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Occorre essere religiosi / cristiani per essere buoni?

“Che cosa c'è scritto là? Cristiano. È una parola che significa qualcosa o è soltanto
decorativa? Voi non ammetterete Michael Oher per via dello sport, lo ammetterete
perché è la cosa giusta da fare.”

“Tu gli stai cambiando la vita.” “No, lui sta cambiando la mia”

Wingate scuola cristiana. Con gli uomini questo è possibile, con Dio tutto è possibile.

Sandra Bullock, Dal discorso di premiazione con l'Oscar per The Blind Side
“Non c'è razza, né religione, né classe sociale, né colore, niente, né orientamento
sessuale, che renda noi migliori di qualcun altro. Siamo tutti degni d'amore.“

Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che
quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del
cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi»,
ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le
opere, è morta in se stessa. Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le
opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia
fede.... Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è
morta. (Lettera di Giacomo 2, 14-18.26)

Che cosa apporta l’esperienza religiosa a quella naturalmente umana?

Innanzitutto la natura nostra ci dà l’esigenza di interessarci degli altri. Quando c’è


qualcosa di bello in noi, noi ci sentiamo spinti a comunicarlo agli altri. Quando si
vedono altri che stanno peggio di noi, ci sentiamo spinti ad aiutarli in qualcosa di nostro.
Tale esigenza è talmente originale, talmente naturale, che è in noi prima ancora che ne
siamo coscienti e noi la chiamiamo giustamente legge dell’esistenza.

Quanto più noi viviamo questa esigenza e questo dovere, tanto più realizziamo noi
stessi; comunicare agli altri ci dà proprio l’esperienza di completare noi stessi. Tanto è
vero che, se non riusciamo a dare, ci sentiamo diminuiti. Interessarci degli altri,
comunicarci agli altri, ci fa compiere il supremo, anzi unico, dovere della vita, che è
realizzare noi stessi, compiere noi stessi.

Cristo ci ha fatto capire il perché profondo di tutto ciò svelandoci la legge ultima
dell’essere e della vita: la carità. La legge suprema, cioè, del nostro essere è condividere
l’essere degli altri, è mettere in comune se stessi. Solo Gesù Cristo ci dice tutto questo,
perché Egli sa cos’è ogni cosa, che cos’è Dio da cui nasciamo, che cos’è l’Essere. Tutta
la parola «carità» riesco a spiegarmela quando penso che il Figlio di Dio, amandoci, non
ci ha mandato le sue ricchezze come avrebbe potuto fare, rivoluzionando la nostra
situazione, ma si è fatto misero come noi, ha «condiviso» la nostra nullità

Fattore fondamentale dello sguardo di Gesù Cristo è l’esistenza nell’uomo di una


realtà superiore a quanto è soggetto al tempo e allo spazio. Tutto il mondo non vale
la più piccola persona umana; questa non ha nulla di paragonabile a sé
nell’universo, dal primo istante della sua concezione fino all’ultimo passo della sua
decrepita vecchiaia.
Ogni uomo possiede un principio originale e irriducibile, fondamento di diritti
inalienabili, sorgente di valori. La persona gode di un valore e di un diritto in sé, che
nessuno può attribuirle o toglierle. Il termine “valore” racchiude il motivo, lo scopo di
un’azione, il “ciò per cui vale la pena agire”, o esistere. Quindi, essere sorgente di valori
significa per la persona avere in sé lo scopo del proprio essere ed agire.

Gesù dimostra nella sua esistenza una passione per il singolo, un impeto per la
felicità dell’individuo che porta a considerare il valore della persona come qualcosa
di incommensurabile, di irriducibile.
Il problema dell’esistenza del mondo è la felicità di ogni singolo uomo.
“Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la
propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?” (Mt
16,26)

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