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Professor Bizzarro

Le parole degli alberi


la nuova antica scienza della dendrotipografia

la biblioteca del Bizzarro


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Le parole degli alberi - 1a edizione - giugno 2012


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Indice
Avvertenza....................................................................4 I. Lera della comunicazione.......................................... 5 II. Alberi e alieni...............................................................12 III. La scrittura degli alberi.............................................. 18 IV. Lettere e parole..........................................................26 V. Altri alfabeti: i miei alfabeti....................................... 31 VI. Altri alfabeti: gli alfabeti degli altri.......................... 38 VII. Tanti alberi, un solo albero....................................... 45 VIII. Alcune regole, tra pratica e filosofia........................ 49 IX. Come fotografare...................................................... 52 X. Figura, sfondo, contorno........................................... 54 XI. Simmetrie.................................................................. 56 XII. Fisiologia degli alberi................................................. 58 XIII. Un mestiere senza tempo: il dendrotipografo........64 XIV. Una ricerca senza fine............................................... 65 XV. Dendrotipografia e alchimia..................................... 67 XVI. Oltre la dendrotipografia: la dendrolinguistica.......73 Epilogo.........................................................................79 Avvertenza finale........................................................81 Appendice - Come realizzare un collage digitale...82
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Avvertenza
In questo libro si parla di dendrotipografia, non di dendrotipografia. La differenza sembra piccola, una piccola r cerchiata in alto a destra. Scrivo questo perch noto in vari campi, dal mondo della psicologia a quello della medicina alternativa, dai corsi manageriali alle pi bieche discipline New Age un proliferare di tecniche dai nomi particolarmente originali ed evocativi sul tipo di stare meglio o parlare con gli altri. Cos anche per alcuni prodotti industriali che troviamo nei supermercati: pasta e fagioli, cibo sano, acqua pura (questultimo marchio esiste veramente!). Risale al 2000 il folle e oltraggioso tentativo dellazienda statunitense RiceTec di brevettare il riso basmati indiano. Ma questo ancora niente rispetto alla pratica ormai diffusa di brevettare geni umani. Trovo grottesco e anche un po inquietante questo volersi appropriare, insieme con le parole, anche dei concetti che stanno dietro a cose assolutamente naturali e che dovrebbero essere libere. Gli elementi della dendrotipografia cortecce, alberi e boschi non si possono brevettare. Per questo la dendrotipografia non ha la , anche perch non lho inventata io. Io ne rappresento solo lo scopritore (o meglio, il riscopritore). Naturalmente se qualcuno riterr questo lavoro interessante mi far piacere che il mio nome sia citato. Buona lettura.

Professor Bizzarro
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I Lera della comunicazione


Leggiamo ovunque che ci troviamo nellera della comunicazione, e a ogni pi sospinto si sente dire non senza una buona dose di orgoglio e vanit che lessere umano si distingue dagli altri animali e da tutti gli altri esseri viventi proprio per la sua raffinatissima capacit di trasmettere ai propri simili i concetti e i pensieri che passano nella sua mente. Naturalmente, siccome apparteniamo alla specie dellHomo tecnologicus, questa trasmissione avviene in percentuale sempre maggiore tramite dispositivi che ci permettono di estendere le possibilit del nostro corpo biologico. Per questo motivo una considerevole parte delle risorse mondiali viene investita proprio nella comunicazione, attraverso la stampa e gli altri mass media. Cos pure per i singoli individui, che spendono molto del loro tempo e denaro per tenersi in contatto con gli altri e aggiornarsi su quanto avviene nel mondo, tramite Internet, cellulari e le mille altre protesi elettroniche delle quali ormai non possiamo fare a meno. Concediamo magari ai primati, ai delfini o perfino agli insetti sociali come api e formiche unelaborata capacit di trasmettere informazioni ai membri della propria specie, forse perfino alcuni stati danimo. Resta il fatto che sia lo studioso che luomo della strada considerano i linguaggi animali di rango inferiore. Nessuna scimmia ha mai scritto unopera teatrale, n un delfino una lettera damore, argomentano i sostenitori di questa scia di pensiero.
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Detto fra noi, ne siamo davvero certi? Chi ci dice che non sia mai esistito un Dante bonobo che abbia scritto una Divina Commedia allineando semi, foglie e gusci di frutti sul suolo della foresta, unopera poi caduta nelloblio, spazzata dalla prima pioggia tropicale o scompigliata durante una lotta con unaltra trib di primati? davvero segno di evoluzione superiore usare lo smartphone ultimo modello per dire Gina butta la pasta o scrivere un messaggino sul tipo tvb xk 6 la +! Cvd dp? risp :-D? Dov la grandezza del pensiero umano, la fantasia, loriginalit nella cultura delle grandi tirature, del copia e incolla, del remix? Qual il valore di una comunicazione che si misura al chilo o meglio, al kilobyte, come le patate? Naturalmente le mie solo delle provocazioni, ma penso che una riflessione su questi punti non guasti. In realt la natura, come ben sappiamo, ha inventato praticamente tutto quello che hanno inventato gli esseri umani, e per di pi battendoli clamorosamente sul tempo: cos per la radio, inventata miliardi di anni prima di Marconi dalle pulsar e da altri corpi celesti; lo stesso per la ruota, presente negli spermatozoi e in alcuni batteri come lEscherichia coli per la deambulazione; per non parlare delle armi, degli arnesi e dei mille altri strumenti che hanno preso forma di becchi, zampe, denti e quantaltro. Pure i vegetali si sono rivelati ricchi dinventiva, anche se pare che
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il batterio Escherichia coli, antico inventore della ruota

il motore nanometrico dellEscherichia Coli


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nemmeno loro abbiano scritto sonetti shakespeariani o saggi di filosofia. Ma ne siamo sicuri? Chi dice che nella disposizione delle sue foglie unedera non possa celare un trattato di astrofisica*, oppure che le margherite in un prato, apparentemente sparpagliate a caso, non vogliano raccontarci un poema epico? Ci sono e ci sono state uninfinit di civilt umane con una ricchissima cultura orale e che per vari motivi non hanno mai messo per iscritto i loro testi. Senza contare che una tecnica di comunicazione pu essere cos lontana dal nostro modo di pensare da non essere nemmeno individuata come tale: esistono ad esempio espressioni umane difficilmente classificabili, come i segnali di fumo dei pellerossa, le trame e i disegni colorati dei tessuti tradizionali, le danze sacre, le pitture rituali degli aborigeni, tutti linguaggi senza parole ma che possono veicolare contenuti anche complessi. Parlando di scrittura vera e propria, giusto per fare un esempio fra i tanti, non a tuttoggi chiaro se il famoso disco di Festo ritrovato sullisola di Creta *nota: Non escludo che prima o poi troveremo qualcosa del genere. Nelle migliaia di millenni della loro esistenza le edere avranno certo avuto occasione di guardare il cielo e di farsi unidea sulluniverso. Per il momento ho scoperto invece le loro capacit musicali, che sono di tutto rispetto. Ma ne parleremo a tempo e luogo.
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nel 1908 sia uniscrizione, un abbecedario, un gioco da tavolo o cosaltro. Quindi non solo la sua scrittura non stata decifrata, ma non sappiamo nemmeno se ci sia qualcosa da decifrare. Allo stesso modo risulta bizzarra la convinzione condivisa dalla

il disco di Festo rinvenuto a Creta. Ovvero un disco di creta (trasformata in terracotta) rinvenuto a Festo (sull'isola di Creta)
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maggior parte degli studiosi che un popolo come quello degli Incas non conoscesse la scrittura. possibile, certamente. Ma abbastanza improbabile: stiamo parlando di un popolo che ha lasciato testimonianze di una cultura vastissima e che aveva una societ strutturata e complessa. Il loro impero era enorme, e si estendeva per 4000 chilometri nella parte ovest dellAmerica

un quipu

il quipu fortunosamente trovato dalla studiosa italiana Clara Miccinelli


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Latina. Un territorio che comprendeva molte province e popolazioni diverse, ed difficile immaginare come si potesse gestirlo senza un qualche tipo di documento scritto. noto che gli Incas utilizzavano i cosiddetti quipu, degli oggetti costituiti da gruppi di cordicelle annodate, che per sono sempre stati classificati dagli studiosi come semplici ausili mnemonici e matematici, poco pi raffinati del classico nodo al fazzoletto. Nei musei di tutto il mondo ne sono attualmente conservati circa 700. stato solo in tempi recenti, per lesattezza nel 1984, che questi luoghi comuni sono stati messi in discussione, grazie al fortunato ritrovamento di un quipu dal contenuto letterario da parte della studiosa italiana Clara Miccinelli. Si trattava di parte del testo di unantica e ben nota canzone inca, Sumac Nusta (bella principessa), nel quale le sillabe che componevano le parole erano state rese tramite un particolare sistema di piccoli simboli realizzati in lana e di nodi. Tale quipu era corredato di relativa traduzione. Un ritrovamento pazzesco, anche se in un certo senso un po inutile, poich quello rinvenuto dalla Miccinelli a tuttoggi lunico quipu di questo genere conosciuto, lunico sopravvissuto ai malvagi e folli roghi distruttivi da parte dei conquistadores e dei religiosi sbarcati nel Nuovo Mondo. Per chi interessato alla vicenda, rimando al libro Quipu. Il nodo parlante dei misteriosi Incas, Clara Miccinelli e Carlo Animato, ECIG 1989.

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II Alberi e alieni
Alcuni studiosi dicono che la stessa ricerca di vita extraterrestre fra le sue difficolt include il fatto banale ma innegabile che siamo terrestri e ragioniamo da terrestri. Anche la definizione pi generica possibile di vita per noi sottintende delle strutture viventi basate sul carbonio, che nascono, si riproducono e muoiono, che hanno bisogno di acqua e di luce per vivere, organizzate in cellule, eccetera eccetera. Non ci rendiamo neanche conto di quanto siamo condizionati dai nostri preconcetti e da ci che gi conosciamo. Sono stati scoperte di recente delle forme di vita che fino a pochi anni fa non si pensava nemmeno potessero esistere: organismi estremi come il nematode Halicephalobus mephisto che vive a 3600 metri di profondit nel sottosuolo, il verme Alvinella pompejana che resiste a una temperatura di 105 gradi (la temperatura pi alta per un animale superiore) oppure ancora il batterio Deinococcus radiodurans che pu sopravvivere a una quantit di raggi gamma 1500 volte superiore a quella sufficiente a uccidere un essere umano. Negli anni 70 del secolo scorso sono stati scoperti degli ecosistemi particolarissimi sul fondo delloceano, che fioriscono attorno alle caldere sottomarine. Ambienti in teoria inospitali (totale assenza di luce, scarsit di ossigeno, temperature altissime) sono risultati brulicanti di vita animale. Alla base di tutta la catena alimentare ci sono le sostanze solforate contenute nelle esalazioni vulcaniche.

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il nematode a prova di bollitura Alvinella pompejana

una visuale del Rose Garden, al largo delle isole Galapagos


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il messaggio inviato nello spazio con il radiotelescopio di Arecibo. Contiene informazioni sul nostro pianeta, sul Dna, eccetera. Una Settimana Enigmistica per alieni.

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Cos, come ben sanno i ricercatori del progetto di indagine radioastronomica denominato SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence, ricerca di intelligenza extraterrestre), le stesse problematiche affliggono anche chi ascolta le onde radio provenienti dal cosmo in cerca di segnali di origine intelligente. Abbiamo esperienza solo delle nostre modalit di comunicazione, e ci aspettiamo che gli alieni si esprimano pi o meno come noi.

la placca mandata nello spazio con la sonda Pioneer 10

il disco dorato inviato con le sonde Voyager


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Per questo appaiono di uningenuit tremenda e fini a se stessi i messaggi per gli alieni mandati nello spazio, come la placca metallica inviata con la sonda Pioneer 10 (1972), il disco placcato doro con suoni e immagini della Terra messo a bordo delle sonde Voyager 1 e 2 (1977) o lastruso messaggio trasmesso dal radiotelescopio di Arecibo nel 1974 in direzione dellammasso stellare di Ercole. Magari delle forme di vita extraterrestre sono gi in contatto da lungo tempo con noi e ci parlano fittamente, solo che noi siamo sordi (o ciechi) ai loro segnali. Gli alieni potrebbero essere molto pi vicini di quanto non osino pensare gli scrittori di fantascienza pi arditi. La loro diffusione potrebbe essere discreta ma capillare, la loro presenza su questo pianeta potrebbe essere pacifica e tranquilla ma di pari importanza rispetto alla nostra. Forse ci siamo cos sottilmente abituati alla loro presenza da essercene assuefatti, proprio come avviene con molte delle cose che ci circondano. Diciamolo pure: siamo cos assuefatti alla magia del mondo attorno a noi che non la percepiamo pi. Gli alieni potrebbero essere diffusi nei viali, magari ci osservano in silenzio mentre siamo seduti a un tavolino allaperto sorseggiando un caff, oppure mentre passeggiamo immersi nei nostri pensieri. Immaginate degli esseri senza organi interni, privi di occhi e bocca, dotati di una gamba sola, con la capigliatura verde e il corpo di legno.
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In una parola, alberi. Noi crediamo di essere pi forti e intelligenti, noi gli alberi li tagliamo, li potiamo, li sfruttiamo per farne mobili, carta igienica e pianoforti, noi facciamo pi chiasso, abbiamo degli hobby, un titolo di studio e magari anche una coscienza politica. Ma questo non dice niente riguardo lo spessore delle nostre persone e della nostra civilt. Non difficile immaginare che la civilt degli alberi pu essere altrettanto se non pi avanzata della nostra. E se avanzata probabilmente comunica altrettanto bene.

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III La scrittura degli alberi


Non senza una punta di orgoglio tratter della mia scoperta, risalente al 2011, riguardante la scrittura segreta degli alberi. Che poi, come vedremo, cos segreta non . Sono tra le altre cose un appassionato di fotografia, un esploratore della citt, del bosco e dei luoghi suburbani, luoghi spesso inesplorati proprio perch troppo vicini a casa nostra. Un diffuso preconcetto ci porta infatti a pensare che le cose interessanti si trovino solo in luoghi esotici e lontani. Sono portato per mia natura a soffermarmi su quei particolari che sfuggono di solito a uno sguardo superficiale e frettoloso. Cos mi capita spesso di fotografare forme come volti, cuori, animali, figure antropomorfe nei luoghi pi impensabili: nelle nuvole, nelle macchie sui muri, sulla vernice scrostata di qualche casa abbandonata Il mio un hobby forse un po maniacale ed eccentrico, ma sicuramente innocuo.

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una pantera-fazzoletto

una nuvola-istrice

una pozzanghera a forma di Italia

una piccola collezione di cuori


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Tutto iniziato il 4 giugno del 2011. Era una bella mattina di sole e stavo camminando in un parco cittadino. Allimprovviso il mio sguardo cadde sulla lettera C che era incisa sulla corteccia di un albero. Ad un esame pi attento il tronco si rivel essere una vera e propria miniera di lettere dellalfabeto. Si trattato per me di una folgorazione, del mio ingresso in un nuovo mondo, o dellirruzione di un nuovo mondo nel mio. Un momento magico come il passaggio di Alice attraverso lo specchio.

lo storico tronco che stato linizio della dendrotipografia Lalbero, per la precisione, era un platano dello storico giardino pubblico De Tommasini di Trieste. Come vedremo poi, gli alberi pi comunicativi e che prenderemo in esame sono proprio i platani, una delle specie pi diffuse nellambiente urbano.
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No, non mi trovavo davanti allopera di un innamorato, di un tifoso di calcio o di qualche grafomane che aveva scambiato quel tronco per un bloc notes. Si trattava s di lettere incise, ma con troppa maestria, con troppa delicatezza e perfezione per essere opera di un vandalo o di un adolescente brufoloso e accecato dallamore.

la lettera C visibile al centro del tronco sopra citato E poi, osservando ancora pi attentamente, i caratteri alfabetici non erano il risultato di un intaglio, quanto piuttosto della rimozione di alcune scaglie di corteccia. Era stato cos messo a nudo lo sfondo pi chiaro del tronco, sul quale spiccavano delle aree pi scure, costituite dalla corteccia pi vecchia. Cerano dei segni, come delle cicatrici, che lasciavano presumere che le scaglie venissero rimosse periodicamente, probabilmente a scadenza
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annuale, e poi ricrescessero, pi o meno sempre uguali. Non occorreva essere Sherlock Holmes n Watson per dedurre di essere di fronte a un genuino caso di scrittura naturale.

lalfabeto di corteccia nella versione 2011


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Ricordo di uno che, sentendo della mia scoperta, mi aveva detto: ma non pensi che queste lettere possa averle incise qualcuno? Non lo penso proprio. Non certamente dopo aver constatato come in ogni angolo della citt vi fossero alberi finemente incisi nel modo suddetto fino a venti e passa metri di altezza. Qualcuno potrebbe dirmi che quelle lettere esistono soprattutto nella mia testa. In parole povere che sono matto. Lasciando perdere il patologico e restando sul fisiologico, c una dinamica mentale piuttosto nota per cui noi proiettiamo le nostre fantasie, le nostre esperienze e i nostri preconcetti sugli oggetti e sulle forme circostanti, quindi quello che noi percepiamo con il nostro cervello non qualcosa di obiettivo ma il frutto di un continuo lavoro di reinterpretazione del mondo esterno. In particolare questo avviene quando ci troviamo davanti a forme casuali e indistinte. cos che guardando una nuvoletta vediamo, che ne so, una ninfa sdraiata, oppure una macchia di umidit sul muro diventa un volto, che se siamo credenti potr essere quello di Cristo o della Madonna, altrimenti sar quello di nostra zia Caterina o di un conduttore televisivo. Questa caratteristica della nostra percezione viene utilizzata dagli psicologi nel cosiddetto test di Rorschach, dove si fanno interpretare
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allesaminando delle macchie dinchiostro dalla forma ambigua. Dallanalisi delle risposte il medico pu farsi unidea della personalit del paziente. Lo stesso meccanismo viene sfruttato per fini meno nobili dai pubblicitari, che talvolta celano allusioni sessuali allinterno di immagini apparentemente innocue, nella speranza di attirare pi clienti e aumentare le vendite. Mi rendo conto io stesso di subire gli effetti di questa propensione umana, e cos, oltre che lettere dellalfabeto, mi capita di vedere cuori, volti e altre forme un po ovunque. Ma a quanto mi risulta molte di queste forme le vede anche la mia macchina fotografica, che dovrebbe essere immune da inganni percettivi e illusioni ottiche. Forse dovrei portarla dallo psicanalista? Non so se sono un illuso, un fantasioso o un romantico, o tutte e tre le cose insieme, ma per me il fenomeno delle scritte sugli alberi, qualunque sia la sua origine, qualunque sia la sua spiegazione, ha una valenza particolare, un suo spessore, di cui lo spessore fisico della corteccia solo una minuscola frazione. Per spiegare lorigine delle incisioni qualcuno potrebbe ipotizzare lesistenza e in effetti lidea non cos inconcepibile di qualche strana confraternita di land-artisti che, sulla scia di coloro che realizzano i cerchi nel
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grano, si arrampichi con corde e scale sugli alberi e li incida nottetempo. Appassionati di ufologia potrebbero invece speculare di navi aliene munite di potenti e invisibili laser a infrarossi, in grado di lasciare segni indelebili sui tronchi. Cos gli extraterrestri potrebbero scrivere i loro messaggi per ammonire e guidare lumanit, o scarabocchiare gli alberi per puro divertimento nella pausa tra un viaggio intergalattico e laltro. I religiosi potrebbero pensare a un miracolo, alla manifestazione di un dio o di un suo inviato che inciderebbe con il sacro fuoco la parola divina sulla corteccia degli alberi, in attesa di essere trascritta e decifrata dagli esseri umani. Ipotesi affascinanti ma che peccano di mancanza di prove: lascio ai sostenitori di queste e altrettanto esotiche teorie lonere di trovarle.

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IV Lettere e parole
Come tutti ben sapranno vi sono due grandi famiglie di lingue: quelle fonetiche e quelle ideografiche. Gli alberi, perlomeno quelli da me studiati, utilizzano soprattutto la scrittura fonetica. Come dicevamo prima e come approfondiremo pi avanti, parliamo pi che altro di platani, che sono a quanto ne so una delle popolazioni arboree che ha sviluppato il sistema di scrittura pi strutturato e complesso nonch pi simile al nostro. Quelli italiani in particolare, che sono gli unici che per il momento ho potuto studiare, hanno adottato non si sa se per loro convenzione o per essere meglio intelligibili a noi abitanti di questo paese lalfabeto latino, ovvero quello che usiamo quotidianamente nei nostri scritti. Di preferenza gli alberi utilizzano lo stampatello, talvolta i caratteri tipo stampa, assai di rado il corsivo. Sono presenti anche i vari segni di interpunzione, come punti esclamativi e interrogativi, virgole e apostrofi. Le varie lettere dellalfabeto in un testo hanno una loro ricorrenza, che tipica e caratteristica di ogni lingua. In italiano le lettere pi frequenti in assoluto sono le vocali a, e, i, o, mentre le consonanti pi utilizzate sono l, n, r, s, t, c. Le pi rare sono invece q, z, b, f. Tali frequenze sono naturalmente approssimative, variando da uno studio allaltro, a seconda del genere e della quantit dei testi presi come
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campione. Nellalfabeto degli alberi, per quanto mi capitato di constatare finora, su un campione di circa 2000 scatti fotografici le lettere pi frequenti sono la y, la c, la l, la s, la t, mentre fra le pi rare troviamo la b, la k e la w, come avviene nellitaliano, ma anche lettere per noi molto pi comuni come la d e la p. Fino a qui abbiamo parlato di lettere, e il discorso abbastanza semplice. Per quanto riguarda la formazione delle parole la questione pi articolata e complessa. Ogni lingua ha le sue caratteristiche di scrittura: cos ad esempio in italiano e nelle lingue occidentali tracciamo i segni da sinistra verso destra; lingue semitiche come larabo e lebraico si scrivono da destra verso sinistra; il cinese, il giapponese e il coreano in colonne. Alcune lingue arcaiche venivano tracciate secondo un percorso bustrofedico (alla maniera di un carro trainato dai buoi), ovvero alternando riga dopo riga la scrittura da sinistra verso destra a quella inversa, come si pu vedere in alcune antiche iscrizioni fenicie, etrusche e latine. In questi casi spesso le lettere venivano disegnate in due varianti, speculari una rispetto allaltra, a seconda della direzione della riga. Per quanto riguarda le pagine, noi occidentali le scriviamo e le stampiamo in modo che per leggere un libro dallinizio alla fine dobbiamo aprirne le pagine verso sinistra, mentre i giapponesi fanno lopposto, come
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ben sanno gli appassionati di manga, i fumetti giapponesi, che vanno letti dallultima pagina alla prima. Gli antichi, che utilizzavano rotoli di pergamena e papiro, non avevano pagine e scrivevano cos una riga dietro laltra senza

iscrizione bustrofedica rinvenuta a Creta

frammento del Codex Sinaiticus, manoscritto greco datato attorno al 300-350 d.C e contenente lAntico e il Nuovo Testamento oltre ad altri testi cristiani. Non vi sono spazi tra le parole.
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soluzione di continuit. Unusanza che curiosamente ora ritornata in auge nei siti Internet, dove le pagine sono a scorrimento continuo e hanno una lunghezza virtualmente infinita. In passato perfino luso degli spazi era differente. Ad esempio in latino fino al VII-IX secolo circa le parole venivano tracciate una attaccata allaltra, come avviene ancora oggi con le lingue thailandese e khmer. Questo giusto per dire quanto possono essere varie e insolite le modalit di scrittura. raro trovare parole complete negli alberi: io ad esempio sono riuscito al massimo a trovare parole come voi, olio, io, ci e una serie di sillabe, sigle o parole monosillabiche dal significato per me ancora oscuro come ir, jo, mc, op, yiu. Ho trovato pure dei numeri, come 10, 13, 19, 30,

80, che nella mia ignoranza della lingua e della cultura delle popolazioni arboree non so a che cosa alludano. Forse ulteriori studi chiariranno meglio
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anche questaspetto, ma intanto abbiamo la prova che i platani utilizzano il sistema decimale ed hanno delle cognizioni matematiche di tutto rispetto.

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V Altri alfabeti: i miei alfabeti


Lalfabeto degli alberi che qui presento non il primo n lunico alfabeto naturale che ho scoperto. Il mio approccio verso le scritture non umane avvenuto verso la fine degli anni 90. Quella che ho chiamato la scrittura delle fate stata la mia prima illuminazione. Passeggiavo da solo in un bosco finch non vidi per terra delle scritte realizzate con rametti e pezzettini di foglie, al punto che mi fermai e mi misi a leggerle. Ero convinto che fossero passati dei ragazzi burloni e che si fossero divertiti a tracciare delle parole con i materiali del sottobosco, ed infatti mi sembrato anche di leggere una parolaccia. Camminando avanti continuai a vedere lettere e parole tracciate al suolo, finch realizzai che cera qualcosa che non quadrava. Quelle scritte ormai ne ero certo non erano opera di mano umana, le aveva realizzate il bosco stesso (o le fate, che pi o meno la stessa cosa). Non ho mai letto da nessuna parte di qualcosa del genere. Non ho ancora documentato bene il fenomeno, ma mi riprometto di farlo in futuro. Il primo alfabeto importante e completo stato invece quello di neve. Era un giorno di dicembre e mi trovavo nel Carso triestino, vicino allabitato di Basovizza. Stavo gironzolando per dei prati adibiti a foraggio che erano stati recentemente sfalciati. Qualche giorno prima era caduta la neve, e ora si stava lentamente sciogliendo. Si erano formate cos delle chiazze bianche sullerba.
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Chiazze che con una frequenza sorprendentemente elevata assumevano la forma di caratteri alfabetici.

l'alfabeto di neve
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Anche qui, come per le cortecce che ho scoperto un paio di anni dopo, i caratteri erano per lo pi dellalfabeto latino e quasi tutti in stampatello. Sono tornato due o tre volte nel prato e poche ore di scatti sul campo mi hanno permesso di raccogliere tutte le lettere dellalfabeto, nonch i numeri e i pi comuni segni di interpunzione. Un alfabeto che devo ancora completare quello fatto di nuvole. Non tutte le nuvole naturalmente sono portatrici di lettere: una tipologia interessante, fra le altre, sono i cosiddetti Cumulus fractus che si formano a bassa quota, creandosi e distruggendosi a velocit incredibile in vista dei temporali, e che assumono forme frastagliate ed insolite. La nembotipografia non esente da pericoli, come molte delle attivit

alcune nuvole "letterarie"


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che ci fanno astrarre dal mondo circostante. Si dice che Talete, filosofo e astronomo greco del VI secolo avanti Cristo, una volta cadde in un pozzo perch camminava guardando le stelle. Nonostante questo, Talete visse oltre i settantanni. Un nembotipografo che conosco molto bene ha rischiato varie volte di cessare la propria attivit molto prima, per aver attraversato le strisce zebrate con il naso allins in cerca delle lettere fra le nuvole. Lalfabeto di schiuma si forma invece sulla superficie del mare, in presenza di onde e di venti moderati, quando sul mare galleggia un po di schiuma, indifferente se di origine naturale oppure artificiale. A volte impressionante, capita di vedere intere distese di lettere dellalfabeto fluttuanti sul pelo dellacqua, come se un tipografo maldestro avesse rovesciato nellacqua la sua scatola di caratteri tipografici. Anche lo studio e la ricerca delle lettere di schiuma un mestiere, una scienza a s stante: la talassotipografia. A parte il respirare aria ricca di iodio

un mare di lettere dellalfabeto


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e il rischio di cadere in acqua, tale forma di ricerca tipografica sul campo ha un interessante effetto collaterale: la possibilit di fotografare en passant avvenenti bagnanti tra una lettera dellalfabeto e laltra. Giungendo agli alberi, sono diverse le loro tecniche di espressione e di scrittura. In primavera se andiamo sotto i pioppi (Populus alba, Populus nigra, ecc.) troveremo sparse a terra le loro infiorescenze a forma di vermiciattolo (amenti), che formano spesso lettere dellalfabeto. Fatto relativamente raro nellambito degli alfabeti naturali, talvolta i pioppi utilizzano anche il corsivo. Sono molti gli alberi che producono infiorescenze analoghe, come ad esempio il nocciolo, il faggio, il castagno unenorme variet di forme linguistiche ancora tutte da esplorare.

alcune lettere prodotte da infiorescenze cadute


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Un altro albero scrivano la robinia (Robinia pseudoacacia), i cui baccelli a terra formano delle semplici ma ben chiare lettere dellalfabeto.

lettere prodotte dai baccelli della robinia Un tipo di scrittura utilizzata praticamente da tutti gli alberi quella che possiamo scoprire osservando bene gli intrecci dei rami. Un bellissimo esempio lo possiamo trovare nellArboreal alphabet realizzato dal designer Takashi Kusui, che potete trovare nella sezione Gli alfabeti degli altri. Il platano con la sua corteccia, per quanto ne so, lalbero con lalfabeto pi chiaro e leggibile. In alcuni platani ho trovato persino dei tentativi
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di comunicazione in alfabeto Morse e Braille, attraverso sporgenze ben percepibili al tatto.

una corteccia di platano scritta in Braille. Alberi sensibili alle difficolt dei non vedenti.

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VI Altri alfabeti: gli alfabeti degli altri


Siccome di solito quando abbiamo unidea c sempre chi ci ha preceduto, ho cercato su Internet e sui libri notizie di qualcuno che avesse avuto la stessa idea. Un discreto numero di artisti e di designer si sono cimentati nel realizzare alfabeti con oggetti tratti dal mondo circostante: cos troviamo due artiste come Lisa Rienermann e Mathilde Nivet che hanno realizzato degli alfabeti mediante fotografie di edifici, la prima con il suo Type in the sky e la seconda con Patch Building; poi abbiamo Karin Von Ompteda, designer e disegnatrice di caratteri, che ha realizzato dei buffi alfabeti con materiali come le crepe del marciapiede (questo lha fatto pure il sottoscritto prof. Bizzarro) o la carne comprata dal macellaio; citeremo ancora il fotografo Abba Richman che ha composti vari alfabeti con oggetti trovati. Ma con la natura vera e propria sembra che abbiano lavorato in pochi. Il precedente pi illustre e anche discretamente famoso lo possiamo trovare nellalfabeto delle farfalle del fotografo e naturalista norvegese Kjell Sandved, che ha lavorato tra laltro al Museo Nazionale di Storia Naturale presso lo Smithsonian Institution a Washington, D.C. La sua idea geniale e originale stata quella di raccogliere nei suoi viaggi
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Lisa Rienermann, Type in the sky

un alfabeto realizzato con immagini satellitari tratte da Google Earth, pubblicato sul sito DeviantART da un utente di nome Nelde
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attorno al mondo migliaia di immagini di lettere dellalfabeto e numeri che trovava sulle ali delle farfalle. Gli alfabeti ottenuti sono stupefacenti per la loro bellezza e perfezione (sito di riferimento: www.butterflyalphabet.com). Non si sa se fare i complimenti alle farfalle, al loro creatore o al fotografo.

uno degli splendidi Butterfly alphabet realizzati da Kjell Sandved


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Un altro esempio di alfabeti monotematici tratti dal mondo della natura li ho trovati in alcuni splendidi lavori di Clotilde Olyff, designer e disegnatrice di caratteri tipografici, che ha realizzato degli alfabeti con ciottoli di fiume.

Pebble alphabet, di Clotilde Olyff

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Uno che ha fatto un ottimo lavoro con gli alberi il designer giapponese Takashi Kusui, con il suo Arboreal alphabet, un alfabeto composto fotografando i tronchi e i rami degli alberi.

lArboreal alphabet di Takashi Kusui Troviamo poi due altre artiste che hanno sviluppato il concetto di alfabeti naturali, ottenuti in questo caso da soggetti eterogenei, come fiori, foglie e altri particolari del mondo vegetale. La prima Laila Kujala, artista di origine finlandese e che lavora negli Stati Uniti.
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Unidea molto simile stata portata avanti da Erin McNally, che vive e lavora alle Hawaii.

uno degli alfabeti naturali realizzati dalla finlandese Laila Kujala


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un alfabeto realizzato da Erin McNally


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VII Tanti alberi, un solo albero


Nello studio della dendrotipografia va considerato un fatto, apparentemente fuori tema ma in realt del tutto pertinente al nostro discorso: lindividualit degli alberi. Per noi esseri umani lesistenza di un individuo come persona a s stante qualcosa di indiscutibile e imprescindibile (oltre che fertile terreno di egoismo ed egocentrismo). Da quando nasciamo e ci viene tagliato il cordone ombelicale esistiamo come persone separate dagli altri. Anche la nostra mente, soprattutto quella occidentale e moderna, vive in solitudine, isolata nella scatola cranica. I legami con gli altri ci sono, ma sono soprattutto virtuali, come nelle conoscenze e nelle relazioni, e sono in buona parte frutto dellapprendimento e delle convenzioni sociali pi che dellistinto. Per i nostri fratelli verdechiomati la situazione un po differente: probabilmente non sapremo mai come ci si sente davvero a essere un albero, tranne nel caso che dovessimo reincarnarci in uno di loro. Qualche idea possiamo provare a farcela analizzando la loro fisiologia. Sappiamo cos che possono riprodursi sia in maniera sessuata, quindi incrociandosi fra individui diversi (proprio come facciamo noi), sia secondo modalit non sessuate, come lautoimpollinazione della stessa pianta oppure lo sviluppo di propaggini sotterranee, che producono individui identici a quello originale, in parole povere dei cloni.

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Questo e vari altri indizi fanno presagire che lindividualismo negli alberi che pure da un certo punto di vista esiste sia da essi percepito in maniera meno spiccata, e che si trovino in una situazione vicina a quella dei bambini o delle popolazioni umane cosiddette selvagge. Per loro certamente qualcosa di spontaneo e immediato realizzare che tutti gli individui si rispecchiano nel singolo e il singolo in tutti gli altri. Anche laffermazione tutto uno, quasi scontata per un bambino o un folle, frutto di un lungo percorso per un saggio, per un albero qualcosa di evidente, come per noi dire che il sole giallo e il cielo azzurro. Nel mondo degli alberi i rapporti sono basati sullempatia, e raggiungono quellintensit che nella razza umana troviamo solo nel rapporto tra madre e figlio, negli amici per la pelle, negli innamorati. Gli alberi fra di loro sono quindi molto pi fratelli di noi, sia in senso biologico che in senso lato. Per questa ragione dal punto di vista morale e sociale le popolazioni arboree hanno sicuramente tanto da insegnarci. Sotto il livello del terreno le radici degli alberi formano una rete molto pi fitta, interconnessa ed efficiente delle nostre reti digitali, che veicola informazioni biochimiche e chiss cosaltro, rendendo plausibile lesistenza di una qualche sorta di coscienza o individualit diffusa nel mondo vegetale. In un albero, se lo osserviamo attentamente, possiamo vedere riflessi tutti gli altri alberi. Ci troviamo in mezzo al verde, ci guardiamo attorno e vediamo dieci, cento, mille alberi sparsi qua e l. Ragioniamo da umani, e non ci rendiamo
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conto che tutti quegli alberi in realt sono come i molti rami di un albero solo. Solo quando realizziamo questo riusciamo ad entrare davvero nello spirito del bosco. come vedere cinque dita che escono dalla superficie dellacqua o della sabbia: ci sembrano cinque dita separate, ma se la persona alza il braccio ci rendiamo conto che quelle dita fanno parte di ununica mano.

Hand in the sand (1982), scultura situata su una spiaggia in Uruguay, realizzata dallartista cileno Mario Irrazbal

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In realt anche noi esseri umani siamo come gli alberi di un bosco o le dita di una mano, solo che ci siamo dimenticati di far parte di un unico grande organismo, di essere le dita di una mano sola. Per questo, ritornando alla scrittura, ritengo non sia troppo peregrina la mia ipotesi che il linguaggio degli alberi potrebbe essere altrettanto delocalizzato e diffuso, quindi ogni tronco inciso potrebbe costituire un capitolo, un paragrafo, un frammento del mitico Grande Libro Arboreo che contiene tutte le conoscenze sul mondo da parte della civilt vegetale. Il problema che le pagine di questo Grande Libro sono tutte sparpagliate, come fossero finite in mezzo a un turbine. Questo potrebbe dare a pensare che il Grande Scrittore non sia affiancato da un altrettanto abile rilegatore Ma forse, ancora una volta, la nostra cecit, la nostra ignoranza, la nostra superficialit a farci vedere disordinato ci che non lo . Le lettere degli alberi ci sono, questo un dato di fatto, possiamo anche classificarle e fotografarle. Quello che ci manca una qualche sorta di stele di Rosetta che ci dia la chiave di lettura e il modo per unire fra loro i frammenti dellantica sapienza vegetale che a tuttoggi si cela davanti ai nostri occhi. Conto sulla prossima evoluzione di questa nuova antica scienza la dendrotipografia che, affiancata alla dendrolinguistica, un giorno o laltro forse potr risolvere questo mistero. Per il momento mi limito a raccogliere le lettere dellalfabeto arboreo, setacciando con pazienza le cortecce degli alberi come un cercatore doro, nella mia ricerca senza fine di lettere e di forme sempre diverse.
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VIII Alcune regole, tra pratica e filosofia


Nella mia ricerca sullalfabeto degli alberi mi attengo scrupolosamente alle seguenti regole: 1) prima dello scatto: larea della fotografia non devessere toccata o ripulita in alcun modo, se non spostando un ramo che ci d fastidio o qualche rifiuto casualmente appoggiato al tronco. Le lettere devono essere riprese cos come stanno, senza imbrogli di alcun genere. Quindi pezzi di corteccia in via di distaccamento o parti della stessa che ci disturbano non vanno rimossi. Per quanto possibile bisognerebbe cercare di fotografare i caratteri esattamente sulla loro verticale, per non distorcerne laspetto, anche se inevitabile che una certa deformazione avvenga, soprattutto quando si fotografano lettere che si trovano molto in alto o in punti scomodi. Poi ognuno, naturalmente, far come meglio ritiene. Per quanto mi riguarda ad esempio ho sempre evitato di inclinare la macchina fotografica per migliorare laspetto estetico delle lettere degli alberi, sfruttando quelleffetto prospettico detto anamorfosi. Riprese inclinate sono ammesse solo in luoghi irraggiungibili altrimenti con i mezzi a propria disposizione. Con i programmi di fotoritocco possibile correggere a posteriori le distorsioni prospettiche, ma personalmente preferisco utilizzare lettere sghembe piuttosto che correggerne la forma in modo arbitrario.
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i mutamenti di una stessa forma grazie alle deformazioni prospettiche (anamorfosi) 2) dopo lo scatto (coloro che non amano pasticciare con le immagini possono saltare allegramente questa parte): una volta riversate nel computer, le immagini devono restare sempre tali e quali. Non valido usare programmi di fotoritocco per migliorare i caratteri cos acquisiti. Sarebbe un imbroglio cancellare i particolari che ci danno fastidio o aggiungerne di nuovi per rendere pi realistiche le lettere dellalfabeto. Tanto vale disegnare i propri caratteri da zero. Sono ammesse solo quelle operazioni che non deformano o alterano le immagini stesse: possibile quindi ruotare, ingrandire, rimpicciolire, ritagliare limmagine (sempre secondo una cornice quadrata o rettangolare). In pratica
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le stesse operazioni che avremmo potuto compiere sul campo con la macchina fotografica, ruotandola o zoomando sullarea di corteccia di nostro interesse. lecito pure aumentare o diminuire la luminosit o lesposizione dellimmagine, per rendere meglio visibile il carattere o per uniformarne la luminosit rispetto agli altri che abbiamo purch questo ne mantenga la fedelt rispetto alloriginale. La correzione del colore pu essere utile se si hanno delle immagini scattate verso il tramonto, che tendono ad avere una dominante bluastra o violacea. Anche qui per bisogna stare attenti a non esagerare. La regolazione del contrasto una tentazione, pu migliorare la nitidezza e la visibilit dei bordi, ma a mio parere un po un imbroglio. Da evitare. Queste norme naturalmente non sono assolute: ritengo siano abbastanza sensate, ma ognuno libero di fare come meglio crede. Lunico punto fermo il rispetto degli alberi, quindi tenere sempre bene a mente che la corteccia la loro pelle e i rami sono le loro braccia.

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IX Come fotografare
Lunica cosa degna di nota quando si fotografa un tronco che la luminosit della scena varia moltissimo quando passiamo dalla parte rivolta verso il sole a quella in ombra. Anche nelle giornate in cui la luce abbagliante le zone in ombra sono molto scure. Quando il cielo coperto, le parti in ombra sono cos buie da essere spesso ai limiti della fotografabilit. frustrante a volte fare fotografie nelle giornate parzialmente nuvolose, quando le nuvole coprono e scoprono continuamente il sole. Grandi differenze di luminosit si hanno pure se dobbiamo fotografare aree di corteccia scure oppure chiare. Locchio spesso non si rende nemmeno conto di queste differenze, tanto raffinato il suo adattamento alle varie condizioni di luce. Nelle macchine fotografiche, che nonostante tutto sono meno evolute dellocchio umano, bisogna trovare un compromesso tra tempo, diaframma e sensibilit del sensore digitale o della pellicola. Forse la cosa migliore per il principiante affidarsi agli automatismi, di modo che pu concentrarsi sulla ricerca dellalfabeto. Personalmente sono un amante degli scatti manuali, ma questo vuol dire essere disposti a cambiare continuamente le impostazioni della macchina durante le nostre cacce agli alfabeti e fare diversi scatti di prova per ogni
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carattere che troviamo. Il risultato per ne vale la pena. In questo caso un buon sistema tenere il diaframma aperto al massimo e regolare solo il tempo di esposizione. Se la giornata non molto luminosa o si nel fitto del bosco bisogna usare tempi molto lunghi, e allora conviene impostare una maggiore sensibilit. Aumentare troppo la sensibilit purtroppo riduce la qualit della fotografia, personalmente preferisco fare foto pi scure e schiarirle a casa in un secondo momento. Il flash lo lascerei perdere in ogni caso, rovina i colori e la bellezza delle forme.

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X Figura, sfondo, contorno


Vi sono due modi speculari di guardare le cortecce degli alberi: ci si pu concentrare maggiormente sulla figura, ovvero sulle forme in primo piano oppure sullo sfondo, e allora prender importanza ci che sta in secondo piano, ovvero lo spazio negativo attorno alle forme. Nella ricerca degli alfabeti ci che conta tipicamente la figura in primo piano. Le lettere possono essere costituite da una zona pi chiara in cui la corteccia si distaccata, in mezzo a unarea pi scura in cui la corteccia rimasta attaccata alla pianta, o, viceversa, da una zona pi scura di corteccia

due coppie di lettere, al negativo e al positivo


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aderente al tronco in mezzo a unarea pi chiara in cui la corteccia caduta. Un esercizio non facile ma che pu dare dei risultati interessanti seguire i bordi delle cortecce e le linee che uniscono le varie scaglie di corteccia.

un 9 ricavato dalle linee di sutura tra le scaglie di corteccia

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XI Simmetrie
Nella ricerca delle lettere dellalfabeto ci pu aiutare anche la simmetria. Per lesattezza la simmetria di rotazione. Se troviamo ad esempio una b in carattere stampa abbiamo contemporaneamente trovato la q: basta capovolgere sottosopra la nostra lettera. Se invece troviamo una d, capovolgendola avremo una p. Certo, se guardiamo un testo stampato di solito ci sono delle piccole differenze tra queste coppie di lettere, ma come prima approssimazione possiamo accontentarci.

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Lo stesso possiamo fare con la n in stampa e con la u, con la L e il numero 7, con il 6 e il 9. Con la "m" possiamo invece ottenere sia la "e" che la "w", ruotando la lettera prima di 90 e poi di 180. Infine con la N in stampatello, ruotandola di 90, abbiamo la Z.

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XII Fisiologia degli alberi


Il tronco di un albero ha una struttura complessa, formata in parte da tessuti viventi e in parte da tessuti morti. Partendo dallesterno il primo strato che incontriamo la corteccia, che si divide a sua volta in due strati: il pi esterno la corteccia comunemente detta, che serve per proteggere il tronco dagli agenti atmosferici e dagli animali dannosi. Lo strato pi interno denominato floema o libro, che trasporta le sostanze nutritive dalle foglie al resto della pianta. Sotto il libro troviamo il cambio, la parte pi importante e vitale del tronco: un sottile strato di cellule che produce nuovi tessuti, sia verso linterno che verso lesterno. Verso linterno le cellule del cambio producono anno dopo anno nuovo legno, attivit visibile nei caratteristici anelli di accrescimento, mentre verso lesterno le stesse cellule producono nuovo libro. Sotto il cambio si trova lalburno, costituito dagli strati di legno pi recenti e vitali, dove scorrono lacqua e i sali minerali assorbiti dalle radici e diretti verso le foglie. La parte pi interna costituita dal durame, ovvero dagli strati pi vecchi del legno, ormai morto, che assumono la funzione di sostegno di tutta la pianta. Si tratta di legno ricco di tannino, che ne impedisce il degrado e la marcescenza. Linsieme dellalburno e del durame viene anche chiamato xilema.

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Laccrescimento continuo del tronco e del suo diametro esercita una forza sulla corteccia, che tende a dilatarsi. I vari tipi di corteccia rispondono in maniera diversa a questa sollecitazione: troviamo cos cortecce pi elastiche, come quelle del ciliegio, della betulla o del faggio, che si adattano alla crescita annuale allargandosi; altre cortecce sono invece pi rigide e tendono a

ciliegio betulla

faggio

lacerarsi, formando delle zolle, separate da grossi solchi. Cos avviene negli alberi come il tiglio, la quercia o il noce, che sovrappongono gli strati di corteccia anno dopo anno, creando spessori anche notevoli;

tiglio

quercia

noce
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pino

sequoia

tasso

altri alberi, come il pino, si comportano in modo analogo, solo che tendono a perdere le scaglie pi esterne e quindi pi vecchie. Altri alberi ancora hanno una corteccia che si desquama in continuazione, rimanendo di spessore costante, come le sequoie e i tassi. Il platano appartiene a questultima categoria di alberi: la sua corteccia pi esterna, marrone scuro, si stacca in placche lasciando scoperto lo strato sottostante, verde scuro. Al di sotto dello strato verde scuro spesso visibile uno strato verde pi chiaro. La caduta delle placche lascia di tanto in tanto scoperte delle aree marrone chiaro, che diventano presto grigie. Sono cos visibili aree di quattro o cinque colori diversi, con bordi spesso netti e contrasti marcati, che rendono il platano un albero perfetto dal punto di vista dendrotipografico.

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Ma non tutti i platani si comportano nella stessa maniera: alcuni di essi alternano aree piuttosto grandi dei vari colori, altri perdono la corteccia in piccole scaglie ovali. Vi sono cortecce caratterizzate da forme semplici, altre

queste sono tutte cortecce di platano


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che presentano forme tortuose e complesse, altre ancora dalla particolare configurazione a puzzle. Alcuni tronchi presentano vaste aree pressoch nude, di colore grigio/marrone, qualche raro esemplare presenta delle aree gialle. Molto bello anche leffetto tipo acciaio damascato che si vede su certi platani. Questa variabilit dovuta sia a differenze individuali che, probabilmente, allorigine ibrida dei platani comuni (Platanus acerifolia), che sono stati ottenuti dallincrocio tra Platanus orientalis e Platanus occidentalis.

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XIII Un mestiere senza tempo: il dendrotipografo


Gi da lontano si pu capire se un albero pi o meno interessante: alcuni alberi sembrano dei libri stampati, altri sembrano pi avari di parole. A volte davvero cos, altre volte siamo noi che siamo stati frettolosi. Non mai tempo perso tornare allo stesso albero, magari anni dopo: spesso ci attende qualche sorpresa. Se poi un albero continua a restare silenzioso, il caso di chiederci se siamo noi che non sappiamo ascoltarlo. Pu darsi che quellalbero abbia deciso di comunicare per altre vie, che non necessariamente passano attraverso la parola. Ma questo esula dal presente trattato, che essenzialmente pratico e basato sulla scrittura. Comunque sia trovare le parole degli alberi non ha nulla di meccanico n di automatico, come potrebbe pensare una persona frettolosa e superficiale. Chi va di fretta e vuole risultati subito andr in un giardino o in un bosco, pretendendo in un pomeriggio di avere tutte le lettere dellalfabeto. Magari penser di poter decifrare il mistero degli alberi come fosse il cruciverba sullultima pagina di un quotidiano. Alla fine della giornata un tipo del genere potr ritrovarsi con un mucchio di foto in saccoccia, ma che a casa poi non gli diranno n gli daranno nulla. Gli alberi naturalmente non parlano con le persone frettolose o presuntuose.
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XIV Una ricerca senza fine


La ricerca delle lettere dellalfabeto naturalmente non si ferma quando uno ha trovato tutte e 26 le lettere, le virgole, i punti, eccetera. Non una raccolta di figurine da terminare. Gi dopo pochi scatti si troveranno diverse versioni della stessa lettera, quindi poi si sceglier la migliore. In realt lalfabeto arboreo qualcosa di vitale, mai finito, che ci pu seguire negli anni, crescendo assieme a noi,

alcune delle infinite varianti della lettera C


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modificandosi con i nostri gusti e i nostri ritrovamenti. Le forme delle lettere potranno avvicinarsi sempre di pi a quelle create dai disegnatori umani. Quando si avr in mano una scelta sufficientemente vasta di caratteri, verr da s cercare lettere maiuscole, in corsivo, in differenti stili Le possibilit che si spalancano davanti allappassionato dendrotipografo sono enormi.

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XV Dendrotipografia e alchimia

L alchimista, David Teniers il giovane, XVII sec.


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Il dendrotipografo, per chi non lavesse capito, non un semplice fotografo di cortecce, anche se lui le cortecce le fotografa. Non un collezionista di immagini, anche se giorno dopo giorno la sua raccolta di caratteri alfabetici si accresce. Non nemmeno un cultore dellestetica, anche se man mano che raccoglie lettere nuove i suoi alfabeti diventano sempre pi belli. La differenza che c tra un dendrotipografo e il fotografo di cortecce della domenica la stessa che c tra un vero alchimista e quello che un tempo veniva chiamato anche soffiatore. Lalchimista lavora senza fretta ma con costanza, investendo tutte le sue forze fisiche, mentali e spirituali per un obiettivo che non sa se raggiunger mai e nemmeno se esiste. Lalchimista uno che sa di trovarsi a met strada, la stessa posizione in cui si trovava allinizio della sua ricerca e la stessa in cui si trover alla fine. Lalchimista un bambino che insegue larcobaleno, un viandante che cammina dalla mattina alla sera per raggiungere lorizzonte. Se un giorno lorizzonte dovesse fermarsi e lui potesse raggiungerlo ne sarebbe felice, ma anche se lorizzonte dovesse sfuggirgli per leternit lalchimista sarebbe felice comunque. Lalchimista uno che a volte cos preso dalla ricerca che pu anche dimenticarsi che stava cercando qualcosa. I migliori alchimisti, si dice, furono quelli che a un certo punto della loro vita dimenticarono di essere tali. Per questo motivo, e non senza ragione, questa particolare categoria di alchimisti non mai finita sui libri (tranne quello in cui ho trovato questa curiosa storia).
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A un certo punto, non si sa in base a quale istinto o misterioso stato mentale, lalchimista posava il mantice e spegneva il fuoco, dopodich usciva dal laboratorio per non tornarvi mai pi. Non lasciava nessun insegnamento, nessuna formula segreta, nessun allievo. Eppure la sua conoscenza profonda dei segreti della materia, dello spirito e degli astri, i suoi gesti misurati e sapienti, il suo stesso sguardo, lasciavano intuire che non fosse un incapace. Anche coloro che abitavano nei pressi del suo laboratorio parevano dimenticarsi immediatamente del loro vicino e delle sue attivit, e pochi giorni dopo il suo laboratorio diventava la bottega di un fornaio o lofficina di un maniscalco. La vita successiva dellalchimista non era degna di nota perch banale: si sposava, faceva figli, entrava in convento oppure andava per il mondo in cerca di fortuna. Eppure, se vogliamo trovare gli alchimisti pi grandi di tutti i tempi, li troveremo tutti in questo piccolo stuolo di individui che apparentemente hanno abbandonato la loro arte. Il soffiatore quello che si traveste da alchimista come fosse carnevale, che dissipa le sue sostanze per acquistare tutta lattrezzatura che si conf a un perfetto alchimista e versa sostanze rare e preziose nei suoi lucidissimi calderoni, perch spera di ottenere prima o poi la pietra filosofale. Il soffiatore lavora giorno e notte, ma non d lanima alla sua materia, lui lavora di braccia e di cervello, lui un chimico, un chimico dellillusione. Ma il destino un burlone, e pu anche decidere accade una volta ogni due, tremila anni di realizzare proprio l, a casa del soffiatore, il suo unico miracolo concessogli in quellepoca. Ecco che sul fondo del crogiolo, messo a dura prova da mesi e mesi di fuoco sconsiderato, appare una piccola,
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apparentemente insignificante pietruzza di colore rosso cupo: la tanto agognata pietra dei filosofi.

stampa satirica raffigurante un soffiatore, che qui appare con le sembianze di una scimmia, tratta da un dipinto di David Teniers il giovane
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Fermandosi solo un istante per detergersi il sudore e rimirare il sassolino dallaspetto translucido e ceroso il soffiatore riprende subito il lavoro, fondendo nella fornace libbre su libbre di piombo, stagno e antimonio e aggiungendovi ogni volta una minuscola briciola di pietra filosofale, che in un istante trasforma il metallo liquido e grigio in oro purissimo e splendente. Giorno e notte escono dalla fornace continui fiotti doro, che vanno a riempire tutti gli stampi disponibili nel laboratorio. Appena il metallo giallo si rassoda, le barre e i lingotti vengono tolti dagli stampi ancora roventi e il ciclo ricomincia. Dopo settimane di lavoro massacrante e settecento casse doro lultimo granello di pietra rossa, le cui reali virt sono ben altre, sparisce nel metallo liquido, producendo lultima trasmutazione. Il soffiatore diventa ricco, ma cos disgraziato che non si rende conto di quanto ha perso. Cito queste brevi note da uno strano libro letto tempo fa, acquistato di seconda mano e di cui purtroppo non ricordo il titolo. Mi piacevano molto i ritratti che faceva dellalchimista e del soffiatore. Ma sulla vicenda degli alchimisti smemorati ho le mie riserve: mi sfugge come lautore potesse conoscere questa strana storia, se davvero questi personaggi se ne andavano senza lasciare traccia della loro arte. Pure la definizione del soffiatore lho trovata molto bella e calzante, ma riguardo il fatto che fosse riuscito davvero a produrre loro sono molto scettico. E poi settecento casse quasi un numero magico Prendete quindi queste parole con le pinze. Anche perch il libro potrei benissimo essermelo sognato.
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Una cosa almeno labbiamo capita: che la dendrotipografia non altro che una forma di alchimia.

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XVI Oltre la dendrotipografia: la dendrolinguistica


Forse per lo studio dei segni sulle cortecce si sarebbe potuto scegliere un nome pi accattivante, pi alla moda. Il termine tipografia si riallaccia invece ad un lavoro artigianale, umile, paziente. Un mestiere quasi alchemico, come la maggior parte degli antichi mestieri.

Il tipografo componeva le pagine assemblando uno ad uno i caratteri alfabetici, selezionandoli dalle cassettine che li contenevano. Nulla era lasciato al caso, ogni elemento della pagina aveva un suo significato ben preciso. Il funzionalismo e lefficientismo di tutte le produzioni moderne era ancora al di
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l da venire. Nellet delloro della tipografia la parola scritta aveva un suo valore, la pagina era unopera darte che rispettava canoni estetici e matematici come il rapporto aureo (il numero aureo o phi, pari a 1,618 ricavato dalla formula (1+5)/2). Nonostante il costo elevato della carta, si dava grande importanza agli spazi bianchi, fondamentali per far respirare il testo. Basti pensare che nella famosa Bibbia di Gutenberg il rapporto tra la superficie dellarea stampata e

Una pagina della Bibbia di Gutenberg, detta anche delle 42 linee, stampata in 180 copie nel 1455

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lintera pagina di 36/81, quindi oltre met della pagina era vuota. Larmonia del testo rifletteva larmonia del cosmo intero. Una singolare connessione tra tipografia e alchimia data dal fatto che i caratteri da stampa per secoli sono stati di una lega di piombo e antimonio, due fra i metalli pi usati dagli alchimisti nella loro ricerca della Pietra Filosofale. In questa fase iniziale della mia ricerca dendrotipografica ho preferito quindi approfondire laspetto estetico/alfabetico, ripromettendomi in futuro di avvicinarmi alla questione linguistica e del contenuto dei messaggi che compaiono sulle cortecce. Chi pu offrirci qualche spunto sul linguaggio arboreo J.R.R. Tolkien, il geniale creatore del mondo di Arda, dove si svolgono le note vicende dellAnello del Potere narrate nel Signore degli Anelli. Tolkien era anche un linguista e un profondo studioso di tradizioni antiche, quindi i suoi lavori non vanno confusi con un qualunque romanzo fantasy. Arda in realt la nostra stessa Terra, e le storie di Tolkien documentano vicende avvenute in ere lontane che hanno preceduto la nostra. Una sorta di mondo parallelo, dipinto in modo particolareggiato ed estremamente plausibile, al punto che sembra che Tolkien ci sia stato veramente. Cosa che non mi stupirebbe pi di tanto. Tra le altre cose Tolkien ha elaborato per ogni popolo citato nelle sue
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storie un linguaggio: troviamo cos ad esempio la lingua degli Elfi, quella degli Orchi, quella dei Nani. Un popolo che nella storia dellAnello compare brevemente, anche se con un ruolo decisivo nella lotta contro il male, quello degli Ent, che sono

Barbalbero e lassemblea degli Ent, disegno di Ted Nasmith


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degli alberi in forma pi o meno antropomorfa (Ent deriva da unantica parola anglosassone che significa giganti), in grado di muoversi e camminare. Gli Ent sono una razza pacifica, tranquilla, paziente, anche se sono tristi perch le vicende del loro passato li hanno separati dalle loro femmine. Solo le circostanze molto particolari della storia li porteranno a un certo punto a scendere in battaglia, ma per loro una scelta dolorosa, uneccezione. Gli Ent sono molto lenti nei loro movimenti e nelle loro espressioni, e i loro discorsi, anche i pi semplici, durano ore. La lingua degli Ent denominata entish; Tolkien racconta come del vecchio entish non si sappia quasi nulla. Nelle ere pi recenti gli Ent hanno assimilato il linguaggio degli elfi, apportandovi le loro modifiche. La lingua elfica pi pratica perch maggiormente conosciuta dalle altre popolazioni e perch permette una pi grande velocit e fluidit nellesprimersi. Questo in realt un peccato, perch lentish originario era un linguaggio estremamente ricco ed espressivo. Lunica citazione del vecchio entish che Tolkien riporta nel Signore degli Anelli la parola A-lalla-lalla-rumba-kamanda-lindor-burm, che significa collina. Il fascino della lingua entish sta nel fatto che in essa ogni parola racconta una storia. Questo linguaggio, ridondante, ripetitivo e pieno di immagini pi simile alla poesia che a una normale parlata. Penso che per fare un passo avanti nella comprensione del linguaggio degli alberi si debba lavorare in questa direzione.

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Per pura combinazione uno dei toponimi pi lunghi del mondo (il mondo reale, naturalmente) rappresenta proprio il nome di una collina: Taumatawhakatangihang akoauauotamateaturipu kakapikimaungahoronuk upokaiwhenuakitanatahu [ho messo degli spazi per spezzettare la parola perch altrimenti il programma che legge questo testo potrebbe impazzire, come gi successo a me]. Si tratta di una piccola collinetta in Nuova Zelanda, presso la cittadina di Porangahau. Il suo nome deriva da taumata-whakatangihanga -koauau-o-Tamateaturi-pukaka- piki-maunga-horo-nuku-pokai- whenua-ki-tana-tahu, che in lingua Maori significa pi o meno: La collina dove il grande viaggiatore Tamatea con le ginocchia ossute, che scivol e scal montagne, suon il flauto per la propria amata. Per chi affermasse che il nome troppo lungo, faccio notare come le sue 85 lettere sono circa la met di un comune SMS, e in questi pochi caratteri condensata tutta una storia, non priva di un tocco di poesia. Direi piuttosto che un record di sintesi. Con la solita mania moderna di semplificare tutto, nelluso quotidiano il nome viene di solito ridotto a un banalissimo e molto meno evocativo Taumata.

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Epilogo
La dendrotipografia: una disciplina dellattenzione e del silenzio
Lapprendista dendrotipografo, soprattutto se vissuto lontano dal mondo vegetale e dal suo spirito (cosa piuttosto comune, al giorno doggi), deve imparare a sintonizzare il suo animo con quello degli alberi. Deve apprendere i loro ritmi, le loro abitudini, deve entrare nel loro mondo. Deve fare silenzio dentro di s, altrimenti per lui le piante resteranno mute. come quando cerchiamo conchiglie su una spiaggia oppure quadrifogli in un prato: allinizio non vediamo niente, conchiglie e quadrifogli sembrano scomparsi dalla faccia della terra. Se siamo frettolosi e superficiali le cose per noi stanno effettivamente cos. Ma se perseveriamo e abbiamo la pazienza di sopportare il momento di crisi iniziale come se cadesse un velo dai nostri occhi, e dopo un po la nostra ricerca avviene senza alcuna fatica. A volte il risultato si fa attendere, e dobbiamo ritornare pi e pi volte nello stesso luogo prima che accada quel qualcosa. Gli alberi sono per loro natura generosi, basti pensare alla profusione di fiori, di frutti e a tutti i doni che ci elargiscono a piene mani, o meglio, a pieni
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rami. Il loro carattere aperto e non sono certo avari di trasmetterci quello che sanno. da millenni che non aspettano altro, ma possono parlarci solo se comprendiamo che tra sangue e linfa, tra braccia e rami, tra pelle e corteccia non c nessuna differenza.

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Avvertenza finale
La lettura di questo libro e lapplicazione delle tecniche descritte pu portare, in soggetti predisposti e sensibili, allinsorgere di una rara malattia denominata tipomania ossessivo-compulsiva, conosciuta anche come sindrome di Bodoni-Tschichold, che porta chi ne affetto a vedere alfabeti dappertutto. A tuttoggi lefficacia delle cure farmacologiche e psichiatriche scarsa o nulla, quindi consigliabile operare con attenzione e chiedere consiglio al proprio medico.

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Appendice Come creare un collage digitale


In attesa di scoprire qualcosa di pi sulla lingua degli alberi, possiamo utilizzare le lettere che siamo riusciti a trovare dopo lunghe fatiche per comporre le parole che desideriamo, ad esempio il nostro nome. Questo si pu ottenere in due modi: se non si va molto daccordo con il computer si pu sfruttare il sistema alla grezza, ovvero stampando le lettere di corteccia su carta o cartoncino e poi incollandole insieme; altrimenti si possono assemblare le immagini con un programma e stampare il prodotto finale. Innanzitutto vi sarete creati una cartella in cui avrete messo gli scatti prescelti, da rinominare ognuno con il nome della lettera dellalfabeto che rappresenta. Le immagini dovranno essere gi preparate, quindi ruotate, ingrandite, ecc. e soprattutto ritagliate, lasciando un bordino intorno a ogni lettera dellalfabeto. Da non dimenticare, se avete intenzione di realizzare frasi o parole composte, i segni di interpunzione e il carattere spazio che avrete realizzato fotografando unarea di corteccia di colore uniforme.

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Il pi conosciuto e probabilmente il miglior programma fra quelli a pagamento Photoshop. Ne esiste anche una versione ridotta, Adobe Photoshop Elements, molto meno cara e fornita a volte gratuitamente quando si acquistano dispositivi come gli scanner. I passaggi sono questi: 1 - per creare la pagina bianca dove incollare le lettere andare sulla barra in alto, scegliete File - New, nel men che compare scegliete le misure;

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trattandosi di una parola, il rettangolo dovr essere basso e lungo, ad esempio qui abbiamo scelto 250 x 2000 pixel

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2 - andate su File, scegliete Place (scelta rapida Shift+Ctrl+P). Scegliete la lettera che volete e date linvio. Il carattere si trover gi ridimensionato dellaltezza giusta, e si trover in mezzo al nostro rettangolo bianco.

3 - trascinate con il mouse limmagine inserita verso sinistra. Se serve posizionarla con precisione usate le frecce presenti sulla tastiera. Premete
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Invio e limmagine a posto.

4 - ripetere i passaggi File - Place - spostamento con tutte le lettere che ci servono. Conviene sempre che le lettere si sormontino un po, per evitare che nella stampa finale possa comparire una riga bianca tra una e laltra.

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5 - alla fine usare lo strumento taglierina, che si trova nella barra a sinistra, per salvare solo la parola ed eliminare la coda bianca del rettangolo di base

6 - limmagine fatta. Ora si pu salvarla in formato jpeg, png o quello che si preferisce (File - Save as - dal men nome file scegliere il nome, dal men a tendina scegliere il formato). Per fare un lavoro pi curato e gradevole si pu agire nel seguente modo: una volta creato il rettangolo bianco, con File - Place vi si posiziona unimmagine di sfondo, scegliendo la foto di una corteccia in tinta unita.

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Si posizionano le lettere, avendo cura di ridimensionarle leggermente, lasciando ad esempio pi alte le maiuscole e lettere come le "i" e le "L" e rimpicciolendo le altre, in modo da avere un aspetto pi tipografico.

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Un programma gratuito che si pu utilizzare ad esempio GIMP, scaricabile in Rete da www.gimp.org/downloads. I passaggi sono pi o meno gli stessi: per creare il documento di base: File - Nuovo - scegliere dimensioni del documento

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per inserire le singole lettere: File - Apri come livelli (oppure Ctrl+Alt+O) scegliere immagine - Apri

per ridimensionare le singole lettere, tasto destro sulla lettera desiderata, scegliere Strumenti - Trasformazione - Scala (oppure Maiusc+T) e ridimensionare limmagine cliccando su un angolo qualunque e trascinando, tenendo contemporaneamente premuto Ctrl+Alt, per mantenere le
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proporzioni originali dellimmagine. Premere invio quando limmagine a posto. Per spostare le lettere andate sulla barra Strumenti, scegliere lo strumento Sposta (quello con le quattro frecce) e andare con il mouse sulla lettera desiderata. Infine il solito ritaglio e salvataggio.

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Una terza possibilit utilizzare il servizio online Pixlr, che offre uninterfaccia simile a qualsiasi altro programma di grafica, con il vantaggio di non dover installare nulla. gratuito, ed raggiungibile allindirizzo http://pixlr.com/editor Si inizia cliccando sulla finestra centrale, alla sezione Crea una nuova immagine.

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Scegliere le dimensioni dellimmagine agendo sui campi larghezza e altezza.

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sulla barra nera in alto scegliere Livello - Apri immagine come livello

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selezionare Modifica - Trasformazione libera (o anche Ctrl+T); agire su un angolo del riquadro tenendo premuto Maiusc per mantenere le proporzioni. Posizionare con il mouse e dare linvio. Ripetere i passaggi apri immagine come livello, modifica e trascina per ogni lettera e alla fine ritagliare la parola ottenuta con la solita taglierina che si trova a sinistra e salvare.

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Quest'opera coperta da bizzarryght : - duplicabile e distribuibile ai propri amici e anche, nel caso non fosse piaciuta, ai propri nemici; - consultabile liberamente, anche da chi non sa leggere; - liberamente memorizzabile e dimenticabile senza bisogno di autorizzazione da parte dell'autore; - stampabile ed utilizzabile per qualunque tipo di uso proprio e improprio legato alla forma cartacea; - singole parole, comprese le congiunzioni e gli apostrofi, sono liberamente utilizzabili per ricavarne opere derivate; - qualunque utilizzo pi massiccio del testo ammesso, a patto di citare l'autore, il sottoscritto professor Bizzarro. Fatemelo sapere, contattandomi (bizzarro@bazardelbizzarro.net), soprattutto se si tratta di grosse quantit di denaro e di gloria in ballo. Grazie.

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Nella biblioteca del Bizzarro sono disponibili gratuitamente i seguenti e-book:

1. Un viaggio fra le nuvole 2. Pareidolia - dai fondi di caff alla faccia su Marte
I file sono in formato PDF. Appena possibile saranno pubblicati anche in formato ePub, pi adatto agli e-book reader e ai dispositivi portatili.

tutti gli e-book del Bizzarro sono realizzati al 100% con bit riciclati, senza CFC e non testati su animali

la biblioteca del Bizzarro


credo quia absurdum
"credo perch assurdo"

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