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BURNOUT

E DIPENDENZA DA LAVORO
NELLE PROFESSIONI SANITARIE

LAURA TRONCI
Il presente libro è accreditato come Autoapprendimento FAD con riconosci-
mento ECM per tutte le professioni, solo attraverso apposita registrazione al
sito www.ebookecm.it

COLLANA EBOOKECM
EBOOK PER L’EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA © 2019
INDICE

INTRODUZIONE 5

PARTE PRIMA. IL WORKAHOLISM 7

Considerazioni introduttive 8

La dipendenza da lavoro 12

Dalla passione per il proprio lavoro alla dipendenza 17

L’evoluzione del disagio 22

Tipologie di workaholism e workaholic 31

Fattori predisponenti del workaholism 43


Il ruolo svolto dalla società: le nuove dipendenze e le nuove tecnologie 44
Il ruolo svolto da una workaholic organization 47
Il ruolo svolto dalla famiglia d’origine 50
Il ruolo svolto dalle variabili di personalità 53

Sintomi e conseguenze del workaholism 56


Sintomi psicofisici del workaholism 56
Conseguenze del workaholism sul sistema familiare e organizzativo 58

Strumenti per misurare il workaholism:


Wart, WorkBat,
Snapp-Work e DUWAS 74

Prevenzione e trattamento del workaholism 77


La prevenzione 77
Il trattamento 79

PARTE SECONDA. IL BURNOUT 87

Considerazioni introduttive 88

Il burnout: il fallimento delle strategie di adattamento allo stress lavorativo 91


Modelli esplicativi sul burnout 97
Il burnout secondo Cherniss 97
Il burnout secondo Edelwich e Brodsky 99
Il burnout secondo Maslach 102

Professioni a rischio di burnout 105


Il profilo personologico dell’operatore in burnout 105
Le helping professions: categoria a rischio 106
La comunicazione sana 111

Il burnout come sindrome organizzativa 113

Fattori predisponenti del burnout 129


Fattori personali 130
Fattori organizzativi 137
Fattori contestuali 139

Sintomi e conseguenze del burnout 145

Strumenti per misurare il burnout 150


Il Maslach Burnout Inventory 150
Il Link Burnout Questionnaire 152

Prevenzione e gestione del burnout 155


La prevenzione 155
La gestione 161

PARTE TERZA. IL BURNOUT E IL WORKAHOLISM


NELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA 166

Considerazioni introduttive 167

Ricerche sul burnout e sul workaholism in ambito infermieristico 170

PARTE QUARTA. AUTOVALUTAZIONE 182

Soffri di dipendenza da lavoro? 183

Sei a rischio burnout? 187

BIBLIOGRAFIA 191

NOTE SULL’AUTRICE 195


INDICE

INTRODUZIONE

L’obiettivo di questo e-book è di natura puramente divulga-


tiva: l’intento è quello di condividere con i lettori riflessioni e
pensieri in merito ai fenomeni del workaholism e del burnout.
La considerazione di partenza è che in una società globalizza-
ta come quella odierna, che impone il rispetto di valori assoluti
quali l’accumulo di risorse materiali e lo sfrenato consumismo,
il lavoro sia diventato l’involucro formale che permette all’indivi-
duo di mascherare la sua incapacità di vivere pienamente la vita
(Lavanco & Milio, 2006). Apparteniamo a una civiltà altamente
tecnologica in cui la massima aspirazione è il raggiungimento
di uno status sociale elevato. Crediamo di poter raggiungere la
nostra realizzazione personale attraverso la ricerca ossessiva di un
possesso illimitato di beni, che in realtà tradisce un incolmabile
senso di vuoto. L’utilizzo che facciamo delle nuove tecnologie ne
è un importante indicatore: smartphone, computer, tablet, e-mail
non sono solamente dei mezzi di comunicazione, ma rappresen-
tano dei veri e propri status symbol. Inizialmente accolte come
un’importante innovazione che avrebbe rivoluzionato il nostro
modo di vivere e di lavorare, le nuove tecnologie si sono rivelate
delle briglie elettroniche che abbattono le barriere tra vita privata e
vita lavorativa, contribuendo enormemente all’insorgenza e allo
sviluppo del workaholism (De Carlo et al., 2013; Danon, 2012;
Guerreschi, 2005; Lavanco & Milio, 2006; Lo Verde, 2005; Van
Beek et al., 2012). Molte delle organizzazioni per le quali lavo-
riamo hanno una natura workaholic. Si tratta di contesti lavo-

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INDICE

BURNOUT E DIPENDENZA DA LAVORO NELLE PROFESSIONI SANITARIE


INTRODUZIONE

rativi malsani, fortemente orientati al profitto economico, che


incentivano il workaholism elargendo bonus, promozioni e rico-
noscimenti a chi, sacrificando la propria vita privata, dimostra
assoluta fedeltà all’azienda (De Carlo et al., 2013; Lovey, Erdélyi
e Nadkarni, 2007). Che conseguenze può avere un simile approc-
cio al lavoro sulla salute psicofisica del lavoratore, sulla sua vita
sociale e sul rendimento professionale?
L’e-book si articola in tre parti: le prime due offrono una pa-
noramica del fenomeno del workaholism e del burnout; nella terza
vengono presentati alcuni contributi empirici volti a indagare
queste due forme di disagio psicosociale nell’ambito infermie-
ristico, che si configura come uno dei contesti maggiormente a
rischio per l’insorgenza del malessere psicosociale. L’elaborazio-
ne di questo e-book nasce dal desiderio di dar risposta a interes-
santi quesiti relativi ai due fenomeni. Ci si è chiesti, ad esempio,
perché sia tanto difficile riconoscere un individuo workaholic e
quale meccanismo sociale alimenti la dipendenza da lavoro. Si è
cercato di comprendere cosa conduca il lavoratore a passare dalla
travolgente passione per la propria professione alla totale dipen-
denza e all’irrecuperabile perdita di entusiasmo. Ci si è doman-
dati per quale motivo l’operatore in burnout abbia necessità di un
meccanismo tanto drammatico per non soccombere al proprio
lavoro. Oltre ad affrontare questi delicati interrogativi, si offre
un’accurata descrizione degli strumenti di diagnosi e degli inter-
venti di prevenzione e gestione delle forme di disagio presentate,
in un’ottica di promozione del benessere organizzativo.
Il desiderio di condividere queste considerazioni muove dal-
la speranza che la lettura possa stimolare l’acquisizione di una
maggiore consapevolezza sull’importanza di allestire ambienti di
lavoro salubri, in grado di prevenire il dilagare di questi disagi.

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PARTE PRIMA

IL WORKAHOLISM
INDICE

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

Definire il lavoro una costruzione sociale, cioè un prodotto


della società, radicata in specifici contesti istituzionali, significa
accettare che esso assuma forme e valenze differenti a seconda
dello spazio e del tempo nel quale è collocato (Reyneri, 2011;
Trigilia, 2009). Considerare il lavoro un processo istituzionale
ci permette di inquadrarlo entro coordinate spaziali e temporali
delimitate, cioè dentro un preciso spazio e un preciso tempo.
Questo ci consente di specificare meglio il valore che assume per
la società e di capire che il comportamento del singolo è influen-
zato dal particolare contesto istituzionale che lo accompagna e a
sua volta lo condiziona. Le scelte individuali sono sempre social-
mente orientate, in quanto influenzate dalle aspettative relative
al comportamento altrui. Il lavoro, come prodotto della società,
è al tempo stesso sia una costruzione che un agente attivo di
un’intera cultura; da essa è forgiato e allo stesso tempo la plasma
con il suo modificarsi e con le trasformazioni della concezione
stessa di lavoro che interessano l’immaginario sociale (Trigilia,
2009). Non v’è dubbio, quindi, che il modo in cui la società
guarda al lavoro influenzi necessariamente il significato che gli
si attribuisce e la sua centralità all’interno della vita del singolo.
Ogni epoca storica ha una propria concezione di lavoro che nel
tempo si è trasformata radicalmente (De Cesare, 2013; Lavanco
& Milio, 2006).
Attraverso un breve excursus storico ripercorreremo le diverse
tappe evolutive della concezione di lavoro fino ad arrivare alla

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INDICE

BURNOUT E DIPENDENZA DA LAVORO NELLE PROFESSIONI SANITARIE


PARTE PRIMA. IL WORKAHOLISM

rappresentazione odierna, in cui il lavoro non appare più solo


come strumento di sussistenza, finalizzato meramente a ottene-
re denaro, ma assume anche il significato di status sociale, ed è
centrale nel riconoscimento di sé e per la propria autostima (De
Cesare, 2013; Lavanco & Milio, 2006; Maslach & Leiter, 2000;
Reyneri, 2011). Per secoli il lavoro è stato considerato un’attività
ignobile, adatta agli schiavi e ai prigionieri, mentre le mansioni
di responsabilità, supervisione e coordinamento venivano esple-
tate dai rappresentanti delle classi più abbienti (De Cesare, 2013;
Guerreschi, 2005; Lavanco & Milio, 2006). In alcune culture,
come quella spagnola, per indicare la condizione di lavoro as-
segnata a schiavi e prigionieri veniva utilizzato il termine trabajo
(Cifiello, 2004; De Cesare, 2013), dal latino trapalium, termine
che designava uno strumento di tortura destinato agli schiavi che
non producevano abbastanza (De Cesare, 2013). Nel XIV secolo,
con l’avvento delle Signorie, si avviò un graduale cambiamento
della concezione del lavoro nell’immaginario collettivo: iniziò
a diffondersi un’idea di lavoro come attività dignitosa, adatta
anche ai benestanti, e orientata al raggiungimento di obiettivi
legati alla realizzazione di un bene o di un servizio (De Cesare,
2013; Guerreschi, 2005; Lavanco & Milio, 2006). Si arriva a una
radicale sovversione dell’antica rappresentazione sociale del la-
voro quando, con le successive trasformazioni, il lavoro perde
la sua valenza strumentale di mezzo puramente finalizzato alla
sussistenza dell’individuo. Oggi il lavoro rappresenta un mezzo
essenziale di integrazione e affermazione sociale, di riconosci-
mento di sé, di rafforzamento dell’autostima e assume un impor-
tante valore culturale; si può affermare che l’ingresso nel mondo
del lavoro rappresenti una sorta di rituale di passaggio all’età
adulta (De Cesare, 2013; Guerreschi, 2005; Lavanco & Milio,
2006; Maslach & Leiter, 2000; Reyneri, 2001). Il mercato del
lavoro oggi si configura come lo scenario in cui non si scambia
più solo la capacità lavorativa, ma l’intera personalità dell’indi-
viduo (Reyneri, 2011). Il lavoro concorre a definire la struttura
identitaria di ruolo, personale e sociale, del singolo. L’identità è
una componente individuale fortemente normativa, sia in senso

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INDICE

BURNOUT E DIPENDENZA DA LAVORO NELLE PROFESSIONI SANITARIE


PARTE PRIMA. IL WORKAHOLISM

etico che prescrittivo e descrittivo, e tutti i riferimenti normativi


che essa veicola hanno assunto significati differenti conseguen-
temente alle trasformazioni storico-sociali della rappresentazione
stessa del lavoro (Lavanco & Milio, 2006; Reyneri, 2011). Questa
nuova concezione del lavoro, collettivamente condivisa, ha por-
tato, negli ultimi anni, a riservargli sempre maggiori spazi (De
Cesare, 2013; Lavanco & Milio, 2006). Basti pensare a quanto
oggigiorno sia molto meno imbrigliato dalla dimensione spazio-
tempo che lo ha connotato fino solo a qualche decennio fa (si
pensi a quei lavori realizzabili presso la propria abitazione, op-
pure al lavoro a domicilio o al telelavoro, in cui il lavoro è senza
luogo o mobile) (Guerreschi, 2005; Lavanco & Milio, 2006; Lo
Verde, 2005; Van Beek, Hu, Schaufeli, Taris, & Schreurs, 2012).
La rottura dei confini spaziali e temporali entro i quali il lavoro si
collocava, che potrebbe far pensare a una maggiore autonomia
gestionale della propria professione, paradossalmente costringe
il lavoratore a ritmi pressanti che, spinti all’accesso, generano
ricadute negative sulla sua salute psicofisica e sulla sua vita psi-
cosociale (De Cesare, 2013; Lavanco & Milio, 2006, Van Beek
et al., 2012).
Prima degli anni Settanta chi oggi verrebbe etichettato come
workaholic sarebbe stato comunemente definito stacanovista. La
società raramente considerava un lavoratore stacanovista come
un soggetto patologico, anzi, il lavoratore particolarmente zelan-
te veniva ammirato e lodato per il suo spiccato senso del dovere
(Saporiti, 2011).
Molti comportamenti leciti, condivisi e socialmente apprez-
zati possono, se portati all’eccesso, trasformarsi in vere e proprie
dipendenze (Corbelli, 2012; Guerreschi, 2005; Lucchini & Cice-
rone, 2011). Negli ultimi anni si è assistito al diffondersi di nuo-
ve forme di dipendenza comportamentale, note con il termine
di new addiction (o nuove dipendenze), così definite per due motivi:
la totale assenza di sostanze psicoattive assunte dalla persona e
il fatto che il comportamento abusante non rappresenta un’at-
tività illegale, ma l’esaltazione di un’attività quotidiana diffusa,
lecita e socialmente apprezzata, che cessa di assolvere al suo ruolo

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INDICE

BURNOUT E DIPENDENZA DA LAVORO NELLE PROFESSIONI SANITARIE


PARTE PRIMA. IL WORKAHOLISM

sociale e finisce per dominare l’individuo (Corbelli, 2012; De


Carlo, Falco & Capozza, 2013; Guerreschi, 2005; Lavanco & Mi-
lio, 2006; Lucchini & Cicerone, 2011). È il caso del workaholism,
o work addiction, per l’appunto, che si configura a tutti gli effetti
come una new addiction, perché non necessita dell’assunzione
di sostanze psicotrope per innescare il meccanismo della dipen-
denza e perché ha come oggetto di dipendenza un’attività lecita,
il lavoro, appunto, che è parte integrante della vita quotidiana
dell’individuo (De Carlo et al., 2013; Guerreschi, 2005; Lavanco
& Milio, 2006; Lucchini & Cicerone, 2011). Come tutte le altre
forme di dipendenza, il workaholism presenta i tipici fenomeni
dei comportamenti additivi: l’abuso, il craving, l’assuefazione e
l’astinenza (Corbelli, 2012; Guerreschi, 2005; Lavanco & Mi-
lio, 2006). L’individuo workaholic, infatti, avverte l’esasperante
e ossessivo bisogno di investire tutto il suo tempo nel lavoro, ri-
nunciando a qualsiasi altra attività, con delle ovvie ripercussioni
sul suo intero funzionamento, procurandosi una condizione di
malessere che si estende al più ampio contesto di appartenenza,
dalla famiglia all’ambiente lavorativo (Guerreschi, 2005; Lavan-
co & Milio, 2006; Lucchini & Cicerone, 2011).

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PARTE SECONDA

IL BURNOUT
INDICE

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

Sandrin (2004) definisce il comportamento prosociale come


quell’azione volta intenzionalmente ad aiutare un’altra persona.
La capacità di esercitare comportamenti di aiuto è, alle volte,
condizionata dalle aspettative di chi la opera. La vera empatia,
invece, è priva di indebite aspettative su ciò che noi pensiamo
che l’altro sia, dovrebbe essere o vorremmo che fosse ed esige il
dovuto rispetto di ciò che l’altra persona genuinamente è. A tal
proposito l’autore riporta una riflessione di Carl Rogers:
[…] una delle cose più difficili per me è stata quella di
prendermi cura di una persona per ciò che essa è, in quel
momento, all’interno del rapporto. È così facile curarsi degli
altri per ciò che io penso che siano, o vorrei che fossero […].
Sentire il mondo più intimo dei valori personali del cliente
come se fosse proprio, senza però mai perdere la qualità del
come se, è empatia (Sandrin, 2004, p. 24).
In altri termini, l’empatia è la capacità di sintonizzarsi cogni-
tivamente ed emotivamente con l’altro, di immedesimarsi in lui,
di partecipare ai suoi stati emotivi, senza mai perdere di vista sé
stessi.
Se manca un’attenta adesione emotiva alla sofferenza dell’al-
tro, la partecipazione empatica si trasforma in contagio emotivo.
Tale fenomeno corrisponde al totale coinvolgimento nell’espe-
rienza emotiva altrui, senza una chiara differenziazione tra sé
e l’altro (Ivi, p. 26). Questo è quanto tipicamente accade a chi

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INDICE

BURNOUT E DIPENDENZA DA LAVORO NELLE PROFESSIONI SANITARIE


PARTE SECONDA. IL BURNOUT

si dedica professionalmente ad assistere e ad aiutare le perso-


ne: medici, infermieri, operatori sociosanitari, fisioterapisti,
insegnanti, psicologi, psichiatri, poliziotti, vigili del fuoco, ecc.
(Sandrin, 2004; Santinello & Negrisolo, 2009). Questi profes-
sionisti, dopo una forte esperienza di immedesimazione nei vis-
suti emotivi altrui, attuano strategie difensive come la negazione
della sofferenza dell’assistito. L’operatore non è più in grado di
relazionarsi con l’altro in modo autenticamente empatico, vale
a dire differenziato e mediato, e questo determina il fallimento
della relazione d’aiuto. Infatti, la negazione conduce alla disuma-
nizzazione e all’oggettivazione dell’utente, il quale viene privato
della sua essenza come persona dotata di emozioni. I tentativi di
sottrarsi all’eccessivo coinvolgimento comportano il progressivo
abbandono dell’interesse per i bisogni del destinatario dell’a-
iuto. I comportamenti prosociali richiedono invece di mediare
cognitivamente la propria adesione emotiva, senza evitarla. Ciò
significa che, prima di esercitare qualsiasi azione di aiuto nei con-
fronti di un’altra persona, è necessario osservare attentamente e
interpretare in maniera accurata la situazione che l’altro sta vi-
vendo. Solo in questo modo sarà possibile capire le sue necessità
e fornire risposte puntuali al suo bisogno di aiuto. Per operare
scelte adeguate a implementare e sviluppare un efficace piano di
assistenza, la condivisione emotiva è importante, ma non deve
prendere il sopravvento sulla mediazione cognitiva (Sandrin,
2004). Il rischio che si corre è di lasciarsi completamente assorbi-
re dalle esigenze dell’altro, perdendo di vista i propri bisogni per-
sonali. L’atteggiamento di dedizione che contraddistingue l’ope-
ratore che svolge una professione d’aiuto non lo esime dal farsi
sopraffare dalle molteplici richieste degli assistiti. Quando l’ope-
ratore non presta la dovuta attenzione ai propri limiti psicofisici,
il coinvolgimento emotivo e motivazionale che quotidianamente
sperimenta può sfociare in una condizione di disadattamento
definita burnout. L’essere professionalmente disponibili a offrire
il proprio aiuto agli altri esige sia una costante cura alle necessità
altrui, sia una sana consapevolezza delle proprie esigenze. Solo
così è possibile limitare il rischio di sentirsi logorati dal continuo

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INDICE

BURNOUT E DIPENDENZA DA LAVORO NELLE PROFESSIONI SANITARIE


PARTE SECONDA. IL BURNOUT

impegno con gli utenti e prosciugati delle proprie energie fisiche


e mentali.
In realtà, il burnout non può essere considerato una sindrome
esclusiva delle professioni d’aiuto, quanto piuttosto un disagio
che può interessare qualsiasi operatore che non sia più in grado
di integrare le proprie istanze personali con quelle provenienti
dal contesto nel quale interviene (Baiocco, Crea, Laghi & Pro-
venzano, 2004; Maslach & Leiter, 2000).

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PARTE TERZA

IL BURNOUT E IL
WORKAHOLISM
NELLA PROFESSIONE
INFERMIERISTICA
INDICE

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

Tra i diversi professionisti sanitari, l’infermiere è colui che


passa più tempo a contatto con i pazienti e i loro familiari, a
volte in condizioni di particolare disagio e precarietà (Baiocco
et al., 2004; Crocetti et al., 2012; Sandrin, 2004; Schaufeli et al.,
2009). La presa in carico dell’assistito comporta per l’operatore
un intervento che coinvolge l’intero sistema di vita del malato, a
livello relazionale, affettivo e sociale. Il rapporto interpersonale
che si stabilisce tra infermiere e paziente si configura come una
relazione di aiuto, cioè un incontro tra due persone in cui una
delle due, l’infermiere, deve fornire il sostegno e gli stimoli ne-
cessari affinché l’altra, l’assistito, riesca ad affrontare in maniera
più serena e matura possibile una situazione che causa disagio e
sofferenza. La relazione tra infermiere e paziente deve tendere a
creare un’alleanza terapeutica, cioè favorire l’accettazione delle
cure prescritte ed essere rassicurante ma mai illusoria; in essa
l’infermiere deve sapersi sintonizzare con i bisogni del paziente
e accoglierne con amorevolezza le paure (Crocetti, et al., 2012;
Sandrin, 2004). Nella relazione di aiuto è il curante il farmaco
principale, che trova la propria forza terapeutica nella relazione
stessa (Sandrin, 2004). Elementi imprescindibili di una sana re-
lazione d’aiuto che sia autenticamente terapeutica sono la fidu-
cia, l’ascolto empatico, il rispetto, la collaborazione e la costante
attenzione per l’interezza esperienziale dell’assistito. La capacità
empatica che permette all’infermiere di entrare in sintonia con i
vissuti del paziente fa sì che la relazione tra i due possa divenire

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INDICE

BURNOUT E DIPENDENZA DA LAVORO NELLE PROFESSIONI SANITARIE


PARTE TERZA. IL BURNOUT E IL WORKAHOLISM NELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA

un’esperienza emozionale correttiva e contenitiva. Attraverso il


confronto con l’infermiere, l’assistito è in grado sia di riconosce-
re i propri stati emotivi e di riflettere su di essi, sia di acquisire
strategie di difesa più mature per gestire la sofferenza. Esercitan-
do la propria capacità empatica, l’infermiere si avvicina al pazien-
te senza essere intrusivo, si immedesima in lui pur conservando
la propria individualità e si protegge da eventuali tentativi di
proiezione da parte dell’utente (Crocetti, et al., 2012; Sandrin,
2004). Ogni paziente porta nella relazione con il curante non
solo la storia della sua malattia, ma anche i suoi vissuti personali,
la sua cultura, i suoi valori, e ogni infermiere viene coinvolto
nella stessa relazione non solo in quanto professionista sanitario,
che si avvicina al malato con lo sguardo oggettivante della scien-
za medica, ma anche come individuo avente il proprio bagaglio
esperienziale, le proprie emozioni, le proprie insicurezze. Il ruolo
di infermiere richiede la capacità di saper stare accanto al pazien-
te, parlare con lui, ascoltarlo, capirne la sofferenza e contenerla.
La capacità di cogliere la dimensione simbolica della consapevo-
lezza della malattia comporta la messa in discussione del proprio
ruolo di curante. All’interno di questa dinamica, il compito più
delicato e impegnativo che l’infermiere deve assolvere riguarda il
confronto con le proprie emozioni e le proprie paure (paura di
essere impotente davanti alla malattia, paura di sbagliare, paura
di perdere la giusta distanza emotiva). Prestare attenzione ai pro-
pri sentimenti rappresenta la premessa irrinunciabile per realiz-
zare un contesto interattivo accogliente che permetta al paziente
di sentirsi sufficientemente a proprio agio per raccontare la sua
storia, esprimere i suoi dubbi ed esternare le sue angosce (Cro-
cetti, et al., 2012; Sandrin, 2004). Un aspetto implicato nella
relazione tra infermiere e paziente è rappresentato dalla qualità
e dal tipo di comunicazione che si stabilisce tra i due: quanto,
relativamente alla propria condizione di salute, il paziente vuole
davvero sapere e può tollerare di conoscere? Alle volte i pazienti
esprimono la volontà di non essere informati circa il reale stato
di salute in cui versano e il loro bisogno va compreso e rispettato;
altre volte preferiscono sapere e il loro desiderio va cautamente

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INDICE

BURNOUT E DIPENDENZA DA LAVORO NELLE PROFESSIONI SANITARIE


PARTE TERZA. IL BURNOUT E IL WORKAHOLISM NELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA

verificato attraverso l’ascolto empatico. Non è raro che il pazien-


te, ancora impreparato, viva la verità circa il suo stato di salute
come un tradimento o che i parenti scarichino le loro angosce
sugli infermieri, considerandoli responsabili della sofferenza del
proprio caro (Crocetti, et al., 2012; Sandrin, 2004). È in situazio-
ni come queste che l’infermiere deve impegnarsi a mantenere il
rapporto sui binari dell’empatia, sentire cioè il patimento, la rab-
bia e il sentimento di ingiustizia dell’altro come se fossero propri,
senza perdere mai di vista il come se (Sandrin, 2004).

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PARTE QUARTA

AUTOVALUTAZIONE
INDICE

BURNOUT E DIPENDENZA DA LAVORO NELLE PROFESSIONI SANITARIE


PARTE QUARTA. AUTOVALUTAZIONE

Proponiamo, su gentile concessione degli autori, due questio-


nari di autovalutazione: il Work Addiction Risk Test di Bryan E.
Robinson (2014) 11, che misura il livello di dipendenza da lavoro,
e il Burnout Potential Inventory di Beverly A. Potter (1980, 1993,
1998, 2005), che misura il rischio di burnout.
Precisiamo che i test, sebbene intuitivamente utili, non pos-
siedono alcuna funzione diagnostica. Invitiamo pertanto i let-
tori a interpretare i risultati con il buon senso e a prendere in
considerazione eventuali eventi recenti che potrebbero avere
un’influenza sul proprio stato d’animo nel momento in cui si
risponde al test.

SOFFRI DI DIPENDENZA DA LAVORO?

Puoi verificarlo grazie al Work Addiction Risk Test tratto dal


libro From Chained to the Desk dello psicologo Bryan E. Robinson
(2014), su gentile concessione dell’autore.

Indica il tuo grado di accordo o disaccordo con le affermazio-


ni sottoelencate, scegliendo il numero che meglio descrive come
ti senti riguardo ad esse:
(1) non è vero (2) qualche volta è vero
(3) spesso è vero (4) è sempre vero

1. Preferisco fare tante cose personalmente piuttosto che chiede-


re aiuto agli altri.
(1) (2) (3) (4)

2. Divento impaziente quando devo aspettare qualcuno o quan-


do qualcosa mi prende troppo tempo.
(1) (2) (3) (4)

Bryan E. Robinson, From Chained to the Desk, New York: New York University
11

Press, 2014. Used with permission of the author.

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INDICE

SEI A RISCHIO BURNOUT?

Scoprilo attraverso il Burnout Potential Inventory, tratto dal li-


bro Overcoming Job Burnout: How To Renew Enthusiasm for Work di
Beverly A. Potter (1980, 1993, 1998, 2005)12, su gentile conces-
sione dell’autrice.

Quanto spesso riscontri queste situazioni sul lavoro? Usa la


scala sottostante per valutare la frequenza con cui sei coinvolto
in ciascuna situazione descritta. Quando hai finito, somma i tuoi
punti.

(Raramente) 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 (Costantemente)

Impotenza
__ 1. Non riesco a risolvere i problemi assegnati a me.
__ 2. Sono intrappolato nel mio lavoro senza opzioni.
__ 3. Non riesco a influenzare le decisioni che mi riguardano.
__ 4. Potrei essere licenziato e non c’è niente che io possa fare.

12 Copyright 1980, 1993, 1998, 2005: Beverly. A. Potter. From Overcoming Job
Burnout: How to Renew Enthusiasm for Work, by permission of Beverly Potter.
This quiz may be copied for personal use; any other use requires written permis-
sion. All rights reserved. http://www.docpotter.com

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