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Ringrazio Anna Sconza per avermi invitata a tenere questa lezione che
mi ha dato la possibilit di essere qui a Parigi in una sede tanto prestigiosa.
Ma la ringrazio anche per avermi dato la possibilit di tornare a parlare di
Leonardo dopo un periodo di silenzio, dovuto a studi che sono andati in
altre direzioni1. Ma pur vero che quando si entra nellopera di Leonardo
(che non a caso stata spesso paragonata a un labirinto) non se ne esce pi;
e anche quando si allenta il contatto come successo a me, la fascinazione
resta e si sa che prima o poi rientreremo da qualche porta.
Dicevamo che il labirinto unimmagine ricorrente per designare
lopera leonardiana, unimmagine che si giustifica immediatamente
pensando alla mole di manoscritti superstiti, dove si depositano testi
appartenenti ai generi pi diversi e dove i vari gradi di elaborazione formale
non arrivano mai a configurare uno stato di compiutezza. Questi caratteri
di eterogeneit e di frammentariet rendono assolutamente unica lopera
1
Per uno studio pi approfondito della lingua di Leonardo si veda P. Manni, Percorsi nella
lingua di Leonardo: grafie, forme, parole, XLVIII Lettura vinciana, 12 aprile 2008,
Firenze, Giunti, 2008.
P. MANNI
Questa unica immensa opera, che in ultima analisi trova la sua misura
ideale nella singola carta, ha due colonne portanti: la lingua e il disegno. E
qui si viene a toccare un altro carattere costitutivo della testualit
leonardiana che dobbiamo subito ricordare: il rapporto imprescindibile fra
testo verbale e disegno; un rapporto di reciproca interazione, una simbiosi
che davvero essenziale. Sappiamo del resto che pi volte, soprattutto nelle
trattazioni di argomento pi tecnico, il disegno costituisce il punto centrale
dellesposizione e il testo verbale funzionale a spiegare quanto limmagine
rappresenta. E a proposito del binomio che unisce testo e disegno e della
funzione preminente che spetta al disegno, Leonardo stesso, in una delle
fitte annotazioni che accompagnano i disegni anatomici conservati nei fogli
della Royal Library di Windsor (foglio 19013v), ci ha lasciato
unilluminante dichiarazione che rileggeremo:
E tu che vogli con parole dimostrare la figura dellomo con tutti li aspetti
della sua membrificazione, removi da te tale opinione, perch quanto pi
minutamente descriverai, tanto pi confonderai la mente del lettore e pi lo
removerai dalla cognizione della cosa descritta. Adunque necessario
figurare e descrivere.
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con dei fori sul fondo, vi si mette prima uno strato di rena molle che fa
tenuta, poi uno strato di rena asciutta, quindi uno strato di stagno fuso;
quando la rena molle si asciuga, esce dai fori insieme al resto della rena e
sul fondo della cassetta resta la lamina di stagno:
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quanto sar lungha la detta corda. Fa cos. Die: per che 50 braccia alta
la torre, si multiplica 50 via 50, fanno 2500. Et per che 30 braccia alto
il fosso, sie multiplica 30 via 30, fanno 900. Et giungi insieme 2500 e
900, sono 3400. Ora truova radice di 3400, la quale 58 et 9/29. Et tanto
vuole essere lunga la fune chagiunga dallorlo del fosso infino in cima
alla torre, cio braccia 58 et 9/29 di di braccio. Et fatta.2
2
Dal Codice Riccardiano 2236, carte 38v 39r : Jacopo da Firenze, Tractatus algorismi,
trascrizione A. Simi, Dipartimento di Matematica dellUniversit di Siena, 1995 Rapporto
Matematico n 287.
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Si tratta della carta 116r del primo codice di Madrid (8937 della Biblioteca
Nacional di Madrid). Questo codice stato composto nel periodo milanese
inoltrato ed attribuito agli ultimi anni del Quattrocento (presumibilmente
gli anni 1493-1497). Siamo quindi negli anni della piena maturit dello
scienziato e siamo anche di fronte a un testo che documenta uno stadio di
elaborazione formale fra i pi avanzati che si possano avere. Infatti le carte
del codice di Madrid ci restituiscono la fase pi avanzata di un libro
dedicato agli elementi machinali. Questi caratteri risultano evidenti anche
dallimpostazione della carta presa in esame, che tratta come si legge nel
titolo posto allinizio dei denti e llor diritture, ovvero del profilo dei denti
delle ruote in funzione del loro accoppiamento. Argomento quanto mai
arduo, che Leonardo affronta alla luce di un rigore teorico che mai prima si
era avuto. Dopo il titolo, si succedono una serie ordinata di annotazioni
(sette in tutto), due delle quali, al centro, sono affiancate da disegni di
grande raffinatezza. E anche la lingua, nella ricerca di un consapevole
intento comunicativo, ispirata ad un controllo superiore a quello che si ha
solitamente nei testi vinciani.
Prendiamo due di queste annotazioni, la terza e la sesta, che sono
sufficienti a darci unimmagine significativa del tenore linguistico. Esse
bastano a farci percepire come la lingua, mantenendosi fedele alle strutture
del fiorentino tardoquattrocentesco, abbia acquisito una notevole sicurezza e
una notevole capacit argomentativa. Nella lettura si tenga fin da ora conto
che con crenna si indica lincavo che c fra i denti di una ruota dentata, e
con charello si indica la minore delle due ruote dentate che compongono un
ingranaggio:
Quando il chontatto fatto dal meo della fronte del dente chol meo
della chonchavit della crenna che 'l ricieve sar fatto sulla propria linia
che ss'astende infra 'l cientro del charello e della rota, allora i lati di tal
dente no debbono ess(er)e tochi in nessuna parte dalli oppositi denti che
'l rinchiudano, ov(er) dai lati della crenna che llo ricieve.
[]
Tu, il quale desideri i moti p(er) via di rote dentate, sappi che inani che
hentri in tal /ci/cime(n)tatione, ti bisognia prima bene, ani
perfettame(n)te, sap(er)e achonpagniare la dentatura della rota cholla
de(n)tatura del suo charello, altreme(n)ti la tua faticha h vana.
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testi. Propriamente il termine crenna non ha, almeno allo stato attuale delle
conoscenze, attestazioni precedenti a Leonardo, ma lo ritroviamo poco dopo
nel commento del milanese Cesare Cesariano alla traduzione del De
Architettura di Vitruvio, uscita a Como nel 1521: un commento che nello
sforzo di spiegare i termini latini vitruviani crea continui riferimenti alla
lingua delle botteghe e dei cantieri lombardi. E pi tardi compare nel
Prodromo del bresciano Francesco Lana, uscito a Brescia nel 1670 (siamo
sempre quindi in area lombarda). Resta invece privo di riscontri carello nel
senso leonardiano di ruota minore di un ingranaggio (nessun dizionario
storico o altro repertorio ce ne d attestazione). E qui cogliamo loccasione
per segnalare come pi volte la terminologia leonardiana non trovi adeguato
riscontro nei dizionari storici, che come si sa hanno unimpostazione
prevalente letteraria. Per ricostruire il retroterra dei termini leonardiani e
capirne la provenienza spesso occorre fare indagini pi ampie, pi
approfondite nellambito di una documentazione che sfuggita alla
lessicografia tradizionale.
comprensibile come la componente dotta, in un settore
eminentemente pratico come quello delle macchine, sia assolutamente
minoritaria; eppure se ne dovr cogliere la presenza anche nella misura
brevissima della nostra annotazione attraverso la forma contatto. Oggi
contatto una voce comunissima, ma quando, Leonardo parla di chontatto
fatto dal meo della fronte del dente chol meo della chonchavit della
crenna, usa un termine che allepoca era raro, un puro latinismo che viene
investito da un significato squisitamente tecnico.
Come avrete capito anche da questi pochi esempi, la terminologia
tecnica leonardiana costituisce un campo quanto mai vasto, problematico, e
ancora in gran parte da indagare. tuttavia doveroso che, a conclusione di
questa relazione, ricordi quanto stato fatto negli ultimi anni per lo studio
della lingua leonardiana sotto questo aspetto. Mi riferisco in particolare
alliniziativa del Glossario leonardiano, meritoriamente ideata da Romano
Nanni nellambito dellarchivio e-Leo, che si poi realizzata anche in
forma cartacea nei due volumi fin qui editi, presso leditore Olschki di
Firenze: un volume uscito nel 2012 dedicato alla meccanica, curato da me e
da Marco Biffi; e un volume uscito nel 2013 dedicato alla scienza dellottica
e della prospettiva nei codici di Francia, curato da Margherita Quaglino.
Altri volumi sono in preparazione Il modo con cui stato compilato il
Glossario, e i criteri con cui stata organizzata la scheda-tipo, si possono
vedere attraverso la scheda riprodotta relativa alla voce rocchetta:
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Vite retrosa h detta quella, della quale le sue volte comi(n)ciano al meo
della sua lungea e da esso meo hequalmente si partano e poi finisscano
alli oppositi sstremi d'essa vite (58r).
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Universit di Firenze
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