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Fotografia digitale lezione: 07/12/2022

Zavoianu Maria

Gestione colore
La gestione digitale del colore si pone l’obbiettivo di riprodurre un’immagine digitale
con periferiche diverse, mantenendo lo stesso aspetto, cioè facendo in modo che il
colore riprodotto su varie periferiche sia uguale a quello originale.

Per esempio un’immagine scattata con la fotocamera digitale, quando viene trasferita
nel computer e visualizzata su monitor, deve apparire uguale all'originale, cioè uguale
o molto simile alla scena catturata.
Quando l’immagine poi verrà stampata, anche la stampa dovrà apparire uguale
all’originale e alla scena catturata. Se poi quest’immagine va passata su vari monitor,
essa dovrà avere lo stesso aspetto su ognuno di loro.
Per questo motivo la gestione digitale del colore è sviluppato apposta per arrivare a
questi risultati di coerenza cromatica.
La gestione del colore viene spesso confusa con la correzione del colore. Le due
hanno solo in comune l’oggetto, cioè le immagini digitali, ma hanno diversi
obbiettivi e diversi metodi utilizzati.

La correzione del colore (fotoritocco) consiste in un insieme di tecniche che hanno lo


scopo di rendere un’immagine più gradevole, attenuando o eliminando i difetti
estetici. Essa infatti riguarda la determinazione del punto bianco e punto nero, la
regolazione del contrasto, l’eliminazione di dominanti di colore, il restauro di una
vecchia fotografia. Al contrario la gestione colore non ha lo scopo di migliorare ma
solo di mantenere l’aspetto dell’immagine, bella o brutta che sia.

Nella gestione del colore è necessario dare


ai numeri un significato preciso, facendoli
corrispondere i numeri RGB e CMYK a
valori colorimetrici indipendenti, per poi far
uso di tale corrispondenza per riprodurre i
colori in modo univoco nelle singole
periferiche. La caratterizzazione consiste
quindi nella corrispondenza tra numeri di
periferica e coordinate colorimetriche.

Caratterizzazione della fotocamera:


La fotocamera rappresenta ogni pixel di una scena fotografata con numeri RGB che
dipendono dalla periferica (fotocamera in questo caso). Prendendo una fotocamera
diversa, essa avrebbe generato numeri RGB diversi per la stessa scena.
Per rendere i numeri indipendenti dalla periferica si allega all’immagine una tabella
di corrispondenza tra i numeri RGB e i rispettivi valori colorimetrici catturati.

Per caratterizzare una fotocamera c’è bisogno del


ColorChecker, un supporto con tacche colorate con le
corrette coordinate colorimetriche XYZ.
Esercizio pratico:
S’inizia fotografando il ColorChecker sotto una data illuminazione uniforme con la
fotocamera che vogliamo caratterizzare. Per ogniuna delle tacche colorate la
fotocamera fornisce i valori RGB che riportiamo in una tabella. Di fianco si
riporteranno le coordinate colorimetriche rispettive XYZ che ci sono state fornite.
Alla fine risulterà una tabella come qui sotto.
Così avremmo tutte le informazioni per convertire i numeri RGB fornite dalla
fotocamera in coordinate colorimetriche indipendenti da qualunque periferica
(device-indipendent).
La tabella di caratterizzazione può essere creata per ogni periferica digitale. Una volta
creata, la tabella consente di dare un significato non ambiguo ad ogni pixel di
un’immagine creata, catturata o visualizzata da una periferica.

Caratterizzazione del monitor:


Dopo aver scelto il monitor e regolati alcune determinanti posizioni sui controlli che
influiscono il colore, si tratta di costruire una tabella che riporta tutte le possibili
combinazioni di valori RGB (R=G=B=0 a R=G=B=255).
Per ogni colore dell’RGB il monitor visualizza un diverso colore del quale si possono
misurare le coordinate colorimetriche XYZ. Una volta completata la tabella, questa
sarà la tabella di caratterizzazione di quel monitor.
Monitor diversi hanno tabelle diverse.

Il primo passo è la calibrazione: qui si decide come impostare il proprio monitor,


questo significa che portiamo il nostro dispositivo in uno stato noto, definito da
numeri da noi scelti.
Dopo la calibrazione avviene la caratterizzazione del monitor: infatti il software
invierà al monitor dei campioni di colore descritti per tenere prefissati i valori RGB.
Ad ogni invio il monitor reagisce rappresentando il colore corrispondente alla terna
che riceve. Il colore viene letto dal colorimetro e il software compila una tabella che
mette in relazione le terne RGB inviate con i colori effettivamente misurati.

Periferiche di stampa:
Ne esistono di vario tipo: stampanti da scrivania, stampatrici fotografiche, macchine
da stampa industriale, ecc… Alcune stampano i colori mescolando inchiostri CMYK
(stampanti industriali), altre usano tecniche RGB (stampatrici fotografiche laser con
carta sensibile).
Anche per le periferiche di stampa c’è il bisogno della caratterizzazione della
stampante. Per fare ciò bisogna caricare la stampante con una certa carta e certi
inchiostri, si costruisce una tabella con tante righe quante sono le possibili
combinazioni di valori CMYK. Di seguito si stampano le combinazioni e si misurano
annotando le rispettive coordinate colorimetriche. Questa tabella sarà la
caratterizzazione di quella periferica di stampa, con quella carta e con quei rispettivi
dati ottenuti.
Colorimetro :
Questo strumento permette di misurare il colore
secondo le coordinate colorimetriche RGB

Spettrofotometro:
È uno strumento di misurazione del
colore usato per acquisire e valutare i dati
del colore. Infatti è capace di fornire dati
più dettagliati rispetto ad un colorimetro.
I tipi di misurazione possono essere
spettrali e colorimetriche. Lo
spettrofotometro è in grado di misurare il
colore a luce riflessa degli oggetti,
arrivando a leggere i colori su superfici e
materiali differenti.

Colorimetro:

Spettrofotometri per la creazione


profili per stampa:
GAMUT
È l’insieme di colori che un certo strumento o dispositivo è in grado di catturare e
restituire in coordinate colorimetriche. Esso è un sottoinsieme dei colori visibili.
Il gamut viene solitamente rappresentato con un diagramma a coordinate.

Intento di rendering:
Esso determina come il sistema di gestione del colore gestisce la conversione dei
colori da uno spazio cromatico all’altro. I vari intenti di rendering si basano su regole
differenti per definire le regolazioni dei colori di origine. Alcuni profili generano
risultati identici anche con intenti di rendering diversi.

Percettivo: Mantiene le relazioni visive tra i colori in modo che siano percepiti come
naturali dall’occhio umano, anche se i valori effettivi dei colori cambiano. Questo
intento è ideale per e immagini fotografiche in cui sono presenti numerosi colori fuori
gamma e corrisponde allo standard utilizzato nell’industria tipografica giapponese.
Saturazione: Tenta di riprodurre colori brillanti, a scapito però della precisione
cromatica. Questo intento è indicato per la grafica aziendale dove l’intensità dei
colori ha la priorità rispetto alla precisione delle relazioni tra i colori.

Colorimetrico relativo: Confronta la luce più estrema dello spazio cromatico di


origine con quella dello spazio di destinazione e converte tutti i colori di
conseguenza. I colori fuori gamma vengono convertiti nel colore più prossimo ri
producibile nello spazio cromatico di destinazione. Questo intento permette di
conservare meglio i colori originali rispetto all’intento precettivo. È lo standard usato
nella stampa in America del nord e in Europa.

Colorimetrico assoluto: Lascia invariati i colori che sono compresi all’interno del
gamut di destinazione. I colori che non rientrano nel gamut vengono tagliati. Non
viene effettuato alcun adeguamento dei colori al punto bianco di destinazione. Questo
intento permette di mantenere la precisione cromatica a scapito delle relazioni tra i
colori.
Qual è il miglior intento di rendering da usare?
Non esiste una regola ben precisa. Infatti il miglior intento di rendering da usare
dipende dai colori dell'immagine e dalla periferica di destinazione. Ogni immagine ha
determinati gamut e ogni periferica può riprodurre determinati colori.
Se tutti o maggior parte dei colori dell'immagine sono compresi nello spazio gamut
della periferica, l'intento di rendering più adeguato é il colorimetro relativo, capace di
riprodurre esattamente i colori in gamut e approssimare quelli esterni ad esso, e
simula il comportamento dell'occhio. Se vi sono invece molti colori fuori gamut, i più
adeguati intenti da usare sono percettivo o saturazione.

Conoscere i colori di un’immagine:


Nel caso in cui l’applicazione supporta la soft proof ( come per esempio Photoshop).
La soft proof consente di vedere come verrà l’immagine con i vari intenti di
rendering, dunque si provano tutti e si sceglie quello che si preferisce.

Soft proof= prova fatta a monitor Hard proof= prova fatta con una stampante

Una soft proof ha due conversioni di colore, una successiva all’alta:


1. Ha come profilo d’origine quello dell’immagine e come profilo di destinazione
quello della periferica da simulare. (intenti di rendering consigliati: percettivo
o relativo);
2. Parte dal profilo della periferica da simulare e arriva al profilo del monitor.
(intenti di rendering da usare: assoluto, relativo, relativo con compensazione
del punto nero).
Affinché i risultati siano significativi è necessario che i due profili coinvolti siano
molto accurati. In caso contrario la simulazione non è significativa.
Differenze tra i vari dispositivi:
I dispositivi sono intrinsecante diversi.
Essi non possono rappresentare in maniera identica i colori a causa di vari fattori di
produzione.
Ogni dispositivo è munito di una tavolozza di colori che è in grado di riprodurre
chiamata spazio colore.
Per questo motivo serve un modo di comunicare con precisione ai dispositivi quali
colori vogliamo e questo è il compito svolto dai profili colore.

Cosa sono i profili colore:


I profili colore sono tabelle di numeri che descrivono lo spazio colore. La dscizione
può essere più o meno accurata, precisa, ecc….
Un buon profilo colore è in grado di descrivere uno spazio colore con accuratezza
sufficiente per la sua l’applicazione.
Il nome ufficiale per i profili colore più diffusi è profili ICC.
A cause di un numero elevato di spazi colore e profili ICC, sono stati creati spazi
colore astratti che non appartengono a nessun dispositivo specifico.
Tre di questi sono: sRGB, Adobe RGB, ProPhoto RGB.
In Photoshop, scala di grigio, RGB, CMYK sono definiti da profili colore. Lab invece
no: esiste uno e un solo Lab e non ci sono ambiguità.
Nel caso di un file RGB l’assenza del profilo colore implica che non siamo in grado
di interpretare correttamente i numeri dell’immagine.

TERMINOLOGIA
Metodo di colore: È un modello matematico generico in grado di definire i colori
tramite numeri.
Spazio colore: È l’insieme di colori che un dispositivo può rappresentare. Esistono
anche spazi colore teorici, non corrispondenti a dispositivi reali.
Profilo colore: È un “oggetto” che definisce uno spazio colore. Non è lo spazio
colore, ma spesso lo confondiamo con esso.

Device independent:
Profili colore indipendenti da un dispositivo sono costruiti in base a modelli
matematici.
Essendo che non descrivono nessun dispositivo reale, sono degli standard essenziali
per scambiare dati. (spazi lavoro)

Parametri di calibrazione:
“Calibrare” significa portare il dispositivo in un acondizione nota e ripetibile. Per
questo si sceglie dei parametri di calibrazione.
• Punto di bianco;
• Luminanza;
• Gamma;
• Cromaticità dei primari.
Punto di bianco: definisce il bianco esatto visualizzato dal monitor. I valori più
diffusi sono 5.000K e 6.500K, ma anche 9.300K. A temperature basse l'aspetto tende
al giallo, al contrario, a temperature alte, esso tende al blu. Talvolta si è obbligati ad
usare il punto di bianco nativo del monitor.

Luminanza: è l'intensità luminosa proiettata su un'area. È espressa in candele per m²,


e il valore è scelto a seconda dell'utilizzo; si tende a rimanere bassi per la stampa, alti
per il web.

Gamma: descrive quanto uniformemente il nero passa al bianco su un display


digitale, descrivendo la distribuzione dei grigi tra il bianco e il nero. Tre impostazioni
molto diffuse: 2,2 - 1,8 – L* (gamma non ha nulla a che fare con il gamut)

Cromaticità: sono le coordinate dei tre colori primari (R, G, B) espresse di solito in
valori x,y che sono componenti di uno spazio colore denominato CIE xyY. Di solito
possono essere impostati solo su monitor di classe elevata.

Gamut: volume geometrico dello spazio colore; esso può essere esteso, avendo molti
colori a disposizione, o ristretto. Può essere rappresentato in maniera bidimensionale
o tridimensionale.
Impostazioni colore in Photoshop:
La finestra Impostazione colore è una delle più importanti di Photoshop. In molti non
la aprono, ma mantenere il predefinito proposto da Photoshop è sbagliatissimo.
Esempio:
Documento RGB con il profilo colore incorporato: la regola generale è usare il prfilo
colore incorporato. Se invece è opportuno e si sa cosa si sta facendo si può convertire
il documento nello spazio di lavoro.
In nessun caso conviene eliminare il profilo colore.

Il cartellini “tag” è il profilo associato al file. Se il documento lo possiede e il


dispositivo dell’output pure, lo spazio Lab è in grado di operare una traduzione
corretta.

Se l’output naturale è il web: sRGB. Diversi browser ancora non gestiscono il colore
o lo fanno in maniera dubbia.

Se i files escono senza possibilità di controllo dalle vostre mani: sRGB. Alcune
persone ignorano semplicemente l'esistenza delle impostazioni colore in Photoshop e
aprono files come se fossero sRGB a volte senza neppure rendersene conto.

Se l’output è di tipo tipografico: Adobe RGB. In molti obbiettano che Adobe RGB
abbia troppi colori fuori gamut rispetto ai profili standard come CMYK, ma la stessa
cosa vale anche per sRGB.
Infatti un sRGB non è in grado di rappresentare un cyano pieno né un magenta pieno,
ma nemmeno un giallo CMYK pieno.

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