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L’Etruria meridionale rupestre

Atti del convegno internazionale “L’Etruria rupestre dalla Protostoria


al Medioevo. Insediamenti, necropoli, monumenti, confronti”

Barbarano Romano - Blera, 8-10 ottobre 2010

Villa Borghese • 1
Le tombe a fenditura superiore e le tombe semicostruite.
Alcune considerazioni

ORLANDO CERASUOLO

Le tombe a camera con apertura superiore coperta da lastre o blocchi di pietra rappre-
sentano una categoria complessa e piuttosto articolata al suo interno. Considerando as-
sieme le cosiddette tombe “a fenditura superiore” e le tombe “semicostruite”, conosciamo
esempi durante tutta l’epoca orientalizzante, concentrati specialmente in un territorio
tra Cerveteri e Tarquinia, tra Civitavecchia e i centri dell’Etruria interna di S. Giovena-
le, S. Giuliano, Blera e Tuscania1. Altre, con alcune variazioni, sono in territorio vulcente
e orvietano. La presenza di una feritoia nel soffitto è un carattere determinante, all’ori-
gine forse legato a necessità di ordine pratico, nel corso del tempo dovette assumere com-
plessi significati simbolici oggi difficilmente individuabili. Il suo ruolo nella rappresentazione
funeraria ci è indirettamente testimoniato anche da rare attestazioni, semplificate e non
funzionali, in camere ipogee prive di apertura sul soffitto che presentano un incasso al
posto del più comune columen a rilievo2.
L’origine dell’apertura verticale può essere cercata nelle precedenti tombe a loculo, co-
stituite da una profonda caditoia a pianta subrettangolare su cui si apre una nicchia. In
queste tombe il defunto era generalmente disposto assieme a parte del corredo nel lo-
culo, che veniva chiuso da lastre di pietra e coperto dall’interro della caditoia. La tipo-
logia, ascrivibile all’VIII e VII secolo a.C., è molto diffusa a Crustumerium, a Narce e a
Veio3, con sporadiche attestazioni a Cerveteri (fig. 1a), S. Giuliano, Blera (fig. 1b), Pog-
gio Montano, Celleno, Poggio Buco, Pitigliano, Sovana e Saturnia4.
Il passaggio alla forma della tomba a fenditura superiore comporta l’ampliamento del
vano funerario che viene a conformarsi come una camera allungata con soffitto ogivale
sul quale si apre una finestra rettangolare. La chiusura della feritoia avveniva tramite la-
stre o blocchi5 e questo permetteva la costruzione di un tumulo di terra che segnalava
monumentalmente la sepoltura.
Che la fenditura potesse essere da sola funzionale alla deposizione funeraria lo pos-
siamo ricavare da pochi esempi di tombe, le quali risultano prive di altri ingressi e rap-
presentano virtualmente un collegamento tipologico con le tombe a loculo. Nella necropoli
di Poggi di Castro e a Poggio Buco sono state individuate tombe cd. “a cassone”, con ca-
mera troncoconica o tronco-ovoide accessibile tramite una profonda caditoia rettango-

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lare6. Altre tombe a fenditura senza ingresso sono documentate a Cerveteri e nella ne-
cropoli di Pian Conserva durante l’Orientalizzante medio7 (figura 1c). Ancora nel-
l’Orientalizzante recente tra le tombe costruite della facies tolfetana ve ne sono alcune
prive di ingresso8 e quindi accessibili solo prima della chiusura del soffitto (figura 1d).
Tombe senza vestibolo sono note nel Latium grazie a una serie di sepolture eminenti
databili all’Orientalizzante, come le cd. pseudocamere della necropoli di Acqua Aceto-
sa Laurentina9. In alcuni casi si riscontra la presenza di una coppia di pilastri assiali alla
camera che sostengono il tetto, analogamente alle tombe tarquiniesi di Poggio Gallina-
ro (con pseudovolta in opera quadrata)10 e Avvolta (con soffitto piano)11.

Da subito si riscontra l’uso predominante di piccoli dromoi o vani antistanti la ca-


mera, che dovevano costituire il vero ingresso alla tomba, come denota la scelta di col-
locare le banchine staccate dalla parete di ingresso e addossate su quella di fondo. Le
tombe con fenditura e ingresso hanno dunque due aperture, una sull’ingresso e una sul
soffitto. La presenza o meno di un setto di pietra risparmiato tra queste due aperture, a
guisa di architrave della porta, consente di individuare due varianti: quelle a fenditura
interrotta, distinta cioè dalla porta, e quella a fenditura continua. È bene dire che in mol-
ti casi lo stato di conservazione dei monumenti non consente di definire questo aspetto
a causa della fragilità dell’architrave così conformato.
Le tombe a fenditura continua sono documentate a partire dalla prima metà del VII
secolo a Cerveteri (fig. 1g), a Tarquinia (fig. 1l) e a Tuscania12 e nel corso dell’Orienta-
lizzante medio sempre a Tarquinia (fig. 1e), a Blera (figg. 1f e 1h) e a Cava della Scaglia
(figg. 1i e 1m)13. Come dimostrano i casi presentati si possono avere sia tombe di di-
mensioni ragguardevoli, sia sepolcri di modesta entità14. A S. Giovenale la tipologia si
protrae nell’Orientalizzante recente, mostrando il profondo radicamento nell’Etruria
meridionale interna dell’elemento a feritoia15.
La Tomba del tumulo del Terrone a Blera (fig. 1f ) è un contesto molto importante
per le sue caratteristiche architettoniche16. Nella camera principale sono visibili quattro
pilastri17 che sostengono un tetto la cui sommità è crollata e interessata da tagli che ne
hanno alterato l’aspetto. Non riteniamo certa la presenza della fenditura superiore in
questa camera, che probabilmente aveva un tetto ogivato o a botte interamente scavato
nel tufo come nella più piccola camera sinistra18. La fenditura, del tipo continuo, è co-
munque presente nella camera laterale destra.
Le tombe a fenditura interrotta sono conosciute a Tarquinia (fig. 2a, 2d), Blera (fig.
2b-c) e a Cava della Scaglia (fig. 2e) e sembrano tipiche dell’Orientalizzante medio19.
Anche per questa tipologia si riscontrano – almeno a Cava della Scaglia – tombe asim-
metriche con un solo loculo. È interessante notare come nel caso di Blera la porta di ac-
cesso alla camera abbia la sommità ad arco tipica della fase.
Sfortunatamente di circa venti tombe che presentano la fenditura superiore non è pos-
sibile stabilire a causa dello stato di conservazione la presenza o meno dell’architrave ri-
sparmiato20.

La forma complessiva delle tombe a fenditura viene parallelamente adottata in sepol-

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cri realizzati con una tecnica costruttiva differente. Queste tombe prevedono lo scavo par-
ziale del masso per la realizzazione dalla base della camera, mentre la parte superiore del-
le pareti e la copertura sono costruite in elementi lapidei, per cui si parla di tombe
semicostruite21. Rispetto al profilo delle tombe a fenditura le semicostruite hanno pareti
meno curve, ma è significativo che nella resa della copertura è quasi sempre riconoscibi-
le un gradino imitante la feritoria, una sorta di falsa fenditura. In questa categoria posso-
no rientrare sia imponenti tombe principesche come la Tomba Regolini-Galassi (fig. 2g)
e i due tumuli della Doganaccia (fig. 2f )22, sia versioni minori presenti a Cerveteri (fig.
3a-c), a Tarquinia (figura 3d) ma anche a S. Giuliano (fig. 3e) e a Cava della Scaglia23. In
base ai dati disponibili la datazione sembra ristretta solamente all’Orientalizzante antico
e medio e generalmente non si riscontra la distinzione – tramite architrave distinto – tra
soffitto e porta, costituendo un paragone con le tombe a fenditura continua.

Vi sono poi le tombe integralmente costruite in blocchi che condividono i modelli for-
mali delle categorie precedenti e ugualmente si trovano realizzate in due scale dimensio-
nali. Le tombe monumentali costruite di Poggio del Forno (fig. 3g) e Poggio Gallinaro
(fig. 3f ) a Tarquinia, le due tombe di S. Paolo a Cerveteri, la Cuccumella del Caiolo a S.
Giuliano (fig. 3h) sono sepolcri entrati in uso a partite dal 700 a.C. circa con volta a ogi-
va e falsa fenditura24. Realizzazioni di carattere minore sono note a Cerveteri (fig. 3i) e
nella necropoli del Semaforo (fig. 3l)25.
Tra le tombe costruite si possono poi ricordare sia le manifestazioni inquadrabili nel-
la facies tolfetana che quelle documentate nelle necropoli di Castellina del Marangone26.
Tra le tombe della facies tolfetana sono note camere con chiusura a lastra senza ingres-
so e tombe con ingresso27. Le tombe di questa facies si datano prevalentemente alla se-
conda metà del VII secolo, nella prima metà del secolo troviamo pochi contesti tanto
importanti quanto poco conservati, cioè la Tomba 1 della necropoli del Seccareccio (fig.
4b), la Tomba 1 di Bandita Grande e le tombe 16 e 20 di Colle di Mezzo (fig. 4a)28. La
complessa situazione di Castellina del Marangone meriterebbe di essere approfondita e
i dati disponibili sono ancora scarsi, ad ogni modo le tombe meglio note si datano dal
VI al IV secolo e vedono con una certa frequenza due camere in asse (fig. 4c-l)29. Le tom-
be con copertura a lastre inclinate a contrasto, in genere databili a epoca tardo-etrusca,
non sembrano comuni al di fuori di questo sito30.

Le banchine suggeriscono una certa evoluzione a partire dai monumenti più antichi
talvolta caratterizzati dall’assenza di piani di deposizione architettonicamente definiti,
fino alle tombe con due o tre banchine. A Cerveteri la tendenza evolutiva passa da de-
posizioni individuali a deposizioni coniugali, fino ad arrivare nella seconda metà del VII
secolo alle tombe dedicate alla famiglia allargata. Un dato molto significativo che scatu-
risce dall’analisi del centinaio di tombe a fenditura provenienti da tutto il territorio con-
siderato è l’incisiva presenza di sepolcri senza banchine o con una sola banchina
(rispettivamente il 40% e il 25% del totale), che sono prevalentemente tombe indivi-
duali, contro una minore attestazione di tombe con due o più letti (10% nel caso di una

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coppia di banchine di dimensioni/materiale differente31 e 25% con due o tre banchi-
ne32). Questo dato è valido per il campione generale ma è rappresentato senza grandi va-
riazioni in tutte le aree singolarmente considerate. Tra le tombe di dimensioni minori,
inoltre, circa metà hanno camera sviluppata solo da un lato per accogliere una singola
deposizione (ad es. figg. 1l e 1m)33.

L’interpretazione di queste tipologie di tombe come rappresentazione di una capan-


na non è certa, anzi i richiami all’architettura domestica sono piuttosto vaghi34. Il con-
fronto tra la Tomba Regolini-Galassi e la Tomba della Capanna a Cerveteri mi sembra
illuminante in questo senso. La prima reinterpreta in chiave monumentale la tomba a
fenditura mentre la seconda – secondo una tradizione squisitamente cerite – è esplicita
rappresentazione della casa. Si profila così la presenza di un secondo modello funerario
indipendente dalla rappresentazione “realistica” della residenza terrena.
Può essere interessante ricordare le tombe orvietane definite “a ciel di carrozza”, cioè
con volta a crociera, sulla cui sommità si trova un lucernario rettangolare chiuso da due
“lastroni di tufo” (figg. 4m-n)35. Sono state datate tra la fine del VII secolo e la prima
metà del VI secolo e mostrano il perdurare dell’apertura nel soffitto come simbolo e stru-
mento del rituale funerario. Queste tombe si mettono in evidenza nel panorama delle
attestazioni di Orvieto per una serie di particolarità e per alcuni aspetti arcaici tanto da
far parlare di “tradizioni e valori semantici ancora di marca orientalizzante”36. Sempre a
Orvieto si conoscono poche tombe semicostruite e altre tombe del tipo a fenditura e che
vengono utilizzate fino alla metà del VI secolo37.
Le tombe a fenditura, specie nelle evidenze monumentali tarquiniesi, presentano al-
cune interessanti analogie con le contemporanee manifestazioni funerarie cipriote38. Si
riconosce infatti sia l’uso di costruire le camere con blocchi lapidei sia l’adozione di co-
perture orizzontali tramite lastroni (fig. 5a) o a ogiva con blocchi aggettanti e lastre som-
mitali (fig. 5b-c). In alcuni casi, come avviene in Etruria meridionale, nelle tombe minori
ipogee si riscontra la presenza di una sorta di falsa fenditura (fig. 5d-f ). Queste eviden-
ze sono state collegate all’arrivo di architetti e maestranze ciprioti in Etruria.
In conclusione vorremmo, seguendo lo spirito generale del Convegno, sottoporre al-
l’attenzione degli studiosi una curiosa analogia tra i monumenti finora discussi e alcune
evidenze poco note rilevate durante la preparazione del contributo. Sulle coste setten-
trionali del Ponto Eusino, stabilmente colonizzate dai milesi almeno a partire dalla me-
tà del VII secolo, vi sono alcune tombe straordinariamente simili a quelle a fenditura
superiore. In particolare nei siti di Kerch (Panticapaeum) e Olvia (Olbia), nell’attuale
Ucraina, sono infatti diffuse “small rock-cut chambers for single burials […] entered from
pits” (figg. 5g-l)39. I pochi materiali editi collocano la maggior parte di queste tombe nel
V-IV secolo. In attesa di studi specifici che valutino la possibilità di individuare tra que-
ste strutture attestazioni più antiche, il dato mostra inequivocabilmente la diffusione e
la fortuna della fenditura superiore e potrebbe forse inserirsi nel quadro dei fitti rapporti
tra Etruria meridionale – specie Tarquinia e Cerveteri – e Mediterraneo orientale40. Si
può infine ricordare che nel Ponto Eusino, più precisamente nella Colchide, viene am-
bientata la saga degli Argonauti41 e che la più antica attestazione nel Mediterraneo di

Le tombe a fenditura superiore e le tombe semicostruite. Alcune considerazioni • 187


questo mito, dei personaggi di Medea, Dedalo e probabilmente di Giasone, si trova su
un’olpe di bucchero proveniente dalla Tomba 2 di S. Paolo a Cerveteri, associata alla se-
poltura di Larth Tar(i)na del 630 a.C. circa42. Coincidenza vuole che si tratti di una tom-
ba costruita, a corridoio, con fenditura superiore.

Note
1
Per una definizione delle tombe a fenditura superiore e delle tombe semicostruite: Åkerström 1934, in
part. pp. 57-59; Colonna 1963, pp. 157-160; Colonna 1967. Le tombe a fenditura vengono in genere
ritenute attribuibili alla prima metà del VII secolo e di origine tarquiniese (ad es. Henkhen 1968; Co-
lonna 1967, p. 16; Quilici Gigli 1970, pp. 16, 23; Romanelli 1986, p. 19; Moretti Sgubini 1991, pp.
14-15). Sui rapporti con l’architettura funeraria di Populonia: Colonna 1986 e Colonna 2000.
2
Colonna 1986, p. 421; Naso 1996, p. 146, n. 202. Ad es. Tarquinia tb. Cultrera XX (Cultrera 1924) e
tb. 69 (Romanelli 1943, pp. 218-220); Blera (Koch et al. 1915, fig. 54).
3 In generale: Bartoloni 2003, p. 83. Per la definizione della categoria (“tipo Narce”): di Gennaro 2007.

Per Veio: Bartoloni et al. 1997.


4 Cerveteri: Banditaccia Vecchio Recino tb. 67 (Ricci 1955, cc. 478-480) e Poggio dell’Asino (Ricci 1955,

c. 478, nota. 1; Belelli Marchesini 2006, pp. 73-74; di Gennaro et al. 2007, p. 52, nota 25). Blera: tb.
della necropoli della Casetta (Romanelli 1986, fig.3). Poggio Buco: Bartoloni 1972, pp. 47-65; Colon-
na 1973, p. 65, n. 113; di Gennaro et al. 2007, p. 52, nota 27. Per Poggio Montano, Celleno, Pitiglia-
no e Sovana: Colonna 1973, p. 51, n. 40, p. 65, n. 113. Questo tipo di sepoltura non pare attualmente
attestato a Tarquinia ed è quasi sconosciuta a Vulci (si veda Mandolesi in questo volume).
5 Nella tb. Cultrera XXXII di Tarquinia, ascrivibile all’Orientalizzante medio, una delle lastre di copertu-

ra presentava una decorazione a zig-zag (Cultrera 1930, pp. 146-148).


6 Moretti Sgubini 1980, p. 524.
7 Cerveteri: Vecchio Recinto tb. 65 (Ricci 1955, cc. 474-476), Laghetto 245 (MAV V, pp. 201-202) e 447

(EeC 1980, fig. VI.16). Pian Conserva: tbb. PC 27 e PC 35: Brocato 2009, pp. 189 e 191, figg. 101 e
104; Naso 2010, p. 138, n. 22.
8 Petrizzi 1990, tipo 1, ad es. la necropoli di Monte Acqua Tosta (Zifferero 2000, le tbb. AQ5-1 e AQ5-

5).
9 Bartoloni 2003, p. 64.
10
Petrizzi in EdT 1986, pp. 206-215.
11 Avvolta 1829. Databile alla seconda metà del VII secolo.
12 Cerveteri Banditaccia Vecchio Recinto, tb. 75 (Ricci 1955, cc. 485-494, riutilizzata nell’Orientalizzante

recente); Tarquinia tb. Cultrera XLV (Cultrera 1930). Tuscania Scalette Tomba 1/89 (Moretti Sgubini
2000) e Ara del Tufo Tomba 3 (Naso 1996, p. 260).
13 Tarquinia: tumulo Luzi-Infernaccio, ha la fenditura e la presenza dell’architrave non è certa (Mandolesi

2009). Blera: tb. del tumulo del Terrone (Romanelli 1986, pp. 21-23) e tb. di Casette-Grotte Penta (San-
tella 1981, fig. 67). Cava della Scaglia tbb. I, XX e sporadica (Mengarelli 1942). Sulla necropoli di Cava
della Scaglia si veda anche Ferrari 1961.
14
Per il riconoscimento di due rapporti dimensionali nelle tombe di Tarquinia: Mandolesi 2009, p. 38 (“mo-
dello monumentale” e “modello minore”).
15 Tbb. Castellina Camerata 14, Porzarago 1, Grotte Tufarina 1, La Starza 3 e Porzarago 12. Di poco più

tarde le tbb. Porzarago 2, Castellina Camerata 3 e Porzarago 6. Per tutte si veda Östenberg 1972, con bi-
bliografia precedente. Naso 1996, pp. 144-148.
16
Romanelli 1986, pp. 21-23.
17 La presenza di quattro pilastri è documentata anche nella tomba dell’Orientalizzante medio di Cima a S.

Giuliano, che denota forti influenze ceriti (in particolare a confronto con la tb. dei Leoni Dipinti o quel-
la delle Cinque Sedie). Altri casi di tombe a quattro pilastri – associati a capriate – sono ampiamente no-
ti a Cerveteri in contesti dell’Orientalizzante medio e recente iniziale: Colonna 1986, pp. 402-403; Belelli
Marchesini 2006.

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Il taglio generalmente riferito alla fenditura superiore credo sia da riferire ad epoca successiva: esso è più
largo della distanza tra i pilastri e più profondo della sommità di questi, di fatti ha distrutto la parte più
alta dei pilastri settentrionali e degli stipiti della porta d’ingresso. Il taglio ha il profilo rettangolare, co-
me lo scasso per impiantare una vigna, e prosegue in lunghezza otre la camera di fondo. Si aggiunga inol-
tre l’assenza di incassi per le lastre di copertura della fenditura, che sono invece generalmente evidenti (ad
es. la camera destra della stessa tomba).
19
Tarquinia: tb. Cultrera XXXII (Cultrera 1930). Blera: tbb. di Ponton Graziolo (Romanelli 1986, fig. 4)
e 1B16 (Koch et al. 1915, pp. 212-224, riutilizzata nell’Orientalizzante recente). Cava della Scaglia tbb.
V, IX, XI, XII, XVI, XVII, XIX (Mengarelli 1942).
20
Un elenco certamente parziale è il seguente. Tarquinia (“tombe egizie”): tbb. Cultrera VI, XXVI, XXXVIII,
XLIX, LX, LXII (Cultrera 1924 e 1930), tb. Marchese “prima” (Marchese 1944-1945, pp. 14-20), tb.
6118 (EdT 1986, pp. 277-292), si veda poi Palmieri 2009; anche le due camere della tb. gemina della
Doganaccia sono a fenditura superiore (Mandolesi 2009). Tuscania: Scalette (Romanelli 1986, p. 20),
Peschiera (Quilici Gigli 1970, p. 113, n. 243, fig. 163), Capanna di Sasso (Quilici Gigli 1970, p. 51, n.
48.a, fig. 50), Sasso Pizzuto (Quilici Gigli 1970, pp. 64-65, n. 93, fig. 71); a sud di Casale Galeotti (Qui-
lici Gigli 1970, fig. 6.4; p. 41, n. 2.h, figg. 34-35); Naso 1996, p. 266-267. Secondo la Quilici Gigli
(1970, pp. 23-24) il tipo “con spioventi e fenditura”, cioè con pareti rette fortemente inclinate, sarebbe
esclusivo di Tuscania: mi pare che tuttavia il tipo sia piuttosto diffuso a Cerveteri e a Tarquinia. Blera:
Casette-Grotte Penta (Santella 1981); Ponton del Graziolo (Romanelli 1986, fig. 4). S. Giovenale: le tbb.
Porzarago 2 e 11. Monti della Tolfa: Ferrone 40 (Brocato 2000, pp. 397-403) e Pian Conserva 88, 95,
99, 100 (da ultimo Naso 2010). Cava della Scaglia tb. XXVI (Mengarelli 1942). Ficoncella (Toti 1990).
In queste tombe la larghezza della fenditura può variare dai 30 a 170 cm, ma in genere si attesta tra i 40
e i 70. Tombe a fenditura sono anche attestate a Marsiliana d’Albegna: Michelucci 2009, tipi 5 e 6, for-
se già dalla metà del VII secolo.
21
Prayon 1975, p. 14. Nelle tombe semicostruite sono documentati da due a sei filari di blocchi sovrap-
posti.
22 Per la Regolini-Galassi: Pareti 1947 e Colonna-Colonna di Paolo 1997. Per la Doganaccia da ultimo Man-

dolesi 2009, p. 32. A Tarquinia si ricorda poi la poco nota Tomba Santiloni con imponente tumulo (Ca-
taldi, Mandolesi 2010, p. 238).
23 Tarquinia: tb. Romanelli 82 (Romanelli 1943, p. 232, fig. 13), tb. Demus Quatember A (Demus Qua-

tember 1958, pp. 21-22, n. 17, fig. 4). S. Giuliano: l’importante tb. dei Carri (Caruso 2000; Steingrä-
ber 2009). Cava della Scaglia tb. XXI (Mengarelli 1942). Cerveteri Banditaccia Vecchio Recinto tbb. 79,
81 e 84 (Ricci 1955), inoltre con scarsa documentazione Banditaccia Vecchio Recinto tbb. 65, 78, 88,
132, 176, 177, 181, Banditaccia Laghetto tbb. 65, 66, 68, 359 (EeC 1980), Monte Abadone tbb. 76,
77, 83 (EdC 1986); una tomba a fenditura di foggia particolare è mostrata in Prayon 1975, fig. 3c. Nel
territorio cerite altre tombe “a cielo aperto” sono note a Pian Cerese (Enei 2001, sito 145, fig. 172), a Le
Macchiozze (Enei 2001, sito 411, fig. 401) e alle Fornaci di Ceri.
24 Colonna 1963, p. 164. Tarquinia: Mandolesi 2009, pp. 30-32. S. Paolo: Rizzo 2008 con bibliografia pre-

cedente. Cuccumella: Boëthius et al. 1962, pp. 311-312; Romanelli 1986, p. 23. A S. Paolo in partico-
lare si riscontra l’unica attestazione di blocchi di tufo anche nel pavimento delle camere; la pavimentazione
delle camere funerarie si trova anche a Cipro (ad es. la tb. 2 in Karageorghis 1967).
25 Cerveteri Banditaccia Vecchio Recinto, tb. 66 (Ricci 1955, cc. 476-478); Semaforo: Bastianelli 1937, pp.

469-470, figg. 10-11; Toti 1990, fig. 158.


26 Cerasuolo 2012. Per la facies tolfetana: Colonna 1963, Petrizzi 1990 e Zifferero 2000. Per le necropoli

di Castellina del Marangone: Gran-Aymerich, Prayon 1996, con ampia bibliografia.


27 Per il primo caso si veda il tipo 1 in Petrizzi 1990. I tipi 2, 3, 4 presentano ingressi formalmente definiti

e dimensioni della camera – sempre coperta da lastre – generalmente maggiori. Per l’importante necro-
poli di Pian Sultano: Enei 1998.
28 Toti 1961; Toti 1967; Zifferero 2000, p. 232. Per il Seccareccio: Brocato 2009, pp. 108-109, fig. 50. Si

può aggiungere la Tomba di Pantanelle-Ara del Frassino, dell’Orientalizzante antico-medio (Zifferero


2000, p. 234).
29
Bastianelli 1937; Gran-Aymerich, Prayon 1996. Le lastre verticali visibili all’interno delle camere aveva-

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no la funzione di sorreggere il letto di deposizione. “Si veda ora Gran-Aymerich, Dominguez 2011”.
30
Cerasuolo 2012. Alcuni casi a Orvieto: ad es. Klakowicz 1974, tb. 2 del fondo Pallucco-Felici, tav. IX;
Bonamici et al. 1994, p. 24. Queste tombe sono piuttosto diffuse nel Mediterraneo orientale in epoca
classica e in alcuni casi possono risalire almeno al 600 a.C. circa (ad es. la tb. 3 in Karageorghis 1967).
“Si veda anche Bartoloni, Cerasuolo cds”.
31
I letti costruiti sono in genere più bassi e più corti dei letti scavati. Ad es. nella “prima tomba” del Mar-
chese (Marchese 1944-1945, pp. 14-20).
32
Le tombe con banchina di fondo – destinata ad accogliere il corredo – sono in genere databili a partire
dalla seconda metà del VII secolo, come mostrano gli esempi di Tuscania e S. Giovenale.
33
Il fenomeno delle tombe asimmetriche, o con porta d’accesso non centrale, è presente anche nelle tom-
be di Salamina (ad es. le tbb. 9, 55, 109 in Karageorghis 1970, qui in fig. 5).
34
Mandolesi 2008, p. 14.
35 Ad es. le tbb. 3 e 4 del fondo Pallucco-Felici, una tomba dal predio Urbani e una in località Sette Piag-

ge: Klakowicz 1974, pp. 57-62, 274, Bonamici et al. 1994, pp. 21-23, 245 (alcune presentano porte ad
arco).
36 Bonamici et al. 1994, pp. 22-23. Le necropoli di Orvieto sembrano attivarsi dalla prima metà del VII se-

colo e mostrano una profonda affinità con i modelli ceriti.


37 Colonna 1963, pp. 165-166; Bonamici et al. 1994, pp. 23-24. Ad es. la tomba di S. Zero, con una sola

banchina.
38
Naso 1996b; Mandolesi 2008; Mandolesi 2009; Cataldi, Mandolesi 2010; Karageorghis 1967 e Kara-
georghis 1970.
39 È difficile reperire una bibliografia soddisfacente: Kurtz, Boardman 1971, p. 319, fig. 87, dove si cita Ka-

poshina 1959, fig. 4. In generale si vedano Machowski 2000, pp. 272-273; Damyanov 2005. Nel primo
contributo si ribadisce «without doubt the native greek character of the Olbian necropolis and other neigh-
bouring cemeteries». Sono pochi i sepolcri databili alle prime fasi di colonizzazione, mentre molto più co-
muni sono le tombe di IV secolo.
40 Bagnasco Gianni 1999, pp. 175-176. Si veda anche Naso 2006.
41 Si veda ad esempio Baccarin 1997.
42 Sul contesto e sull’interpretazione del mito da ultimo con bibliografia Rizzo 2008, p. 222. Si ricordi an-

che la probabile attestazione del mito di Medea con il drago della Colchide nell’anfora cerite conservata
all’Allard Pierson Museum (Martelli 1984, pp. 11-12).

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192 • L’Etruria meridionale rupestre


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Fig. 1.Tombe a fossa


con loculo sepolcrale:
a. Cerveteri Vecchio
Recinto, tb. 67;
b. Blera, loc. la Casetta.
Tombe senza ingresso;
c. Pian Conserva tb.
35;
d. Monte Acqua Tosta
tb. AQ5-1.
Tombe a fenditura
continua;
e. Taquinia tb. Luzi-
Infernaccio;
f. Blera tb. del Terrone;
g. Cerveteri Vecchio
Recinto tb. 75;
h. Blera;
i. Cava della Scaglia tb.
sporadica;
l. Tarquinia tb.
Cultrera XLV;
m. Cava della Scaglia
tb. XX.

Le tombe a fenditura superiore e le tombe semicostruite. Alcune considerazioni • 193


Fig. 2. Tombe a fenditura interrotta: a.
Tarquinia tb. Cultrera XXXII;
b-c. Blera tb. di Ponton del Graziolo e
tb. IB16;
d. Tarquinia tb. 6244;
e. Cava della Scaglia tb. IX.
Tombe semicostruite:
f. Tarquinia tb. Doganaccia I;
g. Cerveteri tb. Regolini-Galassi.

Fig. 3. Tombe semicostruite:


a-c. Banditaccia Vecchio Recinto tbb.
79, 81, 84;
d. Tarquinia tb. 82;
e. S. Giuliano tb. dei Carri.
Tombe costruite;
f-g. Tarquinia, tbb. di Poggio
Gallinaro e Poggio del Forno;
h. S. Giuliano Cuccumella del Caiolo;
i. Cerveteri Vecchio Recinto tb. 66;
l. Semaforo tb. 6.

194 • L’Etruria meridionale rupestre


Fig. 4.Tombe costruite:
a. Colle di Mezzo tb. 16;
b. Seccareccio tb. 1;
c-l. Castellina del Marangone tbb. dei
Doli, Semaforo tb. 65, Volpelle tb.
4, Volpelle tb. 2, Spinare tb. 2,
Spinare tb. 1, Semaforo tb. 3.
Tombe “a ciel di carrozza”;
m-n. Orvieto tbb. 2 e 3.

Fig. 5. a-f. Esempi di tombe dalla


necropoli di Salamina a Cipro, tbb. 2,
31, 19, 55, 109, 9. Esempi di tombe
dalla necropoli di Kerch, tbb. 57, 55,
33, 41.
g-l. Esempi di tombe dalla necropoli di
Kerch.

Le tombe a fenditura superiore e le tombe semicostruite. Alcune considerazioni • 195


Finito di stampare
nel mese di luglio 2014

Palombi & Partner srl


Roma

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