Essendo stato a Cesare riferito ciò, che avevano intenzione di
passare per la nostra provincia, si affretta a partire dalla città (da
Roma) e a tappe il più possibile forzate, si dirige in Gallia transalpina e arriva a Ginevra. Ordina a tutta la provincia il maggior numero possibile di soldati (in Gallia transalpina c’era in tutto una sola legione, ordina di tagliare il ponte che si trovava presso Ginevra. Non appena gli Elvezi furono informati del suo arrivo, gli mandano come ambasciatori i più nobili della popolazione, della cui ambasceria erano a capo Nummeio e Veruclezio, che gli dicessero che avevano intenzione di passare per la provincia senza alcuna cattiva intenzione, perché non avevano nessuna altra via: (gli) chiedono che permetta loro di farlo col suo permesso. Cesare, poiché si ricordava che il console Lucio Cassio era stato ucciso e il suo esercito era stato battuto dagli Elvezi e fatto passare sotto il giogo, non riteneva che glielo si dovesse concedere; né credeva che uomini dall’animo ostile, una volta dato il permesso di passare per la provincia, si sarebbero astenuti dall’arrecare offesa e danno. Tuttavia, per poter lasciar passare del tempo fino a che si radunassero i soldati che aveva ordinato, risponde agli ambasciatori che si prenderà del tempo per decidere: se volevano qualcosa, che tornassero il 13 di aprile.