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Rivista giuridica on line creata e curata da Luca RAMACCI

AA.VV.

LA GESTIONE DEI RIFIUTI


DALLA NORMA ALLA PRASSI
Atti del corso tenutosi presso il Centro Studi di Diritto Ambientale di Rispescia (GR)
27-28 MAGGIO 2005

Interventi di
F. ANILE – C. CARRUBBA – L. RAMACCI – L. VENTURI –
P. FIMIANI – M. SANNA – R. NITTI - A. FIALE

La presente pubblicazione viene distribuita gratuitamente in Internet attraverso il sito LEXAMBIENTE


(www.lexambiente.com). Può essere liberamente duplicata e diffusa gratuitamente citando la fonte. Non sono
consentite le riproduzioni parziali senza indicazione della fonte e le alterazioni al formato originario di
distribuzione
O.N.L.U.S.

CENTRO STUDI DI DIRITTO AMBIENTALE


CEAG - LEGAMBIENTE

La Gestione dei Rifiuti


dalla
Norma alla Prassi
MATERIALE DI CONSULTAZIONE

RISPESCIA, 27 - 28 maggio 2005


O.N.L.U.S.

INDICE

Introduce l’Avv. Riccardo Biz.

Pag. 3 Programma Corso: La Gestione dei Rifiuti dalla norma alla prassi.

Pag. 4 Il chi è di Legambiente

Pag. 5 I Centri di Azione Giuridica di Legambiente

Pag. 6 Statuto Centro Azione Giuridica Legambiente

Pag. 7 Le principali Vertenze sui rifiuti di Legambiente negli ultimi anni.


a cura del Dott. Francesco Dodaro – Ufficio Ambiente e legalità Legambiente.

Pag. 26 Le più recenti pronunce della Corte di Cassazione in materia di rifiuti.


a cura del Dott. Luca Ramacci.

Pag. 196 Legislazione Comunitaria, Nazionale, Regionale sui Rifiuti anno 2004/05
a cura del Dott. Francesco Dodaro – Ufficio Ambiente e legalità Legambiente.

Pag. 212 Consulenza giuridica e difesa tecnica: il Ruolo dell’Avvocato.


a cura dell’Avv. Fabio Anile.

Pag. 220 I rifiuti nei rapporti tra gestore e pubblica amministrazione


a cura dell’Avv. Corrado Carrubba, Foro di Roma.

Pag. 249 La gestione dei Rifiuti: aspetti operativi.


a cura della Dott.ssa Lucia Venturi.

Pag. 251 Il Decreto Legislativo 22/97, luci ombre e prospettive future di una tormentata disciplina. Sentenza n°
17836/05 della III Sez Penale, Corte Suprema di Cassazione..
a cura del Dott. Pasquale Fimiani.

Pag. 267 La corretta gestione dei rifiuti dal punto di vista del chimico.
a cura del Dott. Mauro Sanna.

Pag. 299 La delega di funzioni nell’azienda: effetti e limiti


a cura del Dott. Renato Nitti

Pag. 314 Attività d’impresa e gestione dei rifiuti nella giurisprudenza della Corte di
Cassazione.
a cura del Dott. Aldo Fiale.
O . N. L. U. S.
CENTRO STUDI DIRITTO AMBIENTALE
CEAG – LEGAMBIENTE

27 – 28 Maggio 2005
“La Gestione dei Rifiuti dalla norma alla prassi”

Programma Corso

Venerdì 27 Maggio 2005


h. 15,00
Introduzione lavori e presentazione del corso ai partecipanti
Avv. Riccardo BIZ, Foro di Roma e Co-presidente nazionale dei Ceag.

h. 15,30 – 16,30
Consulenza giuridica e difesa tecnica: il ruolo dell’Avvocato
Avv. Fabio ANILE, Foro di Roma.

h 16,30 – 17,30
I rifiuti nei rapporti tra gestore e pubblica amministrazione
Avv. Corrado CARRUBBA, Foro di Roma.

h. 17,30 – 17,45
Coffee Break

h. 17,45 – 18,45
La gestione dei rifiuti: aspetti operativi
Dott.ssa Lucia VENTURI, Responsabile Scientifico Legambiente.

h. 18,45
Dibattito e chiusura lavori della giornata
O . N. L. U. S.
CENTRO STUDI DIRITTO AMBIENTALE
CEAG – LEGAMBIENTE

27 – 28 Maggio 2005
“La Gestione dei Rifiuti dalla norma alla prassi”

Programma Corso
Sabato 28 Maggio 2005
h. 9,30 –10,30
Il Decreto legislativo 22\97, luci, ombre e prospettive future di una tormentata disciplina
Dott. Pasquale FIMIANI, Magistrato presso il Tribunale di Pescara.

10,30 – 11,30
La corretta gestione dei rifiuti dal punto di vista del chimico
Dott. Mauro SANNA, Chimico.

11,30 – 11,45
Coffee Break

h. 11,45 – 12,45
La delega di funzioni nell’azienda e nella pubblica amministrazione, effetti e limiti
Dott. Renato NITTI, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Bari.

h. 12,45 – 15,45
pranzo

h. 15,45 – 16,45
Controlli e sanzioni
Dott. Luca RAMACCI, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Tivoli.

h. 16,45 – 17,00
Coffee Break

h. 17,00 – 18,00
Attività d’impresa e gestione dei rifiuti nella giurisprudenza della Corte di Cassazione
Dott. Aldo FIALE, Consigliere Corte Suprema di Cassazione.

h. 18,00
Dibattito e chiusura lavori
Pagina dei Centri di Azione Giuridica di Legambiente

I Centri di Azione Giuridica

Legambiente ha fatto dell’azione legale una delle armi per la difesa del territorio. Alla costituzione
dell’associazione all’inizio degli anni ’80 ha fatto seguito, negli stessi anni, la nascita della struttura
giuridico-legale dei Centri di Azione Giuridica di Legambiente, “braccio” legale dell’associazione.
Costituiti da avvocati e magistrati “di frontiera”, in anni ancora poco sensibili ai temi ambientali hanno
affermato attraverso l’azione giuridica il diritto alla tutela della salute, ad un ambiente sano, applicando e
contribuendo all’affermazione del Diritto dell’Ambiente.

Le attività di denuncia sono state in seguito accompagnate da proposte normative e di intervento


amministrativo, anche per temi non strettamente ambientali quali la difesa dei consumatori, e da una
crescente attività di supporto all’operato di circoli e di singoli cittadini rappresentando un utile servizio
per quanti si battono per l’affermazione e la difesa dei diritti fondamentali.

Le vertenze nazionali

L’attività dei Centri sul territorio è ormai assai varia. Alla lotta all’inquinamento nelle sua varie forme
(atmosferico, ambientale, acustico etc) è affiancata l’attività per la tutela dei diritti della persona (privacy,
trasparenza dell’azione amministrativa), dei consumatori, della salute. In alcuni casi alla fase della
denuncia segue l’attività giudiziaria propriamente intesa che impegna l’associazione in processi spesso di
rilevanza nazionale. In questi casi, avvalendosi di specialisti e tecnici esperti, Legambiente porta
all’interno di vicende processuali spesso assai travagliate, la voce del popolo inquinato.

Il Centro Studi

Tra le attività dei CEAG si segnala anche quella di formazione svolta presso il Centro studi di diritto
ambientale di Rispescia (Grosseto) ed in sede locale attraverso l'organizzazione di corsi e giornate di
studio. Per maggiori informazioni clicca sui links che trovi a destra nella home page di Lexambiente.it

Stana gli ecofurbi!


Se volete segnalare un qualsiasi fenomeno di illegalità ambientale, contattate l’Osservatorio nazionale
ambiente e legalità di Legambiente alle e-mail:
ceag@mail.legambiente.com - onal@mail.legambiente.com
Le principali vertenze sui rifiuti di Legambiente negli ultimi anni.
a cura del Dott. Francesco Dodaro – Ufficio Ambiente e Legalità Legambiente.

Abruzzo
L’impianto CIAF Ambiente in Val di Sangro
Il caso CIAF Ambiente, un sito di stoccaggio e trattamento di rifiuti speciali anche pericolosi, è scoppiato
pubblicamente subito dopo l’avvenuto deposito, da parte della stessa ditta, della richiesta di pronuncia di
compatibilità ambientale relativa all’impianto presso il Ministero dell’Ambiente. Ad oggi non si hanno notizie
sull’esito della V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) nonostante questo sia lo strumento principe per la
partecipazione della collettività alla gestione sostenibile del territorio. Dopo le critiche e le osservazioni di
Legambiente, che ha promosso convegni pubblici e presentato dossier agli organi di stampa sulla vertenza, il
pericolo Ciaf è per ora scampato.

Piano Regionale di Gestione Rifiuti


Legambiente Abruzzo in questi anni ha più volte evidenziato il ritardo nel quale versa l’intero territorio regionale
in termini di raccolta differenziata e di corretto smaltimento dei rifiuti urbani. Il rischio “Campania”, ovvero la
saturazione delle discariche attive, in Abruzzo è reale; il 90% dei rifiuti viene ancora smaltito in discarica.
Legambiente ha stimato un periodo massimo di utilizzo di altri due anni delle discariche attive. Il Piano
Regionale di gestione dei rifiuti, che è stato approvato dalla Giunta Regionale ma non dal Consiglio, sceglie
come soluzione unica al problema rifiuti l’incenerimento tanto da sembrare un piano per gli inceneritori piuttosto
che per la corretta gestione dei rifiuti. Legambiente ha proposto alla Regione delle soluzioni per uscire da questa
situazione prima di arrivare all’emergenza: un ripensamento generale del piano di gestione rifiuti che di fatti non
premia la raccolta differenziata ma l’incenerimento; un piano straordinario di raccolte differenziate integrate
secco/umido su tutto il territorio regionale; la realizzazione degli impianti di valorizzazione del rifiuto
differenziato, a partire da quelli di compostaggio.

Biotite di Scurcola Marsicana (Avezzano)


Anche i fanghi di origine mista derivanti da attività industriali e da insediamenti abitativi e civili, sono stati
sversati presso la Biotite di Scurcola Marsicana (Avezzano). Biolite nel 1993 è stata autorizzata anche al
compostaggio ed allo stoccaggio di fanghi biologici da depurazione di insediamenti civili. Adesso tutta la massa
di materiali è ancora sul sito e, per fortuna, i letti di posa dei fanghi sono ubicati su un terreno che, dal punto di
vista geologico, è costituito da un sottofondo di circa 2-3 metri di tipo argilloso, tale da essere quindi alquanto
impermeabile. Non vi è, quindi, una penetrazione di tipo verticale, ma le perizie hanno messo in evidenza che, in
mancanza di un contenimento laterale, in realtà molto precario e di spessore non superiore ai 40-50 centimetri, vi
è il concreto rischio di dilavamento verso i canali ed i corsi d'acqua circostanti. Questi rifiuti, provenienti un po'
da tutt'Italia (uno dei posti più lontani di provenienza è Rovereto) e oggetto di numerose segnalazioni da parte di
Legambiente, sono ancora lì, nonostante il Sindaco del Comune di Scurcola Marsicana, anche su sollecitazione
di Legambiente, abbia emesso, a metà del 1996, l’ordinanza di messa in sicurezza, ripristino e bonifica del sito.
Attualmente è in corso un procedimento civile pendente presso il Tribunale di Avezzano promosso dal Comune
di Scurcola Marsicana per il risarcimento del danno ambientale contro la Biotite e contro quanti, soggetti
pubblici e privati, abbiano conferito i fanghi.

Basilicata
Rifiuti nucleari a Scanzano Ionico (MT)
La questione Scanzano sul sito unico dei rifiuti nucleari ha visto Legambiente subito in prima linea contro questa
soluzione che rappresentava semplicemente una scelta politica e non fondata su dati di carattere tecnico
scientifico. La soluzione prospettata dal Governo è stata unanimemente osteggiata dalla Legambiente e dai
Lucani, in modo trasversale, perchè le conoscenze sul sito, utili a giustificare la sua realizzazione, non erano
state ritenute né approfondite, né compatibili con le esigenze presenti e future della popolazione residente sul
territorio. Come noto il movimento nato per contrastare la scelta di Scanzano come sito unico dei rifiuti
radioattivi è riuscito a far recedere il Governo dalle sue decisioni iniziali.
Gli inceneritori FENICE della FIAT di Melfi (PZ)
La posizione di Legambiente Basilicata rispetto alla questione FENICE è stata sempre malvista dalle altre
associazioni ambientaliste e dai vari comitati, per cui in molti casi abbiamo vissuto delle situazioni molto
critiche. La nostra posizione negli anni è stata quella di non essere contro la realizzazione del termovalizzatore, a
patto che rispettasse le prescrizioni del DM sulla VIA, bruciasse rifiuti di origine industriale prodotti in loco,
possibilmente quelli non pericolosi, bruciasse RSU solo se provenienti dai comuni della Basilicata, sottoposti ad
una preventiva selezione, elevando la percentuale di raccolta differenziata ed eliminando la parte umida

L’impianto di compostaggio di Matera


Questo impianto è l’unico in Basilicata ed è stato da noi sempre criticato perché è un vecchio impianto,
realizzato per fare il favore a qualcuno, che sfruttava la tecnologia della selezione a valle, per cui produceva del
compost che di fatto non voleva nessuno e nel contempo creava notevoli disagi alla popolazione circostante a
causa dei problemi di gestione congeniti dell’impianto.

La discarica di Satriano
Appartiene alla categoria 2B e non è mai stata realizzata per l’ostruzionismo dei sindaci dei comuni limitrofi
(Tito e Satriano) e delle popolazioni. Per un lungo periodo è stata in bilico la sua realizzazione perché di fatto
disponeva di tutte le autorizzazioni, ciononostante è stata sempre osteggiata. La Legambiente sosteneva, insieme
ai sindaci dei due comuni interessati che l’area interessata dalla discarica stava per diventare un’area parco e che
il volume della discarica fosse sproporzionato rispetto alle esigenze di smaltimento regionali.

La discarica di Moliterno (PZ)


Questa discarica non ha interessato direttamente l’associazione, ma ha fatto intervenire Legambiente nella prima
emergenza dei rifiuti in Campania per il loro smaltimento e successivamente nella seconda emergenza con una
posizione di disaccordo in quanto anche la Regione Basilicata a breve potrebbe avere problemi di carenza
impiantistica.

Calabria
Impianto di compostaggio di Sambatello (RC)
Dal 1985, contro l’impianto localizzato a Sambatello nella Vallata del Gallico (RC), Legambiente si è battuta per
anni sfidando importanti interessi mafiosi. Sull’impianto gravavano pesanti vizi d’origine: la tecnologia era
obsoleta e la localizzazione (progetto FIO 1984, approvato con delibera CIPE del 22.2.1985 e delibera Regione
Calabria del 20.S.1985) non era stata frutto di una scelta tecnica o di utilità sociale, ma rispondeva alla necessità
di soddisfare appetiti di mafia e comitati d’affari molto pesanti in quegli anni. La Regione Calabria non affrontò
mai il problema di quel "buco nero" che intanto continuava ad accumulare ritardi e ad inghiottire miliardi
(passando da una variante all’altra il costo originario di 26 miliardi circa alla fine si triplicò). L’impianto
realizzato per anni non entrò in funzione e poi fu utilizzata solo la vasca come discarica. Solo negli anni
successivi al 1997, Nuccio Barillà Assessore all’Ambiente del Comune di Reggio Calabria, ne ottenne la
bonifica e avviò con il supporto dell’ANPA un progetto di ammodernamento tecnologico.

Discarica "Pietrastorta" di Reggio Calabria


Sin dal 1985 Legambiente con numerose iniziative aprì una vertenza per la chiusura della discarica di
Pietrastorta illegale e inadeguata alle esigenze della città di Reggio Calabria. Solo nel 1996 la discarica, già da
tempo esaurita, fu definitivamente chiusa e successivamente Nuccio Barillà, da Assessore all’Ambiente ne
ottenne la messa in sicurezza e avviò un progetto di bonifica che doveva realizzarne uno dei parchi collinari
all’interno del progetto più complessivo della cosiddetta "Cintura verde".

Discarica di Longhi-Bovetto (RC)


La discarica provvisoria fu aperta nel 1986 per sostituire temporaneamente, fino all’ottobre 1987, la discarica di
Pietrastorta chiusa definitivamente, e rispondere all’emergenza rifiuti in cui era precipitata la città. Legambiente
contestò fermamente la scelta del sito, perché sede di un giacimento geologico del pleistocene. Dopo diverse
proroghe, se ne ottenne la chiusura definitiva e un progetto di bonifica e valorizzazione del sito, realizzato
dall’Assessore all’Ambiente del tempo Nuccio Barillà.

Discarica di Consortile di Fiumara (RC)


Legambiente ottenne di entrare nella commissione tecnica per assicurare la corretta realizzazione della
importante discarica, il cui progetto iniziale lasciava forti perplessità ed era fortemente contestato dalla
popolazione. La discarica è tuttora in funzione (serve anche Reggio Calabria) e non ha mai provocato alcun
problema.

Discarica di Condofuri (RC)


Legambiente, su indicazione di un movimento civico locale, segnalò nel 1995, con esposti un movimento
sospetto di camion intorno ad un sito di discarica di Condofuri (RC). Fu accertato un traffico illegale di rifiuti
pericolosi che portò alla chiusura della discarica e alla revoca dell’autorizzazione regionale, avverso la quale
Legambiente presentò ricorso al TAR e si costituì parte civile nel successivo processo.

Censimento delle discariche in Provincia di Cosenza


Legambiente nel 1993 avviò il censimento delle discariche in provincia di Cosenza che fece da base a studi
avviati dall’Università della Calabria. Dal censimento nacquero contatti, incontri e convegni sulla gestione dei
rifiuti con diverse Amministrazioni comunali dell’hinterland cosentino.

Discarica di Rose (CS)


Nel 1993 una società privata aveva fatto richiesta di costruzione di una discarica, l’opposizione dei cittadini e di
Legambiente fece fallire il progetto.
Stazione di trasferimento dei rifiuti di Fuscaldo (CS)
Nel 1998 il commissario per l’emergenza rifiuti della Calabria avvia le procedure per la realizzazione di una
stazione di trasferimento dei rifiuti a Fuscaldo Marina in prossimità della foce di un fiume, Legambiente insieme
ad un comitato di cittadini indice assemblee e attraverso appelli e manifestazioni si riesce a bloccare il progetto
che viene completamente abbandonato.

Discarica consortile di Contrada S. Agostino di Rende (CS)


Nel 2000 i residenti del quartiere residenziale S. Agostino di Rende si sono opposti al potenziamento della
discarica consortile. Legambiente si è subito schierata dalla parte dei cittadini chiedendo al Comune di Rende
garanzie circa la tipologia della discarica ed il rispetto della normativa in materia di smaltimento dei rifiuti. Il
movimento di opposizione è riuscito ad ottenere che la discarica fosse realizzata in osservanza alle leggi in
materia oltre a precisi impegni circa la bonifica del sito ed il monitoraggio dell’inquinamento dell’ambiente
circostante.

Inchiesta sulle navi dei veleni


Nel 1995 fu proprio un esposto di Legambiente Calabria alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria a
permettere l’apertura di un’indagine, che interessò ben sette Procure italiane, che rivelò scenari inquietanti:
traffici internazionali di rifiuti radioattivi e smaltimento delle sostanze tossiche affondando le navi lungo le coste
calabresi con il coinvolgimento di faccendieri e pezzi dei servizi segreti deviati. Uno scenario forse in parte
collegato – come sostenne la commissione parlamentare d’inchiesta – alla morte della giornalista Rai, Ilaria
Alpi. L’inchiesta ebbe poi un andamento difficile finché fu archiviata. Legambiente si è costituita presso la
Procura di Paola per intervenire nell’indagine in corso sulla motonave "Jolly Rosso" affondata nei pressi di
Amantea (CS) con tutti i supporti di carattere tecnico-scientifico che saranno necessari per arrivare alla verità.

Il commissariamento della regione Calabria e il Piano Regionale


Le numerose discariche attivate sul territorio regionale con procedure d’urgenza, la drammatica carenza di
impianti tecnologici di trattamento dei rifiuti, l’incapacità della Regione nella programmazione di un piano per la
gestione dei rifiuti, gli smaltimenti illeciti di rifiuti provenienti da altre regioni ad opera della criminalità
organizzata sono stati i motivi che hanno spinto il Governo a proclamare il 12 settembre 1997 lo stato di
emergenza e di crisi socio - economico - ambientale nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi - urbani.
Il Piano degli interventi di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed assimilabili,
presentato nel maggio 1998, fu bocciato dalla Direzione generale ambiente della Commissione europea,
confermando tutti i dubbi già espressi da Legambiente insieme ad altre associazioni ambientaliste nei propri
documenti e durante gli incontri con l’Ufficio del Commissario per l’emergenza. Successivamente alla
bocciatura europea, nel 2001 fu, alla fine, approvato il nuovo Piano di gestione dei rifiuti e per la bonifica dei siti
contaminati, al quale non abbiamo risparmiato numerose critiche.

Gli impianti di termovalorizzazione


Legambiente Calabria, fin dalla fase iniziale di predisposizione del Piano per lo smaltimento dei rifiuti (1998),
ha criticato aspramente l’intenzione di voler realizzate due impianti di incenerimento in Calabria. Tale scelta è
stata sempre ritenuta inutile e sbagliata per il territorio. I responsabili dell’Ufficio l’hanno sempre difesa
sostenendo che la realizzazione di due impianti, localizzati uno nel bacino Calabria Nord (inizialmente previsto
in provincia di Cosenza) ed uno nel bacino Calabria Sud (Gioia Tauro), avrebbero consentito di abbassare i costi
di gestione della raccolta e smaltimento dei rifiuti per effetto della riduzione dei costi di trasporto. Ora la linea
prevista nel nord della Calabria è “vicina” alla prima di Gioia Tauro.

L’inceneritore di Bisignano (CS)


La Regione Calabria nel 1999 ha individuato il comune di Bisignano come sito per la costruzione del
Termovalorizzatore per l’ambito del Nord Calabria. Legambiente ha partecipato al movimento di opposizione
intervenendo nei comitati spontanei e nelle assemblee svoltesi nel territorio di Bisignano. Allo stato attuale pur
rimanendo ancora il sito individuato ufficialmente sul BUR della Regione Calabria la lotta delle popolazioni
interessate ha fatto recedere l’Ufficio del Commissario per l’emergenza rifiuti dal dare l’avvio ai lavori di
costruzione.

Il raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro (RC)


Per quanto concerne il termovalorizzatore di Gioia Tauro, la scelta di raddoppiare l’impianto, attualmente in fase
di costruzione, è l’ultima conferma in ordine cronologico dell’incapacità dell’Ufficio del Commissario
straordinario nell’affrontare e risolvere il problema dei rifiuti nella regione. L’impianto programmato per Gioia
Tauro, prima dell’ordinanza del 17 marzo, è più che sufficiente a soddisfare le reali esigenze di smaltimento
della Calabria, per quella quota parte di rifiuti che possono essere solamente avviati all’incenerimento. Pensare
di raddoppiare l’impianto fino a smaltire 240.000 tonnellate di rifiuti l’anno, pari a circa il 30% del totale dei
rifiuti prodotti nella regione, è insensato e fuori da qualsiasi logica tecnica. Il raddoppio è frutto solo della
necessità di rispettare gli accordi con la società vincitrice della gara d’appalto, visto che la protesta popolare ha
impedito la realizzazione del secondo impianto previsto in provincia di Cosenza. Legambiente Calabria fa parte
del "Comitato contro il raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro" e ha promosso insieme alla CGIL il
"Laboratorio territoriale per lo sviluppo sostenibile della Piana di G.T." al quale hanno aderito corsi di laurea
dell’Università della Calabria, dell’Università Mediterranea, ed altre associazioni locali.

L’impianto di Pettogallico (RC)


Legambiente ha sempre nutrito seri dubbi di compatibilità di un impianto di trattamento di rifiuti in quell’area,
soprattutto in mancanza di interventi di messa in sicurezza del bacino della fiumara del Gallico. Le contestazioni
risalgono addirittura agli anni ’90 quando Legambiente contestò fortemente e tenacemente l’opportunità della
scelta localizzativa che allora riguardava l’impianto lì proposto, e sorto successivamente, nonostante tutto, a
Sambatello.
Relativamente a questo impianto Legambiente Calabria nello scorso febbraio ha inoltrato al Presidente della
autorità di bacino regionale, on. Giuseppe Chiaravalloti, anche nella qualità di commissario straordinario per
l’emergenza ambientale, la richiesta di verificare l’iter autorizzativo espletato per il nuovo impianto di
Pettogallico e di intraprendere un’azione immediata e coordinata capace di suggerire misure adeguate alla
situazione per contribuire anche al “rasserenamento” del clima sociale. La risposta dell’Autorità di bacino
regionale è stata poco rassicurante: non solo non esiste allo stato attuale alcuna accertata compatibilità tra la
Fiumara del Gallico e il costruendo impianto, ma vi sono diversi elementi tecnico-scientifici che ne dimostrano
l’estrema problematicità, se non la stessa impossibilità di coesistenza. Allo stato attuale è stato ottenuto il blocco
dei lavori in attesa della VIA, che lo stesso Ministero ha riconosciuto indispensabile e ha richiesto formalmente
all’Ufficio del Commissario per l’emergenza ambientale in Calabria.
Legambiente fa parte della commissione tecnico-scientifica che affianca il Comitato Civico e del Laboratorio
Territoriale per lo sviluppo sostenibile della Vallata del Gallico.

L’inceneritore di Settimo di Rende (CS)


E’ iniziata nel 1992 la battaglia per la chiusura dell’impianto, a tecnologia obsoleta ed altamente inquinante
(l’impianto apparteneva alla tipologia compost/Rdf da rifiuto indifferenziato. La capacità di progetto era di
150t/g ma la marcia dell’impianto era minore a 100t/g. Effetti negativi per l’ambiente: fumi dannosi, produzione
di “compost” di scarsa qualità e fortemente inquinato da metalli pesanti, discarica di tipo II b associata
all’impianto per lo smaltimento dei rifiuti che esso stesso produceva). Legambiente insieme ad un Comitato di
cittadini ha avviato un’opera di sensibilizzazione della popolazione che presto ha dato vita ad un’ampia
mobilitazione contro l’inceneritore che ha portato a convegni, manifestazioni, sit-in che si cono conclusi nel
1998 con la chiusura dell’impianto. L’impianto è costato 107 miliardi di lire contro i 20 miliardi previsti nel
progetto, Legambiente sollecitò la magistratura di Milano ad indagare sulla De Bartolomeis società realizzatrice
dell’impianto i cui amministratori erano rimasti coinvolti in “mani pulite”. Con Ord. n. 37 del 25/02/1998 il
Presidente della G.R., nella sua veste di Comm. per l'emergenza nel settore rifiuti solidi urbani, prendendo atto
dei numerosi esposti denuncia presentati dai cittadini e da Legambiente, ha nominato una Commissione
composta da n. 9 esperti per valutare i possibili rischi e danni derivanti dall'attività dell'impianto di Settimo. In
data 05/08/1998 il Commissario per l'emergenza, sulla base della relazione di tale Commissione dispone la
chiusura cautelativa dell’impianto. In data 03/09/1998 Legambiente inoltra un Atto Stragiudiziale di diffida al
Presidente della giunta Regionale, nonché Commissario per l'emergenza rifiuti e p.c. al Ministro dell'Ambiente
teso ad impedire il potenziamento ed adeguamento degli impianti di selezione, trattamento e riciclaggio di
Settimo di Rende. Inoltre in tale atto si chiedeva la dichiarazione per il sito di Settimo di Rende di area ad
elevato rischio di crisi ambientale (art.7 L. 8 luglio 1986 n° 349).
In data 01/12/1998 l’impianto ormai fermo subiva un incendio ed infine nel 2000 il TAR Calabria decretava la
chiusura della vicenda giudiziaria riconoscendo la legittimità delle richieste dei cittadini e di Legambiente tese
ad ottenere il blocco del potenziamento e la dismissione dell’impianto.

Rifiuti speciali e bonifica dei siti contaminati


Legambiente Calabria ha chiesto la costituzione di parte civile nel procedimento contro l’ex Assessore
all’Ambiente della Regione Calabria Stancato per la situazione altamente critica nei comuni di Cassano allo
Ionio e di Cerchiara di Calabria, dove sono ammassate, senza precauzione alcuna, centinaia di tonnellate di
ferrite di zinco, rifiuto pericoloso contenente alte concentrazioni di metalli pesanti, proveniente dalla Pertusola
Sud di Crotone. Questi siti sono stati definiti siti di interesse nazionale ai fini della bonifica dalle leggi 268 e
471.
Legambiente con varie iniziative ha richiesto che si proceda alla bonifica.
Il comitato regionale di Legambiente si è costituito anche quale parte offesa nel procedimento penale presso il
Tribunale di Castrovillari, per l’amianto illecitamente smaltito nelle saline di Lungro (CS).

Campania
Discarica Sari (Terzigno) Parco Nazionale del Vesuvio
Nel novembre 1998, circa 3000 persone , scolaresche, sindaci , parlamentari, associazioni, sindacato risposero
all'appello di Legambiente nella marcia per dire NO alla riapertura della discarica Sari all'interno del Parco
Nazionale del Vesuvio, prevista dall'allora Prefetto Romano delegato all'emergenza discariche. La discarica
ubicata tra la zona 1 e 2 del Parco per anni era stata utilizzata per lo smaltimento di rifiuti di ogni genere
provenienti da tutta la regione. Discarica utilizzata anche per lo smaltimento illegale di rifiuti e oggetto anche di
indagine della magistratura. Nella Relazione Parlamentare d'Inchiesta sul ciclo dei rifiuti del giugno 1995 si
parlava della Sari collegata alla Nuova Camorra organizzata di Raffaele Cutolo attraverso alcuni congiunti di
Salvatore La Marca ex sindaco di Ottaviano. La discarica non verrà aperta in seguito alla decisione nel settembre
1999 del Consiglio di Stato, dopo il ricorso di Legambiente e Parco Nazionale del Vesuvio.

Sito ecoballe a Terzigno


Nel maggio 2003, in piena emergenza rifiuti, il commissario delegato alla raccolta differenziata Giulio Facchi
autorizza un sito di stoccaggio di ecoballe all'interno della discarica Sari. Immediata la protesta di Legambiente,
presidi notturni ed intervento della Procura di Nola guidati dal Pm Francesca Sorvillo e Federico Risceglie che
sequestra l'area per la mancata autorizzazione di una discarica che provoca "esalazioni moleste" e perché adibita
in una zona agricola nel perimetro del Parco Nazionale del Vesuvio.

Discarica Settecainati (Giugliano)


In nome dell'emergenza rifiuti si cancellano anni di battaglie per la legalità. Lo scorso Maggio il Commissario
Catenacci requisisce la discarica Settecainati a Giugliano, un' area oggetto di compravendita "anomala", come è
stato denunciato più volte da esponenti dell'ex struttura commissariale, in un territorio dove la camorra fa il bello
e il cattivo tempo. Ci troviamo a Qualiano, Villaricca, Giugliano, terre di nessuno. Uno spicchio d'Italia
martoriata da discariche abusive, dove sono stati sversati rifiuti di ogni tipo. Proprio a Giugliano, Villaricca fu
siglato l'accordo imprenditori-camorra-politica per la gestione ed il controllo nel dettaglio del traffico e
smaltimento abusivo dei rifiuti. Anni di ecomafia hanno determinato un dato di fatto: quella zona in provincia di
Napoli si è trasformata in uno dei maggiori poli privati di illecito smaltimento di rifiuti d'Italia, al centro di
numerose inchieste giudiziarie. Giorni di presidi e proteste di cittadini affiancati da Legambiente non sono
serviti. Oggi la discarica riaperta per ricevere la Fos, di fatto è una discarica a cielo aperto dove i requisiti di
sicurezza ed igiene sono solo un optional.

Cdr Caivano e Giugliano


Legambiente con comitati di cittadini in queste due località alla periferia di Napoli hanno protestato contro il
cattivo funzionamento degli impianti di Cdr. Da numerosi sopralluoghi effettuati, tecnici di Legambiente hanno
individuato oltre dieci punti di criticità nel funzionamento degli impianti.
Criticità accolte e fatte proprie dalla stessa struttura commissariale. Ma ad oggi gli impianti continuano a
funzionare male, vengono portati negli impianti i rifiuti tal quale, la qualità della Fos è pessima e le ecoballe
contengono di tutto.

Discarica di Difesa Grande (Avellino)


Nel marzo 2004 il commissario straordinario per l'emergenza rifiuti Corrado Catenacci riapre la discarica di
Difesa Grande. L'impianto di Ariano Irpino (Av), nato sette anni fa come sito di stoccaggio di rifiuti, è divenuta
una discarica attiva ed inquinante. La discarica era stata chiusa nel febbraio 2003 con la promessa di interventi di
bonifica dell'area. Da marzo, giorno dell'annuncio di riapertura, comitati di cittadini, associazioni di categoria,
sindacati, circolo locale di Legambiente presidiano giorno e notte la discarica vietando il passaggio dei
compattatori. Nel giugno 2004 la discarica viene definitivamente chiusa.

Discarica Parapoti Montecorvino Pugliano (Sa)


La discarica di Parapoti è stata riaperta lo scorso maggio 2004 dal Prefetto Catenacci e ha visto la mobilitazione
di un intero paese. La chiusura è stata stabilita per il prossimo 28 febbraio 2005, ha origini lontane. Nel febbraio
1995, circa 400 persone si radunarono per protestare contro l'istallazione della discarica di circa 200mila metri
quadrati decisa dalla Regione su indicazione del Prefetto di Salerno. Tra i manifestanti, in primo piano
Legambiente. Dopo ben tre anni nel luglio del 1998, il Consiglio di Stato stabilì che la discarica in questione era
stata realizzata con una serie di atti illegittimi, ordinando all'autorità amministrativa competente di procedere alla
sua abolizione.
Legambiente Campania si è costituita quale parte offesa nei seguenti procedimenti:
- Procedimento penale Volturno presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE) a carico di
Apolloni Valeria + 96 perché gestivano numerose discariche abusive di rifiuti pericolosi provenienti dalla
Calabria, dalla Toscana, dal Veneto, dall’Umbria e dal Lazio in località di Gazzanise, Cancello, Arnone,
Marinaro, S.Maria la Fossa e Castel Volturno;
- Procedimento penale Volturno presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE) a carico di Fusco
Anna + 6 imputati perché in assenza di ogni autorizzazione, realizzavano e gestivano una immensa discarica a S.
Angelo in Formis nel comune di Capua ove venivano sversate circa 100.000 t di rifiuti urbani, industriali e
pericolosi a ridosso del fiume Volturno;
- Procedimento penale Volturno presso il Tribunale di Torre Annunziata a carico di Rocco Pasquale per
aver realizzato e gestito una discarica abusiva di rifiuti pericolosi nel Comune di Gragnano.

Emilia Romagna
La discarica di Novellara (Re)
E’ quella che potrebbe sorgere a Novellara, nella bassa reggiana, in cambio di una tangenziale che attendeva di
essere realizzata da ben 25 anni. Una discarica per rifiuti speciali da 750mila metri cubi, che verrà costruita a
fianco della discarica per rifiuti urbani già esistente dal 1983 e più volte ampliata sino a raggiungere la capienza
di 1 milione e 250mila tonnellate – di cui 313mila concesse con l’ultima proroga – nata a servizio degli otto
comuni dell’area, tutti soci della società Sabar che la gestisce. La nuova discarica era in realtà già stata
autorizzata dalla Provincia, su richiesta della società Unieco, in altra località, Rio saliceto, dove però per alterne
vicende, non è mai stata realizzata sino a che senza apparenti e motivate spiegazioni si è deciso che quel sito non
fosse più idoneo. L’idoneità è invece toccata a Novellara e mediante un accordo tra il comune, Unieco, Sabar,
Agac (l’azienda che gestisce acqua, rifiuti e gas a Reggio Emilia) nel marzo 2001 si è deciso di accogliere la
nuova discarica che, nel frattempo, era anche “cresciuta” di volume per smaltire i rifiuti provenienti
dall’Ecoltecna di Parma, dalla Unirecuperi di Ferrara e da altre province con cui Unieco ha accordi. Oltre che
dalle aziende delle provincia di Reggio Emilia, cui spetterà uno spazio pari a 85mila tonnellate sempre e solo se
acconsentirà ad autorizzarla. La discarica è stata oggetto del blitz di Legambiente durante la giornata di
mobilitazione nazionale “Discarica Addio”

Rogo di rifiuti a Ravenna, 21 maggio 1998


Il 21 maggio 1998 un grande rogo scoppia allo stabilimento della Fertildocks di Ravenna dove erano stoccati
carta e plastica, frazione secca dei rifiuti. In relazione allo stoccaggio Fertildoks il Gruppo Ravennate delle GEV
di Legambiente aveva investito il 14 maggio scorso l’Amministrazione Provinciale chiedendo che fossero fatte
indagini per verificare se non si fosse in presenza di triangolazioni e traffici illeciti di rifiuti.

La discarica COSECO di Voltana di Lugo Bologna, 23 aprile 1988


Sulla base di una serie di segnalazioni verbali di cittadini e del Gruppo delle GEV di Legambiente Ravenna,
Legambiente si è occupata della questione riferita all’eccessivo flusso di rifiuti presso la discarica in oggetto.
Abbiamo così ottenuto informazioni in base alle quali l’azienda consortile che gestisce la discarica ha deciso di
accettare rifiuti da 2 aziende municipalizzate (Parma e Piacenza) e da un certo numero di aziende private con
sede fuori dalla Provincia di Ravenna. In totale la discarica è oggetto di uno smaltimento pari al doppio dei rifiuti
previsti. La lista delle aziende che conferivano alla discarica è stata consegnate al NOE di Bologna.

Impianti di smaltimento dei rifiuti


Legambiente Emilia Romagna ha più volte segnalato alle autorità l’attività degli impianti di smaltimento dei
rifiuti costruiti e/o in costruzione da parte del CONSORZIO SERVIZI COMUNALI di Lugo (dal 1/1/1999
TE.AM.) in località Valle Secchezzo - Voltana di Lugo. La questione era già stata posta da parte nostra in
occasione dell’Udienza avvenuta in Bologna nel mese di marzo 1988, ma ora siamo di fronte a nuovi elementi e
a esposti alla magistratura locale da parte delle nostre strutture e di gruppi di cittadini del luogo, che hanno dato
origine a procedimenti da parte della Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Ravenna. Il
documento scritto spiega esaurientemente i vari aspetti della vicenda che riguardano: le procedure utilizzate per
la costruzione degli impianti e la mancata attenzione all’impatto e alle relative normative ambientali e
paesistiche; le importazioni di rifiuti non autorizzate da altre regioni e da province della regione; l’inosservanza
delle norme della legge 61/98 e della legge regionale relative alle aree allagate per effetto di eventi calamitosi e
di alcuni importanti norme definite dal Piano Provinciale Rifiuti e delle leggi che regolano le escavazioni e le
concessioni edilizie.
Friuli Venezia Giulia
Le discariche di Firmano (Ud)
E’ Firmano, una località nel friulano, a guadagnarsi l’appellativo di capitale delle discariche. In pochi chilometri
quadrati di territorio, infatti, a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, sono sorte ben cinque discariche di
rifiuti urbani, speciali e pericolosi.
Se non fosse stato per la mobilitazione di Legambiente e dei comitati cittadini sarebbero sorte a Firmano almeno
altre due discariche; oggi invece l’intero territorio è stato messo al centro di un progetto di monitoraggio e
riqualificazione per il quale la Regione ha già stanziato 2,2 miliardi di vecchie lire. Dai rilevamenti fatti
dall’ARPA e non divulgati dall’amministrazione locale si evince che le falde sottostanti contengono
concentrazioni di arsenico, nichel e ammoniaca sino a 10-20 volte superiori ai limiti consentiti dalla legge e
presentano inoltre elevati valori di conducibilità, cloruri, sodio e potassio. Il Circolo Legambiente di Udine ha
pubblicamente denunciato il ritardo nell'avviare la procedura di bonifica per i siti inquinati.

Le scorie di fonderia in provincia di Udine


E' partito da un esposto del Circolo Legambiente locale il sequestro, effettuato dal Noe dei Carabinieri di Udine,
di 300.000 metri cubi di scorie di fonderie, materiali inerti e scarti provenienti dalla fusione dei rottami ferrosi:
una montagna alta 17 metri accumulati per anni nel cortile dello stabilimento dell'ABS di Cargnacco, azienda
che fa capo al gruppo Danieli. La proprietà sta ora predisponendo un progetto di smaltimento e di recupero delle
scorie.

Discarica di Pecol, Comune di Cormons (Gorizia)


Mancanza di autorizzazione all’ampliamento;
Comune di Savogna: stoccaggio materiali da riciclo (interni auto) di cui non si mai avviato il
recupero/riciclaggio, parte del materiale è andato disperso Comune di Gorizia: inceneritore - la chiusura, prevista
sia dal Piano regionale che da quello provinciale, è stata ritardata da un tentativo di adeguamento tecnologico –
Legambiente ha supportato un comitato territoriale, a partire dalla richiesta di un monitoraggio/indagine delle
ricadute sulla salute pubblica - l’impianto è stato chiuso.

Provincia di Pordenone
Comune di Aviano: impianto e tecnologia complessa e termovalorizzatore (quest’ultimo solo autorizzato) - linea
di compostaggio funziona male con conseguenti odori, quindi il flusso in entrata di rifiuti è convogliato alla
discarica di Maniago;
Comune di Maniago: discarica - ampliata più volte, dovrebbe funzionare come linea di selezione in realtà
produce solo materiale da discarica;
Comune di Pordenone: discarica di Valle Noncello - localizzazione discutibile in prossimità del fiume Meduna;
Comune di Roveredo: discarica tossico-nocivi da 350.000 mc. - localizzazione discutibile (conoide detritico del
Cellina-Meduna), nell’area sono state censite circa nove discariche di RSU, fra autorizzate e abusive, per un
totale di circa 1,5 ml di mc, non sono impermeabilizzate e vi è la presenza certa di rifiuti pericolosi.

Lazio
La discarica di Cupinoro ad Anguillara Sabazia (Rm)
La storia della discarica di Cupinoro inizia nel 1978, quando su un’area di proprietà comunale di circa 50mila
metri quadri utilizzata come discarica abusiva, venne progettato di costruire un sito autorizzato. In realtà nel
1984 viene approvato un secondo progetto con il contributo della provincia che sarebbe stato gestito dalla ditta
Orsy a servizio dei comuni di Bracciano, Anguillara, Trevignano, Manziana e Canale. Ma nel 1986 viene
emanata la Legge regionale che ingiunge al comune di Bracciano di bonificare quell’area abusiva e individua un
bacino di utenza di otto comuni, che comprende (oltre a quelli già menzionati) anche Oriolo, Cerveteri e
Ladispoli. L’anno successivo l’area di discarica – che nel frattempo non aveva ricevuto alcun intervento di
bonifica – verrà posta sotto sequestro: inizia quindi una nuova fase e si parte con un nuovo progetto, sempre
nella stessa area di Cupinoro, che verrà affidato alla Ecopargas, società che dopo soli due mesi avrà un nuovo
incarico per l’adeguamento e il potenziamento della discarica già esistente. Solo nel 1989 in sede di conferenza
di servizi si chiarirà questo aspetto, ovvero che il progetto si sviluppava in due lotti di cui il primo era nient’altro
che la bonifica e il potenziamento della discarica esistente, l’altro una nuova discarica. Il progetto si sviluppa in
realtà su un’area superiore di ben quattro volte rispetto al progetto originario, ma nessuno degli organi tecnici né
del Comune, né della provincia né della Regione, se ne accorge e nel 1990 il progetto viene approvato anche
dalla provincia.
Se ne accorgerà “solo” il perito nominato dal comune di Bracciano incaricato di redigere una relazione al fine di
effettuare la variazione di destinazione d’uso dell’area di Cupinoro che deve subire una trasformazione da
originario demanio civico in area industriale. La concessione all’uso della discarica viene data con licitazione
privata alla società Silef spa nel 1991, con il vincolo del divieto di cessione a terzi, per il conferimento dei rifiuti
del bacino di cui fanno parte gli otto comuni sopra nominati. In realtà saranno ben 23 i comuni che usufruiranno
della discarica e questo ha determinato il suo rapido esaurimento. Tanto che già esiste un progetto presentato
dalla società Isea, per un nuovo invaso di quasi 620mila metri cubi che ha ricevuto parere favorevole da parte
della commissione Via della Regione Lazio nel 2001. E nel 2002 l’attuale commissario straordinario per
l’emergenza rifiuti nel Lazio e presidente della Regione, Francesco Storace, ha firmato un decreto che autorizza
la costruzione da parte degli attuali gestori di una vasca d’emergenza da realizzarsi a fianco della discarica in
esaurimento per 80mila metri cubi: ma nel decreto si fa riferimento al progetto presentato dall’altra società! Nel
frattempo la gestione della discarica di Cupinoro ora è passato al comune che ha “scaricato” l’azienda privata del
gruppo lombardo Brignoli, per evidenti gravi inadempienze.

Discarica di Sgurgola (Fr)


Il circolo locale di Legambiente, insieme alle sedi provinciale e regionale, si sono mobilitati da tempo contro la
proposta per una nuova discarica a Sgurgola. Il sito, posto presso una cava, è soggetto a rischio idrogeologico
per la vicinanza con il fiume Sacco (esondato in diverse occasioni); inoltre nelle rocce affioranti in una parte
dell’area si evidenziano fratturazioni e carsismo che ridurrebbero l’efficacia dell’impermeabilizzazione della
discarica, facilitando la fuoriuscita del percolato. Dopo un voto contrario in commissione ambiente questo sito è
rimasto ugualmente nel piano rifiuti approvato dalla provincia di Frosinone e, notizia recentissima, esiste un
progetto della regione Lazio per il “recupero” della cava da riempire con i residui inerti della
termovalorizzazione di cdr. Insomma di nuovo una discarica, contro cui Legambiente si oppone, chiedendo per
quel luogo un futuro diverso, legato al Parco fluviale del fiume Sacco e ad un orto botanico.

Liguria
Pitelli e la collina dei veleni (La Spezia)
Situata nella cinta collinare della Spezia, la collina dei veleni non è solo la famosa discarica di Pitelli della
Sistemi Ambientali (famosa in tutto il mondo per lo smaltimento illegale di rifiuti che vi fu operato nel corso
degli anni) bensì un intero sistema di discariche, siti di stoccaggio, aree di deposito e presenza di forni
inceneritori per rifiuti, molto spesso dello stesso proprietario (Orazio Duvia, principale indagato nel processo per
disastro ambientale apertosi presso la procura della repubblica della Spezia lo scorso autunno) con annesso
l’affitto in gestione dei terreni a società diverse, molte delle quali partecipate dallo stesso Duvia o da persone a
lui riferibili. La discarica più importante, Sistemi Ambientali di Pitelli, è stata aperta, naturalmente con altro
nome (la S.A. la gestisce dal 1992) sin dalla metà degli anni 70 e nasceva come discarica di deposito delle ceneri
della vicina centrale Enel. Nel corso degli anni è diventata discarica per rifiuti speciali, con all’interno della
stessa però anche 2 forni per lo smaltimento di rifiuti tossico nocivi. Nel 1988 Legambiente della Spezia, a
seguito di numerose e ripetute segnalazioni di cittadini denunciò alla magistratura possibili smaltimenti illegali
alla pretura della Spezia (allora si chiamava così), ricevendo dalla stessa nient’altro che una archiviazione
dell’istanza. Sia arriva così, tra illegalità denunciate, iniziative, ed altre segnalazioni all’autorità giudiziaria, agli
arresti del 1997 dei responsabili della discarica, sulla base dell’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti solidi
urbani condotta dalla procura di Asti in seguito all’alluvione del basso Piemonte e alla scoperta di un traffico e
uno smaltimento illegale di rifiuti che hanno causato un vero e proprio disastro ambientale nelle colline della
Spezia e hanno portato alla scoperta di un intreccio perverso tra rifiuti, affari e politica, anche se la posizione dei
politici coinvolti è stata stralciata per decorrenza dei termini di legge. Dopo il trasferimento per competenza alla
Procura della repubblica della città ligure, si è finalmente il processo (autunno 2003) con 19 imputati dove
Legambiente si è costituita parte civile.
I fanghi tossici della Stoppani di Cogoleto
La fabbrica chimica Stoppani di Cogoleto, potente multinazionale nel campo dei composti del cromo, inquina da
decenni le acque del mare, i terreni circostanti, l’atmosfera e gli arenili della Riviera di Ponente lungo tutto il
tratto da Genova a Savona. Ma, aspetto poco noto e spesso trascurato, la fabbrica ha svolto anche una importante
azione di riciclaggio di rifiuti di origine industriale. Gli inquinanti che ha disperso nell’ambiente sono
prevalentemente composti del cromo in forma trivalente ed esavalente, i primi ad alta tossicità ed i secondi di
provata azione cancerogena. Vi sono anche altri inquinanti, principalmente metalli pesanti quali Zinco, Ferro,
Manganese, Nichel (come risulta da numerose relazioni Arpal), di origine non chiara perchè non fanno parte del
ciclo di produzione ufficialmente dichiarato dall’azienda. Probabilmente sono legati all’azione di riciclaggio di
rifiuti industriali. Per bonificare le discariche di rifiuti tossici presenti in alcune parti dell’azienda del ponente
ligure, fu approntato nel 1991 il piano Envireg, un piano di bonifica decennale (1991-2001) grazie al quale la
fabbrica ha avuto il permesso di riaprire i forni nel 1991, con la motivazione che questi sarebbero stati
indispensabili al trattamento delle terre tossiche. La Stoppani, in cambio della ripresa delle attività e di un
finanziamento di circa 7 miliardi di lire, si impegnava a bonificare il torrente e la falda, a eliminare tutte le terre
stoccate provvisoriamente a Pian Masino, a trattare le terre tossiche e a bonificare la spiaggia di Cogoleto.
Di tutto ciò solo l’ultimo punto è stato compiuto, in modo superficiale, affrettato e inadeguato, tanto che adesso
la situazione della spiaggia è come quella precedente alla bonifica. Le terre tossiche non sono state trattate, le
terre di Pian Masino non sono state trasportate in discarica, il torrente e le acque di falda erano sempre più
inquinate e nulla era stato fatto per disinquinarle. Ma funzionari e tecnici della Regione Liguria hanno certificato
l’avvenuta bonifica e hanno mandato avanti le pratiche per il pagamento dei 7 miliardi alla Stoppani. E’ notizia
di giovedì 7 ottobre 2004 che la Corte dei Conti di Genova, sulla base di un esposto di Legambiente, ha aperto
un procedimento per fare chiarezza sui soldi spesi per il piano Envireg.

La discarica per rifiuti urbani di Scarpino (Genova)


Situata nelle alture di Genova, aperta da più di 30 anni, è la più grande discarica per RSU della Liguria. Serve un
bacino pari a quasi tutti i 64 comuni costituenti l’Ato Genovese. La discarica è inserita in un quadro di situazioni
di grave crisi ambientali, quelle del ponente genovese, accanto a casi storici come le acciaierie di Cornigliano, il
polo petrolchimico, il porto petroli di Multedo, assieme alle aree sottratte al mare e trasformate in banchine
portuali del porto di Voltri. Fonte di proteste popolari da decenni da parte di cittadini e comitati di circoscrizione,
esasperati non solo per la presenza in se della discarica, ama anche e soprattutto per il continuo traffico di
autocompattatori che salendo per la strada che costeggia il torrente Chiaravagna, interferisce con le abitazioni di
Borzoli in maniera pesante. La questione di Scarpino è una vera e propria emergenza democratica oltre che
ambientale: da anni si susseguono, da parte delle istituzioni, promesse di chiusura dell’impianto, promesse di
costruzione della c.d. strada alternativa che bypassi l’abitato di Borzoli, promesse non realizzate. Nella
situazione di grande incertezza sul destino della gestione e smaltimento finale dei RSU in provincia di Genova,
la soluzione della costruzione della strada alternativa, accanto ad un più corretto sistema di gestione dei RSU e di
megliore gestione del sito di discarica, appare la più realistica per non incorrere nell’immediato a scelte di
carattere emergenziale. Tutto questo deve essere fatto contestualmente alla definizione di un piano di
smaltimento dei rifiuti che punti con più decisione a quei criteri di riduzione all’origine, raccolta differenziata al
50%, riciclaggio, trattamento e smaltimento finale della frazione residua dei rifiuti.

La scelta dell’incenerimento per la provincia di Genova


Nella provincia di Genova si dibatte da tempo sulla realizzazione di un impianto di incenerimento rifiuti. In
realtà la scelta parrebbe già decisa, visto che il piano provinciale di smaltimento prevede la costruzione nell’Ato
genovese di un impianto di incenerimento, che non è stato localizzato ma solamente indicato tra più siti possibili,
lasciando –come del resto appare logico- all’assemblea dei sindaci dell’Ato di scegliere sito e tipologia di
smaltimento – e questo appare meno logico, visto che alcune indicazioni del decreto Ronchi, come il divieto di
smaltire rifiuti non trattati- dovrebbe essere non oggetto di discussione ma di applicazione. Negli ambienti della
politica genovese viene riconosciuto, non pubblicamente, s’intende, la difficoltà a poter fare davvero il passo
decisivo per la scelta della localizzazione e costruzione dell’impianto. Legambiente Liguria ritiene, per una serie
di ragioni, che la scelta dell’inceneritore dedicato nell’Ato genovese sia di difficile realizzazione, e per alcune
ragioni addirittura non auspicabile. La prima è perché manca una vera volontà da parte di enti locali ed enti di
gestione ad andare ad una seria raccolta differenziata dei rifiuti. I livelli di R.D. sono i più bassi del Nord Italia
(sotto al 15%). La seconda è che pare non si intenda fare un discorso serio verso la politica di trattamento ed
inertizzazione della quota che resterebbe al di fuori della R.D. con impianti di bioessicazione e/o creazione di
CDR, a quel punto da decidere dove allocare come smaltimento finale; la proposta di Legambiente Liguria è
quella di considerare la possibilità di avviare il secco/CDR a co-cosmbustione. La terza è che i piani provinciali
di smaltimento rifiuti sono molto difformi tra loro, ma che comunque nel caso della Spezia non contiene al suo
interno la scelta dell’inceneritore, nel caso di Savona si prevede l’impianto (anche qui senza dire dove) ma
recenti discussioni politiche paiono rimettere in discussione la scelta del piano (e non solo da parte di
Rifondazione ma anche di settori del centro sinistra, come parte della Margherita); nel caso di Imperia si
prevedono due strade – incenerimento oppure forme di smaltimento in consorzio con la vicina Francia – e vi è il
rischio concreto che la dimensione dell’impianto di Genova potrebbe essere conforme non alle quantità di rifiuti
prodotti nella provincia ma semmai con potenzialità per tutta la regione. La criticità di tutto quello che è scritto
sopra è stato confermato dall’orientamento a cui si sta avviando l’Ato genovese (riunione del 30 Settembre
scorso) di puntare su un impianto che bruci il rifiuto non trattato (ergo indifferenziato se non per le quote del
Ronchi, che vista la situazione attuale, non si sa nemmeno se verranno realizzate).

Il caso Imperia: tutto in mano ai privati


Una delle situazioni più gravi che sono presenti in regione è quello della provincia di Imperia dove il sistema di
smaltimento dei rifiuti è completamente appaltato ai privati. Sono presenti infatti due discariche per rifiuti solidi
urbani, in Comune di Imperia (Monticelli) e in Comune di Bussana (Coletta Ozzano), gestite entrambe da
soggetti privati, con una capacità residua di 400.000 metri cubi di rifiuti da abbancare entro il 2005. Si sottolinea
che in merito all’ottemperanza dell’art 21 del D.Lgs n° 22/97 (Ronchi) inerente la privativa sullo smaltimento
dei Rifiuti Solidi Urbani, che, pur essendo a fronte di una previsione del Piano di smaltimento per il cosiddetto
“periodo transitorio”, sono state prese in considerazione discariche gestite dai privati, e non è stata al contempo
prevista né effettuata dalla pubblica amministrazione alcuna procedura pubblica volta ad affidare la gestione
dell’attività di smaltimento dei rifiuti della provincia di Imperia. Il Piano provinciale prevedeva la definizione,
entro il 31.12.2003 di due strade possibili per superare la fase di transizione: o la realizzazione di un impianto di
incenerimento, o la definizione di forme consorziate di smaltimento consorziate con la Francia oppure con la
provincia di Savona. A tutt’oggi questa definizione manca del tutto.
Inoltre Legambiente Liguria si è costituita quale parte offesa nel processo per lo scandalo in località Pattarello di
almeno tre discariche Cava Fazzari di Borghetto Santo Spirito, nella discarica ex Fumeco di Andora e nella
discarica di Magliolo ad Alberga nanti la Corte d’Appello di Genova.

Lombardia
La discarica di Cerro Maggiore
Nel 1995 scoppiò in Lombardia la cosiddetta "emergenza rifiuti": non si sapeva dove mettere tutta la spazzatura
prodotta da Milano e provincia. Formigoni la indirizzò alla discarica di Cerro Maggiore, che invece avrebbe
dovuto chiudere, e si impegnò a pagare a Paolo Berlusconi 300 milioni al giorno per altri due anni: infatti i rifiuti
da gettare in discarica avevano più che triplicato le quotazioni grazie alla sbandierata "emergenza rifiuti",
schizzando da 30 a 108 lire al chilo. La popolazione di Cerro Maggiore e le associazioni ambientaliste formano
un comitato che, a partire dal 2 novembre 1995, presidia la discarica impedendo l'accesso ai camion dell'Amsa,
l'azienda che a Milano si occupa dei rifiuti. Nel 1996, dopo l’ennesima protesta degli abitanti di Cerro, la
discarica fu comunque chiusa. Ma solo nel 1999 ci fu un accordo per bonificarla. Formigoni è sotto processo per
corruzione e abuso d'ufficio per la discarica di Cerro Maggiore, gestita dalla "Simec" di Paolo Berlusconi, il
quale ha già patteggiato la pena anche lui per corruzione di 98 miliardi di lire. L'Amsa, l'azienda comunale
milanese, e il Comune di Milano si sono costituiti parte civile. Cosa che non ha fatto la Regione Lombardia.

La discarica di Inzago
Chiusa nel dicembre 2003, la discarica di Inzago ha ospitato per 10 anni gran parte dei rifiuti indifferenziati
milanesi. Nata per ricevere rifiuti speciali derivanti da autodemolizioni (fluff) è poi stata soggetta ad una
“naturale” evoluzione a ricevere gli Rsu. La Transeco, società che gestisce la discarica, chiedeva da tempo a
Provincia e Regione Lombardia di poter ricevere ulteriori rifiuti da collocare in un'altra cava, situata di fianco a
quella recentemente chiusa in quanto esaurita.
Nonostante le proteste dei cittadini, sindaci della zona e associazione ambientaliste, il 19 maggio 2004, Regione
e Provincia di Milano, hanno sostanzialmente dato il via libero al rinnovo dell'autorizzazione della Transeco.

La discarica di Buscate
Una storia a lieto fine di battaglie ambientali alle porte di Milano. E’ quella del comune di Buscate, che ha
trovato il suo epilogo con l’entrata del comprensorio comunale nel Parco del Ticino . Il 27 febbraio 2002 il
Consiglio regionale della Lombardia ha votato all’unanimità la legge che sancisce l’ingresso di Buscate nel
parco regionale più grande d’Italia. Il 20 ottobre del 2000 1685 buscatesi (il 58,32% dei votanti) avevano detto sì
a questo passo rispondendo a un quesito referendario cittadino voluto dal sindaco.
Era il 1990 quando s’iniziò ha parlare di una mega "discarica controllata di rifiuti urbani e assimilabili" nella
grande cava locale, e nel ‘91, quando l’eventualità di diventare il crocevia della spazzatura milanese (il più
grande collettore d’Europa), divenne certezza, con la convenzione 2709 del 10 settembre 1991 tra la Giunta
regionale lombarda e la Progesam (società del gruppo Waste Management). Nasce così un Comitato di difesa
ambientale, che in due settimane raccoglie 2075 firme contro la megadiscarica. E parte una delle più lunghe e
massacranti campagne ambientali mai viste in Italia, con centinaia di cittadini e ambientalisti (Verdi e
Legambiente in testa) che, picchetto dopo picchetto - inframezzati da denunce, processi, manifestazioni -
impediscono ai rifiuti di raggiungere la zona. Nel 1994 la vittoria: l’allora assessore verde regionale
all’Ambiente Carlo Monguzzi revoca l’autorizzazione all’utilizzo della cava. La delibera della giunta era arrivata
il 23 dicembre dell’anno precedente: praticamente un regalo di Natale. Sulla scia di questo impegno cittadino, e
per prevenire nuovi attacchi all'habitat della zona, nasce l’idea di entrare nel parco regionale istituito nel 1967,
ma anche il particolare impegno per la raccolta differenziata del sindaco Fraschini e, infine, il progetto di
recupero ambientale della Cava: il Comune ne ha acquisito finora 60 mila metri quadri.

L’inceneritore Rea di Dalmine


La storia dell’impianto per il trattamento, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti urbani di Sabbio inizia nel 1996
quando, il 10 ottobre, la società REA S.p.A. con sede in Bergamo, presenta una richiesta per la sua costruzione.
L'autorizzazione ai lavori viene approvata dall’amministrazione comunale di Dalmine il 7 febbraio 1997. Si
dichiarano contrari al progetto cittadini di Dalmine e dei comuni limitrofi che si costituiscono in comitati.
Vengono organizzate manifestazioni e iniziative di protesta, oltre a una raccolta di firme. Cinque mesi dopo,
l’autorizzazione a procedere con il termodistruttore della REA viene sancita anche dalla Provincia di Bergamo.
La Regione Lombardia approva l’impianto REA, con una delibera ad hoc del 21 gennaio 1998, considerandolo
“Impianto a tecnologia innovativa” quindi realizzabile al di fuori della pianificazione provinciale. Nel 1998,
contro l'autorizzazione al "Progetto REA", vengono presentati al TAR quattro ricorsi che vengono rigettati dal
tribunale senza essere presi in considerazione nel merito. Le amministrazioni dei comuni limitrofi si appellano
quindi al Consiglio di Stato ed il ricorso è tuttora in attesa di giudizio.
Il 5 luglio 1999 il Ministero dell'Ambiente chiede di sottoporre obbligatoriamente a Valutazione di Impatto
Ambientale (VIA) regionale. La regione risponde avvalendosi di uno studio di compatibilità ambientale
(realizzato dai tecnici REA). Il 13 settembre 2001 il Ministero dell'Ambiente interviene nuovamente dando alla
REA 30 giorni di tempo per avviare la procedura di VIA minacciando il ricorso ai poteri sostitutivi. Il neo
ministro dell'Ambiente Matteoli opera una pesante ristrutturazione cambiando di quasi tutti i funzionari del
ministero. L'impianto di Dalmine è entrato in funzione a pieno regime nel 2002, dopo anni di battaglie e
opposizioni del Comune, delle amministrazioni locali confinanti degli ambientalisti. Maggio 2003 - la Direzione
generale dell'Ambiente della Commissione Europea diffida e mette in mora lo Stato italiano per la mancata
effettuazione della procedura di VIA.

Gorla Maggiore: discarica


Già al centro di diverse polemiche per la sua grandezza, la discarica ha di recente ottenuto la costituzione del
quinto e ultimo lotto.

La discarica di Mozzate
L'approvazione del sesto lotto della discarica di Mozzate ha, per una volta, accomunato i comitati, che contro le
montagne di rifiuti si battono da anni, e gli amministratori.

La discarica di Erbusco
Il Circolo Legambiente di Erbusco nasce formalmente nell'aprile del 2002 nel contesto di una dura battaglia
ambientale contro l'apertura di una discarica di II categoria di tipo B a Zocco di Erbusco (BS). La Regione
Lombardia ha dato ragione a Legambiente e ha annullato la conferenza dei servizi convocata per domani sul
progetto di discarica ad Erbusco, capitale di Franciacorta. L'annullamento è stato disposto in base alle
indicazioni di Legambiente, per vizi procedurali. La conferenza infatti era stata convocata presso l'Ufficio VIA
della Regione, mentre l'ufficio competente avrebbe dovuto essere l'Ufficio Rifiuti.

Rovato: inceneritore Cogeme


Il Circolo Legambiente Gandovere ha partecipato alla fondazione del "Comitato contro l'inceneritore" per far
sentire la voce dei cittadini della zona, preoccupati dalle prospettive che l'opera comporterebbe l’ipotesi di un
secondo inceneritore in Comune di Rovato, oggi fortunatamente accantonata; che è stata riconosciuta dagli
Uffici tecnici della Regione e della Provincia.

L’inceneritore di Brescia
L' Ue mette in mora l'Italia per l'inceneritore Asm di Brescia. Questa è la conseguenza di un esposto presentato
dai Cittadini per il Riciclaggio, ecologisti di varie associazioni ambientaliste, per la terza linea dell'inceneritore.
Sono tre i punti contestati: l'aver stabilito che la terza linea può operare in regime autorizzativo semplificato; non
c'è stata, prima dell'autorizzazione della costruzione, una valutazione d'impatto ambientale; non è stata esposta la
domanda di autorizzazione all'esercizio della terza linea per il periodo adeguato così da consentire le
osservazioni da parte della popolazione.

L’inceneritore Silla 2 di Milano


L'impianto nasce tra mille polemiche, il 6 febbraio 2001 viene siglato un protocollo d'intesa tra i Comuni
limitrofi ( Pero, Rho, Settimo Milanese, Cornaredo), AMSA, la Provincia e il Comune di Milano. Il protocollo è
il frutto di un duro lavoro delle amministrazioni locali e sollecitato da cittadini e ambientalisti, definisce tra
l'altro il quantitativo massimo giornaliero di rifiuti trattabili nell'inceneritore (900 T/gg). Il 2 luglio 2004 la
Regione con un decreto autorizza Silla 2 ad aumentare il quantitativo di rifiuti da trattare da 900 T/gg. a 1250 per
sei mesi e successivamente un'ulteriore aumento a 1450 T/gg.

L’inceneritore di Parona
Nato intorno al 2000, delude subito le aspettative degli ambientalisti che avevano richiesto tre cose: la
termovalorizzazione del Cdr (si brucia attualmente cdr di pessima qualità), sostegno e sviluppo della raccolta
differenziata (progetto subito abbandonato perché costoso) e produzione di compost (il compost che si ottiene
dalla vagliatura del secco è inutilizzabile). Legambiente in questi anni ha sempre fatto sentire il suo disappunto il
quale è aumentato non appena la società di gestione ha richiesto il raddoppio dell'impianto. Il 12 agosto 2004 la
regione ha autorizzato il raddoppio questa autorizzazione è in aperto contrasto con le decisioni di pianificazione
e di programmazione assunte dall’Amministrazione provinciale di Pavia, da decine di Consigli comunali
lomellini e dai pronunciamenti contrari di tantissime forze culturali, sociali e delle categorie economiche che
operano sul territorio.

Marche
Agroter (PU)
Tre esposti alla procura della repubblica, l’ultimo ha determinato l’apertura del procedimento penale in corso ed
il sequestro. Legambiente Costituita parte civile in un procedimento minore contro Agroter per inquinamento
aria da cattivi odori.

Discarica bolignano Aspio di Ancona (AN)


Appoggio al comitato cittadino per la non apertura della discarica, attività politica conclusasi con vincolo della
sovrintendenza dell’area che ha bloccato lavori e intervento dell’allora Ministro Meandri.

Raffineria API Falconara di Ancona (AN)


Bandiera nera negli ultimi due anni per inquinamento area e diffusione dati falsi su stato area intorno raffineria:
vertenza per sito da bonificare ex Legge 471/99

SGL CARBON (acciaieria) Ascoli Piceno (AP)


Inquinamento del sottosuolo in conseguenza dell’attività produttiva, vertenza ex L. 471, Legambiente si è
costituita parte civile nel procedimento penale in corso per la morte di nove operai.

FIM Porto S.Elpidio (AP)


Vertenza sulla bonifica, numerose iniziative del locale circolo per il recupero e la salvaguardia dell’intera area,
attualmente sottoposta al vincolo della sovrintendenza.

Discariche di Tolentino e S. Severino Marche (MC)


Parzialmente in uso la prima e chiusa la seconda, ma in previsione ampliamento e riapertura. Vertenza politica
per impedire la riapertura. Attualmente necessitano entrambe di bonifica.

Piemonte
La discarica di Basse di Stura (To)
Gli abitanti della periferia nord di Torino sono afflitti (oltre che dalla tangenziale, dalla superstrada e dalla
ferrovia, da un inceneritore per rifiuti industriali, da un altro per incenerire carcasse animali e da varie tipologie
di industrie tra cui diverse aziende a rischio) dalla presenza di una discarica che ha smaltito i rifiuti di Torino e
provincia. Oltre che quelli provenienti da diversi paesi delle province di Alessandria, Cuneo e Asti. Doveva
essere chiusa già dal 2001 e invece è stata prorogata sino al 2003. E’ la discarica Amiat di Basse Stura che
accoglie attualmente 900 tonnellate di rifiuti al giorno. Sorge su un terreno con falde acquifere alte, lungo uno
dei più importanti corsi d’acqua torinesi. Sulla sponda opposta, in fase di messa in sicurezza, è rimasta una
discarica per rifiuti industriali della Fiat e sempre nella stessa area, a poche centinaia di metri da Basse Stura, si
ipotizza di costruire la nuova discarica, se non sarà scelto in alternativa il sito di Mirafiori. La discarica è stata
oggetto di blitz da parte di Legambiente Piemonte nelle ultime due edizioni di “Discarica addio”.
Tra le altre iniziative di Legambiente Piemonte si segnalano le seguenti manifestazioni: a Montanaro (Torino)
contro la costruzione di una nuova discarica, a Beinasco (Torino) a Volpino (Torino) e Tortona (Alessandria)
contro l’ipotesi della costruzione di inceneritori sovradimensionati.

Puglia
Impianto di compostaggio di Molfetta
L’impianto di compostaggio del Comune di Molfetta è stato realizzato con fondi del Ministero dell’Ambiente
(15 miliardi di lire) ed è attualmente gestito dalla “Ing. Orfeo Mazzitelli SpA” di Dante Mazzitelli (già
proprietario del Fuenti). Quando nei primi mesi del 2001 Mazzitelli lanciò a Bassolino l’offerta di smaltire i
rifiuti campani nell’impianto di Molfetta, l’impianto, dimensionato per trattare 80 t/die di rifiuto tal quale, era
già autorizzato dalla Provincia di Bari a trattare 270 t/die di rifiuto selezionato. Il risultato è stato che in quegli
anni sono arrivati a Molfetta - senza alcuna autorizzazione - oltre 20.000 t di rifiuti campani che anno subito
trattamenti parziali e inefficaci e sono stati accumulati nel piazzale dell’impianto. La discarica così improvvisata
(un cumulo di rifiuti alto oltre 15 m) non aveva alcun controllo, era causa di cattivi odori che impedivano la
lavorazione dei campi circostanti, alimentava l’aerodispersione di rifiuti nell’intorno e produceva una non
trascurabile quantità di percolato. L’impianto ha subito vari sequestri, il più recente (ottobre 2003 ad opera del
Noe su mandato della Procura di Trani) è ancora in corso. E’ da un anno, ormai, che si aspetta la perizia tecnica
commissionata dalla magistratura per caratterizzare i rifiuti accumulati sul piazzale che non sono stati ancora
rimossi e continuano ad emanare cattivi odori e a subire continui incendi. Intanto è oltre un anno che i comuni
dei bacini Ba 1 e Ba 2, pur continuando la raccolta differenziata dell’organico, sono costretti a conferire in
discarica.

Sversamento di fanghi sull'Alta Murgia


Nel luglio 2003, associazioni ambientaliste (tra cui il Circolo di Legambiente di Altamura) e di agricoltori
segnalarono la presenza in alcune zone del territorio di Altamura di rifiuti e sostanze maleodoranti. Solo a
settembre e grazie ad una massiccia opera di informazione condotta da tv e quotidiani regionali la vicenda fu
finalmente affrontata con la dovuta attenzione dalle istituzioni.
L’area interessata si estendeva per circa 300 ettari. Analogo fenomeno fu scoperto anche in una zona del
territorio di Gravina (Contrada Finocchio). Le indagini avviate nel settembre 2003 e coordinate dai pubblici
ministeri Roberto Rossi e Renato Nitti della Procura della Repubblica di Bari hanno portato ad iscrivere nel
registro degli indagati undici le persone per traffico illecito in forma organizzata di rifiuti; sono stati disposti tre
arresti domiciliari l’8 giugno 2004, successivamente (il 24 giugno) revocati. Dagli accertamenti ordinati dai
pubblici ministeri è emerso che sui terreni coinvolti, negli ultimi cinque anni, sono state smaltite decine di
migliaia di tonnellate di rifiuti, anche speciali, che hanno inquinato il terreno con metalli quali cromo, antimonio,
mercurio, stagno. In particolare, «allarmanti» vengono definiti dall’accusa i livelli di cromo riscontrati nel
terreno: fino a 4.080 milligrammi per ogni chilogrammo di sostanza prelevata, contro i 41 mg/Kg contenuti nel
terreno naturale e contro gli 800 mg/kg previsti come limite dalla legge.
Dalle analisi è risultato fuori parametro il 73,39% dei campioni (91 su 124) prelevati su suoli del territorio di
Altamura, appartenenti all’azienda agricola Quintano; nei terreni ricadenti nel territorio di Gravina era fuori
norma invece il 91,43%, ovvero 31 dei 35 campioni prelevati. Secondo la Procura, i rifiuti smaltiti provenivano
dall’impianto della società «Tersan Puglia & Sud Italia» di Modugno. Sinora, le difese degli indagati (proprietari
dei siti, produttori e trasportatori) si sono rimpallate le responsabilità. I proprietari dell’aree inquinate sono stati
intimati nell’ottobre 2003 dal Commissario delegato per l’emergenza ambientale nella Regione Puglia, Raffaele
Fitto, e dai Comuni interessati a provvedere alla messa in sicurezza di emergenza ed a trasmettere il piano di
caratterizzazione. Dopo alterne vicende e solo dopo la conferenza di servizi del 29 luglio 2004 – in cui è
intervenuta Legambiente Puglia -, il Commissario Delegato, con il decreto 142/CD del 5 agosto 2004, ha
approvato il piano di caratterizzazione presentato dai proprietari del sito ricadente nel territorio di Altamura
integrato da una serie di prescrizioni. Gli interventi di caratterizzazione sarebbero dovuti iniziare il 1° settembre
2004 e concludersi in sei mesi, ma ancora non hanno preso avvio.

Impianto di compostaggio autorizzato e in fase di costruzione


Con la deliberazione n. 424 del settembre 2000 la Giunta della Provincia di Bari ha autorizzato la «Tersan Puglia
& Sud Italia» di Modugno a realizzare un impianto di trasformazione di rifiuti urbani e speciali in fertilizzanti e
compost al confine tra i comuni di Grumo ed Altamura. Numerose sono state le voci di protesta contro tale
impianto, diversi i motivi di contrarietà. In un documento sottoscritto da più associazioni e movimenti di base
(tra cui il Circolo Legambiente di Altamura) ed indirizzato all'allora presidente Marcello Vernola, si rilevava, tra
l'altro, che non si comprendeva:
- quali valutazioni avessero suggerito l’autorizzazione al trattamento giornaliero di 800 tonnellate di
rifiuti, così da far guadagnare alla Provincia di Bari il poco invidiabile primato di avere permesso, in zona
protetta, la costruzione del più grande impianto di compostaggio d’Europa;
- perché la giunta provinciale avesse autorizzato il trattamento di rifiuti speciali dell’industria conciaria
(“fanghi contenenti cromo”) che notoriamente sono riconducibili a cicli produttivi lontani dalla Puglia, creando
così le premesse per un sostanziale aggiramento del principio di “prossimità” (tra luoghi di produzione e luoghi
di smaltimento) sancito dal Decreto Ronchi e ribadito più volte dalla Corte Costituzionale;
- perché Provincia e Regione non avessero considerato che il nuovo impianto sarebbe sorto all'interno di
una Zona di Protezione Speciale (ZPS) e di un proposto Sito di Importanza Comunitaria (pSIC) e che ciò
imponeva, in virtù dei DPR 357/97 e 120/03, uno specifico e preventivo studio di incidenza sull'habitat protetto.
Contestato da più parti, Vernola avviò all’inizio del 2004 il riesame dell'autorizzazione. Entro il 9 settembre,
termine fissato per la conclusione del procedimento (inizialmente previsto per l’11 giugno), la nuova
Amministrazione provinciale presieduta da Vincenzo Divella avrebbe dovuto determinarsi. Solo recentemente si
è appreso che il riesame provinciale ha subito un’ennesima proroga di istruttoria: proseguirà sino al 6 febbraio
2005. Intanto, sulla Murgia, l’opera è in via di completamento; in virtù anche di una sentenza del Tar Puglia (n.
2590 del 2004) che ha rigettato il ricorso del Comune di Grumo che chiedeva l’annullamento dell’autorizzazione
provinciale.

Tricase: dossier siti inquinati, Marzo 2004


Dopo la redazione di un dossier del circolo di Legambiente che ha avuto come oggetto 13 siti inquinati nel
territorio della città di Tricase, consegnato alle forze di polizia presenti nel territorio, il NORM della compagnia
Carabinieri di Tricase ha provveduto al sequestro di tutti i siti ed ha avviato un’indagine sulle procedure di
bonifica, con fondi regionali, che erano iniziate su due di essi. Si è in attesa del pronunciamento dell’autorità
giudiziaria.

Incenerimento rifiuti ospedalieri, Dicembre 2003


Dopo varie segnalazioni di Legambiente all’ufficio ambiente della Provincia di Lecce e dopo numerosi interventi
sui mass media locali, il responsabile del servizio ambiente della Provincia ha decretato la sospensione
dell’attività di incenerimento di rifiuti ospedalieri dell’inceneritore dell’Ospedale Cardinale Panico di Tricase,
perché ritenuto un vecchio impianto non adeguato alla normativa prevista dal D.M. 503/97. Successivamente
tale impianto è stato completamente smantellato.

Smaltimento illegale di rifiuti, Giugno 2004


Si è conclusa con 34 provvedimenti di conclusione delle indagini, l’inchiesta della Procura di Lecce sul caso di
ecomafia che ruota intorno alla Famiglia Rosafio, imparentata con gli Scarlino. Essi avevano assunto il controllo
di vari impianti di depurazione della Provincia di Lecce dove smaltivano illegalmente reflui provenienti da
insediamenti urbani ed industriali. Il ruolo del circolo di Legambiente è stato di collaborazione con la Guardia di
Finanza di Tricase che ha seguito una parte dell’indagine, fornendo loro documentazione amministrativa e
fotografica ottenuto verificando segnalazioni pervenute da autisti di autospurghi non implicati nell’indagine. Tre
degli indagati sono carabinieri della Stazione di Tricase accusati di presunta corruzione. Si è in attesa del
processo.

Sardegna
Riapertura di una discarica chiusa, gennaio 2004
Legambiente Sardegna è venuta a conoscenza dell’ipotesi di riaprire una discarica già chiusa da parte
dell’ECOSERDIANA sotto la richiesta di proroga presentata alla Regione Sardegna, fatto che sottolinea la crisi
per quanto riguarda i rifiuti nell’area di Cagliari. Questa emergenza che si è venuta però a creare per diversi
motivi : Innanzitutto per il NO riferito a Villaspeciosa come sito di una nuova discarica. In secondo luogo per le
inadempienze del CASIC stesso che non ha provveduto ad un adeguato rinnovo e potenziamento
dell’inceneritore ed infine, ma non per importanza, perché nei 23 Comuni che fanno parte del CASIC non è stata
ancora attuata una politica di gestione dei rifiuti rivolta ad una massiccia raccolta differenziata. Per tutto questo
Legambiente si è dichiarata contraria alla riapertura della discarica dell’ECOSERDIANA e ha ribadito la
richiesta di un impegno concreto per superare la crisi da parte del CASIC, dei comuni appartenenti e dalla
Regione Sardegna.

Progetto di ampliamento della discarica di Fanghi Rossi a Portovesme


Il Piano Regionale di Gestione di Rifiuti Speciali, ha esaminato la problematica inerente i “ fanghi rossi” prodotti
nello stabilimento della EurAllumina S.p.a., attualmente stoccati nel bacino Sa Foxi nel Comune di Portoscuso
(Sa). L’attuale bacino di stoccaggio,che dal 1994 si struttura in vasche concentriche, prevede il suo
completamento nei primi mesi del 2005 alcuni progetti. Uno dei progetti presentati a settembre del 2003,
prevedeva quasi provocatoriamente, l’allargamento a mare della discarica . Questa soluzione era stata
ampiamente bocciata da Legambiente con un documento presentato nel Novembre 2002, nel quale già allora
venivano suggerite soluzioni alternative. Nonostante ciò è dovuto passare, prima della presentazione del nuovo
progetto, un anno, durante il quale anche la Regione Sardegna, Associazioni e Comitati spontanei ed infine
(Maggio 2003) l’Amministrazione Comunale di Portoscuso (tramite la consulenza esterna della Università di
Sassari), esprimevano forte contrarietà al progetto bocciando così l’ipotesi di “Discarica a mare“. Il progetto in
esame è stato presentato nel Settembre 2003, e prevede invece l’ampliamento della discarica verso Nord-Est
rispetto all’attuale bacino, area caratterizzata da condizioni di criticità ambientale, con contaminazione dei suoli
e della falda, dovuta in parte al percolamento di acque dall’attuale bacino. Questo nuovo sito, anche se non
ottimale è sicuramente migliore di quello in precedenza proposto della discarica a mare anche se in questo la
metodologia proposta è quella di non considerarla come una discarica. La nuova discarica si andrà in parte a
sovrapporre strutturalmente a quella precedente formando una “Collina “ di circa 36 Metri di altezza ed una base
di circa 180 Ettari.

Discarica CASIC di Bega Deretta -Monte Truxionis (Villaspeciosa), novembre 2003


In seguito alle accese polemiche provocate dalla prevista realizzazione di una discarica consortile in territorio di
Villaspeciosa, che hanno portato alla costituzione di alcuni comitati cittadini e a diverse iniziative politiche ad
opera di amministratori locali, la Legambiente Sardegna, effettuate le opportune e necessarie verifiche, è
intervenuta nel dibattito in corso esprimendo forti perplessità sul progetto medesimo e dichiarandosi
sostanzialmente contraria alla realizzazione dell’impianto di “Bega Deretta – Monte Truxionis“.

La discarica di Bau Carboni


Nella provincia di Oristano, è attiva dal 1994 la discarica di Bau Craboni. In questa discarica conferiscono oggi
70 dei 78 Comuni della Provincia di Oristano e sono inoltre autorizzati al conferimento 28 Comuni della
Provincia di Nuoro, per un totale di circa 80-90 mila tonnellate di rifiuti l’anno. Questo impianto è ormai avviato
verso la conclusione della sua vita. In previsione di ciò è stato approvato dalla giunta Regionale, in data 18-12-
2001, il progetto per un ampliamento dell’attuale Discarica che dovrebbe rimanere in attività per un tempo pari a
circa due anni durante i quali dovrebbe terminare la costruzione di un impianto di trattamento di rifiuti urbani, il
quale prevede l’impianto di termovalorizzazione ed il bacino di stoccaggio annesso. La Legambiente Sardegna
ha espresso totale solidarietà nei confronti delle popolazioni delle Borgate e chiede che vengano subito fatti tutti
gli accertamenti in merito alla attuale gestione della discarica e che nel caso in cui vengano riscontrate delle
irregolarità si provveda alla messa in sicurezza della discarica con adeguati sistemi di captazione di biogas e
percolato.

Sicilia
L’inceneritore e la discarica di Bellolampo (Pa)
Questa area è stata individuata dal Piano regionale rifiuti per ospitare uno dei quattro impianti di incenerimento
ed è sede della discarica di Palermo, oggetto di molte vertenze da parte di Legambiente. Le contestazioni di
Legambiente al piano rifiuti regionale sono diverse. Il piano che la regione Sicilia ha adottato nel dicembre 2002,
che ha avuto anche il benestare della Ue, dichiara che bisogna prioritariamente impegnarsi per la riduzione, il
riuso, il recupero e il riciclaggio dei rifiuti e che solo per la frazione residuale secca non recuperabile si deve
ricorrere all’incenerimento.
In realtà il Presidente della Regione Salvatore Cuffaro, Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, con
l’ordinanza del 2 maggio 2003 ha previsto in Sicilia la costruzione di quattro grandi inceneritori. Secondo le
convenzioni firmate il giugno scorso con gli operatori privati, che realizzeranno gli impianti in project financing,
la Regione si obbliga a consegnare agli impianti 2.400.000 tonnellate annue di rifiuti a fronte di una previsione
del piano di sole 1.650.000 tonnellate annue di frazione residuale, aggiungendo addirittura una clausola di
incremento della tariffa al diminuire della quota conferita. Tra l’altro le convenzioni fanno riferimento ai limiti
di emissione di inquinanti in atmosfera in vigore oggi con il decreto ministeriale 503/97 e non a quelli della
direttiva europea 76/2000 più rigorosi e stringenti e obbligatori per tutti gli impianti ancora da costruire. In ogni
caso l’adeguamento degli impianti a limiti più severi comporta un incremento della tariffa. Sebbene l’utilizzo dei
cosiddetti termovalorizzatori debba rappresentare l’ultima risorsa da utilizzare per risolvere il problema rifiuti
secondo quanto previsto dalle direttive europee e dalle leggi nazionali che le hanno recepite, non si assiste a
nessuna azione concreta per incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio di materia. Ed è per questo che
Legambiente insieme alle altre associazioni e comitati cittadini sono scese in piazza lo scorso maggio, proprio
nel giorno in cui tutta l’associazione era mobilitata per “Discarica Addio”.
Tra le altre vertenze di Legambiente Sicilia vanno segnalate quelle riguardanti il deposito non autorizzato di
rifiuti speciali ospedalieri e rifiuti pericolosi, presso la strada statale Palermo-Cafalù, posto sotto sequestro e
rinvio a giudizio (Pollina), la discarica di rifiuti speciali e pericolosi in località Villa Asmundo (Siracusa), il
territorio di Augusta disseminato di discariche (una, addirittura, è stata trovata nel piazzale di fronte gli uffici
dell’Enichem), la discarica abusiva di 20.000 m2 per rifiuti speciali e pericolosi, posta sotto sequestro e ubicata
presso Riserva Reale (Palermo), la discarica gestita da una nota famiglia mafiosa in località Spina Santa.

Toscana
La vicenda Cjmeco
Una ditta di recupero rifiuti, insediatasi in un’area artigianale vicino ad Aulla e alla frazione di Pallerone, è
fallita lasciando un grosso impatto ambientale sul territorio. A detta dei tecnici, è alto il rischio di incendi che
potrebbero rilasciare nell’aria anche fibre di amianto, per via delle coperture in eternit dello stabilimento, in
quantità tale da paventare l’emergenza ambientale se non interventi di protezione civile. L’azienda, senza alcuna
autorizzazione a svolgere l’attività, è riuscita dal luglio 1997 al settembre 2002 ad accumulare rifiuti costruendo
un’enorme discarica di rifiuti a cielo aperto, lucrando sugli ovvi introiti da rifiuto e sui finanziamenti bancari che
arrivavano copiosi; malgrado l’ARPAT e l’ASL segnalassero situazioni di pericolo per la salute e l’igiene
pubblica sin dal marzo ‘99, la ditta otteneva continue proroghe per mettersi in regola. Nel 2002 la Giunta
Comunale di Aulla esprime la propria intenzione di ubicare un impianto energetico a biomasse in località La
Colombera di Pallerone, vicino al sito utilizzato dalle ditte Cjmeco e Cincillà per il recupero di rifiuti; fino ad
allora “la questione Cjmeco” è stata sollevata solo sporadicamente da associazioni ambientaliste e da qualche
consigliere comunale di opposizione. L’amministrazione comunale in un primo tempo minimizza il problema
Cjmeco, poi è costretta, a seguito del sequestro dell’area da parte dei NOE, ad intervenire nel 2001 con due
Ordinanze Sindacali (una per la Ditta Cjmeco, l’altra per il demanio militare proprietario dell’area) per la messa
in sicurezza dell’insediamento, rimaste entrambe disattese. Nell’area di 170 mila metri quadrati denominata “La
Colombera” nella frazione di Pallerone, adibita a polverificio sino all’ultima guerra e occupata dal consorzio
OTO_BPD per assemblaggio di missili fino al 1995, sono stati accatastate 50 mila tonnellate di rifiuti di cui
l’80% all’aria aperta senza copertura con teloni impermeabili né una base di superfici impermeabilizzate, con un
probabile inquinamento del terreno e delle acque superficiali; il restante 20% è depositato come CDR, materiale
altamente infiammabile, dentro capannoni rivestiti con materiale in fibra di amianto. Per sensibilizzare
l’opinione pubblica di fronte a questa vergognosa vicenda nel maggio 2003 Legambiente Toscana ha presentato
il dossier “L’affare Cjmeco” in occasione del blitz presso gli stabilimenti de La Colombera durante la giornata di
mobilitazione nazionale “Discarica addio”.

Altra vertenza ha riguardato l’inceneritore Eni di Scarlino, oggetto di indagine e di un successivo processo
(Legambiente era tra le parti civili) che si è concluso in fase predibattimentale con il pagamento dell'oblazione
da parte degli imputati.

Trentino
Bioessiccazione prima dell’inceneritore
Il 2 luglio 2003 è stato presentato alla stampa il documento conclusivo del gruppo di lavoro incaricato dalla
Provincia autonoma di Trento di verificare l’efficacia di una fase di bioessicazione da anteporre all’inceneritore
per i rifiuti urbani previsto dal Piano rifiuti provinciale. Il gruppo di lavoro era composto da esperti nazionali del
settore e nasce dopo molte polemiche e denunce di Legambiente insieme ad altre associazioni ambientaliste
locali e di molte componenti politiche di minoranza e maggioranza, comunali e provinciali, che contestavano
l’unica soluzione proposta per lo smaltimento, ossia l’incenerimento diretto del rifiuto restante dopo le raccolte
differenziate. Legambiente Trentino e le associazioni ambientaliste locali hanno sempre sostenuto che il
trattamento del rifiuto con la bioessicazione prima di qualsiasi soluzione di smaltimento (discarica o
inceneritore) dà garanzie di sviluppo temporale delle raccolte differenziate, soprattutto in realtà come quelle
della provincia di Trento, dove le percentuali di raccolta languono rispetto ad altre realtà limitrofe. Al contrario
dell’ipotesi proposta inizialmente dalla Provincia di un inceneritore per il tal quale che ora è finalmente
tramontata.

Umbria
Luglio 1995, Discarica a Gualdo Cattaneo
Legambiente si è espressa attraverso una vertenza stampa contraria all’autorizzazione data dalla Regione Umbria
per la realizzazione di una discarica di II categoria, 2 B, nel territorio di Gualdo Cattaneo, per lo stoccaggio delle
ceneri della centrale a carbone di Bastardo. Contro questa ipotesi si schierarono anche alcuni consiglieri
comunali e la giunta comunale allora appena eletta.

Maggio 1995, Discarica “Le Crete di Orvieto”


E’ la più grande discarica dell’Umbria, fortemente voluta dal mondo politico come risorsa economica del
territorio (ad Orvieto!). Nel ’95 il circolo di Fabro ha inviato un esposto alla Corte dei Conti “per sapere se
sussistono tutte le condizioni di legittimità contabile relativamente all’appalto per la costruzione della discarica
comprensoriale di Orvieto e all’affidamento della sua gestione in concessione mediante trattativa privata”.
L’esposto ha portato alla richiesta di 17 rinvii a giudizio di consiglieri comunali per la stipula “a perdere” della
convenzione fra il comune di Orvieto e la società SAO (gestore della discarica). L’inchiesta è stata archiviata per
un vizio di forma. Dopo tre anni a seguito di un altro esposto riguardante il mutuo aperto dall’amministrazione
comunale per completare la discarica vengono indagati 23 politici del comune e della provincia per abuso di
ufficio e truffa. Oggi questa mega discarica in Umbria vizia tutta la partita di gestione dei rifiuti: se la raccolta
differenziata entra a regime vero e i rifiuti della Campania sono scomodi, come fa a reggersi in piedi
economicamente?

Maggio 1997, Impianto inceneritore ad Orvieto


Il comune di Orvieto per agevolare il ciclo regionale dei rifiuti, dopo la discarica, vuole anche un
termovalorizzatore provinciale e parzialmente regionale. A questa ipotesi insorgono alcuni vip tra cui la Tamaro
e Malerba. Legambiente si dichiara via stampa contraria perché già esiste a Terni un termovalorizzatore costato
alla Regione Umbria 20 miliardi e mai utilizzato e perché la localizzazione a tre Km da una città d’arte è folle.
Inoltre in Umbria all’epoca, la raccolta differenziata era inesistente. L’impianto ad Orvieto non è stato fatto, ma
il problema della termovalorizzazione rimane uno dei punti caldi del piano rifiuti.

Agosto 1999, Riciclaggio gomme a Montone (PG)


Alcuni cittadini insorgono per un impianto di riciclaggio pneumatici non a norma. Legambiente interviene via
stampa e sollecita controlli, soprattutto perché si verificano incendi che sprigionano polveri in tutta l’area
intorno. Il comune indice un’assemblea pubblica sulla questione e si avvia un accordo per il controllo della
sicurezza dell’azienda.

Settembre 2000, Recupero inerti, Aree terremotate dell’Umbria


A tre anni dal terremoto, dopo numerosi comunicati stampa e documenti inviati alla regione, Legambiente
promuove un convegno/vertenza ed un seminario per tecnici dell’edilizia per sottolineare i danni ambientali
causati dalla ricostruzione post-terremoto per il mancato recupero degli inerti. I cantieri aperti sono documentati
in un dossier fotografico curato dal Circolo di Nocera Umbra: cumuli di inerti (montagne) ormai inutilizzabili
perché non selezionati a monte e contemporaneamente ricerca di nuovi materiali (incremento di attività di cava
anche in alveo!). Oggi l’Umbria ha un regolamento per il recupero degli inerti in edilizia, ma ormai è troppo
tardi per una ricostruzione più sostenibile.

Giugno 2003, Traffico illecito di rifiuti speciali, Trevi, Giano, Foligno (PG)
Costituzione di parte civile nel processo sul traffico illecito di rifiuti speciali nella zona di Trevi. L’operazione
denominata Greenland è stata compiuta dal nucleo ecologico dei Carabinieri con il primo arresto per l’articolo
53bis del Ronchi, il nuovo delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, ed ha portato al rinvio a giudizio
di 52 persone in Umbria ed in altre regioni. Il processo è ancora in atto.

Veneto
Discarica abusiva di Riva acciai a Verona
Azienda industriale storica, è una acciaieria (è nata come Galtarossa all’inizio del 1900) che sorge ad 800 mt in
linea d’aria dal centro storico. E’ stata rilevata la presenza rilevante di diossine sui terreni circostanti la fabbrica
(zone residenziali), oltre al problema delle polveri e di altre sostanze inquinanti. L’azienda su esposto di
Legambiente è già stata condannata per discarica abusiva (lungo l’Adige sono stati smaltiti rifiuti pericolosi in
assenza di alcuna autorizzazione). Legambiente è parte civile nei processi e ha chiesto da tempo la
delocalizzazione dell’azienda in area più idonea. Su questa posizione ora vi è anche l’Amministrazione
comunale di Verona. L’azienda si pone sul piano del ricatto occupazionale.

Inceneritore Cologna Veneta


I pareri dell’Amministrazione comunale che hanno dato il via libera sono risultati falsi. Tutto è partito da un
esposto presentato da Legambiente. L’impianto nato per l’autoproduzione di energia per la ditta Ecoidea è stato
allargato e la Regione Veneto vuole inserirlo nel Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti urbani.
Legambiente si è costituita parte civile nel processo (la sua costituzione è stata accettata (ed è una delle prime
volte in Italia) su reati non ambientali, ma contro la pubblica amministrazione – molto interessanti le motivazioni
di accoglimento della costituzione).
Il processo penale si dovrebbe concludere il 22 ottobre con la condanna dell’ex sindaco e dell’ex segretario
comunale.

Impianto smaltimento rifiuti Sun oil


Impianto per lo smaltimento di rifiuti speciali e/o tossico nocivi sito nel comune di Sona (VR) autorizzato dalla
regione Veneto in un’area fragile da un punto di vista idrogeologico (zona di ricarica degli acquiferi) e mai
collaudato dove sono stati stoccati illegalmente 50.000 tonnellate di rifiuti. Legambiente ha più volte denunciato
la situazione, è parte civile nei processi penali.

Cava-discarica di Capri
Unico esempio di cava-discarica autorizzato in Veneto (la Legge Regionale sulle cave vieta questa possibilità).
E’ una discarica 2/B che riceve il “fluff” proveniente dalla ditta Rotamfer. Legambiente è riuscita con i propri
ricorsi al TAR ad impedire la trasformazione della discarica in 2C. E’ parte civile nei processi penali (ci sono già
stati alcuni patteggiamenti da parte degli imputati. Ha sollevato il problema della presenza di PCB (sostanze
altamente tossiche) nei terreni circostanti la discarica. Ha presentato un esposto (petizione) all’Unione Europea
che ha comportato il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea.

Attività del Circolo Athesis


Il circolo è impegnato nella verifica dell'insediamento di un impianto di rifiuti chimici a S. Urbano (Bassa
padovana) in concomitanza con l'aumento delle dimensioni del depuratore collegato al sito della discarica (tra le
più grandi del Veneto). Venerdì 8 p.v. ci sarà una assemblea - a cui il Circolo porterà un proprio contributo - sui
problemi di queste iniziative a S. Urbano.
A Badia stiamo monitorando la situazione creata dal depuratore comunale dopo la scoperta che la Sodea (società
di Polesine Acque) convogliava nottetempo nel depuratore - definito sotto utilizzato - fanghi e liquidi di
provenienza e di tipologia sconosciuta, sembra di nascosto rispetto alla stessa Amministrazione Comunale. La
scoperta è stata possibile a seguito degli odori che da qualche tempo esalavano nei dintorni del depuratore.
Le più recenti pronunce della Corte di Cassazione in materia di rifiuti.
a cura del Dott. Luca Ramacci.

Sez. 3, Sentenza n. 4702 del 19/01/2005 Ud. (dep. 09/02/2005 ) Rv. 230682 Presidente: Savignano G.
Estensore: Onorato P. Relatore: Onorato P. Imputato: Scipioni ed altro. P.M. Geraci V. (Conf.)
(Dichiara inammissibile, Trib. Verona, 6 Febbraio 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Pneumatici usati - Destinati alla
rigenerazione o ricopertura - Applicabilità dell'art. 14 del D.L. n. 138 del 2002 - Esclusione - Natura di rifiuti -
Sussistenza.

I pneumatici usati dei quali il detentore si disfa o che vende a terzi perchè siano riutilizzati previa rigeneratura
o ricopertura non rientrano nella deroga alla nozione di rifiuto di cui all'art. 14 del D.
L. 8 luglio 2002 n. 138, convertito con legge 8 agosto 2002 n. 178, atteso che i pneumatici sono in questo caso
destinati ad una operazione di recupero quale individuata dalla lettera R5 dell'Allegato C del decreto n. 22 del
1997, circostanza che esclude l'applicabilità della citata normativa.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legge 08/07/2002 num. 138 art. 14,
Legge 08/08/2002 num. 178

Massime precedenti Vedi: N. 32235 del 2003 Rv. 226156

Sez. 3, Ordinanza n. 2950 del 11/01/2005 Cc. (dep. 31/01/2005 ) Rv. 230675
Presidente: Papadia U. Estensore: Vitalone C. Relatore: Vitalone C. Imputato: Cogliandro. P.M.
D'Angelo G. (Conf.)

(Rigetta, Trib.Reggio Calabria, 13 Maggio 2004)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione di rifiuti non autorizzata - Reato di cui all'art.
51 del D.Lgs. n. 22 del 1997 - Nozione di gestione - Individuazione.

In tema di rifiuti, il concetto di gestione del rifiuto, di cui all'art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non va
inteso in senso imprenditoriale, ovvero come esercizio professionale dell'attività tipicizzata, ma in senso ampio,
comprensivo di qualsiasi contributo, sia attivo che passivo, diretto a realizzare una attività di raccolta,
trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione del rifiuto.
Italgiure Web

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 Massime precedenti Conformi: N. 21925 del

2002 Rv. 221959

Sez. 3, Sentenza n. 3333 del 21/12/2004 Ud. (dep. 01/02/2005 ) Rv. 230673 Presidente: Grillo C.
Estensore: Grillo C. Relatore: Grillo C. Imputato: Andrisano. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, App. Lecce, 8 Ottobre 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Deposito di più carcasse di veicoli - Di proprietà di terzi -
Deposito temporaneo - Configurabilità - Esclusione - Reato di cui all'art. 51, comma primo, D. Lgs. n. 22 del
1997 - Sussistenza.

In tema di gestione dei rifiuti, configura la violazione dell'art. 51, comma primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n.
22 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata) il deposito in area privata di più carcasse di autoveicoli di
proprietà di terzi ed in attesa di demolizione, giacché in tale caso non si verte né nella ipotesi di deposito
temporaneo, possibile solo nel luogo di produzione del rifiuto, né di stoccaggio, che integra un'attività di
smaltimento effettuabile in area abilitata e previa autorizzazione.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 902 del 1999 Rv. 212836, N. 1899 del 1999 Rv. 214512

Sez. 3, Sentenza n. 43946 del 21/09/2004 Ud. (dep. 11/11/2004 ) Rv. 230478
Presidente: Postiglione A. Estensore: Grillo C. Relatore: Grillo C. Imputato: Muzzupappa. P.M.
Passacantando G. (Conf.)

(Rigetta, Trib.Palmi, sez.dist. Cinquefrondi, 8 Maggio 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Residui di produzione - Riutilizzo quali concime agricolo
- Disciplina di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997 - Applicabilità - Fondamento.

In tema di gestione dei rifiuti, la riutilizzazione come concime agricolo del cosiddetto "pastazzo" di agrumi,
composto da buccia e polpa di agrumi residuati dalla loro lavorazione, non esclude lo stesso dal regime dei
rifiuti, atteso che sotto il profilo oggettivo rientra tra i residui di produzione e sotto il profilo soggettivo la
destinazione ad operazioni di smaltimento e di recupero rientra nell'ipotesi nella quale il detentore del rifiuto
abbia deciso di disfarsi dello stesso, in quanto tra le operazioni di recupero indicate nell'Allegato C del D.Lgs. 5
febbraio 1997 n. 22 è compresa quella di spandimento sul suolo a beneficio dell'agricoltura (R10).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legge 08/07/2002 num. 138,
Legge 08/08/2002 num. 178

Massime precedenti Vedi: N. 2125 del 2003 Rv. 223291

Sez. 3, Sentenza n. 48061 del 28/10/2004 Cc. (dep. 14/12/2004 ) Rv. 230473 Presidente: Papadia U. Estensore:
Postiglione A. Relatore: Postiglione A. Imputato: D'Agostino ed altro. P.M. Favalli M. (Conf.)
(Rigetta, App. Palermo, 23 Febbraio 2004)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione di rifiuti - Deposito incontrollato - Reato di cui all'art.
51, comma secondo, del D.Lgs. n. 22 del 1997 - Sospensione condizionale della pena -Subordinata agli
obblighi di bonifica e ripristino - Legittimità.

In tema di gestione dei rifiuti, la sospensione condizionale della pena può essere subordinata alla eliminazione
delle conseguenze dannose e pericolose del reato, da realizzarsi mediante bonifica e ripristino dello stato dei
luoghi, anche in caso di condanna per il reato di cui all'art. 51, comma secondo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n.
22 (abbandono o deposito incontrollato di rifiuti). (Nell'occasione la Corte ha precisato come la previsione
degli obblighi di bonifica e di ripristino previsti espressamente dal successivo comma terzo del citato art. 51, e
relativa alla diversa ipotesi di realizzazione o gestione di discarica abusiva, non escludono che tali obblighi
possano essere imposti in ipotesi criminose meno gravi).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 9057 del 2003 Rv. 224172

Sez. 3, Sentenza n. 44426 del 07/10/2004 Cc. (dep. 16/11/2004 ) Rv. 230469
Presidente: Zumbo A. Estensore: Squassoni C. Relatore: Squassoni C. Imputato: Vangi. P.M.
Favalli M. (Diff.)

(Rigetta, Trib. Prato, 8 Novembre 2002)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Realizzazione o gestione di discarica
abusiva - Confisca dell'area - Appartenenza a persona giuridica - Rilevabilità - Condizioni e limiti.

Con la sentenza di condanna, o di applicazione concordata della pena, per il reato di realizzazione o gestione di
discarica abusiva, di cui all'art. 51, comma terzo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, va disposta la confisca
dell'area sulla quale la discarica insisteva anche nel caso in cui la stessa appartenga ad una società, atteso che
quando l'attività illecita è posta in essere attraverso i propri organi rappresentativi, mentre a costoro sono
addebitabili le responsabilità per i singoli reati, le conseguenze patrimoniali ricadono sull'ente esponenziale in
nome e per conto del quale gli organi hanno agito, salvo che si dimostri che l'imputato abbia agito di propria
esclusiva iniziativa.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 17349 del 2001 Rv. 219698

Sez. 3, Sentenza n. 46992 del 09/11/2004 Ud. (dep. 03/12/2004 ) Rv. 230424
Presidente: Zumbo A. Estensore: Grassi A. Relatore: Grassi A. Imputato: Giovannoni. P.M.
Passacantando G. (Parz. Diff.)

(Annulla senza rinvio, Trib.Como sez.dist.Menaggio, 17 Marzo 2004)

515002 BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - DETURPAMENTO - Configurabilità -Alterazione


dello stato dei luoghi con effetto permanente - Fatto deturpante successivo ad altri -Ammissibilità - Obbligo di
motivazione - Fattispecie relativa a deturpamento conseguente ad abbandono di rifiuti.

Per la sussistenza del reato di cui all'art. 734 cod. pen., non è necessario che l'alterazione del luogo protetto
abbia carattere primario, ma la condotta di deturpamento può anche essere successiva ad altri fatti, sempre
che il giudice motivi adeguatamente in ordine al verificarsi della permanente menomazione della situazione di
bellezza naturale attribuita al sito. (Nel caso di specie, la Suprema Corte, pur ritenendo ammissibile il reato de
quo in caso di condotta successiva a ripetuti comportamenti di illecito abbandono di rifiuti, ha annullato senza
rinvio la sentenza di condanna, perché il giudice del merito non aveva dato congrua motivazione in ordine alla
concreta idoneità causale della condotta di deturpamento).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 734, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 2

Massime precedenti Vedi: N. 9233 del 1995 Rv. 202449, N. 11517 del 1995 Rv. 203010, N. 11773 del 1998 Rv.

212174, N. 11716 del 2001 Rv. 221203, N. 40267 del 2002 Rv. 222964 Massime precedenti Vedi Sezioni Unite:

N. 248 del 1993 Rv. 193416, N. 72 del 1994 Rv. 195623

Sez. 3, Sentenza n. 46680 del 12/10/2004 Ud. (dep. 01/12/2004 ) Rv. 230421 Presidente: Papadia U. Estensore:
Gentile M. Relatore: Gentile M. Imputato: Falconi ed altri. P.
M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Grosseto, 12 Giugno 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Nozione di rifiuto -


Applicabilità dell'art. 14 D.L. 8 luglio 2002, n.138 - Condizioni.

I residui delle atttività di demolizioni edili costituiscono rifiuti speciali ex art. 7 D.Lgs. n 22 del 1997, salvo non
sia provato che essi sono destinati ad essere riutilizzati, secondo quanto previsto dall'art. 14 D.L. 8 luglio 2002,
n. 138, e cioè risulti certa: a) l'individuazione del produttore e/o detentore dei materiali, b) la provenienza degli
stessi, c) la sede ove sono destinati, d) il loro riutilizzo in un ulteriore ciclo produttivo.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7 com. 3 lett. B, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1 lett. A, Decreto Legge 08/07/2002 num. 138 art. 14, Legge 08/08/2002
num. 178

Massime precedenti Vedi: N. 13114 del 2003 Rv. 224721, N. 32235 del 2003 Rv. 226156

Sez. 3, Sentenza n. 30351 del 09/06/2004 Cc. (dep. 13/07/2004 ) Rv. 230357
Presidente: Papadia U. Estensore: De Maio G. Relatore: De Maio G. Imputato: Giardino. P.M.
Izzo G. (Conf.)

(Rigetta, Trib. Libertà Napoli, 26 Febbraio 2004)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Attività di smaltimento con autorizzazione scaduta -
Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. 22 del 1997 - Sussistenza - Procedura di rinnovo in corso -Irrilevanza.

Risponde del reato di cui all'art. 51 D.Lgs. 22 del 1997 il titolare di una attività di giardinaggio la cui società
non risulta iscritta nell'albo nazionale delle imprese esercenti servizio di smaltimento rifiuti per essere
l'autorizzazione scaduta, non rilevando che quest'ultima sia in attesa di rinnovo.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 2

Massime precedenti Vedi: N. 1019 del 1991 Rv. 186386, N. 8542 del 1994 Rv. 199687

Sez. 3, Ordinanza n. 30342 del 19/05/2004 Cc. (dep. 13/07/2004 ) Rv. 230356
Presidente: Savignano G. Estensore: Grillo C. Relatore: Grillo C. Imputato: Franciosa. P.M.
Izzo G. (Parz. Diff.)

(Dichiara inammissibile, Trib.Ries. Brindisi, 9 Febbraio 2004)


614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Attività di raccolta dei veicoli destinati al disuso -
Autorizzazione - Necessità - Mancanza - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs n. 22 del 1997 - Sussistenza.

L'attività di recupero e di trasporto dei veicoli destinati al disuso rientra in quella di gestione dei rifiuti e
necessita, pertanto, dell'autorizzazione prevista dall'art. 28 D.Lgs. 22 del 1997, in mancanza della quale è
configurabile il reato di cui all'art. 51 del D.Lgs. citato. (Nella specie, la Corte ha evidenziato che i veicoli fuori
uso figurano nell'elenco comunitario dei rifiuti pericolosi a seguito delle modifiche al Catalogo Europeo dei
Rifiuti introdotte dalla decisione 22/1/2001 n. 119 CE).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 28, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 46,
Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 902 del 1999 Rv. 212836, N. 1899 del 1999 Rv. 214512, N. 27282 del 2004 Rv.
229008

Sez. 3, Sentenza n. 41775 del 05/10/2004 Ud. (dep. 27/10/2004 ) Rv. 230335 Presidente: Papadia U.
Estensore: Teresi A. Relatore: Teresi A. Imputato: Castiglia. P.M. Iacoviello FM. (Parz. Diff.)
(Rigetta, App. Lecce s.dist. Taranto, 15 Aprile 2004)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Deposito di autoveicoli e motoveicoli sottoposti a sequestro -


Discarica abusiva di rifiuti - Configurabilità - Condizioni.

L'attività di custodia di autoveicoli e motoveicoli in sequestro non configura attività di realizzazione e gestione
di discarica, in quanto detti beni non sono destinati all'abbandono, sempre che non si abbia disordinato
spargimento sul terreno di carcasse di autoveicoli in pessime condizioni, di pneumatici ed altro materiale
carbonizzato, e conseguente trasformazione dei veicoli sequestrati in rifiuti inquinanti destinati in via obiettiva
all'abbandono, tale da costituire una discarica con una situazione di assoluto degrado ambientale dell'area.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 1899 del 1999 Rv. 214512, N. 414 del 2000 Rv. 216451, N. 16249 del 2002 Rv.
221568
Sez. 3, Sentenza n. 35710 del 22/06/2004 Ud. (dep. 31/08/2004 ) Rv. 229562
Presidente: Papadia U. Estensore: Piccialli L. Relatore: Piccialli L. Imputato: Carbone. P.M.
D'Angelo G. (Parz. Diff.)

(Rigetta, Trib. Asti, 24 Gennaio 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti da parte di
titolari di imprese e responsabili di enti - Provenienza dei materiali dall'esercizio di attività di raccolta, recupero,
smaltimento, commercio o intermediazione di rifiuti - Necessità - Esclusione.

Ai fini della configurabilità del reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti da parte di titolari di
imprese e responsabili di enti, quale previsto dall'art. 51, comma secondo, del D.L.vo 2 febbraio 1997 n. 22, non
è richiesto che trattisi di materiali provenienti da attività di raccolta, recupero, smaltimento, commercio o
intermediazione di rifiuti, la cui abusiva effettuazione costituisce l'autonomo e diverso reato previsto dal comma
primo del citato art. 51, collegato a quello di cui al comma secondo solo sotto il profilo del trattamento
sanzionatorio e non anche per la parte precettiva.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 2 Massime precedenti Vedi: N. 11951
del 1999 Rv. 215520, N. 39949 del 2003 Rv. 226577, N. 42377 del 2003 Rv. 226585, N. 9544 del 2004 Rv.
227570

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 40618 del 22/09/2004 Ud. (dep. 19/10/2004 ) Rv. 230181 Presidente: Dell'Anno
P. Estensore: Onorato P. Relatore: Onorato P. Imputato: Bassi ed altro.
P.M. Passacantando G. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. Prato, 20 Dicembre 2002)

609005 REATO - CAUSALITÀ (RAPPORTO DI) - OBBLIGO GIURIDICO DI IMPEDIRE L'EVENTO -


Posizione di garanzia - Titolarità da parte del committente dei lavori edili e del direttore dei lavori in relazione
alle norme in materia di smaltimento dei rifiuti - Esclusione.

In materia di rifiuti, il committente dei lavori edili e il direttore dei lavori non possono essere ritenuti
responsabili a titolo di concorso con l'appaltatore per la raccolta e lo smaltimento abusivi dei rifiuti non
pericolosi connessi all'attività edificatoria: infatti nessuna fonte legale, né scaturente da norma extrapenale
(ossia ricavabile dalle disposizioni del D.Lgs. n. 22 del 1997), né da contratto, pone in capo a tali soggetti
l'obbligo di garanzia in relazione all'interesse tutelato ed il correlato potere giuridico di impedire che
l'appaltatore commetta il reato di abusiva gestione dei rifiuti.

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 40 com. 2, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 2

Massime precedenti Conformi: N. 4957 del 2000 Rv. 215945, N. 15165 del 2003 Rv. 224706

Massime precedenti Difformi: N. 4957 del 2000 Rv. 215944

Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215942, N. 4957 del 2000 Rv. 215943

Sez. F, Sentenza n. 44274 del 13/08/2004 Ud. (dep. 12/11/2004 ) Rv. 230173 Presidente: Rossi B. Estensore:
Franco A. Relatore: Franco A. Imputato: Preziosi. P.M. Albano
A. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, App. Milano, 7 Aprile 2004)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Realizzazione e gestione di discarica abusiva e stoccaggio di


rifiuti tossici non autorizzato - Possibile concorso del propietario del fondo mediante omissione - Requisiti -
Sussistenza dell'obbligo giuridico di impedire l'evento - Necessità.

I reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata e stoccaggio di rifiuti tossici non possono
consistere nel mero mantenimento della discarica o dello stoccaggio realizzati da terzi estranei nel fondo di
proprietà, salvo che risulti integrata una condotta concorsuale mediante condotta omissiva, nei casi in cui il
soggetto aveva l'obbligo giuridico di impedire la realizzazione od il mantenimento dell'evento lesivo.

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 40 com. 2, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 2

Massime precedenti Conformi: N. 1072 del 1992 Rv. 189149, N. 12431 del 1995 Rv. 203332, N. 8944 del
1997 Rv. 208624, N. 7241 del 1999 Rv. 213699, N. 32158 del 2002 Rv. 222420

Massime precedenti Difformi: N. 163 del 1995 Rv. 200961

Massime precedenti Vedi: N. 9682 del 1996 Rv. 206469, N. 16016 del 2003 Rv. 224249

Massime precedenti Conformi Sezioni Unite: N. 12753 del 1994 Rv. 199385
Sez. 3, Sentenza n. 26851 del 05/05/2004 Cc. (dep. 15/06/2004 ) Rv. 230102 Presidente: Savignano G.
Estensore: Lombardi AM. Relatore: Lombardi AM. Imputato: Milone ed altri. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Rigetta, Trib.Ries. Bari, 22 Dicembre 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Scarti di macellazione - Disciplina applicabile -Normativa


generale sui rifiutidi cui al D.Lgs. n. 22 del 1997 - Esclusione - Disposizioni di cui al D. Lgs. n. 508 -
Fondamento.

La materia dei rifiuti di origine animale è disciplinata dal D.Lgs. 14 dicembre 1992 n. 508 (attuativo della
Direttiva 90/667/CEE) e, pertanto, le attività di smaltimento e trasporto degli scarti da macellazione sono
sottratte, in virtù del principio di specialità, alla disciplina generale in tema di
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rifiuti contenuta nel D.Lgs. n. 22 del 1997.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 14/12/1992 num. 508, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22

art. 30

Massime precedenti Conformi: N. 29236 del 2003 Rv. 225419

Massime precedenti Difformi: N. 8520 del 2002 Rv. 221273

Edita
Sez. 3, Sentenza n. 11870 del 10/12/2003 Ud. (dep. 12/03/2004 ) Rv. 230101

Presidente: Zumbo A. Estensore: Onorato P. Relatore: Onorato P. Imputato: Giora ed altri. P.

M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Mantova, 13 Febbraio 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Danno ambientale - Soggetti
responsabili - Responsabilità - Art. 18 legge n. 349/1996 - Applicabilità nei rapporti di regresso tra i

condebitori.

In tema di reati ambientali, la norma contenuta nel comma 7 dell'art. 18 della legge 349 del 1986, secondo la
quale nei casi di concorso nello stesso evento di danno ciascuno risponde nei limiti della
condebitori, ponendosi come deroga al principio generale della responsabilità solidale di cui all'art.
2055 cod. civ.

propria responsabilità individuale, disciplina esclusivamente i rapporti interni di regresso tra i

Riferimenti normativi: Cod. Civ. art. 2055, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST
PENDENTE, Legge 08/07/1986 num. 349 art. 18

Edita Sez. 3, Sentenza n. 11870 del 10/12/2003 Ud. (dep. 12/03/2004 ) Rv. 230100 Presidente: Zumbo A.
Estensore: Onorato P. Relatore: Onorato P. Imputato: Giora ed altri. P.
M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Mantova, 13 Febbraio 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Ordinanza del sindaco che dispone la pulizia, il ripristino ed il
mantenimento in buone condizioni ambientali di uno stabilimento per la lavorazione e la trasformazione dei
rifiuti - Inosservanza - Reato di omessa bonifica dei siti - Sussistenza -Configurabilità del reato di cui all'art. 650
cod. pen. - Esclusione - Ragioni.

Èconfigurabile la contravvenzione di cui all'art. 650 cod. pen. a carico del legale rappresentante di una società
destinata alla trasformazione delle polveri di abbattimento fumi prelevate presso le acciaierie il quale non abbia
ottemperato alle ordinanze del sindaco che imponevano la pulizia, il ripristino ed il mantenimento in buone
condizioni ambientali dello stabilimento. (Nella specie, la Corte ha escluso la natura sussidiaria della
menzionata contravvenzione rispetto al reato di omessa bonifica dei siti, di cui all'art. 51 bis D.Lgs. n. 22/1997,
evidenziando che non rientra nella struttura dell'art. 650 cod. pen. la condotta inquinante che, invece,
rappresenta presupposto o elemento materiale della contravvenzione speciale in materia di rifiuti).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 650, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 17, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 51 bis

Massime precedenti Vedi: N. 9781 del 1996 Rv. 205964, N. 8827 del 1998 Rv. 181623

Sez. 3, Sentenza n. 42212 del 29/09/2004 Cc. (dep. 28/10/2004 ) Rv. 230078
Presidente: Dell'Anno P. Estensore: Petti C. Relatore: Petti C. Imputato: De Flammineis. P.M.
Consolo S. (Conf.)

(Qualifica appello il ricorso, Trib.Ries. Bari, 16 Febbraio 2004)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Deposito temporaneo -


Condizioni - Stoccaggio - Individuazione.

In tema di gestione dei rifiuti, il raggruppamento degli stessi nel luogo di produzione non è soggetto ad
autorizzazione ove contenuto nel limite temporale dell'anno ed in quelli quantitativi previsti dall'art. 6 del
D.Lgs. n. 22 del 1997, integrando diversamente l'ipotesi di deposito incontrollato punito ex art. 51, comma
secondo, del citato decreto n. 22; diversamente ove il deposito avvenga in luogo diverso da quello di produzione
si configura uno stoccaggio solo se riguarda rifiuti destinati allo smaltimento o al recupero ex art. 6, comma
primo lett. l), del decreto n. 22.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 20780 del 2002 Rv. 221883, N. 9057 del 2003 Rv. 224172
Sez. 3, Sentenza n. 42212 del 29/09/2004 Cc. (dep. 28/10/2004 ) Rv. 230077
Presidente: Dell'Anno P. Estensore: Petti C. Relatore: Petti C. Imputato: De Flammineis. P.M.
Consolo S. (Conf.)

(Qualifica appello il ricorso, Trib.Ries. Bari, 16 Febbraio 2004)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Stoccaggio - Autorizzazione -Necessità -
Limiti temporali di deposito - Superamento - Reato di gestione di discarica non autorizzata - Configurabilità.

In tema di gestione dei rifiuti, l'attività di stoccaggio, consistente nel deposito preliminare ai fini dello
smaltimento, oltre a richiedere la preventiva autorizzazione non deve protrarsi oltre un anno per i rifiuti
destinati allo smaltimento ed oltre tre anni per quelli destinati a trattamento e recupero, atteso che il
superamento di detti limiti temporali configura il reato di gestione di discarica non autorizzata.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 13/01/2003
num. 36 art. 2

Massime precedenti Vedi: N. 2662 del 2004 Rv. 227219

Sez. 2, Sentenza n. 39672 del 02/07/2004 Ud. (dep. 11/10/2004 ) Rv. 230055
Presidente: Lacanna P. Estensore: Di Jorio G. Relatore: Di Jorio G. Imputato: Gangemi. P.M.
Viglietta G. (Conf.)

(Rigetta, App. Reggio Calabria, 11 Dicembre 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Reato di realizzazione o gestione di
discarica abusiva - Concorso con il reato di invasione di terreni o edifici - Ammissibilità.

È configurabile il concorso del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata con il reato di
invasione di terreni o edifici pubblici.
Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 632, Cod. Pen. art. 633, Cod. Pen. art. 639, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 art. 51
Annotata Sez. 6, Sentenza n. 30373 del 18/03/2004 Cc. (dep. 13/07/2004 ) Rv. 229946 Presidente: Sansone L.
Estensore: Mannino S. Relatore: Mannino S. Imputato: P.M. in proc. Ostuni. P.M. Cedrangolo O. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Ries. Bari, 28 Luglio 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Reato di cui all'art. 53 bis D.Lgs. n. 22 del 1997 -Elementi
costitutivi - Ingente quantità di rifiuti - Nozione - Indicazione.

Nel reato di cui all'art. 53 bis D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti)
l'elemento costitutivo della ingente quantità non può essere desunto nè automaticamente dalla stessa
organizzazione e continuità dell'attività di gestione dei rifiuti, nè, nell'ipotesi di traffico illecito di rifiuti eseguito
in una discarica autorizzata, dal rapporto tra il quantitativo di rifiuti gestiti illecitamente e l'intero quantitativo
di rifiuti trattati nella discarica, dovendosi in tal caso far riferimento al dato oggettivo della mole dei rifiuti non
autorizzati abusivamente gestiti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 53 bis COST PENDENTE

Annotata Sez. 6, Sentenza n. 30373 del 18/03/2004 Cc. (dep. 13/07/2004 ) Rv. 229945 Presidente: Sansone L.
Estensore: Mannino S. Relatore: Mannino S. Imputato: P.M. in proc. Ostuni. P.M. Cedrangolo O. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Ries. Bari, 28 Luglio 2003)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rapporti tra i reati di cui agli artt. 51 e 53 bis D.Lgs.
n. 22 del 1997 - Specialità - Esclusione - Concorso di reati - Sussistenza.

Tra il reato di cui all'art. 51 D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (gestione di rifiuti non autorizzata) e quello previsto
dal successivo art. 53 bis (organizzazione di traffico illecito di rifiuti) non è configurabile un rapporto di
specialità, sicchè il ricorso nella fattispecie concreta sia degli elementi formali dell'uno (mancanza di
autorizzazione) che quelli sostanziali dell'altro (allestimento di mezzi e di attività continuative organizzate), può
dar luogo al concorso di entrambi i reati ai sensi dell'art. 81 cod. pen.
Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 81 com. 1, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51,
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Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 53 bis COST PENDENTE Massime precedenti Vedi: N. 8426 del 2004

Rv. 227405

Sez. 3, Sentenza n. 39861 del 14/07/2004 Ud. (dep. 12/10/2004 ) Rv. 229938
Presidente: Savignano G. Estensore: Piccialli L. Relatore: Piccialli L. Imputato: Tezza. P.M.
Iacoviello FM. (Conf.)

(Dich. inf. quest. leg. cost., App. Venezia, 19 Dicembre 2003)

530110 CORTE COSTITUZIONALE - SINDACATO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE -


GIUDIZIO INCIDENTALE - QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE - LEGGI -Discariche
- Inosservanza delle prescrizioni - Trattamento sanzionatorio - Eccesso di delega -Manifesta infondatezza.

È manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 51, commi terzo e quarto, d.P.R. n.
22 del 1997, per eccesso di delega rispetto ai criteri direttivi in materia di trattamento sanzionatorio degli
illeciti contenuti nella legge delega n. 146 del 1994, nella parte in cui assoggetta a pena detentiva congiunta a
quella pecuniaria i comportamenti di mera inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazioni relative
alle discariche, in quanto la natura di reato di pericolo che palesemente riveste la realizzazione e la gestione di
una discarica abusiva, comporta che analoga natura debba essere attribuita anche a quelle condotte che,
rendendosi inosservanti delle condizioni e prescrizioni apposte ai provvedimenti autorizzativi, sono idonee a dar
luogo a danni all'ambiente o comunque ad aggravare i pregiudizi oltre i limiti previsti.

Riferimenti normativi: DPR 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 3, DPR 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 4,
Legge 22/02/1994 num. 146

Sez. 3, Sentenza n. 30127 del 27/05/2004 Ud. (dep. 09/07/2004 ) Rv. 229467 Presidente: Papadia U. Estensore:
Piccialli L. Imputato: Piacentino. P.M. Favalli M. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib.Ivrea, 25 giugno 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione di rifiuti - Materiali da demolizione e scavo


-Rifiuti speciali non pericolosi - Riutilizzo degli stessi senza il c.d. test di cessione di cui al D.M.5 febbraio
1998 - Reato di cui all'art. 51 D. Lgs. n. 22 del 1997 - Configurabilità.

I materiali provenienti da demolizione edilizia sono rifiuti speciali non pericolosi e possono essere riutilizzati
nello stesso od in diverso ciclo produttivo - ad esempio nelle opere di riempimento -previo preventivo "test di
cessione" degli stessi, in conformità al D.M. 5 febbraio 1998, in modo da non recare pregiudizio all'ambiente; in
assenza del mezionato test ogni recupero dei materiali cosiddetti risulta integra la contravvenzione di cui all'art.
51 , comma primo, lett. a ) del D.Lgs. n. 22 del 1997.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1 lett. A

Massime precedenti Vedi: N. 40237 del 2002 Rv. 225698, N. 37508 del 2003 Rv. 225929, N. 8424 del 2004
Rv. 227951

Sez. 3, Sentenza n. 35700 del 18/06/2004 Ud. (dep. 31/08/2004 ) Rv. 229391
Presidente: Vitalone C. Estensore: Lombardi AM. Imputato: Pinto. P.M. Iacoviello FM. (Parz.
Diff.)

(Rigetta, App.Bari, 9 giugno 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Amministrazione comunale -Gestione di
discarica successivamente alla scadenza della validità dell'ordinanza ex art. 13 D.Lgs. n. 22 del 1997 -
Attribuzione di compiti a dirigente dell'area tecnica - Sindaco - Profili di responsabilità
-Individuazione.

In tema di gestione dei rifiuti, la prosecuzione dell'attività di gestione di discarica in difetto di autorizzazione
successivamente alla scadenza della validità dell'ordinanza emessa dal sindaco ex art. 13 del D.Lgs. 5 febbraio
1997 n. 22, configura in capo a questi il reato di cui all'art. 51 del citato decreto n. 22 anche in presenza della
attribuzione di compiti in materia al dirigente dell'ufficio tecnico comunale, attesa la distinzione tra compiti di
gestione politica ed amministrativa nella organizzazione dell'ente e stante la riferibilità all'organo politico dei
compiti di organizzazione generale e di predisposizione dei mezzi occorrenti al corretto funzionamento dei
singoli settori di attività dell'ente.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 13

Massime precedenti Vedi: N. 8530 del 2002 Rv. 221261, N. 23855 del 2002 Rv. 222706

Sez. 3, Sentenza n. 38689 del 09/07/2004 Ud. (dep. 01/10/2004 ) Rv. 229629
Presidente: Dell'Anno P. Estensore: Sarno G. Relatore: Sarno G. Imputato: Frison. P.M. Izzo G.
(Conf.)

(Rigetta, App. Roma, 10 Aprile 2002)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti - Motori e
parti di veicoli - Verifica della effettiva percolazione - Necessità - Esclusione -Fondamento.

In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997
n. 22, abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo, non è necessario l'accertamento dell'attualità della
percolazione di sostanze liquide costituenti rifiuto, essendo sufficiente che questa costituisca, in una valutazione
che tenga conto del dato logico e dell'esperienza comune, una conseguenza inevitabile o altamente probabile,
atteso che la disposizione di cui al citato art. 14 costituisce una norma di chiusura che persegue la finalità di
impedire che per effetto della raccolta e dell'accumulo sul suolo di rifiuti possa derivare una danno
all'ambiente. (Fattispecie relativa al deposito di motori ed altre parti di veicoli in difetto di autorizzazione).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 14, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 50,
Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51
Sez. 3, Sentenza n. 38318 del 02/07/2004 Ud. (dep. 29/09/2004 ) Rv. 229624 Presidente: Papadia
U. Estensore: Lombardi AM. Relatore: Lombardi AM. Imputato: Pastorino. P.M. Albano A.
(Conf.)
(Rigetta, App. Genova, 8 Maggio 2002)

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Realizzazione e gestione di discarica non autorizzata -Differenze
- Quantitativo di rifiuti presente - Rilevanza - Esclusione.

In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di realizzazione di discarica in difetto di autorizzazione
l'allestimento di un'area con l'effettuazione di opere, quali spianamento del terreno, apertura di accessi,
sistemazione, perimetrazione o recinzione, mentre è configurabile la diversa ipotesi di gestione di discarica
abusiva allorchè sussiste una organizzazione, anche se rudimentale, di persone e cose diretta al funzionamento
della medesima, nè assume rilevanza in quest'ultima ipotesi il dato che il quantitativo di rifiuti presenti in loco
non risulti di particolare entità.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 4013 del 1997 Rv. 207613

Massime precedenti Vedi: N. 6796 del 2002 Rv. 221166

Sez. 3, Sentenza n. 36062 del 12/07/2004 Ud. (dep. 08/09/2004 ) Rv. 229484 Presidente: Vitalone C.
Estensore: Lombardi AM. Imputato: Tomasoni. P.M. Meloni V. (Conf.)
(Rigetta, App.Brescia, 22 dicembre 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Reato di realizzazione o gestione
di discarica abusiva - Nozione.

In tema di smaltimento di rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica
non autorizzata, punito dall'art. 51, comma terzo del D.Lgs. n. 22 del 1997, sono necessari sia una condotta
ripetuta nel tempo di accumulo di rifiuti in un'area, sia il degrado dell'area stessa, consistente nell'alterazione
permanente dello stato dei luoghi, requisito che è certamente integrato nel caso in cui sia consistente la quantità
di rifiuti depositati abusivamente.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 6796 del 2002 Rv. 221166

Sez. 3, Sentenza n. 36062 del 12/07/2004 Ud. (dep. 08/09/2004 ) Rv. 229483 Presidente: Vitalone C.
Estensore: Lombardi AM. Imputato: Tomasoni. P.M. Meloni V. (Conf.)
(Rigetta, App.Brescia, 22 dicembre 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Materiali provenienti da demolizioni -
Natura - Rifiuti speciali - Scarico ripetuto senza autorizzazione - Reato di realizzazione di discarica abusiva -
Configurabilità - Elementi.

I materiali provenienti da demolizioni edilizie costituiscono rifiuti speciali, a norma dell'art. 2, comma quarto,
n.3 del d.P.R 10 settembre 1982, n. 915; pertanto la destinazione di un area a centro di raccolta di tali rifiuti e
lo scarico ripetuto di essi, senza la prescritta autorizzazione, anche in mancanza di una specifica organizzazione
di persone e di mezzi, integra il reato di realizzazione e gestione di una discarica abusiva, previsto dalla
fattispecie di cui all'art. 51 , comma terzo del D.Lgs.
n. 22 del 1997, non essendo necessario il dolo specifico del fine di lucro o di guadagno.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 3, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 2 com. 4 n. 3 COST
ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 1654 del 1998 Rv. 209569, N. 16383 del 2002 Rv. 221331, N. 8424 del 2004 Rv.
227951, N. 19498 del 2004 Rv. 228458
Sez. 3, Sentenza n. 36061 del 12/07/2004 Ud. (dep. 08/09/2004 ) Rv. 229482 Presidente: Vitalone C.
Estensore: Grassi A. Imputato: Costantino. P.M. Meloni V. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Taranto, 12 maggio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Fanghi di depurazione -


Disciplina applicabile - Stoccaggio - Differenza con il deposito temporaneo.

La disciplina in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti si applica anche ai fanghi di depurazione. Ne
consegue che l'accumulo di una consistente quantità di detti fanghi nei letti di essiccamento del depuratore,
qualora risulti risalente nel tempo, costituisce attività di "stoccaggio" degli stessi, ossia un'attività di
smaltimento consistente in operazioni di deposito preliminare di rifiuti, nonché di recupero degli stessi,
consistente nella messa in riserva di materiali, non già un mero "deposito temporaneo", ossia un
raggruppamento di rifiuti, prima della loro raccolta, nel luogo di produzione,per il quale è necessario che le
successive operazioni di raccolta, recupero o smaltimento avvengano non oltre il successivo trimestre, ovvero il
materiale raccolto non superi i venti metri cubi.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1

Massime precedenti Vedi: N. 4007 del 1999 Rv. 213272, N. 1345 del 2000 Rv. 215679, N. 28484 del 2003 Rv.
225381

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 37879 del 22/06/2004 Ud. (dep. 24/09/2004 ) Rv. 229474 Presidente: Papadia U.
Estensore: De Maio G. Imputato: Frassy. P.M. D'Angelo G. (Conf.)
(Rigetta, App.Torino, 4 luglio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Deposito controllato -Configurabile solo
in caso di deposito temporaneo - Difetto di uno dei requisiti previsti dall'art. 6 lett. m) D.Lgs. 22 del 1997 -
Configurabilità del reato di cui all'art. 51.

In materia di deposito di rifiuti, perché un deposito possa dirsi controllato deve essere anche temporaneo,
ossia deve rispettare tutte le condizioni imposte dall'art. 6, lett. m.) del D.Lgs. n. 22 del 1997, che esige il
raggruppamento dei rifiuti, prima della raccolta, nel luogo della loro produzione ed il rigoroso controllo dei
tempi di giacenza, in ragione della natura e dei quantitativi; in difetto di uno di tali requisiti, il deposito è
incontrollato ed il fatto integra il reato di cui all'art. 51 comma secondo del citato decreto.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6 lett. M, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22
art. 51 com. 2

Massime precedenti Vedi: N. 21024 del 2004 Rv. 229226

Sez. 3, Sentenza n. 26923 del 04/05/2004 Ud. (dep. 16/06/2004 ) Rv. 229454 Presidente: Papadia U. Estensore:
Franco A. Imputato: P.M. in proc. Baglio. P.M. Iacoviello FM. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Gip Trib.Caltanissetta, 25 ottobre 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Registro delle imprese che effettuano la gestione dei
rifiuti - Pagamento dei diritti annuali di iscrizione - Omissione - Automatica sospensione dell'iscrizione al
registro - Sussistenza.

L'omesso o il ritardato versamento dei diritti annuali di iscrizione all'albo regionale o nel registro
provinciale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti ne comporta la automatica sospensione, con la
conseguenza che il soggetto o l'impresa che continua a svolgere la propria attività, dopo la scadenza del
termine per il relativo pagamento, commette il reato di cui all'art. 51 primo comma D.Lgs. 5 febbraio 1997 n.
22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 07/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1, Decreto Legisl.
07/02/1997 num. 22 art. 31 com. 5

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 28674 del 25/03/2004 Ud. (dep. 01/07/2004 ) Rv. 229293
Presidente: Vitalone C. Estensore: Onorato P. Imputato: Caracciolo. P.M. Passacantando G.
(Conf.)

(Rigetta, App.Lecce, 29 gennaio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Organi di governo locale -Delega di
funzioni ai dirigenti amministrativi dei comuni - Funzione del sindaco - Permanenza dei compiti di
programmazione, intervento e controllo - Fattispecie.

In tema di smaltimento dei rifiuti, anche a seguito della ripartizione di funzioni in base alle norme
dell'ordinamento degli enti locali - art. 107 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e successive integrazioni che ha
conferito ai dirigenti amministrativi autonomi poteri di organizzazione delle risorse - permane in capo al
sindaco sia il compito di programmazione dell'attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sia il potere di
intervento nelle situazioni con tingibili ed urgenti, sia il dovere di controllo sul corretto esercizio delle attività
autorizzate. (Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto il sindaco responsabile dell'apertura di una discarica non
autorizzata in un'area di proprietà comunale).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 40 com. 2, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto
Legisl. 18/08/2000 num. 267 art. 107 Massime precedenti Vedi: N. 2109 del 2000 Rv. 215527, N.
3878 del 2000 Rv. 216212, N. 8530 del 2002 Rv. 221261, N. 23855 del 2002 Rv. 222706, N. 34298
del 2002 Rv. 222505

Sez. 3, Sentenza n. 20679 del 11/03/2004 Cc. (dep. 04/05/2004 ) Rv. 229291 Presidente: Savignano G.
Estensore: Vangelista V. Imputato: Sangelli. P.M. Esposito V. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Foggia, 26 novembre 2003 ).

502000 ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Nozione di scarico e ambito di operatività della normativa sulla
tutela delle acque - Differenza con i rifiuti allo stato liquido - Disciplina dei rifiuti -Applicabilità - Deroga in
caso di recupero dei rifiuti reflui - Esclusione.

I rifiuti allo stato liquido sono costituiti da acque reflue di cui il detentore si disfa, senza versamento diretto,
avviandoli allo smaltimento, trattamento o depurazione a mezzo di trasporto, in quanto, a differenza degli
scarichi di reflui liquidi, non vengono convogliati in via diretta in corpi idrici ricettori; di conseguenza lo
smaltimento di tali rifiuti deve essere autorizzato, anche se il produttore intende destinarli al recupero. (Nel
caso di specie, la S.C. ha ritenuto che anche dopo l'entrata in vigore della disposizione di cui all'art. 14 legge
178/2002 sull'interpretazione autentica della nozione di rifiuto, sono da considerarsi rifiuti le acque di
lavorazione di un'industria di produzione del vetro, non convogliati direttamente nelle acque superficiali, nel
suolo o nel sottosuolo, mediante corpo recettore, ma fatti defluire ad altro stabilimento per essere riutilizzati in
altro ciclo produttivo).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. B, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 all. B art. 28, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 all. B art. 51 com. 1 lett. A, Decreto Legisl.
11/05/1999 num. 152 COST PENDENTE, Decreto Legge 08/07/2002 num. 138 art. 14, Legge 08/08/2002
num. 178

Massime precedenti Vedi: N. 1383 del 2000 Rv. 216061, N. 37562 del 2003 Rv. 226320

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 21024 del 25/02/2004 Ud. (dep. 05/05/2004 ) Rv. 229226 Presidente: Rizzo AS. Estensore:
Onorato P. Imputato: Eoli. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, App.Brescia, 19 febbraio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Differenza tra deposito


temporaneo, deposito preliminare o stoccaggio e deposito incontrollato.

In tema di deposito di rifiuti, si ha deposito temporaneo, come tale lecito, quando i rifiuti sono raggruppati, in
via temporanea ed alle condizioni previste dalla legge, nel luogo della loro produzione; si ha deposito
preliminare o stoccaggio, che richiede l'autorizzazione o la comunicazione in procedura semplificata, quando
non sono rispettate le condizioni previste dall'art. 6 lett. m) del D.Lgs. n. 22 del 1997 per il deposito temporaneo
di rifiuti; si ha invece deposito in controllato o abbandono di rifiuti, quando il raggruppamento di essi viene
effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori della sfera di controllo del produttore:
tale ultima condotta è sanzionata penalmente, se posta in essere da soggetti titolari di impresa o da responsabili
di enti, mentre è sanzionata in via amministrativa, quando sia effettuata da persone fisiche diverse da quelle
precedentemente indicate.

Riferimenti normativi: Legge 05/02/1997 num. 22 art. 51, Legge 05/02/1997 num. 22 art. 6

Massime precedenti Vedi: N. 12538 del 1998 Rv. 212165, N. 4007 del 1999 Rv. 213272
Sez. 3, Sentenza n. 21024 del 25/02/2004 Ud. (dep. 05/05/2004 ) Rv. 229225 Presidente: Rizzo AS. Estensore:
Onorato P. Imputato: Eoli. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, App.Brescia, 19 febbraio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Deposito temporaneo -


Condizioni.

In tema di smaltimento dei rifiuti è lecita l'operazione di "deposito temporaneo" di rifiuti, da intendersi come
raggruppamento di rifiuti effettuato nel luogo della loro produzione, prima della raccolta, ai sensi e sotto le
condizioni, anche di temporaneità, previste dall'art.6 lett. m) del D.Lgs. n. 22 del 1997; in caso di mancato
rispetto di una delle citate condizioni, il deposito temporaneo va qualificato come "deposito preliminare", o
stoccaggio, attività per la quale sono necessarie l'autorizzazione, o la comunicazione in procedura semplificata,
previste dal citato D.Lgs.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6
Massime precedenti Vedi: N. 7140 del 2000 Rv. 216977, N. 31128 del 2001 Rv. 220104, N. 20780 del 2002 Rv.
221883, N. 9057 del 2003 Rv. 224172

Sez. 3, Sentenza n. 27296 del 12/05/2004 Ud. (dep. 17/06/2004 ) Rv. 229062
Presidente: Dell'Anno P. Estensore: De Maio G. Imputato: Micheletti. P.M. Passacantando G.
(Conf.)

(Rigetta, App.Roma, 18 marzo 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Reato di realizzazione di


discarica non autorizzata - Elementi integrativi - Individuazione.
In tema di gestione di rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non
autorizzata, di cui all'art. 51, comma terzo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, è necessario l'accumulo, più o
meno sistematico ma comunque ripetuto e non occasionale, di rifiuti in un area determinata, la eterogeneità
dell'ammasso dei materiali, la definitività del loro abbandono ed il degrado, anche solo tendenziale, dello stato
dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 6796 del 2002 Rv. 221166

Sez. 3, Sentenza n. 33205 del 08/06/2004 Ud. (dep. 02/08/2004 ) Rv. 229011 Presidente: Postiglione
A. Estensore: Gentile M. Imputato: Cioffi. P.M. Albano A. (Conf.)
(Annulla in parte con rinvio, Trib. Napoli,15 marzo 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Attività di trasformazione del latte - Siero residuato -
Vendita - Attività di gestione di rifiuti - Autorizzazione - Necessità.

La vendita del siero residuato dall'attività di lavorazione del latte operata da un caseificio configura attività di
gestione dei rifiuti, ed ove svolta in difetto di autorizzazione, integra il reato di cui all'art. 51, comma primo, del
D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che il siero costituisce rifiuto ai sensi degli artt. 6 e 7 del citato decreto n.
22 trattandosi di residuo derivante dall'attività di lavorazione del prodotto (nella specie il latte).
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 28,
Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Sez. 3, Sentenza n. 33281 del 24/06/2004 Cc. (dep. 03/08/2004 ) Rv. 229010 Presidente:
Savignano G. Estensore: Novarese F. Imputato: Datola. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib. Catania, 21 novembre 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. n. 22 del
1997 - Confisca del mezzo di trasporto - Appartenente a terzo estraneo al reato - Condizioni -Limiti.

In tema di gestione di rifiuti, a seguito della condanna per il reato di trasporto di rifiuti in difetto di
autorizzazione, di cui all'art. 51 del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non è applicabile la confisca dei mezzi di
trasporto appartenenti a terzi estranei al reato a condizione che nei loro confronti non si individui la violazione
di obblighi di diligenza e che siano pertanto in buona fede, intesa, quest'ultima come assenza di condizioni che
rendano probabile a loro carico un qualsivogli addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell'uso
illecito della cosa e senza che esistano collegamenti, diretti o indiretti, ancorché non punibili, con la
consumazione del reato. (Nell'occasione la Corte ha ulteriormente precisato come incomba sul terzo che chiede
la restituzione del bene la dimostrazione rigorosa degli indicati presupposti).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 53 com. 2, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 4005 del 1998 Rv. 210500, N. 10900 del 2002 Rv. 221271

Massime successive: Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 27282 del 26/03/2004 Ud. (dep. 17/06/2004 ) Rv. 229008 Presidente: Vitalone C.
Estensore: Fiale A. Imputato: Celli. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Rieti, 18 dicembre 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Attività di raccolta di veicoli fuori uso - Finalizzata all'attività di
autoriparatore - Autorizzazione - Necessità - Assenza - Reato di cui all'art. 51 del D.Lgs.
n. 22 del 1997.

L'attività di raccolta di veicoli fuori uso costituisce attività di gestione di rifiuti anche se finalizzata
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155.html (24 di 151)23/09/2005 18.52.32
alla attività di autoriparatore, e se svolta in assenza di autorizzazione configura il reato di cui all'art. 51,
comma primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che anche a seguito della entrata in vigore del D.Lgs. 24
giugno 2003 n. 209, attuazione della Direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, il centro di raccolta deve
essere previamente autorizzato

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 46, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 27,
Decreto Legisl. 24/06/2003 num. 209

Massime precedenti Vedi: N. 10952 del 1998 Rv. 212045, N. 902 del 1999 Rv. 212836, N. 1899 del 1999 Rv.
214512

Sez. 3, Sentenza n. 19505 del 16/03/2004 Ud. (dep. 27/04/2004 ) Rv. 228885 Presidente: Zumbo A.
Estensore: Grassi A. Imputato: Ambrosi ed altro. P.M. Iacoviello F. (Parz. Diff.)
(Annulla in parte senza rinvio, App. Brescia, 9 luglio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Danno ambientale - Soggetti
responsabili - Individuazione - Ente comunale - Diritto al risarcimento - Sussistenza.

In tema di reati ambientali compete al Comune, quale ente territoriale, il diritto al risarcimento del danno
ambientale derivante dalla inosservanza delle disposizioni in tema di gestione di rifiuti, atteso che questo non
consiste soltanto in una compromissione dell'ambiente, ma altresì in una offesa alla personalità umana nella sua
dimensione individuale e sociale; inoltre tale risarcimento grava su tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di
produzione e smaltimento dei rifiuti, responsabili in solido tra loro.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Legge 08/07/1986 num. 349
art. 18

Massime precedenti Vedi: N. 22539 del 2002 Rv. 221879, N. 22539 del 2002 Rv. 221880
Sez. 3, Sentenza n. 21588 del 01/04/2004 Ud. (dep. 06/05/2004 ) Rv. 228798 Presidente: Papadia U. Estensore:
Piccialli L. Imputato: Ingrà ed altri. P.M. Albano A. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Firenze, 10 dicembre 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Detentore di rifiuti speciali - Consegna di rifiuti a terzi
autorizzati - Obbligo di verificare la sussistenza dell'autorizzazione - Sussistenza - Violazione -Responsabilità a
titolo di concorso in ordine al reato di cui all'art. 51 comma primo D.Lgs. n.22 del 1997 - Configurabilità.

Il detentore di rifiuti speciali non pericolosi (nella specie elettrodomestici usati, ceduti dai clienti in occasione
della vendita e consegna di nuovi) qualora non provveda ad affidare la raccolta, il trasporto e lo smaltimento
dei rifiuti a soggetti che gestiscono il servizio pubblico, può, ex art. 10 del D.Lgs. 22 del 1997, delegare tale
servizio ad altri soggetti privati affinché lo svolgano per suo conto, ma in tal caso ha l'obbligo di controllare che
gli stessi siano autorizzati alle attività di raccolta e smaltimento o recupero; qualora tale doverosa verifica sia
omessa, il detentore risponde a titolo di colpa, per inosservanza della citata regola di cautela imprenditoriale,
della contravvenzione di cui all'art. 51 comma primo del D.Lgs. n. 22 del 1997.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 10

Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215943, N. 157 del 2001 Rv. 218537, N. 16016 del 2003 Rv.
224249

Sez. 3, Sentenza n. 21576 del 11/03/2004 Ud. (dep. 06/05/2004 ) Rv. 228720
Presidente: Savignano G. Estensore: Squassoni C. Imputato: Moretto. P.M. Esposito V. (Parz.
Diff.)

(Annulla senza rinvio, Trib. Pordenone, 5 giugno 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Attività di raccolta e recupero di rifiuti non pericolosi
-Messa in riserva - Procedura semplificata - Applicabilità - Fattispecie relativa a materiale
proveniente da demolizione non destinato al riutilizzo.
In tema di stoccaggio e recupero di rifiuti non pericolosi, le operazioni di raccolta in un cantiere di materiale
proveniente da demolizione, non destinato ad alcun riutilizzo, costituiscono la cosiddetta messa in riserva,
regolamentata dal decreto ministeriale 5 febbraio 1998, sottoposta alla procedura semplificata di cui all'art.
33 del D.Lgs. n.22 del 1997; per tale attività non è necessaria l'autorizzazione, ma è sufficiente la tenuta dei
registri di carico e scarico e delle bolle di trasporto.
Italgiure Web

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33, DM Ambiente 05/02/1998 Massime

precedenti Vedi: N. 40237 del 2002 Rv. 225698

Sez. 3, Sentenza n. 25463 del 15/04/2004 Cc. (dep. 08/06/2004 ) Rv. 228689 Presidente: Papadia
U. Estensore: Squassoni C. Imputato: P.M. in proc. Bono. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Gip Trib.Torino, 6 agosto 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Reato di abbandono o deposito
incontrollato - Condizioni per la sua configurabilità - Reato di realizzazione o gestione di discarica -
Differenze.

In tema di smaltimento dei rifiuti, l'abbandono di rifiuti effettuato dal titolare di una impresa configura il reato
di cui all'art. 51, comma secondo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 anche se effettuato occasionalmente ed in
misura limitata, atteso che l'assenza di caratteristiche quantitative e di sistematicità costituisce esclusivamente
elemento di differenziazione del reato de quo da quello di realizzazione o gestione di una discarica non
autorizzata previsto dal comma terzo del citato articolo
51.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 31128 del 2001 Rv. 220104, N. 6796 del 2002 Rv. 221166
Sez. 3, Sentenza n. 23988 del 14/04/2004 Cc. (dep. 26/05/2004 ) Rv. 228688 Presidente: Savignano G.
Estensore: De Maio G. Imputato: Pesce. P.M. Consolo S. (Conf.)
(Rigetta, Trib.riesame Savona, 4 dicembre 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Traversine ferroviarie dismesse
- Interpretazione autentica di cui alla Legge n. 178 del 2002 - Nozione di rifiuto.

Le traversine in legno impregnate di olio di creosoto dismesse dall'ente ferroviario vanno qualificate quali
rifiuto ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 anche dopo l'entrata in vigore del decreto Legge 8
luglio 2002 n. 138, convertito con Legge 8 agosto 2002 n. 178, non sussistendo in ogni caso la fondamentale
condizione dell'assenza di pregiudizio per l'ambiente.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Legge 08/08/2002 num. 178,
Italgiure Web

Decreto Legge 08/07/2002 num. 138 Massime precedenti Vedi: N. 7466 del 2002 Rv. 221167

Sez. 2, Sentenza n. 10753 del 13/02/2004 Ud. (dep. 08/03/2004 ) Rv. 228633
Presidente: Morgigni A. Estensore: Morgigni A. Imputato: Laverone. P.M. Passacantando G.
(Parz. Diff.)

(Dichiara inammissibile, App. Milano, 8 maggio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Tenuta dei registri di carico e scarico in materia di rifiuti -
Inserimento di dati falsi - Configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 52 D.Lgs 22/97
-Esclusione - Violazione di cui all'art. 484 cod. pen. - Sussistenza.

In materia di rifiuti, inserire "false indicazioni", che non hanno quindi alcuna corrispondenza nella realtà, nei
registri di carico e scarico integra il reato di cui all'art. 484 cod. pen. ( Fattispecie in cui la Corte di
cassazione ha escluso l'applicabilità, in base al principio di specialità, dell'art. 52 del D. Lgs. N. 22/97 che
reprime con una sanzione pecuniaria la violazione degli obblighi di tenuta dei registri obbligatori di carico e
scarico, riferendosi tale norma alla tenuta dei registri "in modo incompleto" ovvero in modo "inesatto", cioè a
dati esistenti anche se non completi o esatti).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Cod. Pen. art. 484

Massime precedenti Vedi: N. 1089 del 1979 Rv. 141005, N. 10561 del 1992 Rv. 192127, N. 1134 del 2000 Rv.
216070

Sez. 3, Sentenza n. 22791 del 02/04/2004 Ud. (dep. 14/05/2004 ) Rv. 228615 Presidente: Savignano
G. Estensore: Piccialli L. Imputato: Armani. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Dichiara inammissibile, App. Firenze, 22 aprile 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Gestione - Inottemperanza all'ordinanza sindacale di


sgombero di deposito incontrollato di rifiuti - Soggetto attivo - Proprietario o possessore dell'immobile -
Giacenza non ascrivibile al soggetto destinatario dell'ordinanza - Irrilevanza.

In tema di smaltimento dei rifiuti, integra il reato omissivo punito dall'art. 50, comma secondo del D. Lgs. n.22
del 1997, la mancata osservanza dell'ordinanza sindacale emanata ai sensi dell'art. 14, comma terzo del citato
decreto, con la quale si intima al proprietario (o possessore) dell'immobile, ove risulta giacente un deposito
incontrollato di rifiuti, la rimozione degli stessi, senza che possa avere rilevanza il fatto che l'accumulo dei
rifiuti non sia ascrivibile al comportamento del destinatario dell'intimazione o risalga a tempi antecedenti
l'acquisto dell'immobile stesso.

Riferimenti normativi: Legge 05/02/1997 num. 22 art. 50 com. 2, Legge 05/02/1997 num. 22 art. 14

Massime precedenti Vedi: N. 20930 del 2001 Rv. 219012, N. 31003 del 2002 Rv. 222421
Edita Sez. 3, Sentenza n. 19578 del 20/04/2004 Ud. (dep. 28/04/2004 ) Rv. 228478 Presidente: Zumbo A.
Estensore: Grillo C. Imputato: PM in proc. Vishtak. P.M. Iacoviello FM. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib.Biella, 6 aprile 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Pneumatici usati - Procedura semplificata -Messa in
riserva - Nozione - Accatastamento - Esclusione.

I pneumatici usati, in quanto rifiuti speciali non pericolosi, possono essere avviati al recupero attraverso le
procedure semplificate di cui all'art. 33 del D.Lgs. 22 febbraio 1997, n. 22, il quale prevede l'avvio delle
operazioni decorso il termine di novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività. Il semplice
accatastamento di detti rifiuti non equivale alla "messa in riserva di rifiuti" e pertanto non determina la
violazione della disposizione indicata per l'inizio prematuro delle attività di recupero. (La Corte ha, al riguardo,
osservato che la messa in riserva, infatti, deve rispondere a determinate condizioni, previste dall'art. 6 del D.M.
5 febbraio 1997, quali lo stoccaggio separato dei rifiuti da altre materie prime presenti nell'impianto e
l'accatastamento su basamenti pavimentati
o impermeabilizzati; e specificamente per i pneumatici usati è anche richiesto il lavaggio, la triturazione e,
per i pneumatici non ricostruibili, la vulcanizzazione o la selezione delle carcasse.)

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33, DM Ambiente 05/02/1998 art. 6

Massime precedenti Vedi: N. 14762 del 2002 Rv. 221574, N. 36498 del 2002 Rv. 222916, N. 40237 del 2002
Rv. 225698, N. 16016 del 2003 Rv. 224249

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 19498 del 16/03/2004 Ud. (dep. 27/04/2004 ) Rv. 228458 Presidente: Zumbo A. Estensore:
Grassi A. Imputato: Favero. P.M. Iacoviello FM. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib. Padova, 11 maggio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Abbandono ripetuto di rifiuti da
demolizione - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. n. 22 del 1997 - Configurabilità.

L'abbandono non occasionale di rifiuti provenienti da attività di demolizione e ristrutturazione di immobili


integra, in difetto di autorizzazione, il reato di cui all'art. 51, comma primo, del decreto legislativo 5
febbraio 1997 n. 22 (gestione di rifiuti non autorizzata), in considerazione della ripetitività della condotta ed
indipendentemente dalla natura propria o meno dei rifiuti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 16383 del 2002 Rv. 221331

Massime precedenti Vedi: N. 16012 del 2003 Rv. 224481

Sez. 3, Sentenza n. 18347 del 11/03/2004 Ud. (dep. 21/04/2004 ) Rv. 228457 Presidente: Savignano G.
Estensore: Zumbo A. Imputato: P.M. in proc. Cravanzola. P.M. Esposito V. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib. Alba, 19 aprile 2001).

502000 ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Insediamento produttivo - Scarico da impianto di depurazione -


Smaltimento dei soli reflui del ciclo produttivo - Disciplina sui rifiuti - Applicabilità -Esclusione - Fondamento.

L'impianto di depurazione di un normale insediamento produttivo costituisce parte integrante del medesimo ed
ove limiti la propria funzione depurativa alle sole acque reflue del ciclo produttivo dà luogo ad uno scarico in
senso tecnico disciplinato dal decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, atteso che solo ove il collegamento fra
fonte di riversamento e corpo recettore sia interrotto si esula dal concetto di scarico ed i reflui vanno sottoposti
alla disciplina sui rifiuti di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 11/05/1999 num. 152 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 COST PENDENTE
Massime precedenti Conformi: N. 3628 del 2000 Rv. 215301

Sez. 3, Sentenza n. 16698 del 11/02/2004 Ud. (dep. 08/04/2004 ) Rv. 227956 Presidente: Rizzo
AS. Estensore: Zumbo A. Imputato: Barsanti. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Rigetta, Trib.Livorno, 11 marzo 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione - -Reato di cui
all'art. 51 del D. Lgs. n. 22 del 1997 - Natura di reato comune.

Il reato di attività di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione, previsto dall'art. 51 del decreto legislativo 5
febbraio 1997 n. 22, non ha natura di reato proprio integrabile soltanto da soggetti esercenti professionalmente
una attività di gestione di rifiuti, ma costituisce una ipotesi di reato comune che può essere pertanto commesso
anche da chi esercita attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una
attività primaria diversa.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 21925 del 2002 Rv. 221959

Sez. 3, Sentenza n. 16695 del 11/02/2004 Ud. (dep. 08/04/2004 ) Rv. 227955 Presidente: Rizzo
AS. Estensore: Onorato P. Imputato: Brignoli. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Bergamo, 26 ottobre 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina dei rifiuti - Fresato di asfalto proveniente da
disfacimento del manto stradale - Natura di rifiuto.

In tema di disciplina dei rifiuti, il fresato di asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale costruisce
rifiuto e come tale è sottoposto alla disciplina del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n.
22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 8,
Legge 21/12/2001 num. 443 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 12851 del 2003 Rv. 224475


Massime precedenti Difformi: N. 13114 del 2003 Rv. 224721
Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 8424 del 16/01/2004 Ud. (dep. 26/02/2004 ) Rv. 227951 Presidente: Papadia U.
Estensore: De Maio G. Imputato: Fiato. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
(Dichiara inammissibile, App. Catanzaro, 27 dicembre 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione di rifiuti - Materiali da demolizione e scavo


-Natura - Rifiuti speciali - Scarico ripetuto in difetto di autorizzazione - Reato di realizzazione di discarica
abusiva - Configurabilità.

I materiali provenienti da attività di demolizione o scavo costituiscono rifiuti speciali ai sensi dell'art. 7
del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22; conseguentemente lo scarico degli stessi attraverso una
condotta ripetuta, anche se non abituale e protratta per lungo tempo, configura il reato di realizzazione di
discarica non autorizzata di cui all'art. 51 del citato decreto n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Legge 08/08/2002 num. 178, Decreto
Legge 08/07/2002 num. 138 art. 14, Legge 21/12/2001 num. 443 art. 1 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 7430 del 2002 Rv. 221382, N. 16383 del 2002 Rv. 221331, N. 16012
del 2003 Rv. 224481

Massime precedenti Difformi: N. 37508 del 2003 Rv. 225929

Massime precedenti Vedi: N. 133 del 2001 Rv. 218369, N. 12851 del 2003 Rv. 224475, N. 13114 del 2003 Rv.
224721

Sez. 1, Sentenza n. 15066 del 10/03/2004 Cc. (dep. 29/03/2004 ) Rv. 227933 Presidente:
Teresi R. Estensore: Chieffi S. Imputato: Luci. P.M. Esposito V. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Taranto, 17 settembre 2003).

602004 REATI CONTRO L'ORDINE PUBBLICO - CONTRAVVENZIONI - CONCERNENTI


L'INOSSERVANZA DEI PROVVEDIMENTI DI POLIZIA - Legalità formale e sostanziale del provvedimento
dell'autorità - Competenza dell'organo all'emissione del provvedimento - Smaltimento di rifiuti - Provvedimento
assunto non dal Presidente della provincia, ma da un funzionario, in assenza di deleghe - Configurabilità del
reato - Insussistenza.

In tema di smaltimento di rifiuti, poiché il Presidente della Provincia è il solo organo preposto a disporre il
divieto di inizio o di prosecuzione delle operazioni di recupero dei rifiuti stessi, qualora il relativo
provvedimento sia emesso, in assenza di una specifica delega o di specifiche modalità stabilite dallo statuto o
dai regolamenti dell'ente, da un dirigente del settore ecologia di quest'ultimo, la sua inosservanza non configura
il reato previsto dall'art. 650 cod. pen.

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 650, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33

Massime precedenti Vedi: N. 7954 del 1996 Rv. 205585, N. 3747 del 1998 Rv. 210119, N. 6525 del 1998 Rv.
210764, N. 7025 del 2003 Rv. 223488

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 9544 del 11/02/2004 Ud. (dep. 02/03/2004 ) Rv. 227570 Presidente: Rizzo AS. Estensore:
Grillo C. Imputato: Rainaldi ed altro. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib.L'Aquila, 15 ottobre 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Deposito incontrollato - Reato di cui all'art.
51, comma secondo, del decreto n. 22 del 1997 - Soggetti attivi - Individuazione.

Il reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui all'art. 51, comma secondo, del decreto legislativo 5 febbraio
1997 n. 22, è ipotizzabile non soltanto in capo alle imprese o agli enti che effettuano una delle attività indicate
al comma primo del citato art. 51 (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di
rifiuti), ma a qualsiasi impresa, avente le caratteristiche di cui all'art. 2082 cod. civ., o ente, con personalità
giuridica o operante di fatto, atteso che il precedente riferimento alla attività di gestione dei rifiuti
originariamente previsto dal comma in questione risulta soppresso con legge 9 dicembre 1998 n. 426.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 2


Massime precedenti Vedi: N. 21925 del 2002 Rv. 221959
Sez. 3, Sentenza n. 4373 del 12/12/2003 Ud. (dep. 05/02/2004 ) Rv. 227563 Presidente: Zumbo A.
Estensore: Vangelista V. Imputato: Luise. P.M. Cesqui E. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Rovigo, 29 aprile 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Trasporto - Con mezzi diversi da quelli
comunicati - Reato di cui all'art. 51 del D.Lgs. n. 22 del 1997, Configurabilità.

Il trasporto di rifiuti effettuato con mezzi diversi da quelli indicati all'atto dell'iscrizione all'Albo delle imprese
che esercitano la gestione dei rifiuti, o comunque inidonei, configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 51, commi
primo e quarto, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che l'iscrizione è strettamente connessa alla categoria
di inquadramento ed ai mezzi di trasporto indicati.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 1492 del 2000 Rv. 217180

Edita Sez. 3, Sentenza n. 10662 del 14/11/2003 Cc. (dep. 05/03/2004 ) Rv. 227554 Presidente: Papadia U.
Estensore: Fiale A. Imputato: Min. della difesa. P.M. Iacoviello FM. (Conf.)
(Rigetta, Trib.La Spezia, 12 giugno 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina dei rifiuti - Beni e materiali dell'Amministrazione
della difesa - Dichiarati fuori uso - Natura di rifiuto - Impossibilità a rispettare le condizioni del deposito
temporaneo - Mancanza della autorizzazione - Reato di cui all'art. 51 del
D. Lgs. n. 22 del 1997 - Configurabilità.

In tema di gestione dei rifiuti, l'accumulo di beni e materiali dichiarati fuori uso, e dei quali pertanto il
detentore ha deciso di disfarsi, e/o di materiali, sostanze e beni compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi per i
quali sussiste l'obbligo di disfarsi, effettuato al di fuori delle garanzie, formali e sostanziali, di tutela imposte dal
D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, anche se non avente carattere di definitività, integra l'ipotesi di deposito
incontrollato di rifiuti previsto dall'art. 51, comma secondo, del citato decreto n. 22. (Fattispecie relativa a
deposito di materiali fuori uso e rottami dell'amministrazione della marina militare posti all'interno dell'area
militare stessa, e nella quale la Corte ha escluso che possa avere rilievo giustificativo dello sforamento dei
tempi richiesti dall'art. 6 lett. m) per qualificare il deposito quale temporaneo il rispetto delle disposizioni
regolamentanti il procedimento relativo all'alienazione di beni mobili dello Stato (di cui ai d.P.R. 5 giugno 1976
n. 1076 e 1077 e 13 febbraio 2001 n. 181), sul presupposto che ove tali procedure non rendano configurabile un
deposito temporaneo devono essere rispettate le disposizioni in tema di rifiuti relative all'obbligo di munirsi di
preventiva autorizzazione).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 20780 del 2002 Rv. 221883

Massime successive: Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 8426 del 23/01/2004 Ud. (dep. 26/02/2004 ) Rv. 227405
Presidente: Papadia U. Estensore: Grillo C. Imputato: Palumbo. (Conf.)
(Rigetta, Gip Trib.Modena, 22 maggio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Attività di raccolta di autoveicoli non in uso
- In difetto di autorizzazione - Reato di cui all'art. 51, comma primo, decreto n. 22 del 1997 - Configurabilità.

La attività di raccolta di autoveicoli fuori uso in assenza di autorizzazione configura il reato di cui all'art. 51,
comma primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (gestione di rifiuti non autorizzata), atteso che gli autoveicoli in
questione rientrano nel nuovo Catalogo Europeo dei Rifiuti quali rifiuti speciali prodotti da terzi, in parte anche
pericolosi.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51,
Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7

Massime precedenti Conformi: N. 902 del 1999 Rv. 212835


Massime precedenti Vedi: N. 1899 del 1999 Rv. 214512

Sez. 3, Sentenza n. 7746 del 27/11/2003 Ud. (dep. 24/02/2004 ) Rv. 227400
Presidente: Savignano G. Estensore: Fiale A. Imputato: Turati ed altro. P.M. D'Angelo G. (Parz.
Diff.)

(Rigetta, App.Milano, 15 ottobre 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Produttore e detentore di rifiuti -
Responsabilità - Condizioni - Individuazione.

In tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni
nazionali e comunitarie, gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo
dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione,
determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti commessi dai soggetti impegnati
nella gestione dei rifiuti. (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato la penale responsabilità
dell'amministratore unico di una società a responsabilità limitata per non avere impedito la realizzazione del
reato previsto dall'art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, avendola ritenuta obbligata all'osservanza delle
prescrizioni imposte dalla legge e dal provvedimento autorizzativo regionale, nella specie non integralmente
rispettato).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 art. 6 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 10 COST PENDENTE, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 2 COST PENDENTE

Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215943

Sez. 3, Sentenza n. 3978 del 14/11/2003 Cc. (dep. 03/02/2004 ) Rv. 227393 Presidente: Papadia U. Estensore:
Grillo C. Imputato: Balistreri. P.M. Iacoviello FM. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Gip Trib.Siracusa, 29 maggio 2003).
614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Petrolio grezzo - Sottoprodotti - Filter-cake -Natura di
rifiuto - Esclusione - Fondamento.

In tema di rifiuti, la parte inorganica di petrolio grezzo che si concentra a seguito della diminuzione della
componente organica per la sua trasformazione in combustibili pregiati (cosiddetti filter-cake), non ha natura di
rifiuto, atteso che dallo stesso si estraggono il vanadio ed il nichelio, e rappresenta il prodotto di un razionale
processo industriale.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legge 08/07/2002 num. 138, Legge
08/08/2002 num. 178
Massime precedenti Vedi: N. 32235 del 2003 Rv. 226156

Sez. 3, Sentenza n. 299 del 03/12/2003 Cc. (dep. 09/01/2004 ) Rv. 227220 Presidente:
Papadia U. Estensore: Grassi A. Imputato: Andrisano. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib. Potenza, 13 maggio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione di rifiuti - Realizzazione o gestione di discarica


abusiva - Sentenza di patteggiamento - Confisca dell'area - Proprietà da parte di società -Applicabilità -
Fondamento.

Con la sentenza di applicazione concordata della pena per il reato di realizzazione o gestione di discarica
abusiva, di cui all'art. 51 del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, deve essere disposta la confisca dell'area su cui la
stessa è stata realizzata anche nel caso in cui appartenga a soggetti, quali le società, sforniti di capacità penale,
atteso che allorché l'attività illecita è stata posta in essere da una persona giuridica attraverso i propri organi
rappresentativi, mentre a costoro farà carico la responsabilità penale per i singoli fatti di reato, ogni altra
conseguenza patrimoniale ricade sull'ente esponenziale in nome e per conto del quale la persona fisica ha agito,
con la sola esclusione dell'ipotesi di avvenuta rottura del rapporto organico per avere l'imputato agito di
propria esclusiva iniziativa.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 445, Legge
22/09/1988 num. 447 art. 445, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 444 COST ILLEGITTIMITÀ, Legge 22/09/1988
num. 447 art. 444 COST ILLEGITTIMITÀ
Massime precedenti Vedi: N. 2643 del 2000 Rv. 217567, N. 17343 del 2001 Rv. 219698

Massime successive: Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 2662 del 15/01/2004 Ud. (dep. 27/01/2004 ) Rv. 227219 Presidente: Vitalone
C. Estensore: Novarese F. Imputato: P.M. in proc. Zanoni. P.M. Passacantando G. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib.Trento, 24 aprile 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Reato di discarica abusiva -Natura di
reato permanente - Momento di cessazione della permanenza - Individuazione.

In tema di gestione dei rifiuti, il reato di cui all'art. 51, comma terzo, del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22,
realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, a seguito dell'entrata in vigore del D. Lgs. 13 gennaio
2003 n. 36, che ha recepito la direttiva 31/99/CE sulle discariche dei rifiuti, ha natura permanente sino al
decorrere di anni dieci dalla cessazione dei conferimenti ovvero con l'ottenimento dell'autorizzazione o la loro
rimozione.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 5, Decreto Legisl. 13/01/2003 num. 36, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Sez. 3, Sentenza n. 37 del 12/11/2003 Cc. (dep. 08/01/2004 ) Rv. 227064


Presidente: Savignano G. Estensore: Grillo C. Imputato: Aricci ed altro. P.M. Siniscalchi A.
(Conf.)

(Rigetta, Trib.riesame Bergamo, 22 maggio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Discarica - Concetto di gestione di discarica
- Individuazione.
Ai fini della configurabilità del reato di gestione di discarica in difetto di autorizzazione, di cui all'art. 51 del
D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, il concetto di gestione deve essere inteso in senso ampio, in modo da comprendere
qualsiasi contributo sia attivo che passivo diretto a realizzare o a tollerare lo stato di fatto che costituisce reato.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 1819 del 1999 Rv. 214079

Massime precedenti Vedi: N. 8468 del 1996 Rv. 206142

Sez. 3, Sentenza n. 47918 del 12/11/2003 Cc. (dep. 16/12/2003 ) Rv. 226896
Presidente: Savignano G. Estensore: Zumbo A. Imputato: Rosafio ed altri. P.M. Siniscalchi A.
(Conf.)

(Rigetta, Trib.Lecce, 18 marzo 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Traffico illecito di rifiuti -Sequestro
preventivo dell'intera azienda - Possibilità - Condizioni.

In tema di gestione dei rifiuti è legittimo il sequestro dell'intera azienda allorché vi siano i richiesti indizi che
anche soltanto taluno dei beni aziendali sia, per la sua collocazione strumentale, utilizzato per la consumazione
del reato, ne' osta a ciò il fatto che l'azienda in questione svolga anche normali attività imprenditoriali.
(Fattispecie relativa al sequestro preventivo di una azienda in corso di procedimento per violazione dell'art. 53
bis del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 - attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 53
bis COST PENDENTE, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 321, Legge 22/09/1988 num. 447 art.

Sez. 3, Sentenza n. 47904 del 29/10/2003 Cc. (dep. 16/12/2003 ) Rv. 226894 Presidente: Raimondi R.
Estensore: Piccialli L. Imputato: P.M. in proc. Martinengo. P.M. Pianura M. (Diff.)
(Rigetta, Trib.riesame Genova, 12 maggio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Riutilizzo dei sottoprodotti -Attività di
recupero ai sensi del decreto n. 22 del 1997 - Esclusione.

In tema di gestione dei rifiuti, le operazioni di macinazione di sottoprodotti di risulta del processo produttivo,
utilizzati parzialmente, unitamente ad altra materia prima, in un ulteriore ciclo produttivo, e per altra parte
immessi sul mercato, non configurano attività di recupero dei rifiuti, come tale sottoposta alla disciplina del
D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, ai sensi dell'Allegato C del citato decreto n. 22, attesa la finalità della
normativa nazionale e comunitaria in tema, ovvero l'esigenza di evitare l'accumulo o la dispersione
nell'ambiente delle sostanze derivanti dalle attività produttive favorendo il riutilizzo sul luogo di produzione.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Vedi: N. 2125 del 2003 Rv. 223291, N. 8755 del 2003 Rv. 224163, N. 32235 del

file:///C|/Documents and Settings/Abbruzzo Rosamaria/Desktop/CORSO FRANCESCO/Copia di Pagg.1


155.html (39 di 151)23/09/2005 18.52.33

Sez. 3, Sentenza n. 47432 del 05/11/2003 Ud. (dep. 11/12/2003 ) Rv. 226868
Presidente: Rizzo A. Estensore: Teresi A. Relatore: Rizzo A. Imputato: Bellesini ed altri. P.M.
Iacoviello F. (Conf.)

(Annulla in parte con rinvio, App.Venezia, 23 maggio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Responsabilità del titolare di azienda -
Fondamento - Individuazione.

In tema di rifiuti, la responsabilità per la attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al
profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i
doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta
gestione, e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell'azienda. (In applicazione di
tali principi la Corte ha ritenuto la responsabilità dei titolari di una impresa edile produttrice di rifiuti per il
trasporto e lo smaltimento degli stessi, con automezzo di proprietà della società, in assenza delle prescritte
autorizzazioni).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215942, N. 4957 del 2000 Rv. 215943, N. 39949 del 2003 Rv.
111111, N. 47432 del 2003 Rv. 111111

Sez. 3, Sentenza n. 42376 del 19/09/2003 Ud. (dep. 06/11/2003 ) Rv. 226642 Presidente: Papadia U.
Estensore: Lombardi AM. Imputato: Cerra. P.M. Hinna Danesi F. (Conf.)

(Rigetta, Trib. Arezzo, 21 ottobre 2002). 614001 SANITÀ

PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200207430 RV:221382 S

Riferimenti normativi: Legge 21/12/2001 num. 443 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.

05/02/1997 num. 22 art. 7

Massime precedenti Conformi: N. 7430 del 2002 Rv. 221382

file:///C|/Documents and Settings/Abbruzzo Rosamaria/Desktop/CORSO FRANCESCO/Copia di Pagg.1


155.html (40 di 151)23/09/2005 18.52.33

Massime successive: Vedi


Sez. 3, Sentenza n. 42377 del 19/09/2003 Ud. (dep. 06/11/2003 ) Rv. 226585 Presidente: Papadia U.
Estensore: Lombardi AM. Imputato: P.M. in proc. Sfrappini. P.M. Hinna Danesi F. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib.Macerata, 31 gennaio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Abbandono di rifiuti -Commesso da


titolari di imprese o di enti - Reato di cui all'art. 51, comma 2, D. L.gs. n. 22 del 1997 -Configurabilità.

In tema di gestione dei rifiuti, l'abbandono o il deposito incontrollato di rifiuti, ove effettuato dai titolari di
imprese o da responsabili di enti configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 51, comma 2, del decreto legislativo 5
febbraio 1997 n. 22, stante la previsione di salvezza delle disposizioni di cui al citato art. 51 contenuta nell'art.
50 dello stesso decreto, che in via generale punisce con sanzione amministrativa l'abbandono di rifiuti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 2, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 50 com. 1

Massime precedenti Vedi: N. 12034 del 1990 Rv. 185231

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 39949 del 26/06/2003 Ud. (dep. 22/10/2003 ) Rv. 226577 Presidente: Savignano G.
Estensore: Onorato P. Imputato: Copetti. P.M. Geraci V. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Tolmezzo, 6 giugno 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Legale rappresentante di società -
Reati di cui al D.L.gs. n. 22 del 1997 - Responsabilità per culpa in vigilando.

Il legale rappresentante di una società di capitale è responsabile del reato di cui all'art. 51, comma 2, del
decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, per avere effettuato il deposito incontrollato di rifiuti di demolizione,
atteso che questi risponde, almeno per culpa in vigilando, delle operazioni di gestione dei rifiuti compiute dai
dipendenti, salva la dimostrazione di una causa di esonero della responsabilità.

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155.html (41 di 151)23/09/2005 18.52.34

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Cod. Pen. art. 42 Massime

precedenti Vedi: N. 7430 del 2002 Rv. 221382, N. 22539 del 2002 Rv. 221878

Edita Sez. 3, Sentenza n. 38567 del 27/06/2003 Ud. (dep. 09/10/2003 ) Rv. 226574 Presidente: Savignano G.
Estensore: Vitalone C. Imputato: De Fronzo. P.M. Fraticelli M. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Taranto, 20 febbraio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Rifiuto - Interpretazione autentica
di cui alla legge n. 178 del 2002 - Acque di sentina - Natura di rifiuto - Sussistenza.

In materia di gestione dei rifiuti, anche dopo la entrata in vigore del d.l 12 giugno 2002 n. 162, convertito in
legge 8 agosto 2002 n. 178, di interpretazione autentica della nozione di rifiuto, le acque di sentina che
vengono raccolte e ritirate all'esito delle operazioni di pulizia delle navi costituiscono rifiuto, determinandosi
attività di recupero di cui all'allegato C del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legge 12/06/2002 num. 161,
Legge 08/08/2002 num. 178

Massime successive: Vedi


Edita

Sez. 3, Sentenza n. 37954 del 09/07/2003 Ud. (dep. 07/10/2003 ) Rv. 226399 Presidente: Toriello F.
Estensore: Grillo C. Imputato: Cangemi. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
(Annulla in parte con rinvio, App.Torino, 27 gennaio 2003).
614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento degli oli usati - Disposizioni di cui al D. L.vo n. 95
del 1992 - Sua abrogazione ad opera del D.L.vo n. 22 del 1997 - Negazione.

La attività di raccolta degli oli esausti è sottoposta alla disciplina dettata dal decreto legislativo 27 gennaio
1992 n. 95, attuativo delle direttive 75/439 e 87/101 CEE, e non è stata abrogata dal decreto legislativo 5
febbraio 1997 n. 22 sui rifiuti, le cui disposizioni non risultano applicabili se non, in forza della espressa
previsione dell'art. 14 del decreto n. 95, nella ipotesi in cui la sostanza in questione risulti avere in concreto le
caratteristiche intrinseche del rifiuto.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 27/01/1992 num. 95, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art.

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155.html (42 di 151)23/09/2005 18.52.34

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 37562 del 25/06/2003 Ud. (dep. 03/10/2003 ) Rv. 226320 Presidente: Toriello F. Estensore:
Postiglione A. Imputato: Malpignano. P.M. Iacoviello F. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. Brindisi, 4 giugno 2002).

502000 ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Scarichi da frantoi oleari - Disciplina di cui alla legge 574 del
1996 - Condizioni - Individuazione.

Le acque di vegetazione residuate dalla lavorazione meccanica delle olive possono essere oggetto di
utilizzazione agronomica (ai sensi dell'art. 1 della Decreto Legge 11 novembre 1996 n. 574), attraverso l
spandimento controllato su terreni adibiti ad uso agricolo, e previa autorizzazione sindacale, non rientrando,
pertanto, nella disciplina sui rifiuti di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, a condizione che non
abbiano subito alcun trattamento, ne' ricevuto alcun additivo ad eccezione della acque per la diluizione della
pasta ovvero per la lavatura deli impianti.

Riferimenti normativi: Legge 11/11/1996 num. 574 art. 1 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.
11/05/1999 num. 152 art. 28, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE
Massime precedenti Conformi: N. 12946 del 1998 Rv. 212422

Massime precedenti Vedi: N. 425 del 2000 Rv. 215161, N. 26614 del 2002 Rv. 222121, N. 10626 del 2003 Rv.
224343, N. 10626 del 2003 Rv. 224344

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 32235 del 06/06/2003 Ud. (dep. 31/07/2003 ) Rv. 226156 Presidente:
Vitalone C. Estensore: Postiglione A. Imputato: Agogliati e altri. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib.riesame Genova, 21 novembre 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Nuove disposizioni di cui alla legge
n. 178 del 2002 - Rifiuto - Nozione.

A seguito della entrata in vigore del D.L. 8 luglio 2002 n. 138, convertito con legge 8 agosto 2002 n. 178, non
rientrano nella nozione di rifiuto i beni, anche se abbiano subito un trattamento preliminare, il cui riutilizzo sia
non solo eventuale ma certo.

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155.html (43 di 151)23/09/2005 18.52.34
Riferimenti normativi: Decreto Legge 08/07/2002 num. 138 art. 14, Legge 08/08/2002 num. 178, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Edita Sez. 3, Sentenza n. 29214 del 22/05/2003 Cc. (dep. 11/07/2003 ) Rv. 226154 Presidente: Papadia U.
Estensore: Postiglione A. Imputato: P.G. in proc. Marino. P.M. Ciampoli
L. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib.Frosinone, 29 novembre 2000).
614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Procedimenti penali per
violazione della normativa di settore - Amministrazioni comunali - Costituzione di parte civile -
Legittimità - Fondamento.

In tema di gestione dei rifiuti è ipotizzabile anche per l'ente locale comunale un danno sostanziale che lo renda
portatore dell'interesse a costituirsi parte civile, atteso che il danno ai terreni privati va tenuto distinto dal
danno al territorio ed all'ambiente ex artt. 2043 cod. civ. e 18 della legge n. 349 del 1986.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Legge 08/07/1986 num. 349
art. 18, Cod. Civ. art. 2043, Cod. Pen. art. 185, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 91, Legge 22/09/1988 num. 447 art.
91, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 74, Legge 22/09/1988 num. 447 art. 74, Nuovo C.P.P. Disp. Att. e Trans. art.
212, Legge 28/07/1989 num. 271 art. 212

Massime precedenti Vedi: N. 1145 del 2002 Rv. 221010, N. 35868 del 2002 Rv. 222512

Massime successive: Difformi, Vedi


Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 37508 del 25/06/2003 Ud. (dep. 02/10/2003 ) Rv. 225929 Presidente: Toriello F.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Papa. P.M. Iacoviello F. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Macerata, 16 ottobre 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Materiali da demolizione di manufatti
- Natura di rifiuto - Esclusione - Fondamento.

I materiali inerti derivanti dalla demolizione di un manufatto e reimpiegati nell'ambito dello stesso cantiere non
assumono la natura di rifiuto, stante la interpretazione autentica della nozione di "rifiuto" contenuta nel decreto
legge 8 luglio 2002 n. 138, convertito con legge 8 agosto 2002 n. 178, atteso che sono conseguenza di un
processo di produzione, comprendente la demolizione del

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155.html (44 di 151)23/09/2005 18.52.34
manufatto ed il reimpiego integrale sul posto, e l'assenza di prova di un reale pericolo per
l'ambiente.

Riferimenti normativi: Legge 21/12/2001 num. 443 art. 1 com. 17, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST
PENDENTE, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 8 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.
22 art. 6 COST PENDENTE

Massime precedenti Difformi: N. 133 del 2001 Rv. 218369, N. 7430 del 2002 Rv. 221382, N. 16383 del 2002
Rv. 221331, N. 16012 del 2003 Rv. 224481

Sez. 3, Sentenza n. 35501 del 30/05/2003 Ud. (dep. 16/09/2003 ) Rv. 225881 Presidente: Postiglione A.
Estensore: Onorato P. Imputato: Spadetto. P.M. Meloni V. (Conf.)
(Rigetta, App.Brescia, 14 giugno 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Sentenza di condanna per violazione
delle disposizioni di cui al D.L.gs n. 22 del 1997 - Sospensione condizionale della pena -Subordinata alla
eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato - Possibilità -Disposizioni codicistiche e
legislative applicabili - Individuazione.

In tema di gestione dei rifiuti, anche dopo la entrata in vigore del decreto legislativo 5 febbraio 1997
n. 22, che ha sostituito il D. P. R. 10 settembre 1982 n. 915, il giudice, con la sentenza di condanna, può
subordinare la sospensione condizionale della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose
o pericolose nascenti dal reato, con la unica precisazione che in caso di inquinamento o di pericolo concreto
ed attuale di inquinamento di un sito la sospensione condizionale della pena potrà essere subordinata alla
esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale previsti e proceduralizzati
dall'art. 17 dello stesso decreto n. 22, stante la espressa previsione contenuta nel successivo art. 51 bis; per gli
altri reati previsti dal decreto n. 22, strutturalmente diversi, anche se talvolta prodomici, da quello di
inquinamento di un sito, il giudice può applicare la previsione codicistica di cui all'art. 165, e quindi
subordinare il beneficio alla eliminazione delle conseguenze secondo le modalità da lui stesso stabilite nella
sentenza di condanna.

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 165, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 bis, Decreto Legisl.
08/11/1997 num. 389, Legge 09/12/1998 num. 426, DPR 10/09/1982 num. 915 COST ILLEGITTIMITÀ
Massime precedenti Vedi: N. 3849 del 1992 Rv. 190762

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 40237 del 24/09/2002 Ud. (dep. 28/11/2002 ) Rv. 225698
Presidente: Papadia U. Estensore: Onorato P. Imputato: Venturini e altro. P.M. Di Zenzo C.
(Conf.)

(Rigetta, Trib.Busto Arsizio, 30 novembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Attività di raccolta e recupero dei rifiuti - Recupero di rifiuti per
destinazioni diverse da quelle indicate nel pertinente decreto ministeriale - Procedura semplificata di
comunicazione regolata dall'art. 33 del d. lgs. n. 22 del 1997 - Insufficienza -Autorizzazione di cui all'art. 28 del
d. lgs. n. 22 del 1997 - Necessità - Attività realizzate in esito a mera comunicazione - Reato di cui all'art. 51 del
d. lgs. n. 22 del 1997 - Sussistenza - Fattispecie.

In tema di trattamento e recupero dei rifiuti, le attività suscettibili di legittimazione attraverso la procedura
semplificata di cui all'art. 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono quelle individuate mediante un
apposito decreto ministeriale che determini qualità e quantità del materiale interessato, e condizioni tecniche
del relativo recupero. Ne consegue che attività concernenti rifiuti individuati in un decreto ministeriale, ma
destinati ad utilizzazioni diverse da quelle considerate nel decreto stesso, devono essere abilitate mediante
l'autorizzazione di cui all'art. 28, in mancanza della quale è integrato il reato sanzionato all'art. 51 del citato
decreto legislativo. (Fattispecie relativa al recupero di pneumatici per la produzione di fertilizzanti per serre
agricole, e dunque per attività diverse da quelle regolate dal d.m. 5 febbraio 1998, concernente il riciclaggio e
recupero di pneumatici non ricostruibili usurati).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 28, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 31,
Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 36498 del 2002 Rv. 222916


Edita Sez. 3, Sentenza n. 22501 del 12/03/2003 Cc. (dep. 21/05/2003 ) Rv. 225607 Presidente: Savignano G.
Estensore: Teresi A. Imputato: Cattaruzza. P.M. Geraci V. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Trieste, 24 settembre 2002).

502000 ACQUE - Tutela delle acque - Smaltimento di rifiuti pericolosi - Acque di sentina -
Applicabilità delle disposizioni derogatorie della Convenzione MARPOL - Esclusione -Configurabilità
del reato previsto dall'art. 51 d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.

Lo smaltimento di acque di sentina delle navi, rientranti tra i rifiuti pericolosi, configura il reato previsto
dall'art. 51 comma 1 lett. b) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, qualora le operazioni siano effettuate
in area portuale nazionale, non trovando applicazione in questo caso le disposizioni derogatorie di cui alla
Convenzione MARPOL 73/78, conclusa a Londra il 2 novembre 1993, con i relativi protocolli, ratificata e resa
esecutiva con legge 29 settembre 1980, n. 662 e legge 4 giugno 1982, n. 438.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Legge 04/06/1982 num. 438, Legge
29/09/1980 num. 662

Massime precedenti Vedi: N. 612 del 1997 Rv. 206743, N. 3935 del 1997 Rv. 206834

Massime precedenti Vedi Sezioni Unite: N. 8519 del 1998 Rv. 210924

Massime successive: Conformi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 29236 del 11/06/2003 Ud. (dep. 11/07/2003 ) Rv. 225419 Presidente: Toriello
F. Estensore: Piccialli L. Imputato: Miccoli P. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, Trib.riesame Brindisi, 17 febbraio 2003).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Scarti di macellazione - Disciplina applicabile -Normativa


generale sui rifiuti di cui al D.L.G. n. 22 del 1997 - Esclusione - Disposizioni di cui al D.L.
G. n. 508 del 1992 - Fondamento.

La materia dei rifiuti di origine animale trova una propria particolare disciplina nel decreto legislativo 14
dicembre 1992, n. 508 (attuativo della Direttiva 90/667/CEE), così che le attività di smaltimento e trasporto
dei cd. scarti da macellazione sono sottratte alla disciplina di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22
in virtù del principio di specialità rispetto alla disciplina generale in tema di rifiuti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Decreto Legisl.
14/12/1992 num. 508

Massime precedenti Difformi: N. 8520 del 2002 Rv. 221273

Massime precedenti Vedi: N. 1605 del 1996 Rv. 204384

Edita Sez. 3, Sentenza n. 22053 del 20/03/2003 Ud. (dep. 20/05/2003 ) Rv. 225324 Presidente: Toriello F.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Grossi ed altro. P.M. Meloni VD. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, App. Milano, 25 ottobre 2001).

614000 SANITÀ PUBBLICA - Smaltimento dei rifiuti - Reato di cui all'art. 51 d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 -
Trasporto dei rifiuti - Configurabilità del reato - Sussistenza - Condizioni - Fattispecie.

In tema di abbandono di rifiuti, il reato previsto dall'art. 51 del decreto legislativo 5 febbraio 1997,
n. 22, può verificarsi anche in coincidenza del trasporto dei rifiuti, sempre che l'evento sia imputabile a titolo di
dolo o colpa. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il reato a carico dei responsabili
del settore trasporti e del settore sicurezza e qualità di un'impresa iscritta all'albo nazionale degli esercenti
l'attività di smaltimento di rifiuti per avere cooperato, insieme all'autista, ad un trasporto di rifiuti pericolosi
liquidi senza l'adozione delle necessarie misure di sicurezza, quali la verifica dell'idoneità del mezzo di
trasporto, dell'ancoraggio del carico, e la predisposizione di misure di prevenzione in caso di incidente, tanto da
determinare un incidente dell'autocarro a cui conseguiva lo spargimento delle sostanze trasportate nelle
pubbliche vie di un centro abitato).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Edita Sez. 3, Sentenza n. 26449 del 06/05/2003 Cc. (dep. 19/06/2003 ) Rv. 225387 Presidente: Papadia U.
Estensore: Rizzo AS. Imputato: Pipparelli. P.M. Albano A. (Parz. Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. Grosseto, 12 dicembre 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina sui rifiuti - Combustibile da rifiuto -Disciplina
applicabile - Individuazione.

Al combustibile da rifiuti (cd. CDR) è applicabile la disciplina di cui all'art. 22, comma 11, del decreto
legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, ai sensi del quale il ricorso alla procedura semplificata è ammesso a
condizione che l'impianto sia previsto dal piano regionale ovvero che sia intervento apposito accordo di
programma, non rilevando a tal fine che il CDR sia stato qualificato come rifiuto speciale ai sensi dell'art. 7,
comma 3 lett. 1 bis, del decreto n. 22, come introdotto dal decreto legge 28 dicembre 2001 n. 452, convertito con
modificazioni dalla legge 27 febbraio 2002 n. 16, atteso che il citato art. 22 fa riferimento al CDR in quanto tale
indipendentemente dalla qualificazione dello stesso.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 22 com. 11, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 31, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7 com. 3

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155.html (48 di 151)23/09/2005 18.52.34
Massime precedenti Vedi: N. 30318 del 2001 Rv. 219981, N. 31604 del 2002 Rv. 222253

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 28484 del 11/04/2003 Ud. (dep. 03/07/2003 ) Rv. 225381 Presidente: Zumbo
A. Estensore: Onorato P. Imputato: Fusillo. P.M. Favalli M. (Diff.)
(Rigetta, Trib. Brindisi, 5 marzo 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Fanghi di depurazione -


Disciplina applicabile - Individuazione.

In materia di fanghi derivanti dai processi di depurazione le attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e
condizionamento (consistente nella modifica delle caratteristiche fisico-chimiche-biologiche dei fanghi per
facilitarne l'uso agricolo) sono sottoposte oltre che alle disposizioni del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n.
99, utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, alla disciplina del decreto legislativo 5 febbraio 1997
n. 22 sui rifiuti, stante la espressa clausola di salvezza contenuta negli artt. 8 e 16 del citato decreto n. 99 (sia
pure con riferimento al previgente D.
P.R. n.915 del 1982).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 27/01/1992 num. 99 art. 16,
Decreto Legisl. 11/05/1999 num. 152 COST PENDENTE

Massime precedenti Conformi: N. 2819 del 1997 Rv. 209386

Massime precedenti Vedi: N. 9402 del 1996 Rv. 206719

Edita Sez. 3, Sentenza n. 24197 del 09/04/2003 Cc. (dep. 04/06/2003 ) Rv. 225310 Presidente: Savignano G.
Estensore: Novarese F. Imputato: Ragozzino. P.M. Di Zenzo C. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, Trib. riesame S.M.C.Vetere, 22 novembre 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Impianti di smaltimento di rifiuti -
Gestiti dal Comune - Autorizzazione di cui al D.L.G. n. 22 del 1997 - Necessità.

In tema di gestione dei rifiuti l'esercizio di impianti per l'effettuazione delle operazioni di smaltimento e
recupero da parte del Comune presuppone l'ottenimento dell'autorizzazione prevista dal decreto legislativo 5
febbraio 1997 n. 22.

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155.html (49 di 151)23/09/2005 18.52.34
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE
Edita Sez. 3, Sentenza n. 23945 del 08/04/2003 Cc. (dep. 30/05/2003 ) Rv. 225309 Presidente: Papadia U.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Bonavita ed altro. P.M. Passacantando G. (Parz. Diff.)
(Annulla in parte senza rinvio, Trib. riesame Foggia, 26 novembre 200

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina dei rifiuti - Traffico illecito di rifiuti -Sequestro
dei mezzi utilizzati - Ambito di applicabilità - Individuazione.

In tema di trasporto illecito di rifiuti è legittimo il sequestro preventivo dei mezzi utilizzati, con finalizzazione
al provvedimento di confisca degli stessi, ma non degli ulteriori strumenti di lavoro (quali pale meccaniche ed
escavatori) che non abbiano la qualità di mezzi di trasporto, non essendo consentita una interpretazione in
"malam partem" della previsione normativa che prevede l'obbligatorietà della confisca dei mezzi in caso di
condanna per trasporto illecito di rifiuti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 53,
Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 321, Legge 22/09/1988 num. 447 art. 321

Sez. 3, Sentenza n. 24347 del 09/04/2003 Ud. (dep. 05/06/2003 ) Rv. 225287 Presidente: Savignano G.
Estensore: Teresi A. Imputato: De Michelis. P.M. Di Zenzo C. (Conf.)

(Rigetta, Trib. Mondovì, 21 maggio 2001). 614001

SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200004957 RV:215942 S

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. B, Decreto Legisl.

05/02/1997 num. 22 art. 10 com. 1

Massime precedenti Conformi: N. 4957 del 2000 Rv. 215942


Sez. 3, Sentenza n. 23377 del 01/04/2003 Ud. (dep. 28/05/2003 ) Rv. 225286 Presidente: Vitalone C.
Estensore: Novarese F. Imputato: Zanini. P.M. Iacoviello FM. (Conf.)

(Rigetta, App. Venezia, 5 luglio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200216383 RV:221331 S

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1, Decreto Legisl. 08/11/1997

num. 389 art. 7, Legge 21/12/2001 num. 443 art. 1 com. 17 Massime precedenti Conformi: N. 16383

del 2002 Rv. 221331

Sez. 3, Sentenza n. 35002 del 13/06/2003 Ud. (dep. 29/08/2003 ) Rv. 225225 Presidente: Zumbo A. Estensore:
Postiglione A. Imputato: Fia. P.M. Meloni VD. (Diff.)

(Rigetta, Trib. Rovereto, 22 ottobre 2002). 614001 SANITÀ

PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200207430 RV:221382 S

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7, Legge 21/12/2001 num.

443 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 7430 del 2002 Rv. 221382


Sez. 3, Sentenza n. 8758 del 17/12/2002 Ud. (dep. 24/02/2003 ) Rv. 224164 Presidente: Papadia U. Estensore:
Fiale A. Imputato: Conte L. P.M. Veneziano GA. (Conf.)
(Rigetta, Trib.ries.Napoli, 5 giugno 2002).

502000 ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Nozione di scarico - Collegamento diretto - Necessità -Mancanza -
Natura di rifiuto.

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento l'interruzione funzionale del nesso di collegamento diretto fra
la fonte di produzione del liquame ed il corpo ricettore determina la trasformazione del liquame di scarico in
un ordinario rifiuto liquido, con la conseguente inapplicabilità delle disposizioni del decreto legislativo 11
maggio 1999 n. 152, ed il necessario rispetto delle previsioni del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22.
(fattispecie nella quale i liquami provenienti dall'attività di espurgo di pozzi neri venivano trasportati in un sito
esterno di trattamento).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 11/05/1999 num. 152 art. 36, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22
COST PENDENTE

Massime precedenti Conformi: N. 1383 del 2000 Rv. 216061

Sez. 3, Sentenza n. 12865 del 13/02/2003 Ud. (dep. 20/03/2003 ) Rv. 224868
Presidente: Zumbo A. Estensore: Grillo C. Imputato: Tosto e altro. P.M. Di Zenzo C. (Parz.
Diff.)

(Rigetta, Trib. Catania 3 maggio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Trasporto di rifiuti senza autorizzazione
- Reato - Sussistenza- Necessità, ai fini della configurabilità del reato, dello scarico -Esclusione.

Ai sensi dell'art. 51, comma 1, D.L.G. n. 22 del 1997 è sanzionato penalmente il trasporto di rifiuti senza
autorizzazione e, pertanto, ai fini della punibilità del fatto, non è richiesto lo scarico degli stessi in qualche
luogo.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1

Massime precedenti Vedi: N. 6107 del 1999 Rv. 213742, N. 4398 del 2000 Rv. 216150

Sez. 3, Sentenza n. 22063 del 25/03/2003 Ud. (dep. 20/05/2003 ) Rv. 224487
Presidente: Savignano G. Estensore: Teresi A. Imputato: Mascheroni. P.M. Hinna Danesi F.
(Diff.)

(Dichiara infondata questione di legittimità costituzionale, App. Mi

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200121640 RV:219523 S

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 444 COST

ILLEGITTIMITÀ, Legge 22/09/1988 num. 447 art. 444 COST ILLEGITTIMITÀ Massime precedenti

Conformi: N. 21640 del 2001 Rv. 219523

Sez. 3, Sentenza n. 22063 del 25/03/2003 Ud. (dep. 20/05/2003 ) Rv. 224486
Presidente: Savignano G. Estensore: Teresi A. Imputato: Mascheroni. P.M. Hinna Danesi F.
(Diff.)

(Dichiara infondata questione di legittimità costituzionale, App. Mi

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200210900 RV:221271 S Riferimenti normativi: Decreto Legisl.


05/02/1997 num. 22 art. 53, Legge 22/02/1994 num. 146 Massime precedenti Conformi: N. 10900 del 2002 Rv.

221271

Sez. 3, Sentenza n. 22063 del 25/03/2003 Ud. (dep. 20/05/2003 ) Rv. 224485
Presidente: Savignano G. Estensore: Teresi A. Imputato: Mascheroni. P.M. Hinna Danesi F.
(Diff.)

(Dichiara infondata questione di legittimità costituzionale, App. Mi

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200004957 RV:215946 S Riferimenti normativi: Decreto Legisl.

05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. M Massime precedenti Conformi: N. 4957 del 2000 Rv. 215946

Massime successive: Conformi, Difformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 16012 del 19/02/2003 Ud. (dep. 07/04/2003 ) Rv. 224481 Presidente: Toriello F. Estensore:
Squassoni C. Imputato: Cavallaro A. P.M. Suraci S. (Conf.)
(Dichiara inammissibile, App.Messina 22 aprile 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Materiali da demolizione -Natura di
rifiuti speciali - Entrata in vigore della legge n. 443 del 2001 - Persistenza della natura di rifiuti.

In tema di gestione di rifiuti, anche dopo la entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001 n. 443 (delega al
governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi - cd legge obiettivo) i rifiuti derivanti da attività
di demolizione continuano a costituire rifiuti speciali, in quanto strutturalmente diversi dai materiali provenienti
da scavo e per i cui prodotti l'art. 1, comma 17, della citata legge prevede l'esclusione dall'ambito di
applicazione dei rifiuti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Legge 21/12/2001 num. 443
COST ILLEGITTIMITÀ, Legge 21/12/2001 num. 443 art. 1 com. 17 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 7430 del 2002 Rv. 221382, N. 7430 del 2002 Rv. 221383

Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 12851 del 13/02/2003 Ud. (dep. 20/03/2003 ) Rv. 224475 Presidente: Zumbo A. Estensore:
Grillo C. Imputato: Favale F. P.M. Di Zenzo C. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib.Milano 18 giugno 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Materiale da scavo di strade -Nuove
disposizioni di cui alla legge n. 443 del 2001 - Natura di rifiuto - Persistenza.

I materiali da scavo di strade continuano a costituire rifiuti anche dopo l'entrata in vigore della legge 12
dicembre 2001 n. 443, che ha escluso dalla disciplina dei rifiuti le terre e rocce da scavo, atteso che non sono
costituiti esclusivamente da terriccio e ghiaia, ma altresì da pezzi di asfalto e di calcestruzzo, costituenti
pacificamente rifiuti non pericolosi ai sensi delle disposizioni di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22
(contra Cass. Sez. III 11/02/2003 n. 13114 in corso di massimazione).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 8,
Legge 21/12/2001 num. 443 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 7430 del 2002 Rv. 221382, N. 7430 del 2002 Rv. 221383

Sez. 3, Sentenza n. 12005 del 04/02/2003 Ud. (dep. 14/03/2003 ) Rv. 224358 Presidente: Vitalone C.
Estensore: Lombardi AM. Imputato: Arici P. P.M. Geraci V. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib.Brescia 17 maggio 2001).
502000 ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Scarico indiretto - Normativa di cui al decreto 152 del 1999 -
Applicabilità - Esclusione - Disciplina sui rifiuti - Applicabilità.

L'immissione non autorizzata di acque reflue industriali senza il tramite di una condotta, o di un sistema di
convogliabilità, non è punita ai sensi del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, attesa la nozione di scarico
contenuta nell'art. 2, comma secondo lett. b) del citato decreto, dovendosi diversamente configurare l'ipotesi di
abbandono incontrollato di rifiuti (liquidi) sanzionata dall'art. 51 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22

Riferimenti normativi: Decr. Legge Luogoten. 11/05/1999 num. 152 art. 2, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 8, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 1383 del 2000 Rv. 216061

Sez. 3, Sentenza n. 1562 del 15/11/2002 Ud. (dep. 15/01/2003 ) Rv. 224737 Presidente: Postiglione
A. Estensore: Gentile M. Imputato: Toraldo. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Rigetta, Trib.Lecce 15 novembre 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Trasporto liquami - Autorizzazione di cui all'art. 51 D. Lgs 22
del 1997 - Natura personale - Fattispecie.

In tema di trasporto dei rifiuti, quale fase delle attività di smaltimento e gestione, è richiesta l'autorizzazione ai
sensi dell'art. 51 del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, che ha natura personale basandosi sulla idoneità del
soggetto richiedente e sulla sua iscrizione al relativo albo ( Fattispecie nella quale il trasportatore riteneva di
poter utilizzare l'autorizzazione rilasciata al proprio genitore deceduto alcuni mesi prima dei fatti ).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 4398 del 2000 Rv. 216150, N. 13884 del 2002 Rv. 221570

Massime precedenti Vedi: N. 6107 del 1999 Rv. 213742


Edita Sez. 3, Sentenza n. 16001 del 12/02/2003 Ud. (dep. 07/04/2003 ) Rv. 224722 Presidente: Savignano G.
Estensore: Vitalone C. Imputato: Frerè S. P.M. Iacoviello F. (Parz. Diff.)
(Rigetta, App.Roma 20 febbraio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Autorizzazione ex art. 28 del


D.L.G. n. 22 del 1997 - Silenzio assenso - Possibilità - Esclusione - Fondamento.

In tema di smaltimento dei rifiuti non è configurabile il formarsi del silenzio assenso sulla richiesta di
autorizzazione formulata ai sensi dell'art. 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che tale
provvedimento deve sempre assumere la forma scritta e deve essere corredato da adeguata motivazione al
fine di rendere efficace il controllo sul corretto uso della discrezionalità amministrativa in una materia di
particolare delicatezza e rilevanza per la tutela ambientale.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 28, DPR 26/04/1992 num. 300, DPR 09/05/1994
num. 407

Massime successive: Difformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 13114 del 11/02/2003 Ud. (dep. 24/03/2003 ) Rv. 224721 Presidente: Vitalone C.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Mortellaro G. P.M. Geraci V. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, App.Palermo 10 maggio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Materiali da scavo e


sbancamento di strade - Disciplina dei rifiuti - Applicabilità - Esclusione.

I materiali di scavo e sbancamento di una pubblica via, anche se contenenti modeste parti di asfalto, non
rientrano nella nozione di rifiuto, atteso che le terre e rocce da scavo, anche se contaminate, sono riutilizzabili
purché non provengano da siti inquinati o da bonifiche.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 02/05/1997 num. 22 art. 6, Legge 08/08/2002 num. 178, Decreto
Legge 08/07/2002 num. 138 art. 14, Legge 21/12/2001 num. 443 art. 1 com. 17

Massime precedenti Vedi: N. 7430 del 2002 Rv. 221382, N. 7430 del 2002 Rv. 221383
Edita Sez. 3, Sentenza n. 17656 del 15/01/2003 Cc. (dep. 15/04/2003 ) Rv. 224716 Presidente: Toriello F.
Estensore: Fiale A. Imputato: Gonzales ed altro. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. ries.Caltanissetta 19 luglio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina sui rifiuti - Rifiuto - Nozione - Principi generali
- Individuazione.

In tema di gestione di rifiuti al fine di delineare la nozione di rifiuto sussiste la necessità dell'applicazione
immediata, diretta e prevalente, nell'ordinamento nazionale dei principi fissati dai Regolamenti comunitari e
dalle sentenze della Corte europea di giustizia, atteso che le decisioni della Corte di Giustizia, allorché l'esegesi
del diritto comunitario sia incontrovertibile e la normativa nazionale ne appaia in contrasto, sono
immediatamente e direttamente applicabili in sede nazionale sussistendo l'obbligo di non applicazione delle
disposizioni nazionali in contrasto con quelle comunitarie provenienti da tali fonti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Legge 08/08/2002 num. 178, Decreto
Legge 08/07/2002 num. 138 art. 14

Massime successive: Conformi

Sez. 3, Sentenza n. 15165 del 28/01/2003 Ud. (dep. 01/04/2003 ) Rv. 224706 Presidente: Toriello F. Estensore:
Onorato P. Imputato: Capecchi Massimo. P.M. Hinna Danesi
F. (Parz. Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Pistoia 6 giugno 2001).

609005 REATO - CAUSALITÀ (RAPPORTO DI) - OBBLIGO GIURIDICO DI IMPEDIRE


L'EVENTO - Configurabilità nei confronti di chi sia titolare di una posizione di garanzia -Committente
di lavori edili - Esclusione -.

Il committente di lavori edili non può, per ciò solo, essere considerato responsabile della mancata osservanza,
da parte dell'assuntore di detti lavori, delle norme in materia di smaltimento dei rifiuti, non essendo derivabile
da alcuna fonte giuridica (legge, atto amministrativo o contratto) l'esistenza, in capo al committente, di un
dovere di garanzia dell'esatta osservanza delle suindicate norme.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 10 com. 1, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1 n. 1, Cod. Pen. art. 40 com. 2

Massime precedenti Difformi: N. 4957 del 2000 Rv. 215943

Massime precedenti Vedi: N. 133 del 2001 Rv. 218369

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 16016 del 19/02/2003 Ud. (dep. 17/04/2003 ) Rv. 224249 Presidente: Toriello F. Estensore:
Squassoni C. Imputato: Battaglino. P.M. Siniscalchi A. (Conf.)
(Dichiara inammissibile, Trib. Asti 26 marzo 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Produttore-detentore di rifiuti speciali - Consegna dei rifiuti a
terzi autorizzati - Obbligo di verificare che si tratti di terzi autorizzati - Sussistenza -Violazione - Responsabilità
a titolo di concorso in ordine al reato di cui all'art.51, comma 1, d.lgs.vo
n.22 del 1997 - Configurabilità.

Il produttore-detentore di rifiuti speciali non pericolosi (nella specie pneumatici usati), qualora non provveda
all'autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il pubblico servizio, può, ex art.10
d.lgs.vo n.22 del 1997, consegnarli ad altri soggetti ma, in tal caso, ha l'obbligo di controllare che si tratti di
soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento; ove, per contro, tale doverosa verifica sia omessa,
il produttore-detentore risponde a titolo di concorso con il soggetto qualificato (nella specie smaltitore), nella
commissione del reato di cui

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155.html (58 di 151)23/09/2005 18.52.34
all'art. 51, comma 1, d.lgs.vo n.22 del 1997(attività di gestione non autorizzata).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 10
Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215942, N. 4957 del 2000 Rv. 215943, N. 4957 del 2000 Rv.
215944, N. 4957 del 2000 Rv. 215945, N. 32158 del 2002 Rv. 222420

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 13105 del 11/02/2003 Ud. (dep. 24/03/2003 ) Rv. 224246 Presidente: Vitalone
C. Estensore: Postiglione A. Imputato: Traversi. P.M. Geraci V. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Prato 24 marzo 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Recupero di rifiuti non pericolosi - Procedure semplificate ex
art.31 e 33 D.L.G. n.22 del 1997 - Utilizzo per lo stoccaggio di pavimentazione a mezzo di laminati di metallo -
Configurabilità del reato di cui all'art.51, comma 4, del D.L.G. n.22 del 1997 - Esclusione - Ragioni.

In tema di recupero di rifiuti non pericolosi, non integra il reato di cui all'art.51, comma 4, del d.lgs. vo n.22 del
1997 (attività di gestione non autorizzata)l'utilizzazione per lo stoccaggio di una pavimentazione a mezzo di
laminati di metallo (dotati di rete per la raccolta delle acque) in quanto l'art.6, lett. c) del D.M. 5 febbraio 1998
(recante norme sulla individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alla procedura semplificata di recupero
ai sensi degli art. 31 e 33 del d. lgs.vo n.22 del 1997) non esige la pavimentazione in cemento ma solo basamenti
pavimentati e, comunque, impermeabili, posto che la finalità della norma è quella di permettere la separazione
dei rifiuti dal suolo sottostante, ossia l'assenza di un reale pregiudizio all'ambiente (art.33, comma 2, lett. a),
n.3, d. lgs.vo n.22 del 1997).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 31,
Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33, Decr. Minist. Ambiente 05/02/1998 num. 6 lett. C

Massime precedenti Vedi: N. 6796 del 2002 Rv. 221166, N. 8520 del 2002 Rv. 221273, N. 16249 del 2002 Rv.
221568, N. 16383 del 2002 Rv. 221331, N. 20780 del 2002 Rv. 221883, N. 21925 del 2002 Rv. 221959, N.
22539 del 2002 Rv. 221877

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 9057 del 22/01/2003 Cc. (dep. 26/02/2003 ) Rv. 224172 Presidente: Savignano
G. Estensore: Grillo C. Imputato: Costa M. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. ries. Massa, 9 maggio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Deposito temporaneo -


Condizioni - Individuazione.

In tema di smaltimento di rifiuti, per potersi configurare il deposito temporaneo, sempre che il raggruppamento
dei rifiuti avvenga nel luogo nel quale gli stessi vengono prodotti, devono sussistere tutte le condizioni previste
dall'art. 6, lett. m) del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, sia quelle quantitative che temporali, integranti
delle condizioni "sine qua non" per la configurazione del deposito temporaneo. In difetto si configura il reato di
deposito incontrollato sanzionato dall'art. 51, comma 2, del citato decreto n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 7140 del 2000 Rv. 216977, N. 20780 del 2002 Rv. 221883

Sez. 3, Sentenza n. 9375 del 21/01/2003 Ud. (dep. 28/02/2003 ) Rv. 224171
Presidente: Zumbo A. Estensore: Lombardi AM. Imputato: D'Antoni G. P.M. Fraticelli M.
(Parz. Diff.)

(Rigetta, App.Palermo, 1 luglio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti speciali - In difetto di


autorizzazione - Reato di cui all'art. 51 comma 1, lett. a) e b) - Concorso delle due ipotesi -
Possibilità.

L'ipotesi di cui all'art. 51, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 può concorrere con
quella di cui alla lett. b) dello stesso comma 1, riferendosi la prima alle operazioni di raccolta e smaltimento di
rifiuti non pericolosi e la seconda al compimento delle medesime attività aventi, però, ad oggetto i rifiuti
pericolosi. (fattispecie relativa a smaltimento e stoccaggio di autoveicoli, all'interno dei quali si rinvengono
altresì rifiuti pericolosi quali le batterie esauste con codice CER 160601).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51


Massime precedenti Vedi: N. 1575 del 1998 Rv. 211335, N. 297 del 2000 Rv. 215463

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155.html (60 di 151)23/09/2005 18.52.34

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 8755 del 13/12/2002 Cc. (dep. 24/02/2003 ) Rv. 224163
Presidente: Savignano G. Estensore: Tardino V. Imputato: Pittini A ed altri. P.M. Favalli M.
(Diff.)

(Annulla con rinvio, Trib.ries.Udine, 15 giugno 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Recupero - Nozione - Fattispecie: rottami ferrosi.

In tema di gestione dei rifiuti, allorché non vi è necessità di trattamento dei residui, ma possibilità di riutilizzo
immediato nel ciclo produttivo, non può più parlarsi di rifiuto, atteso che la sostanza può essere trattata allo
stesso modo di una materia prima. (fattispecie nella quale la Corte ha affermato la non applicabilità della
disciplina sui rifiuti, di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, e successive modificazioni, ai rottami
ferrosi riutilizzati senza alcuna operazione di trattamento preliminare)

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 02/05/1997 num. 22 art. 1, Decreto Legge 08/07/2002 num.

Massime precedenti Vedi: N. 31011 del 2002 Rv. 222390

Sez. 3, Sentenza n. 2429 del 22/11/2002 Cc. (dep. 20/01/2003 ) Rv. 224035
Presidente: Vitalone C. Estensore: Gentile M. Imputato: P.M. in proc. Gatti Gabriele. P.M.
Albano A. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib.Ferrara, 23 settembre 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina dei rifiuti- Fanghi di perforazione da attività
petrolifera - Natura di rifiuti pericolosi - Sussistenza - Ragione.

La gestione senza autorizzazione di una discarica di fanghi e rifiuti di perforazioni contenenti oli individuati in
base al codice C.E.R.1.05.05, di cui alla direttiva del 9 aprile 2002 del Ministero dell'ambiente e della Tutela
del Territorio, data la loro natura di rifiuti pericolosi,integra gli estremi della contravvenzione prevista dall'art.
51, comma 1 e 3 del d.l.g. n. 22/97.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1

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155.html (61 di 151)23/09/2005 18.52.34
Massime precedenti Difformi: N. 2731 del 1999 Rv. 215763

Sez. 3, Sentenza n. 13113 del 11/02/2003 Ud. (dep. 24/03/2003 ) Rv. 223860 Presidente: Vitalone C.
Estensore: Teresi A. Imputato: Rofi. P.M. Geraci V. (Diff.)

(Dichiara inammissibile, Trib. Firenze, 21 settembre 2001). 614001 SANITÀ

PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200004957 RV:215946 S Riferimenti normativi: Decreto Legisl.

05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. M Massime precedenti Conformi: N. 4957 del 2000 Rv. 215946
Annotata Sez. 3, Sentenza n. 8936 del 15/01/2003 Ud. (dep. 25/02/2003 ) Rv. 223742 Presidente: Toriello F.
Estensore: Vangelista V. Imputato: PM in proc. Boscarato. P.M. Abbritti
P. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib. Venezia).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina dei rifiuti - Materiali cementizi e di asfalto
-Operatività della disciplina vigente per le terre e rocce da scavo che non costituiscono rifiuti ex l. n.443 del
2001 - Esclusione - Ragioni.

In tema di disciplina dei rifiuti, integra il reato di cui all'art.51, n.1, lett.a) d.lgs.vo n.22 del 1997 l'attività di
recupero di materiale cementizio e di asfalto, in assenza della prescritta comunicazione di inizio attività alla
Provincia, in quanto detti materiali non possono essere ricompresi nel novero delle "terre e rocce da scavo" - le
quali non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall'ambito di applicazione del d.lgs.vo n.22 del 1997
(art.1, comma 17,l. n.443 del 2001)- sia perché manca una specifica previsione in tal senso, non essendo
menzionate nel regime delle esclusioni dettato dall'art.8, lett.b)-bis d.lgs.vo n.22 del 1997, sia, e soprattutto,
perché detti materiali non possono ritenersi il prodotto di escavazione, perforazione e costruzione.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7 com. 3 lett. B, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 8 com. 1 lett. B, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Legge 21/12/2001
num. 443 art. 1 com. 17

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155.html (62 di 151)23/09/2005 18.52.34
Massime precedenti Vedi: N. 1654 del 1998 Rv. 209569, N. 2025 del 2002 Rv. 222968, N. 7430 del 2002 Rv.
221382, N. 7430 del 2002 Rv. 221383, N. 16383 del 2002 Rv. 221331

Massime successive: Conformi


Edita

Sez. 3, Sentenza n. 4052 del 13/11/2002 Cc. (dep. 29/01/2003 ) Rv. 223532
Presidente: Savignano G. Estensore: Onorato P. Imputato: Passerotti A. P.M. Izzo G. (Parz.
Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. riesame Genova, 8 giugno 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuto - Nozione - Nuove disposizioni di cui alla legge n.
178 del 2002 - Contrasto con le Direttive europee - Potere del giudice di adire la Corte di Giustizia -
Esclusione - Fondamento.

In tema di rifiuti, la nuova definizione di rifiuto contenuta nell'art. 14 del decreto legge 8 luglio 2002
n. 138, convertito con legge 8 agosto 2002 n. 178, quale interpretazione autentica della nozione dettata dall'art.
6 lett. a) del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, pur modificando la nozione di rifiuto dettata dall'art. 1
della Direttiva 91/156/CEE, è vincolante per il giudice nazionale, atteso che la citata direttiva non è
autoapplicativa (cd self executing) e non potendosi in tal caso fare ricorso all'art. 234 del Trattato dell'Unione
Europea, onde richiedere alla Corte di Giustizia una interpretazione pregiudiziale, che può solo riferirsi al
Trattato o agli atti delle istituzioni della Comunità e non agli atti del legislatore nazionale.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 1, Legge 08/08/2002 num. 178 art. 14, Legge
08/08/2002 num. 178, Decreto Legge 08/07/2002 num. 138 art. 14, Direttive del Consiglio CEE 18/03/1991
num. 156

Sez. 3, Sentenza n. 4051 del 13/11/2002 Cc. (dep. 29/01/2003 ) Rv. 223604 Presidente: Savignano G.
Estensore: Onorato P. Imputato: Ronco. P.M. Izzo G. (Parz. Diff.)

(Annulla con rinvio, Trib. Genova, 8 giugno 2002). 614001

SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200204052 RV:223532 S

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 1, Decreto Legge 08/07/2002 num. 178, Legge
08/08/2002 num. 178 art. 14, Legge 07/08/2002 num. 138 art. 14, Decisione Consiglio CEE 18/03/1991 num.
156

Massime precedenti Conformi: N. 4052 del 2002 Rv. 223532


Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 2125 del 27/11/2002 Ud. (dep. 17/01/2003 ) Rv. 223291
Presidente: Postiglione A. Estensore: Novarese F. Imputato: Ferretti E. P.M. Hinna Danesi F.
(Conf.)

(Rigetta, App.Trento, 16 gennaio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuto - Nozione - Dipendenza dalla possibilità di


riutilizzazione economica - Esclusione - Fondamento.

In tema di gestione dei rifiuti deve intendersi per rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il
detentore si disfi, o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, senza che assuma rilievo la circostanza che ciò
avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto o tramite il suo recupero. E ciò sia per l'interpretazione della
nozione legislativa nazionale, di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, sia per le affermazioni della
Corte di Giustizia della Comunità Europea, le cui decisioni sono immediatamente e direttamente applicabili in
ambito nazionale, secondo cui la nozione di rifiuto non deve essere intesa nel senso di escludere le sostanze e gli
oggetti suscettibili di riutilizzazione economica, atteso che la protezione della salute umana e dell'ambiente
verrebbe ad essere compromessa qualora l'applicazione delle direttive comunitarie in materia fosse fatta
dipendere dall'intenzione del detentore di escludere o meno una riutilizzazione economica da parte di altri delle
sostanza o degli oggetti di cui ci si disfa (o si sia deciso o si abbia l'obbligo di disfarsi).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime successive: Vedi

Sez. 4, Sentenza n. 41388 del 12/12/2001 Cc. (dep. 12/12/2001 ) Rv. 223196 Presidente: Fattori P. Estensore:
Battisti M. Imputato: Andreani. P.M. Cedrangolo O. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Udine, 30 maggio 2001).

664118 MISURE CAUTELARI (COD. PROC. PEN. 1988) - REALI - SEQUESTRO PREVENTIVO - IN
GENERE - Sequestro preventivo di impianto di smaltimento e recupero di rifiuti sottratto al regime
autorizzatorio da un provvedimento illegittimo della P.A.- Circostanza che può influire sull'elemento oggettivo
del reato di cui all'art. 51 D.l.G. 22/1997 - Valutazione da parte del giudice del riesame - Esclusione -
Fondamento.
In sede di impugnazione dei provvedimenti cautelari reali, il controllo del giudice non può investire la
concreta fondatezza dell'accusa, ma deve limitarsi all'astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un
soggetto in una determinata ipotesi di reato (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto
sussistente il 'fumus' del reato di cui all'art. 51 del d.l.g. 5 febbraio 1997 n. 22 relativamente al provvedimento
di sequestro preventivo di un impianto di depurazione non autorizzato, ancorché un'illegittima ordinanza
contingibile ed urgente emanata dal presidente della giunta regionale ai sensi dell'art. 13 del citato d.l.g.
avesse escluso che gli impianti di depurazione fossero soggetti al regime autorizzatorio previsto dall'art. 27
per gli impianti per lo smaltimento ed il recupero di rifiuti).

Riferimenti normativi: Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 321, Legge 22/09/1988 num. 447 art. 321, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 27, Nuovo Cod. Proc. Pen. art.
324, Legge 22/09/1988 num. 447 art. 324

Massime precedenti Conformi: N. 736 del 1999 Rv. 212883, N. 741 del 1999 Rv. 214626, N. 13808 del 2001
Rv. 218969

Massime precedenti Difformi: N. 2487 del 1999 Rv. 212954

Massime precedenti Vedi: N. 2304 del 1999 Rv. 214976

Massime precedenti Conformi Sezioni Unite: N. 4 del 1993 Rv. 193117, N. 4 del 1993 Rv. 193118

Sez. 3, Sentenza n. 4060 del 10/12/2002 Cc. (dep. 29/01/2003 ) Rv. 223138 Presidente: Zumbo A. Estensore:
Postiglione A. Imputato: Fumarolo. P.M. Meloni V. (Conf.)

(Annulla con rinvio, Trib. Napoli, 20 luglio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200000414 RV:216451 S

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.

22 art. 6 com. 1 lett. A

Massime precedenti Conformi: N. 414 del 2000 Rv. 216451


Sez. 3, Sentenza n. 5146 del 13/12/2002 Ud. (dep. 04/02/2003 ) Rv. 223393 Presidente: Savignano G.
Estensore: Vitalone C. Imputato: Murabito. P.M. Favalli M. (Diff.)

(Rigetta, Trib. Catania, 4 giugno 2002).

614000 SANITÀ PUBBLICA - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200002861 RV:217589 S

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7

Massime precedenti Conformi: N. 2861 del 2000 Rv. 217589

Sez. 3, Sentenza n. 1071 del 21/11/2002 Ud. (dep. 05/02/2003 ) Rv. 223388 Presidente: Papadia U. Estensore:
Lombardi AM. Imputato: Schiavi. P.M. Di Zenzo C. (Conf.)

(Rigetta, Trib. Pesaro, 29 giugno

2001). 502000 ACQUE - In

Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:199902358 RV:214268 S

Riferimenti normativi: Legge 10/05/1976 num. 319 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.

22 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 11/05/1999 num. 152 COST PENDENTE Massime precedenti

Conformi: N. 2358 del 1999 Rv. 214268


Sez. 3, Sentenza n. 2716 del 06/12/2002 Cc. (dep. 21/01/2003 ) Rv. 223383 Presidente: Toriello F. Estensore:
Teresi A. Imputato: El Ghayesh. P.M. Fraticelli M. (Conf.)

(Rigetta, Trib. Napoli, 15 maggio 2002). 614001 SANITÀ

PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:199900902 RV:212835 S

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.

05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 902 del 1999 Rv. 212835

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 41520 del 29/10/2002 Cc. (dep. 12/12/2002 ) Rv. 223045 Presidente: Postiglione
A. Estensore: Novarese F. Imputato: Guarracino. P.M. D'Ambrosio L. (Conf.)

(Rigetta, Trib. Pescara, 22 aprile 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200004957 RV:215946 S Riferimenti normativi: Decreto Legisl.

05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. M Massime precedenti Conformi: N. 4957 del 2000 Rv. 215946
Annotata Sez. 3, Sentenza n. 41520 del 29/10/2002 Cc. (dep. 12/12/2002 ) Rv. 223044 Presidente: Postiglione
A. Estensore: Novarese F. Imputato: Guarracino. P.M. D'Ambrosio L. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Pescara, 22 aprile 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - In Genere.

* CONFORME A CASSAZIONE ASN:200207430 RV:221382 S

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7, Legge 21/12/2001 num. 443 COST
ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 7430 del 2002 Rv. 221382

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 42949 del 29/10/2002 Ud. (dep. 19/12/2002 ) Rv. 222968 Presidente: Postiglione A.
Estensore: Gentile M. Imputato: Totaro L ed altro. P.M. D'Ambrosio
L. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Lanciano, 6 marzo 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina dei rifiuti - Fanghi provenienti da impianto di lavaggio
di inerti - Natura di rifiuto speciale.

In tema di gestione dei rifiuti, i fanghi provenienti da impianto di lavaggio di materiali inerti, quali i minerali e i
materiali di cava costituiscono rifiuto speciale ex art. 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, non
rientrando tra le specifiche esclusioni previste dallo articolo 8 dello stesso decreto n.
22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 8

Massime precedenti Vedi: N. 2731 del 2000 Rv. 215763, N. 7430 del 2002 Rv. 221382
Sez. 3, Sentenza n. 41468 del 16/10/2002 Ud. (dep. 11/12/2002 ) Rv. 222965
Presidente: Savignano G. Estensore: Piccialli L. Imputato: P.M. in proc. Grasso A ed altro. P.M.
Passacantando G. (Conf.)

(Annulla con rinvio, Trib.Busto Arsizio, 1 giugno 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Fanghi di depurazione - Disciplina applicabile -Decreto


n. 22 del 1997 sui rifiuti - Fondamento.

I liquami provenienti da impianti di depurazione, ove siano abitualmente smaltiti non attraverso condotte ma
mediante rimozione periodica, sono sottoposti alla disciplina sui rifiuti di cui al decreto legislativo 5 febbraio
1997 n. 22 e non a quella sugli scarichi, di cui al decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, atteso che l'art. 7,
comma 3 lett. g), del citato decreto n. 22 classifica quali rifiuti speciali i fanghi prodotti dalla depurazione delle
acque.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7

Massime precedenti Vedi: N. 2819 del 1997 Rv. 209386, N. 19125 del 2001 Rv. 218936

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 36498 del 22/05/2002 Ud. (dep. 31/10/2002 ) Rv. 222916
Presidente: Malinconico A. Estensore: Franco A. Imputato: Bianchi ed altro. P.M. Izzo G. (Parz.
Diff.)

(Annulla in parte con rinvio, Trib. Asti, 12 febbraio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Ripristino di pneumatici usati - Rifiuti speciali non pericolosi -
Operazione di recupero - Omessa comunicazione di inizio attività - Attività di gestione di rifiuti non autorizzata -
Reato - Configurabilità.

Il riutilizzo di pneumatici usati costituisce attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi, per la quale, in
mancanza della prescritta comunicazione di inizio attività, è configurabile la contravvenzione di cui all'art. 51
comma 1 lett. a) del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 902 del 1999 Rv. 212835

Sez. 3, Sentenza n. 36048 del 24/09/2002 Cc. (dep. 28/10/2002 ) Rv. 222848 Presidente:
Papadia U. Estensore: Tardino VL. Imputato: Notaro. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. Napoli, 5 marzo 2002).

538004 EDILIZIA - DISCIPLINA URBANISTICA - Edilizia - Disciplina urbanistica - Rilascio


autorizzazione realizzazione impianto smaltimento rifiuti - Preventiva utilizzazione conferenza servizi -
Facoltatività.

In base alla disciplina prevista dall'art. 27 del d.lgs. n.22/97, il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione di
un impianto per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti non è subordinato, nella fase di approvazione dei
progetti, alla preventiva utilizzazione della conferenza dei servizi che, come precisato dall'O.O. P.C.M.n. 2425
del 18 marzo 1996, è meramente facoltativa. La conferenza dei servizi, infatti, costituisce un semplice strumento
operativo nell'ambito dell'attività di concertazione tra le varie amministrazioni, la cui assenza non ha alcuna
incidenza sulla legittimità del procedimento adottato.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 27

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155.html (70 di 151)23/09/2005 18.52.34
Massime precedenti Vedi: N. 22539 del 2002 Rv. 221877

Massime successive: Conformi, Vedi


Sez. 3, Sentenza n. 23855 del 07/05/2002 Ud. (dep. 21/06/2002 ) Rv. 222706
Presidente: Vitalone C. Estensore: Piccialli L. Imputato: P.G. in proc. Pino. P.M. Albano A.
(Diff.)

(Rigetta, Trib.Barcellona Pozzo di Gotto, 15 marzo 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Organi di governo locale -Avvenuta
delega di funzioni ai dirigenti amministrativi del comune - Permanenza dell'obbligo di prevenire illeciti
connessi alla gestione tecnica del servizio - Limiti - Questioni esulanti la programmazione generale e, per il
sindaco, la funzione di ufficiale del governo - Esclusione.

In tema di smaltimento dei rifiuti, e di responsabilità degli organi di governo locale per l'omesso controllo
sull'operato dei dirigenti amministrativi, poiché le norme di ordinamento degli enti locali (art. 107 del d. lgs. 18
agosto 2000, n. 267, come integrato da specifiche disposizioni delle leggi finanziarie) conferiscono a detti
dirigenti autonomi poteri di organizzazione delle risorse (anche mediante atti di rilevanza esterna non
espressamente riservati agli organi di governo), le attività loro demandate sono oggetto - salvi casi particolari -
di una competenza diretta ed esclusiva, mentre per gli organi di governo residua un dovere di controllo limitato
al corretto esercizio della funzione di programmazione generale e, quanto al sindaco, dei compiti di ufficiale del
governo, deputato all'eventuale adozione di ordinanze contingibili ed urgenti. (Fattispecie in tema di deposito
incontrollato di rifiuti cartacei in area del demanio comunale, nell'ambito di un nuovo servizio di raccolta
differenziata, in cui la Corte ha escluso che fosse dovere del sindaco verificare l'analitica programmazione delle
soluzioni operative necessarie per l'esecuzione del servizio).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 40 com. 2, Cod. Pen. art. 110, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22
art. 51, Decreto Legisl. 18/08/2000 num. 267 art. 107

Massime precedenti Conformi: N. 8530 del 2002 Rv. 221261

Massime precedenti Vedi: N. 11745 del 1995 Rv. 203111, N. 4003 del 1999 Rv. 213271, N. 3878 del 2000 Rv.
216212

Sez. 3, Sentenza n. 40506 del 17/10/2002 Cc. (dep. 02/12/2002 ) Rv. 222697 Presidente: Papadia U. Estensore:
Gentile M. Imputato: Luci G ed altro. P.M. Geraci V. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Udine, 25 marzo 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Compost - Utilizzo per la
ricopertura di discarica - Reato di cui all'art. 51 del D.L.vo n. 22 del 1997 - Configurabilità -
Fondamento - Rapporti con le disposizioni regionali del F.V.G.

In tema di gestione dei rifiuti le disposizioni di cui al Decreto Presidente Giunta Regionale del Friuli Venezia
Giulia 23 dicembre 1991 n. 626, contenente norme tecniche per l'utilizzo del compost fuori specifica quale
materiale di ricoprimento delle discariche è abrogata per effetto del mancato richiamo da parte dell'art. 8 della
Legge Regionale F.V.G. 9 novembre 1998 n. 13, atteso che con tale disposizione venivano individuate le norme
regionali da ritenersi ancora in vigore per la loro non collisione con le disposizioni introdotte a livello
nazionale dal decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22. Conseguentemente l'utilizzazione del compost fuori
specifica, inteso quale frazione organica derivante dal processo di trattamento dei rifiuti solidi urbani non
impiegabile per fini agrari come ammendante organico a differenza del compost di qualità, per la ricopertura di
una discarica configura il reato di smaltimento di rifiuti non pericolosi in difetto di autorizzazione, di cui all'art.
51, comma 1, del citato decreto n. 22

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Sez. 3, Sentenza n. 35551 del 23/09/2002 Ud. (dep. 23/10/2002 ) Rv. 222509
Presidente: Postiglione A. Estensore: Grassi A. Imputato: Certomà G. P.M. Passacantando G.
(Parz. Diff.)

(Rigetta, App. Reggio Calabria, 14 gennaio 2002).

515001 BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Realizzazione di discarica


comunale di rifiuti - Con ordinanza contingibile ed urgente - Assenza dell'autorizzazione regionale paesistica -
Reato di cui all'art. 163 del D.L.vo n. 490 del 1999 - Configurabilità -Fondamento.

Risponde del reato di cui all'art. 1 sexies del D.L. 27 giugno 1985 n. 312, convertito con legge 8 agosto 1985 n.
431, ora sostituito dall'art. 163 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, il Sindaco che, avvalendosi della
disposizione di cui all'art. 13 del decreto legislativo 5 febbraio 1997
n. 22, consenta l'installazione di una discarica comunale di rifiuti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico,
in assenza dell'autorizzazione regionale, atteso che l'ordinanza contingibile ed urgente emessa in materia di
smaltimento dei rifiuti non può in alcun caso comportare il sacrificio dell'interesse pubblico a che l'autorità
preposta alla tutela del vincolo paesaggistico esprima le
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155.html (72 di 151)23/09/2005 18.52.34
proprie valutazioni in ordine alla modifica dell'assetto dei luoghi sottoposti a specifica tutela.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 29/10/1999 num. 490 art. 163 COST PENDENTE, Decreto Legge
27/06/1985 num. 312 art. 1 sexies, Legge 08/08/1985 num. 431, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 13

Massime precedenti Vedi: N. 9669 del 2000 Rv. 216820

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 34298 del 01/07/2002 Ud. (dep. 14/10/2002 ) Rv. 222505 Presidente: Savignano G.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Buscarino M ed altro. P.M. Mura
A. (Conf.)
(Rigetta, App.Palermo, 21 maggio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Realizzazione di discarica comunale


con ordinanza contingibile ed urgente - Uso ripetuto del suddetto potere di ordinanza -Potere del giudice di
verifica della sussistenza dei presupposti e dei limiti - Conseguente configurabilità del reato di cui all'art. 51
del decreto legislativo n. 22 del 1997 - Fondamento.

In tema di rifiuti, posto che anche le discariche comunali devono, di regola, essere autorizzate dalla Regione e
che l'adozione di ordinanze contingibili ed urgenti per lo smaltimento temporaneo dei rifiuti, in assenza di
detta autorizzazione, è subordinato ad una serie di precisi presupposti che ne condizionano la legittimità e dei
quali l'autorità giudiziaria può verificare la sussistenza, senza per questo operare alcun sindacato di merito
sull'esercizio dei poteri spettanti alla pubblica amministrazione, si rende configurabile il reato di cui all'art.
51, comma 3, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 (gestione di discarica abusiva) a carico del sindaco
il quale, con il ripetuto uso del suddetto potere di ordinanza ed in mancanza dei relativi presupposti, abbia
consentito che venisse istituita e tenuta in esercizio una discarica comunale non autorizzata.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 13, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51
com. 3

Massime precedenti Vedi: N. 6292 del 1998 Rv. 210964, N. 7748 del 1999 Rv. 214163
Sez. 3, Sentenza n. 15972 del 08/03/2002 Ud. (dep. 29/04/2002 ) Rv. 222435 Presidente: Savignano G.
Estensore: Tardino V L. Imputato: Campus. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, App.Milano, 16 febbraio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Raccolta di rifiuti pericolosi senza
autorizzazione - Nozione.

La nozione normativa di raccolta dei rifiuti - come desumibile dall'art. 6 punto e) del d. lg. 5 febbraio 1997, n.
22 - presenta natura complessa, e comprende ogni comportamento univoco ed idoneo a culminare
nell'accorpamento e nel trasporto dei rifiuti stessi, risultando così estesa anche alla cernita ed alla preparazione
dei materiali in vista del successivo prelevamento. (Fattispecie in cui il direttore di una casa di cura non aveva
impedito che rifiuti pericolosi, ospedalieri e no, fossero rinchiusi in sacchi forniti dall'azienda municipalizzata
per la raccolta di rifiuti comuni, collocati in un sito nel quale, secondo l'uso, avrebbero dovuto essere prelevati
a cura dell'azienda stessa, non autorizzata alla raccolta di rifiuti pericolosi, da personale non consapevole della
natura effettiva del materiale. La Corte ha ritenuto la responsabilità del direttore, quale autore mediato, per il
reato consumato di raccolta senza autorizzazione).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6 lett. E, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22
art. 51, Cod. Pen. art. 48, Cod. Pen. art. 110

Massime precedenti Vedi: N. 12538 del 1998 Rv. 212165

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 31003 del 10/07/2002 Ud. (dep. 17/09/2002 ) Rv. 222421 Presidente: Papadia U. Estensore:
Onorato P. Imputato: P.M. in proc. Viti M ed altro. P.M. Izzo
G. (Conf.)
(Annulla con rinvio, App. Bari, 22 ottobre 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti - Reato di cui all'art.
50, comma 2, D.L.vo n. 22 del 1977 - Omessa ottemperanza all'ordinanza - Responsabili -Individuazione -
Fondamento.
In tema di smaltimento dei rifiuti, la sanzione di cui all'art. 50, comma secondo, del decreto legislativo 5
febbraio 1997 n. 22, per violazione dell'ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti e di ripristino dello stato dei
luoghi, va applicata a chiunque non ottemperi a tale ordinanza e che sia stato nella stessa individuato quale
responsabile dell'abbandono dei rifiuti o proprietario del terreno, indipendentemente dalla effettività di tale
qualifica. Compete in tal caso ai soggetti interessati, al fine di evitare di rendersi responsabili
dell'inottemperanza in questione,l'ottenimento

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155.html (74 di 151)23/09/2005 18.52.34
dell'annullamento del provvedimento sindacale o la dimostrazione in sede penale dell'assenza della ritenuta
condizione soggettiva onde determinare la disapplicazione dell'atto da parte del giudice ordinario.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 14, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 50

Massime precedenti Vedi: N. 1783 del 2000 Rv. 216585, N. 20930 del 2001 Rv. 219012

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 32158 del 01/07/2002 Ud. (dep. 26/09/2002 ) Rv. 222420 Presidente: Savignano G.
Estensore: Lombardi AM. Imputato: Ponzio A. P.M. Mura A. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Catania, 27 aprile 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Reato di cui all'art. 51, comma secondo, D. L.vo n. 22 del 1997 -
Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti - Responsabilità del proprietario del fondo -Condizioni.

In tema di gestione di rifiuti, la consapevolezza da parte del proprietario del fondo dell'abbandono sul
medesimo di rifiuti da parte di terzi non è sufficiente ad integrare il concorso nel reato di cui all'art. 51,
comma secondo, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, (abbandono o deposito incontrollato di
rifiuti), atteso che la condotta omissiva può dare luogo a ipotesi di responsabilità solo nel caso in cui
ricorrano gli estremi del comma secondo dell'art. 40 c.p., ovvero sussista l'obbligo giuridico di impedire
l'evento.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 2, Cod. Pen. art. 110

Massime successive: Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 31011 del 18/06/2002 Cc. (dep. 18/09/2002 ) Rv. 222390 Presidente:
Papadia U. Estensore: Novarese F. Imputato: Zatti. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. Palermo, 28 gennaio 2002).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Nozione oggettiva - fattispecie.

Per rifiuto, ai sensi della normativa comunitaria e nazionale, deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di
cui il produttore o il detentore si disfi, restando irrilevante se ciò avvenga attraverso lo smaltimento del
prodotto ovvero tramite il suo recupero e, inoltre, prescindendosi da ogni indagine sull'intenzione del detentore
che abbia escluso ogni riutilizzazione economica della sostanza o dell'oggetto da parte di altre persone (nella
specie, la Corte ha negato che potessero rientrare nella nozione di rifiuto due opifici industriali dismessi e
abbandonati, che peraltro non presentavano cedimenti o dispersioni nel suolo delle strutture o dei materiali che
li componevano).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 02/02/1997 num. 22 art. 6

Massime precedenti Conformi: N. 2607 del 1991 Rv. 186489, N. 1495 del 1998 Rv. 209822

Massime precedenti Conformi Sezioni Unite: N. 5 del 1992 Rv. 191153

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 31604 del 05/07/2002 CC (dep. 23/09/2002 ) Rv. 222253


Presidente: Savignano G. Estensore: Lombardi M. Imputato: P.M. in proc. Pipparelli ed altro.
(Conf.)

(Annulla con rinvio, Trib. Grosseto, 10 gennaio 2002).


614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina sui rifiuti - Combustibile da rifiuto - Natura
-Rifiuto speciale - Condizioni per l'esclusione da tale tipologia - Individuazione.

Il combustibile proveniente da rifiuti rientra tra i rifiuti speciali, ai sensi dell'art. 7, comma 3 lett. l bis, del
decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, introdotto dal decreto legge 28 dicembre 2001 n.452, convertito con
modificazioni dalla legge 27 febbraio 2002 n. 16, a meno che non rivesta le caratteristiche qualitative
individuate da norme tecniche finalizzate a definirne contenuti ed usi compatibili con la tutela ambientale e fino
a che la predetta individuazione non diventi effettiva con la emanazione dei necessari provvedimenti. Ne
consegue che, ai fini dell'accesso alle procedure semplificate, devono essere rispettate le condizioni di cui
all'art. 31, comma 3 lett. a), del citato decreto n. 22, che prevede l'accertamento che i rifiuti siano individuati
per frazioni omogenee e siano rispettate le disposizioni in materia di emissioni nell'atmosfera.

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155.html (76 di 151)23/09/2005 18.52.34
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7, Decreto Legge 28/12/2001 num. 452 art. 7,
Legge 27/02/2002 num. 16

Sez. 3, Sentenza n. 25926 del 21/03/2002 Ud. (dep. 08/07/2002 ) Rv. 222100 Presidente: Savignano G.
Estensore: Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Di Giorgio. P.M. De Nunzio W. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib.L'Aquila, 14 dicembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Ordinanza contingibile ed urgente -


Motivata esclusivamente da ragioni finanziarie - legittimità - Esclusione.

L'ordinanza contingibile ed urgente che il sindaco può emanare ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs 5 febbraio 1997
n. 22 per lo smaltimento dei rifiuti non può trovare il proprio fondamento esclusivamente in ragioni di ordine
finanziario, atteso che non esiste un principio di giustificazione di tipo economico nel sistema del citato D. Lgs
n. 22 e che l'ente locale ha il dovere di dare priorità alle spese necessarie per un normale e corretto smaltimento
dei rifiuti urbani, anche eventualmente individuando ad una certa distanza il sito di smaltimento.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 13


Massime precedenti Vedi: N. 11336 del 1995 Rv. 203265

Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 21925 del 14/05/2002 Ud. (dep. 06/06/2002 ) Rv. 221959 Presidente: Toriello F. Estensore:
Lombardi AM. Imputato: Saba U. P.M. Iacoviello FM. (Conf.)
(Rigetta, App. Cagliari, 20 giugno 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti in assenza di autorizzazione -Reato di cui
all'art. 51 del D. Lgs n. 22 del 1997 - Natura di reato proprio - Esclusione - Fondamento.

Il reato di attività di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione, previsto dall'art. 51 del decreto legislativo
5 febbraio 1997 n. 22, non deve necessariamente essere integrato da soggetti esercenti professionalmente
l'attività di gestione dei rifiuti, stante la espressione "chiunque" contenuta nel comma primo del citato articolo
e la avvenuta soppressione, ad opera dell'art. 7, comma sesto, del Decreto Legislativo 8 novembre 1997 n.
389, in relazione all'appartenenza dei rifiuti, dell'inciso

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155.html (77 di 151)23/09/2005 18.52.34
Italgiure Web

"prodotti da terzi" originariamente contenuto nella disposizione in questione.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 08/11/1997 num.

389 art. 7

Massime precedenti Vedi: N. 157 del 2000 Rv. 218537


Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 20780 del 11/04/2002 Ud. (dep. 28/05/2002 ) Rv. 221883
Presidente: Savignano G. Estensore: Piccialli L. Imputato: Brustia P. P.M. Siniscalchi A. (Parz.
Diff.)

(Rigetta, Trib. Novara, 9 maggio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Deposito temporaneo -Inosservanza delle
condizioni di cui all'art. 6 lett. m) del D. Lgs n. 22 del 1997 - Reato di cui all'art. 51, comma 2, del D. Lgs n.
22 - Configurabilità.

In tema di gestione dei rifiuti, affinché possa configurarsi l'ipotesi di deposito controllato e temporaneo, di cui
all'art. 6 lett. m) del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, occorre il rispetto delle condizioni dettata dal citato articolo,
ed in particolare il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione e l'osservanza dei tempi di giacenza, in
relazione alla natura ed alla quantità del rifiuto; in mancanza si configura il reato di abbandono e deposito
incontrollato di rifiuti, sanzionato dall'art. 51, comma 2, del citato decreto n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6

Massime precedenti Conformi: N. 7140 del 2000 Rv. 216977, N. 31128 del 2001 Rv. 220104

Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215946, N. 13808 del 2001 Rv. 218968

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 22539 del 05/04/2002 Ud. (dep. 10/06/2002 ) Rv. 221880 Presidente: Papadia U. Estensore:
Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Kiss Gmunter H ed altri. P.
M. Albano A. (Conf.)
(Annulla in parte senza rinvio, Trib. Verbania, 29 febbraio 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Danno ambientale - Nozione - Dimensione personale, sociale e
pubblica - Individuazione.
Il danno ambientale risarcibile presenta una triplice dimensione: personale quale lesione del fondamentale
diritto all'ambiente salubre da parte di ogni individuo; sociale quale lesione del diritto all'ambiente nelle
articolazioni sociali nelle quali si sviluppa la personalità umana; pubblica quale lesione del diritto-dovere
pubblico spettante alle Istituzioni centrali e periferiche.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Decreto Legisl.
26/10/1999 num. 490 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 11/05/1999 num. 152 COST PENDENTE,
Cod. Civ. art. 2043

Massime precedenti Vedi: N. 8699 del 1996 Rv. 209096, N. 1145 del 2002 Rv. 221010

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 22539 del 05/04/2002 Ud. (dep. 10/06/2002 ) Rv. 221879 Presidente: Papadia U. Estensore:
Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Kiss Gmunter H ed altri. P.
M. Albano A. (Conf.)
(Annulla in parte senza rinvio, Trib. Verbania, 29 febbraio 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Risarcimento del danno - Legittimazione ad agire dello
Stato e degli Enti territoriali - Necessità di perdita economica o di spese - Esclusione -Fondamento.

In materia ambientale, al fine della legittimazione ad agire per il risarcimento del danno da parte dello Stato e
degli enti territoriali minori non si richiede che questi abbiano affrontato spese per riparare il danno o che
abbiano subito una perdita economica, atteso che la considerazione secondo la quale il diritto al risarcimento
sorgerebbe soltanto a seguito della perdita finanziaria contabile nel bilancio dell'ente pubblico, risulta superata
dalla funzione di tutela della collettività e delle comunità presenti nell'ambito territoriale di tali Enti, nonché
dalla esistenza di interessi all'equilibrio ecologico, biologico e sociologico del territorio che fanno capo ai
predetti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Decreto Legisl.

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155.html (79 di 151)23/09/2005 18.52.34
11/05/1999 num. 152 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 29/10/1999 num. 490 COST
ILLEGITTIMITÀ, Cod. Civ. art. 2043

Massime precedenti Vedi: N. 439 del 1994 Rv. 197043, N. 7275 del 1994 Rv. 198194, N. 2361 del 1996 Rv.
204483

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 22539 del 05/04/2002 Ud. (dep. 10/06/2002 ) Rv. 221878 Presidente: Papadia U. Estensore:
Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Kiss Gmunter H ed altri. P.
M. Albano A. (Conf.)
(Annulla in parte senza rinvio, Trib. Verbania, 29 febbraio 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione di rifiuti - Amministratore di fatto di società di capitale
- Responsabilità ai sensi del D. Lgs n. 22 del 1997 - Condizioni - Individuazione.

L'amministratore di fatto di una società di capitali può essere ritenuto penalmente responsabile per le violazioni
dei doveri connessi all'attività di gestione dei rifiuti soltanto ove sia provata la estraneità dalla gestione stessa
del legale rappresentante, atteso che ove quest'ultimo esplichi funzioni gestionali non si può ascrivere
all'amministratore di fatto il mancato compimento di atti per i quali non sussisteva obbligo di ingerirsi.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Vedi: N. 12965 del 1994 Rv. 200959

Massime successive: Vedi


Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 22539 del 05/04/2002 Ud. (dep. 10/06/2002 ) Rv. 221877 Presidente: Papadia U. Estensore:
Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Kiss Gmunter H ed altri. P.
M. Albano A. (Conf.)
(Annulla in parte senza rinvio, Trib. Verbania, 29 febbraio 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Impianto di recupero di rifiuti urbani - Attivato con procedura
semplificata ex artt. 31 e 33 del D. Lgs. n. 22 del 1997 in assenza dei presupposti di legge -Reato di cui all'art. 51
del D.Lgs n.22 - Configurabilità.

La costruzione e l'esercizio, o il solo esercizio, di impianti per il recupero di rifiuti urbani possono

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155.html (80 di 151)23/09/2005 18.52.34
essere autorizzati secondo le procedure semplificate di cui agli artt. 31 e 33 del Decreto Legislativo 5 febbraio
1997 n. 22 solo ove esista una preventiva programmazione formulata attraverso il piano regionale di gestione o
con un accordo di programma stipulato con il Ministero dell'Ambiente, di concerto con il Ministero
dell'industria e d'intesa con la Regione, e sempre che siano utilizzate le migliori tecnologie disponibili per la
tutela dell'ambiente e sia garantita una diminuzione delle emissioni inquinanti. (In applicazione di tale principio
la Corte ha confermato la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 51 del D. Lgs n. 22 in un caso di
attivazione di un impianto per il recupero di rifiuti con procedura semplificata in difetto dei citati requisiti).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 31, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33,
Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 7138 del 2000 Rv. 217012, N. 30318 del 2001 Rv. 219981

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 22539 del 05/04/2002 Ud. (dep. 10/06/2002 ) Rv. 221875 Presidente: Papadia U.
Estensore: Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Kiss Gmunter H ed altri. P.
M. Albano A. (Conf.)
(Annulla in parte senza rinvio, Trib. Verbania, 29 febbraio 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Impianti di trattamento dei rifiuti - Comportanti emissioni in
atmosfera - Disciplina applicabile - Concorrenza delle norme in materia di gestione dei rifiuti e delle
immissioni in atmosfera - Fondamento.

In tema di gestione di rifiuti, gli impianti di trattamento di rifiuti che comportano emissioni in atmosfera, ed in
particolare gli inceneritori tradizionali, sono soggetti sia alle disposizioni di cui al Decreto Legislativo 5
febbraio 1997 n. 22 sia alla disciplina di cui al D. P.R. 24 maggio 1988 n. 203 (tutela dall'inquinamento
atmosferico), atteso che la normativa nazionale e comunitaria in tema di inquinamento atmosferico completa e
non assorbe quella sui rifiuti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, DPR 24/05/1988 num. 203
COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 10245 del 1995 Rv. 202772

Massime precedenti Vedi: N. 5702 del 1996 Rv. 205269

Sez. 3, Sentenza n. 14762 del 05/03/2002 Ud. (dep. 09/04/2002 ) Rv. 221575 Presidente:
Papadia U. Estensore: Novarese F. Imputato: Amadori C ed altro. P.M. Passacantando G.
(Conf.)
(Rigetta, Trib. Forlì, 25 ottobre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuto - Qualificazione di un bene quale rifiuto -Natura di
accertamento di fatto - Sindacabilità in cassazione - Limiti.

In tema di gestione dei rifiuti, l'accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto, dovendo essere effettuata
in base ad un criterio oggettivo e prevalente di compatibilità ambientale, in base alle previsione di cui all'art. 2
del Decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22,costituisce una "quaestio facti" demandata al giudice di merito ed
insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione esente da vizi logici o giuridici.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 2

Massime precedenti Vedi: N. 7567 del 1992 Rv. 190923


Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 14762 del 05/03/2002 Ud. (dep. 09/04/2002 ) Rv. 221574 Presidente:
Papadia U. Estensore: Novarese F. Imputato: Amadori C ed altro. P.M. Passacantando G.
(Conf.)
(Rigetta, Trib. Forlì, 25 ottobre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Smaltimento e recupero ad opera della
stessa impresa che li ha prodotti e nei luoghi di produzione - Disciplina di cui al D. Lgs n. 22 del 1997 -
Applicabilità.

In tema di gestione dei rifiuti, la disciplina di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 si applica anche
allorché lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti avvenga ad opera dell'impresa che li ha prodotti e negli stessi
luoghi di produzione.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Vedi: N. 7567 del 1992 Rv. 190923, N. 19125 del 2001 Rv. 218936

Sez. 3, Sentenza n. 14762 del 05/03/2002 Ud. (dep. 09/04/2002 ) Rv. 221573 Presidente:
Papadia U. Estensore: Novarese F. Imputato: Amadori C ed altro. P.M. Passacantando G.
(Conf.)
(Rigetta, Trib. Forlì, 25 ottobre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuto - Definizione - Esclusione di riutilizzazione


economica da parte di terzi - Rilevanza - Esclusione.

In tema di disciplina dei rifiuti, costituisce rifiuto qualsiasi sostanza di cui il produttore o il detentore si disfi, o
abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, non assumendo rilievo la intenzione, di escluderne ogni riutilizzazione
economica da parte di altre persone.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 2

Massime precedenti Conformi: N. 19125 del 2001 Rv. 218936


Massime precedenti Vedi: N. 2607 del 1991 Rv. 186489, N. 7567 del 1992 Rv. 190923

Massime successive: Conformi

Sez. 3, Sentenza n. 13884 del 28/02/2002 Ud. (dep. 11/04/2002 ) Rv. 221570
Presidente: Malinconico A. Estensore: Novarese F. Imputato: Fregoli A. P.M. Hinna Danesi F.
(Conf.)

(Rigetta, Trib. Siena, 24 gennaio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Autorizzazione per lo smaltimento dei rifiuti in discarica
- Inadempimento delle prescrizioni e/o condizioni dell'autorizzazione da parte di soggetto diverso dal titolare -
Responsabilità del titolare dell'autorizzazione - Sussistenza - Fondamento.

In tema di gestione dei rifiuti, l'autorizzazione per lo smaltimento degli stessi in discarica ha natura personale,
basandosi sulla idoneità del soggetto richiedente e sulla sua iscrizione nel relativo albo, così che anche
l'inadempimento da parte di un collaboratore risulta imputabile al titolare, atteso che la natura di reato proprio
del reato previsto dall'art. 51 del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 individua nel soggetto autorizzato il responsabile
ed il garante dell'adempimento delle prescrizioni dell'autorizzazione.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215943, N. 4957 del 2000 Rv. 215944

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155.html (83 di 151)23/09/2005 18.52.34

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 16249 del 20/03/2002 Ud. (dep. 03/05/2002 ) Rv. 221568
Presidente: Malinconico A. Estensore: Piccialli L. Imputato: P.M. in proc. Camposano G. P.M.
Di Zenzo C. (Conf.)

(Rigetta, Trib. Napoli, 29 novembre 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Deposito di autoveicoli e motoveicoli sottoposti a sequestro -


Discarica abusiva di rifiuti - Configurabilità - Esclusione.

La attività di custodia di autoveicoli e motoveicoli sequestrati, tenuti a disposizione dell'autorità giudiziaria o


amministrativa, non configura attività di realizzazione e gestione di discarica, atteso che i veicoli in sequestro di
per sè non possono considerarsi destinati all'abbandono, ne' per volontà del detentore ne' per obbligo giuridico.
(Nell'occasione la Corte ha ulteriormente precisato che solo ove si verifichino infiltrazioni di oli o altri liquidi
nel suolo, o altre forme di inquinamento ambientale è configurabile il reato di cui all'art. 51 del D. Lgs 5
febbraio 1997 n. 22).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Conformi: N. 414 del 2000 Rv. 216451

Sez. 3, Sentenza n. 12122 del 19/02/2002 Ud. (dep. 28/03/2002 ) Rv. 221440 Presidente: Malinconico A.
Estensore: Grillo C. Imputato: Miconi M ed altro. P.M. Iacoviello FM. (Diff.)
(Rigetta, Trib. L'Aquila, 26 giugno 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Operazioni di recupero con procedura
semplificata - Registro di carico e scarico - Obbligatorietà - Sussistenza .

In tema di gestione dei rifiuti, l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico, prescritti dall'art. 12 del
D.L.G. 5 febbraio 1997 n. 22, grava su tutti coloro che effettuano operazioni di recupero dei rifiuti, anche se
ammessi alla procedura semplificata di iscrizione all'albo delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti ex
art. 33 del citato decreto n. 22, atteso che anche le procedure semplificate devono garantire un elevato livello di
protezione ambientale e controlli efficaci.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 12, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.

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155.html (84 di 151)23/09/2005 18.52.34
22 art. 33

Massime precedenti Vedi: N. 1497 del 1997 Rv. 209152, N. 1492 del 2000 Rv. 217181, N. 13808 del 2001 Rv.
218968

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 7430 del 15/01/2002 Ud. (dep. 26/02/2002 ) Rv. 221384 Presidente: Avitabile D.
Estensore: Onorato P. Imputato: Dessena G. P.M. Passacantando G. (Parz. Diff.)
(Annulla in parte senza rinvio, App. Cagliari, 14 novembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Reato di realizzazione o gestione
di discarica abusiva - Sentenza di condanna - Confisca dell'area in caso di comproprietà della stessa -
Condizioni.

In tema di gestione dei rifiuti, il provvedimento di confisca dell'area sulla quale risulta realizzata o gestita la
discarica non autorizzata non può essere disposto dal giudice, con la sentenza di condanna emessa ai sensi
dell'art. 51, comma 3,del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, in caso di comproprietà dell'area stessa, allorché i
comproprietari non siano responsabili, quanto meno a titolo di concorso, del reato di discarica abusiva, non
avendo l'area una intrinseca criminalità in senso assoluto e potendo essere bonificata dai residui inquinanti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215943, N. 17349 del 2001 Rv. 219698, N. 21640 del 2001
Rv. 219523
Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 7430 del 15/01/2002 Ud. (dep. 26/02/2002 ) Rv. 221383
Presidente: Avitabile D. Estensore: Onorato P. Imputato: Dessena G. P.M. Passacantando G.
(Parz. Diff.)

(Annulla in parte senza rinvio, App. Cagliari, 14 novembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Attività di demolizione e costruzione di


edifici - Applicabilità delle disposizioni di cui al D. Lgs n. 22 del 1997 - Questione di legittimità costituzionale
per disparità di trattamento con la disciplina per le terre e rocce da scavo di cui alla legge n. 443 del 2001 -
Manifesta infondatezza - Fondamento.

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155.html (85 di 151)23/09/2005 18.52.34
È manifestamente infondata in relazione all'art. 3 Cost. la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7 e
51 del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, ove definisce quali rifiuti e li sottopone alla conseguente disciplina i
materiali derivanti dall'attività di demolizione e costruzione di edifici per la prospettata disparità di trattamento
con le terre e le rocce da scavo, anche quando contaminate, escluse dall'art. 1, comma 17 della legge 21
dicembre 2001 n. 443 (delega al governo in materia di infrastrutture ed insediamenti strategici- cd. legge
obiettivo) dall'ambito dei rifiuti, nonostante la maggiore pericolosità ambientale di queste ultime, atteso che si
tratta di attività e materiali ontologicamente diversi, la cui diversità giustifica la differente disciplina adottata
dal legislatore nell'ambito del proprio potere discrezionale.

Riferimenti normativi: Legge 21/12/2001 num. 443 art. 1 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 7, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Costituzione art. 3

Massime successive: Conformi, Difformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 7430 del 15/01/2002 Ud. (dep. 26/02/2002 ) Rv. 221382
Presidente: Avitabile D. Estensore: Onorato P. Imputato: Dessena G. P.M. Passacantando G.
(Parz. Diff.)
(Annulla in parte senza rinvio, App. Cagliari, 14 novembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Provenienza da attività di demolizione e


costruzione - Natura di rifiuto speciale - Entrata in vigore della legge n. 443 del 2001 -Persistenza - Fondamento.

In tema di gestione dei rifiuti, anche dopo la entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001 n. 443 (delega al
governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi - cd. legge obiettivo), continuano a costituire
rifiuti speciali, ai sensi dell'art. 7, comma 3, lett. b), del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, quelli derivanti da attività
di demolizione e costruzione che, incidendo su edifici, sono strutturalmente diverse dall'attività di scavo, che
incide su terreni e per i cui prodotti soltanto l'art. 1, comma 17, della citata legge n. 443 prevede la esclusione
dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 22, che li considerava rifiuti speciali o pericolosi.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7, Legge 21/12/2001 num. 443
COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 2419 del 2000 Rv. 217329, N. 133 del 2001 Rv. 218369

Massime successive: Conformi, Difformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 16383 del 14/03/2002 Ud. (dep. 06/05/2002 ) Rv. 221331 Presidente: Malinconico A.
Estensore: Novarese F. Imputato: Li Petri. P.M. Siniscalchi A. (Diff.)
(Rigetta, App. Palermo, 27 febbraio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Titolare di rivendita di materiali edili - Abbandono di rifiuti -
Ripetitività e abitualità della condotta - Reato di gestione di discarica abusiva -Configurabilità - Interpretazione
autentica in tema di rifiuti costituiti da terre e rocce da scavo fornita dall'art. 1 comma 17 legge 21 dicembre
2001, n. 443 - Irrilevanza.

Ai fini della configurabilità del reato di gestione di discarica abusiva previsto dall'art. 51 comma 1 del D. Lgs. 5
febbraio 1997 n. 22, commesso dal titolare di un esercizio commerciale di vendita di materiali edili che,
ripetutamente e con carattere di definitività, abbandoni i rifiuti provenienti dalla propria attività, non assumono
rilievo le modifiche apportate dall'art. 1 comma 17 della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (delega al Governo in
materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi), il quale ha escluso - fornendo l'interpretazione autentica
degli artt. 7, comma 3, lett.b) e 8, comma 1, lett. f-bis) del D. Lgs. n. 22 del 1997 - che le terre e le rocce da
scavo, anche di gallerie, costituiscano rifiuti, in quanto la legge anzidetta deve essere riferita esclusivamente
all'attività collegata all'esecuzione di grandi opere e non può essere estesa indiscriminatamente alle normali
attività di demolizione e costruzione (la Corte ha altresì precisato che la deroga alla disciplina del D. Lgs. n. 22
del 1997 si giustifica per il rilievo pubblico degli interventi previsti nella legge n. 443 del 2001).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1, Decreto Legisl.
08/11/1997 num. 389 art. 7, Legge 21/12/2001 num. 443 art. 1 com. 17

Massime precedenti Vedi: N. 133 del 2001 Rv. 218369

Massime successive: Difformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 8520 del 16/01/2002 Ud. (dep. 04/03/2002 ) Rv. 221273 Presidente: Savignano
G. Estensore: Fiale A. Imputato: Leuci E. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Potenza, 19 gennaio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Scarti animali -


Riconducibilità alla disciplina di cui al D. Lgs n. 22 del 1997 - Sussistenza - Fondamento.

In tema di gestione dei rifiuti, configura l'ipotesi di reato di cui agli artt. 30 e 51 del D. Lgs 5 febbraio 1997 n.
22 lo svolgimento dell'attività di raccolta, trasporto e stoccaggio di scarti animali non trattati in assenza della
iscrizione all'albo nazionale delle imprese esercenti la gestione dei rifiuti, atteso che la esclusione dal regime
generale dei rifiuti prevista dall'art. 8, comma 1, del citato decreto n. 22 per le carogne ed altri rifiuti agricoli
specificamente indicati, non può estendersi agli scarti animali in quanto le esclusioni dall'ambito di una
normativa devono essere oggetto di interpretazione restrittiva. (Nell'occasione la Corte ha precisato che le
esclusioni dal regime del citato decreto operano soltanto allorquando le categorie di materie esonerate siano
disciplinate da specifiche disposizioni di legge, e tale non può essere considerato il D. Lgs. 14 dicembre 1992 n.
508 che regola esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria della fase di trasformazione dei rifiuti di
origine animale, con esclusione dei profili di gestione per i quali rimane la operatività del decreto n. 22 del
1997.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 30,
Decreto Legisl. 14/12/1992 num. 508

Massime precedenti Vedi: N. 1605 del 1996 Rv. 204384

Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 10900 del 15/02/2002 Ud. (dep. 15/03/2002 ) Rv. 221271
Presidente: Papadia U. Estensore: Lombardi AM. Imputato: Pierobon L. P.M. De Nunzio W.
(Conf.)

(Rigetta, Trib.Torino, 25 settembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Reato di raccolta di rifiuti in assenza di
iscrizione all'Albo - Confisca dei mezzi utilizzati ex art. 53 del D.Lgs n. 22 del 1997 -Questione di legittimità
costituzionale- Manifesta infondatezza - Fondamento.

In tema di gestione dei rifiuti, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53
del D.lgs 5 febbraio 1997 n. 22, che dispone la confisca obbligatoria dei mezzi di trasporto utilizzati per la
commissione del reato di raccolta di rifiuti in mancanza della iscrizione all'albo, sollevata sul presupposto che
la legge delega 22 febbraio 1994 n. 146 per la attuazione delle direttive in materia di rifiuti non prevedeva la
emanazione di misure di sicurezza patrimoniali, atteso che tale confisca ha natura e funzione di pena, così da
renderla compatibile con l'ambito della citata delega, nella quale è stata prevista l'emanazione di sanzioni
penali ed amministrative per le violazioni delle direttive comunitarie 91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/31/CEE alle
quali il governo è stato delegato a dare attuazione con la citata legge n. 146.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 53, Legge 22/02/1994 num. 146

Massime precedenti Vedi: N. 1492 del 2000 Rv. 217180, N. 16564 del 2001 Rv. 219100

Massime successive: Conformi, Vedi


Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 8530 del 18/01/2002 Ud. (dep. 04/03/2002 ) Rv. 221261 Presidente:
Malinconico A. Estensore: Marini L. Imputato: Casti I. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib.Cagliari, 26 gennaio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Osservanza delle prescrizioni
autorizzatorie - Avvenuta delega di funzioni da parte del sindaco alla struttura amministrativa - Reato di cui
all'art. 51 del D. Lgs n. 22 del 1997 - Configurabilità in capo al sindaco - Esclusione -Fondamento.

In materia di smaltimento dei rifiuti, non risponde del reato di cui all'art. 51, comma 4, del D. Lgs 5 febbraio
1997 n. 22 il sindaco che abbia compiuto, in presenza di una valida delega di funzioni, i necessari atti di
indirizzo e messo gli uffici in condizione di operare positivamente, atteso che allo stesso, per effetto dei decreti
legislativi 3 febbraio 1993 n. 29, 25 febbraio 1995 n. 77 e 11 giugno 1996 n. 336, spetta la definizione delle
politiche complessive dell'amministrazione, la individuazione degli obiettivi, la predisposizione e la
ripartizione degli strumenti e delle risorse, mentre ai titolari della struttura amministrativa competono le
potestà gestionali ed il dovere di corretta amministrazione.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 03/02/1993 num. 29 COST
ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 25/02/1995 num. 77 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 11/06/1996
num. 336 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 4003 del 1999 Rv. 213271

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 7466 del 22/01/2002 Ud. (dep. 26/02/2002 ) Rv. 221167 Presidente: Papadia U.
Estensore: Teresi A. Imputato: Abate F. P.M. Albano A. (Conf.)
(Rigetta, Trib.Verbania, 8 giugno 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Nozione di rifiuto - Traversine ferroviarie impregnate


-Inclusione - Fondamento.

Le traversine in legno impregnate con preservante a base di creosoto, non più utilizzabili nelle strutture
ferroviarie di provenienza, vanno qualificate come rifiuti ai sensi dell'art. 6 del D. Lgs 22 febbraio 1997 n.
22, pur potendo essere destinate al reimpiego nelle strutture per scopi diversi da quello originario ai sensi
del Decreto del Ministro dell'Ambiente 5 febbraio 1998, ciò anche in considerazione della loro inclusione tra
i materiali per i quali è possibile accedere alle procedure

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155.html (89 di 151)23/09/2005 18.52.34

semplificate di recupero per i rifiuti non pericolosi di cui agli artt. 31 e 33 del citato D.Lgs. n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 31, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.

22 art. 33, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6

Massime precedenti Vedi: N. 1492 del 2000 Rv. 217181, N. 19125 del 2001 Rv. 218936

Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 6796 del 10/01/2002 Ud. (dep. 20/02/2002 ) Rv. 221166 Presidente: Savignano G.
Estensore: Piccialli L. Imputato: Garzia M. P.M. De Nunzio W. (Diff.)
(Annulla con rinvio, App. Roma, 8 gennaio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Reato di realizzazione o gestione


di discarica abusiva - Nozione.

In tema di smaltimento dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica
non autorizzata, punito dall'art. 51, comma 3, del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, non è sufficiente l'accumulo, più
o meno sistematico, di rifiuti in un'area controllata, ma occorre l'ulteriore elemento costituito dal degrado,
quanto meno tendenziale, dello stato dei luoghi, per effetto della presenza dei materiali destinati all'abbandono.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 8468 del 1996 Rv. 206142, N. 9579 del 1996 Rv. 206716
Sez. 3, Sentenza n. 1145 del 30/10/2001 Ud. (dep. 14/01/2002 ) Rv. 221009 Presidente: Savignano G.
Estensore: Franco A. Imputato: Cucchiara F ed altro. P.M. Hinna Danesi F. (Conf.)
(Annulla in parte con rinvio, App.Milano, 24 maggio 2000).

515001 BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Attività di rottamazione di


autovetture esercitata in zona sottoposta a vincolo - Attività iniziatesi prima dell'entrata in vigore del D. L. n. 312
del 1985 ed in corso in epoca successiva - Necessità dell'autorizzazione paesistica -Assenza dell'autorizzazione -
Configurabilità del reato di cui all'art. 1 sexies d. l. n. 312 del 1985.

In tema di protezione delle bellezze naturali, l'attività di rottamazione di autovetture in zona

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sottoposta a vincolo e senza autorizzazione paesaggistica integra il reato previsto dall'art. 1 sexies del D. L. 27
giugno 1985 n. 312, convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431, anche se tale attività sia iniziata prima
dell'entrata in vigore del citato D.L. n. 312, in quanto anche se nel momento iniziale l'autorizzazione non era
prevista, essa si è resa necessaria, dopo la suddetta entrata in vigore, per tutte le ulteriori attività di ammasso,
trattamento e movimentazione delle carcasse di autovetture.

Riferimenti normativi: Decreto Legge 27/06/1985 num. 312 art. 1 sexies, Legge 08/08/1985 num. 431, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Vedi: N. 10952 del 1998 Rv. 212045, N. 1899 del 1999 Rv. 214512

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 554 del 04/12/2001 Ud. (dep. 09/01/2002 ) Rv. 220850 Presidente: Papadia U.
Estensore: Piccialli L. Imputato: Francavilla G. P.M. Hinna Danesi F. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib. Pistoia, 31 maggio 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Autorizzazione per il recupero di rifiuti -
Validità anche per impianto dislocato in luogo diverso da quello oggetto dell'originaria istanza - Esclusione -
Fattispecie.

In tema di gestione di rifiuti, il possesso di una autorizzazione, espressa o tacita, per l'attività di recupero dei
rifiuti non legittima l'esercizio, da parte dello stesso soggetto, della medesima attività in luogo diverso da quello
in relazione al quale venne originariamente presentata istanza, atteso che le finalità di controllo perseguite in
materia risultano soddisfatte solo se sussiste legame con le caratteristiche tecniche dell'impianto per il quale
l'autorizzazione risulta inizialmente rilasciata. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto integrato il
reato di cui all'art. 51 del D.Lgs n. 22 del 1997 nel caso di trasferimento di un impianto di recupero di rifiuti dal
luogo ove trovavasi al momento del rilascio dell'autorizzazione).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33

Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 31128 del 03/07/2001 Ud. (dep. 10/08/2001 ) Rv. 220104 Presidente: Avitabile D.
Estensore: Novarese F. Imputato: P.M. in proc. Migliozzi G. P.M. Albano A. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Macerata, 22 febbraio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Deposito temporaneo in violazione delle prescrizioni
di cui all'art. 6 lett. m) D.Lgs n. 22 del 1977 - Reato di cui all'art. 51, comma secondo, stesso decreto -
Configurabilità.

In tema di gestione dei rifiuti, nell'ipotesi di inosservanza delle condizioni e prescrizioni regolanti il deposito
temporaneo - di cui all'art. 6 lett. m) del D.Lgs 5 febbraio 1997 n 22 - si configura il reato previsto dal comma
secondo dell'art. 51 dello stesso decreto, che sanziona, con riferimento all'art. 14, l'abbandono ed il deposito
incontrollato di rifiuti, quale norma residuale rispetto alle ipotesi tipiche previste dallo stesso decreto n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6
Massime successive: Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 30318 del 24/05/2001 Cc. (dep. 03/08/2001 ) Rv. 219981
Presidente: Avitabile D. Estensore: Onorato P. Imputato: Pipparelli M ed altro. P.M. Favalli M.
(Diff.)

(Rigetta, Trib. ries.Grosseto, 17 gennaio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina sui rifiuti - Impianto per la produzione di energia
elettrica che utilizzi combustibile da rifiuti - Autorizzazione di cui all'art. 17 del DPR n. 203 del 1988 -
Sufficienza - Esclusione - Autorizzazione ex D.Lgs n. 22 del 1977 - Necessità.

Qualora un impianto di produzione di energia elettrica si avvalga di CDR (combustibile da rifiuto), quale
definito dall'art. 6, lett. p), del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, e non sussistano le condizioni per
l'accesso alle procedure semplificate in materia di gestione dei rifiuti di cui agli artt. 31-33 del medesimo
decreto, esso deve essere munito oltre che dell'autorizzazione prevista dall'art. 17, comma 2, del D.P.R. 24
maggio 1988 n. 203, anche di quella prevista dagli artt. 27 e 28 del decreto n. 22 citato. (In applicazione di tale
principio la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un impianto di produzione di energia elettrica
in assenza della autorizzazione regolata dai citati artt. 27-28 d.p.r. n. 22 del 1997).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 27, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.

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22 art. 28, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6

Edita Sez. 3, Sentenza n. 30903 del 23/05/2001 Cc. (dep. 08/08/2001 ) Rv. 219934 Presidente: Avitabile D.
Estensore: Mannino S. Imputato: Maio M. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. ries. Foggia, 4 gennaio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Trasporto di rifiuti pericolosi - Reato di cui all'art. 52, comma 3,
D.Lgs n. 22 del 1997 - Sequestro preventivo dei mezzi utilizzati per il trasporto -Legittimità - Fondamento.
In materia di smaltimento dei rifiuti, è legittimo il sequestro preventivo dei mezzi utilizzati per il trasporto di
rifiuti pericolosi con formulario contenente dati inesatti o incompleti, integrante l'ipotesi di reato di cui all'art.
52, comma 3, del D. Lgs 25 febbraio 1997 n. 22, stante il disposto del comma secondo dello stesso articolo 52,
che ricollega al reato di cui al comma terzo una ipotesi di confisca obbligatoria.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 52 COST PENDENTE, Nuovo Cod. Proc. Pen.
art. 321, Legge 22/09/1988 num. 447 art. 321

Massime precedenti Vedi: N. 1134 del 2000 Rv. 216070

Edita Sez. 3, Sentenza n. 30903 del 23/05/2001 Cc. (dep. 08/08/2001 ) Rv. 219933 Presidente: Avitabile D.
Estensore: Mannino S. Imputato: Maio M. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. ries. Foggia, 4 gennaio 2001).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Trasporto di rifiuti pericolosi - Reato di cui all'art. 52, comma 3,
del D.Lgs n. 22 del 1997 - Contrasto tra dati reali e quanto riportato sul formulario -Integrabilità - Esclusione -
Fondamento.

In materia di smaltimento dei rifiuti la divergenza tra i dati riportati nel prescritto formulario e quanto
concretamente emergente dal trasporto rientra nella fattispecie criminosa prevista dal comma 3 dell'art. 52
del D. lgs 22 febbraio 1997 n. 22, atteso che essa costituisce una inesattezza determinata da un contrasto
reale, sanzionato come reato, e non da un difetto puramente formale, cioè tale da consentire comunque di
ricostruire le informazioni dovute, sanzionato come illecito

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Italgiure Web

amministrativo del successivo comma 4.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 52 com. 3

Massime precedenti Vedi: N. 1134 del 2000 Rv. 216070


Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 17349 del 29/03/2001 Cc. (dep. 28/04/2001 ) Rv. 219698 Presidente: Toriello F. Estensore:
Piccialli L. Imputato: Mingione F. P.M. Di Zenzo C. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Ries.Napoli, 13 novembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Trasporto illecito di rifiuti -Commesso
dal legale rappresentante di ente o società - Confisca dei mezzi utilizzati - Appartenenti alla società -
Legittimità.

In tema di gestione di rifiuti, legittimamente il giudice dispone la confisca dei mezzi utilizzati per il trasporto
illecito di rifiuti anche se appartenenti alla società di cui all'epoca dei fatti l'imputato era legale
rappresentante, non rilevando in tale ipotesi la pretesa appartenenza a persona estranea al reato del bene,
atteso che ove una attività illecita venga posta in essere da un soggetto collettivo attraverso i suoi organi
rappresentativi mentre a costoro farà capo la responsabilità penale per i singoli atti delittuosi ogni altra
conseguenza patrimoniale non può non ricadere sull'ente esponenziale in nome e per conto del quale la
persona fisica abbia agito, con esclusione della sola ipotesi di rottura del rapporto organico per avere il
soggetto agito di propria esclusiva iniziativa.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 53, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 27702 del 13/06/2001 Ud. (dep. 10/07/2001 ) Rv. 219646 Presidente: Avitabile D.
Estensore: Novarese F. Imputato: Sorrenti G. P.M. Mura A. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, App.Torino, 10 ottobre 2000).

661108 IMPUGNAZIONI (COD. PROC. PEN. 1988) - CASSAZIONE - SENTENZA -


ANNULLAMENTO - SENZA RINVIO - CASI - Determinazione concordata della pena ai sensi dell'art.
599 cod. proc. pen. - Pena illegale - Individuazione certa della volontà delle parti -Annullamento senza
rinvio con eliminazione della pena illegale - Possibilità.

In tema di patteggiamento, qualora venga determinata in seguito all'accordo delle parti ai sensi degli artt. 444 o
599 cod. proc. pen. una pena illegale, deve ritenersi venuto meno l'accordo e la sentenza impugnata va
annullata senza rinvio, a meno che sia possibile accertare in maniera inequivoca e sulla base di dati oggettivi la
volontà delle parti, nel qual caso la Corte di Cassazione può procedere direttamente alla rideterminazione della
pena eliminando quella illegale. (In applicazione di tale principio la corte, in una fattispecie relativa al reato di
trasporto e smaltimento abusivo di rifiuti, ha eliminato la pena detentiva già fissata ex art. 599 cod. proc. pen.
nel minimo edittale unitamente alla pena pecuniaria, deducendo da tale circostanza che, ove le parti non fossero
incorse in errore, avrebbero certamente concordato la sola pena pecuniaria nel minimo edittale).

Riferimenti normativi: Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 444 COST ILLEGITTIMITÀ, Legge 22/09/1988 num. 447
art. 444 COST ILLEGITTIMITÀ, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 599 COST ILLEGITTIMITÀ, Legge
22/09/1988 num. 447 art. 599 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 4713 del 1997 Rv. 207620

Sez. 3, Sentenza n. 26923 del 03/04/2001 Ud. (dep. 04/07/2001 ) Rv. 219627
Presidente: Avitabile D. Estensore: Onorato P. Imputato: Giardina A ed altro. P.M. Di Zenzo C.
(Diff.)

(Annulla senza rinvio, Trib. Siracusa, 18 maggio 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Ordinanza sindacale ai sensi dell'art. 13
d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 - Equipollenza alla autorizzazione regionale - Ammissibilità
-Prescrizioni ivi contenute o richiamate - Violazione - Reato di cui all'art. 51, comma 4 d.lgs. n. 22/1997 -
Configurabilità - Fattispecie.

In materia di smaltimento dei rifiuti, qualora l'ordinanza contingibile e urgente emessa dal sindaco ai sensi
dell'art. 13 del d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 si configuri come un equipollente
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dell'autorizzazione regionale, la violazione delle prescrizioni ivi contenute o richiamate integra il reato di cui
all'art. 51, comma 4 del d. lgs. N. 22/1997, in quanto la voluntas legis è quella di sanzionare il mancato rispetto
delle prescrizioni tecniche da parte dell'operatore autorizzato alla gestione dei rifiuti, tanto in via ordinaria
quanto attraverso l'esercizio del potere sindacale extra ordinem. (In applicazione del principio, la corte ha
escluso che la disciplina prevista dal regolamento di integrazione sullo smaltimento dei rifiuti, adottato dal
comitato interministeriale il 27 luglio 1984, potesse integrare la norma penale dell'art. 51, comma 4, d.lgs. n.
22/1997, in quanto non richiamata dalla ordinanza sindacale).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 4, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 13

Massime precedenti Vedi: N. 11294 del 1999 Rv. 214460, N. 4398 del 2000 Rv. 216150

Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 21640 del 26/04/2001 Cc. (dep. 28/05/2001 ) Rv. 219523 Presidente:
Papadia U. Estensore: Fiale A. Imputato: Cannavò F. (Diff.)
(Dichiara inammissibile, Trib. Catania, 16 giugno 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Realizzazione e/o gestione di discarica
abusiva - Applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. - Confisca dell'area e rimessione in pristino - Non comprese
nell'accordo - Pronuncia - Legittimità - Fondamento.

I tema di smaltimento dei rifiuti, anche in caso di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. per il reato di
realizzazione e/o gestione di una discarica abusiva va disposta la confisca dell'area sulla quale insisteva la
discarica, se di proprietà dell'autore del reato o di altro compartecipe, e va disposta la bonifica e la
remissione in pristino dell'area prima della acquisizione definitiva al patrimonio pubblico, non assumendo
rilievo che il provvedimento di confisca non abbia formato oggetto dell'accordo fra le parti, atteso che
questa costituisce atto dovuto per il giudice non suscettibile di valutazioni discrezionali e pertanto sottratto
alla disponibilità delle parti.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 444 COST
ILLEGITTIMITÀ, Legge 22/09/1988 num. 447 art. 444 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime successive: Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 16564 del 15/02/2001 Cc. (dep. 23/04/2001 ) Rv. 219100
Presidente: Zumbo A. Estensore: Postiglione A. Imputato: PM in proc. Comune di Roseto. P.M.
De Nunzio W. (Diff.)

(Annulla senza rinvio, Trib. Cosenza, 26 maggio 2000).

673135 PROVE (COD. PROC. PEN. 1988) - MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA - SEQUESTRI
-OGGETTO - Mezzo di trasporto appartenente all'Amministrazione comunale e adibito a pubblico servizio -
Confisca obbligatoria - Applicabilità - Esclusione.

In tema di sequestro probatorio avente ad oggetto un mezzo di trasporto appartenente all'Amministrazione


comunale, non è applicabile l'istituto della confisca obbligatoria previsto dall'art.53, comma 2, del D.Lgs n.22
del 1997 (che prevede e sanziona il "traffico illecito di rifiuti", avuto riguardo alla natura del bene appartenente
al patrimonio indisponibile dell'ente territoriale di cui fanno parte anche i beni destinati al pubblico
servizio(art.826 cod. civ). Ne consegue l'incompatibilità di detta confisca obbligatoria con la destinazione
pubblica del bene e la necessità di disporne la restituzione di quest'ultimo al Comune.

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 240 com. 2, Legge 05/02/1997 num. 22 art. 53 com. 2

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 20930 del 30/03/2001 Ud. (dep. 23/05/2001 ) Rv. 219012 Presidente: Accattatis V.
Estensore: Marasca G. Relatore: Mannino SF. Imputato: Morizio V. P.
M. Fraticelli M. (Conf.)
(Rigetta, App. Torino, 7 giugno 2000).
614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Gestione - Inottemperanza all'ordinanza di sgombero
emessa dal sindaco nei confronti di concessionario di lavori pubblici su area altrui - Reato di cui agli art. 14,
comma 3, e 50, comma 2, d. lgs. n. 22 del 1997 - Sussistenza.

In tema di gestione dei rifiuti, integra la contravvenzione di inottemperanza all'ordinanza del sindaco,
legalmente data ai sensi dell'art. 14, comma 3 ( e punita dall'art. 50, comma 2), d.lgs. n. 22 del 1997, la
condotta omissiva del concessionario per l'esecuzione di lavori pubblici su un'area di proprietà altrui, il quale
non abbia provveduto a sgomberare la medesima dai rifiuti che ivi risultino (anche ad opera di terzi)
abbandonati, atteso che il concessionario ha l'obbligo di conservazione, manutenzione e ripristino dei suoli di
cui abbia la disponibilità o il godimento (nella specie per il solo periodo temporale della esecuzione di opere
pubbliche), anche nell'ipotesi che il degrado sia stato determinato da un terzo.

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Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 14 com. 3, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22
art. 50 com. 2

Massime successive: Conformi

Sez. 3, Sentenza n. 13808 del 20/02/2001 Cc. (dep. 05/04/2001 ) Rv. 218969 Presidente: Toriello F. Estensore:
Grillo CM. Imputato: P.M. in proc. Capoccia. P.M. De Nunzio
W. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib. ries.Brindisi, 18 settembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Sequestro dei rifiuti -Giudizio di
riesame - Verifica in tale sede delle condizioni per la qualificazione del deposito quale temporaneo -
Possibilità - Esclusione.

In tema di smaltimento di rifiuti, in presenza di un provvedimento di sequestro dei rifiuti stessi per violazione
dell'art. 51 del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, il giudice del riesame non può verificare la sussistenza delle
condizioni richieste dall'art. 6 lett. m) del D. Lgs. citato per qualificare un deposito come temporaneo,
dovendosi limitare a verificare la esistenza del fumus del reato ipotizzato.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 321, Legge
22/09/1988 num. 447 art. 321, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 253,
Legge 22/09/1988 num. 447 art. 253

Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215946, N. 7140 del 2000 Rv. 216977

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 13808 del 20/02/2001 Cc. (dep. 05/04/2001 ) Rv. 218968 Presidente: Toriello F. Estensore:
Grillo CM. Imputato: P.M. in proc. Capoccia. P.M. De Nunzio
W. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib. ries.Brindisi, 18 settembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Deposito temporaneo -Verifica


della sussistenza delle condizioni di legge da parte del giudice - Necessità.

In tema di smaltimento dei rifiuti, al fine di qualificare un deposito come temporaneo il giudice deve verificare
la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 6 lett. m) del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, acquisendo le
necessarie informazioni quantitativo-temporali sull'attività dell'azienda, desumibili

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anche dai registri di carico e scarico, la cui tenuta è obbligatoria, ex art. 28, comma 5, d.lgs. citato, anche per i
depositi temporanei.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 28

Massime precedenti Vedi: N. 11951 del 1999 Rv. 215520, N. 4957 del 2000 Rv. 215946

Massime successive: Conformi, Vedi


Sez. 3, Sentenza n. 19125 del 09/04/2001 Cc. (dep. 11/05/2001 ) Rv. 218936 Presidente:
Acquarone R. Estensore: Teresi A. Imputato: Porcu. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Cagliari, 13 novembre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuto - Definizione - Fanghi compressi - Natura di rifiuto -
Sussistenza.

In tema di smaltimento di rifiuti, la definizione di rifiuto deve essere improntata al criterio oggettivo della
destinazione naturale all'abbandono non rilevando l'eventuale riutilizzazione ne' la volontà di disfarsi della
sostanza o dell'oggetto, sicché quando il residuo abbia il suddetto carattere, ogni successiva fase di smaltimento
rientra nella disciplina del D.P.R. 10 settembre 1982, n.915 e, dopo la sua abrogazione, in quella del D.Lgs 5
febbraio 1997, n.22. Costituiscono, pertanto, rifiuti e non materia prima secondaria i fanghi compressi
provenienti dall'esaurimento del ciclo produttivo e destinati al parziale riutilizzo mediante processi chimici da
eseguire presso altro stabilimento industriale.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 05/02/1997 num. 22 COST
PENDENTE

Massime precedenti Conformi: N. 5545 del 1991 Rv. 187130, N. 1726 del 1996 Rv. 205131, N. 6222 del 1997
Rv. 208686

Massime precedenti Vedi: N. 2731 del 2000 Rv. 215763

Sez. 3, Sentenza n. 12819 del 23/02/2001 Cc. (dep. 02/04/2001 ) Rv. 218799 Presidente: Papadia U. Estensore:
Postiglione A. Imputato: Motto G. P.M. Albano A. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Genova, 3 ottobre 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Accordo di programma ex legge n. 426 del 1998 per il
risanamento ambientale di area industriale - Necessità delle singole autorizzazioni previste da leggi speciali -
Esclusione - Fondamento.

In caso di accordo di programma basato sulla legge 9 dicembre 1998 n. 426 per la attuazione del risanamento
ambientale di un'area industriale, l'opera di risanamento deve ritenersi funzionalmente approvata, con la
conseguente non necessità delle singole autorizzazioni settoriali, tipiche della disciplina ordinaria in tema di
inquinamento atmosferico, delle acque e di gestione dei rifiuti, atteso che l'accordo di programma ed i
conseguenti atti perderebbero la loro funzione se il procedimento unitario instauratosi potesse nuovamente
frantumarsi con possibile modifica degli impegni già sottoscritti.

Riferimenti normativi: Legge 09/12/1998 num. 426, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST
PENDENTE, Decreto Legisl. 11/05/1999 num. 152 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 18/08/2000
num. 258

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 157 del 15/11/2000 Ud. (dep. 10/01/2001 ) Rv. 218537 Presidente: Malinconico A.
Estensore: Savignano G. Imputato: Pacico I. P.M. Ranieri B. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Verbania, 19 novembre 1999).

614000 SANITÀ PUBBLICA - Disciplina dei rifiuti - Art. 51 del D. lgs. n. 22 del 1997 - Rifiuto "proprio"
dell'imprenditore - Nozione.

Al fine di configurare i rifiuti come "propri" dell'imprenditore non è necessario che gli stessi siano
materialmente prodotti quali elementi di scarto di lavorazioni dell'impresa, ovvero che derivino da una
specifica attività di smaltimento, essendo sufficiente che si tratti di cose di cui l'originario detentore si disfi e
che siano stati trattenuti dall'imprenditore in connessione con l'esercizio dell'attività produttiva di beni o
servizi, con la prospettiva di disfarsene.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215942

Massime successive: Difformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 133 del 10/11/2000 Ud. (dep. 10/01/2001 ) Rv. 218369 Presidente: Acquarone R.
Estensore: Lombardi AM. Imputato: Duclos L. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Aosta, 15 luglio 1999).
614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Smaltimento di rifiuti provenienti da attività di
demolizione - Ripetitività della condotta - Reato di cui all'art. 51, comma 1, D. Lgs n. 22 del 1997.

L'abbandono di rifiuti provenienti dall'attività di demolizione e ristrutturazione di un immobile, e che non abbia
carattere di occasionalità, ma integri, in considerazione della ripetitività della condotta, l'ipotesi di gestione dei
propri rifiuti è sanzionata penalmente dall'art. 51, comma 1, del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, che punisce, tra
l'altro, l'attività di smaltimento dei rifiuti. (Nell'occasione la Corte ha rilevato come con il D. Lgs. 8 novembre
1997 n. 389 sia stata disposta la abrogazione delle parole "prodotti da terzi" inserite nella originaria versione
dell'art. 51, comma 1, a proposito della appartenenza dei rifiuti).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1, Decreto Legisl.
08/11/1997 num. 389 art. 7

Massime successive: Conformi

Sez. 3, Sentenza n. 2861 del 19/09/2000 Cc. (dep. 12/10/2000 ) Rv. 217589 Presidente: Papadia U. Estensore:
Novarese F. Relatore: Novarese F. Imputato: Cordioli U. P.
M. Albano A. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Ries. Verona, 20 luglio 2000).

614000 SANITÀ PUBBLICA - Rifiuti - Autoveicoli in demolizione - Componenti - Natura di rifiuti speciali -
Sussistenza - Natura di rifiuti pericolosi - Possibilità - Fondamento.

I rifiuti provenienti dalla demolizione delle autovetture hanno natura di rifiuti speciali, ma possono anche avere
natura di rifiuti pericolosi in alcune loro componenti quali accumulatori ed oli esauriti dei circuiti idraulici e
frenanti, che rientrano nelle previsioni dell'art. 7, ultimo comma, d.lgs 5 febbraio 1997, n. 22, ed allegati.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7

Massime precedenti Vedi: N. 3731 del 1999 Rv. 214982, N. 297 del 2000 Rv. 215463
Edita Sez. 3, Sentenza n. 5715 del 16/03/2000 Ud. (dep. 18/05/2000 ) Rv. 217514 Presidente: La Cava P.
Estensore: Di Nubila. Imputato: Busisi e altro. P.M. Favalli. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, App. Firenze, 30 aprile 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Stoccaggio di rifiuti destinati al riutilizzo - Controllo sulla
corrispondenza tra rifiuti stoccati e quelli autorizzati - Necessità - Responsabilità dello stoccatore.

In tema di smaltimento dei rifiuti, il gestore di uno stoccaggio di rifiuti destinati al riutilizzo risponde delle
contravvenzioni previste dal d.p.r. n. 915 del 1982 se, per dolo o per colpa, omette di controllare la
corrispondenza fra rifiuti stoccati e quelli autorizzati, accumulando anche rifiuti tossico-nocivi e materiali non
destinati al riutilizzo, ne' la circostanza che l'articolo 10 del D.lgs. n. 22 del 1997 preveda l'effettuazione di
analisi a carico del produttore fa venire meno la responsabilità del gestore dello stoccaggio che riceva e
depositi rifiuti tossico-nocivi in violazione dell'autorizzazione.

Riferimenti normativi: DPR 31/12/1982 num. 915 art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 31/12/1982 num. 915
art. 26 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 2419 del 13/06/2000 Cc. (dep. 24/08/2000 ) Rv. 217329 Presidente: Zumbo A. Estensore:
De Maio G. Imputato: Sassi L ed altri. P.M. Ranieri B. (Conf.)
(Rigetta, Trib. ries.La Spezia, 23 febbraio 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Nozione - Materiale di risulta di scavo -Carattere
di rifiuto - Sussistenza - Presupposti.

Rientra nella nozione di rifiuto di cui all'art. 6 D.Lgs. 2 maggio 1997 n. 22, ove il detentore se ne disfi o abbia
deciso o abbia l'obbligo di disfarsene, il materiale di risulta dello scavo di un traforo, in quanto riconducibile
alla categoria residuale di cui al punto Q 16 dell'allegato A al predetto decreto.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6


Massime precedenti Vedi: N. 4957 del 2000 Rv. 215942

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 1492 del 06/04/2000 Cc. (dep. 04/07/2000 ) Rv. 217181
Presidente: Acquarone R. Estensore: Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Pantano D. P.M. Izzo G.
(Diff.)

(Annulla con rinvio, Trib. ries.Pescara, 6 dicembre 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Smaltimento - Albo delle imprese -Procedura
semplificata di iscrizione - Per i rifiuti avviati al riciclaggio - Rifiuti non destinati di fatto al recupero - Norme
ordinarie - Applicabilità.

In tema di gestione dei rifiuti, alle attività soggette alla procedura semplificata di iscrizione all'Albo delle
imprese che effettuano la gestione dei rifiuti (art. 30, commi 16 e 16 bis del d. lg. N. 22 del 1997), si applicano
integralmente le norme ordinarie per lo smaltimento, qualora i rifiuti vengano destinati in modo effettivo ed
oggettivo al recupero; ciò in virtù della previsione dell'art. 33, comma 11 del d.lg. cit., la quale sancisce un c.d.
principio di "effettività" che vale non soltanto per il soggetto che svolge l'attività di recupero, ma anche per chi
raccoglie e trasporta i rifiuti destinati al recupero. Grava pertanto sul trasportatore l'obbligo di avviare i rifiuti
ad un impianto abilitato al recupero, anche se tale obbligo non si spinge fino ad un'assunzione di responsabilità
penale (se non sulla base dei principi generali in tema di concorso di reato) per il risultato finale delle
operazioni di riciclaggio e recupero svolte dal gestore dell'impianto.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 30, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33,
Decr. Minist. Beni culturali e ambientali 28/04/1998 num. 406

Massime successive: Conformi, Vedi


Annotata
Sez. 3, Sentenza n. 1492 del 06/04/2000 Cc. (dep. 04/07/2000 ) Rv. 217180
Presidente: Acquarone R. Estensore: Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Pantano D. P.M. Izzo G.
(Diff.)

(Annulla con rinvio, Trib. ries.Pescara, 6 dicembre 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Trasporto - Effettuato con mezzi diversi da quelli
comunicati - Reato previsto dall'art. 51 del D.Lgs. 22 del 1997 - Sussistenza.

Il trasporto di rifiuti effettuato con mezzi la cui utilizzazione non è stata comunicata all'atto dell'iscrizione
nell'albo delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, deve ritenersi svolto in violazione dei requisiti, delle
condizioni e delle prescrizioni richiamate nell'atto abilitativo; conseguentemente tale comportamento integra la
violazione dell'art. 51, comma 4,, del D.Lgs. 22 del

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155.html (103 di 151)23/09/2005 18.52.35
1997; ciò in quanto l'iscrizione è strettamente connessa alla categoria di inquadramento ed ai mezzi di trasporto
utilizzati.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 1492 del 06/04/2000 Cc. (dep. 04/07/2000 ) Rv. 217179 Presidente: Acquarone
R. Estensore: Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Pantano D. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib. ries.Pescara, 6 dicembre 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Albo delle imprese gestenti i rifiuti - Attività di
riciclaggio - Da parte di soggetto già iscritto in via ordinaria - Iscrizione in forma semplificata -Necessità.

In tema di gestione dei rifiuti il soggetto regolarmente iscritto all'Albo delle imprese che svolgono attività di
raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi (ai sensi dell'art. 30, comma 4, del D.Lgs. 22 del
1997 e 12 del D.M. 406 del 1998)deve, nell'ipotesi in cui intenda svolgere attività di raccolta e trasporto dei
rifiuti "effettivamente avviati al riciclaggio ed al recupero", procedere anche all'iscrizione in forma semplificata
(ex artt. 30, comma 16, del D.Lgs. 22 e 13 del D.
M. 406 del 1998), ciò per la netta separazione sussistente fra le due procedure, correlate ad attività per le
quali l'ordinamento richiede forme diverse di controlli. In difetto di tale diversa iscrizione si configura
l'ipotesi di reato di cui all'art. 51, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 30, Decr. Minist. Beni culturali e ambientali
28/04/1998 num. 406 art. 12, Decr. Minist. Beni culturali e ambientali 28/04/1998 num. 406 art. 13, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 7138 del 29/02/2000 Ud. (dep. 19/06/2000 ) Rv. 217012 Presidente: Papadia U. Estensore:
Postiglione A. Imputato: Lorini G ed altro. P.M. Siniscalchi
A. (Conf.)
(Annulla in parte senza rinvio, App.Torino, 25 maggio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Inceneritori - Normativa applicabile - D.L.G. 22 del 1997 -
Direttiva comunitaria sulla riduzione integrata dall'inquinamento di cui al D.L.G. n. 372 del 1999 - D.L.G. n.
152 del 1999 sugli scarichi - Applicabilità.

Gli impianti di incenerimento di rifiuti devono sottostare, in via preventiva, alla procedura di valutazione di
impatto ambientale ed alla direttiva 96/61/CEE relativa alla prevenzione e riduzione integrata
dall'inquinamento (recepita con D.L.G. 4 agosto 1999 n. 372) Infatti l'inceneritore di rifiuti realizza una attività
di smaltimento che unitariamente interessa anche le altre normative di settore, quale quella sulla
regolamentazione degli scarichi di cui alla legge 11 maggio 1999 n. 152 (ndr. modif. con legge 18 agosto 2000
n. 258) che devono trovare attuazione insieme al D.L.G. 5 febbraio 1997 n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Direttive Commissione
CEE 24/09/1996 num. 61, Decreto Legisl. 04/08/1999 num. 372, Decreto Legisl. 11/05/1999 num. 152
COST PENDENTE, Decreto Legisl. 18/08/2000 num. 258

Massime precedenti Vedi: N. 12092 del 1992 Rv. 192634, N. 10245 del 1995 Rv. 202772
Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 7140 del 21/03/2000 Ud. (dep. 19/06/2000 ) Rv. 216977
Presidente: Avitabile D. Estensore: Postiglione A. Imputato: Eterno B. P.M. Mura A. (Parz.
Diff.)

(Rigetta, App. Palermo, 12 maggio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Deposito temporaneo -Condizioni


- Mancanza - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. 22 del 1997 - Configurabilità.

Il deposito temporaneo di rifiuti ai sensi dell' art. 6, punto m), del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 è legittimo
soltanto ove sussistano alcune precise condizioni temporanee quantitative e qualitative; in assenza di tali
condizioni, il deposito di rifiuti nel luogo in cui sono stati prodotti è equiparabile giuridicamente all' attività di
gestione di rifiuti non autorizzata, prevista come reato dall'art. 51 del D.Lgs. 22.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 13606 del 1998 Rv. 212542, N. 902 del 1999 Rv. 212835

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 1783 del 28/04/2000 Cc. (dep. 07/06/2000 ) Rv. 216585
Presidente: Malinconico A. Estensore: Novarese F. Imputato: Pizzuti F. P.M. De Nunzio W.
(Diff.)

(Annulla con rinvio, Gip Trib. Monza, 14 febbraio 2000).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Omissione dell'obbligo di bonifica -


Reato di cui all'art. 51 bis del D.Lgs. 22 del 1997 - Natura.

La contravvenzione di cui all'art. 51 bis del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 si configura come reato omissivo di
pericolo presunto che si consuma ove il soggetto non proceda all'adempimento dell'obbligo di bonifica secondo
le cadenze procedimentalizzate dell' art. 17. La norma predetta si applica anche a situazioni verificatesi in
epoca anteriore all'emanazione del regolamento di cui al D.
M. 25 ottobre 1999 n. 472 (in vigore dal 16 dicembre 1999).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 bis, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22
art. 17, DM Ambiente 25/10/1999 art. 471

Edita Sez. 3, Sentenza n. 1040 del 03/03/2000 Cc. (dep. 29/05/2000 ) Rv. 216577 Presidente: Papadia U.
Estensore: Onorato P. Imputato: Laezza B ed altro. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Trib. ries. Rieti, 26 novembre 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina dei rifiuti - Formulari di identificazione -Raccolte di
rifiuti per quantitativi inferiori a kg. 100 - Obbligo di tenuta - Sussistenza - Pluralità di percorsi di istradamento
non riportabili in unico formulario - Pluralità di formulari - Necessità.

Anche per le cosiddette miniraccolte il trasportatore deve munirsi dei formulari di identificazione prescritti
dall'art. 15 del D.Lgs 22 del 1997, e contenenti tutti i dati richiesti, tra i quali la specificazione del percorso
d'istradamento. Se nel formulario manchi lo spazio per indicare tutti i percorsi il trasportatore dovrà
utilizzare tanti formulari quanti sono i percorsi dal produttoredetentore al destinatario. Infatti nessuna
norma autorizza a distinguere, ai fini del controllo

file:///C|/Documents and Settings/Abbruzzo Rosamaria/Desktop/CORSO FRANCESCO/Copia di Pagg.1


155.html (106 di 151)23/09/2005 18.52.35
pubblicistico del trasporto di cui all'art. 52, comma 3, una miniraccolta dei rifiuti, per quantitativi inferiori ai
100 kg, da una raccolta ordinaria per quantitativi superiori.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 52 COST PENDENTE, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 15

Massime precedenti Vedi: N. 1575 del 1998 Rv. 211335, N. 297 del 2000 Rv. 215463
Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 414 del 27/01/2000 Cc. (dep. 07/04/2000 ) Rv. 216451 Presidente: Acquarone R.
Estensore: Franco A. Imputato: PM in proc. Cavagnoli. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Trib. Napoli, 17 maggio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Discariche abusive di rifiuti - Deposito di autoveicoli e


motoveicoli sottoposti a sequestro giudiziario o amministrativo - Qualificabilità dei detti beni come rifiuti -
Ragioni.

I motoveicoli ed autoveicoli sottoposti a sequestro giudiziario o amministrativo, e pertanto affidati ad un


custode, non possono concettualmente rientrare nella nozione di "rifiuto" così come definita dall'articolo 6,
primo comma, lett. a) del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n.22. Ed invero tali beni sono vincolati in maniera
reale alla disponibilità dell'autorità giudiziaria o amministrativa e non possono essere oggetto di alcuna attività
da parte dei custodi diretta alla loro distruzione o dispersione. Ne consegue che le aree in cui sono conservati
gli autoveicoli ed i motoveicoli oggetto di sequestro non possono essere inquadrate nel novero delle discariche
abusive di rifiuti. (In motivazione la Corte ha precisato che, qualora i beni in questione vengano conservati in
modo tale da renderli inutilizzabili, sarebbe astrattamente possibile ritenere che detti beni siano divenuti rifiuti,
ma in tal caso la violazione degli obblighi attinenti la custodia andrebbe preventivamente accertata e
contestata).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. A, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 28, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Sez. 3, Sentenza n. 3878 del 13/01/2000 Ud. (dep. 27/03/2000 ) Rv. 216213 Presidente: Avitabile D.
Estensore: Onorato P. Imputato: Stillitani F. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, App. Catanzaro, 25 marzo 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Ordinanza contingibile ed urgente - Presupposti -Sindacato


del giudice penale - Ambito.

L'ordinanza contingibile ed urgente che il sindaco può emanare ai sensi dell' art. 13 del D.Lgs.5 febbraio 1997
n. 22, in materia di smaltimento dei rifiuti, ha come presupposti: a) una necessità eccezionale ed urgente di
tutelare la salute pubblica o l'ambiente,non riducibile solo a calamità naturali; b) la limitazione nel tempo, che
può essere rispettata anche attraverso l'apposizione di un termine "incertus quando"; c) la inevitabilità del
ricorso a forme di smaltimento straordinario dei rifiuti; inoltre ha come requisito di legittimità formale una
motivazione adeguata, che renda conto dei presupposti concreti dell'ordinanza stessa. A fronte di tale ordinanza
il giudice penale deve solo verificare se ricorrono i presupposti che legittimano l'esercizio concreto della
potestà sindacale, e se sussiste il requisito di legittimità di una motivazione adeguata. (Fattispecie in cui il
sindaco era stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 26 d.p.r. 10 settembre 1982, n. 915 e la Suprema
Corte ha annullato senza rinvio, ritenendo che il giudice di merito non avrebbe dovuto disattendere l'ordinanza
sindacale di autorizzazione di una discarica provvisoria, debitamente motivata con riguardo alla necessità di
assicurare il servizio di raccolta dei rifiuti, per non aver essa adottato misure precauzionali minime, quali
l'impermeabilizzazione del terreno, l'interramento dei rifiuti, la canalizzazione del percolato, le recinzioni,
nonché per il modo,disordinato e irrazionale, tipico dell'abbandono, in cui venivano conferiti i rifiuti, senza che
fosse accertata almeno una "culpa in vigilando" o "in eligendo" del medesimo).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 13, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 12 COST
ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 12692 del 1998 Rv. 212181

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 4398 del 03/03/2000 Ud. (dep. 10/04/2000 ) Rv. 216152 Presidente: Papadia U.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Martucci G. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, App.Lecce, 18 marzo 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Nuova disciplina di cui al D. Lgs 22 del
1997 - Abrogazione delle norme preesistenti - Nesso di continuità.

L'abrogazione delle norme preesistenti nella materia dei rifiuti ex art. 56 del D.Lgs. 5 febbraio 1997
n. 22, non equivale a cancellazione dei fatti reati commessi in precedenza, ma solo ad una verifica di
compatibilità con il nuovo regime giuridico, nel complesso più severo.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 56

Massime precedenti Vedi: N. 2819 del 1997 Rv. 209386, N. 2651 del 1999 Rv. 214787, N. 4007 del 1999 Rv.
213272
Annotata Sez. 3, Sentenza n. 4398 del 03/03/2000 Ud. (dep. 10/04/2000 ) Rv. 216151 Presidente: Papadia U.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Martucci G. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, App.Lecce, 18 marzo 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Autorizzazione provinciale -Trasporto
fuori dell'area di autorizzazione - Reato - Integrazione.

Operare il trasporto fuori dell'area di autorizzazione, in caso di rilascio della autorizzazione da parte
della provincia, equivale a gestione di rifiuti non autorizzata.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 13577 del 1998 Rv. 212545

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 4398 del 03/03/2000 Ud. (dep. 10/04/2000 ) Rv. 216150 Presidente: Papadia U. Estensore:
Postiglione A. Imputato: Martucci G. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, App.Lecce, 18 marzo 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Trasporto - Disciplina di cui al D.P.R.
915 del 1982 - Nuova disciplina di cui al D.Lgs. 22 del 1997 - Nesso di continuità -Autorizzazione - Necessità.

Il trasporto dei rifiuti, quale possibile fase delle attività di gestione, deve essere autorizzato dalla autorità
competente (la Regione o, su delega, la Provincia), da chiunque posto in essere e sottostare alle prescrizioni
contenute nell'atto di autorizzazione anche secondo il D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, come risulta dall'art. 51,
commi 1-2-3.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, DPR 10/09/1982 num. 915
COST ILLEGITTIMITÀ
Massime precedenti Conformi: N. 6107 del 1999 Rv. 213742

Massime precedenti Vedi: N. 13577 del 1998 Rv. 212545

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 1134 del 10/03/2000 Cc. (dep. 04/05/2000 ) Rv. 216070 Presidente: Papadia U. Estensore:
Postiglione A. Imputato: Del Prete. P.M. Di Nunzio. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Roma, 28 settembre 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Trasporto di rifiuti pericolosi - Obblighi del


trasportatore - Sanzioni in caso di inosservanza.

Ai sensi dell'art.52 comma terzo del D.Lgs. n.22 del 1997, il trasporto di rifiuti pericolosi senza il prescritto
formulario o con il formulario contenente dati inesatti o incompleti, è punito con la pena prevista dall'art.483
cod.pen. Dal particolare rigore sanzionatorio della norma deve dedursi che, nella applicabilità - in determinate,
meno gravi ipotesi - della sanzione amministrativa comunque non rientra la condotta relativa al trasporto dei
rifiuti definiti pericolosi, in virtù della delicatezza dell'attività rispetto alla quale il Legislatore ha inteso
prevedere - adeguatamente sanzionandoli -obblighi stringenti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 52 COST PENDENTE, Cod. Pen. art. 483

Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 1383 del 29/03/2000 Ud. (dep. 04/05/2000 ) Rv. 216061 Presidente: Acquarone R.
Estensore: Teresi A. Imputato: P.M. in proc. Sainato. P.M. Ciampoli
L. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Pisa, 5 novembre 1999).

502000 ACQUE - Nozione di scarico - Ambito di operatività della normativa sulla tutela delle acque
-Scarico diretto e indiretto - Conseguenze.

La nozione di scarico, introdotta dal Decreto Legislativo n. 152/1999 costituisce il parametro di riferimento per
stabilire, per le acque di scarico e per i rifiuti liquidi, l'ambito di operatività delle normative in tema di tutela
delle acque e dei rifiuti, sicché solo lo scarico di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili,
diretto in corpi idrici ricettori, specificamente indicati, rientra in tale normativa; per contro, i rifiuti allo stato
liquido, costituiti da acque reflue di cui il detentore si disfaccia senza versamento diretto nei corpi ricettori,
avviandole cioè allo smaltimento, trattamento
o depurazione a mezzo di trasporto su strada o comunque non canalizzato, rientrano nella disciplina dei rifiuti
e il loro smaltimento deve essere autorizzato.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Decreto Legisl.
11/05/1999 num. 152 COST PENDENTE

Massime precedenti Conformi: N. 2358 del 1999 Rv. 214268

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 4957 del 21/01/2000 Ud. (dep. 21/04/2000 ) Rv. 215946 Presidente: La Cava P. Estensore:
Novarese F. Relatore: Teresi A. Imputato: Rigotti ed altri. P.
M. De Nunzio W. (Conf.)
(Annulla in parte con rinvio, Pret.Trento, 2 febbraio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Deposito temporaneo - Criteri di


applicazione della relativa disciplina.

La disciplina dettata per il deposito temporaneo dei rifiuti non pericolosi dall'art,6, comma 1, lett.m), punto 3,
del D.L.G. 5 febbraio 1997 n.22, va intesa (privilegiando doverosamente, fra le varie interpretazioni possibili,
quella che risulta più aderente alla direttiva comunitaria di cui il citato

file:///C|/Documents and Settings/Abbruzzo Rosamaria/Desktop/CORSO FRANCESCO/Copia di Pagg.1


155.html (111 di 151)23/09/2005 18.52.35
decreto legislativo costituisce attuazione),nel senso che il deposito temporaneo potrà essere mantenuto fino al
termine di durata di un anno solo se in tutto il detto arco temporale,e cioè complessivamente, non venga
superato il limite di 20 metri cubi,assumendo autonomo rilievo la cadenza almeno trimestrale prevista nella
prima parte della suddetta disposizione per l'avvio del materiale alle operazioni di recupero o di smaltimento
solo quando i vari conferimenti siano tutti inferiori ai venti metri cubi e siano avviati alle suddette operazioni
prima del raggiungimento del summenzionato limite quantitativo mentre, in ogni caso, l'avviamento dev'essere
effettuato quando il medesimo limite viene raggiunto.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. M

Massime precedenti Vedi: N. 14136 del 1999 Rv. 214981

Massime successive: Conformi, Vedi


Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 4957 del 21/01/2000 Ud. (dep. 21/04/2000 ) Rv. 215945 Presidente: La Cava P. Estensore:
Novarese F. Relatore: Teresi A. Imputato: Rigotti ed altri. P.
M. De Nunzio W. (Conf.)
(Annulla in parte con rinvio, Pret.Trento, 2 febbraio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Rifiuti costituiti dai materiali di risulta
di un'attività di demolizione di fabbricati preesistenti, in vista della realizzazione di nuovi fabbricati - Deposito
incontrollato di detti rifiuti - Configurabilità del reato a carico del direttore dei lavori nominato dal titolare della
concessione edilizia - Esclusione.

538001 EDILIZIA - IN GENERE - Demolizione di fabbricati preesistenti per la realizzazione di nuovi -


Deposito incontrollato dei rifiuti costituiti dai materiali di risulta - Responsabilità del direttore del lavori, quale
soggetto investito di una posizione di garanzia - Esclusione.

609005 REATO - CAUSALITÀ (RAPPORTO DI) - OBBLIGO GIURIDICO DI IMPEDIRE L'EVENTO -


Reato di deposito incontrollato di rifiuti derivati da attività di demolizione di edifici preesistenti, per la
realizzazione di nuovi - Mancato impedimento da parte del direttore dei lavori -Configurabilità a carico di
costui di una posizione di garanzia, con conseguente responsabilità -Esclusione.
Attesa la specificità dei compiti e delle relative responsabilità attribuiti al direttore dei lavori dall'art.6 della
legge 28 febbraio 1985 n.47 e dall'art.2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996 n.662 (oltre che da altre
disposizioni contenute nella legislazione antisismica ed in quella di tutela dei beni ambientali), deve
escludersi che il suddetto direttore assuma alcuna posizione di garanzia con riguardo all'osservanza della
disciplina in materia di smaltimento di rifiuti. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato escluso
che al direttore dei lavori, solo in quanto tale, potesse addebitarsi la responsabilità del reato di deposito
incontrollato di rifiuti non pericolosi costituiti da

file:///C|/Documents and Settings/Abbruzzo Rosamaria/Desktop/CORSO FRANCESCO/Copia di Pagg.1


155.html (112 di 151)23/09/2005 18.52.35
materiali di risulta della demolizione di fabbricati preesistenti, al posto dei quali dovevano
realizzarsi nuovi edifici).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 40 com. 2, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 10 com. 1, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 10 com. 1 lett. A, Legge 28/02/1985 num. 47 art. 6, Legge 23/12/1996 num. 662
art. 2 com. 60 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime successive: Difformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 4957 del 21/01/2000 Ud. (dep. 21/04/2000 ) Rv. 215944 Presidente: La Cava P. Estensore:
Novarese F. Relatore: Teresi A. Imputato: Rigotti ed altri. P.
M. De Nunzio W. (Conf.)
(Annulla in parte con rinvio, Pret.Trento, 2 febbraio 1999).

609005 REATO - CAUSALITÀ (RAPPORTO DI) - OBBLIGO GIURIDICO DI IMPEDIRE L'EVENTO


- Pluralità di soggetti investiti di un' unitaria posizione di garanzia - Possibilità di trasferimento di detta
posizione dall'uno all'altro di detti soggetti - Esclusione - Applicazione del principio in tema di
smaltimento di rifiuti.

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Posizione unitaria di garanzia a carico di
tutti i soggetti tenuti all'osservanza dei relativi obblighi - Trasferimento da tale posizione dell'uno all'altro di detti
soggetti - Possibilità - Esclusione.
Qualora più soggetti siano investiti di un'unitaria posizione di garanzia - come si verifica nel caso degli oneri
relativi alle attività di smaltimento dei rifiuti previsti dall'art.10, comma 1, del D.L.G.5 febbraio 1997 n.22 - non
è giuridicamente possibile il trasferimento dall'uno all'altro di detti soggetti, mediante accordo interno fra di
loro, della suindicata posizione e della connessa responsabilità. (Nella specie, in applicazione di tale principio,
è stato escluso che detto trasferimento potesse aver luogo fra il titolare di una concessione edilizia ed il titolare
dell'impresa appaltatrice dei lavori, ad entrambi i quali era stato addebitato il reato di deposito incontrollato di
rifiuti non pericolosi costituiti dai materiali di risulta della demolizione di fabbricati preesistenti).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 40 com. 2, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 10 com. 1, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 10 com. 1 lett. A

Massime precedenti Vedi: N. 4349 del 1995 Rv. 202075

Massime successive: Difformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 4957 del 21/01/2000 Ud. (dep. 21/04/2000 ) Rv. 215943 Presidente: La Cava P. Estensore:
Novarese F. Relatore: Teresi A. Imputato: Rigotti ed altri. P.
M. De Nunzio W. (Conf.)
(Annulla in parte con rinvio, Pret.Trento, 2 febbraio 1999).

609005 REATO - CAUSALITÀ (RAPPORTO DI) - OBBLIGO GIURIDICO DI IMPEDIRE L'EVENTO -


Configurabilità nei confronti di chi sia titolare di una posizione di garanzia -Responsabilità di costui anche a
titolo di concorso con l'autore del fatto - Possibilità - Fattispecie in tema di violazione della disciplina sullo
smaltimento dei rifiuti.

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Titolare di posizione di garanzia cui faccia carico
l'obbligo di provvedere ad un corretto smaltimento - Responsabilità a titolo di concorso con altri soggetti
parimenti investiti, ad altro titolo, del medesimo obbligo - Configurabilità.

L'obbligo giuridico di impedire un determinato evento è configurabile a carico di chi sia al riguardo investito di
una posizione di garanzia, in presenza della quale il soggetto, qualora l'evento abbia a verificarsi, può esserne
ritenuto responsabile anche a titolo di concorso con l'autore materiale. (Nella specie, in applicazione di tale
principio, la S.C., premesso che il titolare di una concessione edilizia per la cui realizzazione era necessaria la
demolizione di fabbricati preesistenti era da considerare investito di una posizione di garanzia rispetto al
corretto smaltimento dei rifiuti costituiti dal materiale di risulta di detta demolizione, ha ritenuto che
correttamente egli era stato ritenuto corresponsabile, a titolo di concorso con il titolare dell'impresa
appaltatrice,del reato di deposito incontrollato di rifiuti di cui all'art.51, comma 1, lett.A, del D.L.G. 5 febbraio
1997 n.22).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 40 com. 2, Cod. Pen. art. 110, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22
art. 10 com. 1, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1 lett. A

Massime precedenti Vedi: N. 15850 del 1990 Rv. 185887, N. 15850 del 1990 Rv. 185890, N. 4820 del 1991
Rv. 187201, N. 1506 del 1992 Rv. 189762, N. 3100 del 1996 Rv. 205000

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 4957 del 21/01/2000 Ud. (dep. 21/04/2000 ) Rv. 215942 Presidente: La Cava P. Estensore:
Accinni G. Relatore: Teresi A. Imputato: Rigotti ed altri. P.
M. De Nunzio W. (Conf.)
(Annulla in parte con rinvio, Pret.Trento, 2 febbraio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Produttore di rifiuti - Nozione - Riferimento ad un


criterio non solo materiale, ma anche giuridico, di attività da cui derivi la produzione di rifiuti -Necessità -
Conseguenze - Fattispecie concernente il titolare di una concessione edilizia per la cui realizzazione era
necessaria la demolizione di precedenti fabbricati, con creazione, quindi, di materiali di risulta.

Per "produttore" di rifiuti, ai sensi dell'art.6, comma 1, lett.b), del D.L.G. 5 febbraio 1997 n.22, deve intendersi
non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al
quale sia giuridicamente riferibile detta produzione ed a carico del quale sia quindi configurabile, quale titolare
di una posizione definibile come di garanzia, l'obbligo, sancito dall'art.10, comma 1, del citato D.L.G. n.22 del
1997, di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti. (Nella specie, in applicazione di tali
principi, la S.C. ha ritenuto che fosse da considerare "produttore" di rifiuti il titolare di una concessione edilizia
la cui realizzazione aveva richiesto la demolizione di edifici preesistenti con conseguente accumulo di una
cospicua quantità di materiali di risulta).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. B, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 10 com. 1
Sez. 3, Sentenza n. 2731 del 26/11/1999 Ud. (dep. 07/03/2000 ) Rv. 215766
Presidente: Pioletti G. Estensore: Franco A. Imputato: Bonassisa G ed altro. P.M. Geraci V.
(Diff.)

(Annulla senza rinvio, App. Potenza, 22 maggio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Utilizzo di fanghi per la copertura di
rifiuti in discarica - Legittimità - Anche ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22.

La riutilizzazione del fango ottenuto dopo il trattamento dei fanghi originari per la copertura dei rifiuti in
discarica è operazione consentita anche ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, in quanto l'art. 6,
lett. h) qualifica come recupero le operazioni previste nell'allegato C, e tale allegato prevede e consente
l'operazione di recupero consistente nello spandimento sul suolo a beneficio dell'agricoltura o dell'ecologia, e
non vi è dubbio che in tale operazione rientri anche lo spandimento per ricoprire i rifiuti di una discarica.
Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.
22 COST PENDENTE

Massime successive: Difformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 2731 del 26/11/1999 Ud. (dep. 07/03/2000 ) Rv. 215763
Presidente: Pioletti G. Estensore: Franco A. Imputato: Bonassisa G ed altro. P.M. Geraci V.
(Diff.)

(Annulla senza rinvio, App. Potenza, 22 maggio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Fanghi di perforazione da attività petrolifera - Natura di rifiuti
pericolosi - Esclusione - Natura di rifiuti speciali - Ragione.

I fanghi di perforazione provenienti da attività petrolifere costituiscono rifiuti anche ai sensi del decreto
legislativo 5 febbraio 1997 n. 22. Gli stessi non rientrano tra i rifiuti pericolosi, ma tra i rifiuti speciali ai
sensi dell'art. 7 del medesimo D.Lgs. Infatti la lett. c) del terzo comma dell'art. 7 dispone che sono rifiuti
speciali i rifiuti da lavorazioni industriali, e non può esservi dubbio che i fanghi di perforazione rientrino
nella categoria dei rifiuti da lavorazioni industriali.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 1767 del 17/12/1999 Ud. (dep. 16/02/2000 ) Rv. 215688 Presidente: Papadia U.
Estensore: Novarese F. Imputato: Riva E ed altro. P.M. De Nunzio W. (Conf.)
(Rigetta, Pret. Cuneo, 17 novembre 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Conferiti a soggetti autorizzati -
Corresponsabilità del detentore e/o produttore - Rispetto delle previsioni di cui all'art. 10 del D.Lgs. 22 del 1997
- Sufficienza - Esclusione.

La responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti non è esclusa dalla sola osservanza delle condizioni di
cui all'art. 10 del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, ma è necessario che questi non si siano resi responsabili di
comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice
istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla
gestione dei rifiuti.

file:///C|/Documents and Settings/Abbruzzo Rosamaria/Desktop/CORSO FRANCESCO/Copia di Pagg.1


155.html (116 di 151)23/09/2005 18.52.35
Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.
22 COST PENDENTE

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 1767 del 17/12/1999 Ud. (dep. 16/02/2000 ) Rv. 215687 Presidente: Papadia U.
Estensore: Novarese F. Imputato: Riva E ed altro. P.M. De Nunzio W. (Conf.)
(Rigetta, Pret. Cuneo, 17 novembre 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Conferimento a terzi autorizzati -


Corresponsabilità del detentore e/o produttore - Obblighi ex art. 10 D.Lgs 22 del 1997 -Fatti commessi
precedentemente alla entrata in vigore del D.Lgs 22 - Applicabilità come indicazioni tendenziali.

In materia di rifiuti i requisiti richiesti dall'art. 10 del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, e successive modificazioni,
possono costituire una indicazione tendenziale dei criteri da seguire in tema di affermazione di
corresponsabilità del detentore e/o produttore di rifiuti destinati allo smaltimento o al reimpiego anche per fatti
commessi prima della entrata in vigore del citato decreto. Peraltro gli adempimenti relativi al controllo
dell'autorizzazione del soggetto autorizzato alle attività di recupero
o di smaltimento, alla restituzione del formulario ed, in caso di omissione, alla comunicazione alla
provincia, previsti dal citato precetto, non esauriscono completamente la misura della diligenza richiesta al
detentore e/o produttore dei rifiuti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, DPR 10/09/1982 num. 915
COST ILLEGITTIMITÀ

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 1345 del 18/11/1999 Ud. (dep. 04/02/2000 ) Rv. 215679 Presidente: Avitabile D. Estensore:
Fiale A. Imputato: De Patre D. P.M. Di Zenzo C. (Diff.)
(Rigetta, Pret. Pescara, 17 dicembre 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Oli esausti - Sono qualificabili come rifiuti -Stoccaggio
provvisorio in luoghi diversi da quelli di produzione - Applicabilità dell'art. 51 D.L.G. 5.2.1997, n.22 -
Sussistenza.

Attesa la qualificabilità, in ogni caso, degli oli esausti come "rifiuti", e considerato che il tuttora vigente D. L.vo
27 gennaio 1992, n.95, nel disciplinare, sotto taluni aspetti, l'attività di raccolta e di eliminazione degli oli
suddetti, prevede, all'art. che, per quanto non disposto dal medesimo decreto, si 1,comma che, per quanto non
disposto dal medesimo decreto, si applichino alla loro raccolta, immagazzinamento e trasporto le norme in
vigore per i rifiuti, deve ritenersi che anche lo stoccaggio provvisorio degli oli esausti in luoghi diversi da quello
di produzione sia sanzionabile, in assenza di valida autorizzazione, ai sensi dell'art. 51 del D. L.vo 5 febbraio
1997, n.22 (Fattispecie in cui l'imprenditore era stato condannato ex art. 25 dpr 915/82per aver effettuato senza
autorizzazione lo stoccaggio provvisorio di oli esausti prodotti da terzi, comportamento che la Corte ha ritenuto
sicuramente compreso nella previsione dell'art. 51 D.l.vo 22/97 cit.)

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25
COST ILLEGITTIMITÀ

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 11951 del 14/07/1999 Ud. (dep. 20/10/1999 ) Rv. 215520 Presidente: Avitabile D.
Estensore: Mannino S. Imputato: PM e Bonomelli. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Dich.inammissibile, Pret. Genova, 3 febbraio 1998 ).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Deposito temporaneo - Responsabilità nel caso di
attività d'impresa o gestione di ente - Criteri.

La norma di cui all'art. 51 secondo comma del D.L.G. 1997 n. 22, che pone a carico del titolare dell'impresa e
del responsabile dell'ente l'obbligo del rispetto delle condizioni del deposito temporaneo dei propri rifiuti presso
lo stabilimento di produzione, non prevede un reato proprio, considerata la regola della delegabilità della
responsabilità penale in materia ambientale e l'ipotizzabilità del concorso nel reato, ma definisce l'ambito della
responsabilità per l'applicazione della normativa, facendolo coincidere con l'attività di produzione di beni e
servizi organizzata sotto forma di impresa, individuale o societaria o gestita in via istituzionale. Ed invero il
sistema della responsabilità penale risultante dall'adozione dei vari criteri integrati, che coprono l'intero campo
del concorso nel reato, risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettività, col rifiuto di qualsiasi soluzione
puramente formale ed astratta.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 1819 del 1999 Rv. 214079


Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 297 del 30/11/1999 Ud. (dep. 13/01/2000 ) Rv. 215463 Presidente: Papadia U. Estensore:
Grillo CM. Imputato: Magarelli G. P.M. Siniscalchi A. (Conf.)
(Rigetta, App.Milano, 9 febbraio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti speciali - Batterie esauste di autoveicoli
- Autorizzazione - Necessità - Nuova disciplina di cui al D.Lgs. n.22 del 1997 - Reato -Persistenza.

L'effettuazione, senza autorizzazione regionale, di una fase della smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, quali gli
accumulatori, precedentemente sanzionata dall'art. 26 del D.P.R. 10 settembre 1982
n. 915, concreta ora l'attività di smaltimento di cui alla lett. g) dell' art. 6 del D.Lgs 5 febbraio 1997
n. 22. Ne consegue che la sanzione prevista per il reato in questione, smaltimento non autorizzato di rifiuti
pericolosi, è quella prevista dall'art. 51, comma 1 lett b) del decreto n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6,
DPR 10/09/1982 num. 915 art. 26 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 1575 del 1998 Rv. 211335

Massime precedenti Vedi: N. 13606 del 1998 Rv. 212542

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 14251 del 08/11/1999 Ud. (dep. 16/12/1999 ) Rv. 214983 Presidente: La Cava P.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Ruggeri M. P.M. Di Zenzo C. (Diff.)
(Rigetta, Pret. Brescia, 19 novembre 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Autorizzazione -


Trasformazione da società di persone a società di capitali - Nuova autorizzazione - Necessità -Ragione.

Nel caso di trasformazione di società di persone in società di capitali è necessario un nuovo atto autorizzatorio
per lo smaltimento dei rifiuti. Infatti l'art. 28 del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 prevede anche la valutazione
della idoneità del soggetto richiedente, ossia un requisito soggettivo rimesso alla discrezionalità della pubblica
amministrazione.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime successive: Conformi, Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 3731 del 24/11/1999 Cc. (dep. 16/12/1999 ) Rv. 214982 Presidente: Acquarone R.
Estensore: Teresi A. Imputato: P.M. in proc. Bourelly L. P.M. De Nunzio W. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, Trib. ries. Napoli, 26 maggio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - raccolta e smaltimento di autoveicoli -


Senza autorizzazione - Reato anche dopo la abrogazione del D.P.R. 915 del 1982 - Art. 51 D.Lgs. 22 del 1997.

548018 FONTI DEL DIRITTO - LEGGI - LEGGE PENALE - SUCCESSIONE DI LEGGI -Smaltimento di
rifiuti - Raccolta di autoveicoli dismessi - Ipotesi di reato - Disciplina ex D.Lgs 22 del 1997 - Successione di
leggi con il D.P.R. 915 del 1982.

La gestione non autorizzata di rifiuti consistenti nella raccolta e nello smaltimento di carcasse di autoveicoli e
di parte di essi è ancora prevista come reato, anche dopo l'abrogazione del D.P.R. 915 del 1982, dall'art. 51,
comma 1, del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST
ILLEGITTIMITÀ

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 14136 del 26/10/1999 Ud. (dep. 13/12/1999 ) Rv. 214981 Presidente: Pioletti G.
Estensore: Ceccherini A. Imputato: Tentori C. P.M. Martusciello V. (Conf.)
(Rigetta, App. Milano, 7 gennaio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Rifiuti pericolosi - Art.6 lett. m) D.Lgs.
n. 22 del 1997 - Ambito di applicazione - Individuazione.
La norma dell'art.6 lett. m) n. 2 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, nella sua formulazione originaria anteriore
alla novella di cui all'art. 1 del D.Lgs. 389 del 1997, deve esser intesa nel senso che lo smaltimento dei rifiuti
pericolosi era comunque obbligatorio e doveva esser eseguito con cadenza almeno bimestrale, ovvero con
cadenza più ravvicinata ogni qual volta si superassero i dieci metri cubi.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6

Massime successive: Difformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 2304 del 18/06/1999 Cc. (dep. 15/11/1999 ) Rv. 214976 Presidente: Papadia U. Estensore:
Mannino S. Imputato: Aloise G. P.M. Albano A. (Conf.)
(Rigetta, Trib. riesame Roma, 20 gennaio 1999).

660025 GIURISDIZIONE (COD. PROC. PEN. 1988) - POTERI E OBBLIGHI DEL GIUDICE -NEI
CONFRONTI DELLA P.A. - SINDACATO DEL GIUDICE ORDINARIO - Disapplicazione di atti
amministrativi che rimuovono ostacoli all'esercizio di diritti soggettivi o li costituiscono -Possibilità di sindacato
- Ammissibilità - Subordinazione alla collusione tra organo amministrativo e destinatario - Esclusione -
Semplice vizio di illegittimità - Sufficienza - Fattispecie in tema di ordinanza contingibile ed urgente in materia
di gestione dei rifiuti.

Dalla congiunta lettura degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all.E, abolitiva del contenzioso
amministrativo, si evince che il potere dovere del giudice penale di disapplicare gli atti amministrativi non
conformi a legge si esercita con riguardo non solo a quelli, fra tali atti, che diano luogo all'estinzione o alla
modifica di diritti soggettivi, ma anche a quelli, come le concessioni o le autorizzazioni, che costituiscono diritti
soggettivi o rimuovono ostacoli al loro esercizio; e ciò anche quando tali atti non siano frutto di collusione
criminosa fra l'organo amministrativo ed il destinatario, ma siano semplicemente viziati da illegittimità, atteso
che quando la legge prescrive, sotto comminatoria di sanzione penale, il rilascio di una concessione
amministrativa per l'esercizio di una determinata attività, intende evidentemente riferirsi ad una concessione
legittima, escludendo, quindi, per conseguenza, che quella illegittima possa avere lo stesso valore. Ciò non
comporta, tuttavia, che riconosciuta la illegittimità di una concessione debba necessariamente derivarne la
incriminazione dei pubblici amministratori che l'hanno rilasciata o del destinatario di essa, dovendosi un tale
effetto escludere quando i predetti siano stati in buona fede. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la
Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata configurata, ai fini dell'adozione di un provvedimento di
sequestro preventivo di un impianto di smaltimento di rifiuti, costituiti da autoveicoli da demolire, la sussistenza
del reato di cui agli artt. 46 e 51 del D.L.G. 5 febbraio 1997 n. 22, attesa la riscontrata illegittimità
dell'ordinanza contingibile ed urgente emanata dal presidente della giunta regionale ai sensi dell' art. 13, con la
quale era stata autorizzata la prosecuzione dell'attività in questione).

Riferimenti normativi: Legge 20/03/1865 num. 2248 all. E art. 4, Legge 20/03/1865 num. 2248 all. E art. 5,
Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 321, Legge 22/09/1988 num. 447 art. 321, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art.
13

Massime precedenti Difformi Sezioni Unite: N. 3 del 1987 Rv. 176304

Massime successive: Vedi


Annotata

Sez. 3, Ordinanza n. 2651 del 15/07/1999 Cc. (dep. 09/10/1999 ) Rv. 214787 Presidente:
Papadia U. Estensore: Di Nubila V. Imputato: Stefanucci C. (Conf.)
(Dichiara inammissibile, App. Roma, 15 gennaio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Stoccaggio di rifiuti senza la prescritta
autorizzazione - Configurabilità del reato anche alla luce della nuova disciplina (art.51 D. Lgs. n.22 del 1997) -
Sussistenza - Rapporti con la previgente disciplina contenuta nell'art.25 del D.P.
R. n.915 del 1982 - Abrogazione - Esclusione - Successione di leggi nel tempo - Sussistenza.

L'attività di stoccaggio di rifiuti speciali prodotti da terzi, senza la prescritta autorizzazione regionale, già
prevista come reato dall'art.26 del D.P.R. 10 settembre 1982, n.915, è nuovamente considerata tale dall'art.51
del D.Lgs 5 febbraio 1997, n.22. Ne consegue che, con riguardo alla predetta fattispecie criminosa, si è
verificata una successione di leggi penali nel tempo e non già una abrogazione della stessa.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST
ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 4007 del 1999 Rv. 213272, N. 6107 del 1999 Rv. 213742
Massime successive: Vedi

Edita

Sez. 6, Sentenza n. 1899 del 18/05/1999 Cc. (dep. 06/07/1999 ) Rv. 214512 Presidente: D'Asaro L.
Estensore: Di Virginio A. Imputato: Archidiacono E e altro. P.M. Ranieri B. (Parz. Diff.)
(Dichiara inammissibile, Trib. Roma, 2 ottobre 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina dei rifiuti - Autoveicoli destinati alla rottamazione -
Qualificazione come rifiuti, ai sensi dell'art. 7, comma terzo, lett. l) della l. 5 febbraio 1997, n.22 - Sussistenza -
Conseguenze.

Sono da considerare rifiuti, ai sensi degli artt. 7, comma terzo, lett. 1) e 51 del d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 gli
autoveicoli destinati alla rottamazione, onde la loro raccolta e il loro smaltimento, al pari di ogni altra
operazione di gestione, sono soggetti ad autorizzazione amministrativa. (Nella specie la Corte di cassazione ha
disatteso la tesi secondo la quale i veicoli abbandonati devono ritenersi di proprietà dello Stato, cui i legittimi
proprietari li cederebbero in cambio degli incentivi per la rottamazione, e ha confermato la legittimità
dell'operato del tribunale del riesame che aveva ritenuto la sussistenza dei presupposti per il sequestro
preventivo dell'area sulla quale i veicoli giacevano abbandonati, comportando la libera disponibilità
dell'immobile il pericolo della

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155.html (122 di 151)23/09/2005 18.52.35
protrazione e dell'aggravamento dei reati di cui all'art. 51 del d. lgs. 22/1997 e all'art. 633 cod. pen.).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 633, Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 324, Legge 22/09/1988 num. 447 art. 324,
Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 8572 del 1998 Rv. 211545, N. 10952 del 1998 Rv. 212045, N. 902 del 1999 Rv.
212835

Sez. 3, Sentenza n. 11294 del 25/06/1999 Ud. (dep. 01/10/1999 ) Rv. 214461 Presidente: Acquarone R.
Estensore: Di Nubila V. Imputato: Martorana E. P.M. Scardaccione EV. (Diff.)
(Rigetta, Pret. Gela, 14 luglio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Reato di cui all'art. 51, comma 4, D.Lgs.
22 del 1997 - Violazioni amministrative di cui all'art. 52 - Concorso - Possibilità.

In materia di smaltimento dei rifiuti, il reato di cui all'art. 51, comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997
n. 22, come modificato dalla legge 9 dicembre 1998 n. 426 ( inosservanza delle prescrizioni contenute o
richiamate nelle autorizzazioni), può concorre con le violazioni amministrative previste dal successivo art. 52,
e tra le due norme non sussiste rapporto di specialità in favore della seconda ne' rapporto di sussidiarietà.

Riferimenti normativi: Legge 09/12/1998 num. 426, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 52 COST PENDENTE

Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 11294 del 25/06/1999 Ud. (dep. 01/10/1999 ) Rv. 214460 Presidente: Acquarone R.
Estensore: Di Nubila V. Imputato: Martorana E. P.M. Scardaccione EV. (Diff.)
(Rigetta, Pret. Gela, 14 luglio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Disciplina di cui al D.P.R. 915 del 1982 -
Nuova disciplina di cui al D.Lgs. 22 del 1997 - Nesso di continuità - Fattispecie in tema di inosservanza delle
prescrizioni dell'autorizzazione.

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155.html (123 di 151)23/09/2005 18.52.35
Ai sensi dell' art. 51, comma 4, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, pur dopo le modifiche apportate dalla legge 9
dicembre 1998 n. 426, l'inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni è punita con
sanzione penale. Infatti il D.Lgs. 22 ha sostituito nuove sanzioni penali alle preesistenti fattispecie incriminatrici
ex art. 27 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, con una successione di leggi penali nel tempo.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 27 COST
ILLEGITTIMITÀ, Legge 09/12/1998 num. 426
Massime precedenti Conformi: N. 13577 del 1998 Rv. 212545

Massime precedenti Vedi: N. 6107 del 1999 Rv. 213742

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 11007 del 06/07/1999 Ud. (dep. 27/09/1999 ) Rv. 214453 Presidente: Acquarone
R. Estensore: Postiglione A. Imputato: P.M. e Pierucci A. P.M. Albano
A. (Conf.)
(Annulla in parte con rinvio, Pret. Perugia, 19 giugno 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Destinazione al riutilizzo -


Condizioni.

La prova della destinazione al riutilizzo dei rifiuti deve essere obiettiva, univoca e completa, non potendosi
tenere conto solo delle affermazioni o delle intenzioni dell'interessato, posto che i rifiuti richiedono un corretto e
tempestivo recupero, se possibile e dimostrato, oppure il loro smaltimento in modo compatibile con la salute e
l'ambiente, interessi primari della società.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Vedi: N. 1495 del 1998 Rv. 209821

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 2358 del 24/06/1999 Cc. (dep. 03/08/1999 ) Rv. 214268 Presidente: Tonini PM.
Estensore: Onorato P. Imputato: Belcari. P.M. Meloni V. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Pisa, 15 febbraio 1999).

502000 ACQUE - Tutela delle acque dall'inquinamento - Scarico diretto - Disciplina applicabile - D. lgs. n. 152
del 1999 - Applicabilità - Esclusione - Ragioni - Disciplina sui rifiuti - Applicabilità.
In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152,
intendendosi per scarico il riversamento diretto nei corpi recettori, quando il collegamento tra fonte di
riversamento e corpo ricettore è interrotto viene meno lo scarico precedentemente qualificato come indiretto,
per fare posto alla fase di smaltimento del rifiuto liquido. Conseguentemente in tale ipotesi si rende applicabile
la disciplina di cui al d.lgs. n. 22 del 1997 e non quella della legge n. 319 del 1976, come sostituita dal d.lgs. n.
152 del 1999. (V. Corte cost., sent. 8 maggio 1998, n. 173).

Riferimenti normativi: Legge 10/05/1976 num. 319 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.
22 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 11/05/1999 num. 152 COST PENDENTE

Massime precedenti Vedi: N. 5605 del 1997 Rv. 208439

Massime precedenti Vedi Sezioni Unite: N. 12310 del 1995 Rv. 202899

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 2358 del 24/06/1999 Cc. (dep. 03/08/1999 ) Rv. 214267 Presidente: Tonini PM.
Estensore: Onorato P. Imputato: Belcari. P.M. Meloni V. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Pisa, 15 febbraio 1999).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Rifiuti pericolosi -


Applicabilità della disciplina sulla tutela delle acque - Esclusione.

In tema di smaltimento di rifiuti, anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, per effetto della
norma transitoria di cui all'art. 57, comma 1 - che equipara i rifiuti tossici e nocivi della normativa precedente
(d.p.r. 915 del 1982) ai rifiuti pericolosi della normativa vigente - restano esclusi dalla disciplina sulla tutela
delle acque i rifiuti pericolosi.

Riferimenti normativi: Legge 10/05/1976 num. 319 COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 10/09/1982 num. 915 COST
ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 57, Decreto Legisl. 11/05/1999 num. 152 COST
PENDENTE
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155.html (125 di 151)23/09/2005 18.52.35

Massime precedenti Conformi: N. 12310 del 1995 Rv. 202899 Massime precedenti Vedi: N. 6222 del 1997 Rv.

208686

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 7748 del 30/04/1999 Ud. (dep. 16/06/1999 ) Rv. 214164 Presidente: Acquarone
R. Estensore: Savignano G. Imputato: Sodano C. P.M. Martusciello V. (Parz. Diff.)
(Annulla in parte con rinvio, App.Palermo, 25 maggio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti solidi urbani - Sindaco -Ordinanza
contingibile ed urgente - Sindacato del giudice penale - Limiti.

La valutazione del giudice penale, volta ad accertare l'eventuale carenza di potere del Sindaco nell'emettere il
provvedimento contingibile ed urgente, non può sconfinare in apprezzamenti di natura tecnica, riguardanti le
scelte operate dall'organo amministrativo. Il sindacato del giudice deve avere come parametri le norme atte a
giustificare l'esercizio del potere straordinario, ma non può riferirsi alla correttezza, sotto il profilo tecnico-
discrezionale, nell'esercizio di tale potere.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 12 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 art. 13

Massime precedenti Vedi: N. 377 del 1998 Rv. 210511, N. 3257 del 1998 Rv. 210147, N. 12692 del 1998 Rv.
212181

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata
Sez. 3, Sentenza n. 7748 del 30/04/1999 Ud. (dep. 16/06/1999 ) Rv. 214163
Presidente: Acquarone R. Estensore: Savignano G. Imputato: Sodano C. P.M. Martusciello V.
(Parz. Diff.)

(Annulla in parte con rinvio, App.Palermo, 25 maggio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti solidi urbani - Da parte del comune a
mezzo discarica - Autorizzazione regionale - Necessità.

L'autorizzazione per la realizzazione di una discarica deve essere chiesta alla Regione anche dal Sindaco, pur
essendo questi obbligato per legge allo smaltimento dei rifiuti urbani. Alla regione spetta, infatti, nella sua
posizione sovraordinata, quanto alla programmazione in questa materia, decidere il rilascio o meno
dell'autorizzazione, una volta valutata la quantità dei rifiuti da smaltire, le strutture, la idoneità delle
discariche all'interno del territorio regionale, sulla base della comparazione di interessi pubblici e privati,
che non può esser riservata alla limitata prospettiva, nell'ambito comunale, del sindaco.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, DPR 10/09/1982 num. 915 art.
25 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 6292 del 1998 Rv. 210964

Massime successive: Conformi, Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 6107 del 18/03/1999 Ud. (dep. 17/05/1999 ) Rv. 213742
Presidente: Giammanco P. Estensore: Di Nubila V. Imputato: P.M. in proc. Pluda ed altri. P.M.
De Nunzio W. (Conf.)

(Annulla con rinvio, Pret. Brescia, 25 febbraio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Disciplina di cui al D.P.R. 915 del 1982 -
Nuova disciplina di cui al D.Lgs. 22 del 1997 - Nesso di continuità.
Ai sensi dell' art. 51, comma primo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, il fatto di chi effettua il trasporto o lo
smaltimento di rifiuti, propri o di terzi, senza la prescritta autorizzazione o iscrizione, costituisce tuttora
reato. Si è , infatti, realizzata una successione di leggi penali nel tempo che regolano lo stesso fatto, con il
comportamento di chi contravveniva all'art. 25 del D.P.R. 915 del 1982.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST
ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 13577 del 1998 Rv. 212545

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 4007 del 19/02/1999 Ud. (dep. 26/03/1999 ) Rv. 213272
Presidente: Giammanco P. Estensore: Savignano G. Imputato: P.M. in proc. Frascio R. P.M.
Siniscalchi A. (Conf.)

(Annulla con rinvio, Pret. Brescia, 18 dicembre 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Stoccaggio provvisorio non autorizzato
- Vecchia disciplina di cui al D.P.R. 915 del 1982 e nuova disciplina di cui al D.Lgs. 22 del 1997 - Reato -
Sussistenza.

In tema di smaltimento dei rifiuti, lo stoccaggio non autorizzato, previsto e punito dagli artt. 16, comma primo, e
26 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, lo è anche ai sensi del combinato disposto degli artt. 28 e 51, primo
comma (lett. a) o b) a seconda che trattasi di rifiuti non pericolosi o pericolosi).Lo stoccaggio, inteso come
deposito era, invero, secondo il D.P.R. 915 del 1982, una fase dell'attività di smaltimento e lo anche ai sensi del
D. Lgs. 22 del 1997, che nell'elenco delle operazioni di smaltimento include anche quella di deposito
preliminare.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 28, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51,
DPR 10/09/1982 num. 915 art. 16 COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 26 COST
ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 9168 del 1997 Rv. 209544


Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 4003 del 19/02/1999 Ud. (dep. 26/03/1999 ) Rv. 213271 Presidente: Giammanco P.
Estensore: Savignano G. Relatore: Accinni G. Imputato: Tilocca A.
P.M. Siniscalchi A. (Conf.)
(Rigetta, App.Cagliari, 3 luglio 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Delega a terzi per
l'ottemperanza degli obblighi di legge - Condizioni - Esonero della responsabilità - Limiti e
condizioni - Fattispecie: impianto di mattazione comunale.

543002 ENTI PUBBLICI LOCALI - COMUNE - Impianto di mattazione comunale - Responsabilità del
sindaco - Delega a terzi per l'ottemperanza degli obblighi di legge - Condizioni.

Anche in materia di smaltimento dei rifiuti la identificazione dell'oggetto e del contenuto della delega deve
essere, in linea di principio, resa possibile sulla base di specifiche determinazioni, difettando le quali, il potere
concernente l'attività delegata non può ritenersi dismesso dal delegante.

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155.html (128 di 151)23/09/2005 18.52.35
Conseguentemente se la delega non si riferisce alla esecuzione di atti specifici - rispetto ai quali viene al
delegato trasferita non la competenza, ma la legittimazione al compimento dei singoli atti rientranti nella
competenza del delegante - non è neppure necessaria una previa revoca delle attribuzioni del delegato perché
emerga il potere dovere di intervento del delegante. (Nella specie la Corte ha affermato la responsabilità del
Sindaco relativamente alla attività di un impianto di mattazione comunale per il quale lo stesso era risultato
costante referente).

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Vedi: N. 11745 del 1995 Rv. 203111, N. 9715 del 1997 Rv. 209008
Annotata Sez. 3, Sentenza n. 282 del 17/11/1998 Ud. (dep. 13/01/1999 ) Rv. 212847 Presidente: Papadia U.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Facchi F. P.M. Fraticelli M. (Diff.)
(Rigetta, Pret. Brescia, 15 dicembre 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Fanghi di depurazione - Utilizzazione in agricoltura -Disciplina


applicabile - D. Lgs. 22 del 1997 e D. Lgs. 99 del 1992.

La disciplina giuridica per i fertilizzanti rimane quella sui rifiuti, come disciplinati dal D.P.R. 10 settembre
1982 n.915 ed ora dal D.Lgs.5 febbraio 1997 n. 22, per alcuni obblighi essenziali - quali autorizzazione
preventiva regionale, obblighi di registrazione, ecc - mentre per altri obblighi aggiuntivi trova attuazione il D.
Lgs. 27 gennaio 1992 n. 99, che riguarda l'aspetto della concreta utilizzazione di fanghi di depurazione in
agricoltura.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Decreto Legisl. 08/11/1997 num. 389

Massime precedenti Vedi: N. 9402 del 1996 Rv. 206719

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 282 del 17/11/1998 Ud. (dep. 13/01/1999 ) Rv. 212846 Presidente: Papadia U.
Estensore: Postiglione A. Imputato: Facchi F. P.M. Fraticelli M. (Diff.)
(Rigetta, Pret. Brescia, 15 dicembre 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Fertilizzanti - Inclusione nella
materia dei rifiuti - Ad opera del D.Lgs. 389 del 1997.

548018 FONTI DEL DIRITTO - LEGGI - LEGGE PENALE - SUCCESSIONE DI LEGGI -Smaltimento
dei rifiuti - Disciplina dei fertilizzanti - Previsione di cui all'art. 27 del D.P.R. 915 del 1982 - Nuova
disciplina ex art 52 D.Lgs. 22 del 1997.

Il D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 non esclude dalla materia dei rifiuti le attività di trattamento degli scarti che
danno origine ai fertilizzanti, e sottopone gli insediamenti che producono fertilizzanti alle normali obbligazioni
attinenti alla gestione dei rifiuti. L'originaria esclusione dei fertilizzanti prevista nell'art. 8, punto d), del D.Lgs.
22 del 1997 è venuta meno in forza delle modifiche apportate dal successivo D.Lgs. 8 novembre 1997 n. 389. La
mancanza della autorizzazione regionale, che comportava la sanzione di cui all'art. 27 del D.P.R. 10 settembre
1982 n. 915, è ora prevista dall'art. 52, comma quarto, del D.Lgs. 22 del 1997.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 52 COST PENDENTE, Decreto Legisl.
08/11/1997 num. 389, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 27 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 2819 del 1997 Rv. 209386

Sez. 3, Sentenza n. 280 del 17/11/1998 Ud. (dep. 13/01/1999 ) Rv. 212845
Presidente: Papadia U. Estensore: Postiglione A. Imputato: Palascino L. P.M. Fraticelli M.
(Conf.)

(Rigetta, Pret. Enna, 31 ottobre 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina sui rifiuti - Reato di cui all'art. 32 D.P.R. 915 del
1982 - Soggetti destinatari - Soggetti pubblici - Esclusione - Insussistenza - Ragione.

La previsione di cui all'art. 32 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915 ( omessa adozione di misure igienico
sanitarie) riguarda tutti i soggetti cui incombe l'obbligo di autorizzazione regionale; quindi, anche i soggetti
pubblici che gestiscano discariche di rifiuti urbani. La esclusione dei soggetti pubblici dalla osservanza di un
norma posta a tutela di valori costituzionalmente protetti, quale la salute e l'ambiente, non sarebbe giustificata,
secondo il principio di uguaglianza, non essendo peraltro prescritta alcuna deroga. Nè può essere invocata la
legge 8 giugno 1990 n. 142 (ordinamento delle autonomie locali),per ritenere che debbano rispondere soltanto
gli organi tecnici

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155.html (130 di 151)23/09/2005 18.52.35
Italgiure Web

del Comune.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 32 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997

num. 22 COST PENDENTE Massime precedenti Conformi: N. 12251 del 1987 Rv. 177168 Massime precedenti

Vedi: N. 9157 del 1997 Rv. 209542


Sez. 3, Sentenza n. 280 del 17/11/1998 Ud. (dep. 13/01/1999 ) Rv. 212844
Presidente: Papadia U. Estensore: Postiglione A. Imputato: Palascino L. P.M. Fraticelli M.
(Conf.)

(Rigetta, Pret. Enna, 31 ottobre 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Disciplina sui rifiuti - Previsione di reato analogo a quello
indicato per il periodo transitorio dall'art. 32 D.P.R. 915 del 1982 - Artt. 17 e 51 bis D.Lgs. 22 del 1997 -
Individuazione.

La disciplina dei rifiuti, di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non prevede tra le disposizioni transitorie una
norma analoga a quella di cui all'art. 32 del D.P.R. 10 settembre 1982 n.915 (omessa adozione di misure
igienico sanitarie), ma ciò avviene solo perché la nuova normativa ha reso strutturale e permanente la
medesima condotta, ampliandola e precisandola ulteriormente, ai sensi degli artt. 17 e 51 bis del D. Lgs. 22 del
1997, che sanzionano penalmente non solo chiunque cagiona l'inquinamento, ma anche chiunque cagiona un
pericolo concreto ed attuale di inquinamento.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 32 COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 10/09/1982 num. 915
art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 17, Decreto Legisl. 05/02/1997 num.
22 art. 51

Massime precedenti Difformi: N. 9157 del 1997 Rv. 209542

Massime precedenti Vedi: N. 9341 del 1994 Rv. 198800

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 902 del 11/12/1998 Ud. (dep. 25/01/1999 ) Rv. 212836
Presidente: Giammanco P. Estensore: Fiale A. Imputato: Convertini F. P.M. Siniscalchi A.
(Conf.)

(Rigetta, App. Milano, 21 aprile 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Attività di rottamazione di veicoli - Produzione di rifiuti


propri - Esclusione - Smaltimento di rifiuti speciali prodotti da terzi - Configurabilità.

Non può esser considerato produttore di rifiuti propri il soggetto che provvede allo smantellamento di veicoli
altrui non più funzionanti, trasportati in un area in sua dotazione, ove si procede al recupero delle parti
riutilizzabili ed all'abbandono degli scarti. I rifiuti, infatti, assumono tale carattere fin dal momento in cui
vengono dismessi da coloro che li conferiscono alla demolizione, ed il soggetto cui vengono affidati per la
cernita deve esser qualificato come semplice detentore di residui di terzi, la cui attività integra attività di
smaltimento di rifiuti speciali prodotti da terzi.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, DPR 10/09/1982 num. 915
COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 1575 del 1998 Rv. 211335

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 902 del 11/12/1998 Ud. (dep. 25/01/1999 ) Rv. 212835
Presidente: Giammanco P. Estensore: Fiale A. Imputato: Convertini F. P.M. Siniscalchi A.
(Conf.)

(Rigetta, App. Milano, 21 aprile 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti speciali - Autoveicoli, parti di essi -
Autorizzazione - Necessità - Nuova disciplina di cui al D.Lgs. 22 del 1997 - Reato -Persistenza.

La raccolta di rifiuti speciali prodotti da terzi (autoveicoli, parti di essi, pneumatici ed altro) e la tenuta di tali
rifiuti in deposito sul suolo prima dell'avviamento degli stessi alla distruzione finale, costituisce operazione di
smaltimento sia ai sensi dell' art. 25 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, sia ai sensi dell' art. 51 del D.Lgs. 5
febbraio 1997 n. 22. La sua effettuazione in difetto di autorizzazione configura pertanto tuttora reato.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 art. 51
Massime precedenti Conformi: N. 1575 del 1998 Rv. 211335

Massime successive: Vedi

Sez. 1, Sentenza n. 5005 del 14/10/1998 Cc. (dep. 14/12/1998 ) Rv. 212648 Presidente: Pirozzi E.
Estensore: Fazzioli E. Imputato: Corio A. P.M. Ciampoli L. (Conf.)
Rigetta, App.Torino, 9 marzo 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti tossico-nocivi senza autorizzazione -


Disciplina sanzionatoria - Art. 26 D.P.R. 10 settembre 1982 n.915 - Abrogazione -Normativa successiva
prevedente il fatto come reato - Sussistenza - Art. 51, comma 1, lett. b) del D.L.
G. 5 febbraio 1997 n.22. - Fattispecie: operazioni di stoccaggio provvisorio.

548018 FONTI DEL DIRITTO - LEGGI - LEGGE PENALE - SUCCESSIONE DI LEGGI -Smaltimento di
rifiuti tossico-nocivi senza autorizzazione - Disciplina sanzionatoria - Art. 26 D.P.R. 10 settembre 1982 n.915
- Abrogazione - Normativa successiva prevedente il fatto come reato -Sussistenza - Art. 51, comma 1, lett. b)
del D.L.G. 5 febbraio 1997 n.22. - Fattispecie: operazioni di stoccaggio provvisorio.

Le attività di smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi senza la prescritta autorizzazione regionale già
sanzionate dall'art. 26 dell'abrogato D.P.R. 10 settembre 1982 n.915, costituiscono tuttora reato ai sensi
dell'art. 51, comma 1, lett. b) del D.L.G. 5 febbraio 1997 n.22. (Fattispecie relativa ad operazioni di
stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi).

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 26 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 51 com. 1 lett. B
Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 13577 del 10/11/1998 Ud. (dep. 23/12/1998 ) Rv. 212545 Presidente:
Avitabile D. Estensore: Salvago S. Imputato: P.M. in proc. Busi A. (Conf.)
(Annulla con rinvio, Pret. Brescia, 25 febbraio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti tossico-nocivi - Disciplina di cui al


D.P.R. 915 del 1982 - Nuova disciplina di cui al D.Lgs. 22 del 1997 - Nesso di continuità.

In materia di smaltimento di rifiuti la vecchia disciplina, per la quale ogni fase dello smaltimento dei rifiuti
tossici-nocivi era soggetta ad autorizzazione regionale, ed in caso di inosservanza si concretava la
contravvenzione di cui all'art. 26 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, è confluita nell'art. 51 , primo comma ,
del D.L.G. 5 febbraio 1997 n. 22, sia pure attraverso una più precisa articolazione delle fasi con cui lo
smaltimento non autorizzato viene effettuato. Tra il nuovo art. 51 citato, ed il vecchio art. 26 sussiste pertanto
un nesso di continuità che si riconduce alla successione di norme nel tempo.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 26 COST
ILLEGITTIMITÀ, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 16 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime successive: Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 13606 del 18/11/1998 Ud. (dep. 23/12/1998 ) Rv. 212542
Presidente: Tonini PM. Estensore: Grillo CM. Imputato: Iannuzzelli A. P.M. Martusciello V.
(Conf.)

(Rigetta, App. Napoli, 26 febbraio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti solidi urbani - Deposito


temporaneo - Nozione - Di batterie al piombo esauste - Possibilità di deposito temporaneo -Esclusione
- Ragione.
Lo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, quali le batterie di piombo esauste, accantonati in una area a
disposizione dell'autore dello smaltimento, non configura una ipotesi di deposito temporaneo, in quanto per
aversi deposito temporaneo i rifiuti devono originare da una attività di produzione svolta proprio in quel luogo,
e non si può sostenere che le batterie esauste siano prodotte dalla attività di smaltimento.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 1575 del 1998 Rv. 211335, N. 8572 del 1998 Rv. 211545

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155.html (134 di 151)23/09/2005 18.52.36

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 12692 del 16/10/1998 Ud. (dep. 02/12/1998 ) Rv. 212182 Presidente: Papadia U.
Estensore: Onorato P. Imputato: Schepis A. P.M. Fraticelli M. (Parz. Diff.)
(Annulla in parte senza rinvio, App. Messina, 22 maggio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento dei rifiuti - Ordinanza contingibile e urgente ex
art. 13 D.Lgs. 22 del 1997 - Reati discriminati - Anche quelli di cui all'art. 734 cod. pen. e 1 sexies legge 431
del 1985 - Esclusione.

515001 BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti -Ordinanza


contingibile ed urgente ex art. 12 D.Lgs. 22 del 1997 - Reati discriminati - Anche quelli di cui all'art. 734
cod.pen. e 1 sexies legge 431 del 1985 - Esclusione.

L'ordinanza contingibile ed urgente di cui all'art. 12 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, ora sostituito dall'art.
13 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, discrimina solo i reati previsti dallo stesso decreto in materia di
smaltimento di rifiuti, ma non può di per se discriminare i reati in materia ambientale, sia sostanziali, come
quello di cui all'art. 734 cod. pen., sia formali, come quello previsto dall'art. 1 sexies legge 8 agosto 1985 n.
431.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 12 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 13

Massime precedenti Difformi: N. 1784 del 1997 Rv. 207072


Massime precedenti Vedi: N. 1986 del 1995 Rv. 201568

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 12692 del 16/10/1998 Ud. (dep. 02/12/1998 ) Rv. 212181
Presidente: Papadia U. Estensore: Onorato P. Imputato: Schepis A. P.M. Fraticelli M. (Parz.
Diff.)

(Annulla in parte senza rinvio, App. Messina, 22 maggio 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti solidi urbani - Sindaco -Ordinanza
contingibile ed urgente - Presupposti di fatto - Sindacato del giudice penale - Ambito.

L'ordinanza contingibile ed urgente che il sindaco può emanare in materia di smaltimento dei rifiuti ai sensi
dell' art. 13 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, ha come presupposti: a) una necessità eccezionale ed urgente di
tutelare la salute pubblica o l'ambiente, b) la limitazione nel tempo, c) la inevitabilità del ricorso a forme di
gestione straordinaria; mentre ha come requisito di legittimità formale una motivazione adeguata, che renda
conto dei presupposti concreti dell'ordinanza stessa. A fronte di tale ordinanza il giudice penale deve verificare
se ricorrono i presupposti che legittimano l'esercizio concreto della potestà sindacale, e se sussiste il requisito
di legittimità di un motivazione adeguata.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 13, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 12 COST
ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Conformi: N. 3257 del 1998 Rv. 210147

Massime precedenti Vedi: N. 9157 del 1997 Rv. 209543, N. 377 del 1998 Rv. 210511

Massime successive: Vedi


Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 12538 del 30/09/1998 Ud. (dep. 30/11/1998 ) Rv. 212165 Presidente: Papadia U.
Estensore: Onorato P. Imputato: Tiragallo F. P.M. Martusciello V. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, App.Torino, 22 aprile 1998).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Deposito controllato dei propri
rifiuti - Reato di cui all'art. 51 del D.Lgs. 22 del 1997 - Insussistenza - Ragione.

Il deposito controllato di rifiuti propri, senza le autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni prescritte in genere
per lo smaltimento dei rifiuti , non è più qualificato come reato. Infatti l'art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22
prevede e punisce al primo comma lo smaltimento non autorizzato di rifiuti provenienti da terzi, mentre al
secondo comma prevede e punisce con la stessa pena non ogni tipo di raccolta e smaltimento, ma solo
l'abbandono o il deposito incontrollato dei propri rifiuti, cioè dei

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155.html (136 di 151)23/09/2005 18.52.36
rifiuti derivati dalla stessa azienda. (Nella specie la Corte ha escluso il reato "de quo" nel caso di accumulo di
materiali pericolosi depositati in una area dello stesso stabilimento sotto la protezione di un telone).

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51

Massime precedenti Vedi: N. 9168 del 1997 Rv. 209544

Massime successive: Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 10952 del 21/09/1998 Ud. (dep. 21/10/1998 ) Rv. 212045
Presidente: Tonini PM. Estensore: Morgigni A. Imputato: Boccanera M. P.M. Fraticelli M.
(Conf.)

(Rigetta, Pret.Roma, 18 novembre 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Autoveicoli - Natura di rifiuti speciali -
Centri di raccolta - Autorizzazione - Necessità - Ragione.

Non può essere considerato produttore di rifiuti propri il soggetto che provvede alla demolizione e rottamazione
di veicoli altrui, trasportati in una area in sua dotazione, ove procede alla separazione delle varie componenti,
al recupero dei residui riutilizzabili ed all'accumulo degli scarti. Le vetture assumono, infatti, il carattere di
rifiuti speciali fin dal momento in cui vengono dimesse dal proprietario o possessore, che li consegna al
demolitore. Inoltre tutta l'attività dei centri di raccolta rientra nell'ambito dello smaltimento e del recupero e
non può essere esercitata senza autorizzazione.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Conformi: N. 12718 del 1994 Rv. 200953, N. 11087 del 1995 Rv. 202970, N. 2810 del
1997 Rv. 209541

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 8572 del 25/05/1998 Ud. (dep. 24/07/1998 ) Rv. 211545
Presidente: Giammanco P. Estensore: Postiglione A. Imputato: Pontone C. P.M. Veneziano GA.
(Conf.)

(Rigetta, App.Milano, 29 ottobre 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Autoveicoli fuori uso - Natura di rifiuto speciale -
Smaltimento senza autorizzazione - Reato di cui all'art. 51 D.L.G. n. 22 del 1997.

Gli autoveicoli fuori uso costituiscono rifiuti speciali ai sensi dell'art. 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997
n. 22, sicché è necessaria la preventiva autorizzazione per l'esercizio delle operazioni di smaltimento, la cui
mancanza costituisce reato di natura permanente. Sotto il profilo soggettivo è sufficiente la colpa, ovvero la
negligenza nel munirsi di una specifica ed espressa autorizzazione preventiva regionale.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51,
Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 28
Massime precedenti Vedi: N. 2810 del 1997 Rv. 209541

Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 1575 del 18/05/1998 Cc. (dep. 01/07/1998 ) Rv. 211335 Presidente:
Tonini PM. Estensore: Morgigni A. Imputato: Cauzzo M. (Diff.)
(Dichiara inammissibile, Pret. Milano, 2 dicembre 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti speciali - Batterie esauste di


autoveicoli - Autorizzazione - Necessità - Nuova disciplina di cui al D.L.G. 22 del 1997 - Reato -
Persistenza.

Le batterie esauste di autoveicoli sono ancora considerate rifiuto speciale ai sensi dell'art. 7, comma terzo lett.
i), del D.L.G. 5 febbraio 1997 n. 22. La raccolta ed il conseguente stoccaggio delle batterie esauste appartenenti
a terzi rientra nella definizione di stoccaggio formulata dall'art. 6, comma primo lett. i) del medesimo
provvedimento; pertanto lo smaltimento di rifiuti speciali prodotti da terzi mediante stoccaggio di batterie
esauste senza autorizzazione è sanzionata dall'art 51, comma primo del D.L.G. 22 del 1997, che ha ripreso la
precedente statuizione dell'art. 25 del D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 art. 51, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6, Decreto Legisl. 05/02/1997

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155.html (138 di 151)23/09/2005 18.52.36
Italgiure Web

num. 22 art. 7 Massime precedenti Vedi: N. 2810 del 1997 Rv. 209541
Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 6292 del 17/04/1998 Ud. (dep. 29/05/1998 ) Rv. 210964 Presidente: Tridico GS. Estensore:
Grillo CM. Imputato: Cuda R.. P.M. Martusciello V. (Conf.)
(Rigetta, App. Catanzaro, 2 luglio 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti solidi urbani - Da parte del comune
a mezzo discarica - Autorizzazione regionale - Necessità - Sussistenza.

In tema di smaltimento di rifiuti solidi urbani, anche il Comune, benché gravato dell'obbligo di provvedere allo
smaltimento, ove intenda farlo a mezzo di discarica deve ottenere l'autorizzazione regionale. (Nella specie la
Corte ha escluso che valga a scriminare lo smaltimento in assenza di autorizzazione l'adozione dell'ordinanza
contingibile ed urgente ex art. 12 D.P.R. 10 settembre 1982
n. 915 - ora art. 13 D.L.G. 5 febbraio 1997 n. 22 - con efficacia protratta per oltre un quinquennio).

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 10/09/1982 num. 915
art. 31 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 13 COST PENDENTE, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 12 COST ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 5378 del 1996 Rv. 205542

Massime precedenti Conformi Sezioni Unite: N. 6169 del 1989 Rv. 181125

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 377 del 27/01/1998 Cc. (dep. 15/04/1998 ) Rv. 210511
Presidente: Pioletti G. Estensore: Onorato P. Imputato: P.M. in proc. Rizzi F.. P.M. Fraticelli M.
(Conf.)

(Annulla con rinvio, Trib.Frosinone 13 maggio 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Sindaco - Ordinanza


contingibile ed urgente - Sindacato del giudice ordinario - ragione.
In tema di smaltimento di rifiuti ove risulti emessa una ordinanza contingibile ed urgente da parte del Sindaco,
ai sensi dell'art. 13 del D.L.G. 5 febbraio 1997 n. 22, sussiste per il giudice penale il dovere di controllo sul
rispetto dei limiti e dei vincoli al potere di emanazione della stessa, cioè sulla legittimità dell'ordinanza, al fine
di garantire i diritti alla salute ed all'ambiente che costituiscono i beni tutelati dalle norme penali in materia di
rifiuti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 13, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 12 COST
ILLEGITTIMITÀ

Massime precedenti Vedi: N. 5378 del 1996 Rv. 205542, N. 1784 del 1997 Rv. 207072, N. 9157 del 1997 Rv.
209543

Annotata Sez. 3, Sentenza n. 4280 del 13/02/1998 Ud. (dep. 09/04/1998 ) Rv. 210509 Presidente: Dinacci U.
Estensore: Onorato P. Imputato: Ciurletti G.. P.M. Fraticelli M. (Parz. Diff.)
(Annulla senza rinvio, Pretura Trento 29 aprile 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuto - Definizione - Rifiuto allo stato liquido -Disciplina
applicabile - D.L.G. 5 febbraio 1997 n.22 - Scarichi di acque reflue - Legge 10 maggio 1976 n.319 -
Applicabilità.

In tema di smaltimento di rifiuti la definizione di rifiuto come "qualunque sostanza che rientri nelle categorie
comprese nel catalogo dei rifiuti, e della quale il detentore si disfi o abbia deciso di disfarsi", comprende anche
i rifiuti allo stato liquido ( in presenza delle due citate condizioni). Pertanto l'abbandono incontrollato sul suolo
o l'immissione nelle acque superficiali o sotterranee di rifiuti allo stato liquido compresi nel catalogo europeo
(dei rifiuti) è punito ai sensi dell'art. 50 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n.22; mentre lo scarico di acque
reflue non comprese nel suddetto catalogo continua ad essere disciplinato dalla legge 10 maggio 1976 n.319.

Riferimenti normativi: Legge 10/05/1976 num. 319 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.

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155.html (140 di 151)23/09/2005 18.52.36
Italgiure Web
05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE Massime precedenti Vedi: N. 6222 del 1997 Rv. 208686

Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 3257 del 16/12/1997 Ud. (dep. 16/03/1998 ) Rv. 210147
Presidente: Dinacci U. Estensore: Onorato P. Imputato: Santagata T. P.M. Scardaccione EV.
(Diff.)

(Annulla senza rinvio, App.Catanzaro, 6 marzo 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti solidi urbani - Sindaco -Ordinanza
contingibile ed urgente - Presupposti di fatto - Sindacato del giudice ordinario - Limiti.

In tema di smaltimento di rifiuti solidi urbani ove risulti emessa una ordinanza contingibile ed urgente da parte
del sindaco, ai sensi dell'art. 12 del d.p.r.10 settembre 1982 n. 915, sussiste una causa di esclusione
dell'antigiuridicità, giacché l'ordinamento riconosce che l'interesse sotteso all'autorizzazione regionale per la
discarica è bilanciato dall'interesse a tutelare in via urgente altre esigenze sanitarie o ecologiche, che non
potrebbero essere soddisfatte attraverso le procedere ordinarie. A fronte di tale ordinanza il giudice penale , per
accertare l'esistenza della causa di giustificazione, deve solo verificare se ricorrono i presupposti che
legittimano l'esercizio concreto della potestà sindacale. Questi presupposti sono: 1) la necessità eccezionale ed
urgente di tutela della salute pubblica o dell'ambiente, 2)la temporaneità del provvedimento straordinario. Tale
secondo requisito può essere soddisfatto anche attraverso l'apposizione di un termine incertus quando, purché si
tratti di un termine serio e ragionevole.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 12 COST ILLEGITTIMITÀ, Legge 08/06/1990 num. 142
art. 10, Legge 08/06/1990 num. 142 art. 38, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 13

Massime precedenti Vedi: N. 5378 del 1996 Rv. 205542, N. 1784 del 1997 Rv. 207072, N. 9157 del 1997 Rv.
209543
Massime successive: Conformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 9168 del 15/07/1997 Ud. (dep. 09/10/1997 ) Rv. 209544 Presidente: Pioletti G. Estensore:
Grillo CM. Imputato: Ciarcià. P.M. Siniscalchi A. (Conf.)
(Rigetta, App.Catania, 8 gennaio 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti tossico-nocivi - Stoccaggio provvisorio di


fusti contenenti "percloroetilene" - Vecchia disciplina di cui al d.P.R. n. 915 del 1982 e nuova disciplina di cui al
D.Lgs. n. 22 del 1997 - Fattispecie: applicabilità di "lex mitior".

In tema di smaltimento di rifiuti, nel caso in cui all'imputato sia addebitato di avere effettuato senza
autorizzazione, nell'interno della propria lavanderia, lo stoccaggio provvisorio di fusti contenenti
"percloroetilene", in attesa di reperire una ditta che smaltisse detti rifiuti tossico-nocivi, mentre con la vecchia
disciplina di cui al d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 ogni fase dello smaltimento di tali rifiuti ( raccolta e
trasporto, stoccaggio provvisorio, trattamento, stoccaggio definitivo ) era soggetta ad autorizzazione regionale (
art. 16 ) ed in caso di inosservanza si concretava la contravvenzione di cui all'art. 26 citato d.P.R., con la nuova
disciplina di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, innanzi tutto, scompare la categoria dei rifiuti tossico-nocivi:
la classificazione di cui all'art. 7 di detto D. Lgs. distingue i rifiuti in urbani e speciali, e questi ultimi in
pericolosi e non, a seconda delle caratteristiche di pericolosità; in secondo luogo, il comportamento ascritto
all'imputato, alla luce del nuovo decreto, non può più considerarsi attività di "stoccaggio", perché, così come
definita dall'art. 6, comma 1, lett. l), essa ora consiste soltanto nel deposito preliminare di rifiuti finalizzato al
sollecito compimento di una delle operazioni di smaltimento in senso stretto, sicché non si potrà, nel caso di
specie, configurare "stoccaggio", ma tutt'al più "deposito temporaneo" di rifiuti, di cui alla successiva lett. m)
del menzionato art. 6, così essendo, infatti, definito il raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta,
nel luogo in cui sono prodotti, purché ricorrano sei specifiche condizioni, solo nel rispetto delle quali il deposito
temporaneo di rifiuti, ai sensi dell'art. 28, comma 5, non è soggetto ad autorizzazione. ( La S.C., osservato che i
rifiuti "stoccati provvisoriamente" dall'imputato rientrano - ai sensi del menzionato art. 7 citato D.Lgs. - tra
quelli "pericolosi" e che le condizioni di cui sopra non sono state tutte rispettate nel caso in esame, con la
conseguenza che non potrà considerarsi "deposito temporaneo", esente da autorizzazione, lo stoccaggio
provvisorio effettuato, ha ritenuto che lo stesso dovrà allora essere considerato "deposito incontrollato" dei
propri rifiuti pericolosi, sanzionato - dall'art. 51, comma 2, D.Lgs. n. 22 del 1997 - ben più gravemente di
quanto previsto dall'art. 26 d.P.R. n. 915 del 1982, che, in quanto "lex mitior", deve applicarsi ai sensi dell'art.
2, terzo comma, cod. pen. ).

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 16 COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 10/09/1982 num. 915
art. 26 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. L, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 art. 6 com. 1 lett. M, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 7, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 art. 28 com. 5, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51 com.

Massime successive: Difformi, Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 9157 del 15/07/1997 Ud. (dep. 09/10/1997 ) Rv. 209542 Presidente: Pioletti G. Estensore:
Grillo CM. Imputato: Felice. P.M. Siniscalchi A. (Parz. Diff.)
(Annulla in parte senza rinvio, App.Campobasso, 14 novembre 1996).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 - Nuova disciplina sui rifiuti -
Previsione di reato analogo a quello indicato per il periodo transitorio dall'art. 32 d.P.R. 10 settembre 1982, n.
915 - Esclusione - Deroga al principio della non ultrattività della norma incriminatrice - Insussistenza - Ragione
- Fattispecie.

La nuova disciplina sui rifiuti, di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, non prevede per il periodo transitorio (
art. 57 ) alcun reato analogo a quello di omessa adozione di tutte le misure necessarie ad evitare un
deterioramento della situazione igienico-sanitaria ed ambientale preesistente, di cui alla norma transitoria di
cui all'art. 32 d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, ne' è applicabile la deroga al principio della non ultrattività
della norma incriminatrice - stabilita dall'art. 2, quarto comma, cod.pen. - in quanto l'art. 32 in questione è,
sotto tutti gli aspetti, semplicemente una "disposizione transitoria", che è cosa ben diversa da una "legge
eccezionale o temporanea". ( Fattispecie relativa ad annullamento senza rinvio, perché il fatto non è previsto
dalla legge come reato, di sentenza di condanna, limitatamente al reato di cui al citato art. 32 d.P.R. n. 915 del
1982, per avere l'imputato, Sindaco di un Comune, nel gestire una discarica di rifiuti solidi urbani senza
autorizzazione regionale, omesso di adottare tutte le misure richieste dalla predetta norma ).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 2 com. 4, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 32 COST
ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 57

Massime successive: Conformi, Vedi


Edita
Sez. 3, Sentenza n. 2810 del 11/07/1997 Cc. (dep. 26/09/1997 ) Rv. 209541 Presidente: Giammanco P.
Estensore: Onorato P. Imputato: Artuso. P.M. Febbraro G. (Diff.)
(Annulla con rinvio, Trib.Venezia, 10 marzo 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Reato di smaltimento di rifiuti speciali derivanti da veicoli a
motore ecc. senza autorizzazione - Rilascio di licenza comunale - Irrilevanza - Nuova disciplina di cui al D.Lgs.
n. 22 del 1997 - Disposizione transitoria di cui all'art. 57 - Contenuto -Fattispecie: sequestro preventivo
erroneamente annullato.

Secondo il d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, chi gestisce lo smaltimento di rifiuti speciali derivanti da veicoli a
motore, rimorchi e simili fuori uso, senza essere in possesso dell'autorizzazione di cui all'art. 6 lettera d),
incorre nel reato di cui all'art. 25, anche se rispetta il disposto dell'art. 15, comma 4, secondo cui i soggetti
privati che gestiscono un centro di raccolta per la demolizione, l'eventuale recupero parziale e la rottamazione
dei veicoli a motore fuori uso devono essere muniti di una apposita licenza comunale: tale licenza non
sostituisce l'autorizzazione di cui al predetto art. 6 lettera d), sicché, ove manchi l'autorizzazione, ricorre il
reato di cui all'art. 25, anche se venga rispettato il limite di 180 giorni per la detenzione dei materiali da avviare
alla rottamazione. Peraltro, a seguito dell'evoluzione legislativa intervenuta nella soggetta materia con il D.Lgs.
5 febbraio 1997, n. 22, vero è che secondo la disposizione transitoria di cui al comma 5 dell'art. 57 "le attività
che in base alle leggi statali e regionali vigenti risultano escluse dal regime dei rifiuti (...) devono conformarsi
alle disposizioni del presente decreto entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso", ma
questa disposizione transitoria a ) presuppone che sia concretamente accertata la non applicabilità del regime
sui rifiuti ( cioè che si tratti di rifiuti qualificabili come residui, effettivamente destinati al riutilizzo, ecc.; b )
rinvia di sei mesi l'obbligo di osservanza della normativa contenuta nel decreto, ovverosia concede agli
interessati sei mesi di tempo per conformarsi ad essa, ma non esclude affatto che nel frattempo siano osservate
le normative previgenti e che siano applicate le relative sanzioni penali in caso di inosservanza. ( Nella specie,
relativa ad annullamento con rinvio di ordinanza di riesame che aveva annullato decreto di sequestro
preventivo per insussistenza del "fumus delicti", la S.C. ha altresì osservato che i numerosi decreti legge
disciplinanti il recupero dei rifiuti succedutisi dal novembre 1993 sino al settembre 1996 sono tutti decaduti per
mancata conversione, ma la Legge 11 novembre 1996, n. 575 ha fatto salvi i provvedimenti adottati e gli effetti
giuridici prodotti sulla base dei decreti legge non convertiti e, quel che più conta per la fattispecie di cui
trattasi, ha stabilito che dal 7 novembre 1996 fino al 25 febbraio 1997, e comunque non oltre la data di entrata
in vigore del decreto legislativo per l'attuazione delle direttive CEE sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi e sugli
imballaggi ( poi emanato col n. 22 del 5 febbraio 1997 ed entrato in vigore il 2 marzo 1997 ), per le attività di
riutilizzo, riciclaggio, trasporto e smaltimento si applicano le norme di cui agli artt. 1,2,3,4,5 e 6, commi 1,2 e 3
del D.L. 6 settembre 1996, n. 462 ( art. 1, comma 2 ).

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 6 lett. D COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 10/09/1982 num.
915 art. 15 com. 4 COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, Legge
11/11/1996 num. 575 art. 1 com. 2, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 57 com. 5

Massime precedenti Vedi: N. 9617 del 1997 Rv. 208776

Massime successive: Conformi, Vedi


Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 2819 del 15/07/1997 Cc. (dep. 11/10/1997 ) Rv. 209386
Presidente: Pioletti G. Estensore: Grillo CM. Imputato: Quattrociocchi A. P.M. Siniscalchi A.
(Conf.)

(Rigetta, Trib. Frosinone, 28 gennaio 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Fanghi di depurazione -


Disciplina applicabile - Fattispecie in tema di agricoltura.

548018 FONTI DEL DIRITTO - LEGGI - LEGGE PENALE - SUCCESSIONE DI LEGGI -


Abrogazione della precedente - Nuova disciplina configurante analoga ipotesi di reato.

Anche dopo l'abrogazione del D.P.R. 915/1982, avvenuta con l'art. 56 del D.L.G. 22/1997, la utilizzazione dei
fanghi di depurazione in agricoltura è sottoposta alle disposizioni di cui all'art. 33 del D.L.G. 22/1997,
disciplinante le operazioni di recupero dei rifiuti, e può integrare la violazione dell'art. 51 dello stesso decreto
in caso di gestione dei rifiuti non autorizzata. (Nel caso la Corte ha osservato che il D.L.G. 27 gennaio 1992
n.99, concernente l'utilizzazione di fanghi di depurazione in agricoltura prevedeva la applicabilità delle sanzioni
penali contenute dal D.P.R.915/1982, e che alla previsione dell'art. 25 del D.P.R. 915 si è ora sostituita quella
dell'art.51 del D.L.G. 22/1997).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 2 COST ILLEGITTIMITÀ, DPR 10/09/1982 num. 915 COST
ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 33, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 51,
Decreto Legisl. 27/01/1992 num. 99 art. 8, Decreto Legisl. 27/01/1992 num. 99 art. 16

Massime precedenti Vedi: N. 9402 del 1996 Rv. 206720, N. 9402 del 1996 Rv. 206721, N. 6222 del 1997 Rv.
208686, N. 8944 del 1997 Rv. 208624
Sez. 3, Sentenza n. 8368 del 08/07/1997 Ud. (dep. 17/09/1997 ) Rv. 209192
Presidente: Papadia U. Estensore: Morgigni A. Imputato: Di Giosia. P.M. De Nunzio W. (Parz.
Diff.)

(Annulla in parte con rinvio, App.L'Aquila, 28 novembre 1996).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Commercio ed intermediazione di rifiuti prodotti da terzi -


Necessità di autorizzazione sia ex D.Lgs. n.22 del 1997 che ai sensi dell'art.25 d.P.R. n. 915 del 1982 - Ragione.

Il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 ha espressamente previsto la necessità dell'autorizzazione per il "commercio ed


intermediazione di rifiuti prodotti da terzi", ma già sotto la vigenza del d.P.R. 10 settembre 1982, n.915 era
indispensabile detto provvedimento abilitativo, poiché l'art.25 prevedeva che "i titolari degli enti e delle imprese
che effettuano smaltimento dei rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi ....senza l'autorizzazione" ecc.; il termine
"smaltimento" non si riferisce ad un singolo comportamento, ma comprende in sè qualsiasi attività, che si
inserisce in una delle fasi diverse, dal momento della produzione del rifiuto a quella della definitiva e finale
eliminazione; l'elencazione contenuta nell'art.1 citato d.P.R. n. 915 non è tassativa, ma meramente
esemplificativa.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 COST PENDENTE

Massime successive: Vedi


Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 1497 del 02/04/1997 Cc. (dep. 03/09/1997 ) Rv. 209152 Presidente:
Giuliano A. Estensore: Franco A. Imputato: P M in proc. Negro. (Conf.)
(Annulla senza rinvio, Gip Pret.Torino, 21 maggio 1996).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Soggetto obbligato alla tenuta dei registri di carico e scarico
dei rifiuti - Perché tenuto all'osservanza di specifica prescrizione del provvedimento di autorizzazione allo
svolgimento dell'attività - E non perché direttamente obbligato dalla legge -Omissione - Reato configurabile -
Individuazione - Ragione - Fattispecie.
Nel caso in cui un soggetto sia obbligato alla tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti non perché tale
obbligo gli derivi direttamente dalla legge, bensì semplicemente perché egli sia tenuto all'osservanza di tutte le
prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione allo svolgimento dell'attività e fra tali prescrizioni vi
sia appunto anche quella concernente la tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti, il reato a lui ascrivibile
nell'ipotesi di omissione è quello di cui all'art. 27, primo comma, d.P.R. 10 settembre 1982, n.915 e non già
quello di cui all'art. 9 octies D.L. 9 settembre 1988, n.397, convertito con modificazioni nella Legge 9 novembre
1988, n.475. Tra le due dette norme, infatti, non sussiste un rapporto di specialità, in base al quale la norma
penale in bianco di cui al primo comma dell'art.27 citato d.P.R. non potrebbe essere applicata ove ricorrano i
presupposti dell'art. 9 octies citato D.L.: al contrario, si tratta di due norme che, pur avendo elementi in
comune, coprono differenti momenti di tutela, essendo rivolte a soggetti, comunque coinvolti nell'attività di
smaltimento di rifiuti, per i quali il legislatore ha previsto un regime giuridico differenziato. ( Nella specie la
S.C., ritenuto che la sentenza impugnata ha errato nel dichiarare non doversi procedere perché il fatto non
sussiste in ordine al reato di cui all'art.27 d.P.R. n. 915 del 1982 sulla base dell'inesatto presupposto
dell'esistenza di un rapporto di specialità di tale norma con quella di cui all'art. 9 octies D.L. n. 397 del 1988,ne
ha disposto l'annullamento senza rinvio e l'invio al G.I.P. della Pretura per l'ulteriore corso in ordine al reato di
cui all'art. 27 d.P.R. n. 915 del 1982, applicabile nel caso in esame nonostante l'abrogazione disposta dall'art.
56 D.Lgs. 5 febbraio 1977, n.22, in quanto norma più favorevole al reo ( art. 2, terzo comma, cod.pen. ):
quest'ultimo giudice, inoltre, dovrà procedere all'accertamento di tutte le circostanze del fatto concreto
contestato all'imputato al fine di potere poi stabilire se il concreto fatto posto in essere rientri in una delle
ipotesi depenalizzate dal predetto D.Lgs. ).

file:///C|/Documents and Settings/Abbruzzo Rosamaria/Desktop/CORSO FRANCESCO/Copia di Pagg.1


155.html (146 di 151)23/09/2005 18.52.36
Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 27 com. 1 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legge
09/09/1988 num. 397 art. 9 octies, Legge 09/11/1988 num. 475, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 56

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 7151 del 26/05/1997 Ud. (dep. 22/07/1997 ) Rv. 208983 Presidente: Papadia U. Estensore:
Savignano G. Imputato: Occhiena. P.M. Di Zenzo C. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, App.Torino, 9 dicembre 1996).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento degli oli esausti - Speciale disciplina del D.Lgs. 27
gennaio 1992, n. 95 - Abrogazione ex art. 56 D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 - Esclusione -Applicabilità della
disciplina normativa dei rifiuti - Insussistenza - Limiti.

L'attività di raccolta, trasporto e smaltimento di oli esausti è sottoposta alla speciale disciplina del D. Lgs. 27
gennaio 1992, n. 95, attuativo delle direttive 75/439 e 87/101 CEE, relative alla eliminazione degli oli usati.
Tale normativa non è stata abrogata dall'art. 56 del più recente D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in materia di
rifiuti, rifiuti pericolosi, di imballaggi e di rifiuti di imballaggio, che ha, invece, abrogato il d.P.R. 10 settembre
1982, n. 915 e, con esso, la norma incriminatrice di cui all'art. 25, primo comma. Il che è significativo nel senso
della non applicabilità, in via generale, alle attività di smaltimento degli oli della disciplina normativa dei rifiuti
( neppure di quella introdotta dal D.Lgs. n. 22 del 1997 ), salva l'ipotesi in cui la sostanza in questione risulti
avere, in concreto, le caratteristiche intrinseche del rifiuto: in tal caso trovano applicazione, in forza di espressa
previsione dell'art.14, comma 1 del D.Lgs. n.95 del 1992 "le disposizioni penali vigenti in materia" ( di rifiuti ).

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 com. 1 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.
27/01/1992 num. 95, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 56

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 9617 del 26/06/1997 Ud. (dep. 28/10/1997 ) Rv. 208776
Presidente: Pioletti G. Estensore: Accattatis V. Imputato: Aprà Giorgio. P.M. De Nunzio W.
(Diff.)

Annulla senza rinvio, App. Torino, 11 marzo 1997).

548018 FONTI DEL DIRITTO - LEGGI - LEGGE PENALE - SUCCESSIONE DI LEGGI -


Abrogazione della precedente - Nuova disciplina tassativa - Ipotesi non più regolate - "Abolitio
criminis".

537002 DIRITTO INTERNAZIONALE - TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI -Unione


Europea - Direttive Comunitarie - Efficacia "in malam partem" - Esclusione.

La possibilità di perseguire penalmente lo smaltimento, senza la prescritta autorizzazione, di residui


pulverulenti derivanti dalla rottamazione di auto è venuta meno a seguito dell'abrogazione espressa da parte del
D.L.G. 5 febbraio 1997, n.22 Attuazione delle direttive 91/156 sui rifiuti pericolosi e 94/62 sugli imballaggi e sui
rifiuti da imballaggio, del d.p.r.10 settembre 1982, n. 915, atteso che la categoria dei rifiuti tossici nocivi è stata
sostituita da quella dei rifiuti pericolosi e che i veicoli fuori uso non sono compresi nell'elencazione, tassativa ed
esaustiva, dei rifiuti pericolosi contenuta nell'allegato D del citato D.L.G. Il principio di stretta legalità non
consente un'interpretazione estensiva delle norme basata sulle esigenze di tutela della salute e dell'ambiente, ne'
può invocarsi la diretta applicabilità delle direttive comunitarie, che non possono comportare effetti "in malam
partem" nei confronti dei singoli. (v.Corte di Giustizia Comunità Europee C-168/95 Arcaro Luciano).

Riferimenti normativi: Cod. Pen. art. 1, Cod. Pen. art. 2 COST ILLEGITTIMITÀ, Preleggi art. 14, Decreto
Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 57

Massime precedenti Vedi: N. 8432 del 1993 Rv. 196424

Massime successive: Conformi, Vedi

Edita

Sez. 3, Sentenza n. 6222 del 22/05/1997 Ud. (dep. 26/06/1997 ) Rv. 208686
Presidente: Tridico GS. Estensore: Teresi A. Imputato: Gulpen e altro. P.M. Martusciello V.
(Diff.)

(Rigetta, App.Milano, 21 febbraio 1996).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuto - Definizione - Smaltimento di rifiuti -


Disciplina applicabile - Fattispecie.

In tema di smaltimento di rifiuti, la definizione di rifiuto deve essere improntata al criterio oggettivo della
"destinazione naturale all'abbandono", non rilevando l'eventuale riutilizzazione ne' la volontà di disfarsi della
sostanza o dell'oggetto, sicché, quando il residuo abbia il suddetto carattere, ogni successiva fase di
smaltimento rientra nella disciplina del d.P.R. 10 settembre 1982,n.915 e, dopo la sua abrogazione, in quella del
D.Lgs. 5 febbraio 1997,n.22. ( Nella specie la S.C. ha ritenuto doversi considerare rifiuti le sostanze tossico-
nocive prodotte dall'errata miscelazione di paste polimeriche e depositate, dopo la distribuzione in 113 fusti del
peso complessivo di 20 tonnellate, in un magazzino esterno all'azienda, trattandosi di scarti di lavorazione la cui
unica ed obiettiva destinazione non poteva essere che l'abbandono, per l'inidoneità sia a soddisfare i bisogni cui
erano destinati, considerata l'espulsione dal ciclo produttivo del materiale, stoccato in un sito estraneo allo
stabilimento di lavorazione, sia al reimpiego ).

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl.
05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Conformi: N. 5545 del 1991 Rv. 187130, N. 825 del 1993 Rv. 192984

Massime precedenti Vedi: N. 5006 del 1997 Rv. 208285

Massime successive: Conformi, Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 8944 del 02/07/1997 Ud. (dep. 03/10/1997 ) Rv. 208624 Presidente: Tridico GS. Estensore:
Fiale A. Imputato: Gangemi. P.M. De Nunzio W. (Conf.)
(Annulla in parte senza rinvio, App.Campobasso, 6 febbraio 1997).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti - Realizzazione o esercizio di discarica abusiva


-Condotta di chi si limiti a non rimuovere i rifiuti abbandonati da altri in area di cui egli abbia la
disponibilità - Configurabilità del reato - Esclusione.

Non dà luogo alla configurabilità del reato di realizzazione o esercizio di una discarica abusiva - già previsto
dall'art.25 dell'abrogato d.p.r. 10 settembre 1982 n.915 ed ora dall'art.51,comma 3, del D.L.

file:///C|/Documents and Settings/Abbruzzo Rosamaria/Desktop/CORSO FRANCESCO/Copia di Pagg.1


155.html (149 di 151)23/09/2005 18.52.36
G. 5 febbraio 1997 n.22 - la condotta di chi,avendo la disponibilità di un'area sulla quale altri abbiano
abbandonato rifiuti,si limiti a non attivarsi perché questi ultimi vengano rimossi.

Riferimenti normativi: DPR 10/09/1982 num. 915 art. 25 COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997
num. 22 art. 51 com. 3

Massime precedenti Vedi: N. 1073 del 1992 Rv. 189149, N. 12431 del 1995 Rv. 203332
Massime successive: Vedi

Sez. 3, Sentenza n. 5605 del 21/05/1997 Ud. (dep. 11/06/1997 ) Rv. 208439 Presidente: Dinacci U.
Estensore: Teresi A. Imputato: Beciani e altro. P.M. Di Zenzo C. (Conf.)
(Rigetta, Pret. Ancona, 17 ottobre 1996).

502000 ACQUE - Tutela dall'inquinamento - Attività di estrazione di ghiaia - Operazioni di


smaltimento e scarico dei rifiuti - Disciplina applicabile.

L'attività di estrazione di ghiaia rientra nella disciplina del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 e, dopo la sua
abrogazione, del D.L.G. 5 febbraio 1997, n.22, per tutte le singole operazioni di smaltimento dei rifiuti,
siano essi solidi o liquidi, con esclusione delle operazioni - concernenti i liquidi - attinenti allo scarico e
riconducibili alla disciplina della Legge 10 maggio 1976, n.319, con l'unica eccezione dei fanghi e liquami
tossici e nocivi, già regolati dal citato d.P.R. n.915 del 1982. ( Nella specie, relativa a rigetto di ricorso
avverso sentenza di condanna, la S.C. ha osservato che la decisione impugnata aveva correttamente
considerato scarico la fuoriuscita dalle vasche di decantazione dell'insediamento produttivo di acque
contenenti in sospensione materiali inerti che si riversavano in quelle del fiume con eccedenza dei parametri
fissati nella tabella A della Legge Merli, quanto ai solidi sedimentabili ed ai materiali in sospensione ).

Riferimenti normativi: Legge 10/05/1976 num. 319 art. 21 com. 3, Legge 10/09/1982 num. 915
COST ILLEGITTIMITÀ, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 COST PENDENTE

Massime precedenti Conformi Sezioni Unite: N. 12310 del 1995 Rv. 202899

Massime successive: Vedi

Annotata

Sez. 3, Sentenza n. 5006 del 22/04/1997 Ud. (dep. 29/05/1997 ) Rv. 208285
Presidente: Chirico C. Estensore: Morgigni A. Imputato: Viscardi. P.M. Marchesiello A. (Parz.
Diff.)

(Annulla in parte con rinvio, App.Milano, 15 febbraio 1996).

614001 SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Smaltimento di rifiuti - Soggetto che provveda allo
smantellamento di impianti industriali altrui - Trasportati in un'area in sua dotazione - Ove proceda alla
separazione dei vari metalli, al recupero dei residui utilizzabili ed all'accumulo degli scarti -Possibilità di
essere definito produttore di rifiuti propri - Esclusione - Ragione - Qualità di semplice detentore di residui
di terzi - Sussistenza.
Non può essere considerato produttore di rifiuti propri il soggetto che provvede allo smantellamento di
impianti industriali altrui, trasportati in un'area in sua dotazione, ove procede alla separazione dei vari
metalli, al recupero dei residui riutilizzabili ed all'accumulo degli scarti. I rifiuti, infatti, assumono tale
carattere fin dal momento in cui vengono dismessi dal titolare dell'impianto predetto, che li conferisce per lo
smaltimento. Con riferimento a questi ultimi il soggetto, cui vengono affidati, deve essere qualificato come
semplice detentore di residui di terzi, poiché è al momento iniziale della loro origine che bisogna avere
riguardo e non a quello successivo della cernita: in tale caso è necessaria l'autorizzazione per l'eliminazione
dei suddetti scarti.

Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22 art. 6 lett. B, Decreto Legisl. 05/02/1997 num. 22
art. 6 lett. C

Massime precedenti Vedi: N. 12309 del 1988 Rv. 179909


Legislazione sui Rifiuti anno 2004/05
a cura di Francesco Dodaro – Ufficio Ambiente e legalità Legambiente

Legislazione Comunità Europea

Decisione 2005/369/CE del 3 maggio 2005 - Commissione - che stabilisce le modalità per
sorvegliare il rispetto degli obblighi incombenti agli Stati membri e definisce i formati per la
presentazione dei dati ai fini della direttiva 2002/96/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche [notificata con il numero
C(2005) 1355] (G.U.U.E. L119 dell'11.5.2005)

Decisione 2005/293/CE del 1° aprile 2005 - Commissione - che istituisce le modalità di


controllo dell'osservanza degli obiettivi di reimpiego/recupero e di reimpiego/riciclaggio
fissati nella direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli
fuori uso [notificata con il numero C(2004) 2849] (Testo rilevante ai fini del SEE)
(G.U.U.E. L94 del 13.4.2005)

Decisione 2005/270/CE del 22 marzo 2005 - Commissione - che stabilisce le tabelle relative
al sistema di basi dati ai sensi della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio [notificata con il numero C(2005) 854]
(Testo rilevante ai fini del SEE) (G.U.U.E. L86 del 5.4.2005)

Direttiva 2005/20/CE del 9 marzo 2005 - Parlamento Europeo e Consiglio - che modifica la
direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (G.U.U.E. L70 del 16.3.2005)

Regolamento (CE) n. 92/2005 del 19 gennaio 2005 - Commissione - recante attuazione del
regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda
le modalità di eliminazione e l'utilizzazione dei sottoprodotti di origine animale e recante
modifica dell’allegato VI dello stesso regolamento per quanto riguarda la trasformazione in
impianti di produzione di biogas e il trattamento dei grassi fusi (Testo rilevante ai fini del
SEE) (G.U.U.E. L19 del 21.1.2005)

Regolamento (CE) N. 12/2005 del 6 gennaio 2005 - Commissione - recante modifica dei
regolamenti (CE) n. 809/2003 e (CE) n. 810/2003 relativamente alla proroga delle misure
transitorie, ai sensi del regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del
Consiglio, concernenti gli impianti di compostaggio e di produzione di biogas (Testo
rilevante ai fini del SEE) (GUUE L 5 del 7.1.2005)

Decisione 2004/249/CE dell'11 marzo 2004 - Commissione - relativa al questionario ad uso


degli Stati membri sull'attuazione della direttiva 2002/96/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) [notificata con il
numero C(2004) 714] (Testo rilevante ai fini del SEE)(G.U.U.E. L78 del 16.3.2004)

Direttiva 2004/12/CE dell'11 febbraio 2004 - Parlamento Europeo e Consiglio - che


modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (G.U.U.E. L47 del
18.2.2004)

Direttiva 2003/108/CE dell'8 dicembre 2003 - Parlamento Europeo e Consiglio - che


modifica la direttiva 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche
(RAEE) (G.U.E. L345 del 31.12.2003)

Regolamento 2003/2118/CE del 2 dicembre 2003 - Commissione - che modifica il


regolamento (CE) n. 1420/1999 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1547/1999
relativamente alle spedizioni di determinati tipi di rifiuti verso la Tanzania e verso la Serbia
e Montenegro (Testo rilevante ai fini del SEE) (G.U.U.E. L318 del 3.12.2003)
Regolamento n. 813/2003/CE del 12 maggio 2003 - Commissione - recante misure
transitorie a norma del regolamento (CE) n. 1774/2002, del Parlamento europeo e del
Consiglio, relative alla raccolta, al trasporto e all'eliminazione di prodotti alimentari non più
destinati al consumo umano(GUE L117 del 13.5.2003)

Regolamento n. 811/2003/CE del 12 maggio 2003 - Commissione - che applica il


regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto
concerne il divieto di riciclaggio all'interno della specie relativamente ai pesci, nonché il
sotterramento e la combustione di sottoprodotti di origine animale ed alcuni provvedimenti
transitori (GUE L117 del 13.5.2003)

Regolamento n. 810/2003/CE del 12 maggio 2003 - Commissione - recante misure


transitorie a norma del regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del
Consiglio, relative alle norme di trasformazione dei materiali di categoria 3 e dello stallatico
utilizzati in impianti di produzione di biogas (GUE L117 del 13.5.2003)

Regolamento n. 809/2003/CE del 12 maggio 2003 - Commissione - relativa a misure


transitorie, ai sensi del regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del
Consiglio, concernenti le norme sulla trasformazione dei materiali di categoria 3 e dello
stallatico utilizzati negli impianti di compostaggio (GUE L117 del 13.5.2003)

Decisione 327/2003/CE del 12 maggio 2003 - Commissione - relativa a misure transitorie


conformemente al regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio
relativo agli impianti di incenerimento o di coincenerimento a bassa capacità che non
inceneriscono o coinceneriscono materiali a rischio specifico o carcasse che contengono tali
materiali (GUE L117 del 13.5.2003)

Decisione 326/2003/CE del 12 maggio 2003 - Commissione - recante misure transitorie ai


sensi del regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio relative
alla separazione degli impianti oleochimici di categoria 2 e categoria 3 (GUE L117 del
13.5.2003)

Decisione 323/2003/CE del 12 maggio 2003 - Commissione - recante misure transitorie


conformemente al regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio
per quanto concerne la separazione totale dei materiali di categoria 1 e 2 dai materiali di
categoria 3 negli impianti di transito (GUE L117 del 13.5.2003 )

Decisione 2003/138/CE del 27 febbraio 2003 - Commissione - che stabilisce norme di


codifica dei componenti e dei materiali per i veicoli a norma della direttiva 2000/53/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso [notificata con il numero
C(2003) 620]
(Testo rilevante ai fini del SEE) (GUCE L53 del 28.2.2003)

Decisione quadro 2003/80/GAI: del Consiglio del 27 gennaio 2003 relativa alla protezione
dell'ambiente attraverso il diritto penale (GUCE L 29 del 5.2.2003)

Decisione 2003/33/CE del 19 dicembre 2002 - Consiglio - che stabilisce criteri e procedure
per l'ammissione dei rifiuti nelle discariche ai sensi dell'articolo 16e dell'allegato II della
direttiva 1999/31/CE (GUCE L 11 del 16.1.2003)

Direttiva 2002/96/CE del 27 gennaio 2003 - Parlamento Europeo e Consiglio - sui rifiuti di
apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (GUCE L37 del 13.2.2003)

Regolamento CE n. 2150/2002 del 25 novembre 2002 - Parlamento Europeo e Consiglio -


relativo alle statistiche sui rifiuti (Testo rilevante ai fini del SEE) (GUCE L332 del
9.12.2002)
Decisione 2002/909/CE del 13 novembre 2002 - Commissione - relativa alle norme italiane
che dispensano dagli obblighi di autorizzazione gli stabilimenti o le imprese che provvedono
al recupero dei rifiuti pericolosi ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 91/689/CEE relativa ai
rifiuti pericolosi (Testo rilevante ai fini del SEE) (GUCE L315 del 19.11.202)

Commissione della Comunità Europea. Procedure di infrazione per l’interpretazione


autentica della definizione di rifiuto di cui all’art.14 del d. lgs.

Parere del Comitato economico e sociale europeo del 29 maggio 2002 in merito alla
«Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva
94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio» (COM(2001) 729 def. — 2001/0291
(COD)) (2002/C 221/09) (GUCE C221 del 17.9.2002)

Regolamento della Commissione (CE) n. 2557/2001 del 28 dicembre 2001: che modifica
l'allegato V del regolamento (CEE) n. 259/93 del Consiglio relativo alla sorveglianza e al
controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in
uscita dal suo territorio.

Decisione 2001/524/CE: Direttiva 94/62/CE - Norme EN per imballaggi.

Decisione 2001/171/CE: Direttiva 94/62/CE - Deroga per gli imballaggi in vetro


relativamente ai livelli di concentrazione di metalli pesanti. (G.U.C.E. 2 marzo 2001, L62)

Decisione 2001/119/CE: Modifica dell'elenco di rifiuti istituito dalla decisione


2000/532/CE. (G.U.C.E. 16/02/2001 L47)

Decisione 2001/68CE: Definizione di due parametri relativi ai PBC ai sensi dell'art. 10,
lettera a), della Direttiva 96/59/CE del Consiglio concernente lo smaltimento dei
policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT). G.U.C.E. 25 gennaio 2001, L23).

Rettifica della decisione 2001/118/CE della Commissione, del 16 gennaio 2001: che
modifica l'elenco di rifiuti istituito dalla decisione 2000/532/CE (GU L 47 del 16.2.2001)
(G.U.C.E. L262 del 2 ottobre 2001).

Parere della Commissione del 24 settembre 2001: relativa al piano di smaltimento dei
rifiuti radioattivi dell'impianto Comurhex, ubicato a Pierrelatte, Francia, in conformità
dell'articolo 37 del trattato Euratom (G.U.C.E. C281 del 5 ottobre 2001).

Decisione 2000/532/CE: Decisione della Commissione, del 3 maggio 2000, che sostituisce
la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all'articolo 1, lettera
a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del
Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 4,
della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi. Gazz. Uff. Comun.
Europea n. L226 del 06/09/2000

Direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000
sull'incenerimento dei rifiuti. (G.U.C.E. 28/12/2000, L332)

Direttiva 2000/59/CE: Impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui
di carico

Direttiva 2000/53/CE: del 18 settembre 2000 relativa ai: Veicoli fuori uso. (G.U.C.E.
21/10/200, L269)
Regolamento n. 1547/1999: Commissione UE - Spedizioni di rifiuti verso taluni Paesi ai
quali non si applica la decisione dell'OCSE n. C(92) 39/def.

Regolamento 1420/99/CE: 29/4/1999 Regole e procedure comuni per le spedizioni di


determinati tipi di rifiuti verso taluni paesi non appartenenti all'OCSE. (GUCE 1/7/1999,
L166)

Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999 relativa alle discariche di rifiuti
Gazzetta ufficiale n. L 182 del 16/07/1999.

Direttiva 94/62/CE del 20 dicembre 1994 sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.

Direttiva 94/67/CE del 16 dicembre 1994 sull'incenerimento dei rifiuti pericolosi.

Direttiva 91/689/CEE del 12 dicembre 1991 relativa ai rifiuti pericolosi.

Direttiva 91/156/CEE del 18 marzo 1991 (Modifica della direttiva 75/442/CEE relativa ai
rifiuti)

Legislazione Nazionale

Legge 18 aprile 2005, n. 62: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti


dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004. (GU n. 96 del
27-4-2005 - S.O. n.76)
Art. 18 (Obblighi a carico dei detentori di apparecchi contenenti policlorodifenili e
policlorotrifenili, ivi compresi i difenili mono e diclorurati di cui all'allegato, punto 1, del
decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 216, soggetti ad inventario ai
sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, nonché a carico dei
soggetti autorizzati a ricevere detti apparecchi ai fini del loro smaltimento)
Art. 26 (Modificazioni all'articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549,
recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica)

Circolare 22 marzo 2005: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Indicazioni
per l'operatività' nel settore degli ammendanti, ai sensi del decreto 8 maggio 2003, n. 203.
(GU n. 81 del 8-4-2005)

Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 2005, n. 3406: Ulteriori
disposizioni urgenti per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti della regione
Campania. (GU n. 59 del 12-3-2005)

Decreto-Legge 17 febbraio 2005, n.14: Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza nel
settore dei rifiuti nella regione Campania. (GU n. 40 del 18-2-2005)

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 2004: Approvazione del
modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2005 - cap. 1 sezione veicoli a fine vita
o fuori uso. (GU n. 305 del 30-12-2004)

Circolare 3 dicembre 2004: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Decreto
ministeriale 8 maggio 2003, n. 203: indicazioni per l'operatività' nel settore legno e arredo.
(GU n. 294 del 16-12-2004)

Circolare 3 dicembre 2004: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Decreto
ministeriale 8 maggio 2003, n. 203: Indicazioni per l'operatività nel settore della carta. (GU
n. 293 del 15-12-2004)
Comunicato: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio: Pubblicazione dell'albo
nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti (GU n. 267 del 13-11-2004)

Decreto 27 luglio 2004: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Integrazione
della voce 13.18, Allegato 1, Suballegato 1, del decreto 5 febbraio 1998, recante
individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero, ai
sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. (GU n. 180 del 3-8-
2004)

Decreto 3 Giugno 2004, n. 167: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio.
Regolamento concernente modifiche al decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406, recante:
"Norme di attuazione di direttive dell'Unione europea, avente ad oggetto la disciplina
dell'Albo nazionale delle imprese, che effettuano la gestione dei rifiuti". (GU n. 159 del 9-7-
2004)

Circolare 9 marzo 2004, n.1825: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio.
Normative riguardanti le acque di lavaggio e di sentina, di cui al decreto legislativo 24
giugno 2003, n. 182. Chiarimenti ed applicazioni delle modifiche introdotte con la legge 27
febbraio 2004, n. 47. (GU n. 62 del 15-3-2004)
Decreto 2 febbraio 2004: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio.
Approvazione dello statuto del Consorzio obbligatorio delle batterie al piombo esauste e dei
rifiuti piombosi (COBAT). (GU n. 35 del 12-2-2004)

Decreto 23 dicembre 2003: Ministero dell'Interno. Approvazione dei modelli di


certificazione di province, comuni e comunità montane per la dimostrazione del tasso di
copertura dei costi dei servizi a domanda individuale, del servizio smaltimento rifiuti solidi
urbani e del servizio acquedotto per gli anni 2003, 2004 e 2005. (GU n. 9 del 13-1-2004)

Risoluzione 224/E del 15 dicembre 2003. Agenzia delle entrate. Direzione Centrale.
Normativa e Contenzioso. Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi.
Soggetti passivi.

Legge 24 novembre 2003, n. 326 - Testo coordinato del Decreto-Legge 30 settembre


2003, n. 269 (GU n. 229 del 2-10-2003- Suppl. Ordinario n.157): Testo del decreto-legge 30
settembre 2003, n. 269, coordinato con la legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326,
recante: "Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei
conti pubblici.". (GU n. 274 del 25-11-2003- Suppl. Ordinario n.181) Stralcio: Rottami
ferrosi

D. P. C. M. 23 dicembre 2003: Proroga dello stato di emergenza nel territorio della regione
Calabria nel settore dei rifiuti urbani, speciali e speciali pericolosi, bonifica e risanamento
ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in materia di tutela delle
acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione. (GU n. 2 del 3-1-2004)

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003: Proroga dello stato
di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché in
materia di bonifica dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, di tutela delle acque
superficiali, di dissesto idrogeologico nel sottosuolo, con riferimento al territorio di Napoli.
(GU n. 2 del 3-1-2004)

Decreto Legge 14 novembre 2003, n.314: Disposizioni urgenti per la raccolta, lo


smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi. (GU
n. 268 del 18-11-2003)

Legge 31 ottobre 2003, n.306: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti


dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003. (GU n. 266 del
15-11-2003- Suppl. Ordinario n.173) ART. 23. (Modifiche all'articolo 1 della legge 21
dicembre 2001, n. 443).

Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22: (Decreto Ronchi) Attuazione delle direttive
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui
rifiuti di imballaggio. (Decreto Ronchi) Testo coordinato (aggiornato al D.P.R. n. 254 del
15 luglio 2003 - pubblicato su GU n.211 del 11-9-2003). (GU n. 38 del 15 -2-1997 - S.O. n.
33)

Circolare 1 ottobre 2003, n.235: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Circolare
interpretativa del termine introdotto dall'art. 5, comma 8 del decreto legislativo 24 giugno
2003, n. 209, di attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 7 agosto 2003 - supplemento ordinario n. 128. (GU n. 232
del 6-10-2003)

Decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254: Regolamento recante
disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell'articolo 24 della legge 31 luglio
2002, n. 179. (GU n. 211 del 11-9-2003)

Decreto 11 luglio 2003: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio.


Approvazione delle modifiche statutarie del Consorzio nazionale degli imballaggi - CONAI.
(GU n. 191 del 19-8-2003)

Decreto 3 luglio 2003, n. 194: Ministero delle Attività Produttive. Regolamento


concernente l'attuazione della direttiva 98/101/CE della Commissione del 22 dicembre 1998,
che adegua al progresso tecnico la direttiva del Consiglio 91/157/CEE relativa alle pile ed
agli accumulatori contenenti sostanze pericolose. (GU n. 173 del 28-7-2003)

Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 209: Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa
ai veicoli fuori uso. (GU n. 182 del 7-8-2003- Suppl. Ordinario n.128)

Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 182: Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa
agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico. (GU n.
168 del 22-7-2003)

Decreto del Presidente della Repubblica 23 maggio 2003: Approvazione del Piano
sanitario nazionale 2003-2005. (GU n. 139 del 18-6-2003- Suppl. Ordinario n.95)
(Riferimenti a INQUINAMENTO, SICUREZZA SUL LAVORO, AMIANTO,
INQUINAMENTO ACUSTICO, ACQUA, ELETTROSMOG, RIFIUTI, MOBILITA'
SOSTENIBILE)

Deliberazione 12 maggio 2003: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio.


Modifiche alla deliberazione 27 settembre 2000 recante i contenuti dell'attestazione, a mezzo
di perizia giurata, dell'idoneità' dei mezzi di trasporto di cui all'art. 12, comma 3, lettera a),
del decreto ministeriale 28 aprile 1998, n. 406. (GU n. 165 del 18-7-2003)

Deliberazione 19 marzo 2003 n.04/CN/ALBO: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del


Territorio. Schemi dei provvedimenti d'iscrizione all'albo delle imprese che trasportano i
rifiuti per ferrovia. (GU n. 95 del 24-4-2003)

Deliberazione 19 marzo 2003 n. 03/CN/ALBO: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del


Territorio. Modulistica per l'iscrizione all'Albo delle imprese che trasportano i rifiuti per
ferrovia. (GU n. 95 del 24-4-2003)
Nota 14 marzo 2003: Gabinetto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela de Territorio.
MUD Gab/2003/2854/B09

Decreto 13 marzo 2003: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Criteri di
ammissibilità dei rifiuti in discarica. (GU n. 67 del 21-3-2003)

Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 marzo 2003 n. 3267: Disposizioni
urgenti in relazione all'attività' di smaltimento, in condizioni di massima sicurezza, dei
materiali radioattivi dislocati nelle centrali nucleari e nei siti di stoccaggio situati sul
territorio delle regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Basilicata,
nell'ambito delle iniziative da assumere per la tutela dell'interesse essenziale della sicurezza
dello Stato. (GU n. 63 del 17-3-2003)

Deliberazione 26 febbraio 2003, n. 02/CN/ALBO: Ministero dell'Ambiente e della Tutela


del Territorio. Criteri e requisiti per l'iscrizione all'albo delle imprese che trasportano i rifiuti
per ferrovia (categorie dalla 1 alla 5). (GU n. 95 del 24-4-2003)

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2003: Dichiarazione dello
stato di emergenza in relazione all'attività' di smaltimento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle
regioni Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Basilicata e Piemonte, in condizioni di massima
sicurezza. (GU n. 59 del 12-3-2003)

Deliberazione 30 gennaio 2003: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio.


Criteri e requisiti per l'iscrizione all'albo delle imprese che svolgono le attività di raccolta e
trasporto dei rifiuti (categorie dalla 1 alla 5). (GU n. 43 del 21-2-2003)

Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36: Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa
alle discariche di rifiuti. (GU n. 59 del 12-3-2003- Suppl. Ordinario n.40) - Testo completo -

Decreto 9 gennaio 2003: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Esclusione
dei pneumatici ricostruibili dall'elenco di rifiuti non pericolosi. (GU n. 14 del 18-1-2003)
Modifica il d.m. 5 febbraio 1998.
Decreto 31 ottobre 2002: Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Recepimento del protocollo
d'intesa ai sensi dell'art. 1, comma 8, della legge 18 giugno 2002, n. 118 - Obblighi smaltimento
materiali di origine animale classificati a rischio e copertura dei relativi costi. (GU n. 266 del 13-11-
2002)
Decreto 20 settembre 2002: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Attuazione
dell'art. 5 della legge 28 dicembre 1993, n. 549, recante misure a tutela dell'ozono stratosferico. (GU
n. 230 del 1-10-2002)

Legge 8 agosto 2002, n. 178 (cd. Omnibus): Testo del decreto-legge 8 luglio 2002,
n.138(in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 158 dell'8 luglio 2002), coordinato con la
legge di conversione 8 agosto 2002, n. 178 (in questo stesso supplemento ordinario alla pag.
5), recante: "Interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della
spesa farmaceutica e per il sostegno dell'economia anche nelle aree svantaggiate". Art. 14.
Interpretazione autentica della definizione di "rifiuto" di cui all'articolo 6, comma 1,
lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22)(GU n. 187 del 10-8-2002)

Legge 31 luglio 2002, n.179: Disposizioni in materia ambientale. (GU n. 189 del 13-8-2002)
Decreto 12 giugno 2002, n.161: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio.
Regolamento attuativo degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,
relativo all'individuazione dei rifiuti pericolosi che e' possibile ammettere alle procedure
semplificate. (GU n. 177 del 30-7-2002)

Legge 6 maggio 2002, n. 82: Testo del decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22 (in Gazzetta Ufficiale
- serie generale - n. 57 dell'8 marzo 2002), coordinato con la legge di conversione 6 maggio
2002, n. 82 (in questa stessa Gazzetta Ufficiale alla pag. 4), recante: "Disposizioni urgenti per
l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio (pet-coke) negli
impianti di combustione". (GU n. 105 del 7-5-2002)

Direttiva 9 aprile 2002: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio - Indicazioni per
la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di
rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti. (GU n. 108 del 10-5-2002- Suppl. Ordinario
n.102)

Legge 1 marzo 2002, n. 39: Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti


dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2001. (Pubblicata su
Suppl. Ordinario n. 54 alla Gazzetta Ufficiale n. 72 del 26 marzo 2002).

Circolare 6 febbraio 2002 n. 988: Modalità di presentazione della domanda d'iscrizione ai


sensi dell'art 1, comma 15, della legge 443/2001 da parte delle imprese.

D.P.C.M. 14 gennaio 2002: Proroga dello stato di emergenza nel territorio della regione
Sicilia nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani, speciali e speciali pericolosi, della
bonifica e del risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, nonché
della tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione. Gazzetta Ufficiale
N. 23 del 28 Gennaio 2002.

D.P.C.M. 14 gennaio 2002: Proroga dello stato di emergenza nel territorio della regione
Calabria nel settore dei rifiuti urbani, speciali e speciali pericolosi, bonifica e risanamento
ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in materia di tutela delle
acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione. Gazzetta Ufficiale N. 23 del 28
Gennaio 2002.

Decreto Interministeriale: recante “Norme per l’esecuzione della Decisione 2000/532/CE


come modificata dalle decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE e rettifica alla decisione
2001/118/CE nuova rettifica alla decisione 2001/118/CE”: Con Allegati C.E.R. (Catalogo
Europeo dei Rifiuti) Elenco dei rifiuti istituito conformemente all’articolo 1, lettera a), della
direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti e all’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE
relativa ai rifiuti pericolosi.

Deliberazioni Ministero dell'Ambiente: - "Criteri per l'iscrizione all'albo nella categoria 5


(raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi) ai sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre
2001, n. 443" (cd. Legge Lunardi) e "Modificazioni alla deliberazione 16 luglio 1999, prot. n.
003/CN/Albo, recante i requisiti professionali dei responsabili tecnici per l'iscrizione all'albo".
(G.U. n. 21 del 25 gennaio 2002).

Deliberazione 27 dicembre 2001: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio -


Modificazioni alla deliberazione 16 luglio 1999, prot. n. 003/CN/Albo, recante i requisiti
professionali dei responsabili tecnici per l'iscrizione all'albo. (G.U. n. 21 del 25 gennaio 2002).

Deliberazione 27 dicembre 2001: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio


Criteri per l'iscrizione all'albo nella categoria 5 (raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi) ai
sensi dell'art. 1, comma 15, della legge 21 dicembre 2001, n. 443. (G.U. n. 21 del 25 gennaio
2002).

Legge 21 dicembre 2001, n. 443: Delega al Governo in materia di infrastrutture ed


insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive.
(G.U. 27 dicembre 2001, n. 299, S.O. n. 279).

Deliberazione 12 dicembre 2001: Criteri e requisiti per l'iscrizione all'Albo nazionale delle
imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, nella categoria 9, bonifica dei siti.

Circ. 11 dicembre 2001, n. 104: (Ag. dell’Entr.) Obbligo di numerazione e vidimazione del
registro di carico e scarico dei rifiuti.

D.M. 4 dicembre 2001: Nuovo modello di bollettino per il versamento in euro della tassa per
l'occupazione di spazi ed aree pubbliche e della tassa giornaliera di smaltimento dei rifiuti
(G.U. 18.12.2001 n. 293).

L. 16 novembre 2001, n. 405: Conversione in Legge del D.L. 18 settembre 2001, n. 347
(G.U. n. 218 del 19 settembre 2001). Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria. (G. U. n.
268 del 17 novembre 2001).

Legge del 31/10/2001, n. 399: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul
ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. Gazzetta Ufficiale n. 259 del
07/11/2001.

D.M. 18 settembre 2001, n. 468: Regolamento recante: “Programma nazionale di bonifica e


ripristino ambientale”.(S.O.G.U. n. 13 del 16 gennaio 2002).

Legge 20 agosto 2001, n. 335: Testo coordinato del decreto-legge 16 luglio 2001, n. 286
Ripubblicazione del testo del decreto-legge 16 luglio 2001, n. 286, convertito, senza
modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 335 recante: “Differimento dei termini in
materia di smaltimento di rifiuti". (in Gazzetta Ufficiale – serie generale - n. 164 del 17
luglio 2001).

D.L. 16 luglio 2001, n. 286: (Differimento di termini in materia di smaltimento di rifiuti),


pubblicato sulla GU n. 164 del 17 luglio 2001, ha differito il termine di cui all'articolo 5,
comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

Ord. PCM 25 maggio 2001, n. 3136: Ulteriori disposizioni per fronteggiare l'emergenza nel
settore dello smaltimento dei rifiuti urbani, speciali e speciali pericolosi, in materia di
bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in
materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione nella
Regione siciliana. (Gazzetta Ufficiale N. 133 dell’ 11 Giugno 2001).

D.M. 22 maggio 2001: Misure relative alla gestione e alla distruzione dei rifiuti alimentari
prodotti a bordo di mezzi di trasporto che effettuano tragitti internazionali. (Gazzetta
Ufficiale n. 202 del 31 agosto 2001).

Legge 23 marzo 2001, n. 93: (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2001)
Disposizioni in campo ambientale.

Ord. (P.C.M.) 21 luglio 2000: Disposizioni urgenti per fronteggiare l'emergenza nel settore
dei rifiuti urbani, speciali e speciali pericolosi, nonché in materia di bonifica e risanamento
ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, nonché in materia di tutela delle
acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione nel territorio della regione siciliana.
(Ordinanza n. 3072).

D.M. 26 giugno 2000, n. 219: Regolamento recante la disciplina per la gestione dei rifiuti
sanitari. (Art.45, comma 4, D.Lgs. 22/97). Abrogato dal D.P.R. n. 254 del 15 luglio 2003

D.M. 18 aprile 2000, n. 309: Regolamento di organizzazione e funzionamento


dell’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti. (Art.26, comma 4, , D.Lgs. 22/97).

D.M. 25 febbraio 2000, n. 124: Regolamento recante i valori limite di emissione e le norme
tecniche riguardanti le caratteristiche e le condizioni di esercizio degli impianti di
incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti pericolosi, in attuazione della direttiva
94/67/CE del Consiglio del 16 dicembre 1994 e ai sensi dell’art. 3, comma 2 del D.P.R. 24
maggio 1998, n° 203, e dell’art. 18, comma 2, let. a, D.Lgs. 22/97. (Art.18, comma 2, let. a e
comma 4 , D.Lgs. 22/97).

Decreto 25 febbraio 2000, n. 124: Ministero Ambiente - Regolamento recante i valori


limite di emissione e le norme tecniche riguardanti le caratteristiche e le condizioni di
esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti pericolosi, in
attuazione della direttiva 94/67/CE del Consiglio del 16 dicembre 1994, e ai sensi
dell'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
203, e dell'articolo 18, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2000.

Circolare 11 febbraio 2000, n. 6: G.U.R.S. 10 marzo 2000, n. 11 O.P.C.M. n. 2983 del 31


maggio 1999: direttive in materia di raccolta differenziata dei rifiuti.

Decreto 25 ottobre 1999, n. 471: Ministero dell'Ambiente - Regolamento recante criteri,


procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti
inquinati, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive
modificazioni e integrazioni. (S. O. n. 218/L G.U.R.I. 15 dicembre 1999, n. 293).

D.M. 22 ottobre 1999, n. 460: Regolamento recante disciplina dei casi e delle procedure di
conferimento ai centri di raccolta dei veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi
pubblici o non reclamati dai proprietari e di quelli acquisiti ai sensi degli artt. 927-929 e 923
del c.c. (Art. 46, comma 3, D.Lgs. 22/97).

Decreto Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158: (Pubblicato sulla G.U. 4
giugno 1999, n. 488, supplemento ordinario n. 107/L) Regolamento recante norme per la
elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo
dei rifiuti urbani. (Testo coordinato e aggiornato alla legge 23 dicembre 1999, n. 488).

D.M. 23 aprile 1999: Modificazione al D.M. 8 ottobre 1996, Recante " Modalità di
prestazione delle garanzie finanziarie a favore dello Stato da parte delle imprese esercenti
attività di trasporto dei rifiuti" (Art. 30, comma 6, D.Lgs. 22/97).

D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79: Attuazione della Direttiva 96/92/CE Recante norme comuni
per il mercato interno dell’energia elettrica. (Art. 33, comma 9, D.Lgs. 22/97).

Legge 9 dicembre 1998, n. 426: (Pubblicato sulla G.U. n. 291 del 14 dicembre 1998) Nuovi
interventi in campo ambientale. Testo aggiornato e coordinato con la Legge 23 marzo
2001, n. 93

D.M. 3 settembre 1998, n. 370: Regolamento recante norme concernenti le modalità di


prestazione della garanzia finanziaria per il trasporto transfrontaliero di rifiuti. (Art. 16,
comma 2, D.Lgs. 22/97).
D.M. 4 agosto 1998, n. 372: Regolamento recante norme sulla riorganizzazione del Catasto
dei Rifiuti (Art. 11, comma 1, D.Lgs. 22/97).

D.M. 21 luglio 1998, n. 350: Regolamento recante norme per la determinazione dei diritti di
iscrizione in appositi registri dovuti da imprese che effettuano operazioni di recupero e
smaltimento rifiuti. (Artt. 31, comma 5, 32, 33, D.Lgs. 22/97).

D.M. 28 aprile 1998, n. 406: Regolamento recante norme di attuazione di direttive


dell’Unione Europea, avente ad oggetto la disciplina dell’Albo Nazionale delle Imprese che
effettuano la gestione dei rifiuti. (Art. 30, comma 6, D.Lgs. 22/97).

Decreto Ministeriale 1º aprile 1998, n. 148: Gazz. Uff., 14 maggio, n. 110. Regolamento
recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli
articoli 12, 18, comma 2, lettera m), e 18, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997,
n. 22.

D.M. 1 aprile 1998, n. 145: Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti
del formulario di accompagnamento dei rifiuti.(Artt. 15, 18, comma 2, lett. e, comma 4
D.Lgs. 22/97).

D.M. 11 marzo 1998, n. 141: Regolamento recante norme per lo smaltimento in discarica
dei rifiuti e per la catalogazione dei rifiuti pericolosi smaltiti in discarica. (Artt. 18, comma
2, lett. a, comma 4 e 28, comma 2, D.Lgs. 22/97). Abrogato dal Decreto legislativo 13
gennaio 2003, n. 36: Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
(GU n. 59 del 12-3-2003- Suppl. Ordinario n.40)

D.M. 5 febbraio 1998: Disciplina il recupero di rifiuti non pericolosi sottoposti alle
procedure semplificate di recupero.(Artt. 31 comma 2, 33 D.Lgs. 22/97).

Decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389: (con succ. mod.) Modifiche ed integrazioni
al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in materia di rifiuti, di rifiuti pericolosi, di
imballaggi e di rifiuti di imballaggio. (Gazz. Uff., 8 novembre, n. 261).

D.M. 29 ottobre 1997: Approvazione Statuto CONAI. Con sette Decreti Ministeriali
emanati tutti il 15 luglio 1998 sono stati approvati gli Statuti dei vari Consorzi. (Artt. 40, 41-
Istituzione del CONAI e di un Consorzio per la varie tipologie di materiali da imballaggio-
47, comma 1; 48, comma 1, D.Lgs. 22/97). Accordo di Programma Quadro per la raccolta ed
il recupero dei rifiuti d’imballaggio, stipulato tra ANCI-CONAI. (Art. 41 comma 3, D.Lgs.
22/97).

Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22: (Decreto Ronchi) Attuazione delle direttive
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui
rifiuti di imballaggio. (Decreto Ronchi) Testo coordinato (aggiornato al decreto
legislativo n. 36 del 13 gennaio 2003 - pubblicato su GU n.59 del 12-3-2003 S.O. n.40).
Suppl. Ord. n. 33 G.U.R.I. 15 febbraio 1997, n. 38.

Legge 25 gennaio 1994, n. 70: Norme per la semplificazione degli adempimenti in materia
ambientale, sanitaria e di sicurezza pubblica, nonché per l'attuazione del sistema di
ecogestione e di audit ambientale. (Gazz. Uff., 31 gennaio, n. 24)

Decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507: Revisione ed armonizzazione dell'imposta


comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per
l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per
lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421,
concernente il riordino della finanza territoriale. Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. n. 288, del
9 dicembre.

Legislazione Regionale

Abruzzo
Legge Regionale n. 14 del 3-03-2005: Adeguamento della L.R. 26.7.2004, n. 20 alla
normativa nazionale di cui al D.Lgs. 13.1.2003, n. 36 (B.U.R. Abruzzo n. 15 del 18-3-2005)
Legge Regionale n. 20 del 26 luglio 2004: Modifiche ed integrazioni alla L.R. 16.12.1998,
n. 146 concernente: Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti
solidi (B.U.R. Abruzzo N. 21 del 30 luglio 2004)
Legge Regionale del 10 agosto 2002 n. 20: Modifiche ed integrazioni alla L.R. 16.12.1998,
n.146 recante: Disciplina per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (Bollettino Ufficiale
Della Regione Abruzzo n. 18 del 13 settembre 2002)
Legge del 23/03/2000, n. 52: Interventi finanziari urgenti per favorire la raccolta
differenziata dei rifiuti. B.U.R.A. n. 12 del 12 aprile 2000.

Campania
Legge 01 marzo 1994 n. 11: Proroga dei termini di scadenza delle autorizzazioni regionali di
cui all' articolo 17 della Legge Regionale 10 febbraio 1993, n. 10, concernente: - Norme e
procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania" - Bollettino Ufficiale della Regione
Campania N. 13 del 7 marzo 1994
Legge 10 febbraio 1993 n. 10: Norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania

Basilicata
Legge del 04-06-2003, n. 21: "Norma di interpretazione autentica del comma 2 dell'art. 4
della Legge Regionale 2 febbraio 2001, n. 6 (Disciplina delle attività di gestione dei rifiuti
ed approvazione del relativo piano) (B.U.R. Basilicata n. 40 del 9 giugno 2003)
Legge n. 15 del 7-05-2003: Modifica ed integrazione al Piano Regionale di Gestione Rifiuti
approvato con la Legge Regionale 2 febbraio 2001, n. 6(B.U.R. Basilicata n. 33 del 10
maggio 2003 )
Legge del 2/02/2001 n. 6: Disciplina delle attività di gestione dei rifiuti ed approvazione del
relativo piano. B.U.R.B. n. 9 del 6 febbraio 2001

Emilia Romagna
Legge Regionale n. 7 del 14-04-2004: Disposizioni in materia ambientale. Modifiche ed
integrazioni a leggi regionali. (B.U.R. Emilia-Romagna n. 48 del 15 aprile 2004)
Legge del 28-01-2003, n. 1: Modifiche ed integrazioni alla L.R. 6 settembre 1999, n. 25
(Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra
gli enti locali per l'organizzazione del servizio idrico integrato e del sevizio di gestione dei
rifiuti urbani)(B.U.R. Emilia-Romagna n.13 del 29 gennaio 2003)
D.G.R. 25 luglio 2001: Approvazione dei criteri ed indirizzi regionali per la pianificazione e
gestione dei rifiuti.
Legge regionale n. 27/1994: Disciplina dello smaltimento dei rifiuti.

Friuli-Venezia-Giulia
Legge del 28/08/2001 n. 17: Norme di semplificazione in materia di gestione dei rifiuti
agricoli. B.U.R.F.V.G n.35 del 29 agosto 2001

Lazio
Legge del 10/09/1998 n. 42: Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei
rifiuti solidi. B.U.R.L. n.27 del 30 settembre 1998 supplemento ordinario n. 3
Legge del 09/07/1998 n. 27: Disciplina regionale della gestione dei rifiuti. B.U.R.L. n.21 del
30 luglio 1998 supplemento ordinario n. 2
Liguria
Legge del 13/02/2002 n. 8: Modifiche al titolo II - capo III - "gestione rifiuti" della Legge
regionale 21 giugno 1999 n. 18 (Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni
agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia). B.U.R.L. n.3 del 27
febbraio 2002.

Lombardia
Legge Regionale n. 26 del 12-12-2003: Disciplina dei servizi locali di interesse economico
generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di
risorse idriche. (B.U.R. Lombardia n. 51 del 16-12-2003, S.O. n.1)

Marche
Legge Regionale n. 1 del 18-01-2005: “Disposizioni in materia di funzioni relative al
riutilizzo, al riciclo e al recupero dei rifiuti". (B.U.R. Marche n. 13 del 3.2.2005)
Legge del 20/05/1997 n. 32: Interventi in materia di smaltimento dei rifiuti e risanamento
ambientale. B.U.R.M. n.31 del 29 maggio 1997
Legge del 20/01/1997 n. 15: Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei
rifiuti solidi. B.U.R.M. n.8 del 24 gennaio 1997

Molise
Legge Regionale n. 18 del 31 agosto 2004: «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale
13 gennaio 2003, n. 1, concernete "Disposizioni per l'applicazione del tributo speciale per il
deposito in discarica dei rifiuti solidi"» (B.U.R. Molise n. 18 del 16.9.2004)
Legge Regionale n. 25 del 7-08-2003: Norme per l'elaborazione e l'attuazione del piano di
gestione dei rifiuti (B.U.R. Molise n.17 del 16.8.2003)
Legge Regionale n.1 del 13.01.2003: "Disposizioni per l'applicazione del tributo speciale per
il deposito in discarica dei rifiuti solidi, di cui all'articolo 3 della Legge 28 dicembre 1995, n.
549" (Bollettino Ufficiale della Regione Molise n.1 del 16 gennaio 2003)

Piemonte
Legge n. 11 del 26-06-2003: Modifiche della legge regionale 25 maggio 2001, n. 11
(Costituzione del consorzio obbligatorio per lo smaltimento o il recupero dei rifiuti di
origine animale provenienti da allevamenti ed industrie alimentari).(B.U.R. Piemonte n. 27
del 3 luglio 2003)
Legge del 24-10-2002, n. 24: Norme per la gestione dei rifiuti. (Bollettino Ufficiale della
Regione Piemonte n. 44 del 31 ottobre 2002)
Deliberazione del 19/03/2001 n. 44-2493: Garanzie finanziarie previste per le operazioni di
smaltimento e recupero dei rifiuti di cui al D.Lgs. n. 22/97. Modifiche ed integrazioni alle
D.G.R. n. 20-192 del 12 giugno 2000 e D.G.R. n. 24-611 del 31 luglio 2000 Bollettino. Uff.
Regione n. 13 del 28/03/2001
Legge del 29/08/2000 n. 48: Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi.
modifiche ed integrazioni alla Legge regionale 3 luglio 1996, n. 39 e determinazione nuovi
importi. B.U.R.P. n.36 del 6 settembre 2000
Legge del 13/04/1995 n. 59: Norme per la riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento dei rifiuti.
B.U.R.P. n.16 del 19 aprile 1995
Legge del 21/01/1993 n. 2: Integrazione all' art. 4, lr 2 maggio 1986, n. 18, in materia di
smaltimento rifiuti.
Legge del 10/07/1989 n. 39: Disposizioni urgenti per la disciplina dello smaltimento dei
rifiuti.

Puglia
Legge del 04/09/2001 n. 26: Disposizioni tributarie in materia di rifiuti solidi. B.U.R.P.
n.137 del 7 settembre 2001
Legge del 04/01/2001 n. 6: Individuazione dei siti per lo smaltimento dei rifiuti di amianto.
B.U.R.P. n.5 del 10 gennaio 2001 supplemento
Sicilia
Legge Regionale n. 3 del 9 marzo 2005: “Interventi per la rimozione delle carcasse di
animali morti in allevamenti o abbandonati. Misure finanziarie urgenti e norme per l'assetto
idrogeologico. (B.U.R. SICILIA N. 10 del 11 marzo 2005)
Ordinanza Commissariale 23 luglio 2003: Cadenza biennale delle dichiarazioni dei
detentori di apparecchi contenenti policlorodifenili e policlorotrifenili (PCB/PCT). (GURS
n. 34 del 01.08.03)
Legge 16 aprile 2003, n. 4: Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2003.
(GURS n. 17 del 17.4.2003) Art. 8. Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti
solidi
Ordinanza Commissariale 28 novembre 2002, n. 1069: Schemi di deliberazione per la
costituzione di società per la gestione integrata dei rifiuti negli ambiti territoriali ottimali.
(G.U.R.S. n. 55, 30/11/2002)
Ordinanza Commissariale 19 novembre 2002: Determinazione delle tariffe di
smaltimento dei rifiuti in discarica. (G.U.R.S. n. 54, 29/11/2002)
Ordinanza Commissariale 11 giugno 2002. Linee guida per la raccolta differenziata dei
rifiuti urbani. (G.U.R.S. n. 29 del 28 giugno 2002 - Suppl. Ord. n. 1)
Ordinanza 28 agosto 2001, n. 700: Disciplina per l'ingresso in Sicilia dei rifiuti destinati ad
essere riciclati o recuperati, (Gazzetta Ufficiale n. 214 del 14 settembre 2001).
Provvedimento Commissario Delegato Regione Sicilia 10 luglio 2001: Annullamento delle
ordinanze commissariali del 19 giugno 2001, relative alla localizzazione degli impianti per
la produzione di combustibile derivato dai rifiuti negli ambiti territoriali ottimali, dal n. 1 al
n. 9 e degli avvisi pubblici per l'attuazione di cinque corsi di formazione professionale,
pubblicati da parte dell'ufficio del vice commissario per l'emergenza rifiuti in Sicilia nella
Gazzetta Ufficiale della regione Sicilia n. 34 del 6 luglio 2001 (Gazzetta Ufficiale n. 171 del
25 luglio 2001).
Decreto Commissariale del 19/04/2001: Approvazione degli ambiti e sub ambiti territoriali
ottimali per gli impianti di selezione valorizzazione della frazione secca della raccolta
differenziata, nonché degli impianti di compostaggio. Gazz. Uff. Regione Sicilia n. 29 del
08/06/2001

Decreto Commissariale 29 dicembre 2000. Approvazione del regolamento delle


discariche. Include Allegato: Regolamento discariche.
Decreto Commissariale 26 luglio 2000. Regolamento comunale tipo per la gestione dei
rifiuti. Emanato dal Commissario Delegato.
Ordinanza (P.C.M. Sicilia) 21 luglio 2000: Disposizioni urgenti per fronteggiare
l'emergenza nel settore dei rifiuti urbani, speciali e speciali pericolosi, nonché in materia di
bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, nonché in
materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione nel territorio
della regione siciliana. (Ordinanza n. 3072).

Toscana
Legge Regionale n.39 del 27-07-2004: Norme a favore dei comuni montani e dei piccoli
comuni in situazione di disagio. Modifiche alla legge regionale 7 maggio 1985, n. 57
(Finanziamenti per la redazione e l’attuazione di piani di recupero del patrimonio edilizio
esistente). Modifiche alla legge regionale 25 febbraio 2000, n. 16 (Riordino in materia di
igiene e sanità pubblica, veterinaria, igiene degli alimenti, medicina legale e farmaceutica).
Modifiche alla legge regionale 2 novembre 1999, n. 58 (Norme sulla tutela dell’artigianato
artistico e tradizionale toscano e disposizioni in materia di oneri contributivi per gli
apprendisti artigiani).(B.U.R. n. 29 del 4 agosto 2004)
Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 14 del 25-02-2004: Regolamento regionale
di attuazione ai sensi della lettera e), comma 1, dell'articolo 5 della legge regionale 18
maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati),
contenente norme tecniche e procedurali per l'esercizio delle funzioni amministrative e di
controllo attribuite agli enti locali nelle materie della gestione dei rifiuti e delle bonifiche.
Legge Regionale del 3-02-2003 n. 8: Modifiche alla legge regionale 22 febbraio 2002, n. 7
(Interventi a favore degli allevatori in relazione allo smaltimento dei materiali a rischio
specifico derivante dall'encefalopatia spongiforme bovina). (B.U.R. Toscana n. 6 del 12
febbraio 2003)
Legge Regionale del 26 luglio 2002 n. 29: Modifiche alla legge regionale 18 maggio 1998,
n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati) e successive
modificazioni e modifiche alla legge regionale 29 luglio 1996, n. 60 (Disposizioni per
l'applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all'art. 3
della L. 28 dicembre 1995, n. 549) e successive modificazioni. (Bollettino Ufficiale della
Regione Toscana n. 19 del 30 luglio 2002)
Legge n. 32 del 17/07/2001: Regolamento regionale di attuazione ai sensi della lettera e)
comma 1 dell'art. 5 lr 25/98 "Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati",
contenente norme tecniche e procedurali per l'esercizio delle funzioni amministrative…
B.U.R.T. n.23 del 27 luglio 2001
Legge n. 71 del 31/08/2000: Modifiche alla lr 18.5.1998 n. 25 (Norme per la gestione dei
rifiuti e la bonifica dei siti inquinati), come modificata dalla lr 22.12.1999 n. 70 (modifiche
ed interpretazione autentica della lr 18 maggio 1998 n. 25 concernente: "norme per la
gestione dei rifiuti…” B.U.R.T. n.29 del 11 settembre 2000 supplemento straordinario
Legge n. 70 del 22/12/1999: Modifiche ed interpretazione autentica della lr 18 maggio 1998,
n. 25 concernente: "Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati".
Legge n. 25 del 18/05/1998: Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati.
B.U.R.T. n.19 del 28 maggio 1998
Legge n. 4 del 12/01/1995: Norme per lo smaltimento dei rifiuti. B.U.R.T. n.6 del 20
gennaio 1995
Legge n. 31 del 14/05/1993: Integrazioni alla Lr n. 65/ 1984 “Norme per lo smaltimento dei
rifiuti solidi e dei fanghi “.
Legge n. 29 del 12/05/1993: Criteri di utilizzo di aree inquinate soggette a bonifica.
Legge n. 60 del 19/08/1988: “ norme per la limitazione ed il recupero dei rifiuti “. B.U.R.T.
n. n. 49 del 26 agosto 1988

Trentino Alto Adige


Provincia autonoma di Bolzano.
Legge Provinciale n. 14 del 3-10-2003: Modifiche della legge provinciale 6 settembre 1973, n.
61, recante "Norme per la tutela del suolo da inquinamenti e per la disciplina della raccolta,
trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi e semisolidi e della legge provinciale 24 luglio 1998, n.
7, "Valutazione dell'impatto ambientale" (B.U.R. Trentino Alto Adige n. 41 del 14.10.2003 -
S.n. 1)
Decreto del Presidente della Provincia n. 43-115/Leg. del 23/12/1998: Modifiche al DPGP 26
novembre 1998, n. 38-110/Leg, recante "Norme regolamentari di attuazione del capo XV della
legge provinciale 11 settembre 1998, n. 10 e altre disposizioni in materia di tutela dell’ambiente
dagli inquinamenti.
Decreto del Presidente della Provincia n. 38-110/Leg. del 26/11/1998: Norme regolamentari di
attuazione dei capo XV della legge provinciale 11 settembre 1998, n. 10 e altre disposizioni in
materia di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti.

Provincia autonoma di Trento


Legge provinciale n. 10 del 15-12-2004: Disposizioni in materia di urbanistica, tutela
dell'ambiente, acque pubbliche, trasporti, servizio antincendi, lavori pubblici e caccia (B.U.R
Trentino Alto Adige n. 50 Straordinario del 17.12.2004)
Legge provinciale Trento n. 5 del 14/04/1998: Disciplina della raccolta differenziata dei
rifiuti. B.U.R.T.A.A. n.17 del 21 aprile 1998

Umbria
Legge Regionale n. 31 del 23-12-2004: "Integrazioni della legge regionale 31 luglio 2002,
n. 14 - Norme per la gestione integrata dei rifiuti." (B.U.R. Umbria n. 57 straordinario del 31
dicembre 2004)
Legge Regionale n. 14 del 21-07-2004: «Ripristino ambientale dei siti inquinati e disciplina
del Piano per la bonifica delle aree inquinate.» (B.U.R. Umbria n. 32 del 4 agosto 2004 -
S.O. n.1)
Legge del 31 luglio 2002 n. 14: Regione Umbria. Norme per la gestione integrata dei rifiuti
e per l'approvazione del Piano regionale. (Bollettino Ufficiale della Regione Umbria n. 36
del 14 agosto 2002 Suppl. ord. n. 1)
Deliberazione della Giunta Regionale n. 1203 del 03/10/2001: D.Lgs. 22/97 - Art. 27.
Conferenza istruttoria progetti impianti smaltimento o recupero rifiuti e relativo
provvedimento. Atto di indirizzo.
Legge del 16/06/1998 n. 21: Norme per l'impiego della carta riciclata e per la raccolta
differenziata della carta di rifiuto negli uffici pubblici.

Valle d'Aosta
Legge del 30/05/1995 n. 19: Norme per il recupero ed il riutilizzo di materiali inerti.
Legge del 02/08/1994 n. 39: Disposizioni per l' approvazione dei progetti per la
realizzazione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti, nonché per la redazione, l'
aggiornamento e l' approvazione del piano regionale di smaltimento dei rifiuti.
Legge del 05/09/1991 n. 46: Utilizzo di carta riciclata. B.U.R.V.d’A. n.42 del 17.9.1991

Veneto
Circolare - Provincia di Treviso - Settore Gestione del Territorio: Gestione rifiuti urbani e
assimilati – Servizio pubblico integrativo di gestione rifiuti speciali – Adempimenti relativi
alla compilazione di formulari di identificazione, registri di carico e scarico e MUD.
Treviso, 21 dicembre 2004
Legge Regionale n.22 del 26 novembre 2004: Disposizioni di novellazione del Capo IV
della Legge Regionale 21 gennaio 2000, n. 3 "Nuove norme in materia di gestione dei
rifiuti". (B.U.R. Veneto N. 121 del 30 novembre 2004)
Legge del 16 agosto 2002 n. 24 Regione Veneto. Modifiche all'articolo 39 della Legge
Regionale 21 gennaio 2000, n. 3 "Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti" (Bollettino
Ufficiale della Regione Veneto n. 82 del 20 agosto 2002)
Legge del 21/01/2000 n. 3: Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti. B.U.R.V. n.8 del
25 gennaio 2000
Legge del 19/08/1996 n. 27: Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei
rifiuti solidi. Legge del 23/04/1990 n. 31: Contributi agli enti locali per l' attuazione di
iniziative concernenti la raccolta differenziata dei rifiuti.
Consulenza giuridica e difesa tecnica: il ruolo dell’Avvocato
a cura dell’Avv. Fabio Anile, Foro di Roma

1. PREMESSA.
La “specialità” del diritto ambientale, ovvero la sua capacità innovativa, rispetto ad altri settori
dell’ordinamento, è fenomeno ormai noto agli operatori, oltre che ai giuristi.
Fenomeno dovuto alla stessa “materia” di cui si compone il diritto ambientale, pervasa da alto tecnicismo e
la cui velocità di evoluzione è, in qualche modo, connessa allo sviluppo tecnologico. Una materia in cui le
ragioni dell’iniziativa economica devono trovare il punto di equilibrio con i fondamentali diritti della salute e
della tutela dell’ambiente, costituzionalmente garantiti , ex artt. 9 e 32 Cost.
La vitalità di un ramo dell’ordinamento, tuttavia, non è necessariamente indice di stabilità di un complesso
di norme, anzi…
In materia di rifiuti, le ragioni delle incertezze applicative, che si registrano, a distanza di otto anni
dall’entrata in vigore del d. lgs. n. 22/97, sono, infatti, riconducibili a molteplici ragioni, tra cui meritano di
essere segnalate le modifiche1 apportate, a più riprese, all’originario testo del decreto legislativo, le
differenziate interpretazioni elaborate dalla giurisprudenza e dalla dottrina di taluni istituti e, da ultimo, ma
non ultima, l’applicazione di norme tecniche in evoluzione.
A ciò, si aggiungano: la “dipendenza” della disciplina nazionale, da quella comunitaria, anch’essa oggetto di
periodiche modifiche, e di pronunce interpretative della Corte di Giustizia, nonché le incertezze derivanti
dall’applicazione di nuove norme, come quelle contenute nell’art. 17, d. lgs. cit., sulla bonifica dei siti
contaminati, che può essere definito come vero e proprio sottosistema normativo o complesso di norme
autonome.
In particolare, alcuni temi che, negli ultimi anni, hanno animato il dibattito in dottrina ed in giurisprudenza, e
che appaiono emblematici del “salto” da compiere nel momento in cui si passa dalla scrittura di una norma a
quella della sua applicazione concreta, riguardano la stessa nozione di “rifiuto”, o la difficile applicazione
della disciplina sulla bonifica dei siti contaminati, di cui all’art. 17, od ancora i presupposti di legittimità
dell’ordinanza sindacale impositiva dell’obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati, di cui all’art. 14,
comma 3.
Su questi temi, paradigmatici del grado di incertezza che avvolge la disciplina sui rifiuti ci soffermeremo, al
fine di analizzare lo stato dell’arte della sua applicazione concreta.

2. SULLA NOZIONE DI “RIFIUTO”.


Come un’araba fenice, la nozione di rifiuto, negli ultimi anni, è tornata ad essere al centro dell’attenzione del
mondo imprenditoriale, di studiosi, e dei giudici, nazionali e comunitario.
Forse, mai come in quest’ultimo periodo si è registrata una crescita di pronunce aventi ad oggetto la
definizione di “rifiuto”.
In ambito nazionale, ha, certamente, giocato un ruolo determinante l’interpretazione autentica della nozione
di rifiuto, introdotta con l’art. 142, L. n. 179/2002, oltre ai numerosi interventi di “ritocco”, apportati, a più
riprese, al testo originario del d. lgs. n. 22/973.

1
Vedi nota 2.
2
CITARE ART. 14
3
Si veda, ad es. l’art. 8, concernente le Esclusioni, ed, in particolare: la soppressione degli originari commi 2, 3 e 4, ad opera dell’art.
1, comma 9, del d. lgs. n. 389/1997; la lett. c-bis, concernente i residui e le eccedenze derivanti preparazioni di cibi, destinati a
strutture di ricovero di animali di affezione, introdotta dall’art. 23, comma 1, lett. B), della legge n. 179/2002; la lett. f-bis,
concernente le terre e le rocce da scavo, introdotta dall’art. 1, commi 17, 18 e 19, L. 21.12.2001, n. 443 e la lettera f-ter, concernente
i materiali vegetali non contaminati da inquinanti, in misura superiore ai limiti del D.M. n. 471/99, introdotte dall’art. 10, comma 1,
L. 93/2001; la lettera f-quater, relativa al pet-coke, utilizzato come combustibile per uso produttivo, introdotta con l’art. 22, D.L.
7.3.2002, n. 22, conv. con mod. nella L. 82/2002 e, più recentemente, la L. 15 dicembre 2004, n. 308, art. 1, comma 29, concernente
le materie prime secondarie per attività siderurgiche e metallurgiche, nonché il combustibile ottenuto dai rifiuti urbani e speciali non
pericolosi, come descritto dalle norme tecniche UNI 9903-1 (RDF di qualita' elevata), utilizzato in co-combustione .
In particolare, tra gli effetti derivanti dall’entrata in vigore dell’art. 14, L. 179/20024, oltre a quelli di natura
processuale5, non sarà sfuggita la tensione, determinatasi all’interno del sistema giudiziario, tra due opposti
schieramenti, a sostegno o contro l’interpretazione autentica della nozione di rifiuto.
Su un versante, si collocano i sostenitori6 della tesi della disapplicazione dell’art. 14, in quanto non conforme
alla nozione comunitaria di rifiuto, richiamata dal regolamento 93/259/CE, sul trasporto transfrontaliero di
rifiuti7. Al secondo schieramento, appartengono, invece, quanti – pur condividendo, o meno, il merito della
scelta legislativa - hanno sostenuto la validità e l’efficacia della norma italiana
A dirimere le iniziali incertezze applicative, è dovuta intervenire la Corte di Cassazione, che attraverso una
serie di pronunce conformi, ha correttamente affermato il principio di diritto secondo cui: « la nuova norma,
benché modificativa della nozione di rifiuto dettata dall’art. 6, lett. a), d. lgs. n. 22/97, è vincolante per il
giudice, in quanto introdotta con atto avente pari efficacia legislativa della norma precedente 8»
In verità, si deve aggiungere che l’eterogeneità dei fini perseguiti (e degli strumenti utilizzati) dalle
Istituzioni nazionali non è l’unica causa di incertezza applicativa, che, invece, ha anche radici comunitarie.
Ed infatti, sempre più frequentemente, negli ultimi anni, la Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi
in merito a questioni aventi ad oggetto l’inafferrabile nozione di “rifiuto”, contenuta nell’art. 1 della direttiva
comunitaria 75/442/CEE e succ. mod. ed alle applicazioni che di essa ne fanno gli Stati Membri. Basti
pensare, alla recentissima ordinanza della l’ordinanza Corte di Giustizia 29.01.2005, Inter-Environnement
Wallonie ASBL, in causa C-208/2004, con la quale si è dichiarata non conforme alla nozione comunitaria di
rifiuto, la normativa adottata dalla Regione Vallone, contenente un elenco di materiali esclusi, ex lege, dal
campo di applicazione della normativa sui rifiuti.
L’interpretazione della nozione comunitaria di “rifiuto”, alla luce dei principi elaborati dalla Corte di
Giustizia, può sintetizzarsi come segue.
La nozione comunitaria di rifiuto, com’è noto, si compone di un elemento oggettivo, ovvero l’inclusione
di un materiale o di una sostanza nell’allegato I della direttiva, e di uno soggettivo (l’atto, volontario, o
meno, del disfarsi).
In ordine all’elemento oggettivo, è noto che il Catalogo europeo dei rifiuti (c.d. CER), adottato con la
decisione 94/3/CE (da ultimo, sostituita dalla decisione 2000/532/CE, del 3 maggio 2000), ai sensi
dell’articolo 1, lettera a), secondo comma della direttiva 75/442/CEE contiene una nota introduttiva nella
quale si legge che «l’inclusione di un determinato materiale nell’elenco non significa che tale
materiale sia un rifiuto in ogni circostanza. La classificazione del materiale come rifiuto si applica solo
se il materiale risponde alla definizione di rifiuto di cui all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442
» (v. anche il punto 7 della sentenza della Corte di Giustizia – VI sez., del 11.09.2003, in causa C-114-01,
AvestaPolarit; nonché il punto 6 della sentenza della medesima Corte, dell’11.11.2004, in causa C-
235/02- A. Niselli).
Da ciò, deriva, quindi, che l’astratta appartenenza di un materiale, di un bene o di una sostanza, ad una
delle voci comprese tra Q1 e Q16 dell’allegato I alla direttiva, non è di per sé sufficiente al fine di
attribuire a quel materiale la qualifica giuridica di “rifiuto”.
Più controverso è il c.d. elemento soggettivo, in ordine al quale la Corte di Giustizia, nella sentenza del
15 giugno 2000 (Arco Chemie Nederland ed altri, in cause riunite C-418/97 e C-419/97) ha precisato che
«l’esistenza di un rifiuto deve essere accertata sulla scorta del complesso delle circostanze, alla luce

4
La Commissione Europea, con nota 200/2213 C(2002)3868, ha avviato la procedura di infrazione nei confronti della Repubblica
Italiana, contestando la non conformità dell’art. 14, cit., alla nozione comunitaria di rifiuto.
5
Com’è noto, la legge di interpretazione autentica ha efficacia retroattiva, eppertanto, l’entrata in vigore dell’art. 14 ha avuto,
inevitabilmente, l’effetto di condurre all’archiviazione di numerosi procedimenti penali e/o a declaratorie di non punibilità, ex art.
129 c.p.p., con effetti, per certi versi, paragonabili ad una sanatoria.
6
La tesi è stata sostenuta dal GIP presso la Procura della Repubblica di Udine, nell’ambito del proc. pen. n. 30/75/02, nell’ordinanza
di rigetto dell’opposizione presentata avverso il rigetto, da parte del PM, dell'istanza di restituzione dei rottami ferrosi sequestrati in
data 28.06.2002 e 01.07.2002 presso la banchina del (omissis), Porto Marghera, dai Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente – NOE,
consultabile sul sito web: www.ambientediritto.it.
7
La tesi si fondava sul principio di immediata applicazione dei regolamenti comunitari, al contrario di quanto accade per le direttive
comunitarie (a meno che non si tratti di direttive self-executing). Va, tuttavia, segnalato che la nozione di “rifiuto”, contenuta nel
regolamento CEE n. 259/93, consiste nel mero richiamo alla nozione di “rifiuto”, contenuta nella direttiva 75/442/CEE. Anche a
voler aderire alla tesi in argomento, riconoscendo propria “autonomia” ed “identità” alla “nozione” di rifiuto, di cui al reg. CEE. n.
259/93, si giungerebbe alla conclusione che l’art. 14, L. 179/2002 sia in contrasto con sola la disciplina comunitaria in materia di
traffico transfrontaliero di rifiuti; restando, invece, applicabile a tutte le altre attività di gestione di rifiuti, svolte esclusivamente in
ambito nazionale.
8
Così, Cass. Pen. sez. III, sent. n. 1418 del 13.11.2002, In argomento, si veda anche Cass. Pen. sez. III, n. 1420, del 13.11.2002,
nonché n. 2242, del 27.11.02, etc…
della definizione di cui all’art. 1, lett. a), della direttiva, cioè del fatto che il detentore della sostanza se
ne disfi ovvero abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsene, tenendo conto della finalità della direttiva ed
in modo tale da non pregiudicarne l’efficacia ».
A questo proposito, la stessa Corte, in quella decisione e nelle successive, ha rimesso detto accertamento
al giudice nazionale, cui è rimessa la verifica caso per caso, elaborando, a tal fine, una serie di indizi
sintomatici, al fine di stabilire se ci si trovi, o meno, in presenza di un rifiuto.
Tra di essi si rammentano i seguenti:
- Il fatto che la sostanza, il materiale od il bene sia il risultato di un’operazione di recupero
completo (v. cause riunite C-418/97 e C-419/97, Arco, punto 95).
- La certezza dell’utilizzo del bene, se il detentore consegue un obiettivo vantaggio economico
dalla sua produzione e messa in commercio, assimilabile a quello derivante dalla produzione e
messa in commercio di una materia prima o di un prodotto (v. causa C-235/02, Saetti Freudiani,
punto 35; causa C-114/01, AvestaPolarit, punto 37; causa C- 457/02- Niselli, punto 46).
La Corte di Giustizia ha stabilito che un rifiuto, anche a seguito di un recupero completo,
possa, tuttavia, conservare la qualità di rifiuto, qualora il detentore se ne voglia disfare (Cause
riunite C-418/97 e C-419/97, Arco, punto 94), o non esista la certezza d’utilizzo del bene.
Così, nel caso Palin Granit, la Corte aveva rilevato che i residui di produzione (detriti) avevano la
stessa composizione dei blocchi di pietra estratti dalle cave. Tuttavia non essendovi la certezza
che la totalità dei residui venisse riutilizzata, permaneva il rischio concreto che almeno una parte
dei residui fosse abbandonata. In situazioni di questo tipo pertanto “il rischio di danno
all’ambiente generato da detriti inutilizzati non viene attenuato da questa identità di
composizione minerale” (causa C-9/00, Palin Granit, punti 44-46).
In tal caso, l’esistenza di contratti di vendita del materiale di cui trattasi, sarebbero stati idonei a
dimostrare la certezza – o per usare le parole della Corte: «la destinazione effettiva ed oggettiva -
del riutilizzo di quei detriti, così da escludere quei materiali dal campo di applicazione della
normativa sui rifiuti.
- Il rispetto della finalità della direttiva e della sua efficacia, nel senso che deve, comunque,
essere garantito un elevato livello di tutela ambientale e della salute.
Ciò comporta l’esigenza di interpretare restrittivamente la nozione comunitaria di rifiuto.
Tuttavia, la necessità di assoggettare un rifiuto ai controlli previsti dalla Direttiva 75/442/CEE,
permane, pertanto, fino a quando il rifiuto non sia stato eliminato oppure valorizzato, in
particolare, trasformandolo in una materia prima secondaria, in conformità alle finalità della
direttiva, tese a promuovere il riciclo dei rifiuti e la loro utilizzazione come materia prima (v. 6°
considerando della dir. 91/156/CEE.
Alla luce dei principi elaborati dalla Corte di Giustizia, come sinteticamente richiamati, appare
evidente che la nozione di “rifiuto”, ovvero l’elemento fondante l’intera disciplina, comunitaria e nazionale,
presenta, nell’applicazione concreta, un tasso di variabilità che, seppure indotto dall’esigenza di apprestare
efficaci garanzie di tutela dell’ambiente e della salute, espone gli operatori ad un elevato tasso di incertezza.
Queste appaiono essere le ragioni per le quali il Legislatore nazionale ha dettato norme di interpretazione
autentica della nozione di rifiuto, tentando di “superare” la nebulosità dell’omnicomprensiva definizione
comunitaria.
La contestazione elevata dalla Commissione Europea al Governo italiano e la sentenza della Corte di
Giustizia (causa C- 457/02, Niselli, dell’ 11.11.2004) sembrano, comunque, condurre nella direzione
dell’abrogazione dell’art. 14, cit., perché, in contrasto, sotto diversi profili, con la nozione comunitaria di
rifiuto.

3. SULL’ADOZIONE DELL’ORDINANZA SINDACALE A CARICO DEL CURATORE DI IMPRESA FALLITA: LA


DECISIONE DEL T.A.R. LAZIO, SEZ. DISTACCATA DI LATINA, 12 MARZO 2005, N. 304.
Un’altra delicata questione, recentemente portata all’attenzione della dottrina e della giurisprudenza,
attiene alla legittimazione passiva del soggetto destinatario dell’ordinanza di rimozione dei rifiuti
abbandonati, ex art. 14, comma 3, d. lgs. n. 22/97.
Com’è noto, con l’art. 14, d. lgs. n. 22/97, il Legislatore ha inteso porre fine al noto contrasto di orientamenti
della giurisprudenza amministrativa, sorto sotto il previgente regime (v. art. 12 del d.P.R. n. 915/82), che
riconosceva la natura ora ripristinatoria, ora sanzionatoria di tali ordinanze, prevedendo esplicitamente che
l’ordinanza di cui al 3° comma può essere adottata nei confronti del responsabile del fatto di abbandono,
eventualmente, in solido con il proprietario o con il titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area,
ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa.
La sentenza in commento non si discosta da quell’ormai consolidata giurisprudenza amministrativa
(concernente la figura del proprietario dell’area, non responsabile del fatto di abbandono) secondo la quale,
ai sensi dell’art. 14, comma 3, « il proprietario di un’area o i titolari di diritti reali o personali di godimento
sull’area sono obbligati alla rimozione dei medesimi solo in caso di accertata imputabilità a titolo di dolo o
colpa. Ciò perché l’ordine di smaltimento rifiuti riveste natura di sanzione avente carattere ripristinatorio,
per cui esso presuppone, appunto, l’accertamento della responsabilità da illecito in capo al destinatario,
non sussistendo viceversa alcun obbligo a carico del proprietario incolpevole » (così Consiglio di Stato, sez.
V, sent. 1° luglio 2002, n. 35969).
Sul punto, il TAR Lazio, richiamandosi alla più recente pronuncia del Consiglio di Stato10, n. 136/2005, ha
ribadito, in primo luogo, che l’onere della prova circa l’imputabilità del fatto di abbandono incombe
sull’amministrazione procedente.
Fatta questa necessaria premessa, il Collegio affronta il tema della legittimazione passiva del “curatore
fallimentare”, richiamandosi, a tal fine, alla giurisprudenza amministrativa11 formatasi in materia di
ordinanze adottate ai sensi dell’art. 17, comma 3, d. lgs. n. 22/97, la quale ha elaborato i seguenti principi:
a) alla stregua della legge fallimentare, la mera disponibilità giuridica di oggetti, qualificati come rifiuti,
determinatasi per effetto dello spossessamento dei beni del fallito ex art. 42, comma 1, l. fall., non vale a
configurare in capo al curatore fallimentare alcun obbligo giuridico di bonifica;
b) deve, infatti, escludersi che i rifiuti prodotti dall’imprenditore fallito possano considerarsi, sul piano
giuridico, beni da acquisire alla procedura fallimentare e che, dunque, gli stessi siano oggetto di apprensione
da parte del curatore fallimentare;
c) deve, del pari, escludersi che il curatore fallimentare possa essere considerato destinatario di un
qualsiasi obbligo di ripristino ambientale, per effetto della disciplina fallimentare in materia di successione
nei rapporti giuridici pendenti, potendo, questi, subentrare in alcuni tipi di contratto, ma non certo negli
obblighi più strettamente correlati alla responsabilità (personale e penale) dell’imprenditore fallito.
Da quanto sopra, deriva, pertanto, che « il potere di disporre di beni fallimentari non comporta
necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli
immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti »12.
In altre parole, nessuna responsabilità, neanche di tipo omissivo, può essere posta a carico di un
soggetto…semplicemente in virtù del proprio ufficio
Per completezza, pare, peraltro, opportuno richiamare l’unico precedente13 sino ad oggi registratosi in
materia penale, in merito all’adempimento dell’obbligo di bonifica dei siti contaminati, ove la Suprema
Corte ha categoricamente escluso che la fattispecie di reato di cui all’art. 51-bis, d. lgs. n. 22/97, possa essere
ascritta al soggetto che non abbia materialmente cagionato il preteso inquinamento, precisando che «l’art. 51
bis del d. lg. n. 22 del 1997 non può essere applicato al proprietario del suolo che non abbia egli stesso
posto in essere alcuna condotta incidente sull’inquinamento o sul pericolo di inquinamento». Il che significa
che il reato de quo può trovare soggettiva individuazione solo in ragione di un previo accertamento di
responsabilità e, dunque, solo in conseguenza della puntuale ricognizione di comportamenti (commissivi,
ovvero meramente omissivi), che abbiano dato luogo al fatto antigiuridico punito dalla norma incriminatrice.
Tornando alla pronuncia in esame, il TAR Lazio conclude affermando che, nel caso di specie, era «del tutto
carente quella “individuazione di responsabilità”, che, alla tregua di quanto disposto dal III comma dell’art.
14, D. lgs. n. 22/97, costituisce ora «indefettibile coordinata di legittimità del provvedimento
ripristinatorio», dichiarando, conseguentemente, illegittima l’ordinanza sindacale.
Ne consegue, quindi - come correttamente ritenuto - che, «in difetto dell’ascrivibilità soggettiva della
condotta preordinata allo scarico di rifiuti, ben avrebbe potuto, alla tregua di quanto stabilito dall’ultima
parte del III comma dell’art. 14, d. lgs. n. 22/97, procedere all’esecuzione d’ufficio in danno dei soggetti
obbligati ed al recupero delle somme anticipate».

9
Numerosi sono i precedenti: tra gli altri, si segnala la recente sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 136, del 25.01.2005. In tema
si veda anche: C. Stato, sez. V, 20-01-2003, n. 168; C. Stato, sez. V, 02-04-2003, n. 1678; T.a.r. Basilicata, 27-08-2001, n. 675; T.a.r.
Campania, sez. I, 19-02-2002, n. 990; T.a.r. Emilia-Romagna, sez. II, 25-09-2001, n. 702; T.a.r. Piemonte, sez. II, 12-01-2002, n. 27;
T.a.r. Sardegna, 26-09-2001, n. 1024.
10
V. nota 6
11
Consiglio di Stato n. 4328/03; TAR Toscana n. 1318/01.
12
Così, Consiglio di Stato, V sez. n. 4328 del 29 luglio 2003.
13
Cass. pen., 28 aprile 2000, n. 1783, Pizzuti
Non appare, invece, altrettanto corretto il richiamo all’art. 18, comma 5 del D.M. 471/99, ove si prevede
che, il Comune può insinuarsi al passivo del fallimento, per una somma corrispondente all’onere di bonifica
preventivamente determinato in via amministrativa.
La norma, infatti, viene in considerazione nell’ambito della disciplina sulla bonifica dei siti contaminati, di
cui all’art. 17, d. lgs. n. 22/97.
In particolare, il comma 11 del cit. art. 17 stabilisce che «le spese sostenute per la messa in sicurezza, la
bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate, nonché per la realizzazione delle eventuali misure
di sicurezza, ai sensi dei commi 2 e 3 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime,
ai sensi e per gli effetti dell’art. 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare
anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile. Le predette spese sono altresì, assistite da
privilegio generale mobiliare».
La norma introduce, pertanto, una disciplina speciale finalizzata a garantire, in misura maggiore rispetto ai
creditori chirografari, il credito di cui trattasi.
Orbene, nella pronuncia in esame, il T.A.R. Lazio dimentica l’art. 1, comma 2 del cit. D.M. 471/99, il quale
stabilisce che «le disposizioni del presente decreto non si applicano all’abbandono di rifiuti disciplinato
dall’art. 14, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni ed integrazioni…»; a
meno che, a seguito della rimozione dei rifiuti abbandonati, il sito non presenti superamenti dei limiti di
contaminazione; circostanza questa che renderebbe applicabile la disciplina di cui all’art. 17, d. lgs. n. 22/97
e del regolamento attuativo, il D.M. 471/99.
Ne deriva, pertanto, che la disposizione di cui all’art. 18, comma 5, D.M. 471/99 non è applicabile al caso di
specie, vertendosi in materia di abbandono di rifiuti e non di bonifica di siti contaminati.
Tale circostanza, lascia, comunque, ferma la possibilità per il Comune di insinuarsi al passivo del fallimento,
per le spese sostenute per la rimozione e l’avvio a smaltimento dei rifiuti abbandonati, secondo le norme
generali previste dall’ordinamento, quindi, quale semplice creditore chirografario, e non privilegiato.

3. LA PIÙ RECENTE GIURISPRUDENZA DEI TAR, IN MATERIA DI BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI.
La disciplina sulla bonifica dei siti contaminati, di cui all’art. 17, D. lgs. n. 22/97 ed al relativo decreto
attuativo, D.M. n. 471/99, sta avendo, com’è noto, una larga applicazione.
Sebbene sul fronte penalistico non si rinvengano nuove pronunce, successive alla nota sentenza Pizzuti14, non
sono, invece, mancate ai T.A.R. le occasioni per enunciare, in sede di applicazione concreta, principi, che
meritano di essere segnalati.

3.1. Sulla legittimità delle prescrizioni integrative di nuovi limiti di accettabilità della contaminazione:
A) il caso del TAR Campania-Napoli, sez. I, n. 4556, del 24.03.2004.
Particolarmente interessante è, ad esempio, la pronuncia del T.A.R. Campania15, in merito alla
legittimità di alcune prescrizioni, impartite dalla Conferenza dei Servizi ministeriale, nell’ambito della
procedura di cui all’art. 15, D.M. n. 471/99, concernente il sito di interesse nazionale, denominato Napoli
Orientale.
Il profilo che si intende analizzare attiene a talune prescrizioni, con le quali, la Conferenza di servizi aveva
imposto il rispetto di limiti di accettabilità della contaminazione, per le acque sotterranee, nuovi e più
restrittivi di quelli previsti dal cit. D.M. n. 471/99.
Quella di introdurre parametri nuovi, sembra essere divenuta una prassi ormai generalizzata nell’ambito dei
procedimenti amministrativi per la bonifica dei siti di interesse nazionale. Prassi che, tuttavia, espone le
operazioni di bonifica ad inattesi, oltre che onerosi, interventi, il più delle volte, di una certa rilevanza sotto il
profilo economico.
Basti pensare al parametro idrocarburi totali, per il quale l’I.S.S. “raccomandava” il limite di 10 mg/l,
anziché quello di 350 mg/l previsto nella tab. 2 del D.M. n. 471/99, per le acque sotterranee, motivato dalla
considerazione secondo cui “il parametro 90 della tabella 2 riporta una dizione errata ed errata è anche la
concentrazione limite definitiva per tale parametro…..il parametro 90 va considerato nel seguente modo
“idrocarburi totali – concentrazione limite 10 mg/l”.

14
Cass. Pen. Sez. III, 20 aprile 2000. Per un commento, ci sia consentito rinviare a FABIO ANILE, La disciplina della bonifica dei siti
contaminati: aspetti penalistici, pagg. 256-259, in “La bonifica dei siti contaminati. I nodi interpretativi giuridici e tecnici”, Giuffré
ed. 2001.
15
T.A.R. Campania-Napoli, sez. I, n. 4556, del 24.03.2004, liberamente consultabile sul sito web www.giuristiambientali.com
Altre prescrizioni impugnate riguardavano il valore limite fissato per il piombo tetraetile, sostanza non
contemplata dalla tabella 2 del D.M. 471/99, nel quale è, invece, prevista la sola voce Piombo (n. 13);
nonché il valore limite per l’MTBE, sostanza anch’essa non contemplata dalla tabella 2 del D.M. n. 471/99.
La pronuncia del TAR Campania, in ordine alla legittimità della predette prescrizioni, è chiara e precisa.
Ad avviso del Collegio, non può esservi dubbio alcuno che “i parametri di riferimento fissati all’esito del
procedimento di approvazione previsto dal legislatore delegato non possono essere modificati da conferenze
di servizi o da pareri dell’Istituto superiore di Sanità. Beninteso, qui viene in discussione il metodo, non il
merito”.
Sotto altro profilo, il TAR Campania ha accolta la tesi della società ricorrente, con riferimento al fatto che i
limiti più restrittivi, adottati dall’Amministrazione, non erano adeguatamente giustificati, con riferimento a
specifiche situazioni di particolare vulnerabilità delle acque o ad esigenze di tutela della qualità delle acque
destinate ad uso potabile, richieste dalla previsione derogatoria (in pejus), di cui al comma 3 dell’art. 4, D.M.
n. 471/99.
Ne consegue, pertanto, che, in materia di bonifica di acque, non è legittima l’introduzione di parametri nuovi
e diversi da quelli richiamati nella Tab. 2 del D.M. 471/99, per la bonifica delle acque sotterranee.
L’imposizione di limiti più restrittivi di quelli previsti dal cit. D.M. è, invece, consentita nei casi in cui
specifiche esigenze di tutela ambientale (ex art. 4, comma 3, D.M. n. 471/99), ne giustifichino l’adozione
(con adeguata motivazione).

3.2. (segue): B) il caso del T.A.R. Umbria-Perugia, sez. I n. 695, del 12.11.2004
Sulle medesime problematiche, più recentemente, è stato chiamato a decidere il T.A.R. Umbria, nella
sentenza n. 695/200416.
Anche in questo caso, l’impugnazione aveva ad oggetto un verbale della conferenza dei servizi, con il quale
si esprimeva parere favorevole al progetto preliminare di bonifica, presentato dalla società ricorrente, a
condizione che “l’obiettivo di bonifica del parametro MTBE sia mirato al raggiungimento del valore fissato
dal parere dell’I.S.S., riservandosi di valutare successivamente la possibilità di raggiungere concretamente
tale obiettivo”.
In particolare, nella citata nota dell’I.S.S., per i suoli, si proponeva di assumere per l’MTBE una
concentrazione limite pari a quella prevista nella Tab. 1 per il parametro 91 (idrocarburi leggeri C<12).
Mentre, quanto alle acque, si proponeva di assumere, in via cautelativa, il valore definito nel d.P.R. n.
236/1988, relativo alle acque destinate al consumo umano per il parametro “idrocarburi totali”, pari a
10mg/l.
In ordine al limite relativo ai suoli, il T.A.R. richiama, correttamente, la previsione contenuta nel punto 1
della Tab. 1, del cit. D.M. 471/99, ove si prevede che “Per le sostanze non indicate in Tabella si adottano
valori di concentrazione limite accettabili riferiti alla sostanza più affine tossicologicamente”, per affermare
che la valutazione di “affinità tecnica” tra sostanze inquinanti è questione che attiene all’esercizio della
discrezionalità tecnica della P.A.
Il TAR, limitandosi a constatare la mancata impugnazione della norma in questione e l’adeguatezza della
motivazione contenuta nel citato parere dell’I.S.S., ha, quindi, confermato la legittimità di tale prescrizione.
Diversamente, in materia di acque superficiali e sotterranee, il DM 471/99 contiene un rinvio ai limiti
previsti dalla normativa vigente in materia di qualità delle acque superficiali (d. lgs. 31/2001, che ha
sostituito il d.P.R. n. 236/88, nonché il d. lgs. n. 152/99, sulla tutela delle acque dall’inquinamento).
Nel caso di specie, l’imposizione del limite di 10 mg/l, richiesto per l’MTBE, è stata, tuttavia, ritenuta
illegittima “stante l’assenza di un effettivo utilizzo dei corpi idrici interessati alla bonifica”.
In altre parole, il T.A.R., in assenza della dimostrazione della destinazione d’uso del corpo idrico interessato
alla bonifica, ha ritenuto che l’imposizione di un limite così restrittivo17 non potesse trovasse adeguata
motivazione, nel semplice richiamo, da parte della P.A., al principio comunitario di precauzione, con la
conseguenza di pervenire all’annullamento del provvedimento in parte qua.
La pronuncia presenta, peraltro, ulteriori profili di interesse, nella parte in cui si sofferma sull’applicazione
della disposizione contenuta nell’art. 5 del D.M. n. 471/99 –art. 17, comma 6, d. lgs. n. 22/97, ove si prevede
la possibilità di derogare ai valori limite, normativamente previsti, allorché il soggetto onerato della bonifica
dimostri l’impossibilità di conseguire i valori limite mediante l’applicazione delle migliori tecnologie

16
Liberamente consultabile sul sito www.ambientediritto.it.
17
La parte ricorrente, infatti, invocava l’applicazione del limite previsto per gli idrocarburi totali, pari a 350mg/l.
disponibili18 a costi sopportabili19 ed individui i valori di concentrazione residui, che risultino perseguibili,
con l’applicazione dell’analisi del rischio, tali da garantire comunque un’adeguata tutela ambientale e
sanitaria.
Nella fattispecie, la parte ricorrente invocava l’applicazione di tale norma, al fine di perseguire una bonifica
con misure di sicurezza, con riferimento al parametro MTBE.
Tale motivo non veniva, tuttavia, accolto dal TAR, in base alla constatazione che l’impresa non aveva
adeguatamente documentato l’impossibilità di traguardare il valore limite richiesto, per il parametro in
questione.
Di qui, l’affermazione del principio secondo cui qualora l’impresa argomenti l’impossibilità tecnica o
economica di conseguire migliori risultati ambientale, è l’Amministrazione a dover precisare perché quando
progettato o già realizzato non è sufficiente e quali ulteriori sforzi, sempre con il limite della migliore
tecnologia disponibile, l’impresa è tenuta a compiere”.
In altre parole, ove l’impossibilità di conseguire il risultato richiesto, invocando l’impossibilità tecnica o
economica, venga adeguatamente rappresentata e motivata dal soggetto che provvede alla bonifica,
l’Amministrazione, ove ritenga di richiedere, comunque, il limite più restrittivo, ha il dovere di motivare tale
richiesta, indicando gli sforzi che l’impresa deve compiere e le tecnologie (disponibili) cui far ricorso.

3.3. A proposito dei siti destinati ad uso agricolo: il caso del T.A.R. Umbria-Perugia,sez. I n. 168, del
08.04.2004.
Un’altra recente pronuncia che merita di essere segnalata, per la sua singolarità, è quella emessa dal
T.A.R. Umbria-Perugia,sez. I n. 168, del 08.04.200420.
Nel caso in questione, l’impugnazione della parte ricorrente era volta all’annullamento di un’ordinanza di
bonifica, adottata ex art. 17, comma 3, a seguito di un accertamento svolto dall’ARPA su un sito nel quale si
era rilevato il superamento dei valori limite previsti dalla Tab. 1 del D.M. n. 471/99 (relativa alle aree a verde
pubblico o privato, ed alla aree ad uso residenziale).
La particolarità del caso risiede nella circostanza che l’area oggetto del provvedimento ingiunzionale era
destinata ad uso agricolo, ossia ad una specifica destinazione d’uso per la quale non sono ancora stati
adottati i relativi limiti di accettabilità della contaminazione21.
Apparirebbe, quindi, logico desumere che l’assenza dei presupposti di legge (id est: superamento dei valori
limite di contaminazione fissati per i suoli destinati ad uso agricolo), legittimanti l’imposizione dell’obbligo
di bonifica, non avrebbe potuto che condurre all’annullamento dell’ordinanza in parola.
Al contrario, il TAR Umbria, pur dando atto della mancata individuazione dei limiti di accettabilità per i
suoli destinati ad uso agricolo, ha aderito alle indicazioni fornite da un altra nota, dell’I.S.S., secondo cui, nel
caso di specie, potevano essere applicati i limiti previsti dalla Tab. 1, per le aree aventi destinazione d’uso
residenziale, la cui maggiore restrittività garantiva le esigenze di tutela dell’ambiente e della salute,
perseguite dalla disciplina in questione.
Le ragioni “ideologiche”, piuttosto che giuridiche, di quella scelta appaiono in tutta la loro evidenza,
allorquando lo stesso Tribunale definisce “la bipartizione su cui è incentrata la tabella 1, allegato 1, del
D.M. 471/99………, come una semplificazione comprensiva dell’intera gamma delle possibili destinazioni
urbanistiche dei siti contaminati”.
Superando il dato normativo, che considera i valori limite inscindibilmente legati alla specifica destinazione
d’uso del sito22, il TAR Umbria giunge, persino, ad affermare che “la menzione, al citato comma 15, delle
aree destinate alla produzione agricola ed all’allevamento, introduce una specificazione nell’ambito delle
aree destinate a “verde”, legata non tanto alla destinazione urbanistica, quanto alle caratteristiche
dell’utilizzazione che delle aree verrà fatta in concreto”.

18
Per migliori tecnologie disponibili, secondo la definizione contenuta nella direttiva 96/61/CE, si intendono quelle tecniche e
modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura degli impianti, più efficaci per ottenere un elevato livello
di protezione dell’ambiente, che risultino sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e
tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale.
19
Il concetto di costi sopportabili è stata definita dall’art. 14, comma 9, L. 388/2000, nel senso che esse non devono comportare un
arresto prolungato delle attività produttive o, comunque, non siano sproporzionati rispetto al fatturato annuo prodotto dal soggetto
che effettua la bonifica.
20
Consultabile liberamente sul sito www.ambientediritto.com, alla sezione giurisprudenza, rifiuti.
21
Ed, infatti, è noto che, tali limiti non sono stati ancora definiti, a causa del mancata concertazione, prevista dall’art. 17, comma 15,
d. lgs. n. 22/97, tra i Ministri dell’ambiente, quello della Salute ed il Ministro delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali).
22
V. art. 17, comma 1, lett.a) “....il Ministero dell’Ambiente…. (omissis)…., definisce: a) i limiti di accettabilità della
contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d’uso dei siti
Se così fosse, ciò significherebbe che, pur in assenza degli specifici limiti relativi alle aree destinate ad uso
agricolo, i gestori od i proprietari di tali aree sarebbero tenuti ad avviare procedure di messa in sicurezza,
bonifica e ripristino, ai sensi del D.M. 471/99, dei siti che risultassero contaminati oltre le soglie previste
dalla tab. 1 del D.M. 471/99, per i siti adibiti ad uso residenziale… E non solo. Perché, infatti,
dall’applicazione “analogica” dei limiti previsti per le aree a verde pubblico/residenziali, deriverebbe anche,
a carico degli stessi gestori e proprietari di quelle aree, l’applicabilità della norma penale prevista dall’art.
51-bis.

4. CONCLUSIONI
I temi sopra richiamati mettono in evidenza quale sia il tasso di incertezza giuridico-tecnica in cui
versa l’applicazione della disciplina giuridica sui rifiuti.
Incertezza che nuoce alle stesse finalità di tutela dell’ambiente e della salute, perseguite dalla legislazione
comunitaria e nazionale, perché di essa si avvalgono - come sempre accade - le organizzazioni criminali, che,
approfittando dei vuoti normativi e/o di interpretazioni “di comodo”, traggono profitti illeciti dal business
dell’ambiente.
Sotto il profilo sanzionatorio, infatti, pur dovendosi dar atto degli sforzi investigativi e dei risultati conseguiti
dalle Forze dell’Ordine23, non può, infatti, sottacersi che un numero sempre crescente di procedimenti penali,
in materia di rifiuti, si conclude con la declaratoria di improcedibilità per intervenuta prescrizione del reato,
ex art. 129 c.p.p.
E’, infatti, noto che in materia ambientale, l’effettività della pena è più un obiettivo che un risultato concreto.
Ciò deriva, non solo da un apparato giudiziario particolarmente lento, ma anche dalla sovrapposizione di
norme e dal moltiplicarsi di interpretazioni che vanno a discapito della c.d. certezza del diritto.
Basti pensare alle numerosissime dispute, in ambito processuale, che attengono alla stessa qualificazione di
un materiale come “rifiuto”. Od alla distinzione tra “rifiuto liquido” ed “acque di scarico”, che ancora oggi, a
dieci anni di distanza dalla nota sentenza Forina delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione24, non cessa di
far discutere25.
Forse per tali ragioni, quasi a supplire il vuoto di tutela offerto dal “processo penale”, la magistratura
inquirente ricorre sempre con maggior frequenza allo strumento del sequestro, che appare essere l’unico
strumento idoneo a conseguire l’obiettivo di una tutela penale veramente effettiva26.
Anche su questo versante, una razionalizzazione del sistema sanzionatorio, attraverso l’introduzione nel
codice penale di un numerus clausus di reati ambientali, degradando ad illeciti amministrativi le condotte che
non ledono, né espongono a pericolo concreto i “beni finali” della salute e dell’ambiente - come da più parti
auspicato - sarebbe certamente utile, al fine di garantire – quantomeno sotto il profilo sanzionatorio -
certezza del diritto.

23
V. Rifiuti S.p.A., radiografia dei traffici illeciti a cura di Legambiente e del Comando Carabinieri per la Tutela dell’ambiente,
Gennaio 2005
24
Cass. Pen., sez, Unite, 13 dicembre 1995, n. 19, Pres Guasco; rei. Morgigni - P.M. Aponte - Ric. Forina.
25
V. T.A.R. Veneto,sez. III, 26 gennaio 2005, n. 248.
26
E’, comunque, da condannare l’uso ingiustificato dello strumento del sequestro (in specie, di quello preventivo, ex art. 321 c.p.p.),
che, a volte, si registra nella prassi, dove aziende “sane” si trovano a subire il blocco delle attività (nonché i danni economici e di
immagine), in attesa che le indagini in corso, dimostrino la liceità o meno dell’attività svolta.
I rifiuti nei rapporti tra gestore e pubblica amministrazione
A cura dell’Avv. Corrado CARRUBBA, Foro di Roma.

1. La normativa di riferimento obblighi e cautele.


1. 1.1. Tra normativa e giurisprudenza
2. 1.2. Il rapporto tra diritto interno e diritto comunitario
3. 1.3. Allegato 1 commento della Prof.ssa Paola Ficco su caso dei “rifiuti ferrosi”
2. La responsabilità e l’autonomia dell’Amministrazione procedente:
2.1. Il rapporto con altre Autorità
2.1.1. Allegata 2 sentenza TAR Lazio
4. 2.2. I principi generali della partecipazione al procedimento
amministrativo, la conferenza dei servizi, l’istruttoria

2.3. La tipicità legale dei procedimenti autorizzatori ambientali


2.3.1. Allegata 3 sentenza TAR Lazio
2.4. La qualificazione dell’autorizzanda attività.
2.4.1.Allegato 4 nota su caso di scuola
5. 2.5. Il principio del tempus regit actum
2.5.1. Allegata 5 sentenza del Consiglio di Stato
2. 3. Il rapporto con altre autorizzazioni o sub procedimenti ambientali e non.
3. 4. Il tema dell’imputazione soggettiva nei procedimenti sanzionatori: il caso ordini di bonifica

4.1. Allegati 5 e 5 sentenze TAR Lazio e Consiglio di Stato


ALLEGATO 1
Sentenza Ue 11 novembre 2004, rottami, regolamento (Cee) 259/93 e nota del Capo di Gabinetto del
17 gennaio 2005, ovverosia del "delirio di onnipotenza"(*)
di Paola Ficco – Direttore Rivista Rifiuti – www.reteambiente.it

Il 17 gennaio 2005, Il Capo di Gabinetto del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio, ha inviato al Reparto Ambientale Marino delle Capitanerie di Porto (Ufficio II) una
nota in risposta ai "quesiti delle Capitanerie di Porto di Venezia e di Monfalcone in merito
alla movimentazione transfrontaliera di rottami ferrosi nei porti di giurisdizione", dove tali
Capitanerie, dopo la sentenza Ue dell'11 novembre 2004, chiedevano "se i rottami ferrosi
possano essere ancora gestiti come merci o se, invece, debbano essere assoggettati alla
disciplina sui rifiuti".

Dal canto suo, la Capitaneria di Monfalcone chiedeva (come riferisce il Capo di Gabinetto
nella sua citata nota del 17 gennaio 2005)
"a) se sia vincolata alla interpretazione autentica che l'articolo 14 legge 18 agosto 2002

n. 178 offre all'articolo 6 Dlgs 22/1997 in virtù della quale il rottame ferroso destinato ad essere riutilizzato
nel medesimo ciclo produttivo, non costituirebbe rifiuto; b) se, al contrario, questo Ufficio possa o debba
disapplicare la norma nazionale risultante dal combinato disposto dell'articolo 6, comma 1 Dlgs 22/1997 e
dall'articolo 14 legge 178/2002 ed applicare direttamente la direttiva comunitaria in considerazione della
natura self executing di quest'ultima".
Il Capo di Gabinetto, incentra tutta la sua risposta sul fatto che la direttiva 75/442/Cee (come modificata
dalla direttiva 91/156/Cee) non sia self executing; pertanto, ritiene: "che le Capitanerie di Porto e, più in
generale le autorità nazionali siano ancora vincolate all'interpretazione autentica che l'articolo 14 legge
178/02 offre dell'articolo 6, comma 1 lettera a) Dlgs 22/97; che la norma nazionale, risultante dal combinato
disposto dell'articolo 6 comma 1, lettera a) Dlgs 22/97 e dell'articolo 14 legge 178/02 non possa debba essere
disapplicata con diretta applicazione della direttiva 75/442/Cee".
Il Capo di Gabinetto osserva, infine, che "l'intera materia dei rottami ferrosi e non ferrosi forma oggetto delle
disposizioni e delle modifiche normative introdotto dalla legge 15 dicembre 2004, n. 308 (articolo 1 commi
25-29) … Di conseguenza anche a tale norma, che fa espressamente salvo il disposto dell'articolo 14 legge
178/02, sarà necessario fare riferimento per determinare la disciplina applicabile ai rottami ferrosi".
I quesiti delle Capitanerie e la risposta del Capo di Gabinetto nascono (come ormai noto) dal fatto che il
Procuratore della Repubblica di Venezia (prendendo atto della sentenza comunitaria 11 novembre 2004)
ordina alla Capitaneria di Venezia di inibire alle navi che trasportano rottame ferroso di poter approdare
negli scali veneziani (ovviamente, l'inibizione scatta se trattandosi di rifiuti, essi non sono in regola con il
relativo sistema amministrativo).
Il "blocco" del porto di Venezia, dunque, risiede tutto nel fatto che questi rottami vogliono entrarvi senza
rispettare il regolamento (Cee) 259/93 sui transiti transfrontalieri di rifiuti, la disciplina autorizzatoria dei
trasportatori, dei destinatari e il sistema delle scritture ambientali. Quindi, laddove non fossero rifiuti tutto il
problema non si porrebbe.

Il problema è stato risolto da tempo; infatti:


• il Consiglio di Stato, con proprio parere, ha affermato che le sentenze interpretative della Corte Ue
"… pur non importando la caducazione della norma interna ritenuta incompatibile, si traducono in un
obbligo di attuazione della normativa comunitaria rivolto a tutti i soggetti giuridicamente tenuti all'attuazione
delle leggi, ed in particolare alle autorità
giurisdizionali ed amministrative" (1); tale parere è stato espresso proprio con riferimento alle
sentenze interpretative della Corte europea di Giustizia (2).
. • ciò in quanto la Corte costituzione ha stabilito che "tutti i soggetti competenti nel nostro
ordinamento a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di legge) - tanto se sono dotati di
poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli
organi amministrativi- sono giuridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme
… del Trattato Cee nell'interpretazione datane dalla Corte di Giustizia europea" (3). Nonostante ciò, il Capo
di Gabinetto - nella nota in esame- afferma testualmente "le autorità nazionali non potranno né dovranno
disapplicare la norma nazionale, dato che la soluzione del conflitto è rimessa all'organo legislativo".

Tale richiamo definitorio viene ricordato anche dalla Corte di Giustizia europea quando stabilisce che "… al
fine di garantire che i sistemi nazionali di sorveglianza e di controllo delle spedizioni di rifiuti rispettino
criteri minimi, l'articolo 2, lettera a), del regolamento n. 259/93, rinviando all'articolo 1, lettera a), della
direttiva 75/442, come modificata, ha istituito una definizione comune di rifiuti che si applica
direttamente, anche alle spedizioni di rifiuti all'interno di qualsiasi Stato membro" (4). (oltreché
ovviamente dae verso l'esterno). Ciò in quanto, un regolamento comunitario è direttamente applicabile negli
Stati membri.

Non è dunque un caso che anche la nostra Corte di Cassazione, con riferimento all'articolo 14, ritiene che
(6):
. • la nozione europea di rifiuto è vincolante per il Giudice italiano poiché recepita dall'articolo 2,
lettera a) Regolamento (Cee) 259/93, quindi è "immediatamente e direttamente applicabile in Italia…";
. • le decisioni della Corte europea di Giustizia "siano esse di condanna per inadempimento dello Stato
oppure interpretative del diritto comunitario, sono immediatamente e direttamente applicabili in Italia";
. • "il Giudice italiano ha l'obbligo di non applicare la norma nazionale in contrasto con quella
comunitaria"; pertanto, condivide "l'orientamento dottrinario che ammette la prevalenza del diritto
comunitario qualora si tratti di definizioni legali di elementi normativi della fattispecie penale soggetti alla
determinazione da parte delle norme comunitarie: e tale, senza dubbio, è la nozione di "rifiuto".
Di tutto questo il Capo di Gabinetto sembra veramente non conservare traccia nella propria memoria. Il che è
tanto più grave laddove si pensi che il Suo Ufficio e la Sua alta Funzione saranno inevitabilmente coinvolti
nella stesura del futuro testo unico sui rifiuti di cui alla "legge delega".
Nella nota in esame il capo di Gabinetto afferma che "con la sentenza 11 novembre 2004, la Corte di
Giustizia non ha fornito (né avrebbe potuto) un'interpretazione esaustiva dell'articolo 1 della direttiva
75/442/Cee, ma si è limitata a dichiarare come tale articolo non va interpretato" (pertanto, ritiene "assurdo"
che l'articolo 14 venga disapplicato). Vero, peccato, che il Capo di Gabinetto non spieghi perché la Corte fa
questa affermazione, come - invece - la Corte correttamente fa: L'articolo 14 non riguada il "caso Niselli" i
cui fatti furono commessi prima dell'entrata in vigore della legge interpretativa italiana.

Sul punto, cito l'invito del Procuratore della Repubblica di Roma - Gianfranco Amendola che, assai
correttamente, nel suo Editoriale "Rottami metallici, Ministero dell'ambiente e Capitanerie di porto" (7)
scrive: "in questa situazione, c'è una sola strada da indicare ai funzionari italiani: riferire, immediatamente e
per iscritto al Procuratore della Repubblica competente per territorio qualunque caso dubbio, chiedendo
espresse indicazioni ed allegando, se necessario, sia le indicazioni dell'Autorità amministrativa sia le
indicazioni
della giurisprudenza, comunitaria e nazionale, riportate in questa nostra nota" (8).
(1) Consiglio di Stato (parere), Sezione II, 13 maggio 1992, ove si aggiunge che "la diretta efficacia della
sentenza comporta un obbligo di immediata attuazione";
(2) ex plurimis Corte Costituzionale 23 aprile 1985, n. 113 secondo la quale il principio della prevalenza del
diritto comunitario vige anche "per le situazioni risultanti, come nella specie, dalle sentenza interpretative
della Corte di Giustizia";
(3) Corte Costituzionale 11 luglio 1989, n. 389 la quale ha esteso il principio anche alle pronunce della Corte
di Giustizia in sede contenziosa (conf. Corte Costituzionale 18 aprile 1991, n. 168 e 30 marzo 1995, n. 94);
(4) Corte di Giustizia delle Comunità europee, Sezione VI, 25 giugno 1997 (C-304/94, C-330/94, C-324/94 e
C-224/95) - Tombesi e altri- punto 46;
(5) Corte Costituzionale 8 giugno 1984, n. 170;
(6) Cass. Pen. Sezione III, 15 gennaio 2003, n. 12; conf. Cass. Pen., sez. III, c.c. 14 novembre 2003, n.
10662.
(7) In www.dirittoambiente.com., spazio "Le ultime novità in materia di ambiente";
(8) Per le indicazioni giurisprudenziali G. Amedola si riferisce, ovviamente, a quanto riportato nel suo
editoriale pubblicato sul sito www.dirittoambiente.com (*) "Tratto da "Rifiuti - Bollettino di informazione
normativa" n. 115 (2/2004), parte di un più ampio articolo dal titolo "Delega ambientale: sarà vera gloria?"

ALLEGATO 2
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Anno 2005 IL TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO - SEZIONE I ter
composta dai magistrati: LUIGI TOSTI Presidente CARLO TAGLIENTI ConsigliereRelatore GIAMPIERO
LO PRESTI Consiglere ha pronunciato la seguente
SENTENZA Sui ricorsi riuniti n.3202 e n. 6304 del 2004
proposti rispettivamente da CIANETTI Spina, SELVAGGI Giulio, GIUNCHI Carlo e PONZI Armando, in
proprio e quale legale rappresentante della società SA.LI.MA. s.n.c. di PONZI Carla (ric.N. 3202), e dalle
società ECOFER Ambiente s.r.l. e ITALFERRO, in persona dei legali rappresentanti (ric. N. 6304 per
quanto attiene al ricorso n.3202/04:

CONTRO
. • il PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
. • IL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO;
. • IL MINISTERO DELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE;
. • IL MINISTERO DELLA SALUTE;
. • In persona dei rispettivi Ministri, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
. • LA REGIONE LAZIO ,in persona del Presidente pro tempore;
. • Il COMMISSARIO STRAORDINARIO PER L’EMERGENZA RIFIUTI;
. • IL SOGGETTO ATTUATORE;
. • non costituiti in giudizio;
. • LA PROVINCIA DI ROMA,
. • IL COMUNE DI ROMA, in persona del sindaco pro tempore
. • e nei confronti
. • della società ECOFER Ambiente (ed intervento della ITALFERRO) in persona dei legali
rappresentanti;
. • con intervento ad adjuvandum
• del COMITATO PER LA DIFESA DEL TERRITORIO DEL DIVINO AMORE , del
COMITATO PER LA DIFESA DEL TERRITORIO DI MARINO, dell’Azienda agricola LA
COLLINETTA, in persona dei legali rappresentanti; nonché dei sigg.ri CESCHIN TIZIANA, DE SANTIS
MASSIMO, ROSSI GUALTIERO, AMBROSETTI STEFANO, CAPONI SERGIO, SAVIANTONI
BRUNO, AGOSTINI LUCIANO, OCCHIONI MARCELLA , TREZZA VINCENZO, VIRGILI ANDREA
E VIRGILI VENANZIO;
per l’annullamento
. • del decreto dell’Assessore all’ambiente della Regione Lazio, in qualità di “soggetto
attuatore”, 4 aprile 2003 n. 28, di autorizzazione all’esercizio di una discarica in località Falcognana, Km.
15,300 della via Ardeatina;
. • del decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio, di concerto col Ministro
delle attività produttive e del Ministro della salute, del 13.3.2003, concernente “criteri di ammissibilità dei
rifiuti in discarica”;
. • del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 1 2002, sullo stato di “emergenza
rifiuti” nella provincia di Roma;
. • dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 8.11.2002 di nomina del
commissario liquidatore per l’emergenza rifiuti;
. • del decreto del Commissario liquidatore 10 .11.2002 di nomina del soggetto
attuatore;

. • del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10.1.2003 di proroga dello stato di
emergenza:

per quanto attiene al ricorso n.6304/04; CONTRO


. • LA REGIONE LAZIO,
. • IL COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA AMBIENTALE E
L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE DELLA REGIONE LAZIO il RESPONSABILE UNICO DEL
PROGETTO del Soggetto attuatore, non costituito in giudizio;
. • LA PROVINCIA DI ROMA, Il COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro
tempore, come sopra rappresentato difeso e domiciliato;

. • Con intervento ad opponendum


. • di CIANETTI SPINA, GIUNCHI CARLO, SELVAGGI GIULIO ARMANDO PONZI, in
proprio e nella qualità di legale rappresentante della società SALIMA di PONZI CARLA , come sopra
rappresentati difesi e domiciliati;
• del COMITATO PER LA DIFESA DEL TERRITORIO DEL DIVINO AMORE e della
Azienda agricola LA COLLINETTA in persona dei legali rappresentanti, nonché dei sig.ri CESCHIN
TIZIANA, DE SANTIS MASSIMO, CAPONI SERGIO, CAPONI EMILIO, SAVIANTONI BRUNO,
AGOSTINI LUCIANO, BOTTARO ANGELO, IZZI LUCIANA, CHIATTELLI ENZO, D’ALESIO
MARINA, CIARLANTINI PAOLO, PERILLI RITA PATRIZIA, BORGESI ANNA MARIA,
ANTONUCCI SARA,
con intervento ad adjuvandum
. • delle società ALTOBELLI LUIGI, AUTOCOLLATINA s.a.s., CALO’ ROBERTO,

D.A.R. s.r.l., ECO RICICLA 2000 s.r.l. , EURODEOLIZIONI s.r.l., F.LLI LUPOLI s.r.l.,
FE.RO.M s.r.l., MARTINELLI ROTTAMI s.r.l., PARABELLA S.n.c., PEPE VINCENZO,
PETRINI ANTONIO & C s.n.c., RULLO TEC.E.R. s.r.l., STATION SERVICE s.n.c;
AUTODEMOLITORI ROMA NORD s.r.l., AUTODEMOLITORI EUR MAGLIANA s.r.l.,
AUTODEMOLITORI ROMA SUD
per l’annullamento
. • del decreto del Soggetto attuatore 25 marzo 2004 n. 36 di revoca del precedente decreto 4
aprile 2003 n. 28;
. • e per l’accertamento

• del diritto al risarcimento dei danni; Visti i ricorsicon i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in
giudizio delle Amministrazioni resistenti; visti gli atti di intervento ad adjuvandum e ad opponendum; viste
le proprie ordinanze collegiali n.3657 e n.3658 del 1 luglio 2004; Viste le memorie prodotte dalle parti; Visti
gli atti tutti di causa; Uditi, alla pubblica udienza dell’11 novembre 2004, con designazione del Cons. Carlo
Taglienti relatore della causa, gli avv.ti come da verbale di udienza; Ritenuto in fatto e considerato in diritto
quanto segue:
FATTO
1.Con il primo dei ricorsi indicati in epigrafe la sig.ra Spina Cianetti, ed altri soggetti proprietari di beni
nell’area limitrofa a quella oggetto del provvedimento autorizzativo impugnato, hanno contestato
giudizialmente l’autorizzazione regionale alla installazione e gestione per cinque anni di una discarica in
località Falcognana, al Km. 15,300 della via Ardeatina; coinvolgono nel gravame tutti gli atti connessi, quali
il decreto ministeriale di approvazione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, il decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri (PCM) dichiarativo dello stato di emergenza rifiuti nella provincia di
Roma, l’ordinanza del PCM di nomina del Presidente della Regione Lazio come Commissario liquidatore
per l’emergenza nel territorio, il decreto di quest’ultimo di nomina dell’Assessore regionale all’ambiente
quale soggetto attuatore del programma per l’emergenza rifiuti, il decreto del PCM di proroga dello stato di
emergenza rifiuti. Deducono i ricorrenti:
1. 1. incompetenza del “Soggetto attuatore” ; eccesso di potere per difetto dei presupposti: l’assessore
regionale all’ambiente è stato nominato soggetto attuatore del programma per l’emergenza rifiuti dal
Presidente della regione Lazio, al quale sono stati attribuiti i poteri connessi all’emergenza rifiuti dal
Presidente del Consiglio dei Ministri: il tutto in base all’art. 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225: ma tale
normativa consente l’esercizio di poteri particolari solo in presenza di specifici eventi qualificabili come
situazioni di eccezionale emergenza, eventi che nella fattispecie non si sono verificati;
2. 2. violazione delle norme sul procedimento: da quanto sopra discende che sono state seguite norme
procedimentale errate;
3. 3. violazione del DPCM 10.8.1988 n. 377: non è stata espressa la “valutazione sull’impatto
ambientale” nazionale, necessaria per i rifiuti classificabili “pericolosi”, come da codice CER 191003; non
appare sufficiente la valutazione regionale;
4. 4. violazione del D.Leg.vo 13 gennaio 2003 n. 36: non è stata accertata la conformità al Piano
regionale gestione rifiuti: la localizzazione è incompatibile con l’analisi dei luoghi (corsi d’acqua, acque
sotterranee, vigneti, oliveti, centri abitati, situazione meteorica, incidenza sul traffico) ;
5. 5. eccesso di potere per inesistenza dei presupposti; omesso esame dei pareri negativi: la
sovrintendenza ai beni ambientali ha imposto prescrizioni non inserite nell’autorizzazione; sono stati espressi
pareri negativi dalla sezione Difesa del suolo e cave del comune di Roma e dai dipartimenti VI e X del
comune stesso; è nullo il

parere positivo dell’ARPA emesso in assenza del rappresentante nella seduta del 4

dicembre 2002. Costituitisi i controinteressati Ecofer ed Italferro, titolari dell’autorizzazione

impugnata, premesso che nella discarica non vengono versati altri prodotti nocivi al di fuori del “fluff”,

materiale derivato dalla separazione dei metalli nella demolizione delle auto e consistente essenzialmente in

gommapiuma, gomma e plastica frantumate, prodotto non biodegradabile, eccepiscono preliminarmente

l’inammissibilità del ricorso per difetto d’interesse, considerata la distanza di oltre un Km delle proprietà dei

ricorrenti rispetto al luogo della discarica, e per mancata impugnazione del contratto 28.7.2003 che integra

l’autorizzazione impugnata ed attua le prescrizioni date dall’Autorità; rilevano altresì l’improcedibilità del

ricorso, risultando revocato l’atto impugnato; nel merito sostengono comunque l’infondatezza del ricorso in

quanto: nel concetto di emergenza rientrano situazioni eccezionali come quella dei rifiuti nella provincia di

Roma, anche se non rappresentate da eventi puntuali e contingenti; ai sensi dell’art. 13 del’O.P.C.M. 23

giugno 1999 n. 2992 il soggetto attuatore poteva derogare alla normativa sulla V.I.A. (valutazione impatto

ambientale) nazionale; è stata comunque fornita la valutazione regionale; peraltro il DPR 12 aprile 1996
all.A lettera i) assoggetta a V.I.A. regionale gli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi; la

direttiva comunitaria non assegna competenze allo Stato ed alle regioni; nella localizzazione le distanze sono

state rispettate; l’ACEA ha escluso rischi per le falde acquifere. Con memoria i ricorrenti hanno replicato,

evidenziando il loro interesse a ricorrere in relazione alla vicinanza delle loro aree a quella della discarica,

l’effetto caducatorio sull’atto integrativo dell’eventuale annullamento dell’autorizzazione amministrativa,

l’inapplicabilità alla fattispecie della normativa sulle calamità naturali, la non prorogabilità della

dichiarazione relativa. Costituitasi la Provincia di Roma, evidenziato come avesse sollevato diverse

perplessità in ordine al provvedimento in questione, sia in relazione alla V.I.A. che alla scelta del sito, ha

comunque chiesto la dichiarazione giudiziale della cessazione della materia del contendere essendo

intervenuto il provvedimento di revoca dell’autorizzazione impugnata. Con atto d’intervento ad adjuvandum

il Comitato per la difesa del territorio del Divino Amore, il Comitato per la difesa del territorio di Marino ed

altri soggetti aventi interessi in zone limitrofe alla discarica, hanno sostenuto la fondatezza del ricorso

principale, sulla base di analoghe argomentazioni e soffermandosi in particolare sull’esistenza di numerosi

pareri tecnici negativi e sulla mancata valutazione di importanti aspetti di tutela ambientale e idrogeologica.

Con ordinanza 3657/04 è stata respinta l’istanza cautelare. Con ulteriori memorie le parti costituite hanno

ribadito tesi e ragioni, evidenziando, in particolare i ricorrenti, aspetti connessi anche ai limiti previsti di

“potere calorifico inferiore” e di “concentrazione del componente del carbonio organico disciolto” nonché

delle quantità totali di rifiuti ammissibili in discarica, collegando le problematiche del primo ricorso con

quelle del secondo, presentato dalla Ecofer Ambiente e dalla Italferro contro la revoca dell’autorizzazione.

2.Ed infatti con il secondo dei ricorsi epigrafati viene impugnato, dalle suddette società destinatarie

dell’autorizzazione per la discarica, il provvedimento di revoca di detta autorizzazione. Deducono le

ricorrenti:
1. 1. violazione del diritto di partecipazione al procedimento; illogicità: all’avviso di avvio del
procedimento non sono state allegate le note della provincia e del comune di Roma; sono stati assegnati
termini assurdamente brevi per fare osservazioni;
2. 2. violazione dell’art. 97 della Costituzione e del principio di correttezza e trasparenza: gli interessati
al provvedimento di revoca non sono stati informati della risposta data dal Soggetto attuatore alle
osservazioni della provincia;
3. 3. violazione dell’art.4 del D.Leg.vo n.165/01; eccesso di potere per sviamento e
contraddittorietà; violazione dell’art. 97 Cost: il provvedimento è dettato
dall’ingerenza politica effettuata con le “mozioni” indicate nelle premesse;
l’autotutela è stata esercitata mer motivi di opportunità politica;

4. 4. eccesso di potere per carenza istruttoria nel riesame: nell’agro romano sono consentite discariche
inerti (art. 69 c.1 N.T.A. al P.R.G.); l’autorizzazione ha comunque operato come variante al PRG; non c’è
contiguità con i fossi; l’area non ricade nel Parco dell’Appia Antica, distante circa Km.3,5;
5. 5. eccesso di potere per contraddittorietà, carenza istruttoria e difetto di motivazione: lo stesso
Soggetto Attuatore aveva respinto le osservazioni della Provincia con articolata nota, poi risultate
supinamente accolte..

Chiedono l’accertamento del loro diritto al risarcimento del danno.


Intervengono in giudizio ad adjuvandum alcune imprese di demolizione, sostenendo, con
analoghe ragioni, l’illegittimità del provvedimento di revoca.

Intervengono in giudizio , ad opponendum, i ricorrenti del primo ricorso ed i Comitati ed i soggetti ivi
intervenuti ad adjuvandum, per sostenere la legittimità della revoca, evidenziando in particolare la violazione
da parte dell’atto autorizzatorio (qui revocato) delle prescrizioni dettate dal Piano regionale di gestione dei
rifiuti, quanto alla localizzazione della discarica. Costituitasi la Regione Lazio ha evidenziato il proprio
difetto di legittimazione passiva e, comunque l’infondatezza del ricorso. Costituitisi anche il Commissario
straordinario ed il Soggetto attuatore del programma per l’emergenza rifiuti, hanno sostenuto l’infondatezza
del ricorso in quanto: è stato rispettato l’obbligo di avviso dell’avvio del procedimento di revoca; né può
accamparsi diritto alcuno ad allegazioni documentali in detta sede, il tempo concesso per le osservazioni
deve considerarsi congruo; le mozioni degli organi politici fanno riferimento a dati tecnici e normativi; è
sempre consentito alla P.A di effettuare nuove valutazioni su fattispecie già oggetto di provvedimento, in
specie se, come nel caso, rivalutando pareri espressi da altre amministrazioni coinvolte nel procedimento; il
provvedimento risulta altresì adeguatamente motivato. Circa il risarcimento del danno manca comunque la
dimostrazione del nesso di causalità. Si è costituita anche la Provincia di Roma, che si è in paricolare
soffermata sul quinto motivo di ricorso, ribadendo le ragioni tecniche alla base del proprio parere negativo,
riguardanti la V.I.A. nazionale ed i rischi d’inquinamento idrogeologico. Con ordinanza collegiale n.
3658/04 è stata accolta l’istanza cautelare. Con proprie memorie ricorrenti ed intervenienti hanno ribadito
tesi e ragioni. Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2004 le cause, chiamate congiuntamente, sono state
spedite in decisione.

DIRITTO Preliminarmente il Collegio dispone la riunione

dei ricorsi in epigrafe, ai fini della loro soluzione con unica sentenza, per evidenti ragioni di connessione

oggettiva e soggettiva. Infatti con il primo ricorso proprietari di aree limitrofe hanno impugnato

l’autorizzazione amministrativa ad impiantere e gestire una discarica di materiale derivante dalla

demolizione di auto (fluff); con il secondo ricorso i titolari di detta autorizzazione hanno impugnato l’atto di

revoca del detto provvedimento a loro favorevole. Il Collegio rileva che dagli atti depositati emergono seri
contrasti, anche tra Amministrazioni coinvolte nel complesso procedimento autorizzatorio, relativi a

situazioni di fatto o che comunque comportano accertamenti tecnici, e riguardanti aspetti essenziali per la

localizzazione e per il funzionamento della discarica. In particolare l’Amministrazione Provinciale di Roma

ed i dipartimenti VI e X del comune di Roma hanno espresso parere contrario alla localizzazione della

discarica, basandosi su circostanze contestate dal Soggetto attuatore, quanto meno in sede di rilascio di

autorizzazione; circostanze che comunque necessitano di approfondimento anche al fine di valutare la

fondatezza di alcune motivazioni poste a base del provvedimento di revoca. Il Collegio ritiene pertanto

necessario acquisire una documentata relazione dalla quale risultino chiariti i seguenti punti:
1. 1. se la destinazione urbanistica della zona in cui è prevista la realizzazione della discarica consenta
detto utilizzo del territorio;
2. 2. se risultino rispettate le prescrizioni del Piano regionale gestione rifiuti approvato con
deliberazione consiliare 10.7.2002 n.112,ed i parametri previsti nel decreto legislativo 13 gennaio 2003 n.
36; ed in particolare se:

2.1) risulti salvaguardata la fascia di rispetto di 150 metri per i corsi d’acqua pubblici; 2.2) risultino rispettati
i parametri indicati al punto 3.12.4.1.1 del Piano e quelli di cui all’allegato 1 del Decreto legislativo 13
gennaio 2003 n. 36 riguardanti: l’escursione della falda, il coefficiente di permeabilità relativo a rifiuti
pericolosi, le distanze dei centri abitati e delle “case sparse”; 3) risultino rispondenti alla normativa tecnica
(D.M. 13 marzo 2003) i sistemi di controllo per l’accettazione dei materiali in discarica ed i limiti massimi
previsti per l’immissione in discarica, relativi a : “potere calorifico inferiore”(PCI) e “concentrazione del
componente del carbonio organico disciolto” (DOC) Il Collegio ritiene di conferire il suddetto incarico al
Dirigente del Servizio per la gestione dei rifiuti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, il
quale potrà delegare un tecnico di sua fiducia., dando comunicazione a questa Sezione del soggetto che
effettuerà la verifica tecnica, entro 15 giorni dalla comunicazione della presente sentenza. Dovrà essere dato
un preavviso di almeno cinque giorni alle parti costituite per le verifiche che comportino accesso sui luoghi.
Con separato provvedimento, e su richiesta dell’ incaricato alla verifica tecnica, si provvederà a liquidare
anticipazioni sulle spese, che saranno poste provvisoriamente a carico dei soggetti ricorrenti nel primo e nel
secondo ricorso, in parti eguali, con solidarietà interna ai due gruppi.
Le spese di giudizio saranno liquidate al definitivo.

P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il

Lazio sez. I ter, riuniti i ricorsi in epigrafe, riservata ogni ulteriore decisione in rito, nel merito e sulle spese,

ordina al Dirigente del Servizio gestione rifiuti del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio,

ovvero al funzionario tecnico da lui delegato, di depositare presso la Segreteria della Sezione la documentata
relazione di cui in motivazione entro 105 (centocinque) giorni dalla comunicazione della presente sentenza.

Così deciso in Roma dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione prima ter
– nelle camere di consiglio dell’11 novembre e del 9 dicembre 2004 .Fissa la nuova udienza del 9 giugno
2005.
Manda alla Segreteria di trasmettere la presente decisione alle parti ed al Dirigente del
Servizio gestione rifiuti del Ministero dell’Ambiente.
LUIGI TOSTI Presidente:
CARLO TAGLIENTI Relatore estensore:

ALLEGATO 3
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio
(Sezione seconda);
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 13639 del 2002, proposto
da

Buzzi Unicem s.p.a., con sede legale in Casale Monferrato (Al), in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Riccardo Montanaro, Raffaele Ingicco e Guido Francesco Romanelli ed
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla via Cosseria n. 5;
contro
Provincia di Roma, in persona del presidente p.t. della Giunta provinciale, rappresentata e difesa dagli
avv.ti Giorgio Pasquali e Massimiliano Sieni ed elettivamente domiciliata presso l’Avvocatura provinciale in
Roma, alla via IV Novembre 119/A;
per l'annullamento
-della nota prot. n.22791/944 in data 17 settembre 2002, a firma del dirigente del Servizio controlli e
sanzioni e del responsabile dell’Ufficio controlli della Provincia di Roma, con cui si rinvia ala Società la
comunicazione presentata in data 2 agosto 2002 della Buzzi Unicum s.p.a. per l’attività di recupero di rifiuti
ai sensi del d.lgs. n. 22/1997, nell’impianto di Guidonia (Roma), via Sant’Angelo n. 14, nell’ambito del
processo di produzione del cemento e si dichiara che tale comunicazione “è irricevibile e non permette il
prosieguo dell’istruttoria”;
- del provvedimento prot. n. 24628/944 in data 10 ottobre 2002, a firma del dirigente del Servizio IV
(“Controlli e sanzioni”) del Dipartimento II (“Tutela dell’ambiente degli inquinamenti”) e del responsabile
dell’Ufficio controlli della Provincia di Roma, con cui si dispone il divieto dell’attività di recupero di rifiuti
urbani, ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 22/1997, nell’impianto di Guidonia (Roma), via Sant’Angelo n. 14,
nell’ambito del processo di produzione del cemento.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Roma;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;


Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 5 novembre 2003 il consigliere
Massimo L. Calveri e uditi l’avv. Montanaro per la ricorrente e l’avv.
Pasquali per la resistente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue: FATTO La società ricorrente svolge attività di produzione di
cemento ed esercisce uno stabilimento in Guidonia (Provincia di Roma).
Dopo aver svolto alcune considerazioni sul d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in ordine alla disciplina del
recupero dei rifiuti e in particolare sulla previsione di “procedure semplificate” dirette a favorire il recupero
dei rifiuti medesimi in luogo dello smaltimento, premette la società ricorrente di avere presentato alla
Provincia di Roma alcune comunicazioni, in date comprese tra il 13 maggio1998 e il 28 maggio 1999, per il
recupero e il riutilizzo dei rifiuti di cui ai punti 5.14, 13.3 e 13.6 13.1 dell’allegato 1 del d.m. 5 febbraio
1998, ai sensi dell’art. 33 di detto decreto legislativo per lo stabilimento ubicato nel Comune di Guidonia.
Ulteriore comunicazione veniva presentata, in data 15 maggio 2000, relativa all’utilizzo nello stabilimento di
Guidonia del residuo utilizzabile di cui al punto 12.17 dell’ora menzionato decreto ministeriale.
Soggiunge la ricorrente di aver iniziato l’attività di recupero e di riutilizzo delle suddette tipologie dei
rifiuti decorsi novanta giorni dall’avvenuta presentazione delle suddette istanze.
Soggiunge altresì che, a seguito della nuova classificazione dei rifiuti, con l’introduzione dei nuovi codici
CER, la società sottoscriveva una comunicazione per la prosecuzione dell’attività, sulla base dei nuovi
codici, inviandola in data 27 luglio 2002 alla Provincia di Roma.
Sennonché quest’ultima, con nota dirigenziale n. 22792/944 del 17 settembre 2002, interpretando tale
comunicazione come nuova, la riteneva irricevibile nell’asserita mancanza dell’autorizzazione alla
costruzione dell’impianto rilasciata ai sensi dell’art. 6 del
d.p.r. n. 203/1988.
Seguiva la determinazione dirigenziale n. 24628/944 del 10 ottobre 2002 con la quale veniva disposto il
divieto di prosecuzione dell’attività relativa al punto 12.17 del d.m. 5 febbraio 1998.
Con atto notificato in data 18 novembre 2002 la società ha impugnato i provvedimenti dirigenziali di cui
sopra deducendone l’illegittimità per i motivi qui di seguito sintetizzati:
a.- quanto alla nota dirigenziale prot. n. 22971/944 del 17 settembre 2002:
1.- violazione ed erronea applicazione degli artt. 31 e 333 d.lgs. n. 22/1997 e del d.m. Ambiente 5 febbraio
1998, nonché eccesso di potere sotto distinti profili per avere la provincia interpretato la comunicazione della
società in data 26 luglio 2002 come nuova comunicazione di attività di recupero dei rifiuti;
2.- violazione della medesima normativa che precede per avere la provincia affermato la mancanza, da
parte della società ricorrente, dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto rilasciata ai sensi dell’art. 6
del d.p.r. n. 203/1988;
b.- quanto alla determinazione dirigenziale prot. n. 24628/944 del 10 ottobre 2002;
3.- - violazione di legge e dei principi costituzionali di cui all’art. 97 della Cost., degli artt. 1, 3 e 10 della
legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 43 del d.p.r. n. 445/2000, nonché eccesso di potere sotto distinti profili
per avere l’amministrazione richiesto più volte documenti già in suo possesso o direttamente acquisibili, con
conseguente aggravamento della procedura;
4.- - violazione della medesima normativa di riferimento (art. 33 d.lgs. n. 22/1997, d.m. 5 febbraio 1998,
artt. 6,12 e 15 d.p.r. n. 203/1988), nonché eccesso di potere per erroneità ed illogicità dei presupposti, nella
considerazione che nessuna norma richiede per lo svolgimento dell’attività di recupero dei rifiuti in
procedura semplificata l’iscrizione della società nel registro delle imprese con l’indicazione nell’oggetto
sociale di detta attività, risultando quest’ultima attività strumentale e accessoria rispetto all’attività
imprenditoriale della società. Ugualmente erronea e illegittima, per le considerazioni già enunciate, sarebbe
l’asserita necessità della società di dotarsi dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto ex art. 6 del
d.p.r. n. 203/1988, risultando sufficiente allo scopo l‘autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex d.p.r. n.
203/1998 ancorché non riferita all’attività di recupero di rifiuti.
Ha resistito al ricorso l’intimata amministrazione provinciale eccependone l’infondatezza.
Alla camera di consiglio del 5 febbraio 2003 l’istanza cautelare è stata accolta.
Con distinte e articolate memorie le parti hanno ulteriormente illustrato i rispettivi assunti difensivi
insistendo nelle contrapposte richieste.
Alla pubblica udienza del 5 novembre 2003, sulle conclusioni delle parti, il ricorso è stato trattenuto in
decisione.
DIRITTO
1.- Sono impugnati i provvedimenti con i quali la Provincia di Roma ha inibito la prosecuzione di attività di
recupero di rifiuti, svolta dalla società ricorrente, nell’ambito della sua attività principale di produzione di
cemento, sulla base del “regime semplificato” previsto dall’art. 33 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22
contenente norme in materia di gestione dei rifiuti.
2.- Come puntualizzato in fatto, i provvedimenti inibitori qui contestati si fondano sulla circostanza che la
società ricorrente non avrebbe presentato gli elementi richiesti per accedere alla procedura semplificata. Si
oppone, sotto altro verso, che nell’oggetto sociale dell’attività della società dichiarata alla CCIAA non figura
alcuna attività di recupero rifiuti (menzione che ad avviso della Provincia sarebbe doverosa ai fini
dell’iscrizione dell’impresa nel registro previsto dal terzo comma del precitato art. 33), soggiungendosi poi
che la società sarebbe priva dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto rilasciata ai sensi dell’arte. 6
del d.p.r. 24 maggio 1988.
3.- Il presente ricorso segue ad altre impugnative di analogo contenuto che sono state proposte dal
medesimo gruppo industriale avverso altrettanti provvedimenti negativi adottati dalla Provincia di Roma.
Il tema di fondo della vicenda, come ben sintetizza la difesa della ricorrente nella memoria conclusiva
depositata il 24 ottobre 1993, attiene alla corretta interpretazione dell’istituto della procedura semplificata
per le operazioni di recupero dei rifiuti, come disciplinato dal capo V del Titolo 1 del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22 agli artt. 31-33.
Si sostiene che la caratteristica precipua di tale procedura semplificata è quella di consentire lo svolgimento
dell’attività di recupero di rifiuti in assenza di un regime autorizzatorio e senza l’applicazione di tutte le
condizioni cui è assoggettato il regime ordinario delle attività di smaltimento di rifiuti. Senza la
considerazione della peculiarità che caratterizza tale procedura non vi sarebbe, a parere della deducente, “né
la ragione, né il contenuto di un regime semplificato, come quello voluto e disciplinato dall’art. 33 del d.lgs.
n. 22/1997”. Il quale, al primo comma, dispone che “l’esercizio delle operazioni di recupero (individuate
nelle norme tecniche adottate ai sensi dell’art. 31) di rifiuti può essere intrapreso decorsi novanta giorni dalla
comunicazione di inizio attività alla provincia territorialmente competente”.
La sostanza di questo regime consisterebbe in ciò: in presenza di requisiti tecnici precisi e puntualmente
individuati (nel caso di specie dal d.m. Ambiente 5 febbraio 1998, trattandosi di attività di recupero di rifiuti
non pericolosi), è consentita la riutilizzazione di rifiuti nell’ambito del processo produttivo ordinario, che
rimane comunque distinto e non si identifica con le attività professionali di smaltimento di rifiuti. Ove ciò
avvenisse, imponendo al ciclo produttivo primario gli adempimenti e le condizioni a cui soggiaggiono le
attività di smaltimento di rifiuti, risulterebbe vanificata la finalità cui tende il regime semplificato.
4.- La Sezione condivide la premessa argomentativa da cui muove la società ricorrente per evidenziare
ratio e finalità della menzionata procedura semplificata.
Occorre procedere da dato che l’elemento innovativo della legislazione vigente in materia di rifiuti, e cioè
il d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, è quello di favorire il recupero dei rifiuti rispetto alle tradizionali attività di
smaltimento (artt. 2 e 4).
Nel perseguimento di tale obiettivo si inserisce la previsione di “procedure semplificate” che sono
specificamente disciplinate nel capo V del titolo I del d.lgs. n. 22/1997. Tali procedure si caratterizzano per il
fatto che prescindono dalla preesistenza di un’autorizzazione, come invece richiesto per le ordinarie attività
di smaltimento dagli artt. 27 e 28 di detto decreto, e non impongono il rispetto di tutte le condizioni e delle
procedure stabilite per il rilascio dell’autorizzazione allo smaltimento.
In particolare, l’art. 33, primo comma, prevede alla “condizione che siano rispettate le norme tecniche e le
prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1,2 e 3 dell’articolo 31”, che le operazioni di recupero
possono essere iniziate “decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia
territorialmente competente”.
Le norme tecniche e le prescrizioni cui fa riferimento l’ora riportata disposizione legislativa sono contenute
nel d.m. 5 febbraio 1998 che individua i rifiuti non pericolosi sottoposti appunto alla procedura semplificata
di recupero ai sensi dei precitati artt. 31 e 33 del d.lgs. n. 22/1997. In particolare, l’allegato 1 a tale decreto
elenca i rifiuti recuperabili e, per ciascuna tipologia, le caratteristiche del rifiuto, la sua provenienza, le
attività produttive in cui può avvenire il recupero e le caratteristiche del prodotto ottenuto da questi processi
produttivi.
Orbene la valutazione complessiva di tale normativa regolamentare, in linea del resto con la visione di
fondo che caratterizza il recupero dei rifiuti con procedura differenziata, conduce ad affermare che l’attività
di recupero mira all’utilizzazione dei rifiuti elencati nel decreto ministeriale nell’ambito dell’ordinario
processo produttivo. Il quale, per l’effetto della valorizzazione dei rifiuti nei limiti tecnici imposti, non
subisce alcuna modificazione né morfologica, né contenutistica in ordine al risultato finale cui tende l’attività
produttiva primaria.
Tale puntualizzazione spinge alla conclusione che in un tal caso, che è quello all’esame, non si versa in
ipotesi di attività professionali che hanno ad oggetto la gestione dei rifiuti (la quale a ben vedere si atteggia
in via accessoria e strumentale), ma di ordinaria attività produttiva nel cui ambito viene consentito, entro
prefissati limiti tecnici, la riutilizzazione di rifiuti.
5.- In tale cornice di valutazioni possono quindi esaminarsi i motivi (cui corrispondono altrettante puntuali
censure) che hanno determinato la Provincia di Roma a vietare l’attività di recupero dei rifiuti urbani
nell’impianto di cementificio della società ricorrente.
Come si è premesso, nei provvedimenti impugnati, tali motivi sono stati individuati nel fatto che la società
ricorrente:
a.- non avrebbe presentato gli elementi richiesti per accedere alla procedura semplificata;
b.- non ricomprenderebbe, nel proprio oggetto sociale dichiarato alla CCIAA, alcuna attività di recupero
rifiuti;
c.- sarebbe priva dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto rilasciata ai sensi dell’arte. 6 del d.p.r.
24 maggio 1988.
6.- Tutti e tre i motivi che sostengono il divieto sono privi di fondamento.
6.1.- Quanto alla carenza degli elementi richiesti dalla normativa regolamentare per accedere alla
procedura semplificata, la documentazione versata in atti dalla società ricorrente consente di affermare –
nella fondatezza di quanto dedotto con il terzo motivo di ricorso - che tali elementi erano stati stata
sostanzialmente allegati alla comunicazione inviata all’amministrazione provinciale (cfr. atti indicati ai nn.
1-5 della produzione documentale allegata al ricorso).
6.2.- Quanto all’ulteriore motivazione che giustificherebbe il divieto dell’attività di recupero, essa viene
fatta risiedere nel fatto che nell’oggetto sociale dell’attività della società dichiarata alla C.C.I.A.A. non
compare alcun attività di recupero dei rifiuti, né la menzione di questa figura nella dichiarazione dell’attività
svolta.
Deduce in contrario la ricorrente (terzo motivo di ricorso) che nessuna norma, né generale né specifica,
richiede per lo svolgimento delle attività in regime semplificato che esse figurino nell’oggetto sociale
dell’attività imprenditoriale.
In particolare, quanto all’aspetto spiccatamente civilistico, si soggiunge che, rispetto al processo produttivo
svolto dalla società e descritta nello Statuto di questa, l’attività di recupero di rifiuti in procedura semplificata
va qualificata come attività strumentale e meramente accessoria, che può essere legittimamente svolta senza
specifica menzione nell’oggetto sociale.
Ne consegue, sempre sull’indicato versante civilistico, che la P.A può “attribuire considerazione alla
conformità dell’attività al potere pubblico con l’oggetto sociale della società richiedente, solo nel caso in cui
una siffatta considerazione sia prevista e richiesta da un’apposita norma”, la quale, diversamente da quanto
asserito dalla Provincia, non potrebbe individuarsi né nell’art. 33, terzo comma, del d.lgs. n. 22 del 1997, né
nell’art. 10 del d.m. 5 febbraio 1998.
6.2.1.- La Sezione condivide l’assunto che solo la presenza di una specifica disposizione, che imponga di
prendere in considerazione l’oggetto sociale ai fini del rilascio dell’autorizzazione, può legittimare la
pubblica amministrazione a esigere la presenza di un elemento che, sul piano generale, non costituisce un
requisito di legittimità dell’attività della società.
Nel caso all’esame, avuto riguardo alla normativa di riferimento, deve ammettersi che nessuna norma
prevede e impone, quale condizione per l’esercizio dell’attività di recupero di rifiuti con procedura
semplificata, che tale attività sia indicata nell’oggetto sociale dell’impresa che effettua la comunicazione.
Invero, l’art. 33, terzo comma, del d.lgs. n. 22/1997, che pure puntualmente individua gli elementi e i
requisiti da indicare nella comunicazione di inizio dell’attività, non opera alcun riferimento all’oggetto
sociale. Del pari, l’art. 10 del d.m. 5 febbraio 1998, che enumera i requisiti soggettivi che devono essere
posseduti per l’ammissione alle procedure semplificate, non menziona tra detti requisiti la circostanza che
l’attività di recupero dei rifiuti debba risultare nell’oggetto sociale del soggetto richiedente.
Sul punto, la difesa della Provincia ha rilevato come la “semplificazione” di cui all’art. 33 sia diretta a
consentire lo svolgimento dell’attività di recupero a soggetti che devono essere in possesso di specifica
professionalità nel settore e che pertanto devono essere “riconoscibili” attraverso l’esame della
documentazione esistente presso le Camere di commercio, dove non potrebbe non risultare l’indicazione
dell’attività di recupero dei rifiuti.
In proposito non può non ribadirsi, alla luce delle puntualizzazioni svolte in precedenza, che la tesi
dell’amministrazione provinciale non si sostiene su alcun fondamento positivo.
La circostanza che nessuna norma richiede che la menzione dell’attività di recupero figuri nell’oggetto
sociale ai fini del regime semplificato trova peraltro adeguata spiegazione nella considerazione,
pertinentemente formulata anche dalla società ricorrente, che l’attività di recupero nelle procedure
semplificate è configurata come accessoria e strumentale rispetto all’attività produttiva svolta in via
principale. Con la conseguenza che è consentito, nell’ambito della limitata fattispecie interessante la materia
dei rifiuti non pericolosi, la riutilizzazione di detti rifiuti in normali procedure produttive in luogo di altre
materie, in ragione del fatto che tale riutilizzazione non apporta alcuna modificazione alle caratteristiche
tipiche del prodotto finito.
7.- Si perviene così all’ultima motivazione addotta a sostegno del divieto di svolgimento dell’attività di
recupero in questione, motivazione che consiste nella mancata “autorizzazione alla costruzione dell’impianto
rilasciata ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 203/1988 e asseritamene richiesta dall’art. 31, comma 6, del
D.L.gvo 22/97 per le ditte che svolgono recupero rifiuti in procedura semplificata”.
In particolare, quanto al primo dei rilievi contestati, esso si sostanzia nel fatto che l’impianto della società
non sarebbe autorizzato ai sensi del D.P.R. n. 203/1988 come impianto destinato ai rifiuti.
Deduce in merito la ricorrente, con considerazioni diffusamente svolte nell’impugnativa, che la Provincia
di Roma non avrebbe percepito appieno l’istituto della procedura semplificata. La quale, essendo procedura
“sufficiente a se stessa”, non necessiterebbe, né tanto meno imporrebbe modifiche alle autorizzazioni già
possedute, contraddicendo, in caso contrario, la peculiarità del suo essere “semplificata”.
A detta della ricorrente, poi (secondo e, in parte, quarto motivo), la Provincia avrebbe del tutto ignorato il
settimo comma dell’art. 33 che così dispone: “La procedura semplificata di cui al presente articolo
sostituisce limitatamente alle variazioni quantitative e qualitative delle emissioni determinate dai rifiuti
individuati dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle
attività di recupero degli stessi, l’autorizzazione di cui all’art. 15 lettera a) del D.P.R. 14 maggio 1988, n.
203”. Tale disposizione sarebbe estremamente significativa per confutare l’assunto dell’amministrazione.
Infatti se la norma esclude interventi sull’autorizzazione ex D.P.R. n. 203/1988 anche nei casi di
modificazioni quali-quantitative a maggior ragione tali interventi non sarebbero necessari nei casi in cui,
come quello all’esame, il recupero dei rifiuti non è tale, né per qualità né per quantità del riutilizzo, da
determinare alcuna modificazione
significativa nelle emissioni.
7.1.- La Sezione condivide tale tesi.
Nel caso all’esame non è applicabile la norma di cui all’art. 31, sesto comma, del d.lgs. n. 22/1997. Tanto
in ragione del fatto che qui non è in considerazione un impianto costruito per il recupero dei rifiuti, ma un
impianto funzionalizzato in primis alla produzione di cemento (e che peraltro dispone dell’autorizzazione
alle emissioni in atmosfera ex D.P.R.
n. 203/1988).
Diversamente, l’impianto in questione si avvale delle disposizioni di cui all’art. 33 del d.lgs. n. 22 e del
d.m. 5 febbraio 1998 per svolgere, nell’ambito del processo produttivo, un’attività di recupero e di riutilizzo
dei rifiuti con le modalità tecniche previste dal detto decreto ministeriale.
In particolare, e come condivisibilmente affermato in ricorso, è tale decreto ministeriale che fissa, da un
lato, i parametri da rispettare per le emissioni in atmosfera e stabilisce, dall’altro e in via preventiva, i
requisiti chimici e merceologici dei rifiuti riutilizzabili, così garantendo la sostanziale irrilevanza
dell’utilizzazione dei rifiuti nel processo produttivo.
Quanto precede porta a dover evidenziare la ratio del “regime semplificato” come delineato dall’art. 33 del
d.lgs. n. 22/1997. Con esso si consente, in presenza di determinati requisiti tecnici, la riutilizzazione di rifiuti
nel processo produttivo ordinario che è comunque distinto dall’attività professionale diretta allo smaltimento
di rifiuti.
Come ha ben rilevato la difesa della ricorrente, un diverso approdo interpretativo che intendesse estendere
all’attività produttiva primaria le condizioni cui sono assoggettate le attività di smaltimento rifiuti
vanificherebbe la finalità tipica del regime semplificato.
8.- Alla stregua di tutte le considerazioni che precedono il ricorso va accolto e, per l’effetto, va
disposto l’annullamento dei provvedimenti impugnati. La novità delle questioni trattate spinge a
compensare tra le parti spese di lite e onorari di causa.
P.Q .M. Il Tribunale Amministrativo Regionale del
Lazio, pronunciando sul ricorso in epigrafe,
l’accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Compensa tra le parti le spese di lite. Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 novembre 2003.
ALLEGATO 4
UN CASO DI SCUOLA E DI ESPERIENZA CONCRETA
LA FATTISPECIELa qualificazione delle operazioni di gestione di rifiuti svolte in un impianto, ed una
specifica attività di recupero che si differenzierà in positivo dalle altre e della quale è interessante
focalizzare la natura ed i prodotti ottenuti. L’organo tecnico ambientale ha infatti, nel corso del
procedimento, avanzato riserve sulla corretta qualificazione dell’esercitanda attività.
I PUNTI IN DIRITTO
1. 1. Quanto alla qualificazione delle operazioni previste quali attività di recupero, la società è convinta
di aver correttamente individuato la natura delle proprie attività primarie all’interno dell’Allegato C al
D.Lgs. 22/97 conformemente all’Allegato II B alla Direttiva 75/442/CEE succ. mod. int. Difatti è noto agli
operatori ed agli interpreti che il sistema di gestione dei rifiuti come delineato sia in sede europea che interna
è essenzialmente di natura binaria: l’avvio a smaltimento o l’avvio a recupero in impianti o attività a ciò
espressamente dedicati e per questo espressamente autorizzati. Il recupero, in particolare, è attività da
ottenersi tramite “riciclo, recupero, reimpiego, riutilizzo o ogni altra azione intesa ad ottenere materie prime
1
secondarie “ .
2. 2. Che i due “indirizzi” siano escludenti l’uno dell’altro, cioè che una attività di gestione debba
rientrare in una ed un sola delle due qualificazioni possibili (recupero o smaltimento) è principio affermato e
consolidato nella giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità la quale afferma che “qualsiasi
operazione di trattamento dei rifiuti deve poter essere qualificata come smaltimento oppure come recupero
ed una stessa operazione non può essere qualificata contemporaneamente come smaltimento e come
2
recupero”
3. 3. Ciò detto non appaiono convincenti né fondate su espresse previsioni normative o
1
Art. 3, comma 1 lett. B) Dir. 75/442 CEE ss.mm.ii.
2
Sentenza 27 febbraio 2002, C-6/00 ASA, richiamata al punto 40 della
sentenza 3 aprile 2003 c.116/01 SITA
chiare pronunce giurisprudenziali, anche comunitarie, i rilievi avanzati dalla Provincia di XXX ed
ARPA XXX in merito all’asserita necessità di qualificare “correttamente” le operazioni da
svolgersi nell’impianto XXX quali attività di smaltimento (D) anziché di recupero (R), e ciò in
sintesi per i seguenti motivi:
3
3.1. La non conferenza della sentenza citata da ARPA XXX. L’organo tecnico di controllo richiama un
precedente giurisprudenziale comunitario (Sentenza MAYER PARRY, del 19 giugno 2003 in C-
444/00) assumendo che secondo i Giudici europei sarebbero da comprendere nella attività di
recupero esclusivamente quelle attività che conducono ad un effettivo recupero definitivo di materia
e non quelle che si limitano ad un raggruppamento o ad un ricondizionamento, le quali
rientrerebbero tra le attività D13 e D14. Ora (a prescindere dall’indicazione di una ipotetica
qualificazione come D13 o D14 del tutto avulsa ed incompatibile con gli atti del procedimento
poiché le attività di XXX oggettivamente non sono preliminari ad alcuna attività di smaltimento
bensì ad attività di recupero, come meglio infra) la suddetta sentenza affronta in realtà nello
specifico il tema delicato della qualificazione di un prodotto riciclato, perlopiù di imballaggi, ai fini
di individuare il momento temporale in cui il processo di recupero/riciclo si conclude ed il rifiuto
diviene nuovamente merce o prodotto e non la qualificazione delle attività di gestione che ad esso
portano. In altre parole, tutta la sentenza ruota intorno alla nozione di riciclaggio, come è chiaro
4
dalla lettura del punto 1) del dispositivo , anzi leggendo il punto 66 è ben chiaro che la Corte,
distinguendo il riciclaggio da altre operazioni di recupero o trattamento, non esclude assolutamente
che altre operazioni di gestione o trattamento di rifiuti a fini recupero possano esistere, senza che si
debba giungere immediatamente alla produzione di un bene o di un materiale recuperato come nel
riciclo, visto il rinvio espresso, nell’inciso tra parentesi, al trattamento dei rifiuti e non allo
5
smaltimento .

3
Il tema posto essenzialmente di qualificazione giuridica dell’attività non appare conferente alle attribuzioni
dell’Autorità tecnica di controllo in una sede collegiale, bensì competenza dell’Autorità amministrativa
procedente.
4
“La nozione di «riciclaggio» ai sensi dell'art. 3, punto 7, della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 20 dicembre 1994, 94/62/CE, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, dev'essere interpretata nel
senso che essa non comprende il ritrattamento di rifiuti di imballaggio contenenti metallo quando questi sono
trasformati in una materia prima secondaria, come il materiale di grado 3 B, ma riguarda il ritrattamento di
5
tali rifiuti quando sono utilizzati per la fabbricazione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio”. In questo
senso, il riciclaggio si distingue nettamente da altre operazioni di recupero o di trattamento dei rifiuti previsti
dalla normativa comunitaria, quali il recupero di materie prime e di composti di materie prime (v. punti R 3 -
R 5 dell'allegato II B della direttiva 75/442), il pretrattamento, il miscuglio o altre operazioni che
La sentenza, peraltro, è opportunamente citata ove essa ricorda che i materiali trattati possano intendersi
a tutti gli effetti riciclati e/o recuperati (quindi non più rifiuti) solo qualora ed al momento in cui essi
acquisiscano a tutti gli effetti le caratteristiche (di utilizzazione e di rischio ambientale) delle materie
prime o direttamente dei prodotti finiti da cui essi hanno origine; ne discende quindi correttamente che
ove l’attività di recupero non concluda il ciclo sino al suddetto punto di arrivo, i materiali in uscita
dall’impianto continuano a mantenere la qualifica di rifiuti a tutti gli effetti di legge.
1. 3.2. Il criterio della finalizzazione. Nell’impostazione criticata, inoltre, manca ogni considerazione
della destinazione oggettiva alla filiera del recupero dei materiali trattati che non può a nostra avviso essere
ignorata. Tale teorica diversa qualificazione in D andrebbe, inoltre, in contrasto formale ed insanabile con gli
atti presenti in sede di istruttoria circa gli impianti di recupero destinatari, sconfessando la qualificazione e
quindi la legittimità dell’autorizzazione al recupero (R3 ed R4) di cui sono titolari le società regolarmente
iscritte dalle Autorità regionali e locali competenti. E ciò non appare consentito ad una sede amministrativa,
dove provvedimenti versati ma adottati da altre Autorità, formalmente corretti e legittimi, non possono essere
oggetto di disapplicazioni o censure. E se ciò è vero come è vero, l’attività che si chiede di attivare non può
che essere considerata una fase autonoma e distinta, comunque di recupero (R) di un processo più articolato
di trasformazione di rifiuti in materie recuperate, e proprio questa sua “destinazione” ad un successivo
processo di formale e sostanziale recupero, e non smaltimento, non può che determinare la medesima
qualificazione dell’attività propedeutica come recupero.
2. 3.3. La non possibilità di applicazione dell’allegato B. Ma anche la lettura dell’allegato B al D.Lgs.
22/97 porta chiaramente a non considerare l’attività esercitata quale smaltimento, se è vero come è vero che
senza ombra di dubbio tutte le operazioni tipizzate da D1 a D12 sono accomunate dalla evidente ed esclusiva
destinazione definitiva alla distruzione o messa a dimora perenne dei rifiuti, mentre le operazioni di XXX
sono evidentemente finalizzate a tutt’altro, cioè appunto al recupero di materia. Egualmente, se si volessero
considerare le operazioni come D13 o D14,

mutano solo la natura o la composizione di detti rifiuti [v. art. 1, lett. b), della direttiva 75/442].
tale catalogazione sarebbe incompatibile ed inapplicabile poiché sia il raggruppamento preliminare
che il ricondizionamento preliminare sono testualmente previsti come tali se avvengono “prima di
una delle operazioni da D1 a D13”, cioè prima di altre operazioni finalizzate allo smaltimento; ciò
non è assolutamente vero nel caso in esame.
1. 3.4. Il principio giurisprudenziale comunitario della “successione di più fasi”. Che le operazioni
autorizzande di XXX siano qualificabili come operazioni di recupero, ed a ciò non osti il fatto che il recupero
dei rifiuti non si concluda direttamente nell’impianto della società ma avvenga successivamente in altri e
diversi impianti di recupero, sono dapprima fatto notorio della realtà industriale e commerciale del settore
del recupero di rifiuti, in particolare pericolosi o complessi, dove è naturale e noto che per necessità di
trattamento e logistiche e per le economie di scala, ciò possa avvenire in distinti momenti e diversi impianti,
ancorchè tutti autorizzati ad operazioni di recupero. Ma tale fatto o possibilità è inoltre noto e conclamato
nella giurisprudenza comunitaria, che appunto riconosce la possibilità che, in concreto, un processo di
recupero possa essere articolato in più momenti tra loro distinti ma tendenti tutti, e come tali qualificabili, al
6
recupero o riutilizzo di materia o prodotti . Non a caso, peraltro, tra le operazioni di cui all’Allegato II B
della Direttiva al pari dell’Allegato C del Dlgs 22/97, figura un’operazione R13 (messa in riserva) che è
evidentemente finalizzata ad un ulteriore e diverso trattamento tra quelli sopra previsti; a questo va aggiunto
che, come è noto e testuale, detti allegati descrivono le operazioni di recupero “così come avvengono nella
realtà” quindi non sono da intendersi quali liste tassative ed esclusive.
2. 3.5. I principi giurisprudenziali comunitari della “prima destinazione” e “dell’obiettivo principale o
finalità”. Il primo, affermato dalla Corte di Giustizia CEE (Sentenza 3 aprile 2003, C-116/01, SITA), seppur
in materia di spedizioni transfrontaliere ma sempre in sede interpretativa di direttive recanti la normativa
quadro del settore rifiuti, può anch’esso essere utile alla comprensione del caso in esame ove si afferma che
“nel caso di un processo di trasformazione dei rifiuti comprendenti più fasi distinte, la qualificazione come
operazione di recupero o come operazione di
6
Sentenza Corte di Giustizia, 3 aprile 2003 c.116/01, SITA, ove al punto 41 si legge: “ Tuttavia occorre
rilevare che, anche se una medesima operazione deve ricevere una sola qualificazione riguardo alla
distinzione tra operazione di ricupero e operazione di smaltimento, in pratica un processo di trattamento
dei rifiuti può comportare una successione di più fasi di ricupero o di smaltimento”.
smaltimento (…) deve essere effettuata (…) considerando soltanto la prima
operazione che i rifiuti debbono subire successivamente alla loro spedizione”. Ma ancora più
stringente appare il secondo principio, enucleabile da una sentenza della Corte di Giustizia del
7
febbraio 2003 , ove i Giudici europei richiamano il significato (nel caso di specie riferito alla
combustione per recupero di energia R1) del termine “utilizzazione” impiegato nell’indicare alcune
operazioni di recupero (R1 e R11) inteso come “la finalità essenziale dell’operazione prevista da
questa disposizione di permettere ai rifiuti di assolvere ad una funzione utile”, nonché del termine
“principale” il che “implica che la maggior parte dei rifiuti deve essere consumata durante
l’operazione e la maggior parte dell’energia sviluppata deve essere recuperata ed utilizzata”; tale
interpretazione è conforme alla nozione di recupero che risulta dalla direttiva 75/442, infatti
“discende dall’art. 3, n1, lett. B della direttiva e dal quarto considerando della stessa che la
caratteristica essenziale di un’operazione di recupero di rifiuti consiste nel fatto che il suo obiettivo
principale è che i rifiuti possano svolgere una funzione utile, sostituendosi all’uso di altri materiali
che avrebbero dovuto essere utilizzati per svolgere tale funzioni, il che consente di preservare le
8
risorse naturali” . Pertanto, in via generale, un’attività di recupero anche di materiali, non essendovi
motivo letterale
o interpretativo per dubitarne, si qualifica su base finalistica e sull’esistenza comunque di una
prevalenza necessaria nell’operazione esercitata del recupero appunto di materiali utili anziché di
avvio al semplice smaltimento finale. Reputiamo che la prevalenza del recupero di materiali utili da
parte di XXX sia indubbia rispetto al residuale e necessario avvio a smaltimento dei rifiuti prodotti
non più utilizzabili.
3.6. Il non venir meno del controllo sui flussi e della tutela ambientale. Ma quello che è opportuno
sottolineare, in definitiva, è il fatto che la qualificazione come attività di recupero (R) della parte più
significativa delle operazioni condotte da XXX non comporta alcun vulnus ai principi generali di
tutela ambientale posti dalla normativa comunitaria e nazionale in materia di rifiuti, e fortemente
condivisi anche dall’istante e dallo scrivente. Infatti, le finalità di un elevato livello di tutela
ambientale perseguite dalla direttiva 75/442 e fondate in particolare sui principi

7
Sentenza Corte di Giustizia 13 febbraio 2003 C-228/00. ito dalla Corte anche la propria
8
Citata a tal propos
Sentenza 27 febbraio 2002 C-6/00 ASA.
9
della precauzione e dell’azione preventiva non sono assolutamente compromesse, in quanto anche
le attività di recupero soggiacciono comunque a tutte le prescrizioni di legge di settore
(approvazione progetto, autorizzazione all’esercizio, registri e formulari in entrata ed in uscita, ecc.)
e di quelle contigue,quali ad esempio la VIA o l’autorizzazione allo scarico o alle emissioni in
atmosfera.
3.7. Il venir meno, di contro, delle opportunità di mercato, legate all’essere presenti nel ciclo del
recupero, sia con problemi di conferimenti in impianti di circuito R per i materiali trattati in uscita,
sia con difficoltà al reperimento dei rifiuti in entrata, ove per detti rifiuti sia interesse dei
produttori/detentori a conferirli in impianti appartenenti alla filiera del recupero. Ad esempio,
porrebbe oggettivi problemi, anche di natura giuridica, ad una azienda pubblica, cliente di XXX,
conferire ad essa rifiuti provenienti da raccolta differenziata naturalmente a fini di recupero e riciclo
qualora l’impianto fosse qualificato come sito dedicato ed espressamente autorizzato allo
smaltimento anziché al recupero. A tal fine è bene ricordare una sentenza della Corte di Cassazione,
10
terza sezione , appunto in materia di recupero di rifiuti che, nelle parole del Giudice Estensore
Amedeo Postiglione, una delle maggiori e più autorevoli voci in materia di diritto ambientale, ha
affermato il principio che “certamente l’ente locale può introdurre prescrizioni tecniche – nei limiti
della legge – ove siano ritenute necessarie per prevenire danni alla salute ed all’ambiente, ma
sempre allo scopo di favorire il “riutilizzo”, dovendosi considerare un sicuro maggior danno
all’ambiente lo smaltimento in discarica e lo stesso incenerimento sotto un profilo economico,
sociale ed ambientale”.
4. Infine, tenuto fermo quanto sopra e per certi versi a maggior ragione, occorre sottolineare la specificità di
una particolare linea di recupero l’operatore intende effettuare: il recupero/riuso di XXX da destinarsi
immediatamente al mercato e non al recupero di materia. In altre parole, per un certo numero di queste
macchine che vengono conferite all’impianto vi è la concreta possibilità che esse, opportunamente
revisionate ed attualizzate, possano essere reimmesse direttamente nel ciclo di vendita e di consumo per
mezzo di operatori commerciali che le acquistano da XXX per
9
V. , in particolare, Sentenza Corte di Giustizia 18 aprile 2002 C-9/00 Palin Granit. Principi ribaditi da
ultimo nelle recentissima Sentenza Corte di Giustizia 11 novembre 2004, c-457/02 Niselli (cfr. punto 33) con
10
parte processuale la Repubblica Italiana, in materia di definizione di rifiuto. Sentenza n.13105 del 24
marzo 2003.
rivenderle a loro volta. In questo caso appare evidente che la società completa il recupero a tutti gli effetti,
riciclando un bene eguale a quello entrato quale rifiuto, ciò anche sulla base della più rigorosa giurisprudenza
11
comunitaria sopra già richiamata . A voler essere ancor di vedute più ampie potrebbe addirittura assumersi
che detti computer non entrino in impianto come rifiuti bensì come beni desueti comunque ancora idonei al
loro uso, già commerciabili come semplice merce. Ma indubbiamente il fatto che essi nella realtà vengano
conferiti in impianto al pari di altri rifiuti durevoli o ingombranti in maniera indistinta e che credibilmente
provengono dal “disfarsi” da parte dell’originario detentore e come rifiuti, appunto, raccolti e trasportatati
dall’azienda spesso pubblica, aldilà di tutto potrebbe porre problemi concreti di separazione dei
computer/rifiuti dai computer/non rifiuti e delle relative operazioni di trattamento. Per questa attività, quindi,
di piena e completa operazione di recupero svolta in loco è possibile essere autorizzati con l’espressa
previsione che i beni così rigenerati e ricondizionati, essendo immediatamente utilizzabili e
commercializzabili quali prodotti finiti, fuoriescano dalla normativa di settore rifiuti per rientrare in quella
delle merci a tutti gli effetti. E’ ricordare che i rifiuti eventualmente prodotti nel corso delle operazioni di
adeguamento, al pari di quelli dei computer non riattabili, saranno trattati al fine di ottenere materiali
recuperati, i quali seguiranno la normale filiera di uscita ancora come rifiuti, per vedere poi completato in
altro impianto il loro recupero. E’ altrettanto evidente che ove i beni così riattati non avessero una oggettiva e
comprovata reimmissione nel mercato per l’uso a cui sono destinati, essi rientrerebbero nuovamente nella
disciplina dei rifiuti incombendo sul detentore un obbligo o comunque volontà di disfarsene tramite avvio al
recupero o allo smaltimento.

11
A ciò ovviamente non osta la carente indicazione di un siffatto recupero negli allegati (R) della Direttiva e
della legge italiana, in forza della sopraricordata non esclusività dell’elencazione, potendosi ammettere come
nel caso concreto altre e diverse utili e concrete operazioni di recupero, che comunque rispettino il dettato e
le finalità delle normativa.
ALLEGATO 5
Consiglio di Stato Sez. IV sent.5715 del 31 agosto 2004
(Impianto di smaltimento rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi -Rinnovo dell’autorizzazione-Necessità o
meno della previa valutazione di impatto ambientale, ai sensi della normativa vigente all’emanazione del
provvedimento impugnato).
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E sul ricorso in appello n. 5668 del 2003,
proposto dalla Società ECOSERVIZI, s.p.a. rappresentata e difesa dall'Avv. Paolo Dell'Anno e presso lo
stesso elettivamente domiciliata in Roma, Via Cicerone, 60; contro
.- GIACOMELLI Piera ed altri rappresentati e difesi dagli Avv.ti Ludovico Villani e Andrea
Mina, presso il primo elettivamente domiciliati in Roma, via Asiago, n. 8;
e contro

.- REGIONE LOMBARDIA rappresentata e difesa dagli Avv.ti Federico Tedeschini e


Viviana Fidani e presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, Largo Messico, N. 7;
nonchè contro il

.- COMUNE DI BRESCIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso


dall'Avv. Giuseppe Ramadori e presso di lui elettivamente domiciliato in Roma, via
Marcello Prestinari, n. 13;
-PROVINCIA DI BRESCIA, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sez. staccata di
Brescia, n. 836/2003;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del Consigliere Filippo Patroni Griffi;


Uditi gli avv.ti Paolo Dell'Anno, Andrea Mina, Ludovico Villani, Federico Tedeschini e
Giuseppe Ramadori;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTOeDIRITTO
1. Il giudizio di primo grado, svoltosi innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia, con sede in Brescia, su ricorso della signora Piera Giacomelli, concerne alcuni provvedimenti
che riguardano un impianto di smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi gestito dalla società
Ecoservizi sin dagli anni Settanta, sito nelle vicinanze dell’abitazione della signora Giacomelli, e si inserisce
in una lunga vicenda contenziosa tra la società e la ricorrente. In particolare, il presente giudizio riguarda i
seguenti provvedimenti: a) delibera di Giunta regionale 12 aprile 1999 n. 42443, con la quale, nell’ambito
della vigenza dell’autorizzazione 11 aprile 1994 n. 51227 per l’esercizio di un impianto per lo smaltimento
dei rifiuti, è approvata la realizzazione di una variante sostanziale inerente alle operazioni di messa in riserva
e deposito preliminare di oli usati (ric. al TAR n. 1181/99); b) delibera di Giunta regionale 29 aprile 1999 n.
42740, con la quale l’Ecoservizi ottiene il rinnovo quinquennale dell’autorizzazione per l’esercizio delle
operazioni di smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (ric, al TAR n.935/99); c) delibera di
Giunta regionale 15 ottobre 1999 n. 45667 con la quale, in conseguenza della rinuncia alla variante da parte
di Ecoservizi, l’Amministrazione: i) prende atto della detta rinuncia; ii) revoca l’autorizzazione di cui alla
delibera n. 42443/99 limitatamente alla detta rinuncia, cioè per la parte concernente la realizzazione della
variante; iii) “considera efficace il rinnovo dell’autorizzazione”, disposto con la delibera n. 42740/99, per il
solo esercizio delle operazioni di smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi concernenti
l’impianto esistente, con conseguente esclusione della parte concernente la realizzazione della variante
inerente alla linea di messa in riserva e deposito degli oli usati (ric. al TAR n. 41/2000). Il Tribunale
amministrativo, con sentenza 9 giugno 2003 n. 836, ha accolto il ricorso, annullando i provvedimenti
impugnati sotto gli assorbenti profili del difetto di istruttoria e della mancanza di una valutazione di impatto
ambientale che precedesse il disposto rinnovo dell’autorizzazione.
La sentenza è appellata dalla società Ecoservizi, che ripropone anche le eccezioni preliminari
disattese dal primo giudice. Resiste la Giacomelli, che, in linea subordinata, ripropone i motivi assorbiti in
prime cure. Si sono costituiti la Regione Lombardia, a sostegno dell’appellante, e il Comune di Brescia, che
deduce l’infondatezza dell’appello. Nel corso del giudizio di appello sono intervenuti i seguenti atti, inerenti
alla vicenda di cui è causa: a) deliberazione di Giunta regionale 23 aprile 2004 n. 17261, recante il rinnovo
quinquennale dell’autorizzazione a Ecoservizi per l’esercizio delle operazioni di smaltimento di rifiuti
speciali pericolosi e non; tale delibera risulta adottata sulla base della nota 2 aprile 2004 n. 345, nella quale il
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio comunica che la Commissione per la valutazione di
impatto ambientale ha espresso “parere positivo per la continuazione dell’esercizio delle due linee di
inertizzazione di rifiuti tossici e nocivi”, condizionatamente al rispetto di alcune prescrizioni; b) decreto del
Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio28 aprile 2004 n. 364, recante il suindicato parere positivo.
Disposta, con ordinanza 1° luglio 2003 n. 2849, la sospensione dell’efficacia della sentenza, sostanzialmente
sul rilievo dell’attualità dell’esercizio dell’impianto, all’udienza del 25 maggio 2004 la causa è stata
trattenuta in decisione.
2. 2. L’appello è infondato. (…)
3. 3. Può dunque procedersi all’esame del merito. La questione di diritto posta alla Sezione, che ha
carattere preliminare e assorbente rispetto a ogni altra dibattuta nel presente giudizio, è se il rinnovo
dell’autorizzazione, disposto con il provvedimento contestato in prime cure, abbisogni della previa
valutazione di impatto ambientale, ai sensi della normativa vigente all’emanazione del provvedimento
impugnato. Tale questione - ad avviso della Sezione - si pone indipendentemente dalla circostanza di fatto, in
ordine alla quale molto si soffermano l’appellante e la stessa sentenza del Tribunale amministrativo, oltre che
la difesa regionale, se il rinnovo dell’autorizzazione presupponga o meno un ampliamento dell’impianto
esistente. E’ noto che, ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il previo
esperimento della valutazione di impatto ambientale è previsto nel caso di

autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti e nel caso di varianti sostanziali in
corso di esercizio (commi 1 e 8 dell’articolo 27). L’autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti, di cui
all’articolo 28, può essere richiesta e rilasciata anche contestualmente all’autorizzazione alla realizzazione
dell’impianto. Da tale quadro normativo l’appellante fa discendere che la previetà della procedura v.i.a. è
richiesta solo in caso di nuova realizzazione dell’impianto o di variante sostanziale e non anche in caso di
mero rinnovo della precedente autorizzazione di esercizio. Tale assunto –se può essere condiviso in relazione
ad autorizzazioni rilasciate nel regime del decreto legislativo in questione- non può trovare applicazione nel
caso, come quello di specie, in cui l’originaria autorizzazione alla realizzazione dell’impianto e la
conseguente autorizzazione all’esercizio risultino rilasciate anteriormente all’entrata in vigore alla normativa
nazionale in esame, di recepimento della disciplina comunitaria. Se, infatti, è razionale sottrarre alla previetà
della procedura v.i.a. quei rinnovi di autorizzazione all’esercizio relativi a impianti autorizzati sulla base di
una previa valutazione di impatto ambientale, non altrettanto può dirsi per il rinnovo di autorizzazioni la cui
compatibilità ambientale, in sede di realizzazione dell’impianto e di autorizzazione all’esercizio degli stessi,
non sia stata previamente accertata; in questi casi, infatti, occorre necessariamente individuare un momento
in cui, entrata in vigore la disciplina di cui al decreto legislativo n. 22 del 1997, si proceda per una prima
volta all’assoggettamento alla
v.i.a. dell’attività di smaltimento dei rifiuti. In altri termini, quella verifica dell’impatto ambientale non
effettuata in sede di prima autorizzazione deve necessariamente precedere il rinnovo della prima
autorizzazione successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo, potendo trovare piena applicazione il
regime ivi previsto solo per le successive autorizzazioni, sul presupposto che sia intervenuta una prima
verifica di impatto ambientale ai sensi del decreto medesimo. Una significativa riprova in punto di fatto della
tesi esposta si rinviene nella circostanza che la verifica di impatto ambientale conseguita nel 2004 è stata
avviata anteriormente all’autorizzazione del 1999 (v, il primo “considerato” del decreto n. 364/2004), e che
poi essa, cessata l’efficacia della detta autorizzazione per decorso del quinquennio, è stata concretamente
posta a base del rinnovo del 2004, anteriormente al rilascio della stessa (il decreto v.i.a., infatti, è successivo
all’autorizzazione del 2004, ma la pronuncia e la sua comunicazione alla Regione lo precedono).
4. In conclusione, deve ritenersi che il rinnovo dell’autorizzazione di cui alla delibera di Giunta regionale n.
42740/99 sia illegittimo perché non preceduto dalla valutazione di impatto ambientale positiva. Va quindi
confermata la sentenza del Tribunale amministrativo che ne ha disposto l’annullamento. Le spese del
presente grado possono essere compensate tra le parti, attesa la complessità della questione e i profili di
novità che ne sono coinvolti.
P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Sezione Quarta, rigetta l’appello e conferma la sentenza del Tribunale amministrativo. Spese del secondo
grado compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in
Roma, addì 25 maggio 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in
camera di consiglio con l’intervento dei Signori: Paolo SALVATORE Presidente Filippo PATRONI GRIFFI
Consigliere, est. Antonino ANASTASI Consigliere Aldo SCOLA Consigliere Carlo DEODATO Consigliere
ALLEGATO 6
N. 136/05 REG.DEC.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE sul ricorso in appello n. 10995 del 2000
proposto dalla società G.E.V.A. s.p.a., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli
avv.ti Francesco M. Curato e Guido Francesco Romanelli ed elettivamente domiciliata presso lo studio del
secondo in Roma, via Cosseria n. 5,

contro Comune di Grado, in persona del Sindaco pro

tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Cavallo e Gianni Romoli ed elettivamente domiciliato in

Roma, Via Pisistrato n. 11, presso lo studio del secondo,


per la riforma della sentenza n. 692 in data 29 settembre 2000
pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia; Visto il ricorso
con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune appellato; Viste le memorie
prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore il cons. Corrado
Allegretta; Udit alla pubblica udienza del 18 maggio 2004 gli avv.ti Curato, Romanelli e Romoli; Ritenuto e
considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO Con sentenza n. 692 del 29 settembre 2000 il

T.A.R. Friuli Venezia Giulia ha rigettato i ricorsi riuniti nn. 262 e 263 del 2000, proposti dalla G.E.V.A.

s.p.a. avverso, rispettivamente, le ordinanze n. 26/17/2000 del 25 febbraio 2000 e n. 26/14/2000 del 17

febbraio 2000, con le quali il Sindaco di Grado le aveva intimato, in quanto proprietaria di alcune aree

interessate da discariche abusive di rifiuti, di provvedere, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n.

22, alla loro pulizia e di realizzare la recinzione dell'intero sedime di sua proprietà. Con l’appello in esame la
società ricorrente impugna detta sentenza, in quanto errata ed ingiusta, e chiede che, in totale sua riforma,

siano accolti i ricorsi prodotti in primo grado ed annullati i provvedimenti con essi impugnati. Con vittoria di

spese ed onorari di entrambi i gradi di giudizio. Si è costituito in giudizio il Comune di Grado, il quale ha

controdedotto al gravame, concludendo per la sua reiezione perché infondato; vinte le spese e competenze di

giudizio. La causa è stata trattata all’udienza pubblica del 18 maggio 2004, nella quale, sentiti i difensori

presenti, il Collegio si è riservata la decisione.

DIRITTO Si controverte della legittimità di due ordinanze

sindacali, con le quali è stato ordinato alla società ricorrente, in quanto proprietaria di alcune aree interessate

dal deposito abusivo di rifiuti, di provvedere, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, alla loro

pulizia ed alla loro recinzione. L’appello è fondato in relazione all’assorbente censura, dedotta con il terzo

motivo di primo grado e riproposta in questa sede, di violazione del comma 3 della disposizione ora citata,

sotto il particolare profilo dell’omessa valutazione della responsabilità della ricorrente. Questa fa rilevare, in

primo luogo, che il Tribunale si è sostituito all’Amministrazione in tale valutazione, preoccupandosi di

verificare se da parte di essa appellante vi sia stata negligenza nella gestione della proprietà; ribadisce, ad

ogni modo, che sul punto le impugnate ordinanze tacciano, mancando in esse quella necessaria indicazione

di comportamenti quanto meno colposi del proprietario causalmente collegati all’evento dannoso che gli si

ordina di riparare. La censura merita di essere condivisa. La disposizione di cui al menzionato art. 14 del

D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 è del seguente tenore: “1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul

suolo e nel suolo sono vietati.


1. 2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque
superficiali e sotterranee.
2. 3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 50 e 51, chiunque viola i divieti di cui ai
commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al
ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di
godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa.” La fattispecie normativa
introduce una sanzione amministrativa, di tipo reintegratorio, avente a contenuto l'obbligo di rimozione,
recupero o smaltimento dei rifiuti e di ripristino dei luoghi, a carico del responsabile del fatto, in solido con il
proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali la violazione del divieto
di abbandono di rifiuti sia imputabile a titolo di dolo o di colpa. La norma, pertanto, esclude, in linea di
principio, qualsiasi forma di responsabilità oggettiva del proprietario. Ne consegue che gli adempimenti
concernenti il ripristino dei luoghi non possono essere addossati indiscriminatamente al proprietario per il
solo fatto di questa sua qualità, ma è necessario l’accertamento di un suo comportamento, anche omissivo, di
corresponsabilità e quindi di un suo coinvolgimento doloso o quantomeno colposo (Cons. Stato, Sez. V, 2
aprile 2001

n. 1904).Nel caso di specie, invece, il ripristino dello stato dei luoghi viene posto a carico della ricorrente
quale proprietario dell'area interessata, senza che risulti lo svolgimento di alcuna valida attività istruttoria
tesa ad accertarne la responsabilità dell’illecito ed in mancanza di qualsiasi motivazione circa la conseguente
sussistenza dell’obbligo di smaltimento. La segnalazione della Direzione Regionale delle Foreste, infatti, a
cui si fa riferimento nelle premesse delle ordinanze impugnate, e dalla quale il giudice di primo grado ha
ritenuto di poter inferire un comportamento negligente del proprietario, in realtà si limita a descrivere
oggettivamente lo stato di degrado dell'area e la presenza dei rifiuti. Va osservato, anzi, che proprio da quella
stessa segnalazione emerge come la società appellante avesse provveduto a munire l'area in questione di
apposita recinzione, poi divelta da ignoti. In punto di fatto, per altro, le caratteristiche del bene, ed in
particolare la sua estensione e la sua difficile controllabilità, sono tali da non far emergere in termini obiettivi
gli elementi di colpevolezza necessari a fondare l’ordine impugnato. L’appello va, pertanto, accolto e, per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, i ricorsi proposti in primo grado devono essere accolti, con il
conseguente annullamento dei provvedimenti con essi impugnati.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa spese e competenze di entrambi i gradi di
giudizio.

P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,

Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie i

ricorsi proposti in primo grado ed annulla i provvedimenti con essi impugnati. Compensa tra le parti spese e

competenze di entrambi i gradi di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità

amministrativa. Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella

camera di consiglio del 18 maggio 2004 con l'intervento dei Signori: Raffaele Iannotta Presidente Corrado

Allegretta Consigliere rel. est. Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere Goffredo Zaccardi Consigliere

Michele Corradino Consigliere


DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 25 gennaio 2005
ALLEGATO 7
N.304/2005 Reg. Sent.
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL
LAZIO
Sezione Staccata di Latina composta dai Signori Magistrati: Dott. Franco BIANCHI
PRESIDENTE Dott. Santino SCUDELLER CONSIGLIERE Dott. Giuseppe ROTONDO REFERENDARIO
REL. ha pronunciato la presente
SENTENZA nella Camera di Consiglio del 18 febbraio 2005;
Visto il ricorso n. 95/2005, proposto da FALLIMENTO EUROPRESS S.p.A. in liquidazione, in persona del
Curatore avv. Loredana Originale, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Pizzutelli, con il quale è
elettivamente domiciliato in Latina, via Monti, n. 13, presso lo studio dell’avv. Silvio Aurilio;
contro il
Comune di Ceprano, in persona del Sindaco p.t., n.c.;
per l’annullamento dell’ordinanza n. 160 datata 30 novembre
2004 con la quale si intima di provvedere alla rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati e depositati
sull’area sita nel Comune di Ceprano, via Vignola, contraddistinta in catasto al foglio 19 mappale 729,
nonché al ripristino dello stato dei luoghi. Visto il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa;
Udita la relazione del Referendario Dott. Giuseppe ROTONDO e udito, altresì, l’avv. Cristiana Loreti, con
delega dell’avv. Marco Pizzutelli, per la parte ricorrente. Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 27 gennaio 2005 e depositato il successivo giorno 2 febbraio 2005 il ricorrente nella
qualità di curatore fallimentare della Soc. Europress ha impugnato l’atto in epigrafe col quale il Comune di
Ceprano ha intimato al “Fallimento Europress S.p.A.” la rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati
sull’area sita nel Comune di Ceprano, via Vignola, contraddistinta in catasto al foglio 19 mappale 729,
nonché al ripristino dello stato dei luoghi. L’interessato assume l’estraneità ai fatti in contestazione nonché
l’illegittimità del provvedimento gravato per mancanza dell’elemento soggettivo (nella circostanza
asseritamente a lui non imputabile). Il Collegio ritiene che la controversia può essere decisa in forma
semplificata attesa la patente fondatezza del ricorso. In punto di diritto, il Tribunale ritiene di aderire alla
consolidata giurisprudenza amministrativa (per tutte: C.d.S. Sez. V, n. 136 del 25 gennaio 2005) che
sull’abbandono di rifiuti (art. 14, d.lvo n. 22/97) prevede la responsabilità del proprietario e/o del titolare di
diritti reali o personali di godimento sull’area soltanto se a costoro sia imputabile la violazione di legge a
titolo di dolo o colpa, restando, peraltro, l’onere della relativa prova a carico dell’amministrazione
precedente. In particolare, per quanto riguarda la posizione del Curatore Fallimentare il Collegio, condivide
l’orientamento giurisprudenziale che esonera da responsabilità il pubblico ufficiale per i rifiuti abbandonati
sul terreno della azienda posta in liquidazione. Al riguardo, la Sezione si riporta al precedente specifico del
TAR Toscana, 1 agosto 2001,
n. 1318 in cui si legge:“Quanto alla posizione del curatore fallimentare – segnatamente per quanto concerne
la legittimazione passiva di quest’ultimo rispetto all’impartito ordine di smaltimento – va osservato, in linea
di principio, come i rifiuti prodotti dall’imprenditore fallito non costituiscano “beni” da acquisire alla
procedura fallimentare (e, quindi non formino oggetto di apprensione da parte del curatore); comunque
dovendosi rilevare che – esclusa la legittima sussumibilità dei rifiuti nel compendio fallimentare (rispetto alla
quale potrebbero venire in considerazione eventuali profili di responsabilità di carattere meramente gestorio
in capo al curatore) – non viene individuato, nell’ordine di ripristino sottoposto all’esame di questo Collegio,
alcun ambito di univoca, autonoma e chiara responsabilità dei curatori stessi ai fini dell’abbandono dei rifiuti
onde trattasi (...). Non è chi non veda come, alla stregua di quanto sopra osservato, si dimostri del tutto
carente quella “individuazione di responsabilità” che, alla stregua di quanto disposto dal III comma dell’art.
14 del D. Lgs. 22/97, costituisce ora indefettibile coordinata di legittimità del provvedimento ripristinatorio.
Non può quindi trovare conferma l’orientamento – da questo Tribunale tratteggiato nella vigenza della
precedente disciplina di legge – per cui, ferma la responsabilità penale dell’imprenditore fallito, l’obbligo di
provvedere allo smaltimento di rifiuti tossici ed all’allontanamento di materiali inquinanti graverebbe sul
curatore fallimentare, unico autorizzato a porre in essere atti di disposizione o comunque iniziative incidenti
sulla massa fallimentare ....; dovendosi ora dare atto come l’obbligo in questione non possa trovare
soggettiva individuazione se non in ragione del previo accertamento di responsabilità e, quindi, in
conseguenza della presupposta ricognizione di comportamenti (commissivi, ovvero meramente omissivi) che
abbiano dato luogo al fatti antigiuridico. Piuttosto, l’Amministrazione competente, in difetto della
ascrivibilità soggettiva della condotta preordinata allo scarico abusivo dei rifiuti, ben avrebbe potuto, alla
stregua di quanto stabilito dall’ultima parte del III comma dell’art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22,
procedere all’esecuzione d’ufficio “in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”:
nel caso di specie, mediante insinuazione del relativo credito nel passivo fallimentare (come del resto
previsto dal V comma dell’art. 18 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471, in base al quale “nel caso in cui il sito
inquinato sia oggetto ... delle procedure concorsuali di cui al R.D. 16 marzo 1942 n. 267, il Comune
domanda l’ammissione al passivo ai sensi degli artt. 93 e 101 del decreto medesimo per una somma
corrispondente all’onere di bonifica preventivamente determinato in via amministrativa”). Le considerazioni
di cui sopra sono pertinenti anche al caso in esame, ravvisandosi, nel provvedimento impugnato, i medesimi
difetti di accertamento ed imputabilità dell’elemento soggettivo nei confronti del Curatore fallimentare; tanto
più, che il fallimento dell’azienda è stato pronunciato dal Tribunale civile il 16-18 luglio 2001 mentre gli atti
accertativi e sanzionatori risultano adottati dal Comune in epoca successiva alla sentenza dichiarativa. La
mancata costituzione in giudizio del Comune di Ceprano esime il Collegio dalla pronuncia sulle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, accoglie il
ricorso n. 95/05 meglio in epigrafe specificato.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.
Così deciso in Latina, nella camera di consiglio del 18 febbraio 2005.

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
IL 12 MARZO 2005
La Gestione dei rifiuti: aspetti operativi.
a cura della Dott.ssa Lucia Venturi, Responsabile Scientifico Legambiente

Questione di Governo
Il tema della gestione dei rifiuti, o se si vuole essere più realistici del loro smaltimento, è di quelli
particolarmente caldi, su cui si misura la capacità di governo di una classe dirigente. Lo è, sia che si parli di
quelli di cui ognuno di noi, in varia misura, è quotidianamente produttore, sia che si tratti di scorie che mai
avremmo voluto fossero generate, come ad esempio quelle che ci sono rimaste in eredità dalle centrali
nucleari, chiuse da oltre quindici anni. Per comprendere la dimensione del problema e le grandi difficoltà {di
consenso sociale in parti colare) che ci sono per risolverlo, basta ricordare che la produzione dei rifiuti
continua inesorabilmente a crescere più del PIL e mantiene un incremento medio su base annua di due punti.
Inoltre, sulla capacità o meno e risolvere questo problema, si misura la qualità della vita di un paese, il suo
modo di consumare e di produrre insomma la sua capacità di costruirsi un futuro. Sarà dunque uno dei temi
decisivi su cui sfidare Berlusconi il governo di centro-destra, che anche su questo terreno ha ampiamente
fallito, come dimostrano le numerose rivolte popolari che caratterizzano ogni localizzazione di discariche e
di impianti di incenerimento.
Le radici delle infuocate proteste che si sono registrate nel novembre scorso a Scanzano Jonico e in
Campania negli ultimi mesi (in occasione della riapertura della discarica di Montecorvino Pugliano e della
costruzione dell'inceneritore di Acerra) sono, infatti, assai simili. L'elemento che le accomuna è la denuncia
di un approccio sbagliato verso la gestione dei rifiuti, che ha caratterizzato per decenni il nostro paese, in
maniera più meno diffusa tra le varie Regioni. Ovvero il ricorso allo smaltimento finale in discarica come
unica via di gestione, senza quindi promuovere serie politiche di prevenzione come l'utilizzo delle raccolte
differenziate. Riduzione raccolta differenziata e riuso, le tre famose `R' che caratterizzano una politica di
prevenzione e che dovrebbero precedere qualsiasi ipotesi di smaltimento , sono state troppo spesso una pura
indicazione di carattere simbolico. O, altrimenti, sono state praticate per ricevere incentivi fantasmagorici –
ma spesso, per la verità, assai sporadici - , che sono stati promossi più per l'alto costo di smaltimento in
discarica che per scelte politiche lungimiranti.
Nasce da qui, da questa impostazione sbagliata, il rifiuto che si manifesta in gran parte della popolazione, e
in tante situazioni diverse. Eppure, con l'approvazione del decreto Ronchi durante il governo di centro-
sinistra, si erano create molte speranze, poi rapidamente svanite. Quella riforma provò, infatti, a scardinare
questa mentalità
consolidata e diffusa, che considera il problema dei rifiuti solo un problema di smaltimento, portando così il
nostro paese in linea con i paesi del Nord Europa. Ma questo percorso purtroppo ha trovato nel suo procedere
grandi ostacoli, dovendo fare i conti con un'arretratezza culturale assai diffusa, con una pubblica
amministrazione che ha sempre osteggiato le scelte più innovative e strategiche - come ad esempio il
passaggio della vecchia tassa sui rifiuti a un vero e proprio sistema di pagamento a tariffa -, ed infine con un
settore industriale poco preparato ad affrontare una innovazione di tale portata.
Certamente, nonostante le resistenze incontrate, la riforma avviata aprì comunque un solco difficilmente
colmabile, soprattutto a livello culturale, che contagiò positivamente quasi tutti i settori coinvolti e portò
anche a qualche parziale risultato. Che non è bastato però ad impedire che l'attuale governo azzerasse le
innovazioni e i timidi passi avanti. Il risultato è davanti agli occhi di tutti ed è testimoniato dal vero e proprio
incancrenirsi della
crisi dei rifiuti nel Mezzogiorno, nel quale quasi tutte le Regioni sono commissariate, per ciò che riguarda la
loro gestione.
L'impostazione dell'attuale governo è stata subito piuttosto chiara ed era - per dirla con le parole del capo di
gabinetto del ministero dell'Ambiente, Togni - quella di «mandare in soffitta il decreto Ronchi». Ciò ha
determinato, sin dall'inizio della legislatura, un quadro di provvedimenti molto nebuloso, fatto di iniziative
legislative ad hoc per favorire alcune categorie (ad esempio, le nuove norme sui rottami ferrosi o sui rifiuti
petroliferi di Gela), di semplificazioni delle procedure di autorizzazione, che hanno premiano solo i meno
virtuosi, e di annunci di controriforme. Questi hanno preso maggior consistenza con l'avvio dell'iter
parlamentare della Legge delega di riordino della normativa ambientale, che ha rimbalzato piú volte tra
Camera e Senato e che - anche se dovesse riuscire a essere approvata - non avrà, fortunatamente, più i tempi
tecnici per poter essere pienamente operativa.
Le indicazioni contenute nella tanto ostentata controriforma possono essere riassunte sinteticamente in
questo concetto chiave: anziché perdere tempo a studiare sistemi funzionali ed efficienti di raccolte
differenziate; per poi recuperare il materiale di risulta e favorire quindi un sistema industriale che ha
finalmente dimostrato di essere capace di innovazione, il grosso dello sforzo deve essere concentrato nella
ricerca di siti idonei alla costruzione di forni dove incenerire - di fatto - quello che adesso va in discarica.
L'obiettivo dichiarato del ministero dell'Ambiente era quello di costruire un inceneritore per ogni Provincia:
senza, perciò, alcuna logica di programmazione e di pianificazione sul territorio.
Questi orientamenti hanno innescato un diffuso senso di confusione in un settore quale quello dei rifiuti,
dove ad atteggiamenti di forte dinamismo positivo si coniugano immobilismi gattopardeschi. Situazione che
non ha certo impedito agli amministratori dotati di spiccato senso civico - tanti per fortuna - e che hanno
scommesso sin dall'inizio sulla gestione integrata dei rifiuti di continuare ad operare nella giusta direzione,
ponendosi e raggiungendo anche obiettivi ambiziosi con politiche basate sulla trasparenza delle azioni, sul
coinvolgimento dei cittadini nelle scelte e su strategie ormai consolidate in modo diffuso in Europa. Così è
avvenuto in gran parte delle Regioni del Nord, del Centro e in qualche realtà anche al Sud, dove alla logica
dello smaltimento si è anteposto un circuito di riciclaggio e di recupero della gran parte dei rifiuti prodotti,
reso possibile da un efficiente sistema di raccolta differenziata e da una costante opera di informazione dei
cittadini.
Ma la volontà espressa a gran voce, da parte di questo governo, di privilegiare la parte del recupero
energetico rispetto alle altre ha offerto alibi a chi non ha mai abbandonato la logica dello smaltimento come
gestione, con la variante che oggi si vuole passare dalla filosofia del `tutto in discarica' a quella del `tutto
all'incenerimento', o come molti la chiamano - alla termovalorizzazione. Anche su questo punto è necessario
fare chiarezza: il fatto che gli impianti di incenerimento debbano giustamente operare in maniera
obbligatoria il recupero energetico, non ne cambia la natura originaria di inceneritori di rifiuti. Lo ha ribadito
anche la Corte di giustizia europea il 13 febbraio dello scorso anno, quando con due sentenze ha messo fine
ad una querelle tra due Stati membri, e ha
ribadito che l'incenerimento è a tutti gli effetti una operazione di smaltimento di rifiuti e come tale - insieme
alla discarica - si colloca all'ultimo scalino della scala gerarchica nella
loro gestione.
L'ultimo gradino appunto: e non l'unico. Solo il ristabilimento di queste gerarchie nella gestione dei rifiuti,
una diffusa ricerca del consenso e la trasparenza nelle decisioni pub far capire e forse accettare ai cittadini di
Acerra (ma la stessa cosa si può dire per tante città meridionali) che per quello che resta dei rifiuti - dopo la
riduzione della quantità di rifiuti prodotti, una raccolta differenziata efficace e controllata e dopo il riuso –
qualche inceneritore con capacità di recupero di energia (che sia dotato della migliore tecnologia, sia
dimensionato sulla base delle esigenze di bacini omogenei di utenza e venga collocato in un'area industriale)
va fatto.
Il Decreto legislativo 22/97, luci , ombre e prospettive future di una tormentata disciplina.
A cura del Dott. Pasquale Fimiani - Giudice presso il Tribunale di Pescara. Professore a contratto in Diritto
penale dell’impresa presso la Facoltà di scienze Manageriali dell’Università G. D'Annunzio di Pescara.

Premessa
Con la legge n. 308 del 2004 il Governo è stato delegato a predisporre anche nella materia dei rifiuti uno o
più testi unici di riordino. In attesa di verificare se questo progetto andrà in porto, con la presente relazione si
metteranno in evidenza i punti di maggiore criticità nell’applicazione della normativa.

1) Le incertezze sulla nozione di rifiuto


Sotto questo versante l’art. 14 D.L. 8 luglio 2002, n. 138 27 sull’interpretazione della nozione di rifiuto, ha
portato notevoli incertezze.
Rinviando ad altri approfondimenti per l’analisi critica del provvedimento28, basti in questa sede ricordare
che la giurisprudenza della Suprema Corte ha subito preso atto 29 della novità normativa e concordato nel

27
Recante Interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno
dell'economia anche nelle aree svantaggiate e convertito con L. 8 agosto 2002, n. 178. L’art. 14 recita:
“1. Le parole: "si disfi", "abbia deciso" o "abbia l'obbligo di disfarsi" di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo
5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, di seguito denominato: "decreto legislativo n. 22", si interpretano come segue:
a) "si disfi": qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati
o sottoposti ad attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22;
b) "abbia deciso": la volontà di destinare ad operazioni di smaltimento e di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo
n. 22, sostanze, materiali o beni;
c) "abbia l'obbligo di disfarsi": l'obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento,
stabilito da una disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità o imposto dalla natura stessa del materiale,
della sostanza e del bene o dal fatto che i medesimi siano compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi di cui all'allegato D) del decreto
legislativo n. 22.
2. Non ricorrono le fattispecie di cui alle lettere b) e c) del comma 1, per beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di
consumo ove sussista una delle seguenti condizioni:
a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo
produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente;
b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo
produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra
quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22".
28
P. FIMIANI, Sull'interpretazione della nozione di rifiuto l'ultima parola all'art. 14 del D.L. n. 138/2002, in Ambiente e Sicurezza,
n. 15/2002, pag. 95; V. PAONE, Anche dopo la conversione del D.L. n. 138/2002 restano perplessità sulla nozione di rifiuto, in
Ambiente e Sicurezza, n. 17/2002, pag. 89; P. FICCO e M. SANTOLOCI, Una legge inutile che crea solo confusione, in Rifiuti, n. 8-
9 del 2002, pag. 14.
29
Alcune delle prime decisioni successive alla disciplina interpretativa si sono pronunciate sulla nozione di rifiuto senza fare alcun
riferimento all’art. 14 della legge n. 178 /2002. Si vedano: Cass. pen., Sez. III, sent. n. 31011 del 18-09-2002 (cc. 18-06-2002), Zatti
(rv. 222390): “ Per rifiuto, ai sensi della normativa comunitaria e nazionale, deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il
produttore o il detentore si disfi, restando irrilevante se ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto ovvero tramite il suo
recupero e, inoltre, prescindendosi da ogni indagine sull'intenzione del detentore che abbia escluso ogni riutilizzazione economica
della sostanza o dell'oggetto da parte di altre persone (nella specie, la Corte ha negato che potessero rientrare nella nozione di rifiuto
due opifici industriali dismessi e abbandonati, che peraltro non presentavano cedimenti o dispersioni nel suolo delle strutture o dei
materiali che li componevano); Cass.pen., Sez. III, sent. n. 08755 del 24/02/2003 (cc.13/12/2002), Pittini (rv. 224163): “ In tema di
gestione dei rifiuti, allorché non vi è necessità di trattamento dei residui, ma possibilità di riutilizzo immediato nel ciclo produttivo,
non può più parlarsi di rifiuto, atteso che la sostanza può essere trattata allo stesso modo di una materia prima. (fattispecie nella quale
la Corte ha affermato la non applicabilità della disciplina sui rifiuti, di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, e successive
modificazioni, ai rottami ferrosi riutilizzati senza alcuna operazione di trattamento preliminare)”; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 47904
del 16/12/2003 (cc.29/10/2003), P.M. in proc. Martinengo (rv. 226894): “ In tema di gestione dei rifiuti, le operazioni di macinazione
di sottoprodotti di risulta del processo produttivo, utilizzati parzialmente, unitamente ad altra materia prima, in un ulteriore ciclo
produttivo, e per altra parte immessi sul mercato, non configurano attività di recupero dei rifiuti, come tale sottoposta alla disciplina
del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, ai sensi dell'Allegato C del citato decreto n. 22, attesa la finalità della normativa nazionale e
comunitaria in tema, ovvero l'esigenza di evitare l'accumulo o la dispersione nell'ambiente delle sostanze derivanti dalle attività
produttive favorendo il riutilizzo sul luogo di produzione”; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 3978 del 03/02/2004 (cc. 14/11/2003),
Balistreri (rv. 227393) : “ In tema di rifiuti, la parte inorganica di petrolio grezzo che si concentra a seguito della diminuzione della
componente organica per la sua trasformazione in combustibili pregiati (cosiddetti filter-cake), non ha natura di rifiuto, atteso che
dallo stesso si estraggono il vanadio ed il nichelio, e rappresenta il prodotto di un razionale processo industriale”; Cass. pen., Sez. III,
sent. n. 23988 del 26/05/2004 (Cc. 14/04/2004) Pesce (rv. 228688): “ Le traversine in legno impregnate di olio di creosoto dismesse
dall'ente ferroviario vanno qualificate quali rifiuto ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 anche dopo l'entrata in vigore
del decreto Legge 8 luglio 2002 n. 138, convertito con Legge 8 agosto 2002 n. 178, non sussistendo in ogni caso la fondamentale
condizione dell'assenza di pregiudizio per l'ambiente”.
ritenerla in contrasto con la disciplina comunitaria30, senza però assumere posizioni univoche sulla efficacia
vincolante della nuova definizione.
In una prima prospettiva si afferma 31 che “ ……la nuova definizione di rifiuto contenuta nell'art. 14 del
decreto legge 8 luglio 2002 n. 138, convertito con legge 8 agosto 2002 n. 178, quale interpretazione autentica
della nozione dettata dall'art. 6 lett. a) del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, pur modificando la
nozione di rifiuto dettata dall'art. 1 della Direttiva 91/156/CEE, é vincolante per il giudice nazionale, atteso
che la citata direttiva non é autoapplicativa (cd self executing) e non potendosi in tal caso fare ricorso all'art.
234 del Trattato dell'Unione Europea, onde richiedere alla Corte di Giustizia una interpretazione
pregiudiziale, che può solo riferirsi al Trattato o agli atti delle istituzioni della Comunità e non agli atti del
legislatore nazionale”.
Sotto altro profilo si è osservato 32che “ deve intendersi per rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il
produttore o il detentore si disfi, o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, senza che assuma rilievo la
circostanza che ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto o tramite il suo recupero. E ciò sia per
l'interpretazione della nozione legislativa nazionale, di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, sia per
le affermazioni della Corte di Giustizia della Comunità Europea, le cui decisioni sono immediatamente e
direttamente applicabili in ambito nazionale, secondo cui la nozione di rifiuto non deve essere intesa nel
senso di escludere le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica, atteso che la protezione
della salute umana e dell'ambiente verrebbe ad essere compromessa qualora l'applicazione delle direttive
comunitarie in materia fosse fatta dipendere dall'intenzione del detentore di escludere o meno una
riutilizzazione economica da parte di altri delle sostanza o degli oggetti di cui ci si disfa (o si sia deciso o si
abbia l'obbligo di disfarsi)”. In sostanza “ al fine di delineare la nozione di rifiuto sussiste la necessità
dell'applicazione immediata, diretta e prevalente, nell'ordinamento nazionale dei principi fissati dai
Regolamenti comunitari e dalle sentenze della Corte europea di giustizia, atteso che le decisioni della Corte
di Giustizia, allorché l'esegesi del diritto comunitario sia incontrovertibile e la normativa nazionale ne appaia
in contrasto, sono immediatamente e direttamente applicabili in sede nazionale sussistendo l'obbligo di non
applicazione delle disposizioni nazionali in contrasto con quelle comunitarie provenienti da tali fonti33.
In tale contesto è intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia, Sez. II, sent. 11 novembre 2004, causa C-
457/02, che sulla questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Terni, con ord. 20-11-2002, proc. pen. n.
565/0234 ha affermato che “la nozione di rifiuto ai sensi dell’art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva

30
Una posizione minoritaria, di sostanziale accettazione del nuovo parametro normativo, è quella espressa da Cass. Pen., Sez. III,
sent. n. 32235 del 31/07/2003 (cc. 6/06/2003), Agogliati, per esteso in RivistAmbiente, n. 10/2003, pagg. 1095 e segg.: “In una
visione economica integrata, salvo sempre l’esigenza di protezione ambientale, la valutazione può essere operata caso per caso, sia
perché le categorie di cui all’art. 6 D.Lgs 22/1997 hanno valore puramente indicativo, ed il legislatore ha già dato un’interpretazione
chiarificatrice con l’art. 14 D.L. n. 138/2002, sia perché la volontà di disfarsi deve essere esaminata in concreto. Deve trattarsi di una
valutazione prudente, in attesa della auspicabile adozione in sede comunitaria e nazionale di specifiche tecniche comuni (uniformi
standard e indici di qualità; omogenei parametri tecnici di valutazione e validazione) per ciascuna tipologia di sottoprodotto o
residuo, valutazione che ricomprende nella nozione di residuo e non di rifiuto anche quelle materie che abbiano subito un trattamento
preliminare, sempre che sussista la prova dell’effettivo ed univoco riutilizzo”.
31
Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 4052 del 29/01/2003 (cc.13/11/2002), Passerotti (rv. 223532), per esteso in RivistAmbiente, n. 6/2003,
pagg. 692 e segg.
32
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 2125 del 17/01/2003 (ud.27/11/2002), Ferretti E. (rv. 223291), per esteso in RivistAmbiente, n. 7-
8/2003, pagg. 806 e segg.
33
Cass.pen., Sez. III, sent. n. 17656 del 15/04/2003 (cc.15/01/2003), Gonzales e Rivoli (rv. 224716) per esteso in RivistAmbiente, n.
9/2003, pagg. 957 e segg.
34
Si era chiesto alla Corte di Giustizia:
- se è possibile che la nozione di rifiuto dipenda tassativamente dalla seguente condizione: che le parole: "si disfi", "abbia deciso" o
"abbia l'obbligo di disfarsi" recepite in Italia dall'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, , siano
interpretate come segue:
a) "si disfi": qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati
o sottoposti ad attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22;
b) "abbia deciso": la volontà di destinare ad operazioni di smaltimento e di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo
n. 22, sostanze, materiali o beni;
c) "abbia l'obbligo di disfarsi": l'obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento,
stabilito da una disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità o imposto dalla natura stessa del materiale,
della sostanza e del bene o dal fatto che i medesimi siano compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi di cui all'allegato D del decreto
legislativo n. 22;
- se è possibile che tassativamente non ricorre la nozione di rifiuto per beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di
consumo ove sussista una delle seguenti condizioni:
a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo
produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente;
75/442, come modificata dalla direttiva 91/156 e dalla decisione 96/350, non dev'essere interpretata nel senso
che essa escluderebbe l’insieme dei residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati
in un ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni
all’ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un’operazione di recupero ai sensi
dell’allegato II B di tale direttiva”.
Queste le argomentazioni della Corte:

44. Può …….. ammettersi un’analisi secondo la quale un bene, un materiale o una materia prima derivante
da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo può costituire
non un residuo, bensì un sottoprodotto, del quale l’impresa non ha intenzione di «disfarsi», ai sensi
dell’art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442, ma che essa intende sfruttare o commercializzare a
condizioni per lei favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari. Un’analisi
del genere non contrasta infatti con le finalità della direttiva 75/442 in quanto non vi è alcuna giustificazione
per assoggettare alle disposizioni di quest’ultima, che sono destinate a prevedere lo smaltimento o il recupero
dei rifiuti, beni, materiali o materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di prodotti,
indipendentemente da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa applicabile
a tali prodotti (v. sentenza Palin Granit, cit., punti 34 e 35).
45. Tuttavia, tenuto conto dell’obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuti, per limitare
gli inconvenienti o i danni inerenti alla loro natura, il ricorso a tale argomentazione, relativa ai sottoprodotti,
dev'essere circoscritto alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non
sia solo eventuale, ma certo, senza previa trasformazione, e avvenga nel corso del processo di produzione
(sentenza Palin Granit, cit., punto 36).
46. Oltre al criterio derivante dalla natura o meno di residuo di produzione di una sostanza, il grado di
probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di trasformazione preliminare, costituisce quindi un
secondo criterio utile ai fini di valutare se essa sia o meno un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442. Se, oltre
alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la
probabilità di tale riutilizzo è alta. In un’ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere
considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di «disfarsi», bensì un autentico prodotto (sentenza Palin
Granit, cit, punto 37).
47. Risulta da quanto precede che è ammesso, alla luce degli obiettivi della direttiva 75/442, qualificare un
bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è
principalmente destinato a produrlo non come rifiuto, bensì come sottoprodotto di cui il detentore non
desidera «disfarsi» ai sensi dell’art. 1, lett. a), primo comma, di tale direttiva, a condizione che il suo
riutilizzo sia certo, senza trasformazione preliminare, e nel corso del processo di produzione (v. sentenza 11
settembre 2003, causa C-114/01, AvestaPolarit Chrome, Racc. pag. I-8725).
48. Tuttavia, quest’ultima analisi non è valida per quanto riguarda i residui di consumo, che non possono
essere considerati «sottoprodotti» di un processo di fabbricazione o di estrazione idonei ad essere riutilizzati
nel corso del processo produttivo.
49. Un’analisi simile non può essere accolta nemmeno per quanto riguarda rifiuti del genere che non possono
essere qualificati come beni d’occasione riutilizzati in maniera certa e comparabile, senza previa
trasformazione.
50. Orbene, secondo l’interpretazione risultante da una disposizione quale l’art. 14 del decreto legge
n. 138/02, affinché un residuo di produzione o di consumo sia sottratto alla qualifica come rifiuto sarebbe
sufficiente che esso sia o possa essere riutilizzato in qualunque ciclo di produzione o di consumo, vuoi in
assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni all’ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che
occorra tuttavia un’operazione di recupero ai sensi dell’allegato II B della direttiva 75/442.
51. Un’interpretazione del genere si risolve manifestamente nel sottrarre alla qualifica come rifiuto residui di
produzione o di consumo che invece corrispondono alla definizione sancita dall’art. 1, lett. a), primo comma,
della direttiva 75/442.
52. In proposito, materiali come quelli oggetto del procedimento principale non sono riutilizzati in maniera
certa e senza previa trasformazione nel corso di un medesimo processo di produzione o di utilizzazione, ma
sono sostanze o materiali di cui i detentori si sono disfatti. Stando alle spiegazioni del sig. Niselli, i materiali

b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo
produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra
quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22/97 vigente in Italia (che ha trasposto pedissequamente l'allegato II B
alla direttiva 91/156/Cee).
in discussione sono stati successivamente sottoposti a cernita ed eventualmente a taluni trattamenti, e
costituiscono una materia prima secondaria destinata alla siderurgia. In un tale contesto essi devono tuttavia
conservare la qualifica di rifiuti finché non siano effettivamente riciclati in prodotti siderurgici, finché cioè
non costituiscano i prodotti finiti del processo di trasformazione cui sono destinati. Nelle fasi precedenti, essi
non possono ancora, infatti, essere considerati riciclati, poiché il detto processo di trasformazione non è
terminato. Viceversa, fatto salvo il caso in cui i prodotti ottenuti siano a loro volta abbandonati, il momento
in cui i materiali in questione perdono la qualifica di rifiuto non può essere fissato ad uno stadio industriale o
commerciale successivo alla loro trasformazione in prodotti siderurgici poiché, a partire da tale momento,
essi non possono più essere distinti da altri prodotti siderurgici scaturiti da materie prime primarie (v., per il
caso particolare dei rifiuti di imballaggio riciclati, sentenza 19 giugno 2003, causa C-444/00, Mayer Parry
Recycling, Racc. pag. I-6163, punti 61-75)”.
In una recente sentenza la S.C. 35 ha escluso che questa decisione abbia portata di carattere generale. Si
afferma:
“ La decisione citata vincola certamente il Giudice al caso concreto oggetto del Giudizio, ma non comporta
l’automatico annullamento di una legge dello Stato italiano e neppure esclude che a livello giurisprudenziale
in sede comunitaria e nei singoli Paesi membri continui una elaborazione paziente e necessaria in ordine alla
concezione del rifiuto; che non è di tipo ideologico e che deve saper contemperare le giuste esigenze di tutela
della salute e dell’ambiente con quelle legate all’evoluzione tecnica, economica e sociale del settore, a
distanza di 30 anno dalla prima Direttiva comunitaria”.

In ogni caso, pur nella “acritica” applicazione della nozione interpretativa, si può operare verificando, in
concreto e con estremo rigore, i margini di applicazione dell’art. 14 L. 178/2002, tenendo presente che
l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per l’esclusione della disciplina sui rifiuti incombe
sull’imputato.
Questi sono i parametri di riferimento:
- idoneità al riutilizzo, dato questo che, essendo ancorato a valutazioni tecnico-scientifiche, può essere
facilmente oggetto di diverse valutazioni 36;
- effettivo ed oggettivo riutilizzo. La prova di tale destinazione, secondo i principi di carattere generale,
incombe su colui che invoca il regime agevolato e l'esclusione della responsabilità penale non può
basarsi sulle mere dichiarazioni soggettive dell'interessato37;
- assenza di qualsiasi preventivo trattamento (nell’ipotesi di cui al comma 2 lett. a, art. 14 cit.) ovvero
trattamento preventivo che non rientri tra le operazioni di recupero individuate nell'allegato C del
decreto legislativo n. 22(nell’ipotesi di cui al comma 2 lett. b, art. 14 cit.);
- assenza di pregiudizi per l'ambiente (nell’ipotesi di cui al comma 2 lett. a). Tale dato è certamente
generico, poiché svincolato da parametri certi ed oggettivi38. Inoltre, considerato che il termine
pregiudizio è più ampio di quello di danno in senso stretto e comprende, pertanto, anche le situazioni di
pericolo di inquinamento (arg. ex art. 17 D.Lgs 22/1997 e 58 D.Lgs 152/1999), la prova (negativa) che
deve fornire l'operatore è oltremodo difficoltosa39.

35
Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 16351 del 2-05-2005 (c.c. 15-03-2005), Dalena.
36
Conformi P. FICCO e M. SANTOLOCI, Una legge inutile…, cit.
37
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 4706 del 23-04-1994 (cc. del 15-02-1994), Cuccurelli (rv 198722).
38
Conforme M. FABRIZIO, Se il bene o il residuo è riutilizzabile non esiste l'obbligo di disfarsi, in Ambiente e Sicurezza, n.
16/2002 il quale sottolinea l'ambiguità del concetto di pregiudizio ambientale "rispetto al quale non è chiaro se necessiti o meno un
aggancio al superamento di determinati valori limite previsti dalla legge (ad es. inquinamento del suolo, dell'acqua) ovvero se
rileverà ancora una volta la lettura soggettiva degli organi di controllo".
39
In tale prospettiva G.I.P. Udine, ord. 16.10.2002, proc. n. 3075/02 R.G.N.R., nei confronti di M.A. ha affermato: ““ La carenza di
riscontri in ordine alla natura, composizione e, conseguentemente, alla classificazione dei materiali oggetto di trattamento e,
soprattutto, l’assenza di elementi dai quali inferire che gli stessi possano essere e siano effettivamente riutilizzati “senza recare
pregiudizio all'ambiente” impedisce di poter applicare l’art. 14, comma 2, lett. re a) e b), D. L. n. 138/2002, conv. in L. n. 178/2002,
conformemente a quanto stabilito dalla giurisprudenza formatasi sulla decretazione d’urgenza di modifica al D.P.R. 915/82 in
materia di rifiuti che, nel creare la categoria dei residui e dei materiali quotati in borsa presupponeva implicitamente la necessità di
una garanzia non puramente nominalistica del riutilizzo dei materiali nel senso che doveva documentarsi la effettiva e inequivoca
destinazione al riutilizzo il quale non poteva essere supposto e teorico, nè ritenuto in re ipsa per il solo fatto del cenno al tipo di
materiale nel sistema degli elenchi creati dalla decretazione d’ urgenza in questione (cfr. Cass. sez 3, ord. n. 6914 del 16.06.1995, ud.
3.06.1995, Di Pampero e altro, nello stesso senso v. ex plurimis Cass. sez. III, 09.02.1998, ud. 01.12.1997 - Pres. A. Giuliano - Rel.
A. Franco, P.M. in proc. Nardino, per cui “In tema di smaltimento di rifiuti speciali, l’ applicazione della normativa di cui al d.l. n°
66 del 09.03.1995, ed agli altri decreti legge reiterati in materia ed i cui effetti sono stati fatti salvi dalla l. n° 575 del 1996, è
subordinata al previo accertamento, nel caso concreto, che i materiali oggetto di raccolta e stoccaggio siano destinati all’ effettivo ed
oggettivo riutilizzo”).
2) L’individuazione del produttore dei rifiuti
Il problema della individuazione della figura del produttore si pone in tutti i casi di attività complesse,
riferibili ad interessi differenziati facenti riferimento ad una pluralità di soggetti.
E così nei casi di smantellamento di impianti industriali da parte di terzi, la giurisprudenza 40 ha chiarito che
" non può essere considerato produttore di rifiuti propri il soggetto che provvede allo smantellamento di
impianti industriali altrui, trasportati in un'area in sua dotazione, ove procede alla separazione dei vari
metalli, al recupero dei residui riutilizzabili ed all'accumulo degli scarti. I rifiuti, infatti, assumono tale
carattere fin dal momento in cui vengono dismessi dal titolare dell'impianto predetto, che li conferisce per lo
smaltimento. Con riferimento a questi ultimi il soggetto, cui vengono affidati, deve essere qualificato come
semplice detentore di residui di terzi, poichè è al momento iniziale della loro origine che bisogna avere
riguardo e non a quello successivo della cernita: in tale caso è necessaria l'autorizzazione per l'eliminazione
dei suddetti scarti "41.
In applicazione di tale principio deve ritenersi che il soggetto che si limiti ad effettuare lo stoccaggio di
rifiuti prodotti da terzi sia mero detentore e non produttore degli stessi. Avrà di contro tale qualifica nel caso

In carenza di prova certa in ordine a detta destinazione dei residui, devesi applicare il regime ordinario dell’autorizzazione allo
smaltimento dei rifiuti e, di conseguenza, le corrispondenti sanzioni.
Per quanto in particolare riguarda l’ipotesi di cui all’art. 14, comma 2, lett. b), L. n. 178, dell’ 08.08.2002, che sostanzialmente
esclude dalla nozione di rifiuto i beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo “se gli stessi possono essere e sono
effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo, in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un
trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto
legislativo n. 22”, devesi innanzitutto precisare che queste ultime operazioni, come si desume dal dato testuale del preambolo di detto
allegato e come stabilito dalla giurisprudenza comunitaria, non hanno carattere tassativo ma semplicemente esemplificativo.
Condizione essenziale affinchè possa operare l’esimente sopra indicata, oltre all’effettivo ed oggettivo riutilizzo di cui si è già
accennato, è che il rifiuto subisca un trattamento preventivo al quale non deve seguire una delle operazioni di recupero di cui
all’allegato C.
Sul punto va rilevato che, secondo l’id quod plerumque accidit e secondo un dato di comunissima esperienza, al trattamento
preventivo del rifiuto segue un’attività di recupero proprio perché il primo è finalizzato a trarre ulteriori utilità dal rifiuto ovvero ha
per scopo la sua valorizzazione altrimenti il materiale viene, per intuibili quanto ovvie ragioni di natura economica, eliminato in altro
modo senza trattamento.
L’elenco e la tipologia delle operazioni di recupero è, comunque, così ampio ed anche per taluni aspetti generico che ben può
ricomprendere finanche il riutilizzo tal quale (per gli scopi originari) del materiale dismesso dopo il trattamento “preventivo”.
Ne deriva, che le condizioni poste per l’operatività del regime derogatorio in esame appare ben difficile che possano presentarsi nella
realtà (o, per meglio dire, appare difficile addirittura ipotizzarle come esempi teorici) proprio perché viene imposto come conditio
sine qua non che il materiale, per non essere qualificato rifiuto, abbia subito un intervento “preventivo” al quale, necessariamente,
non deve seguire un’operazione di recupero di quelle indicate nell’allegato C.
Nel caso de quo, va rilevato che dall’esame degli atti non emerge alcun riscontro idoneo a comprovare se c’è stato e di che tipo sia
stato il trattamento “preventivo” subito dai rifiuti in sequestro, né tanto meno è dato conoscere se si sia resa, o si renda necessaria o
meno, “alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22” per cui, in carenza di tali
elementi, anche sotto questo profilo la disposizione di interpretazione autentica non può trovare plausibile applicazione nella specie
oggetto del presente procedimento, con la conseguenza che devesi ritenere operativo il regime ordinario sui rifiuti, ivi compresa la
definizione di cui all’art. 6 lett. a) D. Lgs. n. 22/97, così come interpretata dalla giurisprudenza sopra richiamata”. Nella stessa
prospettiva Cass. pen., Sez. III, sent. n. 4702 del 09/02/2005, Scipioni ed altro (rv. 230682): “I pneumatici usati dei quali il detentore
si disfa o che vende a terzi perchè siano riutilizzati previa rigeneratura o ricopertura non rientrano nella deroga alla nozione di rifiuto
di cui all'art. 14 del D.L. 8 luglio 2002 n. 138, convertito con legge 8 agosto 2002 n. 178, atteso che i pneumatici sono in questo caso
destinati ad una operazione di recupero quale individuata dalla lettera R5 dell'Allegato C del decreto n. 22 del 1997, circostanza che
esclude l'applicabilità della citata normativa”.
40
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 5006 del 29/05/97 (ud. 22/04/97), Viscardi, (rv 208285).
41
In linea con tale affermazione si veda Cass. pen. Sez. III, 17 aprile 1998 (dep. 29-05-1998), Vicedomini, in Riv. giur. ambiente, n.
1/1999, pag. 103: " L'attività di prelievo e trasporto di panni, stracci o strofinacci, utilizzati per asportare dai macchinari e dai prodotti
lavorati ripuliti sostanze che costituiscono rifiuti pericolosi di lavorazione e delle quali restano impregnati fino alla saturazione, va
inquadrata come una fase dell'attività di smaltimento rifiuti per conto di terzi (ossia delle ditte noleggiatrici di detti panni, stracci o
strofinacci e produttrici dei rifiuti stessi), assoggettata come tale all'autorizzazione regionale". Una posizione diversa è quella di Cass.
pen., Sez. III, sent. n. 157 del 10-01-2001 (ud. 15 novembre 2000), Pacico, in RivistAmbiente, n. 3/2001, pag. 325: " Non è
necessario, al fine di configurare i rifiuti come "propri" dell'imprenditore, che gli stessi siano materialmente prodotti quali elementi di
scarto di lavorazioni dell'impresa, ovvero che derivino da una specifica attività di smaltimento (qual è, ad esempio, quella
dell'autodemolitore), essendo, invece, sufficiente che trattisi di cose di cui l'originario detentore si disfi e che, di fatto, in connessione
con l'esercizio dell'attività produttiva di beni o di servizi, siano dall'imprenditore trattenuti con la prospettiva, a sua volta, di
disfarsene (fattispecie riferita a pneumatici che, in correlazione con l'attività di "gommista", l'imputato tratteneva presso la sua
azienda, una volta effettuata la sostituzione di quelli vecchi con i nuovi da lui forniti. Secondo la S.C. " una simile operazione di
raccolta, raccordata, per volontà dell'imprenditore a quella di fornitura di nuovi pneumatici, comportava che quelli sostituiti
assumessero le caratteristiche tipiche di rifiuti derivanti dall'esercizio dell'attività di "gommista" e che potessero definirsi "propri"
dell'imprenditore, secondo la previsione dell'art. 51, secondo comma L. n. 22/97)".
in cui effettui non soltanto lo stoccaggio, ma anche operazioni di pretrattamento o di miscuglio ovvero altre
che mutino la natura e la composizione dei rifiuti42.
Un'ipotesi particolare è quella della produzione di rifiuti derivanti dallo svolgimento di attività edilizie
commesse in appalto.
In una prima opzione 43 si è individuato il produttore non soltanto nell'appaltatore-esecutore delle opere, ma
anche nel committente sul rilievo che ” il proprietario dell’immobile committente o l’intestatario della
concessione edilizia con la quale si consente l’edificazione di un nuovo edificio, previa demolizione di altro
preesistente, devono essere considerati produttori dei rifiuti derivanti dall’abbattimento del precedente
fabbricato: pertanto, si considera produttore, in relazione a quanto previsto al primo comma lettera b)
dell’articolo 6 del Dlgs 22/97 chi, persona fisica o giuridica, con la sua attività, materiale o giuridica, abbia
prodotto rifiuti”44.
In senso contrario si è affermato 45 che il committente non può essere considerato responsabile della mancata
osservanza, da parte dell’esecutore dei lavori, della normativa in materia di smaltimento dei rifiuti da
demolizione. A sostegno di tale principio si afferma: “invero, il committente di lavori edilizi e/o urbanistici,
come quelli per la costruzione del piazzale che il (…) ha affidato alla ditta (…), è corresponsabile assieme
all’assuntore dei lavori per la violazione delle norme urbanistiche, ai sensi dell’articolo 6, legge 47/1985:
come tale ha un obbligo di vigilanza ovvero una posizione di garanzia ai sensi dell’articolo 40 cpv. C.p.,
sicchè può essere ritenuto corresponsabile, per esempio, di lavori edilizi commessi dall’assuntore in
difformità dalla concessione, in quanto non ha impedito, dolosamente o colposamente, un evento che aveva
l’obbligo di impedire. Diversa è invece l’ipotesi di violazioni della normativa sui rifiuti, eventualmente
commesse dalla ditta assuntrice dei lavori edili. A questo riguardo non è ravvisabile alcuna fonte giuridica
(legge, atto amministrativo o contratto) che fondi un dovere del committente di garantire l’esatta osservanza
della anzidetta normativa da parte dell’assuntore dei lavori. …… Ha errato quindi il giudice del merito nel
caricare sul committente un dovere di garanzia e quindi nel ritenerlo corresponsabile per culpa in vigilando
della gestione illecita di rifiuti speciali contestata alla ditta assuntrice dei lavori” 46.
42
Un'ampia applicazione del principio esposto è stata fatta in tema di attività di autodemolizione ( infra).
43
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 4957 del 21-04-2000 (ud. del 21-01-2000), Rigotti ed altri (rv. 215942-5). Conforme: Cass. pen., Sez.
III, sent. n. 24347 del 05/06/2003 (ud.09/04/2003), De Michelis (rv. 225287).
44
La sentenza ha altresì precisato che “il proprietario di un’immobile non cessa di averne la materiale disponibilità per averne pattuiti
in appalto la ristrutturazione o la ricostruzione, giacché incombe sempre, in capo allo stesso, un obbligo di vigilanza e di controllo in
virtù della responsabilità propria del custode ex articolo 2051 Codice civile. Pertanto, a norma dell’articolo 10 Dlgs n. 22 del 5
febbraio 1997, la posizione di garanzia e l’obbligo di attivarsi per impedire l’evento, nonché gli adempimenti necessari per andare
esenti da responsabilità discendono da tale dettato normativo, specifico della disciplina della gestione dei rifiuti”. Ciò in quanto il
produttore e il detentore di rifiuti sono i soggetti penalmente responsabili dello smaltimento dei rifiuti. Pertanto, non è ammissibile il
trasferimento, per via contrattuale, della propria posizione di garanzia ad altro soggetto egualmente obbligato per la stessa tutela”(in
applicazione di tale principio, è stato escluso che detto trasferimento potesse aver luogo fra il titolare di una concessione edilizia ed il
titolare dell'impresa appaltatrice dei lavori, ad entrambi i quali era stato addebitato il reato di deposito incontrollato di rifiuti non
pericolosi costituiti dai materiali di risulta della demolizione di fabbricati preesistenti). In ogni caso “il direttore dei lavori non
assume posizioni di garanzia né ha doveri di controllo, attesa la specificità dei compiti e delle relative responsabilità attribuitigli
dall'art. 6 della legge 28 febbraio 1985 n.47 e dall'art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 ”. Per commenti alla
sentenza si rinvia a A. JAZZETTI, in Ambiente e Sicurezza, n. 6/2000, pagg. 46 e segg.; M. SANTOLOCI, in Rifiuti n. 10/2000,
pagg. 35 e segg.; V. PAONE., in Ambiente, n. 7/2001 pagg. 653 e segg. Quest'ultimo critica una nozione giuridica e non materiale di
produzione di rifiuti osservando che "il termine "produrre" non può che essere inteso nel senso letterale di originare, dar luogo,
provocare la nascita di qualcosa e perciò il detentore, che si disfi o decida di disfarsi di un oggetto che così acquista la qualità di
rifiuto, compie necessariamente un'attività materiale e non giuridica. Altri rilevanti problemi (di ordine sia pratico che giuridico)
nascono dal fatto che, secondo la sentenza, i rifiuti erano "propri" di tre distinte imprese e i loro legali rappresentanti erano "investiti
di un'unitaria (?) posizione di garanzia" nel senso che erano tutti obbligati a garantire lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di
legalità. Anche a voler seguire questa interpretazione, la sentenza non spiega assolutamente come dovrebbe avvenire in pratica
l'attività di smaltimento: in sostanza, chi dei vari obbligati (che si trovano su un piano di formale parità) è legittimato a prendere la
decisione di come provvedere alla bisogna? È una decisione rimessa alla volontà della maggioranza oppure occorre l'unanimità? E se
per caso la maggioranza dovesse optare per uno smaltimento illegale, che tutela potrebbe avere chi fosse in disaccordo? Ed infine,
pensando alle situazioni che nella vita concreta sono prevalenti, se ciascuno dei soggetti intervenuti nel ciclo del rifiuto, a decorrere
cioè dalla sua nascita fino all'ultimo dei detentori, ha l'obbligo di provvedere allo smaltimento dei medesimi, come può adempiervi se
non ha più la disponibilità giuridica e materiale dei rifiuti medesimi?"
45
Cass.pen., Sez. III, sent. n. 15165 del 01/04/2003 (ud. 28/01/2003), Capecchi (rv. 224706 ), per esteso in Rifiuti, n. 7/2003, pagg.
22 e segg., con nota di M. SANTOLOCI. Conforme Cass. pen., Sez. III, sent. n. 40618 del 19/10/2004, Bassi ed altro (rv. 230181):
“In materia di rifiuti, il committente dei lavori edili e il direttore dei lavori non possono essere ritenuti responsabili a titolo di
concorso con l'appaltatore per la raccolta e lo smaltimento abusivi dei rifiuti non pericolosi connessi all'attività edificatoria: infatti
nessuna fonte legale, né scaturente da norma extrapenale (ossia ricavabile dalle disposizioni del D.Lgs. n. 22 del 1997), né da
contratto, pone in capo a tali soggetti l'obbligo di garanzia in relazione all'interesse tutelato ed il correlato potere giuridico di
impedire che l'appaltatore commetta il reato di abusiva gestione dei rifiuti”.
46
Una diversa questione è quella relativa all’esclusione dei materiali da demolizione dalla normativa sui rifiuti (infra).
3) Le difficoltà nell’applicazione dei regimi di favore
A) Nei processi in materia di rifiuti, vengono sovente invocati regimi di favore quali:
- l’impossibilità tecnica ed economica di procedere alla separazione dei rifiuti pericolosi miscelati nonostante
il divieto di cui all’art. 9, comma 1 (tale impossibilità, secondo il successivo comma 3, esclude le sanzioni
penali di cui all'articolo 51, comma 5 );
- la disciplina del deposito temporaneo (art. 6 lett. m D.Lgs 22/1997);
- l’applicazione del regime del recupero dei rifiuti (artt. 33 e segg) e dell’iscrizione all’albo gestori in via
agevolata (art. 30 co. 16);
- la sussistenza delle condizioni per cui è possibile il ricorso alle ordinanze contingibili ed urgenti di cui
all’art. 13 D.Lgs 22/1997.
In via generale va ribadito il principio per cui chi invoca un regime differenziato e di favore ha l’onere di
allegare la sussistenza di tutte le condizioni per la sua applicazione47.
Occorre in questi casi valutare le prospettazioni difensive anche ricorrendo a valutazioni prevalentemente
tecniche (è il caso dell’impossibilità di separare i rifiuti pericolosi miscelati), all’esame di documenti [in tale
prospettiva si è affermato 48 che" al fine di qualificare un deposito come temporaneo il giudice deve
verificare la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 6 lett. m) del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22,
acquisendo le necessarie informazioni quantitativo-temporali sull'attività dell'azienda, desumibili anche dai
registri di carico e scarico, la cui tenuta è obbligatoria, ex art. 28, comma 5, D.Lgs. citato, anche per i
depositi temporanei”] e, in genere, analizzando i profili di fatto posti a sostegno dell’invocato regime
differenziato, quali, per il deposito temporaneo, la circostanza che i rifiuti siano rimasti nei luoghi di
produzione e non siano stati trasportati altrove49 o, per la disciplina di cui all’art. 13 D.Lgs 22/1997, la
sussistenza dei presupposti del potere derogatorio)"50.
B) In particolare per quanto concerne il recupero dei rifiuti:
- occorre la destinazione attuale, effettiva ed oggettiva al reimpiego produttivo (o in un processo di
combustione) dei rifiuti e non è sufficiente la mera idoneità del materiale a tale trattamento51;

47
Cass. pen., Sez. III, n. 881 del 3-05-1995, Vinella.
48
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 13808 del 05/04/2001 (ud. del 20/02/2001), Capoccia (rv. 218968/69).
49
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 14762 del 09-04-2002 (ud. del 05-03-2002), Amadori C. ed altro (rv. 221574). Cass. pen., Sez. III,
sent. n. 4957 del 21-04-2000 (ud. del 21-01-2000), Rigotti ed altri (rv. 215946) precisa: " La disciplina dettata per il deposito
temporaneo dei rifiuti non pericolosi dall'art, 6, comma 1, lett. m), punto 3, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n.22, va intesa (privilegiando
doverosamente, fra le varie interpretazioni possibili, quella che risulta più aderente alla direttiva comunitaria di cui il citato decreto
legislativo costituisce attuazione), nel senso che il deposito temporaneo potrà essere mantenuto fino al termine di durata di un anno
solo se in tutto il detto arco temporale, e cioè complessivamente, non venga superato il limite di 20 metri cubi, assumendo autonomo
rilievo la cadenza almeno trimestrale prevista nella prima parte della suddetta disposizione per l'avvio del materiale alle operazioni di
recupero o di smaltimento solo quando i vari conferimenti siano tutti inferiori ai venti metri cubi e siano avviati alle suddette
operazioni prima del raggiungimento del summenzionato limite quantitativo mentre, in ogni caso, l'avviamento dev'essere effettuato
quando il medesimo limite viene raggiunto". Per commenti alla sentenza si rinvia a A. JAZZETTI, in Ambiente e Sicurezza, n.
6/2000, pagg. 46 e segg. e M. SANTOLOCI, in Rifiuti n. 10/2000, pagg. 35 e segg. Nello stesso senso si vedano Cass. pen., Sez. III,
sent. n. 13113 del 24/03/2003 (ud. del 11/02/2003), Rofi (rv. 223860 ); Cass.pen., Sez. III, sent. n. 22063 del 20/05/2003 (ud. del
25/03/2003), Mascheroni (rv. 224485).
50
Secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai prevalente, a partire da Cass. pen., Sez. III, sent. n. 12692 del 02-12-1998 (ud. del
16-10-1998), Schepis (rv 212182), il sindacato del giudice penale che conosce incidentalmente dell’ordinanza, al fine di valutarla o
no come causa di esclusione oggettiva del reato, concerne proprio la verifica di tutti i presupposti del potere derogatorio attribuito al
sindaco (quindi non solo la necessità sanitaria-ambientale e la temporaneità predeterminata, ma anche l' inevitabilità), nonché i nuovi
requisiti di legittimità stabiliti dalla norma positiva (elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente; indicazione specifica delle
norme derogate, nonché esclusione di deroghe in materia ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza; parere preventivo degli organi
tecnici e sanitari). L'orientamento espresso da tale decisione sembra prevalere nelle più recenti decisioni della Cassazione. Si vedano
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 7748 del 16/06/99 (ud. del 30/04/99) Sodano, (rv. 214164): " La valutazione del giudice penale, volta ad
accertare l'eventuale carenza di potere del Sindaco nell'emettere il provvedimento contingibile ed urgente, non può sconfinare in
apprezzamenti di natura tecnica, riguardanti le scelte operate dall'organo amministrativo. Il sindacato del giudice deve avere come
parametri le norme atte a giustificare l'esercizio del potere straordinario, ma non può riferirsi alla correttezza, sotto il profilo tecnico-
discrezionale, nell'esercizio di tale potere"; Sez. III, sent. n. 3878 del 27-03-2000 (ud. del 13-01-2000), Stillitani F. (rv. 216213):"
L'ordinanza contingibile ed urgente che il sindaco può emanare ai sensi dell' art. 13 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, in materia di
smaltimento dei rifiuti, ha come presupposti: a) una necessità eccezionale ed urgente di tutelare la salute pubblica o l'ambiente, non
riducibile solo a calamità naturali; b) la limitazione nel tempo, che può essere rispettata anche attraverso l'apposizione di un termine
"incertus quando"; c) la inevitabilità del ricorso a forme di smaltimento straordinario dei rifiuti; inoltre ha come requisito di
legittimità formale una motivazione adeguata, che renda conto dei presupposti concreti dell'ordinanza stessa. A fronte di tale
ordinanza il giudice penale deve solo verificare se ricorrono i presupposti che legittimano l'esercizio concreto della potestà sindacale,
e se sussiste il requisito di legittimità di una motivazione adeguata".
51
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 2557 del 25-10-1994 (ud. del 30-09-1994), Miotto (rv 200278); Cass. pen., Sez. III, sent. n. 274 del 12-
01-1996 (cc. del 26-09-1995), Salvarani (rv 203916).
- è necessario verificare con precisione che il riutilizzo rispetti "provenienze" e "destinazioni" individuate
dalla normativa tecnica52.
Un caso particolare è quello dell’invocazione della disciplina sulle terre e rocce da scavo che, secondo l’art.
8 co. 1 lett. f bis) D.Lgs 22/1997 aggiunta dall’art. 10 L. 93/2001, sono escluse dalla nozione di rifiuto se
destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali
provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità
stabiliti dalle norme vigenti. In questi casi, oltre al riscontro della sussistenza delle condizioni fissate dalla
successiva disciplina interpretativa di tale esclusione 53, è necessario che nel materiale qualificato come terra
da scavo non siano compresi rifiuti derivanti da attività di demolizione e costruzione, che continuano a
costituire rifiuti speciali, ai sensi dell'art. 7, comma 3, lett. b), del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, in quanto,
incidendo su edifici, sono strutturalmente diverse dall'attività di scavo, che incide su terreni e per i cui
prodotti soltanto è prevista l’esclusione dall'ambito di applicazione del D.Lgs n. 22 cit. 54.
52
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 1016 del 31-01-1995 (cc. del 16-11-1994), Zambianchi (rv 201409); Sez. III, sent. n. 1726 del 17-05-
1996 (cc. del 12-05-1996), Aprile (rv 205431).
53
La legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri
interventi per il rilancio delle attività produttive), all'art. 1, commi 17 – 19, ha fornito l’interpretazione del comma 1, lettera f-bis)
dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 22 del 1997 . L’art. 23 della L. 31/10/2003, n. 306 (Disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003) ha così rimodulato l’art. 1, commi
17-19, della legge n. 443 :
“17. Il comma 3, lettera b), dell'articolo 7 ed il comma 1, lettera f-bis) dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 22 del 1997, si
interpretano nel senso che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall'ambito di
applicazione del medesimo decreto legislativo solo nel caso in cui, anche quando contaminate, durante il ciclo produttivo, da
sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione, siano utilizzate, senza trasformazioni
preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a VIA ovvero, qualora non sottoposto a VIA, secondo le modalità
previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente previo parere dell'ARPA sempreché la composizione media
dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti.
18. Il rispetto dei limiti di cui al comma 17 può essere verificato in accordo alle previsioni progettuali anche mediante accertamenti
sui siti di destinazione dei materiali da scavo. I limiti massimi accettabili sono individuati dall'allegato 1, tabella 1, colonna B, del
D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 del Ministro dell'ambiente e successive modificazioni, salvo che la destinazione urbanistica del sito non
richieda un limite inferiore.
19. Per i materiali di cui al comma 17 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la
destinazione a differenti cicli di produzione industriale, purché sia progettualmente previsto l'utilizzo di tali materiali, intendendosi
per tale anche il riempimento delle cave coltivate, nonché la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorità
amministrativa competente, previo, ove il relativo progetto non sia sottoposto a VIA, parere dell'ARPA a condizione che siano
rispettati i limiti di cui al comma 18 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità di rimodellazione ambientale del territorio
interessato. Qualora i materiali di cui al comma 17 siano destinati a differenti cicli di produzione industriale, le autorità
amministrative competenti ad esercitare le funzioni di vigilanza e controllo sui medesimi cicli, provvedono a verificare, senza oneri
aggiuntivi per la finanza pubblica, anche mediante l'effettuazione di controlli periodici, l'effettiva destinazione all'uso autorizzato dei
materiali; a tal fine l'utilizzatore è tenuto a documentarne provenienza, quantità e specifica destinazione “.
54
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 7430 del 26-02-2002 (ud. del 15-01-2002), Dessena G. (rv. 221382); Cass. pen., Sez. III, sent. n.
35002 del 29/08/2003 (ud. del 13/06/2003), Fia (rv. 225225). La prima sentenza ha, inoltre, dichiarato "manifestamente infondata in
relazione all'art. 3 Cost. la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 51 del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, ove definisce
quali rifiuti e li sottopone alla conseguente disciplina i materiali derivanti dall'attività di demolizione e costruzione di edifici per la
prospettata disparità di trattamento con le terre e le rocce da scavo, anche quando contaminate, escluse dall'art. 1, comma 17 della
legge 21 dicembre 2001 n. 443 dall'ambito dei rifiuti, nonostante la maggiore pericolosità ambientale di queste ultime, atteso che si
tratta di attività e materiali ontologicamente diversi, la cui diversità giustifica la differente disciplina adottata dal legislatore
nell'ambito del proprio potere discrezionale". Conformi Cass. pen., Sez. III, sent. n. 16383 del 06-05-2002 (ud. del 14-03-2002), Li
Petri (rv. 221331): " Ai fini della configurabilità del reato di gestione di discarica abusiva previsto dall'art. 51 comma 1 del D. Lgs. 5
febbraio 1997 n. 22, commesso dal titolare di un esercizio commerciale di vendita di materiali edili che, ripetutamente e con carattere
di definitività, abbandoni i rifiuti provenienti dalla propria attività, non assumono rilievo le modifiche apportate dall'art. 1 comma 17
della legge 21 dicembre 2001, n. 443, il quale ha escluso - fornendo l'interpretazione autentica degli artt. 7, comma 3, lett.b) e 8,
comma 1, lett. f-bis) del D.Lgs. n. 22 del 1997 - che le terre e le rocce da scavo, anche di gallerie, costituiscano rifiuti, in quanto la
legge anzidetta deve essere riferita esclusivamente all'attività collegata all'esecuzione di grandi opere e non può essere estesa
indiscriminatamente alle normali attività di demolizione e costruzione (la Corte ha altresì precisato che la deroga alla disciplina del
D.Lgs. n. 22 del 1997 si giustifica per il rilievo pubblico degli interventi previsti nella legge n. 443 del 2001)"; Cass. pen., Sez. III,
sent. n. 2611 del 12-07-2002, Rossetto, per esteso in Rifiuti, n. 2/2003, pagg. 30 e segg. nota di M SANTOLOCI: “Anche dopo
l'entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001 n. 443 (delega al governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi - cd.
legge obiettivo), continuano a costituire rifiuti speciali, ai sensi dell'art. 7, comma 3, lett. b), del D. Lgs 5 febbraio 1997 n. 22, quelli
derivanti da attività di demolizione data la specificità del codice dei rifiuti (rifiuti misti di demolizione e costruzione, cod. CER
17071) “; Cass.pen., Sez. III, sent. n. 8936 del 25/02/2003 (ud. del 15/01/2003), Toriello (rv. 223742) : “ In tema di disciplina dei
rifiuti, integra il reato di cui all'art. 51, n.1, lett.a) D.Lgs n.22 del 1997 l'attività di recupero di materiale cementizio e di asfalto, in
assenza della prescritta comunicazione di inizio attività alla Provincia, in quanto detti materiali non possono essere ricompresi nel
novero delle "terre e rocce da scavo" - le quali non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall'ambito di applicazione del D.Lgs
n.22 del 1997 (art.1, comma 17, L. n. 443 del 2001)- sia perchè manca una specifica previsione in tal senso, non essendo menzionate
nel regime delle esclusioni dettato dall'art.8, lett. b)-bis D.Lgs n. 22 del 1997, sia, e soprattutto, perchè detti materiali non possono
C) In ogni caso, pur tenendo distinti i due profili, non mancano decisioni che escludono i materiali da
demolizione dalla materia dei rifiuti nell’ipotesi di loro riutilizzo, anche sulla base dell’art. 14 D.L. 8 luglio
2002, n. 138 55.

ritenersi il prodotto di escavazione, perforazione e costruzione”; Cass.pen., Sez. III, sent. n. 12851 del 20/03/2003 (ud. del
13/02/2003), Favale (rv. 224475): ”I materiali da scavo di strade continuano a costituire rifiuti anche dopo l'entrata in vigore della
legge 12 dicembre 2001 n. 443, che ha escluso dalla disciplina dei rifiuti le terre e rocce da scavo, atteso che non sono costituiti
esclusivamente da terriccio e ghiaia, ma altresì da pezzi di asfalto e di calcestruzzo, costituenti pacificamente rifiuti non pericolosi ai
sensi delle disposizioni di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 “; 7. In tema di gestione di rifiuti, anche dopo la entrata in
vigore della legge 21 dicembre 2001 n. 443 (delega al governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi - cd legge
obiettivo) i rifiuti derivanti da attività di demolizione continuano a costituire rifiuti speciali, in quanto strutturalmente diversi dai
materiali provenienti da scavo e per i cui prodotti l'art. 1, comma 17, della citata legge prevede l'esclusione dall'ambito di
applicazione dei rifiuti”; Cass.pen., Sez. III, sent. n. 16012 del 07/04/2003 (ud. del 19/02/2003), Cavallaro (rv. 224481): ”In tema di
gestione di rifiuti, anche dopo la entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001 n. 443 (delega al governo in materia di infrastrutture
ed insediamenti produttivi - cd legge obiettivo) i rifiuti derivanti da attività di demolizione continuano a costituire rifiuti speciali, in
quanto strutturalmente diversi dai materiali provenienti da scavo e per i cui prodotti l'art. 1, comma 17, della citata legge prevede
l'esclusione dall'ambito di applicazione dei rifiuti”; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 8424 del 26/02/2004 (Ud. del 16/01/2004), Fiato (rv.
227951): “ I materiali provenienti da attività di demolizione o scavo costituiscono rifiuti speciali ai sensi dell'art. 7 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997 n. 22; conseguentemente lo scarico degli stessi attraverso una condotta ripetuta, anche se non abituale e
protratta per lungo tempo, configura il reato di realizzazione di discarica non autorizzata di cui all'art. 51 del citato decreto n. 22;
Cass. pen., Sez. III, sent. n. 16695 del 08/04/2004 (Ud. del 11/02/2004), Brignoli (rv. 227955): “ In tema di disciplina dei rifiuti, il
fresato di asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale costruisce rifiuto e come tale è sottoposto alla disciplina del decreto
legislativo 5 febbraio 1997 n. 22”.
55
In tal senso Cass. pen., Sez. III, sent. n. 13114 del 24/03/2003 (ud. del 11/02/2003), Mortellaro (rv. 224721 ), in Rifiuti, n. 6/2003,
pagg. 17 e segg. con nota critica di M. SANTOLOCI. La sentenza esclude le terre e rocce da scavo dalla normativa sui rifiuti, anche
se contenenti rifiuti pericolosi (nella specie asfalto), quando siano effettivamente riutilizzate per reinterri sul posto e non provengano
da siti inquinati o bonificati, poiché in tale evenienza vale l’esclusione di cui all’art. 14 D.L. 8 luglio 2002. In questo caso “non si
pone il problema della natura “pericolosa” del rifiuto con riferimento alle modeste scaglie di asfalto reinterrate insieme con terreno e
pietrisco, perché manca per legge la nozione stessa di “rifiuto”: le terre e rocce da scavo, anche se contaminati sono riutilizzabili,
purché non provengano da siti inquinati da bonifiche (nel qual caso vi è una presunzione di pericolosità stabilita dalla legge e
riemerge il concetto di rifiuto)”. Nello stesso senso; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 23377 del 28/05/2003 (ud. del 01/04/2003), Zanini
(rv. 225286); Cass. pen., Sez. III, sent. n. 37508 del 02/10/2003 (ud. del 25/06/2003), Papa (rv. 225929): ”I materiali inerti derivanti
dalla demolizione di un manufatto e reimpiegati nell'ambito dello stesso cantiere non assumono la natura di rifiuto, stante la
interpretazione autentica della nozione di "rifiuto" contenuta nel decreto legge 8 luglio 2002 n. 138, convertito con legge 8 agosto
2002 n. 178, atteso che sono conseguenza di un processo di produzione, comprendente la demolizione del manufatto ed il reimpiego
integrale sul posto, e l'assenza di prova di un reale pericolo per l'ambiente”. La sentenza, nell’affrontare la questione della
qualificazione di detriti conseguenza di un processo di produzione (comprendente la demolizione di un muro ed il reimpiego
integrale sul posto), senza trasformazione preliminare, con riutilizzo certo in attività compatibile (materiale di riporto per sottofondo
di un piazzale antistante), afferma: “Il materiale presente nel muro demolito (compresi alcuni blocchi di cemento misto a ferro) non
presentava carattere di disomogeneità, né era mescolato a sostanze diverse (tipo eternit, gomme di veicoli e comunque sostanze
estranee a quelle già presenti nell'opera demolita), sicché non si poneva in concreto un problema di preventivo trattamento per non
compatibilità ambientale. Il materiale non è stato trasferito da un soggetto (produttore) ad un altro (utilizzatore), perché è mancata la
volontà di disfarsi di esso. Il legislatore nazionale è già intervenuto con la legge 443/2001 escludendo le "terre e rocce da scavo ",
anche di gallerie, dall'ambito dei rifiuti e dalla relativa normativa (D.Lgs 22/97), perfino nell'ipotesi che siano state contaminate
durante il ciclo produttivo (purché non oltre determinate concentrazioni). Si consente in tal modo il riutilizzo di materiali derivanti da
attività di escavazione, perforazione e costruzione. Certamente esiste una differenza con i materiali di demolizione degli edifici, ossia
con i cosiddetti inerti. Tale differenza non comporta una ontologica diversità, posto che il riutilizzo di rocce e terre di scavo può
avvenire - a certe condizioni - anche se esista una contaminazione. Nel caso concreto, i detriti di demolizione non contengono
materiali disomogenei significativi sicché alla luce dell'articolo 14 legge 178/2002 e dell'indirizzo comunitario sopracitato, si può
pervenire allo stesso risultato di cui alla legge 443/2001, escludendo la natura di rifiuto, secondo un criterio non astratto di
valutazione. Manca la prova di un reale pericolo per l'ambiente ed il riutilizzo è avvenuto secondo i principi enunciati”. Si spinge
ancora oltre Cass. pen., Sez. III, sent. n. 9503 del 15/03/2005, Montanaro, che nega la qualifica di stoccaggio di rifiuti per un’attività
di accumulo in un piazzale, da parte di impresa esercente attività di produzione di conglomerato bituminoso per la realizzazione di
manti stradali, di materiali inerti forniti da altre ditte, nonché di materiale proveniente da rifacimenti/demolizioni di strade da parte
della stessa ditta, triturato nel luogo di prelievo e poi trasportato presso il proprio piazzale. In questo, dunque, “era accumulato
materiale che di sicuro veniva interamente utilizzato, sebbene con l'aggiunta di altri (inerti, bitume, normale ciclo produttivo del
conglomerato bituminoso, del quale – quindi – il detentore non solo non si era disfatto, ma si guardava bene dal farlo, rappresentando
comunque un valore economico, pur se probabilmente modesto, per la sua attività. Pertanto, considerando il materiale nelle
condizioni in cui è stato trovato presso la menzionata ditta, non sussiste la condizione soggettiva richiesta dalla legge per qualificarlo
rifiuto (l’art. 6, comma 1 lett. a), D.L.vo n. 22/1997 postula che del bene "il detentore si disfi o abbia deciso o abbia 1'obbligo di
disfarsi"); neppure detta ultima ipotesi, invero, si ritiene configurabile, sussistendo "l’obbligo di disfarsi" del rifiuto (e sono
qualificati "rifiuti speciali" - dall'art. 7, comma 3 lett. ‘b’, D.L.vo n. 22/1997 - quelli derivanti da attività di demolizione) fino a
quando il materiale abbia le caratteristiche di rifiuto, ma non più se tali caratteristiche non siano ravvisabili a seguito di un intervento
di trasformazione.
In definitiva l'errore del giudice del merito, nel caso in esame, consiste nell'aver tenuto conto nel presente giudizio anche della fase
precedente, quella cioè del trattamento del rifiuto speciale in questione (probabilmente mediante tritatura o fresatura ed eventuale
D) Il comma 29 lett. a) dell’art. 1 L. 15-12-2004 n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento
e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione) ha aggiunto nel
D.Lgs 22/1997 all'articolo 6, comma 1, dopo la lettera q) la lettera q-bis) che definisce come materia prima
secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche i “rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di
recupero e rispondenti a specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e
internazionali, nonché i rottami scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o
di consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate
nelle specifiche sopra menzionate.
La definizione è funzionale alle previsioni del comma 25: “ In attesa di una revisione complessiva della
normativa sui rifiuti che disciplini in modo organico la materia, alla lettera a) del comma 29, sono
individuate le caratteristiche e le tipologie dei rottami che, derivanti come scarti di lavorazione oppure
originati da cicli produttivi o di consumo, sono definibili come materie prime secondarie per le attività
siderurgiche e metallurgiche, nonché le modalità affinché gli stessi siano sottoposti al regime delle materie
prime e non a quello dei rifiuti”.
Il successivo comma 26 individua i casi in cui i rottami ferrosi sono esclusi dalla disciplina sui rifiuti: “
Fermo restando quanto disposto dall'articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, sono sottoposti al regime delle materie prime e non a quello
dei rifiuti, se rispondenti alla definizione di materia prima secondaria per attività siderurgiche e
metallurgiche di cui al comma 1, lettera q-bis), dell'articolo 6 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,
introdotta dal comma 29, i rottami di cui al comma 25 dei quali il detentore non si disfi, non abbia deciso o
non abbia l'obbligo di disfarsi e che quindi non conferisca a sistemi di raccolta o trasporto di rifiuti ai fini del

selezione dei componenti), avvenuta peraltro in luogo e tempo diversi, che, - pur se addebitatele alla ……….. (e quindi all’imputato)
e pur se certamente contra legem, non rientra tuttavia nella contestazione, riguardante - lo si ripete - il solo stoccaggio del rifiuto.
Tornando al materiale accumulato presso la ditta ………., che è quello a cui soltanto si deve far riferimento nel presente giudizio, il
non considerarlo rifiuto è anche sostanzialmente in linea con la sentenza della Corte Europea di Giustizia, Sez. II, 11 novembre 2004
(causa n. C-457/02, Niselli), per la quale la definizione di rifiuto comunitaria non può essere interpretata secondo i criteri dettati dalla
nostra normativa nazionale (art 14 D.L. n. 138/2002, conv. in L. n. 178/2002).
Invero, a parte la considerazione che le eccezioni poste dal secondo comma di tale norma si riferiscono esclusivamente ai "residui di
produzione o di consumo" tra i quali non rientra il materiale de quo, la citata sentenza della CGCE in alcuni obiter dicta, afferma
principi di assoluto interesse anche per il caso di specie. Al punto 46, difatti, recita: "Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la
sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è alta. In un'ipotesi del genere la
sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di “disfarsi”, bensì un autentico prodotto
(sentenza 18 aprile 2002, causa C 9/00, Palin Granit)". Conseguentemente soggiunge (punto 47): “Risulta da quanto precede che è
ammesso, alla luce degli obiettivi della direttiva 75/442, qualificare un bene, un materiale o una materia prima derivante da un
processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo non come rifiuto, bensì come sottoprodotto di
cui il detentore non desidera “disfarsi” ai sensi dell'art. 1, lett. a), primo comma, di tale direttiva, a condizione che il suo riutilizzo sia
certo, senza trasformazione preliminare e nel corso del processo di produzione (sentenza 11 settembre. 2003, causa C 114/01, Avesta
Polarit Chrome)".
Orbene nel caso in esame, risultando pacifica la riutilizzazione del materiale in questione nelle condizioni in cui è stato trovato, e
cioè senza sottoporlo ad ulteriori trasformazioni o trattamenti, lo stesso non può considerarsi rifiuto”.
Questa decisione non può essere condivisa.
Si tenga presente che la Corte di Giustizia con la sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02 cit. ha ribadito che i residui di
consumo o di produzione costituiscono, normalmente, rifiuti di cui disfarsi; può verificarsi che un bene, un materiale o una materia
prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione, non destinato a produrli in via principale, possa costituire non un
rifiuto, bensì un “sottoprodotto” del quale il detentore non vuole affatto «disfarsi» essendo in grado di utilizzarlo ulteriormente
facendone oggetto di sfruttamento (diretto) o di commercializzazione “a condizioni per l’impresa favorevoli”. Per garantire la
massima protezione ambientale, l’anzidetta deroga è subordinata alla ricorrenza di tassative condizioni: a) il riutilizzo del materiale
non deve essere solo eventuale, ma certo; b) il riutilizzo deve avvenire senza la preliminare trasformazione del materiale; c) il
riutilizzo deve avvenire nel corso dello stesso processo di produzione; d) il riutilizzo può avvenire anche in un processo successivo,
rispetto a quello di provenienza, ma sempre senza trasformazioni preliminari; e) il riutilizzo deve avvenire, in ogni caso, senza
arrecare danni all’ambiente.
Nel caso in esame la produzione di conglomerato bituminoso avveniva mediante lo svolgimento di attività di trasformazione
preliminare dei materiali (triturazione), cioè al di fuori di ogni ipotesi di riutilizzo “tal quale”. Del resto la stessa S.C. (Sez. III, sent.
n. 24329 del 28-05-2004 (ud. 4-05-2004), Ravelli, nell’affermare che rientra nell’attività di gestione dei rifiuti il tombamento di una
cava abbandonata con detriti di demolizione misti a materiali ferrosi, ha affermato: “ è bensì vero che questa Corte (con la sentenza n.
291/2003, Mortellaro, ha ritenuto che materiali di scavo e sbancamento non rientravano nel concetto di rifiuto, ma si trattava di
riutilizzo effettivo e oggettivo, senza pregiudizio per l’ambiente, sul posto e senza trasporto in una cava abbandonata come nel caso
in esame”. Nello stesso senso Cass. pen., Sez. III, sent. n. 46680 del 01/12/2004, Falconi ed altri (rv. 230421): “ I residui delle attività
di demolizioni edili costituiscono rifiuti speciali ex art. 7 D.Lgs. n 22 del 1997, salvo non sia provato che essi sono destinati ad essere
riutilizzati, secondo quanto previsto dall'art. 14 D.L. 8 luglio 2002, n. 138, e cioè risulti certa: a) l'individuazione del produttore e/o
detentore dei materiali, b) la provenienza degli stessi, c) la sede ove sono destinati, d) il loro riutilizzo in un ulteriore ciclo
produttivo”.
recupero o dello smaltimento, ma siano destinati in riodo oggettivo ed effettivo all'impiego nei cicli
produttivi siderurgici o metallurgici”.
In pratica tutti i rottami ferrosi, a prescindere dal modo in cui si siano originati, atteso che le norme ora
riportate fanno riferimento tanto all’ipotesi in cui essi siano scarti di lavorazione che a quella in cui derivino
da altri cicli di produzione o di consumo, vengono esclusi dalla disciplina sui rifiuti ricorrendo a condizione
che:
1) il detentore non se ne disfi, non abbia deciso o non abbia l'obbligo di disfarsene;
2) siano rispondenti alla definizione di materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche di
cui al comma 1, lettera q-bis), dell'articolo 6 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
3) non siano quindi conferiti a sistemi di raccolta o trasporto ai fini del recupero o dello smaltimento;
4) siano destinati in modo oggettivo ed effettivo all'impiego nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici.
Si è giustamente osservato che “ basterebbe già la sola condizione di cui al punto 1) per escludere che i
rottami abbiano la natura di rifiuti, posto che, come noto, l’art. 6, n. 1, lett. a), del decreto legislativo n. 22/97
definisce il rifiuto come qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A e di
cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi 56 ”.
In tale prospettiva un’interpretazione letterale e svincolata dalla ratio legis, porterebbe ad affermare che la
condizione sub 2) amplia e non restringe la nozione di rifiuto e cioè che, a prescindere dall’assenza delle
condizioni di cui all’art. 6, n. 1, lett. a), cit., il mancato assoggettamento al regime dei rifiuti richiederebbe
anche la conformità delle MPS a specifiche nazionali ed internazionali.
Tale conclusione non è accettabile non soltanto perché la ratio legis è ben diversa (favorire la libera
circolazione di tali materiali), ma perché in contrasto con l’unitaria definizione di rifiuto di derivazione
comunitaria.
E’ evidente, allora, che la condizione sub 2) è collegata a quelle successive ed in particolare a quella sub 4),
nel senso che l’intenzione del legislatore è quella di escludere i rottami ferrosi che siano destinati in modo
oggettivo ed effettivo all'impiego nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici, solo se conformi alle
specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali.
Va a questo punto precisato che il punto 3 del DM 5 febbraio 1998 elenca tra le attività di recupero dei
rottami “il recupero diretto in impianti metallurgici [R4]”; sotto il profilo pratico, l’attività di impiego dei
rottami ferrosi nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici si manifesta con le stesse modalità di quella di
recupero. Il problema, allora, è di qualificare il materiale in base alla definizione generale di rifiuto (che
infatti la stessa L. 15-12-2004 n. 308 necessariamente richiama); tale qualifica attiene al momento in cui il
materiale si distacca dal suo produttore e non alla fase successiva del suo utilizzo.
La conformità alle specifiche non può, quindi, assumere valore determinante per l’esclusione dalla disciplina
sui rifiuti, ma, al più, rappresenta un indizio “della diretta utilizzabilità dei rottami, sintomatico della assenza
di volontà del detentore di “disfarsene”, elemento, quest’ultimo, che, necessariamente, resta sempre il vero
cardine intorno a cui ruota qualsiasi problematica interpretativa relativa alla nozione di rifiuto 57”.
Analogamente perplessità vengono dall’introduzione di regole specifiche per i rottami ferrosi e non ferrosi
provenienti dall'estero, per i quali i commi 27 e 28 prevedono:
“27. I rottami ferrosi e non ferrosi provenienti dall'estero sono riconosciuti a tutti gli effetti come materie
prime secondarie derivanti da operazioni di recupero se dichiarati come tali da fornitori o produttori di Paesi
esteri che si iscrivono all'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti con le modalità
specificate al comma 28.
28. È istituita una sezione speciale dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, dì
cui all'articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, alla quale sono iscritte le imprese
di Paesi europei ed extraeuropei che effettuano operazioni di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi,
elencate nell'allegato C annesso al medesimo decreto legislativo, per la produzione di materie prime
secondarie per l'industria siderurgica e metallurgica, nel rispetto delle condizioni e delle norme tecniche
riportate nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998. L'iscrizione è effettuata a seguito di comunicazione
all'Albo da parte dell'azienda estera interessata, accompagnata dall'attestazione di conformità a tali
condizioni e norme tecniche rilasciata dall'autorità pubblica competente nel Paese di appartenenza. Le
modalità di funzionamento della sezione speciale sono stabilite dal Comitato nazionale dell'Albo; nelle more

56
L. PRATI, La legge delega n. 308 del 2004 in materia ambientale e le materie prime secondarie per l’industria metallurgica: una
nuova norma paradossale ?, in www.lexambiente.com, 17-01-2005.
57
L. PRATI, op. ult. cit.
di tale definizione l'iscrizione è sostituita a tutti gli effetti dalla comunicazione corredata dall'attestazione di
conformità dell'autorità competente”.
Va precisato che tali norme fanno riferimento non a rifiuti, ma a merci; tali infatti vanno qualificate le
materie prime secondarie derivanti da operazioni di recupero. La prospettiva è completamente diversa
rispetto a quella dettata dai commi 25 e 26 che sono finalizzati a precisare quando i rottami ferrosi sono
esclusi dalla disciplina sui rifiuti.
Le condizioni perché tali materiali entrino sul territorio nazionale sono ben precise:
1. è necessaria l’iscrizione in una sezione speciale dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la
gestione dei rifiuti, per le imprese di Paesi europei ed extraeuropei che effettuano operazioni di recupero
di rottami ferrosi e non ferrosi per la produzione di materie prime secondarie per l'industria siderurgica e
metallurgica, nel rispetto delle condizioni e delle norme tecniche riportate nell'allegato 1 al decreto del
Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998;
2. condizione per l’iscrizione è l'attestazione di conformità a tali condizioni e norme tecniche rilasciata
dall'autorità pubblica competente nel Paese di appartenenza;
3. il riconoscimento dei rottami ferrosi e non ferrosi provenienti dall'estero come materie prime secondarie
derivanti da operazioni di recupero può avvenire se tali sono dichiarati dai fornitori o produttori di Paesi
esteri iscritti all'Albo.
Vero è che tali condizioni sono oltremodo stringenti (va addirittura registrata la maggior rigidità rispetto alla
disciplina dell’importazione dei rifiuti diretti al recupero, che è libera in base al Regolamento CE 93/259).
In realtà tale severità rischia di essere solo apparente.
Da un lato, invero, non è chiaro quale debba essere il contenuto dell'attestazione di conformità alle norme
tecniche e quali requisiti debba avere l'autorità pubblica competente del Paese di appartenenza. Dall’altro
non vengono precisate le forme di controllo sulla effettività e veridicità della dichiarazione richiesta al
fornitore o produttore.

4) Questioni aperte in materia di bonifica dei siti contaminati


4.a) Le norme:
Art. 17 comma 2° : Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al
comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è
tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale
delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento. A tal fine …. [segue
descrizione del procedimento].
Art 51 bis D.Lgs 22/1997: Chiunque cagiona l'inquinamento o un pericolo concreto ed attuale di
inquinamento, previsto dall'articolo 17, comma 2, è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e
con l'ammenda da € 2.582,00 ad € 25.823,00 se non provvede alla bonifica secondo il procedimento di cui
all'articolo 17. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da € 5.165,00 ad
€ 51.646,00 se l'inquinamento è provocato da rifiuti pericolosi. Con la sentenza di condanna per la
contravvenzione di cui al presente comma, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di
procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla
esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale.

4.b) La natura del reato:


Quattro sono le tesi in dottrina:

1) reato commissivo di danno (inquinamento) con causa di non punibilità (se si provvede alla bonifica);

2) reato commissivo di danno (inquinamento) con condizione obiettiva di punibilità (se non si provvede alla
bonifica);

3) reato a condotta mista (cagionare l'inquinamento e non provvedere alla bonifica);

4) reato omissivo (non provvedere alla bonifica) con un presupposto esterno alla struttura del reato
(inquinamento).
La giurisprudenza:

Cass. pen., Sez. III, sent. n. 1783 del 07/06/2000 (cc.28/04/2000), Pizzuti (rv. 216585) configura la
contravvenzione prevista dall'art. 51 bis del D.Lgs 5 febbraio 1997 n. 22 come reato omissivo di pericolo
presunto che si consuma ove il soggetto non proceda all'adempimento dell'obbligo di bonifica secondo le
cadenze procedimentalizzate dell' art. 17. In sostanza l'inquinamento o il pericolo di inquinamento vengono
inquadrati nei presupposti di fatto e non negli elementi essenziali del reato.

Cass. pen., Sez. III, sent. n. 35501 del 16/09/2003 (ud. 30/05/2003), Spadetto, pur dando atto delle varie
ipotesi interpretative ha affermato:
“quale che sia l'inquadramento dommatico corretto (che esula dal presente thema decidendum), il reato
sussiste solo se l'inquinamento del sito ha superato i limiti di accettabilità definiti dall'apposito decreto
ministeriale previsto dall'articolo 17 decreto legislativo 22/1977 ovvero se esiste un pericolo concreto e
attuale di superamento di tali limiti, e se la bonifica del sito non è avvenuta secondo le sequenze
procedimentali prescritte dal citato articolo 17”.

Le conseguenze delle varie soluzioni:


Non si tratta di una mera opzione interpretativa, poiché bisogna stabilire se l'inquinamento o il pericolo di
inquinamento costituiscono i presupposti di fatto o gli elementi essenziali del reato di cui all'art. 51 bis,
perché nel primo caso la conseguenza è che la norma predetta si applica anche a situazioni verificatesi in
epoca anteriore all'emanazione del regolamento di cui al D.M. 25 ottobre 1999 n. 472 (in vigore dal 16
dicembre 1999).

4.c) L’esecuzione della bonifica: il rapporto con le norme di settore

Una questione che viene sollevata riguarda il rapporto tra l'obbligo di attuare gli interventi di messa in
sicurezza e quello di rispettare le specifiche normative di settore. Si è posto, ad esempio, con riferimento alle
acque emunte dai pozzi e filtrate da impianti di trattamento inquinanti al fine di raggiungere i limiti delle
tabelle allegate al D.Lgs 152/1999, il quesito se l'autorizzazione allo scarico in fognatura possa ritenersi
implicita nella previsione di cui all'art. 10, comma 10, D.M. 471/1999 e se i fanghi derivanti dal filtraggio
delle stesse acque sono da ritenersi rifiuti, ovvero se possono essere trattati quale scarico.
A questa ipotesi possono aggiungersi quelle relative ai rapporti con la normativa urbanistica (ad es. in caso di
costruzione di un manufatto necessario per determinati interventi urgenti) o con quella in tema di paesaggio e
di valutazione di impatto ambientale.
In effetti né l'art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, né il D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 prevedono forme di
esonero da responsabilità per l'eventuale violazione di altre normative ambientali.
D'altra parte va considerato che gli interventi di messa in sicurezza da adottare devono avere la finalità di
non aggravare la situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento, contenere gli effetti e ridurre il
rischio sanitario ed ambientale (art. 17, comma 2, lett. b D.Lgs 22); le attività strettamente indispensabili
poste in essere per realizzare tale scopo primario ed essenziale nel meccanismo della bonifica, devono
ritenersi realizzate nell'adempimento di un dovere. Ne deriva che, le eventuali violazioni di norme ambientali
(es. scarico senza autorizzazione), devono ritenersi, qualora l'attività posta in essere sia indispensabile e
totalmente ed esclusivamente funzionale alla bonifica, esenti da responsabilità penale, essendo state poste in
essere nell'adempimento di un dovere. Al riguardo va ricordato che, secondo l'art. 51 del codice penale:"
L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine
legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità".
Si consideri, poi, che, con riferimento al progetto definitivo:
- secondo il comma 7 dell' art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, l'autorizzazione costituisce variante
urbanistica, comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza e di indifferibilità dei lavori, e
sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli
assensi previsti dalla legislazione vigente per la realizzazione e l'esercizio degli impianti e delle
attrezzature necessarie all'attuazione del progetto di bonifica;
- secondo il comma 10, dell'art. 10 D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 10, ai fini soli della realizzazione e
dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto definitivo, e per il
tempo strettamente necessario all'attuazione medesima, l'autorizzazione sostituisce a tutti gli effetti le
autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nullaosta, i pareri e gli assensi previsti dalla
legislazione vigente. L'autorizzazione costituisce, altresì variante urbanistica e comporta dichiarazione di
pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori qualora la realizzazione e l'esercizio dei suddetti
impianti ed attrezzature rivesta carattere di pubblica utilità.
A parte l'annotazione che nel provvedimento del 1999 sono rilevabili alcune inspiegabili (ed indebite,
trattandosi di provvedimento di livello secondario) difformità rispetto al D.Lgs 22/1997, riguardo alla
questione tali norme sono sicuramente rilevanti.
Ed invero, avendo cura di includere gli interventi di messa in sicurezza nel progetto definitivo,
l'autorizzazione ottenuta da questo avrà effetto sanante delle eventuali violazioni ad altre norme ambientali
poste necessariamente in essere nella fase di emergenza. Resta in ogni caso fermo il principio della stretta
connessione tra lo strumento posto in essere (opere, impianti, attività) e lo scopo (la bonifica) 58.

4.d.) La giurisprudenza amministrativa

I) Gli art. 17 D.Lgs. n. 22/97 e 8 D.M. n. 471/99 considerano passibili dell’ordine di messa in sicurezza solo i
responsabili evidentemente accertati e non quelli ritenuti tali in base a mere indagini ancora in corso da parte
degli organi competenti, per cui è illegittima l’ordinanza adottata ai sensi dell’art. 17 comma 2 lett. c) D.Lgs.
n. 22/97 che non sia stata preceduta da opportuni accertamenti, volti a verificare il profilo soggettivo
dell’evento rilevato, e non fornisca piena e particolareggiata contezza dell’attività istruttoria e della
motivazione a sostegno dell’individuazione del responsabile del superamento dei limiti di accettabilità della
contaminazione del suolo e delle acque.
T.A.R. Piemonte, Sez. II, sent. n. 517 del 26 marzo 2004, G. N. e P.A. c. Comune di Vespolate, A.R.P.A.
Piemonte, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e Associazione Irrigazione Est-Sesia di
Novara.

II) Il procedimento di cui agli artt. 17, comma 2° D.Lgs. n. 22/97 e 8, comma 2° e 3° D.M. n. 471/99 non è di
per sé fondato su ragioni di particolare celerità e urgenza, tali da giustificare la deroga al principio generale
di comunicazione dell’avvio del procedimento prevista dal medesimo art. 7, comma 1°, L. n. 241/90.
T.A.R. Piemonte, Sez. II, sent. n. 517 del 26 marzo 2004, G. N. e P.A. c. Comune di Vespolate, A.R.P.A.
Piemonte, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e Associazione Irrigazione Est-Sesia di
Novara.

III) Dopo la chiusura della procedura, il curatore fallimentare, in quanto privo di potere di disposizione sui
beni fallimentari, non può essere destinatario di ordinanze sindacali dirette alla bonifica di siti inquinati per
effetto del comportamento dell’impresa fallita.
T.A.R. Bologna, Sez. II, sentenza n. 392 del 17-03-2004, Gullini Massimo c. Comune di Ferrara.

IV) L’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi tramite bonifica può essere diretto soltanto verso l’autore
dell’inquinamento, qualora sia individuabile (art. 17 commi 2 e 3 del Dlgs. 22/1997).
T.A.R. Brescia, Sent. n. 591 del 28-05-2004, Brenna Adalgisa c. Comune di Brembate.

58
Entro tali limiti deve ritenersi che qualora nell’ambito di un’operazione di bonifica si debba procedere al
confinamento di rifiuti non è necessaria l’autorizzazione per lo smaltimento degli stessi, considerata la natura sostitutiva
che l’art. 17, comma 7, D.Lgs 22/1997 attribuisce al provvedimento che consente la bonifica stessa. Per la verità la
Corte di Giustizia, Sez. II, sent. 7 settembre 2004, pronuncia pregiudiziale nel procedimento penale a carico di Paul Van
de Walle, Daniel Laurent, Thierry Mersch e Texaco Belgium SA - Cour d'appel de Bruxelles, Belgio, causa C-1/03 ha
affermato che “ degli idrocarburi sversati in modo non intenzionale e che siano all'origine di un inquinamento del
terreno e delle acque sotterranee costituiscono rifiuti, ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 15 luglio
1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE. Lo
stesso vale per il terreno inquinato da idrocarburi, ivi compreso il caso in cui tale terreno non sia stato rimosso”.
L’attribuzione della natura di rifiuto al terreno contaminato, non comporta, però, che la fase di bonifica “in situ” debba
sottostare alla disciplina amministrativa della gestione dei rifiuti, stante la sua specialità (conforme D.ROTTGEN, Primi
commenti alla nozione di rifiuto secondo la Corte CE, in Ambiente, n. 1/2005, pagg. 5 e segg., il quale afferma che “la
Corte, emanando la sentenza, sembra aver voluto garantire che, in assenza di una normativa nazionale, regionale e
comunitaria sui siti inquinati, trovi applicazione quantomeno la direttiva 75/442/CEE”). La normativa sui rifiuti si
applica in pieno qualora il rifiuto costituito dal terreno contaminato venga sottoposto a procedure di smaltimento o
recupero “extra situ”.
V) L’art. 10 comma 11 del DM Ambiente 471/1999 impone di tenere conto nello svolgimento della bonifica
delle sole attività produttive già in esercizio. [L’art. 10 comma 11 del DM Ambiente 471/1999 prevede che”
Nel caso di bonifica e ripristino ambientale di siti interessati da attività produttive in esercizio, fatto salvo
l'obbligo di garantire la tutela della salute pubblica e dell'ambiente, il Comune o, se l'intervento riguarda
un'area compresa nel territorio di più comuni, la Regione, in sede di approvazione del progetto assicura che i
suddetti interventi siano articolati in modo tale da risultare compatibili con la prosecuzione della attività”. La
decisione ricava il principio per cui le attività produttive già in esercizio devono essere sottoposte (qualora
non lo siano state in precedenza) a un’autorizzazione del Comune e della ASL per la verifica della
pericolosità delle lavorazioni in rapporto all’inquinamento della falda acquifera. Questa misura appare
giustificata, in quanto coerente con l’obiettivo di favorire la bonifica e di evitare medio tempore
l’aggravamento della situazione. È evidente che l’autorizzazione alla prosecuzione dell’attività potrà essere
negata solo qualora sia dimostrato che i procedimenti o i materiali utilizzati nelle lavorazioni possano
ragionevolmente esporre il sito al rischio di ulteriore inquinamento. Se necessario ai fini della bonifica,
l’autorizzazione potrà essere temporaneamente sospesa. Una volta terminata la bonifica queste limitazioni
perderanno la loro efficacia].
T.A.R. Brescia, Sent. n. 591 del 28-05-2004, Brenna Adalgisa c. Comune di Brembate.

VI) L’approvazione di un piano di lottizzazione non impedisce al Comune di adottare ai fini della bonifica
tutte le misure ritenute più opportune, qualora siano utili alla soluzione del problema dell’inquinamento e
introducano limitazioni all’attività dei privati proporzionate allo scopo. T.A.R. Brescia, Sent. n. 591 del 28-
05-2004, Brenna Adalgisa c. Comune di Brembate.

VII) La normativa del DLgs. 5 febbraio 1997 n. 22, è diretta al risanamento di qualunque sito inquinato,
purché sia tale al momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo, per cui la situazione di inquinamento
va considerata come fenomeno permanente fintantoché non venga riportata nei limiti di accettabilità;
pertanto, la detta normativa non presenta valenza retroattiva, dovendo, piuttosto essere giudicati perduranti
ed in atto i livelli di inquinamento che necessitano della adozione delle misure ivi stabilite.
T.A.R. Firenze, Sez. II, sent. n. 662 del 03-03-2004, W. Italia S.p.a. e B. N. c. Comune di San Casciano Val
di Pesa

VIII) Il proprietario di un sito contaminato, ove non sia responsabile della violazione, non ha l’obbligo di
provvedere, ma solo l’onere di farlo se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano
sull’area, nella specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare.
T.A.R. Firenze, Sez. II, sent. n. 662 del 03-03-2004, W. Italia S.p.a. e B. N. c. Comune di San Casciano Val
di Pesa
X) In mancanza di una specifica normativa che coordini le operazioni di bonifica dei siti inquinati con le
attività di dragaggio, non può affermarsi che queste ultime sarebbero comunque possibili quando non
pregiudichino i successivi interventi di caratterizzazione, di bonifica e di ripristino ambientale dell’area
interessata. Ciò in quanto la speciale normativa prevista per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino
ambientale dei siti inquinati di interesse nazionale, non può subire condizionamenti o comunque interferenze
sia sostanziali che procedimentali da parte delle restanti normative di settore, atteso l’ormai acclarato valore
ordinamentale del bene ambiente.
T.A.R. Genova, sent. n. 267 del 18-03-2004, WWF c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio,
Ministero delle Attività Produttive, Ministero della Salute ed altri.

XI) Non è dubbia l'esistenza di un rapporto giuridico-strumentale fra le due fasi: misure di sicurezza di
emergenza ed operazioni di bonifica, ma è altrettanto indubbio che le prime non possono sostituire le
seconde.
T.A.R. Napoli, Sez. I, sent. n. 7556 del 24-03-2004, K. Raffinazione e Chimica S.p.A. c. Ministero
dell'ambiente, Ministero della salute, Ministero delle attività produttive ed altri.

XII) Solo nell’ipotesi in cui, a seguito della rimozione dei materiali, si accerti il superamento dei limiti, va
effettuata la messa in sicurezza, bonifica ed il ripristino ambientale ai del D.M. n. 471/99, poiché solamente
in tal caso il sito può dirsi inquinato. Ne consegue che la redazione del piano di caratterizzazione non è
preliminare alla rimozione dei rifiuti, ma successivo ed eventuale, e cioè ove si accerti il superamento dei
previsti limiti d’inquinamento. Inoltre l’inquinamento del suolo e delle acque va accertato in concreto con
l’effettuazione di specifiche analisi. Ovviamente, rimane fermo il potere dell’Amministrazione di effettuare
verifiche e controlli in ordine alla contaminazione o meno del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee
al fine di tutelare la salute pubblica e l’ambiente.
T.A.R. Palermo, Sez. II, sent. n. 1154 del 21-06-2004, S.I.A.P. srl c. Comune di Palermo e Azienda Unità
Sanitaria Locale n. 6 di Palermo.

XIV) La circostanza che non sussista un pericolo imminente legato all’inquinamento delle falde acquifere o
alla coltivazione del terreno, potrebbe comportare una dilazione dei tempi di intervento, o anche una maggior
scelta tra gli interventi adottabili, con possibilità di scegliere quelli meno costosi. Non può però condurre ad
escludere l’obbligo di intervenire sul sito.
T.A.R. Umbria, Sez. I sentenza n. 168 dell’ 8 aprile 2004 ( c.c. 11-02- 2004), C. c. Comune di Gubbio ed
altri.

N.B. Avvertenza in materia di diritto di autore: Il testo della presente relazione è tratto, con integrazioni, da opere già
pubblicate dal relatore nella materia ed è a disposizione dei convegnisti per la miglior comprensione della relazione. Ne è
quindi consentita la sola consultazione e ne è vietata la diffusione in qualsiasi forma.
La corretta gestione dei rifiuti dal punto di vista del chimico
a cura del Dott. Mauro Sanna, chimico.

Criteri per qualificazione di un rifiuto previsti dall’OCSE e dalle sentenze della Corte di Giustizia
Europea. Ipotesi di applicazione ad uno scarto utilizzato come combustibile
Al fine di qualificare, come rifiuti o meno, i materiali di scarto destinati ad essere impiegati in modo
aspecifico per il recupero dell’energia in essi contenuti nella presente nota, si è proceduto all’applicazione
dei principali criteri previsti in materia dall’OCSE e menzionati nelle Sentenze della Corte di Giustizia
Europea.
Proponendo tali criteri sotto forma di quesiti, tale esame è stato riferito ad un caso emblematico: impiego di
uno scarto come combustibile al fine di recuperare l’energia in esso contenuta.

Recupero di energia da un materiale di scarto


Primo quesito: Il materiale è prodotto intenzionalmente?
Il materiale è uno scarto di un ciclo di produzione industriale la cui quantità generata non è funzione della
richiesta del mercato ma è funzione solo della quantità di prodotto che, in relazione alla richiesta del
mercato si vuole produrre.
Anche la sua qualità è del tutto indefinita, essa varia da processo a processo, ma questo è indifferente per
l'imprenditore che ha posto in essere il processo produttivo.
Infatti il prodotto di qualità che si vuole ottenere e che deve perciò sottostare a determinate specifiche è il
prodotto per il quale è stato attivato il ciclo produttivo e non il materiale di scarto che si ottiene nella
produzione.
Pertanto, la quantità e la qualità dello scarto ottenuto non sono intenzionali ma sono funzione dalla qualità e
quantità del prodotto che si vuole produrre.
Esso non è individuato come prodotto né in particolare come un combustibile, nè nella letteratura
internazionale né nel documento del BREFF riguardante la Autorizzazione Integrata Ambientale (IPPC), ma
è solo combustibile come qualsiasi altra sostanza contenente carbonio.
La risposta al quesito è negativa
Secondo quesito: Il valore economico complessivo del materiale è negativo?
Il prezzo di vendita è nettamente inferiore a quello dei combustibili tradizionali, questo materiale non è
richiesto in generale dal mercato come combustibile né ha lo stesso mercato dei combustibili.
Esso non è importato o esportato negli altri paesi UE.
Nessun imprenditore porrebbe in essere un processo produttivo per produrre tale materiale da impiegare
come combustibile.
La risposta al quesito è affermativa.
Terzo quesito: E' richiesto un trattamento ulteriore prima che il materiale possa venire utilizzato
direttamente?
Per ottenere energia dal prodotto di scarto esso non solo deve essere sottoposto a trattamento termico, ma
deve essere anche selezionato, condizionato e tenuto in deposito.
La risposta al quesito è affermativa.
Quarto quesito: Il materiale è ancora idoneo all'uso cui è stato originariamente destinato?
Essendo il materiale uno scarto di produzione, non era destinato originariamente ad alcun uso, esso per
trovare una collocazione può essere assoggettato esclusivamente a trattamento termico cioè ad un processo
normalmente utilizzato per lo smaltimento dei rifiuti che porti alla sua combustione sia che esso avvenga
senza il recupero di energia che con il recupero di questa.
La risposta al quesito è negativa.
Quinto quesito: L'uso del materiale presenta una compatibilità ambientale analoga a quella di
un prodotto primario?
Il materiale di scarto contiene sostanze chimiche inquinanti in parte ignote ed in parte note, presenti invece
nei combustibili in concentrazioni trascurabili, e che appunto per questo non sono nemmeno prese in
considerazione dalle specifiche merceologiche che le individuano e ne permettono la commercializzazione.
Inoltre mentre gli olii combustibili sono prodotti dal processo di raffinazione del petrolio, il materiale nel
caso in esame è uno scarto costituito da una miscela di sostanze che si formano in un processo chimico
destinato ad ottenere un prodotto industriale ben preciso, per il quale appunto il processo è stato posto in
essere.
La risposta al quesito è negativa o comunque è da verificare caso per caso.
Sesto quesito: Il materiale verrà effettivamente impiegato in un processo di produzione?
Non vi è certezza che il materiale sarà impiegato in un processo produttivo, unica possibilità di impiego in
alternativa allo smaltimento, è che esso, previo trattamento sia sottoposto ad un trattamento termico, cosicché
possa essere ottenuta dell’energia da impiegare in un altro processo produttivo.
La risposta è negativa o comunque essa è da verificare caso per caso.
Settimo quesito:Il materiale ha un uso determinato?
L’uso a cui è destinato è del tutto indipendente dall'identità e dalla composizione chimica specifica del
materiale, unica proprietà richiesta è che esso sia "combustibile".
Molte sostanze chimiche anche pericolose, come ad esempio il benzene purché siano sostanze organiche
sono “combustibili”, certamente non per questo sono compresi tra “i combustibili”, anche se potrebbero
rispettare le caratteristiche merceologiche previste per i combustibili, che però non hanno alcuna rilevanza di
carattere ambientale.
La combustione del materiali è quindi un uso del tutto indeterminato ed aspecifico che potrebbe riguardare
ogni sostanza organica.
Infatti la sua combustione, come quella di tutte le sostanze organiche, produce energia, ma non per questo
tutte le sostanze organiche in grado di essere combuste, sono da classificare come combustibili. In caso
contrario qualsiasi incenerimento di rifiuti con recupero di energia non sarebbe un'attività di smaltimento ma
un processo produttivo per produrre energia o residui carboniosi.
La risposta al quesito è negativa.
Ottavo quesito: L'uso del materiale in un processo di produzione causa rischi maggiori per la
salute umana o per l'ambiente rispetto all'uso della materia prima corrispondente?
Come evidenziato al quinto quesito, le componenti inquinanti sono del tutto estranee a quelle presenti nei
combustibili, pur se non contiene zolfo, esso può contenere tanti altri inquinanti che non sono presenti nei
combustibili tradizionali e quindi non sono presi in considerazione nelle loro caratterizzazioni né sono
classificate.
Conseguentemente, i sistemi di abbattimento delle emissioni di una centrale termica sono calibrati per gli
inquinanti prodotti dalla combustione di combustibili tradizionali, ma non sono adeguati alle emissioni
prodotte dalla combustione dello scarto di un processo chimico la cui composizione è del tutto diversa,
incognita e variabile.
Il pregiudizio ambientale prodotto dalla combustione dello scarto del processo chimico impiegato come un
combustibile in una centrale termica è facilmente valutabile, è infatti sufficiente comparare le prescrizioni
previste per le emissioni (parametri, limiti, sistemi di abbattimento), a cui è soggetta una centrale termica,
notevolmente meno restrittive, rispetto a quelle previste per un inceneritore. La differenza tra i due tipi di
prescrizione permette di valutare la convenienza di procedere alla combustione dello scarto del processo
chimico come combustibile invece che come rifiuto.
Tale pratica determina però effetti ambientali negativi, infatti, nel caso di una centrale termica che brucia
combustibile tradizionale i limiti per le sostanze inquinanti sono notevolmente più miti, i parametri da
controllare sono in numero ridotto ed i sistemi di abbattimento più semplici e meno costosi rispetto a quelli
che si devono impiegare per la combustione di una sostanza indeterminata quale è appunto lo scarto di un
processo chimico.
Bruciare un residuo di processo in una centrale termica comporta, che esso venga assoggettato
impropriamente ai limiti, ai parametri ed ai sistemi di abbattimento previsti per altre sostanze, quali gli olii
combustibili, che non contengono però le sostanze inquinanti contenute in tale scarto.
Una idea degli inquinanti che possa essere in esso presente è data dalla tabella dell’allegato 2, suballegato 2,
del D.M. 5.2.1998 (Tav. A).
Tavola A
Decreto 05/02/1998 GUSO 88 04/16/1998

ALLEGATO 1
- VALORI LIMITE E PRESCRIZIONI PER LE ALLEGATO 2
EMISSIONI CONVOGLIATE IN ATMOSFERA - DETERMINAZIONE DEI VALORI LIMITE E
DELLE ATTIVITA' DI RECUPERO DI MATERIA PRESCRIZIONE PER LE EMISSIONI IN
DAI RIFIUTI NON PERICOLOSI ATMOSFERA DELLE ATTIVITA' DI RECUPERO DI
ENERGIA DAI RIFIUTI NON PERICOLOSI
Suballegato 2
(*) Suballegato 2
2.3 TABELLA
Durante il funzionamento degli impianti non devono essere 1. Durante il funzionamento non devono essere superati:
superati
a) valori medi giornalieri:
1) polvere totale 10 mg/m3 a) valori medi giornalieri:
2) sostanze organiche sotto forma di gas 1) polvere totale 10 mg/m3
e vapori, espresse come 2) sostanze organiche sotto forma di gas
carbonio organico totale (COT) l0 mg/m3 e vapori, espresse come carbonio
3) cloruro di idrogeno (HCl) l0 mg/m3 organico totale (COT) 10 mg/m3
4) floruro di idrogeno (HF) 1 mg/m3 3) cloruro di idrogeno (HCl) 10 mg/m3
5) biossido di zolfo (SO2) 50 mg/m3 4) fluoruro di idrogeno (HF) 1 mg/m3
5) biossido di zolfo (SO2) 50 mg/m3
b) valori medi su 30 minuti:
A B b) valori medi su 30 minuti:
1) polvere totale 30 mg/m3 10 mg/m3 A B
2) sostanze organiche sotto forma di 1) polvere toltale 30 mg/m 3 10 mg/m3
gas e vapori, espresse come carbonio 2) sostanze organiche sotto forma di
organico totale (COT) 20 mg/m3 10 mg/m3 gas e vapori, espresse come carbonio
3) cloruro di idrogeno (HCl) 60 mg/m3 l0 mg/m3 organico totale (COT) 20 mg/m3 10 mg/m3
4) floruro di idrogeno (HF) 4 mg/m3 2 mg/m3 3) cloruro di idrogeno (HCl) 60 mg/m3 10 mg/m3
5) biossido di zolfo (SO2) 200 mg/m3 50 mg/m3 4) fluoruro di idrogeno (HF) 4 mg/m3 2 mg/m3
c) valori medi durante il periodo di campionamento di 30 5) biossido di zolfo (SO2) 200 mg/m3 50 mg/m3
minuti come minimo e di 8 ore come massimo c) tutti i valori medi durante il periodo di campionamento di
1 ora
1) cadmio e i suoi composti. espressi
come cadmio (Cd) - totale 0,05 mg/m3 1) cadmio e i suoi composti. espressi
2) Tallio e i suoi composti. espressi come cadmio (Cd) - totale 0,05 mg/m3
come tallio (Tl ) 2) Tallio e i suoi composti. espressi
come tallio (Tl )
3) Mercurio e i suoi composti, espressi come mercurio (Hg)
0,05 mg/m3 3) Mercurio e i suoi composti, espressi come mercurio (Hg)
0,05 mg/m3
4) Antimonio e suoi composti, espressi come
antimonio (Sb) 4) Antimonio e suoi composti, espressi come
5) Arsenico e suoi composti, espressi come antimonio (Sb)
arsenico (As) 5) Arsenico e suoi composti, espressi come
6) Piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb) arsenico (As)
7) Cromo e suoi composti, espressi come cromo (Cr) - 6) Piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb)
totale 7) Cromo e suoi composti, espressi come cromo (Cr) -
8) Cobalto e suoi composti, espressi come cobalto (Co) totale
0,5 8) Cobalto e suoi composti, espressi come cobalto (Co)
9) Rame e suoi composti, espressi come rame (Cu) 0,5
mg/m3 9) Rame e suoi composti, espressi come rame (Cu)
10) Manganese e suoi composti, espressi come mg/m3
manganese (Mn) 10) Manganese e suoi composti, espressi come
11) Nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni) manganese (Mn)
12) Vanadio e suoi composti, espressi come vanadio (V) 11) Nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni)
13) Stagno e suoi composti, espressi come stagno (Sn) 12) Vanadio e suoi composti, espressi come vanadio (V)
13) Stagno e suoi composti, espressi come stagno (Sn)

Questi valori medi si applicano anche ai metalli ed ai loro


composti presenti nelle emissioni anche sotto forma di gas e Questi valori medi si applicano anche ai metalli ed ai loro
vapore. composti presenti nelle emissioni in forma di gas o vapori.

Segue ALLEGATO 1 Segue ALLEGATO 2


RECUPERO DI MATERIA DAI RIFIUTI RECUPERO DI ENERGIA DAI RIFIUTI
Suballegato 2 Suballegato 2
--------------------------------------------------------------- ---------------------------------------------------------------
2.4 Durante il funzionamento degli impianti non devono 2. Durante il funzionamento degli impianti non devono
essere superati i seguenti valori limite per le concentrazioni essere superati i seguenti valori limite nelle emissioni per le
di monossido di carbonio (CO): concentrazioni di monossido di carbonio (CO), se non
a) 50 mg/Nm3 di gas di combustione determinati come diversamente indicato nel suballegato 1:
valore medio giornaliero; a) 50 mg/Nm3 di gas di combustione determinati come
b) 100 mg/Nm3 di gas di combustione di tutte le valore medio giornaliero;
misurazioni determinate come valori medi su 30 minuti. b) 100 mg/Nm3 di gas di combustione di tutte le
misurazioni determinate come valori medi su 30 minuti.
2.5 Non si deve tener conto degli agenti inquinanti e di CO
che non derivano direttamente dalla utilizzazione di rifiuti 3. I valori limite di emissione sono rispettati:
come pure di CO se: - se tutti i valori medi giornalieri non superano i valori
- maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione limite di emissione stabiliti al paragrafo 2. lett. a) e al
sono richieste dal processo di produzione; paragrafo 1 lett. a) e
- il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le - tutti i valori medi su 30 minuti non superano i valori
diossine e i furani è rispettato. limite di emissione di cui alla colonna A, paragrafo 1 lett. b)
ovvero il 97% dei valori medi su 30 minuti rilevati nel corso
2.6 I valori limite di emissione sono rispettati: dell'anno non superano i valori limite di emissione di cui
- se tutti i valori medi giornalieri non superano i valori alla colonna B, paragrafo 1, lett. b)
limite di emissione stabiliti al paragrafo 2.3 lett. a) e al - se tutti i valori medi rilevati nel periodo di
paragrafo 2.4 lett. a) e campionamento di cui al paragrafo 1, lett. e), non superano i
- tutti i valori medi su 30 minuti non superano i valori valori limite di emissione stabiliti in tale paragrafo.
limite di emissione di cui alla colonna A, paragrafo 2.3 lett. - se è rispettata la disposizione di cui al paragrafo 2, lett. b.
b) ovvero il 97% dei valori medi su 30 minuti rilevati nel
corso dell'anno non superano i valori limite di emissione di 4. Per il tenore di ossigeno di riferimento è comunque fatto
cui alla colonna B, paragrafo 2.3, lett. b) salvo quanto disposto all'art. 3 comma 2 del D.M. 12 luglio
- se tutti i valori medi rilevati nel periodo di 1990.
campionamento di cui al paragrafo 2.3, lett. e), non
superano i valori limite di emissione stabiliti in tale 5. Per il calcolo del valore di emissione di PCDD + PCDF
capoverso se è rispettata la disposizione di cui al paragrafo come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1
2.4, lett. b. della direttiva 94/67/CE;
2.7 In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui viene 6. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici
effettuato il recupero, il valore limite totale delle emissioni aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:
(C) deve essere calcolato in modo da ridurre al minimo le - Benz [a]antracene
emissioni nell'ambiente. - Dibenz[a,h]antracene
- Benzo[b]fluorantene
2.8 Per il tenore di ossigeno di riferimento è comunque fatto - Benzo[j]fluorantene
salvo quanto disposto all'art. 3 comma 2 del D.M. 12 luglio - Benzo[k]fluorantene
1990. - Benzo[a]pirene
- Dibenzo[a,e]pirene
2.9 Per il calcolo del valore di emissione di PCDD+PCDF - Dibenzo[a,h]pirene
come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1 - Dibenzo[a,i]pirene
della direttiva 94/67/CE; - Dibenzo[a,l]pirene
- Indeno [1,2,3 - cd]pirene
2.10 Il valore limite di emissione per gli idrocarburi
policiclici aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei
seguenti:
- Benz [a]antracene
- Dibenz[a,h]antracene
- Benzo[b]fluorantene
- Benzo[j]fluorantene Segue ALLEGATO 2
- Benzo[k]fluorantene RECUPERO DI ENERGIA DAI RIFIUTI
- Benzo[a]pirene Suballegato 2
- Dibenzo[a,e]pirene ---------------------------------------------------------------
- Dibenzo[a,h]pirene
- Dibenzo[a,i]pirene 7. Fermo restando quanto disposto dalla decisione della
- Dibenzo[a,l]pirene Commissione concernente i metodi di misurazione
- Indeno [1,2,3 - cd]pirene armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di
massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente
ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle
emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto
Segue ALLEGATO 1 previsto nei decreti di attuazione del DPR 24 maggio 1988
RECUPERO DI MATERIA DAI RIFIUTI n° 203: Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei
Suballegato 2 rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine
--------------------------------------------------------------- della verifica del rispetto delle concentrazioni degli
inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il
2.11 Fermo restando quanto disposto dalla decisione della confronto va effettuato con i valori medi ottenuti
Commissione concernente i metodi di misurazione statisticamente mediante determinazioni su un numero di
armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a
massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i
ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei
emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h.
previsto nei decreti di attuazione del DPR 24 maggio 1988
n° 203: Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei
rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine
della verifica del rispetto delle concentrazioni degli
inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il ALLEGATO 2 - DETERMINAZIONE DEI VALORI
confronto va effettuato con i valori medi ottenuti LIMITE PER LE EMISSIONI DOVUTE AL
statisticamente mediante determinazioni su un numero di RECUPERO DI RIFIUTI COME COMBUSTIBILE O
campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a ALTRO MEZZO PER PRODURRE ENERGIA
cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i TRAMITE COMBUSTIONE MISTA DI RIFIUTI E
valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei COMBUSTIBILI TRADIZIONALI.
campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h.
Suballegato 3
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
(*) 1. I valori limite per ciascun inquinante e per il monossido
1. Determinazione dei valori limite per le emissioni di carbonio risultanti dalla co - combustione di rifiuti e
conseguenti al recupero di materia da rifiuti non pericolosi combustibili devono essere calcolati come segue:
in processi a freddo V rifiuto x C rifiuto + V processo x C processo
C = -----------------------------------------------
Per i processi "a freddo" di recupero indicati nel suballegato V rifiuto + V processo
1 Allegato 1 quali: V rifiuto = volume dei gas emessi derivante dalla
• selezione combustione dei soli rifiuti in quantità corrispondente alla
• deposito massima prevista nella comunicazione, determinato in base
• macinazione ai rifiuti che hanno il più basso potere calorifico. Se il calore
• vagliatura prodotto risultante dall'incenerimento di rifiuti è inferiore al
• omogeneizzazione 10% del calore totale prodotto dall'impianto, V rifiuti va
• produzione di conglomerati cementizi calcolato dalla quantità (fittizia) di rifiuti che, combusti,
equivalgono ad un calore prodotto del 10%, a calore totale
i valori limite di emissione per gli agenti inquinanti sono dell'impianto costante.
fissati al valori minimi contenuti nelle disposizioni C rifiuto = valori limite di emissione stabiliti nelle singole
nazionali, legislative, regolamentari ed amministrative voci del suballegato 1 e nel suballegato 2 per gli impianti
riferite ai cicli di produzione corrispondenti alle attività di destinati ad utilizzare soltanto rifiuti.
recupero ridotti del 10% ovvero, qualora siano più V processo = volume dei gas emessi derivanti dal processo
restrittivi, ai valori contenuti nelle autorizzazioni ex DPR inclusa la combustione dei combustibili ammessi ai sensi
203/88 ridotti del 10%. della normativa vigente (esclusi i rifiuti) del tipo e nella
quantità minima prevista nella comunicazione, determinato
2. Determinazione dei valori limite per le emissioni sulla base del tenore di ossigeno, al quale le emissioni
conseguenti al recupero di materia dai rifiuti non pericolosi devono essere normalizzate come stabilito nelle norme
in processi termici nazionali.
2.1 Per i processi termici di recupero individuati nel
suballegato 1 quali
1. pirotrattamento Segue ALLEGATO 2
2. pirolisi e piroscissione RECUPERO DI ENERGIA DAI RIFIUTI
3. trattamenti termici Suballegato 2
4. produzione di cemento ---------------------------------------------------------------
5. cicli metallurgici primari e secondari e idrometallurgici
6. raffinazione metallurgica C processo = valori limite di emissione dei relativi
7. produzione di laterizi inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi
8. produzione di ceramica dall'impianto quando vengono utilizzati i combustibili
9. produzione di conglomerati e malte bituminose ammessi ai sensi della normativa vigente (esclusi i rifiuti)
10. produzione del vetro conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni
11. produzione sostanze chimiche nazionali legislative, regolamentari e legislative ridotte del
12. cicli metallurgici in cui il residuo è utilizzato come 10%. Nel caso siano più restrittivi si applicano i valori
correttivo o riducente limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex DPR
Segue ALLEGATO 1 203/88 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti, di CO e
RECUPERO DI MATERIA DAI RIFIUTI di COT non sono fissati, si utilizzano le emissioni reali
Suballegato 2 ridotte del 10%; i valori di processo sono riferiti allo stesso
--------------------------------------------------------------- tempo di mediazione di cui al suballegato 2 ed alle singole
voci del suballegato 1.
2.2 Il valore limite per ciascun agente inquinante e per il C = valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri
monossido di carbonio presenti nelle emissioni risultanti dal inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione di cui al
recupero di rifiuti non pericolosi sono convenzionalmente suballegato 2 ed alle singole voci del suballegato 1. Il tenore
calcolati in base alla percentuale di rifiuto impiegata nel di ossigeno di riferimento è calcolato sulla base del tenore di
ciclo produttivo rispetto al totale della materia alimentata riferimento relativo al rifiuto e quello relativo al processo,
all'impianto secondo la formula seguente: come individuato dal D.M. 12/7/90, rispettando il rapporto
dei volumi parziali.
A rifiuti x C rifiuti + A processo x C processo Nota. Ai soli fini del calcolo della formula di cui al punto 1,
C = ----------------------------------------- i valori limite per la polvere totale, COT, HCl, HF e SO2
A rifiuto + A processo
sono unicamente quelli individuati alla lett. a) della tabella
A rifiuto = quantità oraria (espressa in massa) dei rifiuti non in sub.2.
pericolosi alimentati all'impianto non corrispondente alla Per i valori limite di polveri totali, SO2, NOx, CO e COT i
quantità massima prevista nella comunicazione. valori C rifiuto, C processo e C sono espressi come valori
C rifiuti = valori limite di emissione stabiliti nella medi giornalieri. A tal fine, il valore medio giornaliero di C
successiva tabella. processo è assunto pari al 115% del medesimo valore fissato
A processo = quantità oraria (espressa in massa) di materia su base mensile.
alimentata all'impianto (esclusi i rifiuti) corrispondente alla Per i valori di IPA, PCDD ÷ PCDF i valori di C rifiuto, C
quantità minima prevista nella comunicazione. processo e C devono essere espressi come valori medi
C processo = valore limite di emissione per gli agenti riferiti a 8 ore.
inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi dagli Per i valori dei metalli i valori di C rifiuto, C processo e C
impianti quando vengono utilizzate materie prime devono essere espressi come valori medi orari.
tradizionali ovvero materie prime e prodotti (esclusi i rifiuti)
conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni 2. La misurazione continua di HF può essere omessa se
nazionali legislative, regolamentari e amministrative ridotti vengono utilizzate fasi di trattamento per HCl che
del 10%. Nel caso siano più restrittivi, si applicano i valori garantiscono che il valore limite di emissione per lo stesso
limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex DPR parametro HCl espresso sia come valore medio giornaliero
203/88 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti e del CO che come valore medio su trenta minuti non venga superato.
e COT non sono fissati si utilizzano le emissioni reali ridotte In questo caso le emissioni di HF sono soggette a
del 10%. I valori di C processo sono riferiti allo stesso misurazioni mensili.
tempo di mediazione previsto alla successiva tabella.
C = valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri 3. Non si deve tenere conto degli agenti inquinanti e di CO
inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione previsto alla che non derivano direttamente dalla combustione di rifiuti o
successiva tabella. Il tenore di ossigeno di riferimento e quello di combustibili, come pure di CO derivante dalla
relativo al processo se non diversamente individuato in combustione se:
conformità al D.M. 12/7/90. - maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione
sono richieste dal processo di produzione;
- il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le
diossine e i furani è rispettato.

4. In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui è stato


autorizzato il coincenerimento, il valore limite totale delle
emissioni (C) deve essere calcolato in modo da ridurre al
minimo le emissioni nell'ambiente.

5. Per il tenore di ossigeno di riferimento è comunque fatto


salvo quanto disposto all'art. 3 comma 2 del D.M. 12 luglio
1990.

Segue ALLEGATO 2
RECUPERO DI ENERGIA DAI RIFIUTI
Suballegato 2
---------------------------------------------------------------

6. Per il calcolo del valore di emissione di PCDD ÷ PCDF


come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1
della direttiva 94/67/CE;

7. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici


aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:
- Benz [a]antracene
- Dibenz[a,h]antracene
- Benzo[b]fluorantene
- Benzo[j]fluorantene
- Benzo[k]fluorantene
- Benzo[a]pirene
- Dibenzo[a,e]pirene
- Dibenzo[a,h]pirene
- Dibenzo[a,i]pirene
- Dibenzo[a,l]pirene
- Indeno [1,2,3 - cd]pirene

8. Fermo restando quanto disposto dalla decisione della


Commissione concernente i metodi di misurazione
armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di
massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente
ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle
emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto
previsto nei decreti di attuazione del DPR 24 maggio 1988
n° 203: Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei
rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine
della verifica del rispetto delle concentrazioni degli
inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il
confronto va effettuato con i valori medi ottenuti
statisticamente mediante determinazioni su un numero di
campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a
cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i
valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei
campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h.

9. Per i primi 24 mesi gli accertamenti dei limiti di


emissione mediante controllo in continuo degli inquinanti
sono accompagnati dall'esecuzione in parallelo di campagne
analitiche con misurazioni puntuali a carico del gestore
dell'impianto in accordo con l'autorità di controllo.
Il pregiudizio ambientale determinato può essere anche monetizzato, è sufficiente infatti comparare i costi
necessari per gli impianti di abbattimento delle emissioni prodotte dalla combustione del residuo se viene
classificato impropriamente come "un combustibile" rispetto a quelli, notevolmente superiori, che sarebbero
necessari se invece il processo di combustione fosse considerato, come deve essere, un trattamento termico
di un rifiuto che altrimenti non si saprebbe come smaltire.
La differenza di due costi rappresenta quanto si risparmia a scapito dell'ambiente.
La risposta è affermativa.
Nono quesito: La produzione del materiale è soggetta a controllo di qualità?
Le analisi di controllo della qualità chimica del residuo di produzione sono attuabili, infatti, le
concentrazioni delle sostanze presenti sono differenti da partita a partita, tutto ciò a differenza di quelle
relative al prodotto che rappresenta lo scopo del processo in essere che evidenzierebbero sempre le stesse
caratteristiche.
Tali analisi d’altra parte sarebbero del tutto superflue in relazione alla destinazione del residuo come
combustibile che è del tutto indipendente dalla sua composizione chimica.
La riposta è negativa.
Decimo quesito: Il materiale può essere utilizzato nella sua forma attuale o allo stesso modo come
materia prima senza essere soggetto ad operazioni di recupero?
Per le considerazioni svolte ai quesiti terzo e settimo il residuo può essere solo sottoposto a trattamento
termico al fine del suo smaltimento o per recuperare energia termica come nel caso di tutte le sostanze
organiche sottoposte a combustione.
La risposta al quesito è negativa.
Undicesimo quesito: Il materiale può essere usato solo dopo essere stato sottoposto ad una
operazione di recupero?
Per le considerazioni svolte al terzo, sesto, settimo e decimo quesito, esso può essere solo combusto o in
generale sottoposto a trattamento termico, e non si conoscono né sono possibili altri impieghi nello stesso e
diverso ciclo produttivo senza che si proceda preliminarmente ad un trattamento termico.
La risposta al quesito è affermativa
Criteri per qualificazione di un rifiuto previsti dall’OCSE e dalle sentenze della Corte di Giustizia
Europea. Ipotesi di applicazione ad uno scarto utilizzato per la formazione di riempimenti o rilevati

Al fine di qualificare, come rifiuti o meno, i materiali di scarto destinati ad essere impiegati in modo
aspecifico per il recupero della materia in essi contenuti nella presente nota, si è proceduto all’applicazione
dei principali criteri previsti in materia dall’OCSE e menzionati nelle Sentenze della Corte di Giustizia
Europea.
Proponendo tali criteri sotto forma di quesiti, tale esame è stato riferito ad un caso emblematico: impiego di
un residuo per realizzare un riempimento o un rilevato, recuperando, anche se in modo aspecifico, la materia
in esso contenuta.
Recupero di uno scarto di produzione per la formazione di riempimenti o rilevati
Primo quesito: Il materiale è prodotto intenzionalmente?
Il materiale deriva dalla demolizione dei fabbricati non più utilizzabili per lo scopo per il quale erano stati
realizzati, perché obsoleti e dismessi da molto tempo o perché è necessario sgomberare l’area per realizzare
altri edifici.
La risposta al quesito è negativa.
Secondo quesito: Il valore economico complessivo del materiale è negativo?
La struttura dismessa non aveva alcun valore economico e la sua demolizione ha avuto un costo ben preciso
ed anche il trasporto e la messa a dimora del materiale di demolizione ha un costo elevato.
Esso quindi come tale non ha valore economico anzi la sua gestione presenta un elevato onere economico
La risposta al quesito è affermativa.
Terzo quesito: E' richiesto un trattamento ulteriore prima che il materiale possa venire utilizzato
direttamente?
Per ottenere il materiale è stato necessario che gli edifici fossero demoliti, e per il suo recupero come materia
di riempimento è necessario che esso sia sottoposto ad una cernita e ad una sua caratterizzazione e bonifica
al fine di escludere effetti negativi sull' ambiente.
Il suo recupero non è un semplice riutilizzo il materiale, infatti, ha perso completamente la sua identità
originaria, impiegandolo in un rilevato o in un riempimento avviene solo un recupero aspecifico della
materia contenuta in tale scarto di demolizione, sfruttando di fatto solo il suo ingombro volumetrico.
La risposta al quesito è affermativa.
Quarto quesito: Il materiale è ancora idoneo all'uso cui è stato originariamente destinato?
Le strutture e gli impianti sono stati demoliti ed il materiale ottenuto, o parte di esso non è più utilizzabile
per nuove .costruzioni, è solo possibile il suo smaltimento o un recupero aspecifico della materia in esso
contenuta, come materiale da riempimento.
La risposta al quesito è negativa.
Quinto quesito: L’uso del materiale presenta una compatibilità ambientale analoga a quella di
un prodotto primario?
Il materiale da demolizione ha natura promiscua e contiene sostanze estranee ed inquinanti, plastica, ferro,
eternit ed altri inquinanti liquidi del tutto assenti in un materiale di cava da utilizzare per il riempimento che
ha qualità omogenea ed è privo di contaminanti.
Se tale materiale non è sottoposto ad alcuna bonifica e caratterizzazione le sostanze inquinanti sono dilavate
e possono essere cedute all'ambiente in modo del tutto incontrollato.
La risposta al quesito è negativa.
Sesto quesito: Il materiale verrà effettivamente impiegato in un processo di produzione?
L’effettivo impiego del materiale di demolizione delle strutture originarie che costituivano il bene, che sono
state dismesse e poi demolite, in un processo produttivo, se tale si considera, anche la formazione di un
rilevato o il riempimento di una depressione è solo possibile e può essere verificato solo a posteriori una
volta che esso sia stato realizzato.
Infatti per verificare la reale possibilità di recupero del materiale di riempimento è necessario che esso sia
stato sottoposto a cernita ed a bonifica, sia stata verificata la qualità, sia stata ridotta la capacità inquinante
del materiale ed i costi necessari al suo recupero siano concorrenziale con quelli relativi dall'impiego di
materiale di cava.
La risposta è da verificare caso per caso.
Settimo quesito: Il materiale ha un uso determinato?
Il recupero del materiale di scarto della demolizione in un riempimento o in un rilevato è del tutto aspecifico
ed il materiale ha perso la sua originaria identità ed ha un recupero che riguarda la sua capacità di
riempimento e quindi il suo ingombro volumetrico piuttosto che la materia che lo costituisce.
La risposta al quesito è negativa
Ottavo quesito: L'uso del materiale in un processo di produzione causa rischi maggiori per la
salute umana o per l'ambiente rispetto all'uso della materia prima corrispondente?
Come già evidenziato al terzo e sesto quesito, a differenza di un materiale di cava avente una composizione
omogenea e privo di contaminanti, il materiale da demolizione ha natura promiscua e contiene sostanze
estranee ed inquinanti, plastica, ferro, eternit e sostanze liquide. Se tale materiale non è sottoposto ad alcuna
caratterizzazione ed a bonifica le sostanze inquinanti sono dilavate e cedute all'ambiente in modo del tutto
incontrollato.
Una idea degli inquinanti che possa essere presenti in un materiale di demolizione è data dalla tabella
dell’allegato 3 del D.M. 5.2.1998 (Tav. A).
La risposta al quesito è negativa.
Nono quesito: La produzione del materiale è soggetta a controllo di qualità?
La produzione del materiale deriva dalla demolizione dei fabbricati, questa è avvenuta senza un controllo di
qualità né queste d'altra parte era necessaria ai fini della demolizione.
I controlli sui materiali di demolizione, destinati al riempimento hanno senso solo se il materiale è
sottoposto preventivamente a trattamento e bonifica e non se il materiale è discaricato in modo promiscuo ed
aspecifico senza caratterizzazione e bonifica ma tali controlli non riguardano comunque la produzione del
materiale di demolizione ma eventualmente il suo impiego.
La risposta al quesito è negativa.
Decimo quesito: Il materiale può essere utilizzato nella sua forma attuale o allo stesso modo come
materia prima senza essere soggetto ad operazioni di recupero?
I1 materiale di demolizione non è riutilizzabile, esso infatti ha perso completamente la sua originaria identità.
Il materiale derivante dalla demolizione se cernito e raggruppato per tipologia e ridotto alle dimensioni
desiderate, può solo assoggettato ad un recupero di tipo aspecifico come materiale per riempimenti o rilevati.
La risposta al quesito è negativa.
Undicesimo quesito: Il materiale può essere usato solo dopo essere stato sottoposto ad
un'operazione di recupero?
Il materiale di demolizione, poiché aspecifico e promiscuo, può essere recuperato solo dopo essere stato
sottoposto ad operazioni quali selezione, raggruppamento e bonifica.
Non adottando i suddetti trattamenti il materiale di demolizione impiegato per il riempimento di fatto non
viene recuperato ma l’operazione svolta per le modalità con cui è stata condotta, è in realtà da qualificare
come una discarica.
La risposta al quesito è affermativa.
Tavola A
Concentrazioni limite stabilite dall’allegato 3 al D.M. 5.2.1998 previste per i componenti eluiti dai
campioni di rifiuti da utilizzare in rilevati e riempimenti
Parametri Unità di misura Concentrazioni limite

Nitrati mg/l NO3 50


Fluoruri mg/l F 1,5
Solfati mg/l SO4 250
Cloruri mg/l Cl 200
Cianuri µg/l Cn 50
Bario mg/l Ba 1
Rame mg/l Cu 0,05
Zinco mg/l Zn 3
Berillio µg/l Be l0
Cobalto µg/l Co 250
Nichel µg/l Ni 10
Vanadio µg/l V 250
Arsenico µg/l As 50
Cadmio µg/l Cd 5
Cromo totale µg/l Cr 50
Piombo µg/l Pb 50
Selenio µg/1 Se 10
Mercurio µg/l Hg 1
Amianto mg/l 30
COD mg/l 30
pH 5.5 < > 12,0
Procedura per la determinazione dei componenti eluiti dai campioni solidi da analizzare
Lavaggio dei recipienti con acido nitrico 1M e successivamente risciacquati varie volte con acqua
deionizzata.
Il test va condotto ad una temperatura di 20 ± 5 C.
Registrare la temperatura media durante ogni intervallo del test.
Porre nel recipiente un volume d'acqua pari a V=5 X Vp.
Il campione deve essere immerso completamente e la parte superiore del campione deve essere almeno
2 cm al di sotto della superficie dell'acqua.
Rinnovare l'acqua del recipiente dopo 2, 8, 24, 48, 72, 102, 168, e 384 ore (16 giorni). Prendere
accuratamente nota dei tempi di rinnovo della fase liquida.
Nel primo o nei primi due cicli di eluizione si possono verificare fenomeni di rilascio superficiale.
Filtrare e/o comunque separare le soluzioni estraenti ottenute da ciascuno step eventualmente con una
membrana filtrante (*) e acidificare il campione dopo la misurazione del pH e della conducibilità con
acido nitrico 1M a pH=2. Non acidificare una parte della soluzione estraente per analizzare gli anioni
(solfati, nitrati, cloruri).
Analizzare i campioni acidificati prima possibile, ma tutti in un'unica sequenza analitica secondo una
procedura standardizzata.
Le determinazioni analitiche per la ricerca dei microinquinanti andranno effettuate su ogni soluzione
ottenuta dalle otto fasi di eluizione (2, 8, 24, 48, 72, 102, 168, e 384 ore) ricercando i parametri
significatavi e rappresentativi del campione in esame. Il confronto con i valori limite stabiliti nella
tabella seguente andrà effettuato con un valore risultante dalla sommatoria delle concentrazioni
riscontrate nelle soluzioni ottenute nelle singole otto fasi di estrazione. Mentre per il parametro pH il
range 5,5 - 12 andrà rispettato per ognuna delle soluzioni ottenute nelle 8 fasi estrattive.
Se il test viene effettuato su materiali di granulometria fine, nella fase di filtrazione tali materiali
possono rimanere adesi sul filtro; pertanto ove possibile si dovrà unire tale materiale alla fase solida
filtrata e procedere ai successivi step di eluizione.

La normativa extracomunitaria dei rottami ferrosi


La Sentenza della Corte (Quinta Sezione), sulle questioni sottopostele dalla High Court of Justice (England
& Wales), Queen's Bench Division (Administrative Court), riguardante la Mayer Parry, ordinanza 9
novembre 2000, (Lussemburgo il 19 giugno 2003) e la Sentenza della Corte (Seconda Sezione) avente ad
oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Tribunale
penale di Terni riguardante il procedimento Antonio Niselli con ordinanza 20 novembre 2002, (Lussemburgo
18 dicembre 2002), sono le ultime sentenze della Corte di Giustizia Europea in materia di classificazione dei
rottami ferrosi.
Sentenza del 19 giugno 2003 (Mayer Parry)
La Corte di Giustizia ha concluso che:
1) La nozione di «riciclaggio» ai sensi dell'art. 3, punto 7, della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 20 dicembre 1994, 94/62/CE, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio deve essere
interpretata nel senso che essa non comprende il ritrattamento di rifiuti di imballaggio contenenti
metallo quando questi sono trasformati in una materia prima secondaria, come il materiale di grado 3
B, ma riguarda il ritrattamento di tali rifiuti quando sono utilizzati per la fabbricazione di lingotti,
lamiere o bobine di acciaio.
2) Tale interpretazione non cambierebbe se si prendessero in considerazione le nozioni di «riciclaggio» e di
«rifiuto» cui si riferisce la direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti.
La sentenza, ha evidenziato in particolare gli elementi che devono essere presi in considerazione al fine della
qualificazione dei rottami ferrosi nel corso delle diverse fasi di lavorazione.
Un rifiuto può essere considerato riciclato solo se è stato sottoposto a un ritrattamento tale da ottenere un
materiale nuovo o un prodotto nuovo «ai fini della sua funzione originaria».
Ciò significa che il rifiuto deve essere trasformato nel suo stato originario per poter, eventualmente, essere
utilizzato per una identica funzione a quella che aveva inizialmente il materiale all'origine del rifiuto.
In altri termini, un rifiuto di imballaggio contenente metallo deve essere considerato riciclato quando è stato
sottoposto a un ritrattamento nell'ambito di un processo finalizzato alla produzione di un nuovo materiale o
a fabbricare un prodotto nuovo dalle caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui era costituito
il rifiuto, per poter essere riutilizzato per la produzione di imballaggi contenenti metallo (67).
Poiché il riciclaggio comporta la trasformazione dei rifiuti di imballaggio in un materiale nuovo o in un
prodotto nuovo, dalle caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di provenienza, il risultato di tale
trasformazione non può più essere considerato «rifiuti di imballaggio».
Solo in questa fase che i materiali in questione cessano di essere qualificati come rifiuti di imballaggio e
che, pertanto, i vari controlli sui rifiuti previsti dal legislatore comunitario perdono la loro ragion d'essere
(75).
Infine, l'interpretazione della nozione di riciclaggio quale risulta dai punti 63-69 della presente sentenza,
eliminando qualsiasi ambiguità sul momento in cui i rifiuti di imballaggio devono essere considerati
riciclati, consente di evitare il rischio che più operazioni di trattamento di uno stesso rifiuto siano
considerate come altrettante operazioni di riciclaggio agli effetti dell'applicazione delle percentuali previste
dall'art. 6, n. 1, della direttiva 94/62 (76).
Una tale interpretazione risponde anche alle esigenze di chiarezza e di uniformità connesse agli obiettivi
della direttiva 94/62 riguardo al buon funzionamento del mercato interno, consistenti in particolare nella
prevenzione degli ostacoli agli scambi e delle distorsioni di concorrenza (77).
Tuttavia, la produzione di materiale di grado 3 B non costituisce un ritrattamento di rifiuti di imballaggio
contenenti metallo per ripristinare lo stato iniziale di tale materiale, cioè l'acciaio, e riutilizzarlo
conformemente alla sua funzione originaria, ovvero la lavorazione di imballaggi contenenti metallo, o per
altri fini. In altri termini, i rifiuti di imballaggio contenenti metallo ritrattati dalla Mayer Parry non sono
sottoposti a un ritrattamento nell'ambito di un processo di produzione che conferisce al materiale di grado 3
B caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui l'imballaggio metallico era costituito (83).
Infatti, il materiale di grado 3 B è un miscuglio contenente, oltre ad elementi ferrosi, impurità (dal 3% al 7%
secondo le differenti parti) come vernici e oli, sostanze non metalliche e elementi chimici non desiderati, che
devono essere ancora eliminati in vista dell'impiego nella produzione dell'acciaio. Il materiale di grado 3 B
non è quindi direttamente utilizzabile per la fabbricazione di nuovi imballaggi contenenti metallo (84).
L'utilizzo del materiale di grado 3 B nella produzione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio, si può definire
un'operazione di riciclaggio di rifiuti di imballaggio (86).
Poiché il processo di produzione di cui trattasi sfocia nella fabbricazione di nuovi prodotti, cioè lingotti,
lamiere o bobine di acciaio, con caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui erano
originariamente costituiti i rifiuti di imballaggio e che si possono impiegare per la medesima funzione
iniziale cui era desinato il materiale originario, vale a dire per gli imballaggi metallici, o per altri scopi (87).
La nozione di «riciclaggio» di cui all'art. 3, punto 7, della direttiva 94/62 deve essere interpretata nel senso
che essa non comprende il ritrattamento di rifiuti di imballaggio contenenti metallo quando questi sono
trasformati in materia prima secondaria, come il materiale di grado 3 B, ma riguarda il ritrattamento di tali
rifiuti quando sono utilizzati per la fabbricazione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio (88).
Da un lato, un produttore di lingotti, lamiere e bobine di acciaio dal materiale di grado 3 B proveniente da
rifiuti di imballaggio contenente metallo, effettua un «riciclaggio» ai sensi della direttiva 94/62. Dall'altro,
nel momento in cui rifiuti di imballaggio sono stati riciclati ai sensi di tale direttiva, non sono più da
considerare rifiuti di imballaggio né ai sensi della direttiva 94/62 né, quindi, ai sensi dalla direttiva 75/442.
Di conseguenza, lingotti, lamiere o bobine di acciaio provenienti dal materiale di grado 3 B ottenuto dai
rifiuti di imballaggio contenenti metallo che sono stati riciclati non sono più «rifiuti di imballaggio» ai sensi
delle due suddette direttive (91).
Sentenza, dell’11 novembre 2004 (Niselli)
La Corte di Giustizia con la sentenza Niselli ha concluso:
1) La definizione di rifiuto contenuta nell’art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva del Consiglio 15
luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991,
91/156/CEE e dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, non può essere
interpretata nel senso che essa ricomprenderebbe tassativamente le sostanze o i materiali destinati o
soggetti alle operazioni di smaltimento o di recupero menzionati negli allegati II A e II B della detta
direttiva, oppure in elenchi equivalenti, o il cui detentore abbia l’intenzione o l’obbligo di destinarli a
siffatte operazioni.
2) La nozione di rifiuto ai sensi dell’art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442, come
modificata dalla direttiva 91/156 e dalla decisione 96/350, non dev'essere interpretata nel senso che essa
escluderebbe l’insieme dei residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in
un ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni
all’ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un’operazione di recupero ai sensi
dell’allegato II B di tale direttiva.
La sentenza ha evidenziato i seguenti elementi:
E’ ammesso, alla luce degli obiettivi della direttiva 75/442, qualificare un bene, un materiale o una materia
prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a
produrlo non come rifiuto, bensì come sottoprodotto di cui il detentore non desidera «disfarsi» ai sensi
dell’art. 1, lett. a), primo comma, di tale direttiva, a condizione che il suo riutilizzo sia certo, senza
trasformazione preliminare, e nel corso del processo di produzione (v. sentenza 11 settembre 2003, causa
C-114/01, AvestaPolarit Chrome, Racc. pag. I-8725) (47).
Tuttavia, quest’ultima analisi non è valida per quanto riguarda i residui di consumo, che non possono essere
considerati «sottoprodotti» di un processo di fabbricazione o di estrazione idonei ad essere riutilizzati nel
corso del processo produttivo) (48).
Un’analisi simile non può essere accolta nemmeno per quanto riguarda rifiuti del genere che non possono
essere qualificati come beni d’occasione riutilizzati in maniera certa e comparabile, senza previa
trasformazione (49).
Diversamente da tali condizioni e criteri fissati dalla direttiva 75/442, secondo l’interpretazione risultante
da una disposizione quale l’art. 14 del decreto legge n. 138/02, affinché un residuo di produzione o di
consumo sia sottratto alla qualifica come rifiuto sarebbe sufficiente che esso sia o possa essere riutilizzato in
qualunque ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare
danni all’ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un’operazione di recupero ai
sensi dell’allegato II B della direttiva 75/442 (50).
Un’interpretazione del genere si risolve manifestamente nel sottrarre alla qualifica come rifiuto residui di
produzione o di consumo che invece corrispondono alla definizione sancita dall’art. 1, lett. a), primo comma,
della direttiva 75/442 (51).
In proposito, materiali come quelli oggetto del procedimento principale non sono riutilizzati in maniera
certa e senza previa trasformazione nel corso di un medesimo processo di produzione o di utilizzazione, ma
sono sostanze o materiali di cui i detentori si sono disfatti. Stando alle spiegazioni del sig. Niselli, i materiali
in discussione sono stati successivamente sottoposti a cernita ed eventualmente a taluni trattamenti, e
costituiscono una materia prima secondaria destinata alla siderurgia. In un tale contesto essi devono
tuttavia conservare la qualifica di rifiuti finché non siano effettivamente riciclati in prodotti siderurgici,
finché cioè non costituiscano i prodotti finiti del processo di trasformazione cui sono destinati. Nelle fasi
precedenti, essi non possono ancora, infatti, essere considerati riciclati, poiché il detto processo di
trasformazione non è terminato. Viceversa, fatto salvo il caso in cui i prodotti ottenuti siano a loro volta
abbandonati, il momento in cui i materiali in questione perdono la qualifica di rifiuto non può essere fissato
ad uno stadio industriale o commerciale successivo alla loro trasformazione in prodotti siderurgici poiché, a
partire da tale momento, essi non possono più essere distinti da altri prodotti siderurgici scaturiti da materie
prime primarie (v., per il caso particolare dei rifiuti di imballaggio riciclati, sentenza 19 giugno 2003, causa
C-444/00, Mayer Parry Recycling, Racc. pag. I-6163, punti 61-75) (52).
In estrema sintesi gli elementi di riferimento contenuti nella sentenza utili al fine di qualificare in modo
aderente alle direttive di un rottame ferroso sono i seguenti:
− i residui di consumo quali rottami ferrosi non possono essere considerati sottoprodotti di un processo di
fabbricazione (Niselli 48);
− non è possibile sottrarre un rottame ferroso alla qualificazione di rifiuto solo perché esso è o può essere
riutilizzato con o senza trattamento in qualunque ciclo di produzione o consumo (Niselli 50-51);
− i rottami ferrosi pur se sottoposti a cernita ed a trattamento devono conservare la qualifica di rifiuto,
finché non siano effettivamente riciclati in prodotti siderurgici, finché cioè non costituiscano i prodotti
finiti da processo di trasformazione a cui sono destinati (Niselli 52);
− il momento in cui i rottami ferrosi perdono la qualifica di rifiuto non può essere fissato in uno stadio
industriale o commerciale precedente alla loro trasformazione in prodotti siderurgici (Niselli 52);
− i rottami ferrosi solo dopo la loro trasformazione in prodotti siderurgici essi non possono più essere
distinti da altri prodotti siderurgici scaturiti da materie prime secondarie (Niselli 52);
− la produzione di materiali quali possono essere quelle denominate 38 in Gran Bretagna o quelle
denominate CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO, ecc. in altri paesi quali l’Italia, corrispondenti a
determinate specifiche non costituisce un trattamento di rifiuti per il ripristino del loro stato iniziale cioè
l’acciaio (Mayer 83);
− un processo di produzione che conduce ad ottenere materiali rispondenti a determinate specifiche come
quelle citate al punto precedente, non conduce però ad ottenere materiali aventi caratteristiche
paragonabili a quelle di cui l’iniziale materiale era costituito che è appunto ferro, acciaio o altre leghe
(Mayer 83);
− solo l’utilizzo del materiale portati a specifica nella produzione di lingotti lamiere o bobine di acciaio,
può essere definita una operazione di rifiuti di imballaggio (Niselli 86);
− solo la produzione di lingotti o bobine di acciaio che sfocia nella produzione di prodotti con
caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui erano costituiti originariamente i rifiuti può
considerarsi come una attività di recupero (Niselli 87);
− la nozione di riciclaggio non comprende il ritrattamento di rifiuti di imballaggio, quando essi sono
trasformati in materia prima secondaria, ma riguarda invece il ritrattamento dei rifiuti quando sono
utilizzati per la fabbricazione dei lingotti o bobine di acciaio (Mayer 88);
− solo quando i rifiuti di imballaggio sono stati riciclati ottenendo lingotti o bobine di acciaio questi non
sono più da classificare rifiuti (Mayer 91).
La Legge delega 15 dicembre 2004 n. 308
A fronte di tali considerazioni e conduzioni della Corte di Giustizia Europea sopra evidenziata, è stata
approvata la legge delega 15 dicembre 2004 n. 308, entrata in vigore l’11.1.2005, che individua le
caratteristiche e le tipologie dei rottami che, derivanti come scarti di lavorazione oppure originati da cicli
produttivi o di consumo, sono definibili come materie prime secondarie per le attività siderurgiche e
metallurgiche, nonché le modalità affinché gli stessi siano sottoposti al regime delle materie prime e non a
quello dei rifiuti.
Essa prevede, in difformità di quanto enunciato dalla Corte di Giustizia Europea, che, fermo restando quanto
disposto dall’articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8
agosto 2002, n. 178, sono sottoposti al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti:
− i rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche CECA, AISI,
CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
− i rottami scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo,
esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate nelle
specifiche sopra menzionate dei quali il detentore non si disfi, non abbia deciso o non abbia l’obbligo di
disfarsi e che quindi non conferisca a sistemi di raccolta o trasporto di rifiuti ai fini del recupero o dello
smaltimento, ma siano destinati in modo oggettivo ed effettivo all’impiego nei cicli produttivi siderurgici
o metallurgici.
Sono poi previste le condizioni affinché i rottami siano sottoposti al regime delle materie prime e non a
quello dei rifiuti, che consistono nel fatto che:
− i rottami rispondano alla definizione di materia prima secondaria per attività siderurgiche e
metallurgiche, in quanto costituiti da:
• rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche
CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
• rottami scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di
consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le specifiche rispondenti a
specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
− il detentore non si disfi, non abbia deciso o non abbia l’obbligo di disfarsi dei rottami e che quindi non
conferisca a sistemi di raccolta o trasporto di rifiuti ai fini del recupero o dello smaltimento;
− siano destinati in modo oggettivo ed effettivo all’impiego nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici;
− i rottami siano rispettate le disposizioni previste dall’articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178 che prevede che i materiali non siano da
classificare come rifiuto quando sono soddisfatte queste condizioni:
• gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o
in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di
trattamento e senza recare pregiudizio all’ambiente (comma 2 lett. a).
• quando gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel
medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento
preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate
nell’allegato C del decreto legislativo n. 22” (comma 2 lett. b).
Conclusioni
Sulla base della nuova legge delega, in estrema sintesi, componendo tra loro le condizioni in essa prevista,
perché i rottami ferrosi e non ferrosi non siano sottoposti al regime previsto per i rifiuti, essi devono
presentare, in alternativa, le seguenti caratteristiche:
− siano rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche CECA,
AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
− siano i rottami di scarto di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di
consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le specifiche CECA, AISI, CAEF,
UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
− siano i rottami di cui il detentore non si disfa non ha deciso o non ha l’obbligo di disfarsi e che quindi
non conferisce a sistemi di raccolta o trasporto di rifiuti ai fini del recupero o dello smaltimento, ma sono
destinati in modo oggettivo ed effettivo all’impiego nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici;
− siano i rottami di cui il detentore ha deciso ed ha l’obbligo di disfarsi, ma essi:
• possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o
diverso ciclo produttivo o di consumo, con o senza subire alcun intervento preventivo di trattamento;
• possono essere riutilizzati senza recare pregiudizio all’ambiente;
• possono essere riutilizzati senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle
individuate nell’allegato C del decreto legislativo 22/97.
E’ sufficiente comparare queste condizioni, fissate dalla nuova legge delega con i principi comunitari
esplicitati nelle sentenze della Corte di Giustizia sopra elencati, per verificare quanto la nuova disciplina
deroghi da quanto stabilito dalle direttive comunitarie in materia di gestione di rifiuti.
La corretta gestione dei rifiuti dal punto di vista del chimico
a cura del Dott. Mauro Sanna, chimico.

Criteri per qualificazione di un rifiuto previsti dall’OCSE e dalle sentenze della Corte di Giustizia
Europea. Ipotesi di applicazione ad uno scarto utilizzato come combustibile
Al fine di qualificare, come rifiuti o meno, i materiali di scarto destinati ad essere impiegati in modo
aspecifico per il recupero dell’energia in essi contenuti nella presente nota, si è proceduto all’applicazione
dei principali criteri previsti in materia dall’OCSE e menzionati nelle Sentenze della Corte di Giustizia
Europea.
Proponendo tali criteri sotto forma di quesiti, tale esame è stato riferito ad un caso emblematico: impiego di
uno scarto come combustibile al fine di recuperare l’energia in esso contenuta.

Recupero di energia da un materiale di scarto


Primo quesito: Il materiale è prodotto intenzionalmente?
Il materiale è uno scarto di un ciclo di produzione industriale la cui quantità generata non è funzione della
richiesta del mercato ma è funzione solo della quantità di prodotto che, in relazione alla richiesta del
mercato si vuole produrre.
Anche la sua qualità è del tutto indefinita, essa varia da processo a processo, ma questo è indifferente per
l'imprenditore che ha posto in essere il processo produttivo.
Infatti il prodotto di qualità che si vuole ottenere e che deve perciò sottostare a determinate specifiche è il
prodotto per il quale è stato attivato il ciclo produttivo e non il materiale di scarto che si ottiene nella
produzione.
Pertanto, la quantità e la qualità dello scarto ottenuto non sono intenzionali ma sono funzione dalla qualità e
quantità del prodotto che si vuole produrre.
Esso non è individuato come prodotto né in particolare come un combustibile, nè nella letteratura
internazionale né nel documento del BREFF riguardante la Autorizzazione Integrata Ambientale (IPPC), ma
è solo combustibile come qualsiasi altra sostanza contenente carbonio.
La risposta al quesito è negativa
Secondo quesito: Il valore economico complessivo del materiale è negativo?
Il prezzo di vendita è nettamente inferiore a quello dei combustibili tradizionali, questo materiale non è
richiesto in generale dal mercato come combustibile né ha lo stesso mercato dei combustibili.
Esso non è importato o esportato negli altri paesi UE.
Nessun imprenditore porrebbe in essere un processo produttivo per produrre tale materiale da impiegare
come combustibile.
La risposta al quesito è affermativa.
Terzo quesito: E' richiesto un trattamento ulteriore prima che il materiale possa venire utilizzato
direttamente?
Per ottenere energia dal prodotto di scarto esso non solo deve essere sottoposto a trattamento termico, ma
deve essere anche selezionato, condizionato e tenuto in deposito.
La risposta al quesito è affermativa.
Quarto quesito: Il materiale è ancora idoneo all'uso cui è stato originariamente destinato?
Essendo il materiale uno scarto di produzione, non era destinato originariamente ad alcun uso, esso per
trovare una collocazione può essere assoggettato esclusivamente a trattamento termico cioè ad un processo
normalmente utilizzato per lo smaltimento dei rifiuti che porti alla sua combustione sia che esso avvenga
senza il recupero di energia che con il recupero di questa.
La risposta al quesito è negativa.
Quinto quesito: L'uso del materiale presenta una compatibilità ambientale analoga a quella di
un prodotto primario?
Il materiale di scarto contiene sostanze chimiche inquinanti in parte ignote ed in parte note, presenti invece
nei combustibili in concentrazioni trascurabili, e che appunto per questo non sono nemmeno prese in
considerazione dalle specifiche merceologiche che le individuano e ne permettono la commercializzazione.
Inoltre mentre gli olii combustibili sono prodotti dal processo di raffinazione del petrolio, il materiale nel
caso in esame è uno scarto costituito da una miscela di sostanze che si formano in un processo chimico
destinato ad ottenere un prodotto industriale ben preciso, per il quale appunto il processo è stato posto in
essere.
La risposta al quesito è negativa o comunque è da verificare caso per caso.
Sesto quesito: Il materiale verrà effettivamente impiegato in un processo di produzione?
Non vi è certezza che il materiale sarà impiegato in un processo produttivo, unica possibilità di impiego in
alternativa allo smaltimento, è che esso, previo trattamento sia sottoposto ad un trattamento termico, cosicché
possa essere ottenuta dell’energia da impiegare in un altro processo produttivo.
La risposta è negativa o comunque essa è da verificare caso per caso.
Settimo quesito:Il materiale ha un uso determinato?
L’uso a cui è destinato è del tutto indipendente dall'identità e dalla composizione chimica specifica del
materiale, unica proprietà richiesta è che esso sia "combustibile".
Molte sostanze chimiche anche pericolose, come ad esempio il benzene purché siano sostanze organiche
sono “combustibili”, certamente non per questo sono compresi tra “i combustibili”, anche se potrebbero
rispettare le caratteristiche merceologiche previste per i combustibili, che però non hanno alcuna rilevanza di
carattere ambientale.
La combustione del materiali è quindi un uso del tutto indeterminato ed aspecifico che potrebbe riguardare
ogni sostanza organica.
Infatti la sua combustione, come quella di tutte le sostanze organiche, produce energia, ma non per questo
tutte le sostanze organiche in grado di essere combuste, sono da classificare come combustibili. In caso
contrario qualsiasi incenerimento di rifiuti con recupero di energia non sarebbe un'attività di smaltimento ma
un processo produttivo per produrre energia o residui carboniosi.
La risposta al quesito è negativa.
Ottavo quesito: L'uso del materiale in un processo di produzione causa rischi maggiori per la
salute umana o per l'ambiente rispetto all'uso della materia prima corrispondente?
Come evidenziato al quinto quesito, le componenti inquinanti sono del tutto estranee a quelle presenti nei
combustibili, pur se non contiene zolfo, esso può contenere tanti altri inquinanti che non sono presenti nei
combustibili tradizionali e quindi non sono presi in considerazione nelle loro caratterizzazioni né sono
classificate.
Conseguentemente, i sistemi di abbattimento delle emissioni di una centrale termica sono calibrati per gli
inquinanti prodotti dalla combustione di combustibili tradizionali, ma non sono adeguati alle emissioni
prodotte dalla combustione dello scarto di un processo chimico la cui composizione è del tutto diversa,
incognita e variabile.
Il pregiudizio ambientale prodotto dalla combustione dello scarto del processo chimico impiegato come un
combustibile in una centrale termica è facilmente valutabile, è infatti sufficiente comparare le prescrizioni
previste per le emissioni (parametri, limiti, sistemi di abbattimento), a cui è soggetta una centrale termica,
notevolmente meno restrittive, rispetto a quelle previste per un inceneritore. La differenza tra i due tipi di
prescrizione permette di valutare la convenienza di procedere alla combustione dello scarto del processo
chimico come combustibile invece che come rifiuto.
Tale pratica determina però effetti ambientali negativi, infatti, nel caso di una centrale termica che brucia
combustibile tradizionale i limiti per le sostanze inquinanti sono notevolmente più miti, i parametri da
controllare sono in numero ridotto ed i sistemi di abbattimento più semplici e meno costosi rispetto a quelli
che si devono impiegare per la combustione di una sostanza indeterminata quale è appunto lo scarto di un
processo chimico.
Bruciare un residuo di processo in una centrale termica comporta, che esso venga assoggettato
impropriamente ai limiti, ai parametri ed ai sistemi di abbattimento previsti per altre sostanze, quali gli olii
combustibili, che non contengono però le sostanze inquinanti contenute in tale scarto.
Una idea degli inquinanti che possa essere in esso presente è data dalla tabella dell’allegato 2, suballegato 2,
del D.M. 5.2.1998 (Tav. A).
Tavola A
Decreto 05/02/1998 GUSO 88 04/16/1998

ALLEGATO 1
- VALORI LIMITE E PRESCRIZIONI PER LE ALLEGATO 2
EMISSIONI CONVOGLIATE IN ATMOSFERA - DETERMINAZIONE DEI VALORI LIMITE E
DELLE ATTIVITA' DI RECUPERO DI MATERIA PRESCRIZIONE PER LE EMISSIONI IN
DAI RIFIUTI NON PERICOLOSI ATMOSFERA DELLE ATTIVITA' DI RECUPERO DI
ENERGIA DAI RIFIUTI NON PERICOLOSI
Suballegato 2
(*) Suballegato 2
2.3 TABELLA
Durante il funzionamento degli impianti non devono essere 1. Durante il funzionamento non devono essere superati:
superati
a) valori medi giornalieri:
1) polvere totale 10 mg/m3 a) valori medi giornalieri:
2) sostanze organiche sotto forma di gas 1) polvere totale 10 mg/m3
e vapori, espresse come 2) sostanze organiche sotto forma di gas
carbonio organico totale (COT) l0 mg/m3 e vapori, espresse come carbonio
3) cloruro di idrogeno (HCl) l0 mg/m3 organico totale (COT) 10 mg/m3
4) floruro di idrogeno (HF) 1 mg/m3 3) cloruro di idrogeno (HCl) 10 mg/m3
5) biossido di zolfo (SO2) 50 mg/m3 4) fluoruro di idrogeno (HF) 1 mg/m3
5) biossido di zolfo (SO2) 50 mg/m3
b) valori medi su 30 minuti:
A B b) valori medi su 30 minuti:
1) polvere totale 30 mg/m3 10 mg/m3 A B
2) sostanze organiche sotto forma di 1) polvere toltale 30 mg/m 3 10 mg/m3
gas e vapori, espresse come carbonio 2) sostanze organiche sotto forma di
organico totale (COT) 20 mg/m3 10 mg/m3 gas e vapori, espresse come carbonio
3) cloruro di idrogeno (HCl) 60 mg/m3 l0 mg/m3 organico totale (COT) 20 mg/m3 10 mg/m3
4) floruro di idrogeno (HF) 4 mg/m3 2 mg/m3 3) cloruro di idrogeno (HCl) 60 mg/m3 10 mg/m3
5) biossido di zolfo (SO2) 200 mg/m3 50 mg/m3 4) fluoruro di idrogeno (HF) 4 mg/m3 2 mg/m3
c) valori medi durante il periodo di campionamento di 30 5) biossido di zolfo (SO2) 200 mg/m3 50 mg/m3
minuti come minimo e di 8 ore come massimo c) tutti i valori medi durante il periodo di campionamento di
1 ora
1) cadmio e i suoi composti. espressi
come cadmio (Cd) - totale 0,05 mg/m3 1) cadmio e i suoi composti. espressi
2) Tallio e i suoi composti. espressi come cadmio (Cd) - totale 0,05 mg/m3
come tallio (Tl ) 2) Tallio e i suoi composti. espressi
come tallio (Tl )
3) Mercurio e i suoi composti, espressi come mercurio (Hg)
0,05 mg/m3 3) Mercurio e i suoi composti, espressi come mercurio (Hg)
0,05 mg/m3
4) Antimonio e suoi composti, espressi come
antimonio (Sb) 4) Antimonio e suoi composti, espressi come
5) Arsenico e suoi composti, espressi come antimonio (Sb)
arsenico (As) 5) Arsenico e suoi composti, espressi come
6) Piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb) arsenico (As)
7) Cromo e suoi composti, espressi come cromo (Cr) - 6) Piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb)
totale 7) Cromo e suoi composti, espressi come cromo (Cr) -
8) Cobalto e suoi composti, espressi come cobalto (Co) totale
0,5 8) Cobalto e suoi composti, espressi come cobalto (Co)
9) Rame e suoi composti, espressi come rame (Cu) 0,5
mg/m3 9) Rame e suoi composti, espressi come rame (Cu)
10) Manganese e suoi composti, espressi come mg/m3
manganese (Mn) 10) Manganese e suoi composti, espressi come
11) Nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni) manganese (Mn)
12) Vanadio e suoi composti, espressi come vanadio (V) 11) Nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni)
13) Stagno e suoi composti, espressi come stagno (Sn) 12) Vanadio e suoi composti, espressi come vanadio (V)
13) Stagno e suoi composti, espressi come stagno (Sn)

Questi valori medi si applicano anche ai metalli ed ai loro


composti presenti nelle emissioni anche sotto forma di gas e Questi valori medi si applicano anche ai metalli ed ai loro
vapore. composti presenti nelle emissioni in forma di gas o vapori.

Segue ALLEGATO 1 Segue ALLEGATO 2


RECUPERO DI MATERIA DAI RIFIUTI RECUPERO DI ENERGIA DAI RIFIUTI
Suballegato 2 Suballegato 2
--------------------------------------------------------------- ---------------------------------------------------------------
2.4 Durante il funzionamento degli impianti non devono 2. Durante il funzionamento degli impianti non devono
essere superati i seguenti valori limite per le concentrazioni essere superati i seguenti valori limite nelle emissioni per le
di monossido di carbonio (CO): concentrazioni di monossido di carbonio (CO), se non
a) 50 mg/Nm3 di gas di combustione determinati come diversamente indicato nel suballegato 1:
valore medio giornaliero; a) 50 mg/Nm3 di gas di combustione determinati come
b) 100 mg/Nm3 di gas di combustione di tutte le valore medio giornaliero;
misurazioni determinate come valori medi su 30 minuti. b) 100 mg/Nm3 di gas di combustione di tutte le
misurazioni determinate come valori medi su 30 minuti.
2.5 Non si deve tener conto degli agenti inquinanti e di CO
che non derivano direttamente dalla utilizzazione di rifiuti 3. I valori limite di emissione sono rispettati:
come pure di CO se: - se tutti i valori medi giornalieri non superano i valori
- maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione limite di emissione stabiliti al paragrafo 2. lett. a) e al
sono richieste dal processo di produzione; paragrafo 1 lett. a) e
- il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le - tutti i valori medi su 30 minuti non superano i valori
diossine e i furani è rispettato. limite di emissione di cui alla colonna A, paragrafo 1 lett. b)
ovvero il 97% dei valori medi su 30 minuti rilevati nel corso
2.6 I valori limite di emissione sono rispettati: dell'anno non superano i valori limite di emissione di cui
- se tutti i valori medi giornalieri non superano i valori alla colonna B, paragrafo 1, lett. b)
limite di emissione stabiliti al paragrafo 2.3 lett. a) e al - se tutti i valori medi rilevati nel periodo di
paragrafo 2.4 lett. a) e campionamento di cui al paragrafo 1, lett. e), non superano i
- tutti i valori medi su 30 minuti non superano i valori valori limite di emissione stabiliti in tale paragrafo.
limite di emissione di cui alla colonna A, paragrafo 2.3 lett. - se è rispettata la disposizione di cui al paragrafo 2, lett. b.
b) ovvero il 97% dei valori medi su 30 minuti rilevati nel
corso dell'anno non superano i valori limite di emissione di 4. Per il tenore di ossigeno di riferimento è comunque fatto
cui alla colonna B, paragrafo 2.3, lett. b) salvo quanto disposto all'art. 3 comma 2 del D.M. 12 luglio
- se tutti i valori medi rilevati nel periodo di 1990.
campionamento di cui al paragrafo 2.3, lett. e), non
superano i valori limite di emissione stabiliti in tale 5. Per il calcolo del valore di emissione di PCDD + PCDF
capoverso se è rispettata la disposizione di cui al paragrafo come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1
2.4, lett. b. della direttiva 94/67/CE;
2.7 In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui viene 6. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici
effettuato il recupero, il valore limite totale delle emissioni aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:
(C) deve essere calcolato in modo da ridurre al minimo le - Benz [a]antracene
emissioni nell'ambiente. - Dibenz[a,h]antracene
- Benzo[b]fluorantene
2.8 Per il tenore di ossigeno di riferimento è comunque fatto - Benzo[j]fluorantene
salvo quanto disposto all'art. 3 comma 2 del D.M. 12 luglio - Benzo[k]fluorantene
1990. - Benzo[a]pirene
- Dibenzo[a,e]pirene
2.9 Per il calcolo del valore di emissione di PCDD+PCDF - Dibenzo[a,h]pirene
come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1 - Dibenzo[a,i]pirene
della direttiva 94/67/CE; - Dibenzo[a,l]pirene
- Indeno [1,2,3 - cd]pirene
2.10 Il valore limite di emissione per gli idrocarburi
policiclici aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei
seguenti:
- Benz [a]antracene
- Dibenz[a,h]antracene
- Benzo[b]fluorantene
- Benzo[j]fluorantene Segue ALLEGATO 2
- Benzo[k]fluorantene RECUPERO DI ENERGIA DAI RIFIUTI
- Benzo[a]pirene Suballegato 2
- Dibenzo[a,e]pirene ---------------------------------------------------------------
- Dibenzo[a,h]pirene
- Dibenzo[a,i]pirene 7. Fermo restando quanto disposto dalla decisione della
- Dibenzo[a,l]pirene Commissione concernente i metodi di misurazione
- Indeno [1,2,3 - cd]pirene armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di
massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente
ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle
emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto
Segue ALLEGATO 1 previsto nei decreti di attuazione del DPR 24 maggio 1988
RECUPERO DI MATERIA DAI RIFIUTI n° 203: Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei
Suballegato 2 rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine
--------------------------------------------------------------- della verifica del rispetto delle concentrazioni degli
inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il
2.11 Fermo restando quanto disposto dalla decisione della confronto va effettuato con i valori medi ottenuti
Commissione concernente i metodi di misurazione statisticamente mediante determinazioni su un numero di
armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a
massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i
ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei
emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h.
previsto nei decreti di attuazione del DPR 24 maggio 1988
n° 203: Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei
rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine
della verifica del rispetto delle concentrazioni degli
inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il ALLEGATO 2 - DETERMINAZIONE DEI VALORI
confronto va effettuato con i valori medi ottenuti LIMITE PER LE EMISSIONI DOVUTE AL
statisticamente mediante determinazioni su un numero di RECUPERO DI RIFIUTI COME COMBUSTIBILE O
campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a ALTRO MEZZO PER PRODURRE ENERGIA
cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i TRAMITE COMBUSTIONE MISTA DI RIFIUTI E
valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei COMBUSTIBILI TRADIZIONALI.
campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h.
Suballegato 3
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
(*) 1. I valori limite per ciascun inquinante e per il monossido
1. Determinazione dei valori limite per le emissioni di carbonio risultanti dalla co - combustione di rifiuti e
conseguenti al recupero di materia da rifiuti non pericolosi combustibili devono essere calcolati come segue:
in processi a freddo V rifiuto x C rifiuto + V processo x C processo
C = -----------------------------------------------
Per i processi "a freddo" di recupero indicati nel suballegato V rifiuto + V processo
1 Allegato 1 quali: V rifiuto = volume dei gas emessi derivante dalla
• selezione combustione dei soli rifiuti in quantità corrispondente alla
• deposito massima prevista nella comunicazione, determinato in base
• macinazione ai rifiuti che hanno il più basso potere calorifico. Se il calore
• vagliatura prodotto risultante dall'incenerimento di rifiuti è inferiore al
• omogeneizzazione 10% del calore totale prodotto dall'impianto, V rifiuti va
• produzione di conglomerati cementizi calcolato dalla quantità (fittizia) di rifiuti che, combusti,
equivalgono ad un calore prodotto del 10%, a calore totale
i valori limite di emissione per gli agenti inquinanti sono dell'impianto costante.
fissati al valori minimi contenuti nelle disposizioni C rifiuto = valori limite di emissione stabiliti nelle singole
nazionali, legislative, regolamentari ed amministrative voci del suballegato 1 e nel suballegato 2 per gli impianti
riferite ai cicli di produzione corrispondenti alle attività di destinati ad utilizzare soltanto rifiuti.
recupero ridotti del 10% ovvero, qualora siano più V processo = volume dei gas emessi derivanti dal processo
restrittivi, ai valori contenuti nelle autorizzazioni ex DPR inclusa la combustione dei combustibili ammessi ai sensi
203/88 ridotti del 10%. della normativa vigente (esclusi i rifiuti) del tipo e nella
quantità minima prevista nella comunicazione, determinato
2. Determinazione dei valori limite per le emissioni sulla base del tenore di ossigeno, al quale le emissioni
conseguenti al recupero di materia dai rifiuti non pericolosi devono essere normalizzate come stabilito nelle norme
in processi termici nazionali.
2.1 Per i processi termici di recupero individuati nel
suballegato 1 quali
1. pirotrattamento Segue ALLEGATO 2
2. pirolisi e piroscissione RECUPERO DI ENERGIA DAI RIFIUTI
3. trattamenti termici Suballegato 2
4. produzione di cemento ---------------------------------------------------------------
5. cicli metallurgici primari e secondari e idrometallurgici
6. raffinazione metallurgica C processo = valori limite di emissione dei relativi
7. produzione di laterizi inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi
8. produzione di ceramica dall'impianto quando vengono utilizzati i combustibili
9. produzione di conglomerati e malte bituminose ammessi ai sensi della normativa vigente (esclusi i rifiuti)
10. produzione del vetro conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni
11. produzione sostanze chimiche nazionali legislative, regolamentari e legislative ridotte del
12. cicli metallurgici in cui il residuo è utilizzato come 10%. Nel caso siano più restrittivi si applicano i valori
correttivo o riducente limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex DPR
Segue ALLEGATO 1 203/88 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti, di CO e
RECUPERO DI MATERIA DAI RIFIUTI di COT non sono fissati, si utilizzano le emissioni reali
Suballegato 2 ridotte del 10%; i valori di processo sono riferiti allo stesso
--------------------------------------------------------------- tempo di mediazione di cui al suballegato 2 ed alle singole
voci del suballegato 1.
2.2 Il valore limite per ciascun agente inquinante e per il C = valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri
monossido di carbonio presenti nelle emissioni risultanti dal inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione di cui al
recupero di rifiuti non pericolosi sono convenzionalmente suballegato 2 ed alle singole voci del suballegato 1. Il tenore
calcolati in base alla percentuale di rifiuto impiegata nel di ossigeno di riferimento è calcolato sulla base del tenore di
ciclo produttivo rispetto al totale della materia alimentata riferimento relativo al rifiuto e quello relativo al processo,
all'impianto secondo la formula seguente: come individuato dal D.M. 12/7/90, rispettando il rapporto
dei volumi parziali.
A rifiuti x C rifiuti + A processo x C processo Nota. Ai soli fini del calcolo della formula di cui al punto 1,
C = ----------------------------------------- i valori limite per la polvere totale, COT, HCl, HF e SO2
A rifiuto + A processo
sono unicamente quelli individuati alla lett. a) della tabella
A rifiuto = quantità oraria (espressa in massa) dei rifiuti non in sub.2.
pericolosi alimentati all'impianto non corrispondente alla Per i valori limite di polveri totali, SO2, NOx, CO e COT i
quantità massima prevista nella comunicazione. valori C rifiuto, C processo e C sono espressi come valori
C rifiuti = valori limite di emissione stabiliti nella medi giornalieri. A tal fine, il valore medio giornaliero di C
successiva tabella. processo è assunto pari al 115% del medesimo valore fissato
A processo = quantità oraria (espressa in massa) di materia su base mensile.
alimentata all'impianto (esclusi i rifiuti) corrispondente alla Per i valori di IPA, PCDD ÷ PCDF i valori di C rifiuto, C
quantità minima prevista nella comunicazione. processo e C devono essere espressi come valori medi
C processo = valore limite di emissione per gli agenti riferiti a 8 ore.
inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi dagli Per i valori dei metalli i valori di C rifiuto, C processo e C
impianti quando vengono utilizzate materie prime devono essere espressi come valori medi orari.
tradizionali ovvero materie prime e prodotti (esclusi i rifiuti)
conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni 2. La misurazione continua di HF può essere omessa se
nazionali legislative, regolamentari e amministrative ridotti vengono utilizzate fasi di trattamento per HCl che
del 10%. Nel caso siano più restrittivi, si applicano i valori garantiscono che il valore limite di emissione per lo stesso
limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex DPR parametro HCl espresso sia come valore medio giornaliero
203/88 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti e del CO che come valore medio su trenta minuti non venga superato.
e COT non sono fissati si utilizzano le emissioni reali ridotte In questo caso le emissioni di HF sono soggette a
del 10%. I valori di C processo sono riferiti allo stesso misurazioni mensili.
tempo di mediazione previsto alla successiva tabella.
C = valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri 3. Non si deve tenere conto degli agenti inquinanti e di CO
inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione previsto alla che non derivano direttamente dalla combustione di rifiuti o
successiva tabella. Il tenore di ossigeno di riferimento e quello di combustibili, come pure di CO derivante dalla
relativo al processo se non diversamente individuato in combustione se:
conformità al D.M. 12/7/90. - maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione
sono richieste dal processo di produzione;
- il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le
diossine e i furani è rispettato.

4. In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui è stato


autorizzato il coincenerimento, il valore limite totale delle
emissioni (C) deve essere calcolato in modo da ridurre al
minimo le emissioni nell'ambiente.

5. Per il tenore di ossigeno di riferimento è comunque fatto


salvo quanto disposto all'art. 3 comma 2 del D.M. 12 luglio
1990.

Segue ALLEGATO 2
RECUPERO DI ENERGIA DAI RIFIUTI
Suballegato 2
---------------------------------------------------------------

6. Per il calcolo del valore di emissione di PCDD ÷ PCDF


come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1
della direttiva 94/67/CE;

7. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici


aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:
- Benz [a]antracene
- Dibenz[a,h]antracene
- Benzo[b]fluorantene
- Benzo[j]fluorantene
- Benzo[k]fluorantene
- Benzo[a]pirene
- Dibenzo[a,e]pirene
- Dibenzo[a,h]pirene
- Dibenzo[a,i]pirene
- Dibenzo[a,l]pirene
- Indeno [1,2,3 - cd]pirene

8. Fermo restando quanto disposto dalla decisione della


Commissione concernente i metodi di misurazione
armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di
massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente
ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle
emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto
previsto nei decreti di attuazione del DPR 24 maggio 1988
n° 203: Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei
rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine
della verifica del rispetto delle concentrazioni degli
inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il
confronto va effettuato con i valori medi ottenuti
statisticamente mediante determinazioni su un numero di
campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a
cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i
valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei
campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h.

9. Per i primi 24 mesi gli accertamenti dei limiti di


emissione mediante controllo in continuo degli inquinanti
sono accompagnati dall'esecuzione in parallelo di campagne
analitiche con misurazioni puntuali a carico del gestore
dell'impianto in accordo con l'autorità di controllo.
Il pregiudizio ambientale determinato può essere anche monetizzato, è sufficiente infatti comparare i costi
necessari per gli impianti di abbattimento delle emissioni prodotte dalla combustione del residuo se viene
classificato impropriamente come "un combustibile" rispetto a quelli, notevolmente superiori, che sarebbero
necessari se invece il processo di combustione fosse considerato, come deve essere, un trattamento termico
di un rifiuto che altrimenti non si saprebbe come smaltire.
La differenza di due costi rappresenta quanto si risparmia a scapito dell'ambiente.
La risposta è affermativa.
Nono quesito: La produzione del materiale è soggetta a controllo di qualità?
Le analisi di controllo della qualità chimica del residuo di produzione sono attuabili, infatti, le
concentrazioni delle sostanze presenti sono differenti da partita a partita, tutto ciò a differenza di quelle
relative al prodotto che rappresenta lo scopo del processo in essere che evidenzierebbero sempre le stesse
caratteristiche.
Tali analisi d’altra parte sarebbero del tutto superflue in relazione alla destinazione del residuo come
combustibile che è del tutto indipendente dalla sua composizione chimica.
La riposta è negativa.
Decimo quesito: Il materiale può essere utilizzato nella sua forma attuale o allo stesso modo come
materia prima senza essere soggetto ad operazioni di recupero?
Per le considerazioni svolte ai quesiti terzo e settimo il residuo può essere solo sottoposto a trattamento
termico al fine del suo smaltimento o per recuperare energia termica come nel caso di tutte le sostanze
organiche sottoposte a combustione.
La risposta al quesito è negativa.
Undicesimo quesito: Il materiale può essere usato solo dopo essere stato sottoposto ad una
operazione di recupero?
Per le considerazioni svolte al terzo, sesto, settimo e decimo quesito, esso può essere solo combusto o in
generale sottoposto a trattamento termico, e non si conoscono né sono possibili altri impieghi nello stesso e
diverso ciclo produttivo senza che si proceda preliminarmente ad un trattamento termico.
La risposta al quesito è affermativa
Criteri per qualificazione di un rifiuto previsti dall’OCSE e dalle sentenze della Corte di Giustizia
Europea. Ipotesi di applicazione ad uno scarto utilizzato per la formazione di riempimenti o rilevati

Al fine di qualificare, come rifiuti o meno, i materiali di scarto destinati ad essere impiegati in modo
aspecifico per il recupero della materia in essi contenuti nella presente nota, si è proceduto all’applicazione
dei principali criteri previsti in materia dall’OCSE e menzionati nelle Sentenze della Corte di Giustizia
Europea.
Proponendo tali criteri sotto forma di quesiti, tale esame è stato riferito ad un caso emblematico: impiego di
un residuo per realizzare un riempimento o un rilevato, recuperando, anche se in modo aspecifico, la materia
in esso contenuta.
Recupero di uno scarto di produzione per la formazione di riempimenti o rilevati
Primo quesito: Il materiale è prodotto intenzionalmente?
Il materiale deriva dalla demolizione dei fabbricati non più utilizzabili per lo scopo per il quale erano stati
realizzati, perché obsoleti e dismessi da molto tempo o perché è necessario sgomberare l’area per realizzare
altri edifici.
La risposta al quesito è negativa.
Secondo quesito: Il valore economico complessivo del materiale è negativo?
La struttura dismessa non aveva alcun valore economico e la sua demolizione ha avuto un costo ben preciso
ed anche il trasporto e la messa a dimora del materiale di demolizione ha un costo elevato.
Esso quindi come tale non ha valore economico anzi la sua gestione presenta un elevato onere economico
La risposta al quesito è affermativa.
Terzo quesito: E' richiesto un trattamento ulteriore prima che il materiale possa venire utilizzato
direttamente?
Per ottenere il materiale è stato necessario che gli edifici fossero demoliti, e per il suo recupero come materia
di riempimento è necessario che esso sia sottoposto ad una cernita e ad una sua caratterizzazione e bonifica
al fine di escludere effetti negativi sull' ambiente.
Il suo recupero non è un semplice riutilizzo il materiale, infatti, ha perso completamente la sua identità
originaria, impiegandolo in un rilevato o in un riempimento avviene solo un recupero aspecifico della
materia contenuta in tale scarto di demolizione, sfruttando di fatto solo il suo ingombro volumetrico.
La risposta al quesito è affermativa.
Quarto quesito: Il materiale è ancora idoneo all'uso cui è stato originariamente destinato?
Le strutture e gli impianti sono stati demoliti ed il materiale ottenuto, o parte di esso non è più utilizzabile
per nuove .costruzioni, è solo possibile il suo smaltimento o un recupero aspecifico della materia in esso
contenuta, come materiale da riempimento.
La risposta al quesito è negativa.
Quinto quesito: L’uso del materiale presenta una compatibilità ambientale analoga a quella di
un prodotto primario?
Il materiale da demolizione ha natura promiscua e contiene sostanze estranee ed inquinanti, plastica, ferro,
eternit ed altri inquinanti liquidi del tutto assenti in un materiale di cava da utilizzare per il riempimento che
ha qualità omogenea ed è privo di contaminanti.
Se tale materiale non è sottoposto ad alcuna bonifica e caratterizzazione le sostanze inquinanti sono dilavate
e possono essere cedute all'ambiente in modo del tutto incontrollato.
La risposta al quesito è negativa.
Sesto quesito: Il materiale verrà effettivamente impiegato in un processo di produzione?
L’effettivo impiego del materiale di demolizione delle strutture originarie che costituivano il bene, che sono
state dismesse e poi demolite, in un processo produttivo, se tale si considera, anche la formazione di un
rilevato o il riempimento di una depressione è solo possibile e può essere verificato solo a posteriori una
volta che esso sia stato realizzato.
Infatti per verificare la reale possibilità di recupero del materiale di riempimento è necessario che esso sia
stato sottoposto a cernita ed a bonifica, sia stata verificata la qualità, sia stata ridotta la capacità inquinante
del materiale ed i costi necessari al suo recupero siano concorrenziale con quelli relativi dall'impiego di
materiale di cava.
La risposta è da verificare caso per caso.
Settimo quesito: Il materiale ha un uso determinato?
Il recupero del materiale di scarto della demolizione in un riempimento o in un rilevato è del tutto aspecifico
ed il materiale ha perso la sua originaria identità ed ha un recupero che riguarda la sua capacità di
riempimento e quindi il suo ingombro volumetrico piuttosto che la materia che lo costituisce.
La risposta al quesito è negativa
Ottavo quesito: L'uso del materiale in un processo di produzione causa rischi maggiori per la
salute umana o per l'ambiente rispetto all'uso della materia prima corrispondente?
Come già evidenziato al terzo e sesto quesito, a differenza di un materiale di cava avente una composizione
omogenea e privo di contaminanti, il materiale da demolizione ha natura promiscua e contiene sostanze
estranee ed inquinanti, plastica, ferro, eternit e sostanze liquide. Se tale materiale non è sottoposto ad alcuna
caratterizzazione ed a bonifica le sostanze inquinanti sono dilavate e cedute all'ambiente in modo del tutto
incontrollato.
Una idea degli inquinanti che possa essere presenti in un materiale di demolizione è data dalla tabella
dell’allegato 3 del D.M. 5.2.1998 (Tav. A).
La risposta al quesito è negativa.
Nono quesito: La produzione del materiale è soggetta a controllo di qualità?
La produzione del materiale deriva dalla demolizione dei fabbricati, questa è avvenuta senza un controllo di
qualità né queste d'altra parte era necessaria ai fini della demolizione.
I controlli sui materiali di demolizione, destinati al riempimento hanno senso solo se il materiale è
sottoposto preventivamente a trattamento e bonifica e non se il materiale è discaricato in modo promiscuo ed
aspecifico senza caratterizzazione e bonifica ma tali controlli non riguardano comunque la produzione del
materiale di demolizione ma eventualmente il suo impiego.
La risposta al quesito è negativa.
Decimo quesito: Il materiale può essere utilizzato nella sua forma attuale o allo stesso modo come
materia prima senza essere soggetto ad operazioni di recupero?
I1 materiale di demolizione non è riutilizzabile, esso infatti ha perso completamente la sua originaria identità.
Il materiale derivante dalla demolizione se cernito e raggruppato per tipologia e ridotto alle dimensioni
desiderate, può solo assoggettato ad un recupero di tipo aspecifico come materiale per riempimenti o rilevati.
La risposta al quesito è negativa.
Undicesimo quesito: Il materiale può essere usato solo dopo essere stato sottoposto ad
un'operazione di recupero?
Il materiale di demolizione, poiché aspecifico e promiscuo, può essere recuperato solo dopo essere stato
sottoposto ad operazioni quali selezione, raggruppamento e bonifica.
Non adottando i suddetti trattamenti il materiale di demolizione impiegato per il riempimento di fatto non
viene recuperato ma l’operazione svolta per le modalità con cui è stata condotta, è in realtà da qualificare
come una discarica.
La risposta al quesito è affermativa.
Tavola A
Concentrazioni limite stabilite dall’allegato 3 al D.M. 5.2.1998 previste per i componenti eluiti dai
campioni di rifiuti da utilizzare in rilevati e riempimenti
Parametri Unità di misura Concentrazioni limite

Nitrati mg/l NO3 50


Fluoruri mg/l F 1,5
Solfati mg/l SO4 250
Cloruri mg/l Cl 200
Cianuri µg/l Cn 50
Bario mg/l Ba 1
Rame mg/l Cu 0,05
Zinco mg/l Zn 3
Berillio µg/l Be l0
Cobalto µg/l Co 250
Nichel µg/l Ni 10
Vanadio µg/l V 250
Arsenico µg/l As 50
Cadmio µg/l Cd 5
Cromo totale µg/l Cr 50
Piombo µg/l Pb 50
Selenio µg/1 Se 10
Mercurio µg/l Hg 1
Amianto mg/l 30
COD mg/l 30
pH 5.5 < > 12,0
Procedura per la determinazione dei componenti eluiti dai campioni solidi da analizzare
Lavaggio dei recipienti con acido nitrico 1M e successivamente risciacquati varie volte con acqua
deionizzata.
Il test va condotto ad una temperatura di 20 ± 5 C.
Registrare la temperatura media durante ogni intervallo del test.
Porre nel recipiente un volume d'acqua pari a V=5 X Vp.
Il campione deve essere immerso completamente e la parte superiore del campione deve essere almeno
2 cm al di sotto della superficie dell'acqua.
Rinnovare l'acqua del recipiente dopo 2, 8, 24, 48, 72, 102, 168, e 384 ore (16 giorni). Prendere
accuratamente nota dei tempi di rinnovo della fase liquida.
Nel primo o nei primi due cicli di eluizione si possono verificare fenomeni di rilascio superficiale.
Filtrare e/o comunque separare le soluzioni estraenti ottenute da ciascuno step eventualmente con una
membrana filtrante (*) e acidificare il campione dopo la misurazione del pH e della conducibilità con
acido nitrico 1M a pH=2. Non acidificare una parte della soluzione estraente per analizzare gli anioni
(solfati, nitrati, cloruri).
Analizzare i campioni acidificati prima possibile, ma tutti in un'unica sequenza analitica secondo una
procedura standardizzata.
Le determinazioni analitiche per la ricerca dei microinquinanti andranno effettuate su ogni soluzione
ottenuta dalle otto fasi di eluizione (2, 8, 24, 48, 72, 102, 168, e 384 ore) ricercando i parametri
significatavi e rappresentativi del campione in esame. Il confronto con i valori limite stabiliti nella
tabella seguente andrà effettuato con un valore risultante dalla sommatoria delle concentrazioni
riscontrate nelle soluzioni ottenute nelle singole otto fasi di estrazione. Mentre per il parametro pH il
range 5,5 - 12 andrà rispettato per ognuna delle soluzioni ottenute nelle 8 fasi estrattive.
Se il test viene effettuato su materiali di granulometria fine, nella fase di filtrazione tali materiali
possono rimanere adesi sul filtro; pertanto ove possibile si dovrà unire tale materiale alla fase solida
filtrata e procedere ai successivi step di eluizione.

La normativa extracomunitaria dei rottami ferrosi


La Sentenza della Corte (Quinta Sezione), sulle questioni sottopostele dalla High Court of Justice (England
& Wales), Queen's Bench Division (Administrative Court), riguardante la Mayer Parry, ordinanza 9
novembre 2000, (Lussemburgo il 19 giugno 2003) e la Sentenza della Corte (Seconda Sezione) avente ad
oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Tribunale
penale di Terni riguardante il procedimento Antonio Niselli con ordinanza 20 novembre 2002, (Lussemburgo
18 dicembre 2002), sono le ultime sentenze della Corte di Giustizia Europea in materia di classificazione dei
rottami ferrosi.
Sentenza del 19 giugno 2003 (Mayer Parry)
La Corte di Giustizia ha concluso che:
1) La nozione di «riciclaggio» ai sensi dell'art. 3, punto 7, della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 20 dicembre 1994, 94/62/CE, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio deve essere
interpretata nel senso che essa non comprende il ritrattamento di rifiuti di imballaggio contenenti
metallo quando questi sono trasformati in una materia prima secondaria, come il materiale di grado 3
B, ma riguarda il ritrattamento di tali rifiuti quando sono utilizzati per la fabbricazione di lingotti,
lamiere o bobine di acciaio.
2) Tale interpretazione non cambierebbe se si prendessero in considerazione le nozioni di «riciclaggio» e di
«rifiuto» cui si riferisce la direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti.
La sentenza, ha evidenziato in particolare gli elementi che devono essere presi in considerazione al fine della
qualificazione dei rottami ferrosi nel corso delle diverse fasi di lavorazione.
Un rifiuto può essere considerato riciclato solo se è stato sottoposto a un ritrattamento tale da ottenere un
materiale nuovo o un prodotto nuovo «ai fini della sua funzione originaria».
Ciò significa che il rifiuto deve essere trasformato nel suo stato originario per poter, eventualmente, essere
utilizzato per una identica funzione a quella che aveva inizialmente il materiale all'origine del rifiuto.
In altri termini, un rifiuto di imballaggio contenente metallo deve essere considerato riciclato quando è stato
sottoposto a un ritrattamento nell'ambito di un processo finalizzato alla produzione di un nuovo materiale o
a fabbricare un prodotto nuovo dalle caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui era costituito
il rifiuto, per poter essere riutilizzato per la produzione di imballaggi contenenti metallo (67).
Poiché il riciclaggio comporta la trasformazione dei rifiuti di imballaggio in un materiale nuovo o in un
prodotto nuovo, dalle caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di provenienza, il risultato di tale
trasformazione non può più essere considerato «rifiuti di imballaggio».
Solo in questa fase che i materiali in questione cessano di essere qualificati come rifiuti di imballaggio e
che, pertanto, i vari controlli sui rifiuti previsti dal legislatore comunitario perdono la loro ragion d'essere
(75).
Infine, l'interpretazione della nozione di riciclaggio quale risulta dai punti 63-69 della presente sentenza,
eliminando qualsiasi ambiguità sul momento in cui i rifiuti di imballaggio devono essere considerati
riciclati, consente di evitare il rischio che più operazioni di trattamento di uno stesso rifiuto siano
considerate come altrettante operazioni di riciclaggio agli effetti dell'applicazione delle percentuali previste
dall'art. 6, n. 1, della direttiva 94/62 (76).
Una tale interpretazione risponde anche alle esigenze di chiarezza e di uniformità connesse agli obiettivi
della direttiva 94/62 riguardo al buon funzionamento del mercato interno, consistenti in particolare nella
prevenzione degli ostacoli agli scambi e delle distorsioni di concorrenza (77).
Tuttavia, la produzione di materiale di grado 3 B non costituisce un ritrattamento di rifiuti di imballaggio
contenenti metallo per ripristinare lo stato iniziale di tale materiale, cioè l'acciaio, e riutilizzarlo
conformemente alla sua funzione originaria, ovvero la lavorazione di imballaggi contenenti metallo, o per
altri fini. In altri termini, i rifiuti di imballaggio contenenti metallo ritrattati dalla Mayer Parry non sono
sottoposti a un ritrattamento nell'ambito di un processo di produzione che conferisce al materiale di grado 3
B caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui l'imballaggio metallico era costituito (83).
Infatti, il materiale di grado 3 B è un miscuglio contenente, oltre ad elementi ferrosi, impurità (dal 3% al 7%
secondo le differenti parti) come vernici e oli, sostanze non metalliche e elementi chimici non desiderati, che
devono essere ancora eliminati in vista dell'impiego nella produzione dell'acciaio. Il materiale di grado 3 B
non è quindi direttamente utilizzabile per la fabbricazione di nuovi imballaggi contenenti metallo (84).
L'utilizzo del materiale di grado 3 B nella produzione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio, si può definire
un'operazione di riciclaggio di rifiuti di imballaggio (86).
Poiché il processo di produzione di cui trattasi sfocia nella fabbricazione di nuovi prodotti, cioè lingotti,
lamiere o bobine di acciaio, con caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui erano
originariamente costituiti i rifiuti di imballaggio e che si possono impiegare per la medesima funzione
iniziale cui era desinato il materiale originario, vale a dire per gli imballaggi metallici, o per altri scopi (87).
La nozione di «riciclaggio» di cui all'art. 3, punto 7, della direttiva 94/62 deve essere interpretata nel senso
che essa non comprende il ritrattamento di rifiuti di imballaggio contenenti metallo quando questi sono
trasformati in materia prima secondaria, come il materiale di grado 3 B, ma riguarda il ritrattamento di tali
rifiuti quando sono utilizzati per la fabbricazione di lingotti, lamiere o bobine di acciaio (88).
Da un lato, un produttore di lingotti, lamiere e bobine di acciaio dal materiale di grado 3 B proveniente da
rifiuti di imballaggio contenente metallo, effettua un «riciclaggio» ai sensi della direttiva 94/62. Dall'altro,
nel momento in cui rifiuti di imballaggio sono stati riciclati ai sensi di tale direttiva, non sono più da
considerare rifiuti di imballaggio né ai sensi della direttiva 94/62 né, quindi, ai sensi dalla direttiva 75/442.
Di conseguenza, lingotti, lamiere o bobine di acciaio provenienti dal materiale di grado 3 B ottenuto dai
rifiuti di imballaggio contenenti metallo che sono stati riciclati non sono più «rifiuti di imballaggio» ai sensi
delle due suddette direttive (91).
Sentenza, dell’11 novembre 2004 (Niselli)
La Corte di Giustizia con la sentenza Niselli ha concluso:
3) La definizione di rifiuto contenuta nell’art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva del Consiglio 15
luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991,
91/156/CEE e dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, non può essere
interpretata nel senso che essa ricomprenderebbe tassativamente le sostanze o i materiali destinati o
soggetti alle operazioni di smaltimento o di recupero menzionati negli allegati II A e II B della detta
direttiva, oppure in elenchi equivalenti, o il cui detentore abbia l’intenzione o l’obbligo di destinarli a
siffatte operazioni.
4) La nozione di rifiuto ai sensi dell’art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442, come
modificata dalla direttiva 91/156 e dalla decisione 96/350, non dev'essere interpretata nel senso che essa
escluderebbe l’insieme dei residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in
un ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni
all’ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un’operazione di recupero ai sensi
dell’allegato II B di tale direttiva.
La sentenza ha evidenziato i seguenti elementi:
E’ ammesso, alla luce degli obiettivi della direttiva 75/442, qualificare un bene, un materiale o una materia
prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a
produrlo non come rifiuto, bensì come sottoprodotto di cui il detentore non desidera «disfarsi» ai sensi
dell’art. 1, lett. a), primo comma, di tale direttiva, a condizione che il suo riutilizzo sia certo, senza
trasformazione preliminare, e nel corso del processo di produzione (v. sentenza 11 settembre 2003, causa
C-114/01, AvestaPolarit Chrome, Racc. pag. I-8725) (47).
Tuttavia, quest’ultima analisi non è valida per quanto riguarda i residui di consumo, che non possono essere
considerati «sottoprodotti» di un processo di fabbricazione o di estrazione idonei ad essere riutilizzati nel
corso del processo produttivo) (48).
Un’analisi simile non può essere accolta nemmeno per quanto riguarda rifiuti del genere che non possono
essere qualificati come beni d’occasione riutilizzati in maniera certa e comparabile, senza previa
trasformazione (49).
Diversamente da tali condizioni e criteri fissati dalla direttiva 75/442, secondo l’interpretazione risultante
da una disposizione quale l’art. 14 del decreto legge n. 138/02, affinché un residuo di produzione o di
consumo sia sottratto alla qualifica come rifiuto sarebbe sufficiente che esso sia o possa essere riutilizzato in
qualunque ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare
danni all’ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un’operazione di recupero ai
sensi dell’allegato II B della direttiva 75/442 (50).
Un’interpretazione del genere si risolve manifestamente nel sottrarre alla qualifica come rifiuto residui di
produzione o di consumo che invece corrispondono alla definizione sancita dall’art. 1, lett. a), primo comma,
della direttiva 75/442 (51).
In proposito, materiali come quelli oggetto del procedimento principale non sono riutilizzati in maniera
certa e senza previa trasformazione nel corso di un medesimo processo di produzione o di utilizzazione, ma
sono sostanze o materiali di cui i detentori si sono disfatti. Stando alle spiegazioni del sig. Niselli, i materiali
in discussione sono stati successivamente sottoposti a cernita ed eventualmente a taluni trattamenti, e
costituiscono una materia prima secondaria destinata alla siderurgia. In un tale contesto essi devono
tuttavia conservare la qualifica di rifiuti finché non siano effettivamente riciclati in prodotti siderurgici,
finché cioè non costituiscano i prodotti finiti del processo di trasformazione cui sono destinati. Nelle fasi
precedenti, essi non possono ancora, infatti, essere considerati riciclati, poiché il detto processo di
trasformazione non è terminato. Viceversa, fatto salvo il caso in cui i prodotti ottenuti siano a loro volta
abbandonati, il momento in cui i materiali in questione perdono la qualifica di rifiuto non può essere fissato
ad uno stadio industriale o commerciale successivo alla loro trasformazione in prodotti siderurgici poiché, a
partire da tale momento, essi non possono più essere distinti da altri prodotti siderurgici scaturiti da materie
prime primarie (v., per il caso particolare dei rifiuti di imballaggio riciclati, sentenza 19 giugno 2003, causa
C-444/00, Mayer Parry Recycling, Racc. pag. I-6163, punti 61-75) (52).
In estrema sintesi gli elementi di riferimento contenuti nella sentenza utili al fine di qualificare in modo
aderente alle direttive di un rottame ferroso sono i seguenti:
− i residui di consumo quali rottami ferrosi non possono essere considerati sottoprodotti di un processo di
fabbricazione (Niselli 48);
− non è possibile sottrarre un rottame ferroso alla qualificazione di rifiuto solo perché esso è o può essere
riutilizzato con o senza trattamento in qualunque ciclo di produzione o consumo (Niselli 50-51);
− i rottami ferrosi pur se sottoposti a cernita ed a trattamento devono conservare la qualifica di rifiuto,
finché non siano effettivamente riciclati in prodotti siderurgici, finché cioè non costituiscano i prodotti
finiti da processo di trasformazione a cui sono destinati (Niselli 52);
− il momento in cui i rottami ferrosi perdono la qualifica di rifiuto non può essere fissato in uno stadio
industriale o commerciale precedente alla loro trasformazione in prodotti siderurgici (Niselli 52);
− i rottami ferrosi solo dopo la loro trasformazione in prodotti siderurgici essi non possono più essere
distinti da altri prodotti siderurgici scaturiti da materie prime secondarie (Niselli 52);
− la produzione di materiali quali possono essere quelle denominate 38 in Gran Bretagna o quelle
denominate CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO, ecc. in altri paesi quali l’Italia, corrispondenti a
determinate specifiche non costituisce un trattamento di rifiuti per il ripristino del loro stato iniziale cioè
l’acciaio (Mayer 83);
− un processo di produzione che conduce ad ottenere materiali rispondenti a determinate specifiche come
quelle citate al punto precedente, non conduce però ad ottenere materiali aventi caratteristiche
paragonabili a quelle di cui l’iniziale materiale era costituito che è appunto ferro, acciaio o altre leghe
(Mayer 83);
− solo l’utilizzo del materiale portati a specifica nella produzione di lingotti lamiere o bobine di acciaio,
può essere definita una operazione di rifiuti di imballaggio (Niselli 86);
− solo la produzione di lingotti o bobine di acciaio che sfocia nella produzione di prodotti con
caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui erano costituiti originariamente i rifiuti può
considerarsi come una attività di recupero (Niselli 87);
− la nozione di riciclaggio non comprende il ritrattamento di rifiuti di imballaggio, quando essi sono
trasformati in materia prima secondaria, ma riguarda invece il ritrattamento dei rifiuti quando sono
utilizzati per la fabbricazione dei lingotti o bobine di acciaio (Mayer 88);
− solo quando i rifiuti di imballaggio sono stati riciclati ottenendo lingotti o bobine di acciaio questi non
sono più da classificare rifiuti (Mayer 91).
La Legge delega 15 dicembre 2004 n. 308
A fronte di tali considerazioni e conduzioni della Corte di Giustizia Europea sopra evidenziata, è stata
approvata la legge delega 15 dicembre 2004 n. 308, entrata in vigore l’11.1.2005, che individua le
caratteristiche e le tipologie dei rottami che, derivanti come scarti di lavorazione oppure originati da cicli
produttivi o di consumo, sono definibili come materie prime secondarie per le attività siderurgiche e
metallurgiche, nonché le modalità affinché gli stessi siano sottoposti al regime delle materie prime e non a
quello dei rifiuti.
Essa prevede, in difformità di quanto enunciato dalla Corte di Giustizia Europea, che, fermo restando quanto
disposto dall’articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8
agosto 2002, n. 178, sono sottoposti al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti:
− i rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche CECA, AISI,
CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
− i rottami scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo,
esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate nelle
specifiche sopra menzionate dei quali il detentore non si disfi, non abbia deciso o non abbia l’obbligo di
disfarsi e che quindi non conferisca a sistemi di raccolta o trasporto di rifiuti ai fini del recupero o dello
smaltimento, ma siano destinati in modo oggettivo ed effettivo all’impiego nei cicli produttivi siderurgici
o metallurgici.
Sono poi previste le condizioni affinché i rottami siano sottoposti al regime delle materie prime e non a
quello dei rifiuti, che consistono nel fatto che:
− i rottami rispondano alla definizione di materia prima secondaria per attività siderurgiche e
metallurgiche, in quanto costituiti da:
• rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche
CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
• rottami scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di
consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le specifiche rispondenti a
specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
− il detentore non si disfi, non abbia deciso o non abbia l’obbligo di disfarsi dei rottami e che quindi non
conferisca a sistemi di raccolta o trasporto di rifiuti ai fini del recupero o dello smaltimento;
− siano destinati in modo oggettivo ed effettivo all’impiego nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici;
− i rottami siano rispettate le disposizioni previste dall’articolo 14 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178 che prevede che i materiali non siano da
classificare come rifiuto quando sono soddisfatte queste condizioni:
• gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o
in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di
trattamento e senza recare pregiudizio all’ambiente (comma 2 lett. a).
• quando gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel
medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento
preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate
nell’allegato C del decreto legislativo n. 22” (comma 2 lett. b).
Conclusioni
Sulla base della nuova legge delega, in estrema sintesi, componendo tra loro le condizioni in essa prevista,
perché i rottami ferrosi e non ferrosi non siano sottoposti al regime previsto per i rifiuti, essi devono
presentare, in alternativa, le seguenti caratteristiche:
− siano rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche CECA,
AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
− siano i rottami di scarto di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di
consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le specifiche CECA, AISI, CAEF,
UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali;
− siano i rottami di cui il detentore non si disfa non ha deciso o non ha l’obbligo di disfarsi e che quindi
non conferisce a sistemi di raccolta o trasporto di rifiuti ai fini del recupero o dello smaltimento, ma sono
destinati in modo oggettivo ed effettivo all’impiego nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici;
− siano i rottami di cui il detentore ha deciso ed ha l’obbligo di disfarsi, ma essi:
• possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o
diverso ciclo produttivo o di consumo, con o senza subire alcun intervento preventivo di trattamento;
• possono essere riutilizzati senza recare pregiudizio all’ambiente;
• possono essere riutilizzati senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle
individuate nell’allegato C del decreto legislativo 22/97.
E’ sufficiente comparare queste condizioni, fissate dalla nuova legge delega con i principi comunitari
esplicitati nelle sentenze della Corte di Giustizia sopra elencati, per verificare quanto la nuova disciplina
deroghi da quanto stabilito dalle direttive comunitarie in materia di gestione di rifiuti.
La delega di funzioni nell’azienda: effetti e limiti
Del Dott. Renato Nitti

Premessa
Il tema della delega di funzioni nelle organizzazioni complesse, se esaminato nella prospettiva del diritto
penale dell’ambiente, non ha propria autonomia dogmatica, ma è strettamente connesso, per costituirne una
variabile di frequente applicazione, con il tema più ampio della individuazione del soggetto responsabile del
reato.
Non esiste, peraltro, nella materia ambientale una previsione normativa che disciplini in maniera
generale il tema della rilevanza della delega e specifichi quali siano le conseguenze o, per riprendere il tema
indicato, gli effetti ed i limiti di una delega di funzioni all’interno della azienda o della pubblica
amministrazione.
Neppure esistono previsioni normative che facciano alla delega generico riferimento.
Si impone, dal punto di vista sistematico, un rapido inquadramento che consenta di classificare i diversi
orientamenti giurisprudenziali esistenti, se non di rispondere agli interrogativi che rispetto alla delega si
pongono, dalla individuazione del destinatario del precetto penale alla rilevanza della delega, ai requisiti che
si richiede che la delega abbia perché possa dispiegare effetti a carico del delegato ed eventualmente anche a
vantaggio del delegante 59.
Il tema della delega è stato peraltro oggetto di iniziale più analitico approfondimento in materia di sicurezza
ed igiene sul lavoro, ove alle stratificazione “alluvionali” delle pronunzie giurisprudenziali ha fatto seguito
in un secondo momento un primo riferimento normativo60.
Tuttavia l’accostamento alla disciplina della sicurezza ed igiene sul lavoro incontra un primo
ostacolo nella diversa formulazione delle fattispecie incriminatici: certamente in quella materia la tecnica
legislativa è improntata nel senso della specifica individuazione di soggetti attivi del reato (datore di lavoro,
dirigente, preposto etc) se non nella ripartizione delle stesse fattispecie incriminatici non già in relazione al
precetto violato bensì con riferimento al soggetto attivo del reato. Diversa tecnica legislativa è invece seguita
in materia ambientale e, in particolare, di gestione di rifiuti.
La individuazione del soggetto responsabile nelle organizzazioni complesse
Ciò premesso, la frequente ancorché non necessaria riferibilità degli illeciti ambientali alla operatività di
organizzazioni di impresa pone anche in questo settore il tema della individuazione delle responsabilità
all’interno delle organizzazione complesse, tema per il quale l’ordinamento non detta disposizioni specifiche
e affida al giurista la applicazione dei criteri generali di attribuzione della fattispecie tipica o della
attribuzione mediante lo schema del concorso.
Infatti anche quando l’agente operi in nome e per conto di un ente collettivo o, più genericamente, di un
organizzazione complessa, la responsabilità penale secondo il diritto positivo non può che essere ascritta
esclusivamente alla persona fisica
Il codice penale è impostato nel senso di non prevedere la responsabilità di enti, ma soltanto di persone
fisiche cui una condotta, in termini di azione o omissione, possa essere riferita, mentre la responsabilità civile
per il medesimo fatto può tuttavia essere attribuita all’ente.
Non assume rilevanza in questa sede stabilire se si tratta di un principio desumibile dalla Costituzione o,
ancor meno, condivisibile61

E’ per questa ragione che soggetto attivo del reato è sempre una persona fisica: il codice penale intanto
considera la possibilità che la persona fisica –rappresentante, amministratore o dipendente -abbia p.es. agito

59
L’analisi del tema è sovente finalizzata -mediante l’estrapolazione di massime giurisprudenziali- a confezionare un decalogo della delega
liberatoria. Tuttavia poiché le massime rinvenibili non sono normalmente sovrapponibili, ma presentano differenze a volte significative tra loro, si
rischia di ridurre il tema ad un confronto tra orientamenti numericamente o cronologicamente prevalenti e orientamenti minoritari, tralasciando il
necessario preliminare inquadramento anche quando rinvenibile nelle richiamate pronunzie giurisprudenziali.
E’ talvolta espressamente manifestato nelle sentenze della Suprema Corte lo sforzo di non ridurre la questione ad un mero riepilogo di requisiti della
delega, valorizzandosi invece il preliminare inquadramento di quest’ultima in un contesto sistematico (Cfr ex plurimis Cass. Pen, III sez. Rel.
Morgigni, ric. Zanoni in FI 1997, II, 490).
60
Cfr., ex plurimis, Di Lecce M., “Posizioni di garanzia e sicurezza nei posti di lavoro. Criteri di individuazione dei soggetti responsabili nelle
organizzazioni complesse e negli organi collegiali, anche all’interno della pubblica amministrazione. Il problema della delega di funzioni”.
Relazione all’incontro di studi C.S.M.: “La responsabilità penale nella società del rischio”24-26.5.2004; Fimiani P., “I criteri di individuazione dei
soggetti responsabili nelle organizzazioni complesse e negli organi collegiali, anche all’interno della P.A..Il problema della delega di funzioni”,
relazione all’incontro di studi CSM “Lavoro e Giustizia Penale”, 22-24.2.2001; Corbo, F.I. 1995, parte II, col.598.
61
Ex plurimis, si rinvia alla ricostruzione riportata da V.Militello in Prospettive e limiti di una responsabilità della persona giuridica nel sistema
penale italiano, in Studium Iuris, 2000, 779
nell’interesse dell’ente in quanto ciò consenta di ravvisare ex art. 197 c.p. la responsabilità civile delle
persone giuridiche.62
In presenza di illeciti, di fatto derivanti da organizzazioni complesse, l’approccio penale non può che portare
alla ricerca del soggetto responsabile o di più soggetti responsabili all’interno della medesima
organizzazione.
Ulteriore variabile da considerarsi nella individuazione del soggetto nella materia in esame è la circostanza
che i reati ambientali sono normalmente (ma non più esclusivamente) contravvenzioni, con la conseguenza
che non soltanto l’elemento soggettivo del dolo ma anche quello della colpa assume rilevanza63.
Ove, come è frequente, si tratti di individuare tra più soggetti facenti parte di una organizzazione complessa
colui o coloro, in caso di concorso, che possa/possano aver commesso il reato, la ricerca può diventare
oggettivamente complessa.

La giurisprudenza ha individuato, nel silenzio del legislatore sul tema specifico e richiamando
esclusivamente i criteri generali prima enunciati, alcuni criteri.64

A) Un primo criterio, più risalente, sostiene la identificazione tra responsabile e


rappresentante legale, valorizzando così il dato formale della rappresentanza.65
B) Un diverso orientamento, nella consapevolezza della necessità di valorizzare gli aspetti
della organizzazione interna della impresa e il principio della personalità della
responsabilità penale, esalta l’effettività delle funzioni. La applicazione di un criterio
sostanziale comporta ovviamente una speciale complessità della operazione di
identificazione dell’autore del reato. La sentenza della III sezione 14.7.1999, n.11951,
est. Mannino, imp. Bonomelli, individua i diversi livelli di possibile coinvolgimento di
soggetti all’interno dell’impresa. Di seguito, con una schematizzazione dello scrivente, si
riporta l’articolata conseguenza della applicazione del criterio di effettività:“I criteri per
la determinazione della responsabilità riguardano
i. in primo luogo il titolare dell’impresa, come colui al quale fanno capo i poteri
di rappresentanza e di direzione; ma anche
ii. coloro che sono da lui delegati alla direzione ed alla vigilanza dei singoli
settori in cui l’organizzazione imprenditoriale è ripartita, dotati di autonomia e
muniti dei necessari poteri organizzativi e di spesa, e
iii. coloro che svolgono in concreto le varie attività, i quali ponendo materialmente
in essere la condotta incriminata, concorrono nel reato insieme con i titolari del
potere di direzione e di vigilanza”.

Ne discende che “il sistema della responsabilità penale risultante dalla


adozione dei vari criteri integrati, che coprono l’intero campo del concorso nel
reato, risulta ispirato ai principi di correttezza e di effettività, col rifiuto di qualsiasi
soluzione formale ed astratta”.66

62
Per vero, andrebbe anche dato atto sia dei casi, riconosciuti dalla giurisprudenza, di confiscabilità del corpo di reato dell’ente quando il condannato
abbia agito quale rappresentante/amministratore dell’ente sia dei casi di oneri in materia ambientale a carico del proprietario del bene anche quando
quest’ultimo sia un ente ed autore del reato ne sia p.es. l’amministratore o il legale rappresentante. Purtroppo allorquando il Governo ha introdotto nel
nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 231 del 2001 la disciplina della responsabilità degli enti per illeciti amministrativi, ha attuato soltanto
in parte l'esercizio della delega. L'articolo 11 della legge-delega 29 settembre 2000, n. 300, includeva tra i delitti suscettibili di addebito per illecito
amministrativo all'ente i reati ambientali, quelli scaturenti dalla violazione alla normativa di tutela del territorio e quelli relativi a omicidio o lesioni
colpose per violazione delle disposizioni sulla sicurezza ed igiene del lavoro. Deve tuttavia darsi atto che alcuni disegni di legge al vaglio del
parlamento prevedono espressamente l’estensione per la quale il Parlamento aveva già invano delegato il Governo.
63
L’applicazione rigorosa dei principi vigenti in tema di casi di esclusione della colpa fa poi sì che “in tema din inquinamento atmosferico la causa di
inesigibilità per caso fortuito, di cui all’art. 45 c.p., non può essere richiamata allorché l’evento sia riconducibile asl titolare dell’insediamento
anche soltanto per omissione, allorché trattasi di conseguenze prevedibili ed evitabili con misure strutturali di prevenzione” (Cass. III, 29.4.2003,
n.26191, est. Postigliione, imp. Piscedda, in C.P. 2005, n. 114, p. 160)
64
Per una ricostruzione schematica degli orientamenti più risalenti, cfr. Bellagamba F., in C.P. 1996, n. 743 pag. 1276 e Cass. 1996 Zanoni, di
seguito citata.
65
L’orientamento è piuttosto risalente, anche se non mancano più recenti pronunzie che fanno riferimento al criterio formale della rappresentanza in
relazione ai cd reati di disobbedienza ai precetti amministrativi rivolti all’impresa o all’ente (Cass. Bressan cit)
66
Ancora: “In tema di lesioni colpose da infortunio sul lavoro, ai fini dell'identificazione della persona responsabile, nell'ambito di un'impresa di
grandi dimensioni, in cui la ripartizione delle funzioni è imposta dall'organizzazione aziendale, occorre accertare l'effettiva situazione di
responsabilità all'interno delle posizioni di vertice per individuare i soggetti cui i compiti di prevenzione sono concretamente affidati con la
predisposizione e l'attribuzione dei correlativi e necessari poteri di adempierli” (Cassazione penale, sez. IV, 26 aprile 2000, n. 7402, Mantero).
La complessità dell’accertamento in fatto cui si richiama la sentenza Bonomelli ovviamente non
esclude che ulteriori fattori di difficoltà si incontrino, come nel caso in cui i poteri di rappresentanza e
direzione, per utilizzare le parole della stessa richiamata sentenza, sussistano in capo a più soggetti facenti
parte del medesimo organo collegiale.
A tale proposito, in tema di sicurezza ed igiene sul lavoro e di società di capitali, si è rimarcato che:
“Nell'ambito di una società per azioni, il datore di lavoro in senso civilistico deve essere individuato nel
consiglio di amministrazione, e, ove con la nomina di uno o più amministratori delegati si verifichi il
trasferimento di funzioni in capo ad essi, non per questo va interamente escluso un perdurante obbligo di
controllo e intervento sostitutivo in ordine, non all'adozione di una singola misura di prevenzione per la
tutela della salute di uno o più lavoratori o al mancato intervento in un singolo settore produttivo, ma alla
complessiva gestione aziendale della sicurezza da parte degli amministratori delegati.”( Cassazione penale,
sez. IV, 5 dicembre 2003, n. 4981).
Tralasciando per adesso il tema della delega, su cui si tornerà tra breve, interessa qui rimarcare che se
“nell'ambito di una società per azioni, il datore di lavoro destinatario degli obblighi di sicurezza del lavoro
è il consiglio di amministrazione” (Cassazione penale, sez. IV, 11 luglio 2002, n. 988, Macola e altro, Dir. e
prat. del lavoro 2003, 1057), risponderanno in prima battuta, sotto il profilo penale, “i singoli suoi
componenti”, salva l‘operativà di ulteriori meccanismi che possono consentire di escluderne la
responsabilità67

La rilevanza della delega nelle organizzazione complesse.

Ciò premesso, la articolazione delle realtà imprenditoriali ha determinato una notevole diffusione dei
meccanismi di delega interni, volti cioè ad investire soggetti diversi di incombenze spettanti ai soggetti
apicali.

Si tratta di un fenomeno necessario e del quale occorre tener conto onde evitare che la responsabilità
venga sempre riconosciuta in capo al vertice anche quando la sua condotta non sia censurabile.

D’altro canto, l’approccio ad esso non può che essere di rigore, attesa la possibilità che sia
strumentalizzato per scaricare la responsabilità dagli apici verso i livelli inferiori.

Sebbene, ancora una volta, le diffuse schematizzazioni non sempre giovano alla intelligenza del
fenomeno, va detto che la questione è stata talora affrontata in termini generali in particolare in tema di
inquinamento idrico, mediante la proposizione di una contrapposizione di opposti orientamenti .

E’, in questi termini, diffusa la rappresentazione del quadro complessivo della giurisprudenza in
linea di massima nei seguenti orientamenti.

Orientamento contrario
Un primo orientamento esclude in radice la possibilità in materia di inquinamento idrico che una
delega di funzioni possa esonerare da responsabilità il titolare dello scarico
Cass. sez. III, 11 aprile 1989, Pomari68 evidenzia che «in materia di inquinamento delle acque la delega di
compiti di vigilanza e controllo ad altri soggetti, se può essere opportuna a fini gestionali interni, non ha
rilevanza per escludere la responsabilità penale del destinatario delle norme, che è colui che "effettua lo
scarico" (artt. 21, 22, 23 e 25 L. 319/1976), ossia il titolare dell'azienda ed il rappresentante legale, con
l'eventuale concorso dei dipendenti. Manca infatti una previsione esplicita, come accade in tema di
sicurezza e igiene del lavoro (art. 4 D.P.R. 27-4-1955 n. 47) che contempli più figure tipiche di responsabili
(datore di lavoro, dirigente, preposto), con possibilità quindi di una canalizzazione esclusiva a carico anche

67
Sulla interpretazione funzionale del soggetto attivo nei casi in esame, cfr anche Bellagamba F., in C.P. 1996, n. 743 pag. 1276
68
In Riv. Trim. Dir. Pen. Economia, 1990, 145
di uno solo di essi. Alla luce di queste considerazioni non può essere esclusa la penale responsabilità dei
titolari di un insediamento produttivo per inquinamento, deducendo un difetto temporaneo di ordine tecnico
dell'impianto di depurazione affidato alla gestione di terzi, in quanto la legge individua la responsabilità di
chi "effettua lo scarico" come momento finale del ciclo produttivo potenzialmente pericoloso per la salute e
l'ambiente».
Cassazione III, 8.2.1991, Bortoluzzi, esclude lo afferma in sostanza sulla base della particolare posizione di
garanzia che va riconosciuta in capo al soggetto attivo del reato di cui all’art. 21 della legge Merli: “la legge
319/76 pone la responsabilità a carico di chi effettua lo scarico, intendendo coinvolgere tutti i soggetti che
hanno potere di rappresentanza e gestione all’interno dello stabilimento. Poiché la responsabilità penale è
personale, non vale ad escluderla una delega a personale interno o esterno alla struttura produttiva” .
Cass. sez. III, 16 marzo 1992, Furlani69 valorizza la rilevanza penale della delega, già enunciato in
Cassazione 1989 Pomari, ove vi sia una previsione normativa in tal senso, che nel caso di specie manca: «la
delega di funzioni ad altri soggetti da parte di quanti hanno la rappresentanza, amministrazione e direzione
dell'impresa, è espressamente prevista in tema di sicurezza del lavoro, ma non trova applicazione nella
materia dell'inquinamento delle acque, pur quando si tratti di società o consorzi di notevoli dimensioni».
Parimenti Cass. sez. III, 6 maggio 199270, secondo cui «la responsabilità per la sorveglianza dello
scarico non può essere delegata totalmente ad altri, in quanto la legge 10 maggio 1976 n. 319 affida al
"titolare" questa incombenza, richiedendo l'adozione di misure positive ed adeguate di prevenzione».

Orientamento favorevole
Più numerose sono certamente le pronunzie di legittimità71 favorevoli alla ammissibilità della delega di
funzioni in tema di inquinamento idrico sino ad ammetterne, a determinate condizioni, il carattere
parzialmente o totalmente liberatorio per il delegante, a seconda che residui o meno in capo a quest’ultimo
un obbligo di vigilanza e controllo sul delegato.
Il punto di partenza è la critica dell’orientamento contrario alla delega che “è isolato nel panorama
giurisprudenziale” e “liquida l’analisi delle relazioni sistematiche tra settori differenti del diritto penale, con
rilievi formalistici, senza particolare approfondimento”, finendo poi “con l’addossare forme di vera e
propria responsabilità di posizione, molto prossima a quella c.d. oggettiva, oggi ripudiata” (Cass. III,
23.4.1996, est. Morgigni, ric. Zanoni72). Quest’ultima sentenza “reputa che si debba privilegiare la
<<personalizzazione >> della responsabilità, riconoscendo la legittimità della delega: all’applicazione
della pena non può pervenirsi in base a situazioni puramente formali, essendo fondamentale principio
costituzionale quello secondo cui ognuno deve essere punito soltanto se abbia coscientemente partecipato
alla commissione dell’illecito”. Il principio, secondo la richiamata sentenza, troverebbe sostegno nella
sentenza delle sezioni unite della Cassazione 1°luglio 1992, n.9874, Giuliani, che in materia di
responsabilità delle Usl e nonostante la diversa e più formalistica tecnica normativa dei reati in materia di
sicurezza ed igiene sul lavoro73, afferma che “l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle
norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e sulla igiene del lavoro deve fondarsi non già sulla
qualifica rivestita bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica
attribuita al soggetto, ossia alla sua qualifica formale”.74
E’ stato riconosciuta l’ammissibilità della delega anche in casi di applicazione della disciplina
antinfortunistica con rilevanza ambientale: secondo la sentenza della quarta sezione della Cassazione

69
In Dir. prat. lav., 1992, 1292
70
in Riv. Pen. Economia, 1993, 509-510
71
Tra le pronunzie di merito di interesse si colloca in questo orientamento la sentenza del Pretore di Mantova, Giud. Rosina 3.3.1994, nel processo
Marcegaglia + altri; F.I. , 1995, II, col. 594
72
In F.I., 1997, II, col 498.
73
Cfr anche Di Lecce M., Responsabilità colposa… cit. pag. 2, evidenzia che : “… non sono molti i settori nei quali il legislatore si è preoccupato di
elaborare i criteri di individuazione della responsabilità degli autori dei reati.Per quanto tutti i settori siano caratterizzati dalla comune e
imprescindibile esigenza di individuare i soggetti persone fisiche cui attribuire fatti rilevanti sul piano penale, molte norme penali (p.es. in materia di
rifiuti e di inquinamento) comminano la sanzione a “chiunque effettui attività di raccolta, recupero o smaltimento ecc.” o “chiunque apre o effettua
nuovi scarichi”, oppure ai “titolari di imprese o ai responsabili degli eneit che abbandonano rifiuti” ecc. espressioni che lasciano intatti i problemi
di individuazione dei responsabili. Solo le norme in materia di igiene e sicurezza dei lavoratori si preoccupano, attraverso una elaborazione che
parte ….. negli anni ’50, … di fornire anche l’indicazione dei soggetti ai quali spetta operare per l’attuazione dei precetti a tutela della salute dei
lavoratori”
74
L’orientamento viene richiamato anche da Cassazione penale, SEZIONE III, 24 novembre 2000, n. 257, , secondo cui: “secondo giurisprudenza
costante di questa Corte (cfr. Cass. sez. un. 14 ottobre 1992 n.9874, GIULIANI rv. 191185), la individuazione dei destinatari degli obblighi posti
dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e sull'igiene del lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in
concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto (ossia alla sua funzione formale).”
del23.5.1986, est, Sifola, imp. Von Zwehl, in relazione al caso Icmesa di Seveso: “in materia di destinatari
della normativa antinfortunistica. Il principio della delega può concettualmente trovare applicazione, sia
pure con assoluto rigore nell’accertamento dei suoi presupposti, anche se trattisi di attività che coinvolgono
non soltanto la prevenzione antinfortunistica, ma altresì l’integrità del territorio, l’incolumità fisica e gli
interessi economici dei suoi abitanti”
Cassazione III sez. 18.1.2002 n. 8530, rel. L.Marini, pur affrontando il tema dell’ente pubblico, così
riassume la sua posizione richiamando un orientamento che afferma come indiscusso in tema di effetto
liberatorio della delega: “I principi generali accolti dalla giurisprudenza di legittimità stabiliscono che
l’attribuzione formale delle funzioni a persona idonea e qualificata rispetto ai compiti ad essa affidati
costituisce elemento che comporta la cessazione della responsabilità in capo al titolare dell’obbligo,
soprattutto allorché il delegante abbia responsabilità di controllo su molteplici attività”

Tuttavia, una volta ammesso che la delega può avere efficacia oggettiva ne consegue che il delegato diviene
il destinatario del precetto penale, perché la posizione di garanzia va individuata in maniera sostanziale in
relazione alle “persone che avevano il potere dovere di prevenire l’inquinamento e non hanno provveduto”75.
La delega finisce così per essere uno strumento, non necessariamente l’unico, di organizzazione interna della
realtà soggettivamente complessa In questa prospettiva vanno lette le pronunzie secondo cui: “Il legale
rappresentante di una società di notevoli dimensioni non è responsabile allorché l'azienda sia stata
preventivamente suddivisa in distinti settori, rami o servizi ed a ciascuno di essi siano in concreto preposti
soggetti qualificati ed idonei, dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la gestione di
quel servizio o settore. In tali fattispecie l'esigenza della delega è superata ed assorbita dalla predeterminata
suddivisione dei servizi, delle attribuzioni e dei compiti; per altro verso essa è resa superflua
dall'investimento della funzione tipica nonché dal suo concreto esercizio secondo la disciplina prestabilita
dai contratti collettivi o individuali oppure secondo norme o regolamenti interni, corrispondenti ad esigenze
effettive e costanti in azienda.”(Cassazione penale, sez. III, 26 febbraio 1998, n. 681, Caron ). Il
superamento dell’approccio tradizionale alla delega diventa così, nell’ambito di questo orientamento, la
successiva frontiera:
“Posto che le esigenze dell'economia moderna impongono sempre più articolate organizzazioni delle
strutture produttive soprattutto nelle società di capitali di grandi o notevoli dimensioni, la responsabilità
penale va ancorata, piuttosto che al dato rigorosamente formale della legale rappresentanza, al dato
sostanziale e funzionale che tiene conto della titolarità di poteri effettivi legati allo svolgimento concreto di
talune attività. È necessario superare il dato puramente formale dalla rappresentanza e della assenza di
delega per individuare se vi siano altri soggetti che, con riferimento ai compiti attribuiti ed alle concrete
mansioni svolte, potessero avere assunto gli obblighi di salvaguardia dell'incolumità dei lavoratori, essendo
tenuti ad attuare e sorvegliare l'attuazione delle norme di sicurezza”. (Cassazione penale, sez. IV, 3 marzo
1998, n. 548, Brambilla76).
L’orientamento della rilevanza oggettiva della delega viene dunque così a saldarsi, per il comune
substrato argomentativo, con l’approccio sostanziale alla individuazione del soggetto responsabile77.

Convergenti orientamenti giurisprudenziali sul carattere parzialmente liberatorio della delega


Sia l’orientamento contrario che quello favorevole alla delega registrano tuttavia aperture che, di
fatto, sembrano avvicinare molto le opposte impostazioni.
Spesso, limitando l’effetto della delega da parte di chi l’ammette, o ammettendo una limitata efficacia, da
parte di chi la esclude, si riconosce da parte di entrambi gli orientamenti che essa, secondo una prospettiva,
consenta una attenuazione della responsabilità del delegante ovvero, secondo l’altra prospettiva, lasci
residuare qualche responsabilità del delegante lasciando in capo a quest’ultimo il dovere di controllare
l’operato del delegato

75
Cass. III, 19.5.1993 n.6031 Biondi. Cfr rif. in Cass.III Zanoni cit.
76
Riv. it. dir. e proc. pen. 2000, 364 nota (CENTONZE)
77
Cfr. anche Fedele V. in C.P. 2004, n.1521, pag. 4214, evidenzia che: “… accogliendo una impostazione funzionale delle qualifiche soggettive
extrapenalistiche, non possa più parlarsi di un problema di attribuzione di rilevanza penalistica riguardante un atto di autonomia privata con cui il
datore di lavoro deleghi alcuni compiti in materia previdenzionistica: se il soggetto responsabile va individuato sulla scorta delle mansioni
effettivamente svolte all’interno della organizzazione aziendale, ciò implica che la sua responsabilità è sancita direttamente dalla legge, e che la
delega finisce con l’influire soltanto sulla concreta identificazione”
A ben vedere la diversa portata dell’effetto liberatorio della delega va correlata alla impostazione generale
che al tema viene data, ancorché nelle pronunzie tale correlazione tra impostazione generale e soluzione in
tema di portata liberatoria della delega non è sempre evidenziata.
Secondo una prima impostazione (efficacia soggettiva della delega), poiché la delega non potrebbe mai
spostare il presupposto oggettivo della responsabilità da un soggetto ad un altro , ildelegante resta sempre il
destinatario del precetto ma la delega potrebbe piuttosto porre il delegante in condizioni di non
rimproverabilità, ferma restando l’esistenza di obblighi a suo carico, della cui inottemperanza il delegante
risponde in maniera diretta.78

Secondo una altra impostazione (efficacia oggettiva della delega), la delega trasferirebbe la posizione
soggettiva rilevante dal delegante al delegato, con il conseguente venir meno di qualsiasi responsabilità
diretta del titolare, il quale tuttavia resterebbe gravato da un obbligo di controllo, non ottemperando al quale
risponderebbe mediante il meccanismo di cui all’art. 40 cpv. cp.
Ovviamente questa impostazione deve riconoscere che il reato p.es. di scarico abusivo in esame non fosse da
intendersi come reato “proprio” in termini di individuazione del soggetto attivo esclusivamente nel titolare
formale dello scarico , ma potesse vedere trasferita la posizione soggettiva in capo ad altro soggetto
sostanzialmente incaricato della gestione dell’impianto che diviene il destinatario del precetto

Entrambi gli orientamenti pur partendo da antitetici presupposti pervengono ad ammettere l’efficacia
(almeno, secondo la prospettiva più rigorosa, o soltanto, secondo la prospettiva più favorevole alla delega)
parzialmente liberatoria della delega.

Delega con efficacia oggettiva e delega con efficacia soggettiva in dipendenza della natura soggettiva del
reato
Secondo un ulteriore orientamento la efficacia oggettiva o soggettiva della delega dipende dalla fattispecie
penale oggetto di applicazione e quindi dalla natura di reato proprio o comune:
“In materia di tutela delle acque dall'inquinamento, se la norma penale prevede un reato che è proprio del
titolare dell'impresa (in qualunque modo egli sia indicato nella norma medesima), anche in caso di delega
ad altri delle sue funzioni, il titolare non si spoglia delle responsabilità, poiché l'obbligo originario si
trasforma in obbligo di garanzia, ed egli risponde a norma dell'art. 40 c.p. ammenoché nessuna colpa gli sia
addebitabile. Se invece la norma penale pone il reato a carico di chiunque, trovandosi in una certa
situazione, ometta il comportamento dovuto o compia l'azione vietata, l'obbligo di osservare il precetto
penale incombe allora a chi esercita determinate funzioni e dunque al delegato. Ne consegue che, nel caso di
reato per il quale il conferimento di delega comporta che esso non sia attribuibile al titolare, quest'ultimo va
esente da responsabilità a condizione che la delega sussista e che il delegato sia stato posto in condizione di
osservare il precetto penale.” (Cass. sez. III, 3 maggio 1996 (ud. 7 febbraio 1996), n. 4422. Pres. Tridico,
rel. Rizzo, p.m. Carlucci (diff.), imp. Altea).
Anche Cassazione penale, sez. III, 22 giugno 1998, n. 8821, Moscatelli, Riv. pen. 1998, 1005 afferma che ”
Al fine…di stabilire in quali limiti si trasferisce la responsabilità penale, bisogna distinguere le due diverse

78
Cassazione penale, SEZIONE III, 29 maggio 1996, n. 9053, imp. Bressan, rel Giampietro: “Quanto alla sua efficacia liberatoria, il Collegio ritiene
corretta - in astratto - la soluzione di diritto formulata dal giudice di merito il quale ha negato implicitamente che il passaggio di funzioni -
strettamente legate alla qualifica personale del sindaco - trasferisse anche la titolarità di detta qualifica tanto da liberare interamente il delegante da
responsabilità penale (facendo del delegato il nuovo "soggetto attivo" del reato proprio).
Giustamente quel pretore ha ravvisato nell'imputato il primo e permanente destinatario dei doveri imposti dalla legge penale che non poteva essere
derogata con un atto di autonomia negoziale o, come nella specie, da un atto amministrativo interno, contestandogli, di conseguenza, l'inosservanza
di un dovere di diligenza (per l'omessa vigilanza sul delegato) che si radicava, appunto, sul presupposto dell'intrasferibilità dell'obbligo di "garante
primario".
Ma ciò ammesso - in conformità ai più moderni orientamenti di questo giudice di legittimità che considera non solo l'opportunità ma, più spesso, la
necessità tecnico - funzionale del riparto di competenze formalmente intestate al titolare dell'impresa (o dell'ente), riconoscendogli la libertà di
scegliere di volta in volta le modalità con cui adempiere detti obblighi ricorrendo a propri collaboratori (o a terzi) - va diversamente ricostruito, nel
caso in esame, il dovere di "controllo e vigilanza" che si era costituito in capo al (delegante) <B.>.
3.3. In linea di principio, questo Collegio ribadisce che il delegante, come "garante primario" dell'obbligo penalmente sanzionato (di cui resta
titolare), nel momento in cui è autorizzato a trasferire ad altri l'adempimento dei suoi doveri (cioè a creare posizioni di garanzia - derivate ed
autonome - che si affiancano a quella primaria), assume il rischio dell'inadempimento del delegato e ne risponde se viene meno, appunto, ai suoi
nuovi doveri di controllo (subentrati a quelli originari, affidatati ad altri”
situazioni relative a reati comuni o a reati propri. Nel primo caso, la delega attribuisce all'incaricato la
stessa posizione del delegante, con sostituzione nella titolarità dell'obbligo. Nel secondo caso, il delegante
che trasferisce ad altri funzioni di cui per legge è il diretto destinatario, rimane titolare dell'obbligo ed
assume il rischio dell'inadempimento del preposto; conseguentemente, l'originario obbligo di adempiere del
delegante muta il contenuto e si trasforma nel dovere di controllare il preposto ponendo in essere una
pregnante vigilanza sul suo operato, e di riassumere le proprie funzioni in caso di incapacità dell'avente
l'incarico. (Fattispecie relativa alla configurabilità per il reato di cui all'art. 21 commi 1 e 3 l. n. 319 del
1976, in capo al legale rappresentante di un consorzio che aveva affidato in appalto ad una società terza la
gestione dell'impianto di depurazione di cui era stato rilevato il non corretto funzionamento).”
Condizioni
Ciò premesso, numerosissime sono le pronunzie giurisprudenziali e i contributi dottrinali che hanno
evidenziato a quali condizioni, una volta ammessa la delega, può ritenersi che essa possa determinare effetti
in punto di responsabilità del delegato ed esonero di responsabilità del delegante79.
Va peraltro evidenziato che in molti casi presupposti della delega tradizionalmente riportati dalla
giurisprudenza sono volta a volta posti in discussione, lamentandosene l’assenza di rilevanza in mancanza di
referenti normativi precisi.

Condizioni oggettive
Presupposto organizzativo

Presupposto organizzativo positivo. La premessa perché si possa delegare


Denominatore comune delle pronunzie che fanno riferimento ai profili dimensionali della azienda,
alla complessità della attività aziendale, alla sussistenza di obiettive esigenze che impongano di ricorrere alla
delega e , in sostanza, alla assenza di fraudolenza della delega onde evitare che ad essa si ricorra onde
scaricare su più bassi livelli la responsabilità, è la circostanza che la delega risponda a delle effettive
esigenze organizzative.
Dimensioni rilevanti
A lungo tale esigenza è stata espressa mediante il richiamo al profilo dimensionale della azienda: “ In
materia di smaltimento di rifiuti, i compiti e le funzioni dell’amministratore di un’impresa, ai fini
dell’ottemperanza alle disposizioni di cui al D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, possono essere delegati solo
in presenza di determinate condizioni, tra le quali vanno annoverate, in primo luogo, le dimensioni rilevanti
dell’azienda. In tal caso, infatti, è ovvio che il soggetto non può eseguire contemporaneamente tutti i
numerosi adempimenti ai quali dovrebbe sovrintendere, per la regola logica, ancor prima che giuridica,
secondo cui ad impossibilia nemo tenetur. (...)” (Cass. pen., sez. VI, 29 ottobre 1997, n. 9715, Prenna).
Complessità. Esigenze oggettive
Talune pronunzie mettono meglio in evidenza che il profilo di interesse è la complessità che può essere
anche espresso dalle dimensioni anche se certamente non vi è corrispondenza tra le due categorie.
E’ così che si è affermato che:
A) “In tema di tutela delle acque dall’inquinamento, la delega a terzi può escludere la
responsabilità del titolare solo quando l’azienda ha notevoli dimensioni e si articola in
varie branche, che rendano impossibile ad una sola persona il controllo dell’intera
attività produttiva. In questi casi è necessario che al delegato sia attribuita completa
autonomia decisionale e finanziaria per provvedere all’adeguamento delle situazioni

79
Cassazione penale, sez. III, 3 dicembre 1999, n. 422, Natali: “In materia di tutela dall'inquinamento la delega di funzioni, per potere agire quale
scriminante della responsabilità penale, deve essere accompagnata dalle seguenti condizioni: a) la natura formale ed espressa, ovvero una delega
scritta; b) la natura non occasionale, ma strutturale, nel senso della conformità alle norme statutarie previa adozione secondo le procedure e da
parte degli organi competenti; c) la specificità, nel senso di un puntuale contenuto; d) la pubblicità; e) l'effettivo trasferimento di poteri decisionali in
capo al delegato, con la attribuzione di una completa autonomia di gestione e con piena e completa disponibilità economica; f) le dimensioni
dell'impresa, tali da giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità; g) la capacità ed idoneità tecnica del soggetto delegato; h)
l'insussistenza di una richiesta di intervento da parte del delegato; i) la mancata conoscenza della negligenza o sopravvenuta inidoneità del delegato;
1) che l'inquadramento non derivi da cause strutturali dovute ad omissioni di scelte generali, m) la natura eccezionale della delega e la necessità di
una prova rigorosa della osservanza di tutte le condizioni di legge.”
produttive ai dettami normativi. In ogni caso il titolare delegante è responsabile qualora
i fatti penalmente rilevanti dipendano dalla gestione centrale dell’azienda o quando,
venuto a conoscenza di disfunzioni nei reparti affidati ai delegati, non compia alcuna
attività per adeguare gli impianti alle norme di legge”. (Cass. pen., sez. III, 14 settembre
1993, Robba);
B) - “In materia di applicazione di normative antinfortunistiche, l’imprenditore può
legittimamente delegare ad altro soggetto gli obblighi su lui gravanti attinenti alla tutela
antinfortunistica solo se si trovi impossibilitato ad esercitare di persona i poteri doveri
connessi alla condizione di naturale destinatario della normativa antinfortunistica, per la
complessità ed ampiezza dell’azienda, per la pluralità di sedi e stabilimenti di impresa o
per altre ragionevoli evenienze sì da escludere una immotivata dimissione dal suo ruolo
legale.” (Cass. pen., sez. IV, 23 febbraio 1993, Iacono).
C) Cass. sez. III, 3 marzo 1992, Veronesi e altro80: «è ammissibile la delega di funzioni
nell'ambito di un'impresa, qualora il titolare per la molteplicità dei compiti istituzionali
o per la complessività dell'organizzazione aziendale non possa provvedervi
personalmente, purchè tali compiti siano affidati in base a precise disposizioni
preventivamente adottate a persone dotate di capacità tecnica ed autonomia decisionale.
In tal caso delle eventuali violazioni commesse rispondono le persone preposte alla
direzione di singoli rami o impianti e non il titolare dell'azienda”

Il riferimento alla categoria delle esigenze nel senso che la delega libera l'imprenditore solo se essa
corrisponde ad effettive esigenze è anche in Cass. sez. III, 23-2-92, Cardano.

Certamente può oggi dirsi che sia prevalente in dottrina81 e giurisprudenza 82l’orientamento il profilo
dimensionale non è presupposto perché posa essere farsi ricorso alla delega, ferma restando la necessità che
la delega non sia artificiosa o fraudolenta, dovendo risultare rispondente ad effettive esigenze della azienda

Presupposto organizzativo negativo: assenza di correlazione tra fatto illecito e scelte di politica aziendale .
Il fatto illecito non deve essere la conseguenza di scelte di politica aziendale o di inadempienze
dell'imprenditore (- Cass. sez. III, 28.10.1991, Piran, Cass. sez. III, 24-9-93 Robba). La sentenza Piran
richiamata evidenzia che:
«non incorre nella responsabilità di cui all'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 il titolare dell'impresa
che abbia conferito ad un dipendente tecnicamente idoneo l'incarico per il funzionamento dell'impianto di
depurazione, qualora - a prescindere dalle dimensioni dell'impresa - risulti che l'inquinamento provocato
sia riconducibile all'esercizio delle competenze esecutive del preposto. Non può farsi rientrare in tale ambito
l'adozione di scelte relative al ciclo produttivo, al modello tecnologico, alla revisione degli impianti di
depurazione, ed in genere agli interventi comportanti impegno di spesa».

Secondo la sentenza Cass. pen., sez. III, 17 gennaio 2000, n. 422, Natali (est. Postiglione) “pure nelle
imprese di grandi dimensioni sussista sempre la possibile responsabilità anche del delegante (….) allorché
l’inquinamento sia riconducibile a cause strutturali dovute a scelte generali (ad es. nel tipo, nel modo di
produzione e nella scelta del depuratore idoneo).
Secondo Cass. Sez. 3, Sentenza n. 39268 del 13/07/2004 Ud. (dep. 07/10/2004 ) Rv. 230087: “In tema di
individuazione delle responsabilità penali all'interno delle strutture complesse, ai fini della operatività della
delega di funzioni occorre distinguere tra difetti strutturali e deficienze inerenti all'ordinario buon
funzionamento della struttura aziendale, atteso che in relazione alle prime permane la responsabilità dei
vertici aziendali, mentre per le seconde occorre distinguere fra quelle di carattere occasionale, soltanto per
le quali non sussiste in ogni caso una riferibilità al soggetto apicale, e quelle permanenti, per le quali, ai fini
della ascrivibilità al datore di lavoro,si richiede la prova della conoscenza delle stesse da parte degli organi
di vertice. “
.

80
In Riv. giur. pol. loc., 1994, 199 ed in Riv. Giur. Edil., 1993, I, 700, con commento di Novarese
81
Cfr. Bellagamba F., in C.P. 1996, n. 743 pag. 1276
82
Per quella più risalente si rinvia la richiamo effettuato dallo stesso Bellagamba (cfr. nota precedente) alla nota n. 22, cui adde Cass. 26 maggio
2003, n. 22931.
Contenuto

La attribuzione del compito in relazione al quale è posto successivamente il problema della responsabilità
deve risultare in maniera chiara dalla delega.
Ques’ultima in sostanza deve avere contenuto puntuale, completo, chiaro e determinato sì da non poter
ingenerare equivoco in ordine alla individuazione del soggetto responsabile.
In assenza di referenti normativi che disciplinino il contenuto della delega ed i suoi effetti, anche in questo
caso deve ritenersi che il difetto di precisione nel contenuto della delega più che incidere in termini di
efficacia sulla delega stessa, comporta altro profilo di responsabilità.
Infatti, l’incertezza nel contenuto della delega che dovesse aver indotto all’inerzia il delegato costitiusce esso
stesso in maniera diretta un profilo di colpa del delegante, foriera di responsabilità ove dalla inerzia sia
derivato l’illecito.

Forma

Si distinguono a tale proposito diversi orientamenti:


A) secondo una prima tesi, la più rigorosa la forma scritta della delega è sempre necessaria
poiché, in difetto, non si produce alcun effetto liberatorio per il delegante (Cass. pen.,
sez. VI 23 marzo 1994, Cassarà). Un’ulteriore variabile dell’orientamento più rigoroso in
tema di forma, pone a carico del delegante anche la pubblicità interna alla azienda della
esistenza della delega.
B) Secondo altro orientamento, (Cass. pen., sez. III, 30 novembre 1998, Tiragallo, la forma
scritta occorre soltanto nell’ambito di pubbliche amministrazioni o quando il delegato
debba operare sulla base di una autorizzazione rilasciata dalla pubblica amministrazione.
C) Con sentenza 26 maggio 2003, n. 22931 la Cassazione ha precisato che l’operatività
della delega prescinde dalla sua forma scritta purchè abbia abbia forma espressa (e non
tacita). La delega, il suo contenuto, la sua effettività e le ulteriori condizioni in esame,
debbono essere rigorosamente provate, ma nessuna norma positiva giustifica la richiesta
di una prova scritta dell’esistenza della delega. Più recentemente: “In tema di
individuazione delle responsabilità penali nelle strutture complesse, la necessità che la
delega di funzioni da parte dei vertici aziendali ai soggetti preposti debba avere forma
espressa e contenuto chiaro non comporta la necessità della forma scritta, richiesta nel
solo settore pubblico, atteso che solo in campo ammnistrativo sussiste l'esigenza di una
formalizzazione dei rapporti organizzativi all'interno della struttura” (“Sez. 3,
Sentenza n. 39268 del 13/07/2004 Ud. (dep. 07/10/2004 ) Rv. 230088 (Annulla in parte
con rinvio, Trib. Udine, 11 Dicembre 2003)La distinzione tra il rigore probatorio con cui
deve essere apprezzata la delega e la forma scritta è rimarcata anche in Cass. sez. IV, 8
marzo 1995, Monetti, in Mass. Giur. Lav., 1995, 634: «il principio secondo cui
l'individuazione dei destinatari degli obblighi antinfortunistici deve fondarsi sulle
funzioni in concreto esercitate e non sulla qualifica rivestita, non trova applicazione "sic
et sempliciter" al datore di lavoro, in quanto questi ha una "funzione formale" tale da
esser di per sè portatore di responsabilità antinfortunistica, a meno che non conferisca
apposita delega ad altri o, nel caso, di più titolari, a meno che costoro non addivengano
ad una suddivisione dei compiti, accollandosi soltanto alcuni quello, proprio di tutti, di
sovrintendere alla osservanza delle norme antinfortunistiche. La prova di tale delega,
però, deve essere fornita in modo rigoroso, deve essere certa, anche se non deve essere
necessariamente conferita per iscritto perchè comporta un'eccezione a favore di colui
che è il principale destinatario delle norme antinfortunistiche e dei relativi obblighi».83

83
Perviene a dare prevalenza al profilo sostanziale della effettività dei poteri del delegato rispetto a quello della forma Cassazione penale, sez. IV, 26
aprile 2000, n. 7402 Mantero Cass. pen. 2001, 1321 (s.m.) “In tema di lesioni colpose da infortunio sul lavoro, ai fini dell'identificazione della persona
responsabile, nell'ambito di un'impresa di grandi dimensioni, in cui la ripartizione delle funzioni è imposta dall'organizzazione aziendale, occorre
accertare l'effettiva situazione di responsabilità all'interno delle posizioni di vertice per individuare i soggetti cui i compiti di prevenzione sono
concretamente affidati con la predisposizione e l'attribuzione dei correlativi e necessari poteri di adempierli. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto che,
sull'assenza di alcuni requisiti formali della delega al responsabile per la sicurezza, quali la sottoscrizione del delegante, la data certa ed il riferimento
alla delibera autorizzativa del consiglio di amministrazione, doveva prevalere la realtà effettiva, risultando dalle decisioni di merito che al delegato - il
D) Va evidenziato che se il presupposto della forma scritta ha ceduto il passo a quello della
forma espressa, di recente anche tale ultima impostazione è stata ridimensionata
considerandosi anche svolgimenti di fatto di mansioni. E’ quanto emerge dalla Sentenza
Sez. 4, n. 40169 del 16/06/2004 Ud. (dep. 13/10/2004 ) Rv. 229566): “In materia di
prevenzione degli infortuni sul lavoro, la posizione di garanzia può sorgere a
prescindere da un atto formale di investitura, attraverso il quale vengano dal titolare
dell'impresa delegate le funzioni, essendo sufficiente alla individuazione del portatore di
essa l'evidenza della sua collocaziane verticistica nell'organizzazione del lavoro. (Nella
fattispecie l'imputato - quantunque da poco in pensione - continuava a essere
costantemente presente in cantiere, dove continuava a dare disposizioni in ordine alla
divisione del lavoro tra gli operai, e perfino a spiegare agli stessi il modo di eseguire il
lavoro assegnato).”
Effettività ed autonomia. Divieto di ingerenze del delegante
Soltanto ove il delegato sia posto in condizioni di esercitare i poteri oggetto della delega in piena e completa
autonomia sia nell’adottare le decisioni che nell’eseguirle, la delega potrà avere effetto.
Perché ciò avvenga è necessario, secondo un orientamento prevalente, che il delegato abbia anche potere e
capacità di spesa di spesa, quanto meno in relazione agli iinterventi urgenti.
Ciò significa non soltanto che egli deve avere la disponibilità delle somme occorrenti ma anche che deve
poterne disporre.
Il profilo del potere di spesa è tuttavia controverso. Cass, Altea, cit evidenzia che “Quale che sia il reato, non
sembra invece necessario, al fine di escludere una responsabilità dell'imprenditore, che il delegato sia
dotato di autonomia finanziaria o che delega sia rilasciata nei casi e nelle forme previste da norme interne”.
Il potere decisionale del delegato non può essere privo di margini di discrezionalità. Il delegato si
troverebbe in sostanza a eseguire le disposizioni del delegante al quale quindi l’esercizio delle funzioni resta
direttamente riferibile. E’in questo contesto che si colloca il tema della delega di esecuzione, istituto
normalmente richiamato, anche in giurisprudenza, onde evidenziarne la differenza rispetto alla delega di
funzioni. Di quest’ultima la delega di esecuzione non ha il carattere della autonomia del delegato. Non
trasferendosi in alcun modo l’esercizio delle funzioni non è neppure corretto affermare che in questo caso il
delegante continuerebbe a rispondere ex art. 40 c.p. in ragione di un potere dovere di controllo, dovendosi
invece ritenere ferma la sua diretta responsabilità.

Il delegante non deve interferire né ingerirsi nella attività del delegato fermo restando il suo potere
di controllo e verifica.
Occorre a tale proposito tracciare la liinea di confine tra corretto esercizio del potere di controllo e ingerenza.
Quest’ultima sussiste sempre qualora la decisione relativa a settore di competenza del delegato venga presa
dal delegante.
La singola ingerenza , che non abbia dato luogo al fatto illecito, può risultare in sé non influente rispetto alla
valutazione di responsabilità. La reiterazione delle ingenerenze, anche relative a profili non direttamente
connessi all’illecito in ipotesi oggetto di esame, finirebbe comunque per condizionare l’autonomia del
delegato e quindi le sue scelte, facendo mancare uno dei requisiti della delega di funzioni.
Il controllo e la vgilanza attiene invece alla gestione nel suo complesso e non alle singole azioni, alla
idoneità delle persone, alla complessiva funzionalità ed efficienza delle strutture.

Disciplina interna e pubblicità


Secondo alcune pronunzie è altresì necessario che la delega risponda a norme interne o disposizioni statutarie
che disciplinino il conferimento della delega. Si richiederebbe anche adeguata pubblicità della delega.
Secondo Cass. pen., sez. III, 15 luglio 1994, Casetti, l’attribuzione esclusiva di compiti mediante la delega
“deve … risultare da precise norme interne preventivamente fissate ed approvate dai competenti organi,
poiché le cosiddette mansioni di fatto, se coinvolgono il soggetto che si trovi ad esercitarle, non valgono ad
escludere la responsabilità di chi per legge è tenuto ad espletarle”.
L’approvazione da parte degli organi statutari competenti è evidenziata anche in Cassazione penale, sez. III,
22 giugno 1998, n. 8821, Moscatelli, Riv. pen. 1998, 1005 secondo cui: ” La trasferibilità di funzioni

quale era capo di uno dei quattro stabilimenti della società ed in tale posizione operava con sufficiente indipendenza per la gestione produttiva e la
capacità di spesa - erano stati conferiti articolati poteri attinenti alla sicurezza).”
imprenditoriali con connesse responsabilità penali, si configura in presenza di una delega dotata di precisi
requisiti: essa deve essere espressa, approvata dagli organi statutari, giustificata dalle dimensioni
dell'azienda, effettiva e liberamente accettata dal delegato.”

Condizioni soggettive

Delegato capace e tecnicamente idoneo


La competenza e l’abilità in relazione sia alle specifiche conoscenze che il settore di operatività richiedono
sia alle particolari capacità umane che l’attività può richiedere sono condizioni soggettive che impediscono
che sia individuati delegati inadatti tecnicamente e umanamente allo svolgimento del ruolo loro delegato
In giurisprudenza si è anche sostenuto che questo requisito non è richiesto perché non necessario (neppure in
capo al delegante), ancorché il difetto di affidabilità del delegato possa refluire in una negativa valutazione
della non fraudolenza della delega.84

84
“Mentre la generica esigenza che il delegato sia persona qualificata e capace appare costantemente ripetuta nelle massime concernenti la materia,
spesso con la precisazione che si tratti di persona "tecnicamente" qualificata, è solo raramente che essa si traduce nella richiesta che la capacità
"tecnica" sia intesa nel senso specialistico (così, per la materia antinfortunistica, Cass. 14 settembre 1981 n. 9592, rv. 188209, e 17 giugno 1997 n.
5780, rv. 208701; nella materia dell'ambiente, 29 maggio 1992 n. 6550, rv. 190466; richiede che il delegato sia "tecnicamente e professionalmente
qualificato" Cass. 5 agosto 1998 n. 9160, rv. 211814). All'esigenza formulata in questi termini si contrappongono altre decisioni, nelle quali è
richiesto solo che la delega sia data "a persone affidabili, in grado cioè, di assolvere i relativi compiti" (Cass. 18 ottobre 19990(*) n. 13726, rv.
185531), o che il delegato sia persona "idonea a svolgere i compiti affidatigli" (Cass. 3 aprile 1992 n. 3840, rv. 189936).
Questo secondo indirizzo pare al Collegio il più esatto e meritevole di essere condiviso. Nella valutazione del requisito in parola occorre considerare
le fattispecie tipiche nelle quali il problema qui esaminato si pone. Di regola il legislatore descrive il comportamento vietato o imposto, senza
precisare le qualità soggettive dell'agente. Ma quando il comportamento inerisce ad una attività produttiva, destinatario del precetto penale è il
soggetto che, organizzando l'attività d'impresa, deve considerarsi l'effettivo responsabile delle condotte che in quel quadro trovano la loro
collocazione finalistica (avendo la qualità di imprenditore, nell'impresa individuale, o essendone incaricato nell'impresa collettiva). In questi casi la
responsabilità penale inerisce dunque all'esercizio dell'attività d'impresa in quanto tale, e non allo svolgimento di attività professionalmente
qualificate, nel senso che richiedano conoscenze tecniche o scientifiche di tipo specialistico. Ora, la delega dei poteri (di gestione di particolari
settori o rami dell'impresa), che si renda necessaria in relazione alle dimensioni dell'impresa, alla complessità dell'organizzazione aziendale e alla
molteplicità dei compiti istituzionali, non può avere contenuto essenzialmente diverso dai poteri che il delegante in tal modo trasferisce. Poteri che
non sono di tipo specialistico, e la cui componente "tecnica" non può riferirsi che alla stessa gestione dell'impresa (attività di organizzazione e di
coordinamento dei mezzi di produzione), l'unica postulata dal legislatore nell'imposizione di precetti e divieti in questo campo, e non invece allo
svolgimento di attività tecniche specialistiche che richiedano il possesso di cognizioni attinenti a rami particolari del sapere - quali l'ingegneria o la
chimica - coinvolti nella attività produttiva.
La stessa professionalità, che talvolta si richiede nel delegato, non va intesa dunque diversamente da quella che caratterizza l'imprenditore nel
paradigma dell'art. 2082 c.c., e che si riferisce appunto alla organizzazione dei mezzi per la produzione o lo scambio dei beni e dei servizi. Non vi è,
in altre parole, alcuna ragione logica o giuridica per esigere che il delegato abbia una competenza specialistica diversa e superiore rispetto a quella
che il legislatore presuppone laddove, nel disciplinare l'attività d'impresa a tutela di interessi che trascendono quello meramente economico privato,
pone delle norme di comportamento penalmente sanzionate. Si deve quindi concludere che il delegato non deve essere necessariamente una persona
dotata di una competenza tecnica in senso specialistico, ma, come l'imprenditore, al quale si sostituisce e del quale assume le responsabilità anche
penali, deve essere dotato delle necessarie capacità organizzative, le quali consentiranno all'occorrenza l'organizzazione del lavoro nell'impresa con
il ricorso a tecnici, dipendenti o non, capaci di risolvere i particolari problemi posti dalla necessità di assicurare l'osservanza del precetto penale,
ma del cui operato risponderebbe pur sempre colui al quale il potere di gestione in materia è stato delegato dall'imprenditore. Ed è ciò appunto che,
nella ricostruzione del giudice di merito, si è verificato nella fattispecie.
Peraltro, la stessa ricorrente affermazione che il delegato deve essere persona tecnicamente (nel senso appena precisato) qualificata sembra
richiedere dei chiarimenti, prestandosi altrimenti ad impieghi che distorcerebbero profondamente l'applicazione della norma penale. L'esigenza che
la delega sia rilasciata a persona capace di assolvere i compiti delegati non può essere intesa, infatti, nel senso che, laddove il delegato non abbia
assicurato il rispetto della norma penale, sarebbe consentito propriamente un sindacato a posteriori del giudice penale sull'idoneità professionale del
delegato quale condizione di validità della delega. Se ciò fosse ammesso, e sia pure con la precisazione che in tale operazione ci si debba riportare
idealmente nella condizione dell'imprenditore al momento del conferimento della delega (in altre parole, senza trarre argomento dallo stesso
accadimento successivo), si renderebbe possibile sostituire le valutazioni di merito del giudice a quelle dell'imprenditore in un atto tipico della
gestione d'impresa, quale la scelta dei preposti (scelta che, escluso l'ancoraggio a criteri tecnici specialistici per le ragioni sopra indicate, ha il suo
perno nel rapporto fiduciario tra imprenditore e suo delegato). In tal caso, pur riconoscendosi in apparenza la ragione di fondo che induce ad
ammettere la delega in questo campo, la si configurerebbe come una delega a rischio del l'imprenditore. Quest'ultimo, allora, risponderebbe
dell'osservanza del precetto penale a titolo di culpa in eligendo, così riproponendo quella responsabilità per fatto altrui, che la giurisprudenza
intendeva evitare al fine di interpretare la norma penale alla luce del precetto costituzionale. Conclusione, questa, che non si ritiene di poter
condividere (nel senso che solo la prova di una fittizia preposizione o dell'esautoramento di fatto del preposto può fondare un'affermazione di
responsabilità dell'imprenditore delegante, cfr. Cass. 24 aprile 1995 n. 4432, rv. 201505).
Il vero significato della richiesta che il delegato sia persona professionalmente qualificata risulta invece dal collegamento da istituire con l'altro
requisito, pure costantemente ribadito dalla giurisprudenza, che il delegato sia dotato di effettiva autonomia gestionale e finanziaria. Senza questi
poteri, che di regola postulano capacità organizzative del lavoro dell'impresa, la delega sarebbe meramente apparente: l'osservanza del precetto
penale sarebbe interamente rimessa ad un soggetto, che non avrebbe un potere corrispondente alla sua responsabilità, con la conseguenza che lo
scopo stesso della sanzione penale (che è quello di promuovere il rispetto di interessi meritevoli di tutela) sarebbe frustrato.
Senza dubbio, in linea teorica può pure ipotizzarsi la possibilità di una delega effettiva, da parte dell'imprenditore, a soggetto dotato della necessaria
autonomia gestionale e finanziaria, e tuttavia professionalmente privo di qualsiasi capacità. Ma, se è vero che l'imprenditore può sbagliare nella
scelta, e che tale errore non coincide direttamente con il comportamento colposo sanzionato dalla norma penale, è anche da aggiungere che non gli
sarebbe consentito trasferire in capo ad altri poteri e connesse responsabilità, anche penali, con un comportamento puramente apparente e in realtà
animato da intenti elusivi. La delega a persona professionalmente del tutto inadeguata al compito è - o può essere - indizio rilevante della volontà di
creare una situazione di delega di poteri meramente apparente, e come tale inidonea a sollevare il preteso delegante dalle sue responsabilità. Non si
.
Delegato accettante

Il delegato deve essere pienamente informato non soltanto delle sue incombenze (ciò che discende dal
contenuto che la delega deve avere) ma anche delle caratteristiche anche strutturali della azienda affinché
possa consapevolmente adottare le proprie determinazioni, a partire da quella della accettazione.

Il profilo della accettazione consapevole è considerato, tra le altre, da Cassazione penale, sez. IV, 5 maggio
2000, n. 7418 Prandelli e altro, Riv. pen. 2000, 1162”: La delega di funzioni può considerarsi idonea a
sollevare da responsabilità il datore di lavoro ove il delegante affidi attribuzioni e competenze proprie al
suo ruolo a persona tecnicamente preparata e capace, che abbia volontariamente accettato la delega nella
consapevolezza degli obblighi di cui viene a gravarsi, che sia fornita di poteri autoritativi e decisori
autonomi pari a quelli dell'imprenditore e idonei a far fronte alle esigenze connesse all'apprestamento dei
presidi antinfortunistici, compreso l'accesso ai mezzi finanziari.”

Delegante: assenza di conoscenza effettiva o doverosa

Conoscenza
Perché il delegante – sia nella prospettiva della delega in senso oggettivo che in quella della delega in senso
soggettivo- sia immune da responsabilità è in primo luogo necessario che non abbia conoscenza né che
debba avere conoscenza dell’illecito o della sussistenza delle condizioni perché l’illecito sia commesso. Tra
le condizioni di sussistenza dell’illecito rientra anche la negligenza o la sopravvenuta inidoneità del delegato
La conoscenza da parte del delegante può avvenire in qualsiasi modo:
ƒ nell’esercizio del potere di controllo,
ƒ nella ricezione di sollecitazioni o segnalazioni o richieste da parte del delegato, per via di
non ammissibili interferenze con l’attività del delegato. Etc.
In presenza di questi presupposti il delegante deve intervenire per evitare che permangano le condizioni che
rendono possibile l’illecito o ne consentono la protrazione

Richiesta di intervento
A maiori la richiesta d’intervento da parte del delegato ad esempio connessa alla impossibilità di agire in via
autonoma del delegato determina il dovere del delegato di intervenire.
La assenza di richieste di intervento da parte del delegato nei confronti del delegante assume centrale
rilevanza secondo Cassazione penale, SEZIONE II, 22 agosto 2000, n. 9378, est. Piccialli, imp. Guardone,
che si riporta a precedente orientamento: “A tal riguardo questa Corte, con recentissima pronunzia (sez.
feriale n. 794 del 3-10 - 8 - 2000) in un caso analogo, partendo dalla premessa che "la funzione della delega
è precipuamente quella di trasferire in capo ad altri la funzione di controllo su determinati aspetti
dell'attività aziendale, così rendendo quel controllo effettivo.." così comportando il "dovere del delegato in
determinati casi e in funzioni delle variabili previsioni contenute nello statuto o nell'atto medesimo di delega
di riferire al delegante su quelle situazioni nelle quali egli non abbia la concreta possibilità di incidere nel
senso voluto", ha ritenuto di aderire a quell'indirizzo (segnato, in particolare, dalle sentenze 27-5-96 n.
5242, rv 205104 e 17-1-2000 n. 422, rv. 215159), a termini del quale la delega è inidonea ad esonerare da
responsabilità solo nei casi in cui il "delegato abbia inutilmente segnalato al preponente un problema
tecnico che non aveva i mezzi per risolvere", per converso escludendo che il solo omesso controllo, in
costanza di esercizio, comportasse la responsabilità del delegante a titolo di culpa in vigilando.Da tale
indirizzo, che appare il più conforme al principio costituzionale della personalità della responsabilità
penale, questo collegio non ritiene di doversi discostare.”

tratterebbe in tal caso di errore commesso nell'esercizio di un'attività tipicamente discrezionale, ma di fraudolenta predisposizione delle condizioni
per sottrarsi all'impero della legge penale. Ciò avviene tipicamente quando il delegato è persona che, per la sua condizione di totale subordinazione
e per il difetto dei requisiti professionali e personali richiesti dall'assolvimento di compiti difficili, non sia nelle concrete condizioni di esercitare
quell'autonomia che pure gli è riconosciuta sulla carta; persona che accetterebbe la delega per mera compiacenza nei confronti dell'imprenditore,
suo datore di lavoro, o perché attratto da una remunerazione che dovrebbe inammissibilmente compensare l'irresponsabilità dell'imprenditore
(rimanendo nell'uno e nell'altro caso sottoposto alla direzione effettiva del preponente). Evidentemente, la delega non varrebbe allora a giustificare
la creazione di una situazione nella quale ogni responsabilità per il rispetto della norma penale sarebbe vanificata.” Cassazione penale, sez. II, 3
agosto 2000, n. 8978, Biadene, Riv. trim. dir. pen. economia 2001, 417 (s.m.), Foro it. 2001, II, 357
Ingerenza
L’ingerenza del delegante se, in generale, può incidere sulla autonomia, qualora abbbia riguardo alla
questione specifica in relazione alla quale si pone il problema della individuazione del resopnsabile, può
comportare un diretto coinvolgimento del delegante

Conoscibilità
La doverosa conoscibilità è correlata all’obbligo di vigilanza e controllo che vi sarebbe comunque in base
alla teoria dell’efficacia soggettiva della delega
In presenza dei presupposti perché il delegante debba sapere per poi intervenire, sussiste la sua responsabilità
per aver ignorato quelle circostanze di fatto intervenendo sulle quali il fatto non si sarebbe verificato

Il soggetto attivo dei reati previsti dal decreto Ronchi


Potrebbe così dirsi prevalente l’orientamento della Suprema Corte secondo cui la delega che risponda ai
requisiti sopra menzionati ha l’effetto di regolamente la organizzazione complessa, ponendo a carico di altri
soggetti diversi dal titolare le cd posizioni di garanzia
Tuttavia rispetto al delegante la delega avrebbe effetto di spostare la posizione soggettiva (salvo comunque
un residuo obbligo di controllo e vigilanza) in caso di reati comuni; ed un effetto di mera incidenza
sull’elemento soggettivo del reato in caso di reati proprio, in cui la posizione di soggetto attivo non sarebbe
in alcun modo trasferibile.
Considerando il tema dei rifiuti, va individuato il destinatario del precetto, ovvero il soggetto attivo dei
reati85.
In estrema sintesi, può così riassumersi il quadro dei soggetti attivi espressamente individuati dalla norme
incriminatrici del decreto Ronchi.
Art. 50 co. 2 prima “Chiunque (non ottempera…)”
ipotesi
Art. 51 , co.1 “Chiunque effettua attività di … in mancanza …”
Art. 51 , co.2 “Titolari di imprese e responsabili di enti che abbandonano o depositano in
modo incontrollato ….”
Art. 51 , co.3 “Chiunque (realizza o gestisce una discarica)”
Art. 51 , co.4 Soggetto attivo non menzionato (nelle ipotesi di inosservanza…)
Art. 51 , co.5 “Chiunque (in violazione del divieto di cui all’art. 9 effettua attività non consentite
di..)”
Art. 51 , co.6 “Chiunque (effettua deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti
sanitari)..”
Art. 51 bis “Chiunque (cagiona l’inquinamento o un pericolo concreto ed attuale di
inquinamento)”
Art. 52 co.3 “Chiunque (effettua il trasporto di rifiuti (pericolosi) senza il prescritto
Prima ipotesi formulario)”
Art. 52 co.3 “Chiunque (indica nel formulario dati incompleti o inesatti.)”. (se rif.per)
Seconda ipotesi
Art. 52 co.3 “Chiunque (nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti fornisce false
terza ipotesi indicazioni...)”
Art. 52 co.3 “Chiunque (fa uso di un certificato falso durante il trasporto)“
quarta ipotesi
Art. 53 “Chiunque (effettua una spedizione di rifiuti)”
Art. 53 bis “Chiunque (al fine di conseguire un ingiusto profitto ….)”
In quasi tutte le fattispcie il soggetto attivo è indicato come “chiunque”.
Tecnica normativa analoga a quella in esame viene seguita generalmente in tema di inquinamento idrico dal
d.lgs. 152/99
Come già detto, invece la individuazione del soggetto attivo in tema di illeciti relativi alla sicurezza ed igiene
sul lavoro è effettuata normalmente mediante la specifica indicazione della qualifica: il datore di lavoro ed il
dirigente (art. 89 d.lgs. 626/94), il preposto (art. 90 d.lgs. 626/94) etc.

85
Anche sotto questo punto di vista la presente relazione è delimitata all’ambito dell’illecito e segnatamente a quello dell’illecito penale previsto dal
decreto Ronchi.
La tecnica di formulazione normativa depone chiaramente nel senso che i reati previsti dal decreto Ronchi
siano reati comuni86.
Soprattutto in materia di inquinamento idrico numerose pronunzie hanno però valorizzato la circostanza che
una delimitazione soggettiva possa derivare anche dalla contestualizzazione comunque emergente dalla
norma.
Cass. III, 7.5.1996, n.2078, est. Giampietro, ric. Cilento, in F.I. 1997, II parte, col. 33: “ La contravvenzione
di cui all'art. 21, comma 1, l. n. 319 del 1976 va riportata esclusivamente al titolare di insediamento
produttivo o civile (nonché al titolare di pubblica fognatura) che, producendo l'effluente, ne dispone lo
scarico e quindi ne (può e) deve rispondere; ciò comporta che il reato di " scarico abusivo ", innestandosi,
giuridicamente, sull'obbligo della domanda di autorizzazione, costituisce reato proprio dei titolari degli
insediamenti sopra citati; pertanto, il trasportatore il quale, d'accordo con il titolare dell'insediamento,
scarichi abusivamente l'effluente, non risponde a titolo proprio - in quanto non ha prodotto il refluo da
insediamento e dunque non era tenuto a fare richiesta di autorizzazione allo scarico - ma a titolo di
concorso nel reato proprio del titolare dell'insediamento, cioè come "extraneus" ex art. 117 c.p.”. 87
Senza entrare nel merito della opzione interpretativa in tema di inquinamento idrico, certo è che,
applicando il medesimo ragionamento, anche i reati di cui all’art. 51 primo e terzo comma dovrebbero essere
considerati reati propri perché relativi a soggetti che hanno l’obbligo di conseguire titolo abilitativo, nonch a
quello di cui al quarto comma in cui i soggetti attivi sono soltanto quelli che hanno già conseguito un
determinato titolo abilitativo .
La tesi potrebbe essere condivisa soltanto allorquando la contestualizzazione attenga a fatti che determinano
una delimitazine soggettiva che esistono e sono riscontrabili sempre prima e fuori degli elementi costitutivi
del reato.
E’ il caso p.es. del reato proprio di cui al secondo comma prima ipotesi dell’art. 50 , atteso che l’ordinanza di
rimozione-avvio a recupero/smaltimento- ripristino stato dei luoghi- del sindaco e la sua notifica al
destinatario preesistono e determinano il sorgere dell’obbligo di ottemperare.
A diversa conclusione deve giungersi in tutti i casi in cui è proprio dalla condotta tenuta che, considerando il
caso esposto nella massima richiamata, si desume l’esistenza dell’obbligo
Un esame a parte richiede la fattispecie di cui al secondo comma dell’art. 51: la norma espressamente
delimita a titolari di imprese e responsabili di enti, escludendo dall’ambito applicativo la persona fisica che
non sia imprenditore ed includendovi esclusivamente gli imprenditori (individuali o collettivi) e gli enti
(pubblici o privati, con o senza personalità giuridica).
Tuttavia diverse pronuncia della Suprema Corte ne hanno affermato la natura di reato comune:
A) Cass. III sezione 14.7.1999, n.11951, est. Mannino, imp. Bonomelli, “la fattispecie di cui all’art. 51
secondo comma … che pone a carico del titolare dell’impresa e del responsabile dell’ente l‘obbligo del
rispetto delle condizioni del deposito temporaneo dei propri rifiuti presso lo stabilimento di produzione non
prevede un reato proprio, considerata la regola della delegabilità della responsabilità penale in materia
ambientale e l’ipotizzabilità del concorso del reato, ma definisce l’ambito di responsabilità per

86
Tali sono per Mantovani F., Diritto Penale, Cedam 1992, pag.146 “quelli che possono essere commessi da chiunque”, in contrapposizione con i
“reati propri” che “possono essere commessi soltanto da soggetti con particolari qualifiche meramente naturalistiche o giuridiche”.
87
Il tema viene ripreso dalla Cassazione nella sentenza Bressan, , rel. Giampietro, dis seguito citata, nei seguenti termini: “3.1. Partendo,
dunque, dalla natura (propria o comune) del reato contestato (di cui all'art. 21, comma 3 della l. 319-76), non sfugge a questa Corte che la questione
ha formato oggetto di una pluralità di indirizzi e di varianti interpretative tanto della giurisprudenza che della dottrina (cfr., per la prima, da ultimo:
Cass. pen. sez. III, 2.5.1996, n. 231, ricor. <A.>, che esamina analiticamente questa problematica, proprio con riferimento alla legge Merli ed al
DPR. n. 915-82, optando per la tesi della natura "comune" dei reati di cui all'art. 21 e ss. l. 319 cit., che "non sono posti in via diretta ed esclusiva a
carico dell'imprenditore"; ma, in senso contrario, la stessa sezione, con decisione del 26.6.1996, n. 2078, ric. <C.>.
Ma resta convinta che la tesi cui deve assegnarsi maggiore persuasività resta quella che. ad onta della approssimativa formulazione della disciplina
penale introdotta dalla l. 319-76 (incentrata sul pronome indefinito "chiunque...")e, tenendo conto: a) della natura burocratico - formale delle sue
molteplici contravvenzioni; b) del dovere fondamentale (che le sottende) di conformazione (progressiva e) finale degli effluenti a determinati limiti di
accettabilità; c) che tale obiettivo costituisce espressione e conseguenza diretta di scelte di politica aziendale - ravvisa in dette violazioni ipotesi di
reato a soggettività ristretta.Per queste stesse ragioni neppure può convenire con la comune affermazione, di recente rilanciata da autorevole
dottrina, secondo cui di tali reati deve rispondere penalmente "chi effettua materialmente lo scarico e chi vi concorre".È agevole ribattere, infatti, a
tale asserzione, forzatamente ellittica (e perciò) approssimativa, anche se ispirata dalla lettera della norma (il "chiunque" indicato), che il
"materiale") venendo sanzionata dalla legge, di volta in volta: la violazione formale dell'obbligo di richiedere la prescritta (e preventiva)
autorizzazione; di ottenerne il rilascio prima di ogni scarico; di osservarne le clausole (anche solo formali); di non rispettare i limiti di accettabilità;
di mancata istallazione di strumenti di controllo; ecc..In conclusione, colpendosi penalmente l'inosservanza di prescrizioni amministrative o di
provvedimenti impartiti dalla P.A. rivolti necessariamente all'insediamento (v. testualmente gli artt. 12 e 13) e, più propriamente, sul piano
soggettivo, al suo "titolare" (con la variante lessicale del "titolare dello scarico": cfr., per tutti, l'art. 15), ne consegue, coerentemente e
necessariamente, che le contravvenzioni introdotte a garanzia di quei precetti hanno come loro destinatario diretto il "titolare e-o legale
rappresentante" dell'insediamento.Ove quest'ultimo assuma la forma dell'impresa o di un ente, il "destinatario" proprio della norma incriminatrice
altri non è che il relativo titolare e-o legale rappresentante (nella logica dei c.d. reati di disobbedienza ai precetti amministrativi rivolti all'impresa o
all'ente, in cui ovviamente concorrono anche soggetti diversi dal "titolare", secondo il noto meccanismo del concorso dell'extraneus nel "reato
proprio").”
l’applicazione della normativa, facendolo coincidere con l’attività di produzione di beni o servizi
organizzata sotto forma di impresa individuale o societaria o gestita in via istituzionale”
B) Cass. III, 14.5.2002, n. 21925, est. A.M. Lombardi, ric. Saba citata dalla sentenza Barsanti tuttavia
afferma la natura di reato del reato esaminato (art.,51 comma secondo) sulla base di argomenti che
riguardano il primo comma
C) Cassazione III, n. 9544/04 rel Grillo Rainaldi De Matteis: “le imprese o gli enti di cui tratta il secondo
comma dell’art. 51 non sono soltanto quelle che effettuano una delle attività indicate nel primo comma …,
bensì qualsiasi impresa , avente le caratteristiche di cui all’art. 2082 c.c., o ente, sia con personalità giuridica
che operante di fatto
D) Cass. III sez., n.16698 del 11.2./8.4.2004, est. Zumbo, imp. Barsanti ha espressamente affermato che non
si tratta di reato proprio ma di reato comune.
L’orientamento della Suprema Corte non è condivisibile: la fattispecie di cui all’art. 51 comma secondo
esclude dal proprio ambito di applicazione gli atti di abbandono o svarsamento di persone fisiche non
imprenditori, che infatti sono considerate dall’art. 50.
Si tratta di una delimitazione soggettiva che fa rientrare il reato in esame tra quelli definibili propri. Del resto
le affermazioni sopra riportate tratte dalle pronunzie di segno contrario motivano la qualificazione in termini
di reato comune con la condivisibile ma non pertinente esigenza di non escludere dall’ambito soggettivo
della fattispecie i soggetti di cui all’art. 51 primo comma.
In sostanza, pacifico essendo comunque che una delimitazione di soggetti attivi del reato vi sia, controverso
dovrebbe essere al più a quali categorie di imprese faccia riferimento il secondo comma dell’art. 51. Secondo
l’orientamento espresso dalle sentenze richiamate non vi sarebbe alcuna distinzione tra titolari di impresa e
pertanto tutte le imprese (incluse quelle di cui -o meglio comprese nel “chiunque” di cui- al primo comma )
possono essere soggetto attivo. Cass. III sez., n.16698 del 11.2./8.4.2004, imp. Barsanti evidenzia che,
sebbene la terminologia utilizzata dal decreto non sia precisa, essa consente in ogni caso di chiarire che non
si tratta di reato “la cui commissione sia possibile solo da soggetti esercenti professionalmente una attività di
gestione di rifiuti” ma … “può essere commesso anche da chi esercita attività di gestione di rifiuti in modo
secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa” 88.
Ciò premesso, aderendo alla impostazione sopra indicata che distingue la delega con efficacia soggettiva e
quella con efficacia oggettiva riferendo la prima ai reati propri e la secondo ai reati comuni, dovrebbe
concludersi che in relazione ai reati previsti dal decreto Ronchi la delega avrebbe efficacia oggettiva, ad
eccezione della ipotesi di cui all’art. 51 secondo comma, ove avrebbe mera efficacia soggettiva.

88
La sentenza, consultabile in www.lexambiente.it , è tuttavia erroneamente massimata con riferimento alla attività di gestione di rifiuti in assenza di
autorizzazione (e quindi con riguardo al art. 51 primo comma) pur riguardando una ipotesi di abbandono/immissione in acque superficiali con
espresso richiamo del secondo comma del 51.
Attività di Impresa e Gestione dei Rifiuti nella Giurisprudenza della Corte di Cassazione.
a cura del Dott. Aldo Fiale.

1. LA NOZIONE DI “RIFIUTO”
1.1 In ambito europeo
In ambito europeo, le caratteristiche principali della nozione di “rifiuto” sono individuate
dall’art. 1 della direttiva del Consiglio 15.7.1975, n. 75/442/CEE (sui rifiuti in generale), modificata
dalla direttiva 18.3.1991, n. 91/156/CEE e dall’art. 1 della direttiva del Consiglio 20.3.1978, n.
78/319/CEE (sui rifiuti tossici e pericolosi), modificata dalla direttiva 12.12.1991, n. 91/689/CEE.
Secondo tali direttive “per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o
abbia l’obbligo di disfarsi secondo le disposizioni nazionali vigenti”.
La direttiva n. 91/156 ha ampliato e specificato tale nozione, riportandone le categorie nell’Allegato I e
rinviando alla Commissione il compito di preparare, entro il 1° aprile del 1993, un elenco (suscettibile
di riesame periodico) dei rifiuti rientranti nelle suddette categorie.
La nozione medesima è stata altresì recepita dall’art. 2, lett. a), del Regolamento del Consiglio CEE
1 febbraio 1993, n. 259/93, relativo ai trasporti transfrontalieri di rifiuti (immediatamente e
direttamente applicabile in Italia secondo Corte Cost. n. 170/1984).

1.2 Rifiuti e scarichi


Nel nostro ordinamento la disciplina dei “rifiuti” è posta dal D.Lgs. 5.2.1997, n. 22 e si profila,
anzitutto, l’opportunità di dare conto della questione del coordinamento di tale normativa con quella
posta dal D.Lgs. 11.5.1999, n. 152 (Disposizioni a tutela delle acque dall’inquinamento).
Quest’ultimo provvedimento legislativo ha chiarito la nozione di “scarico” (art. 2, lett. bb), che viene
identificato con “qualsiasi immissione diretta tramite condotta”.
Sono state superate così gran parte delle incertezze interpretative sorte in precedenza sul punto e, con
esse, le sovrapposizioni operative tra i due ambiti normativi verificatesi, sempre in passato, con
riguardo alla disciplina dei c.d. “rifiuti liquidi”, che oggi sono regolamentati dal D.Lgs. n. 152/1999
solo se vengono direttamente convogliati nei corpi recettori, siano essi acque superficiali, suolo,
sottosuolo o reti fognarie.
La giurisprudenza ha avuto modo di precisare, al riguardo, che la distinzione tra “acque di scarico” e
“rifiuti liquidi” non va ricercata nelle caratteristiche della sostanza, ma nella diversa fase del suo
processo di trattamento, sicché nella disciplina delle acque rientra unicamente la fase dello
“scarico”, cioè della immissione diretta nel corpo ricettore (vedi, tra le decisioni più recenti, Cass.,
Sez. III: 11.3.2004, Cravanzola; 4.2.2003, Arici; 15.11.1999, Podella). Diversamente, ogni altro
sversamento rientra nel concetto di “rifiuto”: nozione, quest’ultima, destinata a comprendere
“l’immissione di acque reflue non effettuata attraverso un sistema canalizzato di raccolta e di scarico”.
La Corte di Cassazione, in proposito, ha più volte ribadito che vi è “scarico” solo in presenza di
un’immissione diretta, eseguita senza interruzione e attraverso un sistema di canalizzazione stabile
(vedi Cass., Sez. III: 17.12.2002, Conte; 23.5.2000, Banelli; 29.3.2000, Sainato).
Può esemplificativamente affermarsi, in conclusione, che l’ambito applicativo del decreto Ronchi si
correla alla nozione di rifiuto, come la normativa sull’inquinamento idrico si correla alla definizione di
“scarico”.

1.3 La nozione di “rifiuto” nel D.Lgs. 5.2.1997, n. 22


Nel nostro Paese le caratteristiche che, in ambito comunitario, individuano la nozione di
“rifiuto” sono riprodotte nell’art. 6, comma 1 – lett. a), del D.Lgs. n. 22/1997 (che ha recepito le
modifiche del 1991 alle due direttive comunitarie sui rifiuti) secondo cui “è rifiuto qualsiasi sostanza
od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’Allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia
deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”.
Tale normativa – attraverso il rinvio all’Allegato A), che riproduce l’Allegato I della direttiva n.
75/442/CEE – riporta l’elenco delle 16 categorie di rifiuti individuate in sede comunitaria, mentre gli
Allegati II A e II B della direttiva sono riprodotti, rispettivamente, negli Allegati B) e C) al D.Lgs. n.
22/1997.
Il primo elemento essenziale della nozione di “rifiuto”, nel nostro ordinamento, è costituito, pertanto,
dall’appartenenza ad una delle categorie di materiali e sostanze individuate nel citato Allegato A), ma
l’elenco delle 16 categorie di rifiuti in esso contenuto non è esaustivo ed ha un valore puramente
indicativo, poiché lo stesso Allegato “A) – Parte 1” comprende due voci residuali capaci di includere
qualsiasi sostanza od oggetto, da qualunque attività prodotti:
-- la voce Q1, che riguarda “i residui di produzione o di consumo in appresso non specificati”;
-- la voce Q16, che riguarda “qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie
sopra elencate”.
E’ necessario tenere essenzialmente conto, pertanto, delle ulteriori condizioni imposte dalla legge, e
verificare cioè, anche e soprattutto, che il detentore della sostanza o del materiale:
-- se ne disfi;
-- o abbia deciso di disfarsene;
-- o abbia l’obbligo di disfarsene.

1.4 La nozione di “rifiuto” nel D.L. 8.7.2002, n. 138 convertito nella legge 8.8.2002, n. 178
Tali tre diverse previsioni del concetto di “disfarsi” hanno trovato “interpretazione
autentica” nell’art. 14 del D.L. 8.7.2002, n. 138, pubblicato in pari data nella Gazzetta
Ufficiale e convertito nella legge 8.8.2002, n. 178.
Secondo questa interpretazione:
a) “si disfi” deve intendersi: qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o
indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attività di smaltimento o di
recupero, secondo gli allegati B) e C) del D.Lgs. n. 22/1997;
b) “abbia deciso di disfarsi” deve intendersi: la volontà di destinare sostanze, materiali o beni
ad operazioni di smaltimento e di recupero, secondo gli allegati B) e C) del D.Lgs. n. 22/1997;
c) “abbia l’obbligo di disfarsi” deve intendersi: l’obbligo di avviare un materiale, una sostanza
o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una disposizione di legge o da un
provvedimento delle pubbliche autorità o imposto dalla natura stessa del materiale, della sostanza e del
bene o dal fatto che i medesimi siano compresi nell’elenco dei rifiuti pericolosi di cui all’Allegato D)
del D.Lgs. n. 22/1997 (che riproduce la lista di rifiuti che, a norma della direttiva n. 91/689/CEE, sono
classificati come pericolosi)
Ai sensi della nuova normativa, le fattispecie di cui alle lettere b) e c) non ricorrono – per beni o
sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo – ove sussista una delle seguenti condizioni:
1) gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in
analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di
trattamento e senza recare pregiudizio all’ambiente;
2) gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in
analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo, senza che
si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell’Allegato C) del D.Lgs. n.
22/1997.
E’ stata così introdotta una doppia deroga alla nozione generale di “rifiuto”, in relazione alla quale:
-- la Commissione Europea, il 16.10.2002, ha deciso di aprire una procedura di infrazione (ex art.
169/226 del Trattato) nei confronti del Governo italiano per mancato rispetto della direttiva n.
75/442/CEE come modificata dalla direttiva n. 91/156/CEE, ritenendo configurabile “un’indebita
limitazione del campo di applicazione della nozione di rifiuto”.
La Commissione, anche con riferimento alla giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia, ha
evidenziato che “la nozione di rifiuto non può essere commisurata allo specifico tipo di operazione di
recupero o smaltimento che viene effettuata” e, con parere motivato del 9.7.2003, ha invitato il
Governo italiano ad adeguarsi alla normativa europea;
-- il Tribunale monocratico di Terni, con ordinanza 20.11.2002, ha richiesto alla Corte Europea di
Giustizia di stabilire, con sentenza interpretativa (ex art. 234 del Trattato), se la nozione di rifiuto
introdotta con le citate direttive CEE debba continuare ad essere intesa ed interpretata in Italia alla luce
delle pregresse sentenze emesse in materia dalla stessa Corte di Giustizia ovvero alla stregua dell’art. 14
della legge n. 178/2002.
Tale ultima disposizione, infatti, avrebbe introdotto delle presunzioni “iuris et de iure” di esclusione
dell’applicabilità dell’art. 6 del D.Lgs. n. 22/1997, dalle quali risulterebbe fortemente limitato e
circoscritto l’ambito di applicazione della definizione europea di rifiuto, che non esclude, in via di
principio, alcun tipo di residuo, di prodotto di scarto o di altro materiale e sostanza derivante dai vari
processi industriali.
1.5 La nozione di “rifiuto” nell’interpretazione della Corte Europea di Giustizia
La Corte Europea di Giustizia, le cui decisioni (siano esse di condanna per inadempimento
dello Stato oppure interpretative del diritto comunitario) sono immediatamente e direttamente
applicabili in Italia (vedi Corte Cost: n. 113/1985 e nn. 232 e 389 del 1989):

-- Con le sentenze 28.3.1990, cause riunite Vessoso e Zanetti, e 10.5.1995, causa c-422/92, ha
affermato e ribadito che l’art. 1 delle direttive n. 75/442/CEE e n. 78/319/CEE relative ai rifiuti, si
riferiscono “ad ogni sostanza od oggetto di cui il difensore si disfi, senza distinguere a seconda
dell’intenzione del detentore che si disfa della cosa. Una normativa nazionale la quale adotti una
definizione della nozione di rifiuto escludente le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione
economica non è quindi compatibile con tali direttive”…“Lo scopo essenziale delle direttive…vale a
dire la protezione della salute umana e dell’ambiente, sarebbe compromesso qualora l’applicazione
delle due direttive dipendesse dall’intenzione del detentore di escludere o no una riutilizzazione
economica, da parte di altre persone, delle sostanze o degli oggetti di cui si disfa”.

-- Con la sentenza 15.6.2000, Arco, ha riaffermato i concetti anzidetti prospettando che “qualunque sia
il criterio interpretativo adottato [dalle leggi nazionali] per stabilire se una sostanza costituisca rifiuto e
qualsiasi modalità di prova lo Stato membro intenda introdurre non si può mai prescindere dalla finalità
e dall’efficacia della direttiva [75/442], che si fonda su una definizione di rifiuto ampia, oggettiva e tale
da bilanciare aspetti economici e protezione dell’ambiente”.

-- Con la sentenza 18.4.2002, Palin Granit Oy, ha ribadito che “la nozione di rifiuto non può essere
interpretata in senso restrittivo”, tenendo conto che “la politica della Comunità in materia ambientale
mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in particolare sui princìpi della precauzione e dell’azione
preventiva”.
Ha introdotto, però, una “apertura” sicuramente significativa per la vicenda in esame, analizzando
l’ipotesi “che un bene, un materiale o una materia prima, che deriva da un processo di fabbricazione o
di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo, può costituire non tanto un residuo quanto
un sottoprodotto, del quale l’impresa non ha intenzione di disfarsi ai sensi dell’art. 1, lett. a), comma 1,
della direttiva 75/442, ma che essa intende sfruttare o commercializzare a condizioni per lei favorevoli,
in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari”.
Secondo la Corte di Giustizia, una situazione del genere “non contrasterebbe con le finalità della
direttiva 75/442. In effetti non vi è alcuna giustificazione per assoggettare alle disposizioni di
quest’ultima, che sono destinate a prevedere lo smaltimento o il recupero dei rifiuti, beni, materiali o
materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da
qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa applicabile a tali prodotti.
Tuttavia, tenuto conto dell’obbligo …di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto, per
limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere tale argomentazione,
relativa ai sottoprodotti, alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia
prima sia non solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare e nel corso del processo di
produzione. Appare quindi evidente che, oltre al criterio derivante dalla natura o meno di residuo di
produzione di una sostanza, il grado di probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di
trasformazione preliminare, costituisce un secondo criterio utile ai fini di valutare se essa sia o meno
un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza, il
detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è alta. In
un’ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui il
detentore cerchi di disfarsi, bensì un autentico prodotto”.
1.6 La nozione di “rifiuto” nell’interpretazione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione:
-- Con la sentenza 27.11.2002, Ferretti ha sostenuto la necessità di non applicare la normativa
nazionale contrastante con il Regolamento del Consiglio CEE 1 febbraio 1993, n. 259/93 sui trasporti
transfrontalieri [direttamente applicabile nell’ordinamento degli Stati membri ai sensi dell’art. 249 (ex
art. 189) del Trattato] e con l’interpretazione delle sentenze della Corte Europea di Giustizia.

-- Con la sentenza 13.11.2002, Passerotti ha affermato, al contrario, che la nuova disciplina del 2002 –
benché modificativa della nozione di rifiuto dettata dall’art. 6, 1° comma – lett. a), del D.Lgs. n.
22/1997 – è vincolante per il giudice, in quanto introdotta con atto avente pari efficacia legislativa della
norma precedente.
Essa inoltre – benché modificativa anche della nozione di rifiuto dettata dall’art. 1 della direttiva
europea 91/156/CEE – resta vincolante per il giudice italiano, posto che tale direttiva non è
autoapplicativa (self executing) e costituisce obblighi per gli Stati dell’Unione Europea ma non
direttamente situazioni giuridiche attive o passive per i soggetti intrastatali, sicché ha necessità di essere
recepita dagli ordinamenti nazionali per diventare efficace verso questi ultimi [Nel senso che anche la
direttiva 91/689/CEE, in materia di rifiuti pericolosi, rientra tra le direttive aventi l’obiettivo di
armonizzare le diverse normative nazionali e non fra quelle con prescrizioni incondizionate e
dettagliate, immediatamente applicabili nell’ordinamento interno, vedi Cass., Sez. III, 26.6.1997, n.
1699].

-- Tale secondo orientamento ha ribadito con le sentenze 22.1.2003, Costa; 11.2.2003, Mortellaro;
31.7.2003, Agogliati; 9.10.2003, De Fronzo, ed in relazione a fattispecie specifiche ha applicato l’art.
14 del D.L. n. 138/2002.
-- Con la sentenza 15.4.2003, n. 17656, Gonzales si è soffermata, in particolare, sulla distinzione
tra i residui ed i sottoprodotti dei quali l’impresa non ha intenzione di disfarsi ai sensi dell’art. 1,
lett. a), comma 1, della direttiva 75/442, ma che essa intende sfruttare o commercializzare a
condizioni favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari.

2. LA SENTENZA 18.4.2002 DELLA CORTE DI LUSSEMBURGO


2.1 Le statuizioni della sentenza
La Corte di Giustizia Europea – con la sentenza 18.4.2002, Niselli (pronunziata sulla
pregiudiziale comunitaria avanzata dal Tribunale di Terni) – ha affermato che:
a) “La direttiva 75/442 non suggerisce alcun criterio determinante per individuare la volontà del
detentore di disfarsi di una determinata sostanza o di un determinato materiale. In mancanza di
disposizioni comunitarie, gli Stati membri sono liberi di scegliere le modalità di prova dei diversi
elementi definiti nelle direttive da essi trasposte, purché ciò non pregiudichi l’efficacia del diritto
comunitario … Dal fatto che su una sostanza venga eseguita un’operazione menzionata negli allegati II
a o II B della direttiva 75/442 non discende necessariamente che l’operazione consista nel disfarsene e
che, quindi, tale sostanza vada considerata rifiuto”. Ne consegue che “ la definizione di rifiuto
contenuta nell’art. 1, lett. a) – 1° comma, della direttiva 75/442, non può essere interpretata nel senso
che essa ricomprenderebbe tassativamente le sostanze o i materiali destinati o soggetti alle operazioni di
smaltimento o di recupero menzionate negli allegati II a e II B di detta direttiva, oppure in elenchi
equivalenti, o il cui detentore abbia l’intenzione o l’obbligo di destinarli a siffatte operazioni”. La qual
cosa equivale ad escludere che la nozione di rifiuto possa dipendere, in definitiva, da un’elencazione
chiusa di comportamenti e sostanze.

b) “La definizione di rifiuto, contenuta nell’art. 1, lett. a) – 1° comma, della direttiva 75/442,
non deve essere interpretata nel senso che essa escluderebbe l’insieme dei residui di produzione di
produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in un ciclo di produzione o di consumo,
vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni all’ambiente, vuoi previo trattamento
ma senza che occorra tuttavia un’operazione di recupero ai sensi dell’allegato II B di tale direttiva”.
E’ ammissibile e non contrasta con le finalità della direttiva 75/442 “un’analisi secondo la quale un
bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che
non è principalmente destinato a produrlo può costituire non un residuo, bensì un sottoprodotto, del
quale l’impresa non ha intenzione di disfarsi ai sensi dell’art. 1, lett. a) – 1° comma, della direttiva
75/442, ma che essa intende sfruttare o commercializzare a condizioni per lei favorevoli, in un processo
successivo, senza operare trasformazioni preliminari”.
Ne deriva la affermazione della illegittimità comunitaria dell’art. 14 del D.L. n. 138/2002, perché i
materiali che non sono riutilizzati in maniera certa e richiedono una previa trasformazione sono
semplici sostanze di cui i detentori si sono voluti disfare, che “devono tuttavia conservare la qualifica di
rifiuti finché non siano effettivamente riciclati […], finché cioè non costituiscano i prodotti finiti del
processo do trasformazione cui sono destinati. Nelle fasi precedenti essi non possono ancora, infatti,
essere considerati riciclati, poiché il detto procedimento di trasformazione non è terminato. Viceversa,
fatto salvo il caso in cui i prodotti ottenuti siano a loro volta abbandonati, il momento in cui i materiali
in questione perdona la qualifica di rifiuto non può essere fissato ad uno stadio industriale o
commerciale successivo alla loro trasformazione […], poiché, a partire da tale momento, essi non
possono più essere distinti da altri prodotti scaturiti da materie prime primarie”.

2.2 L’efficacia della sentenza comunitaria Niselli nell’ordinamento italiano


Deve ora considerarsi quale è l’efficacia, nel nostro ordinamento, della citata sentenza
comunitaria dell’11 novembre 2004
La Corte di Cassazione, con la sentenza 15.4.2003, n. 17656, Gonzales – tenuto anche conto della
nuova formulazione dell’art. 117 della Costituzione, introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 –
ha ribadito la necessità dell’applicazione immediata, diretta e prevalente, nell’ordinamento
nazionale, dei princìpi fissati (non da direttive che non siano autoapplicative o self executing) ma dai
Regolamenti comunitari (vedi Corte Cost., ord. 144/1990) e dalle sentenze della Corte Europea di
Giustizia (vedi Corte Cost., sent. 389/1999, 255/1999 e 113/1985).
Ha rilevato altresì che:
-- Le direttive non autoapplicative possono influire sul diritto nazionale attraverso le decisioni della
Corte Europea di Giustizia.
-- Le sentenze della Corte di Giustizia, a loro volta, sono immediatamente e direttamente applicabili, da
parte del giudice italiano, sempre che l’esegesi del diritto comunitario sia incontrovertibile e la
normativa nazionale appaia in evidente contrasto.
-- Secondo la Corte Costituzionale (a partire dalla sentenza n. 170/1984), il giudice italiano ha l’obbligo
di non applicare la norma nazionale in contrasto con quella comunitaria.
Sotto il profilo dei rapporti tra il diritto comunitario e il diritto penale interno, ha condiviso, infine,
l’orientamento dottrinario che ammette la prevalenza del primo qualora si tratti di definizioni legali di
elementi normativi della fattispecie penale soggetti alla determinazione da parte delle norme
comunitarie: e tale, senza dubbio, è la nozione di “rifiuto”.
In dottrina (GIAMPIETRO) è stato evidenziato, però, che le sentenze interpretative pronunciate dalla
Corte di Giustizia, ex art. 234 del Trattato:
-- riguardano direttamente il diritto comunitario, non anche il diritto interno. Come tali esse, anche
quando sanciscono che il diritto interno contrasta con quello comunitario, non possono invalidare il
diritto nazionale, che mantiene inalterata la sua vigenza, fatta salva l’eventuale irrogazione di sanzioni
comunitarie nei confronti dello Stato nazionale che si renda inadempiente rispetto all’obbligo di fedeltà
comunitario;
-- il potere-dovere del giudice nazionale di disapplicare la normativa nazionale riguarda le ipotesi di
contrasto tra una norma interna e una norma comunitaria dotata di efficacia diretta negli ordinamenti
interni, e tali non sono (poiché non sono self-executing) le direttive cui ha dato attuazione il decreto
Ronchi. Considerato che le sentenze della Corte di Giustizia hanno la stessa efficacia delle disposizioni
interpretate, ne consegue che il giudice italiano che desse applicazione alla sentenza interpretativa del
giudice comunitario in materia di rifiuti finirebbe per dare diretta applicazione a una norma comunitaria
sprovvista di effetto diretto.
La sentenza interpretativa della Corte di Giustizia, la quale rilevi un contrasto del diritto interno rispetto
al diritto comunitario, può costituire il presupposto di una questione di legittimità costituzionale ex
artt. 11 e 117 Cost.
Tuttavia, fino a quando non intervenga una sentenza della Corte Costituzionale che dichiari illegittima
l’interpretazione autentica della nozione di rifiuto per contrasto con il diritto comunitario come
interpretato dalla Corte di Giustizia, stante l’impossibilità di attuare in forma coattiva la sentenza della
Corte di Giustizia, viene affermata la perdurante vigenza e validità dell’art. 14 del D.L. n. 138 del 2002.

3. FATTISPECIE VALUTATE DALLA CORTE DI CASSAZIONE


Nella giurisprudenza della Suprema Corte, sono stati considerati “rifiuti”:
-- i fanghi che, per il loro riutilizzo, abbisognano di essere sottoposti a trattamento, come nel caso dei
fanghi provenienti dall’esaurimento del ciclo produttivo e destinati al parziale riutilizzo mediante
processi chimici da eseguire presso altro stabilimento industriale (Cass, Sez. III, 9.4.2001, Porcu);
-- il limo, quale prodotto fangoso derivante dal lavaggio degli inerti, perché il suo riutilizzo richiede un
preliminare procedimento di disidratazione, effettuato attraverso lo spandimento sul terreno e
l’esposizione all’aria, da cui deriva, poi, la trasformazione in polvere e l’acquisizione della consistenza
solida (Cass., Sez. III, 27.11.2002, Ferretti);
-- gli autoveicoli fuori uso radiati dal pubblico registro automobilistico, perché la mancanza delle targhe
comprova che i proprietari dei medesimi se ne erano già disfatti o comunque avevano la chiara
intenzione di farlo (Cass., Sez. III, 23.1.2004, Palumbo);
-- le acque di sentina raccolte e ritirate all’esito delle operazioni di pulizia delle navi (Cass., Sez. III,
27.6.2003, De Fronzo);
-- le traversine di legno impregnate con preservante a base di creosoto e non più utilizzabili nelle
strutture ferroviarie (Cass., Sez. III, 22.1.2002, Abate);
-- il materiale di risulta dello scavo di un traforo (Cass., Sez. III, 24.8.2000, Sassi);
-- il fresato di asfalto proveniente dal disfacimento del manto stradale (Cass., Sez. III, 11.2.2003, C.e.d.
227955).
Viceversa, è stato affermato che non costituiscono “rifiuti”:
-- i materiali inerti derivanti da demolizione di un manufatto, se reimpiegati nell’ambito dello stesso
cantiere (Cass., Sez. III, 25.6.2003, Papa);
-- i materiali inerti di demolizione, se riutilizzati con criteri di compatibilità ambientale, come nel caso
dei materiali derivati dalla parziale demolizione di un muro preesistente, reimpiegati immediatamente
ed in loco, senza alcun trattamento, quali sottofondo di un piazzale appartenente allo stesso proprietario
del muro demolito (Cass., Sez. III, 2.10.2003, n. 37508);
-- i materiali di scavo e sbancamento di una pubblica via, riutilizzati effettivamente tal quali sul posto,
ove si tratti di terre e rocce di scavo non provenienti da siti inquinati o da bonifiche con concentrazioni
di inquinamento superiori ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti (Cass., Sez. III,
11.2.2003, Traversi);
-- i materiali di scavo e sbancamento di una pubblica via contenenti modeste parti di asfalto (Cass., Sez.
III, 11.2.2003, Mortellaro).
Si ricordi che, ai sensi della legge 21.12.2001, n. 443, sono esclusi dall’applicazione del D.Lgs. n.
22/1997 una serie di terre da scavo, anche se contaminate, destinate a reinterri, riempimenti di
depressioni, tombamenti di cave, etc.

4. REALIZZAZIONE E GESTIONE DI DISCARICA ABUSIVA


4.1 Il D.Lgs. n. 22/1997 non contiene una definizione di “discarica” e questa è stata introdotta, solo di
recente, dall’art. 2, lett. g), del D.Lgs. 13.1.2003, n. 31, che ne specifica la nozione come:
“un’area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo,
compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da
parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito
temporaneo per più di un anno. Sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono
scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento
o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a
tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo
inferiore ad un anno”.
L’art. 51, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997 sanziona penalmente “chiunque realizza o gestisce una
discarica non autorizzata” e la giurisprudenza della Suprema Corte ha evidenziato che:
a) la realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso diverse attività:
-- anzitutto, il vero e proprio allestimento a discarica di un’area, con il compimento delle opere
occorrenti a tal fine: spianamento del terreno, apertura dei relativi accessi, recinzione, etc. (vedi Cass.:
Sez. Unite 28.12.2004, Zaccarelli e, più di recente, Sez. III, 30.4.2002, Francese);
-- ma anche il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente destinate
all’abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito, degradato dalla presenza dei rifiuti
(vedi Cass., Sez. III: 10.1.2002, Garzia; 24.9.2001, Bistolfi; 11.10.2000, Cimini).
Secondo un’interpretazione giurisprudenziale, potrebbe integrare il reato di scarica abusiva anche un
unico conferimento di ingenti quantità di rifiuti che faccia però assumere alla zona interessata
l’inequivoca destinazione di ricettacolo di rifiuti, con conseguente trasformazione del territorio (Cass.,
Sez. III, 4.11.1994, Zagni).
Anche l’utilizzazione di un terreno diverso da quello per il quale è stata concessa l’autorizzazione,
ancorché limitrofo, può integrare il reato di discarica abusiva (Cass., Sez. III, 13.5.1991, Virgili).
b) la gestione di una discarica si identifica in una attività autonoma, successiva alla
realizzazione, che può essere compiuta dallo stesso autore di quest’ultima o da altri soggetti, e che
consiste nell’attivazione di un’organizzazione, articolata o rudimentale, di persone e cose diretta al
funzionamento della discarica medesima (vedi Cass.: Sez. III, 11.4.1997, Vasco; Sez. Unite 28.12.2004,
Zaccarelli).

4.2 In relazione alla possibilità di ritenere integrato il reato anche in forma omissiva, la più
recente giurisprudenza della Suprema Corte – sulla scia della sentenza delle Sezioni Unite 28.12.2004,
Zaccarelli – è orientata nel senso della inconfigurabilità del reato di realizzazione o esercizio di
discarica abusiva rispetto alla condotta di chi, avendo la disponibilità di un’area sulla quale altri abbiano
abbandonato rifiuti, si limiti a non attivarsi affinché questi ultimi vengano rimossi, purché non risulti
accertato il concorso, a qualunque titolo, del possessore del fondo con gli autori del fatto (vedi Cass.,
Sez. III: 5.11.2002, Laganà; 26.9.2002, Ponzio; 2.7.1997, Gangemi).

4.3 Quanto alla prescrizione del reato di discarica abusiva, le Sezioni Unite – con la sentenza
n. 13 del 5.10.1994, ric. Zaccarelli, riferita alle precedenti ma analoghe previsioni degli artt. 16, 2°
comma, e 25, 2° comma, del D.P.R. n. 915/1982 – hanno evidenziato che:
a) la fattispecie di realizzazione di discarica è permanente fino all’ultimazione dell’opera; dopodiché
diventa ad effetti permanenti;
b) la fattispecie di gestione di discarica è permanente per tutto il tempo in cui l’organizzazione è
presente ed attiva.
La III Sezione della Cassazione – con la sentenza 11.11.2004, Brugnolaro – ha affermato che le
argomentazioni anzidette conservano validità pure nel vigore della disciplina posta dal D.Lgs.
13.1.2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti).
In tale sentenza viene posto in rilievo che:
“Ai sensi dell’art. 2, lett. o), di tale provvedimento normativo, le fasi di gestione di una discarica
“vanno dalla realizzazione e gestione della discarica fino al termine della gestione post-operativa
compresa” e la gestione post-operativa è attualmente disciplinata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 36/2003, il
cui primo comma impone, anche in tale fase: il rispetto sia delle prescrizioni stabilite
dall’autorizzazione e dai piani di gestione pure di ripristino ambientale sia delle norme in materia di
gestione dei rifiuti, di scarichi idrici e tutela delle acque, di emissioni in atmosfera, di rumore, di igiene
e salubrità degli ambienti di lavoro, di sicurezza e prevenzione incendi; nonché la necessità di
assicurare la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le opere funzionali ed impiantistiche della
discarica.
Il secondo comma dello stesso art. 13 stabilisce, inoltre, che “la manutenzione, la sorveglianza e i
controlli della discarica devono essere assicurati anche nella fase della gestione successiva alla
chiusura, fino a che l’ente territoriale competente accerti che la discarica non comporta rischi per la
salute e l’ambiente. In particolare, devono essere garantiti i controlli e le analisi del biogas, del
percolato e delle acque di falda che possano essere interessate”.
La permanenza del reato di discarica abusiva, però, si correla alla protrazione nel tempo della condotta
materiale accompagnata dalla cosciente volontà di mantenimento della stessa. La legge punisce la
mancanza di autorizzazione in un’ottica di funzionamento, mentre, allorquando ha effettivo inizio la
gestione post-operativa, si pone in essere una condotta che pone fine alla situazione antigiuridica e
viene meno la stessa “ratio” della richiesta di autorizzazione; il sito non è più destinato
permanentemente a luogo di scarico e deposito di rifiuti, sicché a perdurare nel tempo sono soltanto
gli effetti del precedente illecito accumulo.
La c.d. concezione “bifasica” del reato permanente (che imposta la condotta di tale reato su due tempi:
il primo di aggressione dell’interesse tutelato, ed il secondo di rimozione di tale illiceità), al pari di
quella “pluralista”, è stata da tempo abbandonata in dottrina ed in giurisprudenza, essendo stata
privilegiata, invece, la nozione unitaria (vedi Cass., Sez. Unite: 13.7.1998, Montanari; 28.4.1999, P.M.
in proc. Palma ed altro; 14.7.1999, P.M. in proc. Lauriola ed altri; 27.2.2002, Cavallaro), confortata
pure dall’interpretazione dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 520 del 26.11.1987).
Il reato permanente trova caratterizzazione nel tipo di condotta e nella correlazione di questa con
l’offesa all’interesse protetto, sulla base della descrizione contenuta nella norma incriminatrice.
Il fatto che la legge (all’art. 6, 1° comma - lett. d, del D.Lgs. n. 22/1997) riconduce al concetto di
“gestione dei rifiuti” anche “… il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la
chiusura” non significa che, dopo la chiusura della discarica, possa parlarsi ancora di funzionamento
della stessa.
La nozione di “gestione dei rifiuti” (introdotta appunto dall’art. 6, 1° comma - lett. d, del D.Lgs. n.
22/1997) è un concetto nuovo e vastissimo – onnicomprensivo delle pur sempre diverse ed autonome
fasi della raccolta, trasporto, smaltimento e recupero – rispetto al precedente impianto normativo
espresso dal D.P.R. n. 915/1982, basato sulla più limitata nozione di “smaltimento”.
In tale prospettiva l’art. 2, lett. o), del D.Lgs. n. 36/2003 ha inteso affermare senza equivoci che va
ricondotta alla “gestione dei rifiuti” anche la gestione post-operativa di una discarica, in un’ottica di
garanzia dello smaltimento “sicuro”. Ciò non significa, però, che la discarica possa considerarsi tenuta
in esercizio anche allorquando non è più operativa”.
Sulla base delle testuali considerazioni anzidette, la sentenza Brugnolaro ha ritenuto non condivisibili
le conclusioni della sentenza 27.1.2004, n. 2662, ric. P.M. in proc. Zanoni, secondo le quali “ormai la
permanenza del reato di discarica abusiva verrà meno solo dopo dieci anni dalla cessazione dei
conferimenti ovvero con l’ottenimento dell’autorizzazione o la rimozione dei rifiuti”.

5. LA RILEVANZA DELLA “DELEGA DI FUNZIONI” IN SEDE PENALE


Alcune pronunzie della Cassazione hanno negato in modo assoluto la possibile rilevanza penale della
delega in materia ambientale (vedi, in tema di inquinamento idrico, Cass., Sez. III: 8.1.1992, Furlani;
8.2.1991, Bortoluzzi; 11.4.1989, Pomari).
L’indirizzo attualmente prevalente, però – dapprima limitato al campo dell’inquinamento idrico e
successivamente esteso anche al settore dei rifiuti – perviene a conclusioni analoghe a quelle elaborate
in tema di sicurezza sul lavoro, affermando la rilevanza della delega in presenza di precisi requisiti
(vedi Cass., Sez. III, 24.9.1990, Manghi):
-- la delega deve essere puntuale ed espressa, senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri
residuali di tipo discrezionale (Cass., Sez. III, 22.6.1998, Moscatelli);
-- il soggetto delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo
svolgimento del compito affidatogli (Cass., Sez. III, 14.5.2002, Saba);
-- il trasferimento delle funzioni deve essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa (Cass.,
Sez. III, 14.5.2002, Saba) o, quanto meno, alle esigenze organizzative della stessa (vedi Cass., Sez. III,
29.5.1996, Bressan);
-- unitamente alle funzioni devono essere trasferiti i correlativi poteri decisionali e di spesa;
-- l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo.

6. ORDINANZE CONTINGIBILI ED URGENTI


La Suprema Corte si è più volte occupata della questione fino alla recente sentenza della Sez.
III, 20.1.2005, Manzoni.

6.1 La Cassazione, anzitutto, ha affermato e ribadito il principio secondo il quale anche. il


Comune, benché gravato dall’obbligo di provvedere allo smaltimento dei rifiuti urbani, ove
intenda provvedervi “ a mezzo discarica”, deve ottenere l’autorizzazione regionale.
Spetta soltanto alla Regione, infatti, nella sua posizione sovraordinata quanto alla programmazione in
questa materia, decidere il rilascio o meno dell’autorizzazione, una volta valutate la quantità di rifiuti da
smaltire, le strutture, la idoneità delle discariche all’interno del territorio regionale, sulla base della
comparazione di interessi pubblici e privati, che non può essere riservata alla limitata prospettiva del
sindaco nel ristretto ambito comunale [vedi Cass.: Sez. Unite: 8.5.1989, n. 6883, Liberati e 21.4.1989,
n. 6169, Porto; Sez. III: 30.5.1996, n. 5378, Argondizzo; 29.5.1998, n. 6292, Cuda; 16.6.1999, n. 7748,
Sodano; 8.7.2002, n. 25926, P.M. in proc. Di Giorgio].

6.2 Le ordinanze di necessità nella materia della gestione di rifiuti – già previste dall’art. 12
dell’abrogato D.P.R. n. 915/1982 – sono attualmente disciplinate dall’art. 13 del D.Lgs. n. 22/1997 e si
inseriscono nel “genus” dei provvedimenti contingibili ed urgenti disciplinati dall’art. 54 del D.Lgs.
18.8.2000, n. 267 (T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), adottabili “al fine di prevenire ed
eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini”.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato – con orientamento condiviso, nell’impostazione teorica, da
Cass., Sez. III, 16.10.1998, n. 3143, Schepis – ha riconosciuto la legittimità di ordinanze siffatte anche
nel caso in cui la situazione di pericolo perduri da tempo e, addirittura, quando debba imputarsi ad
inerzia colpevole dell’Amministrazione [vedi Cons. Stato: sentenze nn. 926/1994, 1098/1993,
700/1991, 568/1986, 403/1986].
L’adozione delle stesse è discrezionale, ma la discrezionalità si affievolisce con l’aumentare della
gravità dell’emergenza da affrontare, fino a diventare un vero e proprio potere-dovere.
La eccezionalità del provvedimento impone comunque (nel rispetto dei termini temporali di efficacia
previsti dall’art. 13 del D.Lgs. n. 22/1997 e pur con le possibilità di reiterazione ivi riconosciute) una
durata complessiva pur sempre temporanea e razionalmente correlata alla eccezionalità della
situazione che si è reso necessario fronteggiare.
Questa Corte ha ritenuto illegittimo, infatti, il ricorso alla disposizione in esame per realizzare di fatto
discariche permanenti, reiterando per anni le ordinanze, senza soluzione di continuità [vedi Cass., Sez.
III: 17.4.1998, n. 6292, Cuda; 15.7.1997, n. 9157, Felice].

6.3 La Cassazione, poi – in tema di adozione del provvedimento di necessità in materia di rifiuti
– ha affermato che:
-- si rende configurabile il reato di cui all’art. 51, comma 3, del D.Lgs. 5.2.1997, n. 22 (gestione di
discarica abusiva) a carico del sindaco il quale, con il ripetuto uso del potere di ordinanza ed in
mancanza dei relativi presupposti, abbia consentito che venisse istituita e tenuta in esercizio una
discarica comunale non autorizzata (Cass., Sez. III, 14.10.2002, n. 34298, Buscarino ed altro);
-- l’ordinanza contingibile ed urgente che il sindaco può emanare ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n.
22/1997, in materia di smaltimento dei rifiuti, ha come presupposti:
a) una necessità eccezionale ed urgente di tutelare la salute pubblica o l’ambiente, non riducibile solo a
calamità naturali e non fronteggiabile altrimenti;
b) la limitazione nel tempo (l’art. 13 del D.Lgs. n. 22/1997 prevede testualmente che le ordinanze
contingibili in esso previste hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi e non possono
essere reiterate per più di due volte);
c) la inevitabilità del ricorso a forme di smaltimento straordinario dei rifiuti.
La medesima ordinanza, inoltre, deve essere adottata in forma scritta (Cass., Sez. III: 13.12.1995, n.
714, Fara; 24.5.1994, n. 7537, Marra) ed ha come requisito di legittimità formale una motivazione
adeguata, che renda conto dei presupposti concreti dell’ordinanza stessa (vedi Cass., Sez. III,
27.3.2000, n. 3878, Stillitani);
-- non è possibile, comunque, fare ricorso ai poteri di urgenza esclusivamente per ragioni
finanziarie, in quanto “non esiste un principio di giustificazione di tipo economico nel sistema del
D.Lgs. n. 22/1997 e già del D.P.R. n. 915/1982” e l’ente locale ha il dovere di dare la priorità alle spese
necessarie per un corretto smaltimento dei rifiuti urbani, anche se il sito adatto si trovi ad una certa
distanza e le risorse economiche comunali siano limitate [vedi Cass., Sez. III: 8.7.2002, n. 25926, P.M.
in proc. Di Giorgio; 13.10.1995, n. 11336, Ranieri ed altro; 10.5.1994, n. 1468, Meraglia; 3.11.1993, n.
11041, Serafini; 21.10.1993, n. 2180, P.M. in proc. Baffoni].
E’ stato specificato, infine, che l’ordinanza di necessità non costituisce un titolo di legittimazione
sostitutivo dell’autorizzazione regionale, bensì può porsi, quanto ai profili penali, quale causa
speciale di giustificazione per quelle attività di smaltimento di rifiuti non autorizzate che normalmente
integrerebbero reato.
Ciò implica la legittimità del sindacato del giudice penale, rivolto appunto al fine di verificare
l’anzidetta efficacia scriminante.
A prescindere dall’emissione dell’ordinanza di necessità, poi, la condotta del sindaco – in linea teorica
– potrebbe pur essere sempre scriminata, allorquando ne ricorressero le condizioni, ai sensi dell’art. 54
cod. pen.

ALDO FIALE

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