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Antonio PIÑERO
Universidad Complutense, MADRID
Introduzione
Si tratta, pertanto, di uno scritto che contiene, almeno in apparenza, una speciale rivelazione
di Gesù a Giuda Iscariota. Il testo termina con le parole: “Vangelo di Giuda”. Non si tratta,
dunque, di un “Vangelo secondo Giuda” (in greco katá Ioudan), nello stile dei vangeli
canonici, bensì di un “Vangelo riguardante Giuda”.
Possiamo anticipare che quest’auto-denominato Vangelo è un trattato veramente
gnostico che si inscrive dentro al gruppo chiamato “sethiano”. Suddetto Vangelo sembrerebbe
essere il primo scritto che conserviamo di questo ramo gnostico, così chiamato perché
presenta Seth, figlio di Adamo, come il primo essere in cui s’incarnò lo Spirito rivelatore della
divinità. A partire da Set, passando per i profeti e altri personaggi della Bibbia, questo
Rivelatore concluse la sua missione incarnandosi in Gesù.
Contenuto
Senz’alcun dubbio, il Gesù che appare in questo Vangelo non è quello comune della
tradizione cristiana normale, rappresentata dai Vangeli Sinottici (Matteo, Marco e Luca) e, a
modo suo, dal IV Vangelo, bensì il Gesù dei sistemi gnostici, il Rivelatore celeste di una
schiera di eletti, gli gnostici, i quali interpretano l’Antico Testamento, il cristianesimo, la
dottrina dei principi primi e lo stesso Rivelatore, alla luce della tradizione ebraica e cristiana,
certamente, ma con una mentalità basata sulla filosofia greca, particolarmente inspirata dal
platonismo medio volgarizzato. Si può dire: il gnostico dopo una rivelazione diretta e
primordiale –a egli direttamente o al maestro del gruppo, ha due fonti di conoscimento: questa
tradizione ebraica e cristiana (la Scrittura sacra bene interpretata) e Platone.
Si tratta di un Gesù che si prende gioco della poca comprensione dei suoi seguaci, in
apparenza veritieri, di quelli che costituiscono la normale Chiesa cristiana, vale a dire i
cristiani comuni, no gnostici. Questi cristiani, così come gli ebrei, non comprendono per
niente Gesù. Il Gesù/Rivelatore si burla [34/55] delle loro dottrine e dei loro riti. Schernisce
l’eucaristia [34] e il battesimo [55/56]. Inoltre critica duramente i “sacerdoti”, che
simbolizzano tanto le autorità e il popolo ebraico – gli ebrei del tempio di Gerusalemme,
quelli che vedevano i discepoli al tempo di Gesù -, come i preti della Grande Chiesa, non
gnostica. Tutti costoro offrono inutili sacrifici (critica all’eucaristia [38/39]), sono assassini e
omosessuali [39/55], e in realtà sono dominati dagli astri/angeli inferiori, gli spiriti malvagi
del potere che controlla questo “mondo di sotto”, il Demiurgo [40/55].
Vediamo un passaggio caratteristico:
E fu così che un giorno, dirigendosi verso i suoi discepoli, li incontrò riuniti e seduti
praticando la pietà. Quando li trovò riuniti e seduti celebrando l’atto di grazia (l’eucaristia) sul
pane, si mise a ridere. Allora i discepoli gli dissero: “Maestro, perché ridi dell’eucaristia?
Quello che facciamo è giusto”.
Egli rispose dicendo: “Non rido di voi. Però voi non fate ciò per vostra volontà, bensì
perché con questo rendete grazie al vostro Dio”. Essi dissero: “Maestro, tu [ ] sei il figlio del
nostro Dio”. Gesù disse loro: “Mi conoscete, forse? In verità vi dico che nessuna generazione
di uomini che stanno in mezzo a voi mi conoscerà”.
Quando i suoi discepoli ascoltarono queste parole cominciarono ad arrabbiarsi e a
infuriarsi e a bestemmiare in cuor loro conto di lui. Gesù da parte sua, vedendo la loro
ignoranza disse loro: “Perché questo turbamento vi produce una tale ira? Il vostro dio si trova
in mezzo a voi… (pp. 33,25-34,30).
In verità ti dico, Giuda, che coloro i quali offrono sacrifici in onore di “Saclas” [ ] dio (la
divinità inferiore di questo mondo = il Demiurgo) [ ] perché [mancano 3 righe]… [fanno] tutto
ciò che è male. Tu, tuttavia, sarai più di tutti loro, poiché l’uomo che mi porta/o che mi riveste,
tu lo sacrificherai (p. 56,1-20).
E la natura del premio di Giuda come gnostico e discepolo prediletto si espressa in maniera
poetica ma un tanto imprecisa :
“Ecco qua che ti sono state dette tutte le cose. Alza la vista al cielo e guarda la nube e la luce
che vi si trova e le stelle che le girano intorno, e la stella che è la guida, quella è la tua stella”.
Giuda, allora, alzò la vista al cielo e vide la nube luminosa ed (Gesù/Giuda?) entrò in essa (p.
57,15-30).
Non è semplice saperlo per un profano. È ciò che segue: il Dio Trascendente unico e distante
dall’universo –della cui creazione è responsabile solo in modo indiretto e lontano- è il Grande
Spirito Invisibile. Questa divinità è complessa. Per emanazione, e senza smettere di essere
Dio unico, ha rivelato che la sua essenza è composta da Lui più una sorta di elemento
femminile, che è come il suo coniuge, il suo “Pensiero” e la sua “Provvidenza”, denominati
Barbelo. Lo Spirito e il suo Pensiero formano due aspetti, due modi di essere dell’unica
divinità (p. 47).
Questi due modi hanno una “discendenza”, ma con la particolarità che tale “prole” si
auto-genera, o auto-emana, da sé: si tratta del Logos, o “Intelletto”. Il quale sarebbe il terzo
modo, o estratto della divinità (pp. 47-48)
Bisogna tenere in considerazione qualche cosa che sappiamo a traverso il Vangelo
della Verità, cioè che, in una certa maniera, ogni modo o estratto suppone una “riduzione ad
inferiora”. Il proiettarsi verso l’esterno è, da un lato, volontario da parte della divinità; ma
dall’altro, suppone una determinata “degradazione”. È importante che in questo “nucleo
rigido” della divinità si trovi una sorte di “trinità” primordiale composta da Padre, Madre e
Figlio. Fino a qui –ci dice il Vangelo di Giuda- ci troviamo di fronte al mondo assolutamente
superiore: il Pleroma, o pienezza superiore.
Il Logos, auto-generato, è ciò che mediante un processo misterioso –i sethiani non si
concentrano chiaramente nel tema della degradazione della divinità, come fanno invece altri
gnostici, i valentiniani- sarà la causa del “mondo divino inferiore” o Pleroma “pienezza
inferiore”, che si trova un gradino più in basso rispetto a quello superiore. Però i due,
superiore e inferiore, costituiranno, insieme, il Pleroma o pienezza divina.
Il Logos genera o emana quattro esseri divini, “eoni”, designati come “luminari”. I
loro nomi sono mitici, però compaiono in molteplici scritti sethiani: Armozel, Oriel, Davietai
ed Elelet. Eccetto Armozel, questi nomi non appaiono nel Vangelo di Giuda ma li conosciamo
da altri testi sethiani. Questi sono gli paredri di eoni femminile de Barbelò.
All’interno di codesto ambito divino inferiore, che chiameremo il quarto strato
discendente della divinità, i quattro eoni emanano altri eoni. Tra i quali spicca
“Adamo/Adamas”, o l’idea dell’ “uomo primordiale”, nozione archetipica dell’essere umano
perfetto, che esiste da sempre davanti a Dio [48,20].
Il quinto strato della divinità, che non è solo espressamente menzionato una vece nel
Vangelo di Giuda (p. 44), è un prodotto dell’eone Elelet, che si denomina “Sapienza”, che
troviamo, invece, in altri scritti gnostici del ramo sethiano. La maggior parte dei trattati
valentiniani e sethiani conosce un momento di rottura nella divinità, che vede protagonista
questo personaggio –Sapienza (gr. Sophia) o Pistis- identificato, a volte, con l’ultimo eone del
luminare Elelet. La funzione dell’eone Sapienza è quella di creatrice dell’universo: è la
“madre dell’universo”: Sapienza è “colei che guardò verso il basso”.
Quest’azione apparentemente buona, non lo è in realtà: Sapienza operò in proprio,
senza il volere del Dio trascendente; per propria iniziativa desiderò plasmare come esistente
ciò che vedeva idealmente nell’essenza del Dio Trascendente.
Il prodotto di quest’atto fu duplice e, in fondo, cattivo: da un lato, la creazione della
materia puramente intelligibile, ancora senza forma, e dall’altro, la produzione di un essere
semidivino ma imperfetto, l’Arconte, il Gran Capo dell’universo, il Demiurgo, che, come
vedremo, è Yahweh (cui nominato Saklas).
Questi sarà l’incaricato, anche a causa del proprio impulso, di operare sulla materia
puramente intelligibile e di generare l’universo materiale, fatto di materia e -impiegando un
linguaggio aristotelico- di “forme”, che prende dalle idee già esistenti nella pienezza della
divinità. Per la creazione dell’essere umano all’interno dell’universo, il Demiurgo fa
riferimento, coppia all’archetipo dell’”uomo perfetto” esistente nel Pleroma, Adamas.
L’uomo è creato a immagine del Demiurgo e a somiglianza del Dio supremo. Il Demiurgo è
creatore anche della parte non corporea dell’uomo, la sua anima, lo “psichico” o alito vitale
[52/53]. Inoltre, in modo abbastanza misterioso, lo stesso Demiurgo trasmette all’essere
umano –forse non a tutti- una specie di “scintilla divina”, che procede da sua madre Sapienza.
Questa scintilla è lo spirito, consustanziale dello Spirito della Divinità Trascendente, il
Grande Spirito invisibile. L’uomo è composto, quindi, da corpo, anima/alito e spirito. Ma solo
quest’ultimo procede dal Trascendente.
Così, la materia visibile, l’universo e l’uomo, non sono creati direttamente dal
Trascendente, che è libero da ogni sorta di contatto diretto con il mondo inferiore, bensì dal
Demiurgo, l’entità nata dalla Sapienza.
Questo personaggio –come abbiamo detto- è Yahweh o Saklas, il “dio” (con
minuscola) dell’Antico Testamento. È un “dio” secondario e ignorante perché –nonostante
generi e controlli il cosmo, vale a dire la perdizione/la materia [50]- ignora l’esistenza
dell’unico e vero Dio (con maiuscola), il Grande Spirito Trascendente Invisibile.
Il Vangelo di Giuda presuppone così che disgraziatamente lo spirito o favilla, che
ricevono Adamo e i suoi discendenti è incatenato nella materia: nello stesso corpo umano e
nell’universo. Il Demiurgo/Yahweh non ha nessun interesse perché questa situazione pessima
della umanità cambi, però la Divinità superiore, sì. Per il fatto di opporsi a questi piani di
redenzione dello spirito, trattandosi alla fin fine di un essere inferiore e materiale, il Demiurgo
e tutto il suo universo, alla fine dei tempi, saranno distrutti [57].
L’Auto generato/Logos è l’incaricato della Divinità Trascendente di discendere dai
cieli alla terra e liberare la scintilla divina, lo spirito. Così fa in diverse occasioni:
Adamo/Seth/alcuni profeti/Gesù. La prima rivelazione del Salvatore è rivolta ad Adamo.
L’aver mangiato la mela gli ha donato una sapienza superiore al re del Caos (il Demiurgo)[54]
per il semplice fatto di avergli disobbedito.
In Gesù –come ultimo anello della catena della rivelazione- risiede, quindi, occulto,
“incarnato”, il Logos o Auto generato [37] che, vale a dire, prende un corpo apparente [56] e
vi s’involge. Gesù/Auto generato rivela tanto durante la sua vita pubblica in Galilea e Giudea,
ossia dentro l’ambito del Demiurgo, quanto, e soprattutto, dopo la resurrezione [33].
Il Salvatore, il Logos, rivela i misteri del regno inferiore [35/36] ma i discepoli, come
abbiamo detto, non lo capiscono. Ciò è terribile perché la verità suprema si ottiene solo
attraverso rivelazione [34]. Apparentemente, l’unico capace di comprendere è Giuda. In
realtà, Giuda, pur essendo il numero 12, diviene il 13 dei discepoli [46], vale a dire esce dai
Dodici che rappresentano Israele e i membri della Grande Chiesa cristiana, “psichica”, che
comprende il Rivelatore solo a metà. L Vangelo di Giuda rivela che tutto il sistema dei
sacramenti della Chiesa e la nozione del sacrificio de Cristo nella croce è sbagliata.
È una grande discussione se –secondo il Vangelo di Giuda- il mondo, e la Grande
Chiesa anche, sono formati da tre classi di uomini, divisi in merito alla prevalenza in essi di
una delle parti costitutive: spirituale, psichica e carnale [53]. La dottrina tradizionale della
chiesa, quella che praticano tutti i suoi membri, appartiene agli uomini intermedi, non gnostici
ma psichici, che non comprendono la rivelazione poiché non possiedono lo spirito o perché
sono “ebbri” o “appisolati”. I discepoli, che anticipano i futuri fedeli cristiani semplici,
addirittura si irritano con Gesù poiché questi si separa un tanto da loro [34].
Al contrario, spirituali, gnostici o “conoscitori”, il cui spirito rende consustanziali del
Trascendente [57], costituiscono “una razza o generazione speciale”, quella di Seth, cioè
quella procedente da questo patriarca. Come suoi discendenti, sono liberi dal potere del
Demiurgo. Gli spirituali ricevono in pieno la rivelazione [57] e si salvano plenamente.
Vedremo ora se sono, o no, rappresentati da Giuda.
A) Sono stati commessi gravi errori di traduzione del testo copto. Esistono passaggi
importanti che, o sono stati ricostruiti erroneamente, o sono stati tradotti in maniera errata.
B) Diversi passaggi del Vangelo sono stati mal interpretati. Una lettura più
approfondita, coadiuvata da ciò che sappiamo dalle altre opere di carattere sethiano, mostra
che l’autore del Vangelo di Giuda in verità trasmette un’immagine di questi totalmente
negativa, addirittura peggiore di quella fornitaci dai vangeli canonici, poiché il traditore non si
pente.
Vediamo brevemente questi argomenti. Mi concentrerò nei casi più eclatanti, così
come sono stati raccolti dal mio collega Fernando Bermejo
Cominciamo dall’argomento A):
1. A p. 44,20-21 Gesù si rivolge a Giuda chiamandolo “tredicesimo daímōn” (no
spirito!). Normalmente questo sostantivo si non si traduce con “demone” o “demonio”, ma
con spirito. In questo modo acquisisce una connotazione positiva. Tuttavia, in questo caso si
tratta di una traduzione problematica, cattiva, del termine, per le seguenti ragioni: a) il
Vangelo di Giuda utilizza in altri passaggi la voce ‘pneuma’ (spirito), ma non qui; b) è tipico
delle fonti gnostiche che il termine in questione, e i suoi derivati, si riferiscano a demoni, -in
contrasto con gli spiriti benevolenti- e a gli ‘arconti’ ribelli e i loro seguaci, tutti subordinati al
Demiurgo; c) questa negatività è potenziata dall’essere qualificato il termine ‘daímōn’ come
‘tredicesimo, giacché il numero tredici, nelle fonti gnostiche, è abitualmente nefasto:
appartiene al mondo inferiore, cioè non si salva.
2. In 45,11ss Giuda, dopo aver descritto a Gesù una sua visione (di una casa celeste),
chiede di essere considerato tra coloro che si salvano, vale a dire tra coloro che entrano in
questa casa. Tuttavia Gesù gli dice: “La tua stella ti ha ingannato. Nessuno, appartenente
all’umanità mortale, può entrare nella casa che hai visto”. Sappiamo già che l’autore del
Vangelo di Giuda pensa che ciascun’anima umana sia consegnata alle cure di un angelo/stella
(47,7ss). Perciò, quello di Giuda è un angelo malvagio e l’ha ingannato.
Immediatamente dopo, in 46,12, Gesù dice che Giuda soffrirà molto. Questi, inquieto,
chiede (46,16-18) “A cosa mi serve averlo ricevuto? Perché mi hai riservato per quella
generazione (quella dei salvati, la generazione di Seth)”. Ossia, Giuda appartiene a questa
generazione eccelsa e si salverà.
Ebbene, questa traduzione è erronea, per due ragioni: a) perché il testo copto non
significa “separare per qualcosa” = “scegliere per qualcosa”, ma “separare/ritirare da
qualcosa” = escludere; b) “perché la traduzione è, nel contesto, totalmente priva di significato:
Giuda non si lamenterebbe, nella prima parte della frase (‘A cosa mi serve averlo ricevuto? (il
contenuto della rivelazione) se nella seconda parte della stesse dicendo che verrà salvato. Se
Giuda si sta lamentando, è precisamente perché è stato escluso dalla generazione santa, vale a
dire perché non sarà salvato”(F. Bermejo). Pertanto, laddove prima si traduceva: “Mi hai
separato/scelto per questa generazione”, ora si traduce “Mi hai escluso da questa
generazione”. Prima salvezza, ora condanna.
3. Questa idea è confermata con una nuova lettura di 46,23-24. In questo passaggio la
prima edizione, provvisoria, del Vangelo di Giuda traduceva così alcune parole di Gesù a
Giuda: “Essi –i non gnostici- malediranno la tua ascesa (npekktēe) alle alture (alla
generazione) sante”. Ossia, Giuda si salverà poiché appartiene alla “generazione santa” di
Seth. Al contrario, la nuova edizione critica presenta una lettura differente del passaggio: “Tu
non ascenderai (nekbōk) alla (generazione) santa”. Il senso cambia completamente, e in
negativo: Giuda non sarà salvato poiché non salirà alla “generazione santa” (di Seth).
4. In 56,12s Gesù menziona sacrifici a Saclas, il Demiurgo, e (dopo una lacuna di tre
righe) finisce sembrando affermare che questi sacrifici sono “erronei” (56,17). Allora Gesù
dice a Giuda “Però tu sarai più di costoro (li supererai), perché sacrificherai l’uomo che mi
riveste” (56,18-20). È questa la versione della squadra di M. Meyer, la quale comporta un
senso molto positivo: Giuda sarà migliore di chi offre sacrifici al Demiurgo.
Ebbene, questo senso positivo è molto arduo, poiché il testo copto dice letteralmente
“Tu farai più di loro”. In che senso Giuda “farà di più”? Louis Painchaud e F. Bermejo
argomentano così: “Il senso può essere determinato solo in funzione del contesto. E risulta
che questo sia francamente negativo, poiché Gesù sta giudicando severamente chi realizza
sacrifici destinati al dio di questo mondo, Saclas, e ciò si rifà, inoltre, alla dura critica di questi
stessi sacrifici espressa in precedenza nel Vangelo di Giuda, alle pp. 38-41.
“Dunque, quando Gesù dice a Giuda “farai più che tutti loro, perché sacrificherai
l’uomo che mi riveste”, ciò che sembra dire è che compirà un male ancor più grande che
quello commesso da chi offre sacrifici a Saclas, il Demiurgo, siccome Giuda sacrificherà lo
stesso Gesù ai malvagi arconti. Giuda è ancora più colpevole, poiché realizza un sacrificio
umano! Il corpo del Rivelatore!”.
5. In 56,23 si suole tradurre: “La tua stella ha brillato”, per indicare che l’anima di
Giuda brilla, considerato che il Vangelo di Giuda sembra condividere la credenza platonica
(Timeo, 41D-2B) secondo la quale il Demiurgo ha assegnato ogni anima ad una stella. F.
Bermejo commenta: “Il problema di questa traduzione è che non corrisponde affatto col
significato del verbo copto jōōbe, che significa ‘passare, raggiungere’. Di fatto, nella nuova
edizione critica gli stessi editori si auto correggono e traducono in forma distinta: ‘Your star
has passed by’. Non significa che la stella di Giuda brilli con un’intensità speciale, bensì che
la stella è ‘ascesa’, ossia che è passata o che ha raggiunto il suo posto, e che Giuda è
immancabilmente vincolato al proprio “destino”, vale a dire che Giuda deve essere
condannato, in conformità a ciò che abbiamo detto prima, siccome questa stella appartiene
all’ambito inferiore, dove non c’è la vera salvezza. Giuda non ascende al Pleroma.
In conclusione: l’immagine di Giuda risultante da queste traduzioni è molto diversa da
quella dell’altra interpretazione. Si tratta di un Giuda che appartiene all’ambito dei demoni, al
di fuori della generazione santa di Seth, e che deve essere condannato. Per quale motivo? In
modo speciale per il suo tradimento, per aver sacrificato il corpo di Cristo a Saclas, il perverso
Demiurgo per essere il massimo sacrificatore cattivo. Giuda regnarà perché grazie a >lui
l’interpretazione sacrificale della morte di Gesù alla croce divendrà fissa e dogmatica.
Seguiamo con l’argomento B): senza dover ricorrere a errori di traduzione, bisogna confessare
che diversi passaggi del Vangelo sono stati mal interpretati.
1. Nella parte finale dell’ultimo dialogo tra Giuda e Gesù, si legge: “’Alza lo sguardo e
osserva la nube, e la luce che si trova in essa, e le stelle che la circondano. La stella che
ascende è la tua stella’. Giuda alzò gli occhi e vide la nube luminosa. Ed entrò in essa. Quelli
che stavano in piedi udirono una voce proveniente dalla nube che diceva...” (57,16-26).
Generalmente gli investigatori, ed io stesso tra questi, interpretavano che fosse Giuda a
entrare nella nube, e che ciò avesse un significato positivo: Giuda ascende all’eone superiore.
Tuttavia esiste un vero problema d’interpretazione. Chi entra potrebbe essere lo stesso Gesù,
non Giuda. Ma ipotizziamo che sia questi a entrare nella nube. Nella visione Giuda è
rappresentato dalla sua stella, al di fuori della nube. Secondo ciò che abbiamo detto fino ad
ora, quest’”ascesa ed entrata” di Giuda non può significare un’ascensione “alla generazione
santa”, come abbiamo visto prima in 3-, ma solo un’ascensione fino al tredicesimo eone, qui
appartiene al mondo inferiore.
2. Gesù si prende gioco in malo modo tanto di Giuda quanto degli altri discepoli.
3. Il Vangelo di Giuda non è altro che una rilettura del Vangelo di Marco. In esso i
discepoli non comprendono niente e quelli che riconoscono la vera natura di Gesù sono, in
verità, i demoni. Giuda, benché sappia chi è veramente Gesù, può essere un “demonio”.
4. Di sicuro, che Giuda sia il ricettore di una speciale rivelazione fa subito pensare che
si tratti di una rivelazione gnostica, buona. Il Vangelo di Giuda contiene, però, una manifesta
mala considerazione dei Dodici. Dunque, elevando Giuda a un grado superiore a questi, il
Vangelo si porterebbe a un livello di sarcasmo vicino al limite. Detto in maniera brutale, il
messaggio trasmesso dal testo sarebbe che i Dodici (e, pertanto, la ‘Grande Chiesa’ che si
nomina loro erede) sono talmente sciocchi che perfino uno come Giuda –un essere di natura
demoniaca- è più sapiente di loro…cosa che non dovrebbe essere tanto scioccante. Come
abbiamo appena visto, nel Vangelo di Marco sono i demoni e gli indemoniati che riconoscono
l’identità di Gesù. In questo caso, la critica alla Chiesa, alla sua teologia (sacrificale) e alla sua
gerarchia –espressa in maniera forte in altri testi gnostici, in particolare sethiani- sarebbe
portata all’estremo.
A dire la verità, non lo so. E d’ora in avanti sarò più cauto quando si tratterà di difendere la
mia vecchia posizione. Tuttavia, questa interpretazione nuova, che ritorna al Giuda malvagio
di sempre, presenta anch’essa i suoi problemi:
1. Il testo del Vangelo di Giuda è, disgraziatamente, lacunoso. La soluzione a questi
problemi interpretativi potrebbe trovarsi nelle parti mancanti. Persino in ciò che conserviamo,
la lettura è, con frequenza, difficile o dubbiosa. Anche l’interpretazione del contenuto è
tutt’altro che semplice, anzi, offre aspetti insoliti e perfino apparentemente contraddittori. Ad
esempio: tra i cinque eoni che regnano nell’inferno e, per prima cosa, sul caos, si trovano Seth
e Cristo! Secondo il testo indubitabile del Vangelo di Giuda (52,4-6). Questa lettura è però
impossibile. Altro esempio: Nessuno se salverà se interpretiamo alla lettera gli testi delle
pagine 34, 37 e 45!
2. Per difendere la nuova interpretazione bisogna supporre che gli eresiologi, Ireneo,
Pseudo Tertuliano ed Epifanio, sbagliarono completamente nell’interpretare il Vangelo di
Giuda, che probabilmente avevano sotto i loro occhi. Quest’idea si scontra con la tradizionale
affidabilità e le buone capacità d’intendimento, soprattutto d’Ireneo di Lione, quando parlano
dei gruppi gnostici e delle loro opere, senza contare che ciascuno di essi dispone di
informazioni per proprio conto. Gli ultimi due non dipendono unicamente da Ireneo di Lione.
3. Se Giuda non è uno spirituale, uno gnostico, anzi, al contrario è un arconte maligno,
il titolo del Vangelo di Giuda si dovrebbe intendere come “Vangelo dell’(arconte) Giuda”. Ci
troveremmo di fronte a un caso insolito in tutta la letteratura gnostica e anche cristiana: un
vangelo attribuito a un personaggio dell’universo arcontico, maligno, in molti casi assimilato
al diavolo. “Il vangelo di un diavolo”. E non dobbiamo argomentare che il titolo indica che si
tratta di un’opera “riguardante Giuda”, “intorno a Giuda”. Uno scritto riguardante l’arconte
Giuda non sarebbe mai definito “vangelo”.
4. È difficile accettare che l’intero Vangelo di Giuda sia una terribile parodia. Nessuno
di quelli che intervengono nella trama si salva né i Dodici né Giuda. E se quest’ultimo non è
uno gnostico, ma solo una “imitazione” imperfetta, nessuno appare nella narrazione nei panni
di un vero gnostico. La rivelazione di Gesù si perde nel vuoto. Anche questa prospettiva
renderebbe il Vangelo di Giuda un caso unico in tutta la letteratura gnostica: un Gesù che
sbaglia come Rivelatore.
1. Nessuna in quanto al sistema della gnosi sethiana, che già conoscevamo –in linea
generale sia grazie ai Padri della Chiesa –specialmente Ippolito di Roma, Refutazione di tutte
le eresie XIX 1-22 ed Epifanio, Panarion XXXIX 1-5- sia per certi scritti di Nag Hammadi
considerati sethiani: Apocrifo di Giovanni, Vangelo degli egiziani, Secondo trattato del
grande Seth, Tre stele di Seth, Zostriano, Marsanes, Allogenes e Trattato tripartito.
2. Nessuna novità neppure rispetto alla funzione che gli gnostici sethiani ascrivevano a
Giuda secondo l’interpretazione degli eresiologi.
3. E se si accetta l’altra interpretazione, l’unica funzione svolta dal Vangelo di Giuda è
difendere l’opinione su di lui (Giuda) che affonda le sue radici nel Vangelo di Marco. E dare
un’interpretazione ed una rilettura portate al limite del sarcastico, in cui i discepoli non
comprendono niente di Gusù, non sono affatto dei “conoscitori”. Nemmeno questo, tuttavia,
fornirebbe alcun tipo di informazione veramente nuova. Giuda sarebbe soltanto il fautore
della interpretazione sacrificale, erronea, della morte di Gesù.
L’autore del Vangelo di Giuda è totalmente sconosciuto. La lingua originale dello scritto fu
senza dubbio il greco, che traspare dalla versione copta. La data di composizione sembrerebbe
aggirarsi verso la metà del II secolo d.C., giacché il sistema gnostico sethiano che compare in
esso, si mostra non ancora pienamente sviluppato, cosa che avverrà più tardi.
Al finale del IV secolo questo vangelo fu tradotto alla lingua egiziana e copta; e
copiato ed editato con uno scriptorium molto simile a quello che produsse i testi di Nag
Hammadi, se non nello stesso. La prova del carbonio 14 indica che il papiro su cui fu scritta
questa traduzione è datato a finale del III secolo.
In conclusione:
In un modo o nell’altro, con una o l’altra interpretazione, la scoperta del Vangelo di Giuda è,
di per sé, un avvenimento eminentemente filologico. Non ci aiuta a ricostruire la storia, ma,
come precoce codice in papiro conservato nel suo formato originale, contribuisce, in primo
luogo, allo studio materiale della letteratura in lingua copta...nonostante il cattivo stato in cui
ci è arrivato. Il “Vangelo” contribuisce, inoltre, allo studio delle comunità gnostiche in Egitto.
In tal caso, potrebbe trattarsi di un gruppo localizzato un poco più a sud rispetto alla ormai
famosa comunità di Nag Hmmadi, e comporterebbe un’estensione geografica più ampia dei
seguaci delle credenze gnostiche.
Senza dubbio, come fenomeno mediatico, la propaganda concessa al rinvenimento del
codice Tchacos è in parte ingannevole. Dobbiamo sottolineare che non è stato scoperto niente
di sostanzialmente nuovo né che sia necessario rivedere alcun aspetto del dogma o della storia
del cristianesimo primitivo ed odierno, in ragione dell’ apportazione di questo testo. Fu
dichiarato eretico già nel II secolo e non c’è ragione di riaprire questo discorso. Tuttavia, è
sempre fonte di soddisfazione rinfrescare le idee fissate e fossilizzate e prendere in
considerazione le cause degli avvenimenti che segnano la nostra storia e le nostre credenze.