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LEZIONE 1

TTVT
Definizioni e normative
Introduzione
Il veicolo ha la funzione di trasportare passeggeri e/o merci da un punto A a un punto B, nel modo più sicuro, più
veloce, più confortevole, più efficiente e meno inquinante possibile (legislatori che vincolano i tecnici).

SICUREZZA
- Attiva: comprende accorgimenti finalizzati a limitare la probabilità di incidente (scuola di pensiero europea)
- Passiva: accorgimenti finalizzati a limitare i danni dovuti ad un incidente (scuola più americana: il
conducente sbaglierà sicuramente qualcosa)
IMMAGINE SLIDE VETTURA ESPANSA
(No cablaggi e tubi: è la parte meccanica)

Nei veicoli tutto passa dalla ruota: noi


sfruttiamo l’aderenza fra ruota e via
(generica). Le forze longitudinali di trazione e
frenatura verranno scambiate attraverso
l’aderenza disponibile. Sull’asse delle ordine
(dx) si ha il costo del trasporto in termini
energetici (costo normalizzato sulla massa
del corpo da spostare), mentre sulle ascisse
si ha la massa in grammi. Per un progettista
di veicoli vorrei portare tanta massa, quindi
vorrei il più a destra possibile e se possibile
vorrei avere il costo energetico più basso
possibile: in basso a destra si hanno tutti i
veicoli che usano la ruota -> il migliore è il
treno. Quello che vola non è così efficiente,
cosi come mezzi di locomozione che non
usano le ruote tipo la corsa e il nuoto, anche
se hanno ovviamente altri benefici.

In termini di sicurezza (associando i gradi di libertà del veicolo):


FERROVIA (sistema) 1 gdl > VEICOLO STRADALE 2 gdl > AEREO 3 gdl -> ragionamento che valeva all’inizio del 900
Ora l’aereo è quasi completamente vincolato dai sistemi di controllo elettronico, e anche i veicoli stradali hanno
molti controlli elettronici e pure i treni. Le cose che valgono ancora oggi sono i vincoli che mi dicono come progettare
i veicoli, che in Italia è il codice della strada. Innanzitutto ci definisce cos’è un veicolo:

Art 46. Si intendono per veicoli tutte le macchine di qualsiasi specie che circolano sulle strade guidate dall’uomo.

Art 47. Classificazione dei veicoli:


a) veicoli a braccia;
b) veicoli a trazione animale;
c) velocipedi;
d) slitte;
e) ciclomotori;
f) motoveicoli;
g) autoveicoli;
h) filoveicoli;
i) rimorchi;
j) macchine agricole;
k) macchine operatrici;
l) veicoli con caratteristiche atipiche.

Art 54. Autoveicoli


Gli autoveicoli sono veicoli a motore con almeno quattro ruote, esclusi i motoveicoli, e si distinguono in:
a) Autovetture: veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo nove posti, compreso quello del
conducente;
b) Autobus: veicoli destinati al trasporto di persone equipaggiati con più di nove posti compreso quello del
conducente;
c) Autoveicoli per traposto promiscuo: veicoli aventi una massa complessiva a pieno carico non superiore a 3,5
t o 4,5 t se a trazione elettrica o a batteria, destinati al trasporto di persone e di cose e capaci di contenere al
massimo nove posti compreso quello del conducente;
d) Autocarri: veicoli destinati al trasporto di cose e delle persone addette all'uso o al trasporto delle cose
stesse;
e) Trattori stradali: veicoli destinati esclusivamente al traino di rimorchi o semirimorchi
f) Autotreni: veicolo composto da due unità distinte, agganciate, delle quali una motrice.
g) Autoarticolati: veicolo costituito da trattore e semirimorchio
h) Autosnodati: autobus composti da due tronconi rigidi collegati con una sezione snodata. i compartimenti
viaggiatori sono comunicanti

DEFINIZIONE SISTEMA DI TRASPORTO FERROVIARIO


UNI 8379 (Marzo 1983)
FERROVIA
• Sistema di trasposto persone o cose
• anche per lunghe distanze
• per elevati livelli di traffico
• mediante veicoli automotori e veicoli mossi da mezzo di trazione
• circolante su rotaia, ovvero con altra guida vincolante
• completamente svincolata da qualsiasi altro tipo di traffico (in sede propria)
• con regime di circolazione regolata da segnali
METROPOLITANA
• sistema di trasporto rapido di massa
• di alta capacità e frequenza
• in conurbazioni
• costituito da veicoli automotori o veicoli mossi da automotori
• circolante su rotaia, ovvero con altra guida vincolante
• completamente svincolata da qualsiasi altro tipo di traffico
• con regime di circolazione regolata da segnali
METROPOLITANA LEGGERA (Minore portata oraria della metropolitana)
Metro=differenze: porta solo persone e ne porta molto di più
TRAMVIA
• Sistema di trasporto di persone
• costituito da veicoli automotori o veicoli mossi da automotori
• circolanti su rotaia di regola su strade ordinarie,
• con regime di circolazione a vista
MATERIALE FERROVIARIO
RIMORCHIATO:
• carrozze: trasporto persone
• carri: trasporto merci
LOCOMOTIVE
Sorgente di energia: autonoma (diesel, turbina a gas, a vapore) o esterna (elettriche)
Servizio (universali, manovra, viaggiatori, treni merci)
AUTOMOTRICI (ibrido fra carrozza e locomotiva)
- carrozze viaggiatori e locomotive
- Ferroviarie, tranviarie e metropolitane

PREMESSA

Inizialmente il motore a vapore era molto pesante, quindi si è sviluppato prima il trasporto ferroviario.

CONFRONTO PORTATA TRAFFICO – ragionamento sulle merci

Il problema è legato all’aderenza, quella del treno è molto inferiore, per questo devo avere distanze maggiori, ora si
cerca di rendere tutto più simile e mischiato.
Progetto AUTOSTRADA con auto a guida autonoma (dist veicoli 2m l’uno dall’altro) (1997) – treno elettronico (non
ha avuto un grande successo)
➔ Si usa per gli autocarri con portate fino a 30.000t/h

Limiti di sagoma e massa


Art 61. Sagoma limite.
Ogni veicolo compreso il suo carico deve avere:
a) Larghezza massima non eccedente 2,55m (non compresi i retrovisori) – (La larghezza massima dei veicoli per
trasporto di merci deperibili in regime di temperatura controllata (ATP) può raggiungere il valore di 2,60 m,
escluse le sporgenze dovute ai retrovisori, purché mobili.)
b) Altezza massima 4m; per autobus e filobus su itinerari prestabiliti fino a 4,3m
c) Lunghezza totale compresi organi di traino non oltre 12m esclusi semirimorchi per veicoli isolati.
Autoarticolati fino a 16,5m e i filobus fino a 18,75m
➔ Dimensioni compatibili con l’infrastruttura
VEICOLI STRADALI
Indicazioni su inscrivibilità in curva:
Art 217: fascia di ingombro. Il veicolo deve poter percorrere una curva che ha un raggio interno di 5,3m ed esterno
12,5m senza toccare i limiti, e in più la parte che segue il trattore deve stare all’interno della zona con raggio minor
percorso dal trattore.
MATERIALE ROTABILE
• organi di attacco e respingenti
• impianto di frenatura
• aria, vapore, energia elettrica
• carichi di compressione in direzione longitudinale (220 tonn) Esterne/ambientali
• scartamento del binario (1435 mm)
• sagoma limite
• condizioni della linea (peso ammesso su ogni asse 15-23 t)
I veicoli devono agganciarsi l’uno all’altro, quindi devono essere compatibili. L’impianto di frenatura funziona con
l’aria compressa, perché devo collegare tutti i veicoli e farli frenare tutti (con i fluidi incomprimibili bisognerebbe fare
lo spurgo ogni volta). Compatibilità collegamento elettrico. Deve mantenere la compressione.
Scartamento standard 1435mm (in Spagna è diverso)
Sagoma limite (vedi slide SAGOMA STATICA) – attenzione spostamenti in curva e consentiti e deformazioni elastiche.

Peso massimo su ogni asse= 15-23t

VEICOLI STRADALI
Art 62. Masse limite -> è importante per la pressione fra pneumatico ed asfalto, perché il danneggiamento è alla
quarta potenza rispetto al carico verticale.
1. La massa limite complessiva a pieno carico di un veicolo,…... costituita dalla massa del veicolo stesso in
ordine di marcia e da quella del suo carico, non può eccedere 5 t per i veicoli ad un asse, 8 t per quelli a due
assi e 10 t per quelli a tre o più assi.
2. Con esclusione dei semirimorchi, per i rimorchi muniti di pneumatici tali che il carico unitario medio
trasmesso all'area di impronta sulla strada non sia superiore a 8 daN/cm2, la massa complessiva a pieno
carico non può eccedere 6 t se ad un asse, con esclusione dell'unità posteriore dell'autosnodato, 22 t se a
due assi e 26 t se a tre o più assi. …. Qualunque sia il tipo di veicolo, la massa gravante sull'asse più caricato
non deve eccedere 12 t.
… ilcarico unitario medio trasmesso all'area di impronta sulla strada non sia superiore a 8 daN/cm2 e quando, se
trattasi di veicoli a tre o più assi, la distanza fra due assi contigui non sia inferiore ad 1 m, la massa complessiva a
pieno carico del veicolo isolato non può eccedere 18 t se si tratta di veicoli a due assi e 25 t se si tratta di veicoli a tre
o più assi; 26 t e 32 t, rispettivamente, se si tratta di veicoli a tre o a quattro o più assi quando l'asse motore è
munito di pneumatici accoppiati e di sospensioni pneumatiche …… Qualora si tratti di autobus o filobus a due assi
destinati a servizi pubblici di linea urbani e suburbani la massa complessiva a pieno carico non deve eccedere le 19 t.
4. ... la massa complessiva di un autotreno a tre assi non può superare 24 t, quella di un autoarticolato o di un
autosnodato a tre assi non può superare 30 t, quella di un autotreno, di un autoarticolato o di un autosnodato non
può superare 40 t se a quattro assi e 44 t se a cinque o più assi.
LEZIONE 2

Pneumatici
Storia

Thompson=ingegnere inventore
Dunlop=insieme di tele
Michelin=copertura smontabile con all’interno una camera d’aria
Cerchietti=antitallonamento
Carbon-black=quello che dà colore nero
Perché?
Non esiste un essere vivente con le ruote, la ruota è qualcosa creata dall’uomo
PNEUMATICO
•trasformazione attrito da radente a volvente (bassa resistenza al rotolamento)
•reazione alle forze verticali
•reazione alle forze longitudinali e laterali (in curva)
 Escludendo le forze areodinamiche, tutte le forze scambiate dal veicolo al mondo esterno passano dai
pneumatici
•garantire il contatto e isolare da irregolarità stradale (primo filtro) – in prima appossimazione la ruota può essere
rappresentata come una molla con rigidezza radiale che dipende linearmente dalla pressione di gonfiaggio e dalla
mescola (si calcola con test di carico e varia da 100.000-300.000 N/m

•affidabilità (condizione necessaria)


•minima usura
•minima resistenza al rotolamento (aspetto rilevante rispetto ad emissioni e consumi) – è difficile da ridurre senza
penalizzare le prestazioni, in particolari in condizioni di fondo critico
•minimo rumore emesso
•minima sensibilità alle condizioni ambientali
Notazioni
n=185=larghezza in millimetri
K=65=Rapporto di aspetto=rapporto larghezza/altezza in
percentuale -> fondamentale per sapere il raggio della
ruota indeformato
l=14=diametro di calettamento (in pollici – 25,4mm) -> per
trovare il raggio indeformato
b=R=pneumatico di tipo radiale
g=84=indice di carico (in kg)
f=Q=indice di velocità (massima velocità in cui può essere
utilizzata)
Tubeless o Tube Type
Materiali interni:
- O=sidewall
- P=cintura (tread)
- Data di produzione(+ di 5/6 anni): h: 218=21
settimana, 8=anno

Tire Ratings
Treadwear
Treadwear grades are an indication of a tire's relative wear rate. The higher the treadwear number is, the longer it
should take for the tread to wear down. A control tire is assigned a grade of 100. Other tires are compared to the
control tire. For example, a tire grade of 200 should wear twice as long as the control tire.
Un numero da 100 in poi che dice quanto si consuma la copertura per un test standard rispetto ad un pneumatico di
riferimento si controllo che ha come valore 100. Calcolata su frenatura/azione.

L’usura è in conflitto con la trazione:


Traction
Rappresenta la capacità del pneumatico di arrestare il mio veicolo in condizioni di strada bagnata (AA meglio – spazio
di arresto più corto)
Traction grades are an indication of a tire's ability to stop on wet pavement. A higher graded tire should allow a car
to stop on wet roads in a shorter distance than a tire with a lower grade. Traction is graded from highest to lowest as
"AA", "A", "B", and "C".
Of current tires:
•3% are rated “AA” -> quella che si usura piu velocemente
•75% are rated “A”
•22% are rated “B”
•only 1 line of tires rated “C”
Temperature
Resistenza alle alte temperature= comportamento d’estate per alte velocità
Temperature grades are an indication of a tire's resistance to heat. Sustained high temperature (for example, driving
long distances in hot weather), can cause a tire to deteriorate, leading to blowouts and tread separation. From
highest to lowest, a tire's resistance to heat is graded as “A”, “B”, or “C”.
È più relativa al tipo di utilizzo rispetto alle prestazioni.

Dal 2012: efficienza sui consumi


C1=vetture
C2=veicoli leggeri per traposto merci
C3=autocarri

Il numero rappresenta la RESISTENZA AL ROTOLAMENTO= se io montassi la copertura su una carriola e la carico con
una tonnellata, per trascinarla devo applicare una forza inferiore a 6,5kg.

Struttura
Generalità
Carcassa (tele con fili di ordito – sono di dimensioni maggiori nella direzione che mi interessa)
Cintura (radiale)
Cerchietti (overlap) – cavi d’acciaio nella zona del tallone – oggetto verde acqua – punto in
cui si avvolgono le tele che sono quelle che scambiano le forze con il battistrada e sul
cerchietto le scambiano con il cerchione.
Come faccio a far in modo a tenere il cerchietto nel cerchione? È la pressione di gonfiaggio
che spinge il cerchietto sul cerchione, quindi se si sgonfia probabilmente si stallonerà.

BATTISTRADA
• resistenza ad usura
• trasmissione forze
• rimozione acqua e fango

Materiale composito:
Gomma (naturale una volta – è bianca) sintetica: Lunghe catene di monomeri da cui si parte -> Vulcanizzazione (lega
le catene cambiando sostanzialmente le proprietà meccaniche del materiale) – avviene solamente in presenza di
zolfo ad alte temperatura
Additivi:
Nerofumo (resistenza ad usura – carbon black), Silica(riduzione resistenza al rotolamento e riduzione ciclo di isteresi
– meno energia da dissipare per deformare la parte gommosa),Zolfo (vulcanizzazione da stato plastico ad elastico)

Cavi in acciaio o fibra


Supportano carichi dovuti a pressione, forza centrifuga e forze lat/long
-Cavi in acciaio (radiale) con rivestimento in ottone (serve per far incollare la gomma sull’acciaio durante la
vulcanizzazione)
-Cavi in fibra (rayon, poliestere, nylon ….) – si attaccano più facilmente alla gomma

• Radiale: fibre radiali (poche rispetto a quelle sotto il battistrada) e in più nella zona sotto il battistrada
(cintura): si hanno delle tele incrociate o anche solo tangenziali. Battistrada molto rigido e fianchi molto
deformabili= in curva vorrei l’impronta di contatto restasse più piatta possibile, quindi mi serve il battistrada
più rigido.
o Il beneficio di avere poche tele radiali sulle spalle, permette di avere una rigidezza molto più bassa
(fianchi cedevoli), quindi per avere un veicolo confortevole mi conviene che sia relativamente bassa
(non troppo altrimenti si sposta la cintura)

o Rigidezza al variare della velocità: quella


radiale è costante con il variare della velocità mentre quella incrociata aumenta con la velocità. La
cintura rigida impedisce allo pneumatico di deformarsi per le forze centrifughe, quindi quello a tele
incrociate assume una forma di pera quando va velocemente, quindi si ha un’impronta minore e
meno tenuta di strada. -> radiale migliore ad alte velocità


• Incrociate: molto rare ma si scaldano molto in fretta e si usano in ambito aerospaziale. Tele incrociate
sempre più o meno lo stesso angolo. In generale è molto rigida ovunque.

Con o senza camera d’aria? Foratura, massa, tenuta sul cerchione ecc.
➢ Con camera d’aria quando foro si ha una fuoriuscita dal foro valvola, quindi
si ha un problema di sicurezza e lacerazione, essendo la camera d’aria
sottile.
➢ Nel caso del tubless, la pressione esce solo dal foro e scende meno
velocemente e in più nello strato interno si ha un polimero in uno stato di
vulcanizzazione diverso (liner) che è moto viscoso che fa in modo di entrare
nel foro e di tapparlo (self-sealing)
➢ RUN-FLAT: corperture che garantiscono di funzionare anche se forati (in
assenza di aria – hanno delle tele sulle spalle (fianche veramente rigidi –
confort completamente diverso: si arriva pure a fare due set-up di
sospensioni a seconda del tipo di pneumatico) che riescono ad resistere i
carichi verticali) -> PROBLEMA: non detallonare -: cerchi particolari che
tengono i pneumatici anche senza pressione interna
o Self-sealing: standard tire construction with the exception of an extra
lining inside the tire under the tread area that's coated with a puncture
sealant
o Self-Supporting: Self-supporting tires feature a stiffer internal
construction which is capable of actually temporarily carrying the
weight of the vehicle, even after the tire has lost all air pressure.
o Auxiliary supported systems: combine unique wheels and tires and are currently under
development for use on future original equipment vehicle applications. In these systems, when the
tire loses pressure, it rests on a supportring attached to the wheel. The advantage to this typemof
system is that it willplacemost of the task of providingrun-flatcapabilityon the wheel (whichdoesn't
"wear out" or needtobereplaced),

o Dx=Michelin: no fianchi resistenti, ma parte


interna rigida (confort penalizzato solo in questo caso) -> commercialmente non funzionavano

Aderenza – grip
A contatto con l’asfalto si ha un elastomero polimerizzato e vulcanizzato che crea i ponticelli gialli ottenuti con lo
zolfo, diventando un materiale visco-elastico (liquido viscosissimo o solido elastico – comportamento non lineare).
Questo materiale garantisce l’aderenza per scambiare forze longitudinali e laterali.
Si hanno due meccanismi per lo scambio di forze per l’aderenza: il
loro contributo dipende dalla composizione della strada
• Dovuto alla presenza dell’irregolarità della strada (a vari
livelli dimensionali: da un micron a 15mm) – deformazioni
locali della gomma nella zona di contatto= indentazione.
Ho un accoppiamento di forma fra strada e battistrada,
visto che l’irregolarità entra nella gomma.
• Meccanismo a livello chimico= adesione molecolare che
interviene sulla scala del centesimo di micron, in cui si
creano delle adesioni fra l’asfalto e il battistrada, è una
sorta di incollaggio.

Il carico verticale è sostenuto principalmente dalla


pressione dell’aria. Conoscendo la superficie di
impronta e la pressione, moltiplicandole trovo
abbastanza correttamente il carico verticale che
agisce sulla copertura. Nel calcolo dell’area bisogna
tenere conto del rapporto vuoti/pieni (in generale
30%). All’interno della copertura si hanno 2bar sul
pieno, mentre esternamente ho meno superficie,
quindi dovrei avere una pressione di contatto
maggiore. Sulla strada ho delle irregolarità, quindi in
realtà la zona del battistrada che ha contatto, non è
tutto il battistrada, ma solo una parte, e dipende da
quanto è rugosa. Più è rugosa, meno è a contatto:
alla fine nei punti di contatto ai può arrivare fino a
40bar localmente. Avendo pochi punti di contatti,
l’adesione molecolare funziona poco, mentre
funziona bene su un fondo molto liscio.
Per i veicoli industriali la situazione arriva fino a picchi di 150bar. Non vorrei avere queste condizione con rugosità
tale da avere piccoli punti di picchi di pressione: si ha un accoppiamento per la migliore aderenza che è un
compromesso fra la mescola del battistrada e la rugosità della strada. Più aumenta la rugosità più è importante
l’effetto dell’inclusione.
Modello per calcolo
Ipotizzo il pneumatico con un tubo gonfiato di aria. Se
prendo questa membrana e la schiaccio con un carico,
assumerà una forma ellittica circa. Se volessi calcolare la
forza sul piano AB: F=p*Area
La reazione scambiata con il suolo è quella scambiata da
CD=2a*p
Il perimetro rimane costante anche dopo averlo
schiacciato.
Lo schiacciamento è X=2R-2r e sfruttando la relazione
del perimetro e trovo che
X=4a/π e sostituendo la reazione della reazione elimino
a trovando la formula per lo schiacciamento.
Trovo che questo è inversamente proporzionale alla pressione p, che è l’unica cosa che regge il carico. Con pressione
nulla ho una deformazione infinita.
Questo modello ci permette di vedere lo pneumatico come una molla.

Ho un carico P all’interno del cerchione, che schiaccia la membrana avvolta attorno con P=p*Acontatto.
Se aumento il carico verticale P+ΔP=p(A+ΔA) : essendo la pressione costante aumenta l’area di contatto

LEZIONE 3
Misura effettuata da una ruota che sta ruotando
su un rullo: ci aspettavamo un impronta
rettangolare con distribuzione di pressione
costante, ma in realtà si ha una zona ampia in cui è
costante, ma si hanno dei picchi di pressione
localizzati sui due fianchi (i quali non hanno
rigidezza nulla, quindi spingono in maniera diversa
(picchi= più il fianco è cedevole più i picchi sono
minori), schematizzabili come due molle radiali in
parallelo.
Si ha pure una dissimmetria in direzione X della
distribuzione di pressione.
Prima avevamo pensato la distribuzione solo in
casi statici, ma quando inizia a rotolare si ha:

RESISTENZA AL ROTOLAMENTO
Normalmente la zona di contatto non è piana, ma si spiana
solamente in contatto e anche il tassello si deforma. Si
schiacciano sia i fianchi che la cintura. Per la deformazione
dell’impronta è evidente che serve introdurre dell’energia
e bisogna ricordare che i polimeri hanno un ciclo di
isteresi. Quando scarico la deformazione perdo l’energia
che va nel ciclo di isteresi, e questa energia è detta
RESISTENZA AL ROTOLAMENTO. Si parla del 85/90%
dell’energia.
Inoltre si ha una resistenza aerodinamica della ruota sola:
quando gira velocemente si ha un’interazione con l’aria, e
più è veloce più si ha una perdita, che può arrivare al 15%.
Inoltre si hanno dei microscorrimenti nella zona dei tasselli
in direzione longitudinale, che dissipano anche loro
dell’energia fino al 5%.
La gran parte è dovuta alla deformazione dell’impronta: infatti gli additivi messi nelle mescole servono a ridurre le
dimensioni del ciclo di isteresi e quindi ridurre questo effetto.
DISTRIBUZIONE DI PRESSIONE

Facendo l’integrale della curva ottengo


l’energia. La risultante delle pressioni è spostata più avanti rispetto al centro della ruota.
La forza con cui spingo è uguale ad Frr.
l’equilibrio delle forze:

I momenti devono essere in equilibrio quindi trovo il valore di Frr. Questa relazione è legata alla distribuzione di
pressione reale. ε si ha solo se la ruota sta rotolando, e solitamente è molto piccolo, nell’ordine di decine di
millimetri su un impronta di 200mm.
Il motore serve per vincere la resistenza al rotolamento e quella aerodinamica.
Si ha un coefficiente per definire la
resistenza al rotolamento: si ha una parte
costante e un termine in funzione della
velocità di avanzamento del veicolo al
quadrato: la sua curva quindi è come
quella accanto. Noi faremo lavorare le
vetture nel tratto abbastanza lineare: per
avere meno resistenza, inoltre se viaggio
molto veloce significa che sto dando tanta
energia alla copertura, la quale quindi si
scalderà e non riesce a dissipare (si può
arrivare alla temperatura di
vulcanizzazione in cui si staccano parti
dello pneumatico). I grafici servono a
definire il codice di velocità: la parte sicura
è quella piatta, mentre se superi il valore del codice di velocità si hanno problemi.
I radiali avendo una cintura particolarmente rigida gestisce bene le alte velocità, infatti si ha un coefficiente più
basso e che sale dopo. Quello a tele incrociate è sempre più alto, quindi mi chiede anche molto più energia, a causa
anche della pressione data dai fianchi maggiore.
Quello che succede allo pneumatico ad alte velocità:
Si hanno delle deformazioni molto grandi del fianco e del
battistrada, e ogni porzione dello pneumatico passando
vicino all’impronta, si deforma ancora di più, e quindi si
dissipa ancora più energia. In questo caso la temperatura
salirà tantissimo.
In funzione di quando si presenta questo scenario definisco
il limite di velocità.

NOTE TABELLA:
• Se aumento la temperatura del polimero, più il ciclo di isteresi diventa più piccolo,
quindi la resistenza al rotolamento diminuisce, almeno solo questa componente (solo
in range di velocità ragionevoli)
• A parità di tutto il resto, se aumento il raggio della copertura diminuisce la resistenza
al rotolamento. La resistenza è peggiore sulle ruote più piccole in raggio: cambiando il
raggio cambia la curvatura, più è piccolo più è curvato, quindi per renderlo piatto
devo deformarlo tanto, mentre se il raggio è grande la deformazione per rendere
piatto lo pneumatico è inferiore.
• Rapporto di aspetto=h/b (secondo numero delle indicazioni): più è grande, più la resistenza al rotolamento
peggiora (fianco più grande a parità di larghezza): più i fianchi sono grande, più mi serve energia per
deformare l’elastomero. (A parità degli altri parametri sempre, anche se il raggio è impossibile da mantenere
uguale).
• Usura del battistrada: più è usurato meno elastomero devo deformare, quindi la resistenza al rotolamento
diminuisce.
• Pressione: se aumento la pressione di gonfiaggio, diminuisce la resistenza al rotolamento perché diminuisce
l’area di contatto perché si deforma meno volume di elastomero. (Vero finché non ho troppi strisciamenti,
se l’impronta diventa molto piccolo). Quando si ha un sistema di misura della pressione si possono avere
anche informazioni sulla temperatura: questo sistema è obbligatorio in caso di sistema di coperture run flat,
perché altrimenti non si accorge che è senza pressione, quindi rischia di andare per più di 100km a più di
80km/h.
ETICHETTA ENERGETICA
Il numero è in realtà il valore della resistenza al rotolamento. Questo valore è f0. Nei veicoli industriali 6,5 è
veramente poco, se riempio una carriola con 1t riesco a spingerla con 6,5g: per arrivare a questi valori nella storia
degli pneumatici e stato necessario tanto lavoro. La ruota ferroviaria ha il valore più basso, che è circa 2.
Shell eco marathon = pneumatici con valore pari a 2/3 con problemi nella frenata e sul bagnato per esempio.
Forza longitudinale
Considero una frenata: ipotizzando che la velocità
cambi davvero poco. Considero due condizioni:
1. lascio andare la ruota senza frenate (no
coppie): la ruota in un secondo compie uno
spazio di 2πR, quindi si ha che nel punto di
contatto non si ha scorrimento V=ωR
2. Freno: il freno rallenterà in qualche modo la
ruota: il veicolo sta andando praticamente alla
stessa velocità, mentre la ruota sta girando ad
ω2 minore della velocità di rotazione
precedente, se il veicolo compie lo stesso
spostamento, la ruota non avrà percorso lo
stesso spazio, quindi la velocità del veicolo
non è più ωR, ma si ha uno scorrimento della
ruota rispetto al terreno. Questo scorrimento
è definito come: FORMULA ACCANTO.
Questo numero varia tra 0 e 1: la prima situazione ha scorrimento pari a 0. L’altro scenario estremo è ruota
bloccata, con s=1. In mezzo ho tutte le condizioni di funzionamento di tutte della mia vettura. Potrei
misurare la velocità angolare della ruota e con il gps quella della vettura, ma a noi interessano le forze.
X avere forza Longitudinale devo avere scorrimento. Se lo scorrimento fosse 0, si ha una piccola forza che serve per
trascinare la copertura, ma essendo piccola si può trascurare. Inizialmente questo grafico cresce in maniera lineare e
poi diventa non lineare. Il massimo si ha
per i veicoli moderni si trova fra 5-10%.
Poi decresce, in modo diverso a
seconda della copertura.
NOTA: fondo asfalto, altrimenti
cambiano le curve.
Fx=μFz
COSA CAPISCO:
1. A ruota bloccata riesco a dare
una forza longitudinale più
bassa di quella che la vettura
potrebbe dare. I sistemi ABS
infatti fanno lavorare la
copertura nella zona di
massimo. Se la ruota non è
bloccata posso avere anche
delle forze laterali, mentre se
non rotola diventa un altro
oggetto (gomma che striscia).
2. Il massimo vale più di 1 su strada asciutta. Posso quindi determinare la massima forza che posso dare per
frenare, per determinare anche la decelerazione che otterrò. Sapendo forza verticale complessiva posso
determinare la forza longitudinale massima e quindi la decelerazione massima è pari a: gμmax, quindi
solitamente si arriva a 10m/s2.

Finché il battistrada non cambia (quindi il pneumatico), il primo tratto della curva non cambia.

Problema del bagnato


Io vorrei garantire di avere sempre il contatto dei tasselli con l’asfalto per i due
fenomeni di aderenza (in particolare quello chimico). Con l’acqua (lubrificazione
idrodinamica) non ho il contatto, quindi non scambio le forze longitudinali. Se vado
molto piano posso usare la rugosità: la presenza dei vuoti del battistrada, è tale per
garantire di scaricare l’acqua nella zona di contatto, altrimenti avrei sicuramente un
velo d’acqua fra impronta di contatto e la strada. I pneumatici invernali hanno ancora
degli spazi più piccoli, in maniere tale da avere dei picchi di pressione molto elevati,
quindi rompe più facilmente il velo d’acqua (grazie anche agli spigoli): i tasselli
aumentano in numero per riuscire a rompere il velo di acqua e avere contatto.
Il problema può essere che viaggiando talmente veloce, che i canali sono pieni d’acqua e non ci riescono, e quindi si
forma un velo d’acqua fra l’impronta e la strada per una porzione anteriore. Ci sarà una certa velocità in cui l’intera
impronta si stacca dall’asfalto, si ha la situazione di ACQUAPLANO.
La fisica che sta sotto il fenomeno è dovuta alla pressione idrodinamica generata dal movimento del veicolo
sull’acqua: eq di bernulli: P idrodinamica=1/2ρv2: sapendo il valore posso trovare la velocità limite, perché si ha
questo fenomeno quando la pressione idrodinamica è uguale a quella di gonfiaggio, momento in cui l’acqua sostenta
la zona di impronta. È più sensibile al fenomeno di acquaplaning chi ha i pneumatici gonfiati a pressioni più bassa,
quindi le vetture (non i camion).
Le velocità che si ottengono sono quelle a sinistra
(per pneumatici slick).
In realtà la pressione da confrontare è quella dei
picchi di pressione dovuti ai vuoti/pieni e devo
considerare anche l’aiuto della rugosità.
Se sgonfio il pneumatico aumenta l’area di
contatto a parità di carico, quindi la pressione di
contatto diminuisce, anche se ho più tasselli, non
riesco a rompere il velo d’acqua.
Per andare velocemente sull’acqua e sullo
sporco, conviene avere degli pneumatici stretti,
per aumentare localmente la pressione al livello
del pneumatico.
COMPORTAMENTO PENUMATICO BLOCCATO SU
FONDI DIVERSI:

Linea interessante è la 3: pneumatico su fondo


ghiacciato: il coefficiente di aderenze a ruota
bloccata arriva a 0,5. A 0 gradi si ha il minimo.
Se la temperatura scende di più si formano dei
legami chimici con il fondo stradale ghiacciato
(per pneumatici particolari/invernali); ad alte
temperature però ovviamente non funzionano
bene. Si hanno delle mescole particolari che
salgono di temperatura più velocemente,
quindi ho una resistenza al rotolamento
maggiore. Per avere una copertura che si
scalda molto velocemente: si usano i
pneumatici a tele incrociate, tipo per certe gare
in salita.

LEZIONE 4
Forze laterali
Se il veicolo marcia su una traiettoria circolare, è soggetto ad una accelerazione centripeta,
che determina una forza centrifuga (mV^2/R) applicata al
baricentro contrastata dalle forze scambiate dallo pneumatico
con la strada. Come si generano le forze laterali? A livello
dell’impronta di contatto quando si ha uno scambio di forze
laterali, mi aspetto che sia i fianchi, che la cintura che il
battistrada si inclineranno (deformazione al taglio), avendo degli
spostamenti che sono rappresentati nel grafico sottostante,
vedendo che nella zona centrale si ha il
massimo spostamento. Questo andamento si
vede con delle telecamere. Io mi aspetto che
la cintura si deformi come se fossero tante
molle (sia cintura che tasselli) che metto in direzione laterale. Ho
effetto cintura in serie a quello dei tasselli per la deformazioni laterale:
se riuscissi a misurarla, potrei trovare un angolo α: angolo di deriva.
È una grandezza sia meccanica che cinematica, e si forma in curva
quando la vettura scambia forze laterali per mantenere la traiettoria:
definito come l’angolo formato dal piano meridiano di simmetria della
mia copertura, e la tangente alla traiettoria dell’impronta del mio
pneumatico (direzione della velocità del centro
dell’impronta del mio pneumatico).
Posso misurarlo facendo l’arcotangente fra la velocità in
direzione Y/ v in direzione x. Non è facilmente misurabile: in
x è ancora fattibile, mentre in y è difficile: si usano dei
sistemi laser montati sulle sospensioni; ora si usano dei
sistemi gps.
Più la forza laterale è grande, più l’angolo di deriva è grande. Se sterzo una ruota singola su un sistema che
fa girare, vedo lo stesso fenomeno dello pneumatico (direzione x della velocità data dal rullo, ma essendo
ruotato vedo anche una velocità in y. In questo caso l’angolo di sterzo è quello di deriva, ma solo in questo
caso (ruota singola su rullo), altrimenti sulla vettura non coincidono).

ANDAMENTO FORZA LATERALE FISSATO CARICO VERTICALE:


La derivata/pendenza nell’origine è detta rigidezza di deriva (dipende
dalla struttura del pneumatico): se aumento il carico verticale
aumenta anche la forza: inizialmente è lineare fino ad un certo punto,
ad un certo punto se aumento Fz troppo (tipo gonfiarlo troppo poco),
la zona dell’impronta non è piu piana, mentre i fianchi saranno molto
deformati come pure l’impronta (quindi non è più in contatto con
l’asfalto): ho un problema di range di carico.
Per aumentare la rigidezza di deriva devo mettere delle tele di acciaio
sulla cintura (radiali con cinture rigide e fianchi bassi). Normalmente è
lineare fino a 6/7/8 gradi di angolo di deriva, punto in cui ho la
massima forza laterale, oltre invece decresce, quindi cerco di sfruttare
la forza massima. Più è deformabile, più l’angolo a cui corrisponde il
massimo cresce anche a più di 10 gradi.
La forza laterale non è applicata al centro dell’impronta, ma un po’ più dietro rispetto alla direzione del moto, quindi
per metterla nel centro avrei un momento di trasporto (sull’asse di sterzatura) detto momento autoallineante, che
cerca di riportare la ruota ad angoli di deriva nullo.
Grafici aumentando il carico. Il momento
autoallineante ha un massimo e poi decresce
(secondo grafico) nella pratica quando lascio
il volante automaticamente i pneumatici
torneranno alla condizione di angolo 0,
altrimenti dovrei rimetterlo io nella
condizione di 0 (non è l’unico fattore di
riallineamento).
Per uno pneumatico vorrei che il massimo
del momento di autoallineanto sia ad un
angolo di sterzo quando ho grandi
accelerazioni laterali, tipo in autostrada con
angoli di sterzo bassi: vorrei il massimo
momento poco prima di avere la massima
forza laterale trasmessa, per cui al massimo
del momento autoallineamente ho una
diminuzione del momento, quindi il cervello
capisce che sto perdendo aderenza e quindi raddrizzo lo sterzo. (L’angolo massimo di sterzo non serve, visto che lo
uso solo in manovra, con angolo di sterzo ampio ma basse velocità). Il problema è quando si ha il massimo della forza
prima del momento massimo. Con le sospensioni posso correggere alcune cose.
In questo caso il massimo del momento l’ho quando la forza è ancora scarsissima, quindi non è un grande
pneumatico.
Addirittura le curve possono scendere sotto zero: forze verticali basse e grandissimi angoli di deriva= vettura a
trazione anteriore con curva molto stretta, ho un grosso trasferimenti di carico su quelle esterne, con anche della
forza di trazione, fino a quasi sollevare la ruota interna, se lasci il volante sta fermo o cerca di sterzare ancora di più e
quindi bisogna riportarlo sulla posizione dritta manualmente.

ALTRO ELEMENTO: EFFETTO COMBINATO FORZA LATERALE E LONGITUDINALE


Contemporaneamente sterzo e freno/accelero:

La situazione limite è descritta nell’ellisse: ho


su x forze longitudinali, e y quelle laterali: se
mi trovo nell’ellisse sono in sicurezza con lo
pneumatico (angoli di deriva definiti da
regioni a seconda della forza laterale). La
curva limite dipende da quanto sto
saturando il vincolo: se freno troppo non
avrò più forza disponibile per la forza
laterale (uso l’aderenza disponibile in una
sola direzione). Sono degli ellissi solitamente
perché il comportamento laterale è diverso
rispetto a quello longitudinale (più forza in
questo caso).
Curva in alto: forza laterale con un certo carico al variare della forza longitudinale; posso dare tanta forza
longitudinale senza avere grandi problemi sulla forza laterali (cresce molto rapidamente nel primo quadrante: è
interessante per i sistemi frenanti= se non blocco lo pneumatico (sistema ABS), ho ancora forza laterale anche con
tanta forza longitudinale. Se muovo il volante anche in abs in funzione sarò in grado di cambiare traiettoria, mentre a
ruote bloccate non riuscirei.

Aerodinamica
Il veicolo scambia forze con il mondo esterno anche con il contatto con l’aria:
SLIDE NUOVE

Posso trattare un fluido come incompressibile se sono su valori di Mach


inferiori a 0,3, considerando v come quella del veicolo. In velocità
ragionevoli siamo sicuramente nel range giusto, quindi si può ipotizzare
io fluido come incomprimibile semplificando molto le equazioni.

Solitamente Re è abbastanza elevato, circa 10^6 (flusso turbolenti).


Bisogna considerare anche il tipo di corpo a disposizione: è un corpo
tozzo distinto da quello aereodinamico (tipo profilo alare). Su un cubo
avrò per esempio un distacco della vena caratteristico dei corpi tozzi: si
separa lo strato limite e si forma una scia, che è una zona turbolenta
dietro il corpo stesso che si trova in depressione (zona con velocità alta).
Le forze applicate sul veicolo sono 3:
• Forza di resistenza
• Forza di portanza: che cerca di sollevare il veicolo; solitamente si
cerca di farla vicino a zero, ma anzi di creare una forza deportante
che schiaccia il veicolo verso il suolo, aumentando così la forza
verticale per poter scambiare più forze longitudinali e laterali.
• Devianza: spostamento laterale (solitamente il veicolo è
simmetrico quindi è difficile che sia presente).
Le forze non sono applicate al baricentro del veicolo, ma sono applicate al
centro di pressione, quindi per applicarle al baricentro dovrei introdurre
un momento di trasporto, e l’unico importante è quello relativo alla
portanza (per capire quanto carico va all’anteriore e al posteriore).

PRINCIPIO DI SIMILITUDINE:
La forza aereodinamica dipende
da:
- Velocità del veicolo
- Densità dell’aria
- Dimensioni del corpo (L)
- Viscosità del fluido
➔ Espressione con una serie di potenze, cercando di garantire
l’omogeneità dimensionale:

Ho quattro incognite, ma tengo come variabile l’esponente della viscosità (d): ho tutto in funzione di d.
Sostituendo trovo che la forza è data da una costante per una dimensione caratteristica L con esponente (2-d),
mentre la densità 1-d, mentre la viscosità sarà ancora 2-d.
Se guardo bene trovo che nella parentesi ho l’espressione del
numero di Reynolds: trovo una funzione del coefficiente di
resistenza (Cx) che dipende dal numero di Reynolds. In realtà
dipende anche da 3 fattori:
- F= forma: è quello che conta di più sul distacco della
vena (x corpi tozzi come i veicoli) (80/90%)
- A=aerodinamico: componente molto piccola dovuta alla
viscosità del fluido (anche solo per l’interazione fra il
fluido e l’oggetto: ho delle tau piccolissime che cercando
di trascinare la superficie, quindi integrando il contributo
di queste forze diventa importante sulle ali per esempio
(dove non ho distacchi di vena). (10%)
- I=indotto: trascurabile; indotto dalla portanza= per
generare portanza pago questa forza generata con della
resistenza, con il quadrato del coefficiente di portanza,
quindi se non mi serve ovviamente evito di averla. (Per andare veloce si mettono poche ali sulle formula 1).
Posso generare il profilo stesso della vettura che mi costa molto meno per la resistenza.
ORDINI DI GRANDEZZA (dati vecchi)
Drag coefficients (Cx) in aerodynamics are drag forces normalized with a reference area, usually the frontal area,
another projection area or the wetted area. Sometimes the reference area is not given, so the drag coefficient is a
misleading figure.
Tendenza naturale a barare: nella galleria del vento si misura la forza che
dipende da vari fattori e posso estrarre il Cx a seconda della superficie di
riferimento (mille normative diverse: teoricamente quella bagnata (vista da
davanti), o senza gli specchietti o le ruote). Ha più senso quindi definire il
prodotto Cx*A.

È importante soprattutto per analizzare il comportamento ad alta velocità.


Se un veicolo ha un angolo di imbardata maggiore ovviamente aumenta la resistenza:

Ho un valore in ascissa che mi definisce la forma: è il rapporto


fra la lunghezza del parallelepipedo e il diametro/lato
quadrato= longitudinale/trasversale. Più a destra, più allungo il
veicolo a parità di sezione. Se prendo un veicolo vicino al suolo
(effetto del suolo), se prendo un corpo molto corto, tipo
scenario veicolo come cartello stradale: il Cx è pessimo, con Cx
intorno ad 1,2. Se allungo un po’ il corpo, che diventa un po
meno tozzo, che cerca anche di seguirlo anche dopo. Più lo
allungo, il Cx diminuisce (grafico sotto). Ho un minimo per il
valore 2:lunghezza doppia del diametro. Poi torna a ricrescere
quasi linearmente, a causa delle tau. Più il corpo si allunga,
l’effetto delle azioni tangenziali aumenta sempre di più
(ovviamente per i parallelepipedo). Se raccordo semplicemente
gli spigoli passo dalla curva 1 alla 3a/3b: passando da 1 a 0,2 nella migliore delle ipotesi, perché sto guidando la vena
facendo in modo che non si distacchi, per avere meno depressione posteriore (che tira il veicolo), oltre alla
sovrimpressione frontale che rallenta il veicolo. Basta raccordare solo davanti per diminuire la zona di ristagno
anteriore. Bastano cambiare dei dettagli per cambiare sostanzialmente la resistenza del veicolo:
Sfortunatamente ho un sacco di flussi d’aria che entrano nel veicolo per
molto motivi: raffreddare motore e interno veicolo: tutti questi flussi interni
peggiorano la resistenza di pressione. Se includo i flussi interni vedo un
grande aumento di coefficiente di resistenza (vedi sotto).

Mettersi in scia ad un veicolo beneficio di una forza che mi sta tirando


(depressione): se mi metto dietro ad un treno di veicoli posso dimezzare il
Cx, per dimezzare senza problema i consumi (esagerazione solo se sto
molto vicino dietro). Anche quello che sta davanti risparmia carburante
perché è come se il veicolo fosse più lungo, diminuendo la depressione
dietro.
(SLIDE NUOVA SCIA)

ESEMPIO ANTICO CON DEI NUMERI: per far capire quanto sono importanti i
dettagli
(Libro aerodinamica Huko)
All’inizio pratica da 0,4 quindi non era un grande risultato, ma è
bastato davvero poco per scendere e arrivare a 0,35 come gli
altri veicoli concorrenti. È bastato uno smussettino sul cofano,
per cambiare l’inizio dello strato limite sono scesi a 0,39. E=
beccheggio vettura. È difficile da fare a calcolo, è più facile in
galleria del vento.

Galleria del vento (a bassa velocità)


Aperta: la vettura va nella sezione di prova:la scia non deve influire
sulle pareti, mi serve quindi una galleria molto grande:
bloccaggio=dimensione frontale auto/dimensione superficie camera di
prova= solitamente intorno al 2%: è grandissima -> costosa e potenza
assurda per fare velocità dell’aria giusta.

Quella più comunemente utilizzata è il


loop chiuso, per consumare di meno
non buttando l’energia cinetica che do
al fluido. Perché allora esistono anche quelle aperte? Problemi legati all’ingombro
dei motori e al riscaldamento dell’aria (mi servono anche dei condizionatori).
Effetto di scala
Uso un modello in scala (dando per scontato che il modello
sia fatto bene)
Se il modello è in scala 1/20, cambia il numero di Reynolds,
che ha grande influsso sul coefficiente di resistenza. Se
cambio la scala sto cambiando L, il Reynolds nuovo sarà 20
volte meno, quindi è un problema. Per cercare di mantenere
il numero di Reynolds: potrei cambiare densità e viscosità,
ma diventa diversa la componente aerodinamica, quindi la
cosa più semplice è giocare sulla velocità, violando però il
Mach.
Per questo motivo il modello in scala per i veicoli non funziona bene, al massimo in rapporto 1:2.

LEZIONE 5
C’è un altro problema con le gallerie del vento: il
veicolo è fermo ma l’aria si muove, mentre nella
realtà è il contrario. È tutto uguale in termini di
velocità relativa, tranne vicino al suolo.
I ventilatori creano una vena fluida iniziale tutta
uniforme, ma per la viscosità dopo una certa
distanza il profilo di velocità della vena si modifica
vicino al pavimento, dove le particelle si rallentano
tanto da fermarsi. -> zona con profilo di velocità
sbagliato, cosa che cambia la distribuzione di
pressione sotto la vettura.
Devo fare in modo di tornare alla situazione
originale: la soluzione è mettere un tappeto
mobile sotto la vettura che va alla stessa velocità
della vena, quindi non si ha attrito fluidodinamico,
e le particelle continueranno a viaggiare alla
velocità iniziali. Il problema è che il rulli devono essere precaricati molto per mantenere i tappeti tesi con potenze
assurde, essendo comunque molto grande: l’unico problema è
economico. Molte case automobilistiche usano dei piccoli tappeti
sotto la vettura, che risolvono abbastanza la situazione. C’è anche
il problema di dover far girare le ruote, per avere anche l’effetto
aerodinamico delle rotazioni. Il problema è anche la misura della
forze sulla vettura oltre a doverla tenere ferma.
ALTERNATIVE:
- metto la vettura un po’ più in alto, in un punto del profilo
non deviato, anche se comunque si ha un’interazione della
vena fluida, e solo all’inizio magari non influisce
- Iniezione in più punti aria in pressione per ricostruire il
profilo corretto: devo misurare il profilo di velocità per
capire dove iniettare l’aria.
- Aspirazione dello strato limite: velocità verticale piccola, ma comunque presente.
Il drag/portanza si paga con un aumento di resistenza: il rapporto più è alto meno è resistente. Cosa cambia? Gli
aerei sono lontani dal suolo, quindi non hanno l’effetto del suolo, mentre la vettura è per forza vicino al suolo.
Per avere deportanza posso mettere sotto la vettura un profilo a tubo di venturi, ottenendo una depressione dietro
per far schiacciare la vettura verso il suolo: questo costa molto meno (quasi nullo). Le ali (appendici aerodinamiche)
sulle auto paga tantissimo come Cp^2.

Treni
Ho tanta superficie frontale: ho dei coefficienti di drag molto alti, e dipendono dalla lunghezza del treno, con la
stessa dipendenza del parallelepipedo vicino al suolo per l’andamento del coefficiente. È alto anche per le cavità e le
prese d’aria. Se ho solo il locomotore ho una grossa scia in depressione, mentre dopo ho un effetto di azioni
tangenziali sulle carrozze: più è lungo più aumenta la resistenza.

SCENARIO AERODINAMICO DEL TRENO: IL PASSAGGIO IN GALLERIA


Davanti al convoglio ho una sovrapressione, mentre dietro al convoglio ho una depressione, quindi ho un sostanziale
peggioramento del comportamento del veicolo all’ingresso della galleria: questo perché la galleria non è tanto più
grande del treno, quindi ho poco flusso attorno al treno.

Trazione dei veicoli


Vorrei un motore che possa fornirmi sempre la stessa potenza: diagrammando il prodotto della forza motrice per la
velocità sarebbe costante, quindi l’andamento della curva della costante diviso/v avanzamento -> iperbole di
trazione. Anche se esistesse un motore di questo tipo, io sono limitato dall’aderenza, che dipende dal carico sugli
assi motrici. Questa limitazione fisica data dall’aderenza (vedi grafico a destra) mi da una limitazione sulle forze
(limite nero). Più ruote scambiano forza, più il limite di forza è alto. Il limite di potenza mi da tutti i possibili punti di
funzionamento: da velocità zero alla massima velocità possibile (pezzo di curva) -> questo sarebbe il sistema di
propulsione ideale.
Partendo dalla forza (coppia) cerco la curva di potenza equivalente:

Questo è lo scenario ideale: non so che motore ho o la


trasmissione: ho due possibilità, o ho un motore che mi da questa curva di potenza, oppure metto un cambio fra il
motore e le ruote, per avere alle ruote qualcosa di simile a questo.
GRAFICO MOTORE A VAPORE DI UN TRENO: in ascissa n giri normalizzato con il numero di giri massimo. Allo stesso
modo le coppie e le potenze sono normalizzate.

Il grafico di questo motore a vapore è perfetto: non


devo mettere una trasmissione: mi fa partire da fermo, lavorando anche sul limite di aderenza fino a quando mi
serve e lavora abbastanza vicino ad un iperbole. Oltre alla potenza e la coppia si ha anche il rendimento: al massimo
arrivava al 7% di rendimento.

VERSIONE MOTORE A VAPORE PER VEICOLO STRADALE:


Un motore che mi da una coppa con questa forma, con alti rendimenti: MOTORE ELETTRICO
MOTORE BMW i3

Questo motore con un rapporto fisso di trasmissione mi permette di


non avere un cambio.
MOTORE ELETTRICO ANNI 70

Guardando i rendimento (solo motore) si arriva a 97/99%. Un ulteriore vantaggio è che mi può dare una grande
coppia frenante mantenendo rendimenti alti (leggermente inferiori), quindi posso usarlo per fare la frenata
rigenerativa. Normalmente frenando si dissipa tutto in calore ai dischi, mentre posso pensare di riportare l’energia
alla batteria.
LOCOMOTORE VECCHIO

Gli stessi ragionamenti valgono per i veicoli ferroviari.


MOTORE CON TURBINA A GAS MULTISTADIO:
Più stadi per avere velocità fattibili, con grandissime
potenze, ma con rendimenti molto bassi.

MOTORE AD ACCENSIONE COMANDATA

Guardando la curva di coppia è completamente diversa da


quello ideale. Inoltre ha il difetto di avere un numero di giri minimo: mi servirà un dispositivo nella trasmissione per
partire da fermo, inoltre mi servirà un cambio/trasmissione.
Lo stesso vale per:
MOTORE DIESEL

Anche qui ho gli stessi problemi del motore a benzina -> mi serve una trasmissione (più rapporti ci sono meglio è).
GRAFICO DATATO PER CONFRONTARE I DIVERSI SISTEMI DI PROPULSIONE in termini di due grandezze
importantissime: densità di energia accumulabile sul veicolo e la
densità di potenza, tenendo conto del motore, cambio e del
serbatoio.
2 motore endotermico: tantissima densità di potenza ed energia:
con un motore piccolo e un serbatoio piccolo, e con poca massa
posso avere grandi percorrenze -> punto ideale è in alto a
destra: tanta prestazione e tanta economia.
1 turbine a gas: consumi e inquinamento esagerato.
4 motore elettrico con fuel cell: ho autonomie ragionevoli, con
densità di potenza molto basse -> usati per i rover su luna, marte
ecc. con poca massa garantire tanta autonomia, senza grandi
prestazioni.
Se voglio delle batterie, devo limitare tantissimo l’autonomia del veicolo ( con batterie antiche rispetto a quelle
attuali, tipo litio-cloro -> esplosivo), nichel-cadmio= basso costo (curva 7). Con la batteria al piombo ovviamente non
è possibile.
SCENARIO ATTUALE

Rispetto ai numeri di prima mi sto


avvicinando sostanzialmente ai motori a combustioni interna, sia in termina di energia specifica che potenze
specifiche: ci si aspetta ora una nuova tecnologia. Supercap=supercondensatori: tanta potenza per poco tempo.

CELLA A COMBUSTIBILE
Si usa idrogeno e ossigeno che si combinano su catalizzatori costosissimi, facendo uscire acqua ed elettricità.

Problema costo dei catalizzatori, oltre all’idrogeno, che non c’è


in natura= posso farlo con l’idrolisi, ma mi servirebbe tanta corrente elettrica. L’aspetto inquinamento bisognerebbe
partire dall’origine dell’energia.
APPLICAZIONE FOLLE: motore che bruciava idrogeno (rendimento bassissimo): difficile da creare per poterlo poi
bruciare.

Prestazioni dei veicoli

MASSA: il motore+serbatoio pesa pochissimo quello ad accensione comandata, mentre il diesel pesa leggermente di
più. Gps e metano hanno dei serbatoi più pesanti. Elettrico con accumulatori: le batterie pesano molto. In generale il
motore elettrico è pieno di rame e ferro, quindi pesa molto.
ENERGIA SPECIFICA: potere calorifico molto alto della benzina, diesel e turbina a gas. Le batteria invece ne hanno
poca. Il gpl poco, e il metano ancora meno, soprattutto se considero in volume.
COSTI: motori benzina e metano costano poco. Il Diesel costa di più, più complicato per i dispositivi anti-
inquinamento. Elettrica molto costosa, anche per l’elettronica che ci sta dietro.
ADATTABILITÀ COMBUSTIBILI: diesel e turbina a gas riesco a far bruciare qualsiasi cosa praticamente. Ovviamente
l’elettricità posso generarla in mille modi.
INQUINAMENTO CHIMICO: Diesel critico, turbina a gas meglio mentre il metano è l’idrocarburo con meno atomi di
carbonio, è una soluzione vincente dal punto di vista della CO2.
INFLUENZA AMBIENTE: in particolare per la quota parlando di aspirazione, con benzina ecc. ho problemi. Il Diesel è
molto sensibili a basse temperature.
AVVIAMENTO SOTTO CARICO (regime minimo).
MOMENTI NON EQUILIBRATI: motore sospeso per evitare vibrazioni ecc.
IRREGOLARITÀ CICLICA dei motori a combustione interna-> servirà un volano.

SI STA ANDANDO VERSO I MOTORI TURBOCOMPRESSI

LEZIONE 6
I motori ibridi stanno spopolando anche per le normative, ed è più funzionale rispetto all’elettrico plug -in.
I layout possibili tantissimi per aggirare i brevetti del concorrente! I canonici sono i due indicati sopra:
- Configurazione serie: serbatoio + motore benzina + generatore collegato in parallelo a una batteria collegata
poi ad un motore (che può fare da generatore) ed è collegato alle ruote motrici.
o PREGI: posso viaggiare puramente elettrico se ho abbastanza batteria. Per il motore a combustione
interna devo stare attentissimo a farlo girare
ad un range di giri molto stretto posso
aumentarne l’efficienza= dal punto di vista
dell’utente non si hanno molte prestazioni
(sensazione strana del motore che va sempre
allo stesso regime) -> DIFETTO DELLA
PIACEVOLEZZA di guida. Posso rigenerare la
batteria con motore elettrico. Non serve un
cambio -> meno componenti.
o DIFETTI: il generatore è abbastanza
efficiente e il motore elettrico è molto
efficiente, però ho tantissimi passaggi quindi i
rendimenti in serie alla fine pongono un
rendimento complessivo non troppo
efficiente, salvo se generatore+motore è
usato solo in alcuni casi speciali (rage
extender) tipo BMW i3.
- Ibrido parallelo: il più comune. Ho un
motore elettrico che è collegato con un
sommatore al motore a combustione interna che fornisce più coppia al motore CI, quindi ho bisogno di un
cambio. Posso comunque viaggiare con uno o l’altro, o sommando l’effetto dei due (solitamente 30% - 60%).
Ho un motore CI con grandi regimi di rotazioni: i motore efficienti e compatti girano abbastanza veloci:
rendimenti leggermente più bassi.
MOTORE FIAT: compatto con due innesti a frizioni, con motogeneratore in mezzo. Il sistema è un parallelo a tutti gli
effetti, grazie agli innesti a frizione. Layout semplice ma funziona bene. La chiave è nella gestione elettronica di
controllo: quando far caricare la batteria, quando usare uno, l’altro o assieme. I componenti meccanici sono sempre
gli stessi, ma bisogna ragionare sulla logica di controllo.

Noi ci concentreremo su endotermico e elettrico, perché l’ibrido probabilmente scemerà.


LEZIONE 7

Innesto a frizione, cambio a gradini, cambio


automatico: trasmissioni
Trasmissione manuale

A causa delle
mancanze del motore a combustione interna serve la
trasmissione:
- A causa del numero di giri minimo per il
funzionamento serve l’innesto a frizione
- La curva si coppia non è adeguata a far funzionare
il veicolo in tutte le condizioni -> cambio. Fz=forza
di trazione
Studio del ripartitore di coppia sullo stesso asse.
Caso 1=ho tutta la zona tratteggiata in cui non posso
lavorare -> veicolo che non può partire da fermo.

Il primo tratto tratteggiato non va bene: il veicolo deve poter partire da fermo.
RAGIONAMENTO: dove sono e che dimensioni hanno i componenti.
STORIA:
3 LAYOUT:
- più antica= motore anteriore longitudinale, innesto a
frizione, ecc. ruote motrici sul posteriore. Ci sono più
versioni e il cambio può essere spostato sull’asse
posteriore tipo alfa: fatto questo per equilibrare le
masse e aumentare la trazione. Il sistema sotto ha un
albero dimensionato direttamente sulla coppia del
motore, con velocità di rotazione elevate. Quello sopra
è dimensionato sulla coppia di uscita dal cambio: faccio
il calcolo per la prima (condizione peggiore), e
mediamente avrò 4 volte la coppia, quindi devo
dimensionarlo più grande. -> meglio più è piccolo e
leggero quindi.
- Soluzione più semplice: tutto sull’asse posteriore, tipo
maggiolino. Serrando 6 viti monto tutto il motore, la
trasmissione e il cambio: facilmente montabile.
Svantaggi: poco spazio, manutenzione difficile, molta
massa sull’asse posteriore. Critico in curva ma per il
resto non ci sono problemi. Caso in basso.
- La soluzione più comune è tutto avanti: motore e trazione anteriore (nata non nel ’31 (citroen), ma nel ’28
con la practa). Caso alto a destra. Prima soluzione italiana è stata la lancia flavia (ideata da ex profe
politecnico). Layout diversi a seconda si come viene messo il motore.
CAMBIO
Rapporto di marcia più lungo /più corto= solitamente fra 4 e 6. In futuro sarebbe bello e migliore se avessimo più
rapporti/marce. Il problema è che il cambio pesa di più e solitamente non è manuale (troppo scomodo).
Tipo di trazione

Più faccio una curva velocemente, più devo aumentare lo sterzo della curva: veicolo sottosterzante -> per l’utente
medio è più sicuro. Caso estremo: eccesso di sottosterzo. Le ruote motrici sono sull’asse anteriore, la cui forza
longitudinale in accelerazione si scarica, per lo spostamento di carico, quindi ho uno svantaggio (non è una cosa
legata al beccheggio delle sospensioni, ma dipende dal passo e dall’altezza del baricentro (più è alto, più si stente
questo effetto)). Per limitare l’effetto abbasso il baricentro o allungo il passo (tipo dragster). In generale ho meno
forza longitudinale, il vantaggio che essendo tutto davanti ho il 65% della massa sull’asse anteriore (tanto carico
verticale statico).
Piace tanto perché è semplicissimo, ed è facilmente montabile -> costa poco costruirla.
TRASVERSALE
Quasi tutti i motori ormai sono trasversali, e il vero problema è lo spazio a disposizione. Se ha tanti cilindri in linea
non ci sta. Ormai sono la maggior parte 4/3 cilindri, quindi non ci sono molti problemi di spazio.

MOTORE LONGITUDINALE
Non è molto diffusa: davanti alle ruote devo mettere uno sbalzo pazzesco, quindi ai designer non piace (ruote il più
possibile all’estremità delle vettura.
In realtà potrei mettere una trasmissione tale da avere la coppia direttamente sotto il motore. Vantaggi di arretrare
tantissimo il motore, quindi le ruote sono all’estremità del veicolo -> vettura più bella.

Posteriore
CONSIDERAZIONE SOSPENSIONE MOTORE: in generale il
motore è sospeso e si isola dalle vibrazioni il telaio e i
passeggeri. È più facile farlo se contengo lo sbalzo
anteriore: trazione posteriore.
VANTAGGI=trasferimento di carico che aumenta la forza
verticale sui pneumatici posteriori: quindi dal punto di
vista della coppia è utile, posso trasmettere più coppia.
DIFETTI: è più costosa, è difficile da montare e ho più
parti-> toglie inoltre spazio al volume di carico (sia
passeggeri che bagagliaio). Critica dal punto di vista della
guidabilità-> tendenza al sovrasterzo (oggi con i sistemi
di controllo elettronico posso cambiarlo questo aspetto).
Trazione integrale
Sale tantissimo il costo. Ridotti problemi di trazione, se ho un carico verticale posso trasmettere facilmente il carico
(in realtà dipende dai differenziali). Assomma i difetti sia anteriore che posteriore: anteriore complesso, tunnel->
meno spazio, ho perdite di trasmissione che viene trascinata sempre, differenziale posteriore costoso.

È STATA L’ULTIMO TIPO DI TRASMISSIONE: a parte l’acquirente, la difficoltà principale era il sistema di sterzo. Ho i
semialberi sull’anteriore con dei giunti che non esistevano tali da far lavorare la ruota con gradi ampi fino a 30°,
inoltre non sempre è omocinetico.

Partite da fermi: ho più soluzioni


- Innesto a frizione: comandato del conducente , abbasso la velocità del volano facendo strisciare gli elementi
uno sull’altro con dello slittamento, ho una dissipazione di energia in calore (parte grigia). Una volta finita la
fase di innesto è come se fosse un corpo rigido. Solitamente è direttamente collegato al volano del motore.
Campana (5) che è avvitato al volando e ci ruota rigidamente, come il 4 (spingidisco) e le molle. Quando
aziono il pedale parto con la manovra di disinnesto che allontana lo spingidisco lavorando contro le molle
precaricate (a seconda della coppia trasmessa). Durante le fasi di innesto/disinnesto e usura ho bisogno
sempre di un profilo scanalato fra spingidisco e albero di trasmissione per avere lo spostamento assiale.

Volano
ANDAMENTO COPPIA NELLE FASI MOTORE (GRAFICO)
Serve per regolarizzare la coppia trasmessa dal motore 4T -> metto in serie una certa inerzia.
FORMULA IRREGOLARITÀ MOTORE in funzione del lavoro scambiato nel ciclo e dell’inerzia del motore e volando, è
inversamente proporzionale. Si sente soprattutto quando il motore gira piano, perché è inversamente proporzionale
ai rpm. Visto che esiste si cerca di sfruttarlo e integrarlo nell’innesto a frizione. LAYOUT ANTICO: in realtà le molle
non sono più ad elica cilindrica, solitamente è una molla a diaframma(8), che è infulcrata sulla campana, e la molla
diaframma disinnesta, mentre normalmente è precaricata per trasmettere la coppia (VEDI GIF).
Si ha un cuscinetto reggispinta (assiale)
per trasmettere la forza esercitata col pedale, sulla molla diaframma che sta ruotando. Ralla sinistra ruota e quella a
destra è ferma. Quanta coppia posso trasmettere? Ho una pressione esercitata sul disco della frizione dal precarico.
Quanto vale la tau tangenziale sull’elementino infinitesimo? Ho due facce attive del disco, dando per scontato anche
che lo spingidisco sta girando alla stessa velocità del volano.
HP=p=cost
P è il precarico delle molle (da 1000 a 10000N). μ è leggermente sopra 0,3, circa 0,35.
Espressione della geometria complessa. Con HP= pressione costante, condizione ottenuta solo
con frizione nuova.
Quando si usura, si usura di più proporzionalmente alla velocità di rotazione di strisciamento,
quindi si usura di più all’esterno -> l’andamento della pressione non sarebbe più costante, ma
maggiore nel raggio interno:
P=cost/ρ (ipotesi di Reye). Ho un materiale molto deformabile, con k basso, con anche delle
molle per renderlo più deformabile. Si ha una piccola inclinazione sul disco.
In questa situazione di usura che coppia potrei trasmettere? Rifaccio gli integrali sostituendo a
p=cost, c/r.
Risultato:

,,,
La formula ottenuta con la nuova ipotesi si ha una formula sostanzialmente diversa: facendo dei calcoli per capire gli
ordini di grandezza.
La nuova formula porta ad avere un valore più piccolo, ma di molto poco.
Sulla base di queste formula scelgo le molle (a diaframma): so coppia del motore, decido già il raggio esterno a causa
dell’ingombro. K=coefficiente di sicurezza ma non troppo alti: costa di più e inoltre è come se fosse il limitatore di
coppia (quando faccio sgommare in partenza (attacco frizione a giri alti), mi serve che slitta anche la frizione
altrimenti si distruggerebbe la trasmissione). La durata dei dischi degli innesti della frizione dipende dall’uso, e quindi
dalla verifica termica (utilizzi impropri).
Quando aziono il pedale lavoro contro le molle: non si usano più quelle ad elica cilindrica, perché la curva
caratteristica è una retta proporzionale al carico: più sono vicino al disinnesto più devo metterci forza, e infatti non è
così. La percezione è che il carico progressivamente
diminuisce con la molla diaframma, avendo una
caratteristica fortemente non lineare
(f=schiacciamento)=Δx.
Rigidezza è la derivata del grafico, quindi cambia in ogni
punto e ho un punto in cui è nulla e poi diminuisce.
È fatta così soprattutto per migliorare il comfort del
conducente.
Ho un certo precarico calcolato sulla coppia massima. Io
voglio far lavorare la molla nella zona sopra il valore di P,
con confort ottimo.
Bisogna anche considerare l’usura del disco però: il ΔX
diminuirà, bisogna fare in modo che anche con il disco
usurate sia in grado di trasmettere abbastanza coppia. Se
avessi le molle ad elica dovrei avere un precarico
esagerato, per la curva caratteristica lineare.

Solitamente la soluzione è multidisco a bagno d’olio. Per ogni disco devo moltiplicare la coppia, quindi posso
trasmettere più coppia. In questo caso la variazione dell’usura è bassissima, e inoltre posso usare dei carichi P molto
bassi con forze di azionamento ragionevoli. SVANTAGGIO: si usano solitamente nelle moto e nei trattori. Il
coefficiente di attrito con l’olio diminuisce tantissimo (0,001). VANTAGGI: no usura, raffreddamento dei dischi con
l’olio, mentre altrimenti non riuscirei a portare via molto calore.
Come è collegato lo spingidisco alla campana? Si
usano delle biellettine tangenziali (non tantissime),
che trasmettano momento torcente, mentre
nell’altro piano sono molto sottili, quindi permettono
avanzamento assiale con poca rigidezza. Non sono
proprio delle lamine, vorrei che fossero molto
deformabili: normalmente lavorano in trazione in un
solo senso di trazione, ma quando uso il motore
come freno-motore, la coppia è nel senso opposto
(gira sempre nello stesso verso), solo che solitamente
è molto più bassa di quella di trazione (biellettine che
lavorano in compressione).

LEZIONE 8
{
Uso un cuscinetto reggispinta sulla molla a diaframma per far staccare la frizione. La molla collegata con le
biellettine, che sono sottili per permettere una traslazione dello spingidisco lungo l’asse trasversale; non possono
essere ipersottili per il cambio di segno della coppia. Oggetti creati per lavorare a trazione lavorano a compressione
in questo caso. In qualche caso si fanno delle bielle doppie, per la direzione opposta.
}
Disco della frizione
Materiale di attrito sulla corona circolare: si ha uno
scanalato all’interno per trasmettere la coppia. Il
materiale di attrito è calettato su una lamina quasi
ondulata, e si hanno delle molle.
a) Materiale d’attrito simile alle pastiglie dei
freni: un tempo si usavano altri metalli, ora
non si possono più usare per le polveri che
si formano con l’usura dei componenti
(freni, gomme e frizione). (Coeff attrito da
0,3-0,45)
b) Perché le due corone sono applicate su
una lamina predeformata? Il problema è
la rigidezza assiale: se non fosse deformato
si ha rigidezza k=EA/L -> il problema l’area,
che è grande quindi sarà molto rigido: si ha un problema
sulla percezione di innesto e disinnesto: se lo allontano
di poco si stacca subito, invece in questo modo ho un
innesto più graduale. Si usa una molla con rigidezza
bassa in serie: il foglio deformato è poco rigido e
quando si spiana diventa molto rigido. Mi serve per
allungare la fase di innesto.
c) Le molle nel mezzo servono per non collegare il disco
direttamente all’albero di trasmissione. Con queste
molle torsionali ho un gradino di coppia che viene
arrotondato da questo effetto di sospensione. Se è
multidisco a bagno d’olio si ha un parastrappi di gomma
sulla corona. Le molle sono abbinate da un estremo
all’altro. Normalmente sono più di due, e sono diverse
spesso: si fa per avere una curva caratteristica del
momento applicato rispetto all’angolo relativo fra la corona
e l’albero. Si hanno delle molle diverse che agiscono solo
dopo un certo angolo relativo, così da modificare la curva
caratteristica. Le molle sono messe in parallelo -> effetto
della somma delle k. Si possono avere più livelli e
dimensioni diverse, per riprodurre una caratteristica
fortemente non lineare, avendo delle finestre di azione
legate ad ogni coppia di molle distinta. RIGIDEZZA BASSA
INIZIALE=parastrappi; RIGIDEZZA ALTA DOPO=trasmissione
ottima di coppia. Oltre alla rigidezza si ha dello
smorzamento torsionale.
d) Lo smorzamento è ottenuto per attrito facendo
strisciare la lamina collegata al materiale di attrito
rispetto al mozzo su altro materiale di attrito che
viene precaricato con delle molle a tazza. Si ha
uno strisciamento, quindi una dissipazione di
energia. Avendo delle masse e delle rigidezze si
possono avere delle vibrazioni/risonanza (torsionale), quindi usando queste rigidezze modificate per
cambiare la risonanza. -> evita rumore e/o rottura.
Cambio
Panhard ha creato molte cose perché all’inizio del ‘900 era tutto nuovo.
Cambio con 4 marce basato su due alberi, uno di ingresso e uno di uscita.
Aveva calettato sull’elemento tubolare dell’albero degli ingranaggi che
ruotano solidamente. Sotto si hanno 4 ruote dentate calettate, con uno
studio sulla posizione, per fare in modo di passare dalla prima marcia alla
seconda muovendo il manicotto superiore, passando le marce in
sequenza.
Cambio sequenziale: non si innestano due contemporaneamente.
Oggi non si usa più. DIFETTI:
1. Manca il sincronizzatore: per passare da prima a seconda devo
prima aumentare la velocità dell’albero per ingranare la marcia.
2. Per l’innesto devono essere sicuramente a denti dritti per far sfilare la marcia facilmente -> molto rumore.
3. Il cambio è lunghissimo, per evitare che le altre marce si
innestino assieme, quindi si hanno degli spazi di albero
inutilizzati. Non si possono mettere più marce. Massa ed
ingombro elevato.
CAMBIO ATTUALE:
• ruote dentate sempre in presa: si usano quelle elicoidali
che sono più silenziose e piccole.
• Ho un dispositivo di innesto azionato dalla leva del
cambio. Questo elemento sposta quello viola che ruota
solidalmente con l’albero giallo e si può muovere
assialmente (accoppiamento con profilo scanalato). Il
dispositivo, detto collare, solitamente serve per due marce. Nel mezzo ho la folle.
Nell’immagine si ha un cambio con albero secondario di rinvio.
Non si riesce a mettere nella trazione anteriore,
perché fisicamente ingombra molto, infatti era
tutto dietro. Ho molta massa distribuita male. Ora
si cerca di avere un ingresso coassiale con l’uscita,
così da avere meno ingombro.

CAMBIO DELLA VECCHIA PUNTO


Si ha il disco della frizione innestato sull’albero
superiore. Quando serro le viti della campana
precarico la molla diaframma. Cambio con due
alberi trasversale per vettura a motore anteriore
con motore trasversale, infatti è molto piccolo con
ridotte luci degli alberi e con distanze fra gli
ingranaggi molto ridotte. Cambio a 5 marce:
fisicamente la prima si mette più a destra possibile
perché la prima sarà quella con più coppia= sezione
più grande dell’albero e molto vicino ai cuscinetti per avere poco momento flettente. Nelle marce più lunghe si ha
poca coppia, e la quinta sarà infondo. La quinta in questo caso è fuori a sbalzo, perché è stata aggiunta.

Si hanno alberi e ruote dentate di acciaio. Alcune ruote sono direttamente ricavate sull’albero e altre calettate poi.
L’innesto della terza è sull’albero motore, mentre quello della prima/seconda è sul secondo albero. Si ha tutto
nell’olio, che è mosso dal movimento (non si hanno delle pompe). La scatola e i supporti sono fatti di lega leggera
ottenuto per fonderia. Si hanno dei problemi di dilatazione a causa delle temperature -> montaggio isostatico. Da
una parte si ha un seeger mentre da un lato può traslare assialmente
(cerniera-carrello). Si hanno dei dubbi all’inizio per scegliere i precarichi,
ma solitamente sono dati dai cuscinetti radiali.

CAMBIO TRAZIONE ANTERIORE 6 MARCE – FIAT (versione moderna di


quello di prima)
Innesto prima/seconda su un albero e gli altri sull’altro per avere spazio
per creare una ruota folle per la retromarcia (interpongo una ruota per
cambiare il verso di rotazione), che ha una ruota dedicata. Cuscinetti a
rulli conici ecc. In tutte la marce ho un passaggio fra una coppia di ruote
dentate, con rendimenti maggiori per marce più alte.

CAMBIO TRAZIONE POSTERIORE (SUBARU)


Il rendimento
cambia
sostanzialmente in
questo tipo. Si ha
un cambio con secondario di rinvio. Si hanno due alberi primari,
con un cuscinetto fra i due alberi che è liberissimo di muoversi.
Scopo: albero ingresso e uscita coassiali. Si hanno le marce fatte
da due passaggi di ruote dentate, quindi in prima ho due
passaggi (rendimento inferiore). In questa in questo caso non si
passa dall’albero secondario, ma si ha una presa diretta,
collegando albero di ingresso e di uscita, con rendimento molto
più alto -> tutte le marce tranne una con rendimento più basso e
una più alto -> non è meglio o peggio.

CAMBIO STRANO SENZA PRESA DIRETTA


Per sei marce ho bisogno di 3 collari (gestisce due marce)
-> devo poter azionare un solo collare, con la fase detta
di selezione che precede l’innesto. (No sincronizzatore).
Nella selezione scelgo il collare su cui agire, si fa
muovendo la leva del cambio a destra e a sinistra. Si
hanno tre forchette che sono collegate su un’asta che
sono collegate ad un solo innesto, quindi la leva del
cambio è infulcrata, facendo muovere il puntale sul fondo
a destra e a sinistra, e poi decido che marcia innestare
poi.

Sistema di selezione e innesto diverso: si ha una camma


spaziale che sposta gli stessi elementi ma solo in sequenza.
QUARTA MARCIA= ALBERI SOLIDALI
La selezione deve essere fatta in un posto molto diverso dal cambio, quindi servono una serie di riinvi per fare le fasi
di selezioni e innesto (spostamenti ortogonali). Si hanno due meccanismi, una leva della selezione e una leva
dell’innesto. I rinvii servono per la distanza. Il motore poi si muove all’interno nel vano motore con una sospensione,
a causa della coppia, quindi il sistema di azionamento non deve
cambiare marcia se il motore si sposta.
.
Ora si hanno dei sistemi con cavi flessibili che possono lavorare
a trazione che compressione (cavi freno bici solo trazione). Il
vantaggio di usare i cavi flessibili è che non ho più il problema di
dove metto i cavi e dove li faccio passare. Da la sensazione di
percepire la deformazione dei cavi di comando e delle guaine,
perdendo un po’ di precisione.

Eliminare tutta questa parte è abbastanza banale con


due attuatore elettrici, per averlo elettroattuato, che è
quello che si fa adesso. Il primo è stato quello idraulico
della BMW: SMG. Era una specie di kit che si montava sul
cambio manuale. Questo cambio non è automatico, ma
era chiamato tipo robotizzato. Si poteva scegliere se
automatico o manuale: se faccio automatico con
software che decide posso ottimizzare i consumi, con il
vantaggio di avere l’innesto a frizione ottimizzato con
rendimento molto alto. SVANTAGGIO: rispetto al cambio
automatico è che durante il cambio di marcia devo
interrompere il flusso di coppia sfruttando la frizione. Si
hanno delle soluzioni che permettono di cambiare
marcia senza interrompere il flusso di coppia.

Fase di innesto/SINCRONIZZAZIONE
Soluzione con collare ad innesto a denti dritti= si usano nelle moto o nelle vetture a competizione: si hanno un sacco
di urti e rumore, se non fossi così bravo da fare in modo che quando il collare si muove anche la ruota azzurra si
muova alla stessa velocità, potrei avere un innesto preciso, se avessi l’angolo giusto. Devo
quindi fare in modo di portare la ruota azzurra alla velocità del collare: FASE DI
SINCRONIZZAZIONE: si può avere anche un meccanismo che non lo usa, a volte solo alcune
marce la hanno. Se non sono sincronizzate il conducente deve far aumentare il numero di
giri nella folle.

CAMBIO CON SECONDARIO DI RINVIO

LAYOUT PARTICOLARE: VETTURA A TRAZIONE INTEGRALE con trazione anteriore integrata nel cambio, mentre quella
posteriore esce dall’albero di trasmissione. Non c’e il problema dell’abbassare l’albero di trasmissione, perché tanto
devo mettere il differenziale. Ne ho uno anche nel mezzo per gestire la trazione posteriore.

AUDI/VW DSG
SLIDE NUOVA=CERCA FOTO
Come cambiare marcia senza avere dei momenti senza coppia.
Potrei fare due cambi, uno con le marce pari e uno con le
marce dispari, che portano la coppia allo stesso differenziale. In
questo sistema ho due innesti a frizione. Per passare dalla
seconda alla terza (che decide il software): tiene frizione aperta
del cambio dispari, innestando però la marcia, avendo quindi
due marce innestate. A questo punto disinnesto la frizione
della seconda innestando la frizione della terza, quindi non si
interrompe il flusso di coppia: avrò un momento con l’innesto
di tutte due, ma sarà breve. Assumo che i cambi marcia siano
solo uno alla volta, altrimenti per due marce dovrebbe fare
come un cambio normale.
BENEFICI:
GRAFICO CURVA VELOCITÀ: si vede che la velocità del veicolo è
più costante, anche se in quei momenti la velocità non può aumentare, ma anzi normalmente perdo velocità (nel
caso di cambio normale). Ovviamente con due innesti a frizione ho rendimenti più bassi, ma ho un’accelerazione
migliore, oltre ad una percezione migliore dell’accelerazione.
DIFETTI: difficile gestione del doppio innesto a frizione da parte del software, non devo innestare entrambe le marce
per troppo tempo. Inizialmente erano a bagno d’olio perché doveva smaltire molto calore: ora si fanno a secco senza
grossi problemi.
LEZIONE 9

Sincronizzatore
Forcella che agisce tramite la leva del cambio sul collare del sincronizzatore, che ha una dentature interna che rende
solidale l’elemento scanalato (che gira con l’albero motore) con la ruota dentata. I denti dell’innesto non sono a
denti dritti.
COSA SUCCEDE QUANDO PASSO DA UNA MARCIA ALL’ALTRA?
Devo far andare tutto alla stessa velocità perché il veicolo durante il cambio marcia sta praticamente andando a
velocità costante (V0).
La variazione di velocità angolare che deve avere l’albero primario da una marcia all’altra: mi serve il rapporto al
ponte, il raggio della ruota e i tau dei due rapporti che considero nel cambio marcia.

Esempio cambio seconda


terza: l’albero primario del
cambio deve cambiare la
sua velocità di rotazione di
200rad/s. Potrei far salire il
regime del motore di
200rad/s in folle per poi
inserire la marcia, oppure
potrei ottenerla applicando
una coppia all’albero
stesso, con una coppia
detta coppia di
sincronizzazione (formula
a sinistra: momento di
inerzia di quello che è
attaccato all’albero
primario: senza frizione avrei volano, innesto ecc.- è grande tipo 0,1kg m2). È fondamentale che le due ruote dentate
siano uguali, perché altrimenti la marcia non entra. Se disinnestassi la frizione l’inerzia scende di un ordine di
grandezza, e avendo dei tempi maggiori scenderebbe ancora. Per dare questa coppia si ha un sistema di
sincronizzazione:

Il sincronizzatore ha un profilo conico coniugato con l’albero, e appena si da una forza assiale nasce una coppia che
fa ruotare la ruota dentanta: si genera per l’attrito fra le due superfici. Questa forza di attrito nasce dalla forza con
cui spingo la leva del cambio, generando una coppia di sincronizzazione per avere la stessa velocità prima che io
possa innestare la marcia.
Perché si usa un cono? Gli angoli dei coni sono bassissimi, ma permettono di avere una coppia elevata con una
forza assiale piccola.
F=forza data alla leva del cambio. La forza su una superficie genera una pressione che genera degli sforzi tau, ed
essendo il coefficiente di attrito fisso, devo poter aumentare la pressione, essendo τ=μp.
(b=larghezza anello sincronizzatore, r1=raggio sincronizzatore)
P=F/(b 2πr1 sen α) -> a parità di
forza posso avere delle pressioni
maggiori cambiando l’angolo
alfa, fino ad avere il massimo per
alfa pari a zero. Il problema è che
non voglio che avvenga il
piantaggio del sincronizzatore o
bloccaggio, ovvero che si blocca
sul cono e non si stacchi più,
perché io vorrei che una volta
innestata la marcia il
sincronizzatore si disinnesti.
Nella direzione di sbloccaggio
(assiale) avrò una componente di
P: p*sen(α) che diminuisce più
l’angolo è piccolo. Devo
ricordarmi anche una
componente dovuta alla forza di
attrito diretta in direzione
assiale: μp cosα, che potrebbe
essere più grande della componente legata alla pressione. => equilibrio dir orizzontale: tanα>μ (condizione per lo
sbloccaggio spontaneo altrimenti il cambio si blocca su una marcia). μ=0,1 è in realtà è alto perché è un ambiente
pieno d’olio, infatti sul collare ho acciaio liscio, mentre il sincronizzatore è pieno di tagli radiali e tangenziali, i quali
servono a rompere il velo d’olio, per avere un contatto metallo-metallo. -> α>6°
Le tau generate saranno quindi costanti, e la coppia di sincronizzazione è l’integrale delle tau, ovvero
τ*Superficie*braccio delle tau ovvero Cs=τ r1 (b 2π r1) * braccio =
FORMULA SOPRA (più alfa è piccolo più genero coppia, o altrimenti
se do più forza genero più coppia – frizione disinnestata per avere
meno inerzia).

Sul collare ho una dentatura e una sull’anello sincronizzatore per


permettere all’anello di passare una volta finita la sincronizzazione.
Nella sincronizzazione si ha la dentatura del collare di fronte a quella
del sincronizzatore, così da impedirgli di avanzare prima che sia finita
la fase di sincronizzazione. Per fare questo devo definire in maniera
opportuna gli angoli di soglia frontale 2θ.
Lavorando sul piano inclinato ho una forza che fa scorrere un anello
sull’altro portando alla situazione di centraggio, uno dentro l’altro. Nella
sincronizzazione il sincronizzazione impedisce lo scorrimento per il centraggio.
Si vede che la coppia di centraggio dipende dall’angolo θ, facendo in modo che
la coppia di sincronizzazione sia maggiore di quella di centraggio, così da
impedire il centraggio finché non è finita la sincronizzazione, per evitare di
innestare la marcia prima che le velocità degli alberi siano sincronizzate.
https://www.youtube.com/watch?v=Gd2U_m_qg-0
Per veicolo sportivo che deve cambiare in fretta devo avere tanta coppia di
sincronizzazione, quindi posso aumentare il raggio, oppure posso raddoppiare il
numero di coni, per far lavorare più superfici che lavorano in parallelo
(sincronizzatore a doppio/triplo cono).
In generale:
• elevata resistenza ad usura delle superfici coniche (angolo del cono intorno ai 7°)
• fase di innesto la più breve possibile,
• inerzia ridotta

SCHEMA CAMBIATA DI UNA VETTURA


2. La leva del cambio si ferma e
aumenta la forza sulla leva,
punto in cui inizia la
sincronizzazione, detta fase di
blocking.
3. La fase di sincronizzazione
finisce quando l’anello
sincronizzatore si gira
leggermente per permettere il
passaggio del collare, e si ha un
altro picco di forza, che può
essere minore a seconda di dove
si trovano gli ingranaggi (double
bump)
Il collare è tenuto da delle molle
per non far inserire marce a
caso, anche per avere un
pretensionamento, così da dare
meno carico alla leva, e inoltre fa
in modo di avere l’anello di sincronizzazione sia in una certa cava così da avere la dentatura dell’anello davanti al
collare.

I cambi di solito si comprano dai fornitori (ZF ecc.)

Attenzione: additivi anti-attrito diminuiscono le mu, facendo violare la condizione di centraggio. Se l’olio è troppo
viscoso, mi trovavo ad avere il bloccaggio del sincronizzatore.

MATERIALI: anello solidale alla ruota dentata è acciaio duro/nitrurato. L’anello era di bronzo con additivi, mentre ora
è sinterizzato. Se spingo troppo ovviamente l’usura sale in maniera corrispondente, ma teoricamente è un
componente eterno,
CAMBIO A VARIAZIONE CONTINUA (SCOOTER)
Inizialmente limitazione sulla coppia massima a causa del principio di
funzionamento.

Si hanno due pulegge coniche che se avvicino o allontano cambio il


rapporto di trasmissione, con infiniti rapporti. La cinghia è
trapezoidale si usura anche abbastanza in fretta negli scooter. Nelle
vetture si usano delle cinghie metalliche (vedi cinghia Van Doorne),
se sono diverse. Normalmente il ramo teso è l’unico che lavora,
mentre in questo caso è il rampo compresso che lavora, la cinghia è
fatta da una serie di mattoncini che si appoggiano uno all’altro con
delle lamine su cui si fissano.
Loro trasmettono forza quando li schiaccio
uno sull’altro, mentre se li tiro si staccano uno dall’altro. Si usano questi oggetti perché devo
trasmettere tanta coppia, e riescono a durare di più.
PROBLEMA: fase intermedia sulle pulegge in cui i mattoncini si appoggiano uno sull’altro,
facendo RUMORE. Inoltre hanno poco attrito. In questo caso le forze in gioco per spostare le
pulegge sono maggiori. Nello scooter si hanno i rulli che sfruttano la forza centrifuga.
Nelle vetture si usano degli azionamenti idraulici per fare cambiare la posizione relativa tra
le pulegge, il quale implica una pompa, un sistema per sapere la posizione della puleggia,
quindi è costosa.
VERSIONE FIAT: ECVT
Vantaggio: rapporto giusto per far lavorare
il motore nell’efficienza elevata. Cambio
senza mai togliere coppia.
Problema: partenza da fermo-> innesto a frizione elettromagnetico.

EVOLUZIONE SENZA LIMITI DI COPPIA: AUDI


X 3L benzina.
Cambia la cinghia con una specie di catena, in cui lavora il ramo
teso. Il tutto è trasmetto per attrito metallo su metallo da parte dei
perni che tenevano le maglie della catena -> vantaggio: più
silenzioso, durata infinita praticamente.

Per cambio automatico si hanno altri due organi: GIUNTO IDRAULICO E CONVERTITORE DI COPPIA
Giunto idraulico
Per sostituire innesto a frizione:
Fluido idraulico che lavora all’interno della
macchina per trasmettere delle forze variando
l’energia cinetica. È formato da una pompa e da
una turbina: la pompa dà energia cinetica che
viene riconvertita il energia meccanica tramite
una turbina, tramite un fluido. L’albero motore fa
girare la pompa con un moto quasi spiroidale
perché ruota anche attorno all’albero motore. Per
una macchina idraulica avrò un certo
rendimento=Potenza uscita/potenza in
ingresso=(coppia uscita*w uscita)/(coppia
ingresso*w ingresso), chiamando il rapporto fra
coppia in uscita e in ingresso μ=rapporto di
conversione. Mentre tau =rapporto di
trasmissione.
FORMULA=RAPPORTO FONDAMENTALE DI
TRASMISSIONE
Avendo solo un albero di ingresso e uno in uscita, μ=1, perché il momento è lo stesso, per cui il rendimento è uguale
al rapporto di trasmissione: quando parto da fermo tende a zero per poi salire lentamente, per essere massimo
quando ho un rapporto di trasmissione pari ad 1.

VERSIONE MODIFICATA:

Convertitore idraulico di coppia


La modifica è l’aggiunta di un terzo elemento=
statore (una terza palettatura che interagisce con il
fluido che però è collegata a terra) che crea la coppia
M3, anche se un elemento fermo.
Ora ho M1+M2+M3=0 -> M2 diverso da M1, quindi
potrei dare più coppia in uscita rispetto a quella in
ingresso.

ω3 è sempre zero -> lo statore non influisce nel


bilancio delle potenze: il rendimento non cambia.

Dal punto di vista meccanico è interessante ragionare sulla curva caratteristica.


CONFRONTO

Se gestisco bene gli angoli posso avere un


rapporto di conversione tale da avere da
fermo (tau=0) fino a 3, per arrivare a 0,5
per tau=1, con andamento quasi lineare. Il
rendimento ha un andamento quadratico
(se fosse perfettamente lineare).
Mi piace avere un grande rapporto di
conversione nella partenza da fermo, per
poi avere un rendimento massimo fino a
0,9, però ho delle perdite alla fine fino ad
arrivare a 0 quando ho tau=1, e ho metà
della coppia in ingresso.
Volendo se da un certo punto il
convertitore si convertisse in un giunto
idraulico, avrei un altro scenario molto
vantaggioso:

Nel punto in cui si passa da convertitore a giunto


idraulico, M3=0, che decresce partendo dal
massimo, mentre sarebbe diventato negativo se
avessi un convertitore di coppia normale. Posso
avere questo comportamento, montando lo
statore su una ruota libera che impedisce allo
statore di avere una coppia negativa (indicata
con 5).

La pompa in generale è dalla parte dell’albero di


uscita, mentre la turbina è dalla parte dell’albero
motore contro il buon senso. La tenuta fra le due
non è fra pompa e turbina, ma è sull’albero
motore: mi serve avere buona una tenuta
dell’olio con poca usura: a causa della velocità
relativa tangenziale, che è minore in
corrispondenza dell’albero.

In realtà per tau=1, si ha un rendimento cade, si ha un piccolo scorrimento -> per evitare questa condizione si ha un
blocco meccanico.

Se ho una macchina con questo meccanismo, si vede che all’inizio ho solo un rapporto tra le coppia pari a 3, mentre
su una vettura normalmente non basta, quindi serve ad accoppiarlo ad un cambio con anche poco marce volendo,
mentre ora sono tantissime.
Queste marce sono ottenute con dei rotismi epicicloidali:
Il sistema ha due gdl, quindi ho un rapporto di
trasmissione quando blocco una parte.
Tau0=rapporto con portatreno bloccato= n
denti corona/n denti solare.
Noto il rapporto caratteristico posso scrivere il
rapporto fra le velocità (formula di willis)=
posso scrivere la velocità di rotazione assoluta
come una relativa + una di trascinamento
(portatreno) per avere il legame fra le varie
velocità angolari.
Dal punto di vista delle coppie posso scrivere
un bilancio energetico nel moto di
trascinamento (3 parti) e nel moto relativo (con
omega3=0). Dalla prima equazione trovo
l’equilibrio alla rotazione.
Dalla seconda trovo M2/M1=-1/τ0.
Prima considerazione: se lascio i due gdl liberi, posso avere la folle.
Se blocco il solare, ottengo il rapporto pari ad 1.
Se blocco un’altra parte ho un altro rapporto di trasmissione.

SLIDE TAB GIALLA

Con queste considerazioni posso


avere un cambio in cui scelgo le
marce scegliendo cosa fermare.
Solitamente si usano dei freni a
nastro sulla corona stessa, e ho
diversi rapporti di trasmissione a
seconda dell’input e output.

Nei cambi automatici si hanno una


serie di rotismi epicicloidali con freni
a nastro con un innesti a frizioni
multidisco a bagno d’olio che servono
per bloccare un una parte rispetto ad
un’altra:
Se chiudo tutto ho un tau=1, ho la
folle senza blocco. -> un rotismo=3
marce
Posso avere un cambio a 5 marce più retro bastano 3 rotismi. I freni prima erano idraulici e ora sono
elettromeccanici. Il vantaggio è che non ho mai interruzione del flusso di coppia. Il rendimento degli epicicloidali è
più basso rispetto alle ruote dentate del cambio normale, per con tanti rotismo posso compensare questa perdita
avendo molte marce.

CONVERTITORE DI COPPIA +RUOTA LIBERA:


Se non freno in partenza la vettura parte anche al minimo:
se accelero a tavoletta, la coppia del motore va al massimo
e viene moltiplicata per 3, andando tutta nella pompa ma
la turbina è ferma, quindi si dissipa tutta nell’olio del fluido
che si scalda tantissimo.

LEZIONE 10

Sistema frenante
Finalità
• ridurre la velocità del veicolo
• arrestare il veicolo
• mantenere il veicolo fermo

Equipaggiamento
• impianto di servizio
• impianto secondario (componenti in comune con servizio/stazionamento): impianto di emergenza
• freno di stazionamento (meccanismo separato da freno di servizio)
• (eventuale) retarder: solo su veicoli industriali
• (eventuale) sistema automatico di frenatura (per rimorchi per esempio che hanno un sensore a molla)

Il tutto è gestito da delle norme specifiche: non dice come devo fare il sistema, ma solo le prestazioni che devo
garantire.
SISTEMA DI ATTUAZIONE:
SISTEMA IDRAULICO che permette di esercitare più forza di quella che esercito sul pedale, lavorando sulle aree (vedi
area). Il sistema meccanico ormai è troppo scomodo, esiste ancora per il freno di stazionamento.

ALTERNATIVE FUTURA=BRAKE BY WIRE


Segnale creato in diversi modi (potenziometro/encoder) che va al sistema idraulico azionato da un sistema elettrico
che si trova tutta nel portamozzo/pinza freno. Ora in realtà già sviluppano tutta l’attuazione elettrica.
Problema: feedback creato da un attuatore grazie alla centralina, altrimenti non si percepirebbe.

VANTAGGI:
• la centralina decide effettivamente come frenare.
• Meno fluido idraulico che è molto igroscopico (va sostituito) ed è molto inquinante.
• Il fluido deve essere incomprimibile, quindi non deve esserci l’aria e quindi va spurgato, quindi serve del
tempo.

IMPIANTO FRENANTE CLASSICO/STORICO (più semplice)


Ibrido fra freni a dischi e a ceppi/tamburo (manca il freno di stazionamento).
Ho due impianti distinti, quello posteriore e quello anteriore, che hanno una parte comune apparentemente.
Sembra ci sia una sola pompa, ma in realtà ce ne sono due: per garantire in caso di avaria di uno dei due impianti
sono idraulicamente indipendenti.
Servofreno: riduce il carico al pedale.
6=valvola di riparazione di pressione posteriore, detto anche ripartitore di frenata.
Impianto a norma.
PROBLEMA: se mi parte il posteriore, mi resta l’anteriore, quelle con un carico verticale più alto, quindi potrò
generare comunque abbastanza forza frenante. Normalmente il bilanciamento è 70% anteriore e 30% al posteriore.
Se succede qualcosa all’anteriore, il posteriore non frena abbastanza, avendo poco carico.

Per l’ultimo problema esistono altri layout utilizzati: quello


maggiormente usato è l’X=anteriore destra con posteriore
sinistra ecc. impianti gemelli con ruota posteriore e
anteriore collegati assieme. Ho il vantaggio che se uno dei
due non funziona ho sia una ruota posteriore che
anteriore, avendo comunque l’efficienza sempre del 50%.
PROBLEMA: con metà impianto funzionante a causa delle
diverse forze frenante, nasce un momento di imbardata da
gestire.

Impianti normati:

Il sistema HI è più sicuro, ho più disponibilità del sistema frenante


anteriore, anche se è più costoso.

Pompa freno
POMPA TANDEM
La pressione del primo impianto
agisce anche sul secondo
pistone che è flottante: la forza
che agisce è pA, uguale a quella
del pedale, quindi anche
sull’altro impianto ho la stessa
pressione. Serve per avere due
impianti separati: se il primo si
rompe, il pistone schiaccia
l’altro pistone: è utile anche per
accorgersi che c’è un problema.
I serbatoi sono due e separati, e
servono per compensare il
materiale di attrito delle
pastiglie che si usura, quindi
serve sempre più olio. Il volume
infatti è calcolato per passare da nuovo a tutto usurato.
Pinze freni a disco
Sistema a pinza fissa a doppio pistoncino. Il disco è ottenuto per fusione: è ghisa sferoidale, per avere buone
prestazioni. Se la forma non è cosi complicata il disco si può fare in acciaio.

Il difetto della ghisa per le moto è


che si vedono, e si copre di ossido
appena si bagna. -> uso acciai
legati.
Problema termico: e cinetica del
diventa tutto calore. In
decelerazione posso decelerare a
1g e qualcosa,
indipendentemente dalla
velocità, quindi posso frenare
anche moltissima energia e si
scaldano molto, arrivando a
temperature molto alte (>400°C). Il problema è il materiale d’attrito, che va a contatto con la superficie di attratto,
con coefficiente di circa 0,3-4, che è fatto di diversi materiali, e il resina non deve bruciarsi.
Quando si scalda tanto, scalda anche tutto quello anche sta attorno,
come il liquido dei freni, che si scalda tantissimo, ed è un grosso
problema, soprattutto per i punti di ebollizione: il problema è l’acqua.
Le pinze erano in ghisa e ora sono il lega leggera.
Il disco è una campana che pompa l’aria radialmente verso l’esterno. La
sezione varia molto al centro:
Prima motivazione: ed essendo inferiore ed attaccata al mozzo ruota
con i cuscinetti (lubrificato a vita col grasso), arriva meno calore alle altre
parti, così da non far sciogliere ed uscire il grasso del cuscinetto.
Seconda motivazione: a causa delle temperature la ghisa di dilata, e a
causa del vincolo della campana, il disco si deformerà cercando di
allargare la campana. Si cerca di limitare l’incastro fra la campana e il
disco in modo da creare una specie di cerniera,

Pinza
Noto il diametro del pistoncino, so la forza esercitata sapendo la pressione e l’area. Le due forze date dai pistoni
contrapposti sono uguali. I pistoncini sono cavi e abbastanza sottili:
• Costa di meno farli cavi
• Non devono trasmettere calore al fluido dietro
Guarnizioni che si deformano quando azionato il pistoncino (decimi di millimetro) e dopo si ha una specie di effetto
di molla di richiamo (rollback), ovviamente quando si usura il materiali di attrito le condizioni di lavoro saranno
diverse, quindi striscerò. Per questo si ha una seconda tenuta infondo, per poter lavorare con pistoni molto fuori, per
evitare che entri dello sporco.
Pinza avvitata rigidamente al portamozzo:

il disco si deforma sulla campana, per cui si


realizza con questa forma, in modo da avere un vincolo simile ad una cerniera.
PIZZA FLOTTANTE
Non è fissa: il cilindretto si trova solo da un lato della pinza. La forza
generata dal pistoncino la conosco, mentre dall’altra parte si ha lo
stesso vettore forza anche non avendo il pistoncino, grazie al disegno
perché la genera la reazione vincolare, non essendo vincolata in
questa direzione rispetto al porta mozzo, essa scorre su una specie di
pattino, che è protetto dalla cuffia in gomma. Questo tipo di pinza
costa meno, ed infatti è la più diffusa.

Scelta diametro del disco= diametro più grande possibile del diametro
della ruota più piccola che posso montare.
SVANTAGGI DOPPIO PISTONCINO:
❖ Ingombra molto nel cerchione, mentre quello flottante ingombra poco.
❖ Faccio il doppio della corsa, inoltre il fluido è più vicino della zona molto calda.
❖ => quello flottante sembra avere meno problemi: però deve spostarsi, e quindi scorrere, e quindi si avrà
attrito e usura, e quindi prenderà gioco e nascerà una forza importante tale che le forze da i due lati
diventano diverse. Se prende gioco inoltre sento più rumore.
Freni a ceppi
Vantaggi: forte carico di frenata alto anche con forze
impresse basse, perché autoaumenta la forza frenante.
Due difetti:
• Termica: genero del calore all’interno di un
tamburo e devo portarlo fuori -> alettature ecc.
ma non bastano
• Acqua: quando piove le pastiglie dei dischi freno
sono superfici piccole, mentre in questo caso
tutta la parte interna si appoggia al materiale
d’attrito, e avendo una superficie maggiore ho
meno pressione, e se c’è dell’acqua il tamburo
viene coperto, ed essendo bassa la pressione
non sono in grado di rompero -> lo risolvo con
degli spigoli, come con i pneumatici. Per il freno
a disco ho pressioni più alte, quindi rompo più
facilmente il velo d’acqua.

Le varie guarnizioni non riesco a tenere del tutto fuori l’acqua: da problemi sul fluido freni, i quali sono normati
secondo una codifica DOT.

Se assorbe un po’ d’acqua il punto di ebollizione


scende tantissimo, anche perché tende ad assorbire acqua.

Ripartitore di frenata
Per effetto del trasferimento di carico devo frenare di più all’anteriore piuttosto che
al posteriore, per non arrivare al bloccaggio. Con F normata=0,6 all’anteriore, al
posteriore ho bloccaggio a 0,2.
Ad un certo punto il posteriore non frena di più, per non bloccare l’asse posteriore:
vedi 4 e 5. Se blocco il posteriore, il veicolo diventa molto sovrasterzante (vedi uso
del freno a mano in marcia).
Per questo motivo sull’asse posteriore metto delle valvole che limitano la
pressione: un pistone che chiude il passaggio del fluido quando si raggiunge la
pressione massima.
Ci sono dei sistemi che tagliano in funzione della forza che
agisce sull’asse posteriore, perché ci sono veicoli che hanno
una grande variazione dell’asse posteriore, tipo per un
furgone che varia fra veicolo scarico e carico. Cambio il livello
di intervento del limitatore di pressione in funzione del carico
posteriore monitorando il carico posteriore, con un’astina
rigida che a seconda dello schiacciamento dell’asse
posteriore da una limitazione diversa.
Oggi questo sistema di ripartizione è elettronico, e cambia la
pressione di taglio in funzione di più effetti.

Normative sulle prestazioni dei freni


Test di omologazione impianto frenante
•Normative nazionali
•Direttiva 71/320 EEC
•Direttiva ECE 13, 13 H, 78

Si verificano con una serie di test: tipo a 80km/h deve avere un x carico pedale per fermarsi in un certo spazio, senza
la trasmissione inserita, con una decelerazione maggiore di tot. Ecc.
PROVE TERMICHE:
Cicli di frenata a dente di sega per scaldare i freni per garantire una certa efficienza dell’impianto frenante. -> critico
per veicoli leggeri con prestazioni interessanti -> se accelera in fretta ha meno tempo per raffreddare l’impianto.
Frenata in discesa con velocità costante.-> test più critico sui veicoli commerciali (a pieno carico)

PROVE CON SISTEMA DANNEGGIATO: tab a destra


Norma anche legata al carico massimo al pedale, perché chiunque deve poterla esercitare. -> moltiplicazione
idraulica -> rischio che non riesco ad ottenere la corsa che mi serve.
Se non riesco a rispettare i carichi al pedale della normativa =>
SISTEMA DI SERVOFRENO
Esempio comunemente utilizzato è a vuoto o a depressione:
prendo la depressione dal condotto di aspirazione per avere
energia, quindi funziona per sistemi ad accensione comandata
con farfalla chiusa (sto decelerando), la quale viene messa dal
lato verso la pompa, mentre dall’altra parte si mette la
pressione atmosferica. Avendo ΔP piccoli, devo avere
dimensioni grandi. Nel diesel ho un problema: ho una pompa a
vuoto legato all’albero a camma o un motore elettrico che
genera depressione.
È fra il pedale e la pompa del freno.
Funziona con un sistema di molle ed è detto inseguitore: le
molle fanno aprire le valvole e fanno agire le forze di
depressione che fanno rimettere le molle nella condizione di
equilibrio, per poi quindi chiudere le valvole. Se schiaccio di più
si apriranno ancora ecc.
LEZIONE 10
Secondo passaggio: ragioniamo sull’impianto frenante, ipotizziamo di avere 4 dischi uguali e ipotizziamo diametri dei
pistoni all’anteriore di 50 mm se non troviamo info specifiche. Dobbiamo definire l’intervento della valvola freno al
posteriore. Valutiamo innanzitutto il trasferimento di carico:
HP: DECELERAZIONE COSTANTE

Dorante la frenatura quanto si carica l’anteriore e quanto si scarica il posteriore? Faccio un equilibrio alla rotazione
sul punto di contatto ruote post e poi lo stesso all’anteriore.
Quanto sottraggo da una parte tanto carico dall’altra Verificare trasferimento di carico moto in frenata anteriore Per
ridurre il trasferimento di carico meglio avere passo lungo (dragster).

IPOTIZIAMO di volere usare tutta la aderenza disponibile:


Xa=massima forza frenante all’anteriore (Xp al posteriore)
Costruiamo le equazioni parametriche in funzione della decelerazione ipotizzando di sfruttare tutta l’aderenza.
Grafico fino a poco meno di 1g; si normalizza su mg.

Questa curava dice che in uno scenario ideale il trasferimento di carico a maggiori decelerazioni si fa sentire
maggiormente. Questa è una curva di ripartizione ideale. Dobbiamo fare in modo che all’aumentare della
decelerazione la frenata si distribuisca. Della pinza cambio l’area complessiva dei pistoni al posteriore dato il
diametro 50 all’anteriore. Il legame che ho tra la forza all’anteriore ed al posteriore è una retta. Ascoltare prima di
30.15
Come lego le forze con le pressioni? Ricordiamo che pacejka si riferisce ad una ruota
LEZIONE 12

Abs (Antilock braking system)


Per evitare il bloccaggio anche sull’asse anteriore (che provoca una perdita di
direzionalità), per avere delle frenate migliori. Riduce gli spazi di arresto in certe
situazioni.
Come posso farlo in modo semplice? Ragionando su una singola ruota. Ho un sensore di
velocità su ogni ruota (ruota fonica con sensore), e non uso la velocità come
informazione, ma calcolo la decelerazione di ogni ruota => decido come agire sulla
pressione del sistema frenante.

Condizioni critiche per il bloccaggio:


• fondi a bassa aderenza
• situazioni di panico del conducente

Bloccaggio ruota -> perdita di capacità direzionale del veicolo

Sistema controllato: impianto frenate vettura -> è una logica, non è operazionale o differenziale.
Controllore: sensori velocità ruote ECU
Variabili misurate: velocità della ruota (calcolata decelerazione)
Varabili controllate: pressione frenante

Questo sistema serve per agire singolarmente su ogni ruota, in maniera molto veloce, quindi non posso controllare
col piede la stessa situazione.
Il sistema agisce sull’1, che cambia la pressione in serie al
pedale.
Il diagramma di destra mostra il fatto che mantengo una
certa direzionalità: al variare dello scorrimento in frenata
ho le forze combinate dello pneumatico normalizzate. Ho
un massimo fra il 10-20%, quindi non a ruota bloccata,
quindi se la blocco ho meno forza frenante. Se sfrutto
sempre il massimo, avrei sempre il minor spazio frenante
possibile. Il problema è quando si supera il massimo, si
entra nel ramo instabile per cui si arriva nuovamente a
bloccaggio. l’obbiettivo quindi è stare nell’intorno del
massimo. La situazione critica è una differenza di aderenza fra i vari pneumatici, magari a causa delle pozzanghere o
dei tombini.
La forza laterale è normalizzata: se non chiedo forza longitudinale ho il massimo per quella laterale. Se combino le
due forze chiedendo sia forza longitudinale che forza laterale (curva che scende): in questo caso nel massimo di
quella laterale riesco ad avere ancora una certa capacità di
forze laterali e di direzionare il veicolo stesso.
Ci sono vari schemi, ma attualmente si ha un sistema per
ogni ruota.

SLIDE ADERENZA PNEUMATICO ANCHE COMBINATO

Logica di funzionamento:
Ho una logica di controllo basata su delle soglie di
decelerazione ormai elaborate con i modelli del veicolo. Un
numero chiave è l’inerzia della ruota, che è la difficoltà nel
fermarsi. Per questo motivo le scelte delle misure dei
pneumatici per le auto stanno diminuendo.

Il pilota schiaccia sul freno: la velocità decresce finché ad un


certo punto la decelerazione della ruota cresce un po’
troppo, ovvero la decelerazione della ruota è maggiore di
quella del veicolo, questo significa che aumenta lo
scorrimento. La centralina quando vede il raggiungimento di
questa soglia di decelerazione, il sistema chiude il
collegamento fra la pompa tandem e la pinza (situazione di
HOLD – numero 2). Se la ruota continua ad aumentare la
decelerazione, probabilmente sono nel ramo instabile, il
sistema raggiunge un'altra soglia, quindi non basta fermare la
pressione, devo abbassare la pressione nella pinza stessa
(decrese 3). Se continuo a togliere pressione la decelerazione
scende fino alla soglia α2, il sistema tornerà in HOLD (4).
Successivamente si vede che la ruota inizia ad accelerare, per
cui devo riaprire la connessione fra il pedale e l’impianto
frenante, per avere la situazione 5.
È tutto quindi basato solo su delle soglie. Sul pedale infatti si
sente dell’alto basso, e del rumore. Quella che si sente davvero
è la fase di decrese, si ha una pompa che spinge l’olio indietro
verso la pompa, per cui il pedale torna indietro e capita che il
guidatore voglia togliere il piede=errore! Bisogna continuare a
schiacciare.
COME FUNZIONANO LE VARIE FASI?
BUILDUP=Controllo dell’utente: valvola aperta quindi ho il tubo collegato fra il pedale e la pinza freno.
HOLD=chiudo il collegamento fra pompa e pinza freno, con una servovalvola.
FASE REDUCE=tengo ancora chiusa la valvola, ma contemporaneamente apro un altro circuito, che mette in
comunicazione la pinza freno con una camera che ha un pistone flottante (da un lato ho il fluido e da una parte ho
un gas comprimibile e una molla di reazione). Il fluido in pressione entra nella camera e comprime il gas, e quindi si
abbassa la pressione nella pinza, ma si parla di piccole quantità. In più si ha una pompa che ripompa il fluido nella
linea principale.

PROBLEMI: se una ruota è su un fondo e l’altra è su un altro, agisce separatamente sulle ruote dando forze diverse.
Se ho forze diverse si crea un momento di imbardata, quindi
potrebbe mandarmi in testacoda. In questo caso la logica di
controllo viene corretta mettendo una specie di ritardo
facendo generare forze diverse in tempi più lunghi.

SLIDE SU FORZE RUOTE DIVERSE

in più devo poter calcolare la derivata della velocità anche


quando si bloccano le ruote.

In sistema frenante nel veicolo commerciale è pneumatico


per poter connettere anche il rimorchio senza spurgare.
Ho un compressore e 3 serbatoi, con diversi sistemi in
parallelo.

Il freno di stazionamento funziona in modo opposto a quello di servizio: se tolgo pressione da quello di servizio, si
frena quello di stazionamento.
Questo perché i serbatoi ovviamente perdono pressione, questo sistema rimane comunque frenato.
Si ha anche l’ABS anche sul rimorchio, quindi servirà anche un’alimentazione per la centralina dell’ABS. L’impianto
quindi è più complicato.

Per il problema della discesa, per non surriscaldare i freni si ha un sistema per la frenatura continua -> RETARDER
Sui veicoli stradali il motore comportandosi da compressore si ha freno-motore.
Per enfatizzare questo sistema di frenata, sullo scarico si mette una valvola per parzializzare (RETARDER), facendo in
modo da rendere il motore un compressore con una pressione elevatissima (con un circuito di bypass per evitare
danni). L’energia viene dissipata nell’aumento di temperatura dell’aria, e si raffredda con il sistema di
raffreddamento. La coppia che genero comunque non è elevatissima, per non rischiare di rovinare il motore.
Si hanno altri due tipi:
• IDRAULICO: si ha un giunto idraulico in cui la pompa è
collegata all’uscita del cambio, mentre la turbina è
statorica ed è bloccata sul telaio. L’energia meccanica
diventa cinetica sulla pompa e viene dissipata in calore
nel fluido idraulico in calore. Io vorrei che i freni siano
modulabili e che non influiscano quando non lo attivo.
Posso regolare la coppia, togliendo il fluido dal giunto,
fino al caso estremo di svuotarlo completamente,
avendo comunque delle perdite per l’aria che entra al
posto del fluido, anche se questa dissipazione non è
così importante. Posso quindi regolare la quantità di
fluido con una pompa in un serbatoio che cambia
questo effetto frenante. Ovviamente non ha una
risposta velocissima.
• CORRENTI PARASSITE: genero un campo magnetico e all’interno faccio ruotare un disco di materiale
conduttivo e all’interno si generano delle correnti parassite che generano delle forze con un momento
risultante frenante. Il problema le correnti per effetto joule scaldano il disco stesso, quindi si ha un sistema
di ventilazione per evitare che si scaldi troppo. Si ha un disco ventilato con degli elettromagneti che
generano il campo magnetico. È modulabile: posso spegnerlo non dando corrente agli elettromagneti, e ho
perdite solo per la ventilazione del disco che gira, mentre posso modulare la coppia frenante con la quantità
di corrente e quindi dell’intensità del campo magnetico generato, anche se perdo energia elettrica, che
normalmente guadagno con l’alternatore.

Differenziale
DOMANDA DA ESAME: nel cambio il momento di ingresso e di uscita sono diversi, a seconda dalla marcia in cui sono.
Il cambio è un corpo rigido. Da una parte metto il motore elettrico e dall’altra parte metto un freno: se accendo il
motore elettrico. Se ho solo due momenti sono uguali, mi manca un terzo momento, quello di reazione per avere
due momenti diversi, ovvero quello del vincolo su cui è fissato. Senza la reazione il cambio girerebbe su se stesso.
Normalmente è la frangiatura della campana della frizione che genera questa reazione.

Volendo si può non mettere il differenziale, cosa fantastica in rettilineo. Il problema è la curva. Il differenziale stessa
coppia ad entrambe le due ruote, ed è un problema se una ruota non ha aderenza non ha coppia che trasmette,
mentre l’altra ruota non ha coppia ugualmente, quindi è un problema. Se devo fare un veicolo particolare che deve
muoversi in condizioni di attrito diverse sulle due ruote di un asse, ha senso non metterlo.

HP=rendimento unitario
Veicolo che percorre una curva attorno al polo
con una velocità di imbardata Ω, per cui le
velocità tangenziali delle due ruote saranno più
diverse maggiore sarà la carreggiata.
Re=rm+c/2 e Ri=rm-c/2

Per viaggiare ad una certa velocità media (in


mezzo)=Ω rm -> a che velocità devono ruotare le
ruote? ω=vm/raggio ruote. Il problema è che
senza differenziale le due ruote devono andare
alla stessa velocità, per cui le ruote in realtà avrò
uno scorrimento, avendo Ve più bassa di quella
cinematica, mentre Vi ad una velocità maggiore.

Posso calcolare lo scorrimento delle due ruote.


Questi scorrimenti fanno consumare moltissimo i
pneumatici, e inoltre generano due forze uguali
in modulo ed opposte (segno dato dallo
scorrimento), generando quindi un momento di imbardata che cerca di non far viaggiare la macchina in curva.
Mi serve quindi una macchina che dà due velocità diverse, ripartendo però una coppia identica alle due ruote.

EPICICLOIDALI=2 gdl
Se ragiono sul trascinamento non ho velocità relativa fra i due alberi: quando sono in rettilineo.
In moto relativo tengo il portatreno bloccato: il rapporto fra le velocità angolari delle due ruote è tau0.
La chiave è nello scegliere uno tau0, e lo prendo uguale a -1.
In trascinamento è tutto alla stessa velocità angolare.

ω3=(ω1+ω2)/2 che è esattamente la velocità media. Ho anche la stessa coppia. Se giro una ruota di una macchina
spenta sul ponte, quella opposta gira nel senso opposto infatti.
In questo momento non ho momento di imbardata, ma la situazione spiacevole si ha per colpa dell’uguaglianza dei
momenti sulle ruote e quindi uguaglianza delle forze longitudinali.
La coppia trasmessa al suolo è governata dalla ruota con coppia minore.
Se ho una ruota che non ha aderenza, allora entrambe le ruote sono ferme, quindi la potenza che arriva sul pignone
del differenziale va ad accelerare la ruota staccata dal suolo. La coppia in realtà non è nulla ma è quella necessaria a
muovere la ruota.
SOLUZIONE=controllo di trazione: se freno la ruota che sta pattinando e non la lascio accelerare, avendo quindi su
entrambe le ruote una coppia pari a quella frenante. La dissipazione di potenza di questa cosa non è molta.
BLOCCARE DIFFERENZIALE=in questo caso la ruota che ha aderenza ha tutta la coppia, mentre quella che non tocca
terra non ha coppia. Le vetture ipersportive non hanno il controllo di trazione per frenare la ruota interna, a causa
della dissipazione di energia.

LEZIONE 13
Rendimento del differenziale
La criticità di questo tipo a destra è che devono
entrare i satelliti e i solari e su questi devono
entrare i semialberi, e non era facilissimo una
volta.

Si hanno due ruote dentate collegate ai


semialberi e altre due ruote dentate (3) il cui
asse di rotazione ruota solidalmente con il
portatreno (2) ed è perpendicolare.
In situazione di rettilineo non ho moto relativo:
all’interno è come se tutto fosse un corpo rigido,
ovvero tutto ruota con la stessa velocità
angolare: le ruote 3 sono ferme, non stanno
ingranando con le altre. Il rendimento quindi in
rettilineo è legato al pignone-corona.
IN CURVA: i due semialberi girano a velocità
diversa, per cui anche oltre al momento dì trascinamento in cui tutto gira, anche le ruote 3 ruotano con due velocità
diverse. In questo caso il rendimento è legato anche a queste ruote e ai cuscinetti. Le dentature sono molto grosse
con moduli elevati e anche i cuscinetti non sempre si mettono, perché il rendimento interno non è così importante,
anzi.

Il veicolo normalmente viaggia in rettilineo, quindi all’interno è tutto


trascurato e meno costoso, perché non influisce molto.
Dal punto di vista del moto di trascinamento anche in curva
l’equilibrio non cambia. Nel moto relativo voglio tenere conto anche
del rendimento interno=potenza uscente/potenza entrante (il
rendimento interno è preceduto dal meno per cambiare il segno
delle coppie).
Dalla prima equazione trovo il rapporto M2\M1:
Essendo Tau0=-1:

Si vede subito che tenendo conto del rendimento interno della macchina i due momenti sono diversi e sono legati al
rendimento interno (M2/M1=η).
Se η=1 era come visto in precedenza, in questo caso invece i due momento sono più diversi quanto più è basso il
rendimento. -> risolve il problema di una ruota sollevata dal suolo che non permetteva di trasmettere momento ad
entrambe le ruote: in questo caso si ha una quota di momento che viene espresso ed aumento tanto più il
rendimento è basso.
 Principio sfruttato nei differenziali a SCORRIMENTO AUTOMATICO o AUTOBLOCCANTI
Differenziale torsen (B)
Si sfrutta l’abbassare il rendimento interno: si fanno ingranare delle
dentature con degli angoli strani in modo da avere degli strisciamenti fra i
denti elevati, avendo quindi grandi dissipazioni di energia (ovvero
rendimento estremamente basso => coppie diverse delle due ruote).
Posso anche rendere il rendimento dissimetrico: in accelerazione vorrei
averlo in un modo e in decelerazione in un altro.
EFFETTO: posso sempre trasmettere coppia anche alla ruota in condizioni
di alta aderenza, che in curva è quella esterna, anche se quella interna si
sta sollevando per il trasferimento di carico. Questa cosa su un veicolo
con trazione anteriore è molto vantaggiosa.
 È una via di mezzo fra il differenziale ideale e il palo rigido, per
cui la percezione del guidatore per colpa di questo bloccaggio è
che la vettura che non vuole curvare: solitamente si mette nella
trazione posteriore.
 È molto ben fatto e con moltissimi pezzi, e per colpa della dissipazione viene raffreddato ad olio di solito.

Viene utilizzato anche come differenziale centrale per un veicolo a trazione integrale: per il quale ne servono 3:uno
per asse e uno fra i due assi.
Questo permette alle quattro ruote di viaggiare a velocità diverse: anteriore e posteriore per colpa dei carichi diversi
in verticale e con scorrimenti diversi, che voglio contenere.
Il problema se ho tutti differenziali ideali, se una ruota non ha aderenza tutte le ruote non hanno trazione
 O freno la ruota, o uso un differenziale di questo tipo: potrei anche bloccarli i differenziali ottenendo un
rendimento molto alto rispetto a questo tipo di differenziale

LAYOUT SPUR GEAR FINAL DRIVE=trazione anteriore con motore


trasversale se si può fare è la migliore soluzione.

Se devo gestire un albero trasversale rispetto agli altri devo


ricorre alle altre soluzioni.
HELICAL BEVEL DRIVE: è molto spazioso quindi di solito è al
posteriore e occupa una zona del vano bagagli.
Soluzione: cercare di far scomparire sempre di più l’albero, in
modo da fare il tunnel il più basso possibile ->
HIPOIDI=ingranamento più in basso dell’albero di mezzaria per
avere un albero più in basso. Questa soluzione prevede di tagliare
i denti in modo particolari, cosa che comporta dei costi molto
maggiori.
Dal punto di vista dell’efficienza non sono molto diversi invece.
VITE SENZA FINE: WORM GEAR era usata dalla peugeot, ma non si usa più ormai.

Esempi
IL PIÙ SEMPLICE DI UNA OPEL (no immagine su slide): si hanno dei cuscinetti di rotolamento per ridurre le resistenze
interne. Si ha un perno che blocca il portatreno. Semialberi che entrano nel profilo scanalato per trasmettere la
coppia i quali sono tenuti in posizione dagli alberi stessi. Si vede che il portatreno è una fusione di ghisa e si hanno i
denti fatti di acciaio per cui è fatto da due parti, collegati con delle viti.

VETTURA PIÙ RECENTE: MERCEDES. Bisogna capire come si fa ad agire sugli anelli elastici. Vince sempre la soluzione
più semplice.

DIFFERENZIALE 911: si hanno più finezze dal punto di vista meccanico,


PEUGEOT 404: vite senza fine, ha un rendimento molto basso ma ha il vantaggio di avere un albero bassissimo. Ho
moltissimi strisciamenti come il torsen.

ALTRA SOLUZIONE:
Il portatreno è in qualche modo collegato a dei dischi esterni
(4) che sono accoppiati dal punto di vista dell’attrito su degli
altri dischi che sono collegati sulle solari. Sono dei dischi di
una frizione a multidisco caricati da una molla precaricata (7):
collego in qualche modo il solare con il portatreno. Se uno dei
due solari viene bloccato: tolgo un grado di libertà, se poi
blocco una parte nel differenziale viene bloccato, non avendo
più moto relativo. Con questi dischi do una certa parte di
bloccaggio iniziale, riducendo sempre il rendimento.
In realtà il carico dato dalle molle a tazza è anche dato dalla
coppia che arriva dall’uscita cambio, aumentando il
bloccaggio più forniscono coppia alla corona del differenziale
stesso. Questa cosa blocca l’albero su cui sono calettati i due
satelliti. La coppia data alla corona/portatreno che
diventando due forze tangenziali applicate ai due satelliti
all’interno. Se questa forza è proporzionale alla coppia potrei
sfruttare questa forza per decidere quanto bloccare. Si taglia
il portatreno e faccio lavorare questi perni su dei piani
inclinati (punto 8 – Taglio verso l’alto): la forza tangenziale tenderà a separare i dischi, per cui più è alta la coppia più
i dischi bloccano tutto rendendolo un assale rigido praticamente -> DIFFERENZIALE TORQUE SENSITIVE.
Questa cosa mi fa piacere in partenza/in uscita dalla curva, in cui fornisco più coppia. Mentre in curva mi va bene che
il precarico scenda molto.

STESSO PRINCIPIO

LEGGERMENTE DIVERSA: superfici coniche che sfruttano le forze assiali per spingere su questi pacchi di dischi:
In generale sistemi di frizioni che cercano di sfruttare la coppia per
regolare quanto bloccare il differenziale. Questo sistema si può mettere anche su un differenziale attuale, usando
dei pacchi di dischi controllati elettronicamente decidendo quanta coppia dare da una parte all’altra.

DOMANDA ESAME: se sono in curva con il differenziale canonico con il rendimento quasi unico, avendo la stessa
ruota fra ruota esterna ed interna. Con questi differenziali potrei cambiare la coppia ruota interna ed esterna, quindi
si può usare anche a ruote dritte, per ripartire le forze per far curvare il veicolo avendo forze longitudinali inerziali
(come i cingolati)

GIUNTI CARDANICI - GIUNTI OMOCINETICI


Giunti cardanici=non sono tanti e sono sulla linea di trasmissione di solito: ha un difetto: se faccio ruotare l’albero di
ingresso in maniera dritta ho la stessa velocità trasmessa, mentre se sono inclinati anche se la velocità in ingresso e
costante, quella in uscita ha un oscillazione di due volte al giro.
GIUNTO A 30° che gira a 1000 giri avrei delle oscillazioni tra 800 e 1200, con frequenza sempre più alta più vado
veloce. Se penso di metterlo sulle ruote, avrei la ruota esterna che fa cose diverse da quella interna.

In realtà il cardano non va usato in questo modo: guardando la curva, se ne usassi


due con il secondo con crociera sfalsato di 90° nello spazio, con anche questo
inclinato di 30° gradi (stesso angolo), i due alberi hanno velocità uguali costanti. =>
ho realizzato una trasmissione omocinetica, avendo quindi le stesse velocità in
ingresso e uscita.
Si usano solo accoppiati quindi.
 Come lo posso fare su una ruota sterzante?
DOPPIO CARDANO IN UN SOLO OGGETTO: la
difficoltà è garantire che i due angoli siano uguali.
All’inizio non si riusciva, fino al brevetto di Her
Sheppa che ha inventato la soluzione di giunto
omocinetico:
La sua soluzione è quello di collegare i due oggetti
con delle sfere: considerando uno più piccolo e uno
più grande, queste sfere permettono dei movimento.
Il problema è di piazzare le sfere in modo da avere lo
stesso angolo formato dalle sfere sia uscita che in
ingresso, ovvero deve stare sulla bisettrice, cosa che
si ottiene disegnando le cave in maniera opportuna.
È difficile vedere due cardani.

In tutti i portamozzi:
Il secondo è di una trazione posteriore non sterzante.

Sospensioni
Cosa a servono?
• vincolo tra cassa e ruota (non possono essere rigide perché devo isolare dalle irregolarità)
• scopo isolare effetto di irregolarità della strada (è il secondo filtro, dopo il pneumatico)
• sensibili ad azioni scambiate tra pneumatico e strada (marcia in curva, frenatura, …) -> non posso mettere
semplicemente una bolla in verticale. Bisogna gestire queste forze senza cambiare la forza che è in grado il
pneumatico di scambiare con il terreno,

Il concetto è collegare la ruota e la cassa con una sospensione e uno smorzatore.

PROPRIETÀ' CINEMATICHE
posizione relativa ruota-cassa in funzione della legge di moto
effetto su forze scambiate in direzione X e Y

MODELLO a parametri concentrati PIÙ


SEMPLICE PER RAPPRESENTARE UN
VEICOLO: MODELLO QUARTO DI
VEICOLO
m2=massa sospesa ovvero circa ¼
massa della cassa
Collegata alla massa non sospesa m1
(ruota e pneumatico, freno,
pinzafreno, bracci sospensione – da 15
a 60kg), con una sistema di
sospensione e smorzatore. m1<<m2
K1=rigidezza della ruota pneumatica
R1=non esiste se le ruote girano, per
qui posso trascurarlo.
In ingresso ho uno spostamento dato
dall’irregolarità stradale sul quale si muove il veicolo (X1).
Il sistema ha 2 gdl: 2 spostamenti verticali: ho due picchi legati alle due masse, con
ampiezze non infinite a causa dello smorzamento (considerando lo spettro).
Si ha una prima frequenza che è la frequenza propria della cassa del veicolo che è 1Hz
circa, e dipende dai pneumatici e dalla sospensione.
Il secondo picco invece si trova attorno ai 10Hz, è la frequenza propria della massa non
sospesa, ovvero della ruota che si muove in verticale, ed e proporzionale alla massa).
X1 e X2 cambia solo l’ampiezza ma la forma resta la stessa.
 Importante per capire cosa percepisce il conducente:
A sinistra ho un veicolo che percorre una strada, e ho dei grafici in funzione di veri
parametri. Ho una strada con sempre lo stesso tipo di irregolarità.
ANDAMENTO GRAFICI SOTTO (in y ho l’accelerazione normalizzata con il veicolo di
riferimento) – valore medio=g
• Se misuro l’accelerazione verticale, cambiando la rigidezza degli pneumatici: in
termini di deviazione standard (max 3sigma): più i pneumatici sono gonfi più
ho dei picchi alti e quindi filtra di meno l’irregolarità della strada
• Aumentando la rigidezza della sospensione accade la stessa cosa
• Se cambio la massa non sospesa m1 non accade praticamente niente, perché
cambio quello che succede sul picco basso che ha poca influenza. I due picchi
sono abbastanza isolati, quindi non si influenzano.
• Quello che cambia tantissimo è il cambiamento della massa della cassa: più
aumento la massa meno ho dei picchi di accelerazione, infatti a parità di forza se aumento la massa
l’accelerazione è più bassa.
• Lo smorzamento ha un effetto, e si ha una taratura per ottenere il migliore livello di comfort.
ANDAMENTO GRAFICI: in Y ho un carico dinamico Fz fra pneumatico e strada, detto in inglese tenuta di strada (road
holding) sempre normalizzato: il valore medio di questa grandezza è il carico statico che agisce su una singola ruota,
ed è importante per generare forze laterali e longitudinali. Vorrei avere le ampiezze il più piccolo possibile.
• È proporzionale a K1*X1, quindi a K1. Più lo pneumatico è rigido, meno tiene la strada, si ha una pressione
ottima che è un compromesso fra vari effetti.
• Ottimo di rigidezza e smorzamento per aver la massima
tenuta di strada, ma l’ottimo non corrisponde al massimo
del comfort, quindi serve uno smorzamento più basso per
il comfort, per avere una massima tenuta di strada.
• Effetto di M2: è irrilevanti, perché dipende dalla massa che
ho sotto, perché non cambia niente il picco ad alta
frequenza.
• M1 conta tantissimo: più m1 è bassa più migliora la tenuta
di strada.
LEZIONE 14
L’accelerazione verticale legata all’irregolarità della strada può
superare anche 1g. La forza che agisce fra pneumatici e strada è Fz=k1(X1-ξ) ed oscilla attorno all’Fz statico che in
generale è circa 3000N (ξ irregolarità della strada). La massima variazione può arrivare a 600N, ma in generale il
modello ad un quarto di veicolo non prevede che la ruota si stacchi dal terreno, al massimo può tirare il terreno,
anche se non ha senso.
BISOGNA SEMPRE AVERE IN MENTE DEI NUMERI APPROSSIMATIVI

Comfort
A me interessa la deviazione standard dell’accelerazione che ho in cassa, perché è correlata con la grandezza definita
come discomfort, ovvero quanto è poco confortevole. Più è grande la deviazione standard quanto più il veicolo sarà
non confortevole.
L’ingresso energetico dipende dall’irregolarità della strada e dalla velocità del veicolo, a parità del profilo stradale,
quindi in realtà conta il prodotto della caratteristica dell’irregolarità e la velocità di avanzamento.
I confronti fra i veicoli sul disconfort vengono fatti con dei profili stradali normati. Perché è così importante?
DEFINIZIONE: Stato di benessere (o di malessere) che il veicolo ingenera nel passeggero durante la marcia

Comfort vibrazionale: legato


all’accelerazione
Comfort acustico: il modello ad un
quarto di auto vale solo fino a
25Hz, mentre sopra i 100Hz diventa acustico
Comfort termico
Comfort psicologico: il più drammatico ed ha un difetto, è l’unico che non si può misurare: per esempio i colori
all’interno del veicolo cambiano la percezione.

Comfort vibrazionali
A pari disturbo il comfort muta sia con riferimento ad un soggetto (Intra-subject variability)
Sia con riferimento ad una popolazione di individui (Inter-subject variability)
 Devo stare attento perché dal modello esce un numero, mentre le persone hanno percezioni diverse
Percezione delle vibrazioni da parte del corpo umano: le vibrazioni si vedono, percependo le ampiezze elevate e le
frequenze basse. L’essere umano percepisce le vibrazioni attraverso diversi sistemi sensoriali. Le vibrazioni
meccaniche possono essere viste, udite, avvertite con il sistema vestibolare, percepite tattilmente o attraverso i
sistemi viscerale o cinestetico (muscoli – per tenermi fermo devo esercitare una forza). Le vibrazioni infatti si
percepiscono sulle mani, sui piedi e sul sedile (percezione tattile).
 Tanti sensori che lavorano assieme che diranno al cervello che il corpo si sta stancando quando le vibrazioni
sono alte e fastidiosi
 Il problema è che la percezione è diversa per le varie frequenze e le varie direzioni di eccitazioni, per fortuna
esistono delle norme:
ISO 2631
Ho delle curve di isoaffaticamento, al variare della frequenza in ascissa e in ordinata dell’ampiezza.
Destra direzione laterale e sinistra verticale.
Le curve mi dicono che ci sono delle frequenze più fastidiose: in particolare in direzione verticale tra 4 e 8Hz, questo
accade perché si hanno la maggior parte delle frequenze di risonanza degli organi interni. Per questo motivo le due
frequenze proprie del sistema sono
ad 1Hz e a 10Hz, messe in maniera
tale da averne una sotto i 4 e una
sotto gli 8.
Sfortunatamente le curve di
percezioni sono diverse in tutte le
direzioni: quella laterale è simile a
quella del rollio, e quelle molto
fastidioso sono le frequenze
bassissime (causa del mal d’auto).
La posizione del passeggero cambia
la percezione: in mezzo non sento il
rollio ma solo il beccheggio e quella verticale.
Si usa in generale questa normativa, anche per le macchine operatrice, per cui dopo tot tempo devi smettere.

Studio delle sospensioni


La campanatura è positiva se gli assi delle ruote si
intersecano sotto la vettura (convenzione italiana).
La convergenza è importante perché fa ruotare la ruota
con un angolo di sterzo percepito come angolo di deriva
in rettilineo, facendo nascere delle forze laterali.
L’angolo di camber crea delle forze laterali, creando un
offset della forza laterale nel grafico in funzione della
forza laterale.
L’offset inizia solo fino ad un certo livello di deriva:
quando arrivo a saturazione la differenza diventa molto
piccola, perché a quel punto dipende dalla mescola.

Se lavoro sempre con camber +6, lavorerei su una curva


più bassa di quella dello pneumatico potrebbe offrirmi,
andando sotto 0, quindi non voglio che accada.
In curva a causa dell’altezza del baricentro ho
un certo rollio della cassa (inclinazione),
generando quindi un trasferimento di carico
verso l’esterno curva. Questo trasferimento di
carico è indipendente dall’angolo di rollio, nota
l’altezza del baricentro, l’applicazione della
forza centrifuga crea un trasferimento di
carico.
Più k è basso nelle sospensioni, più l’angolo di
rollio sarà elevato, anche se in realtà dipende
dalla cinematica delle sospensioni.
Il problema del rollio, è che le ruote restano
con un angolo di camber sbagliato, diventando
uguale all’angolo di rollio. Io vorrei che la ruota
rimanesse verticale rispetto al suolo anche se
la cassa ha un angolo di rollio, o al massimo
con un camber negativo per avere più forza,
almeno per le ruote esterne. Questa caratteristica delle sospensioni è detta recupero di camber. Basta fare i bracci
delle sospensioni di lunghezze diverse.
La cinematica si corregge poi con anche la scelta della molla e al massimo posso
mettere delle barre antirollio.
STUDIO CINEMATICA
Ci sono sospensioni a ruote indipendenti, ovvero tutte le ruote fanno quello che
voglio, oppure in cui le ruote sono collegate allo stesso asse e le sospensioni sono
attaccate all’asse.
Il portamozzo ha 6 gradi di libertà nello spazio, e devo legarlo alla cassa e voglio
lasciare solo un grado di libertà nello spostamento verticale.
Sospensioni indipendenti
Archetipi per costruire i gradi di vincolo

Dal punto di vista cinematico ci interessa il recupero di camber e la posizione del centro di rollio. Nel rollio la vettura
ruota attorno ad un asse di rollio che è definito dalla cinematica della sospensione anteriore e posteriore, e non è
attorno al baricentro, ma ad un asse. Questo asse si trova congiungendo i centri di rollio della sospensione anteriore
e posteriore. Questi centri di rollio si spostano, quindi in realtà li troviamo considerando piccoli spostamenti.

Devo considerare tre comparti fondamentali:


- Body= B = cassa
- W=wheel
Devo capire attorno a che punto (CIR) il body ruota rispetto al suolo
per piccoli spostamenti, e lo trovo su tutti e due gli assi.
Innanzitutto qual è il CIR della ruota? Sicuramente si muove attorno
al punto di contatto tra pneumatico e strada: Iwg= wheel ground.
Ora devo sapere a che sospensione sono legate:
Suppongo una sospensione a quadrilateri trasversali: qual è il CIR
della ruota rispetto alla vettura? Congiungo i CIR delle bielle -> Iwb.
Dovrei rifare lo stesso ragionamento per l’altra sospensione, ma so che in rettilineo è simmetrica.
Il centro di rollio sarà sulla congiungente fra i due CIR trovati, quello della ruota rispetto alla cassa e quello rispetto al
terreno, così troverò il CIR della cassa attorno al suolo -> RC =roll center.
Calcolando anche l’altro trovo l’asse di rollio, ed è importante sapere dove è il baricentro: posso determinare la
distanza di questo punto dall’asse. La forza centrifuga applicata al baricentro genera un momento attorno all’asse di
rollio che è maggiore tanto più è lontano il baricentro dall’asse di rollio. L’obbiettivo allora è avere questa distanza la
più piccola possibile, spostando l’asse di rollio. Se invece il baricentro si trova sotto, si muoverebbe in direzione
opposta, come si fa su un treno spagnolo.
Sospensioni indipendenti a SEMIASSI OSCILLANTI
Per prima cosa studio il centro di rollio. In questo caso il CR coincide con il CIR della ruota rispetto alla cassa.
VANTAGGI: la cassa può avere qualsiasi angolo di rollio, mentre le ruote restano sempre ortogonali al terreno ->
recupero di camber perfetto.
SVANTAGGI:
- se passo su un’irregolarità (spostamento in z) la
sospensione si schiaccerà, mentre in questo caso le
ruote acquistano campanatura. Non essendo
simmetriche le irregolarità, si genera una forza laterale
solo su una ruota e quindi devo correggere con lo
sterzo.
- Per effetto dello spostamento in z, nel centro
dell’impronta ho uno spostamento del centro
dell’impronta che ha una componente di spostamento
laterale: si genera un ulteriore forza laterale e angolo di
deriva -> variazione di deriva
- Il carico statico cambia e quindi anche il camber statico
cambia portando ad un usura irregolare del battistrada.
 Semplice ma piena di difetti.
ESEMPIO MERCEDES

Esistono anche delle versioni evolute che risolvono la variazione del camber con spostamento verticale: se faccio più
lungo il braccio limito il problema, avendo angoli minori.

SOSPENSIONI A BRACCI LONGITUDINALI


CIR fra cassa e ruota all’infinito in direzione laterale, compiendo una traslazione.
CR a livello del suolo (grande angolo di rollio -> molto scomodo a causa del baricentro distante dall’asse di rollio).
➔ Serve una barra antirollio
Il braccio della sospensione si flette a causa del camber.
Gradiente di camber per rollio elevato (=1) (necessita barra) – non ho il recupero di camber, per cui sfrutto molto
male i pneumatici per le forze laterali.
Se passo su un ostacolo non ho variazioni di camber, e l’impronta non si sposta (spazzolamento laterale).
I difetti sono compensati dai benefici => dipende dal tipo della vettura: per una strada piena di buche serviva una
vettura che si comportasse bene, mentre le curve sicuramente non erano fatte molto velocemente. Era la scelta
giusta per l’utilizzo della Citroen 2CV.

Adatto ad assi sterzanti

CONTRO flessione laterale

Si usa ancora: PEUGEOT 206– asse posteriore. La finezza per migliorarle: le molle della sospensione sono delle
semplicissime barre di torsione, sostituendo la molla ad elica della sospensione, con un sistema molto compatto. Si
ha ancora una terza barra che collega un braccio rispetto all’altro=barra antirollio.
VANTAGGI: Bisogna serrare pochissime viti e occupa pochissimo spazio (poco costosa), anche se cinematicamente
non è eccelsa, però ho una grande abitabilità dell’abitacolo.

Per prestazioni elevate maggioro la barra antirollio.


SOSPENSIONI A BRACCI OBLIQUI
Via di mezzo fra trasversale e longitudinale: li metto inclinati. Le proprietà cinematica sono una combinazione lineare
delle due: posso inclinare di più il braccio per avere un peso maggiore di un effetto o dell’altra.
LANCIA
LEZIONE 15
Quadrilateri trasversali
CR vicino al suolo: muovendo i due bracci ho la possibilità di
spostare il CR, e se avessi i bracci paralleli lo avrei sul suolo, senza
però avere recupero di camber.
La componente laterale (spazzolamento) voglio che sia poco
➔ Ho tanti gradi di libertà ma devo trovare un compromesso
fra tutti gli effetti
Con bracci di lunghezza diversa posso fare che il CR si sposti nelle
condizioni di regime.
La corsa di una sospensione è di 60/70mm, fino al tampone alla
fine, per fare in modo che la frequenza verticale della cassa non
cambi troppo. A pieno carico si appoggiano sul tampone : ho una
rigidezza in serie.
SOSPENSIONE MINI VECCHIA
Gradiente di camber per rollio variabile (al limite =0)
Se CIR vicini grande variazione di camber per effetto di z
Adatto ad assi sterzanti
PRO compromesso tra BL e SO
CONTRO ingombro trasversale, costosa: il problema è l’ingombro del braccio sopra, che occupava troppo spazio
anche a causa dei motori ingombranti,
SOLUZIONE PER ACCORCIARE IL TRIANGOLO SUPERIORE -> lo alzo tantissimo, avendo un braccio molto stretto,
avendo un portamozzo complicato. -> SOLUZIONE COSTOSA perché è fatta da molti componenti
ALFA 147 -> FOTO GOOGLE

SOLUZIONE DI COMPROMESSO:
Sospensione McPherson
La più diffusa nei veicoli di produzione per ruote indipendenti: si ha un
triangolo inferiore come il quadrilatero, ho ancora un portamozzo e al
posto del triangolo superiore sostituito da un manicotto e sul duomo si ha
uno snodo sferico.
CR vicino al suolo
possibile variazione carreggiata rispetto a z null
(unica condizione di scuotimento)
simile a QT
PRO ingombro limitato: non ho più niente trasversale, ho solo la gamba
mcpherson superiore -> compattezza migliore. Costa meno.
CONTRO:
• meno regolazione, non avendo il braccio superiore, per cui posso adattarmi meno a tutte le condizioni
possibili.
• Attrito nel complesso stelo-pistone: elementi che
strisciano in una sospensione, inoltre il manicotto è
soggetto a momento mentre lo sto facendo funzionare
a causa dei movimento della sospensione, creando
dell’attrito. Se si blocca diventa un triangolo rigido
isostatico, per cui la vettura saltella sugli pneumatici se
il carico non supera la soglia di attrito => molle
inclinate o con geometrie particolari per ridurre il
momento sulla sospensione. Altra soluzione: realizzo
uno snodo in gomma sullo snodo superiore, così anche
se il gruppo si bloccasse si ha ancora un'altra rigidezza
che fa da molla, oltre a consentire lo snodo. Questa
parte è molto grande .
• altezza montante

A ruote non indipendenti


SALE RIGIDE: UN PALO CHE COLLEGA LE RUOTE SULLO STESSO
ASSE: i gdl rimangono 6 anche se ho due ruote: devo capire
come connetterlo alla cassa => assale rigido connesso con due
molle a balestra (molla a flessione).
Forze laterale su balestra e biscottino (cerniera), mentre verticali
solo sulla balestra.
VANTAGGIO: ha pochissimi componenti
CENTRO ROLLIO=centro delle balestre, quindi è molto alto.
Usata anche sulle corvette.
SOLUZIONI PIÙ MODERNE:
Se non voglio mettere le balestre, posso mettere delle molle ad elica: devo considerare come trasferisco le forze
laterali: devo prevedere dei collegamenti cinematici in maniera tale da permettergli di muoversi in verticale e anche
rollare (2 gdl).
ALFA MENO COSTOSA:

Con barra Panhard (A) assale rigido collegato con una biella alla cassa
Problema: allo spostamento verticale ne ho una un po’ laterale, per cui si fa il più lungo possibile per avere poca
traslazione laterale. -> angolo di deriva laterale con ostacoli.
CR su barra
Ho bisogno di vincoli lungo x: bracci longitudinali (L e P) – quadrilatero di Vuot in x: non ho variazione di passo della
vettura (fastidiose in curva).
ALFA 75:
ASSALE con quadrilatero Watt: in verticale si muove solo in verticale (è più complicato ovviamente)

I due sistemi si possono combinare.

ASSEL RIGIDO:
❖ recupero di camber: è sempre ortogonale al terreno quindi è perfetto.
❖ In casi di ostacolo: le due ruote restano ortogonali al terreno
❖ Ostacolo dissimmetrico: l’assale si inclina e nasce una spinta laterale corretta dal conducente, ma il vero
difetto è che l’oggetto vorrebbe ruotare quando prende un ostacolo ma ha molta inerzia molto alto, quindi
difficilmente ruota, quindi da delle variazioni di carico dinamico sulle due ruote.
❖ -> per veicoli industriali è ottima come soluzione
COMPROMESSO FRA RUOTE INDIPENDENTI E ASSALE RIGIDO:

SOSPENSIONI interconnesse
SOSPENSIONE PUNTO
Sembrano due bracci longitudinali che sono saldati di una trave che li interconnette in qualche modo.
GRUPPO FIAT
Altre forme collegamento: costretti perché la forma era brevettata.
CREATA da VOLKSWAGEN GOLF
Non troveremo mai un tubo per un interconnessione perché
torsionalmente è troppo rigido, mentre si usano sezioni aperte
per avere più torsione (movimento relativo) mentre rigidezza
flessionale comunque buona.
Questo collegamento crea un effetto antirollio, evitando un
grosso movimento relativo.
CINEMATICA=complessa.
I bracci longitudinale hanno il CR a terra, mentre gli assali rigidi ce
l’hanno molto alto.
Se l’assale di interconnesione va giù sulla ruota sembra un assale
rigido, mentre in alto diventano due bracci longitudinali, quindi è
una combinazione fra queste due soluzioni, quindi il centro di
rollio può passare da quasi a terra fino a centro ruota spostando
la trave di interconnessione, che si cerca a farla vicino al telaio
per sembrare più dei bracci longitudinali, così da non averlo proprio a terra, inoltre ho il vantaggio di avere
l’antirollio. Inoltre risolve il problema della forza laterale sui bracci longitudinali del momento flettente, mentre qui
la barra di interconnessione aiuta.
Angolo di camber pessimo.
Molto usata e occupa pochissimo spazio peer l’asse posteriore.
Riassunto

Soluzione più raffinata: MULTILINK


Collegata con cinque bracci, quindi non si può studiare nel piano ma si può
studiare solo coi codici di calcolo, avendo un legame cinematico il più
complicato possibile. Più libertà del quadrilatero.
Prima vettura a montarla: mercedes 190

Componenti
SLIDE DISEGNO QUADRILATERO

Per ora il CR si trova tra 0 e 150mm dal suolo.


MOLLE
• barre di torsione
• molle elicoidali
• molle a balestra: a volte di più fogli uniti al centro -> perché hanno questo andamento ai fogli? Riproduce il
diagramma del momento flettente. Perché non si fa una sezione variabile: la rigidezza non è uguale, perché il
momento di inerzia diventa grandissimo, mentre i momento di inerzia si sommano in questo caso. Per cui
con più elementi ha una rigidezza più basso.
Sospensioni posteriori, ad assale rigido con molle a balestra
Molle a balestra trasversali sull'asse anteriore

• molle pneumatiche
Si usano per veicoli molto costosi (grosse berline) o sui veicoli industriali.

All’interno ho una pressione, e ho un carico verticale pari a P*A. Se l’oggetto ha un certo volume di aria, il carico
verticale varia, per cui si ha una trasformazione adiabatica (isotermica):

Ho una variazione di forza che mi fornisce la molla secondo questo andamento, la cui caratteristica non è lineare ma
aumenta un po’ po, e aumenta con il carico. La rigidezza di questa molla è bassissima, e dal punto di vista del
comfort è fantastica. Una molla ad elica con una rigidezza bassissima non si può usare, perchè già con il carico statico
sarebbe a pacco, mentre in questo caso posso gestire il livellamento del carico statico con la pressione. Finirà
comunque sul tampone di finecorsa se ho un grande scuotimento, ma è un caso isolato.
Si usano negli autobus per abbassare il gradino vicino al marciapiede.
Componenti
Snodo di deformazione
<Tipo collegamento dei triangoli di una sosp a
quadrilatero trasversale>
PRO:
-attutisce gli urti
-silenzioso
-no attrito o lubrificazione
Il collegamento dei bracci alla cassa di solito è
ottenuto con elementi che non strisciano ma si
deformano per evitare che questi elementi si usurino
troppo, non essendo mai cambiati. Si usano degli
elastomeri di gomma vulcanizzata su due tubi di
acciaio. La gomma a compressione si irrigidisce
tantissimo, mentre a taglio è bassissimo. Queste
boccole elastiche quindi con forze basse vorrei che
lavorassi a taglio, mentre in compressione le forze
laterali sono gestite bene. Inoltre mi permettono una rotazione accettabile dei bracci, senza avere usura
praticamente anche se la gomma invecchia.

Da una parte ho il telaio e dell’altra ho il braccetto della


sospensione. Che vite scelgo se ho tipo 5000N di forza a taglio?
Ho il problema della fatica. Uso un bullone in maniera tale da
mandare in battuta il tubo interno così da far passare la forza
direttamente dalla sospensione alla C del telaio, così da non
carico del telaio.

Tiro della vite= CARICO ASSIALE/ COEFF ATTRITO: serrata fino a snervamento.

Snodo di strisciamento
Per poter sterzare il quadrilato deve poter ruotare almeno 60°, cioè
30° per direzione.
Metto uno snodo di strisciamento in una camera di teflon che
abbassa l’attrito, con protezioni dalla polvere ecc. è anche una
situazione sicurezza, perché non si riesce a perdere la ruota anche se
il teflon si consumasse tutto, si ha un blocco meccanico (u).
Si ha un codolo conico per avere un buon collegamento per
aumentare la forza scambiata.
PRO:
-corse angolari illimitate
-corse senza reazioni elastiche
-precisione di posizionamento indipendente dal carico

CONTRO
-usura
-necessità di lubrificazione
-trasmette vibrazioni
-interventi di manutenzione
-costo alto

Un tempo c’era un ingrassatore, ma usciva il grasso o l’olio quindi si hanno problemi di inquinamento, oltre alla
manutenzione che non veniva fatta,
Dado antisvitamento ovviamente: si buttano una volta usati.
 COMPROMESSO: LI COMBINO

Smorzatori:
OBIETTIVO: superamento delle corse compatibili con la deformazione saltuarie; oscillazione con valore medio
costante; reazione elastica non è un grande inconveniente
Solo gas -> problema di poco
smorzamento.
Monotubo: valvole a lamelle
per aprirsi una sola direzione
per avere una caratteristica
diversa in estensione e in
compressione (fori calibrati).
Per la dissipazione di energia
ho lo smorzamento. Sopra ho
un gas compresso, con un
pistone sparatore. Questo gas
serve per evitare che il fluido
incombrimibile blocchi lo stelo,
altrimenti non può starci lo
stelo, per cui la compressione
del gas permette di spostare
anche il fluido idraulico.
VANTAGGI: fluido in pressione
senza gas interni (no
cavitazione). Il gas compresso ha un problema: se lo vendo già compresso si ha una forza che cerca di estendere il
pistone, per cui bisogna metterlo dopo avere un carico scarico.
SOLUZIONE BITUBO: il fluido può uscire e andare nella camera di compensazione (no gas sopra), collegata con la
pressione atmosferica, quindi non si ha il fluido compresso
dall’inizio, mentre altre volte si.
DIFETTO -> non si può metterla in orizzontale perché
altrimenti entrerebbe l’aria se è connessa all’atmosfera.

VALVOLE=caratteristica vera in compressione ed


estensione (cambia con le temperature)
Si distinguono bene le due parti, ma in realtà è composta
di 4 parti. Inizialmente è molto ripida (fino a 0,15 m/s).
Sono diverse perché quando si comprime ho anche la
molla che sta aiutando, mentre in estensione la molla la
spara nella buca per esempio, quindi lo smorzatore deve
frenare questo effetto. A basse frequenze ho i moti cassa,
quelli legati alla curva e alla frenatura, il beccheggio della
vettura, ecc. per cui all’inizio ho una zona che le basse
frequenze dei moti cassa -> per guidabilità. Dopo ho una zona legata agli impatti, in cui ho poca accelerazione
trasmessa -> x comfort

Soluzione idropneumatica (Citroen)


Pressioni più alte di quella pneumatica anche con fluido idraulico -> molla + smorzatore assieme, che si può
modificare facilmente.

Sterzatura
ROTAZIONE DELLA CASSA ATTORNO AD U ASSE PERPENDICOLARE AL PIANO STRADALE
Devo generare forze laterali:
• sistema di attuazione di guida
• tramite forze laterali Fy
• tramite Fx (cingolati, differenziali controllati)
Per comandarlo devo:
• Dare un momento di azionamento basso
• Momento autoallineante percepito dal feedback (sensibilità)
• Non voglio sentire le buche sullo sterzo (isolamento da azioni esterne)
• Voglio anche che si riallinei da solo (riallenamento)
• Sicurezza passiva (l’ho davanti allo sterzo: prime normative di sicurezza -> due cardani per farlo collassare)
Sicuramente agirà almeno su due ruote, ma l’angolo di sterzo che devono avere le due ruote non è uguale:
STERZATURA CINEMATICA=v bassissima, senza angoli di deriva.
La ruota all’interno deve sterzare di più di quella all’esterno.
FORMULA=LEGGE DI HAKERMAN
Legame fra gli angoli di sterzo:
L=(R+e)tan β
L=Rtanα da cui ricavo R

Se non ho una sterzatura cinematica sentirei le ruote strisciare, anche se in realtà con le derive non per forza questa
è la situazione migliore. I grossi angoli di sterzo però li ho solo in manovra per cui ci si avvicina il più possibile a
questa situazione.
COME?
Cinematismo di BOURLET= due glifi con asta che li collega e muovo l’asta. -> non si mette nelle vetture perché i glifi
strisciano e quindi potrei avere gioco.
 Soluzione di compromesso con legame abbastanza vicino a quello giusto: CINEMATICA DI JEANTAUD (giunti
sferici ecc.)

Come lo realizzo? Mi serve un cinematismo di accoppiamento fra le ruote e per


collegare il volante al sistema di sterzo.
DUE SOLUZIONI:
• VEICOLI INDUSTRIALI: SI USA UNA SCATOLA GUIDA ROTOIDALE (Fiat 126) –
vite senza fine che gira il braccetto e l’altra ruota è collegata con un’asta. Il
problema è che la vite senza fine lavora solo su tre denti, quindi prima o poi
sentirò un po’ di gioco. => SOLUZIONE: albero montato su due
eccentrici per far spostare l’albero ogni tot chilometro (5-
10.000km). Oggi fra i due elementi si hanno dei corpi volventi, si
hanno delle sfere con circolazione di sfere, così da limitare al
minimo l’usura, con un sistema molto affidabile ma molto costoso.
• SOLUZIONE più usata= CREMAGLIERA: accoppiamento e comando
tutto nella barra della cremagliera. Pignone che ingrana sulla
cremagliera: problema si usura: la cremagliera è vincolata solo
all’estremità mentre in mezzo e quasi tutta sospesa. Sotto la
cremagliera si ha una coppettina con una molla (6 o 7) che flette la
cremagliera per mantenere sempre il contatto, con un recupero
automatico dell’usura. Molto semplice da aggiungere assistenza
(servosterzo idraulico).

CONSIDERAZIONI CINEMATICHE
Snodi sferici del quadrilatero articolato: LBJ E UBJ

Visto che la forza è applicata un po’ più indietro rispetto al punto di


contatto, si ha un piccolo braccio meccanico (angolo di caster) per poter
percepire meglio il momento autoallineante (generato da forza laterale)
Nell’altro piano allo stesso modo avrò un braccio che genera un
momento percepito al volante quando freno o accelero (carico
longitudinale): solitamente questo momento viene compensato dalle
due ruote. Questo braccio è stato reso nullo ora a causa dell’ABS,
perché potrei frenare una sola ruota.
Una volta si faceva comunque perché così nello sterzo nel parcheggio
la ruota rotolava, mentre ora striscia. Senza servosterzo era difficile da
girare.

COMPLESSIVAMENTE SULLO STERZO SENTO


(Ultimo termine non lo sento)
Rapporto di riduzione tra angolo di volante e angolo di sterzo circa di
20 volte, così sento meno i momenti.

Il braccetto di sterzo deve puntare sul CIR della ruota rispetto alla cassa per evitare che
durante lo scuotimento della sospensione io abbia una variazione dell’angolo di
convergenza, e si gestisce bene per tutti i livelli di scuotimento.

Posteriore=grigiochiaro: non cambia la convergenza in curva.


Anteriore= tantissimo scuotimento ho tanto cambio di convergenza: in curva con forza laterale alta, un veicolo
troppo sovrasterzante, si usava per correggere angolo di sterzo.

??

Angolo di caster vs camber


Se ho una ruota sterzante in curva non conta solo il camber ma conta il caster, visto che il caster diventa camber se
diventa pari a 90°, quindi devo ricordare il suo effetto nel sapere la posizione della curva.

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