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La sillaba

Finora abbiamo esaminato i segmenti come complessi di proprietà


atomiche e combinabili secondo dei principi generali.
Esistono comunque anche delle unità maggori che raggruppano i vari foni
ma che sono più piccole della parola (vedremo inoltre che il concetto di
parola fonologica non coincide con quello usuale); tra queste la sillaba.

Teniamo presente che il flusso sonoro che noi percepiamo è continuo,


quindi la sillaba, esattamente come il fonema, è un’unità mentale; dal
punto di vista fonetico infatti è difficile identificare i confini di sillaba.

La sillaba è diventata una parte importante del sistema fonologico della


grammatica generativa solo dopo che si è dimostrato che il potere
descrittivo ed esplicativo di un modello che usa la sillaba è superiore a
quello di un modello che non la usa.

Vi sono varie motivazioni per inserire la sillaba in un modello che intenda


rappresentare la competenza del parlante nativo:

- il concetto di sillaba fa parte della competenza di un parlante nativo; noi


abbiamo cioè una intuizione precisa di cosa sia una sillaba: molti giochi
verbali o linguaggi segreti dei bambini consistono nel rimescolamento o
nel’inserzione di sillabe; i giochi linguistici in cui si creano nuove sillabe
inserendo una stessa consonante e ripetendo il nucleo dopo ogni sillaba
della parola indicano che il parlante percepisce le sillabe come unità:

alfabeto farfallino: dofomafanifi peferificofolofo

- la sillaba ci serve inoltre per spiegare parecchi fenomeni che altrimenti


non si potrebbero descrivere correttamente (vedi sotto); esistono
generalizzazioni relative a fenomeni fonologici che non sono esprimibili
soltanto facendo riferimento al materiale segmentale;

- la sillaba è caratterizzata da delle regolarità interne, cioè da una sua


struttura.

Definiamo la sillaba come una unità fonologica che consiste almeno di un


elemento sillabico detto nucleo; abbiamo già visto che in italiano solo le
vocali possono essere nucleo sillabico. In italiano una semplice vocale può
quindi costituire esaustivamente una sillaba:

pa.e.se te.a.tro bo.a.to be.o.ne po.e.ma


pa.u.ra fa.i.na a.pri.le ma.re.a

Anche un dittongo ascendente, che, come si è visto, si comporta come un


unico segmento sull’asse temporale, può fungere da nucleo sillabico:

p[je].no ch[ja].ro ch[ju].so t[wo].no q[wa].le


[je].na [wo].vo

In altre lingue (come le lingue slave o le lingue indoeuropee antiche) anche


le sonoranti possono essere nucleo di sillaba (si ricordi l’esempio di Krk,
l’isola di Veglia, oppure bottle in alcune varianti dell’inglese).

Spesso però una sillaba contiene anche degli elementi consonantici; si è


già visto che la sillaba “meno marcata” del linguaggio umano, cioè quella
più semplice e più comune, è quella con struttura CV (consonante vocale).
Essa è
- la più frequente (in italiano circa il 60% delle sillabe ha questa struttura);
- quella che i bambini acquisiscono per prima pa.pà ta.to be.ne
- l’ultima che gli afasici perdono;
- l’unica presente in tutte le lingue del mondo.

Una alternanza tra suoni con costrizione di aria e rilascio di aria è dal
punto di vista percettivo quella più facilmente udibile (e probabilmente
segmentabile).

Il materiale consonantico che precede il nucleo sillabico si dice incipit


sillabico (o onset)

In italiano l’incipit può essere formato da una o due consonanti:


CV CCV
Se consideriamo il caso di sillabe il cui incipit è costituito da una sola
consonante, notiamo che qualsiasi consonante può comparire in tale
posizione:

pi.no ti.mo bu.ko di.to fu.zo se.ra


dZe.lo dze.ro paz.zo gu.La Si.vo.lo tSe.na

Se consideriamo invece delle sillabe con un incipit biconsonantico


notiamo che la seconda consonante è sempre una liquida:

p[l]a.ci.do g[l]a.cia.le a.t[l]e.ta p[l]i.co c[l]o.ne


b[r]e.ve p[r]i.mo f[r]a.te c[r]e.ta t[r]o.ta g[r]u.mo

Le sillabe possono anche avere del materiale dopo il nucleo sillabico.


Il materiale consonantico che si trova nella sillaba dopo il nucleo
sillabico viene detto coda.
Una sillaba che termina con una coda viene detta chiusa; una sillaba che
termina con il nucleo sillabico viene detta aperta.

Se consideriamo ora invece non delle sillabe aperte, che finiscono in


vocale, ma sillabe chiuse da una coda consonantica, notiamo che la coda
può essere o una sonorante (liquida o nasale o la approssimante di un
dittongo discendente) o la prima di un nesso di geminate:

tap.po rab.bia. gat.to rid.da pac.co leg.go baf.fo


ov.vio sas.so

pa[r].co te[r].no fo[r].no co[r].da


ta[l].co fe[l].ce fi[l].tro so[l].co
sa[m].ba li[ ].fa ti[n].ta fa[ ].go
fo[j].ba da[j].no fa[w].na fe[w].do

Ne concludiamo che in italiano le uniche consonanti che possono formare


la coda di una sillaba senza alcuna restrizione sono le sonoranti.
Se colleghiamo questo fatto alla restrizione relativa alla seconda vocale di
un incipit biconsonantico ne deduciamo che le consonanti sonoranti hanno
uno statuto particolare in italiano nel poter fiancheggiare la vocale che
forma il nucleo sillabico.
Esiste quindi una restrizione relativa all’ordine in cui le consonanti
possono apparire all’interno di una sillaba: tale ordine deve rispettare la
scala di sonorità nel senso che le consonanti che hanno un valore di
sonorità più alto devono stare più vicine al nucleo sillabico (cioè alla
vocale) rispetto alle consonanti che hanno una minore sonorità.
Sonorità Forza
Vocali basse
medie
alte
Approssimanti
Liquide
Nasali
Fricative sonore
sorde
Affricate sonore
sorde
Occlusive sonore
sorde

Possiamo immaginare che il valore di sonorità all’interno della sillaba


definisca una curva il cui apice è rappresentato appunto dal nucleo, che è
caratterizzato dalla massima sonorità, ed ai due lati di esso si ha una
discesa graduale del valore di sonorità in entrambe le direzioni.

La sillaba è quindi un costituente di analisi fonologica che ha delle


regolarità interne.

Come procediamo per individuare una sillaba all’interno di una parola?


Partiamo dal nucleo (costituito in italiano da una vocale) ed applichiamo
una regola definita massimizza l’onset o regola dell’incipit massimo,
secondo la quale quando una consonante mediana può essere analizzata sia
come coda di una sillaba che come onset della sillaba successiva si sceglie
sempre la seconda possibilità; avremo quindi le seguenti suddivisioni in
sillabe:
ve.ro e non ver.o
pa.lo e non pal.o
fa.me e non fam.e
ti.po e non tip.o
da.do e non dad.o

Si noti che attraverso questa regola possiamo derivare il fatto che la sillaba
non marcata sia CV (e non ad esempio VC).

La seconda regola per la costruzione di una sillaba è costituita da una


applicazione della scala di sonorità di cui abbiamo già parlato:
immaginiamo che la sillaba sia costruita come una campana in cui il punto
più alto di sonorità della campana è il nucleo; la sonorità discende poi
gradualmente fino ai limiti della sillaba. Quindi ai limiti estremi della
sillaba troveremo gli elementi meno sonori e verso il nucleo quelli via via
più sonori.
Quindi se si ha una sillaba complessa del tipo seguente:
C1C2VC3C4

C1 dovrà essere meno sonora di C2 e C3 sarà più sonora di C4

Ad esempio, la sillaba prarp sarà una sillaba possibile in una lingua che
ammetta due consonanti nella coda; sillabe come *rparp/*prapr non
saranno invece ammesse dato che non rispettano la scala di sonorità (a
meno che la liquida non faccia sillaba a sè stante)

In italiano abbiamo sillabe non marcate del tipo CV in cui la scala di


sonorità si applica vacuamente (in quanto il nucleo vocalico è sempre più
sonoro della consonante che lo precede):

ve.la mu.lo do.no

Si è visto anche che in sillabe CCV la seconda consonante è sempre una


liquida, cioè una sonorante, quindi la scala di sonorità è rispettata (si noti
anche che le liquide hanno un maggior grado di sonorità rispetto alle
nasali):

p[l]i.co c[l]o.ne f[r]a.te c[r]e.ta t[r]o.ta

Si è visto invece che in sillabe chiuse la coda è sempre una sonorante o


una geminata, e che le uniche consonanti che possono stare in coda senza
alcuna restrizione sono le sonoranti:

fu[r].bo te[r].no fu[l].cro so[l].co bi[m].bo ti[n].ta

Ora, se nei seguenti casi applicassimo la regola che massimizza l’onset


otterremmo la seguente non corretta divisione in sillabe:

* ba.[n]ca pa.[l]co a.[r]te a.[n]tro pe.[l]tro

La prima consonante dell’onset della seconda sillaba è una sonorante, che


ha un grado di sonorità maggiore rispetto all’occlusiva adiacente al nucleo
sillabico; quindi abbiamo una violazione della scala di sonorità; in questo
caso non potremo applicare la regola che massimizza l’onset e dovremo
invece mettere la sonorante in coda alla sillaba precedente:

ba[n].ca pa[l].co a[r].te a[n].tro pe[l].tro


In questo modo la sonorante costituisce la coda della sillaba precedente e
viene a trovarsi adiacente al nucleo sillabico; l’occlusiva costituisce
esaustivamente l’onset della sillaba successiva, cosicché la scala di
sonorità viene rispettata.

Quindi, se non è possibile mettere una consonante in onset di una sillaba


perché ciò provoca una violazione della scala di sonorità, la metteremo in
coda alla sillaba precedente.
In italiano gli unici casi problematici sono con s, che vedremo più avanti.

Nei casi seguenti invece con la semplice applicazione di massimizza


l’onset otteniamo le seguenti sillabificazioni corrette:

li.bro a.fri.ca ne.gro tri.plo a.tle.ta

In questo caso gli onset complessi br/fr/gr/pl/tl sono possibili perché


rispettano la scala di sonorità, in quanto l’occlusiva precede la sonorante,
che a sua volta precede il nucleo.

Come si individua allora una sillaba?


a) si cerca il nucleo;
b) si cerca di mettere tutto il materiale possibile in onset a meno che ciò
non violi la scala di sonorità;
c) il materiale rimanente va inserito nella coda della sillaba precedente.

Si noti che nel caso delle geminate una va in coda ed una in onset della
sillaba successiva; nella sillabificazione delle geminate intervocaliche è
opportuno seguire la seguente modalità:

a[S.S]a a[L.L]o ra[N.N]o

Si potrà trascrivere seguendo l’ortografia, quando questa coincide con la


fonologia:

far.ro gom.ma pan.na nul.la

Nel caso delle affricate entrambe le seguenti possibilità sono ammesse:

paz.zo pa[t.ts]o
raz.zo ra[d.dz]o
strac.cio stra[t.tS]o
og.gi o[d.dZ]i

La sillaba può quindi constare di tre elementi: nucleo, onset e coda;


possiamo rappresentare la struttura interna della sillaba nel modo seguente:

sillaba

incipit nucleo coda

Possiamo chiederci a questo punto se ci sono delle unità intermedie;


esistono vari motivi per ipotizzare che anche i costituenti interni della
sillaba siano organizzati in una struttura gerarchica, ed in particolare che
il nucleo e la coda formino una subunità detta rima che a sua volta si
unisce all’onset per dare la sillaba, secondo il seguente schema:

sillaba

onset rima

nucleo coda

Vi sono diversi argomenti a favore dell’ipotesi che nucleo e coda insieme


(e non piuttosto onset e nucleo) formino un subcostituente della sillaba:

a) la rima determina il peso della sillaba: una sillaba può essere leggera o
pesante; è pesante se contiene una vocale lunga (un nucleo pesante) o se
ha una coda consonantica; altrimenti è leggera:

par.to ma:.re o:.tre fal.co te:.la ca.pri.cor.no

In italiano tutte le sillabe toniche sono pesanti.


Sono quindi nucleo e coda a determinare la pesantezza sillabica.
Si consideri ad esempio l’assegnazione dell’accento in latino, che cade sulla
penultima se questa è pesante ma sulla terzultima se la penultima è leggera:

populè:tum resona:re refèktor


con accento sulla penultima perché ha una vocale lunga o una coda

escògito pòpulus mèritum


con accento sulla terzultima perché la penultima è leggera perché la vocale è breve e
non ha nessuna coda

b) la rima poetica determina le caratteristiche della parte finale di un


verso; i versi in rima sono identici a partire dalla vocale dell’ultima rima
accentata fino alla fine del verso:
ultima: partì morì mangiò però mar far
penultima:partire morire mangiato prato coperta avverta
terzultima: probàbile stàbile vivere scrivere
quartultima: coòperano adòperano
c) nei lapsus linguistici si tende a cambiare l’onset tenendo intatta la rima:
mangio e bevo > bangio e mevo
sale e pepe > pale e sepe
La rima può quindi essere vista come una unità del sistema fonologico, ed
in particolare come un subcostituente della sillaba, perché ha una sua realtà
psicologica.

Vediamo ora come viene rappresentato il piano della sillaba in fonologia


autosegmentale:

inserire schema

Le restrizioni sulla struttura sillabica dell’italiano sono espresse dal


seguente schema:

sillaba

(incipit) rima

nucleo (coda)

+consonantico +consonantico vocale -sillabico


+sonorante +sonorante
+continuo (o geminata)

Questo schema ci dice che:


- l’unico costituente obbligatorio è il nucleo, che può essere costituito solo
da una vocale (e non da una sonorante);
- non si può avere un onset con più di due consonanti (la s è un caso a
parte che discuteremo poi); se l’onset è complesso la seconda consonante è
una liquida;
- non si possono avere due segmenti in coda;
- la coda può essere occupata solo da una sonorante o approssimante
(oppure dalla prima parte di una geminata).

Anche se la lunghezza vocalica in italiano non è distintiva, la vocale tonica


è più lunga in sillaba aperta che non in sillaba chiusa (ma se la vocale è
finale non si allunga); senza il concetto di sillaba non potremmo esprimere
questa distinzione.
La sillaba deve essere sufficientemente pesante da poter portare l’accento,
quindi deve ramificare.

Abbiamo osservato che una vocale in sillaba aperta non finale di parola
che porti l’accento primario si allunga:
pé:ro vs però cà:lo vs calò

Ciò che è rilevante è la pesantezza sillabica: se la sillaba accentata è


leggera, la vocale si allunga, rendendola pesante. Possiamo dire che in
italiano la sillaba accentata deve avere una certa pesantezza, deve cioè
avere una rima che ramifichi; se non ramifica grazie alla presenza di una
coda consonantica, allora sarà il nucleo vocalico a ramificare allungandosi
e raggiungendo la pesantezza necessaria.

Un altro fenomeno che può essere spiegato facendo riferimento alla


sillaba, ed in particolare alla rima, è il raddoppiamento sintattico, che si
manifesta con l’allungamento della consonante iniziale di una parola che
sia preceduta da vocale accentata.
Anche questo fenomeno è motivato dalla condizione della rima forte;
infatti si è visto che l’unica vocale accentata in sillaba aperta che non si
allunga è quella finale di parola ed è proprio questa che condiziona
l’allungamento consonantico nel RS.
Il raddoppiamento sintattico è quindi un fenomeno di risillabificazione che
fa sì che la consonante allungata venga divisa tra due sillabe formando nel
primo segmento la coda della prima sillaba e nel secondo segmento l’onset
(o parte di esso) della seconda sillaba; tale divisione della consonante in
due sillabe diverse è resa possibile dall’allungamento, dato che una
consonante lunga, come una vocale lunga, occupa due posizioni.
Con il raddoppiamento sintattico si ha il riempimento di una coda ‘vuota’,
cioè di un segmento temporale vuoto in posizione di coda, con i tratti della
consonante che segue.

Nel caso in cui la parola con sillaba accentata finale sia seguita da vocale o
chiuda la frase, il segmento temporale rimane vuoto.

Diamo alcuni esempi di sillabificazione nei casi di raddoppiamento


sintattico (che si verifica anche con e - eppure - o - ovvero ossia oppure -
ma - macché):
Pa.o.lo.eM.ma.ri.a.dor.mi.ran.no.dam.me
San.dro.sa.se.èv.ve.ra.of.fal.sa?
Mac.chév.vuo.le?

Hov.vis.to.tu.a.so.rel.la Hab.be.vu.to.du.e.li.tri.di.vi.no
E’p.par.ti.to.an.che.Gian.ni

Pie.tro.had.det.to.chet.tor.ne.ran.no.tar.di
So.cheM.ma.rio.si.èl.li.cen.zia.to
Hod.do.man.da.to.lo.ro.sef.fa.ran.no.tut.to
Sev.vie.ni.ci.di.ver.ti.re.mo

Chef.fa.te.lu.ne.dì? Chem.man.gi.ac.co.la[t.ts]ione?
Chit.te.l’had.det.to.chen.no.nèv.ve.ro?

An.drò.ap.pren.de.re.la[d.dZ]ac.ca
Hot.te.le.fo.na.to.am.mi.o.fra.tel.lo
Ab.bia.mo.ce.na.to.daG.giu.lia Sia.mo.qui.daf.fi.ne.lu[L.L]o

Qual.chev.vol.ta.do.vrem.mo.i[N.N]o.rar.lo
???Sie.te.ri.u[S.S]i.ti.af.fa.re.qual.chef.fo.to?

No.na.vràp.po.tu.to.par.ti.re. I.o.hog.giàm.man.gia.to
Per.chél.leg.gi.tan.to? Hav.ven.ti.trév.vo.lu.mi.di.fi.si.ca
Pre.fe.rìr.ri.ma.ne.re E.ra.piùv.ve.lo.ce.di.Gio.van.ni

Per.chés.sie.te.co.sìl.len.ti? Non.l’hop.piùs.sen.ti.to
A.vràs.si.cu.ra.men.te.ca.pi.to

Elenchiamo ora alcuni fenomeni fonologici di cui la sillaba costituisce il


dominio di applicazione:
- desonorizzazione/assordimento delle occlusive sonore in fine parola o in fine sillaba
in alcune lingue germaniche; ad es. in tedesco
Ra[t] ma Rae[d]er Ba[t] ma Ba[d]en
En[t]lich ma En[d]e
Lan[t] laen[t]lich

- allungamento compensatorio che si verifica in alcune lingue in cui viene cancellata


una coda consonantica allungando la vocale del nucleo; in greco antico alla terza
persona plurale del presente indicativo:
- όντσι(ν) > ούσι(ν)

Lo statuto di [s]
In italiano il segmento [s] si comporta in maniera eccezionale in vari casi:

a) è l’unica consonante che può precedere un onset biconsonantico:

sbrigarsi spremere straccio strada


aspro istrice estraneo mostra

In questi casi sembra essere violata la scala di sonorità all’interno della


sillaba, in quanto la sibilante, essendo una fricativa, ha un grado di
sonorità maggiore rispetto alla occlusiva che segue;

b) è l’unica consonante che in un onset biconsonantico può essere seguita


da una occlusiva, violando anche in questo caso la scala di sonorità:

storia specchio scatola pasto vispo lasco

c) è l’unica consonante che, se all’inizio di un nesso consonantico, non


subisce raddoppiamento sintattico:

farà strada ho spremuto il limone è sbarcato ieri


d) è l’unica consonante non sonorante che può trovarsi in coda di sillaba senza essere
geminata, cioè indipendentemente dall’onset della sillaba successiva:
Mi presti il lapis azzurro?
Questo rebus è troppo difficile

Tutti questi comportamenti ‘eccezionali’ sono riconducibili al posto che [s]


occupa nella struttura fonologica. Vediamoli nell’ordine:

a-b) cominciamo dalla violazione della scala di sonorità: ad esempio cosa


succede nella sillabificazione di parole come aspro - pasto?
Se sillabifichiamo la s come onset, come ci prescrive la regola di
massimizza l’onset oltre che le norme ortografiche, abbiamo una
violazione della scala di sonorità, perché la s, fricativa, precede l’occlusiva
pur avendo un maggiore grado di sonorità:
a.spro pa.sto bi.sca

Nonostante i criteri ortografici suggeriscano che nessi complessi del tipo


s+C(+sonorante) possano essere onset ben formati, vi sono vari motivi per
credere che questo non sia vero:

- si è visto che la vocale tonica si allunga in sillaba aperta, ma non in


sillaba chiusa:
‘pa:la ma ‘palla ‘ba:co ma ‘banco

Secondo la sillabificazione proposta, con la a in sillaba aperta, ci


aspetteremmo che la a di àspro - pàsto - bìsca, essendo tonica, fosse lunga;
invece da studi di laboratorio fonetico risulta che tale vocale è breve, come
quella di bar.ca: questo vuol dire che la s si sillabifica come coda della
prima sillaba, e non come onset della seconda; essendo in sillaba chiusa, ci
aspettiamo che la a sia breve.

- la sillabazione di parole che contengono una [s] preconsonantica in


sillaba non iniziale è l’errore più tipico dei bambini che imparano a
scrivere, che tendono a mettere la s alla fine di una riga, seguendo il loro
sistema fonologico piuttosto che le norme ortografiche.

Quindi, a dispetto delle apparenze, in questi casi non c’è alcuna violazione
della scala di sonorità, dato che la s viene analizzata come coda della
sillaba precedente:
as.pro pas.to bis.ca

c) Il problema si pone però per la s in posizione iniziale di parola; in


questo caso siamo obbligati a dire che la s è extrametrica, cioè non viene
sillabificata con il resto della parola.
Qusto ci porta al terzo problema: la s non subisce raddoppiamento
sintattico se seguita da occlusiva (+sonorante):

L’ho già strappato Perché scrivi tanto? Non hanno più sbagliato
La vocale finale è in sillaba aperta ed è tonica, quindi deve allungarsi; si è
visto che nel RS invece dell’allungamento si ha la creazione di una “coda”,
cioè di una posizione X sull’asse dei segmenti temporali, che viene
riempita con i tratti della consonante che segue.
Però nel caso che la parola seguente inizi con s, la s non appartiene
all’onset della prima sillaba, ma sillabifica direttamente con la vocale che
precede e viene analizzata come coda dell’ultima sillaba della parola che
precede; non c’è quindi bisogno di aggiungere un segmento o allungare
un’altra consonante:

L’ho già strappato > L’hog.gjàs.trap.pa.to


Perché scrivi tanto? > Per.chés.cri.vi.tan.to?
Non hanno più sbagliato > Non.han.no.piùs.ba[L.L]a.to
Avrà staccato la corrente > A.vràs.tac.ca.to.la.cor.ren.te
Farà strada > Fa.ràs.tra.da
Ho spremuto il limone > Hos.pre.mu.to.il.li.mo.ne
E’ sbarcato ieri > Es.bar.ca.to.je.ri

Possiamo dire quindi che la s iniziale seguita da consonante sillabifica con


la parola precedente, se possibile:

ho usato lo straccio vs l’ho pulito con stracci verdi


ho fatto la strada di casa vs sono passato per strade sterrate

Quando la parola è iniziale di frase si ha un problema perché o si viola la


scala di sonorità oppure la s non sillabifica:
stai.ac.ca.sa

Vi sono vari argomenti a favore di questa ipotesi:

- in alcune lingue in parole inizianti con un nesso s+consonante viene


inserita una vocale iniziale epentetica per formare un nucleo sillabico che
favorisca la sillabazione di s:

es.cue.la es.pe.ran.za es.cor.pion

i.n is.tra.da i.n is.viz.ze.ra pe.r is.crit.to

- gli articoli, le preposizioni articolate ed alcuni aggettivi prenominali


(bello, buono, quello) subiscono la cancellazione/mancata inserzione della
vocale finale quando la parola seguente inizia per vocale o con la maggior
parte degli onset consonantici:

un amico dell’eremita un buon amico quell’amico il bell’esempio


un gatto al cinema un buon libro quel volume un bel tipo

Tuttavia, la vocale è presente quando la parola seguente inizia con /s/


seguita da consonante; in questo modo si può risillabificare la s come coda
della sillaba il cui nucleo è costituito dalla vocale stessa:

los.tu.dio u.nos.pi.ra[L.L]o del.los.tu.den.te un buo.nos.ti.mo.lo


quel.los.tu.pi.do un bel.los.cher.zo

La stessa cosa succede nel caso delle consonanti lunghe in posizione


intervocalica: ζ λ ñ ts dz; in questi casi il primo segmento della geminata
viene sillabificato con la vocale del modificatore che precede:

lo[d.dz]e.ro al.la[ts.s]i.a
un bel.lo[ñ.ñ]o.mo quel.lo[S.S]e.mo

Altri onset consonantici che hanno lo stesso comportamento del nesso


/s/+C, cioè non inducono raddoppiamento sintattico e richiedono la
presenza della vocale finale sono i nessi [pn][ps][ks], che introducono
generalmente parole di origine straniera, cioè prestiti da altre lingue:

lop.neu.ma.ti.co quel.lop.si.co.lo.go un buo.nok.si.lo.fo.no

Gianni è psicologo > Gian.ni.èp.si.co.lo.go


Hanno cambiato tré pneumatici > Han.no.cam.bia.to.trép.neu.ma.ti.ci
Non comprerò più ksilofoni > Non.com.pre.ròp.piùk.si.lo.fo.ni

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