Sei sulla pagina 1di 5

Gli Italiani e il loro rapporto con il cibo

Comunicato stampa
 CULTURA E TEMPO LIBERO

Pubblicato il: 22/08/2019 16:00


Conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo la cucina italiana si può dire, con un briciolo di
presunzione, che sia quella più amata da tutti, in primis dagli Italiani stessi. Grazie alla sua
varietà di sapori e a materie prime di qualità, la cucina italiana -e in particolar modo la
famigerata dieta mediterranea- ha deliziato i palati di milioni di persone in giro per il mondo.
Folle di turisti corrono in Italia per poter gustare la pizza, gli spaghetti al sugo, il gelato e altre
prelibatezze che con grande orgoglio sono state portate in giro per l’Europa e oltre oceano (con
spesso qualche piccola modifica non molto apprezzata dagli Italiani della vecchia scuola di
cucina). Ma i primi ad amare e elogiare i piatti italiani sono gli stessi cittadini del bel paese. Gli
italiani sono il popolo che più di tutti han fatto del cibo una filosofia e un’abitudine sacra. Non
per niente, il popolo italiano è quello che più di tutti ama andare a mangiare fuori e, quando lo
fa, preferisce le pizzerie oppure i ristoranti di cucina locale.

Quando si studia una lingua si studia, in qualche modo, anche un popolo, la sua cultura, le
sue tradizioni e le sue regole sociali perché imparare una lingua non significa solo usare in
maniera corretta lessico e grammatica, significa anche saperla usare in maniera appropriata.
Uno dei modi, anzi io direi uno dei mondi, in cui meglio si può conoscere ed imparare molto
sulla cultura italiana è quello che ruota intorno al cibo, come si cucina e come si mangia.
Noi italiani siamo famosi per l’importanza che diamo al cibo e credo che per un popolo come il
nostro, ancora legato alle tradizioni, sia normale. Ogni momento del rituale dei pasti evoca
infatti in noi ricordi e memorie, ogni oggetto della cucina, ogni profumo, ogni parola diventa
una maddalene proustiana che ha la capacità di catapultarci indietro nel passato come una
macchina del tempo.

Ogni passo della preparazione di un pasto è evocativo.


Tutto comincia con l’attesa del pasto, quando ci si siede tutti insieme attorno alla tavola. E’ il
momento in cui ci si ritrova con i propri affetti, in un posto familiare e lo si aspetta per fermarsi
un po’ e ritrovarsi con sé stessi e con gli altri.
La preparazione è invece caratterizzata da un grande fermento: vedere cosa è stato acquistato
per poi essere magicamente assemblato per creare delle vere opere d’arte da mettere sulla
tavola e far felici occhi e palato di tutti; cominciare a sentire gli odori quando la preparazione
inizia, i rumori delle cipolle che soffriggono nell’olio, dell’acqua del rubinetto che riempie la
pentola per la pasta. Cominciare a pizzicare qualcosa di nascosto. La preparazione è attesa,
crea aspettative, aspettare di sentire quel sapore speciale. E’ il momento del racconto, forse più
personale rispetto a quello a tavola, più confidenze, più pettegolezzi.
Anche la preparazione della tavola avviene in maniera apparentemente caotica ma in realtà
sistematica : prima la tovaglia, poi la conta dei commensali: “Quanti siamo?”, “12? Con o senza
i bambini?”, poi i piatti i bicchieri, le posate, “Dove si siedono i bambini che non metto il
coltello?”, mentre tutti si muovono intorno, ognuno con il proprio compito.
Infine, si mangia. Si fa festa, sia a Natale che in un qualunque giorno dell’anno. L’attesa finisce
e le confidenze diventano storie. Storie di gente che ad un certo punto trova sempre una buona
scusa per incontrarsi e che riesce a mettersi intorno ad una tavola a raccontare ed ad
ascoltare.
E’il momento in cui ti rendi conto che, mentre eri a scuola o al lavoro o chiacchieravi con gli altri
la mattina di Natale, qualcuno pensava a te, cucinava per te perché quel momento diventasse
speciale. E così lo aspettiamo quel momento speciale da condividere con gli altri.
Queste sono le cose che si devono vivere, per conoscere veramente una popolo e la sua
lingua. Bisogna mettersi ai fornelli con loro e sentirli parlare, ascoltare le loro storie e provare ad
entrare nel loro mondo, tra passato e presente, po’ sospesi nel tempo.

Gli Italiani amano mangiare fuori casa


Lasciamo parlare i numeri. Sotto la presidenza di Lorenzo Ferrari è nato l’Osservatorio
Ristorazione, si tratta, come suggerisce il nome, di un osservatorio che si occupa solo e
soltanto di ristorazione. In poche parole, l’osservatorio raccoglie, analizza ed elabora tutti i dati
che riguardano questo ambiente e ne trae delle conclusioni stilando cifre inerenti al mondo della
ristorazione. Questi dati sono consultabili da chiunque garantendo così molta più chiarezza sia
a chi ha deciso di investire aprendo un ristorante e sia a chi decide semplicemente di
frequentarli.

Ma ritorniamo ai numeri, nel 2018 gli Italiani hanno speso circa 85 miliardi di euro peri i consumi
fuori casa, con ben 13.629, tra ristoranti, fast-food, trattorie, etc., aperti sempre nello stesso
anno. Su questi numeri esagerati si può stimare che in media gli Italiani escono a mangiare
fuori 5 volte al mese. Numero che varia in base alla fascia di età e alla regione di residenza.In
media 8 Italiani su 10 escono 1 volta al mese a mangiare fuori, di questi 8 possiamo estrapolare
un buon 57% che esce almeno una volta a settimana.Per quanto riguarda la fascia di età, i
giovani tra i 18 e 35 anni va a mangiare fuori 6 volte a settimana, preferendo il mercoledì e il
fine settimana.

Lombardia e Veneto sono le regioni con il tasso più basso di italiani che scelgono il ristorante,
lombardi e veneti preferiscono la cucina di casa propria, mentre Sicilia e Toscana sono le
regioni che amano più di tutte le cene e i pranzi fuori casa.

Chi per comodità, chi per poter staccare la spina dalla routine, chi per socializzare, una buona
fetta della popolazione italiana si concede una cena fuori, davanti ad una buona pizza e un
boccale ghiacciato di birra nostrana.

Cosa mangiano al ristorante gli Italiani?

Dopo tutti questi numeri e calcoli è venuta un po’ di fame a tutti ma ci rimane una questione
ancora da chiarire: cosa amano mangiare gli Italiani al ristorante? Beh, se con i numeri vi è
venuta fame sicuramente dopo questa sfilza di piatti tipici correrete a mangiar fuori anche voi.
Le abitudini a tavola sono molto patriottiche anche quando si sceglie di andare a mangiare al
ristorante.

La maggior parte degli Italiani scelgono la pizza, ovviamente per la sua bontà ma soprattutto
per il suo potere di far riunire gruppi di persone attorno ad un tavolo e rendere la serata
piacevole a tutti.

Secondo la ricerca Doxa, delegata da Groupon, il 77% degli intervistati sceglie le pizzerie per
passare i suoi pranzi o le cene fuori casa, passiamo poi al 65% che predilige la cucina
mediterranea per concludere con il 55% che opta per le cascine e le trattorie con i loro piatti
tipici casalinghi.

Per quanto riguarda invece, la cucina straniera e in particolar modo quella etnica, solo il 33% la
sceglie e la maggioranza di questa percentuale e concentrata nel Nord Italia (Piemonte,
Lombardia e Liguria). Il Centro e il Sud Italia invece, prediligono le hamburgherie, le trattorie e
locali che preparano vari piatti di street food.

Dal Nord al Sud però gli Italiani scelgono sempre ingredienti di alta qualità e negli ultimi anni
prestano più attenzione alle varie allergie o intolleranze alimentari. Immaginando una piramide
di preferenze possiamo trovare alla base i menù per gli intolleranti o gli allergici, a seguire sopra
troviamo gli alimenti Bio o DOP, salendo gli ingredienti a chilometri zero e sul vertice si trovano
le materie prime di stagione e soprattutto fresche.

Parliamo sempre di cibo? Ecco perché


Chiunque abbia amici o conoscenti stranieri se lo sarà sentito dire: «Solo voi italiani parlate di
cibo mentre state mangiando». Affermazione incontrovertibile. Lo facciamo, lo abbiamo sempre
fatto e continueremo a farlo. Gli abitanti del resto del Pianeta a tavola forse parlano dei
mutamenti climatici o della presidenza americana o dell’andamento della Borsa. Noi no. Noi
magari possiamo anche abbozzare un paio di battute su questi temi, ma si tratta di semplici
schermaglie per poi arrivare al dunque. «Che ne dite di questa carbonara?». «Io di mio
preferisco la cacio e pepe». «Tu il cappone ripieno come lo fai?». «Adesso vi svelo il segreto
del mio tiramisù». Ebbene: dato che il 2018 sarà l’anno Onu del cibo italiano nel mondo, e visto
che la pizza napoletana è stata appena dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, non è
escluso che per i prossimi 12 mesi anche altri popoli si metteranno a parlare di cibo a tavola,
mangiando. E nella fattispecie del nostro cibo. Che per noi è, va da sé, il migliore non solo del
mondo ma dell’intero universo. E che solo noi sappiamo cucinare, anche se lo chef inglese
Jamie Oliver ha alzato parecchio l’asticella rispetto a quei soldati tedeschi che durante l’ultima
guerra mettevano la marmellata sugli spaghetti al posto del sugo.
Vi è mai capitato di vedere un tedesco in Italia a caccia di un ristorante del suo
Paese?

Non esiste. Solo noi, in viaggio per lavoro o in vacanza, finiamo per rifugiarci anche all’estero in
pizzerie e ristoranti italiani. E il fatto di dover andare incontro alle richieste di eventuali bambini
al seguito non è altro che un alibi. Alcuni di noi ci provano a sganciarsi dallo stereotipo
dell’italiano “Maccarone m’hai provocato e io mo’ te magno”. Alla vigilia di un soggiorno
all’estero dichiarano con aria baldanzosa che mangeranno solo cibo locale. Ottimo proposito.
Che talvolta si trova a fare i conti con un cibo locale che proprio ottimo non è. O che comunque
dopo un tot di giorni risulta, per così dire, un po’ meno gradevole di quanto si vorrebbe.

Uno studio rivela che ciò che mangiamo non è solo al centro delle nostra tavola ma anche delle
conversazioni di tutti i giorni. Abbiamo chiesto perché al professor Michele Costabile della Luiss.
E il motivo non è così banale.

Il cibo è un piacere. E allora perché non parlarne? In Italia lo fa la metà della popolazione, il 51
per cento ha al centro di almeno una delle sue conversazioni il cibo, tutti i giorni. Non si tratta di
una tendenza solo italiana ma che si conferma in gran parte del mondo occidentale, a partire
dalla Gran Bretagna, culla del celebre programma televisivo Masterchef. Lo rivela la
ricerca «Italiani che parlano di cibo: un dibattito infinito», realizzata dal centro ricerca Squadrati
e commissionata da Coca-Cola.

Ma perché accade? Lo abbiamo chiesto al professor Michele Costabile, ordinario di marketing e


Direttore di LUISS Ixite: centro di ricerca su consumi e tecnologie. «La prima spiegazione è di
natura macroeconomica ed è legata al lusso. Il cibo nonostante tutto è qualcosa che molte
persone di fascia media possono consentirsi, sentendosi anche solo per una notte al pari di altri
segmenti sociali, andando a cena per esempio in un ristorante stellato».

Parlare di cibo, mostrarlo, fotografarlo sembra essere diventato quasi più importante che
mangiarlo. Sono soprattutto i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni a farlo, con una quota
che raggiunge il 58 per cento ma non perché legata all’utilizzo dei social network che anzi
compaiono al sesto posto fra i luoghi in cui avvengono le conversazioni. «Replicare in casa il
piatto di un grande chef consente di avere una gratificazione tanto psicologica quanto sociale»,
continua Costabile. «È il lusso per tutti». Ed è infatti la casa è il regno delle discussioni sul cibo
e sui gusti (80% degli intervistati), seguita dal ristorante (53%) e ufficio (45%).

Chi lo mette in tavola e al centro delle sue conversazioni considera il cibo un argomento molto
serio. «È diventato un elemento di cui si discute perché incide sul nostro benessere ed è anche
fattore di secondo ordine del 90 per cento delle malattie, anche quelle mortali. La tendenza al
benessere non può che passare dal cibo e dall’alimentazione. Con il crescere della
consapevolezza che si ha di se stessi, della durata prospettica della propria vita e
dell’importanza di vivere a lungo e in salute, si è compreso che è l’alimentazione la principale
determinante del benessere e della longevità».
Se ne parla soprattutto con gli amici, ancora più che con il partner. «Una forte stimolazione a
parlare del cibo che è data dai luoghi in cui viviamo, disseminati di luoghi in cui il cibo si può
consumare. Infine è cambiato lo storytelling sul cibo: quello che un tempo accadeva solo nei
grandi ristoranti che raccontavano con dovizia di particolari i piatti, oggi avviene in centinaia di
bistrot e migliaia di trattorie. Tutto questo inevitabilmente offre argomenti di conversazione alle
persone».

Non dimentichiamo infine che il cibo è buono, soprattutto in Italia. «Siamo i migliori produttori di
cibo del mondo. Questo elemento strutturale implicito è ineliminabile». Si mangia per
trascorrere un momento di spensieratezza e soddisfazione.«Il cibo così come il parlarne è un
elemento di gratificazione, compensa. Riempie i vuoti causati dalla crisi economica prolungata e
ci fa stare bene. Chi mangia e beve bene è un bon vivant, molto più di chi legge un bel libro o
assiste a uno spettacolo di teatro».

Potrebbero piacerti anche