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non diventi buio ma pieno di luce: “La strada dei giusti è come la luce dell’alba,
che aumenta lo splendore fino al meriggio. La via degli empi è come l’oscurità:
non sanno dove saranno spinti a cadere” (ibidem 4,18-19).
Il vocabolario usato nei libri sapienziali ci permette stabilire i criteri
essenziali per una vita giusta e saggia:
Dio: Non soltanto una realtà spirituale che domina la storia ma un vivente, presente en
tutti gli spazi della vita, perfino in quelli più segreti.
Il Timore di Dio: Termine essenziale il quale esprime non una paura reverenziale ma
la capacità di riconoscere la sua presenza; è piuttosto un rispetto amoroso.
Saggezza: Capacità umana e principio di vita la quale proviene da Dio. C’è un'altra
saggezza semplicemente umana, che nei libri sapienziali è compresa come stoltizia.
Giustizia: Soltanto possibile se abbellita dalla Saggezza divina, guida l’uomo saggio e
gli aiuta a prendere decisioni corrette.
Dottrina – Legge: Alla fine la saggezza diventa dottrina e s’identifica con la Legge di
Mosè (cfr. Sir 24, 23).
spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore” (Col 1,9-
10).
La “intelligenza spirituale” paolina è “una conoscenza giudiziosa,
intuitiva e perspicace, che di solito si trova nella solitudine, il cui frutto è
l’intuizione profonda dell’interconnessione di tutte le cose, attraverso la quale
possiamo collocarci nel tempo e nello spazio per conoscere la volontà di Dio e
compiere la opera di Dio nel mondo”5.
In altra delle sue lettere, in questo caso nella prima ai corinzi, Paolo esorta
i cristiani a usare il discernimento spirituale per esaminare la propria coscienza
prima di accostarsi alla comunione. “ciascuno esamini se stesso e poi mangi il
pane e beva il calice; perché chi mangia e beve senza discernere il corpo del
Signore, mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11,28-29).
San Paolo quindi esorta gli individui e le comunità a praticare il
discernimento e, secondo i testi citati, lo presenta come sguardo verso la realtà
ma anche come sguardo sull’interno dell’uomo.
Nel primo caso, chiama la comunità dei colossesi a sviluppare
un’intelligenza spirituale capace di penetrare il mondo e le sue vicende, ma
anche le altre persone, per vedere attraverso le apparenze, e così scoprire la
presenza di Dio, del suo Spirito nel creato e in ogni creatura. Il fine ultimo, lo
scopo di questa mossa, questo sguardo allungato, è capire “la volontà di Dio,
cioè trovare, accettare e affermare il modo unico in cui l’amore di Dio si
manifesta nella nostra vita”6 il che soltanto è possibile in un rapporto di amicizia
con Lui e, allo stesso tempo, lo favorisce.
Non dobbiamo dimenticare però il secondo spazio nel quale si svolge il
discernimento, e cioè, l’interiorità, il che esige lo sguardo su noi stessi per la
verificazione dell’accettazione e dell’affermazione della volontà di Dio nella
propria vita, il che suppone “il desiderio di vivere appieno” 7 la propria
vocazione scoperta tramite il discernimento.
L’impegno del discernimento, quindi, tocca la persona che, secondo
Paolo, deve svolgerlo come parte essenziale della cura di se stessa. Siamo
chiamati quindi a sviluppare uno sguardo contemplativo ma anche a metterci
nelle mani dei nostri fratelli e sorelle perché loro possano aiutarci a una corretta
contemplazione di noi stessi. Se è forse possibile contemplare la realtà che ci
circonda senza la guida di altri, ma sempre sotto l’obbedienza allo Spirito 8, è
comunque impossibile guardare noi stessi senza l’appoggio della comunità.
Ancora più chiaro diventa Paolo in questo testo tratto dalla lettera ai
Romani: “Non uniformatevi al mondo presente, ma trasformatevi continuamente
nel rinnovamento della vostra coscienza, in modo che possiate discernere che
cosa Dio vuole da voi, cos’è buono, a Lui gradito e perfetto” (Rm 12,2).
5
HENRI J. M. NOUWEN, Il discernimento. Leggere i segni della vita quotidiana, Queriniana, Brescia 22014, 40.
6
Ibidem, 43.
7
Ibidem.
8
Obbedienza che non ha niente che vedere con la sottomissione ma piuttosto con le esigenze dell’amore.
2. Bibbia e accompagnamento spirituale -5
Soltanto così faranno “del loro corpo e della loro vita un sacrificio a Dio, gradito
ai suoi occhi”9.
In fondo, Paolo ci invita, a essere capaci di aprirsi a un modo diverso di
vedere la realtà, quello dell’uomo nuovo in Cristo 10, il Maestro è il Signore,
guida nel cammino che ci porta a discernere quello che è buono e perfetto
secondo il piano divino. È questa anche una nota molto importante nella pratica
del discernimento: le scelte secondo lo Spirito sono molto diverse ai giudizi
scattati della mentalità di questo mondo.
Torniamo a Gesù, uno col Padre e lo Spirito Santo per cui maestro
nell’arte del discernimento: loderà Pietro per aver giudicato secondo il volere di
Dio (cfr. Mt 16,17), anche se subito dopo lo rimprovererà per lasciarsi trascinare
per gli schemi mentali del mondo, del Satana (cfr. ibidem, 22): in questo modo,
Gesù rileva l’importanza del discernimento dei pensieri e dei sentimenti che ci
spingono a parlare e ad agire in una certa direzione: è molto facile, infatti,
lasciarsi trascinare dallo spirito meramente umano o diabolico piuttosto che
seguire le ispirazioni e mozioni divine e farlo, come nel caso di Pietro, convinti
di agire per bene. In questi e altri tratti del Vangelo –ad esempio nelle guarigioni
degli indemoniati o nella denuncia dell’ipocrisia e la falsità religiosa-, Il Signore
si rivela come praticante e guida del discernimento degli spiriti.
Gesù è anche solito a praticare il discernimento spirituale. Lui è capace di
guardare le persone attraverso, di non giudicare dall’esterno ma dall’intimità
della persona, come ci indica il dialogo con Natanaele (Gv 1,47-51). Grazie alla
sua presenza viva e vivificante per la forza dello Spirito Santo nella Chiesa,
anche noi possiamo essere da Lui visti. Bella questa definizione del
discernimento da H. Nouwen: vedere ed essere visti da Dio11.
Per quello che riguarda al discernimento degli spiriti troviamo il testo più
significativo del Nuovo Testamento nella prima lettera di Giovanni: “Discernete
gli spiriti, se provengono da Dio […]. Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo
venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio
[…]. Noi siamo da Dio: chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci
ascolta. Da questo noi discerniamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore”
(1Gv 4,1-6).
Il criterio essenziale, dunque, del discernimento degli spiriti è di natura
cristologica ed ecclesiale. Col retroscena della contesa con i gnostici, Giovanni
insegna come il buon spirito riconosce e rivive il mistero di Cristo: incarnato,
morto e risorto per noi, accolto tramite la parola della comunità. Chi non
riconosce Cristo né da ascolto alla comunità ecclesiale e mosso da uno spirito
cattivo che lo porta all’errore.
9
M. RUIZ JURADO, Il discernimento spirituale. Teologia, storia, pratica, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI)
1997, 17.
10
Cfr. Ibidem, 18.
11
Cfr. HENRI J. M. NOUWEN, Il discernimento…, 43.
2. Bibbia e accompagnamento spirituale -6