Sei sulla pagina 1di 10

Lectura Patrum Fodiensis 7.

2013
9 maggio 2013

La condizione femminile in età tertullianea

Sandra Isetta

La Chiesa d’Africa comincia a costituirsi piuttosto tardi, verso la fine del II secolo.
Cartagine è tuttavia ricordata come una delle province più floride e civilizzate 1, con una solida
cultura latina, e anche greca, di carattere decisamente pagano, basti pensare a Frontone e a Apuleio
che, nelle Metamorfosi (9, 13), prende di mira proprio la donna cristiana, definendola presuntuosa e
sacrilega per la sua fede in un solo Dio.

La religiosità africana, prima del movimento cristiano, si esprimeva nei culti fenici,
misterici e magico-religiosi, animistici, oltre che nell’astrologia e zoolatria.

Secondo le testimonianze epigrafiche, erano particolarmente fiorenti le comunità ebraiche,


anch’essa recenti, a partire dal I secolo e, a Cartagine, dagli inizi del II secolo. Erano costituite da
ebrei della diaspora che pertanto parlavano l’idioma locale.

Le comunità cristiane sorgono prima del 180, poiché il 17 luglio di quell’anno avvenne il
celebre eccidio dei martiri scillitani, cristiani indigeni, del villaggio di Scillium appunto.

Originariamente, quindi, la prima comunità era costituita da abitanti delle campagne anche
se, nemmeno un ventennio dopo, nel 197 secondo Tertulliano (ad Scapulam 3,1), la religione si
diffuse tra uomini e donne di classi sociali elevate. Peraltro, dal 189 al 198, un africano, Vittore,
divenne vescovo di Roma, città da cui sarebbero provenuti i primi cristiani, per gli stretti rapporti
intercorrenti con la chiesa di Cartagine, sempre secondo Tertulliano (Praes. 36, 2-4).

Non ultimo, anzi molto rilevante nell’economia del discorso, il movimento montanista
cartaginese il cui rigorismo, come noto, conquistò Tertulliano che tuttavia, per lo meno agli inizi,
non instaurò una situazione di rottura con la Grande Chiesa. Le sue posizioni intransigenti, prima
connaturate ma poi irrigidite nell’estremismo, sono rilevabili soprattutto nelle opere a carattere
morale, sul servizio militare, sul martirio, sulla donna, sul matrimonio.

Le poche precisazioni di questa premessa si sono rese necessarie perché ne incontreremo


alcuni riferimenti: lo status sociale delle donne cristiane; le martiri; le spose; le vedove; le vergini; le
profetesse. La scena degli degli avvenimenti è la chiesa africana, teatro di estremismi, dal
montanismo al donatismo.

Poiché il titolo assegnatomi fa riferimento alla condizione della donna in età tertullianea,
esamineremo testimonianze principalmente di Tertulliano, con riferimenti a ulteriori documenti
contemporanei e, ovviamente, di area cartaginese.

1
Cfr. C. Moreschini – P. Podolak, Tertulliano. Opere apologetiche, Roma 2006, («SCAR 1»), p. 7.
1
Lectura Patrum Fodiensis 7. 2013
9 maggio 2013

Quando si prende in esame il periodo apologetico della Letteratura cristiana antica, sarebbe
buona norma verificarne i contenuti in opere appartenenti a un genere a prima vista lontano, se
non opposto: l’agiografia o meglio il suo nucleo originario, gli Atti e Passioni dei Martiri.

L’apologetica e i vari trattati polemici si esprimono infatti secondo canoni ben precisi che
sviluppano argomenti di difesa e di edificazione teologico morale, e che a pieno titolo guadagnano
una collocazione nella cosiddetta Patristica. Sta alla vis retorica dell’autore conferire al dettato forza
e vivacità espressiva, e Tertulliano in questo si dimostra un maestro.

Gli Atti e Passioni dei martiri sono invece il prodotto di una letteratura devozionale, provengono
‘dal basso’, sono una sorta di memoriale e di culto insieme. In ambito scientifico, tuttavia,
l’agiografia è ormai sdoganata dall’etichetta di letteratura ‘inferiore’.

Un quadro completo delle molte espressioni del cristianesimo delle origini - e non solo ma
anche di quello posteriore -, nel nostro caso quello africano relativo alla donna emerge dalla lettura
parallela di questi due generi di opere.

È lo stesso discorso che si applica ai testi neotestamentari che trovano in quelli apocrifi
complementarietà e occasioni di verifiche storico letterarie, con le debite valutazioni dell’impronta
di pensiero, più o meno ortodossa o del tutto eterodossa.

L’apologetica, come i trattati teologico-morali, e gli Acta martyrum esprimono i medesimi


concetti, teologici e morali, sulla base di fatti storici realmente accaduti. Lo conferma Eusebio di
Cesarea che nell’Historia ecclesiastica coniuga la storicità delle persecuzioni a descrizioni a pieno
titolo agiografiche, si pensi al libro VI, una vera e propria agiografia di Origene.

La testimonianza di Tertulliano sulla condizione femminile, pur in prospettiva personale, trova


una verifica nella coeva Passio Perpetuae et Felicitatis (peraltro attribuita allo stesso Tertulliano),
collocata all’epoca di Ilariano, governatore della provincia d’Africa tra il 202-203.

Da questi due testi ricaviamo notizie che collimano e forniscono un quadro della vita ‘al
femminile’ di queste comunità cristiane, molto giovani, occorre ricordarlo.

1. La Chiesa d’Africa e la Nuova Profezia

Molto si discute ancora su Tertulliano premontanista e montanista, che subisce l’esito di una
divisione di comodo ma troppo rigida, perché in realtà c’è continuità nell’evoluzione del suo
pensiero.

Il suo atteggiamento verso la donna può costituire l'angolo d'osservazione dell’evolversi


del suo pensiero verso l’intransigenza e l’urgenza escatologica, verso la formulazione di una
prospettiva soteriologica imminente e severa.

2
Lectura Patrum Fodiensis 7. 2013
9 maggio 2013

Anzi, in quest’ottica va intesa l’attenzione opprimente che l’Apologista riserva alla donna.
Tertulliano vuole condurla alla salvezza, nel totale piano di redenzione dell'umanità, in una corsia
necessariamente preferenziale.

La prima peccatrice è la prima da redimere.

Pressoché insieme al de cultu feminarum (202-203), Tertulliano scrive l'Ad uxorem, la prima di tre
successive riflessioni sul matrimonio che s'irrigidiranno nell'inflessibile De monogamia,2 rigorosa
difesa dell’unicità del matrimonio cristiano subentrata a un’iniziale tolleranza delle seconde nozze.
La definitiva adesione al Montanismo dello scrittore africano passa attraverso la progressiva
radicalizzazione del pensiero paolino, in sempre più serrata chiave di lettura escatologica, con
impliciti risvolti ascetici, che comportano l’adeguamento delle norme di vita dei cristiani al tempo
incombente della parusia.

Il matrimonio ha esaurito la sua funzione e i tempi ultimi esigono la pratica della castità (1Cor
7), per preparare la carne a indossare la veste dell’incorruttibilità eterna (Exh. 6,1-2): il pensiero di
Tertulliano non conosce fratture ma continuità, o esasperazione, di tensione etica e escatologica. La
medesima consequenzialità, tra tempo della storia e tempo ultimo, è percepibile nelle due opere
disciplinari sull’abbigliamento femminile, Cult. e Virg.3: il corpo della donna è al centro di una
graduale messa a fuoco della necessità di porre rimedio e poi fine alle tentazioni e ai peccati della
carne.

Alla serie di restrizioni riguardo l’eccessiva artificiosità della toeletta, per non enfatizzare la
bellezza naturale della donna (Cult.), cede il passo la categorica prescrizione del velo a tutte le
donne (vergini, spose, vedove), per neutralizzarne ogni possibile attrattiva (Virg.).

In questa prospettiva di progressione ascetica, sfumano molte delle apparenti contraddizioni


rilevabili in Tertulliano che, nei confronti della donna, esprime sia formule di accusa e totale
subalternità all’uomo, sia aperture di complicità se non di privilegio: proprio nella fase montanista,
infatti, riconosce il carisma profetico femminile, di pari dignità rispetto a quello maschile. 4
L’ambivalenza di tali estremi è riconducibile al pensiero polemico di Tertulliano contro le istanze
gnostiche e alla sua naturale permeabilità alle influenze encratite del primo cristianesimo.
Tertulliano è certo uno dei più vivaci interpreti dell’imminenza escatologica e dell’urgenza
ascetica, ma al tempo stesso è uno dei più decisi difensori della bontà della carne contro le filosofie
pagane e le eresie.5 Il corpo non è un malum, in quanto creatura divina, ma va cautelato dalle azioni
malvage connesse alla carne, come, ugualmente, il bonum della naturale bellezza femminile non
deve essere contaminato con ornamenta diabolici (Cult.), finalizzati alla caduta nel peccato. Nel

2
Ibid., 17ss; rimando a R. Uglione, Q.S.F. Tertulliano, Le uniche nozze, Torino 1993 (CP 15); Idem, Tertulliano,
in in E. dal Covolo (ed)., Donna e matrimonio alle origini della Chiesa, Roma 1996, pp. 83-110.
3
E. Schulz-Flügel, Tertullien. Le voile des vièrges, Paris 1997 (SCh 424); P.A. Gramaglia, De uirginibus uelandis.
La condizione femminile nelle prime comunità cristiane, Torino 1984.
4
Cfr. G. Sfameni Gasparro, Aspetti e problemi della condizione femminile nel Cristianesimo dei primi tre secoli
(profezia, enkrateia, gnosi). Prospettive di sintesi, in E. dal Covolo cit., pp. 111-160.
5
Cfr. Tertulliano. Opere apologetiche, cit., p. 109 s.
3
Lectura Patrum Fodiensis 7. 2013
9 maggio 2013

tempo dello Spirito, questa fase è superata, la bellezza stessa diviene ornamentum, il corpo deve
essere velato (Virg.).

Proprio la coeva Passio Perpetuae et Felicitatis consente di verificare come l’impronta montanista
caratterizzasse la chiesa cartaginese, espressa in quell’urgenza escatologica che peraltro attraversa
tutta la prima letteratura cristiana antica, in modi e forme più o meno accesi.

Nel prologo della passio Perpetuae et Felicitatis il redattore del diario di Perpetua esprime questo
sentimento della fine incombente, annunciata con le parole di Gioele e di Luca, negli Atti, sulla
effusione dello Spirito nei tempi ultimi

In nouissimis enim diebus, dicit dominus, effundam de Spiritu meo super omnem carnem, et
prophetabunt filii filiaeque eorum; et super seruos et ancillas meas de meo Spiritu effundam; et
iuuenes uisiones uidebunt, et senes somnia somniabunt.

«Avverrà: negli ultimi giorni - dice Dio - su tutti effonderò il mio Spirito; i vostri figli e
le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno
sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed
essi profeteranno». 6

Lo scopo del prologo è la dimostrazione che la grazia divina opera nel dono dei martiri e delle
rivelazioni non solamente nell’antichità, ma anche nel tempo presente. Pertanto anche i documenti
recenti dei santi martiri sono degni di essere letti accanto a quelli canonici per l’edificazione dei
fedeli, affermazione che traduce un’istanza di stampo montanista.

2. Carisma Profetico

E Perpetua ottiene la dignitas di avere visioni attraverso le quali profetizza quello che accadrà a
lei e ai suoi compagni, i giovani catecumeni arrestati e rinchiusi nel carcere cartaginese, tra i quali
Felicita incinta di otto mesi. Il redattore ci informa inoltre che Perpetua è una giovane matrona,
colta e di alto rango, puerpera con il bambino presso di sé.

DIGNITA’ DI AVERE VISIONI

T., pur vietando alle donne la partecipazione ai ministeri (9, 1), riconosce loro il carisma
profetico, senza discriminazioni rispetto a quello maschile. In De carne Christi. 11, 2, e in De
exhortatione castitatis 10, 5, parla della «santa profetessa Prisca» e delle sue visioni, ricevute grazie
alla pratica della continenza. In De anima 9, 4 racconta l’estasi di una soror, durante l’assemblea
liturgica, che conversa con gli angeli, anche con il Signore 7. Pur consegnata al consueto stile
sarcastico, anche in Virg. la scena ritrae una donna in somnis mentre conversa con un angelo8.

6
Atti 2, 17-18 (Gioele 2, 28-29 o 3, 1-2)
7
cf. G. Sfameni Gasparro, Aspetti e problemi, cit., pp. 127-128
8
Cf. An. 9, 4: anche qui una soror dotata di revelationum charismata, conversatur cum angelis, aliquando etiam
cum domino, et videt et audit sacramenta quorundam corda dinoscit et medicinas desiderantibus sumit.
4
Lectura Patrum Fodiensis 7. 2013
9 maggio 2013

Nel cristianesimo primitivo il tema profetico occupa una posizione centrale a partire dalla
letteratura neotestamentaria9 e saldamente incardinata nella prospettiva paolina10, che solo in 1 Cor.
11, 3-15 testimonia un profetismo anche femminile. Per contro, soprattutto nelle comunità e nei
movimenti separati dalla «Grande Chiesa»11 il carisma profetico delle donne è considerato pari se
non superiore a quello degli uomini. E Tertulliano è fonte e testimonianza privilegiata di questa
situazione12. Sebbene Virg. 9,1 sia conforme alla prescrizione dell’Apostolo (1 Cor. 14, 34-35) sul
divieto alle donne di partecipare ai ministeri maschili, in Adversus Marcionem V, 8,11, Tertulliano
le ritiene tuttavia degne della profezia, abbinando le due prescrizioni paoline.
Secondo Tertulliano il dono della profezia, attribuito anche alle donne, passa attraverso lo
stretto binomio con l’enkrateia: la «santa profetessa Prisca» insegna «che il santo ministro deve
sapere come amministrare la purità» e ancora «la purificazione produce armonia, ed essi (i continenti)
vedono visioni, e quando rivolgono in alto i loro volti odono anche voci salutari, tanto manifeste quanto
misteriose». ( De exhortatione castitatis 10, 5)13
Nell’economia di Virg. l’intreccio continenza/profetismo porta alle estreme conseguenze
l’insegnamento dell’Apostolo (1 Cor. 11, 5): coprirsi il capo è indossare «l'armatura del pudore» che
«circonda la fortezza della verecondia», costruire «un muro a difesa» del sesso (Virg. 16, 5). Senza
esitazione, con l’esempio della visio della soror carismatica, estende a tutte le donne l’esortazione di
«non desistere dalla regola del velo». Nel tempo del Paraclito, ultima tappa del mondo, si
annuncia la restitutio dell’umanità alla condizione di purezza primigenia e i cristiani devono
anticipare la verginità escatologica rendendosi degni della salvezza14.
L'opera può essere letta proprio in prospettiva della difesa delle posizioni montaniste di
Cartagine, dove la questione del rango delle ascete è integrata e ridimensionata nel sistema della
soteriologia montanista, secondo la quale la storia, attraverso la rivelazione culminante dello
Spirito Santo, tende a ristabilire la verità.

Il retaggio di Eva: miles Christi o diaboli ianua?

Due visioni di Perpetua, o per l’esattezza l’allegoria dei loro contenuti - che non è onirica ma
bensì esegetica -, costituiscono un’ottima prospettiva di confronto con postulati che Tertulliano ha
espresso sulla condizione femminile.

La prima (4,1) e la quarta visione (10,1) instaurano il parallelismo Eva/serpente o


donna/demonio. Analogamente, per Tertulliano la colpa di Eva, come un marchio, condiziona il
comportamento femminile. Cristo ha dato alla donna la possibilità di riscattarsi, e di riscattare

9
D. Hill, New Testament Prophecy, London 1979.
10
Cf. G. Sfameni Gasparro, Aspetti e problemi della condizione femminile nel Cristianesimo dei primi tre secoli
(profezia, enkrateia, gnosi). Prospettive di sintesi, in E. dal Covolo (a cura di), Donna e matrimonio alle origini della
Chiesa, Roma 1996, p.115 e n. 15 per la relativa bibliografia. Cf. anche P.A. Gramaglia, Tertulliano. De
viriginbus, cit., p. 159 ss.
11
Origene, CCels V, 59.
12
Cf. G. Sfameni Gasparro, Enkrateia e antropologia. Le motivazioni protologiche della continenza e della verginità
nel cristianesimo dei primi secoli e nello gnosticismo, Roma 1984, SEA 20, pp. 174-184.
13
Purificantia enim concordat, ait, et visiones vident, et ponentes faciem deorsum etiam voces audiunt salutares, tam
manifestas quam et occultas: altri passi tertullianei sul profetismo femminile in G. Sfameni Gasparro, Aspetti e
problemi, cit., pp. 118-120; pp. 124-129.
14
Cf. Mon. 3, 10 e E. Schulz-Flügel - P. Mattei, Tertullien. Le voile, cit., p.74.
5
Lectura Patrum Fodiensis 7. 2013
9 maggio 2013

l’umanità. Sta a lei ora mettere in atto questo processo di redenzione. Perpetua sceglie il martirio,
autonomamente, Tertulliano lo auspica, con arte suasoria ma con tono di perenne accusa.

Queste argomentazioni sono tutte riconducibili a una prospettiva protologica, in cui la donna,
secondo la tradizione biblica, esercita una funzione determinante.

La prima visione della passio in esame è ricordata come quella ‘della scala’. Perpetua presagisce
il futuro martirio nella salita lungo i gradini di questa scala stretta, alta fino al cielo, con armi e
strumenti acuminati ai lati. Ma l’ostacolo maggiore è l’enorme drago che cerca di impedirne la
salita e al quale Perpetua, come poggiando il piede su un gradino, calca la testa. È chiaro il
riferimento a Genesi 3,15 e a Apocalisse 12, 3-4.13. Come una discepola, Perpetua ha ricevuto il dono
di calpestare serpenti e scorpioni (Luca 10,19), al pari di Saturo, il compagno di fede, raggiunge il
giardino celeste.

Costruito sul medesimo ipotesto genesiaco è l’esordio del de cultu feminarum, ma con ben altro
tono (DE CULTU FEMINARUM 1.1.)

Tertulliano, per enfatizzare il suo discorso, ricorre a insistenti artifici retorici, caratteristici
della sua prosa: ad es. l’anafora incalzante (tu sei … tu sei … tu sei), dove il “tu” con cui apostrofa
la peccatrice è un dito puntato di accusa, diretta alle donne, destinatarie di questo libello che è una
sorta di invettiva contro il sesso femminile.
Qui Tertulliano insiste, con tono pesante, sulla colpa originaria della donna, «sei tu la porta
del diavolo, sei tu che hai spezzato il sigillo dell’albero, sei tu la prima che ha trasgredito la legge
divina».
La successione martellante dei tu, tu sei vuole mostrare l'indissolubile legame che permane
tra la vicenda della progenitrice e la vita della donna attuale.
La donna è in stato di reatus, raffigurato da quelle vestes sordidissimae (indossate dagli
accusati in attesa di sentenza): il che significa che la donna deve assumere atteggiamenti di
penitenza e di lutto, rinunciando a ogni ostentazione di cultus e ornatus, presentandosi come
un’Eva afflitta, espiante.

2. Immagine di Dio? Donne ‘virili’

Ma c’è un altro punto interessante, oltre a quello dell’attribuzione a Eva della responsabilità
del peccato: la negazione alla donna della prerogativa di ‘immagine di Dio, riconosciuta al solo
maschio, «tu … hai annientato l’uomo … immagine di Dio».
L’ascendenza è paolina di cui, come detto, è acclarato l’influsso sul dettato e il pensiero
tertullianeo. Nella Prima Epistola ai Corinzi (11), sul comportamento da tenere nelle assemblee,
Paolo colloca la donna al secondo posto di una duplice gerarchia, di tipo cronologico («la donna è
stata creata dopo e dall'uomo») e ontologico (la donna non può «sussistere per sé o per Dio bensì
in funzione del maschio»).

Quando parleremo del velo, ritorneremo sul versetto 7 («L`uomo non deve coprirsi il capo,
poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell`uomo») dove, qualunque sia il

6
Lectura Patrum Fodiensis 7. 2013
9 maggio 2013

significato da attribuire al termine doxa («gloria» o «riflesso») dell’uomo15, il tipo di relazione


uomo-donna che si delinea sulla base del racconto genesiaco, pone la donna in posizione
subordinata rispetto all’uomo.

3. Immagine di Dio. Donne virili

Per questo, Tertulliano dice che è ancora operante la sentenza divina contro il sesso femminile,
perché è necessario che duri la condizione di accusata. Siamo ben lontani dal prologo della passio
Perpetuae in cui è invece operante la grazia dello Spirito che rende anche le donne martiri e le loro
azioni degne di una scrittura e lettura sacra.

Quando Tertulliano riconosce alcune virtù alla donna, le esalta declinandole al maschile,
come ad esempio il coraggio 'virile' delle martiri, nella resistenza alle torture e al dolore.

Viriles sono quelle mulieres che sono vergini o vedove, perché conseguono una vittoria,
'virile', sulla sessualità. In questo caso la donna è collocata su un piano paritario rispetto all'uomo.
Perché realizza la perfetta imitatio Christi, diventata accessibile, nel momento in cui è superata la
propria valenza sessuale.

Questa intonazione è totalmente assente, invece, nella Passio Perpetuae: Perpetua e Felicita
sono mogli e madri. Esposta alle fiere, Perpetua si si preoccupa del suo aspetto: copre le gambe
scoperte per la veste strappata e con un fermaglio ferma i capelli che si erano sciolti, perché
sarebbero stati segno di lutto nel momento della nascita. Sono gesti che comunque non vogliono
celare o soffocare la femminilità dell’eroina. E lo stesso discorso può applicarsi al parto di Felicita
in carcere.

Nella quarta e ultima visione (10) quella del combattimento contro l’egiziano, Perpetua
pronuncia la celebre espressione «e fui fatta maschio», divenendo in questa trasformazione, che poggia
su basi esegetiche (Lettera agli Efesini 4,13), imago Christi e pertanto imago Dei. Non c’è bisogno di
alcuna mediazione maschile né si rileva uno status di inferiorità rispetto ai compagni maschi, anzi,
Perpetua è la guida spirituale di tutto il gruppo. Nella parte conclusiva della passio, il redattore la
identifica con la costantia, la parrhêsía, ossia il coraggio e la libertà di parola16.

Come interpretare queste due posizioni così diverse? Il testo agiografico si sottrae a quei filtri
ai quali inevitabilmente la trattatistica morale soggiace. L’immediatezza dell’azione e il valore

15
Paolo, dopo aver addotto una serie di motivi a giustificazione del precetto, afferma: "Per questo la donna
deve portare sul capo un (segno di) eksousia, a motivo degli angeli" (1 Cor 11,10). La frase risulta per vari
motivi oscura: tuttavia il termine eksousia ha un significato preciso: indica autorità, potere. Invece la trad. Cei
1971 rende con "un segno della sua dipendenza"; solo in nota si spiega che il significato originario è diverso.
La traduzione è evidentemente condizionata dal pregiudizio della subordinazione della donna all'uomo, a
cui Paolo stesso non si sottrae in molte affermazioni. Ma perché escludere che qui egli voglia invece proprio
suggerire che il velo costituisca per la donna un segno di autorità nei confronti degli angeli (presenti
nell'assemblea)? Nel contesto Paolo parla della donna come motivo di "gloria" per l'uomo (v. 7) e del legame
necessario che li lega reciprocamente (vv.11-12). In effetti la revisione 1997 dà: "un segno dell'autorità".
16
C. Mazzucco, p. 156, n. 65
7
Lectura Patrum Fodiensis 7. 2013
9 maggio 2013

dell’exemplum non necessitano dei discorsi parenetici del pastore, né tantomeno della suasoria
minacciosa e colpevolizzante di Tertulliano.

Probabili rivendicazioni di autonomia da parte della donna

4. Prescrizione del velo. Un ordine di vergini?

Scrivendo alla giovane vergine Eustochio (Ep. 22,22), Girolamo consiglia la lettura di Virg.,
come uno dei trattati di edificazione della scelta ascetica. Nello stesso senso, Isidoro (Eccl. Off. II,
18, 11) reinterpreta Virg. 8, 4, in un'epoca in cui il velo delle donne votate all’ascetismo è diventato
ormai coronam virginalis gloriae.
Sono ormai passate in secondo piano le contingenti motivazioni della composizione
dell’opera in cui Tertulliano, invece, si opponeva a qualsiasi segno di distinzione rivendicato dalle
vergini che, nella Chiesa di Cartagine, volevano presentarsi come un gruppo ben definito,
riconoscibile dai particolari dell'abbigliamento. Contrariamente alle altre donne adulte, non
portavano il velo, ma, rimanendo a testa nuda (uso riservato, nel costume giudaico, all'età
prepubere), attiravano l'attenzione su questo particolare esteriore. Ostentavano la loro verginità e,
in certo qual modo, cercavano di ottenere un ruolo privilegiato, per il riconoscimento dei loro
meriti.
Il trattato sul velo è collocabile invece nel contesto di un ascetismo che, all'epoca di
Tertulliano, non aveva ancora trovato una precisa collocazione nella comunità. Il contenuto e il
valore attribuiti alle rivelazioni ricevute da alcune fedeli, suggeriscono di collocare Virg. nel
periodo già pienamente montanista, dopo il 213, data di composizione di De anima, di cui lo scritto
sembra posteriore.
All’epoca di Tertulliano, la questione del velo era oggetto di polemica, tra cattolici e
montanisti. Nelle prime battute del DVV, Tertulliano dichiara di voler chiarire che le nostre vergini
devono velarsi, a partire dal momento in cui entrano nell'età adulta.
In realtà, il discorso non verte sul velo in senso generico, ma sul fatto di indossarlo nel corso
della preghiera, tema al quale Tertulliano si era già accostato nei capp. 20-22 del de oratione, in linea
perfetta con le motivazioni paoline.
Tertulliano ci informa che le ragazze cristiane portavano il velo quando uscivano per
strada, tra la gente pagana (tengono il velo in testa quando sono tra i pagani), ma che poi se lo
toglievano appena giunte in assemblea, percepito probabilmente come ambiente protetto, in cui si
sentivano sicure.
Stato d'animo che Tertulliano non ammette: le cristiane devono sentirsi in soggezione anche
davanti ai fratelli, e pertanto devono velarsi. Ne potrebbe apprezzare la gran fierezza, se mostrassero la
loro verginità anche tra i pagani, avendo il coraggio di andare a capo scoperto.
Sono osservazioni che ci aiutano a comprendere i tentativi di emancipazione di queste
ragazze: almeno in seno alla comunità, aspiravano a uscire dall'imposizione di costumi, superati
dal loro stesso statuto, non tanto di vergini, quanto di cristiane.
Secondo i cattolici, una consuetudine, che non è direttamente ricollegabile con la prassi di
Gesù e degli apostoli, viene fondata sull'autorità dell'episcopato. A questa prassi cattolica,
Tertulliano oppone le normative rigoriste suggerite dai carismatici, che agiscono sotto ispirazione
diretta dello Spirito, la cui azione non si è esaurita nella Pentecoste.

Il DVV ruota intorno ai versetti di 1 Cor 11, 5: la donna deve essere sottomessa all’uomo, il
velo è simbolo del suo giogo di sottomissione.

8
Lectura Patrum Fodiensis 7. 2013
9 maggio 2013

Tertulliano risponde a un quesito, che divenne molto presto oggetto di polemica: Quali erano le
reali intenzioni di Paolo? l’Apostolo si rivolgeva a tutte le donne, anche alle vergini? O solo alle
sposate?
Richiama l'autorità e la prassi delle chiese di Grecia. Con queste comunità, più disposte a
recepire le istanze dei carismatici e dei rigoristi, i Montanisti africani erano in stretto contatto. E'
chiara qui la polemica contro il vescovo di Cartagine. Agli occhi dei Montanisti di Cartagine, poi,
la prassi delle chiese cattoliche orientali, rappresentava un comportamento ispirato dallo Spirito.
E' giusto ricordare però che sulla questione del velo si espressero in modo settario non solo
i Montanisti, ma anche, a Roma, il vescovo Ippolito (Traditio Apostolica, 18):
Pur instaurando una disputa serrata con le autorità ecclesiastiche di Cartagine, Tertulliano
dimostra di avere a cuore l'unità della Chiesa (DVV III, 1), preoccupazione che ci chiarisce come
Montanisti e Cattolici non fossero ancora divisi, ma partecipassero alle medesime assemblee:
Si tratta di altri cristiani con i quali rimaniamo in comunione …
Poi Tertulliano ricorda che a un'iniziale tolleranza delle reciproche posizioni, che chiama i
'due costumi', era subentrato un esplicito indirizzo disciplinare, che esimeva le vergini
dall'indossare il velo. Diversi paragrafi, di tono molto polemico, sembrano alludere a un presunto
intervento del vescovo di Cartagine, che avrebbe dato ragione alle ragazze che stavano in
assemblea senza il velo in testa.

5. Liti tra vergini nella Chiesa di Cartagine

La conseguenza del provvedimento diventa oggetto di un quadro satirico, che ritrae il


litigio tra due gruppi di vergini: quelle che rifiutano di velarsi, perché, sfacciate, vogliono mostrare
la loro verginità davanti agli uomini, mettono a mal partito le vergini di Dio, costringendole a
uniformarsi alla loro scelta. In realtà queste ultime, secondo Tertulliano, sono veramente le
cristiane più libere, perché sono serve di Cristo (1Cor 7, 32).
E' un eloquente esempio di estremizzazione retorica, tipica dello stile di Tertulliano, che,
anche in questo caso, indica come i due gruppi di ascete, cattoliche e montaniste, assistessero alla
liturgia, ancora unite.
Tertulliano sembra alludere a vergini consacrate a Dio, probabilmente ragazze che avevano
fatto impegno di castità, per svolgere qualche compito nella comunità. Costoro, secondo
Tertulliano, andando a capo scoperto, vogliono sottolineare lo statuto particolare di cui godono.

6. La vergine vedova

Un caso limite, denunciato da Tertulliano, è quello della vedova-vergine (9, 5): una ragazza
di non ancora vent'anni, ufficialmente inserita nell'ordine delle vedove. Questa infamia o
mostruosità è visibile anche dall'esterno: in virtù dell'autorizzazione episcopale siede tra le vedove, a capo
scoperto. E in questo modo non è né una né l'altra, perché una vergine non può essere una vedova!
L'ordine delle vedove accoglieva infatti solo donne esemplari, per abnegazione nella
maternità e nel matrimonio, che potevano mettere la loro buona esperienza a profitto di altre
donne. Ad esse erano riservati posti d'onore in chiesa e avevano una specie di incarico per la cura
pastorale delle donne. Non si conosce quale fosse il ruolo delle vergini.
Tutte queste precisazioni fanno intendere che le ragazze che avevano consacrato la loro
verginità a Dio erano note e stimate nella comunità e godevano di qualche forma di prestigio.

7. Virginitas e tempo ultimo


9
Lectura Patrum Fodiensis 7. 2013
9 maggio 2013

Ora che è iniziata l'ultima era del mondo, lo Spirito esige che tutti gli uomini rimangano
vergini in prospettiva soteriologica.
Per questo motivo, la scelta della vita verginale deve necessariamente essere perpetua (Virg. 14,
2), per trovare rispondenza con la Veritas dell'uomo prima della caduta. Essa si attua per grazia e
non per merito, poiché, senza l'esempio di Cristo ( Exh. 13, 2) e la forza che egli dona, è impossibile
da realizzarsi. 52
Proiettata su questi due exempla, Cristo novissimus Adam e la perfezione che in origine aveva in
comune con gli angeli,53 la virgo contribuisce alla riabilitazione della salvezza della creatura.
Condizionato dal suo rigorismo ascetico, Tertulliano definisce una verginità non durevole il
frutto dell'ambizione umana, in polemica, ancora una volta, con la consuetudo, che non
contemplava ancora il voto perpetuo.
Ma, questa volta con spirito davvero profetico, messaggero di un'istituzione quanto mai
prossima.
Scrivendo alla giovane vergine Eustochio (Ep. 22,22), Girolamo consiglia la lettura di Virg.,
come uno dei trattati di edificazione della scelta ascetica. Nello stesso senso, Isidoro (Eccl. Off. II,
18, 11) reinterpreta Virg. 8, 4, in un'epoca in cui il velo delle donne votate all’ascetismo è diventato
ormai coronam virginalis gloriae: sono ormai passate in secondo piano le contingenti motivazioni
della composizione dell’opera di Tertulliano.

10

Potrebbero piacerti anche