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Dove è dubbio ed errore,

ch’io porti la fede e la verità


1° tempo conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Gv 8, 32)

https://www.youtube.com/watch?v=y4P0YuJRtLQ
Sulla tela un’immagine dipinta in modo così verosimigliante da non lasciare dubbi. Rappresenta sicuamente
un oggetto chiamato pipa. Una didascalia da abbecedario afferma però che no, Ceci n’est pas une pipe. A
questo proposito scrisse il filosofo Michel Foucault nel saggio omonimo: “paragonato alla tradizionale
funzione della didascalia, il testo di Magritte è doppiamente paradossale. Si propone di nominare ciò che,
evidentemente, non ha bisogno di esserlo (la forma è troppo nota, il nome troppo familiare). Ed ecco che nel
momento in cui dovrebbe dare un nome, lo dà negando che sia tale.” La didascalia contesta dunque il criterio
di equivalenza tra somiglianza e affermazione e afferma che la pipa del quadro è solo la rappresentazione di
un oggetto tangibile che non ha niente a che vedere con essa.

A) Antinomie
a. Ha senso parlare di dubbio ed errore, oggi?
 Il dubbio… esiste?
1a Reazione: Con una certa sicurezza ci verrebbe da dire di “NO”; perché … la tecnologia odierna ci pone
tutte le risposte a portata di mano (che noi accettiamo come assolute)
2a Reazione: SI’… quando si tratta della relazione con l’altro (… comprese le persone a cui voglio bene)….
Pensiamo spesso che gli altri ‘fanno qualcosa per noi per tornaconto’ ovvero ‘gli altri, tendenzialmente, ci
fregano’
 L’errore… esiste?
1a Reazione: NO perché l’agito come espressione della mia individualità … non è mai sbagliato
2a Reazione: SI’… quando il mio agito ha a che fare con l’altro

B) Conclusione
Questa non è una pipa. MA se ti fumo in faccia: quella è una pipa anzi è carica di tabacco che è pericoloso per
me e per gli altri (il fumo passivo) ed anche per te (il fumo attivo)
Nella cultura individualista e autoreferenziale, il dubbio e l’errore non esistono. MA… nessuno di noi è
un’isola… la nostra vita è relazione (=noi siamo i legami che costruiamo… nasciamo nella culla e non per
terra)
Ognuno è chiamato ad uscire da sé per appropriarsi della propria umanità: la relazione con l’altro

C) Approfondimento (da Papa Francesco, Angelus 2019))


Gesù non si arresta di fronte alle ferite e agli errori del passato, ma va oltre i peccati e i pregiudizi, tutti noi abbiamo
una storia e ognuno di noi nel suo segreto conosce bene le cose brutte della propria storia. Ma Gesù le guarda per
guarire, invece a noi piace guardare le cose brutte degli altri. Quante volte, quando noi cadiamo, cadiamo nel
chiacchiericcio, nello sparlare degli altri. Ma guarda che orizzonte di vita è questo, Gesù invece sempre guarda il
modo di salvarci e non la storia brutta che noi abbiamo, Gesù va oltre i peccati, Gesù va oltre i pregiudizi, non si
ferma alle apparenze, lo stile di Gesù è avvicinarsi
Finiamo di giudicare gli altri, Gesù ci chiede uno sguardo non giudicante ma accogliente perchè solo l'amore sana la
vita. La Madonna ci aiuti a portare una carezza ai feriti, ai feriti nel cuore e a non giudicare la realtà della persona,
degli altri.

D) Impegno di vita
- Evito di costruire la vita (mia e degli altri) sui pettegolezzi
2° tempo … se uno non nasce dall'alto, non può vedere… (Gv 3,3)

https://www.youtube.com/watch?v=fkzbhWSfkJA
«All’inizio è la relazione» scrive Buber in un passo-chiave. «L’io è incluso nell’evento primitivo della
relazione, sovrastato, trasceso. Perché originario non è l’Io isolato, irrelato, bensì il rapporto Io-Tu. Gli uomini
non sono autosufficienti, destinati ad entrare in contatto con l’alterità solo in seguito, ma sono inseriti sin
dall’inizio nell’evento della relazione». Pertanto, «divento io nel tu» e, «diventando io, dico tu». Pertanto
«ogni vita reale è incontro».
Nella coppia Io-Tu è riconoscibile un’antecedenza, una differenza ontologica, rispetto alla coppia Io-esso.
All’inizio, per Suo volere (per volere di Dio), scrive Buber: «c’è un io e un tu, c’è un dialogo, c’è un linguaggio,
c’è lo spirito, di cui il linguaggio è atto originario, c’è la Parola per l’eternità».

A) Antinomie
a. Ha senso discutere di relazione, oggi?
 L’autoreferenzialità
1a Reazione: … non devo rendere conto delle mie idee a nessuno
 L’individualismo
1a Reazione: … nella mie prassi di vita ho sperimentato che ‘chi fa da sé, fa per tre’

B) Conclusione
Il filosofo Martin Buber ce l’ha insegnato: essere in relazione io-tu significa essere nel solco della verità.
NON sono io la verità MA sono nella Verità che si manifesta nel bene della relazione con l’altro.

Tutti ci rendiamo conto che il presupposto è che la verità NON è solo un codice/norma da rispettare… è una
verità pratica il fatto che ci fermiamo al semaforo rosso CHE PORTA con sé il rispetto dell’altra persona

E’ quindi vero ciò che alimenta la relazione con l’altro: attualizza e concretizza il bene per l’altro. La logica
del bene per l’altro: l’inveramento della relazione con l’altro sta nel servizio per l’altro (…fino al sacrificio)

C) Approfondimento (da Papa Franceso, Fratelli Tutti n° 87))


Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza
«se non attraverso un dono sincero di sé». E ugualmente non giunge a riconoscere a fondo la propria verità se
non nell’incontro con gli altri: «Non comunico effettivamente con me stesso se non nella misura in cui
comunico con l’altro». Questo spiega perché nessuno può sperimentare il valore della vita senza volti concreti
da amare. Qui sta un segreto dell’autentica esistenza umana, perché «la vita sussiste dove c’è legame,
comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di
fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole:
in questi atteggiamenti prevale la morte»

D) Impegno di vita
- Gareggiamo nello stimarci a vicenda
3° tempo perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda (Gv 6, 55)

https://www.youtube.com/watch?v=ybOMVVuKKLQ
L'efficacia salvifica del sacrificio si realizza in pienezza quando ci si comunica ricevendo il corpo e il sangue
del Signore. Il Sacrificio eucaristico è di per sé orientato all'unione intima di noi fedeli con Cristo attraverso
la comunione: riceviamo Lui stesso che si è offerto per noi, il suo corpo che Egli ha consegnato per noi sulla
Croce, il suo sangue che ha « versato per molti, in remissione dei peccati » (Mt 26,28)… Continua Giovanni
Paolo II (nella Ecclesia de Eucharistia) Ricordiamo le sue parole: « Come il Padre, che ha la vita, ha mandato
me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me » (Gv 6,57). È Gesù stesso a
rassicurarci che una tale unione, da Lui asserita in analogia a quella della vita trinitaria, si realizza
veramente. L'Eucaristia è vero banchetto, in cui Cristo si offre come nutrimento. Quando, per la prima volta,
Gesù annuncia questo cibo, gli ascoltatori rimangono stupiti e disorientati, costringendo il Maestro a
sottolineare la verità oggettiva delle sue parole: « In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del
Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita » (Gv 6,53). Non si tratta di un alimento
metaforico: « La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda » (Gv 6,55).

A) Antinomie
 Il mito del ‘self made man’
1a reazione… effettivamente se ci penso bene… quello che sono oggi lo devo solo a me stesso
2° reazione… non devo dire grazie a nessuno… nelle difficoltà ho saputo contare solo su me stesso

B) Conclusione
La Parola di Dio, pertanto, si traduce nella “volontà di Dio” e, viceversa, questa diventa la sua Parola che
opera la salvezza. La sua efficacia non dipende tanto dall’impegno personale, ma dalla forza che scaturisce da
quella Parola divina.

C) Approfondimento
Un imperativo del Papa: “Ascoltate!” Una richiesta ai cristiani, a cominciare dai professionisti della
comunicazione, ma estesa a tutta la Chiesa, perché nei nostri rapporti e nella nostra comunicazione ci sia la
Verità.
a. Ascoltare molto per cercare la Verità
L’obiettivo della comunicazione è sempre la verità. Senza verità non c’è comunicazione, ma qualcos’altro.
Papa Francesco afferma che “la ricerca della Verità comincia dall’ascolto”.
b. Ascoltare per consolare
L’ascolto è oggi molto importante e dev’essere accompagnato dalla consolazione. “Non basta informare o
spiegare. Ascoltare è curare l’altro, perché si tratta di dare a qualcuno l’opportunità di raccontare la sua storia”.
c. Ascolto reciproco
“Il vero ascolto deve basarsi sulla reciprocità: ciascuno sa di avere qualcosa da imparare dall’altro. Il cristiano
sa che a questa dimensione orizzontale deve aggiungere anche la dimensione verticale, ovvero la disponibilità
verso Dio ad accogliere la Sua Parola, che è la capacità di guardare con gli occhi di Dio. E allora l’ascolto
diventa discernimento”
d. Ascolto coraggioso e senza pregiudizi
“Per poter veramente ascoltare ci vuole coraggio, ci vuole un cuore libero e aperto, senza pregiudizi”.
e. Ascolto educativo
“Non basta informare o spiegare. L’obiettivo dell’ascolto non è solo tirar fuori informazioni dall’interlocutore,
ma anche trasformarle, grazie a una partecipazione attiva, attenta alla voce del corpo come anche alle parole”.
f. Ascoltare è molto più che sentire
Ascoltare “è più che sentire”, perché sentire in genere non richiede uno sforzo da parte di chi presta attenzione:
“dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto. Nel mondo tecnologico delle fake news, è imperativo uscire
dalla logica delle strategie che annichiliscono l’ascolto. Ascoltare richiede la ricerca della Verità.”

D) Impegno di vita
Saper dire Grazie; Per Favore; Scusa
4° tempo se tu conoscessi il dono … e chi è colui che ti dice… (Gv 4, 10)

https://www.youtube.com/watch?v=8ozx-kvjA-8

La carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella
sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica
dell’esistenza. L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza.
Talvolta l’uomo moderno è erroneamente convinto di essere il solo autore di se stesso, della sua vita e della
società… Continua Benedetto XVI (nella Charitas in veritate) … essendo dono di Dio assolutamente gratuito,
irrompe nella nostra vita come qualcosa di non dovuto, che trascende ogni legge di giustizia. Il dono per sua
natura oltrepassa il merito, la sua regola è l’eccedenza. Esso ci precede nella nostra stessa anima quale segno
della presenza di Dio in noi e della sua attesa nei nostri confronti.
Perché dono ricevuto da tutti, la carità nella verità è una forza che costituisce la comunità, unifica gli uomini
secondo modalità in cui non ci sono barriere né confini.

A) Antinomie
 Homo faber fortunae suae (l’uomo artefice della sua sorte)
1a reazione … per fortuna NON devo niente a nessuno
2a reazione … non voglio essere in debito con nessuno

B) Conclusione
Ogni nostro dono custodisce sempre questo misterioso meccanismo: si dà e si riceve, in un movimento in cui
le due polarità si mescolano e si intrecciano, tanto da non poter più riconoscere chi sia la parte donante e quella
ricevente. Non c’è dono vero e sincero senza la reciprocità dello scambio, la circolarità della condivisione e
la gioia del contraccambio. Donare non è dare qualcosa MA dare se stessi all’altro… è il nostro spazio e il
nostro tempo, da dare all’altro.
Mentre si consuma il mio tempo e il mio spazio per l’altro, godo del bene della sua presenza

C) Approfondimento
Le esperienze importanti e positive della mia vita sono divenute possibili grazie al contributo fondamentale di
altri. Vi sono indubbiamente individui che, profondamente radicati nel proprio narcisismo, danno tutto per
scontato e dovuto come adorazione del loro ego… L’esito del narcisismo, però, è la frustrazione e la morte
interiore. Ci sono, al contrario, persone che proprio nella gratitudine, rendendosi conto di ciò che hanno e
ricevono, scoprono la sorgente di una vita gioiosa, capace di meravigliarsi facendo scaturire dalle proprie
labbra la parola grazie. Anche in questo caso non sarà difficile far passare tutto questo nella vita di una
comunità cristiana riferirlo al culto cristiano, in genere, e, particolarmente, all’Eucaristia, che è il luogo
specifico e supremo della «gratitudine» cristiana. Il culto cristiano – lo sappiamo – consiste essenzialmente in
una vita capace di rispondere con riconoscenza al dono gratuito e preveniente di Dio: il cristiano vi risponde
facendo della propria vita un ringraziamento, un’eucaristia vivente. Ed è, appunto, con questo riconoscimento
che, nella liturgia eucaristica, la Chiesa inizia il suo grande rendimento di grazie. Un Prefazio del Messale
Romano (il Prefazio Comune IV) ci fa pregare così: «Tu non hai bisogno della nostra lode, ma per un dono
del tuo amore ci chiami a renderti grazie; i nostri inni di benedizione non accrescono la tua grandezza, ma ci
ottengono la grazia che ci salva»

D) Impegno di vita:
NON c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici
5° tempo ecco tuo figlio… ecco tua madre (Gv 19, 26-27)

https://www.youtube.com/watch?v=cAJMcmnvPDs
quello di Gesù è un abbraccio un po’ particolare, perché non aveva le mani e le braccia libere per farlo, bensì
le aveva legate, anzi per la precisione, inchiodate, su una trave di legno. Forse, però, paradossalmente, fu
proprio quella trave a permettergli di abbracciare molte persone, perché gli permise di stendere le sue braccia
fra cielo e terra, in segno di perenne alleanza tra i due. Senza quella trave di legno, le sue braccia sarebbero
miseramente crollate, prive di forza, consumate com’erano dal male che – ingiustamente – avevano subito. E
allora danno vita all’abbraccio più originale della storia: un abbraccio gratis, universale, dato sulla pubblica
via e, soprattutto, a braccia aperte.
Un abbraccio si definisce tale quando le braccia si chiudono intorno all’altra persona, e ricevono altrettanto.
Questo abbraccio fra cielo e terra, invece, avviene a braccia aperte, perché il legno a cui sono affisse, legate,
inchiodate, impedisce loro di chiudersi, dando vita, così, all’abbraccio più originale della storia: quello di Dio
per l’umanità. Che avviene, tra l’altro, proprio nel momento di maggiore distanza tra l’uomo e Dio.
Perché mentre Dio allarga le sue braccia per accoglierlo in un abbraccio d’amore, l’uomo chiude le sue braccia,
conserte, in una sorta di muro di indifferenza; mentre Dio apre le sue braccia sul legno della croce, l’uomo
chiude la sua mente alla comprensione dell’Amore; mentre Dio apre le sue braccia sul legno della croce,
l’uomo chiude le sue orecchie all’ascolto della sua Parola; mentre Dio apre le sue braccia sul legno della croce,
l’uomo chiude i suoi occhi sulle atroci sofferenze che gli sta ingiustamente infliggendo; mentre Dio apre le
sue braccia sul legno della croce, l’uomo chiude il suo cuore di fronte al dolore straziato di una Madre
bisognosa di essere abbracciata, perché le hanno ammazzato il figlio, l’unico figlio, al quale non smette
comunque di guardare con occhi gonfi di amore, come solo una madre è capace di fare. (don Alberto)

A) Antinomie
 Il sacrificio
1a reazione: … sacrificarmi per gli altri? E cosa ci ottengo io… chi me lo fa fare
2° reazione: … già tutta la mia vita è un sacrificio… mai avrei pensato di finire così…

B) Conclusione
- come immagine del voler bene come dono del proprio tempo e del proprio spazio potrebbe essere utile
l'immagine dell'abbraccio
- nell'abbraccio il dono si manifesta come dare il proprio tempo portando l'altro nel proprio spazio;
- nell'abbraccio faccio mie le gioie, le speranze, i desideri, i dolori, la tristezza, le delusioni dell'altro;
- nell'abbraccio ascolto, condivido, conforto, gioisco con l'altro
- nell'abbraccio la mia persona si trasforma in presenza, in cura, in accudimento, in accompagnamento, in una
parola in servizio
- nell'abbraccio, pur consumando per l'altro il mio tempo e il mio spazio sacrificandomi, godo della bellezza
e del bene che è l'altro, rendendo la mia vita piena di senso e di concretezza
- nell'abbraccio realizzo la mia vita manifestando la felicità
- e, come dice il poeta, se ha ragione chi è felice, allora nell'abbraccio comunitario sta la verità della mia vita
- un abbraccio però che ha nel consumarsi del tempo e dello spazio la sua fine
- dunque il servizio, il sacrificio a cosa serve se scompare nel nulla e nell'oblio? Che senso ha? La verità
dell'abbraccio è vera o un'illusione?
- la felicità dell'abbraccio è ciò su cui poggia la speranza in un Abbraccio in cui spazio e tempo non si
consumeranno mai e che la fede dichiara come Verità della vita

C) Approfondimento
“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e
gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale”. In queste parole si verifica un apparente paradosso: mentre
il sacrificio esige di norma la morte della vittima, Paolo ne parla invece in rapporto alla vita del cristiano.
L'espressione “presentare i vostri corpi”, stante il successivo concetto di sacrificio, assume la sfumatura
cultuale di “dare in oblazione, offrire”. L’esortazione a “offrire i corpi” si riferisce all’intera persona; infatti,
in Rm 6, 13 egli invita a “presentare voi stessi”. Del resto, l’esplicito riferimento alla dimensione fisica del
cristiano coincide con l’invito a “glorificare Dio nel vostro corpo” (1 Cor 6,20): si tratta cioè di onorare Dio
nella più concreta esistenza quotidiana, fatta di visibilità relazionale e percepibile.
“Sacrificio”: nell'uso corrente questo termine fa parte di un contesto sacrale e serve a designare lo sgozzamento
di un animale, di cui una parte può essere bruciata in onore degli dèi e un'altra parte essere consumata dagli
offerenti in un banchetto. Paolo lo applica invece alla vita del cristiano. Infatti egli qualifica un tale sacrificio
servendosi di tre aggettivi. Il primo – “vivente” – esprime una vitalità. Il secondo – “santo” – ricorda l'idea
paolina di una santità legata non a luoghi o ad oggetti, ma alla persona stessa dei cristiani. Il terzo – “gradito
a Dio” – richiama forse la frequente espressione biblica del sacrificio “in odore di soavità”
(cfr Lev 1,13.17; 23,18; 26,31; ecc.).
Subito dopo, Paolo definisce così questo nuovo modo di vivere: questo è “il vostro culto spirituale”. I
commentatori del testo sanno bene che l'espressione greca (tēn logikēn latreían) non è di facile traduzione. La
Bibbia latina traduce: “rationabile obsequium”. La stessa parola “rationabile” appare nella prima Preghiera
eucaristica, il Canone Romano: in esso si prega che Dio accetti questa offerta come “rationabile”. La consueta
traduzione italiana “culto spirituale” non riflette tutte le sfumature del testo greco (e neppure di quello latino).
In ogni caso non si tratta di un culto meno reale, o addirittura solo metaforico, ma di un culto più concreto e
realistico – un culto nel quale l’uomo stesso nella sua totalità di un essere dotato di ragione, diventa adorazione,
glorificazione del Dio vivente (l’uomo stesso diventa la gloria di Dio).

D) Impegno di vita
Nella celebrazione dell’Eucaristia viene assunto e offerto a Dio il lavoro. Nel pane e nel vino il celebrante
presenta a Dio il “frutto della terra e del lavoro dell’uomo”. Ecco il senso grande del lavoro: «nel lavoro umano
il cristiano ritrova una piccola parte della croce di Cristo e l’accetta nello stesso spirito di redenzione nel quale
Cristo ha accettato per noi la croce» (Giovanni Paolo II, Enciclica Laborem exercens, 27). Partecipando
all’Eucaristia preghiamo, anche, perché tutti possano avere un lavoro onesto e dignitoso.
C’è un altro aspetto del “sacrificio eucaristico” che è importante considerare e interiorizzare.
All’offerta del pane e del vino, collocata sull’altare affinché divengano corpo di Cristo, la Chiesa chiede che
si uniscano le offerte per i poveri, che rappresentano anch’essi il corpo di Cristo e sono da collocare nel cuore
della Chiesa, custoditi e venerati con la carità. È importante far comprendere e vivere questo atteggiamento,
come scrive Benedetto XVI: «La frazione del pane eucaristico deve proseguire nello “spezzare il pane” della
vita quotidiana, nella disponibilità a condividere quanto si possiede, a donare e così vivere. È semplicemente
l’amore in tutta la sua immensità che si manifesta in questo gesto, e con esso il nuovo concetto cristiano di
culto e di cura per il prossimo»
6° tempo volete forse diventare anche voi suoi discepoli? (Gv 9,27)

https://www.youtube.com/watch?v=ENAlUCevrxY

Amici, vorrei essere chiaro con voi, che siete allergici alle falsità e alle parole vuote: nella Chiesa c’è spazio
per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti. E questo
Gesù lo dice chiaramente quando manda gli apostoli a invitare al banchetto di quell’uomo che lo aveva
preparato, dice: “Andate e portate tutti, giovani e vecchi, sani e malati, giusti e peccatori: tutti, tutti, tutti”.
Nella Chiesa c’è posto per tutti. “Padre, ma io sono un disgraziato…, sono una disgraziata, c’è posto per me?”.
C’è posto per tutti! Tutti insieme, ognuno nella sua lingua, ripeta con me: “Tutti, tutti, tutti!”. [ripetono] Non
si sente, ancora! “Tutti, tutti, tutti!”. E questa è la Chiesa, la Madre di tutti. C’è posto per tutti. Il Signore non
punta il dito, ma apre le sue braccia. Questo ci fa pensare: il Signore non sa fare questo [puntare il dito], ma
sa fare questo [abbracciare], ci abbraccia tutti. Ce lo mostra Gesù in croce, che tanto ha aperto le sue braccia
da essere crocifisso e morire per noi. Gesù non chiude mai la porta, mai, ma ti invita a entrare: “entra e vedi”.
Gesù ti riceve, Gesù accoglie. In questi giorni ciascuno di noi trasmetta il linguaggio d’amore di Gesù: “Dio
ti ama, Dio ti chiama”. Che bello che è questo! Dio mi ama, Dio mi chiama, vuole che io sia vicino a Lui.
(papa Francesco ai giovani della GMG)

A) Antinomie
 La comunità… vale ancora la pena?
1a reazione… chi fa da sé, fa per tre
2a reazione… quando cerchi una mano disposta ad aiutarti davvero, cerca in fondo al tuo braccio

B) Conclusione
“per educare un bambino ci vuole un villaggio”
*«Riappropriatevi, cari giovani (di tre valori): del valore della famiglia: amatela non solo per tradizione, ma
per una scelta matura e consapevole»; secondo valore: «la seria formazione intellettuale e morale (è)
indispensabile per progettare e costruire il vostro futuro e quello della società»; «il terzo, grande valore è una
fede sincera e profonda che diventi sostanza della vostra vita»
* «Incontrare giovani fa bene a tutti. Essi hanno a volte tante difficoltà, ma portano in sé tanta speranza, tanto
entusiasmo, tanta voglia di ricominciare. Giovani amici, voi custodite in voi stessi la dinamica del futuro… Io
vi dico: Coraggio! Osate decisioni definitive perché in verità queste sono le sole che non distruggono la libertà,
ma creano la giusta direzione».
* «Nell’educazione delle nuove generazioni non dobbiamo avere alcun timore di porre la verità della fede a
confronto con le autentiche conquiste della conoscenza umana, nella sicura certezza che Gesù Cristo è e
rimane il Signore di tutta la creazione e di tutta la storia». Ciò richiede a sacerdoti e educatori di «promuovere
una vera e propria ‘pastorale dell’intelligenza’», ma anche riconoscere come «spazio privilegiato» la
preghiera, segnatamente l’incontro con Gesù nell’Eucaristia

C) Approfondimento
Gesù Risorto, presente nella sua Chiesa fino alla fine dei tempi, non può essere isolato dalla “costellazione”
della sua vita storica, come ce la presenta il Nuovo Testamento. Questa “Costellazione umana” attorno a Gesù,
nella nuova comunità scaturita dalla sua risurrezione, rimane – con la sua esperienza di risposta al Dio
incarnato, per opera dello Spirito Santo, in Gesù Cristo – come una dimensione costitutiva del suo Corpo, la
Chiesa.
*È ovvio che Pietro, il primo fra gli apostoli, trova una sua continuazione nel Papa e nei vescovi. Esclamarono
i vescovi radunati a Calcedonia: “Pietro parla attraverso Leone”. Vale a dire: pur nella indiscutibile singolarità
della persona di Pietro, c’è una presenza mistica di Pietro nei suoi successori.

Ma anche gli altri personaggi che hanno avuto missioni fondanti, rimangono presenti nella vita della Chiesa,
nel senso che quanto loro vivevano nell’incontro con Gesù (nella loro esperienza di fede) si riflette nel
cammino del popolo di Dio.

*Giovanni Battista, che ha dato la sua vita per testimoniare Gesù-Verità, continua ad essere presente nella
Chiesa attraverso la dimensione del martirio. Basti pensare come nel secolo trascorso ci siano stati altrettanti
martiri quanti in tutti i secoli precedenti.
*Il discepolo amato, Giovanni, rappresenta l’aspetto della contemplazione d’amore che si perpetua anch’esso
nel cuore della Chiesa. Questa dimensione è rappresentata da tutti coloro che si impegnano a vivere i consigli
evangelici e la cui missione è quella dell’amore contemplativo. Con la loro vita e testimonianza essi
comunicano il messaggio che nell’amore tutto è possibile.
*Il principio jacobita è basato su Giacomo, fratello-cugino del Signore, che pare abbia preso il posto di Pietro
quando questi lasciò Gerusalemme (At 12, 17). Al cosiddetto Concilio degli apostoli egli portò avanti la
mozione decisiva per la riconciliazione tra cristiani giudei e gentili (At 15, 13-21). Giacomo rappresenta
soprattutto la continuità tra l’antica e la nuova alleanza, la tradizione. È anche questa una dimensione
permanente: custodire il senso storico, la continuità, la tradizione, e quindi tornare sempre alle origini.
*Paolo non ha conosciuto Gesù nella sua vita terrena, ma il Cristo Risorto si è manifestato a lui in un modo
unico, tanto da poter annoverare pure lui fra quanti compongono la “costellazione” di persone attorno a Gesù
nell’epoca fondante della Chiesa. Paolo è missionario, apostolo dei gentili. Vediamo continuare la sua
missione nell’irruzione dall’alto, imprevista e sempre nuova, di missioni inedite nella storia della Chiesa. È
un principio profetico, in cui sono implicati i grandi carismi missionari, le grandi conversioni, le grandi visioni
che si riversano sulla Chiesa in virtù di parole che vengono dallo Spirito.
*Potremmo similmente considerare come la missione delle due sorelle di Betania, Maria e Marta, amiche di
Gesù, abbia una sua continuazione nelle esperienze di ospitalità, di servizio, di amicizia e di amore concreto
che troviamo nella Chiesa. E si potrebbe proseguire, mettendo in luce come tutte le missioni fondanti
all’origine sono continuate lungo i secoli nelle molteplici dimensioni della vita e della fede della Chiesa.
*Continuano nella vita della Chiesa pure la presenza e il carisma di Maria. Anzi, per la sua posizione tutta
particolare nel mistero della salvezza, Maria ha nella Chiesa – come hanno sottolineato Papa Wojtyla e Papa
Ratzinger – una missione e un carisma che includono e animano dal di dentro tutti gli altri profili. Con il suo
duplice “fiat”, Maria porta lo spirito vero e universale che sta alla base di tutta la vasta gamma di carismi che,
nella molteplicità delle loro espressioni, sostengono e arricchiscono il cammino del popolo di Dio nella storia.

D) Impegno di vita
Partecipare alla vita della Chiesa con il proprio Carisma

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