su
nella quale pa e la pressione atmosferica, introdotta per rendere adimensionale il termine relativo
alla resistenza al taglio.
Infine, Olson e Dennis (1982), facendo riferimento a pali infissi, hanno indicato una relazione del
tipo seguente:
z
σ′ 
α = 0.5  v 0  con z ≅ 0.25 ÷ 0.50
 su 
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Attualmente si tende comunque ad abbandonare l'approccio in termini di tensioni totali, sia perché
e sempre più chiaro come un singolo coefficiente (α) non possa tener conto dei molteplici fattori
che influenzano la risposta del terreno all' interfaccia, sia perché risultano più credibili le
argomentazioni a favore di un approccio in termini di tensioni efficaci.
In tale direzione sono di rilevante interesse le osservazioni seguenti
a) Durante la fase di infissione del palo, nel terreno deformato plasticamente si sviluppa una
notevole sovrappressione interstiziale, caratterizzata da gradienti radiali così elevati che in pratica
se ne ha la quasi totale dissipazione nel corso dell'esecuzione dei lavori.
b) Nella fase successiva di carico, il palo si trova inizialmente in condizioni drenate e si può
presumere che tali condizioni permangano anche nel corso dell'applicazione dei carichi in quanto le
deformazioni che si producono nell'intorno del palo sono il prodotto di distorsioni a volume
costante. In tale fase infatti si hanno modeste sovrappressioni (di valore tipico ∆u = 0.2·su, in
contrasto con il valore ∆u = 10·su registrato nella fase di infissione) che possono essere trascurate.
Partendo da tali premesse Zeevaert (1959), Eide et al. (1961) e Chandler (1968) hanno suggerito di
valutare l'attrito laterale con l'espressione:
f s = σ h′ tan δ = Kσ v′0 tan δ
nella quale K e da intendersi come un coefficiente di spinta che correla la tensione orizzontale
efficace, agente suI palo all'istante di rottura, alla tensione verticale efficace iniziale.
Con riferimento a pali infissi, Burland (1973) propone si assumere per il coefficiente di spinta il
valore corrispondente al1a situazione a riposo e ipotizza che l'angolo di attrito all'interfaccia sia
pari all'angolo di resistenza al tag1io:
f s = (1 − sin ϕ ) tan ϕ ⋅ σ v′0

figura 4.4: coefficiente β di Burland (1973) figura.4.5: prove di carico su pali sospesi
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I valori di ϕ' sono usualmente compresi tra 20° e 30°; la funzione di ϕ’ che moltiplica la pressione
litostatica risulta poco variabile (figura 4.4) e può essere compattata in un coefficiente che dà luogo
al cosiddetto “metodo beta”:
f s = β ⋅ σ v′0
con valori di β teoricamente compresi tra 0.24 e 0.29.
A supporto di tali assunzioni Burland (1973) riporta i risultati di prove d carico eseguite su pali in
argille tenere illustrati in figura 4.5. dai quali si deducono valori medi compresi tra 0.25 e 0.40.
Nel caso di pali infissi in argille consistenti, Flaate e Seines (1977) confermano l'applicabilità
dell'approccio in termini di tensioni efficaci, suggerendo di introdurre nella valutazione il
coefficiente di spinta che compete al materiale preconsolidato:
K = K 0( NC ) ⋅ OCR
Nel caso dei pali trivellati in argille consistenti, i dati sperimentali indicano che I 'uso del
coefficiente di spinta maggiorato cin il grado di preconsolidazione conduce a una stima in eccesso.
Come probabile spiegazione Fleming et al. (1985) indicano la riduzione della tensione orizzontale
efficace rispetto al valore iniziale causata dal rilassamento conseguente alla perforazione.. In base a
ciòveine proposto di utilizzare un coefficiente di spinta ridotto
1 + K0
K=
2
Va infine osservato che quanto finora riportato si riferisce a pali aventi lunghezza non maggiore di
30 metri. Nel caso di pali infissi di lunghezza elevata (strutture off-shore, pile e spalle di ponti,
torri), la deformabilità assiale del palo, combinata con un elevato scorrimento medio, può portare,
soprattutto nei tratti del palo prossimi alla superficie, alla mobilitazione della resistenza residua. Ne
consegue che il coefficiente β da introdurre nella formula si riduce progressivamente all'aumentare
della lunghezza del palo, scendendo da un valore vicino a 0.30 per pali lunghi 25 m a un valore
pari a 0.15 per pali di lunghezza 60 m e oltre, come indicato. in figura 4.6.

4.3. Portata di base dei pali infissi in terreni sabbiosi


La valutazione teorica della portata di base dei pali infissi in terreni sabbiosi può essere effettuata
utilizzando le metodologie gia esaminate nel Capitolo 5 a proposito delle fondazioni superficiali,
pervenendo a una espressione generale del carico limite unitario del tipo
qlim = N q ⋅ σ v′0
Il valore del coefficiente di capacita portante dipende dall'angolo di resistenza al taglio del terreno,
dalla forma e dalla profondità relativa della fondazione, nonché dal meccanismo di rottura
ipotizzato.
I diversi valori suggeriti in letteratura trovano il loro carattere distintivo proprio nel meccanismo di
rottura ipotizzato (Figura 7.8), sul quale vale la pena soffermarsi sia pure brevemente per
giustificare le differenze macroscopiche che emergono dalla Figura 7.9.
Le soluzioni proposte da Caquot (1934), Buisman (1935) e Terzaghi (1943) assumono che il
terreno esistente al disopra della profondità raggiunta dal. la punta del palo possa essere sostituito
da un sovraccarico equivalente pari alla tensione verticale efficace iniziale ( trascurando pertanto il
fatto che l'interazione tra il palo e il terreno possa modificare tale valore) e riconducono pertanto
l'analisi al problema di capacita portante di una fon. dazione superficiale (Figura 7.8a).
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figura 4.6: evoluzione del coefficiente di attrito con la lunghezza del palo

figura 4.7: meccanismi di rottura plastica alla testa del palo

Meyerhof (1951, 1953) suggerisce il meccanismo di rottura profonda illustrato in Figura 4.7.b,
mantenendo però 1 'ipotesi di mezzo perfettamente plastico (e quindi incomprimibile). Berezantzev
(1961) utilizza un meccanismo non dissimile da quello relativo a una fondazione superficiale
(figura 4.7.c), ma la stima della tensione verticale efficace agente sul piano di testa palo viene
effettuata tenendo conto del terreno circostante al sovraccarico. Infine Skempton, Yassin e Gibson
(1953) e più recentemente Vesic (1975, 1977) hanno assimilato il problema della rottura intorno
alla punta del palo a quello di espansione di una cavità in un mezzo elasto-plastico, in modo da
tener conto anche della compressibilità del mezzo (Figura 4.7.d).
Come conseguenza di modelli di comportamento diversi si ottiene una variazione alquanto
significativa del coefficiente di capacita portante, che, ad esempio, per un valore dell' angolo di
resistenza al taglio pari a 35°, può passare da 55 fino a 500 (Figura 4.8).
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figura 4.8: fattore di profondità in funzione dell’angolo di attrito per differenti formulazioni

Alternativamente, per il solo caso di terreni omogenei, la capacità portante può essere valutata
utilizzando direttamente i risultati delle prove penetrometriche assumendo, come suggerito da
Meyerhof (1976):
qlim = qc = 0.4 ⋅ N SPT
Invece, nel caso di terreni stratificati, occorre tener conto della differenza di scala del diametro del
palo rispetto a quella del penetrometro, e quindi la valutazione della portata deve essere condotta
con riferimento ai possibili meccanismi di rottura .che si sviluppano attraverso strati contigui.
Se il palo penetra in uno strato sabbioso di notevole spessore, la completa mobilitazione della
portata di base si manifesta quando il palo è incastrato in tale strato per un tratto di almeno 10 volte
il diametro. In presenza di incastri inferiori (figura 4.8.a), pari ad esempio a LB, si può utilizzare un
R
valore di capacita portante qlim ottenuto riducendo il valore iniziale proporzionalmente alla
lunghezza di incastro
L
R
qlim = B qlim
10 D
Nel caso in cui lo strato sabbioso portante sia di spessore limitato (Figura 4.8.b). occorre cautelarsi
nei confronti di eventuali rotture per punzonamento. Anche in questo caso il valore da assumere
come carico limite unitario è un valore ridotto tanto più piccolo rispetto al valore teorico quanto
più il palo si avvicina al limite inferiore dello strato.
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figura 4.9: andamento della resistenza con il grado di incastro della testa del palo

4.4. Attrito laterale dei pali infissi in sabbie


All'attrito laterale che può essere mobilitato alla generica profondità z all'interfaccia tra un palo
infisso e un terreno sabbioso può essere attribuita l'espressione generale
f s = Kσ v′0 tan δ
nella quale il valore di δ dipende dalle specifiche condizioni dell' interfaccia. Indicativamente,
secondo Kulhawy et al. (1983), si possono assumere rapporti δ/ϕ’ variabili da 1, per un palo in
calcestruzzo gettato in opera, a valori compresi tra 0.5 e 0.9 per un palo tubolare in acciaio. Il
coefficiente di spinta K rimane comunque il parametro che maggiormente controlla la portata per
attrito laterale ed e anche il parametro di più difficile determinazione.
Si osserva innanzitutto che l'effetto dell'infissione del palo produce valori di K compresi tra il
valore della resistenza passiva, in vicinanza alla superficie libera, e il valore di spinta a riposo, in
prossimità della punta del palo.

Tabella 4.I
Valore del rapporto K/Ko (Kulhawy et al., 1983)
Pali trivellati 0.67 < K/K0 < 1.00
Pali infissi con trascurabile compattazione del terreno 0.75 < K/K0 < 1.25
Pali infissi con significativa compattazione del terreno 1.00 < K/K0 < 2.00

Volendo tener conto del decadimento dell’attrito con la profondità e delle modalità esecutive,
Kulhawy et al. (1983) forniscono per la stima del coefficiente di spinta le indicazioni riportate in
Tabella 4.I
Alternativamente, Fleming et al. (1985) suggeriscono di stimare empiricamente il valore del
coefficiente di spinta, legandolo al valore del coefficiente di profondità assunto nella stima della
portata di base (K = Nq / 50). Infine si ricorda che è prassi abbastanza consolidata far riferimento
all'uso diretto dei risultati di prove penetrometriche. Le esperienze raccolte da De Beer (1985)
possono sintetizzarsi nella relazione seguente:
q
fs ≈ c .
150
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Per quanto concerne l'uso di correlazioni empiriche (comprese quelle discusse per la stima della
portata di base) va comunque sottolineato che esse sono state ricavate da esperienze con pali
installati in sabbie silicee. Nel caso di sabbie calcaree, il quadro di riferimento si presenta
significativamente diverso, in quanto l'elevata compressibilità di queste sabbie e la loro
frantumabilità conducono a valori della portata di base e dell'attrito laterale che sono solo una
modesta frazione (tra il 10% e il 20%) dei valori ottenibili in sabbie silicee (per maggiori dettagli si
consulti il testo di Poulos, 1988).

4.5. Portata di base dei pali trivellati


I processi di rigonfiamento e di rimaneggiamento associati alle operazioni di perforazione
aumentano la compressibilità del terreno al disotto della punta di un palo trivellato, per cui in
questo caso gli spostamenti richiesti per mobilitare la portata di base sono superiori a quelli
osservabili nel caso dei pali infissi.
La Tabella 7.2, che raccog1ie i dati pubblicati da De Beer (1988), Reese e O'Neill (1988) e
Hirajama (1990), evidenzia come, nel caso si definisca convenzionalmente come carico limite il
valore corrispondente a un cedimento relativo pari al 10%, il carico limite di un palo trivellato
risulti compreso tra 1/3 e 1/2 del valore che compete a un palo infisso.
Tenendo presente che la portata per attrito laterale viene mobilitata con cedimenti decisamente più
piccoli (usualmente compresi tra 5 e 15 mm), ne consegue che le due componenti non possono
essere prese in considerazione prescindendo dai cedimenti necessari alla loro mobilitazione,
soprattutto alla luce del fatto che, nel caso di fondazioni su sabbie, il requisito di progetto più
restrittivo è quello che riguarda lo stato limite di servizio.
Il progetto andrebbe pertanto impostato avendo cura di soddisfare i seguenti requisiti:
a) per quanto concerne lo stato limite di servizio, andrebbe presa in considerazione la portata per
attrito laterale e solo quella aliquota della portata di base corrispondente al cedimento tollerabile
dalla struttura;
b) per quanto concerne lo stato limite ultimo occorrerebbe definire la curva di mobilitazione della
portata totale componendo le curve di mobilitazione della base e del fusto, (si veda la Figura 4.),
accertando che per il carico di servizio assunto in a) sussistano adeguati margini di sicurezza
rispetto al carico ultimo.

figura 4.10: composizione della curva di mobilitazione totale del palo

Il valore ultimo andrebbe definito come il valore che provoca l'insorgere di uno stato limite ultimo
nella struttura, essendo privo di significato ( tranne che per un palo isolato) il riferimento a portate
corrispondenti a cedimenti relativi dell' ordine del 25% o oltre.
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Tabella 4.II Confronto tra la portata unitaria di un palo trivellato e di uno infisso.
Cedimento relativo: s/D Qb (palo trivellato) / Qb (palo infisso)
0.05 0.15-0.21
0.10 0.30-0.50
0.25 0.50-0.70
1.00 1.00

Per poter utilizzare la curva di mobilitazione riportata in Figura 4.10 occorre individuare il carico
corrispondente a un cedimento relativo prefissato. I dati disponibili in letteratura fanno riferimento
ad un valore del 5% (si osserva per inciso che sovente in letteratura viene attribuita a tale valore la
definizione di carico critico, pur non essendovi nulla di anomalo nell'intorno di tale valore) e il
carico unitario corrispondente sarà indicato nel seguito come q05.
Jamiolkowski e Lancellotta (1988) utilizzando i dati di 15 prove di carico, suggeriscono la
correlazione empirica riportata in Figura 7.14. In tale correlazione il valore di interesse e riferito
alla resistenza di un penetrometro statico e tiene conto dell'influenza del diametro del palo.
Reese e O'Neill (1988) suggeriscono valori più conservativi, deducibili dalla relazione q005 =
0.06·NSPT

4.6. Portata per attrito laterale dei pali trivellati


L'entità della tensione orizzontale all'interfaccia palo-terreno dipende in modo significativo dalle
modalità esecutive del foro e dalle caratteristiche del calcestruzzo.
Le esperienze pubblicate da Hemal e Reese (1983) indicherebbero che un calcestruzzo con uno
slump di 150 mm esercita una pressione che cresce idrostaticamente fino a profondità di circa 3.0
m, per rimanere pressoché costante oltre tale profondità. Aumentando lo slump a 230 mm,
l'andamento idrostatico si spinge fino a 10 m circa.
Partendo da queste osservazioni e da una buona serie di prove di carico, Reese e O'Neill (1989)
suggeriscono di far riferimento al seguente valore locale dell'attrito laterale:
( )
f s = β ⋅ σ v′0 = 1.5 − 0.25 z ⋅ σ v′0
con la profondità z espressa in metri.
Secondo Kulhawy (1991) rimane comunque improbabile che un singolo parametro, come il
coefficiente β, possa tener conto dei molteplici fattori che concorrono a determinare il valore
dell'attrito laterale, per cui lo stesso Autore suggerisce di far riferimento all' espressione generale
con valori del coefficiente di spinta compresi tra 2/3 K0 e K0.

5. Portata di micropali
Il termine micropali indica una categoria di pali di piccolo diametro (inferiore a 250 mm),
impiegati solitamente per realizzare sottofondazioni di strutture esistenti o per realizzare strutture
di presidio o di rinforzo, che richiedono attrezzature di ingombro ridotto e capaci di operare con
qualsiasi inclinazione rispetto alla verticale.
Il micropalo noto come palo Radice (Lizzi, 1985) viene realizzato eseguendo la perforazione con
una batteria di aste munite all’estremità di una corona tagliente adeguata alla natura del terreno. I
detriti di perforazione sono eliminati dal fluido di perforazione (aria, acqua o fango bentonitico a
Benedetti – CISM 2005 - 16-

seconda della natura del terreno) tramite circolazione diretta, ossia con immissione dall’interno
della batteria di aste e risalita attraverso l’intercapedine tra le stesse e il terreno.
L’ armatura può essere costituita da un ‘unica barra o da una piccola gabbia e il getto di
microcalcestruzzo (gli inerti sono costituiti da sabbia e il dosaggio in cemento e molto elevato,
dell’ordine di 600 kg/m3) viene realizzato dal basso, con un tubo convogliatore. Al termine del
getto si immette, tramite una testa a tenuta, aria in pressione, in modo da sfilare la batteria di aste
e, contemporaneamente, da forzare il calcestruzzo contro il terreno, in modo da occupare il
volume lasciato libero dalla tubazione.

Figura 5.1. Schema esecutivo di pali radice proposto da Lizzi (1985) e macchine per l’esecuzione

I diametri usualmente impiegati sono compresi tra 80 e 250 mm, ai quali corrispondono carichi
ammissibili compresi tra 60 e 80 kN , per i diametri minori, e tra 500 e 700 kN per quelli maggiori
(valutati attribuendo al micropalo una tensione ammissibile dell'ordine di 10-12 N/mm2).
Nel caso dei micropali Tubfix (Figura 5.2), dopo aver eseguito la perforazione, di solito con sonda
a rotazione e circolazione di fango bentonitico, si introduce nel foro un tubo di acciaio di grosso
spessore, munito di valvole di non ritorno in corrispondenza degli strati ai quali si vuole
trasmettere il carico. Questa armatura costituisce allo stesso tempo sia il principale elemento
resistente del micropalo, sia il mezzo attraverso il quale si eseguono le iniezioni in pressione.
Si procede dapprima alla formazione della guaina iniettando attraverso la valvola più profonda una
miscela di cemento cha va a occupare l'intercapedine tra tubo e terreno.
Benedetti – CISM 2005 - 17-

Successivamente, dopo la fase di presa della guaina, si iniettano (con pressioni che possono
raggiungere alcune decine di atmosfere) le varie valvole (disposte a intervalli regolari, solitamente
ogni 50 cm), eventualmente in più riprese, in modo da realizzare una serie di sbulbature.
La miscela adoperata ha solitamente la composizione seguente: 100 kg di cemento, 50 litri di
acqua, 2.5 kg di bentonite ed eventualmente da 2 a 3 kg di fluidificante.
La Tabella 5.I riporta i carichi specifici per i vari tipi di micropalo in differenti tipi di terreno.

figura 5.2: schema esecutivo del micropalo Tubfix

figura 5.3: schema e foto dell’iniettore a coppe per valvole manchettes


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Per quanto concerne i criteri di dimensionamento geotecnico va osservato che il carico limite dei
micropali dipende dalle tecnologie esecutive in modo molto più marcato di quanto avvenga per i
pali di medio e grande diametro, per cui diventa inevitabile ricorrere a criteri di tipo empirico.
Le raccomandazioni pubblicate da Bustamante e Doix (1985), alle quali si fa riferimento nel
seguito, sono alla base delle norme vigenti in Francia (sia per il calcolo dei micropali, sia per il
calcolo dei tiranti) e richiedono come parametri caratterizzanti del terreno la pressione limite pMD
determinata con il pressiometro Menard o con i risultati di prove SPT

Tabella 5.I: resistenza specifica di scorrimento secondo Cheney (1984), Lizzi (1982) e Nicholson (1992)

La resistenza a scorrimento del fusto del micropalo dipende sostanzialmente dalla pressione di
iniezione e dallo sviluppo della superficie di contatto palo – terreno:
Qs = π Ds Ls f s ( pg )
ove Ds e Ls sono il diametro effettivo e la lunghezza di sbulbatura della parte iniettata a pressione
del micropalo. In generale il diametro dei bulbi può essere stimato dal volume del fluido impiegato
per le iniezioni; approssimativamente il volume iniettato deve essere almeno due volte il volume
nominale della perforazione, ed in tale ipotesi si ottiene un diametro effettivo maggiorato di circa il
30 – 50 % del diametro nominale.
Indicando con θ il rapporto di iniezione, si ha:
Vin
Ds = D0 ⋅ = D0 ⋅θ
V0
ove il volume iniettato da considerare è relativo alla lunghezza di palo contenente le valvole.
Per quanto attiene alla resistenza a scorrimento fs, se l’iniezione avviene ad una pressione maggiore
di quella passiva del terreno, si avrà plasticizzazione dello strato a contatto con i bulbi e lo stato di
precarico generato da tale azione, sarà in grado di aumentare la resistenza a taglio del terreno;
indicazioni fornite da Bustamante (1985) portano ad assumere:
p
f s ≈ lim .
10
Nel caso che si abbiano a disposizione risultati NSPT si può indicare:
plim N SPT 1 qCPT
= =
pa 2 10 pa
ove la pressione atmosferica pa è stata introdotta per adimensionalizzare la relazione.
Benedetti – CISM 2005 - 19-

Nel caso di micropali realizzati in strati argillosi, la perdita di carico del fluido è minore e si
ottengono in genere diametri apparenti dei micropali maggiori. In questo caso la resistenza allo
scorrimento può essere messa nella forma:
f s = c1 ⋅ pa + c2 ⋅ su ,
ove i coefficienti sono desumibili dalla seguente tabella:

tabella 5.II: coefficienti per la valutazione della resistenza a scorrimento


terreno iniezione C1 C2
A singola passata 0.33 0.67
argilloso
A multipla passata 0.95 0.85
A singola passata 1.00 0.50
marnoso
A multipla passata 1.35 0.67

figura 5.4: definizione di minipalo e micropalo figura 5.5: definizione dei tipi di micropalo iniettato

tabella 5.III: riepilogo delle formule per la valutazione della portata di micropali iniettati (Juran et Al., 1999)
Benedetti – CISM 2005 - 20-

La capacità portante dei micropali dipende direttamente dalla pressione normale che si esercita tra
fusto e terreno; nella figura 5.6. sono indicate a confronto valutazioni teoriche e risultati
sperimentali che confermano il trend e danno indicazione di valori medi di confronto.

figura 5.6: relazione tra la pressione di iniezione e il carico specifico per attrito laterale (Juran et Al. 1999)

5.1. Schemi costruttivi


Le modalità esecutive dei micropali e dei pali radice sono sostanzialmente differenti se prevedono
gruppi di micropali paralleli o reticoli di rinforzi eventualmente cementati a formare una superficie
rigata o un volume di contrappeso.

figura 5.7: schemi geometrici di organizzazione dei micropali in gruppi (Juran et Al. 1999)

Esempi assai interessanti sono presentati da Lizzi (1985) con riferimento alla pluriennale attività
della ditta Fondedile di Napoli. A scopo di esempio si riporta lo schema costruttivo del rinforzo con
reticolo cementato di pali radice del campanile di Burano. In questo caso il reticolo forma un
volume iniettato ancorato alla struttura muraria soprastante in grado di abbassare il baricentro
complessivo e generare quindi un momento stabilizzante che riduce la pendenza del campanile
stesso.
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figura 5.8: Campanile di Burano (Lizzi, 1985)

5.2. Micropali a tubo d’acciaio (MEGA)


I micropali a tubo d’acciaio infissi per contrasto alla costruzione esistente sono molto utilizzati in
Italia in quanto consentono di avere una precisa indicazione della portata del palo (visualizzata dal
carico del martinetto impiegato per la spinta) e non necessitano di macchinari specifici per
l’infissione se non un martinetto e la saldatrice portatile per collegare i vari conci di tubo.
Attraverso la spinta contro la struttura esistente è possibile mettere in forza la fondazione che si
desidera rinforzare e questo porta notevoli effetti benefici sulla costruzione una volta terminati gli
interventi di consolidamento.
Infatti i problemi di cedimento viscoso nel tempo che si possono avere per effetto dell’entrata in
carico dei micropali attraverso una compattazione delle fondazioni superficiali, in questo caso sono
quasi del tutto assenti in quanto il palo installato è stato precaricato ed eventualmente può risultare
anche troppo rigido una volta che la costruzione manifesta effetti differiti nel tempo.
Per quanto riguarda la progettazione geotecnica e strutturale del palo Mega, valgono tutte le
indicazioni fornite in precedenza fermo restando che il coefficiente d’attrito deve essere ridotto a
Benedetti – CISM 2005 - 22-

valori pari a circa metà della tangente dell’angolo d’attrito e che la somma della portata laterale e di
quella alla base è in questo caso del tutto accettabile in relazione allo stato di presollecitazione del
palo.
In genere il completamento dei pali Mega viene ottenuto con la predisposizione di una armatura
all’interno del fusto che viene gettata con calcestruzzo di inerti di piccolo diametro all’atto del getto
del plinto di fondazione stesso. Si comprende quindi che il fusto metallico viene considerato come
un tubo forma a perdere infisso a tratti.

Figura 5.9: palo MEGA e apparecchiatura di spinta del tubo in acciaio

5.3. Micropali a elica infissi a rotazione


I micropali ad elica di brevetto Mitchell sono largamente impiegati nei paesi anglosassoni e in
Australia in particolare. L’infissione avviene mediante un mandrino meccanico in grado di generare
una coppia di torsione che, per mezzo della presenza delle eliche, genera la forza verticale
necessaria alla messa in opera.
I pali possono essere calcolati sia considerando la superficie cilindrica che contiene le eliche, sia
con riferimento alla coppia che è stata necessaria per l’installazione. Questo secondo metodo, che
risulta il più affidabile, li rende in sostanza dal punto di vista del progetto simili ai pali Mega.
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Figura 5.10: schema dei micropali ad elica e macchina d’infissione

Installation Torque Method Cylindrical Shear Method

Metodo Min Max Media Dev. St. Individual Bearing Method


Cylindrical
0,07 7,29 1,50 1,18
Shear
Individual
0,03 7,04 1,56 1,28
Bearing
Installation
0,30 4,67 1,49 0,88
Torque

Figura 5.11: Rapporto tra portata reale e portata


calcolata per un campione significativo di installazioni
Benedetti – CISM 2005 - 24-

6. Colonne jet e consolidamento del terreno


I trattamenti di consolidamento del terreno del tipo di rimescolamento profondo (deep mixing),
vengono usualmente indicati con i termini trattamenti colonnari o jet grouting, in quanto eseguiti in
forma di colonne di materiale cementato mescolato attraverso l’uso di una punta perforatrice dotata
di ugelli jet per l’espulsione di fluidi ad alta e altissima pressione (fino a 300 bar).
Sono possibili tre tipi di mescolamento profondo, eseguiti con tre sonde di tipo diverso: il
trattamento più semplice prevede l’emissione di sola boiacca di cemento e va sotto il nome di T1;
con T2 si indica un trattamento nel quale si inietta boiacca mentre da altri ugelli si spinge aria in
pressione per favorire l’allentamento del terreno. Infine con T3 si indica un procedimento nel quale
i getti d’aria sono rafforzati da vaporizzazione d’acqua che concentra l’effetto demolitore e scioglie
i terreni coesivi.
I trattamenti più comuni hanno profondità comprese tra 10 e 20 m e diametri di cementazione tra 50
e 100 cm; in generale le cementazioni vengono eseguite con una intersezione di circa 10 – 20 cm, in
modo da realizzare setti e blocchi di materiale completamente cementato.

figura 6.1: schema del trattamento T1 e vista del risultato di colonne compenetrate

Il fluido di iniezione viene in generale composto di acqua e cemento con addizioni di bentonite e
fluidificante; l’iniezione parte sempre dalla profondità massima e attraverso la velocità di rotazione
e di risalita della sonda è possibile regolare il diametro e la composizione delle colonne risultanti.
Le proprietà meccaniche del terreno consolidato sono funzione diretta della natura del terreno da
consolidare (in particolare della sua finezza), e della quantità di cemento che viene miscelata con
l’acqua; maggiori concentrazioni di leganti danno luogo a resistenze maggiori delle colonne.
In casi particolari quali le fondazioni di pile da ponte in alvei fluviali è possibile armare le colonne
realizzate sia disponendo al loro interno un tubo metallico che viene infisso a trattamento ancora
non indurito, sia realizzando all’interno della colonna un micropalo vero e proprio che viene
perforato e gettato solo dopo l’avvenuto indurimento della colonna jet.
Le proprietà meccaniche dei trattamenti jet devono in generale essere controllate mediante
carotaggio e prova di compressione, ma devono essere accuratamente progettate in relazione alle
necessità del progetto.
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figura 6.2: schemi dei trattamenti T2 e T3 eseguibili con tubo a canne coassiali.

figura 6.3: procedimento di iniezione e vista della testa con ugelli della sonda

In figura 6.4 viene indicato il rapporto intercorrente tra la concentrazione di cemento dell’iniezione
e la resistenza a compressione della colonna per assegnati tipi di litologia del terreno. Lo sviluppo
della resistenza delle colonne avviene solitamente nel tempo e, nonostante la notevole componente
idraulica del legante, sono necessari periodi lunghi (maggiori di 4 settimane) per sviluppare la piena
resistenza delle colonne. In generale, insieme alla compattazione e cementazione del terreno, si
produce all’atto dell’esecuzione dei trattamenti un abbassamento significativo del piano di lavoro in
quanto il rimaneggiamento produce una coalescenza dei vuoti con conseguente diminuzione di
volume delle zone iniettate.
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figura 6.3: resistenza a compressione dei consolidamenti jet in funzione del tenore di cemento delle iniezioni

figura 6.3: campi di variazione del modulo elastico


secante in funzione della resistenza a compressione
(a) terreno sabbioso
(b) terreno argilloso o limoso
(Porbaha et Al. 1999, 2000)

Il valore del modulo elastico dei trattamenti dipende sostanzialmente dalla regola delle miscele
applicata ai due materiali combinati nelle colonne: cemento e terreno. Come per altri materiali
cementati naturali il modulo elastico secante può essere ottenuto moltiplicando per un apposito
coefficiente la resistenza a compressione. Nel caso in esame il valore del fattore moltiplicativo varia
da 150 per terreni argillosi fini per arrivare fino a 1000 per terreni sabbiosi o ghiaiosi ove si ottiene
la relazione approssimativamente valida anche per il calcestruzzo.
Benedetti – CISM 2005 - 27-

7. Cedimenti dei pali


Il cedimento di un palo singolo è il punto di partenza per la valutazione del cedimento di palificate,
che può essere anche rilevante se il numero dei pali è grande. Inoltre la valutazione dei cedimenti è
necessaria in tutte le analisi di interazione tra strutture fondali diverse quali plinti o travi e pali, che
costituisce un caso rilevante per il consolidamento delle fondazioni, specialmente per la
determinazione della quota di carico che viene assorbita da micropali di rinforzo installati in
strutture esistenti.

7.1. Palo singolo rigido


La soluzione viene ottenuta assumendo che la tensione tangenziale presente su superfici cilindriche
concentriche all’asse del palo sia, per equilibrio, linearmente decrescente con la distanza:
τ ⋅ R = τ 0 ⋅ R0
dove τ e τ0 sono la tensione tangenziale agente ad una distanza generica e all’interfaccia palo-
terreno

dw
γ=
dr
τ

τ0

figura 7.1: schema di deformazione di un palo sospeso

Esplicitando la deformazione da taglio in funzione della tensione tangenziale e del modulo relativo,
ed integrando, si ottiene il valore del cedimento relativo alla portata laterale (Lancellotta, Calavera
2001):
R0 τ 0 R0 τ 0 R0
R 
w=∫ dR = ln  L  ,
RL G ⋅ R G  R0 
ove RL è la distanza limite alla quale il cedimento diventa nullo; in via preliminare tale valore può
essere stimato dell’ordine di 4 – 5.
Il valore di τ0 può essere ricavato dall’equilibrio del palo con la quota di carico PS sostenuta
dall’attrito laterale:
Benedetti – CISM 2005 - 28-

PS
τ0 = ,
2π R0 L
che quindi fornisce la flessibilità per attrito del palo:
P π
CS = S = LGS .
w 2
La portata alla base genera un cedimento della base stessa che può essere in prima approssimazione
calcolato con la formula della piastra rigida su semispazio elastico:
P 4R G
Cb = B = B B .
w 1 −ν
La relazione tra carico totale e cedimento può essere ottenuta sommando le flessibilità e invertendo;
da questa si determina la rigidezza del palo singolo:
PT PB + PS 4 RB GB π
= = + LGS ,
w w 1 −ν 2
−1
 4R G π 
U T =  B B + LGS 
 1 −ν 2 

7.2. Palo flessibile in semispazio deformabile di spessore finito


Facendo riferimento alle soluzioni di Randolph, Guo e Wroth, la zona di sviluppo del cedimento di
ciascun palo ha raggio espresso dalla seguente relazione:
1 − ν  0, 4 −ν 2 
 L + 5 R0 + 1 − e  ( 0,3 + 0, 2 n ) S p
1− H / L
Rmg = 2 
+
(1 + n)  0, 4 + n 1 − 0,3 n 
dove R0 è il raggio del palo, L la sua lunghezza, Sp è la spaziatura dei pali ed H è la profondità dello
strato profondo che può essere considerato rigido. Il fattore n è l’esponente che descrive
l’incremento del modulo del terreno con la profondità z secondo l’equazione E = c·zn.
La rigidezza del palo singolo può infine essere calcolata come segue:
 4ξ 2πρ L 
U p = GL R0  + 
 1 −ν ζ R0 
essendo ξ il rapporto tra il modulo tangenziale alla base del palo e quello medio laterale GL, ρ il
rapporto tra quello superficiale e quello medio laterale, e ζ il fattore integrale:
 Rmg   Rmg 
ζ = ln   + ln   .
 R0   Sp 

7.3. Rigidezza di una palificata


Tra ciascuna coppia di pali i e j si può definire il fattore d'interazione seguente, che descrive lo
spostamento subito da un palo per effetto del carico unitario sull’altro:
 ( x − x )2 + ( y − y )2 
ln  
j i j i

 R0 
α ij = 1 −  .
R 
ln  mg 
 R0 
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Se tutti i pali hanno approssimativamente lo stesso carico assiale, la rigidezza di ciascun palo i
appartenente al gruppo sarà conseguenza del cedimento totale che si genera per effetto di tutti i pali
del gruppo che estendono i loro effetti fino al palo dato:
U pi
U pgi = .
∑α
j
ij

Infine, la rigidezza del gruppo sarà stimata sommando le rigidezze di tutti i pali.
E’ da precisare che, qualora tutti i pali abbiano cedimento uguale (in conseguenza della rigidezza
del plinto), i carichi sui diversi pali saranno diversi, ed il calcolo della rigidezza richiederà la stima
del carico presente sui pali

figura 7.2 confronto del fattore di gruppo teorico con le rilevazioni sperimentali (Mandolini, 2000)

figura 7.2 efficienza di un gruppo di pali in funzione della spaziatura (Juran et Al. 1999)
Benedetti – CISM 2005 - 30-

In prima approssimazione e con riferimento alla figura 7.2, il fattore al denominatore della rigidezza
può essere stimato con il cosiddetto fattore di gruppo, che dipende dal numero g dei pali presenti nel
gruppo; la rigidezza di un gruppo di pali può infine essere espressa dalla relazione:
g ⋅UT g ⋅UT gSp
U G = ∑ U Gi = = = 3 ⋅U T .
i RG 1 gL L
3 Sp

7.4. Interazione palo-plinto


Allo scopo di valutare preliminarmente lo stato d’interazione degli elementi costituenti la
fondazione, si prende in esame il problema d’interazione di un gruppo di pali con la fondazione a
contatto con il terreno che li sovrasta..
Indicate con UG e UF le rigidezze della palificata e della fondazione, la relazione tra le varie
quantità è la seguente:
 1 ηGF 
 wG   U G U F   PG 
⋅ 
 =
 wF  η FG 1   PF 
U U F 
 G
dove il fattore d’interazione ηFG che determina lo spostamento nella fondazione per effetto del
carico sulla palificata può essere espresso dalla funzione:

 1 AF 
ln  
 R0 gπ 
η FG = 1− ,
 Rmg 
ln  
 R0 
dove l’area specifica di fondazione che compete ad ogni palo è valutata come AF /g e dà luogo ad un
raggio equivalente d’interazione. Per il teorema di reciprocità deve risultare:
U
ηGF = ηFG F .
UG
Nel caso di fondazione rigida l’abbassamento della palificata e del plinto coincidono, e la somma
dei carichi da essi rispettivamente assorbiti, deve essere uguale al carico totale PTOT applicato al
sistema fondale; si ricava pertanto:

(1 − ηGF ) U G (1 − η FG ) U F
PG = PTOT , PF = PTOT ,
U F + (1 − 2ηGF ) U G U G + (1 − 2η FG ) U F

e l’abbassamento vale:

(1 − ηGF ⋅η FG )
w = PTOT .
(1 − η FG ) U F + (1 − ηGF ) U G
Ovviamente la rigidezza del sistema palificata – plinto è pari all’inverso della frazione a secondo
membro.
Benedetti – CISM 2005 - 31-

8. Rinforzo per sottofondazione diretta


Gli interventi per sottofondazione diretta comportano una stretta pianificazione della sequenza
esecutiva delle demolizioni del terreno fondale e delle successive ricostruzioni di parete e
fondazione. Il procedimento a cantieri sfalsati deve comunque fare i conti con la necessità di
rimuovere il terreno al di sotto della fondazione procedendo a costruire dall’alto verso il basso
(procedimento top – down). In figura 8,1 è illustrato un metodo costruttivo con supporto a portale
zoppo frequentemente usato in passato.

figura 8.1: sistema di costruzione in sottofondazione con portale zoppo di stabilizzazione

Più usualmente gli interventi di ampliamento delle fondazioni con travi o solette superficiali
vengono condotti eseguendo nuovi elementi che vengono solidarizzati a quelli esistenti mediante
cuciture di collegamento (figura 8.2).
In questo caso i problemi di stabilità in corso di esecuzione dei lavori sono assai minori ma le
strutture aggiuntive, inizialmente prive di carico, necessitano di notevoli cedimenti per entrare
efficacemente in forza.
Assai spesso le cuciture vengono sostituite con tasche a coda di rondine che vengono poi utilizzate
per intestare le catene di cerchiatura della soletta di fondazione.
Benedetti – CISM 2005 - 32-

figura 8.2: schema di esecuzione di solette nervate di fondazione connesse alle strutture esistenti

figura 8.3: sottofondazione con il metodo dei supporti Pynford (Hutchinson 2000)

La figura 8.3 illustra un metodo assai particolare di realizzare la sospensione della costruzione per
ricostruire il reticolo di fondazione. Con il metodo Pynford si utilizzano speciali supporti a seggiola
regolabili che vengono inseriti a forza nelle aperture in breccia in modo da realizzare
progressivamente la sospensione dell’edificio. I supporti vengono poi inglobati nel getto e
rimangono permanentemente nella costruzione.
Benedetti – CISM 2005 - 33-

La figura 8.4 illustra invece una realizzazione corrente in un edificio del 1900 in corso di
ristrutturazione. In tale edificio le fondazioni sono state portate ad una quota rbassat di circa 1,5 m
in modo da ricavare locali di servizio al piano interrato.

figura 8.4: sottomurazioni e soletta portante di collegamento con chiavi e tiranti

9. Rinforzo per sottofondazione profonda


Il rinforzo con fondazioni profonde aggiunte è oggi il tipo di intervento più comune; il problema più
importante da risolvere è quello della connessione delle nuove strutture con i plinti e con le travi
esistenti. In particolare, come illustrato in figura 9.1, sono possibili vari schemi di cui alcuni con
plinti aggiunti di calcestruzzo e acciaio, altri per ragioni geometriche con plinti zoppi.
Come è stato già detto, nel caso delle fondazioni profonde è possibile introdurre nel corso
dell’esecuzione una fase di forzatura dei pali a contrasto con la struttura esistente in modo da
garantire una immediata entrata in funzione delle nuove strutture. Tale forzatura è connaturata
all’esecuzione nel caso di pali Mega e di pali elica ma non è in generale necessaria per i micropali e
i pali radice. E’ comunque possibile anche per questi ultimi procedere con elementi di contrasto
provvisori in acciaio saldati che poi vengono rimossi una volta che la soletta di collegamento dei
pali sia indurita. Ad esempio in figura 9.2 è illustrata la soluzione per la torre civica di Argelato
(Zarri 1990)
Benedetti – CISM 2005 - 34-

figura 9.1: schemi esecutivi di plinti su pali centrati ed eccentrici

Il sistema dei micropali o dei pali radice può essere utilizzato anche per sostenere la struttura in
modo da poter scavare dei locali interrati al di sotto dell’edificio esistente. Tale operazione richiede
una certa tolleranza su eventuali danni che si possono creare nella parte in elevazione e quindi i
lavori vengono più normalmente portati a compimento nel corso della ristrutturazione globale del
fabbricato.
Occorre in questo caso considerare che la stabilità dei pali deve essere verificata con riferimento al
tratto libero vincolato elasticamente al piede; la verifica è assai agevole una volta che la rigidezza
del tratto infisso è stata correttamente definita.
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figura 9.2: rinforzo con micropali della torre civica di Argelato


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figura 9.4 : Rinforzo con reticoli di pali radice del ponte a Cappiano (FI) (Lizzi, 1989)

Nel caso di antichi ponti in muratura, il problema principale è lo scalzamento delle pile in alveo,
che provoca velocemente e repentinamente la rottura del ponte.
In questo campo molte sono state le applicazioni di Lizzi nel corso della sua carriera in Fondedile;
nella figura 9.4 è illustratoi il ponte a Cappiano, uno solo dei tanti ponti che in tutta Europa sono
stati consolidati realizzando un reticolo di perforazioni cementate e armate a partire dal piano
stradale. I risultati di tali interventi sono stati senz’altro molto buoni e durevoli nel tempo.
Benedetti – CISM 2005 - 37-

Di fatto la presenza del reticolo cementato fornisce non solo una resistenza flessionale alle pile
stesse utile anche per ragioni sismiche, ma impedisce totalmente la perdita di materiale per erosione
intorno alla scarpa della pila.

figura 9.3 : Centro IBM a Boulogne – Billancourt (Lizzi, 1989)

10. Abbassamento del piano fondale

L’abbassamento del piano fondale con creazione di locali interrati è una delle più comuni attività
connesse con la modifica e il consolidamento delle fondazioni.
Importanti lavori degli ultimi anni hanno riguardato la realizzazione della mediateca nell’edificio
della ex Sala Borsa di Bologna e la creazione del percorso espositivo interrato della Pinacoteca
Nazionale di Bologna. In ambedue i casi si è trattato di consolidare le fondazioni esistenti in modo
da poter eseguire in sicurezza gli scavi e le pareti di contenimento.
Nel caso della Pinacoteca di Bologna l’edificio storico è stato completamente sostenuto con 800
micropali da 200 mm di lunghezza 8 m, realizzati con iniezione a pressione di boiacca alla testa del
palo attraverso una valvola di estremità. I pali sono stati realizzati con inclinazione 10° perforando
direttamente le pareti murarie in fondazione..
Nelle figure 10.1 sono illustrate le fasi di realizzazione dei cordoli perimetrali di collegamento delle
palificate nelle gallerie ove è stato realizzato il cavedio di distribuzione impianti della parte interrata
Benedetti – CISM 2005 - 38-

della pinacoteca. Nella figura 10.3 è illustrata la sezione tipica del cavedio con gli elementi
strutturali presenti a rinforzo delle parete confinanti.

figura 10.1: realizzazione delle palificate in fondazione e del cavedio interrato

Nella figura 10.2 è invece illustrata la colonna centrale della parte più antica della Pinacoteca,
risalente al XII secolo. Per tale colonna priva di fondazioni, è stato utilizzato un sistema di forzatura
dei micropali con sospensione della colonna per garantire la sicurezza nel corso della rimozione del
terreno fondale per procedere alla realizzazione del plinto di base a collegare la colonna e i
micropali stessi.
Il procedimento di costruzione ha previsto le seguenti fasi:
a) realizzazione di otto micropali da 12 m intorno alla colonna,
b) realizzazione di una gabbia con angolari e calastrelli e intonaco armato intorno alla colonna,
c) esecuzione di iniezioni armate di stabilizzazione della colonna con appoggi metallici
d) esecuzione di un telaio di contrasto in testa ai micropali,
e) sospensione mediante martinetti della colonna,
f) rimozione del terreno fondale,
Benedetti – CISM 2005 - 39-

g) disposizione dell’armatura e getto del calcestruzzo,


h) taglio della parte dei tubi metallici eccedente il plinto e rimozione del telaio di contrasto.
Alla fine del procedimento le colonne erano direttamente appoggiate sui plinti con il carico
equilibrante già presente nei micropali senza nessun cedimento aggiuntivo.

figura 10.2: realizzazione della fondazione sulle colonne in pietra della Pinacoteca di Bologna

Nel caso invece della ex Sala Borsa, lo scavo era inteso a portare alla luce i reperti archeologici
presenti nel terreno del pavimento interno. In tal caso gli interventi hanno riguardato la
stabilizzazione dei plinti delle colonne del portico attraverso la realizzazione di un sistema di
micropali tubfix in grado di sostenere le colonne stesse e da fungere da berlinese di sostegno delle
parti di terreno non comprese nella zona destinata a scavo archeologico.
Benedetti – CISM 2005 - 40-

Nella figura 10.4 sono illustrate le fasi di sostegno provvisorio delle arcate delle colonne e di
realizzazione dei plinti in calcestruzzo destinati ad inglobare i plinti in muratura presenti al piede
delle colonne.

figura 10.3: schema esecutivo del cavedio impianti nell’interrato della Pinacoteca

Figura 10.4: esecuzione dei plinti e della berlinese per lo scavo della ex Sala Borsa
Benedetti – CISM 2005 - 41-

Ringraziamenti
Le presenti note non sarebbero state possibili senza le pregevoli pubblicazioni sotto indicate:

Lancellotta R., Geotecnica, Zanichelli, 1987,


Lancellotta R, Calavera J., Fondazioni, Mc Graw – Hill Italia, 1999,
Barbarito B., Collaudo e risanamento delle strutture, UTET Libreria, 1993,
Thornburn S., Hutchinson J.F., Underpinning, Surrey University Press, 1985,
Lizzi F., Il consolidamento dei terreni e dei fabbricati, Dari Flaccovio Editore, 1989,
Porbaha A., (2000), State of the art in deep mixing technology. Part IV:design considerations,
Ground Improvement, 3, 111-125,
Juran I., Bruce D.A., Dimillio A., Benslimane A., (1999) , Micropiles: the state of practice. Part II:
design of single micropiles and groups and networks of micropiles, Ground Improvement 3, 89-
110,

dalle quali molte delle formule e delle figure sono state tratte.
Si rimanda quindi alla consultazione delle opere originali indicate per un approfondimento critico e
costruttivo della trattazione necessariamente ridotta di questi appunti.

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