Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
50 Pagina 1
ARCHITECTURA
1
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 2
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 3
Gioia Seminario
Paolo Portoghesi
L’architettura come riflesso dell’anima
Copertina:
ISBN 978-88-95430-10-2
E.S.A. - Edizioni Scientifiche e Artistiche
© 2009 Proprietà letteraria artistica e scientifica riservata
www.edizioniesa.com info@edizioniesa.com
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 5
Ai miei genitori
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 6
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 7
Nota dell’Editore
9
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 10
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 11
Presentazione
Sono ormai dieci anni che insegno nella facoltà di Architettura di Napoli
Federico II e il nome di Paolo Portoghesi è sempre stato molto ricorrente
nelle mie lezioni. Presso i giovani studenti napoletani la fama e la figura del-
l’architetto romano è molto nota e, nel mio piccolo, ho contribuito a fare in
modo che questi guardassero al mio maestro come ad un esempio di archi-
tetto capace di “interpretare” e rappresentare ad un tempo i molti ruoli che la
disciplina offre e che lui ha saputo interpretare in modo poliedrico, ma totale:
progettista e professionista, storico dell’architettura e uomo di cultura ster-
minata, autore di libri e fondatore di riviste, ma soprattutto appassionato del-
l’architettura, eletta al centro del suo universo.
Il trasporto con il quale parlo di Paolo Portoghesi ai miei studenti ha fatto
breccia in molti di loro che costantemente mi chiedono notizie sulla sua poe-
tica e dettagli circa il suo modo di progettare.
Gioia Seminario è stata, tra i miei allievi, la prima ad interessarsi compiuta-
mente della sua opera, essendo stata anche la prima a vincere, al termine degli
studi universitari, un dottorato di ricerca che le ha consentito di approfondire,
in ambito accademico, lo studio sul nostro caposcuola di tante e tante gene-
razioni di architetti. E, sebbene non abbia avuto il piacere di seguirla ufficial-
mente nella ricerca universitaria, ho egualmente avuto l’opportunità di
sostenerla nel raccontarle la mia personale esperienza al fianco di Portoghesi
e, qualche volta, di indirizzarla nello svolgimento specifico della ricerca.
Tuttavia, l’interesse della Seminario verso la figura di Paolo Portoghesi è
nato, al di là dei miei racconti, quando, ancora giovanissima e alla soglia della
laurea, mi ha proposto di scrivere un libro che riguardasse la mia opera di ar-
chitetto: il libro, intitolato L’architettura sensibile di Giancarlo Priori, ha messo
la giovane studiosa a più stretto contatto con la sfera portoghesiana, in quanto
il professore è stato autore di una splendida prefazione.
Il libro fu pubblicato nel 2004 e Gioia Seminario, ispirata da questo in-
contro, ha scelto di dedicare la propria ricerca di dottorato al nostro mae-
stro. Sono stato presente, qualche volta, agli incontri di studio ed ho potuto
11
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 12
GIOIA SEMINARIO
apprezzare quanto la Seminario rimanesse affascinata dal sapere del suo in-
terlocutore.
Sebbene riveduto ampiamente, anche in termini editoriali, il risultato delle ri-
cerche universitarie e della tesi di dottorato viene riproposto in questo testo, fa-
cendo ulteriore tesoro di altri suggerimenti del professore. In differenti incontri,
avvenuti tra Calcata e Roma, infatti, il professore ha avuto modo di guidare la
giovane ricercatrice negli ambiti più profondi della propria architettura.
Portoghesi e Seminario hanno poi usato la metodologia dell’intervista che
offre sempre i caratteri della spontaneità e della freschezza e che l’architetto,
grazie ad una capacità oratoria eccezionale, rende viva e precisa.
Impreziosisce questo lavoro, che assume le caratteristiche di un saggio, il
bel contributo di Lucio Valerio Barbera che, oltre ad arricchire i lettori di no-
tizie su Paolo Portoghesi, ha offerto, anche a me personalmente, una precisa
visione dell’architetto ai tempi in cui era ancora studente.
Il Ricordo di un giovane Paolo Portoghesi coglie in più occasioni alcuni aspetti
che, visti in filigrana, aiutano a completare la conoscenza della sua complessa
personalità.
Un fascino particolare assume il pezzo di Barbera quando “tratteggia” Paolo
ancora studente che però già si porgeva come un riferimento per molti, fa-
cendo comprendere anche come gli studenti di allora sentissero con forza il bi-
sogno del confronto tra le diverse “correnti” architettoniche.
Leggendo questo libro si ripercorrono cinquant’anni e più di una attività di
ricerca orientata in un certo modo, una ricerca basata sulla continuità e sul-
l’innovazione, dove luogo e natura sono le invarianti di sempre. Una ricerca
divenuta fondamento per la cultura architettonica italiana e non solo e che
Gioia Seminario ripropone all’attenzione degli addetti ai lavori, inserendo
un’altra tarsia per la conoscenza del pensiero di Paolo Portoghesi, così sem-
plice e così complesso.
Giancarlo Priori
12
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 13
Prefazione
13
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 14
GIOIA SEMINARIO
14
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 15
15
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 16
GIOIA SEMINARIO
– sul valore della tradizione – non tanto nelle forme che tramanda, negli ap-
procci, ma come processo di trasmissione del sapere e della cultura.
Egli ricordava come questi professori da noi tanto criticati, che erano stati
ed erano ancora dei grandi professionisti, e che avevano gettato la loro ombra
a volte imponente sull’architettura della città, restavano l’unico elemento vero
di trasmissione della cultura profonda, anche se naturalmente le loro scelte
linguistiche potevano essere contestate e dovevano essere superate. Un di-
scorso difficile, questo, perché quando si è giovani si è piuttosto rivoluzionari,
si vogliono cancellare – simbolicamente – tutti coloro che rappresentano il
passato, e ciò avveniva soprattutto quando si faceva coincidere questo pas-
sato col passato fascista, compromesso moralmente e politicamente.
Però fu un discorso molto forte, perché alla scuola di una volta, uno stu-
dente di punta, culturalmente molto attrezzato, fece un discorso in cui si di-
chiarò sostanzialmente contro le posizioni avanguardiste, per una continuità.
Ed è questo l’elemento da cui si evince l’interesse di Portoghesi alla storia del-
l’architettura, come continuo deposito della nostra disciplina. E se, in fondo,
questo concetto di deposito deriva dall’insegnamento di Wright, esso richiama
anche la memoria cattolica, in cui la tradizione si chiama depositum fidei, de-
posito della fede, e rappresenta quel bagaglio dal quale trarre continua ispira-
zione, e soprattutto col quale fare scelte. Ciò significa che esso non è un bagaglio
da portarsi così come lo riceviamo dall’altra parte del nostro fiume. Ognuno di
noi, ogni generazione pensa di attraversare il suo fiume, e poi c’è la generazione
successiva che attraversa il suo: noi non dobbiamo, almeno per quello che mi
sembrò di capire allora di Portoghesi, attraversare il fiume con tutte le scelte che
sono state fatte prima di noi, ma con tutto il bagaglio del depositum disciplinae:
e dobbiamo portarlo dall’altra parte perché esso è la bellezza del nostro essere
architetti. Questa era una posizione per quei tempi assolutamente nuova, direi
a suo modo rivoluzionaria rispetto ad una posizione che sembrava essere rivo-
luzionaria ma era in realtà più semplice, di essere contro la generazione prece-
dente, contro il passato, fautori di un taglio netto, limitandosi a sostenere che il
problema dell’Italia sia quello di mettersi alla pari con le nazioni più avanzate.
Si individuano così due elementi che rendono singolare ed importante l’ope-
rato di Paolo Portoghesi: il rapporto molto stretto tra architettura-geometria-
16
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 17
17
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 18
GIOIA SEMINARIO
come ho fatto anch’io quand’ero giovane – alle esperienze formali del nord-
Europa, in particolare agli olandesi, agli anglosassoni: non immaginano che
molti di questi autori, Steven Holl, Ben Van Berkel, adoperano la geometria
in maniera molto attenta, come matrice di forma e di controllo della forma, ge-
nerando anche geometrie estremamente complesse.
In Italia mi sembra che questa lezione di Portoghesi per ora non sia stata
compresa che da pochissimi. Si fa un’architettura istintiva, perché l’istinto de-
v’esserci sempre: un impulso quasi biologico verso un linguaggio piuttosto
che verso un altro è sempre parte essenziale del nostro essere. Però oggi pre-
vale questo istinto, questo essere trascinati dall’idea che l’architettura è arte
pura e crea degli oggetti senza scala che possono essere di qualsiasi dimen-
sione. Si progettano edifici che potrebbero essere piccoli oggetti da mettere sul
tavolo oppure grattacieli, indifferentemente: una circostanza che ha total-
mente deteriorato il rapporto tra design e architettura. Prima quando si di-
ceva dal cucchiaio alla città in realtà si definivano le dimensioni: il cucchiaio
serviva a certe cose, mentre la città comprendeva tutti i cucchiai più tutte le
case più tutte le finestre, e così via. Ed è tutt’altro: quando si diceva dal cuc-
chiaio alla città, non si davano due generi, ma due scale. Oggi mi sembra che
si progetti a una sola scala, la scala dell’oggetto di design. L’oggetto di design
ha bisogno di un assoluto controllo geometrico, ben lo sanno coloro che pro-
gettano, che fanno design in genere, architettonico o oggettistico, con il com-
puter: è difficilissimo adoperare il computer se non si ha quest’accortezza al
controllo geometrico. Però il computer ci aiuta moltissimo perché ci dà delle
cose prefatte, delle funzioni che girano da sole: se spostiamo un punto lungo
una spline, oppure un punto di controllo di un volume, non conosciamo ne-
anche la funzione di cui stiamo variando i dati e ci pensa il computer a mo-
strarci una forma, che magari non è quella che noi ci aspettavamo, ma che
dobbiamo accettare perché il programma è così impostato.
In questo senso non mi sembra che la lezione di Paolo Portoghesi sia stata
capita, anche se sarebbe molto facile mettere in relazione le ricerche mate-
matiche di alcuni olandesi – i migliori – e di alcuni anglosassoni straordinari
con la italianissima maniera di concepire il rapporto tra architettura e stru-
menti matematici e geometrici del suo controllo, e soprattutto questo rap-
18
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 19
19
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 20
GIOIA SEMINARIO
anche di duecento anni per certi versi. Ci sono state fasi in cui quel che è av-
venuto in Inghilterra si può studiare in maniera quasi meccanica, quasi come
un esercizio sperimentale di laboratorio. La città moderna in Inghilterra – lo
sappiamo – nasce prima, nasce nel Settecento, e porta alla luce l’insufficienza
della società: da una parte c’erano i signori che erano sempre stati in città,
presso la corte, e dall’altra queste genti nuove di campagna che si imborghe-
sivano, diventavano molto ricche e cominciavano a diventare folla, una folla
incolta, che però aveva esigenza e diritto di trovare la propria identità cultu-
rale, che non era tutta nel passato ma doveva essere nuova. Quello fu il pe-
riodo in cui stranamente gli architetti inglesi inventarono un’architettura
sommaria, di grande efficacia dal punto di vista del funzionamento della città,
ma anche di grande comprensibilità.
Il palladianesimo inglese si diffonde veramente due secoli dopo la vicenda
terrena di Palladio, anche se era stato quasi immediatamente propagandato in
Inghilterra da Inigo Jones. Perché questo, e in che forma viene utilizzata l’ar-
chitettura palladiana, con strumenti di diffusione di qualità superiore? Esat-
tamente come il melodramma, cioè la musica cantabile, ha diffuso i principi
musicali rinascimentali che erano molto alti, l’architettura di Palladio ha rice-
vuto con il palladianesimo inglese la massima difusione: mentre l’opera del
maestro è, come tutte le grandi architetture, molto ardua e fatta di sottigliezze,
l’architettura palladiana rende cantabile l’architettura rinascimentale, ren-
dendola apprezzabile al vasto pubblico. Così come non troveremo nessuno
in Italia che canta un pezzo di Monteverdi, tutti invece sapranno cantare un
pezzo di Verdi. Questa trasposizione della cultura alta in cultura cantabile,
non significa far perdere la sua dignità al gesto artistico, significa però capire
che la comprensibilità è fondamentale se si vuole affrontare una società di
massa che cerca di migliorare la dirittura. Basti pensare che in quel periodo in
Inghilterra, la moglie e la figlia di un bifolco, arricchito perché si era messo a
fare il commerciante, che veniva dal Sussex o dal nord, andava a Londra e si
prendeva una casa a schiera, andava a fare i bagni termali a Bath, e trovava il
rigoglio anche commerciale dell’architettura palladiana, che era comprensi-
bile, era chiara, era semplice, aveva dei riferimenti simbolici di grande impatto
per chiunque. E senza saperlo, ma con grande godimento personale e piacere,
20
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 21
per queste due vie il loro spirito collettivo veniva irrigato di cultura rinasci-
mentale con stile occidentale.
Naturalmente ciò che potevano fare i due Woods a Bath o Haendel a Lon-
dra è eminentissimo, sono capolavori dell’architettura, capolavori della mu-
sica. Ma sono architettura e musica che non tengono conto della corte più
raffinata, dove addirittura l’alimento della raffinatezza è a volte la stravaganza,
l’innovazione assoluta, la sorpresa, ma tiene conto del fatto che l’interlocu-
tore è una società larga e che ha bisogno per entrare nel mondo di una cultura
nuova di simboli e di movenze – all’atto della scena – comprensibili. Com-
prensibili sotto tutti i punti di vista: dal punto di vista del linguaggio, della tra-
smissione del significato; comprensibili perché immediatamente toccano
emozioni profonde, che sono memoria, ricordo, tutto ciò che attiene ai mec-
canismi di percezione interni a ciascuno di noi. Ecco, io credo che Portoghesi
abbia chiarissimo questo concetto.
Andando in treno a Maratea passo per Sapri. Dal treno, in un punto che si
trova a una quota un pochino più alta, su un terrapieno o forse su un viadot-
tino antico, a un certo punto nella massa di brutte case del luogo – Sapri è un
posto bellissimo, rovinato da un’edilizia che è stata sempre brutta, anche ai
tempi di Carlo Pisacane – su tutto emerge la parte superiore di una palazzina
di Paolo Portoghesi. E‘ una di quelle palazzine a pianta centrale con un tetto
– più o meno – a padiglione e con un’altana molto trasparente, fatta con dei
pilastri e un altro piccolo tetto – più che un’altana è una lanterna tratta quasi
per gioco da una cupola minore di Roma e poi tesa, quadrata per ragioni di ti-
pologia. Ecco questa palazzina, che a molti dei miei coetanei, amici, allievi
sembra una cosa di assoluto poco conto o addirittura un esempio di ciò che
non bisogna fare, in se ha una serie di elementi estremamente positivi. Emana
attorno a se il senso dell’abitare, che è il senso di vivere in un mondo migliore
di quello che c’è attorno. E non c’è bisogno di essere dei raffinati intenditori
di architettura: io credo che una persona qualsiasi di Sapri vedendo quella pa-
lazzina e vedendo il resto vorrebbe andare ad abitarci.
Di che parla quella palazzina? Essa parla prima di tutto dell’architettura
come decoro della vita, non soltanto quindi come ricetto – come luogo che ci
protegge dalle intemperie, che ci permette di sopravvivere – ma come rap-
21
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 22
GIOIA SEMINARIO
presentazione dell’utente: chi vi abita vuole che il suo autoritratto sia la casa
stessa, che questa assorba la sua identità e la restituisca a un livello superiore.
C’è civiltà, c’è garbo, c’è decoro, c’è un rapporto sereno con la storia – seb-
bene non definita: il Barocco, il Settecento, l’Ottocento, il Novecento. È, se vo-
gliamo, un’architettura cantabile, cioè comprensibile, che si memorizza e nella
quale ci si identifica con grande facilità. Non pone problemi di comprensione
di un contrappunto troppo complesso, ma in se ha tutti gli elementi – non me
manca uno – ha tutte le note che servono per fare di quell’architettura una
grande architettura residenziale. E a considerare questo, mi sembra chiaro che
durante il periodo che passa col nome di postmoderno, specialmente all’ini-
zio di questo tempo di dissenso – è finito il proibizionismo – in realtà Paolo
non intendesse riferirsi al proibizionismo di adoperare un arco o una serliana
o altro, piuttosto a questa forma di autocensura o, meglio, di presunzione che
l’architettura per essere tale dovesse essere concepita per i cortigiani di un
principe virtuale, raffinatissimi, che sapessero cogliere sottigliezze anche dove
non ce n’erano o dove erano così tenui o così forzate da riuscire incompren-
sibili alla massa delle persone.
Se per un attimo ci rifacciamo al filone della grande letteratura italiana mo-
derna, ritroveremo dei casi del tutto analoghi. Questa infatti è riuscita a dare
alla luce opere somme in cui è vivo il rapporto delle strutture storiche della
poesia o della letteratura con il linguaggio popolare, quindi sedimentato nella
nostra quotidianità. Le parole che adopera Giovanni Pascoli sono tratte dai
dialetti, dal linguaggio corrente, ma nello stesso tempo sono tratte anche dal-
l’inglese, dai suoni che egli rende onomatopeicamente, gli uccelli, i boschi
sotto il vento, o altro. Le strutture sono assolutamente classiche, la poesia in
terzine pascoliana è la poesia in terzine dantesca. Ma questi fa della sua espe-
rienza poetica un laboratorio che forse non ha avuto pari in Italia. Tocca quasi
sempre direttamente le emozioni, e non si fa schermo con astrusità di una sog-
gezione alla piccola corte degli intenditori, ma ha anche un livello di cultura
che è da intenditori. Pasolini fa lo stesso, basta guardare le sue poesie e ci si ac-
corge che egli adopera la terzina pascoliana come Pascoli adoperava la poesia
dantesca, continua in maniera direi addirittura ossessiva a pescare nel lin-
guaggio comune, quella che io amo dire la ricerca del sublime del linguaggio
22
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 23
basso, che poi è la stessa ricerca di Ridolfi. E credo che Portoghesi, con le sue
caratteristiche proprie – i paragoni sono sempre difficili da fare, non reggono
dopo una prima lettura superficiale, giustamente – faccia parte di questa
grande tradizione italiana di innovatori della cultura e anche, in qualche modo,
di innovatori della società. La sua opera necessitava di essere riletta in questo
senso, mettendo in luce criticamente un personaggio complesso la cui perso-
nalità, la formazione culturale, l’opera e il lascito che sta offrendo alle future
generazioni meritano di essere rimessi in luce.
23
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 24
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 25
Il riflesso dell’anima
Incontrai per la prima volta Paolo Portoghesi nel Maggio del 2005, nel suo
studio di Calcata. L’impatto con questo luogo fu da subito stimolante per la
vivace fantasia di una giovane architetto alla ricerca di un’impronta per i
propri studi, eppure allora non mi si era ancora pienamente chiarito quello
che il tempo e la ricerca hanno lentamente delineato nella mia mente.
Arrivai a Monte Menutello di pomeriggio. In una campagna inondata di
sole, di un verde sorprendente per chi viene dalla città, scorsi tra gli alberi,
come in una proiezione onirica, un piccolo edificio dalla facciata preziosa
come un ricamo, che già al primo sguardo si percepiva ricca di memorie e
di simboli ma che anche lasciava quel senso di indeterminazione che era già
di per se un invito ad entrare.
Tuttavia mi soffermai a lungo su quell’immagine, vista tanto spesso in
fotografia. Aveva per me tanti volti quella facciata, muta ed insieme par-
lante, granitica e dolce. Aveva i diversi aspetti di quest’uomo allo stesso
tempo tanto chiaro e profondamente imperscrutabile, raccontava di lavoro
artigiano e di poesia, di memoria e di ricerca, di natura e di artificio. Par-
lava insomma di tutto quello che costituisce la materia stessa dell’essere un
architetto, al di là delle convenzioni stilistiche di un dato tempo storico, ma
in una vera e propria condizione di dinamica fissità, in cui si percepisce il
movimento, ma il senso di permanenza è esaltato.
Ed entrandovi questa intima sensazione non fu disattesa. Lo studio non era
un luogo di memorie, come in tanti avevano sottinteso, e tantomeno un aset-
tico atelier alla moda: era un ambiente semplice, in cui l’utilità trovava ri-
sposte originali e funzionali insieme.
25
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 26
GIOIA SEMINARIO
1 - Il termine progresso proviene dal latino progrèssus che significa letteralmente cammino,
essendo composto dal prefisso pro (avanti) e dal suffisso gressus (passo), che è anche il
participio passato di gradi, camminare. Progredire è dunque muovere in avanti, incre-
mentare, avanzare. Va da se che il termine non implica letteralmente superamento.
26
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 27
27
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 28
GIOIA SEMINARIO
non tanto l’aver verificato, quanto l’aver misurato la coincidenza tra le due
cose: dando dunque per acquisito il necessario collegamento tra teoria e
pratica, le pagine che seguono si rivolgono a chiarire quanto l’opera di teo-
rico e di storico abbia influito sulla ricerca architettonica di Portoghesi e
quanto, viceversa, la ricerca architettonica ne abbia condizionato l’indagine
storica, dando la misura dell’efficacia del suo lavoro nell’ambito più vasto
della cultura italiana della seconda metà del Novecento.
È il resoconto di un’attività dalla natura estremamente complessa, ma anche
la storia di una vita dedicata all’architettura, raccontata tra critica e cronaca
per mettere in luce gli infiniti volti di un architetto dalla sensibilità d’artista.
28
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 29
2 - Cfr. P. PORTOGHESI, Dopo l’architettura moderna, ed. Laterza , Bari 1980, pag. 82.
3 - Cfr. L. BENEVOLO, L’architettura nell’Italia contemporanea, ed. Laterza, Bari 2006 (ul-
tima edizione), pag. 189.
4 - La ricerca, condotta a cavallo tra gli anni sessanta e settanta insieme a Vittorio Gigliotti, pro-
cede in parallelo con l’opera teorica e pratica di Ch. NORBERG SCHULZ che, in merito agli studi
di Portoghesi e Gigliotti pubblicherà il libro Alla ricerca dell’architettura perduta, ed. Officina,
Roma 1976. Una più diffusa trattazione di questo tema è rinviata ad un capitolo successivo.
5 - Il riferimento è al dibattito che ha coinvolto la Facoltà di architettura di Milano sul fi-
nire degli anni Sessanta. La polemica, ampiamente documentata nelle cronache del tempo
è in P. PORTOGHESI, Le inibizioni dell’architettura moderna, ed. Laterza, Bari 1974 (Parte
Terza), ma anche in AA.VV. Cronaca di una polemica in Controspazio n. 10-11 del nov.
1971, pagg. 2 a 11; in P. PORTOGHESI, L’architetto è un fossile. Chi lo nega va in castigo in
L’Espresso n.48 del 28/11/1971, pag. 2; in P. PORTOGHESI, Perché Milano. Une saison en
enfer in Controspazio n. 1 del giu. 1973, pagg. 6 a 9.
29
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 30
GIOIA SEMINARIO
fig. 2 - La Sede centrale della Democrazia Cristiana di Saverio Muratori, Roma 1955/58.
30
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 31
31
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 32
GIOIA SEMINARIO
petenza proveniente dalla storia, in cui egli riconosce una grande quantità
di regole compositive capaci di arricchire le attuali metodologie di ricerca.
Riconsiderare l’antichità significa, in primo luogo, non già disconoscere
il passato recente, ma cercare di reintegrarne il metodo con l’eredità di espe-
rienze che la storia più antica ci ha lasciato. I problemi che impegnano il
ruolo stesso dell’architetto nella società del tempo9
possono risolversi – scrive nel 1960 – solo nell’impegno di un dialogo serrato
e analitico che realizzi quella revisione nella continuità, unico modo di non
tradire la spinta interiore che è la parte perennemente valida delle esperienze
che vengono riunite sotto l’etichetta del Movimento Moderno.
Se è possibile, in questa affermazione, cogliere il riferimento alla pole-
mica che sul finire degli anni Cinquanta interessò il mondo della cultura
architettonica – la cui trattazione rimandiamo alle pagine successive – è al-
tresì sottolineata da Portoghesi l’importanza di reimmettere l’eredità del
passato nel percorso di risoluzione delle problematiche attuali.
Se questa interpretazione del ruolo della storia implica necessariamente
una profonda selezione dell’insegnamento lasciatoci dai nostri predeces-
sori, un valore fondamentale è da attribuire alla definizione di storia come
strumento di giudizio che implica una visione critica dell’evento remoto, e
consente di mettere a confronto i vari stili, indagando profondamente lo
spirito dei tempi che li hanno animati. Questa visione critica, che registra
certamente le considerazioni sulla modernità del Barocco formulate da Sig-
fried Giedon nel testo Spazio, tempo, architettura10 e abbraccia ed estende
al campo architettonico gli asserti registrati da Walter Benjamin nel suo
32
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 33
33
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 34
GIOIA SEMINARIO
12 - In Casabella n. 215 del 1957, alla lettera di R. GABETTI e A. ISOLA allegata al progetto
e intitolata L’impegno della tradizione, pagg. 63 e 64, fa seguito l’intervento di V. GREGOTTI
a pag. 64. Ad essa fa riferimento anche l’editoriale di E. N. ROGERS Continuità o crisi?,
pagg. 3 e 4, che discute i problemi legati all’eredità del Movimento Moderno.
13 - Si veda qui, a partire dalla polemica del 1958 innescata da R. BANHAM su The Architec-
tural Review (nota 18) - che avrà ampio riscontro di critica in Italia con articoli come L’evo-
luzione dell’architettura di E. N. ROGERS in Casabella n. 228 del 1959, pag. 4 o L’andropausa
degli architetti moderni italiani di B. ZEVI (editoriale) in L’architettura – Cronache e storia,
pagg. 222 e 223 – la revisione critica di M. TAFURI in Storia dell’architettura italiana. 1944 –
1985, ed. Einaudi – 1986, pagg. 84 a 122, da cui trapela la percezione di un’architettura fram-
mentaria ancora alla ricerca di un proprio ruolo nella nuova situazione nazionale.
14 - P. PORTOGHESI, Le inibizioni dell’architettura moderna, ed. Laterza, Bari 1974, Pre-
messa a pag. VII.
15 - Ibid. a pag. 3.
16 - R. GABETTI e A. ISOLA, L’impegno della tradizione in Casabella n. 215 del 1957, pag. 63.
34
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 35
17 - A partire dagli articoli comparsi su Casabella n. 215 è possibile tracciare una vasta cro-
nologia degli interventi. Basti citare Ortodossia dell’eterodossia, lettera di E. GENTILI e rispo-
sta di E. N. ROGERS, in Casabella n. 216 del 1957, pagg. 2 a 4; Lettera al direttore di R.
GABETT I e A. ISOLA e Risposte ai giovani di E. N. ROGERS, in Casabella n. 217 del 1957 [qui
reperiti in Controspazio n. 4-5 del 1977, pagg. 87 e 88]. La polemica innescata da R. BANHAM
su The Architectural Review fa seguito all’ampliarsi delle dimensioni del dibattito italiano.
35
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 36
GIOIA SEMINARIO
18 - Cfr. R. BANHAM, Neoliberty – The Italian retreat from modern architecture in The Ar-
chitectural Review n. 747 del 1959.
19 - G. DORFLES, Architetture ambigue, ed. Dedalo, Bari 1984, pag. 76.
20 - Ibid, pagg. 76 a 79.
36
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 37
fig. 4 - La Torre Velasca dei BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers), Milano 1956/58.
37
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 38
GIOIA SEMINARIO
24 - P. PORTOGHESI, Dopo l’architettura moderna, ed. Laterza, Bari 1980, pag. 78.
25 - Cfr. C. GUENZI, Revivals e storicismo nell’architettura italiana contemporanea, dibattito a Ca-
sabella, con la partecipazione di R. GABETTI e P. PORTOGHESI, coordinato da F. BORSI, pag. 16.
26 - Cfr. R. GABETTI e A. ISOLA, L’impegno della tradizione in Casabella n. 215 del 1957, pag. 63.
27 - L’intervento di GABETTI è in Revivals e storicismo nell’architettura italiana contempo-
ranea, dibattito a Casabella di C. GUENZI, con la partecipazione di R. GABETTI e P. POR-
TOGHESI, coordinato da F. BORSI, pagg. 14 a 16.
28 Cfr. C. GUENZI, Revivals e storicismo nell’architettura italiana contemporanea, dibat-
tito a Casabella con la partecipazione di R. GABETTI e P. PORTOGHESI, coordinato da F.
BORSI, pag. 17.
38
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 39
In questo passo è già chiaramente ravvisabile una sintesi dei concetti che
verranno in seguito sviluppati ne Le inibizioni dell’architettura moderna: la
ricerca storica, egli dice, ha la possibilità di offrire alla prassi architettonica
uno strumento di verifica ben consolidato, fornendo un termine di paragone
concreto per un’analisi autocritica, cosa che l’ideologia della tabula rasa in-
trodotta dai razionalisti per sua stessa natura non poteva garantire. Ma non
solo. L’idea di una cultura che si sviluppa dentro se stessa è presupposto
altrettanto importante della successiva attività di Portoghesi. Non più un at-
teggiamento di ribellione, di repentino cambiamento, quanto un desiderio
di graduale evoluzione in linea con la storia – così come mutuato dalla più
profonda cultura europea precedente la modernità – è l’aspirazione ultima
che si legge nella sua visione del passato: una ricerca di continuità sostenuta
dalla convinzione che il processo di analisi storica sia retto non soltanto da
un’esigenza razionale di conoscere, riservata a pochi, quanto da una ne-
cessità istintiva dell’uomo di riconoscersi con il luogo. In tal senso, è già
possibile ravvisare in questo passo un indizio di quella ricerca (che avremo
modo di approfondire in seguito) che lo legherà negli anni Settanta a Chri-
stian Norberg-Schulz e alla poetica del genius loci per restituire all’archi-
tettura la traccia profondamente europea del pensiero di Martin Heidegger.
Ma principalmente, come si è detto, questo intervento pone l’analisi svolta
in merito all’architettura del dopoguerra in continuità con i temi da lui svi-
luppati in quegli anni e racchiusi in un primo, provvisorio bilancio, nel pic-
colo volume de Le inibizioni dell’architettura moderna.
Apertamente critico nei confronti di chi, come Reyner Banham, aveva
considerato questo tempo dell’architettura italiana come un momento di re-
gressione infantile29 – in cui gli architetti avevano ripiegato rispetto all’or-
todossia razionalista – o, come Bruno Zevi, aveva definito tale situazione
alla stregua di una involuzione senile30 dell’architettura italiana – soste-
nendo, all’indomani della frattura introdotta dal Bauhaus, l’inammissibilità
29 - Cfr. R. BANHAM, Neoliberty – The Italian retreat from modern architecture, in The Ar-
chitectural Review n.747 del 1959.
30 - Cfr. B. ZEVI, L’andropausa degli architetti moderni italiani (editoriale) in L’architettura – Cro-
nache e storia n. 46 del 1959, pagg. 222 e 223, ma anche B. ZEVI, Elogio del liberty, condanna del
neoliberty in Cronache di architettura – III volume, ed. Laterza, Bari 1970, pagg. 317 a 319.
39
Premessa def:Layout 1 20/01/2009 22.50 Pagina 40
GIOIA SEMINARIO
40
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 41
fig. 5 - Casa Baldi a Roma (1959). Per l’originalità della forma, che unisce tradizione ed in-
novazione, l’opera viene citata nel novero delle architetture neoliberty.
41
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 42
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 43
La ricerca dell’armonia
43
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 44
GIOIA SEMINARIO
Ciò che rende singolare l’analisi di Zevi sulla modernità è certamente l’ap-
proccio fortemente critico all’argomento, che dà luogo ad una lettura visibil-
mente dominata dalla volontà dell’autore di definire un profilo dell’ideologia
del tempo, un desiderio di reinterpretazione della storia che rende il suo re-
soconto di tale vicenda talvolta eccessivamente parziale, sebbene non privo
di aspetti di estremo interesse che aiutano anche ad interpretare il fenomeno
architettonico in stretta relazione con le vicende sociali e politiche del proprio
tempo.2 Palese è, in questo senso, la difformità rispetto all’analisi condotta da
Manfredo Tafuri e Francesco Dal Co nel testo Architettura contemporanea.3
All’interno di una trattazione che ricompone le fila della storia dell’architet-
tura attraverso il difficile periodo tra le due guerre mondiali, si manifesta una
prospettiva differente rispetto alla caduta dell’ideale moderno: un punto di
vista improntato alla concretezza, maggiormente riferito alla prassi architet-
tonica, che legge i motivi del crollo delle istanze razionaliste per un verso
nell’esaurirsi della carica creativa dei primi anni, per un altro nello stempe-
rarsi dell’eloquenza insegnata dai maestri in dei nuovi linguaggi che, già
prima del secondo conflitto mondiale e più marcatamente in seguito, rispec-
chiavano un più forte coinvolgimento nelle problematiche sociali.
1 - B. ZEVI, Storia dell’architettura moderna – I volume ed. Einaudi Torino, 2004 (prima
edizione 1950), pag. 164.
2 - Ibid, cap. IV e V.
3 - M. TAFURI e F. DAL CO, Architettura Contemporanea, ed. Electa, Milano 1979.
44
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 45
4 - L. BENEVOLO, Storia dell’architettura moderna ed. Laterza, Bari 2005 (prima edizione
1960).
5 - P. PORTOGHESI, Le inibizioni dell’architettura moderna ed. Laterza, Bari 1974, pag.3.
45
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 46
GIOIA SEMINARIO
6 - Cfr. B. ZEVI, Storia dell’architettura moderna – I volume Einaudi, Torino 2004, pagg. 139
ed a seguire.
46
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 47
7 - Un analogo approccio si ravvisa nel testo di Leonardo Benevolo Storia dell’architettura mo-
derna, ed. Laterza, Bari 2005 (prima edizione 1960). Tuttavia, vi è una grande diversità tra i
due testi: mentre per Portoghesi la rivoluzione moderna del Settecento attiene principalmente
ad una questione ideologica, secondo Benevolo «l’architettura moderna nasce dai cambia-
menti tecnici, sociali e culturali connessi con la rivoluzione industriale». Sarà invece Jürgen
Habermas a sostenere nel 1980 che la modernità, come intesa dai maestri novecenteschi,
abbia origini addirittura nel periodo illuminista. Si veda in proposito J. HABERMAS, Il moderno:
un progetto incompiuto, discorso pronunciato alla consegna del Premio Adorno nel 1980.
8 - Cfr. L. BENEVOLO, Introduzione all’architettura ed. Laterza, Bari 2003, pagg. 233 a 250.
9 - P. PORTOGHESI, Le inibizioni dell’architettura moderna ed. Laterza, Bari 1974, pag.4.
10 - Ibid.
47
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 48
GIOIA SEMINARIO
48
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 49
cupero della storia in se, quanto del rigore e della leggibilità dell’architettura,11
o si fanno strada talenti nascenti come Aldo Rossi; da un altro lato, si affermano
i sostenitori della pianificazione a scala territoriale che assumevano in quegli
anni un ruolo fondamentale nella definizione della città. “A entrambi Porto-
ghesi oppone la necessità di un ritorno all’architettura in scala umana” –
scrive Stefania Tuzi – “in cui tradizione del nuovo e dell’antico convergano”.12
È evidente come a quel tempo egli avesse profondamente assimilato la lezione
di Frank Lloyd Wright, introdotta in Italia da un giovanissimo Bruno Zevi che,
di ritorno dall’America, aveva portato con se un bagaglio di ricerca e passione.13
Il maestro americano aveva insegnato al mondo l’importanza di concepire
una architettura in cui a prevalere fossero le relazioni armoniche tra l’Uomo
ed il suo contesto, piuttosto che quegli aneliti alla modernità sfrenata e alla
verticalità urbana che non simboleggiano altro che l’appiattimento del-
l’umanità sui falsi valori del successo e della globalità all’ombra del muro.14
Portoghesi ne trattiene lo spirito e, comprendendo l’importanza che avreb-
bero potuto avere in Europa tali acquisizioni se rapportate alla profonda tra-
dizione culturale e filosofica del Vecchio Continente, arricchisce teorica-
mente gli insegnamenti dell’architetto americano approfondendo la tradizione
europea di pensiero e – insieme a Christian Norberg-Schulz – dando nuovo
valore in una prospettiva architettonica al pensiero di Martin Heidegger.15
49
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 50
GIOIA SEMINARIO
16 - D. DICKMANN, a cura di, Saper credere in architettura ed. Clean, Napoli 2001, pagg. 18 e 19.
17 - Ch. NORBERG-SCHULZ, Genius Loci ed. Electa Milano, 1979, pagg. 20 e 21.
50
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 51
51
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 52
GIOIA SEMINARIO
19 - P. PORTOGHESI, Le inibizioni dell’architettura moderna ed. Laterza, Bari 1974, pagg. 63-66.
20 - M. PISANI, Dialogo con Paolo Portoghesi Roma 1989, pag. 112.
52
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 53
53
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 54
GIOIA SEMINARIO
fig. 7 - Schemi radiocentrici per il progetto della Sacra Famiglia a Fratte (SA).
54
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 55
55
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 56
GIOIA SEMINARIO
fig. 9 - I tracciati costruiti durante gli anni Sessanta, esplicativi della teoria dei campi.
sione umana verso altri centri, questi costruisce la matrice di partenza su cui
impostare la spazialità delle proprie architetture. Architetture che sotto un
punto di vista planimetrico offrono una grande quantità di spunti: i percorsi
che mirano a seguire il flusso della vita umana e che terminano in scorci
suggestivi restituiscono a colui che vi abita il senso del rapporto con il pae-
saggio e l’architettura non corre il rischio di ridursi ad un involucro muto, in-
teragendo istante per istante con il fruitore. Ma viceversa tali architetture
subiscono il condizionamento della loro trasposizione materica quando, rea-
lizzate in cemento armato, talvolta non raggiungono un’ideale immedesi-
mazione col luogo. Tuttavia, è da rimarcare che nella sperimentazione questo
aspetto assume un’ importanza secondaria se rapportato al valore divulgativo
delle ricerche che conduceva, che erano in qualche modo il punto centrale e
l’elemento di legittimazione di tutte le sue indagini.
56
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 57
57
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 58
GIOIA SEMINARIO
fig. 11 - Alcuni dettagli che richiamano alla tradizione islamica nella Moschea di Roma.
58
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 59
C’è da dire, infatti, che se la teoria del genius loci era stata fortemente
condivisa da Portoghesi ed adottata per la sua prassi operativa, nondi-
meno questa aveva inciso sull’opera di diversi architetti italiani, che ne
hanno fatto nel tempo uno strumento fondamentale per rapportarsi al ter-
ritorio. Un forte richiamo al tema del luogo, ad esempio, è ravvisabile
nelle due diverse interpretazioni di Adolfo Natalini e di Franco Purini,
due architetti che tuttavia coniugano in maniera decisamente differente
questo approccio all’architettura.
Adolfo Natalini, che negli anni Sessanta era stato uno dei protagonisti
dell’architettura radicale con il gruppo Superstudio, a partire dalla seconda
metà degli anni Settanta modifica in maniera sostanziale il proprio lin-
guaggio. Anche nella sua poetica si riscontra una volontà di contrapporsi
alla ricerca “spinta” di soluzioni estetiche, per privilegiare la concretezza del
rapporto con il già costruito28 – lavorando in maniera indipendente su una
serie di progetti per le città storiche italiane ed europee – perseguendo fino
27 - V. GREGOTTI, Sulle orme di Palladio. Ragioni e pratica dell’architettura ed. Laterza, Bari
2000, pag. 62.
28 - Cfr. E. BURRONI, Adolfo Natalini in Modulo n.311 di Maggio 2005.
59
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.52 Pagina 60
GIOIA SEMINARIO
ai giorni nostri questa indagine, alla ricerca del “segno che il tempo lascia
sugli oggetti e sui luoghi”.
Accanto alla triade vitruviana, “firmitas, utilitas, venustas“, ormai da
tempo sembra vada inserito un quarto termine, quello della “propinqui-
tas“, dell’adesione ai luoghi e a ciò che ci sta accanto. Nessuno di questi va-
lori deve essere prioritario: ne deriverebbero architetture sbilanciate e
deformi. Se l’architettura costruisce una scena fissa per la vita degli uomini,
se è la modificazione della terra che la rende abitabile e se l’abitare è vivere
pacificati sulla terra sotto il cielo (per usare parole di indimenticabili mae-
stri), l’architettura sarà immobile e serena poiché già troppo veloce e mu-
tevole è la vita.29
60
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 61
fig. 12 - Schizzo di progetto e veduta di un edificio per uffici nel più ampio progetto per la
Waagstraat a Groningen di Adolfo Natalini.
fig. 13 - Due vedute del Polo Universitario di Porta Tufi a Siena di Adolfo Natalini.
61
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 62
GIOIA SEMINARIO
62
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 63
35 - Si veda anche M.D. MORELLI, a cura di, Saper credere in architettura. Franco Purini e
Laura Thermes ed. Clean, Napoli 2007.
63
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 64
GIOIA SEMINARIO
fig. 16 - Una delle “Cinque piazze” realizzate a Gibellina di Franco Purini e Laura Thermes.
64
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 65
36 - Per una più ampia trattazione in merito si veda il testo di J.F. LYOTARD, La condizione
postmoderna, Ed. Feltrinelli Milano, 1985.
37 - «L’Architettura Moderna è morta a St Louis, Missouri il 15 Luglio 1972 alle 15.32
(o giù di lì) quando all’abominevole progetto Pruitt-Igoe, o per meglio dire a diversi suoi
blocchi in calcestruzzo, fu dato il colpo di grazia finale con la dinamite». Ch. JENKS, The
language of post-modern architecture, ed. Academy Editions, London 1977, pag. 9.
65
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 66
GIOIA SEMINARIO
fig. 17 - Un’immagine tipica della Las Vegas a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta.
38 - Cfr. R. VENTURI, D. SCOTT BROWN, S. ISENOUR, Learning from Las Vegas ed. The
MITT Press, Massacchussets 1972, pagg. 104 a 12.
66
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 67
39 - Ibid.
40 - Ricorda Frampton: «A partire dai primi anni 50 in poi, dapprima Philip Johnson, e
poi Louis Kahn, si interessarono sempre più alla ripresa dei sistemi formali del passato. Il
peculiare “storicismo” di Johnson derivava direttamente dalla sua comprensione del tardo
Mies, e quindi, attraverso Mies, in parte del classicismo romantico di Schinkel» (In K.
FRAMPTON, Storia dell’architettura moderna ed. Zanichelli, Bologna 1982, pagg. del 284 a
290). Al contrario, l’origine dell’interesse di Kahn per il passato, certamente legato anche
alla sua esperienza dell’école des Beaux Arts, è più complessa da stabilire, poiché nella sua
poetica la storia dell’architettura convive con l’interpretazione del passato recente. Sta di
fatto che la sua opera si è ricca di forti riferimenti al passato. Nella Storia dell’architettura
moderna, Benevolo scrive: «Le architetture di Kahn combinano riferimenti antichi e mo-
derni con una serietà senza precedenti. Gli imprestiti dai maestri moderni, dal classici-
smo greco e romano, dall’architettura medievale, islamica e persino dell’accademismo
ottocentesco sono usati in un modo che rende antiquati di colpo i revivals tentati nel pe-
riodo precedente: perdono la consueta carica polemica, sono ricondotti all’essenziale e
convivono con naturalezza, come se fossero emersi improvvisamente dalla memoria, dopo
una lunga attesa». (L. BENEVOLO, Storia dell’architettura moderna, ed. Laterza, Bari 2005
- 26ma edizione, pagg. 890-891). Basti richiamare opere come il Salk Institute, il cui im-
pianto interamente giocato intorno ad una corte centrale richiama alla chiarezza dell’ar-
chitettura classica; o l’Assemblea Nazionale del Bangladesh, la cui forza visiva, data dallo
stagliarsi dei corpi sul territorio, è eloquente.
67
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 68
GIOIA SEMINARIO
Ma quando, intorno alla metà degli anni Settanta, questa inclinazione ini-
ziò ad assumere i tratti propriamente definiti di un fenomeno di attualità, il
tema della rievocazione storica assunse un significato particolare all’interno
di un processo di trasformazione più diffuso, che non solo riguardava nu-
merosi campi di attività, ma implicava un ripensamento della comunica-
zione in genere. Lo spiega compiutamente Jean François Lyotard, che
ricorda come in tutti i campi del sapere la rivoluzione delle menti fosse già
in fermento da tempo:41
Questa evoluzione – dice il pensatore francese – è iniziata almeno a partire
dalla fine degli anni Cinquanta, che in Europa segnano la fine della ricostru-
zione. La sua rapidità varia in ogni paese, e nei paesi secondo i settori di attività.
L’analisi di Lyotard, meno legata agli aspetti filosofici, ma più attenta ai fe-
nomeni in espansione nelle diverse dimensioni del vivere, si focalizza anche
sul fenomeno della diffusione dei saperi, cogliendo un aspetto fondamen-
tale della dimensione storica in cui ci si stava affacciando in quegli anni:42
Questa trasformazione generale – sostiene – non lascia intatta la natura
del sapere. Esso può circolare nei nuovi canali, e divenire operativo solo se si
tratta di conoscenza traducibile in quantità di informazione.
Una conoscenza funzionale dunque, che cambia la sua natura per divenire
prima di tutto strumento di comunicazione. Tuttavia, come sostiene Paul
Virilio nel celebre testo Lo spazio critico, non si tratta in realtà soltanto di
esperire un sapere funzionale, quanto di rispondere ad una vera e propria
crisi del racconto stesso, che trova nella sola utilità la propria legittima-
zione. In questo senso troviamo nella lettura del celebre architetto-filosofo
francese un approccio critico che vede le matrici del cambiamento in una
vera e propria decadenza del racconto e infatti scrive:43
Ai grandi racconti della causalità teorica sono così subentrati i piccoli rac-
conti dell’opportunità pratica e, infine, i micro-racconti dell’autonomia.
68
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 69
La questione che qui si apre non riguarda tanto la «crisi della modernità»
come progressivo declino degli ideali comuni, proto-fondazione del senso della
Storia a beneficio di racconti più o meno ristretti, legato allo sviluppo auto-
nomo degli individui, quanto piuttosto la crisi del racconto stesso, e cioè di un
discorso o modo di rappresentazione ufficiale, ereditato dal Rinascimento e
legato finora alla capacità, universalmente riconosciuta, di dire, descrivere e
inscrivere il reale.
Manifestazione esteriore di una crisi dei contenuti, l’epoca post-moderna
è per Paul Virilio una maschera che nasconde un disagio fondamentale:44
La crisi della nozione di “racconto” appare come l’altra faccia della crisi
della nozione di “dimensione” come racconto geometrale, discorso di misu-
razione di un reale visibilmente offerto a tutti. La crisi dei grandi racconti a
vantaggio dei micro-racconti si rivela, infine, come crisi del racconto del
“grande” e come crisi del racconto del «piccolo», avvento di una disinfor-
mazione in cui la dismisura, l’incommensurabilità, starebbero alla “post-
modermità” come la soluzione filosofica dei problemi e la risoluzione
dell’immagine (filosofica, architettonica…) furono all’origine dei Lumi.
69
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 70
GIOIA SEMINARIO
70
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 71
Già in queste righe sono contenute diverse nozioni che non soltanto costi-
tuiscono il fondamento del pensiero che ha animato l’architetto romano e
quanti come lui hanno seguito questo orientamento progettuale, ma che si
dimostrano validi ancora nell’architettura attuale, risollevando il problema
della creatività nell’opera d’arte, che non può essere vista come semplice og-
getto di un estro istintivo. Heidegger invita piuttosto a guardare al passato
come messaggero di cose nuove e apportatore di espressività sconosciute:46
La storia autentica è at-tesa. L’at-tesa è l’avvenire in quanto pretesa dell’ini-
ziale (das Anfängliche), ossia di ciò che già perdura, che è essenzialmente es-
sente, e della sua celata riunione. L’at-tesa è l’appello del già stato che, a noi
diretto, ci riguarda. Quando si dice che in fondo la storia non porta niente di
nuovo, questa asserzione è falsa se intende dire che ci sarebbero sempre e sol-
tanto le medesime cose; se invece la frase «Non c’è nulla di nuovo sotto il sole»
vuol dire che «c’è solo l’antico nella inesauribile potenza metamorfica del-
l’iniziale», allora essa coglie l’essenza della storia, che è l’avvento del già-stato.
Può facilmente capirsi perché questo pensiero fosse al centro della ri-
flessione e dell’attività divulgativa di Portoghesi: il fine primario della
architettura italiana di quegli anni avrebbe dovuto essere proprio quello di
recuperare questa essenza profonda e celata per consegnarla al mondo
presente elaborando un linguaggio adeguato ai tempi. D’altronde secondo
questo spirito, già a partire dalla fine degli anni Settanta, si manifesta da
parte sua una progressiva trasformazione della ricerca sperimentale che
aveva caratterizzato il decennio precedente, per ricercare nel rapporto con
la storia delle nuove suggestioni, più vicine al naturale ciclo evolutivo
della città. Tale cambiamento viene da lui stesso spiegato in una recente
intervista, in cui questi evidenzia la distanza tra il suo orientamento ini-
ziale – rivolto ad una ricerca individuale di espressione d’una poetica pro-
pria – e la scelta di perseguire un linguaggio partecipato, preferendo la
coralità di una architettura radicata storicamente al soliloquio di un’inda-
gine più ricercata e meno assimilabile.47 Un messaggio, questo, che come
vedremo in seguito riuscirà a trapelare solo in maniera molto parziale,
71
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 72
GIOIA SEMINARIO
poiché fu per motivi molto diversi che l’Italia divenne il maggiore attrat-
tore europeo delle istanze americane sul postmoderno, snaturando da se i
reali intenti e le naturali tendenze.
E’ innegabile che già nel periodo postbellico, in Italia, diversi tentativi di
rifondazione teorica della disciplina avessero riportato all’attenzione degli
architetti il problema del rapporto con il passato, sebbene la ricerca seguisse
in quegli anni orientamenti sostanzialmente eterogenei e per lo più rivolti
a confrontarsi con le tematiche più urgenti del tempo.48 Questa circostanza
comporta il fatto che sul finire degli anni Settanta, alla nascita del feno-
meno postmodern, l’architettura subisca fortemente l’influenza di questa
tendenza, specialmente perché rispetto agli anni precedenti è considerevol-
mente mutata tutta la situazione disciplinare a contorno e il messaggio viene
trasmesso con maggiore incisività.49 Tuttavia, si può dire che questo non
fosse un fatto del tutto inaspettato, piuttosto la espressione decisiva di quella
propensione che iniziava a manifestarsi già al termine degli anni Cinquanta.
In precedenza abbiamo avuto modo di rimarcare come la polemica ita-
liana sul neoliberty avesse ormai rivelato, in un certo numero di architetti
italiani, la volontà di cercare un superamento dell’ideale moderno nell’in-
terpretazione della storia. Certamente, per quanto avesse suscitato scalpore,
tale rigurgito rimase allora in secondo piano, relegando alla stregua di epi-
sodi le ricerche di quanti perseguirono l’obiettivo di un ritrovamento del-
l’identità architettonica nazionale, ma costituì senza dubbio un precedente
per la definizione della dialettica di questa nuova corrente. Lo stesso testo
di Charles Jenks cita nel novero delle architetture precorritrici della tem-
perie postmoderna una serie di opere italiane già riconosciute con l’etichetta
neoliberty50, pur nell’impossibilità di attribuire una effettiva rilevanza a tale
48 - Cfr. Una trattazione completa circa i problemi legati alla casa è in M. TAFURI, Storia
dell’Architettura italiana – 1944-1985, ed. Einaudi Torino, 1986.
49 - In The language of post-modern architecture, terzo capitolo, quando Charles Jenks tenta
di definire i caratteri della architettura post-moderna, prende spunto dalla polemica in-
nescata da questi richiama in causa una serie di opere italiane in cui ravvisa un chiaro ri-
chiamo alla storia.
50 - Ch. JENKS, The language of post-modern architecture ed. Academy Editions, London
1977, pag. 81.
72
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 73
73
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 74
GIOIA SEMINARIO
fig. 18 - La strada Novissima. Il progetto di Paolo Portoghesi tra quelli di Koolhaas e Bofill.
fig. 19 -La strada Novissima. Le facciate di Kleihues e Hollein.
74
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 75
75
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 76
GIOIA SEMINARIO
76
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 77
77
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 78
GIOIA SEMINARIO
78
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 79
A queste affermazioni, più che alle altre numerose critiche generate dalla
Mostra, Portoghesi rispose con particolare zelo, sostenendo l’impossibilità per
il nostro mondo tecnologico di rimuovere quanto la storia ci ha insegnato.“Pri-
gionieri del passato si diventa per la perdita – egli scrive – non per il culto
della memoria”.62
Di segno analogo alle teorie di Habermas ritroviamo in Italia la critica di
Tomàs Maldonado che nel numero di Casabella degli ultimi mesi del 1980
fa riferimento al termine «Post-Moderno» come rimessa in gioco del rap-
porto col moderno che la nuova tendenza intende aver superato e che, piut-
tosto, al confronto con questo nuovo pensiero dell’architettura viene
rideterminato.63
Al di là di questa controversia, che mise in chiaro dei problemi di carat-
tere etico – potremmo dire “contenutistico” – l’exploit della postmoder-
nità cagionò soprattutto reazioni connesse a problemi formali e lo slancio
della polemica spostò il centro di interesse reale della mostra – che avrebbe
dovuto essere quello di superare la sostanziale individualità dell’architettura
moderna in favore di un’etica urbana postmoderna fondata sul dialogo e
sull’attenzione e all’ambiente –64 finendo per trasformare totalmente il mes-
saggio che la Biennale avrebbe voluto dare.
In un ardente editoriale del Novembre 1980, Bruno Zevi etichetta in ma-
niera incontrovertibile l’iniziativa, definendola come un pasticcio in cui gli
elementi dell’architettura storica si trasformano in ninnoli asserviti ad una
79
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 80
GIOIA SEMINARIO
65 - «L’inganno di questa mostra non è nei mali indicati – scrive Bruno Zevi – cui si vorrebbe
reagire (la città-garage di oggi, i casermoni invivibili, ecc.), ma nella terapia indicata: capitelli,
archi, colonne, timpani ed altri reperti anatomici del genere. In sostanza, ad una presunta ca-
renza dell’immaginario supplisce desumendo dalla storia forme gabellate per inconsumabili;
sino ad elevare come esempio e canone un’orribile pasticcio. (...) E il perverso di questa ope-
razione sta nell’inganno di usare elementi noti e grandi della nostra storia per far scoprire un
passato mistificato, perché tempo spazio sono ridotti senza distanza». B. ZEVI Commenti al
postmodern (editoriale) in L’architettura cronache e storia n. 11, del nov. 1980, pag. 610.
66 - Ibid.
67 - Si vedano L. SEMERANI, La Biennale di architettura a Venezia, in La Repubblica del 10-
11 Agosto 1980; E. SALZANO, Il formalismo in architettura in Il Messaggero del 7 Ottobre
1980; A. ARBASINO, Cartoline da Venezia in La Repubblica del 23 Ottobre 1980.
68 - P. PORTOGHESI, La fine del proibizionismo..., cit., 1980, pag. 12.
80
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 81
69 - Cfr. L. PRESTINENZA PUGLISI, Silenziose Avanguardie, ed. Testo & immagine, To-
rino 2001, pag. 109.
70 - B. ZEVI, A Venezia lo zombie postmodern (editoriale) in L’architettura cronache e sto-
ria n. 10, dell’ott.1980, pag. 546.
81
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 82
GIOIA SEMINARIO
stilistici – pur non avendo raggiunto gli intenti fissati, avesse in realtà
anche un risvolto positivo: lo illustra molto bene Lucio Altarelli nel re-
cente testo Allestire in cui, pur riscontrando taluni equivoci nella realiz-
zaione della strada Novissima, riconosce agli architetti e agli allestitori
tutto il merito di aver concepito una scenografia a suo modo efficace,
poichè aveva avuto un grande impatto sulle masse riscuotendo un consi-
derevole successo.71
In definitiva, l’esperienza della prima Biennale di Venezia, conclusasi tra
numerose polemiche, ha certamente evidenziato due risvolti opposti: da un
lato, la provocatoria appariscenza delle sue scenografie ha prodotto critiche
talvolta eccessive e spesso prive di contenuto; da un altro lato essa ha ali-
mentato un vasto dibattito, che ha prodotto l’effetto positivo di una sostan-
ziale revisione e di un bilancio delle istanze degli ultimi decenni. E, se
quanto esposto nella mostra non ha prodotto gli esiti sperati sotto il profilo
scientifico, ha certamente dimostrato che la attività dell’architettura italiana
era un fenomeno ancora vivace anche in rapporto con la scena internazio-
nale. D’altronde è importante ricordare che anche Philip Johnson, che nel
1977 si era dimostrato ancora smarrito nei confronti di tale orientamento,72
abbia più tardi presenziato alla presentazione americana della strada No-
vissima. Certamente questo smarrimento era palese in talune delle facciate
presentate alla Biennale di architettura che dimostravano l’eterogeneità dei
temi a cui l’esaurirsi dell’architettura moderna aveva esposto gli architetti,
ma dimostrava altresì la profondità di un travaglio interiore rivolto alla ri-
cerca di una nuova identità.
Così, rovesciando quanto sostenuto in tempi recenti da diversi architetti
71 - L. ALTARELLI, a cura di, Allestire ed. Palombi, Roma 2003, pag. 12.
72 - P. JOHNSON, Reflections: on Post-Modernism in Oppositions n. 10, autunno 1977, pag.
18. «Quanto al termine “postmodernismo”, ciò che esso provoca anche me è legittimare
il mio smarrimento. A cosa poi il termine si riferisca precisamente è in tale senso meno im-
portante. Poiché negli anni venti, trenta e quaranta, quando costruivo la mia casa, non
c’erano mezzi di legittimazione; quello che facevo era semplicemente sviluppare un’altra
ottica, derivata dalla storia, nei confronti dell’architettura moderna. Quindi il postmo-
dernismo è la legittimazione di alcuni sentimenti che vanno al di là del puritanesimo del-
l’architettura moderna. Ciò che il postmodernismo fa in realtà è legittimare l’eclettismo
che, paradossalmente, è in sostanza anteriore al movimento moderno».
82
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 83
73 - Secondo Purini la temperie sarebbe il segno di un definitivo abbandono del modello mo-
derno dell’interiorità a favore di quello postmoderno dell’esteriorità. F. PURINI, Isolato e im-
prendibile: l’involucro tra modernità, postmodernità, attualità. In U. Cao e S. Cantucci, a
cura di, Spazi e maschere ed. Meltemi, Roma 2001.
74 - Si vedano, a titolo d’esempio, testi come La città di I. CALVINO in Eupalino N.1 del
1982; Dialoghi - L’usignolo meccanico di G. PETRASSI/P. GALLINA in Eupalino N.5 del 1983;
Dialoghi - Filosofia della città di C. OLMO/G. VATTIMO in Eupalino N.6 del 1983: tutti
testi che interpretano il discorso sulla città in relazione alle diverse discipline.
75 - Cfr. Postmodern. L’architettura nella società postindustriale (Electa Milano, 1982);
L’angelo della storia (Laterza Bari, 1982); Dopo l’architettura moderna (Laterza Bari, 1985).
83
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 84
GIOIA SEMINARIO
ria che esordisce con una introduzione che è una precisa dichiarazione di
intenti, poiché richiama all’attenzione il problema della postmodernità, in-
tesa non già come liberazione dalla regola, quanto piuttosto come necessità
di recuperare la storia. In breve, allo stesso modo in cui Le inibizioni del-
l’architettura moderna aveva segnato il passo dell’attività dell’architetto
romano tra gli anni Sessanta e i Settanta, questo libro ha costituito un mo-
mento significativo del suo lavoro durante gli anni Ottanta, poiché an-
ch’esso, come il precedente, è divenuto il baluardo di una precisa idea. Ma
mentre il primo libro restava fortemente autobiografico, questo è essen-
zialmente un testo storico, che denota l’impronta dell’autore in due mo-
menti precisi: per un verso con l’introduzione al testo e per un altro con la
stessa organizzazione dell’opera.
Nello scritto introduttivo Portoghesi spiega la sottintesa componente au-
tobiografica di questo lavoro, raccontando la sua interpretazione di quella
condizione di smarrimento dell’architettura nel periodo che segue la mo-
dernità come un concretizzarsi di quell’interpretazione data da Benjamin
del dipinto di Paul Klee L’angelo della Storia, in cui questa creatura smar-
rita è trascinata a forza lontano dal proprio riferimento certo, il legame pri-
migenio con la storia.
Se negli anni Settanta Portoghesi parlava di inibizioni della modernità,
all’inizio degli anni Ottanta questi parla piuttosto di76
”ossessione” della storia, quella di chi ha preteso inutilmente che l’architet-
tura si spogliasse di tutte le convenzioni e le forme che ne hanno accompa-
gnato il cammino attraverso i secoli, per ritrovarsi poi muta e impotente di
fronte alla disgregazione della città.
76 - P. PORTOGHESI, L’angelo della Storia - Introduzione, ed. Laterza Bari, 1982, pag. 15.
77 - Dal greco thèoria = osservazione, da theoros = spettatore, che deriva dall’investiga-
zione della verità.
84
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 85
l’indagine sul mondo empirico così come intesa da Leon Battista Alberti,
Domenico Fontana o Francesco Borromini, le cui opere nascevano da una
ricerca di tipo deduttivo, conseguente dallo studio del mondo fenomenolo-
gico; e da un altro lato il linguaggio,78 l’eloquenza della forma di architetti
come Michelangelo, Guarino Guarini o Antonio Sant’Elia, che sperimen-
tavano e ricercavano attraverso le loro opere utilizzando un procedimento
induttivo. E probabilmente quest’ultima interpretazione mutua, nella ricerca
di Portoghesi, dal pensiero di Martin Heidegger, quando sosteneva che
l’idea del linguaggio come espressione «presuppone l’idea di una interio-
rità che si estrinseca».79
È nel terzo capitolo, I TIPI,80 che l’architetto richiama infine l’attenzione
sui modelli dell’architettura, calandoli nella realtà italiana e cercando di di-
mostrare l’ineludibilità di taluni esempi.
In questi approcci è latente un metodo critico che parla ancora della vi-
cenda moderna, pur in maniera celata, e ribadisce l’idea che il primato
della storia non sia propugnato in maniera pretestuosa, ma conduca alla
precisa ricerca di canoni stabili la cui memoria aiuti l’architetto ad orien-
tarsi nel costruire.
Mosso dagli stessi intenti, sebbene profondamente diverso è il testo del
1985, Dopo l’architettura moderna che, articolandosi in un contesto sto-
rico recente – l’architettura del proprio tempo – vi si relaziona in maniera
più diretta, mentre le prospettive del racconto variano a seconda della po-
sizione dell’osservatore nella storia. Anche qui il vero cardine della nar-
razione è la dimostrazione di un ormai avvenuto superamento dell’arc-
hitettura della razionalità, ribadendo in una cronaca che tira le fila del-
l’architettura italiana degli anni Cinquanta, la stretta interrelazione che
esisteva tra quello spirito – rappresentato dalle opere di Ridolfi, Albini,
Muratori – e l’architettura degli anni Ottanta, asserendo con questo un ri-
fiuto del citazionismo eclettico a favore di una poetica dell’ascolto” dello
78 - Dal pr. lenguatges, da lingua col suffisso –aggio, che qui pare rappresenti la desinenza
latina –aticus. Uso della lingua per esprimere un pensiero: modo di spiegare i gesti.
79 - A. CARACCIOLO, a cura di, In cammino verso il linguaggio, lezioni di M. Heidegger, ed.
Mursia, Milano 1973, pag. 29.
80 - Dal latino typus, dal greco typos = impronta, esempio, modello originario.
85
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 86
GIOIA SEMINARIO
spirito dei luoghi81 ed evidenziando come questo tema, asserito e difeso con
costanza, resti il filo conduttore della ricerca e giunga a maturazione con lo
sviluppo di una architettura in cui i concetti elaborati negli anni giungono
ad una definitiva maturazione. Sarà con progetti come quello per il Teatro
Lirico di Catanzaro che affiorerà in maniera risoluta tutta l’intenzione
espressiva di Portoghesi affermando, dopo l’inevitabile concludersi della
controversa stagione postmoderna, il paradigma naturale.
Fin dai primi anni della sua carriera, le opere realizzate da Paolo Portoghesi
sono state interpretate sotto il profilo della rievocazione storica e della ri-
cerca formale, lasciando spesso in secondo luogo un aspetto che al contra-
rio, alla luce delle acquisizioni più recenti, si rivela essere stato latente in
tutti i suoi progetti. Difatti, se fino alla fine degli anni Ottanta aveva pre-
valso, aiutato dalla ricerca teorica, lo studio del rapporto con il luogo, co-
niugato prima sotto il profilo della sperimentazione formale e poi sotto il
profilo della rievocazione storica, in realtà a ben guardare, sin da subito que-
ste ispirazioni risultano essere inscindibili da uno studio intorno ai fenomeni
naturali che, benché in certo senso sottinteso rispetto al lavoro sperimentale,
ha sempre costituito il retroscena delle sue esperienze progettuali.
D’altro canto, grazie ai propri studi storici, l’architetto ha avvertito da subito
come il rapporto tra costruzione e natura fosse una costante nella storia e que-
sta circostanza ha innescato, sin dai primi anni della sua attività, un nesso di cau-
salità tra le due matrici di ricerca, rievocando con limpida evidenza quanto
mirabilmente insegnato da Auguste Rodin, il celebre artista francese che con La
lezione dell’antico elogiò la capacità dei nostri padri di guardare alla Natura:82
L’Antico ha saputo raffigurare la Vita, perché gli antichi sono stati i più
grandi, i più seri, i più mirabili osservatori della Natura che siano mai esi-
stiti. L’antico ha potuto raffigurare la Vita, perché gli antichi, grazie a que-
sta maestria nell’osservazione della Natura, hanno saputo vedere quel che vi
86
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 87
87
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 88
GIOIA SEMINARIO
86 - Possono essere interpretati in questo senso i diversi testi scritti da Portoghesi su Mi-
chelangelo Buonarroti, Guarino Guarini, Frncesco Borromini, Victor Horta, che enfatiz-
zano tutti il rapporto con l’elemento naturale.
87 - Intervista a Paolo Portoghesi, negli Apparati al volume.
88
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 89
figg. 22/23 - A sinistra, un grafico di studio per la copertura del Teatro di Catanzaro; a
destra, una conchiglia.
fig. 24 - Veduta della copertura interna del Teatro Lirico di Catanzaro di Portoghesi.
89
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 90
GIOIA SEMINARIO
90
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.53 Pagina 91
91
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 92
GIOIA SEMINARIO
fig. 25 - Una veduta interna della cupola del Reichstag di Berlino di Norman Foster.
figg. 26/27 - Due immagini della Free University di Berlino di Norman Foster.
92
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 93
93
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 94
GIOIA SEMINARIO
o nei progetti firmati da Emilio Ambasz, che porta la natura a riempire let-
teralmente l’architettura, in un dialogo incessante e sempre originale, come
avviene nel progetto del Big Indian Resort & Spa progettato per New York
o nell’Acros Fukoka in Giappone.
Potrebbero ancora essere citati gli studi sperimentali di Gernot Minke che
ripropongono attraverso ricerche innovative una rivisitazione delle antiche
costruzioni in adobe, o la ormai pluridecennale Arcologia (architettura +
ecologia) inaugurata dall’italiano Paolo Soleri, e ancora altre possibili co-
niugazioni verrebbero alla mente. Ma quel che ci interessa maggiormente
rilevare è come, pur assodata l’estrema varietà e la non-unitarietà degli ap-
procci al tema naturale, in questo contesto la posizione di Paolo Portoghesi
resta ancora una volta isolata, autonoma: l’architetto romano, infatti, non ha
del tutto messo da parte la suggestione storica, l’ha piuttosto inglobata al-
l’interno di questa nuova ricerca, abbattendo quella che poteva essere una
forzata citazione in favore di un più visibile rimando alla natura che ingloba
al suo interno le ricerche sulla bioarchitettura e una profonda penetrazione
dei fenomeni naturali. In un testo del 1999 egli scrive:92
Generalmente, quando si parla del rapporto architettura-natura, si in-
tende la capacità di un’opera costruita di collegarsi con lo scenario natu-
rale, di rispecchiarlo quindi o contrastarlo con le sue forme; ma c’è un
altro aspetto del rapporto architettura natura che merita di essere ap-
profondito ed è quello che definirei genetico: derivate dal fatto che l’uomo,
realizzando il suo universo artificiale, è portato, consciamente o incon-
91 - G. PRIORI e D. SCATENA, a cura di, Imre Makovecz, ed. Fratelli Palombi, Roma 2001, pag. 21.
92 - P. PORTOGHESI e R. SCARANO, a cura di, Il progetto di architettura, ed. Newton, Roma
1999; pagg. 172-173.
94
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 95
95
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 96
GIOIA SEMINARIO
figg. 31/32 - Due immagini del Centro Culturale Tijbaou in Nuova Caledonia di Renzo Piano.
fig. 33 - Il ponte Alameda a Valencia di Santiago Calatrava.
96
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 97
97
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 98
GIOIA SEMINARIO
94 - P.PORTOGHESI, Verso una nuova architettura organica, in Domus n.780 del Marzo
1996, pagg. 3-5.
95 - Ibid.
96 - Imparare dalla Natura, in Domus n. 818 del Settembre 1999, pag. 4.
97 - Ibid, a pagg. 4/5.
98
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 99
99
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 100
GIOIA SEMINARIO
fig. 36 - La scala progettata per Treviso confrontata con uno scorcio naturale.
100
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 101
figg. 37/38 - La Torre del Respiro di Shangai e il plastico di progetto per una torre resi-
denziale che richiamano l’ispirazione naturale di un fiore.
un punto di vista sempre personale, legato fortemente al suo ruolo nella cul-
tura architettonica italiana ed indipendenti dal taglio della rivista: in tutti si ri-
trova quel richiamo alla storia che costituisce la caratteristica peculiare del
suo metodo, pur sempre unito ad un anelito allo studio della contemporaneità
e delle soluzioni architettoniche che questa può positivamente sostenere.100
Abitare la Terra, con la sua veste grafica ed un formato fuori dal comune,
è al contrario un periodico che rispecchia massimamente l’identità del pro-
prio direttore: una rivista versatile, in cui il racconto dell’architettura natu-
100 - Si vedano, in questo senso, gli editoriali di Materia più recenti nn. 35-53: partico-
larmente segnata si avverte la distanza tra la figura, ormai fortemente delineata, di Paolo
Portoghesi e l’orientamento del periodico.
101
prima parte:Layout 1 20/01/2009 22.54 Pagina 102
GIOIA SEMINARIO
101 - Si vedano ad esempio taluni editoriali, che diventano dei veri e propri slanci pole-
mici: P. PORTOGHESI, Un direttore o un governatore? (editoriale), Abitare la Terra n.5
Inv./Primav. 2004/2005 ; P. PORTOGHESI, La chimera decapitata, ovvero: il re è nudo, in
Abitare la Terra n.17, Primav/Est. 2007.
102 - Si veda ad esempio il testo fondamentale di I. PRIGOGINE, Le leggi del Caos, ed. La-
terza, Bari 1993 che muove dal presupposto della non-validità della concezione determi-
nistica-scientifica in favore di un’integrazione fenomenologica. Questo testo è stato
fortemente rivalutato e riproposto negli ultimi anni, antesignano di un nuovo modo di
concepire il rapporto col mondo naturale.
103 - G. PRIORI, a cura di, Intervista a Paolo Portoghesi . In G. Priori, Almanacco di Archi-
tettura, ed Kappa, Roma 2004; pag. 433.
102
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.02 Pagina 103
104 - Cfr. J. BRIGGS, L’estetica del Caos, ed. RED Como, 1993, pagg. 27 a 33.
105 - Il termine proviene dal greco holos (tutto, intero). Esso sottende all’idea che qua-
lunque sistema non possa essere spiegato esclusivamente attraverso la somma delle parti
che lo compongono, poiché l’intero è ritenuto un tutto superiore rispetto alla mera somma
delle sue singole parti. L’olismo è una antica filosofia che risale alle civiltà orientali.
103
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.02 Pagina 104
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.02 Pagina 105
105
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.02 Pagina 106
GIOIA SEMINARIO
1- P. PORTOGHESI, Le inibizioni dell’architettura moderna, ed. Laterza, Bari 1974, pag. 63.
2 - L.V. BARBERA, Prefazione al volume.
106
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.02 Pagina 107
E d’altronde, in un periodo per lui prolifico come gli anni Settanta, Por-
toghesi aveva già certamente recepito l’influsso delle ricerche di Robert
Venturi che nel 1966 pubblicò per la prima volta il testo Complessità e con-
traddizioni in architettura, libro che rivendicava “un cosciente senso del
passato, attentamente osservato”3 respingendo quella che veniva definita
“l’ossessione degli architetti moderni”4 per il mutamento rispetto al pas-
sato e dava voce ad un orientamento, che andava già delineandosi, ad una
rilettura finalistica della storia.
Movendo dall’idea che l’architettura della nuova generazione dovesse
fondarsi sul recepimento degli insegnamenti ereditati dalla storia, Porto-
ghesi orienta la sua attività sperimentale alla identificazione dei cardini teo-
rici e metodologici del passato concettualmente ancora validi, affinché essi
costituissero una sorta di codice per comporre l’architettura. Ed è proprio
da tale esigenza che scaturisce anche il metodo di progettazione che egli
tenta di mettere a punto durante la sperimentazione degli anni Settanta, fa-
cendo della geometria il mezzo principale con cui ricercare prima ed espri-
mere poi.
Lo scopo di questa indagine è quello di elaborare per l’architettura del
suo tempo nuovi mezzi di controllo del progetto, che non siano inerenti alla
mera funzionalità, aggiungendo5
al controllo diretto legato alla verifica empirica della rispondenza di un edi-
ficio ai suoi scopi un controllo indiretto basato sulla congruenza dell’opera
con una serie di regole stabilite a priori.
Partendo dall’osservazione che nella storia dell’architettura tali strumenti
di controllo indiretto siano sempre esistiti, questi ne reclama la necessità
anche per l’architettura del proprio tempo:6
Nella civiltà occidentale – egli scrive – fino all’affermazione dell’archi-
tettura moderna, esisteva ed era di dominio pressoché universale l’ordine
107
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.02 Pagina 108
GIOIA SEMINARIO
classico nelle sue articolazioni, che ricevette nel tardo Cinquecento una
codificazione rigida per merito del Vignola. L’abbandono codice classico
segna l’atto di nascita dell’architettura moderna e come tale va conside-
rato non solo un fatto positivo, ma la stessa condizione della sopravvi-
venza dell’architettura come mezzo di conoscenza. Tuttavia è facile
constatare a distanza di decenni come ciò che ha sostituito questo sistema
è talmente vago e fluttuante, da lasciare uno spazio troppo vasto all’ar-
bitrio soggettivo, all’empirismo, all’imitazione passiva; da rendere neces-
sario, dopo l’affascinante stagione dei maestri, un ritorno alla riflessione
teorica e alla rifondazione dell’architettura come disciplina razionale e
come patrimonio collettivo.
Osservando dunque come il problema della rifondazione teorica dell’ar-
chitettura passi necessariamente attraverso una energica smentita di quel
funzionalismo che nasce da un uso superficiale del progresso ed emblema,
secondo Portoghesi, del professionalismo e della speculazione edilizia, e in
virtù del quale l’architettura perde ogni codice a vantaggio di una totale li-
bertà espressiva e di una estrema banalizzazione dei contenuti, egli sostiene
la necessità di un recupero del linguaggio inteso come metodo condiviso e
riconoscibile. Da questa idea affiora in maniera chiara la direzione in cui
muove la sua ricerca teorica – a cavallo tra indagine storica e controllo geo-
metrico – che, se da un lato si rifà agli esempi pregressi, per un altro verso
chiarisce i motivi che spingono la sua prassi verso una regola geometrica
complessa.
D’altro canto, sin dalle prime opere teoriche e progettate, la principale
intenzione che trapela da questa indagine è stata quella di sostenere un’idea
di conoscenza storica che, senza rimuovere le conquiste critiche della cul-
tura moderna, potesse ricondurre “i libri di storia sul tavolo da disegno”,
come veicolo di riflessione rispetto alla continuità della ricerca architetto-
nica sul costante riproporsi di una serie di problemi specifici della disci-
plina. L’aspirazione principale che si legge tra le righe di queste conside-
razioni è di fatto quella di adoperarsi a creare un ponte tra lo scrivere sto-
ria indirettamente, progettando, e lo scrivere storia direttamente, indagando
l’eredità del passato nelle sue strutture.7
7 - P. PORTOGHESI, Le inibizioni dell’architettura moderna, ed. Laterza, Bari 1974, pagg. 67 a 69.
108
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.02 Pagina 109
8 - G. MASSOBRIO, M. ERCADI, S. TUZI, Paolo Portoghesi architetto, ed. Skira, Milano 2001,
pag. 37.
109
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.02 Pagina 110
GIOIA SEMINARIO
9 - Cfr. F. MOSCHINI, a cura di, Paolo Portoghesi. Progetti e disegni 1949 – 1979, ed. Cen-
tro Di – Firenze 1979.
10 - Si veda, ad esempio, il celebre passo de la petite madeleine, il cui gusto richiama alla
mente dello scrittore francese tutti i particolari del suo vivere, bambino, a Combray. In Du
côté de chez Swann di M. PROUST, ed. Folio Classique Gallimard, France 1988, pagg. 46 e
47. In questo senso vale la pena di ricordare che Portoghesi fa costante riferimento alla let-
teratura durante tutto il corso della sua carriera: il richiamo a Marcel Proust e al sua spic-
cato “sentire” ricorre spesso nella sua poetica, ma anche il riferimento alle Elegie duinesi
di Rilke o ai versi di Rimbaud sono frequenti e camminano in parallelo con gli studi filo-
sofici che lo riportano alle teorie di Heidegger prima, al pensiero di Benjamin poi.
11 - F. MOSCHINI, a cura di, Paolo Portoghesi. Progetti e disegni 1949 – 1979, ed. Centro Di
– Firenze 1979.
110
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.02 Pagina 111
siero di Walter Benjamin quando nel saggio L’opera d’arte nell’epoca della
sua riproducibilità tecnica rimarcava dell’architettura quei valori più di-
rettamente legati ad una sensazione intima, a quella percezione distratta ed
istintiva che rende familiare un manufatto e che facilita l’ambientamento.12
Gli incarichi che l’architetto è chiamato a svolgere in questa occasione sono
due Palazzi per Uffici a Pistoia e a Lucca e un Salone del Pubblico per la sede
di Firenze. Più evidenti sono le radici culturali di matrice romana che emergono
nell’edificio progettato per Pistoia, per la cui realizzazione Portoghesi fa rife-
rimento specialmente nello studio della forma esterna all’opera di Mario Ri-
dolfi, sebbene sia possibile rinvenire richiami ad altri due importanti progettisti
italiani come Franco Albini e Pier Luigi Nervi, la cui influenza si evince invece
osservando le caratteristiche degli spazi interni, come ad esempio la Sala per
il Pubblico, caratterizzata da un’intelaiatura a vista in cemento armato che ac-
centua il dinamismo dell’ambiente. Questa volontà di richiamare progettisti
suoi contemporanei è già un chiaro sintomo di quella ricerca di continuità nel-
l’architettura che sarà una caratteristica primaria del lavoro di Portoghesi.
L’edificio realizzato negli anni successivi a Lucca nasce seguendo la
stessa volontà evocativa che aveva caratterizzato il precedente intervento di
Pistoia, sebbene in questo progetto i riferimenti scelti si riconducano al-
l’esempio di una tradizione più antica. Commentando questo progetto in
un testo monografico del 1982, Giancarlo Priori afferma che esso13
rivela in modo esplicito l’idea di come ogni architettura sia figlia di altre ar-
chitetture; soprattutto precisa quel ritrovato rapporto con la tradizione e
con l’ascolto dei luoghi che costituirà la “visione” di cui parla Norberg-Schulz
a proposito delle opere di Portoghesi.
12 - Cfr. W. BENJAMIN, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, ed. Einaudi,
Torino 1998, pagg. 36 e 37. Scrive Benjamin: «L’architettura ha sempre fornito il proto-
tipo di un’opera d’arte la cui ricezione avviene nella distrazione e da parte della colletti-
vità. (…) Delle costruzioni si fruisce in un duplice modo: attraverso l’uso e attraverso la
percezione. O, in termini più precisi: in modo tattico e in modo ottico. (…) La fruizione
tattica non avviene tanto sul piano dell’attenzione quanto su quello dell’abitudine. Nei
confronti dell’architettura, anzi, quest’ultima determina ampiamente perfino la ricezione
ottica. Anch’essa, in sé, avviene molto meno attraverso un’attenta osservazione che non
attraverso sguardi occasionali».
13 - G. PRIORI, Simpatia delle Cose, ed. Stoà Edizioni d’Arte – Roma, 1982.
111
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 112
GIOIA SEMINARIO
112
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 113
Una visione attraverso la quale l’architettura non segue più la sola volontà
poetica, ma tenta di restituirsi alla città attraverso le proprie peculiarità. Il vo-
lume edilizio è qui scandito dal succedersi ordinato dei pilastri e delle cor-
nici marcapiano che vogliono richiamare alla memoria la chiesa di S. Chiara
a Bra di Bernardo Vittone mentre, al contrario, nella hall è più chiaro il rap-
porto con la tradizione toscana, particolarmente nella copertura della sala
centrale, che reca la reminiscenza dei grandi cornicioni di uso locale.
Nel Salone degli Uffici Enpas a Firenze, invece, il tema è diverso; si tratta
di intervenire su uno spazio già essenzialmente formato, per il quale l’ar-
chitetto è chiamato a proporre suggestioni nuove. Tuttavia anche in questo
caso il metodo di Portoghesi non cambia, piuttosto si adatta al cambiamento
di scala. E’ qui in estremo risalto l’uso della decorazione che si sviluppa
tutt’intorno ai pilastri e segna il margine dei piani, richiamando alla mente
tutta una serie di suggestioni: l’idea della tarsie marmoree tipiche dell’ar-
chitettura romanica protorinascimentale fiorentina si fonde a riferimenti
come la Badia Fiesolana o alle più recenti reminiscenze di Josef Hoffmann
e di Peter Behrens,14 ma anticipa anche un tema che sarà costante nell’opera
di Portoghesi: l’uso della decorazione giocata su un forte contrasto croma-
tico, sempre però evocativa di altrettante opere del passato.
I tre progetti, pur chiaramente distinti nel risultato finale, affermano la loro
appartenenza ad un ragionamento univoco, che conduce il progettista ad
esprimersi attraverso un chiaro rimando all’architettura esistente. Ma se fin
qui era più manifesta questa costante prerogativa di caratterizzare le proprie
opere attraverso un richiamo alla memoria esplicito e leggibile, il progetto
per casa Baldi del 1959 svela una maggiore complessità nei temi e nella
struttura globale, potendosi perciò considerare un vero e proprio manifesto
delle sue teorie architettoniche nonché elemento di cerniera nella sua pro-
duzione, come ricorda nel testo monografico del 1979 Francesco Moschini:15
Con quest’opera, infatti, ha inizio per Portoghesi la più libera sperimenta-
zione, che troverà nelle occasioni minime di lavoro, quali appunto le case di
14 - G. PRIORI, Simpatia delle Cose, ed. Stoà Edizioni d’Arte – Roma, 1982.
15 - F. MOSCHINI, a cura di, Paolo Portoghesi. Progetti e disegni 1949 – 1979, ed. Centro Di
– Firenze 1979.
113
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 114
GIOIA SEMINARIO
16 - B. ZEVI, Casa Baldi sull’Ansa della Flaminia a Roma in L’Architettura – Cronache e sto-
ria n.86 del 1962, pagg. 510 a 521.
17 - F. MOSCHINI, a cura di, Paolo Portoghesi. Progetti e disegni 1949 – 1979, ed. Centro Di
– Firenze 1979.
114
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 115
115
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 116
GIOIA SEMINARIO
21 - Ch. NORBERG-SCHULZ, Alla ricerca dell’architettura perduta, ed. Officina, Roma 1976,
pag. 23.
116
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 117
figg. 43/44 - Una vista di Casa Baldi al tempo della sua ultimazione (1959) e una sua
vista attuale (2007).
117
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 118
GIOIA SEMINARIO
118
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 119
25 - Ricerche sulla centralità, progetti dello studio di Porta Pinciana in Controspazio n.6 del
1971 pagg. da 8 a 11.
26 - La quarta dimensione è la dimensione temporale, associata alla teoria della relatività di
Albert Einstein, ma anche fortemente legata alla teoria dei salti quantici e alle teorie di Ilya Pri-
gogine. Influenzò anche il mondo dell’arte, introducendo il concetto di movimento anche
nelle opere di grandi maestri del Novecento come Pablo Picasso.
27 - Ricerche sulla centralità, progetti dello studio di Porta Pinciana in Controspazio n.6 del
1971 pagg. da 8 a 11.
28 - Ibid.
119
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 120
GIOIA SEMINARIO
Nonostante questa teoria si nutra di una forte astrazione della ricerca ar-
chitettonica rispetto alla prassi realizzativa, lo studio di Portoghesi con Gi-
gliotti si concretizza nella realizzazione di una serie di opere tutte
improntate a questa stessa logica formale. Nei progetti che muovono da tale
ragionamento, la genesi dell’intero edificio deriva prevalentemente dalla
planimetria, composta di famiglie di cerchi concentrici che determinano
anche la forma delle pareti e danno l’impronta alle aperture delle facciate.
Nondimeno, l’impatto esteriore di tali manufatti è attentamente calibrato e
garantito da quello che l’architetto romano definisce effetto a distanza:29
L’architettura è un esempio tipico di effetto a distanza dei corpi: essa emette
una serie di informazioni che coinvolgono il nostro corpo a mano a mano
che si avvicina all’edificio. Quando ci avviciniamo ad una facciata abbiamo
la sensazione che essa ci coinvolga e ci avvolga.
29 - M. PISANI, Dialogo con Paolo Portoghesi, ed. Officina, Roma 1989, pag.112.
120
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 121
121
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 122
GIOIA SEMINARIO
30 - G. PRIORI, a cura di, Paolo Portoghesi, ed. Zanichelli, Bologna 1985, pag. 34.
31 - Ch. NORBERG SCHULZ, Alla ricerca dell’architettura perduta, ed. Officina, Roma 1976,
pag. 41.
122
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 123
come, nel passaggio tra le due opere, il rapporto geometrico delle parti sia
diventato più ordinato,32
i rapporti spaziali si sono arricchiti e sono stati collegati sistematicamente,
(…). Il dinamismo generale l’apertura, tipici di casa Andreis, corrispondono
al compito “casa da weekend”, che nel caso specifico richiede un’intima cor-
relazione con l’ambiente naturale. Il tema dell’accoglimento dello spazio
esterno per mezzo di muri concavi è quindi molto accentuato.
In confronto con la precedente esperienza di Casa Baldi, l’effetto a di-
stanza di tempo subito dall’edificio può dirsi addirittura opposto: mentre nel
progetto della Flaminia l’integrazione con il contesto circostante ne ha ar-
ricchito le qualità estetiche,enfatizzando l’algida compostezza di Casa An-
dreis è andata piegandosi negli anni alla incontenibile energia dei fenomeni
naturali. Inoltre, mentre gli spazi interni di casa Baldi, misurati ed avvol-
genti, si rivelano accoglienti e versatili per le funzioni della quotidianità, il
dinamismo di questa seconda opera crea un effetto talvolta sfuggente in rap-
porto alle nuove concezioni dell’abitare e del progetto di arredo domestico.
Ancora differente è l’impatto che si ottiene nel progetto di Casa Bevi-
lacqua a Gaeta, il cui progetto è datato 1964 – sebbene la sua effettiva rea-
lizzazione si sia avuta nel 1973 – in cui il riferimento ad un tracciato
derivante dalle ricerche sulla centralità e sul luogo naturale si congiunge
ad un richiamo storico più forte rispetto alle sue contemporanee esperienze,
non leggibile nell’immediato confronto con l’opera, ma rimandato ad un
attento studio dei suoi motivi compositivi. Tale prerogativa fa certamente
di questa piccola abitazione un significativo esempio della fusione delle tre
costanti del lavoro di Portoghesi: la storia, la natura, la geometria. I primi
due aspetti derivano dagli studi planimetrici sulle ricerche michelangiole-
sche che, unite ad un costante riferimento alla sinuosità barocca, si molti-
plicano in un effetto di autosimilarità che richiama il mondo naturale;
mentre il secondo aspetto è evidenziato dal contrasto evidente tra forma
curva e rettilinea, dunque tra i due costituenti essenziali della geometria eu-
clidea, che qui rappresentano anche la contrapposizione tra i due emisferi
maschile e femminile.
123
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 124
GIOIA SEMINARIO
fig. 48 - Una vista di Casa Bevilacquaa Gaeta negli anni Ottanta: evidente è il gioco cro-
matico tra cemento e mattoni.
124
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 125
125
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 126
GIOIA SEMINARIO
34 - Ch. NORBERG SCHULZ, Alla ricerca dell’architettura perduta, ed. Officina, Roma 1976,
pag. 59.
126
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 127
127
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 128
GIOIA SEMINARIO
128
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 129
129
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 130
GIOIA SEMINARIO
figg. 58/59 - Planimetrie di progetto della Chiesa della Sacra Famiglia di Salerno.
130
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 131
Per quanto concerne l’articolazione della luce interna, primaria nel pro-
getto di una chiesa, questa è lasciata scaturire direttamente dal progetto
delle forature che, studiate in base a delle precise esigenze strutturali, ri-
velano anche una notevole ricercatezza nell’interpretazione dei principi
spirituali alla base della religione, generando una modulata e studiata ca-
sualità che dà origine ad effetti di grande suggestione. Per dare vita a ri-
chiami simbolici e naturali che riescano a rendere armoniosa la ritmica
dura di una muratura in cemento armato a faccia vista, Portoghesi usa
degli alti tagli vetrati che attraverso forma e colore divengono gli stru-
menti principali dell’effetto finale, originale ed impressionante. E se più
indeterminato può dirsi il risultato che si ottiene nella forma esterna, che
risente della propria caratteristica mancanza di definizione di elementi di
particolare riconoscibilità e in parte del progressivo deperimento dei ma-
teriali, per contro, per la completezza della ricerca teorica e del risultato
plastico raggiunti, con quest’opera è perfezionata e conclusa la speri-
mentazione di Portoghesi su lo spazio come sistema di luoghi. A partire
da questo progetto, infatti, può dirsi raggiunto un altro momento di cam-
biamento del lavoro dell’architetto romano che, accantonata l’ortodossia
dell’indagine sperimentale, inaugura con la Moschea di Roma una nuova
stagione in cui l’analisi spaziale si trasforma da fine a mezzo della ricerca
formale. Dunque il rapporto geometrico permane, ma stavolta impregnato
di un carico emotivo più evidente che evidenzia come, avendo acquisito
un metodo rigoroso, anche l’esperienza della storia e della tradizione si
siano di fatto evolute.
131
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 132
GIOIA SEMINARIO
132
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 133
133
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 134
GIOIA SEMINARIO
figg. 63/64 - Vista in sezione e planimetria della Moschea e del Centro culturale.
36 - Dal 1968 al 1976 Paolo Portoghesi è preside della Facoltà di Architettura del Poli-
tecnico di Milano. Quando nel 1971 l’università viene occupata da alcuni senzatetto man-
dati via dalle case che avevano occupato per protesta Portoghesi, insieme ad un folto
gruppo di docenti emeriti tra cui Aldo Rossi, Franco Albini, Giudo Canella, indice una as-
semblea permanente sul tema della casa. Tuttavia l’università viene presto sgombrata e i
professori ritenuti responsabili vengono allontanati per due anni dall’università. È a par-
tire da quel momento che Portoghesi ricomincia con maggiore slancio la sua attività pro-
fessionale.
134
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 135
37 - G. PRIORI, a cura di, Paolo Portoghesi, ed. Zanichelli, Bologna 1985, pag. 54.
38 - P. BERNITSA e M. ERCADI, Paolo Portoghesi, ed. Skira, Milano 2006, pag. 90.
39 - Intervista a Paolo Portoghesi, negli Apparati al volume. Portoghesi esprime chiara-
mente le ragioni di questo suo adattamento alla tendenza postmodern.
135
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 136
GIOIA SEMINARIO
136
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 137
137
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 138
GIOIA SEMINARIO
40 - M. PISANI, La piazza come “luogo degli sguardi”, ed. Gangemi, Roma 1990.
41 - Ibid. alle pagg. 13 e 14.
42 - P. BERNITSA e M. ERCADI, Paolo Portoghesi, ed. Skira, Milano 2006, pag. 98.
138
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 139
139
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 140
GIOIA SEMINARIO
43 - P. PORTOGHESI, Palazzo Corrodi, nuova sede della Cassa in Geometri n.1-2 del 1993,
pag. 6.
140
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 141
141
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 142
GIOIA SEMINARIO
44 - A questo proposito, descrivendo l’intervento egli cita Georges Banu, grande studioso
di storia del teatro, che in Le Rouge et Or scriveva: «Il teatro all’italiana non ha l’anzianità
degli anfiteatri greci, né la freschezza delle sale recenti. È luogo di conservazione e di me-
moria da un lato, di attualità e di concretezza del presente dall’altro, poiché, se si vuole
usare la terminologia di Adorno, si tratta di un luogo che sfugge alla ‘antitesi dell’eternità
e della storia’». Cit. in P. BERNITSA e M. ERCADI, Paolo Portoghesi, ed. Skira, Milano 2006,
pag. 116.
45 - Ernst Haeckel (1834-1919) fu un biologo con uno spiccato senso artistico che, tra i
diversi interessi scientifici, ha anche amato l’arte. Famose sono le sue tavole, illustrazioni
naturalistiche con cui questi ha introdotto la scienza ad un più vasto pubblico, attraverso
grafici e descrizioni facilmente interpretabili. Il più famoso dei suoi contributi resta Art
forms in Nature, una raccolta di 100 tavole illustrate.
46 - P. BERNITSA e M. ERCADI, Paolo Portoghesi, ed. Skira, Milano 2006, pag. 122.
142
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 143
143
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 144
GIOIA SEMINARIO
144
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 145
145
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 146
GIOIA SEMINARIO
gine che ne caratterizza l’attività attuale non nasca per l’esaurirsi degli spunti
pregressi, ma dall’evoluzione stessa di questi spunti in altre ricerche, gene-
rando una forma di continuità che non rinnega il lavoro precedente ma, pla-
candone i caratteri più marcati, raggiunge una propria originalità.
146
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.03 Pagina 147
fig. 76/77 - Due vedute del fronte principale del municipio di Tregnago.
fig. 78 - Dettaglio della facciata.
147
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.04 Pagina 148
GIOIA SEMINARIO
fig. 79 - Una veduta centrale della Chiesa di Santa Maria della Pace di Terni.
figg. 80/81 - Due viste di dettaglio dell’interno della Chiesa.
148
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.04 Pagina 149
149
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.04 Pagina 150
GIOIA SEMINARIO
47 - P. BERNITSA e M. ERCADI, Paolo Portoghesi, ed. Skira, Milano 2006, pag. 176 a 180.
150
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.04 Pagina 151
151
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.04 Pagina 152
GIOIA SEMINARIO
fig. 86 - Una veduta dall’alto del Giardino della Biblioteca dell’Angelo a Calcata.
fig. 87 - Una delle aree attrezzate del Giardino.
152
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.04 Pagina 153
153
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.04 Pagina 154
GIOIA SEMINARIO
154
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.04 Pagina 155
155
seconda parte:Layout 1 20/01/2009 23.04 Pagina 156
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 157
Apparati
157
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 158
GIOIA SEMINARIO
dei, delle persone geniali, cosa quasi sempre non vera e che è alla base di molte
mistificazioni. Oggi, indubbiamente, l’arte architettonica ha molta audience, i
mass-media ne parlano molto, mettendo in secondo piano la ricerca architetto-
nica, che è una ricerca insieme scientifica e artistica, molto importante perché è
il nutrimento indispensabile della produzione in questo settore.
G.S. Quali ritiene che siano le nuove frontiere che l’architettura dovrebbe indagare?
P.P. Sono molto convinto che l’architettura dovrebbe esplorare le frontiere della
psicologia. Sia per quanto riguarda la città, sia per quanto riguarda le strutture edi-
lizie, gli architetti si interessano pochissimo di cosa pensa la gente, di come reagi-
sce a ciò che gli architetti propongono, mentre indubbiamente la psicologia è uno
strumento di conoscenza di queste reazioni. Certo, l’architetto ha la responsabi-
lità del progetto e pertanto deve esprimere una sua intenzione, in certi casi una
sua idea di come si dovrebbe vivere, di come lo spazio possa rispondere alle esi-
genze della vita, però è fondamentale anche che egli stesso confronti le proprie
idee con quelle degli altri, che non sempre coincidono, e a volte sono addirittura
lontanissime dalla sua visione delle cose: quello che manca all’architettura cosid-
detta contemporanea è questa preoccupazione di cosa pensano i fruitori.
G.S. Durante quasi cinquant’anni di carriera la sua opera si è evoluta attraverso
posizioni diverse, pur nella sostanziale unitarietà del pensiero: prima la ricerca sui
luoghi, poi la ricerca di un rapporto più stretto con la storia, e infine la ricerca sulla
natura. Come sintetizza Lei questo percorso… se lo sintetizza?
P.P. Potrei dire che la prima parte del mio lavoro sia quella più normale, nel
senso che un architetto quando si laurea cerca di esprimere una propria idea di
architettura e di dare un fondamento alla sua ricerca. Io ho fatto questo sforzo
basandomi principalmente sulla nozione di luogo, sull’idea che l’architettura
non possa essere indifferente al luogo in cui sorge: da qui è nata la teoria su lo
spazio come sistema di luoghi. C’è poi stato un periodo, che coincide con il po-
stmoderno, con la mostra di Venezia, in cui ho messo in discussione il fatto che
la ricerca che l’architetto fa di un proprio stile sia fondamentalmente una ricerca
solipsistica, che non affonda le radici nei valori collettivi, se non attraverso certi
aspetti come la memoria. E allora mi sono reso conto che tutto sommato sa-
rebbe stato interessante cercare invece nella memoria collettiva gli elementi che
158
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 159
Apparati
159
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 160
GIOIA SEMINARIO
dieci anni, forse anche venti, però alla fine la cultura architettonica non potrà non
accorgersi che questa urgenza è forte. Il problema non sta nel fatto che la cultura
architettonica ignora i problemi dell’ambiente, ma nel fatto che cerca di risolverli
in modo settoriale senza introdurre una sensibilità. Il problema non è tanto usare
o no i pannelli fotovoltaici, il problema è esprimere attraverso l’architettura que-
sta nuova sensibilità verso i valori e i rischi dell’ambiente.
G.S. Lei ha interpretato il tema dell’architettura naturale in maniera un po’ dif-
ferente rispetto a tanti architetti che hanno sperimentato in questa direzione per-
ché, come si legge nel testo Natura e Architettura, ha recuperato questo rapporto
con la natura ripartendo proprio dalla storia.
P.P. Si può dire che oggi ci sia una moda di ispirarsi alla natura così come ci
si ispira a qualunque altra cosa, forse perché la natura è bella quindi è una scor-
ciatoia per raggiungere una qualità estetica dell’architettura. Il problema, visto
in questi termini, è molto diverso da quello che pongo io: invece di creare una
nuova sensibilità cerco di esprimere il fatto che l’uomo si sente parte della na-
tura e quindi si considera responsabile dei rapporti di equilibrio e di squilibrio
tra questa e la città. Tutto questo dovrebbe portare una nuova sensibilità. Io
ho cominciato a lavorare sulle forme naturali col Teatro Puccini di Torre del
Lago, che è in un certo senso uno dei primi esempi di architettura ispirata alle
strutture naturali al di fuori, ad esempio, della ricerca di Frei Otto, che è sem-
pre molto legata a una indagine scientifica. La mia non era una ricerca scienti-
fica, di strutture, ma era piuttosto una volontà di sintonia con l’ambiente.
Successivamente tante altre esperienze sono state fatte in questa direzione.
G.S. Vorrei ritornare per un attimo sul tema del postmoderno: cosa lei pensa che
abbia lasciato all’architettura di oggi la stagione del postmoderno? Crede che abbia
portato dei cambiamenti sostanziali, permanenti all’architettura di oggi?
P.P. Beh, potrei dire che il postmoderno sia in realtà ciò che noi stiamo vi-
vendo: è un errore degli architetti considerare il postmoderno quella tendenza,
manifestatasi soprattutto all’inizio degli anni Ottanta, a stabilire dei rapporti
con la storia e col passato. In realtà, questa dizione può attribuirsi a un feno-
meno molto più vasto, che abbraccia completamente anche l’architettura au-
toreferenziale di cui parlavo. Quindi bisogna stabilire in che modo si usa questo
160
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 161
Apparati
161
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 162
GIOIA SEMINARIO
tanei lo avesse fatto e che ci si servisse ancora di periodici che erano espres-
sione di un’altra generazione, di altri valori. Diversamente dalle altre riviste
che sono più personalizzate, Controspazio è stato soprattutto un catalizzatore:
insomma si voleva dare spazio alle novità che apparivano nell’orizzonte ar-
chitettonico. In particolare questa rivista è stata giudicata da alcuni come l’or-
gano di quella che viene definita Tendenza, una specie di ritorno al
razionalismo in termini più liberi e, per così dire, caratterizzati da una forte
accentuazione della tematica della tipologia. Quindi direi che in Controspa-
zio l’aspetto personale non sia così forte: io stesso ho pubblicato su Contro-
spazio dei miei progetti, che però erano sempre un po’ in disaccordo con la
tendenza dominante. Io non sono mai stato neo-razionalista, anche se ho sem-
pre visto il razionalismo come un momento fondamentale, una radice da non
rinnegare, ma nemmeno da riproporre in termini banali.
Eupalino è stata invece una rivista successiva alla mostra della Biennale, le-
gata all’ipotesi del postmoderno. In principio c’era l’illusione che stesse na-
scendo un’architettura nuova, imparentata con quella storica di grande validità
e significato. Tuttavia non si sono ravvisati esiti notevoli, anche se alcune opere
importanti sono rimaste e rimarranno, quindi è prevalsa la delusione e questa
rivista si è esaurita e ha chiuso i battenti.
Invece Materia è incominciata quando Eupalino è entrata in crisi. In princi-
pio gestita insieme con Paolo Zermani, questa si proponeva come una rivista
di dialogo: prospettava la coesistenza pacifica tra le tendenze – un pluralismo
potremmo dire – con un tentativo di continuare l’esperienza del postmoderno
e approfondirla dando spazio anche a quello che intanto succedeva. Ma que-
sta ha cambiato volto quando al posto di Zermani è arrivato Marco Casa-
monti, un architetto molto giovane, portatore di istanze diverse, e che insieme
all’editore della rivista ha insistito perché si facessero dei numeri monografici,
utili agli architetti soprattutto al tavolo da disegno.
Attualmente la rivista non ha più steccati, è aperta a tutti, è una rivista se vo-
gliamo alquanto agnostica. Per questo ho poi creato Abitare la Terra: non sod-
disfatto di questo agnosticismo, volevo una rivista che esprimesse chiaramente
il mio pensiero, la ricerca di un’architettura della responsabilità.
E forse questa è veramente la più personale delle riviste che ho fatto, una rivi-
162
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 163
Apparati
sta in cui io stesso scelgo gli argomenti, le cose da pubblicare: non ha più quel
carattere di organo aperto che avevano le altre, proprio per la preoccupazione di
riuscire a trasmettere un messaggio preciso, piuttosto che un messaggio con-
traddittorio o estremamente vago…
G.S. Certo non è solo architettura, è anche cultura delle civiltà se vogliamo, no?
P.P. Beh, certo … Purtroppo poi c’è da dire che le riviste sono, ovviamente,
fortemente condizionate da quello che vi si pubblica, dalle opere. Per esempio
Abitare la Terra è una rivista in qualche modo in anticipo su quello che viene
pubblicato, nel senso che gli ideali della rivista vorrebbero un tentativo più ma-
turo, più sostanzioso di rapporto con le forme naturali.
G.S. Paolo Portoghesi nell’architettura italiana. Facendo una retrospettiva di
questi anni di carriera, come colloca il suo contributo? Cosa crede di aver dato al-
l’architettura di permanente?
P.P. Beh, direi che più che altro è stata una ricerca. Non spetta a me stabi-
lire quale sia o sia stato il contributo positivo che rimane. Mi accontenterei di
aver introdotto qualche interrogativo.
Certamente sono uno degli architetti italiani che hanno cercato con la pro-
pria architettura di dire cose molto precise, di dare delle strade di sviluppo, ri-
valutando, ad esempio, l’attualità del Barocco: un’arte libera che però ubbidisce
ancora a certi canoni, dunque una libertà che non è deregulation, al contrario:
in fondo soprattutto nel caso di Borromini l’architettura si sottopone a tutta
una serie di vincoli, di strategie precise, rigorose. A mio parere il Barocco è que-
sto, la libertà come risultato di un lavoro complesso e approfondito, tutto al
contrario della complicazione fine a se stessa delle nuove produzioni. Un se-
condo aspetto è la risposta al problema del luogo, l’idea che l’architettura debba
nascere dal luogo: in questo senso ho lavorato sia scrivendo, sia sperimentando
l’architettura e mi sembra che tutto sommato, considerando le opere che ho co-
struito, questo concetto emerga abbastanza bene.
Quello che in realtà è strano, e che comunque caratterizza la mia persona-
lità, è l’isolamento rispetto alla cultura ufficiale. Io sono sempre stato visto
come un ospite un po’ scomodo: potrei dire che, in definitiva, il mio rapporto
con l’architettura italiana sia un rapporto anomalo.
163
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 164
164
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 165
Apparati
165
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 166
GIOIA SEMINARIO
166
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 167
Bibliografia
167
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 168
GIOIA SEMINARIO
168
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 169
ABITARE LA TERRA
n. 5 - 2004-’05 P. PORTOGHESI, Un direttore o un governatore? (editoriale)
n. 17 - 2007 P. PORTOGHESI, La chimera decapitata, ovvero: il re è nudo (editoriale)
ARCHITECTURAL REVIEW
n. 747 - 1959 R. BANHAM, Neoliberty – The Italian retreat from modern architecture
ARCHPHOTO - (Rivista Digitale di Architettura, Arti visive e Cultura)
Gen - 2005 F. PURINI, Questioni di paesaggio
AREA
n. 47 - 1999 A. DE POLI, Natura e architettura
CASABELLA
n. 215 - 1957 R. GABETTI e A. ISOLA, L’impegno della tradizione - V. GREGOTTI, L’im-
pegno della tradizione - E. N. ROGERS, Continuità o crisi? (editoriale)
n. 216 - 1957 E. GENTILI, Ortodossia dell’eterodossia
n. 228 - 1959 E. N. ROGERS, L’evoluzione dell’architettura - Risposta al custode
dei frigidaires
n. 242 - 1960 L.BENEVOLO, consuntivo delle recenti esperienze urbanistiche italiane
n. 268 - 1962 F. TENTORI, Stasi e dinamica nel panorama italiano1962
n. 277 - 1963 A. SAMONÀ, Alla ricerca di un metodo per la nuova dimensione
n. 307 - 1966 P. PORTOGHESI scrive a R. Pane, Lettere a Casabella
n. 309 - 1966 P. PORTOGHESI, La mostra “Parabola 66”
n. 314 - 1967 AA.VV., Il patrimonio storico e il mondo moderno: aspetti italiani
n. 318 - 1967 C. GUENZI, con F. BORSI (coordinatore), Revivals e storicismo
nell’architettura italiana contemporanea, dialogo con Gabetti e Portoghesi
n.350 - 1970 P. PORTOGHESI, Atti del Convegno Internazionale di Studi sul Design
n.464 - 1980 T. MALDONADO, Il movimento moderno e la questione ‘post’
O. CALABRESE (a cura di), La tecnica delle avanguardie
Intevista a Tafuri
n.624 - 2001 P. PORTOGHESI, Le possibilità del passato - Recensione alla monografia
su Ezio Bonfanti - Nuovo e Moderno in architettura
169
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 170
GIOIA SEMINARIO
COMUNITÀ
n. 65 - 1958 P. PORTOGHESI, Dal neorealismo al neoliberty
n. 75 - 1959 P. PORTOGHESI, La «scuola romana»
CONTROSPAZIO
n. 2/3 - 1969 P. PORTOGHESI, Una critica della condizione architettonica
n. 7 - 1969 P. PORTOGHESI, Roma senza cuore
n. 6 - 1971 P. PORTOGHESI e V. GIGLIOTTI, Ricerche sulla centralità - Progetti dello stu-
dio di Porta Pinciana
n. 10/11 - 1971 C. MELOGRANI, F. BERLANDA, R. NICOLINI, A. ROSSI, P. PORTOGHESI,
Cronaca di una polemica
n.1 - 1973 R. NICOLINI, Distinguere le ragioni - P. PORTOGHESI,Milano-Une saison en enfer
n. 3 - 1974 G. MURATORE, Gli anni della ricostruzione
n. 4 - 1975 Ch. NORBERG-SCHULZ, di Paolo Portoghesi e Vittorio Gigliotti 1971-75
P. PORTOGHESI, La ricerca continua
n. 4/5 - 1977 C. D’AMATO, Memoria, storia e questioni di stile nell’esperienza del neoliberty
P. PORTOGHESI, Dentro la storia e fuori delle storie
n. 1/6 - 1980 P. PORTOGHESI, Il riemergere degli archetipi
CORRIERE DELLA SERA
28/08 - 2000 L. BARZINI, 1900, un sogno viennese
09/07 - 2003 G. PULLARA, Portoghesi: «Qualità e regole, così si usa la città»
25/07 - 2005 P. CONTI, Portoghesi: «Non una, mille moschee per battere il terrore»
03/04 - 2006 P. PORTOGHESI, L' aspirazione allo spazio vuoto
15/12 - 2006 Paolo Portoghesi. Contro il caos, salviamo la memoria
COSTRUIRE
n. 200 - 2000 Il viaggio di Portoghesi. Natura e Architettura
COSTRUIRE IN LATERIZIO
n. 28 - 1992 M. PISANI (a cura di), Paolo Portoghesi «I materiali»
n. 38 - 1994 M. PISANI, Intervista ad Adolfo Natalini
n. 97 - 2004 C. DONATI, Un dialogo con Adolfo Natalini
DOMUS
n. 415 - 1964 A. PICA, Apparato per una nuova lettura di Michelangiolo
n. 447 - 1967 A. PICA, Recensione a Roma Barocca
n. 780 - 1996 P. PORTOGHESI, Verso una nuova architettura organica
n. 818 - 1999 P. PORTOGHESI, Imparare dalla Natura
EDILIZIA MODERNA
n. 82/83 - 1964 AA.VV., Giudizi e Problemi - P. PORTOGHESI, Tipi e simboli
170
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 171
Apparati
EUPALINO
n. 1 - 1982 C. D’AMATO, L’immagine di una fanciulla di Corinto - I. CALVINO,
La città - P. PORTOGHESI, R. GUARINI, Dialoghi – Perché Eupalino
n. 2 - 1982 P. CHESSA, G. AGAMBEN, Dialoghi - Il pensiero dell’epoca
n. 4 - 1982 P. GALLINA, Le strutture silenziose - G. BILANCIONI, Emblemata moderna
n. 5 - 1983 G. PETRASSI, P. GALLINA, Dialoghi - L’usignolo meccanico
n. 6 - 1983 C. OLMO, G. VATTIMO, Dialoghi - Filosofia della città
FLOORNATURE (WWW.FLOORNATURE.IT)
2003 C.VISENTIN, Intervista a Paolo Portoghesi
GEOMETRI
n. 1/2 - 1993 P. PORTOGHESI, Palazzo Corrodi, nuova sede della Cassa
n. 3/4 - 1993 F. LOMBARDI, Palazzo Corrodi, inaugurazione ufficiale
IL MESSAGGERO
07/10 - 1980 E. SALZANO, Il formalismo in architettura
INTERNI
n. 501 - 2000 M. VERCELLONI (a cura di), Natura e Architettura
L’ARCA
n. 145 - 2000 C. STRANO, È pur sempre natura
L’ARCHITETTURA CRONACHE E STORIA
n. 46 - 1959 B. ZEVI, L’andropausa degli architetti moderni italiani
n. 86 - 1962 B. ZEVI, Casa Baldi nell’ansa della Flaminia a Roma
n. 104 - 1964 P. PORTOGHESI, Mostra critica delle opere michelangiolesche al Palazzo
delle Esposizioni di Roma
n. 37 - 1967 P. PORTOGHESI, Casa Andreis a Scandriglia, Rieti
n. 10 - 1980 B. ZEVI, A Venezia lo zombie postmodern (editoriale)
n. 11 - 1980 B. ZEVI, Commenti al postmodern (editoriale)
n. 12 - 1980 B. ZEVI, Post-Industrialism = Organic
LA REPUBBLICA
11/08 - 1980 L. SEMERANI, La Biennale di architettura a Venezia
23/10 - 1980 A. ARBASINO, Cartoline da Venezia. Fa cucù Debussy
tra federe e trapunte
L’ESPRESSO
n. 48 - 1971 P. PORTOGHESI, L’architetto è un fossile, chi lo nega va in castigo
171
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 172
GIOIA SEMINARIO
LEONARDO.IT (WWW.LEONARDO.IT)
20/06 - 2001 F. ORLANDI, F. R. COSSU (a cura di) Architettura compatibile
(intervista)
MATERIA
n. 17 - 1994 P. PORTOGHESI, Natura e Architettura
n. 31 - 2000 A. DE POLI, Paolo Portoghesi: Architettura e Natura
n. 35 - 2001 P. PORTOGHESI, Luoghi di transito (editoriale)
n. 36 - 2001 P. PORTOGHESI, legno (editoriale)
n. 37 - 2002 P. PORTOGHESI, Costruire a secco (editoriale)
n. 38 - 2002 P. PORTOGHESI, Un ospedale umanistico (editoriale)
n. 39 - 2002 P. PORTOGHESI, Pietre di cava e“nuove pietre” (editoriale)
n. 42 - 2003 P. PORTOGHESI, Nuovi materiali (editoriale)
n. 43 - 2004 P. PORTOGHESI, Industrial design e modernità (editoriale)
n. 44 - 2004 P. PORTOGHESI, Preistoria dell’albergo (editoriale)
n. 45 - 2004 P. PORTOGHESI, Il mito Ferrari (editoriale)
n. 46 - 2005 P. PORTOGHESI, Cemento armato (editoriale)
n. 47 - 2005 P. PORTOGHESI, La residenza collettiva (editoriale)
n. 48 - 2005 P. PORTOGHESI, Cuocere la terra (editoriale)
n. 53 - 2007 P. PORTOGHESI, Grandi luci: il ponte (editoriale)
MODO
n. 202 - 2000 G. PELLEGRINI, Natura e Architettura
MODULO
n. 311 - 2005 E. BURRONI, Adolfo Natalini
MONDO
n. 2 - 2006 AA. VV., Natalini Architetti.University of Florence
OPPOSITIONS
n. 10 - 1977 P. JOHNSON, Reflections: on Post-Modernism
UTOPIA, UTOPIA...
1970 M. CASCAVILLA, Frammento radiofonico di un dialogo tra
Portoghesi e Nicolini
ZODIAC
n. 7 - 1960 P. PORTOGHESI, Architettura e ambiente tecnico
172
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 173
Ringraziamenti
L’autrice ringrazia quanti, a vario titolo, hanno contribuito alla stesura di questo testo
ed in particolare:
lo STUDIO PORTOGHESI, soprattutto l’arch. Maria Ercadi, per aver collaborato alla sele-
zione del materiale iconografico presente nel volume;
il prof. Arch. Mario dell’Acqua, Tutor nella ricerca di dottorato, per aver fornito diversi
spunti critici fondamentali alla definizione del presente testo;
il prof. Arch. Alberto Cuomo e tutto il collegio del Dottorato di ricerca in PROGETTA-
ZIONE ARCHITETTONICA E URBANA – COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA dell’UNIVERSITÀ
FEDERICO II DI NAPOLI
il Dott. Ambrogio Ambrogetti, per il materiale iconografico e documentario fornito
per la ricerca
il prof. Arch. Giancarlo Priori ed il prof. Arch. Claudio Roseti, per il costante interes-
samento e la viva collaborazione allo sviluppo della ricerca
infine, il prof. Arch. Lucio Valerio Barbera per la preziosa collaborazione.
173
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 174
Indice generale
NOTA DELL’EDITORE............................................................................................................................................. 9
PRESENTAZIONE........................................................................................................................................................ 11
PREFAZIONE................................................................................................................................................................. 13
APPARATI
Un’intervista a Paolo Portoghesi.................................................................................................................... 157
Regesto delle opere citate nel volume............................................................................................................. 164
Bibliografia..................................................................................................................................................................... 167
Indice degli articoli consultati........................................................................................................................... 169
174
apparati:Layout 1 20/01/2009 23.13 Pagina 175