Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Scopo del mio intervento è quello di offrire una riflessione sulla pedagogia
dell’esodo che vede l’atto educativo salvifico di Dio.
Es. 3,10 “Io ti mando dal faraone. Fa uscire dall’Egitto il mio popolo”
1
Perché vuole tirare fuori Israele dalla schiavitù. Dio deve, prima scegliersi un
mediatore ed educarlo personalmente.
Una missione ardua quella a cui Dio chiama Mosè: dove potrà trovare la forza per
suscitare il desiderio della libertà in un popolo che ormai si è abituato a servire?
Con la forza e l’aiuto che gli vengono da Dio, Mosè riuscirà a portare al culmine
questa missione di liberazione, il cui culmine si ha nel Sinai con il dono della Legge
che non è solo un segno di benevolenza verso Israele, ma il pegno della libertà vera
che tutti i popoli/persone debbono conquistarsi a ogni costo per essere integralmente
liberi interiormente e tutto questo non è né facile né rapidi.
E’ fondante l’esperienza del deserto.
Non si è liberi se non lo si è interiormente cioè staccati dalle idolatrie: di sé, del
denaro, del proprio interesse ecc. che ci fa considerare gli altri strumento di piacere e
autoaffermazione prepotente.
Infatti Mosè, figlio di ebrei Es. 2,6 adottato dalla figlia del faraone Es 2,9-10 non
potrà sopportare le sofferenze subite dal popolo Es 2,11 e per questo dovrà fuggire
Es 2,15 (ammazzerà l’egiziano9. Conobbe per primo l’incomprensione, il rifiuto.
“Dice il Signore, il Dio di Israele: Lascia partire il mio popolo, perché mi celebri
una festa nel deserto” Es 5,1
Dio prova la sua vicinanza e nello stesso tempo il suo distacco:accompagna il suo
popolo senza prepotenza favorendo la fede e lasciando spazi per la libertà:
Israele di conseguenza dovrà decidere se lasciarsi guidare da Dio ma non sarà
comunque costretto a seguirlo.
La prova
Dopo le grandi speranze che hanno accompagnato la lotta per la liberazione, dopo la
stagione dei grandi prodigi, questo diventa un tempo di duro contatto con la realtà, di
disillusione, di disincanto e di disappunto.
Due parole ricorrono intensamente in questa situazione e descrivono la stessa realtà,
ma due punto di vista diversi: la prima è la parola prova-provare Es 15,25 e Es 16,4
e la seconda parola è mormorazione:
Dal punto di vista di Dio, il cammino nel deserto è una prova, un test che ha valore
pedagogico: serve ad insegnare a Israele ad assumersi tutti i rischi della libertà.
La libertà è la cosa più rischiosa, non offre sicurezza, non garantisce nulla.
Emmanuel Levinas nel suo libro Difficile libertè si chiede: Che differenza c’è tra la
libertà e la schiavitù? E risponde: L’insicurezza.
3
La schiavitù sarà penosa, opprimente ma sicura, mentre la libertà è insicura. La
libertà richiede di fare delle scelte ogni giorno mentre la schiavitù non si pone
nemmeno la possibilità della scelta.
Il cammino nel deserto è un tempo di dubbio, d’incredulità, di resistenza, ma proprio
per questo è un tempo di maturazione, di ascolto, di comprensione.
La seconda parola che ricorre è mormorazione-mormorare che descrive la prova nel
deserto dal punto di vista umano-psicologico, che conosciamo bene anche noi,
quando uno non ne può più, quando uno perde la pazienza.
Nel deserto ci sono una serie di episodi che sono delle prove.
E di fatti il popolo cade nella tentazione di farsi un dio a misura fabbricando un
prezioso ed imponente animale “un dio che cammini alla nostra testa “Es 32,1
Ma un dio immaginato secondo la necessità, un dio di cui si dipone a piacimento non
è liberatore e diventa un pesante carico; come ironizzerà poi il profeta Ger 10,5
“lavoro di artista e di mano di orafo, non sa parlare, e bisogna portarlo perché non
cammina”
Come scoprirà Israele, dopo un lungo vagare nel deserto, Israele trovò un Dio che
chiedeva di legarsi a lui con un patto e si obbligò ad osservare leggi liberamente
assunte Es 34,10-27.
Israele liberato dall’Egitto diventò il popolo eletto; il lungo e penoso processo di
liberazione e lo sforzo educativo di dio era arrivato al culmine.
Nel Sinai, liberi e amici, inizieranno insieme, Israele e Dio, l’ultimo viaggio con la
volontà di Dio accettata.
Il soggiorno nel deserto, anche se imprevisto e non voluto, aveva trasformato un
branco disorganizzato in un popolo che si sentiva eletto.
Ecco il successo della pedagogia divina!
4
Israele non dovette uscire dalla sua storia-fuggire dalla realtà, anche se calamitosa
per trovare Dio, ma dovette uscire continuamente da se stesso per accogliere Dio.
Partendo dal modo in cui Dio educa il suo popolo, che atteggiamenti pedagogici e
quali pratiche educative si possono mettere in atto nella nostra azione personale,
nella famiglia, nella società per l’educazione delle nuove generazioni?
Anche la strada della nostra missione educativa, talvolta passa attraverso il “deserto”
nei momenti in cui ci sentiamo soli, scontenti, inutili…questi deserti mettono alla
prova la nostra persona?