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Mauro Boscarol

Idee di base della gestione digitale del colore

35  Cos’è la gestione del colore 50  Due tecnologie di gestione del colore
35  Cosa non è: la correzione del colore 51  PostScript Color Management
51  Color Space Array (CSA)
36  Immagini digitali 51  Color Rendering Dictionary (CRD)
36  Il significato dei numeri 51  Profili PostScript
38  I numeri non indicano il colore 51  Funzionamento di PCM
52  International Color Consortium
38  Caratterizzare una periferica 52  Profilo di colore ICC
38  Caratterizzare una fotocamera 53  Motore di colore ICC
40  Caratterizzare un monitor 53  Relazione tra le due tecnologie
40  Caratterizzare un monitor con pochi dati 53  Gli elementi di una conversione
40  Caratterizzare una stampante
41  La caratterizzazione non riguarda solo la periferica 53  Creare un profilo ICC
54  Stabilità
41  Riproduzione del colore 54  Calibrare un monitor
41  Cambiare i numeri per non cambiare il colore 54  Profilo di una fotocamera
42  Conversione in quadricromia 54  Profilo di uno scanner
A
43  Tutte le conversioni possibili 54  Profilo di una periferica di stampa

44  Gamut e fuori gamut 54  Sistemi per la gestione del colore
ZZ

44  Gamut di un monitor 54  Livello di applicazione


44  I monitor sono tutti diversi, rivisitato 54  Livello di sistema operativo
44  Gamut di una stampante 55  Livello di driver di stampa
45  Fotocamera e scanner non hanno un gamut
46  Gamut di una immagine 55  Riassunto
46  Colori fuori gamut
BO

47  Intenti di rendering


47  Intento colorimetrico
48  Intento percettivo
49  Colorimetrico assoluto e colorimetrico relativo
Questo testo è una bozza e fa parte di un lavoro
49  Intento saturazione in corso sulla gestione del colore in Adobe Pho-
50  Intenti di rendering standard toshop CS2 (questo spiega la strana numerazione
50  Profili di colore delle pagine e alcuni richiami a parti inesistenti).

Ringrazio chi mi vorrà segnalare errori, omissio-


ni, possibili miglioramenti o qualunque altra os-
servazione su questo testo al mio indirizzo mail:
mauro@boscarol.com
http://www.boscarol.com
5 ottobre 2006 Idee di base  33
Indice analitico

C ICC. Vedere International Color Consortium


immagini digitali 36
calibrare (una periferica) 53 intenti di rendering 36, 47, 50, 52, 54, 55
caratterizzare 38, 40 intento di rendering
una fotocamera 38 colorimetrico assoluto 49, 50, 53, 55
una stampante 40 colorimetrico relativo 49, 50, 53, 55
un monitor 40 percettivo 48, 49, 50, 55
caratterizzare (una periferica) 54 saturazione 49, 50, 55
caratterizzazione 40-44, 39, 56, 55, 52, 45, International Color Consortium 50, 52, 56
46, 50, 51, 39, 40
tabella di, definizione 39 M
tabelle di 41, 42, 43, 50, 56
clipping 47 monitor
ColorChecker 38, 39 caratterizzare 40
colore motore di colore 52
correzione del 35, 36, 55
gestione del 35, 36, 37, 50, 52, 54, 55 N
gestione digitale del 33, 35, 36, 50, 51, numeri
55, 56 significato dei 36, 39
colori
fuori gamut 55 P
Color Rendering Dictionary 51
Color Space Array 51 PCM. Vedere PostScript Color Management
conversione periferiche
in quadricromia 42 di output 41, 55
correzione del colore 35, 36, 55 PostScript Color Management 50, 51, 56
definizione 35 profilare (una periferica) 54
CRD. Vedere Color Rendering Dictionary profilo
CSA. Vedere Color Space Array di colore 52

D Q
device-dependent 38, 39 quadricromia
device-independent 39 conversione in 42

F R
fotocamera Radius ProSense 37
caratterizzare 38
fuori gamut 44, 46, 48, 55 S
scanner 38, 39, 40, 41, 43, 45, 46, 55
G
spazio colorimetrico
gamut 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 53, 55 XYZ 44, 51
di una fotocamera 45 Yxy 44
di una immagine 46 stabilità (di una periferica) 54
di un monitor 44 stampante
di uno scanner 45 caratterizzare 40
gestione del colore 35, 36, 37, 50, 52, 54,
55 T
definizione 35
tabella di caratterizzazione 39-46, 50-52
primi tentativi 37
definizione 39
GretagMacbeth 38, 39

I
Le idee di base della gestione digitale del colore

In questo capitolo tracciamo un panorama generale


delle tecniche di gestione digitale del colore. Non Digitale
entriamo nei dettagli ma esponiamo le problematiche All’inizio c’era il latino digitus che significava “dito”.
e le tecnologie che sono state sviluppate per risolverle. Abbreviato in digit il vocabolo è passato all’inglese
con il significato di “cifra”, perché le cifre si contano
La gestione del colore è materia complessa per vari con le dita. Poi si è formato l’aggettivo digital (ingle-
motivi, il principale dei quali è che si basa sul colo- se) da cui digitale (italiano) che si riferisce all’infor-
mazione rappresentata da cifre e numeri. Così una
re, sulla colorimetria e sulla scienza del colore, tutti
immagine digitale è una immagine rappresentata con
argomenti di non facile ed immediata comprensione. numeri.

Questo significa che non potete iniziare ad usare


profili, fare conversioni di colore, applicare intenti di
rendering dopo aver letto solo questo capitolo. Que- La gestione digitale del colore è l’insieme delle tecno-
sto capitolo dà una base per iniziare a capire le cose logie sviluppate per fare in modo che ciò avvenga.
importanti, ma non parla dei dettagli per metterle in
pratica. Di queste cose parliamo nei capitoli successi- Cosa non è: la correzione del colore
vi. La gestione del colore viene spesso confusa con la cor-
rezione del colore. È vero che le due attività hanno
in comune l’oggetto, cioè le immagini digitali, ma si
Cos’è la gestione del colore distinguono per i diversi obiettivi e i diversi metodi
utilizzati.
La gestione digitale del colore ha un obiettivo semplice
da enunciare, ma non così semplice da raggiungere. La correzione del colore (chiamata anche fotoritocco)
L’obiettivo è la riproduzione di una immagine digitale consiste in un insieme di tecniche che hanno lo scopo
con periferiche diverse in modo che l’aspetto del- di rendere una immagine più gradevole ed attraente,
l’immagine (cioè il colore) rimanga uguale (o almeno attenuandone o eliminandone i difetti estetici. La
molto simile) a quello originale, su tutte le periferiche. correzione del colore riguarda anche, per esempio, il
restauro di una vecchia immagine, l’eliminazione di
Prendiamo per esempio una immagine scattata con elementi che disturbano la scena, l’aggiunta di parti-
una fotocamera digitale. Quando l’immagine viene colari. Al contrario, la gestione del colore, non ha lo
scaricata nel computer e visualizzata su monitor, scopo di migliorare, ma solo di mantenere l’aspetto di
dovrebbe apparire uguale all’originale, cioè uguale una immagine, bella o brutta che sia.
alla scena catturata. Quando poi l’immagine viene
stampata, anche la stampa dovrebbe apparire uguale La correzione del colore è una attività creativa, basata
all’originale e alla immagine visualizzata. sul gusto estetico, sul talento artistico, sull’esperienza
Se poi la stessa immagine viene vista su monitor e sulla sensibilità dell’operatore. La gestione del colore
diversi, dovrebbe avere lo stesso aspetto su tutti i è invece una attività tecnologica basata su algoritmi
monitor. E quando viene stampata con diverse stam- e concetti di scienza del colore e di colorimetria. La
panti, macchine da stampa, stampatrici, le stampe
dovrebbero avere tutte lo stesso aspetto.  In fotolitografia tradizionale si dava il nome di “correzione
primaria” a quella che oggi si chiama gestione del colore e di
“correzione secondaria” alla correzione del colore.

Idee di base  35
prima utilizza come strumenti l’istogramma, le curve
e i livelli; la seconda le conversioni di colore, i profili,
gli intenti di rendering. Le due attività sono indi-
pendenti e complementari e vanno svolte una dopo
l’altra: prima la gestione del colore, per assicurare
che l’aspetto venga mantenuto, poi la correzione del
colore, per migliorare questo aspetto.

In questo libro ci occupiamo esclusivamente di ge-


stione digitale del colore in Photoshop. Sulla corre-
Figura 1  Mosaico del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, V
zione del colore con Photoshop sono stati pubblicati secolo d. C.
alcuni ottimi libri, tra i quali quelli di Dan Margulis,
Professional Photoshop, The Classic Guide to Color
Il significato dei numeri
Correction e il recente Photoshop LAB Color, e quello
È diffusa l’idea che i valori RGB o CMYK definiscano
di Michael Kieran, Photoshop Color Correction.
precisamente il colore di un pixel, per esempio che
255R 0G 0B definisca un colore rosso e 0C 0M 100Y
0K definisca un colore giallo. In realtà queste affer-
Immagini digitali mazioni non sono vere o almeno lo sono solo se le
intendiamo in modo approssimato. Vediamo perché.
In questo libro trattiamo unicamente immagini digi-
tali raster (Photoshop non supporta oggetti vettoriali,
Una esperienza nota a chiunque sia entrato in uno
se non per le selezioni e le maschere), cioè immagini
di quei negozi di elettrodomestici dove si possono
formate da numerosi pixel, così come un mosaico è
vedere pareti intere con diversi televisori, tutti sinto-
formato da numerose tessere (fig. 1).
nizzati sullo stesso programma, è che i colori di ogni
televisore appaiono diversi, in maggiore o minore
Le immagini digitali sono immagini rappresentate
misura. I segnali che arrivano (cioè i valori dei pixel)
con numeri (vedi riquadro Digitale nella pagina pre-
sono gli stessi, ma vengono resi diversamente dai vari
cedente) e in particolare ogni pixel di una immagine
televisori. Anche chiunque frequenti un ambiente
digitale è rappresentato da numeri. Se l’immagine è
in modalità RGB, ogni pixel è rappresentato da tre
numeri interi ognuno dei quali assume un valore tra
0 e 255 (fig. 2), se l’immagine è in modalità CMYK
ogni pixel è rappresentato da quattro numeri interi
ognuno dei quali assume un valore tra 0 e 100.

Fino a che sta nella memoria del computer l’immagi-


ne consiste esclusivamente di un mucchio di numeri.
Non ci sono colori in una immagine digitale, unica-
mente numeri. Solo quando viene letta da una appli-
cazione (Photoshop ad esempio), caricata in memoria,
e visualizzata con un monitor oppure stampata con
una periferica di stampa, questi numeri generano dei
colori. Ed è proprio in questo passaggio da numeri a
colori che risiede la problematicità di cui si occupa la
gestione digitale del colore.

 Nella memoria di massa (hard disk, CD, DVD) o anche nella Figura 2  Una immagine raster RGB è fatta di pixel, ed ogni
memoria centrale (RAM). pixel è rappresentato da tre numeri interi compresi tra 0 e 255.

36  Idee di base


I primi tentativi di gestione del colore
127, 32, 44
55, 99, 203

La strada seguita nel passato per risolvere il problema della diver-


13, 253, 120
48, 212, 198
87, 32, 64
44, 12, 239, ...
sità dei monitor consisteva nel fare in modo che tutti i monitor
del mondo fossero calibrati ugualmente. Questo significa che
dovevano avere lo stesso gamma e lo stesso bianco. Apple ha
seguito questa strada più o meno fino alla metà degli anni 90.
Erano disponibili calibratori (nella fotografia in basso, Radius
ProSense) e software che riportavano il monitor su gamma 1.8
e su bianco D65. Non si può, evidentemente, agire sulla terza
caratteristica dei monitor, cioè le cromaticità dei primari. Micro-
soft seguiva una filosofia simile per arrivare allo stesso obiettivo:
tutte le periferiche dovevano seguire le specifiche sRGB.
Figura 3  Gli stessi numeri RGB visualizzati su monitor diversi
danno luogo a colori diversi. Il “significato” di questi numeri L’obiettivo era che tutti i monitor visualizzassero gli stessi prima-
dipende dalla periferica. ri, lo stesso bianco e con lo stesso gamma. E che tutte le combi-
nazioni stampante+inchiostro+carta stampassero lo stesso ciano
e lo stesso magenta, eccetera.
con monitor diversi (per esempio uno studio grafico,
Questa filosofia è duratapiù o meno fino al 1998 quando Adobe
o il reparto prepress di una azienda grafica) ha po- ha pubblicato Photoshop 5 che supportava per la prima volta i
tuto osservare che l’aspetto di una stessa immagine profili ICC e la compensazione monitor. A quel punto non era
più necessario che tutti i monitor fossero come diceva Apple o
riprodotta da monitor diversi cambia da un monitor tutte le periferiche come diceva Microsoft. Ognuno poteva avere
all’altro. un monitor qualunque e poteva regolarlo su qualunque gamma e
su qualunque bianco. Ci pensava Photoshop a fare la conversio-
ne di colore tra i profili di due periferiche. I calibratori per Mac
Insomma, se osserviamo una stessa immagine RGB sono spariti e le specifiche sRGB sono state conservate solo per le
periferiche più economiche.
visualizzata su monitor diversi, notiamo che appare
diversa. Si tratta della stessa immagine, cioè degli Tuttavia questa filosofia resiste ancora nella fantasia di chi non
ha afferrato il funzionamento dei profili e della conversione di
stessi numeri RGB, ma questi numeri producono
colore. Ancora oggi si sente dire, per esempio, che se due monitor
colori diversi su monitor diversi (fig. 3). Se non viene visualizzano la stessa immagine in modo diverso è perché non
meglio precisato, i numeri 255R 0G 0B rappresen- sono “tarati”. Ma in realtà il concetto di “taratura” di un monitor
non esiste (la parola fa venire in mente che un monitor abbia una
tano certo un rosso, ma potrà apparire più tendente tara, che non sapremmo come individuare). Alcuni comandi ci
all’arancio, oppure più tendente al viola, oppure più sono (la luminosità per esempio) ma se un monitor visualizza un
certo rosso, quello non c’è modo di cambiarlo, e di farlo diventa-
o meno saturo, più o meno chiaro, secondo la perife- re uguale al rosso di un altro monitor.
rica sulla quale è visualizzato. In altre parole, i colori
Dal fatto che non esiste il concetto di “taratura” (ma solo quello
di una immagine RGB dipendono dal monitor con il di “calibrazione”) deriva che ogni monitor visualizza i colori a
quale l’immagine è visualizzata, e il motivo di ciò è modo suo, e va bene così. Nessuno monitor visualizza i colori
correttamente e nessuno li visualizza in modo sbagliato. Non ha
dovuto al fatto che i monitor sono costruiti con tec- senso inseguire la chimera dei colori “giusti”. Visualizzando i
nologie diverse, da costruttori diversi, che utilizzano numeri 255R 0G 0B su tre monitor diversi si vedono tre rossi di-
versi. Qual è quello giusto? Quali sono quelli sbagliati? Nessuno
materiali diversi.
è giusto, nessuno è sbagliato. La situazione va affrontata consi-
derando, semplicemente, che i monitor sono diversi e dunque
La stessa cosa può dirsi delle periferiche di stampa. producono risultati diversi a partire dagli stessi numeri.
Il caso delle stampanti forse la cosa ancora più chiara. Una im-
Le stesse percentuali CMYK producono colori diver- magine CMYK stampata con tre stampanti diverse (e magari tre
si su periferiche diverse e i numeri 0C 0M 100Y 0K carte diverse) apparirà diversa. E non si può dire che ciò avviene
perché le stampanti sono “starate”. È vero invece che utilizzano
indicano sicuramente un giallo, ma forse tendente tecnologie diverse, inchiostri diversi e appunto carte diverse.
al rosso o forse tendente al verde, più o meno saturo,
più o meno chiaro. Anche in questo caso il motivo
è dato dalle diverse tecnologie ma anche dai diversi
coloranti e dai diversi supporti (per esempio la carta
patinata rende diversamente il colore rispetto alla
carta non patinata, Per non parlare del fatto che, in
una macchina da stampa, le stesse percentuali CMYK
danno un colore alla 50ª copia, un altro alla 500ª e
un terzo alla 5000ª, ma questo in realtà non ha a che

Idee di base  37
role “rosso” o giallo”. Lo indicano in modo approssi-
mato, troppo approssimato per essere utile nel campo
della computer grafica, della fotografia, della stampa.
Potrà bastare per chi lavora con Word ed Excel, ma
non per chi lavora con Photoshop.

È per questo motivo che chiamiamo “numeri” e non


“colori” i valori di periferica (RGB e CMYK) e chia-
miamo invece “colore” la nostra percezione e anche
le coordinate colorimetriche (XYZ, Yxy, Lab) che la
rappresentano.

Il nostro obiettivo è riuscire a riprodurre una imma-


gine allo stesso modo su periferiche diverse. Per fare
questo è necessario togliere l’ambiguità ai numeri e
dare loro un significato preciso. Questo si può fare fa-
Figura 4  La stessa immagine (cioè con gli stessi valori RGB) cendo corrispondere i numeri RGB o CMYK a valori
visualizzata su monitor diversi appare con colori diversi. Si colorimetrici, che sono in un certo senso “assoluti”
osservi per esempio il colore dei gerani.
(indipendenti da qualunque periferica) e successiva-
mente utilizzare questa corrispondenza per riprodur-
fare con la gestione del colore ma con la stabilità della
re i colori (questa volta individuati univocamente)
macchina).
mediante le singole periferiche. La corrispondenza di
cui parliamo si chiama caratterizzazione. Vediamo
E ancora la stessa cosa può dirsi di una fotocamera
cos’è.
digitale. Uno stesso colore, catturato con fotocamere
diverse, viene rappresentato con numeri RGB diver-
si. In questo caso il motivo è da ricercare nei diversi
Caratterizzare una periferica
sensori e nei diversi software che, all’interno della
fotocamera, creano l’immagine a partire dai segnali
Consideriamo una determinata fotocamera. Dopo
originali. Lo stesso può dirsi degli scanner.
aver fotografato una scena la fotocamera rappresenta
ogni pixel con numeri RGB. Come è possibile rendere
Insomma, ogni periferica ha una propria personalità
non ambigui questi numeri? Lo si può fare allegando
e produce (se è un monitor o una stampante) o legge
all’immagine una tabella di corrispondenza tra i nu-
(se è una fotocamera o una scanner) i colori a modo
meri RGB forniti dalla fotocamera e i rispettivi valori
suo. Ogni monitor e ogni stampante produce colori
colorimetrici dei colori catturati: cioè preparando
diversi a partire dagli stessi numeri e ogni scanner
una volta per tutte la caratterizzazione di quella foto-
e ogni fotocamera rappresenta lo stesso colore con
camera. Vediamo come.
valori diversi. Il significato dei numeri dipende dalla
periferica (cioè è device-dependent).
Caratterizzare una fotocamera
Per caratterizzare una fotocamera digitale ci procu-
I numeri non indicano il colore
riamo un supporto con alcune tacche colorate (un
Se si dice “rosso” … e ci sono cinquanta persone che target). Ne esistono diversi, il più usato si chiama
ascoltano, ci si può tranquillamente aspettare che ColorChecker, viene prodotto da GretagMacbeth e
abbiano in mente cinquanta tipi di rosso. E si può essere
sicuri che tutti questi rossi saranno molto diversi.
Josef Albers Interazione del colore 1971
 Allo stesso modo in cui sono “assoluti” i valori di latitudine
e di longitudine di ogni punto sulla terra.
I numeri RGB e CMYK non indicano precisamente  Qui consideriamo una fotocamera che elabora l’immagine
al suo interno e la salva come Jpeg o Tiff, non in formato
un colore, esattamente come non lo indicano le pa-
Raw.

38  Idee di base


numeri fotocamera coordinate colorimetriche
R G B X Y Z
81 66 52 0,11 0,10 0,07
160 138 116 0,39 0,35 0,35
95 102 134 0,18 0,19 0,37
78 74 140 0,14 0,12 0,41
143 168 63 0,34 0,43 0,12
202 191 69 0,57 0,60 0,10
... ... ... ... ... ... ...
103 103 102 0,19 0,19 0,23
65 66 66 0,09 0,09 0,10
37 37 37 0,03 0,03 0,04

Figura 5  GretagMacbeth ColorChecker, un target per Figura 6  Corrispondenza tra numeri forniti dalla fotocamera
caratterizzare la fotocamera digitale, composto di 24 tacche, di e coordinate colorimetriche delle 24 tacche di ColorChecker,
cui le sei in basso formano una scala di grigi. per una determinata fotocamera.

comprende 24 tacche colorate (fig. 5). convertiti in coordinate colorimetriche, cioè vengono
resi indipendenti (device-independent).
Di ognuna di queste tacche colorate, GretagMacbeth
fornisce le coordinate colorimetriche XYZ (ma anche La tabella di caratterizzazione di una fotocamera è la
se non le fornisse, potremmo sempre misurarle con carta di identità di quella fotocamera, che assegna un
uno strumento). significato preciso ai numeri RGB, risolvendo l’ambi-
guità e rendendo ogni immagine scattata con quella
Adesso fotografiamo il ColorChecker con la fotoca- fotocamera (o meglio i numeri RGB che la descrivo-
mera in questione e sotto una data illuminazione. no) device-independent.
Per ognuna delle 24 tacche colorate la fotocamera
fornisce tre valori RGB che riportiamo in una tabella. La tabella di caratterizzazione può essere creata per
Di fianco riportiamo anche le rispettive coordinate ogni periferica, cioè per ogni fotocamera (abbiamo
colorimetriche. Alla fine abbiamo una tabella di 24 ri- visto come), ma anche per ogni scanner, ogni moni-
ghe, come quella di fig. 6. Questa tabella non riporta tor e ogni periferica di stampa. Una volta creata, la
tutte le possibili combinazioni RGB che la fotocamera tabella consente di dare un significato non ambiguo
può fornire, possiamo però ordinarla per valori RGB (cioè un colore preciso) ad ogni pixel di ogni immagi-
crescenti e calcolare per interpolazione tutti le combi- ne creata, catturata o visualizzata da una determinata
nazioni mancanti. periferica.

La tabella che otteniamo è la tabella di caratteriz-


zazione della fotocamera (fig. 6). Questa tabella, per caratterizzazione della fotocamera

ogni combinazione da R = G = B = 0 fino a R = G = B coordinate coordinate


pixel immagine fotocamera colorimetriche
= 255 indica le coordinate colorimetriche (e dunque R G B R G B X Y Z
il colore) che la fotocamera intende quando fornisce 239 10 15 0 0 0 0 0 0
qui numeri. Utilizzando la tabella, possiamo deter- 55 20 32 ... ... ... ... ... ...
minare con precisione il significato dei numeri di una 14 10 12 55 20 32 0,37 0,19 0,02
qualsiasi immagine catturata con quella fotocamera e 15 147 22 ... ... ... ... ... ...
quella illuminazione. È sufficiente allegare all’imma- 17 255 253 255 255 253 0,95 0,99 1,08
221 255 254 255 255 254 0,95 0,99 1,09
gine la tabella di caratterizzazione della fotocamera,
... ... ... 255 255 255 0,95 1,00 1,09
come in indicato in fig. 8.
Figura 7  A sinistra, i numeri dei pixel di una immagine
In questo modo, i numeri RGB che la fotocamera for- digitale RGB. A destra, la tabella di caratterizzazione della
fotocamera, che trasforma numeri RGB device-dependent in
nisce (e che sono device-dependent), possono essere coordinate colorimetriche device-independent.

Idee di base  39
Vediamo come si caratterizza un monitor e una peri- e annotare una misura ci si mettesse 1", per farle tutte
ferica di stampa (per uno scanner il procedimento è ci si metterebbe più di 6 mesi (e la tabella riempirebbe
in principio identico a quello usato per la fotocamera). quasi 100 Mbyte).

Caratterizzare un monitor Costruire l’intera tabella di caratterizzazione di un


Caratterizzare un monitor è una operazione in prin- monitor è dunque impossibile e in pratica si seguono
cipio molto semplice. Scelto il monitor e regolati su due metodi alternativi. Il primo metodo prevede la
determinate posizioni tutti i controlli che influiscono misura di un numero limitato di colori, per esem-
sul colore (per esempio i comandi di luminosità e pio qualche centinaio. Gli altri vengono calcolati in
contrasto), si tratta di costruire una tabella (vedi fig. modo approssimato con tecniche di interpolazione.
8) che riporta tutte le possibili combinazioni di valori Il secondo metodo consiste nell’implementare un
R, G e B a partire da R = G = B = 0 fino a R = G = B = algoritmo basato su poche informazioni sufficienti a
255. caratterizzare il monitor. L’algoritmo riceve in in-
gresso una terna di valori RGB, e fornisce in uscita le
Per ognuna di queste terne R, G e B, il monitor in coordinate XYZ del colore corrispondente. In altre
questione visualizza un diverso colore del quale si parole questo algoritmo agisce costruendo on de-
possono misurare e annotare in tabella le coordinate mand una singola riga della tabella alla volta senza
colorimetriche XYZ. Una volta completata, questa è costruirla esplicitamente.
la tabella di caratterizzazione di quel monitor. Questa
tabella può essere allegata a qualunque immagine L’esistenza di questo algoritmo, il cui principio è stato
che sia stata creata o messa a punto su quel monitor e individuato per la prima volta dallo scienziato inglese
consente di dare un significato non ambigui ai nume- Isaac Newton nel 1666, consente di costruire impli-
ri RGB dell’immagine. citamente l’intera tabella di caratterizzazione di un
monitor con pochi dati che possono essere contenuti
Caratterizzare un monitor con pochi dati in un file di pochi byte, invece di costruirla esplici-
Le righe della tabella di caratterizzazione di un moni- tamente e parzialmente e memorizzarla in un file di
tor sono 256 x 256 x 256 cioè oltre 16 milioni, precisa- grande dimensione.
mente 16.777.216.
Caratterizzare una stampante
Per compilare la tabella di caratterizzazione di un La tabella di caratterizzazione di una stampante si co-
monitor è necessario effettuare oltre 16 milioni di mi- struisce, mutatis mutandis, come quella di un moni-
sure, una impresa quasi impossibile. Se per effettuare tor. Il principio è lo stesso per tutti i tipi di stampante:
da scrivania (laser, a getto d’inchiostro, ...), macchina
da stampa (offset, flexo, rotocalco, ...), stampatrice
coordinate monitor coordinate colorimetriche
fotografica. Per semplicità, useremo il termine generi-
R G B X Y Z
co “periferica di stampa” per indicare una qualunque
0 0 0 0 0 0
0 0 1 0 0 0
di queste periferiche.
0 0 2 0 0 0
... ... ... ... ... ... Per caratterizzare una data stampante, la si carica con
139 10 15 0,37 0,18 0,01 una determinata carta e determinati inchiostri, e si
139 10 16 0,37 0,19 0,02 costruisce una tabella con tante righe quante sono
139 10 17 0,38 0,19 0,03 le possibili combinazioni di valori CMYK. Si stam-
... ... ... ... ... ... pa ognuna di queste combinazioni di inchiostri e si
255 255 253 0,95 1,00 1,07 misurano e annotano le rispettive coordinate colori-
255 255 254 0,95 1,00 1,08 metriche. La tabella costruita è la tabella di caratte-
255 255 255 0,95 1,00 1,09
rizzazione di quella data stampante (fig. 11).
Figura 8  Tabella di caratterizzazione di un determinato
monitor. Sono riportate tutte le possibili combinazioni di valori
RGB e le rispettive coordinate colorimetriche XYZ. Nel caso della stampante non è possibile evitare di

40  Idee di base


coordinate di periferica coordinate colorimetriche
C M Y K X Y Z
0 0 0 0 0,83 0,85 0,77
0 0 0 1 0,81 0,83 0,76
0 0 0 2 0,80 0,82 0,75
... ... ... ... ... ...
50 48 23 6 0,23 0,26 0,28
50 48 23 7 0,26 0,25 0,28
50 48 23 8 0,26 0,26 0,28
... ... ...
100 100 100 98 0,06 0,07 0,06
periferiche monitor periferiche 100 100 100 99 0,06 0,07 0,06
di input di output 100 100 100 100 0,06 0,07 0,06

Figura 9  In questo libro consideriamo tre classi di periferiche: Figura 11  Tabella di caratterizzazione di una determinata
di input (scanner e fotocamere), monitor e di output (stampanti periferica di stampa. Contiene tutte le possibili combinazioni di
da tavolo, macchine da stampa, stampatrici su carta sensibile). valori CMYK e le rispettive coordinate colorimetriche XYZ di
una determinata stampante.

costruire esplicitamente l’intera tabella implementan- necessario costruirne un’altra. Cose simili si possono
do, come nel caso del monitor, un algoritmo. D’altra dire per le altre periferiche, vedi fig. 10.
parte la tabella completa di caratterizzazione di una
stampante richiederebbe qualche centinaio di Mbyte
di memoria, e dunque non è possibile costruirla tutta Riproduzione del colore
esplicitamente. Rimane la possibilità di costruire un
numero ridotto di righe, qualche migliaio, e ottenere, Ora che abbiamo costruito le tabelle di caratterizza-
al momento della consultazione, i dati mancanti con zione delle nostre periferiche possiamo finalmente
tecniche di interpolazione. dare una prima risposta alla domanda iniziale: come
riprodurre una immagine con periferiche diverse
La caratterizzazione non riguarda solo la periferica conservandone l’aspetto? Ecco come si fa.
La tabella di caratterizzazione del monitor riguarda il
monitor nelle condizioni in cui era quando sono state Cambiare i numeri per non cambiare il colore
fatte le misure, cioè con i controlli che influiscono sul
colore (per esempio luminosità e contrasto) impostati Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto
cambi.
in determinate posizioni. Se i controlli vengono im- Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il gattopardo 1957
postati diversamente, la tabella non caratterizza più il
monitor ed è necessario costruirne un’altra. Abbiamo una immagine RGB con allegata la tabella
di caratterizzazione della fotocamera con la quale
La tabella di caratterizzazione della stampante è stata scattata (fig. 6). L’immagine è un mosaico di
riguarda la stampante nelle condizioni in cui era pixel, ogni pixel è rappresentato da una terna RGB e
quando sono state fatte le misure, cioè con quegli in- per ognuna di queste terne la tabella di caratterizza-
chiostri e quella carta. Se inchiostri e/o carta cambia- zione indica le coordinate colorimetriche (oppure si
no, la tabella non caratterizza più la stampante ed è possono trovare per interpolazione).
periferica
Ora desideriamo visualizzare l’immagine su un mo-
scanner originale
fotocamera illuminazione
nitor, del quale abbiamo la tabella di caratterizzazio-
monitor luminosità, contrasto, gamma, bianco ne. Il problema si riduce nel trovare, pixel per pixel, i
stampante carta, inchiostri valori RGB che occorre visualizzare sul monitor, per
avere lo stesso colore che quel pixel ha nella scena
Figura 10  La caratterizzazione di una periferica dipende, oltre originale.
che dalla periferica stessa, anche dagli altri elementi indicati in
questa tabella.

Idee di base  41
origine: fotocamera destinazione: monitor
coordinate di periferica coordinate colorimetriche coordinate di periferica coordinate colorimetriche
R G B X Y Z R G B X Y Z
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
... ... ... ... ... ... 0 0 1 0 0 0,1
239 10 15 0,37 0,19 0,02 0 0 2 0,01 0 0,02
... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...
255 255 253 0,95 0,99 1,08 186 83 44 0,37 0,19 0,02
255 255 254 0,95 0,99 1,09 ... ... ... ... ... ...
255 255 255 0,95 1,00 1,09 255 255 255 0,96 1,00 0,82

Figura 12  A sinistra la tabella di caratterizzazione della fotocamera e a destra quella del monitor. Le frecce rosse indicano il
percorso di una conversione di colore

Quali valori RGB devono essere usati per visualizzare, 1 nella tabella di origine si identifica la riga che contiene
sul monitor il pixel 239R 10G 15B? Visualizzare que- i valori del pixel in questione, 239R, 10G, 15B;
2 nella stessa tabella si leggono le corrispondenti coordi-
sti numeri direttamente su monitor non è una buona
nate colorimetriche, X = 0,37, Y = 0,19, Z = 0,02;
idea, si vedranno colori non corretti perché il moni- 3 si individuano questi stessi valori nella tabella di de-
tor ha un’altra tabella di caratterizzazione rispetto a stinazione;
quella della fotocamera. Per avere lo stesso colore sarà 4 si leggono in corrispondenza i valori 186R, 83G, 44B.
necessario fornire al monitor valori opportunamente
modificati. Ma modificati come? Dunque il colore originale del pixel 239R 10G 15B si
ottiene su monitor impostando i numeri 186R 83G
Facendo uso delle due tabelle di caratterizzazione, 44B.
rispettivamente quella allegata all’immagine (cioè la
tabella di caratterizzazione della fotocamera) e quella Questo procedimento, che consiste nel modificare i
del monitor (fig. 12). La tabella di origine, cioè quella numeri riferiti alla periferica di origine in modo da
che caratterizza la fotocamera, viene letta nella dire- avere lo stesso colore sulla periferica di destinazio-
zione da coordinate di periferica RGB a coordinate ne, è detto conversione di colore (anche se in realtà si
colorimetriche XYZ; la tabella di destinazione, quella tratta di una conversione di numeri) e si può riassu-
che caratterizza il monitor, viene letta da coordinate mere nella frase “cambiare i numeri per mantenere il
colorimetriche XYZ a coordinate di periferica RGB. colore”.

Le due tabelle si mettono una di fianco all’altra, a Conversione in quadricromia


sinistra quella di origine e a destra quella di destina- Nell’esempio precedente entrambe le periferiche di
zione e si procede in quattro passi (fig. 9): origine e destinazione erano in modalità RGB. Se

origine: monitor destinazione: stampante


coordinate di periferica coordinate colorimetriche coordinate di periferica coordinate colorimetriche
R G B X Y Z C M Y K X Y Z
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,83 0,85 0,77
... ... ... ... ... ... 0 0 0 1 0,83 0,85 0,78
186 83 44 0,37 0,19 0,02 0 0 0 2 0,83 0,85 0,80
... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...
255 255 253 0,95 0,99 1,08 20 90 20 0 0,37 0,19 0,02
255 255 254 0,95 0,99 1,09 ... ... ... ... ... ...
255 255 255 0,95 1,00 1,09 100 100 100 100 0,06 0,07 0,06

Figura 13  A sinistra la tabella di caratterizzazione della fotocamera e a destra quella della stampante. Le frecce rosse indicano la
conversione di colore dalla fotocamera alla stampante.

42  Idee di base


RGB
•••
XYZ
•••
Dunque la risposta è la seguente: per stampare, su
•••
•••
•••
•••
quella data stampante, il pixel che ha coordinate
•••
•••
•••
••• 186R 83G 44B in modo che mantenga lo stesso colore
occorre usare le percentuali 20C 90M 20Y 0K.
••• •••
RGB RGB XYZ ••• •••
••• ••• ••• ••• •••
••• ••• ••• ••• •••
••• ••• •••
•••
•••
•••
•••
•••
•••
Tutte le conversioni possibili
Nei due esempi precedenti la conversione di colore
••• ••• ••• CMYK XYZ
••• ••• ••• ••• •••
••• ••• •••
avviene rispettivamente dalla caratterizzazione di
••• •••
••• ••• ••• ••• •••
••• •••
•••
•••
•••
•••
una fotocamera a quella di un monitor e poi dalla
•••
•••
•••
••• caratterizzazione del monitor a quella di una stam-
••• •••
pante. Naturalmente la conversione può avvenire tra
qualunque altra coppia di tabelle di caratterizzazione
Figura 14  Conversione di colore da una immagine RGB, che
ha come riferimento una fotocamera, a un monitor RGB e, di periferiche, indipendentemente dalla modalità di
rispettivamente, a una stampante CMYK. colore. Questi sono tutti i casi possibili:

le modalità di colore di origine e destinazione sono • da scanner a monitor: visualizzare una immagine su
monitor in modo che conservi l’aspetto dell’originale
diverse, il meccanismo non cambia, come vediamo in scannerizzato;
questo un esempio. • da scanner a stampante (raro): stampare una immagine
in modo che mantenga i colori dell’originale scanneriz-
zato;
Desideriamo stampare la precedente immagine RGB • da fotocamera a monitor (come nell’esempio più sopra):
che vediamo a monitor con una stampante CMYK in visualizzare una immagine in modo che mantenga i
modo che i colori stampati siano gli stessi degli origi- colori dell’originale fotografato;
• da fotocamera a stampante (raro): stampare una im-
nali. È il problema che i fotografi digitali affrontano magine in modo che conservi l’aspetto dell’originale
ogni volta che devono stampare le proprie fotografie. fotografato;
Prima visualizzano la fotografia sul monitor (e qui • da monitor a monitor: visualizzare una immagine su un
altro monitor in modo che mantenga gli stessi colori;
agisce la conversione di colore descritta nel paragrafo • da monitor a stampante (come nell’esempio più sopra):
precedente) ed effettuano le necessarie correzioni di stampare una immagine in modo che conservi l’aspetto
colore, quindi stampano la fotografia e richiedono di quella visualizzata;
• da stampante a monitor: visualizzare una immagine in
che i colori stampati siano uguali a quelli visti a mo- modo che mantenga i colori di quella stampata;
nitor. È possibile farlo? E se lo è, come si fa? • da stampante a stampante: stampare una immagine pre-
parata per una stampante su un’altra stampante in modo
che mantenga i colori.
Per esempio, quali percentuali CMYK devono essere
usate, con una data stampante, per stampare lo stesso
È importante notare che una conversione di colore
pixel di prima, quello che sul monitor ha coordinate
avviene sempre tra due tabelle di caratterizzazione:
186R 83G 44B? Anche in questo caso dobbiamo fare
una tabella di origine e una tabella di destinazione.
una conversione di colore facendo uso della tabella di
Da notare ancora che monitor e stampante sono peri-
caratterizzazione del monitor (l’origine della conver-
feriche che possono essere sia l’origine che la destina-
sione) e della tabella di caratterizzazione della stam-
zione della conversione, mentre scanner e fotocamera
pante (la destinazione della conversione). Si procede
sono periferiche che possono essere solo l’origine
come segue (fig. 10):
della conversione di colore, mai la destinazione.
1 nella tabella di origine si identifica la riga che contiene
i valori del pixel 186R, 83G, 44B; L’algoritmo generale di conversione di colore è il
2 nella stessa tabella si leggono in corrispondenza le seguente:
coordinate colorimetriche, nell’esempio X = 0,37, Y =
0,19, Z = 0,02; 1 nella tabella di origine si identifica la riga che contiene
3 si individuano queste stesse coordinate colorimetriche le coordinate di periferica che devono essere converti-
nella tabella di destinazione; te;
4 si leggono in corrispondenza i valori CMYK, nel- 2 nella stessa tabella si leggono le corrispondenti coordi-
l’esempio le percentuali 20C 90M 20Y 0K. nate colorimetriche;

Idee di base  43
3 si individuano tali coordinate colorimetriche nella
tabella di destinazione;
4 si leggono in corrispondenza le coordinate di periferi-
ca.

Gamut e fuori gamut

A questo punto è opportuno introdurre il concetto di Figura 15  Due viste del gamut di un monitor nello spazio
gamut di una periferica. Il gamut è la rappresentazio- XYZ.
ne grafica dei colori riproducibili da quella periferica.
(tali posizioni sarebbero comunque nelle zone del ros-
Gamut di un monitor so, verde e blu: perché?) rimarrebbero sempre alcuni
La colonna di destra della tabella di caratterizzazione colori non riproducibili: per esempio i verdi brillanti,
di un monitor indica (in coordinate colorimetriche, gli azzurri. In effetti non esiste un monitor in grado
fig. 7) tutti i colori che quel monitor può visualizzare. di visualizzare tutti i colori. Ogni singolo monitor ne
Ogni terna di coordinate elencata nella tabella è un può visualizzare solo una parte limitata, il suo gamut.
punto nello spazio colorimetrico XYZ. L’insieme di Il secondo fatto, al quale abbiamo già accennato, è
tutte le terne è un insieme di punti che si può pensare che, poiché monitor diversi hanno caratterizzazioni
come un volume nello spazio colorimetrico XYZ, e diverse, hanno anche gamut diversi.
questo volume è detto il gamut del monitor, che è
dunque la rappresentazione grafica di tutti i colori I monitor sono tutti diversi, rivisitato
che quel dato monitor può visualizzare. Alla luce di quello che abbiamo visto possiamo con-
siderare sotto una nuova luce la questione che ogni
Il gamut di un monitor nello spazio XYZ ha la forma monitor produce colori diversi. Questa affermazione,
di un parallelepipedo come si vede in fig. 15, ma è in termini di gamut, significa che i gamut sono diver-
più significativo rappresentare il gamut del monitor si. Dalla rappresentazione grafica bidimensionale di
nello spazio colorimetrico Yxy (che si ricava facil- fig. 19, è possibile farsene un’idea. Gli stessi numeri
mente dallo spazio XYZ). In questo spazio il gamut 0R 255G 0B, in due spazi diversi, rappresentano due
ha un’altra forma, simile a quella riportata in fig. colori diversi. E viceversa, lo stesso colore in due spa-
16 e la proiezione del gamut sul diagramma delle zi diversi, ha numeri RGB diversi.
cromaticità xy è un triangolo i cui vertici sono i tre
colori primari del monitor (fig. 17 a sinistra). Gamut di una stampante
Come nel caso di un monitor, la colonna di destra
È caratteristico di tutte le periferiche che formano i della tabella di caratterizzazione di una determinata
colori in mescolanza additiva di tre primari (e quin- stampante indica i colori che quella stampante può
di in particolare del monitor) avere un gamut la cui stampare, e questo insieme di colori può essere rap-
proiezione sul diagramma delle cromaticità è un presentato graficamente. Il gamut di una stampante è
triangolo. un insieme di punti racchiusi in un volume tridimen-
sionale nello spazio colorimetrico considerato (in fig.
Esaminando il gamut di un monitor si possono
19 lo spazio colorimetrico è Yxy).
osservare due fatti importanti. Il primo fatto è che il
monitor in esame (come tutti i monitor) può ripro-
La proiezione di questo volume sul diagramma delle
durre solo una parte, cioè un sottoinsieme, dei colori.
cromaticità xy (fig. 20) fornisce una rappresentazione
Anche se i primari fossero in posizioni più favorevoli
bidimensionale del gamut della stampante che non è,
 Questo insieme è in realtà un insieme di punti discreti e come nel caso del monitor, un triangolo, ma piuttosto
dunque non è evidentemente un volume, ma si può conside- è un poligono irregolare in cui tre vertici corrispon-
rare come gamut, in prima approssimazione, quello che vie-
dono ai colori primari ciano, magenta e giallo. Il fatto
ne detto l’involucro convesso di tali punti, che è un volume
che contiene tutti i punti del gamut. che non sia un triangolo, come nel caso del monitor,

44  Idee di base


Figura 17  Il gamut di un monitor, nel diagramma delle
Figura 16  Due viste del gamut di un monitor nello spazio Yxy. cromaticità xy, ha la forma di un triangolo i cui vertici sono
La rappresentazione è tridimensionale a filo di ferro. i colori primari del monitor. Due monitor diversi hanno due
gamut diversi.

dipende dal fatto che la formazione dei colori in una tutti i colori che la fotocamera può catturare. Tuttavia
stampante non avviene per mescolanza additiva, ma ci si scontra subito con il fatto che in realtà la fotoca-
in modo più complesso (una combinazione di mesco- mera cattura qualunque cosa gli si metta davanti.
lanza additiva e sottrattiva fra i colori degli inchiostri
e il colore della carta). Possiamo dunque dire che la fotocamera non ha un

Osservando il grafico bidimensionale del gamut è evi-


dente che, come un monitor, una stampante non è in
grado di riprodurre tutti i colori ma solo una parte. 0R 255G 0B
Qui è importante ricordare che la tabella di carat-
terizzazione di una stampante, e dunque il gamut,
non riguarda la sola stampante ma la combinazione
stampante + carta + inchiostri.

E anche nel caso della stampante potremmo riformu- Figura 18  Gli stessi numeri, in due gamut diversi,
rappresentano colori diversi.
lare l’affermazione che stampanti diversi stampano
gli stessi numeri con colori diversi sulla base dei loro
gamut (lo lasciamo come esercizio al lettore).

Fotocamera e scanner non hanno un gamut


Fotocamera digitale e scanner sono entrambe peri-
feriche di input, cioè non producono (visualizzano o
stampano) colori, ma li leggono. Per analogia con i
casi del monitor e della stampante, saremmo tentati
di definire, a partire dalla tabella di caratterizzazio-
Figura 19  Due viste del gamut tridimensionale di una
ne, il gamut di una fotocamera, ma questa volta c’è stampante nello spazio Yxy. La rappresentazione è a filo di
qualcosa che non torna. ferro.
Infatti abbiamo definito il gamut di un monitor e di
una stampante come l’insieme di tutti i colori che
possono essere prodotti (visualizzati o stampati) ri-
spettivamente da quel monitor e da quella stampante.
Applicata alla fotocamera, questa definizione affer-
merebbe che il gamut della fotocamera è l’insieme di

 Una conseguenza di ciò riguarda direttamente le pagine di


questo libro: non tutti i colori sono riproducibili in stampa,
in particolare la corretta riproduzione a stampa di un dia- Figura 20  Il gamut di una stampante, proiettato sul
gramma di cromaticità è impossibile e i diagrammi riportati diagramma delle cromaticità xy, è un poligono irregolare alcuni
vertici del quale sono i colori primari della stampante.
in queste pagine sono solo indicativi.

Idee di base  45
gamut, perché il suo gamut sarebbe tutto lo spa-
zio dei colori e quindi non sarebbe significativo. È
significativo invece il gamut del target (l’insieme di
tutti i colori compresi nel target stesso) con cui è stata
costruita la tabella di caratterizzazione della fotoca-
mera. Le stesse considerazioni possono essere fatte
per lo scanner.

Gamut di una immagine


È possibile e anche interessante definire non solo il
gamut di una periferica ma anche il gamut di una
immagine digitale associata ad una caratterizzazione:
questo gamut è semplicemente l’insieme dei colori
che l’immagine contiene. In fig. 21 è riportata una
immagine digitale (che si suppone associata ad una Figura 21  A sinistra una immagine digitale: a destra in alto
caratterizzazione) e il suo gamut in Yxy, da due viste una rappresentazione bidimensionale del gamut in xy, a destra
in basso una rappresentazione tridimensionale in Yxy. La
diverse. rappresentazione presuppone una caratterizzazione.

Colori fuori gamut


Per esempio, può darsi che un particolare colore sia
Ora che abbiamo il concetto di gamut possiamo com-
visibile su un monitor ma non sia stampabile con una
pletare il quadro con un importante dettaglio che
data stampante, sia cioè fuori gamut (out of gamut)
avevamo trascurato nella trattazione della conversio-
per quella stampante. Ci si rende conto immedia-
ne di colore. Si tratta di questo. La tabella di caratte-
tamente della situazione confrontando il gamut del
rizzazione di un monitor o di una stampante (fig. 7 e
monitor con quello della stampante. Nelle fig. 18 e 19
8) consente di rispondere a due domande:
si osserva che la maggior parte dei colori che si vedo-
(a) dati in input al monitor o stampante determinati valori no su monitor sono stampabili, ma altri (come il blu
RGB o CMYK, quali sono le coordinate colorimetri- saturo) non lo sono. (È anche vero che ci sono colori
che del colore visualizzato o stampato? stampabili che non si possono vedere su monitor, per
esempio alcuni azzurri-verdi).
(b) per visualizzare o stampare un colore di determinate
coordinate colorimetriche, quali valori RGB o CMYK
devono essere dati in input al monitor o stampante? La stessa situazione si presenta nel caso in cui origine
e destinazione siano due monitor con gamut diversi.
La domanda (a) è quella alla quale rispondono i passi In questo caso (fig. 20) i due gamut sul diagramma
1 e 2 dell’algoritmo generale di conversione di colore. delle cromaticità sono rappresentati da due triangoli
Per come è costruita la tabella di caratterizzazione, la che (tipicamente) si intersecano. La maggior parte dei
risposta a questa domanda si trova sempre: infatti per colori che vediamo sul primo monitor possono essere
ogni terna RGB o CMYK la tabella riporta le relative visti anche sul secondo monitor, ma ci sono anche
coordinate colorimetriche (eventualmente trovate per alcuni colori visibili sul primo monitor che non
interpolazione). possono essere visti sul secondo monitor. Il secondo
monitor questi colori non li può visualizzare, sono
Alla domanda (b), invece, si può rispondere solo se fuori dal suo gamut.
il passo 3 dell’algoritmo di conversione di colore ha
successo, cosa che abbiamo data per scontata, ma Applicando ai due monitor gli stessi valori RGB si
non è detto che sia così: se il colore di origine non ottengono due colori diversi; per esempio i valori
è riproducibile nella periferica di destinazione, alla 0R 255G 0B, producono due diversi verdi che corri-
domanda (b) non c’è risposta. spondono ai due spigoli superiori dei due gamut. E
ognuno di questi verdi non è visualizzabile sull’altro
monitor.

46  Idee di base


Gamut e gamma
Gamut è una parola inglese che in italiano si traduce
“gamma”. Ma in italiano “gamma” è anche il nome
di una lettera dell’alfabeto greco utilizzata tra l’al-
tro per indicare una certa caratteristica dei monitor.
Per evitare confusioni, anche in italiano si usano i
termini “gamut” per indicare l’insieme dei colori che
una periferica può produrre e “gamma” per indicare Figura 22  I gamut bidimensionali di un monitor (triangolo)
e di una stampante (poligono) sul diagramma di cromaticità si
la lettera greca γ. intersecano.

alla impossibile corrispondenza precisa, e cercando


invece una possibile approssimazione.
In generale, quando si confrontano due gamut (per
esempio di un monitor e di una stampante), ci sono
Naturalmente l’approssimazione non può essere fatta
colori che:
a caso, deve essere plausibile, ragionevole. Il senso
preciso che si dà alla parola “ragionevole” dipende
• stanno in entrambi i gamut (per esempio colori
dall’effetto che si vuole ottenere. Questi criteri di
che si possono sia visualizzare che stampare);
approssimazione ragionevole sono detti intenti di
• stanno solo in un gamut (cioè colori che si posso-
rendering (rendering intent) e ne sono stati indivi-
no visualizzare ma non stampare, e colori che si
duate due principali famiglie: gli intenti di rendering
possono stampare ma non visualizzare);
colorimetrici e gli intenti di rendering non colorime-
• non stanno in nessuno dei due gamut (cioè colori
trici. Vediamo di cosa si tratta.
non visualizzabili né stampabili).
Intento colorimetrico
Se un colore sta in entrambi i gamut, o in nessuno dei
Il più semplice effetto che possiamo richiedere è il se-
due, nessun problema. Il problema nasce quando un
guente: poiché alcuni colori sono riproducibili e altri
colore sta nel gamut di origine ma non nel gamut di
no, chiediamo (a) di riprodurre i primi esattamente
destinazione. Questo problema si affronta con i cosid-
come sono; (b) di approssimare gli altri al colore
detti intenti di rendering.
riproducibile più “vicino” (quest’ultima operazione è
detta clipping, fig. 22).

Intenti di rendering Per certi tipi di conversione e di gamut questo intento


di rendering, che si chiama colorimetrico, può essere
Abbiamo appena descritto il quadro generale della
appropriato. Per esempio quando il gamut dell’im-
relazione che c’è tra due gamut, cioè quello che po-
magine è completamente, o quasi completamente,
trebbe succedere. Quello che succede effettivamente
compreso nel gamut di destinazione. Il caso tipico
però dipende dall’immagine che deve essere conver-
è quello di un logo, un marchio di fabbrica. Pensia-
tita. Quello che conta è se il gamut dell’immagine è
completamente compreso nel gamut di destinazione
oppure no.

Se qualche pixel dell’immagine ha un colore che non


è compreso nel gamut di destinazione, quel colore
non si può riprodurre (fig. 21). Tutti i colori dell’im-
magine che non sono compresi nel gamut di desti-
nazione non possono essere riprodotti. Ma non è il
caso di arrendersi: è possibile cercare di riprodurre il
colore mancante con un colore esistente, rinunciando Figura 23  I gamut tridimensionali di un monitor e di una
stampante si intersecano.

Idee di base  47
Intento percettivo
Questo intento si usa quando è opportuno che i co-
lori mantengano le loro posizioni cromatiche relative,
e tutti i colori, anche quelli che potrebbero essere
riprodotti come sono, vengano “modificati” propor-
zionalmente in modo da essere compresi nel gamut di
destinazione (fig. 25).
Figura 24  I gamut tridimensionali di due monitor si
intersecano. Si tratta di un intento di rendering, che modifica tutti
i colori dell’immagine originale in modo che siano
mo al rosso del logo Coca Cola o al giallo del logo completamente compresi nel gamut di destinazio-
McDonald (fig. 23): chi ha progettato questi logo si ne. In questo caso tutti i colori vengono modificati,
è sicuramente posto il problema della stampabilità non solo quelli fuori gamut, ma lo sono in modo che
ed ha scelto colori che potessero essere sicuramente mantengano i loro rispettivi rapporti cromatici.
stampabili su qualunque stampante.
Per esempio, si potrebbe riprodurre tutta l’immagine
È quindi ragionevole chiedere che l’intento di più scura, o tutta più chiara o tutta meno satura. Tut-
rendering da utilizzare in questo caso, sia quello che ti i colori cambiano, ma rimangono “cromaticamente
consiste nello stampare esattamente i colori stampa- proporzionali” a quelli originali, e l’occhio compensa
bili e di approssimare gli altri (se esistono) portandoli la differenza dei gamut, rendendo “simili” le due im-
al bordo del gamut di destinazione. magini, quella originale e quella riprodotta.
Un altro tipo di immagine per la quale è adatto l’in-
tento di rendering colorimetrico è una fotografia i cui L’intento di rendering percettivo (perceptual) talvolta
colori non siano molto saturi. Le fotografie “amato- viene chiamato immagine (picture), fotografico (pho-
riali” sono spesso di questo tipo (fig. 24). tographic) o fotometrico (photometric).

Se la fotografia è invece ricca di colori saturi, l’inten- Colorimetrico assoluto e colorimetrico relativo
to di rendering colorimetrico può non essere adatto. Nella pratica l’intento colorimetrico, così come
Infatti in questo caso i colori saturi potrebbero non l’abbiamo descritto, viene usato raramente (sostan-
essere compresi nel gamut di destinazione e potrebbe zialmente solo per alcuni tipi di prove colore) e viene
non essere accettabile che i colori meno saturi ven- invece usata una sua variante, chiamata colorimetrico
gano riprodotti esattamente mentre quelli più saturi relativo (relative colorimetric) e l’intento colorimetri-
solo in modo approssimato. Si usa allora un altro co “originale” viene allora detto colorimetrico assolu-
intento di rendering, il percettivo. to (absolute colorimetric).

Figura 25  Due gamut; il colore in alto sta nel gamut di origine Figura 26  Schema dell’intento di rendering colorimetrico: il
e anche in quello destinazione (è in-gamut); il colore in basso colore in alto è in gamut e viene riprodotto esattamente com’è;
sta nel gamut di origine ma non nel gamut di destinazione (è il colore in basso è out-of-gamut e viene riprodotto con un
out-of-gamut). colore che sta sul bordo del gamut di destinazione.

48  Idee di base


Figura 27  Per i logo e le immagini vettoriali è adatto un Figura 28  Per le fotografie e le immagini realistiche prive
intento di rendering colorimetrico. di colori saturi può essere adatto un intento di rendering
colorimetrico.

L’intento di rendering colorimetrico relativo si com- è l’intento percettivo vero e proprio, la seconda si
porta come quello assoluto ma in più riproduce il chiama intento di rendering saturazione.
bianco di origine con il bianco di destinazione (che
può essere diverso) e quindi modifica la corrispon- Si applica questo intento di rendering nei casi in cui
denza di tutti gli altri colori. Questo comportamento la precisa corrispondenza di colore ha meno impor-
è giustificato dal meccanismo di adattamento croma- tanza del fatto che sia vivo, saturo: l’esempio tipico è
tico del sistema visivo umano. Il rendering colorime- quello dei grafici statistici, ma anche delle carte geo-
trico assoluto non ne tiene contro, quello relativo sì. grafiche e degli schemi tecnici, in cui è poco impor-
tante che il colore sia esattamente uguale all’originale.
In alcune applicazioni l’intento colorimetrico relativo
viene chiamato grafica (graphics) o logo mentre quello L’intento di rendering di saturazione (saturation),
assoluto viene chiamato semplicemente colorimetrico talvolta chiamato grafica (graphics) o presentazione
o prova (proof, proofing) o corrispondenza (match). (presentation), richiede appunto che, nella conversio-
ne da origine a destinazione, venga mantenuta il più
Intento saturazione possibile la saturazione del colore, a spese eventual-
Così come esistono due varietà dell’intento di mente della chiarezza e della tinta.
rendering colorimetrico, esistono anche due varietà
dell’intento di rendering percettivo. La prima varietà Con questo intento di rendering i colori dell’imma-
gine vengono modificati in modo da riempire esat-
tamente, o quasi, il gamut di destinazione e in modo
che i primari vadano nei primari. Ciò significa che
alcune regioni del gamut vengono compresse, men-
tre altre vengono espanse. È l’unico intento che può
espandere un gamut limitato in uno più grande.

Intenti di rendering standard


Per riassumere, abbiamo descritto quattro intenti di
rendering, che si possono raggruppare in due fami-
glie: gli intenti che mantengono le coordinate colo-
Figura 29  Schema dell’intento di rendering percettivo: rimetriche (per i colori in gamut, ed eventualmente
l’intero gamut di origine viene compresso nel gamut di
destinazione; ogni colore viene riprodotto con un colore dopo un adattamento cromatico), che sono quelli
diverso. colorimetrici

Idee di base  49
Due tecnologie di gestione del colore

Come tutte le idee informatiche, anche quelle della


gestione digitale del colore, per diventare operanti,
devono essere implementate nell’ambito di un si-
stema operativo, di una applicazione, o di un driver
Figura 30  Per i grafici statistici può essere adatto un intento
di stampa. In particolare l’implementazione della
di rendering saturazione. gestione del colore riguarda le tabelle di caratteriz-
zazione, gli intenti di rendering e il meccanismo
che esegue le conversioni di colore, cioè il motore di
colore (color engine).
• colorimetrico assoluto (absolute colorimetric);
• colorimetrico relativo (relative colorimetric);
Oltre ad alcune tecnologie “proprietarie”, che in
queste pagine non trattiamo, esistono attualmente
e gli intenti che fanno trasformazioni di gamut
due tecnologie “aperte” che implementano in modi
(gamut mapping), cioè che trasformano da una ori-
diversi i vari componenti di un sistema per la ge-
gine a una destinazione con l’obiettivo di modificare
stione del colore. La più diffusa tecnologia aperta di
l’apparenza del colore seguendo varie esigenze (per
gestione digitale del colore è quella standardizzata
esempio che la stampa di una fotografia, che non può
dall’International Color Consortium (ICC) a partire
contenere tutti i colori catturati, sia almeno piacevole)
dal 1995, ma viene utilizzata anche quella che fa parte
del linguaggio PostScript di Adobe, PostScript Color
• percettivo (perceptual);
Management (PCM). La versione 3 del linguaggio
• saturazione (saturation).
PostScript contiene tutti gli elementi di PCM ed è del
1997, ma alcuni elementi di PCM erano presenti dalla
I primi sono i più adatti quando la conversione è da
versione 2 del 1991.
un gamut “piccolo” a un gamut “grande”, i secondi
sono più adatti nella situazione contraria.
Ognuna delle due tecnologie indicate adotta proprie
modalità di implementazione delle tabelle di carat-
Profili di colore
terizzazione e degli intenti di rendering ed utilizza
Ora che abbiamo i concetti di caratterizzazione di
un proprio motore di colore. Ma la più importante
una periferica e di intento di rendering di una con-
caratteristica di queste tecnologie è appunto quel-
versione, possiamo finalmente introdurre il concetto
la di essere aperte, e ciò garantisce loro un’ampia
di profilo di colore di una periferica. Si tratta, in gene-
accettazione, lunga vita e continui aggiornamenti (al
rale, di una implementazione della tabella di caratte-
contrario dei sistemi chiusi che sembrano eterni e
rizzazione della periferica e contemporaneamente di
indistruttibili ma poi per qualche causa crollano e si
uno o più intenti di rendering.
estinguono rapidamente). Diamo la precedenza alla
tecnologia PCM, perché, oltre ad essere stata svilup-
Le caratteristiche specifiche di un profilo di colore
pata per prima, è anche più semplice da descrivere e
dipendono dalla tecnologia di implementazione della
didatticamente più efficace.
gestione del colore. Ognuna delle due tecnologie at-
tualmente utilizzate ha una diversa idea della struttu-
PostScript Color Management
ra del profilo e la implementa diversamente. Invece di
PostScript Color Management (PCM) è la tecnologia
dare qui una definizione generale, descriviamo subito
di gestione digitale del colore contenuta nelle ultime
le due tecnologie e la struttura dei rispettivi profili.
versioni del linguaggio PostScript ed implementata

 Tecnologie proprietarie di gestione digitale del colore sono o


sono state implementate tra gli altri da EFI (solo su Photo-
shop e XPress), Kodak (Precision Transform), GMG, Kodak
PhotoCD.

50  Idee di base


nei RIP PostScript: in un RIP Level 2 ci possono zio XYZ, che è stato sviluppato da CIE, Commission
essere (se il costruttore li ha implementati) alcuni ele- International de l’Eclairage) mentre i dati che non
menti di questa tecnologia; in un RIP Level 3 ci può fanno riferimento ad alcun profilo sono detti Device
essere (se il costruttore l’ha implementata) la tecnolo- (DeviceRGB, DeviceCMYK).
gia completa.
In PCM dunque, tra profilo di origine e profilo di
La gestione colore PCM agisce solo in fase di stampa destinazione vi è una naturale separazione: il primo
su una periferica PostScript, quando le istruzioni sta nel programma PostScript, il secondo sta nel RIP
PostScript, che contengono l’immagine da stampare, stesso. Sono dunque entrambi profili unidirezionali,
vengono trasmesse, ed arrivano, al RIP della stam- e il CRD implementa un singolo intento di rendering.
pante. Una conversione di colore è sempre fatta da
una origine a una destinazione. In PCM il profilo Funzionamento di PCM
di origine (cioè la struttura PostScript che descrive Il meccanismo di funzionamento di PostScript Color
l’origine della conversione) si chiama Color Space Ar- Management è il seguente: le istruzioni PostScript
ray mentre il profilo di destinazione si chiama Color vengono trasmesse al RIP per l’interpretazione e
Rendering Dictionary (fig. 28). la stampa successiva, e nel flusso dei dati (printing
stream) viene inserito anche il CSA che contiene (o i
Color Space Array (CSA) CSA che contengono) le informazioni per convertire
Un CSA è sostanzialmente la tabella di caratteriz- i dati di colore (per esempio RGB) dallo spazio di
zazione che accompagna una immagine in un file origine allo spazio XYZ. Nel RIP risiede il CRD, il
PostScript e descrive l’origine della conversione di profilo che contiene le informazioni per trasforma-
colore mettendo in relazione le coordinate di perife- re da coordinate XYZ a percentuali di colorante di
rica (RGB o CMYK) con le coordinate colorimetriche quella stampante.
XYZ (fig. 28 a sinistra). Quando le istruzioni PostScript con il relativo CSA
arrivano al RIP, l’interprete PostScript converte i dati
Color Rendering Dictionary (CRD) di colore (per esempio RGB) in XYZ e, sulla base del
Un CRD è una tabella di caratterizzazione che descri- CRD, esegue la procedura di rendering programmata,
ve la destinazione della conversione, e che porta dalle che converte i colori da XYZ in percentuali di colo-
coordinate colorimetriche XYZ alle coordinate della rante della stampante.
periferica di stampa PostScript (spesso CMYK ma
anche RGB) con un determinato intento di rendering La conversione di colore va dunque da un CSA di ori-
(fig. 28 a destra). gine a un CRD di destinazione (che determina anche
l’intento di rendering) attraverso lo spazio XYZ, ed
Profili PostScript è effettuata dall’interprete stesso del RIP, che agisce
Anche se PostScript non utilizza il termine “profili”, come motore di colore.
CSA e CRD sono i profili nella tecnologia PCM. Il
CSA è il profilo di origine e il CRD è il profilo di
file PostScript

destinazione della conversione colore. newline


.5 inch 45 line moveto
stroke
/Helvetica-Bold
interprete del RIP

I profili PostScript CSA e CRD sono istruzioni del Color Rendering Dictionary

linguaggio PostScript che stanno nel programma


XYZ CMYK
••• •••
••• •••
••• •••

PostScript che descrive l’immagine (se si tratta di Color Space Array


•••
•••
•••
•••
•••
•••
percentuali

CSA) o nell’interprete PostScript del RIP della stam-


RGB XYZ ••• •••
••• ••• ••• ••• di coloranti
••• ••• ••• •••
••• •••

pante o macchina da stampa (se si tratta di CRD). •••


•••
•••
•••
•••
•••

Entrambi i profili sono espressi in termini dello spa-


••• •••
••• •••
••• •••

zio colorimetrico XYZ. In PostScript, i dati di colore


che fanno riferimento ad un profilo PostScript sono
dette CIEBased (perché i profili sono basati sullo spa- Figura 31  Il flusso di stampa PostScript con il CSA e il RIP
con il CRD

Idee di base  51
International Color Consortium profilo è usato come origine, viene utilizzata la sua
International Color Consortium (ICC) ha standar- tabella diretta; quando è usato come destinazione
dizzato una tecnologia di implementazione di profili viene usata la tabella inversa dell’intento di rendering
di colore, che supporta gli spazi colorimetrici XYZ e scelto dall’operatore (fig. 30).
Lab D50.
Profilo di colore ICC
La principale differenza con la tecnologia di gestione Le specifiche ICC in realtà portano ancora più avanti
del colore PostScript (dove i profili di origine sono questo concetto e richiedono che, per ogni intento
distinti da quelli di destinazione) è che un profilo può di rendering esista non solo una tabella inversa ma
agire sia da origine che da destinazione, in quanto anche una tabella diretta (dunque non una sola, ma
contiene sia la tabella di caratterizzazione diretta, da una per ogni intento di rendering). Dunque in realtà,
valori di periferica (RGB o CMYK) a valori colori- lo schema di un profilo ICC è come indicato in fig. 31.
metrici (XYZ o Lab) sia la tabella inversa (da XYZ o
Lab a RGB o CMYK). Quando il profilo è usato come In definitiva un profilo ICC può essere usato in modo
origine, viene utilizzata la sua tabella diretta; quando bidirezionale, sia come origine che come destina-
è usato come destinazione viene usata la sua tabel- zione della conversione di colore e contiene in sé
la inversa nella quale è implementato un intento di l’implementazione degli intenti di rendering. Questa
rendering. Con questa struttura il profilo può essere comunque è una descrizione molto generale, perché
utilizzato sia come origine che come destinazione in pratica ogni singolo profilo, e ogni classe di profili,
di una conversione di colore cioè è bidirezionale. può avere o non avere tabelle dirette e inverse, tabelle
Quando è usato come origine si usa la tabella diretta; dei vari intenti di rendering, e in qualche caso può
quando è usato come destinazione si usa la tabella anche non avere nessuna tabella. I dettagli sono indi-
inversa (fig. 29). cati nel capitolo Profili ICC.

Un’altra differenza con la tecnologia di gestione del Motore di colore ICC


colore PostScript (in cui un CRD ha un unico intento Il software che esegue effettivamente il calcolo della
di rendering, e per avere a disposizione più intenti di conversione di colore da un profilo di origine a un
rendering occorre avere diversi CRD) è che tutti gli profilo di destinazione è detto motore di colore (color
intenti di rendering che il profilo supporta sono im- engine, oppure color management method oppure co-
plementati nel profilo stesso. In altre parole nel profi- lor management modul, in ogni caso abbreviato con
lo esiste una tabella inversa per ognuno degli intenti CMM).
di rendering implementati in quel profilo. Quando il

origine destinazione
origine destinazione

tabella diretta tabella diretta


tabella diretta tabella diretta
RGB XYZ RGB XYZ
••• ••• ••• •••
RGB XYZ RGB XYZ
••• ••• ••• •••
••• ••• ••• •••
••• ••• ••• •••
••• ••• ••• •••
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tabelle inverse tabelle inverse

XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB
XYZ RGB XYZ RGB ••• ••• ••• ••• ••• ••• ••• ••• ••• ••• ••• •••
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percettivo colorimetrico saturazione percettivo colorimetrico saturazione
tabella inversa tabella inversa relativo relativo

Figura 32  Conversione di colore ICC indicante la struttura di Figura 33  Conversione di colore ICC indicante la struttura di
prima approssimazione di un profilo ICC. seconda approssimazione di un profilo ICC.

52  Idee di base


Poiché un profilo ICC può essere scritto in termini Le due tecnologie possono essere contemporanea-
di XYZ oppure di Lab, ogni motore di colore deve mente presenti solo in un driver di stampa PostScript,
supportare sia XYZ che Lab. Oltre a questo il motore cioè nel momento del flusso in cui finisce la gestio-
di colore è responsabile ne dell’immagine on-host e comincia quella in-RIP.
PCM e ICC non sono tuttavia mondi separati e
• della creazione e calcolo delle trasformazioni di incomunicabili ma si complementano e integrano a
colore; vicenda. Un CSA e una tabella diretta (da periferica
• dell’implementazione di eventuali intenti non a PCS) di un profilo ICC contengono essenzialmente
compresi nelle tabelle (colorimetrico assoluto a gli stessi dati, e così un CRD e una tabella inversa (da
partire da colorimetrico relativo; compensazione PCS a periferica) di un profilo ICC. Trasformare un
del punto nero); profilo ICC di periferica in CSA o CRD è semplice ed
• dell’interpolazione nelle tabelle; esistono strumenti software che consentono di farlo
• dei calcoli e degli arrotondamenti; (l’inverso è più complicato).
• della conversione tra gli spazi colorimetrici XYZ
e Lab. Gli elementi di una conversione
Per entrambe le tecnologie gli elementi necessari per
Relazione tra le due tecnologie una conversione di colore, sono quattro:
ICC è una tecnologia di gestione colore che agisce on-
host: la conversione di colore da un profilo di origine • profilo di origine;
ad un profilo di destinazione avviene (in maniera • profilo di destinazione;
trasparente o sotto il controllo dell’utente) su un • intento di rendering ;
computer, all’interno delle applicazioni (application- • motore di colore.
level) oppure nel driver di stampa (driver-level) ma
non oltre. Se una conversione di colore non dà i risultati aspet-
tati la causa può essere una forte diversità tra i due
PCM è invece una tecnologia di gestione colore che gamut (molti colori del gamut di origine sono esterni
agisce in-RIP, cioè in fase di stampa, all’interno di un al gamut di destinazione). Altrimenti la causa va ri-
RIP PostScript Level 3 dove avviene la conversione cercata in uno dei quattro elementi elencati qui sopra:
di colore da CSA a CRD. L’ambito di applicazione di o il profilo di origine non è corretto, oppure il profilo
PCM è quindi dal driver di stampa in poi. di destinazione non lo è, oppure non è stato scelto
l’intento di rendering appropriato, oppure il motore
di colore non fa correttamente il proprio lavoro.

origine

tabelle dirette
destinazione

tabelle dirette
Creare un profilo ICC
RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ
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La creazione effettiva di un profilo ICC avviene in
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tre fasi: calibrazione, caratterizzazione e profilazione.
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••• Queste tre fasi sono spesso intrecciate tra di loro e in
tabelle inverse tabelle inverse tal caso sono viste dall’utente come un unico proce-
dimento.
XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB XYZ RGB
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Calibrare significa portare la periferica in uno stato


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noto e misurabile. Caratterizzare significa registrare


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il comportamento della periferica calibrata in una ta-


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percettivo colorimetrico
relativo
saturazione percettivo colorimetrico
relativo
saturazione
bella (esplicita o implicita) di caratterizzazione. Profi-
lare significa costruire il profilo a partire dalla tabella
Figura 34  Conversione di colore ICC indicante la struttura di caratterizzazione. Con un paragone si potrebbe
generale di un profilo ICC.

Idee di base  53
dire che la creazione di un profilo è come fotografare ma per la gestione del colore) è un termine generale
una persona: calibrare è analogo a farla metterlo in per indicare una architettura software che consente
posa, caratterizzare è analogo a scattare la fotografia di “gestire” il colore.
e profilare è analogo a stampare la fotografia.
Un CMS può basarsi sulle specifiche ICC oppure sul-
Stabilità le istruzioni PCM, ma in ogni caso si compone di
Il presupposto per la creazione e l’uso di un profilo
è che la periferica sia stabile nel suo stato di calibra- • profili che descrivono le periferiche;
zione, cioè che rimanga nello stato di calibrazione, o • intenti di rendering;
possa essere portata periodicamente in questo stato. • motore di colore per fare i calcoli.

Calibrare un monitor Un CMS può essere implementato a livello di appli-


Calibrare il monitor significa anzitutto scegliere le cazione, a livello di sistema operativo o a livello di
coordinate di cromaticità (o in modo equivalente la driver di stampa.
temperatura colore) del bianco e il valore del gamma.
La fase successiva consiste nel portare il monitor ad Livello di applicazione
avere quel bianco e quel gamma che abbiamo scelto. A livello di applicazione si può implementare un
Questo si può fare in modi diversi in monitor diversi CMS basato sulla tecnologia ICC, che provvede a
ma sempre con l’aiuto di uno strumento di misura fare la conversione di colore tra profili ICC, effettua
(colorimetro o spettrofotometro) controllato da un la chiamata al motore di colore, e così via. È suffi-
software specializzato. Strumento e software caratte- ciente che l’applicazione abbia un proprio motore di
rizzano il monitor e creano il profilo. colore. L’esempio tipico è il CMS implementato nelle
applicazioni Adobe (Photoshop, InDesign, Illustrator,
Profilo di una fotocamera Acrobat) con il motore di colore ACE (Adobe Color
In questo caso non c’è bisogno di uno strumento di Engine).
misura, è sufficiente un target come ColorChecker,
che va fotografato sotto una certa illuminazione. Il Livello di sistema operativo
risultato dello scatto, cioè il file digitale, viene elabo- Avere una parte del sistema operativo che si occupa
rato attraverso un software specializzato che genera il della gestione del colore semplifica la vita dell’utente,
profilo della fotocamera. perché offre alle applicazioni, alle periferiche e agli
altri componenti del sistema operativo un metodo
Profilo di uno scanner comune per il controllo e la conversione dei colori tra
Si crea analogamente a quello di una fotocamera, ma periferiche.
questa volta il target da usare è uno dei vari IT8.
In dettaglio, può offrire un database di profili, un
Profilo di una periferica di stampa controllo comune dei profili delle periferiche e dei
In questo caso occorre stampare un target, misurare profili di default (per i file nuovi o senza profilo), una
le varie tacche con uno spettrofotometro (caratte- interfaccia comune, un comune formato dei pro-
rizzazione) e elaborare il risultato con un apposito fili, un motore di colore di default (e la possibilità
software specializzato. Nel caso di una macchina da di usarne altri) e la possibilità di accedere alla API
stampa, questa va preventivamente calibrata e il pro- (application programming interface), cioè la possibilità
cesso di calibrazione va sotto il nome di “controllo di per le applicazioni di poter utilizzare le funzioni e le
processo”. routine più comuni che il CMS ha già implementate.

Le applicazioni, a loro volta, si possono basare com-


Sistemi per la gestione del colore pletamente sulla architettura di gestione colore del
sistema oppure avere una propria architettura che
Color Management System, abbreviato in CMS (siste- utilizza solo in parte gli strumenti messi a disposizio-

54  Idee di base


ne dal sistema operativo.

In Mac OS e Mac OS X il sottosistema che si occupa


della gestione del colore secondo le specifiche ICC è
ColorSync, ora alla versione 4, che comprende il mo-
tore di colore Apple CMM. In Windows 95 il sottosi-
stema si chiama ICM (Image Color Management) ed
è stato progettato per le applicazioni che lavorano in
modalità RGB. In Windows 98, 98SE, ME, 2000 e XP Figura 35  Il sistema di stampa di Mac OS X consente di
scegliere tra la conversione colore ICC (Standard) e PCM (In
è presente la versione 2 di ICM che supporta il mo- Printer).
tore di colore LinoColor CMM; in Windows NT non
esiste alcun CMS implementato a livello di sistema va confusa con la correzione del colore (color correc-
operativo. tion) che riguarda gli interventi estetici sull’immagi-
ne.
Il profilo ICC è un file multipiattaforma (cross pla-
tform). In Mac OS 9 un profilo è identificato dal “tipo” Gli stessi numeri (RGB o CMYK) producono colori
prof e dal “creatore” sync. In Mac OS X un profilo diversi su periferiche di output diverse; e signifi-
può avere “tipo” e “creatore” e anche suffisso (quello cano colori diversi su periferiche di input diverse.
ufficiale è .icc, ma viene riconosciuto anche .icm), ma Dunque, per mantenere i colori, è necessario cambia-
in realtà in questo sistema operativo ColorSync deter- re i numeri quando si trasferisce l’immagine da una
mina se un profilo è valido cercando il byte di segna- periferica ad un’altra.
tura acsp (che significa “a ColorSync profile”) ad un
determinato offset nell’header block. Su Windows un Il punto di partenza è la caratterizzazione delle
profilo ha il suffisso .icm ma Windows XP riconosce periferiche. Si tratta di una tabella con due colonne:
anche .icc. Le vecchie versioni di Windows possono nella prima i valori RGB o CMYK di periferica, nella
richiedere l’estensione .icm. seconda i rispettivi valori colorimetrici.

Livello di driver di stampa Il gamut di una periferica è l’insieme dei colori che la
A livello di driver di stampa, se la stampante è Post- periferica può produrre, rappresentato graficamente.
Script, si può implementare un CMS basato su ICC Ogni monitor e ogni stampante ha un proprio gamut.
oppure su PCM. Per esempio il driver di stampa Fotocamera e scanner non hanno un gamut, nel loro
LaserWriter (che, nonostante il nome, non riguarda le caso il gamut è quello del medium.
stampanti laser, ma le stampanti PostScript) presente
sia in Mac OS che in varie versioni di Windows, op- Il cambiamento dei numeri (ed eventualmente di mo-
pure il driver Adobe PS per Windows, consentono di dalità) si ottiene con la conversione di colore (color
“gestire” il colore, a scelta dell’utente, mediante ICC conversion), una operazione che si basa su una tabella
oppure mediante PCM. Anche il driver di stampa di di origine, una tabella di conversione, un intento di
Mac OS X ha la stessa possibilità (fig. 32). rendering e un motore di colore.

L’intento di rendering indica il modo in cui appros-


simare i colori fuori gamut e in generale il modo in
Riassunto cui il gamut di origine viene trasferito nel gamut di
destinazione. Gli intenti di rendering comunemente
La gestione digitale del colore (digital color manage- utilizzati sono: colorimetrico relativo, colorimetrico
ment) è la tecnologia che ha per obiettivo il manteni- assoluto, percettivo, saturazione.
mento dell’aspetto (cioè dei colori) di una immagine
digitale qualunque siano le periferiche con la quale Tutti i calcoli sono eseguiti da un motore di colore
l’immagine è catturata, visualizzata, stampata. Non (color engine) che può essere a livello di sistema, di

Idee di base  55
applicazione o di driver di stampa.

I profili di colore sono elaborazioni delle tabelle di


caratterizzazione, che possono contenere le imple-
mentazioni dei vari di rendering.

Esistono due tecnologie aperte di gestione digitale


del colore: la tecnologia International Color Consor-
tium (ICC) e la tecnologia PostScript Color Manage-
ment (PCM). Ognuna di queste tecnologie ha una
propria idea dell’implementazione del profilo, dell’in-
tento di rendering e del motore di colore.

56  Idee di base

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