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Color mode / Metodo colore

I metodi di colore (Mode Color) o spazio di lavoro costituiscono i metodi con cui l’immagine digitale
è strutturata. Si tratta di metodi per ottenere e reinterpretare in chiave numerica o alfanumerica, e quindi
universale, i colori che utilizziamo.
Immaginate di dover utilizzare delle lenti colorate per ricreare ogni singolo pixel e il suo relativo colore in
una immagine perchè è esattamente così che i metodi colore funzionano.
Ci sono diversi metodi colore che possiamo utilizzare per interpretare la cromia di ogni singolo pixel,
ma in questa sede ci soffermeremo sui più diffusi e utilizzati ovvero: RGB, CMYK e LAB.
I diversi modelli di colore sono essenzialmente destinati a due finalità: la stampa – ad esempio per depliant e
altri materiali di comunicazione, ma non solo – e il web.

RGB (sistema additivo)


RGB (Red, Green, Blue) è un metodo di colore a 3 canali che si basa su 3 colori principali (tricromia): Rosso,
Verde e Blu (da non confondere con i tre colori primari: rosso, giallo, blu). Questo sistema è considerato
“additivo” perché tutti i colori si ottengono con la somma della singola luminosità di ognuno. La luminosità di
ogni colore (canale) si indica con valori da 0 a 255, che corrispondono al minimo e al massimo di intensità.
Quindi mettendo 255 a rosso, verde e blu otterremo il bianco, viceversa mettendo 0 otterremo il nero. Variando
le diverse intensità per canale otterremo tutti gli altri colori che vediamo.
Questo metodo è utilizzato per le visualizzazioni su monitor quindi per immagini Web.

CMYK (sistema sottrattivo)


CMYK, acronimo di Cyan (C), Magenta (M), Giallo (Y) e Nero (il nero è indicato con la lettera K per non
confonderlo con la B di Blue) è un metodo di colore a 4 canali chiamato quadricromia, perché utilizza 4 canali
di colore. È considerato un metodo sottrattivo perché al contrario dell’RGB il colore si ottiene dalla differenza
delle luminosità e non dalla loro somma.

La fusione di CMY, però, non genera il nero ma un colore chiamato bistro (una tonalità di marrone), quindi per
ottenere un nero vero e proprio è necessario aggiungere una percentuale di K. Viceversa il K al 100% non è mai
percepito come nero assoluto, quindi gli si deve aggiungere una percentuale degli altri tre colori. In base alle
diverse percentuali aggiunte si otterrà un nero più caldo o più freddo. Poiché questo metodo è utilizzato in
prevalenza per la stampa tipografica (o offset) il valore del singolo colore (canale) è espresso da una percentuale
che va da 0 a 100 che identifica la quantità di inchiostro usato per ognuno dei quattro colori, perciò a 0
corrisponderà “niente inchiostro” quindi al bianco, mentre 100 al nero.

La differenza sostanziale è che la gamma dei colori CMYK è minore rispetto a quella degli RGB, perché questo
secondo metodo gestisce moltissimi colori che non esistono in quadricromia e di conseguenza con la
conversione da monitor (RGB) a stampa (CMYK) si avrà un’immagine con colori più spenti. A video i colori
sono più vivi, mentre andando in stampa perdono di vivacità rendendo impossibile ottenere colori brillanti,
metallici o fluo.

LAB
LAB si basa sulla percezione umana del colore.
I valori numerici descrivono tutti i colori percepiti da una persona con una visione normale.
Esso viene considerato un modello di colore indipendente da periferica, perché descrive l’aspetto di un colore
piuttosto che la quantità di colorante necessaria per la riproduzione dei colori.
Il metodo colore Lab ha una componente di luminosità (L), ossia chiarezza, compresa tra 0 e 100.
Le componenti a (asse verde-rosso) e b (asse blu-giallo)
PROFILI COLORE
Un profilo ICC è un insieme di dati che descrivono, secondo regole standard promulgate dall'ICC
(International Color Consortium), il modo in cui i colori sono rappresentati numericamente in un
determinato spazio dei colori. In particolare sono comunemente usati per mostrare i colori delle immagini in
dispositivi digitali di input/output quali fotocamere digitali, scanner, stampanti e display.
Lo scopo pratico dei profili ICC è quello di consentire l'applicazione di un processo di gestione del colore che
preservi i colori nel passaggio da uno spazio colore sorgente a uno spazio colore destinazione (per esempio,
dallo spazio colore di una determinata fotocamera a quello di una determinata stampante). .
Ogni dispositivo che registra o produce immagini a colori può avere un profilo ICC associato. Alcuni
costruttori forniscono profili per i loro prodotti, e diverse applicazioni software consentono all'utente finale di
generare profili per i dispositivi che utilizza.
Per quanto riguarda i monitor va considerato che ogni schermo interpreta i colori in modo leggermente
diverso perché non tutti i dispositivi riescono a mostrare la stessa gamma di colori. La varietà dei toni
disponibili che uno schermo può mostrare si chiama gamut ed è il limite costruttivo dello strumento.
Per quanto ci si vada molto vicini, nessuno schermo è in grado di mostrare lo stesso numero di tonalità che
l’occhio umano può distinguere, per questo motivo il colore mostrato da uno schermo è in realtà
l’interpretazione del monitor per quel colore, in relazione al suo gamut, che il più delle volte va molto vicino
all’originale.
Questa discrepanza è però inaccettabile quando si parla di fotografia professionale, infatti il processo che una
foto subisce prima di diventare parte di una pubblicazione di qualunque tipo passa attraverso moltissimi
monitor, se ognuno di questi mostra una foto leggermente diversa le cose possono diventare molto complicate.
Ecco che vengono in aiuto i profili colore, cioè dei file, contenenti delle tabelle, che i sistemi operativi
utilizzano per processare i colori prima di mostrarli sullo schermo.
Il profilo colore viene creato attraverso strumenti di calibrazione degli schermi e sono salvati in file con
estensione .icc (Internation Color Consortium). Questi file vengono usati dai sistemi operativi come
mediazione tra input e output delle immagini per definire i colori mostrati in base al gamut di origine e quello
di destinazione.
Perché questo sistema funzioni è necessario che ogni monitor coinvolto nel processo sia calibrato, ovviamente.
Per calibrare un monitor hai bisogno di un colorimetro che attraverso una serie di test sui colori dello
schermo definisce quale sia la giusta calibrazione dello spazio colore e di conseguenza crea un profilo.
Una volta ottenuto il file icc basterà selezionarlo come riferimento di quello schermo. Attenzione però, il
profilo colore cambia a seconda di fattori quali: la luce ambientale e la luminosità del monitor .
In alternativa i monitor hanno dei profili colore incorporati che possiamo scegliere per interpretare i colori.
I profili colori più utilizzati e diffusi sono sRGB e Adobe Rgb.
sRGB non è un profilo colore particolarmente esteso: in particolare, è parecchio più ristretto del suo cugino
noto come Adobe RGB e molti lo considerano un profilo poco qualitativo e inutile se non addirittura dannoso,
proprio a causa della sua limitata capacità di riprodurre i colori. In realtà sRGB ha un ruolo fondamentale, nel
bene o nel male, per motivi che discuteremo tra breve. Va anche detto che non tutte le fotografie che scattate o
che vi trovate a manipolare e post-produrre presentano colori che escono dal gamut di sRGB: un ritratto, ad
esempio, rientra tranquillamente nel gamut di questo spazio colore a meno che il soggetto non porti abiti
dai colori brillantissimi, come verdi estremi e rossi ultra-carichi.
Adobe RGB, sempre a cura di Utility ColorSync ha un volume di spazio colore, ovvero il suo gamut,più esteso
rispetto a quello di sRGB. In particolare, Adobe RGB è più efficace per quanto riguarda la rappresentazione dei
verdi e dei rossi. Tenete presente che i colori che vedete rappresentati sono soltanto indicativi: non tutti i colori
che appartengono a un certo gamut sono visualizzabili a monitor, e certi non sono neppure visualizzabili
dall’occhio umano, soprattutto in spazi colore molto estesi come Lab e ProPhoto RGB. A questo proposito è
interessante, credo, vedere come si rapporta uno spazio colore come Adobe RGB a Lab .
Dire che Lab è più grande di Adobe RGB è quasi una presa in giro: lo spazio Adobe RGB è completamente
racchiuso dentro Lab, che a sua volta è in grado di definire colori che Adobe RGB non ha ancora iniziato a
sognare. In certi casi le cose non vanno così: ProPhoto RGB, ad esempio, ha un gamut così esteso che alcune
delle sue parti forano letteralmente lo spazio Lab e vanno a definire colori che Lab stesso non riesce a
codificare.
Di seguito potete trovare una veloce comparazione tra le gamme di colore ADOBE RGB e sRGB al fine di
meglio comprendere la loro qualità e fin dove la gamma di Adobe RGB 1998 si estende al di là di quella di
sRGB per le ombre (25%), i toni intermedi (50%) e le luci (75%).
Normalmente, quando si effettua un confronto tra i due standard, si tende a considerare solo un 50% del
diagramma della luminescenza, tralasciando altre aree quali le ombre e i colori chiari che, al contrario,
meriterebbero una pari importanza. Come scritto poc’anzi, Adobe RGB 1998 offre non solo una gamma
migliore sui ciano-verdi, vantaggio maggiormente evidente nell’ambito delle luci, ma anche una migliore
gamma per i magenta molto intensi e le tonalità arancio e i gialli (tutti colori che troviamo nelle immagini di
un tramonto, per esempio). Adobe RGB 1998 è invece paragonabile a sRGB per quanto riguarda le ombre, ma
ancora una volta mostra parecchi miglioramenti per quanto riguarda i verdi scuri (che spesso si incontrano nel
fogliame scuro).
Il profilo colore è la carta d’identità associata ad un file o ad una periferica. Se tutte le periferiche che lo
gestiscono hanno lo stesso profilo allora il file grafico si manterrà uguale per tutto il suo percorso. Senza
variare le sue caratteristiche cromatiche. Usando una corretta gestione del colore, includendo i profili
all’interno del file, sarò in grado di stampare in maniera controllata il colore delle immagini.

Sui moderni sistemi informatici, la gestione del colore non è mai disattivabile. Un file senza profilo, infatti,
eredita i profili settati nelle impostazioni colore dei programmi che lo gestiscono. Allo stesso modo una
periferica non può rimanere senza un profilo colore perché rischia di ereditare un profilo generico che non è il
suo, causando risultati dalla cromia imprevedibile.
È importante che ogni immagine o file grafico venga salvato con il suo profilo incorporato. In assenza di un
profilo incorporato il file quando viene aperto o elaborato assume il profilo impostato nelle preferenze colore
del programma che lo gestisce. Se non è uguale a quello impostato nel programma con cui il file è stato
realizzato, l’immagine e i colori appariranno e verranno stampati in maniera diversa.
I colori RGB o CMYK sono detti “device dependent”, hanno cioè un’apparenza che dipende dalla periferica
che li riproduce. Questo significa che un colore o un’immagine inviati a una periferica senza che ci sia una
gestione del colore, appariranno in maniera differente. Per gestire il colore è perciò fondamentale che ogni
periferica e ogni file che utilizziamo abbia una profilo ICC unico e personale che ne dichiari le caratteristiche.
Coated FOGRA27
Questo profilo è diventato famoso in quanto è lo standard quando hai a che fare con la stampa offset su carta
patinata. Questo profilo è importante anche nel caso della stampa digitale in quanto la maggior parte dei lavori
di grafica professionali, realizzati ad esempio dalle agenzie di comunicazione, è realizzata in base a questo
profilo.
A un file in modalità CMYK senza un profilo incorporato, è perciò utile sia assegnato il profilo Coated
FOGRA27.
sRGB
Lo spazio colore sRGB è stato introdotto da Microsoft e HP perché rappresentai colori riproducibili con le più
comuni periferiche digitali (monitor e stampanti consumer). Lo spazio colore sRGB include però solo il 35%
dei colori visibili dall’occhio umano e solitamente è assegnato alle immagini realizzate con macchine
fotografiche consumer. I monitor standard hanno un profilo colore molto simile ad sRGB e non pemettono
perciò una corretta visualizzazione di tutti i colori riproducibili in stampa, in particolare i verdi e i blu scuri.
Rispetto ad Adobe RGB questo profilo è molto ridotto e non ci permette perciò di ottenere dei risultati ottimali
utilizzandolo come spazio di lavoro impostato nei programmi di grafica.
Adobe RGB (1998)
È uno spazio colore progettato da Adobe nel 1998 per la visualizzazione a schermo dei colori ottenibili
con i sistemi di stampa CMYK professionali. Lo spazio colore Adobe RGB contiene circa il 50% dei
colori visibili dall’occhio umano ed ha un gamut più ampio rispetto allo spazio sRGB. È lo spazio di
editing consigliato per i file RGB e viene assegnato alle immagini realizzate con macchine fotografiche
professionali. Adobe RGB è un profilo che, utilizzato nella realizzazione dei file di grafica, permette di
ottenere i risultati migliori in termini di colore riproducibile.

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