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Capitolo II

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Capitolo II
Capitolo II

LINCONTRO CON ITALO CALVINO: UNA TRANSAZIONE.


LA GENESI DI UN RE IN ASCOLTO

2.1 LA STORIA DI UNA TRILOGIA COME STORIA DEL COMPORRE

Il primo incontro tra Luciano Berio e Italo Calvino (1923-1985) risale al 1958: i due liguri si incontrano a
San Remo quando stanno lavorando al racconto mimico Allez-hop. La collaborazione si rinnova con La vera
storia e poi con Un re in ascolto. Ricordandoci un po Wagner e Verdi, nellarco di poco meno di trentanni,
anche Berio sforna una sua trilogia come prodotto del fortunato rapporto del musicista con lo scrittore,
come corpus dove confluiscono due mentalit, due musicalit, due sensibilit, in definitiva due modi di
intendere il lavoro intellettuale come lavoro eminentemente pratico. Una ricerca comune, seppure partita da
premesse differenti, ci che lega Berio e Calvino.
Una testimonianza di questa transazione larticolo di Luciano Berio La musicalit di Calvino (1988) [1] quale
suo intervento al Convegno su Italo Calvino tenutosi a San Remo il 28 Novembre 1986.
Allinizio del brano Berio sottolinea proprio la diversit di partenza e di intendere il lavoro comune, una
diversit che talvolta risiede solo nella forma (La vera storia) o anche nella sostanza (Un re in ascolto).
Questa dissonanza, responsabile della mancata convergenza finale nel lavoro ultimato, consiste
nellintendere il mestiere del librettista Calvino secondo le due prospettive disciplinari della letteratura e
della musica, due ambiti che, per quanto possano condividere ampi spazi immaginativi e non, mantengono le
loro irriducibili differenze. Come dire che le parole non sono le note o i suoni in generale.
Una delle ragioni della mancata convergenza il fatto che Calvino

tendeva ad ancorarsi a una storia e a svilupparne un percorso narrativo che entrava irrimediabilmente e
spesso drammaticamente in conflitto con quello che invece sottintendevo io: cio un percorso e uno
sviluppo musicale che poco avevano a che fare con la narrativit.

Una divergenza riguardante la natura della scrittura, ma anche la natura della musica per il fatto che
entrambe, nel loro essere autonome, possiedono un grado di complessit e pari dignit. Diversamente stanno
le cose quando esse entrano in un progetto musicale e la storia del loro rapporto la storia della musica. Senza
sconfinare in una digressione storica, qui si pu dire che i problemi che dividono Berio e Calvino non sono
altro che il modo di intendere la drammaturgia musicale e il senso dellopera. Laddove, ad esempio, in un
racconto il percorso narrativo risulta costitutivo per la sua riuscita, nella musica non si pu dire la stessa cosa
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poich questa non risponde alle leggi del linguaggio comune, alla causalit o alla consecutio temporum. Nel
teatro musicale la musica ad essere dominante, la musica ad avere il sopravvento. In questo potere Berio
ravvisa la sua posizione privilegiata di musicista che non piace a Calvino e che impediva a questultimo

di riconoscersi completamente nel risultato finale,

ma che fa concludere Berio dicendo

Il nostro, in fondo, era un rapporto dialettico e, come tutti sanno, la dialettica comporta sacrifici e rigore.

La parola chiave che rende possibile una mediazione dialettica: interessante che Berio utilizzi proprio
questo termine, poich etimologicamente, esso ha a che fare con lattraversamento di campi, in fin dei conti
con il passaggio di una cosa ad unaltra cosa, unidea molto cara al comporre di Luciano Berio.
Proprio un processo di tipo dialettico rende possibile che lintreccio tra musica e letteratura si realizzi,
seppure in modi potenzialmente infiniti. Il principio beriano secondo il quale

in ogni musica vocale c lio di uno scrittore che si affianca e si compenetra allio di un musicista,

rende il nuovo prodotto musicale qualcosa di organico e di complesso che, quanto pi lontano dai livelli
realistici del testo, tanto pi ha un grande spessore espressivo. Questo processo, per Berio squisitamente
musicale, ci che spaventa Calvino, una modalit di linguaggio che rinuncia alla forma razionale del
discorso e che fa dire al compositore

Italo era intimidito dalla musica. Non era molto musicale, andava raramente ai concerti, era stonato e la
musica suscitava in lui un po di interesse solo quando cerano parole da capire.

Ma proprio la a-musicalit di Calvino il tratto che affascina Berio, poich lascia la possibilit, cosa di non
poco conto, di trovare la musicalit laddove essa non si esterna direttamente: proprio il non musicale capace
di generare musicalit. Ci diviene possibile se teniamo fermo lassunto beriano di poter prendere qualcosa e
farne qualcosaltro, di pensare che non esiste un luogo poetico o daltro tipo depositario di musicalit: ci che
importa il lavoro, il processo che informa luso dei materiali. Il lavorarci sopra il segreto, non la materia
grezza presa di per se.
Proprio la lontananza di Calvino dalla musica per Berio motivo di fascino:

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Lavorando, musicalmente, su diversi livelli di comprensibilit del testo e sulla possibilit di istituire un
rapporto sempre mutevole fra una stessa dimensione poetica ed acustica di un testo e un processo musicale
generatore di significati sempre diversi spesso decisiva la possibilit di poter contare su un testo privo di
intenzioni musicali. Ho una speciale avversione per i testi musicali. Mi attraggono invece i testi che
vengono da lontano, da regioni non musicali, e che diventano musica attraverso un lungo e complesso
percorso: un po come quando unesperienza empirica approda su una spiaggia scientifica.

Parole non musicali impiegate per creare musica. Ma se possibile costruire la musica con un materiale
apparentemente non idoneo, da qualche altra parte risiede questa possibilit: risiede nella natura interna dei
processi letterari scientifici di Calvino, nella capacit dello scrittore di assemblare molteplici livelli di
realt come fossero le pietre di

una architettura musicale: come una costruzione di frammenti internamente partecipi di un processo
musicale in continua trasformazione.

Proprio questa natura processuale musicale di Calvino, questa non-musicalit, dice Berio

mi ha aiutato a tenere i piedi per terra nellesperienza della comunicazione verbale attraverso la musica e
della comunicazione musicale attraverso la parola.

La musica e la parola rimescolano le loro carte secondo un processo combinatorio per il quale il musicale
qualcosa che non appartiene soltanto alla musica, come la parola non appartiene soltanto alla letteratura, ma
ognuna, con le proprie peculiarit, pu appropriarsi del modo di pensare dellaltra in un reciproco scambio. E
cos la dimensione comunicativa della parola pu essere filtrata dalla musica e la dimensione musicale a sua
volta passa attraverso la parola.
Ci detto, si capisce perch lopera di Calvino

, in effetti, una delle pi musicali nella letteratura di questo secolo.

Sta tutto nei processi. Se davvero cos, si pu dire che pensiamo con lorecchio? Oppure che lorecchio, la
musica che ascoltiamo, a livello inconsapevole, ci trasmette qualcosa che poi trasferiamo in altri ambiti, ad
esempio nella composizione di opere letterarie? Esiste davvero un pensare musicalmente in un ambito che
non sia strettamente musicale?
Per ci che riguarda Calvino, Berio ritiene che ci sia possibile, quando afferma:

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il tracciato labirintico del suo percorso narrativo e il suo universo poetico e concettuale sembrano
acquistare caratteri sempre pi musicali e possono esser anche letti come una progressiva sublimazione di
forme musicali: penso alle ellissi debussiane di Se una notte dinverno un viaggiatore e ai rapporti ternari
bachiani delle Variazioni Goldberg in Palomar.

Abbiamo una nuova definizione del comporre letterario: una progressiva sublimazione di forme musicali.
Ma a queste opere calviniane possiamo ancora aggiungere Le lezioni americane e Sotto il sole giaguaro, due
esempi insuperati non solo di sapiente scrittura musicale-letteraria, ma anche dellaltra natura della
letteratura, quella dellascolto.

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