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barriera stradale
M. Cal, G. La Rosa
Dipartimento di Ingegneria Industriale e Meccanica Universit di Catania
Viale Andrea Doria, 6 95125 Catania
e-mail: mcali@diim.unict.it glarosa@diim.unict.it
Abstract
This paper presents results from a study of the dynamic behaviour and stress-strain states of a guardrail,
developed in collaboration with Metallurgica of Catania, a company manufacturing crash barriers.
The authors performed extensive analysis of single elements of the system, proposing several
modifications for improvement to be applied to the future evolution of such barriers. The DYTRANTM
software was used to construct complete virtual models of the barrier system (band, dissipator, spacer,
release mechanism, wheel guard, chain and post) and of various impacting bodies (blocks, rollers,
vehicles). For the dynamic simulation of the system, experimental trials were conducted to determine
some of the more significant parameters, including the deformability of the posts, the torsional and
bending stiffnesses of the band and the accelerations of some significant points.
Simulating the progressive axial and bending plastic collapse of each structural element of the
system during impact, it was possible to analyse the stress and strain states of the components and verify
possible modifications.
1.
INTRODUZIONE
Per poter elaborare un buon progetto di una nuova barriera stradale che soddisfi alle severe normative vigenti (in
particolare al D.M. n 223) [12] indispensabile svolgere accurati studi su modelli, eseguendo simulazioni che
riproducono i crash test e individuano il sistema di funzionamento pi idoneo e le propriet meccaniche
(deformazioni sotto carico e caratteristiche di assorbimento di energia) pi adeguate.
Lo studio qui riportato ha avuto come obiettivo quello di analizzare la fattibilit di un modello numerico
che permetta di studiare il comportamento dinamico della barriera, valutando gli stati tensionali e deformativi di
tutti i componenti nelle varie prove di crash.
Mediante il programma di calcolo agli elementi finiti MSC/DYTRAN, sono state effettuate simulazioni
numeriche su alcuni modelli di barriere stradali. I modelli numerici, validati attraverso misure sperimentali
accelerometriche e di spostamento sui vari componenti, hanno permesso di valutare, sia in campo lineare che
non lineare, la risposta dei vari componenti soggetti agli impatti esterni, non solo in termini di spostamento,
velocit ed accelerazione ma, anche, in termini di tensioni e deformazioni. In particolare, stata ricavata
lenergia di deformazione relativa a ciascun componente, grandezza particolarmente significativa per
identificare gli elementi e le zone critiche sulle quali eseguire le possibili modifiche strutturali.
1785
I modelli numerici realizzati hanno consentito di monitorare con precisione lindice ASI di severit
dellaccelerazione allimpatto previsto dalla normativa per lomologazione delle barriere.
2.
Ai fini della classificazione delle barriere e degli altri dispositivi viene convenzionalmente definito livello di
contenimento Lc lenergia cinetica posseduta dal mezzo allatto dellimpatto, calcolata con riferimento alla
componente della velocit ortogonale:
1
Lc = M (V sen ) 2
(1)
2
dove:
Lc = livello di contenimento [kJ];
M = massa del veicolo [t];
V = velocit dellimpatto [m/s];
= angolo dimpatto.
Le barriere vengono classificate in sei classi in base allindice di contenimento minimo garantito; altre
due classi di contenimento (TC1 e TC2) vengono definite per i terminali (elementi finali di una barriera) e gli
attenuatori durto. In Tabella 1 si riporta lattuale classificazione delle barriere (tra parentesi sono indicate le
corrispondenze con le precedenti classificazioni).
Classe N1 (A1)
contenimento minimo
Lc =44 kJ
Classe N2 (A2)
contenimento medio
Lc =82 kJ
Classe H1 (A3)
contenimento normale
Classe H2 (B1)
contenimento elevato
Classe H3 (B2)
contenimento elevatissimo
Classe H4 (B3)
contenimento per tratti ad
altissimo rischio
Lc =572 kJ
Lc =127 kJ
Classe TC1
Lc =3220 kJ
Lc =288 kJ
Classe TC2
Lc =5000 kJ
Lc =463 kJ
(724 kJ)
Viene poi definito, ai fini della classificazione della severit degli impatti, lindice ASI (indice di severit
dellaccelerazione) che misura la severit dellurto sugli occupanti delle autovetture considerati seduti con
cinture di sicurezza allacciate:
ASI (t ) =
ax
12 g
ay
9g
az
10 g
(2)
Traffico
I
II
III
I
II
III
I
II
III
Barriere
Barriere
Barriere
Attenuatori
spartitraffico bordo laterale bordo ponte
H2
H1
H2
H3
H2
H3
TC1
H2 H3
H4
H3 H4
TC2
H1
N2
H2
H2
H1
H2
H2
H2
H3
N2
N1
H2
H1
N2
H2
H1
H2
H1
1786
Il traffico, infine, viene classificato in ragione dei volumi (Traffico Giornaliero Medio annuale nei due
sensi, TGM) e della prevalenza dei mezzi che lo compongono (presenza di veicoli di massa > 3000 kg in
percentuale sul totale, VM%), in tre livelli:
1) traffico tipo I: quando TGM 1000 con qualsiasi VM% oppure TGM > 1000 con VM% < 5%;
2) traffico tipo II: quando, con TGM > 1000, 5% < VM% 15%;
3) traffico tipo III: quando, con TGM > 1000, VM% > 15%.
Ai fini applicativi le normative prevedono, in funzione del tipo di strada, del tipo di traffico e della
destinazione della barriera, le classi minime di barriere da impiegare (tab. 2). Lidoneit delle barriere
allomologazione subordinata al superamento di prove su prototipi in scala reale, eseguite presso campi prove
attrezzati. Su tutte le barriere di tutte le classi (salvo la classe N1) dovranno essere effettuate prove dimpatto
con unautovettura di massa totale di 900 kg angolo 20 e velocit 100 km/h, ai fini della valutazione dellindice
ASI. Per le diverse classi, al fine di verificare il livello di contenimento (Lc), dovranno essere eseguite anche
ulteriori prove usando veicoli sempre pi pesanti con diverse energie dimpatto secondo la tab. (3).
Classe barriera
N1
N2
H1
H2
H3
H4a
H4b
Velocit
[km/h]
80
110
70
70
80
65
65
Veicolo usato
Autovettura
Autovettura
Autocarro
Autocarro o Autobus
Autocarro
Autocarro
Autoarticolato
Tab. 3 Condizioni di prova sulle barriere per la verifica del livello di contenimento
3.
PROVE SPERIMENTALI
Le prove sperimentali (fig. 2) sono state effettuate facendo impattare sulla barriera un pesante cilindro di acciaio
(diametro 1300 mm, altezza 1000 mm, peso 7005 kg) che acquistava energia cinetica mediante rotolamento su
piano inclinato(velocit dimpatto 3,5 m/s, energia allimpatto 48103 J). La barriera esaminata appartiene alla
classe A1 da installare lateralmente su rilevato, che ammette un indice di severit minimo di 44 kJ, ma con un
interasse simile a quello delle barriere di classe A2 che ammettono un contenimento di 82 kJ. In particolare si
utilizzato un modulo di barriera stradale standard del tipo a doppia onda, costituito da un nastro dacciaio Fe
360, con sviluppo piano di 475 mm, lunghezza 3920 mm, spessore 3 mm, tre distanziatori ad U nervato, tipo
Norma FD 1000100Z-003, spessore 2,5 mm, tre montanti ad U 120 STD 120x80x6 mm con lunghezza di 1950
mm e interasse 1800 mm. Paletto e distanziale sono stati collegati fra loro tramite bulloni M16x50 con rondella,
mentre distanziale e fascia sono stati collegati con lo stesso tipo di bulloni e una piastrina antisfilamento di
dimensioni 45x100x4 mm. I montanti sono stati installati ad una profondit di 1200 mm su un substrato di terra
battuta, lasse medio della fascia stato cos disposto ad unaltezza dal suolo di 750 mm.
1787
Per la misura delle accelerazioni su punti della struttura stato adoperato un sistema ad alta impedenza
costituito da 4 accelerometri piezoelettrici 4383 (da 4,67 a 4,71 pC/ms-2) Brel & Kjr, 4 amplificatori di
carica 2635 Brel & Kjr e un registratore di segnale su nastro magnetico. Gli accelerometri piezoelettrici
sono stati montati su di un perno filettato, fissato alla lamiera nei punti desiderati eseguendo un foro entro cui
stata imbullonata e poi saldata una vite con filettatura M5 (fig. 3). Tale montaggio garantisce un corretto
accoppiamento meccanico del sensore, senza che eventuali deformazioni della superficie sulla quale fissato,
influenzino le condizioni di misura. Tre sensori sono stati disposti sullasse longitudinale della fascia a distanza
di 30 cm e 60 cm sulla destra del bullone di collegamento al paletto centrale, un sensore sul lato posteriore del
paletto centrale.Lamplificazione delle centraline stata impostata con valore di 0,1 mV/ms-2. La banda passante
stata fissata limitando inferiormente la frequenza a 0,2 Hz e superiormente a 30 kHz.
3.1
Per analizzare in maniera dettagliata lintero fenomeno dellurto utile distinguere 6 fasi corrispondenti al
verificarsi di particolari fenomeni fisici:
1. urto del rullo sulla fascia;
2. deformazione del distanziale;
3. torsione (rotazione) del paletto centrale;
4. urto dello spigolo inferiore della fascia sul paletto;
5. urto del rullo sulla parte inferiore del paletto;
6. ritorno elastico della struttura.
Si considera in seguito listante zero quello in cui si ha il primo contatto del rullo con la fascia; questo
evento si manifesta con un improvviso picco dellampiezza dellaccelerazione in tutti e quattro i sensori
installati, sia sul paletto che sulla fascia (fig. 4).
Nei primi 43 ms le ampiezze delle accelerazioni rimangono uniformi, sia per il paletto che per la fascia. I
valori raggiunti sul paletto sono inferiori a quelli rilevati sulla fascia, essendovi interposto il distanziale che ne
1788
smorza le sollecitazioni. Dopo 43 ms dallistante dellurto le ampiezze misurate sul paletto si riducono
notevolmente pur se negli stessi istanti le misure sulla fascia presentano una zona sottoposta ad elevate
accelerazioni. Questo spiegato dal fatto che il palo ha subito una rotazione di ca. 90 che ha messo in
condizione di minima sensibilit il sensore di misura e non per un elevato smorzamento dovuto alla
deformazione del distanziale. La presenza dei successivi picchi delle ampiezze per i rilievi eseguiti sul palo tra
80 e 160 ms imputabile allulteriore spinta del distanziale in direzione parallela alla fascia e quindi in
direzione della pi alta sensibilit. Durante la torsione del paletto il distanziale non ostacola particolarmente
lavanzamento della fascia che cos incontra minore resistenza. A 187 ms si individua un picco delle
accelerazioni di medesima ampiezza per tutti i trasduttori, questo rappresenta listante in cui lo spigolo inferiore
della fascia impatta direttamente sul fianco del paletto. Il rullo non centra la fascia in mezzeria, ma presenta una
deriva di 20 cm sulla destra della barriera, ruota sul paletto e causa una maggiore deflessione della fascia. A 311
ms si ha la massima deflessione dinamica e linizio del ritorno elastico, per il palo si registra una minore
accelerazione a causa della direzione di minima sensibilit strumentale.
4.
MODELLI DI CALCOLO
Per simulare il comportamento dinamico della barriera in seguito allimpatto di un veicolo, studiandone la
deformata al variare delle condizioni inerziali e cinematiche del veicolo collidente, si sono utilizzati i modelli
numerici tridimensionali ad elementi finiti. Il codice adoperato per il calcolo dinamico, nel campo della non
linearit e in presenza di grandi deformazioni, stato il DYTRAN Versione 4.6 con preprocessore PATRAN.
In particolare si sono sviluppati due differenti modelli numerici:
un modello di barriera standard (fig. 5);
un modello di barriera con dispositivo di sgancio e distanziale a parallelogramma (fig. 6).
Il primo modello costituito da tre componenti fondamentali: paletto di sostegno, distanziale e fascia.
Linterasse di montaggio di 1500 mm in modo da rispettare i requisiti richiesti per linstallazione di classe A2.
Attraverso la modellazione geometrica si sono impostate le caratteristiche dimensionali dei componenti
fondamentali, creando per ciascun particolare un gruppo autonomo, cos da poterlo riprodurre e riutilizzare in
differenti montaggi ed assetti (variazioni di altezze, di interassi, etc.).
Gli elementi, costituiti da lamiera dacciaio Fe 360 B UNI 7070/82, con spessori variabili da 2,7 a 6 mm,
sono stati discretizzati attraverso elementi finiti bidimensionali di tipo lagrangiano particolarmente adatti per
modellare strutture con piccoli spessori [4,5]. In particolare si sono utilizzati elementi shell a quattro nodi
(CQUAD4).
La definizione delle propriet del materiale viene inserita nei modelli con la scheda DMATEP come
materiale isotropo elastoplastico. Lo snervamento definito dal modello di von Mises, mentre la tensione y
dopo lo snervamento (0) definita in funzione del modulo elastico E e del modulo Eh in fase plastica come:
E Eh
y =0 +
p
(3)
E Eh
dove con p viene indicata la deformazione equivalente.
Modulo elastico
Carico di snervamento
210 GPa
235 MPa
Carico di rottura
Allungamento percentuale
1789
360 MPa
20%
4.1
Superfici di contatto
I diversi contatti presenti sono stati definiti tramite due superfici distinte e separate: master e slave (tab. 5). La
superficie master definisce le facce degli elementi che non possono essere penetrate dai nodi contraddistinti
dalla superficie slave. Il lato della superficie master dove avviene il contatto, per i vari elementi quello
anteriore, posteriore o entrambi.
Nei modelli stato inserito lattrito statico e quello dinamico. Un coefficiente di decadimento e la
velocit relativa di scorrimento li lega e definisce un unico coefficiente di attrito = k + ( s k ) e .
Master
Slave
Distanziale Palo
Distanziale Fascia
Palo
Fascia
Side
top
bottom
bottom
0,5
0,5
0,5
0,3
0,3
0,3
Slave
Fascia
Palo
Master
Veicolo
Veicolo
Side
top
top
0,6
0,6
0,4
0,4
Gli smorzamenti interni del sistema (scheda VDAMP) sono stati introdotti in funzione della frequenza.
Si sono utilizzati smorzamenti pari al 1% di quello critico per frequenze sotto i 100 Hz, smorzamenti pari al 5%
di quello critico per frequenze comprese tra 100 e 1000 Hz e smorzamenti del 15% di quello critico per
frequenze oltre i 1000 Hz.
4.2
I bulloni che collegano le varie parti sono stati modellizzati attraverso elementi monodimensionali CROD. In
questi elementi stato possibile impostare il carico di rottura a trazione, a compressione, a torsione e a taglio.
Linterazione paletto di sostegnosuolo simulata vincolando in tutte le direzioni i nodi posti al livello del
suolo risultata, in seguito alle prove sperimentali, una soluzione non ottimale; il paletto infatti subisce una
elevata deformazione, quindi un eccessivo spostamento dei suoi punti nella zona immediatamente al di sotto del
suolo. Si sono allora incastrati i nodi pi profondi (adoperando i vincoli SPC1), mentre negli strati pi
superficiali i nodi sono stati collegati al terreno attraverso una serie di molle indipendenti con caratteristica
lineare (CELAS); le caratteristiche di queste molle simulano il cedimento del terreno. In questo modo il paletto
pu muoversi e ruotare attorno al proprio asse in prossimit del terreno. In particolare si sono incastrati i nodi
che si trovano a profondit superiori ai 30 cm, mentre i nodi compresi tra i 7 cm e i 30 cm sono stati vincolati
attraverso elementi elastici.
I collegamenti tra le fasce vengono realizzati attraverso bulloni inseriti in apposite asole di forma
allungata. Questo meccanismo, consentendo uno scivolamento longitudinale (fig. 7) tra le estremit di due fasce
contigue, permette la deflessione della barriera senza che la fascia sia soggetta a tensioni eccessive e tutta la
struttura diventi molto rigida. Esso stato modellato sovrapponendo le estremit delle fasce e collegandole con
elementi bidimensionali, di tipo CROD, in corrispondenza dei bulloni. Attraverso la scheda PBELT viene
definita la curva che specifica la forza tangenziale in funzione dello spostamento. La forza che sollecita la fascia
a trazione deve essere divisa per il numero di bulloni con cui essa collegata a quella adiacente (8 per le fasce a
due onde, 12 per quelle a tre onde).
1790
4.3
Corpi impattanti
I modelli del veicolo e del cilindro utilizzati nelle simulazioni sono stati definiti (fig. 8) come corpi rigidi
attraverso la scheda MATRIG che permette di specificare le propriet di massa, la posizione del baricentro, i
momenti dinerzia e le condizioni cinematiche che si hanno prima dellimpatto. Si visto infatti [6,7] che per lo
studio del comportamento delle barriere in seguito alle collisioni dei veicoli sono sufficienti modelli semplici in
grado di riprodurre con precisione solo la superficie frontale dimpatto.
4.4
Calibrazione
La calibrazione dei modelli numerici stata sviluppata in modo iterativo variando le rigidezze e gli smorzamenti
della struttura fini a ritrovare valori di accelerazione e di spostamento, nei punti monitorati, prossimi a quelli
sperimentali. Nelle figure (2) e (9) sono riportate, a titolo desempio, due immagini delle risposte numeriche e
sperimentali a confronto. In figura (9), in particolare, sono riportati gli andamenti numerico e sperimentale delle
deformazioni permanenti subite dalla fascia. Si pu notare la buona concordanza tra i risultati.
5.
Lo studio effettuato ha permesso lanalisi approfondita del comportamento durante limpatto di una nuova
barriera con dispositivo di sganciamento e distanziale a parallelogramma. Tale barriera, candidata ad una classe
H3 o superiore, caratterizzata dalla fascia di contenimento a tripla onda che consente un migliore controllo dei
veicoli con altezza del bordo sufficientemente elevata per la geometria dei veicoli pesanti, ma senza che il bordo
inferiore risulti troppo alto per le autovetture (fig. 10).
Il sistema studiato si basa sullo sfilamento del dispositivo di sganciamento dallestremit superiore del
palo in seguito alla rottura dei due bulloni da 6 mm. In tal modo la fascia principale resta alla sua quota
originaria, anche in presenza di energie durto piuttosto elevate.
La presenza dei distanziali e dei dispositivi di sganciamento modifica notevolmente il comportamento
dinamico del sistema. Dalle simulazioni emerso che il contatto tra palo e dispositivo di sganciamento si
mantiene per tutto levento durto e pu ritenersi concluso solo dopo che la fascia ha raggiunto la deflessione
massima consentita alla classe di appartenenza della barriera. La deformazione dellelemento consente in ogni
caso lo sgancio, anche se in alcuni impatti non lungo lasse del palo, ma in direzione laterale, rendendo libero il
1791
vincolo con il palo evitando labbassamento della fascia. Ad una prima fase, in cui lenergia viene assorbita dal
distanziale, segue la fase in cui entra in funzione il dispositivo di sganciamento che scorrendo verticalmente
impedisce labbassamento della fascia. Il dispositivo di sganciamento, inoltre, fa s che il paletto non ruoti
intorno al proprio asse.
Fig. 10 Dinamica della deformazione della barriera con dispositivo di sganciamento e distanziale a parallelogramma
Durante lazione di sfilamento il distanziale, quindi, trasferisce quasi per intero la forza a cui soggetto
sul palo. Dal confronto del comportamento dinamico di questa nuova barriera (indicata in fig. 11 come modello
conforme alla normativa) con quella standard emerso che a parit di energia dimpatto e di forza applicata
sulla fascia si ha un notevole incremento dellenergia di deformazione assorbita e una notevole riduzione
dellabbassamento verticale. Lunico aspetto negativo riscontrato stato un leggero incremento della deflessione
laterale rispetto alla barriera standard.
1792
20
45
90
0.72
0,81
0,97
853
911
1013
Nellurto frontale nel quale si raggiungono le condizioni peggiori il paletto subisce una elevata
deformazione plastica (fig. 12) accompagnata da uno spostamento dei suoi punti nella zona immediatamente al
di sotto del suolo. I picchi di tensione si concentrano nel dispositivo di sganciamento e nel distanziale (fig. 13)
raggiungendo tensioni prossime alla rottura (0,34 GPa).
In figura (13) sono riportati gli andamenti temporali delle tensioni nella zona centrale della fascia e nel
paletto a livello del terreno dove le sollecitazioni si mantengono, comunque, sufficientemente limitate.
1793
6.
CONCLUSIONI
Ringraziamenti
Il lavoro stato effettuato nellambito di una collaborazione scientifica con la ditta METALLURGICA S.A. &
F., di Catania, azienda specializzata nel settore metallurgico e con una vasta esperienza sulla produzione di
barriere stradali. I ringraziamenti degli autori vanno ai Dott.ri Aiello, i quali hanno collaborato nella
realizzazione delle prove sperimentali e hanno fornito i dati e il materiale necessario per lo sviluppo della
ricerca.
Bibliografia
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