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Il testo è un lamento scritto per la rovinosa sconfitta subìta il 4 sett.

1260 dai
guelfi di Firenze, ad opera dei ghibellini alleatisi con la nemica Siena e
spalleggiati dalle truppe tedesche di Manfredi di Svevia:

nella prima parte (stanze 1-3) Guittone esprime il dolore per il declino di
Firenze, il rimpianto per la grandezza passata (addirittura emulandola a
Roma), la vergogna per l'umiliazione patita (Firenze è stata conquistata dai
nemici);

nella seconda parte (stanze 4-6 e congedo) l'autore dapprima elenca le


roccheforti e le terre sottratte a Firenze da Siena, quindi accusa i ghibellini di
aver venduto la loro città ai nemici senesi per un'effimera vittoria.

La conclusione della canzone usa l'arma dell'ironia, poiché Guittone si rivolge


ancora ai ghibellini e si complimenta con loro per la grande vittoria, che ha
fatto di Firenze una città gloriosa e potente (ovviamente è vero il contrario),
mentre nel congedo è un sarcastico invito ai potenti d'Italia perché proclamino
la superiorità della città toscana, in realtà esposta al rischio di ulteriori
vessazioni.

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