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In un momento storico come quello in cui ci troviamo, nel quale cui nuove forze sono impegnate

nello scacchiere internazionale è interessante notare i punti di contatto e l’emergere di soggettività,


connotate in maniera simile in tutto il mondo.

Possiamo osservare, riprendendo le categorie gramsciane, che in questo momento sia in atto uno
scontro tra classi egemoniche e classi subalterne molto marcato. Ma c’è da chiedersi – ed è la
domanda fondamentale da porsi per questo argomento – chi sono questi/e subalterni/e?

Sembra evidente che siano le donne il motore propulsivo di queste forze, che siano del sud del
mondo1 e che appartengano alle nuove generazioni che sono stanche della gerontocrazia dello
sfruttamento.

C’è qualcosa in comune tra Rojava, Catalunya, Sudamerica e i collettivi femministi ed ecologisti (si
pensi alle reti mondiali di Non una di meno e Fridays for future): la lotta per una società dove sia
possibile decidere dei propri corpi e dei territori in cui si vive.

Potremmo asserire che esiste un paradigma della colonizzazione di corpi e territori dato dall’asse
capitalismo-patriarcato-colonialismo che è alla base della modernità capitalista.

Questo paradigma si basa su tutta una serie di dispositivi di potere, i quali si sono costituiti a partire
dal predominio dell’uomo, del capitale, dello stato nazione e del positivismo, e sui quali vanno a
costruirsi le relazioni strategiche di potere della modernità capitalista.

Questi movimenti quindi vanno a voler scardinare le relazioni di potere che creano i mezzi di
produzione e di riproduzione della società. Si tratta di intendere il potere nella doppia natura di
dominio e potere: da una parte la capacità delle classi egemoniche di imporre la propria volontà ai
subalterni attraverso l’uso della forza e l’istituzione di regimi di verità, dall’altra la capacità di poter
decidere sui propri corpi e sui propri territori.

Da questo punto di vista la riflessione più avanzata, sia a livello teorico che a livello di
autogoverno, è certamente quella che in questo momento viene portata avanti nella Confederazione
della Siria del Nord e dell’Est (Rojava) dal movimento kurdo a partire dagli scritti carcerari di
Abdullah Öcalan. Il sistema del Confederalismo democratico, oltre che essere un esperimento volto
a dimostrare come si possa strutturare una società a partire dal ruolo della donna, dall’ecologia
sociale e dal municipalismo libero, vuole essere un modello di superamento epistemologico della
modernità capitalistica per giungere alla modernità democratica entrando a gamba tesa nel campo di
tensioni tra conoscenza, potere e verità.

1
Per sud del mondo si intende definire non solo geograficamente, ma anche i sud relativi, i territori che subiscono
maggiormente lo sfruttamento e l’estrattivismo dei propri corpi e dei propri territori.
Riacquistare la possibilità di decidere significa, infatti, ristabilire la possibilità di un soggetto di
muoversi all’interno di un sistema creando orizzonti di significato su cui agire.

Öcalan infatti riconosce come l’asse capitalismo-patriarcato abbia potuto svilupparsi con questa
particolare forza grazie all’imposizione di regimi di verità appannaggio esclusivo di chi esercita il
potere sulla natura, sulla donna e poi sulla società tutta.

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