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VENEEROLOGIA E CHIRURGIA
PLASTICA
Giordano Perin; dermatologia 1: le lesioni elementari
LE LESIONI ELEMENTARI:
analogamente a quanto avviene per le altre discipline mediche, anche la dermatologia basa la
sua analisi e diagnostica su elementi fondamentali quali:
• anamnesi.
• Esame obiettivo, in particolare PALPAZIONE E ISPEZIONE.
• Indagini complementari che possono essere fondamentali.
Le lesioni elementari sono la RISPOSTA CUTANEA A DIVERSE MALATTIE O AGGRESSIONI
ESTERNE, sono SEMPLICI E BEN DISTINGUIBILI TRA LORO.
LA STRUTTURA DELLA CUTE:
la cute è una struttura complessa
composta di numerosi e diversi strati
suddivisi tra loro. Nel complesso
possiamo distinguiere:
• EPIDERMIDE strato superficiale
composto di componenti cellulari
e componenti cornee, si tratta del
tipico epitelio pluristratificato
cheratinizzato. Gli strati che
compongono l'epidermide sono:
◦ basale, composto di
precursori staminali adulti di
cellule del tessuto specifico.
◦ Spinoso, composto di cellule
in fase di differenziazione,
ricche di desmosomi.
◦ Granuloso composto di cellule
sempre più differenziate,
cominciano a comparire granuli cheratinoialina, composto necessario alla
cheratinizzazione della cellula.
◦ Lucido, non sempre presente, rappresenta uno strato di transizione in zone dove la
cute è particolarmente spessa.
◦ Corneo: strato superficiale composto di cellule prive di nucleo, completamente
cheratinizzate. Si divide in:
▪ corneo disgiunto, superficiale e in fase di distacco.
▪ Corneo compatto, profondo e adeso alle strutture sottostanti.
• DERMA si tratta di una struttura connettivale elastica costituita di fibre intrecciate e
distensibili con abbondante matrice amorfa; risulta ovviamente altamente
vascolarizzata ed innervata. La struttura del derma è suddivisibile in due strati
principalmente:
◦ papillare che ospita le papille dermiche, zone di giunzione tra derma ed epidermide
dotate di un grosso microcircolo e di corpuscoli nervosi in grande quantità.
◦ Reticolare caratterizzato dalla presenza di retinacula che penetrano il derma per
congiungerlo all'ipoderma.
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Giordano Perin; dermatologia 1: le lesioni elementari
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Giordano Perin; dermatologia 1: le lesioni elementari
• DOLORE.
• ODORE: molto importante per esempio nel pemfigo.
• IPERIDROSI: sono molte le malattie che si accompagnano a sudorazioni importanti.
• ANIDROSI: perdita di sudorazione.
LE LESIONI ELEMENTARI:
nel momento in cui si individui una qualsiasi lesione, è fondamentale definire:
1. SE RISULTA PALPABILE, come una vasculite, O NON PALPABILE, come una porpora.
2. ALTERAIZONI DELLA SUPERFICIE CUTANEA.
3. TEMPERATURA DELLE LESIONI.
4. SENSIBILITÀ DELLA CUTE LESA.
I PUNTI FONDAMENTALI DA DEFINIRE SONO SETTE:
• identificazione della lesione elementare.
• Disposizione della lesione.
• Dimensioni.
• Colore.
• Anomalie di superficie.
• Consistenza.
• Profondità.
• Limiti che possono ben definiti o meno.
LE LESIONI ELEMENTARI PRIMARIE:
le lesioni primarie sono lesioni che compaiono primariamente, non conseguono ad altri quadri
dermatologici. Ricordiamo:
• MACULE: lesioni non palpabili di diametro non superiore ai 5mm generalmente. Possono
essere:
◦ epidermiche, causate da un incremento del numero delle cellule di Langherans che
vanno a sostituire i melanociti formando macchie bianche.
◦ Dermiche come le petecchie.
◦ Dermico epidermiche che sono lesioni post infiammatorie, tipicamente successive ad
una psoriasi per esempio.
LE MACULE POSSONO ESSERE DEFINITE SULLA BASE DEL LORO COLORE per esempio
in:
◦ ipopigmentate come la vitiligine
◦ iperpigmentate.
◦ grigio bluastre.
◦ giallastre per effetto, soprattutto, dell'accumulo di caroteni.
Le macule eritematose possono essere inoltre:
◦ transitorie e scompaiono alla pressione.
◦ porpore non transitorie che non scompaiono alla pressione.
Possono presentare consistenza:
◦ solida.
◦ Liquida.
• POMFI: sono il risultato di una vasodilatazione capillare cui consegue un edema del
derma corrispondente e prossimo. I pomfi generalmente scompaiono dopo 2-3 ore, ma
possono esistere dei quadri di orticaria-vasculite della durata di48 ore, fortemente
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Giordano Perin; dermatologia 1: le lesioni elementari
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Giordano Perin; dermatologia 1: le lesioni elementari
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Giordano Perin; dermatologia 1: le lesioni elementari
◦ microbiche.
◦ Amicrobiche.
sono cavità piene di liquido ricche di neutrofili, materiale fondamentalmente purulento,
ma non sempre a base infettiva.
• SQUAME sono aggregati di lamelle cornee, suddivisibili in:
◦ PITIRIASICHE piccole.
◦ FURFURACEE di dimensioni medie: si ritrovano nella maggior parte delle dermatiti.
◦ LAMELLARI grandi: la causa principale di questo quadro dermatologico è la
scarlattina nel bambino1.
• SCLEROSI indurimento circoscritto di derma e ipoderma caratterizzato da:
◦ deposito di collagene.
◦ Perdita di follicoli pilo-sebacei.
◦ Riduzione consistente della dimensione delle ghiandole sudoripare.
Esempio tipico è l'ALOPECIA, questa patologia può presentarsi in due forme:
◦ CICATRIZIALE: si caratterizza per la formazione di un quadro di sclerosi dove il
deposito di una cicatrice rende IMPOSSIBILE LA CRESCITA DI NUOVI CAPELLI.
◦ NON CICATRIZIALE dove invece non si depositano fibre collagene e la crescita dei
capelli è ancora possibile.
• ATROFIE cioè quadri di riduzione dello spessore della cute. Si verificano:
◦ appiattimento delle papille dermiche.
◦ Sclerosi.
Si parla spesso di ATROFOSCLERODERMIE cioè patologie caratterizzate da ATROFIE
ACCOMPAGNATE DA SCLEROSI.
La atrofia non è sempre facile da diagnosticare istologicamente: lo spessore della cute
nelle diverse regioni si presenta molto diversa nelle diverse sedi e diversi pazienti
possono presentare variazioni considerevoli di questo parametro. Due aspetti sono
fondamentalmente valutati:
◦ l'appiattimento delle papille dermiche.
◦ La perdita di spessore della cute.
1 La colorazione lampone della lingua lampone e la desquamazione delle dita non sono quadri caratteristici della
scarlattina ma di tutte le infezioni pyogeniche di tipo tossino-mediato. In alcuni casi è possibile che un quadro di
questo tipo si verifichi nella arteriolite di kawasaky.
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Giordano Perin; dermatologia 1: le lesioni elementari
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Giordano Perin; dermatologia 2: le dermatozoonosi da aracnidi
LE DERMATOZOONOSI DA ARACNIDI
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Giordano Perin; dermatologia 2: le dermatozoonosi da aracnidi
VEDOVA NERA:
ragno estremamente diffuso in tutto il mondo eccetto
nord america, centro europa e estremo oriente; vive in
capanne, cataste di legna, fienili e capannoni.
Il ragno è di piccole dimensioni e il morso viene spesso
non notato, nel complesso si hanno in qualche minuto:
• dolori forti.
• Rigidità muscolare.
• Crampi.
• Nausea e vomito.
• Difficoltà respiratorie fino all'arresto
respiratorio.
L'intervento deve essere immediato:
• APPLICARE GHIACCIO SULLA FERITA al fine di vasocostringere localmente e rendere il
passaggio del veleno più lento.
• SUCCHIARE LA FERITA.
• APPLICARE UNA BENDA STRETTA.
È disponibile un antiveleno basato su siero di cavallo.
Ad un primo sguardo può sembrare simile ad una eresipela, ma si distingue da essa in quanto SI
SVILUPPA MOLTO RAPIDAMENTE e soprattutto NON SI ACCOMPAGNA A FEBBRE.
ZECCHE:
le zecche possono essere classificate in:
• ZECCHE DURE presentano uno scudo sul dorso e sono più grandi spesso, necessitano di
un tempo prolungato per nutrirsi e separarsi dall'ospite. Mediamente ci vogliono 3-4
giorni perché l'animale si stacchi.
• ZECCHE MOLLI che non presentano uno scudo e si nutrono molto rapidamente, si
attaccano alla cute e si staccano in qualche minuto, senza che il paziente se ne accorga.
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Giordano Perin; dermatologia 2: le dermatozoonosi da aracnidi
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Giordano Perin; dermatologia 2: le dermatozoonosi da aracnidi
media montagna.
• RINOCEFALUS SANGUINEUS: zecca del cane, vive abitualmente in città.
Le punture sono generalmente INDOLORI e spesso non danno nessun effetto particolare, non
vengono notate in quanto la zecca è molle e si stacca subito
dall'ospite. Complicanze possibili sono:
• ANGIOEDEMA E SHOCK.
• VETTORI DI RICKETSIAE possono provocare anche una
FEBBRE Q.
• VETTORI DEL VIRUS CCHF che può provocare febbre
emorragica e paralisi.
• VETTORI DEL MORBO DI LYME veicolato dalla BORRELIA
BURGDORFERI. Argas reflexus.
immagine trtta da wikipedia
REAZIONI AGLI ANTIBIOTICI:
una importante conseguenza del trattamento delle borreliosi è la reattività alla
somministrazione dell'antibiotico, nello specifico distinguiamo due tipologie di reazione:
• REAZIONE DI JARISH-HERXHEIMER: si tratta di una reazione determinata dalla
liberazione di una enorme quantità di elementi batterici provenienti dalla lisi dei batteri
stessi determinata dalla azione antibiotica; si tratta di una reazione immediata e rapida,
che una volta superata, non si verifica più. Non richiede la sospensione del trattamento.
• REAZIONE DI MILIAM o ERITEMA DEL NONO GIORNO: si tratta di una rara modalità di
reazione legata alla sensibilità all'antibiotico utilizzato, si innesta in 8-9 giorni e richiede
la sospensione del trattamento antibiotico.
ACARI:
gli acari possono provocare fondamentalmente SCABBOSI o DERMODECIDOSI. Si tratta di
piccoli aracnidi che possono provocare infestazioni importanti senza mordere.
SARCOPTES:
gli acari del genere SARCOPTES sono gli acari responsabili
della SCABBIA: si tratta di una parassitosi piuttosto fastidiosa
ma curabile in modo abbastanza facile. La patologia è
causata:
• sarcoptes hominis nella stragrande maggioranza dei
casi.
• Da altri tipi di sarcoptes, molto più di rado: minus,
maior e molti altri.
EPIDEMIOLOGIA:
la scabbia è una malattia che si presenta generalmente AD
ONDATE ad eccezione naturalmente dei paesi dove questa
patologia è endemica. L'andamento ad ondate della malattia
è dovuto al fatto che la guarigione dalla infestazione ANCHE Sarcoptes scabiei
immagine tratta da wikipedia
SE NON RENDE IMMUNI, CONFERISCE AI PAZIENTI UNA
CERTA RESISTENZA e di conseguenza è necessario un certo periodo di tempo prima che la
infezione si ripresenti.
In Italia la frequenza è aumentata molto nel 1963 e sta aumentando di nuovo probabilmente a
causa di immigrazione e globalizzazione
LA STRUTTURA DEL SARCOPTES SCABIEI O HOMINIS:
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Giordano Perin; dermatologia 2: le dermatozoonosi da aracnidi
si tratta di organismo ovoidale dotato di 4 zampe di cui le due anteriori dotate di ventose, le
due posteriori dotate di setole. Si distinguono:
• MASCHIO: vive in superficie sullo strato corneo e muore dopo l'accoppiamento.
• FEMMINA che invece:
◦ scava un CUNICOLO.
◦ Depone delle uova, in numero di 2-3 al giorno.
◦ Le uova si schiudono in 3-4 giorni.
Una volta schiuso l'uovo l'organismo si sviluppa in tre stadi:
◦ larva.
◦ Ninfa.
◦ Acaro maturo.
A 15-18 GIORNI DALLA NASCITA SI RIPRODUCONO, dopo alcune settimane comincia
quindi la sintomatologia vera e propria.
SVILUPPO DELLA MALATTIA:
analogamente ad altre malattie ricordiamo:
• INCUBAZIONE dura da alcuni giorni ad alcune settimane.
• TRASMISSIONE: normalmente la trasmissione avviene per contatto DIRETTO
PROLUNGATO E INTIMO TRA MALATO E SANO, si tratta di una malattia PARAVENEREA.
Questo è dovuto al fatto che gli acari normalmente presenti sul corpo del paziente sono
pochi, circa 30-40, e di conseguenza il passaggio non avviene facilmente. È importante
ricordare che:
◦ nell'ambiente l'acaro non vive a lungo, poche ore, e se sottoposto a stress come il
lavaggio non sopravvive o viene lavato via.
◦ Nell'ambiente generalmente l'acaro non si trova, non è nemmeno necessaria una
vera e propria profilassi ambientale dopo un caso di scabbia.
◦ Favorisce moltissimo la sopravvivenza e la propagazione della patologia L'USO DI
GUANTI IN LATTICE. Raramente la trasmissione avviene attraverso le lenzuola.
La malattia si sviluppa quindi in questo modo:
• dopo alcuni giorni dal contagio comincia il prurito che è determinato da:
◦ secrezione di sostanze cheratolitiche da parte del sarcoptes che:
▪ consentono al sarcoptes di arrivare in profondità.
▪ Inducono una reazione flogistica che genera il prurito.
◦ Reazioni allergo immunologiche immediate o ritardate, dipende dal paziente, dirette
contro:
▪ il corpo del parassita.
▪ Sostanze da lui secrete.
▪ Deiezioni.
• Il trattamento elimina gli acari.
• Il prurito continua nonostante la malattia sia debellata: sarà necessario somministrare
degli antistaminici o dei cortisonici per bloccare il sintomo.
LE LESIONI DELLA SCABBIA:
la scabbia provoca delle lesioni cutanee caratteristiche, nello specifico abbiamo:
• LESIONI PRODOTTE DAL SARCOPTES:
◦ CUNICOLI: gallerie reticolari ad arco di 3-5 mm, molto diverse da lesioni da
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Giordano Perin; dermatologia 2: le dermatozoonosi da aracnidi
L'intenso prurito aumenta durante la notte quando l'acaro, per il topore, si muove di più.
LOCALIZZAZIONE DELLE LESIONI:
le lesioni si presentano tipicamente:
• zona interdigitale.
• Faccia volare sul lato ulnare dei polsi.
• Gomiti.
• Pilastri anteriori delle ascelle, non le ascelle.
• Ombelico.
• A cintura.
• Piega inferiore delle natiche.
• Talloni.
• Prepuzio.
• Areaola mammaria.
Il quadro infantile è lievemente differente:
• in termini di localizzazione, le lesioni si possono presentare:
◦ intorno agli 8-10 anni a livello del cuoio capelluto soprattutto.
◦ Nei primi mesi di vita al di sotto del piede dove la cute, non stressata, è meno spessa.
• In termini di manifestazione: LE LESIONI NODULARI SONO MOLTO PIÙ COMUNI NEL
BAMBINO e spesso si localizzano sotto l'ascella e permangono anche dopo la
guarigione. Gli stessi noduli si possono ritrovare a livello genitale e dei gomiti.
Spesso si presenta con lesioni papulari vescicolopustolose e nodulari.
LA SCABBIA NORVEGESE:
la scabbia norvegese è un particolare tipo di scabbia caratterizzato da:
• vaste superfici ipercheratosiche colpite da numerosi acari.
• Scarso prurito.
• Su pazienti immunuodepressi generalmente.
• È estremamente contagiosa a causa dell'enorme numero di acari presenti.
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Giordano Perin; dermatologia 2: le dermatozoonosi da aracnidi
Scabbia norvegese in
un malato di AIDS.
COMPLICANZE E MORTALITÀ:
molto difficilmente una malattia del genere può portare alla morte del paziente, tuttavia è
importante ricordare che:
• se l'infezione perdura per lungo tempo può portare a problematiche renali importanti.
• Se l'infezione non viene curata può portare a morte.
FORME PARTICOLARI:
sicuramente da ricordare sono:
• SCABBIA INCOGNITA dove la presenza di corticoidi può mascherare sintomi sistemici e
locali della scabbia.
• SCABBIA DA HIV: si verifica circa nel 2-4% dei casi e deve essere sospettata in caso di rash
pruginoso o non pruginoso (scabbia norvegese); può essere una delle prime infezioni
opportunistiche che si verificano.
• SCABBIA DEL CUOIO CAPELLUTO: comune negli anziani e nei bambini, può essere
scambiata o sovrapporsi ad una dermatite seborroica.
DIAGNOSI, TRATTAMENTO E PREVENZIONE:
dal punto di vista preventivo la terapia va fatta seguire anche a familiari e a coloro che siano
entrati in contatto intimo con il paziente, ma la biancheria e gli indumenti vengono
semplicemente lavati in acqua calda e sapone così come non vengono eseguire misure di
profilassi ambientale. In caso di eventi che si verifichino in comunità importanti vanno
controllati sempre ASILI, SCUOLE, CASERME E CASE DI RIPOSO.
DIAGNOSI:
la diagnosi viene fatta in termini clinici riconoscendo le lesioni tipiche della malattia, i cunicoli, e
a livello microscopico andando ad osservare al microscopio l'acaro posto su un vetrino e
colorato con colattofenolo.
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Giordano Perin; dermatologia 2: le dermatozoonosi da aracnidi
La biopsia generalmente non si esegue, può essere utile nella scabbia nodulare. I CRITERI
DIAGNOSTICI SONO I SEGUENTI:
• provenienza da aree endemiche.
• Altri casi in familiari o nel partner di prurito.
• Prurito intenso localizzato o diffuso.
• Prurito non responsivo agli steroidi e presente da mesi: il prurito viene eliminato dagli
steroidi ma unicamente dopo che l'acaro è stato debellato.
• Distribuzione della dermatite nelle sedi tipiche.
• Riconoscimenti di cunicoli e vescicole perlacee.
• Riscontro della presenza di acari e uova nell'esame a fresco.
Il prurito è in ogni caso una manifestazione estremamente comune e che va sempre indagata in
maniera maggiormente approfondita prima di far partire una terapia.
TERAPIA:
la terapia si divide in due grandi cateogorie:
• TOPICA che prevede l'uso di:
◦ benzoato di benzile al 10-15%.
◦ esaclorocicloesano all'1%.
◦ Permetrina 10-20%.
◦ Preparati a base di zolfo, oggi poco usati.
◦ Bisolfuro di dimetil fenilene.
◦ Crotonil-N-etil toluidina.
• SISTEMICA come la ivermectina.
DEMODECIE:
il DEMODEX FOLLICULORUM vive nel follicolo piliero nutrendosi di elementi cellulari degradati
e batteri, può essere facilmente debellato lindano o pasta di
zinco. Il demodex normalmente vive in profondità nella cute,
non in superficie, e non da problemi: QUANDO EMERGE, a
seguito per esempio di quadri infiammatori, DA LESIONI ANCHE
MOLTO IMPORTANTI, si parla di:
• DEMODECIDOSI ERITEMATO SQUAMOSA.
• DEMODECIDOSI PAPULOSA.
• DEMODECIDOSI PUSTOLOSA O ROSACEIFORME.
• LESIONI DISCROMICHE.
Demodex folliculorum.
• BLEFARITE DA DEMODEX. immagine tratta da wikipedia
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Giordano Perin; dermatologia 2: le dermatozoonosi da aracnidi
• SARCOPTERS EQUI.
ALTRI TIPI DI ACARI:
anche altri tipi di acari possono dare QUADRI DERMATITICI o QUADRI ASMATIFORMI se
entrano in contatto con l'uomo, tra questi ricordiamo:
• ACARUS SIRO del grano e della farina.
• LEPYDOGLIPHUS DESTRUCTOR acaro comune delle derrate.
• GLYCYPHAGUS DOMESTICUS acaro domestico.
• CHEYLETIELLA PARASITIVORAX: si tratta di un ecotoparassita di diversi animali, conigli
lepri e roditori soprattutto, ma anche cane e gatto. Nel complesso questo acaro
aderisce alla cute umana ma può mordere provvisoriamente l'uomo provocando:
◦ macule eritematose, pustole e simili.
◦ Prurito variabile a braccia e addome.
IL DERMATOPHAGOIDES:
l'acaro dermatophagoides è l'acaro della polvere responsabile della dermatiti atopiche
allergiche, la reazione immunitaria è mediata in questi casi contro:
• ANTIGENI DELL'ACARO.
• ANTIGENI DELLE FECI DELL'ACARO.
GLI SCORPIONI:
si tratta di animali diffusi soprattutto nelle regioni più calde, tropicali o subtropicali, ma anche
in Italia in piccola misura. Vivono in posti oscuri e bui, pungono solo se disturbati. Nonostante la
puntura sia molto rara questi animali:
• sono capaci di pungere più di una volta.
• Danno punture molto dolorose.
• Possono provocare fenomeni neurotossici o cardiotossici letali.
EUSCORPIUS ITALICUS E FLAVICAUDIS:
sono scorpioni di piccole dimensioni, si muovono nelle ore notturne da nascondigli posti sotto
sassi o vecchi muri. La puntura è simile a quella di una vespa.
Escorpius italicus
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Giordano Perin; dermatologia 3: la borreliosi di Lyme
LA BORRELIOSI DI LYME
la malattia di Lyme è una infezione multisistemica trasmessa da zecche dure del genere ixodes
e dovuta alla proliferazione di una spirocheta, la BORRELIA BURGDORFERI: la malattia di Lyme
è spesso definita GRANDE SIMULATRICE, tende infatti a presentarsi sotto numerose diverse
forme molto spesso confuse con altre patologie. Organi e sistemi principalmente colpiti sono:
• cute.
• Articolazioni.
• Sistema nervoso.
• Cuore.
• Occhi.
ECOLOGIA:
come accennato questa patologia è trasmessa da zecche del genere ixodes che sono zecche
dure; i tipi di ixodes che possono trasmettere la borreliosi di Lime sono molto numerosi:
• RICINUS sicuramente il più comune nelle nostre regioni e nel centro Europa dove la
malattia è molto diffusa.
• GIBBOSUS presente sopratutto in abruzzo e sardegna.
• SCAPULARIS che è principalmente presente nelle regioni nordorientali degli Stati Uniti.
• PACIFICUS che è presente invece nelle regioni più occidentali degli Stati Uniti.
• LOVATUS che veicola la borrelia laconica, non patogena per l'uomo.
• PERSULCATUS tipicamente presente in Russia e nelle regioni del nord della Cina e
Giappone, veicola borrelie patogene.
A sinistra la mappa di
distribuzione della
zecca ixodes ricinus,
a destra una immagine
della zecca.
RESERVOIRES:
come accennato a proposito delle malattie trasmesse da aracnidi, ricordiamo che esistono per
le patologie da zecche due tipi di vettori:
• VETTORI che sono le ZECCHE.
• VETTORI RESERVOIRE: sono animali che
presentano una setticemia, spesso ben
tollerata, da borrelie e che INFETTANO LE
ZECCHE STESSE nel momento in cui queste si
cibano.
Tipici animali RESERVOIRE, essenziali per il
mantenimento del pool batterico nell'ambiente, sono:
• TOPI DI PICCOLE DIMENSIONI.
• VOLATILI, sopratutto marini.
Un tipico esempio è quello dei topi dalle zampe
bianche: questi animali sono spesso un reservoire
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Giordano Perin; dermatologia 3: la borreliosi di Lyme
importante di borrelie. Le zecche del genere ixodes si sviluppano attraverso tre stadi:
• LARVA.
• NINFA.
• STADIO ADULTO.
Per il passaggio da uno stadio all'altro, è richiesto almeno un pasto ematico e molto spesso il
tipo di ospite è lo stesso nei diversi stadi: normalmente quindi la ninfa veicola il batterio a livello
del sangue del topo che si infetta e trasmette la malattia ad altre zecche che ad esso si
attaccano.
MICROBIOLOGIA:
la borrelia burgdorferi è una spirocheta, si tratta di un batterio particolare dal punto di vista
microbiologico:
• piccole ma visibili al microscopio, sono grandi circa 0,2-
0,5µm.
• Microaerofile.
• Necessitano tutte, non solo la borrelia burgdorferi ma
anche la borrelia ricorrentis, di un vettore per poter
infettare l'uomo.
• Hanno necessità nutrizionali particolari: crescono in un
terreno ricco di N-acetil glucosamina, indispensabile a formare il peptoglicano; si utilizza
quindi un terreno detto di BARBOUR STONNER KELLY MODIFICATO ottimizzato per
questo tipo di microorganismi.
• Può presentare dei flagelli in numero variabile da 7 a 11.
• presenta una membrana esterna di superficie composta di tre strati che avvolgono uno
spazio periplasmico contenente il cilindro protoplasmatico.
• Nel complesso la membrana è povera di LPS ma ricca di altre LIPOPROTEINE MOLTO
IMPORTANTI dette OSPS: queste proteine sono codificate da plasmidi presenti nel
citoplasma. Ricordiamo che esistono diversi tipi di OSPS:
◦ Osps maggiori come Osp A-B-C.
◦ Osps minori come Osp D-E-F-G.
La borrelia possiede un cromosoma lineare di 950kB e può contenere un numero
variabile di plasmidi fino ad un massimo di 21, di questi:
◦ 9 sono lineari.
◦ 12 sono circolari.
Alcuni di questi plasmidi possono essere estremamente importanti per la virulenza della
borrelia.
ADATTAMENTO GENICO:
è importante ricordare il fatto che le borrelie devono sopravvivere in due ambiente
completamente differenti tra loro, quello della zecca, dove la temperatura è bassa e ci sono
date condizioni fisiologiche, e quello dell'uomo o del mammifero dove la temperatura è
decisamente superiore ed è presente un sistema immunitario complesso. Complessivamente
possiamo dire che le proteine:
• OSP A, B e D sono espresse principalmente nella infezione della zecca, sopratutto la
proteina D, di cui ancora non è completamente nota la funzione, sembra giochi un ruolo
molto importante.
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Giordano Perin; dermatologia 3: la borreliosi di Lyme
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Giordano Perin; dermatologia 3: la borreliosi di Lyme
PATOGENESI:
come accennato in precedenza, il passaggio dalla zecca al mammifero provoca nella borrelia
modificazioni marcate della espressività genica, nello specifico delle nuove proteine di
superficie espresse:
• alcune sono funzionali a oltrepassare barriere epiteliali e connettivali.
• Altre servono soprattutto a bloccare l'azione immunitaria del complemento.
Le borrelie possono essere molto resistenti alla terapia e malgrado la risposta immunitaria
questi microorganismi possono resistere in alcuni casi alla terapia: generalmente questo non si
verifica salvo appunto l'insorgenza di una forma cronica dettata da una terapia errata.
• Molto spesso la terapia viene impostata con macrolidi contro i quali la borrelia può
sviluppare resistenze importanti.
• La terapia normalmente dovrebbe essere basata su AMOXICILLINA e DOXICICLINA.
FATTORI CHE FAVORISCONO LO SVILUPPO DELLA MALATTIA:
oltre alla terapia inadeguata, possiamo riconoscere diversi fattori capaci di favorire l'insorgenza
di una infezione:
• FATTORI LEGATI ALLA BORRELIA:
◦ MECCANISMI UTILI A SFUGGIRE AL SISTEMA IMMUNITARIO:
▪ molte borrelie esprimono proteine di superficie, in particolare:
• BBK32, che vanno ad INATTIVARE IL COMPLEMENTO, in particolare C3b. SI
TRATTA DI PROTEINE CRASP, proteine di superficie che interagiscono con il
complemento.
• OSP E-F e BBA68 che interferiscono con la attivazione della via alternativa del
complemento.
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Giordano Perin; dermatologia 3: la borreliosi di Lyme
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Giordano Perin; dermatologia 3: la borreliosi di Lyme
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Giordano Perin; dermatologia 3: la borreliosi di Lyme
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Giordano Perin; dermatologia 3: la borreliosi di Lyme
◦ Artriti acute.
◦ Artriti croniche.
Generalmente la articolazione colpita è quella più vicina alla sede della puntura originale.
• NEUROLOGICHE sono forme molto varie, da parestesie a encefaliti e meningoencefaliti
a paralisi del nervo facciale.
• FORME CRONICHE POSSONO SIMULARE PRATICAMENTE QUALSIASI COSA.
• SINTOMATOLOGIA GENERALE solita.
BORRELIOSI CRONICHE:
le borreliosi croniche sono forme che si sviluppano molto a lungo nel tempo, possiamo
registrare:
• FORMA TARDIVA con interessamento sistemico che progredisce peggiorando senza che
sia possibile, di fatto, fare molto. Questi pazienti hanno valori di IgG molto molto alti
mentre la sierologia per le IgM è fondamentalmente sempre negativa.
• ARTRITI CRONICHE come descritto in precedenza.
• FORME CRONICHE con IgG e IgM variamente positive possono manifestarsi in modo
significativo: ci possono essere dei periodi di GUARIGIONE APPARENTE E LA MALATTIA
PUÒ RICOMPARIRE ANCHE AD ANNI DI DISTANZA.
• POST LYME DISEASE SYNDROME: si tratta di sindrome che si manifesta tipicamente
dopo la GUARIGIONE DAL MORBO DI LYME, anche con trattamento antibiotico
adeguato infatti È POSSIBILE CHE LA SINTOMATOLOGIA PROSEGUA NEL TEMPO E NON
SI RISOLVA.
RIATTIVAZIONE:
la riattivazione della malattia può avvenire anche ad anni di distanza a causa di eventi
traumatici o di stress come:
• traumi.
• Infezioni.
• Gravidanza.
• Stress.
DIAGNOSI:
LA DIAGNOSI DI BORRELIOSI DI LYME PREVEDE IL RITROVAMENTO DELLA BORRELIA NELLA
CUTE LESA quando possibile. In assenza di questo tipo di possibilità si possono eseguire
ricerche molto diverse:
• NELLE PRIME FASI DELLA MALATTIA le COLTURE SONO ESTREMAMENTE UTILI E
IMPORTANTI.
• NELLE FASI SUCCESSIVE DELLA MALATTIA le colture sono SPESSO NEGATIVE e si
preferisce in termini diagnostici la PCR.
• TEST SIEROLOGICI che si basano sulla dimostrazione della presenza delle
immunoglobuline POSSONO RISULTARE NEGATIVI PER MOLTE SETTIMANE dalla
infezione: questo è dovuto, probabilmente, ai meccanismi di mascheramento che la
borrelia utilizza come descritto in precedenza.
L'utilizzo di test sierologici non è consigliato per lo screening della malattia: la specificità
di questo test è piuttosto bassa e spesso si hanno dei falsi positivi, la sua applicazione è
consigliata unicamente se c'è un forte sospetto di moro di Lyme.
VALUTAZIONE DEI TEST SIEROLOGICI:
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Giordano Perin; dermatologia 3: la borreliosi di Lyme
la valutazione dei test sierologici è molto importante, si eseguono generalmente due test
distinti in successione:
• ELISA: test ad immunofluorescenza dotato di alta sensibilità, individua una serie di
pazienti positivi tra cui sicuramente alcuni falsi. I casi positivi o borderline vengono
indagati ulteriormente.
• IMMUNOBLOT (western blot) a questo punto il test può risultare positivo, negativo e
borderline. Nel complesso possiamo dire che se il test risulta positivo per gli stadi I e II si
attende l'evoluzione della risposta immune, nel caso in cui il paziente sia allo stadio III
allora si attende e si cerca di impostare una nuova terapia.
È importante ricordare che in alcuni casi si assiste alla formazione di immunocomplessi
circolanti: gli immunocomplessi sembra siano la causa di frequenti negatività sierologiche
tipiche della forma cronica.
Il gold standard diagnostico resta quindi l'isolamento e la coltura della borrelia.
PREVENZIONE:
non sono indicate terapie antibiotiche preventive salvo i casi in cui il rischio si considera molto
elevato, normalmente è importante ricordare:
• norme preventive basilari come l'utilizzo di vestiti ben chiusi e preferibilmente bianchi,
così da vedere meglio la zecca.
• Repellenti e insetticidi, non si sono dimostrati molto efficaci:
◦ N,N dimetil metatoluamide.
◦ Permetrina, piretoide sintetico in forma di spry.
• Controllo della cute.
• Rimozione delle eventuali zecche tramite pinzette, cercare di afferrare la zecca per la
parte più anteriore della stessa.
• Disinfezione della ferita.
• Uso eventuale di olio.
TERAPIA:
la terapia per la forma acuta di borreliosi di Lyme prevede:
• ANTIBIOTICI DI PRIMA SCELTA:
◦ amoxicillina.
◦ Doxiciclina.
• ANTIBIOTICI DI SECONDA SCELTA come il cefuroxime.
L'utilizzo di altri antibiotici in questa fase è sconsigliato.
Nel trattamento delle forme tardive generalmente non si utilizzano MACROLIDI ma altri
antibiotici derivati della penicillina o di altre categorie come ceftriaxone, cefotaxime,
doxiciclina.
La possibilità di scatenare con il trattamento una reazione di Jarish-Herxheimer è relativamente
frequente, come accennato in precedenza questa situazione non viene trattata e si risolve
automaticamente in qualche giorno (2-3 giorni).
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Giordano Perin; dermatologia 4: le dermatozoonosi da insetti
DERMATOZOONOSI DA INSETTI
gli INSETTI sono una GRANDE CLASSE DI ESSERI VIVENTI suddivisibile in diversi ORDINI (25
secondo lo schema classic), nello specifico qui ricordiamo:
• coleotteri a loro volta suddivisibili in SCARABEI COCCINELLE E TARLI.
• Lepidotteri a loro volta suddivisibili in FARFALLE E FALENE.
• Imenotteri cioè API E VESPE.
• sifonatteri cioè le PULCI.
• isotteri cioè le TERMITI.
• Anopluri cioè i PIDOCCHI.
• Ditteri cioè ZANZARE MOSCHE E TAFANI.
• Eteropteri in particolare rincoti heteroptera cioè le CIMICI.
Vengono trattate in questo capitolo anche le dermatozoonosi da MIRIAPODI: i miriapodi non
sono degli insetti ma costituiscono una ulteriore classe di esseri viventi che comprende:
• MILLEPIDEI o DIPLOPODI.
• CENTIPIEDI o CHILOPODI.
MIRIAPODI:
i miriapodi si dividono in MILLEPIEDI e CENTIPIEDI.
MILLEPIEDI:
sono animali che producono sostanze irritanti che vengono spruzzate o che si collocano su peli
che presentano una forte azione irritante; ricordiamo:
• taumatopoea pytocampa o processionaria.
• Euproctis chrysorrohea.
LA PROCESSIONARIA:
tra i millepidei non possiamo non ricordare LE PROCESSIONARIE del pino e della quercia: si
tratta di animali CHE NELLO STADIO LARVALE SI
PRESENTANO COME MILLEPIEDI dotati di piccoli peli irritanti
sulla superficie. Raggiunto lo stadio adulto questi millepiedi
evolvono allo stadio adulto di farfalla triangolare. Si muovono
in fila indiana in gruppi numerosi.
Dal punto di vista dermatologico il contatto con questi
animali provoca:
• dermatite importante: vescicole che si dispongono a
distanza simile a quella dei peli irritanti dell'animale.
• Il veleno se assorbito in quantità abbondante può
portare ad avere sforzi di vomito. Processionaria o taumatopoea
pytocampa.
• Febbre. immagine tratta da wikipedia
1
Giordano Perin; dermatologia 4: le dermatozoonosi da insetti
di colore bianco.
CENTOPIEDI:
mentre i millepiedi agiscono producendo sostanze irritanti la cute del paziente, i centopiedi
mordono il loro aggressore provocando quadri di dermatiti quindi differenti.
SCOLOPENDRA CINGULATA:
Scolopendra cingulata.
INSETTI:
come accennato gli insetti appartengono a numerosi e diversi ordini e all'interno di ciascun
ordine troviamo diversi animali.
COLEOTTERI:
si tratta di coccinelle, scarabei e tarli fondamentalmente: sono animali non pericolosi per
l'uomo.
ISOTTERI:
sono le termiti, animali infestanti il legno, non pericolosi per l'uomo.
LEPIDOTTERI
farfalle e falene, assolutamente non pericolosi per l'uomo.
ANOPLURI:
gli anopuri sono invece un ordine di insetti potenzialmente capaci di interessare l'uomo, nello
specifico SI TRATTA DI PIDOCCHI. I pidocchi sono responsabili di dermatosi pruginose con
diverse localizzazioni, ricordiamo:
• PEDICULUS HUMANUS CAPITIS il pidocchio del cuoio capelluto:
◦ la sua presenza non è correlata in alcun modo all'igiene personale.
◦ Capelli corti rendono il contagio più facile, ma anche la eradicazione.
◦ Può colpire anche le ciglia.
In questi casi:
◦ prurito intenso a livello delle regioni occipitali e retroauricolari.
◦ Può essere presente infezione ed escoriazione secondaria al grattamento.
◦ Si possono ritrovare parassiti e ledini.
2
Giordano Perin; dermatologia 4: le dermatozoonosi da insetti
Pediculosis capitis, a
sinistra ledini su
capelli umani, a destra
l'effetto di una serie di
morsi sul collo.
• PEDICULUS HUMANUS CORPORIS che colpisce il torace e l'addome, questi insetti non si
collocano sulla cute ma sui vestiti, è sufficiente lavare i vestiti per risolvere il problema.
Dal punto di vista pratico la dermatite si manifesta con:
◦ PAPULE URTICARIODI ed EMORRAGICHE.
◦ NESSUNA TRACCIA DEL PARASSITA SULLA CUTE.
Provocano fondamentalmente dei piccoli POMFI.
Si verificano spesso in homeless e vagabondi.
• PHTHIRUS PUBIS: pidocchi che attaccano la regione pubica, questa parassitosi si cura
con un unguento a base di mercurio. Si tratta di una malattia
paravenera che si manifesta con:
◦ prurito a livello genitale, molto forte, può provocare anche
escoriazioni e croste emorragiche.
◦ Permanenza di macule dette cerulyre a livello della parte
alta delle cosce: l'animale produce sostanze anticoagulanti
che producono questo tipo di manifestazione.
A prescindere dalla localizzazione della malattia, il pidocchio, ad Pediculosis pubis.
immagine tratta da wikipedia
eccezione della pediculosi del torace, si attacca al pelo umano e
produce delle LENDINI, le uova, che si attaccano a loro volta al pelo, queste possono essere
suddivise in due categorie:
• lendini vitali che si collocano vicine allo sbocco del pelo sulla cute: sono indicative di una
patologia in fase di sviluppo e vanno curate energicamente.
• Lendini non vitali che si collocano invece lontane dallo sbocco del pelo: non è necessaria
una terapia importante, è sufficiente lavarle.
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Giordano Perin; dermatologia 4: le dermatozoonosi da insetti
4
Giordano Perin; dermatologia 4: le dermatozoonosi da insetti
di:
• sostanze a basso peso molecolare prevalentemente vasoattive o eventualmente
neuroattive.
• Sostanze ad alto peso molecolare prevalentemente sostanze in grado di degradare
localmente i tessuti, collagenasi, metaloproteasi e simili.
• Peptidi tra cui chinine e molecole chemiotattiche.
CLASSIFICAZIONE DELLE REAZIONI:
la reazione alla puntura da imenottero può presentare caratteri differenti:
• REAZIONI LOCALI: reazione in sede di puntura con diametro superiore a 10cm della
durata di più di 24 ore.
• REAZIONI SISTEMICHE a loro volta classificabili in quattro gradi:
◦ GRADO I: orticaria generalizzata, prurito, malessere e ansietà.
◦ GRADO II: dove si accompagnano i sintomi precedenti associati a una o due delle
seguenti sintomatologie:
▪ angioedema, importante e sufficiente a definire un secondo grado.
▪ Costrizione toracica.
▪ Nasuea, vomito, diarrea.
▪ Dolore addominale.
▪ Vertigini.
◦ GRADO III se sono presenti i sintomi del grado I accompagnati da uno o più dei
seguenti:
▪ dispnea, affanno, stridore polmonare.
▪ Disfagia.
▪ Disartria.
▪ Debolezza.
▪ Afonia.
▪ Confusione mentale e sensazione di morte imminente.
◦ GRADO IV dove ai sintomi precedenti si accompagnano quadri di compromissione
più importanti quali: ipotensione, collasso cardiocircolatorio, perdita di coscienza,
incontinenza fecale e urinaria, cianosi.
• REAZIONI INUSUALI
DITTERI:
ordine di insetti classificabile in tre sottoordini:
• ciclorrafi cioè le mosche della frutta.
• Brachiceri cioè mosche e tafani.
• Nematoceri cioè flebotomi e culicidi.
NEMATOCERI:
i nematoceri si classificano in:
• FLEBTOMI: insetti di piccole dimensoni che non volano a lungo, saltano, e sono capaci di
oltrepassare le zanzariere normali che, per impedire il loro ingresso, devono essere
cosparse di insetticida.
• CULICIDI o ZANZARE tra cui ricordiamo zanzara anopheles e zanzara culex, aedes,
culliseta e mansonia.
ZANZARE:
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Giordano Perin; dermatologia 4: le dermatozoonosi da insetti
le zanzare sono un importante problema per la salute pubblica globale vista la loro capacità di
veicolare malattie anche molto pericolose:
• MALARIA.
• FILARIASI.
• INFEZIONI VIRALI importanti come:
◦ febbre gialla.
◦ Dengue: trasmessa da tre o quattro
specie virali differenti, questa
malattia può presentarsi informa:
▪ influenzale, assolutamente non
pericolosa.
▪ Purpurica, molto grave.
La gravità della forma del dengue sembra sia correlata alla SOVRAPPOSIZIONE DI
CEPPI VIRALI SIMILI, ma non identici, CHE INTERAGENDO PROVOCANO QUESTO
QUADRO INFETTIVO GRAVISSIMO.
◦ Encefalite equina.
◦ Encefalite giapponese.
Si tratta di flavoviridae, sono dei virus molto importanti dal punto di vista infettivo:
appartengono alla classe DEGLI ARBOVIRUS, cioè virus veicolati da artropodi 1.
Esistono numerosissime specie diverse di zanzare nel mondo e solo una certa parte di queste è
in grado di pungere l'uomo; ricordiamo alcune delle più comuni:
• CULEX PIPIENS: piccoli insetti dotati di dimorfismo sessuale, investono un territorio
molto ampio e possono essere suddivise in diversi gruppi patogeni, differenti in
pericolosità.
• ANOPHELES LABRANCHIAE si tratta della zanzara che veicolava la malaria in Italia,
ancora presente in alcune zone ma fondamentalmente debellata grazie all'uso di
insetticidi.
• AEDES ALBOPICTUS o zanzara tigre, di recente diffusione in Italia è più piccola delle
altre zanzare ma è molto aggressiva e provoca bolle e gonfiori. Non trasmette
particolari patologie.
Nella stragrande maggioranza dei casi in Italia provocano solo una reazione alla puntura, non
trasmettono malattie particolari:
• SEMPLICI PUNTURE.
• STROCULO: è una reazione dovuta alla puntura della zanzara, più o meno importante,
ma dipendente dal soggetto, non dalla zanzara.
BRACHICERI:
sono classificabili in due grandi categorie:
• TAFANI che provocano reazioni cutanee fastidiose ma limitate, non particolarmente
dolorose, ma non sono in grado di dare infestazioni.
• MOSCHE che invece sono in grado di causare MIIASI cioè infestazioni CAUSATE DA
LARVE DI MOSCHE, si dividono in:
◦ PRIMARIE dove la larva invade il tessuto sano, succede spesso nei bambini nei paesi
del terzo mondo.
1 Molto importante è sicuramente il virus della TBE o thick born encefalitis o FSME fritz sommer meningoencefalitis.
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Giordano Perin; dermatologia 4: le dermatozoonosi da insetti
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Giordano Perin; dermatologia 5: la leishmaniosi
LEISHMANIOSI
1
Giordano Perin; dermatologia 5: la leishmaniosi
FORME:
a seconda del tipo di Leishmania con cui l'uomo entra in contatto e a seconda della risposta
immunitaria che è in grado di montare possiamo individuare diversi tipi di LEISHMANIOSI:
• LEISHMANIOSI CUTANEA O BOTTONE D'ORIENTE causata soprattutto da leishmanie
tropica, major, mexicana ed infartum.
• LEISHMANIOSI MUCO-CUTANEA O ESPUNDIA causata da leishmanie brasiliensis e
aethopica.
• LEISHMANIOSI VISCERALE O KALA-AZAR causata soprattutto da leishmanie donovani e
infartum.
EPIDEMIOLOGIA DELLE DIVERSE FORME DI LEISHMANIA:
gli individui a rischio per contatto con la leishmania sono circa 350 milioni nel mondo, gli affetti
sono circa 12 milioni: il problema è quindi abbastanza esteso e rilevante. Dei nuovi casi registrati
in un anno:
• 1.500.000 sono i casi si LEISHMANIOSI CUTANEA
• 500.000 sono i casi di LEISHMANIOSI VISCERALE.
In Italia i nuovi casi sono circa 50-150 all'anno con focolai di infezione rilevanti nelle zone
abruzzesi.
In linea genearale nel mondo la LEISHMANIOSI CUTANEA È MOLTO PIÙ PRESENTE rispetto a
quella viscerale.
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Giordano Perin; dermatologia 5: la leishmaniosi
LA LEISHMANIOSI CUTANEA:
la leishmaniosi cutanea può essere suddivisa in tre grandi categorie:
• LEISHMANIASI CUTANEA SPORADICA endemica nel bacino mediterraneo, Italia
compresa soprattutto al sud, presenta:
◦ come principale reservoire i cani che sono infetti fino a percentuali del 25%.
◦ trasmissione prevalentemente estiva per il ciclo vitale dei vettori probabilmente.
La malattia interessa solo le regioni scoperte e sede di puntura, nello specifico si
sviluppa in questo modo:
◦ presenta una incubazione di 6-12 mesi.
◦ Si presenta con un'unica lesione che evolve in tre fasi:
▪ papula eritemato cianotica.
▪ Nodulo con fine desquamazione.
▪ Nodulo con squamo crosta aderente.
◦ La malattia si è autorisolutiva in 6-12
mesi e la guarigione non comporta mai
la formazione di cicatrici.
CARATTERI DELLA LESIONE:
la lesione è caratteristica della
Leishmaniosi nella stragrande
maggioranza dei casi anche se può
presentarsi in modo lievemente differente,
si tratta di un NODULO:
◦ zona periferica eritematosa.
◦ Zona intermedia di desquamazione.
◦ Zona centrale ulcerata con crosta
Leishmaniosi cutanea, la lesione è piuttosto
brunastra. avanzata e francamente crostosa nella parte
Esistono poi diverse varianti cliniche come centrale, eritematosa nelle sue parti periferiche.
immagine tratta da wikipedia
il nodulo secco, umido, infiltrativo,
cheloideo e cronico.
• LEISHMANIASI CUTANEA ANTROPONOTICA con diffusione interumana che, come
accennato, riguarda solo due specie di leishmania, è molto diffusa in medio e vicino
oriente. Questa forma si può presentare in due modi:
◦ SECCA causata da L.Tropica che è endemica in alcune regioni del mediterraneo a sud
est soprattutto e in Africa, si caratterizza per:
▪ contagio interumano e trasmissione mediata, eventualmente, da Phlebotomus
Sergenti.
▪ Andamento cronico e recidivante.
La lesione è simile alla lesione da leishmaniosi sporadica.
◦ UMIDA causata da L.Major, è endemica nelle regioni semidesertiche.
▪ Il serbatoio sono i roditori selvatici.
▪ L'incubazione è di circa 2-4 settimane.
La lesione cutanea è lievemente differente e si manifesta come LESIONE ULCERO
CROSTOSA, MOLTO SPESSO MULTIPLA.
• LEISHMANIASI CUTANEA ZOONOTICA che invece è più comune in Europa: la lesione
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Giordano Perin; dermatologia 5: la leishmaniosi
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Giordano Perin; dermatologia 5: la leishmaniosi
• febbre.
• Cachessia.
• Epatosplenomegalia, soprattutto l'ingrossamento della milza risulta evidente.
• Manifestazioni ematiche importanti: anemia, trombocitopenia e leucopenia. La
leucopenia in particolare interessa i NEUTROFILI mentre si osserva un incremento
relativo di EOSINOFILI, LINFOCITI E MONOCITI MACROFAGI.
• Ipergammaglobulinemia ed ipoalbuminemia.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE:
la diagnosi differenziale diventa importante soprattutto rispetto a PATOLOGIE CHE POSSONO
PROVOCARE LA FORMAZIONE DI ORGANOMEGALIE abbastanza comuni soprattutto ai tropici,
e DISORDINI MIELOPROLIFERATIVI.
LA RISPOSTA IMMUNITARIA:
le modalità con cui il soggetto esprime la sua risposta immunitaria sono molto importanti dal
punto di vista clinico, infatti:
• I LINFOCITI DI TIPO TH1 svolgono un ruolo fondamentale nella eradicazione della
malattia, si tratta infatti di patogeni intracellulari.
• I LINFOCITI DI TIPO TH2 se iperattivati invece non sono in grado di dare una risposta
efficace nei confronti di questo patogeno.
Mediatore fondamentale della risposta immunitaria è quindi L'INTERFERON GAMMA.
La risposta immunitaria del paziente È UNA RISPOSTA DI TIPO GRANULOMATOSO: si formano
dei granulomi la cui funzione è quella di LIMITARE LA ESPANSIONE DELLA INFEZIONE grazie
alla ATTIVAZIONE MACROFAGICA MEDIATA DAI LINFOCITI DI TIPO TH1.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE NELLA LEISHMANIOSI CUTANEA:
vista la analogia in termini di risposta immunitaria è fondamentale riuscire a distinguere questa
forma infettiva da altre patologie importanti quali:
• tubercolosi verrucosa.
• Lebbra lepromatosa.
E altre patologie granulomatose importanti. La diagnosi differenziale è possibile tramite la
valutazione ISTOLOGICA E CITOLOGICA del quadro: l'amastigote appare evidente alla
osservazione con microscopio ottico con colorazione Giemsa, si tratta di un corpuscolo
ovaloide dotato di un NUCLEO evidente e più grande e di un CINETOPLASTO la forma
mitocondriale precedentemente descritta.
DIAGNOSI:
la diagnosi è variabile in relazione alla forma presa in considerazione:
• FORMA CUTANEA si esegue un esame citodiagnostico con Giemsa, nello specifico
ricordiamo che si possono identificare i corpi di Leishman-Donovan:
◦ nei macrofagi.
◦ Liberi.
Nelle forme CRONICHE dove è più difficile individuare il parassita nel macrofago, è
eventualmente possibile eseguire un esame istologico . Altre metodiche di indagine
sono sicuramente:
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Giordano Perin; dermatologia 5: la leishmaniosi
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
PSORIASI
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
▪ Ace inibitori.
▪ Sali di litio.
▪ FANS.
▪ Tetracicline.
▪ Antimalarici di sintesi.
▪ Estrogeni.
◦ Alcol.
◦ Stress.
◦ Traumi.
• ENDOGENI come:
◦ infezioni virali e batteriche.
◦ Ipocalcemia che interessa soprattuttto le forme pustolose.
◦ Gravidanza.
◦ Obesità.
◦ Fattori psicologici.
FATTORI IMMUNOLOGICI:
i fattori immunologici sono ALLA BASE della malattia infiammatoria, nel complesso possiamo
dire che c'è una forma di cross talk che innesca un circolo vizioso infiammatorio dove:
• i cheratinociti della cute, attivati impropriamente, rilasciano antigeni e citochine in
grande quantità.
• Le citochine attivano i linfociti T che a loro volta rilasciano grandi quantità di citochine
inducendo un processo infiammatorio locale.
Il processo infiammatorio locale stimola in maniera ancora maggiore i cheratinociti ad esporre
antigeni e a produrre fattori infiammatori.
IL PROCESSO DI IMMUNIZZAZIONE:
il processo che scatena la reazione cutanea è un classico processo infiammatorio specifico
scatenato da antigeni PRESENTI A LIVELLO CUTANEO. È importante ricordare che:
• gli antigeni presenti in situ vengono elaborati dalle APC locali, le cellule dendritiche.
• Le cellule dendritiche si portano verso i linfonodi locali.
• A livello dei linfonodi locali vengono stimolati linfociti di tipo TH1.
• I linfociti TH1 stimolano una risposta infiammatoria locale.
• Si attivano i linfociti T CD8+, linfociti ad attività CITOTOSSICA.
• La attività CITOTOSSICA e la STIMOLAZIONE CITOCHINICA STIMOLANO E ACCELERANO
IL TURNOVER DEI CHERATINOCITI.
Nel complesso si forma un infiltrato infiammatorio composto di:
• cheratinociti.
• Macrofagi.
• Neutrofili.
• Cellule NK.
• Cellule endoteliali.
le pustole della psoriasi sono QUINDI PUSTOLE STERILI, non vanno trattate con antibiotici ma
con cortisone.
LE CITOCHINE COINVOLTE:
le citochine coinvolte nel processo infiammatorio sono numerose e importanti:
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
• VOLGARE che da delle lesioni circolari, si tratta della forma maggiormente diffusa.
• NUMMLARE caratterizzata da lesioni di dimensioni maggiori ma sempre localizzate e
relativamente piccole.
• IN PLACCHE caratterizzata dalla presenza di lesioni di grosse dimensioni.
• REUPIACEA caratterizzata dalla presenza di lesione netta, di gradi dimensioni e
biancastra.
• CERCINATA DI BLOCH caratterizzata ancora una volta dalla presenza di un cercine.
La malattia è molto polimorfa e può assumere aspetto simile a lesioni da linfoma cutaneo.
LOCALIZZAZIONI CARATTERISTICHE:
le varianti topografiche della malattia possono essere molto importanti, ricordiamo tuttavia
che la psoriasi solitamente colpisce:
• cuoio capelluto.
• Sede retroauricolare.
• Gomiti.
• Ginocchia.
• Sacro.
• Aree estensorie.
• Unghie dove da vita alla ONICOPATIA PSORIASICA caratterizzata da:
◦ depressioni cupuliformi.
◦ Solchi di Beau.
◦ Eritema sub ungueale.
◦ Onicolisi.
Tutti e quattro i segni sopra citati devono essere presenti per definire una onicopatia
psoriasica.
Molto spesso la psoriasi arriva a colpire il polpastrello provocando desquamazioni
croniche dello stesso.
FORME PARTICOLARI:
• PSORIASI INVERSA così definita in quanto colpisce le
parti flessorie degli arti:
◦ nel bambino è simile ad una dermatite atopica.
◦ Nell'adulto si manifesta in particolare:
▪ sotto la mammella.
▪ Inguini.
▪ Pieghe della pancia.
• PSORIASI MINIMA particolarmente piccola e in sedi
particolarmente difficili da analizzare, in particolare
interessa:
◦ condotto uditivo esterno.
◦ Zona retroauricolare.
◦ Palpebre.
Si accompagna ad onicopatia psoriasica molto spesso.
• PSORIASI PSINULOSICA che si caratterizza per:
◦ una elevata frequenza nei bambini. Psoriasi inversa.
◦ Si localizza a livello di gomiti e ginocchia. immagine tratta da PHIL
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
ISTOPATOLOGIA:
dal punto di vista istopatologico possiamo identificare diversi tipi di lesioni:
• acantosi cioè aumento dello spessore dello strato corneo.
• papillomatosi caratterizzata dalla presenza di papille dermiche aumentate in numero e
volume.
• Paracheratosi vera, come accennato facilmente diagnosticabile con l'utilizzo
dell'EOSINA dove la assenza dello strato granuloso della cute consente a questo
colorante di penetrare nella cute circostante la lesione e di dare alla stessa, nell'arco di
un paio di giorni, una colorazione rosacea.
• Pustole chiaramente individuabili al microscopio.
• Infiltrato perivascolare linfocitario.
FORME DI PSORIASI GRAVE:
le forme di psoriasi grave sono fondamentalmente TRE:
• pustolosa generalizzata, forma pustolosa molto grave.
• Eritrodermica: si manifesta con un arrossamento generalizzato della cute, può essere
determinato dalla azione di una enorme quantità di mediatori differenti e da agenti
esogeni molto differenti.
• Artropatica, grave forma di psoriasi che colpisce le articolazioni.
PSORIASI PUSTOLOSA:
la psoriasi pustolosa può essere LOCALIZZATA O GENERALIZZATA. Tutte queste forme
localizzate o sistemiche presentano un caratteristico quadro istologico con PUSTOLE
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
È importante ricordare che alcune forme allergiche a farmaci dette AGEP possono simulare
questo tipo di patologia e provocare danni anche molto seri.
PSORIASI PUSTOLOSA DI HEBRA-KAPOSI
si tratta di una forma che emerge tipicamente durante la gravidanza e risulta difficile da
trattare in quanto MOLTI FARMACI ANTIPSORIASICI SONO TERATOGENI.
PSORIASI ERITRODERMICA:
il quadro tipico della psoriasi in questo ambito viene completamente perso a causa di forti
alterazioni della vascolarizzazione superficiale della cute che assume un colorito rossastro; a
queste manifestazioni si associano:
• incremento della temperatura della cute.
• Sudorazione.
• Perdita di altre funzioni della cute.
Molte funzioni omeostatiche possono risultare in quest'ambito perse a causa della alterazione
della cute: mentre in un primo periodo queste deformazioni sono ben tollerate, con il
perdurare della condizione patologica possono assumere un connotato anche molto grave.
ARTROPATIA PSORIASICA:
si tratta di una ARTRITE INFIAMMATORIA normalmente con fattore reumatoide negativo
ASSOCIATA ALLA PSORIASI, si tratta di un quadro relativamente raro:
• l'incidenza nella popolazione è dello 0,02-0,1%.
• l'incidenza nella popolazione si psoriasici arriva fino al 5-7%.
EZIOPATOGENESI E CLASSIFICAZIONE:
la eziopatogenesi della patologia artritica non è del tutto chiara, si ipotizzano diverse cause:
• FISICA.
• IMMUNOLOGICA.
• VASCOLARE.
• INFETTIVA.
dove ogni ipotesi si accompagna ad una teoria ben precisa.
I fattori scatenanti sono presumibilmente di natura PSICOGENETICA o FARMACOLOGICA.
Anche la classificazione è controversa, distinguiamo infatti diverse forme di psoriasi articolare:
• CLASSIFICAZIONE DI MOLL E WRIGHT che identifica le psoriasi articolari:
◦ oligoarticolare asimmetrica.
◦ Simmetrica simil reumatoide.
◦ Mutilante.
◦ Spondilitica.
• CLASSIFICAZIONE SECONDO FILZI che invece identifica delle forme
◦ OLIGOARTICOLARE.
◦ POLIARTICOLARE.
◦ ASSIALE.
TRATTAMENTO CLINICO DELLA PSORIASI:
la psoriasi come accennato è fondamentalmente una malattia estremamente POLIMORFA e
questa va anzitutto inquadrata in termini di gravità; per fare questo si utilizza la
CLASSIFICAZIONE PASI o PSORIASIS AREA SEVERITY INDEX che tiene conto di fattori correlati
a:
• A area interessata.
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
• E Eritema.
• I Infiltrazione.
• D Desquamazione.
• P Pustolazione.
Tutti i parametri sono valutati in una scala da 1 a 4 e il risultato influenza in modo importante la
terapia come vedremo.
In presenza di forme gravi con coinvolgimento articolare per valutare la entità del
coinvolgimento stesso si utilizza il si test RITCHE: questo test valuta tutte le articolazioni del
corpo e consente di dare una valutazione dello stato complessivo del paziente. La scelta di un
test rispetto ad altri è dettata non tanto dalla sua particolare efficacia quanto dalla necessità di
avere un test di riferimento.
LA TERAPIA:
la terapia si svolge con diversi presidi:
• TERAPIA TOPICA in presenza di PASI INFERIORE A 6, prevede l'uso di:
◦ preparati galenici o preparati magistrali, sono fondamentalmente dei preparati misti
elaborati direttamente dal farmacista sulla base di indicazioni precise, contengono:
▪ Coloranti come la eosina introdotta molto tempo fa e tuttora efficace ma anche
violetto di genziana, verde malachite e fucsina basica.
▪ Emollienti come UREA (10-20%) e COLESTERINA che aiuta a ripristinare il turnover
cellulare (10%)
▪ Cherainolitici che sciolgono le squame prodotte dalla malattia, si utilizzano
ancora UREA ma a concentrazioni maggiori, sopra il 20%, acido salicidico e
resorcina.
▪ Riducenti che hanno la funzione di eliminare l'eritema sottostante le squame; si
utilizzano catrami, mercuriali e antrachinolitici. Il catrame è particolarmente
utilizato anche se presenta degli svantaggi in termini di praticità ed è
probabilmente cancerogeno, il suo uso inoltre è controindicato in presenza di:
• psoriasi irritabile.
• Psoriasi pustolosa generalizzata.
• Psoriasi inversa.
• Psoriasi eritrodermica.
◦ Cortisonici: i cortisonici possono essere estremamente utili ma il loro uso è
sconsigliato in quanto IL TRATTAMENTO CORTISONICO UNA VOLTA SOSPESO DA
VITA FREQUENTEMENTE A RECIDIVE VIOLENTE che possono portare a quadri
peggiori rispetto a quelli iniziali.
◦ Derivati della D3, si utilizzano in particolare:
▪ calcitriolo.
▪ Calcipotriolo.
▪ Tacalcitolo.
◦ RETINOIDI estremamente utili e dotati di scarsa tossicità, possono essere utilizzati:
▪ retinoidi naturali come reinolo, retinaldeide e acido retinoico.
▪ Retinoidi sintetici come etretinato, acitretina, adapalene e tazarotene:
quest'ultimo in particolare è una forma topica tipicamente utilizzata per la
psoriasi.
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
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Giordano Perin; dermatologia 6: la psoriasi
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Giordano Perin; dermatologia 7: la dermatite atopica
DERMATITE ATOPICA
con il termine dermatite atopica si indica generalmente una dermatite di origine non
completamente nota: dal punto di vista clinico si tratta di un complesso di manifestazioni
infiammatorie cutanee recidivanti che si inseriscono in un quadro più complesso detto di
ATOPIA. Le manifestazioni tipiche della ATOPIA sono manifestazioni che possono interessare
diversi organi e apparati:
• cute con le manifestazioni caratteristiche della dermatite.
• Occhi dove si manifesta fondamentalmente come CONGIUNTIVITE.
• alte vie respiratorie dove si manifesta per esempio con RINITI.
• Basse vie respiratorie dove si manifesta generalmente con QUADRI ASMATIFORMI.
Dove tutti i quadri sono determinati da una ipersensibilità ad antigeni presenti normalmente
nell'ambiente. Le manifestazioni cutanee e non si presentano su base COSTITUZIONALE e un
tempo venivano definite:
• eczema atopico.
• neruodermatite diffusa.
Dal punto di vista eziologico è importante ricordare che tre fattori sono molto rilevanti,
nell'ordine:
• FATTORI GENETICI PREDISPONENTI a carattere MULTIFATTORIALE.
• FATTORI AMBIENTALI spesso chiari o chiariti dal punto di vista clinico.
• FATTORI PSICOLOGICI: in presenza di stress psicologici prolungati, soprattutto
nell'infanzia, il rischio di sviluppare una dermatite atopica triplica.
EPIDEMIOLOGIA:
la atopia è un fenomeno ESTREMAMENTE SVILUPPATO IN DIVERSI PAESI DEL MONDO,
soprattutto nei PAESI IN VIA DI SVILUPPO. Ricordiamo che:
• La dermatite atopica al pari dell'asma è TRIPLICATA IN EUROPA negli utili anni,
soprattutto nei paesi a nord. Possiamo dire che la prevalenza risulta:
◦ nell'infanzia del 10-20% circa.
◦ Nell'età adulta dell'1-3%.
• Ha una maggiore incidenza nelle zone industrializzate dove si sviluppano fenomeni di
inquinamento e di propagazione di sostanze chimiche.
Possiamo dire che la suddivisione in termini di età della patologia è molto netta:
• 75% dei fenomeni si sviluppa entro i primi due anni di vita.
• 2% dei fenomeni si sviluppa nell'età adulta o nell'adolescenza: si tratta di forme a gravità
maggiore di solito.
È inoltre importante sottolineare il fatto che l'80% dei bambini affetti da dermatite atopica
guarisce entro il terzo anno di età.
FISIOPATOLOGIA:
come accennato i fattori causali di questo tipo di patologia sono molto vari e sicuramente
riconducibili a problemi:
• GENETICI.
• AMBIENTALI.
• PSICOLOGICI.
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Giordano Perin; dermatologia 7: la dermatite atopica
Numerosi fattori genetici sono stati chiamati in causa per giustificare questo tipo di patologia,
nello specifico ricordiamo i loci dei cromosomi:
• 11q: questo locus ospita il gene che codifica per la catena beta del recettore per IgE.
• 5q: questo locus ospita invece una serie di geni che codifica per diverse citochine.
alcuni loci si sovrappongono a loci relativi alla predisposizione alla PSORIASI: questi loci
ospiterebbero geni capaci di influire sulla sensibilità della cute a stimoli di natura infiammatoria.
PREDISPOSIZIONE GENICA ALLA DA
SITO CROMOSOMICO GENE
3q21 CD8086
5q3133 IL4
11q13 FcERIbeta
14q11.2 chemotassi
1q21, 17q25, 20p probabilmente flogosi del derma
La presenza e la attività di questi geni favorisce la comparsa della malattia, ma non determina
necessariamente il suo sviluppo: la presenza di fattori esogeni e scatenanti è fondamentale
perché la malattia si sviluppi.
LA RISPOSTA IMMUNITARIA:
sicuramente la patologia in questione si caratterizza per un incremento della produzione di
immunoglobuline di classe E: il livello di IgE è molto elevato in questi
Reazioni di primo tipo
pazienti soprattutto nelle fasi acute della malattia, in concomitanza
spesso all'attacco d'asma, ma si possono riscontrare valori di IgE IgE + aller-
anche di 10 volte superiori alla norma. gene
Nel complesso possiamo dire che abbiamo un incremento del livello Reazioni di quarto tipo
dei linfociti T HELPER DI TIPO 2 accompagnato quindi da:
antigene
• un incremento di interleuchine circolanti di tipo 1, 2, 4, 5, 6, 8, Cellula
T sens.
9, 13.
• uno swich verso una risposta di tipo IgE.
Spesso questo si accompagna ad un deficit enzimatico della delta 6 Macrofago
desaturasi. attivato
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Giordano Perin; dermatologia 7: la dermatite atopica
immuntiaria a livello della cute, tale innesco è determinato dalla presenza di un antigene che
viene captato e processato dalle cellule dendritiche e presentato a livello dei linfonodi locali a
linfociti di tipo T, in particolare Th2, che liberano numerosi fattori di stimolazione e di
infiammazione.
ANTIGENI RESPONSABILI:
Gli allergeni possono essere:
• autoantigeni.
• Autoallergeni.
• Fattori ambientali: gli antigeni responsabili sono in grado di PROVOCARE QUESTO TIPO
DI REAZIONE IN PRESENZA UNICAMENTE DI UNA ALTERAZIONE DELLO STATO
FISIOLOGICO DI PROTEZIONE DELLA CUTE: se la cute è integra e produce adeguate
quantità di sebo, non ci sono problemi. Possono essere:
◦ allergeni alimentari soprattutto se ad alto potere di liberazione di istamina come:
▪ cioccolato.
▪ Formaggi.
▪ Pomodoro.
▪ Prodotti fermentati.
◦ Allergeni inalati.
Questi allergeni hanno particolare importanza nelle reazioni nell'età infantile
soprattutto.
ALLERGIE ALIMENTARI:
le manifestazioni di allergia alimentare e di dermatite atopica sono spesso copresenti, nello
specifico ricordiamo che:
• la dermatite atopica è l'espressione più importante di allergia alimentare nel bambino
con meno di sei mesi.
• In presenza di una dermatite atopica severe la causa prima a cui pensare è una allergia
alimentare.
ALIMENTI COINVOLTI:
gli alimenti maggiormente coinvolti sono:
• dai tre mesi ai tre anni:
◦ latte vaccino.
◦ Uovo.
◦ Soia.
◦ Grano.
◦ Pesce.
• Dai 4 ai 6 anni:
◦ arachidi.
◦ Crostacei.
◦ Noci.
DIAGNOSI DI DERMATITE ATOPICA DA ALLERGIA ALIMENTARE:
le indagini PIÙ UTILI IN ASSOLUTO sono:
• DIETA DI ELIMINAZIONE dove si fanno assumere al paziente diete a scarso contenuto
allergenico.
• TEST DI PROVOCAZIONE ALIMENTARE O TPO.
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Giordano Perin; dermatologia 7: la dermatite atopica
Sono le uniche indagini che consentono di determinare una associazione diretta tra dermatite
atopica e allergia alimentare.
La anamnesi in questo caso non è di grande aiuto e i test cutanei, sia prick che patch, possono
risultare positivi in ASSOCIAZIONE ma in nessun caso provano una relazione CAUSA EFFETTO.
TRATTAMENTO CON DIETA DI ELIMINAZIONE:
soprattutto se la diagnosi viene posta su un bambino, la dieta di eliminazione NON PUÒ ESSERE
MANTENUTA PER TUTTA LA VITA, ricordiamo che infatti un terzo dei pazienti dopo 1-2 anni
dall'individuazione della causa non presenta più alcun problema di iperreattività. È
indispensabile:
• rivalutare periodicamente con TPO lo stato di reattività.
• Indurre una tolleranza reintroducendo l'alimento.
Le reazioni di tipo IV sono tuttavia difficili da gestire in termini di gestione degli alimenti.
AREOALLEGENI:
tra gli aeroallegeni chiaramente dimostrati come responsabili di queste manifestazioni
sicuramente ci sono gli ACARI: numerosi studi sono stati eseguiti in particolare sul
DERMATOPHAGOIDES PTERONISSIMUS.
LE REAZIONI CROCIATE:
la causa delle DERMATITI ATOPICHE DA AEROALLERGENI È DA RICERCARSI NELLA CROSS
REATTIVITÀ CON ANTIGENI PRESENTI NEGLI ALIMENTI per cui:
• l'allergene induce una reazione immunitaria a livello respiratorio che provoca,
chiaramente, una sensibilizzazione.
• Il successivo contatto con alimenti induce la formazione di una dermatite atopica.
Questi fenomeni di cross reattività si possono riscontrare per:
• BETULLACEE e CILIEGIE soprattutto, ma le betullacee possono essere cross reattive
anche rispetto a mela, pera, albicocca, noce, banana, nocciola, finocchio, carota,
sedano, patata.
• GRAMINACEE e POMODORO soprattutto, ma le graminacee sono cross reattive anche
con melone, anguria, arancia, kiwi, prunoidee.
• COMPOSITE e BANANA soprattutto, ma le composite possono essere cross reattive
anche con sedano, carota, melone, anguria, mela, zucca e camomilla.
• URTICACEE e MORUS ALBA soprattutto, ma le urticacee possono essere cross reattive
anche con basilico, piselli, melone e ortica.
• ACARI E LUMACHE presentano una cross reattività simile, gli acari inoltre possono dare
fenomeni crociati anche in relazione a molluschi e gamberi.
FATTORI PREDISPONENTI E SCATENANTI:
i fattori predisponenti sono fondamentalmente:
• esposizione alla polvere e contatti con gli animali nel primo anno di vita.
• Non allattamento al seno e precoce contatto con alimenti di altro tipo.
• Esposizione passiva al fumo di sigaretta.
L'INTEGRITÀ DELLA BARRIERA CUTANEA:
deficit di integrità della barriera cutanea sono molto importanti dal punto di vista della origine
della patologia, deleterie sono a questo proposito:
• aumento della perdita di acqua della cute.
• Diminuzione delle cerammidi epidermiche.
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Giordano Perin; dermatologia 7: la dermatite atopica
Da questo punto di vista le creme con cerammidi possono essere d'aiuto in termini preventivi.
FATTORI SCATENANTI:
sono molto importanti in quanto stimolano la REAZIONE ACUTA ALLA MALATTIA, nello
specifico ricordiamo:
• sudorazione: la abbondante sudorazione estiva inficia quelli che altrimenti sarebbero i
miglioramenti attesi grazie alla esposizione alla luce solare.
• Germi come lo staffilococcus aureus che inducono la produzione di IgE soprattutto in
determinate forme di dermatite atopica. Il 90% dei pazienti con dermatite atopica
presentano una cute colonizzata da questo germe che produce tossine capaci di agire
come superantigeni che fanno liberare grandi quantità di IgE.
• deficit di peptidi antimicrobici.
• Cibi istamino liberatori, soprattutto fermentati.
• Fattori neuropsichici che, come accennato, sono stati documentati da diversi studi. È
inoltre dimostrato che una riduzione dello stress e della stanchezza del bambino induce
una diminuzione della sintomatologia.
• Contatto con allergeni normalmente raramente incontrati come ALLERGENI ANIMALI o
simili che possono indurre fenomeni di reattività molto importanti.
In generale sappiamo che l'ambiente che circonda il soggetto può favorire in modo molto forte
la patologia atopica.
CLINICA:
dal punto di vista clinico la dermatite atopica si divide nettamente in tre categorie:
• DERMATITE ATOPICA DEL LATTANTE che si presenta tra i 3 mesi e i 2 anni.
• DERMATITE ATOPICA DEL BAMBINO che si presenta tra i 2 e i 10 anni.
• DERMATITE ATOPICA DELL'ADOLESCENTE che invece emerge dopo i 10 anni.
DERMATITE ATOPICA DEL LATTANTE:
dal punto di vista dello sviluppo ricordiamo che:
• inizia dopo il terzo mese di vita: questo è dovuto al fatto che al terzo mese la cute del
bambino diviene capace di dare certe manifestazioni, ad età inferiori ci si attende
piuttosto una dermatite seborroica.
• Spesso regredisce dopo due anni dalla emersione.
LA LESIONE CUTANEA:
si caratterizza per la presenza di chiazze:
• eritematose ed essudanti.
• intensamente pruginose
• localizzate su:;
◦ guance.
◦ Fronte.
◦ Solco sottoauricolare dove si possono formare delle ragadi importanti.
◦ Tronco.
◦ Superficie estensoria degli arti.
Si tratta potremmo dire di un NEGATIVO DELLA DERMATITE SEBORROICA. Spesso si
accompagna ad altre manifestazioni cliniche più o meno importanti.
LA FACIES ATOPICA:
si tratta di una particolare conformazione del viso del lattante affetto da dermatite atopica,
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Giordano Perin; dermatologia 7: la dermatite atopica
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Giordano Perin; dermatologia 7: la dermatite atopica
SINDROMI PARTICOLARI:
sicuramente la JOB's SYNDROME o SINDROME DA IPER IgE è una condizione particolare che si
caratterizza per:
• IgE maggiori di 1000 unità per litro.
• IgE specifiche rivolte contro lo staffilococco.
• Infezioni staffilococciche ricorrenti, soprattutto otiti.
• Grave dermatite atopica, fino alla eritrodermia.
È dovuta alla azione dello staffilococcus aureus soprattutto accompagnata dalla ipersensibilità
del paziente.
PREDISPOSIZIONE ALLE INFEZIONI:
le infezioni alle quali il paziente è tipicamente predisposto sono:
• verruche.
• Mollusco contagioso che si manifesta in particolare nelle regioni coinvolte nella
dermatite atopica.
• herpes simplex che da soprattutto un eczema herpeticatum, si tratta di una forma
herpetica diffusa a tutto il volto e molto invasiva.
• Piodermiti.
• Perleché: si tratta di infezioni degli angoli della bocca, viene detta anche BUCAIOLA o
DERMATITE ANGOLARE; spesso è dovuta a:
◦ impetigine, infezione da streptococco quindi.
◦ Candida.
DIAGNOSI:
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Giordano Perin; dermatologia 7: la dermatite atopica
la diagnosi viene posta sulla base dei criteri di HANIFIN RAJKA e prevede il riconoscimento di
alcuni criteri fondamentali:
• MAGGIORI quali:
◦ FAMILIARITÀ.
◦ STORIA DI ATOPIA.
◦ PRURITO INTENSO.
◦ LOCALIZZAZIONE DELLE LESIONI NELLE SEDI TIPICHE.
• MINORI quali:
◦ cherosi cutanea.
◦ pitiriasi alba facei cioè le macchie bianche sul volto precedentemente descritte.
◦ pallore periorbitario e facies atopica.
SCORAD INDEX:
si tratta di un indice fondamentale per la valutazione della attività DELLA DERMATITE ATOPICA
NEL TEMPO, la sua valutazione consente di dare una visione precisa dello stato della malattia.
Nello specifico possiamo individuare alcuni indici fondamentali:
• A. DISTRIBUZIONE in centesimi.
• B. INTENSITÀ in una scala fino a 18.
• C. SINTOMI SOGGETTIVI in una scala fino a 20.
l'indice viene calcolato tramite la somma:
(A/5) + 7.(B/2) + C
il sistema di valutazione della distribuzione della lesione è simile a quello utilizzato per le ustioni
dove a ciascuna parte del corpo si attribuisce un determinato punteggio.
LABORATORIO:
si possono eseguire diversi test, ricordiamo:
• prick test eseguito per puntura cutanea a livello dell'avanbraccio.
• Patch test eseguito invece con esposizione prolungata all'antigene su cute integra.
• Dosaggio delle IgE totali tramite RIST (radio immuno sorbent test).
• Dosaggio delle IgE specifiche RAST (radio allergo sorbnet test).
Un nuovo marker ritenuto per certi aspetti superiore agli altri in quanto correla in modo più
diretto con la gravità della patologia è la proteina CD30 che appare significativamente
aumentata nei pazienti affetti da dermatite atopica.
TRATTAMENTO:
il trattamento prevede 4 punti fondamentali:
• PREVENZIONE cioè ELIMINAZIONE DI DIVERSI FATTORI DI RISCHIO:
◦ non mettere la cute a contatto diretto con lana e cotone sintetico.
◦ Non indossare abiti troppo stretti e che tengano troppo caldo.
◦ Evitare ambienti troppi caldi o ricchi di fumo di sigaretta.
◦ Moto e sport, anche il nuoto, sono consigliati.
◦ evitare il contatto con familiari affetti da malattia herpetica se possibile.
◦ Esposizione al sole quando possibile, nei limiti in cui la sudorazione non è eccessiva,
favorisce la risoluzione.
◦ Allattamento al seno per i primi tre mesi.
◦ Vaccinazioni.
◦ Evitare fonti di allergeni, soprattutto acari della polvere.
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Giordano Perin; dermatologia 7: la dermatite atopica
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Giordano Perin; dermatologia 8: la sarcoidosi cutanea
LA SARCOIDOSI CUTANEA
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Giordano Perin; dermatologia 8: la sarcoidosi cutanea
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Giordano Perin; dermatologia 8: la sarcoidosi cutanea
• Polline di pino.
• Berillio.
Sembra che tale patologia sia più comune nei non fumatori rispetto a quanto non sia invece nei
fumatori.
Sono state riscontrate anche delle RICORRENZE STAGIONALI soprattutto relative ai MESI
PRIMAVERILI dove la esposizione a pollini è maggiore, e soprattutto per forme associate ad
ERITEMA NODOSO.
LA SARCOIDOSI CUTANEA:
la SARCOIDOSI è una malattia SISTEMICA, tuttavia nel 25% dei pazienti con sarcoidosi sistemica
riconosciamo la presenza di un interessamento CUTANEO, in alcuni casi inoltre SI POSSONO
AVERE DELLE FORME UNICAMENTE CUTANEE. Le presentazioni cutanee della sarcoidosi
presentano dei caratteri particolari dal punto di vista clinico:
• non hanno significato prognostico: eccetto l'eritema nodoso, che ha una prognosi di per
se stesso benigna, la presenza di lesioni cutanee non è correlata con quello che sarà lo
sviluppo della malattia.
• Non correlano con la gravità della malattia.
• Più forme cutanee possono presentarsi nel medesimo paziente.
CARATTERISTICHE DELLE LESIONI CUTANEE:
le lesioni cutanee sono tipicamente classificabili in due grandi categorie:
• LESIONI SPECIFICHE caratterizzate cioè dalla presenza di GRANULOMI CUTANEI
importanti che possono interessare cute e sottocute. Tra le forme classiche ricordiamo:
◦ FORMA MACULO PAPULARE, sicuramente la più frequente, si caratterizza per la
presenza di:
▪ papule rosso brunastre o violacee
indolenti.
▪ Localizzazione a volto, labbra, nuca,
dorso superiore, estremità. Raramente
possono presentarsi a livello del cavo
orale.
Possono essere presenti lesioni
LOCALIZZATE di questo tipo molto
precocemente rispetto all'andamento della Sarcoidosi maculo papulare al volto.
immagine tratta da wikipedia
malattia, sono rare forme molto diffuse.
Queste papule possono essere scambiate per:
▪ rosacea.
▪ Acne agmintata
▪ lupus eritematoso.
▪ Forma papulare della sifilide secondaria.
Si accompagnano eventualmente ad una transitoria epatosplenomegalia.
◦ FORMA NODULARE, meno comune:
▪ da lesioni di dimensioni maggiori, ma singole o in numero ridotto.
▪ Sono lesioni soffici o dure, ma sempre rotondeggianti e ben circoscritte.
▪ Sono rosse o giallo rossastre inizialmente, diventano violacee o brune e
pruritiche con il tempo.
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Giordano Perin; dermatologia 8: la sarcoidosi cutanea
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Giordano Perin; dermatologia 8: la sarcoidosi cutanea
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Giordano Perin; dermatologia 8: la sarcoidosi cutanea
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Giordano Perin; dermatologia 9: il pemfigo
LE DERMATOSI BOLLOSE
le dermatosi bollose sono delle malattie complesse caratterizzate dalla formazione di bolle
epidermiche,
CLASSIFICAZIONE:
possono essere distinte in:
• congenite come:
◦ epidermolisi bollosa.
◦ pemfigo familiare cronico benigno di Haiey Hailey.
• Infettive come:
◦ staphilococcal scalded skin syndrome o SSSS.
◦ Dermatosi bollose causate da virus.
• Immunologiche quali:
◦ pemfighi.
◦ Pemfigoidi ed herpes gestationis.
◦ Dermatite herpetiforme di Duhring.
◦ Epidermolisi bollosa acquisita.
◦ Dermatosi bollosa cronica del bambino.
◦ Dermatite ad IgA lineare.
◦ Lichen bolloso.
◦ Lupus erytematosus.
• Di altra natura come per esempio:
◦ porfirie quali la porfiria cutanea tarda.
◦ Necrosi epidermica tossinica o sindrome di Lyell.
◦ Dermatosi pustolosa subcornea.
◦ Dermatosi acantolitica transiente o malattia di Grover.
◦ Traumi e ustioni.
◦ Dermatosi neoplastiche.
Queste patologie si possono inoltre distinguere sulla base della natura molecolare della loro
causa, nello specifico:
• bullosi acantolitiche cioè caratterizzate dalla PERDITA DI ADESIONE TRA LE STRUTTURE
CELLULARI CHERATINOCITICHE. Tra le bullosi acanatolitiche ricordiamo:
◦ pemfigo volgare.
◦ Pemfigo vegetante.
◦ Pemfigo foliaceo e sue varianti.
◦ Pemfigo paraneoplastico.
◦ Spongiosi esinofila.
◦ Pemfigo familiare cronico benigno di Hailey Hailey.
• Bullosi non acantolitiche dove invece non c'è perdita di coesione tra i cheratinociti, tra
queste ricordiamo:
◦ pemfigoidi.
◦ Herpes gestationis.
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Giordano Perin; dermatologia 9: il pemfigo
la membrana basale.
SCHEMA Pemfigoide
dal punto di vista clinico possiamo poi riconoscere
alcune forme particolari di presentazione del pemfigo, come:
• pemfigo erpetiforme che presenta una forma intermedia tra vescicole e bolle.
• Pemfigo ad IgA.
• Pemfigo indotto da farmaci.
• Pemfigo paraneoplastico.
EZIOLOGIA:
dal punto di vista eziologico possiamo distinguere diversi tipi di fattori:
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Giordano Perin; dermatologia 9: il pemfigo
• FATTORI GENETICI:
◦ HLA particolari predispongono alla malattia. Ricordiamo in particolare:
▪ isoforme predisponenti come:
• HLA-DR4.
• HLA-DR14.
• HLA-DQ1.
• HLA-DQ3.
▪ Isoforme PROTETTIVE, in particolare la HLA-DR7 che protegge dalla malattia.
◦ Antigeni specificamente coinvolti, si tratta di molecole di adesione soprattutto
appartenenti alla famiglia delle CADERINE nella quale troviamo diversi superantigeni.
Nelle diverse forme di pemfigo riconosciamo il coinvolgimento di diverse forme
antigeniche, nello specifico:
▪ PEMFIGO VOLGARE:
• desmogleina 3
• placaglobina.
▪ PEMFIGO FOLIACEO:
• desmogelina 1.
• placaglobina.
▪ PEMFIGO AD IgA:
• desmocollina I.
• desmocollina II.
▪ PEMFIGO PARANEOPLASTICO:
• desmogelina 3.
• desmoglinea 1.
gli anticorpi coinvolti agiscono a livello intracellulare inducendo un fenomeno
particolare.
◦ Fattori endogeni, soprattutto psichici e ormonali, che sono in grado di interagire con
la attività della malattia.
• FATTORI ACQUISITI quali soprattutto:
◦ FARMACI appartenenti in particolare a due categorie:
▪ TIOLICI che sono causali rispetto alla malattia, una volta sospesi il quadro si
risolve.
▪ NON TIOLICI che sono invece dei farmaci ad attività SLATENTIZZANTE, cioè
tendono ad indurre una patologia che NON SI RISOLVE CON LA SOSPENSIONE
DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO e necessita di un trattamento
immunosoppressivo sistemico.
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Giordano Perin; dermatologia 9: il pemfigo
◦ RADIAZIONI soprattutto:
▪ raggi UVA e UVB.
▪ Raggi X.
▪ Raggi INFRAROSSI.
▪ Ustioni da calore e ustioni cliniche.
◦ ALIMENTI, soprattutto alcuni vegetali che contengono gruppi disolfurici e tiolici.
◦ ANTIGENI BIOLOGICI probabilmente cross reattivi, derivati da virus e batteri.
FISIOPATOLOGIA:
la patologia è chiaramente scatenata da un processo autoimmunitario che si caratterizza per la
presenza di:
• linfociti T autoreattivi.
• Autoanticorpi diretti contro molecole di adesione.
Nel complesso questi autoanticorpi hanno la capacità di indurre importanti alterazioni delle
molecole di adesione tra i cheratinociti:
• gli autoanticorpi si fissano sulla superficie della cellula, legandosi alla molecola cui sono
compatibili.
• Il complesso antigene anticorpo viene endocitato dalla cellula.
• Si attivano dei meccanismi intracellulari di smaltimento tramite attivazione lisosomiale.
Con l'internalizzazione da parte della cellula della molecola di adesione, il tessuto perde di
coesione e tende a distaccarsi formando delle bolle.
Gli antigeni coinvolti, come accennato in precedenza, SOTTO TESSUTO SPECIFICI, risultano cioè
compatibili con il tessuto epiteliale pluristratificato cheratinizzato in ogni sede dell'organismo.
Come sottolineato in precedenza, ogni forma di PEMFIGO presenta un suo specifico antigene.
FORME CLINICHE:
le forme cliniche possono essere molto differenti:
PEMFIGO VOLGARE:
il pemfigo volgare è la forma di pemfigo più comune e grave in assoluto e si caratterizza per
una presentazione clinica di questo tipo:
• esordio localizzato e subdolo, non evidente, coinvolge soprattutto il cavo orale e le
regioni vicine:
◦ Zone geniene.
◦ Gengive.
◦ Palato.
◦ Orofargine.
4
Giordano Perin; dermatologia 9: il pemfigo
◦ Epiglottide.
◦ Laringe.
La sintomatologia dolorosa che interessa il cavo orale a seguito della formazione di
queste bolle rende difficili masticazione, fonazione ed eventualmente deglutizione. Si
presenta spesso accompagnata da sciallorrea caratterizzata da un particolare odore
fetido.
• Dopo circa 6 mesi compaiono le lesioni cutanee che si manifestano con:
◦ bolle flaccide.
◦ Con contenuto limpido.
◦ A freddo, senza processi eritematoso infiammatori.
Le bolle tendono a ROMPERSI e:
◦ inizialmente AD ALLARGARSI IN PERIFERIA.
◦ Quindi a RIEPITELIZZARE con molta difficoltà, lasciando
spesso un esito pigmentario generalmente
IPOCROMICO. Non si formano cicatrici naturalmente.
Le sedi coinvolte sono:
◦ la regione periombelicale.
◦ Le ascelle.
◦ L'inguine.
◦ Le pieghe sottomammarie.
◦ L'estremità cefalica.
Ma tutte le aree sottoposte a compressione meccanica
possono essere soggette a questo tipo di formazioni. Sono
in questo caso positivi:
◦ il segno di NIKOLSKY cioè la formazione di una bolla a seguito di compressione
localizzata della cute.
◦ Il segno si ASBOE HANSEN cioè la possibilità di espandere la bolla cutanea tramite
una leggera pressione alla periferia.
Il pemfigo volgare se non trattato a questo stadio, diviene letale in 2-3 anni.
DIAGNOSI:
• CLINICA legata alla presenza di queste particolari bolle e ai segni precedentemente
descritti.
• ESAME CITOLOGICO ALLA TZANCK, si tratta di un esame citologico con colorazione
giemsa del fondo della bolla rotta, nel complesso si osserva la presenza di cellule
ACANTOLITICHE:
◦ forma rotondeggiante.
◦ Basofilia citoplasmatica.
◦ Atipie nucleari.
• ESAME ISTOPATOLOGICO che rivela la presenza di una ACANTOLISI BASSA, nello
specifico:
◦ si riscontra la presenza di un pavimento costituito dallo strato basale.
◦ Presenza di cellule acantolitiche, descritte in precedenza.
◦ Silenzio dermico, cioè assenza di infiammazione.
• IMMUNOFLUORESCENZA che evidenzia la presenza di autoanticorpi.
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Giordano Perin; dermatologia 9: il pemfigo
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Giordano Perin; dermatologia 9: il pemfigo
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Giordano Perin; dermatologia 9: il pemfigo
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Giordano Perin; dermatologia 9: il pemfigo
◦ Azotioprna.
◦ Immunoglobuline.
◦ Diamino difenil solfone.
◦ Metatrexato.
• ALTRI PRESIDI UTILI:
◦ PLASMAFERESI finalizzate a ridurre il titolo anticorpale.
◦ INFUSIONE DI LIQUIDI.
◦ ANTISETTICI localmente a livello della lesione.
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Giordano Perin; dermatologia 10: malattia di Adamantiades Bechet
detta anche SINDROME ORO OCULO GENITALE la malattia di adamantiades bechcet si presenta
come una affezione ad andamento cronico recidivante con interessamento sistemico, nel
complesso può coinvolgere:
• cute.
• Mucose.
• Occhio.
• Articolazioni.
• Tratto gastroenterico.
• Grandi vasi.
• Sistema nervoso centrale.
• Rene.
• Polmone.
• Fegato.
EPIDEMIOLOGIA:
questa malattia presenta una distribuzione diffusa a tutto il mondo, nel complesso possiamo
dire che:
• la maggior parte dei casi si registra in:
◦ Giappone.
◦ Medio oriente.
◦ Zona mediterranea.
• L'incidenza risulta:
◦ aumentata negli ultimi anni in GIAPPONE soprattutto, dove raggiunge una incidenza
di 10/100.00.
◦ particolarmente alta anche in ARABIA dove raggiunge i 20/100.000.
nel complesso si pensa che l'incidenza della patologia risulti aumentata sia per l'incremento
delle capacità diagnostiche, sia per le migrazioni di popolazioni orientali in altri stati.
Ricordiamo dal punto di vista epidemiologico inoltre che:
• la massima incidenza si registra tra 20 e 35 anni anche se si sono osservati casi in tutte le
età.
• Il rapporto tra maschi e femmine è generalmente sbilanciato verso il maschio, anche se
in alcune regioni si osserva l'opposto.
FISIOPATOLOGIA:
sono diversi i fattori che notoriamente possono influire sullo sviluppo della malattia:
• FAMILIARITÀ E FATTORI GENETICI che sappiamo da diversi studi possono essere
importanti, dal punto di vista pratico ricordiamo che:
◦ in Turchia, dove la malattia è particolarmente studiata, la familiarità si registra nel 9%
dei pazienti.
◦ Diversi studi hanno dimostrato la associazione tra la malattia e L'HLA-B51 che
sembra correli in particolare con la gravità della malattia. Altri geni sono stati studiati
ma la associazione risulta non tanto stretta quanto quella registrata con l'HLA-B51.
• FATTORI AMBIENTALI:
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Giordano Perin; dermatologia 10: malattia di Adamantiades Bechet
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Giordano Perin; dermatologia 10: malattia di Adamantiades Bechet
• Lingua.
• Faringe.
Sono MOLTO DOLOROSE E DURANO DA POCHI GIORNI A QUALCHE SETTIMANA, nel
complesso possiamo dire che:
• hanno un decorso ricorrente e l'intervallo tra le recidive può essere di settimane o mesi.
• A volte singole a volte raggruppate.
DIVERSI TIPI DI AFTE:
le afte tipiche di questo tipo di malattia possono essere molto differenti:
• AFTE MINORI I DI MIKULITZ:
◦ da 1 a 5 ulcere di 2-4mm di diametro.
◦ Ricoperte da indurito bianco giallastro.
◦ Bordi flogistici.
◦ Moderatamente dolente.
Guariscono dopo 1-2 settimane senza esito flogistico.
• AFTE MAGGIORI O DI SUTTON:
◦ 1 o più ulcere di diametro di 3cm circa.
◦ Profonde e molto dolenti.
Sono a lenta risoluzione e danno esito cicatriziale; compaiono nelle parti posteriori del
cavo orale, anche nel rinofaringe.
• AFTE HERPETIFORMI O TIPO COOKIE:
◦ margini policiclici, simili a lesioni herpetiformi quindi.
◦ Si riscontrano raramente.
• AFTE GIGANTI, rare:
◦ localizzate alla lingua.
◦ Hanno decorso destruente.
AFTE GENITALI:
seconda manifestazione tipica della malattia, presenti nel 56-97% dei casi. Si localizzano:
• NELL'UOMO:
◦ scroto.
◦ Pene.
◦ Area perineale.
Nell'uomo nel 10% dei casi si possono complicare in ORCHIEPIDIDIMITE.
• NELLA DONNA:
◦ vulva.
◦ Vagina.
Possono assumere aspetto ragadiforme ed essere molto dolorose.
Sono simili alle afte orali, ma si presentano PIÙ GRANDI, PIÙ PROFONDE E DI DURATA
MAGGIORE NEL TEMPO, sono tuttavia meno ricorrenti e spesso lasciano una cicatrice.
MANIFESTAZIONI CUTANEE:
si osservano nel 58-97% dei pazienti, tra le manifestazioni cutanee ricordiamo in ordine di
frequenza:
• pseudofollicolite.
• erytema nodosum più frequente nella donna.
• Perifollicolite pustolosa più frequente nell'uomo.
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Giordano Perin; dermatologia 10: malattia di Adamantiades Bechet
• porpora vasculitica.
• Erytema multiforme.
• Sindrome di sweet.
• Tromboflebiti.
• Pioderma gangrenosum-like.
IL TEST DELLA PATERGIA:
test che si esegue con due aghi:
• ago spuntato che viene utilizzato per eseguire due punture su un braccio.
• ago affilato che viene utilizzato per eseguire due punture sul braccio controlaterale.
Il test si considera positivo se si forma nelle 48 ore ALMENO UNA PUSTOLA O PAPULA STERILE
che dal punto di vista istologico si caratterizza per:
• cellule mononucleate.
• Cheratinociti intorno ai vasi.
Si considera un criterio diagnostico molto importate dal punto di vista clinico, ma la sua
positività può essere influenzata da numerosi diversi fattori.
MANIFESTAZIONI OCLULARI:
abbastanza frequenti, circa nel 47-65% dei casi, comprendono:
• uveite posteriore.
• Uveite anteriore.
• Iridocilite.
• Episcelerite.
• Cheratite.
• Congiuntivite.
• Emorragia del vitreo.
• Neurite ottica.
• Vene retiniche.
Neovascolarizzazione, cataratta e galucoma sono manifestazioni secondarie. Nel complesso la
alterazione del visus può essere molto importante fino alla cecictà.
ALTRE MANIFESTAZIONI:
• GASTROINTESTINALI che hanno una incidenza intorno al 10%:
◦ colpiscono soprattutto ileo e cieco, ma possono colpire tutto il tratto
gastroenterico.
◦ Sono ulcere profonde ovali o a carta geografica.
◦ Possono complicarsi in una perforazione intestinale.
Si manifestano con nausea, diarrea, vomito, anoressia e dolore addominale.
• MANIFESTAZIONI ARTICOLARI che si manifestano nel 50% dei casi, si tratta di artrite ed
artralgia possono colpire le piccole articolazioni o articolazioni di grandi dimensioni, ma
non sono mai erosive.
Si definisce la MAGIC SYNDROME come la associazione tra:
◦ afte genitali e orali.
◦ Artropatia delle grosse articolazioni ed infiammazione delle cartilagini.
• MANIFESTAZIONI NEUROLOGICHE complicazione importante fino al menigismo,
soprattutto nelle forme conclamate, dopo 10 anni di malattia.
• MANIFESTAZIONI CARDIOVASCOLARI che possono interessare:
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Giordano Perin; dermatologia 10: malattia di Adamantiades Bechet
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Giordano Perin; dermatologia 10: malattia di Adamantiades Bechet
◦ osservate da medico.
◦ Riferite dal paziente.
Con una frequenza di almeno 3 volte l'anno.
• AFTE GENITALI in fase di ulcera in atto o di cicatrice, osservate da un medico o riferite
dal paziente.
• LESIONI OCULARI quali quelle descritte in precedenza.
• LESIONI CUTANEE di tipo:
◦ eritema nodoso.
◦ Pseudofollicolite.
La presenza di afte orali deve essere accompagnata da almeno due degli altri segni descritti.
Può essere utile la positività al test della PATERGIA.
Rientrano nel punteggio diagnostico quindi le manifestazioni orali, genitali, oculari e cutanee,
eventualmente anche vascolari.
DECORSO E PROGNOSI:
la malattia ha un decorso intermedi, nel complesso si tratta di un quadro CRONICO
RECIDIVANTE dove:
• l'incidenza di morbilità è abbastanza alta, legata principalmente alla CECITÀ.
• L'incidenza di mortalità è piuttosto bassa e legata ad eventi:
◦ cerebrovacolari come ictus.
◦ Gastrointestinali come le perforazioni.
◦ Immunuosoppressivi legati alla terapia.
TRATTAMENTO:
il trattamento prevede fondamentalmente:
• PRESIDI TOPICI quali:
◦ tetracicline.
◦ Corticosteroidi.
◦ Lidocaina gel a fine anestetico.
◦ Sospensione di sucalfato.
• PRESIDI SISTEMICI quali:
◦ colchicina soprattutto per quadri limitati.
◦ Talidomide soprattutto per quadri estesi.
◦ Anti TNF.
◦ FANS.
◦ Diaminodifenilsulfone.
◦ Altri immunosoppressori.
◦ Ciclosporina ed endoxan utilizzati in particolare per l'interessamento oculare.
• PRESIDI CHIRURGICI indispensabili per le perforazioni intestinali per esempio, va
sempre in ogni caso considerato il rischio di cicatrizzazioni alterate dovute alla presenza
del fenomeno di patergia.
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Giordano Perin; dermatologia 11: la sclerodermia
SCLERODERMIA
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Giordano Perin; dermatologia 11: la sclerodermia
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Giordano Perin; dermatologia 11: la sclerodermia
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Giordano Perin; dermatologia 11: la sclerodermia
• PRIMITIVA comunissima e non associata a patologie di fondo, nel complesso si scatena per
passaggio da freddo a caldo, fattori emotivi e traumi.
• SECONDARIO associato a malattie del connettivo come la scelerodermia.
Il fenomeno di Reynaud generalmente non è doloroso e tantomeno frequente o ischemizzante,
ma in alcune sue forme, soprattutto quelle ricorrenti ed evidenti, può accompagnarsi a
coinvolgimenti viscerali importanti a carico per esempio di polmoni e rene.
MANIFESTAZIONI CLINICHE CARATTERISTICHE:
dal punto di vista clinico individuiamo alcuni elementi fondamentali:
• MANIFESTAZIONI CUTANEE:
◦ facies sclerodermica.
◦ Microstomia, cioè apertura limitata del cavo orale.
◦ Microcheilia caratterizzata dalla presenza cioè di un labbro
particolarmente piccolo.
◦ Telengectasie.
◦ Sclrodattilia e fenomeno di Reynaud.
◦ Pterygium unguis inversum: si tratta di una condizione
caratterizzata dalla adesione della parte più estrema
dell'unghia con il letto ungueale.
◦ Sclerodattilia e morfhea.
◦ Telengectasie maculari. Morfea sulla schiena di un
◦ Telengectasie cuticolari. paziente caucasico affetto
◦ Sclerodattilia e necrosi digitale. da SSP.
immagine tratta da wikipedia
◦ Aree di ipopigmentazione vitiligo-like.
◦ Repigmentazione follicolare con l'assunzione di un pattern
detto a SALE E PEPE.
◦ Calcinosi cutanea.
◦ Ulcere degli arti inferiori.
• INTERESSAMENTO VISCERALE:
◦ apparato digerente dove si manifestano:
▪ rigidità esofagea.
▪ Difficoltà digestive legate alla atrofia dei villi.
▪ Turbe della peristalsi intestinale.
◦ Apparato respiratorio dove si forma una importante fibrosi interstiziale.
◦ Rene, il coinvolgimento renale si manifesta nel 15-30% dei casi ma è responsabile nel 50%
dei decessi a causa della induzione di ipertensione renovascolare importante.
◦ Cuore, dove si formano delle importanti lesioni vascolari.
◦ Artropatie.
◦ Miopatie generalmente non infiammatorie.
◦ Interessamento oculare.
Sono molto rari l'interessamento epatico e quello neuroperiferico.
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Giordano Perin; dermatologia 11: la sclerodermia
DIAGNOSI:
dal punto di vista diagnostico esistono dei criteri clinici utili ad inquadrare la malattia nel suo
complesso:
• CRITERI MAGGIORI nello specifico LA SCLERODERMIA PROSSIMALE DELLE DITA.
• CRITERI MINORI nello specifico:
◦ sclerodattilia.
◦ Ulcere necrotiche o perdita di sostanza delle dita.
◦ Fibrosi bilaterale delle basi polmonari all'RX.
Nel complesso la diagnosi viene posta per la soddisfazione del criterio principale o di due criteri
minori.
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO:
si richiedono sempre:
• INDICI DI FLOGOSI soprattutto VES, emocromo con formula, fibrinogeno.
• Elettroforesi delle proteine sieriche.
• Creatininemia.
• Proteinuria.
• Conta di addis, cioè la conta delle cellule presenti nelle urine.
• Profilo autoanticorpale, gli anticorpi maggiormente ritrovati in questi pazienti sono:
◦ anticorpi anti Scl-70 nella sclerosi sistemica.
◦ Anticorpi anti centromero presenti soprattutto nella CREST.
DIAGNOSTICA STRUMENTALE:
si utilizzano soprattutto:
• RX torace molto importante per la valutazione del danno polmonare, soprattutto la fibrosi
basale.
• ECG per la valutazione del danno cardiaco, potenzialmente mortale.
• Prove di funzionalità respiratoria.
• Manometria esofagea che risulta alterata a causa della rigidità del tratto.
• Capillaroscopia che evidenzia importanti danni a livello locale. La capillaroscopia evidenzia
in modo molto importante:
◦ rarefazione delle anse, in particolare:
▪ la presenza di meno di 9 anse per millimetro si associa ad una patologia evoluta.
▪ La presenza di meno di 2 anse per millimetro indica una patologia severa, tanto da
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Giordano Perin; dermatologia 11: la sclerodermia
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Giordano Perin; dermatologia 11: la sclerodermia
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Giordano Perin; dermatologia 11: la sclerodermia
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Giordano Perin; dermatologia 12: la dermatomiosite
DERMATOMIOSITE
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Giordano Perin; dermatologia 12: la dermatomiosite
◦ D-penicillamina.
◦ Tamoxifene.
◦ Diclofenac.
◦ ASA.
◦ Acido niflumico.
◦ Statine.
ASPETTI CLINICI:
dal punto di vista clinico riconosciamo quattro gruppi di patologie di tipo dermatomiosinico:
1. dermatomiositi o DM; nel complesso questa forma clinica si caratterizza per:
1. manifestazioni cutanee tipiche.
2. Progressiva debolezza muscolare.
3. Prevalente coinvolgimento della muscolatura scheletrica prossimale.
2. Dermatomiosite amiopatica o dermatomiosite sine miosite: la particolarità di questo
quadro è che NON SI ACCOMPAGNA A DANNO MUSCOLARE.
3. Polimiositi o PM, clinicamente molto simili alla dermatomiosite, si caratterizzano per:
1. assenza di manifestazioni cutanee.
2. Quadro istologico e immunoistochimico caratteristico.
4. Miositi sporadiche a corpi inclusi o IBM: colpisce prevalentemente la muscolatura distale e
si caratterizza per la presenza di DEPOSITI GRANULARI BASOFILI ATTORNO ALLE FIBRE
MUSCOLARI VACUOLIZZATE. Si sospetta nel momento in cui una polimiosite non risponda
alla terapia.
QUADRO CLINICO:
in linea generale sia la polimiosite che la dermatomiosite si caratterizzano per una progressiva
perdita di forza muscolare che comincia dai muscoli di massa maggiore portandosi a quelli più
piccoli: l'impatto sociale della malattia è piuttosto importante in quanto inficia le attività
quotidianamente svolte dal paziente.
• MANIFESTAZIONI CUTANEE che si caratterizzano per la presenza di un RASH con eritema
eliotropo di colorazione lilla che interessa collo, volto, torace, ginocchia, gomiti e malleoli.
Nel complesso riconosciamo:
◦ facies amimica, non molto marcata ma presente.
◦ Eritema eliotropo palpebrale di colore violaceo, simmetrico e a limiti sfumati;
generalmente si manifesta solo agli occhi.
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Giordano Perin; dermatologia 12: la dermatomiosite
◦ Papule di Gottron: sono piccole papule violastre rosso scuro che si formano sulla
superficie dorsale delle articolazioni interfalangee e metacarpo falangee della mano.
Evolvono in papule dotate di depressione centrale biancastra e atrofica.
◦ Segno di Gottron cioè la presenza di chiazze violastre simmetriche spesso atrofiche
prossime alle papule di Gottron, possono presentarsi anche a livello di olecrano, rotula e
malleoli mediali.
◦ Telengectasie periungueali.
◦ Eritemi simmetrici soprattutto agli arti ma anche a collo e capo.
◦ Mani da meccanico, si tratta di una cheratinizzazione importante che interessa:
▪ la superficie ulnare del pollice.
▪ La superficie radiale delle altre dita della mano.
La ipercheratosi può eventualmente trasformarsi in una patina bianco perlacea.
◦ Poichiloderma atrofizzante vascolare: con il termine poichiloderma si intende una
distrofia cutanea con assottigliamento della cute che diviene rosso violacea.
◦ Poichilo-dermatomiosite.
◦ Calcinosi che si verifica soprattutto nelle forme infantili a livello delle superficie
estensorie degli arti o dei glutei.
◦ Fotosensibilità, le reazioni sono scatenate soprattutto da raggi UV.
◦ Ittiosi acquisita cioè ispessimento cutaneo con pelle secca e squamosa.
◦ Perforazione del setto nasale.
◦ Eritrodermia.
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Giordano Perin; dermatologia 12: la dermatomiosite
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Giordano Perin; dermatologia 12: la dermatomiosite
◦ indici sierologici di flogosi che possono risultare aumentati anche in modo non
particolarmente significativo.
◦ Autoanticorpi che sono specificamente presenti nel 50-80% dei casi. Sono
particolarmente importanti per la loro associazione con la malattia interstiziale
polmonare.
◦ Fattore reumatoide, aumentato nel 20% dei pazienti soprattutto nelle forme miste.
◦ Enzimi muscolari tra cui ricordiamo:
▪ CPK sicuramente molto utilizzata in quanto:
• correlabile in modo abbastanza preciso al danno.
• Estremamente precoce.
La CPK risulta tuttavia incrementata in casi molto differenti.
▪ ALDOLASI.
▪ SGOT SGPT E SGOT/SGPT: si tratta di indici utili soprattutto nel follow up dove il
rapporto SGOT/SGPT risulta stranamente aumentato.
▪ LDH sierica.
▪ MIOGLOBINA che può essere utile soprattutto se dosata nelle urine come indice di
eventuale danno renale.
NATURALMENTE NELLA FORMA AMIOPATICA gli INDICI DI DANNO MUSCOLARE NON
RISULTANO ALTERATI.
• Esami strumentali:
◦ elettromiogramma che dimostra la presenza di alterazioni della conduzione muscolare.
◦ Risonanza magnetica nucleare che dimostra segni di sofferenza muscolare come
edema, depositi di calcio, infiltrati adiposi e atrofia. È molto utile:
▪ in assenza di alterazioni degli enzimi muscolari e sospetto clinico.
▪ Nel momento in cui si intenda eseguire una biopsia muscolare.
◦ Capillaroscopia dove si manifesta un quadro capillaroscopico caratteristico, soprattutto
a livello del letto subungueale; possiamo individuare:
▪ alterazioni delle anse:
• rarefazione delle anse.
• Telengectasie.
• Megacapillari, cioè capillari maggiori di 50µm di diametro.
• Capillari in regressione.
• Capillari distrofici.
▪ alterazioni degli spazi pericapillari:
• emorragie.
• Edema pericapillare e diffuso.
• Essudati.
• Esami istologici che possono essere eseguiti su:
◦ BIOPSIA CUTANEA che dimostra:
▪ ipercheratosi con atrofia epidermica.
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Giordano Perin; dermatologia 12: la dermatomiosite
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Giordano Perin; dermatologia 12: la dermatomiosite
◦ azotioprina.
◦ Metatrexato.
◦ Ciclofosfamide.
◦ Ciclosporina.
◦ Micofenolo mofetil.
• Anticorpi monoclonali ad attività immunosoppressiva non vengono utilizzati normalmente,
possono essere prescritti in presenza di patologie particolarmente acute che non
migliorano con altri trattamenti.
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Giordano Perin; dermatologia 14: i linfomi cutanei
LINFOMI CUTANEI
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Giordano Perin; dermatologia 14: i linfomi cutanei
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Giordano Perin; dermatologia 14: i linfomi cutanei
◦ T CD4+
◦ T CD8+
che circondano le cellule di langherans presenti normalmente nella cute. La
manifestazione clinica è quella di un ERITEMA.
• PLAQUE STAGE o FASE A PLACCHE fase maligna in cui i linfociti T invadono il DERMA E IL
SOTTOCUTE, si forma di fatto una PLACCA RILEVATA.
• TUMOR STAGE o FASE NODULARE, le cellule T HELPER particolarmente presenti a
questo punto stimolano tramite la produzione di citochine la produzione e la attività di
cellule:
◦ T CD8+.
◦ NK.
◦ CELLULE DI LANGHERANS.
E quindi tutto il sistema immunitario dell'ospite.
Diversi stadi di micosi fungoide, a sinistra la schiena di un paziente che presenta diverse
manifestazioni sia placchiformi sia nodulari, a destra formazioni nodulari sul braccio.
immagine tratta da wikipedia
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Giordano Perin; dermatologia 14: i linfomi cutanei
• Su chiazze infiltrate.
Possono insorgere ovunque in ogni caso e spesso tendono ad ulcerare.
ASPETTI ISTOPATOLOGICI:
dal punto di vista istologico si osservano:
• infiltrato del derma a banda da parte di piccoli linfociti.
• Epidermotropismo di singoli elementi linfoidi.
• Formazione di microascessi di PAUTRIER.
I linfociti individuati grazie a tecniche immunoistochimiche sono di tipo CD3, CD4 e CD8. Analisi
molecolari del TCR presente indica la chiara monoclonalità della patologia tumorale: solo in
stadi molto tardivi si possono avere, sembra, fenomeni di riarrangiamento del TCR e quindi
perdita, formalmente, di questa monoclonalità.
Tipico quadro cutaneo di linfoma a cellule
T, nel complesso si possono riconoscere:
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Giordano Perin; dermatologia 14: i linfomi cutanei
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Giordano Perin; dermatologia 14: i linfomi cutanei
propri.
• III caratterizzato dalla presenza di eritrodermia.
• IV caratterizzato dal coinvolgimento viscerale della malattia.
PROGNOSI:
la micosi fungoide rappresenta un linfoma abbastanza benigno, dotato di progressione molto
lenta, solo il 15-20% dei pazienti muore per questa patologia.
• Pazienti individuati a stadi precoci della malattia hanno una prognosi ottimale.
• Pazienti individuati tardivamente e con stadiazioni avanzate hanno una prognosi molto
peggiore in quanto manifestano importanti coinvolgimenti linfonodali e di organi
interni.
Nonostante possano essere utili in termini diagnostici, il fenotipo citotossico e la monoclonalità
dell'infiltrato non sono indici prognostici utili.
TERAPIA:
nel complesso ricordiamo che:
• per i primi stadi, fino al Ib, si possono utilizzare CHEMIOTERAPIE TOPICHE, sorpattutto:
◦ mecloretamina.
◦ Retinoidi topici.
◦ Steroidi.
• Per stadi più avanzati, a partire IIa fino al III, si possono utilizzare interferoni come l'INFα
ricombinante o di derivazione leucocitaria. Si tratta di una terapia molto efficace, ma
con effetti collaterali molto importanti.
• Negli stadi più avanzati la chemioterapia sistemica diviene essenzialmente l'unica
opzione, sorpattutto nello stadio IV. Si possono utilizzare:
◦ monoterapie con Gemcitabina e Fludarabina e Doxorubucina.
◦ Negli stadi più avanzati è necessario ricorrere a terapie multiple.
• La terapia PUVA può essere utilizzata in tutti gli stadi, ma è consigliata per stadi
intermedi, dal Ib al III: si tratta, come accennato precedentemente, di una
FOTOCHEMIOTERAPIA caratterizzata dalla somministrazione di UVA accompagnata
dall'uso di PSORALENI. Esiste anche la possibilità di utilizzare delle cabine UVB NARROW
BAND che espongono il paziente ad una luce a 311nm.
• Si possono poi utilizzare fotoferesi, retinoidi e steroidi.
L'elettrochemioterapia risulta in questi casi inutile.
FORME DI LINFOMI DI TIPO CD8+
i linfomi T di tipo CD8 possono presentare caratteri differenti:
• LINFOMA T PANNICULITICO, questa forma colpisce giovani adulti con una storia di
panniculite benigna, nel complesso:
◦ si localizza agli arti.
◦ Raramente si complica nella forma emofagocitica.
La sopravvivenza è circa dell'80% a 5 anni con terapia steroidea fondamentalmente.
• LINFOMA AGGRESSIVO EPIDERMOTROPO, si tratta di una forma che, rispetto alle altre
forme di linfoma CD8, risulta particolarmente aggressiva, si presenta in questo modo:
◦ papule eruttive che evolvono a noduli tumorali che possono manifestare una
ulcerazione centrale e necrosi superficiale.
◦ Interessa cavo orale, polmone, testicolo e sistema nervoso centrale.
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Giordano Perin; dermatologia 14: i linfomi cutanei
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Giordano Perin; dermatologia 14: i linfomi cutanei
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Giordano Perin; dermatologia 14: i linfomi cutanei
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Giordano Perin; chirurgia plastica 1: la guarigione delle ferite
La guarigione delle ferite è un argomento di fondamentale importanza in tutti gli ambiti della
chirurgia: la guarigione della ferita può avvenire in maniera
PRIMARIA, si tratta del decorso ideale della cicatrice, per cui non
sono necessari interventi aggiunti, o in maniera SECONDARIA,
con difficoltà.
Una ferita deve essere di regola chiusa entro 6 ore dall'evento
traumatico, questa può essere trattata anche in tempi successivi
ma sarà necessario in questi casi eseguire uno SBRIGLIAMENTO:
la rimozione di elementi necrotico emorragici presenti nella ferita
e il riavvicinamento dei margini della stessa.
Nel caso in cui la guarigione non avvenga immediatamente, cioè
in modo non primario, si parla di:
• GUARIGIONE SECONDARIA della ferita: la ferita resta
aperta e si attivano meccanismi di riparazione naturali. In
questi casi:
◦ I bordi non sono vicini tra loro.
◦ C'è una perdita di tessuto che viene riempita con del
tessuto di granulazione.
◦ Il tessuto di granulazione viene ricoperto da tessuto epiteliale, si epitelizza.
◦ La ferita chiusa si contrae.
La cicatrice in questi casi risulta ESTETICAMENTE INFERIORE: la lesione diviene visibile,
sopraelevata, deformata generando delle alterazioni di rifrazione della luce molto
evidenti.
• GUARIGIONE TERZIARIA della ferita: definita tale nel momento in cui una ferita avviata
ad una guarigione secondaria viene sottoposta a debreedment.
• FERITE CRONICHE: dall'evento traumatico è passato più di un mese, e la ferita non si è
ancora richiusa. È possibile utilizzare eventualmente dei meccanismi di pulizia enzimatici
o chirurgici, ma non è facile portare questa soluzione di continuo ad una risoluzione.
LO SBRIGLIAMENTO RADICALE:
lo sbrigliamento radicale prevede la rimozione chirurgica di tutto quanto non vitale e
sanguinante, anche il tessuto osseo se non perfuso: trattando la ferita in questo modo è
possibile trasformare una ferita di seconda intenzione in una ferita chirurgicamente pulita.
La ferita dopo lo sbrigliamento sarà:
• lavata abbondantemente.
• Ricoperta con un lembo o un innesto al fine di creare una nuova circolazione locale se
necessario, in alternativa si procede alla chiusura diretta con punti.
• Saranno somministrati antibiotici che, grazie alla rivascolarizzazione locale, giungeranno
in sede.
La pulizia della ferita è fondamentale proprio al fine di garantire il passaggio di una adeguata
quantità di sostanze disinfettanti in loco.
Se il chirurgo è in grado di eseguire uno sbrigliamento radicale è possibile quindi FAR CHIUDERE
LA FERITA IN MODO PRIMARIO:
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Giordano Perin; chirurgia plastica 1: la guarigione delle ferite
LO SBRIGLIAMENTO CONSERVATIVO:
In alcuni casi è impossibile definire cosa sopravviverà e cosa no di un tessuto o di un arto leso,
non ci sarà quindi possibile eseguire uno SBRIGLIAMENTO TOTALE MA UNICAMENTE UNO
CONSERVATIVO: si scelgono alcuni tessuti che devono essere conservati e si eliminano SOLO I
TESSUTI COMPLETAMENTE E DEFINITIVAMENTE MORTI. In termini pratici è importante
ricordare che per questi pazienti:
• Gli sbrigliamenti devono essere eseguiti ogni due giorni.
• I tessuti ossei devono essere ricostituiti:
◦ è possibile eseguire una ricostituzione del tessuto osseo tramite attivazione del
periostio: si possono ottenere frammenti di lunghezza fino a 6-10cm.
◦ È possibile eseguire una ricostituzione del tessuto osseo tramite spostamento del
perone controlaterale: con questa tecnica si può arrivare a frammenti di 14cm.
Molto spesso l'alternativa allo sbrigliamento conservativo è l'amputazione.
LE FASI DELLA GUARIGIONE:
le fasi della guarigione della ferita sono fondamentalmente tre:
• FASE INFIAMMATORIA dal giorno 1 al giorno 6.
• FASE FIBROPROLIFERATIVA: dal giorno 4 alla terza settimana.
• FASE DI MATURAZIONE E RIMODELLAMENTO che dura anche fino ad un anno.
Chiaramente mentre una ferita che si chiude di prima intenzione risulta in una cicatrice di
piccolo calibro, una cicatrice che si chiude di seconda intenzione risulterà in una cicatrice
consistente.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 1: la guarigione delle ferite
LA FASE INFIAMMATORIA:
la fase infiammatoria della guarigione prevede alcuni passaggi fondamentali:
• VASOCOSTRIZIONE interna alla ferita: una grande quantità di catecolamine costringe i
vasi locali. Questo effetto si verifica per circa 5-10 minuti.
• COAGULAZIONE, favorita dalla vasocostrizione, è fondamentale e si tratta del primo
evento che di fatto va a occludere la perdita di sangue e la discontinuità dei tessuti.
• VASODILATAZIONE E AUMENTO DELLA PERMEABILITÀ: questa fase è funzionale a far si
che granulociti e altre cellule intravasali passino nei tessuti. L'incremento della
permeabilità è determinato da:
◦ istamina.
◦ Serotonina liberata dalle piastrine.
◦ Ossido nitrico liberato dalle cellule epiteliali.
• CHEMIOTASSI che aumenta considerevolmente nel tempo, è favorita da:
◦ prodotti tissutali.
◦ prodotti batterici.
◦ prodotti infiammatori.
Nel complesso possiamo distinguere diverse fasi della chemiotassi:
◦ MIGAZIONE DEI LEUCOCITI che prevede un processo di marginalizzazione seguito da
rolling, spreading e diapedesi.
◦ FORMAZIONE DI STRAVASI DI FIBRINA: il passaggio di cellule in massa e il danno
locale provocano uno stravaso di fibrina che forma degli ammassi coagulati.
• LA RISPOSTA CELLULARE: le cellule dei tessuti prossimi al tessuto danneggiato vanno
incontro a processi di trasformazione importanti. Nel complesso riconosciamo:
◦ mitosi nella parte bassa dell'epidermide.
◦ Incremento del numero di macrofagi e fibroblasti.
◦ Neovascolarizzazione.
La fase infiammatoria prevede quindi il coinvolgimento di cellule specifiche:
◦ NEUTROFILI attivi intorno alle 34-48 ore, distruggono batteri e cellule necrotiche.
◦ MACROFAGI attivi intorno alle 49-96 ore, nella prima settimana sono la popolazione
dominante, precedono il richiamo di fibroblasti.
◦ LINFOCITI attivi intorno ai 5-6 giorni: regolano le collagenasi e il rimodellamento
della matrice extracellulare molto probabilmente, il loro ruolo non è stato
completamente appurato.
Nel complesso si forma una matrice di base che evolverà nelle fasi successive.
FASE FIBROPROLIFERATIVA:
questa fase comprende sicuramente:
• FORMAZIONE DELLA MATRICE: i fibroblasti si muovono nella ferita dopo i primi tre
giorni e divengono dominanti dopo la prima settimana. Dal quinto giorno alla terza
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Giordano Perin; chirurgia plastica 1: la guarigione delle ferite
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Giordano Perin; chirurgia plastica 1: la guarigione delle ferite
corticosteroidi e colchicine1.
◦ INIBIZIONE delle COLLAGENASI STESSE mediata da diversi fattori umorali.
• PRODUZIONE DI FATTORI DI CRESCITA fondamentali alla attivazione delle cellule in
loco, nello specifico:
◦ PDGF prodotto dalle piastrine.
◦ FGF fibroblast growth factor.
◦ TGF beta.
◦ VEGF prodotto dall'endotelio e dalle piastrine, regola la attività vasale.
◦ Molti altri fattori ad attività fibroproliferativa solitamente.
• CONTRAZIONE DEI MIOFIBROBLASTI sono fibroblasti specializzati dotati di
microfilamenti di actuna e miosina: presentano capacità contrattile e si trovano dispersi
nella ferita granuleggiante; sono fondamentali nella fase di CONTRAZIONE della ferita
stessa. Tali cellule:
◦ Compaiono già al terzo giorno.
◦ Presentano massima attività alla prima settimana.
◦ scompaiono con la scomparsa della ferita.
LA CONTRAZIONE È IMPORTANTISSIMA E PUÒ PERDURARE PER UN TEMPO ESTREMAMENTE
LUNGO: nella pratica chirurgica è importante ricordare che più derma è presente nella ferita,
minore è la contrazione della stessa. Nel momento in cui si esegua un innesto, allora sarà
necessario cercare di includere la massima quantità di derma al fine di ridurre al minimo la
contrazione successiva.
I TIPI DI FERITA:
come accennato inizialmente esistono diversi tipi di ferita, nello specifico ricordiamo:
• GUARIGIONE PRIMARIA: la ferita si chiude per avvicinamento dei lembi o grazie ad uno
sbrigliamento entro 6 ore dall'incidente grazie all'intervento del chirurgo.
• GUARIGIONE SECONDARIA fondamentalmente non si eseguono operazioni di
rimarginazione o avvicinamento, si lascia che il corpo provveda alla chiusura della ferita.
• GUARIGIONE PRIMARIA DIFFERITA: si tratta di un metodo di guarigione utilizzato per le
ferite SUBACUTE CHE VENGONO TRASFORMATE IN ACUTE DA UNO SBRIGLIAMENTO
RADICALE. La guarigione è simile a quella primaria dal punto di vista funzionale, ma
questo tipo di operazione si può eseguire anche entro 72 ore.
Oltre le 72 ore si parla di guarigione secondaria, a prescindere da quale sia l'esito o l'intervento.
1 Le colchicine sono delle sostanze naturali tossiche per l'organismo e prodotte a fini antimitotici: si tratta di composti
capaci di inibire l'assemblaggio dei microtubuli e quindi la mitosi.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 1: la guarigione delle ferite
In termini pratici non varia molto tra una guarigione di prima intenzione e di prima intenzione
differita, se il chirurgo plastico non si trova in ospedale, semplicemente opera di prima
intenzione differita; naturalmente la presenza del chirurgo plastico comporta dei vantaggi: il
paziente viene operato immediatamente.
FATTORI CHE INFLUENZANO LA GUARIGIONE DELLE FERITE:
la guarigione delle ferite dipende da moltissimi fattori: pazienti ipoproteinemici, diabetici,
anziani e pazienti con comorbidità e fattori aggiuntivi non guariscono come gli altri dalle ferite.
Questi fattori negativi vanno il più possibile corretti prima che venga medicata la ferita: si tratta
di una evenienza rara in quanto nella maggior parte dei casi non c'è tempo sufficiente per fare
tutto questo. Nel complesso possiamo individuare alcuni tipi di ferite che risultano difficilmente
trattabili:
• ULCERE DA COMPRESSIONE dette anche cubitali: queste ulcere sono provocate da una
pressione esercitata per un tempo prolungato in corrispondenza di un margine osseo. In
questi casi tra osso e cute viene a formarsi un gradiente pressorio tale da generare un
blocco della circolazione. Al fine di evitare la formazione di questo tipo di ulcera:
◦ ogni 2 ore il paziente va mosso o spostato.
◦ Vanno corretti i fattori predisponenti la patologia:
▪ la proteinemia soprattutto va mantenuta a livelli ottimali, in caso contrario anche
una ulcera pulita chirurgicamente, non guarirà.
▪ La glicemia va corretta il più possibile al fine di favorire la vascolarizzazione.
◦ Il paziente va tenuto il più pulito il possibile.
• FERITE INFETTE: le ferite infette vanno pulite e disinfettate e il paziente va trattato con
antibiotici, la ferita non guarirà se non viene prima risolta l'infezione. Un caso tipico
sono le ferite purulente che se non evacuate non guariscono mai.
• Ferite in pazienti che presentano una vascolarizzazione insufficiente guariscono con
molta difficoltà: un problema tipico sono ferite in arti parzialmente ischemici a causa di
ostruzioni o arteriopatie.
IL SILICONE:
il silicone può essere molto utile nel trattamento delle ferite chirurgiche, posizionare il silicone
in sede della lesione:
• comprime il tessuto e favorisce la sua rimarginazione.
• Crea un ambiente umido al di sotto che favorisce la rivascolarizzazione e la guarigione.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 2: gli innesti
GLI INNESTI
L'INNESTO È IL TRASFERIMENTO DI UNO O PIÙ TESSUTI CHE VENGONO SEPARATI DA
UN'AREA DI ORIGINE O DONATRICE, PRIVATI DELLA LORO VASCOLARIZZAZIONE, E
REINTEGRATI IN UN AREA RICEVENTE.
L'innesto è PRIVO DI PROPRIA VASCOLARIZZAZIONE e VIENE REIMPIANTATO E
VASCOLARIZZATO IN LOCO, A DIFFERENZA DEL LEMBO che invece presenta una propria
vascolarizzazione.
INDICAZIONI:
le indicazioni per poter procedere ad un innesto sono fondamentalmente:
• tutte le ferite che non possono essere chiuse di prima intenzione.
• Deficit tissutali che emergono dopo resezione oncologica.
• Ricostruzione nelle ferite da ustione.
• Rilascio di contratture cicatriziali.
• Deficit cutanei congeniti.
CONTROINDICAZIONI:
esistono naturalmente anche delle controindicazioni per questo tipo di procedura, gli innesti
non si possono utilizzare MAI su REGIONI PRIVE DI VASCOLARIZZAZIONE come ossa prive di
periostio, cartilagine e tendini.
CONTROINDICAZIONI MODIFICABILI:
L'innesto non può essere inoltre eseguito su:
• ferite infette.
• Ferite con residuo neoplastico.
• Ferite nel paziente ipoproteinemico.
Quantomeno fintato che la condizione persiste.
CONTROINDICAZIONI NON MODIFICABILI:
non si esegue un innesto in determinate condizioni:
• ULCERE DA PRESSIONE: l'ulcera si può trattare, ma con il riprestino della condizione di
pressione precedente riemerge il problema.
• Ferite da irradiazione dove è compromessa la vascolarizzazione.
• Ferite derivate da vasculiti dove il problema ischemico si ripresenta molto spesso.
• insufficienza arteriosa che chiaramente genera un quadro ischemico cronico.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 2: gli innesti
TIPI DI INNESTO:
esistono diversi tipi di innesto:
• autoinnesto, comune ed eseguito a partire dalla cute del paziente stesso.
• esoinnesto eseguito da donatore geneticamente identico al paziente, un gemello
omozigote.
• alloinnesti eseguiti da cadavere generalmente: questi innesti danno generalmente una
reazione immunitaria molto importante e sono destinati ad un uso in caso di emergenza,
per esempio in grandi ustionati, e devono essere sostituiti nell'arco di qualche
settimana. Il prelievo della cute dal cadavere deve essere eseguito preferenzialmente
entro 12 ore, eventualmente entro 24 ore.
• Xenoinnesti eseguiti da animali di specie differenti come maiali, vitelli o feti di vitello.
Presentano problematiche non dissimili da quelle relative all'alloinnesto.
Gli innesti si possono classificare anche sulla base della loro provenienza topografica:
• ISOTOPICI quando la sede donatrice e la sede ricevente sono omologhe tra loro come
nel trapianto di cute tra due arti inferiori.
• ORTOTOPICI quando le due sedi non sono analoghe, ma lo sono i tessuti trasferiti come
nel trasferimento di materiali dal labbro alla palpebra per riparare difetti congiuntivali.
• ETEROTOPICI quando le due sedi e i due tessuti non sono analoghi, per esempio nel
trasferimento di cute per riparare danni delle mucose.
LA CONSERVAZIONE DEL CAMPIONE:
la conservazione del campione cutaneo può avvenire in tre modi differenti:
1. A 4°C IN AMBIENTE STERILE E UMIDO per NON PIÙ DI DUE SETTIMANE.
2. A -196°C IN AZOTO LIQUIDO: è necessario eseguire un raffreddamento graduale e
proteggere le strutture cellulari utilizzando del dimetilsulfossido o del glicerolo. In
questo caso la cure resterà integra per circa 6 mesi in uno stato di vitalità latente.
3. A TEMPERATURA AMBIENTE DISIDRATATA E SOTTOVUOTO: la cute viene in questo caso
disidratata completamente e di fatto perde ogni vitalità. La cute ottenuta in questo
modo non attecchisce, ma può avere altri usi terapeutici (medicazioni).
DIVERSI TIPI DI INNESTO DI CUTE:
gli innesti di cute sono sicuramente gli innesti maggiormente utilizzati in termini clinici, questi
innesti possono essere classificati sulla base dello spessore che comprendono:
• INNESTI PARZIALI dove si prelevano epidermide e la parte superficiale del derma, nello
specifico riconosciamo tre tipologie di innesto parziale:
◦ THIERSH HOLLER sottili di circa 0,2mm comprendono lo strato papillare del derma.
◦ BLAIR BROWN intermedi che arrivano al confine tra derma papillare e reticolare.
◦ PEDGETT spessi che arrivano fino al derma reticolare comprendendo quindi 2/3 del
derma.
• INNESTO TOTALE o innesto di WOLFE KRAUSE che interessa il derma a tutto spessore.
Il diverso spessore del prelievo influenza molto la SOPRAVVIVENZA DI COMPONENTI
FONDAMENTALI DEL TESSUTO quali:
• follicoli piliferi.
• Ghiandole sudoripare.
• Ghiandole sebacee.
CONFRONTO TRA I DIVERSI TIPI DI INNESTO:
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Giordano Perin; chirurgia plastica 2: gli innesti
DERMO EPIDERMICO SOTTILE attechisce rapidamente, area di notevole retrazione, è fragile, tende a
prelievo quasi invisibile pigmentare
attecchimento buono, area di prelievo tendenza alla retrazione, spesso
DERMO EPIDERMICO INTERMEDIO
poco visibile pigmenta
la retrazione è minore, il risultato attecchimento più difficile, la
DERMO EPIDERMICO SPESSO estetico buono epitelizzazione lascia una cicatrice
evidente nel luogo di prelievo
la retrazione è minima, il risultato attecchimento difficile, l'area di prelievo
DI CUTE TOTALE estetico è il migliore ottenibili presenta evidenti cicatrici e può
necessitare di innesti
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Giordano Perin; chirurgia plastica 2: gli innesti
Innesto parziale:
SOTTILE Innesto a pieno spessore,
comprende epidermide e
MEDIO derma.
PROFONDO
GEOMETRIA E FORMA:
distinguiamo quindi:
• LAMINE o FOGLI prive di incisioni quindi, presentano:
◦ superficie regolare.
◦ Miglior risultato morfologico.
◦ Non sono permeabili ai fluidi.
• MESH o TANNER, in questo caso presentano delle incisioni finalizzate ad incrementare la
elasticità del tessuto, si parla di mesh appunto:
◦ possono espandersi fino a 9 volte.
◦ Possono drenare sangue ed essudato.
• PUNCH o REVERDIN: sono piccole isole cutanee che vengono prelevate a impiantate nel
tessuto, presentano una notevole capacità di crescita. Poco utilizzato ad oggi.
• MEEK: anche in questo caso vengono fatte delle incisioni, il preparato è quindi
“meshato” ma queste sono disposte a quadratini, non a rete. La procedura è più
delicata.
PRELIEVO DELL'INNESTO:
a seconda delle necessità si possono scegliere tipologie e sedi differenti per prelevare l'innesto.
SEDI DI PRELIEVO PER GLI INNESTI DI CUTE:
la sede elettiva di prelievo è chiaramente differente a seconda che l'innesto da prelevare sia
parziale o totale.
INNESTO PARZIALE:
sede d'elezione sono aree in cui la cute è facilmente reperibile e che non diano particolare
fastidio durante la guarigione e nelle fasi successive, ricordiamo infatti che la guarigione nella
zona del prelievo è rapida, ma da vita ad una cicatrice visibile. Nello specifico:
• COSCIA in tutte le sue parti.
• BRACCIO sia nella faccia laterale che mediale.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 2: gli innesti
TOTALE:
anche in questo caso è importante ricordare che la ferita determinata dal prelievo deve essere
ricucita e deve essere scelta un'area che esteticamente sia il meno visibile possibile. Nel
complesso le sedi di elezione sono:
• DIETRO L'ORECCHIO.
• REGIONE SOTTOCLAVEARE.
• REGIONE INGUINALE.
• LA PIEGA DEL GOMITO.
• FACCIA INTERNA DEL GOMITO.
Si privilegiano zone con cute morbida, spessore e colore uniformi.
IL PRELIEVO DELL'INNESTO:
il prelievo dell'innesto avviene in modo differente a seconda che l'innesto stesso sia:
• PARZIALE:
◦ si esegue un taglio tangenziale alla cute che si sviluppa nel derma ad altezze
differenti.
◦ Si preleva una superficie in surplus del 5% rispetto alle effettive necessità di
copertura della sede ricevente.
• A TUTTO SPESSORE e si esegue un taglio con bisturi che si approfonda fino ad incidere
l'intero derma.
Strumento fondamentale per la esecuzione del prelievo dell'innesto parziale è il DERMOTOMO,
ne esistono di diversi tipi, ricordiamo:
• DERMOTOMO DI BLAIR a LAMA.
• DERMOTOMO DI HUMBY dotato di LAMA E RULLO.
• DERMOTOMO DI BRAITWHITE dotato di lama MONOUSO.
• DERMOTOMO DI PADGET dotato di RULLO.
• DERMOTOMO ELETTRICO e AD ARIA COMPRESSA molto più facili da utilizzare.
È possibile poi per ciascun dermotomo scegliere la profondità del taglio e il tipo di lama, nelle
zone più convesse o concave della cute, si possono utilizzare dermotomi a rullo.
Generalmente per la riepitelizzazione del tessuto ci vuole qualche settimana.
PREPARAZIONE DEL DEL LETTO VASCOLARE e DELL'INNESTO:
il letto nel quale viene posto l'impianto deve essere ben vascolarizzato e libero ad infezioni, è
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Giordano Perin; chirurgia plastica 2: gli innesti
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Giordano Perin; chirurgia plastica 2: gli innesti
stretto da garantire un corretto flusso ematico tra le due parti. Nel caso specifico ricordiamo
che la realizzazione dell'impianto può essere inficiata da:
• Ematomi
• zone non vascolarizzate, soprattutto ossee prive di periostio.
• Perdita di adesione per mancata compressione.
• Tutto quanto si interpone tra l'innesto e il tessuto sottostante.
Tutte queste condizioni possono rendere impossibile la vascolarizzazione. In casi particolari si
può pensare che l'impianto, posto in corrispondenza di un tessuto osseo, possa associarsi al
tessuto vascolarizzato ai margini periostali e di conseguenza riuscire a sopravvivere.
IL TRATTAMENTO POST OPERATORIO:
Prelievo di cute dalla
coscia (sinistra) e suo
innesto sulla caviglia
(destra)
.
immagine tratta da wikipedia
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Giordano Perin; chirurgia plastica 2: gli innesti
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Giordano Perin; chirurgia plastica 3: i lembi
LEMBI
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Giordano Perin; chirurgia plastica 3: i lembi
◦ Osteomuscolari.
◦ Osteomiocutanei.
• FASCIALI.
• MUSCOLARI.
I LEMBI CUTANEI:
sono lembi costituiti di cute e sottocute, dove il plesso sottucutaneo è coinvolto nella
vascolarizzazione del lembo. I lembi cutanei possono essere di tipo:
• DERMOADIPOSI che coinvolgono solo derma e sottocute: la rimozione dell'epidermide
può essere utile al fine di inserire il lembo al di sotto di uno strato epidermico
preformato, in questo modo si evita la formazione di cisti tra i due tessuti.
• CUTANEI dove vengono invece prelevati cute e sottocute.
LA VASCOLARIZZAZIONE DELLA CUTE:
la vascolarizzazione della cute è organizzata in diversi piani:
• SISTEMA PROFONDO composto dai vasi segmentali di grosse dimensioni che si trovano
a livello muscolare o in piani al di sotto della cute in ogni caso.
• SISTEMA SUPERFICIALE che è quello di cute e sottocute, comprende la
vascolarizzazione che irrora a partire dalle papille dermiche tutta la zona cutanea
superficiale e profonda.
• SISTEMA INTERMEDIO che mette in comunicazione le due componenti superficiale e
profonda, risulta costituito di due diverse tipologie di vasi;
◦ VASI PERFORANTI o MUSCOLOCUTANEI che perforano il muscolo o la fascia
sottostante la cute. Mentre un tempo era molto difficile isolare arteriole e venule
perforanti ed era necessario prelevare grosse quantità di muscolo per ottenere un
lembo efficace, oggi è possibile individuare singole arterie perforanti ed utilizzarle
per vascolarizzare uno specifico lembo senza danneggiare massicciamente il
muscolo. In questo modo è possibile evitare complicazioni post operatorie
caratteristiche come ERNIE E LAPAROCELI.
◦ ARTERIE CUTANEE DIRETTE fondamentali per la produzione e la preparazione di
lembi assiali.
Il plesso sottocutaneo è fondamentale e si colloca al di sopra della fascia muscolare: la
presenza di questo elemento del circolo cutaneo è fondamentale a garantire la irrorazione dei
tessuti del lembo.
Come accennato quindi sulla base della vascolarizzazione distinguiamo:
• LEMBI CON VASCOLARIZZAZIONE RANDOM derivati da ARTERIE PERFORANTI: rispetto
al lembo queste arterie giungono perpendicolarmente, di conseguenza hanno un
territorio di irrorazione limitato nello spazio.
• LEMBI CON VASCOLARIZZAZIONE ASSIALE derivati da ARTERIE NON PERFORANTI o
DIRETTE che decorrono generalmente orizzontalmente al piano della cute e
garantiscono al lembo stesso una vascolarizzazione molto migliore. Queste arterie sono
numerose nel nostro organismo soprattutto a livello addominale ma non solo e hanno la
peculiarità di non perforare alcuna fascia e di potere essere quindi anche facilmente
isolate.
LEMBI A VASCOLARIZZAZIONE RANDOM:
essendo allestiti da arterie perforanti presentano dei limiti:
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Giordano Perin; chirurgia plastica 3: i lembi
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Giordano Perin; chirurgia plastica 3: i lembi
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Giordano Perin; chirurgia plastica 3: i lembi
◦ Lembi a V-Y: si tratta di un altro tipo di lembo di avanzamento. I lembi V-Y sono lembi
intercambiabili che consentono di eseguire delle operazioni di
chiusura delle ferite particolarmente agevoli, nello specifico è
possibile;
▪ trasformare una incisione a V in una a Y: si allunga una
cicatrice, questo è utile nella lablopalatoschinesi dove si
richiude la lesione e si riduce la tensione sulla cicatrice.
▪ Trasformare una incisione a Y in una a V diminuisce invece la dimensione della
cicatrice, ma si utilizza raramente.
◦ Lembo bipeduncolato: si utilizza sopratutto per grosse losanghe di cute perse a
livello cranico, si eseguono due tagli laterali e si
fanno scorrere due lembi verso il centro della
losanga determinata dalla lesione.
▪ I peduncoli sono due, uno a sinistra e uno a
destra della losanga da coprire.
▪ Le regioni laterali alla cicatrice, scoperte dalla
tensione esercitata dal lembo, vengono
trattate con innesti.
• LEMBI DI ROTAZIONE che sfruttano la elasticità della cute: il lembo ruota e si espande
chiudendo una ferita, generalmente la lesione presenta la forma di un triangolo o viene
preparata in modo da essere più simmetrica il possibile. Se la incisione è di grosse
dimensioni per ridurre la tensione si esegue un BACK CUT alla estremità del taglio.
• LEMBI DI TRASPOSIZIONE: il lembo di trasposizione, a differenza del lembo di
Back cut
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Giordano Perin; chirurgia plastica 3: i lembi
avanzamento, per portarsi dal sito donatore al sito ricevente deve superare un tratto di
cute SANO; il tessuto si deve quindi sollevare e superare l'ostacolo. Dal punto di vista
pratico:
◦ l'allestimento è simile a quello di un lembo di avanzamento.
◦ quando si esegue un lembo di trasposizione viene SALTATA un'area di cute sana.
◦ Si utilizzano per perdite di sostanza adiacenti.
Esistono diversi tipi di lembi di TRASPOSIZIONE, ricordiamo:
◦ LEMBO BILOBATO che si compone di due lembi:
▪ un primo lembo che scorre a
coprire la regione ripulita dal
debreedment o danneggiata.
▪ Un secondo lembo di dimensioni
inferiori che va a riparare la sede
dove è stato eseguito il prelievo. Angolo non maggiore a 110°
Per questo tipo di lembo è
indispensabile valutare QUALE SIA L'ANGOLO DI TRASPOSIZIONE che deve essere
compreso tra 90 e 110° dove la distanza ottimale tra la retta passante per il tratto
inferiore della lesione e il margine superiore di quello che sarà il lembo è di 110°.
Tipica applicazione di questa tecnica è relativa al naso dove se si esegue una sutura
diretta si rischia di modificare in modo molto invasivo l'estetica della regione: la
trasposizione deve essere quindi non traumatica e la cicatrice il più piccola possibile.
◦ LEMBO LLL O LEMBO DI DUFOURMENTEL: si esegue nel momento in cui vi sia una
perdita di sostanza romboidale
disegnando un triangolo sulla cute del
paziente. Le dimensioni e la posizione
del triangolo vengono stabilite in
questo modo:
▪ si traccia la bisettrice dell'angolo tra
il prolungamento di un lato del
rombo e il prolungamento dell'asse
minore dello stesso di lunghezza pari ad un lato e si esegue la PRIMA INCISIONE.
▪ Si traccia a partire dalla estremità del lato precedentemente tracciato una
parallela all'asse maggiore del rombo sempre della lunghezza di un lato e si
esegue la SECONDA INCISIONE.
Il triangolo così ottenuto viene traslato a livello della perdita di sostanza.
◦ LEMBO DI GUANCIA O DI MUSTARDIN:
lembo di traslazione che si utilizza per difetti della zona della guancia, la sede di
prelievo si ripara con innesti.
◦ LEMBO FRONTALE che si utilizza per perdite di sostanza generalmente nasali anche
di grandi dimensioni. L'arco di rotazione è molto ampio e si può eventualmente
utilizzare, quando necessario, un lembo espanso: un mese prima dell'intervento si
pone una espansione e con il lembo espanso si
esegue l'intervento.
◦ LEMBO QUADRATO: un semplice lembo a forma
quadrata sviluppato perpendicolarmente all'asse
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Giordano Perin; chirurgia plastica 3: i lembi
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Giordano Perin; chirurgia plastica 3: i lembi
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
una persona su quattro nel corso della sua vita manifesta una neoformazione cutanea, si tratta
di patologie a gravità molto differente e a carattere molto variabile, ricordiamo in ogni caso
che:
• L'ETÀ DI INSORGENZA È ESTREMAMENTE VARIABILE.
• I FATTORI ASSOCIATI PRINCIPALI sono:
◦ sole.
◦ Agenti chimico fisici.
◦ Predisposizione genetica.
L'incidenza di questo tipo di patologia è abbastanza alta e risulta negli ultimi anni in aumento:
ad oggi il melanoma costituisce il 3-4% di tutte le neoplasie, risulta tuttavia difficile determinare
la sua incidenza nel nostro paese soprattutto a causa della mancanza di un registro nazionale
vero e proprio.
NEOFORMAZIONI BENIGNE E MALIGNE:
le neoformazioni cutanee si dividono in:
• BENIGNE che sono estremamente numerose e per questo:
◦ la diagnosi differenziale non è sempre facile e di solito è a cura del dermatologo.
◦ Nel dubbio rispetto alla natura della lesione si procede generalmente alla sua
rimozione.
Tra le lesioni benigne ricordiamo:
◦ granuloma piogenico.
◦ Verruca seborroica.
◦ Cheratosi solare.
◦ Fibroma.
◦ Istiocitoma.
◦ Cisti epidermoide e dermoide.
◦ Lipoma.
◦ Dermatofibroma.
◦ Swannoma.
◦ Angioma.
◦ Corno cutaneo.
◦ Cicatrici ipertrofiche.
◦ Cheloidi.
• LE NEOFORMAZIONI MALIGNE tra cui ricordiamo sicuramente:
◦ epiteliomi.
◦ Melanomi.
◦ Dematofibrosarcoma.
◦ Liposarcoma.
◦ Angiosarcoma.
◦ Tumore di merkel.
◦ Istiocitoma maligno.
Tutti i sarcomi citati sono estremamente maligni e relativamente poco noti, ma anche piuttosto
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
rari.
L'USO DEL TERMINE NEVO:
il termine nevo indica una qualsiasi aspecifica alterazione della proliferazione o della
colorazione della cute che sia permanente, si tratta quindi di un termine estremamente
generico. I nevi possono essere poi classificati in due grandi categorie:
• nevi epidermici di derivazione delle cellule dell'epidermide.
• Nevi melanocitici di derivazione invece propriamente melanocitaria.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE:
è indispensabile distinguere adeguatamente tra i diversi tipi di lesione, nello specifico sono di
aiuto:
• ANAMNESI molto importante per diversi aspetti:
◦ esposizione al sole.
◦ Familiarità.
E non solo.
• ESAME OBIETTIVO che se accurato può essere molto suggestivo.
ISPEZIONE DELLA LESIONE:
alla ispezione della lesione è fondamentale valutare tre aspetti:
• colore.
• Superficie.
• Margini.
Della lesione sotto esame che si può eventualmente indagare tramite DERMATOSCOPIA.
L'ESAME BIOPTICO:
esame estremamente utile dal punto di vista diagnostico e molto richiesto, può essere eseguito
in due modalità:
• INCISIONALE cioè si esegue una incisione lungo la lesione e si preleva una parte della
stessa che verrà analizzata in seguito. Sembra che questa metodica possa incrementare
il rischio di propagazione della malattia cancerosa.
• ESCISSIONALE dove invece si rimuove invece l'intera lesione che viene poi analizzata nei
suoi diversi aspetti.
La rimozione radicale per escissione è generalmente la più utile in quanto consente di risolvere
molto spesso il problema alla radice oltre a non esporre il paziente ad un incremento del rischio
di metastasi.
INDICAZIONI:
l'esame bioptico è indicato in particolare per:
• neoformazioni che non guariscono e sono spesso sanguinanti.
• Neoformazioni ulcerate.
• Neoformazioni in rapida crescita.
FOTOTIPO DI FITZPARTICK E FOTOSENSIBILITÀ:
sulla base della risposta normalmente visibile alle esposizione alla luce solare possiamo
individuare diversi livelli di sensibilità alla stessa, nello specifico definiamo sei fototipi di
Fitzpartick:
• 0 albino, assolutamente non protetto dalla luce solare.
• I presenza di ERITEMA e ASSENZA DI ABBRONZATURA, risulta bianco e lentiginoso.
• II presenza di ERITEMA e ABBRONZATURA MINIMA, risulta bianco.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
comune che si verifica a livello della superficie del cuoio capelluto, risulta in una tumefazione:
• liscia.
• Mobile.
• Dura.
• Circolare o rotondeggiante.
Lesioni di dimensioni maggiori possono risultare lobulate e possono divenire morbide se
infiammate. Lo sviluppo di questa cisti è benigno:
• un processo infiammatorio può portare alla sua rottura.
• Può andare incontro a regressione spontanea.
STEATOCITOMA MULTIPLO:
sono lesioni cistiche delle ghiandole sebacee e si sviluppano in zone ad alta densità di
produzione di sebo, nello specifico a livello di:
• volto.
• Regione auricolare.
• Dorso.
• Torace.
Queste lesioni possono essere INTRADERMICHE o SOTTOCUTANEE, sarebbero, utilizzando il
termine propriamente, le uniche cisti sebacee vere e proprie. Nel complesso si caratterizzano in
questo modo:
• il contenuto della cisti in questo caso È SEBACEO, non cheratinocitico.
• Tumefazione con:
◦ superficie liscia.
◦ Forma circolare.
◦ Protrudente.
◦ Dimensioni dell'ordine di millimetri fino a qualche centimetro, 20mm circa.
MILIUM:
si tratta di cisti cheratinocitiche subepidermiche abbastanza comuni, derivano spesso dal
danneggiamento di un dotto ghiandolare che è spesso sudoriparo, non sebaceo. Clinicamente
queste lesioni risultano:
• dure.
• Bianche o giallastre.
• Raramente più grandi di 1 o 2mm.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
DERMATOFIBROMA o ISTIOCITOMA:
si tratta di lesioni poco sintomatiche generalmente, possono dare:
• prurito.
• Fastidio.
• Dolore.
Si manifesta come una lesione:
• composta di fibroblasti, capillari, collagene ed istiociti.
• Nodulare papulare fissa, rilevata, di color rosato, rosso o marrone.
• Cresce spontaneamente o a seguito di traumi minori.
Generalmente si elimina per ragioni estetiche o per il dolore che può provocare alla
compressione in determinate zone, ma la pericolosità di questa lesione è che può essere
CONFUSA CON UN DERMATOFIBROSARCOMA neoplasia maligna che uccide molto
rapidamente. La diagnosi differenziale tra queste due forme è possibile: IL
DERMATOFIBROSARCOMA si forma NELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI CASI SU
SOLUZIONI DI CONTINUO, se una lesione di questo tipo si manifesta su un letto cicatriziale
ALLORA IL PROBLEMA DEVE ESSERE TRATTATO CHIRURGICAMENTE IMMEDIATAMENTE.
CHERATOSI SEBORROICHE:
neoplasia benigna spesso pigmentata comune nella tarda età e e spesso composta di
cheratinociti epidermoidali, questa lesione che entra in diagnosi differenziale con EPITELIOMI
e, quando pigmentata, con MELANOMI, si tratta di una formazione che:
• appare frequentemente dopo la quarta decade.
• È più frequente su capo, volto, scalpo e tronco; non si manifesta sulle mucose.
• Eziologia non nota, presenta:
◦ familiarità.
◦ Nessuna associazione con fenotipi particolari.
◦ Rara associazione con neoplasie maligne (cancro dello stomaco, del colon retto e
acantosis nigrigans) e stati infiammatori.
Generalmente è asintomatica ma può dare prurito, si presenta fondamentalmente come:
• placca circoscritta ruvida o liscia.
• Dimensione di qualche millimetro o centimetro.
• Margini irregolari e pigmentazione variabile.
• Bassa aderenza alla cute.
• Fondo spesso sanguinante.
L'infiammazione di questo tipo di lesione può provocare gonfiore e sanguinamento.
ASPETTO MICROSCOPICO:
dal punto di vista istologico si tratta di una formazione DOVUTA ALL'ACCUMULO DI
CHERATINOCITI TRA LO STRATO BASALE E QUELLO CORNEO DELL'EPIDERMIDE,
accompagnato eventualmente dalla presenza di melanociti che possono trasferire melanina
alle cellule vicine dando ad esse una discreta pigmentazione.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
Cheratosi seborroica
pigmentata (a
sinistra) e
cheratosi seborroica
vista al microscopio
(a destra)
TRATTAMENTO:
Il trattamento prevede SHAVING o CRIOTERAPIA: una volta rimossa la cheratosi seborroica, il
rivestimento epiteliale si riforma in circa una settimana.
ALTRE FORMAZIONI BENIGNE:
le neoformazioni benigne sono molte e molto diverse tra loro, ricordiamo:
• MELANOACANTOMA una rara neoplasia benigna composta di cheratinociti epidermici e
cellule dendritiche melanocitarie.
• STUCCO CHERATOSI O CHERATOSI ALBA: variante più superficiale della cheratosi
seborroica, viene facilmente rimossa grattando senza lasciare traccia.
• DERMATOSI PAPULOSA NIGRA: eruzione papulare che si verifica al volto e al collo a
causa di un deficit di sviluppo dei follicoli pilosebacei. Istologicamente simile ad una
cheratosi seborroica, è tipica della razza nera.
◦ Determinata geneticamente.
◦ Le lesioni individuali sono delle piccole papule nere, blu o marroni, cupuliformi di 1-
5mm.
• ACROCHORDON O SKIN TAGS: lesione composta di tessuto fibroso che originando dal
collo e si sviluppa come una piccola tumefazione molle e peduncolata.
◦ Non supera i 2mm di estensione generalmente.
◦ È generalmente rotonda, molle e poco elastica.
◦ Spesso è ipopigmentata.
• SINDROME DI HABER: condizione familiare caratterizzata dalla emersione di eruzioni a
roseola associate spesso a placche cheratinocitiche al tronco e agli arti.
◦ Si accompagna spesso ad uno stato iperemico e infiammatorio della cute con
telengectasie.
◦ Colpisce soprattutto labbra, guance e fronte.
• CLEAR CELL ACANTOMA: si tratta di un nodulo o placca scagliosa caratterizzata dalla
presenza di cellule contenenti glicogeno, si tratta di una condizione poco comune.
◦ Generalmente solitaria.
◦ Cupuliforme.
◦ Di colorazione tra il rosa e il marrone.
◦ Varia in dimensioni tra 3 e 20mm.
Può perdurare per anni, se rimosso lascia una superficie lievemente sanguinante.
• IPERPLASIA PSEUDOEPITELIOMATOSA: l'iperplasia epiteliomatosa è la condizione
normalmente presente nella guarigione delle ferite cutanee, si parla di iperplasia
pseudoepiteliomatosa quando la proliferazione risulta alterata dalla presenza di un
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
CHERATOSI ATTINICA:
aree focali di anomala proliferazione cheratinocitica, si associano ad un incremento del rischio
di sviluppare un carcinoma squamocellulare. L'incidenza di questo tipo di lesione, soprattutto
nelle persone FOTOESPOSTE, è abbastanza alta. Nel complesso:
• si formano delle aree telengectasiche di pochi millimetri con ipercheratosi prossimale:
◦ squame giallastre.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
◦ Aderenti.
◦ Sanguinanti al distacco.
Spesso le lesioni sono multiple.
• La lesione è limitata all'epidermide seppur le
cellule risultano displastiche e vi sia una
alterazione del sottostante derma che risulta
più vascolarizzato e spesso infiltrato da
cellule del sistema immunitario.
La analisi della estensione della lesione, spesso
multipla, va eseguita non solo tramite ispezione, ma
anche tramite palpazione, essenziale a cogliere
lesioni di piccole dimensioni che sono nelle prime Cheratosi attinica in un bambino affetto da
fasi difficilmente visibili. xeroderma pigmentoso
EPIDEMIOLOGIA: immagine tratta da wikipedia
• tale lesione risulta estremamente comune, si può riscontrare anche con una prevalenza
del 15% nei maschi sopra i 40 anni di età, le donne sono generalmente meno esposte a
questo tipo di lesione.
• La evoluzione a carcinoma squamocellulare è possibile, ma si registra in meno dello 0.1%
dei casi.
• Molte lesioni vanno incontro a risoluzione spontanea.
PREVENZIONE, TRATTAMENTO E CONTROLLI:
la lesione può essere se molto piccola difficile da distinguere da un carcinoma squamocellulare
che da essa può, come accennato, scaturire. Individuata la lesione quindi si procede con:
• protezione solare a scopo profilattico.
• follow up.
• Trattamento:
◦ Non è indicata la crioterapia.
◦ L'escissione chirurgica è la terapia più efficace.
MORBO DI BOWEN:
si tratta di UN CARCINOMA SQUAMOCELLULARE IN SITU che si manifesta:
• agli arti inferiori nelle donne.
• Al cuoio capelluto e alle orecchie nell'uomo.
La lesione è:
• non rilevata.
• Con margini netti.
• Rossa.
• Fissurata.
• Con possibili aree di desquamazione.
Le lesione tende a crescere verso le regioni vicine ulcerando ed invadendo il derma, una
parziale regressione può essere spontanea: l'ulcerazione improvvisa è spesso correlata alla
evoluzione maligna della lesione, ma può essere normale se la lesione si localizza per esempio a
livello della mano. I due fattori di rischio più importanti sono:
• esposizione alla luce solare.
• Esposizione all'arsenico.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
Si tratta di una lesione estremamente aspecifica che entra in diagnosi differenziale con:
• psoriasi.
• Eczema.
• Carcinoma basocellulare.
• Cheratosi seborroica.
• Cheratosi attinica.
• Melanoma in alcuni casi.
Dal punto di vista istologico la lesione presenta delle cellule francamente displastiche e il
trattamento prevede l'escissione chirurgica.
Morbo di bowen come
appare sulla cute del
paziente e presentazione
istologica della patologia,
si tratta di un carcinoma
squamoso in situ.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
◦ Giallo o marrone.
◦ Ricurvo e spesso a pianta circolare.
Infiammazione e indurimento della struttura del corno sono segni di trasformazione
maligna, ma il corno di fatto può originare da alterazioni dovute a numerose patologie
differenti: nevi epidermici, mollusco contagioso, cheratoacantomi, cheratosi seborroica,
cisti trichilemmali o epidermoidi.
• ERITROPLASIA DI QUEYRAT: si tratta di un morbo di bowen della mucosa del pene.
• PAPULOSI BOWENOIDE DEI GENITALI: si tratta di formazioni papulose che di fatto
istologicamente sono carcinomi in situ, possono andare incontro a regressione
spontanea. Queste formazioni sono dovute ad infezioni da HPV soprattutto nei suoi
sottotipi 18 e 16.
• CARCINOMA INTRADERMICO DEL MARGINE PALPEBRALE.
• LEUCOCHERATOSI DEL LABBRO.
• CHERATOSI DA RADIAZIONI.
• TAR CHERATOSI.
NEOFORMAZIONI MALIGNE:
ad eccezione del melanoma, i tumori maligni della cute sono generalmente EPITELIOMI,
derivano cioè unicamente dalle cellule dell'epitelio. Si tratta generalmente di tumori localmente
invasivi ma che raramente metastatizzano. Possiamo dire che generalmente la loro incidenza:
• in Italia è molto alta.
• In Friuli Venezia Giulia e a Trieste è estremamente elevata.
IL BASALIOMA O CARCINOMA BASOCELLULARE O BASOTELIOMA:
neoplasia maligna dell'epidermide di derivazione cheratinocitaria di derivazione dalle CELLULE
STAMINALI ADULTE DELLO STRATO BASALE DELL'EPIDERMIDE e DEI FOLLICOLI PILIFERI.
EPIDEMIOLOGIA:
dal punto di vista epidemiologico è importante ricordare che CHE RAPPRESENTA LA
NEOPLASIA CUTANEA MALIGNA PIÙ COMUNE IN ASSOLUTO, questo tumore:
• è particolarmente comune nei caucasici: negli stati uniti raggiunge nella popolazione
caucasica una incidenza di 200-400 casi su 100.000, nella popolazione afroamericana
raggiunge una incidenza non superiore a 3-4 casi su 100.000.
• analogamente ad altre neoplasie cutanee maligne come il melanoma, LA SUA MASSIMA
INCIDENZA SI RISCONTRA IN AUSTRALIA.
• Il maschio è maggiormente colpito.
FATTORI DI RISCHIO:
i fattori di rischio associati a questo tipo di neoplasia sono:
• esposizione a raggi UV e PUVA.
• Uso di lettini abbronzanti.
• Sostanze chimiche come l'arsenico soprattutto.
• Patologie genetiche come lo xeroderma pigmentoum.
• Sindrome del nevo a cellule basali, sindrome autosomica dominante detta anche
sindrome di Gorlin e associata a diverse alterazioni neoplastiche in tutto il corpo.
• Alterazioni della proliferazione cutanea come:
◦ precedenti carcinomi basocellulari multipli.
◦ Cisti mascellari.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
Differenti forme di carcinoma a cellule basali, la neoplasia può presentarsi in forme molto differenti.
immagine tratta da wikipedia - immagine tratta da wikipedia - immagine tratta da wikipedia
Spesso il paziente giunge dal medico quando la lesione è ulcerata e conclamata. Dal punto di
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
possono provocare non tanto la morte del paziente quanto piuttosto comorbidità importanti.
TRATTAMENTO:
il trattamento è praticamente solo chirurgico, generalmente si esegue una escissione con
margini ampi:
• 3-4mm normalmente.
• 10mm nelle recidive.
La diagnosi va sempre confermata con metodiche istopatologiche. Va inoltre sempre eseguito
un controllo dei LINFONODI REGIONALI TRAMITE ECOGRAFIA, se si manifesta un
coinvolgimento si eseguono agobiopsia e prelievo.
Dal punto di vista pratico si possono eseguire:
• escissione chirurgica diretta come sottolineato in precedenza.
• Escissione con esame istologico estemporaneo: si parla di MOHS SURGERY,
estremamente utile a minimizzare l'impatto della rimozione, i margini vanno analizzati e
quindi si richiude la lesione.
• Courettage ed elettrodissecazione non dovrebbero mai essere utilizzati in quanto non
rendono possibile la valutazione del margine della lesione, tuttavia per lesioni di piccolo
calibro sono in alcuni casi utilizzate assieme alla crioterapia.
• Chemio e radioterapia possono essere utilizzate: la chemioterapia con 5-fluorouracile è
indicata per pazienti anziani, la radioterapia è ausilio fondamentale nelle forme
recidivanti in pazienti non candidati all'intervento chirurgico.
FOLLOW UP:
il follow up di questi pazienti a seguito dell'intervento prevede la valutazione di:
• un ESAME OBIETTIVO COMPLETO.
• Valutazione dei LINFONODI.
• Valutazione dello stato della PAROTIDE.
Generalmente si eseguono due controlli al primo anno e quindi un controllo all'anno fino a 4
anni dall'evento, se vengono individuate nuove neoplasie, vengono eseguiti controlli ogni 3-4
mesi.
IL CARCINOMA SPINOCELLULARE:
seconda neoplasia cutanea maligna per frequenza dopo il basalioma dal quale differisce dal
punto di vista clinico differisce IN QUANTO PUÒ DARE METASTASI LINFONODALI E A
DISTANZA anche se infrequenti.
EPIDEMIOLOGIA:
si tratta di una neoplasia che colpisce:
• pazienti anziani e maschi.
• L'incidenza è molto più elevata nella razza bianca.
• Si associa spesso a fenomeni di immunosoppressione.
• Nella razza nera rappresenta la prima neoplasia cutanea in frequenza, si associa infatti a
fattori di rischio differenti rispetto a quanto non avviene per il basalioma.
FATTORI DI RISCHIO:
• l'esposizione solare resta il principale responsabile di queste patologie.
• Immunosoppressione come accennato.
• Ulcere croniche e lesioni croniche possono PREDISPORRE ALLA INSORGENZA DI UN
CARCINOMA SPINOCELLULARE: si tratta del principale fattore favorente la formazione
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
ISTOPATOLOGIA:
dal punto di vista istopatologico si definisce fondamentalmente il grado di atipia cellulare, il
carcinoma può essere definito quindi:
• differenziato.
• poco differenziato.
• indifferenziato.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
• anaplastico.
Indifferenziato e poco differenziato sono due istotipi più facilmente rilevabili.
L'ITER DIAGNOSTICO:
l'iter diagnostico prevede:
• esame clinico che prevede la esplorazione di tutte le regioni fotoesposte e non.
• Conferma della natura della lesione tramite biopsia preferenzialmente escissionale, nel
momento in cui vengano rilevati margini alla analisi microscopica si procede alla
rivalutazione della lesione.
• Esami strumentali, nello specifico:
◦ ecotomografia ad ultrasuoni per la valutazione dei linfonodi.
◦ TC utile alla stadiazione e alla valutazione della profondità della lesione.
◦ RM
◦ CITOLOGIA CON AGOASPIRATO, può rivelarsi piuttosto utile in questo caso.
• Se sono presenti sintomi suggestivi si possono eseguire:
◦ scintigrafia ossea.
◦ TC polmonare.
◦ TC ossea.
LA STADIAZIONE DEL TUMORE E PROGNOSI:
la stadiazione si esegue tramite i criteri TNM anche in questo caso, raramente il tumore
metastatizza o coinvolge linfonodi, ma nel paziente anziano che non può essere operato, la
valutazione di tutti i parametri è fondamentale. Se allo stadio avanzato si verifica un
coinvolgimento linfonodale, la prognosi è tendenzialmente infausta. I fattori prognostici più
importanti sono fondamentalmente:
• lesione preesistente e sue caratteristiche.
• Sede della lesione.
• Grado di differenziazione e infiltrazione.
SOTTOTIPI:
anche in questo caso riconosciamo la presenza di diversi sottotipi, nello specifico:
• NODULARE, molto frequente, si presenta in questo modo:
◦ nodulo rosso e pruginoso.
◦ Spesso da erosione, sanguinamento e croste.
◦ Si accompagna ad un alone eritematoso.
◦ Si accresce rapidamente e in modo irregolare.
◦ Duro e fisso rispetto ai piani profondi.
L'ulcera tende ad approfondirsi con margini callosi e rilevati, è spesso doloroso alla
palpazione.
• ULCERATIVO detto anche ULCERA DI MARJOLIN, si forma un'ulcera a cratere con
margine rilevato circostante. Nel complesso:
◦ interessa labbra e genitali molto spesso.
◦ Presenta un fondo crostoso e sanguinante che diviene poi necrotico e sanioso.
◦ I margini sono infiltrativi e rilevati.
Se trascurata diviene gravemente necrotica e da vita a fenomeni colliquativi.
• INFILTRANTE, tipico del labbro, nel complesso:
◦ si presenta come una piccola placca dura lievemente rilevata.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
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Giordano Perin; chirurgia plastica 4: le neoformazioni cutanee non melanocitiche
• Testa e collo.
Raramente si riscontra in altre sedi.
IL TRATTAMENTO:
il trattamento è l'escissione chirurgica chiaramente, la lesione in questione è estremamente
GRAVE e spesso viene sottostimata.
• La escissione vene eseguita con margini di 3-5cm superiori a quelli visibili.
• La profondità comprende la fascia muscolare sottostante.
È importante ricordare il fatto che NON SI POSSONO ESEGUIRE DOPO LA ESCISSIONE
RICOSTRUZIONI CON LEMBI: il lembo è troppo spesso e non consente di valutare il fondo della
escissione dal quale originano le recidive. Si possono porre dei lembi protettivi.
Il follow up è estremamente RISTRETTO:
• una visita ogni 3-6 mesi per i primi 3 anni: in questo periodo si ha la massima percentuale
di recidive.
• Controlli meno ravvicinati in seguito ma protratti per almeno 5-10 anni.
in questi casi e solo DOPO 5-10 ANNI SI PUÒ ESEGUIRE UNA RICOSTRUZIONE ESTETICA.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 5: la ricostruzione mammaria
LA RICOSTRUZIONE MAMMARIA
il carcinoma mammario è una neoplasia estremamente comune, tale neoplasia può essere trattata
a seconda del suo livello di sviluppo tramite:
• mastectomia totale.
• mastectomia skin sparing.
• mastectomia stik reducing.
• mastectomia nipple sparing.
• Quadrantectomia.
A seconda della stadiazione e dello sviluppo della
malattia si eseguono anche RIMOZIONE DEL
LINFONODO SENTINELLA o LINFOADENECTOMIA
TOTALE, generalmente del cavo ascellare.
Dal punto di vista clinico MASTECTOMIA E QUADRANTECTOMIA sono due interventi FORTEMENTE
DEMOLITIVI. L'obiettivo dell'intervento, in un contesto di questo tipo, è quello di favorire il
recupero psicofisico e migliorare la qualità della vita. La ricostruzione mammaria ha il pregio di:
• NON MODIFICARE LA STORIA NATURALE DELLA MALATTIA.
• NON MODIFICARE LA SOPRAVVIVENZA.
• NON INFLUIRE SULLA TERAPIA E SUL FOLLOW UP PREVENTIVO.
ELEMENTI DA VALUTARE:
prima di procedere ad una ricostruzione mammaria, è indispensabile valutare:
• il tipo di intervento.
• Qualità e quantità dei tessuto residuo.
• Età e storia clinica del paziente.
• condizioni generali del paziente e aspettativa di vita.
• La necessità di sottoporre i paziente a radio e chemioterapia dopo la mastectomia.
• Caratteristiche della mammella.
• Caratteristiche fisiche della paziente.
• Entità del carcinoma primitivo ed esiti del pregresso intervento demolitivo.
• Rischio di carcinoma in sede controlaterale.
• Volontà e aspettative della paziente.
l'intervento HA CARATTERE FUNZIONALE E NON ESTETICO, gli obiettivi sono infatti:
• compenso volumetrico.
• riprestino morfologico cutaneo.
• simmetrizzazione delle due mammelle.
• Ricostruzione del complesso areola-capezzolo.
• Riprestino del solco sottomammario.
L'INTERVENTO CHIRURGICO:
l'intervento di ricostruzione mammaria si può eseguire fondamentalmente in tre momenti
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Giordano Perin; chirurgia plastica 5: la ricostruzione mammaria
differenti:
• IN UN TEMPO cioè nel momento stesso in cui si esegue la mastectomia, si esegue la
ricostruzione.
• DIFFERITA cioè una volta evolutosi l'esito cicatriziale della mastectomia stessa.
• RICOSTRUZIONE IMMEDIATA DIFFERITA, si tratta di una tecnica relativamente innovativa
ed estremamente utile:
◦ si inserisce in concomitanza all'intervento demolitivo un ESPANSORE.
◦ Si esegue il trattamento post operatorio del carcinoma.
◦ Si procede alla ricostruzione.
le tecniche chirurgiche utilizzabili sono fondamentalmente tre:
• ricostruzione protesica cioè tramite l'impianto di protesi ed espansori.
• Ricostruzione autologa tramite lembi.
• Ricostruzione combinata che prevede l'utilizzo sia di protesi che di tessuti autologhi.
RICOSTRUZIONE CON PROTESI:
la ricostruzione con protesi si avvale di diverse tecniche:
• ESPANSORI MAMMARI: questi espansori vengono posizionati e riempiti gradualmente con
soluzione salina, in questo modo si procede lentamente
stimolando la crescita della cute soprastante. Una volta
ottenuto il volume desiderato, si sostituisce la protesi.
• PROTESI-ESPANSORE caratterizzate da un doppio lume:
◦ uno a contenuto idricosalino.
◦ Uno con silicone.
Il contenuto massimo di liquido in questo caso è di 200cc: si
utilizza per interventi che potrebbero quindi beneficiare anche
della apposizione diretta della protesi e si valuta l'evoluzione
dell'impianto nel tempo.
• PROTESI DEFINITIVA in gel di silicone.
A prescindere da quale sia la protesi scelta, questa viene posta tra
muscolo grande pettorale e succlavio, posteriormente quindi alla
sede originale
della ghiandola.
La tecnica maggiormente utilizzata è
sicuramente l'impianto di espansori che
vengono sostituiti dopo qualche mese con
protesi definitiva, questo intervento:
• è consigliato in caso di:
◦ mammelle di dimensioni piccole.
◦ Mastectomia bilaterale.
◦ Pazienti ad alto rischio di
carcinoma controlaterale.
◦ Pazienti che rifiutano la
2
Giordano Perin; chirurgia plastica 5: la ricostruzione mammaria
ricostruzione autologa.
• È sconsigliato in caso di:
◦ radioterpia.
◦ Mammelle grandi o ptosiche.
◦ Importante deficit cutaneo.
In generale in presenza di radioterpia l'impianto di una protesi è sconsigliato, l'inserimento diretto
di una protesi definitiva è consigliato solo in caso di:
• mammella di piccole dimensioni.
• Cute abbondante, cioè a seguito fondamentalmente di una mastectomia skin-sparing.
COMPLICANZE:
questo intervento non è scevro da complicanze anche importanti:
• IMMEDIATE come:
◦ ematomi.
◦ Sieromi.
◦ Infezioni.
• TARDIVE come una contrattura capsulare che può provocare:
◦ dislocazione della protesi.
◦ estrusione della protesi.
Con ovvia alterazione del risultato estetico.
In linea generale per una paziente normale la protesi innestata va sostituita nel corso della vita
anche 3-4 volte, non si tratta di una soluzione definitiva.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 5: la ricostruzione mammaria
Procedimento di ricostruzione mammaria tramite lembo di latissimus dorsi: sedi da incidere per la
tunnellizzazione e il posizionamento (1), allestimento del lembo (2-3), posizionamento del lembo (4-
5). il risultato a breve termine e a lungo termine è riportato in basso(5-6).
immagine tratta da wikipedia
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Giordano Perin; chirurgia plastica 5: la ricostruzione mammaria
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Giordano Perin; chirurgia plastica 5: la ricostruzione mammaria
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Giordano Perin; chirurgia plastica 5: la ricostruzione mammaria
MASTOPESSI:
prevede semplicemente il sollevamento della mammella che si riposiziona secondo le misure del
complesso areola capezzolo, si eseguono:
• rimozione della cute in eccesso.
• Riposizionamento.
Il risultato dipende dalla rimozione dei tessuti fondamentalmente.
RICOSTRUZIONE DEL COMPLESSO AROLA CAPEZZOLO:
tale ricostruzione si può eseguire fondamentalmente:
• LEMBI LOCALI come:
◦ tecnica ad abbraccio che prevede l'utilizzo di due lembi triangolari sollevati insieme e
posizionati centralmente.
◦ Tecnica skate e skate modificato che prevedono la rimozione di un'area coincidente a
metà del capezzolo e la sua proiezione e il rimodellamento del derma esposto.
• NIPPLE BANKING o NIPPLE SAVING che non si usa praticamente più.
• INNESTO A TUTTO SPESSO utile a dare colore alla areola, nello specifico si utilizzano innesti
derivati da:
◦ piccole labbra.
◦ regione inguinale.
Combinate con cartilagine retroauricolare al fine di dare resistenza al tessuto. Si utilizza
poco.
• NIPPLE SHARING: si decapita il capezzolo controlaterale per impiantarlo su una sede
deepitelializzata.
Ad oggi è possibile utilizzare anche la ricostruzione mediante TATTOO.
LA QUADRANTECTOMIA:
anche una quadrantectomia ha un effetto importante sulla fisiologica simmetria della mammella,
nello specifico è fondamentale procedere a:
1. rimodellare il tessuto ghiandolare.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 5: la ricostruzione mammaria
8
USTIONI:
l'ustione è un trauma molto importante e grave che può provocare delle complicanze
potenzialmente mortali, nel complesso ricordiamo:
• COMPLICANZE PRECOCI quali:
◦ SHOCK, si tratta di uno shock complesso detto shock dell'ustionato.
◦ ASFISSIA.
◦ DISIDRATAZIONE.
◦ INSUFFICIENZA RENALE ACUTA.
• COMPLICANZE TARDIVE dove la causa di morte più importante è sicuramente l'INFEZIONE:
il paziente può essere privo di cute e di conseguenza non presentare alcuna protezione
rispetto alla invasione da parte di microorganismi patogeni.
La priorità è quella quindi di RIPRISTINARE LA BARRIERA CUTANEA al fine di evitare tali
complicanze.
Le ustioni rappresentano un problema sociale molto importante: dopo gli incidenti stradali le
ustioni rappresentano la prima causa traumatica di morte. La maggior parte delle ustioni
statisticamente avviene per incidenti domestici e fuochi domestici, potrebbe quindi essere
prevenuta abbastanza facilmente.
Grazie alle moderne tecniche chirurgiche e alla prevenzione ad oggi mortalità e morbidità
associate ad ustioni stanno diminuendo in modo importante: possiamo dire che un paziente
giovane, senza altri fattori di rischio, dovrebbe senza problemi sopravvivere ad ustioni di qualsiasi
grado ed estensione se trattato correttamente.
VALUTAZIONE DELLA GRAVITÀ DELLA USTIONE:
l'ustione va valutata per quattro parametri fondamentali:
• profondità.
• Estensione.
• Causa.
• Durata.
Queste sono le quattro informazioni fondamentali da ricavare da chi ha assistito all'incidente e
tramite un esame obiettivo accurato.
PROFONDITÀ:
la profondità del danno è molto importante ai fini del trattamento, distinguiamo ustioni:
• A TUTTO SPESSORE O SUBDERMICHE che devono essere trattate unicamente in MODO
CHIRURGICO: la cute non può infatti rigenerarsi se tutti gli elementi dalla base della stessa
sono distrutti.
• Tutte le ustioni più superficiali possono guarire con terapia conservativa, il problema è che
questo tipo di trattamento richiede TEMPO, tempo che aumenta notevolmente il rischio di
infezione.
Sulla base della profondità distinguiamo quindi ustioni:
• EPIDERMICHE.
• DERMICHE SUPERFICIALI.
• DERMICHE PROFONDE.
• SUBDERMICHE.
VALUTAZIONE CLINICA DELLA PROFONDITÀ DELLA LESIONE:
ancora oggi la valutazione clinica della profondità di una ustione resta il paramento principale
nell'indirizzare verso determinati tipi di trattamenti. Nel complesso si possono valutare tre punti:
• REFILLING CAPILLARE: più lento è il riempimento del capillare dopo la compressione
esercitata dal medico, più profonda è l'ustione, LA RETE CAPILLARE DERMICA RISULTA
INFATTI BLOCCATA dal danno ad essa imposto. Possiamo quindi dire che:
•
◦ Nella ustione subdermica non si apprezza la
presenza di rete capillare.
◦ Nella ustione dermica profonda il refilling è
lento.
◦ Nella ustione dermica superficiale il refilling è
vivace.
◦ Nella ustione epidermica il refilling è rapidissimo,
non è nemmeno apprezzabile a volte.
• DOLORE: in termini pratici diciamo che più profonda
è l'ustione meno è dolorosa, questo è dovuto alla
sopravvivenza delle strutture recettoriali
chiaramente. Nel complesso:
◦ una ustione subdermica non è dolorosa.
◦ Una ustione dermica profonda viene percepita in
modo minimo.
◦ Una ustione dermica superficiale si caratterizza
per una forte iperalgesia e un fastidio doloroso
sempre presente.
◦ Una ustione epidermica è facilmente dolorabile e
dolorosa al contatto e alla pressione.
• ASPETTO FISICO DELLA LESIONE che risulta
estremamente importante in termini pratici,
ricordiamo:
◦ l'ustione subdermica è grigiobiancastra, secca e
priva di refilling capillare, eventualmente presenta fenomeni di necrosi nerastra.
◦ L'ustione dermica profonda presenta un colore rosso marrone non accompagnato da
secrezione abbondante.
◦ L'ustione dermica superficiale forma delle BOLLE.
◦ L'ustione epidermica si caratterizza per la presenza di ERITEMA E ROSSORE, ma non
bolle.
A seconda della causa prima della ustione, LA LESIONE PUÒ ANCHE APPROFONDIRSI: questo
succede soprattutto per:
• ustioni dovute ad acqua bollente, soprattutto se:
◦ non vengono immediatamente trattate con acqua fredda o ghiaccio sulla ustione.
◦ Non viene tolto il vestito soprastante che accumula calore e lo propaga alle strutture
sottostanti.
• ustioni chimiche a seguito delle quali è indispensabile cercare di eliminare l'agente chimico
che ha provocato la lesione che altrimenti continua ad approfondirsi.
Il fenomeno di approfondimento può protrarsi per lungo tempo e SOLO AL TERZO GIORNO È
POSSIBILE DETERMINARE LA PROFONDITÀ FINALE DELLA USTIONE.
Oltre alla valutazione clinica si possono utilizzare:
• termografia.
• Analisi computerizzata di foto digitali.
• Laser doppler.
• Risonanza.
Sono strumenti tuttavia poco utilizzati anche perché l'aspetto clinico è estremamente suggestivo.
ESTENSIONE:
si tratta di un parametro fondamentale nel determinare quella che sarà poi la risposta del paziente:
• sopra il 20% della superficie corporea nell'adulto.
• Sopra il 10% della superficie corporea nel bambino.
Il paziente è a rischio di sviluppo di uno SHOCK DELL'USTIONATO.
VALUTAZIONE DELLA ESTENSIONE DELLA LESIONE:
esistono diversi metodi di valutazione che consentono di esprimere la estensione percentuale in
relazione alla TBSA total body surface area, tra i più utilizzati ricordiamo:
• REGOLA DEL PALMO DELLA MANO: la superficie palmare della mano a dita estese
corrisponde a circa l'1% della superficie corporea totale. Si utilizza per ustioni di piccole
dimensioni.
• REGOLA DEL 9 dove nell'adulto:
◦ la testa acconta per il 9% della superficie corporea totale.
◦ Gli arti superiori per il 9% ciascuno.
◦ Il tronco nella sua parte anteriore per il 18%.
◦ il tronco nella sua parte posteriore per un altro 18%.
◦ gli arti inferiori per il 18% ciascuno.
◦ La regione perineale e genitale per l'1%.
Questo approccio non si può applicare al paziente neonato o in età prepuberale dove le
superfici corporee sono differenti, nello specifico ricordiamo che nel neonato:
◦ la sola testa rappresenta il 20% della TBSA: questo aspetto è importante sia nella
valutazione della ustione, sia per la possibilità di prelevare innesti dalla cute del cranio
che verrà poi ricoperta di capelli, senza lasciare traccia visibile.
◦ Gli arti rappresentano il 10% della superficie corporea ciascuno.
◦ Il tronco anteriore e posteriore acconta per il 40% in totale.
Possiamo dire che intorno ai 15 anni la superficie corporea diviene paragonabile in rapporto
a quella dell'adulto.
• Formula di berkow: si tratta di un metodo molto preciso per le diverse fasce d'età, ma poco
utilizzato.
DURATA:
il reintegro dei fluidi va eseguito immediatamente, più prolungata è la fase precedente al
trattamento, più importante sarà il reintegro dei fluidi necessario a risolvere il problema.
CLASSIFICAZIONE DELLE USTIONI:
sulla base dei criteri sopra descritti è possibile distinguere le USTIONI IN DUE GRANDI CATEGORIE:
• USTIONI MINORI quali le ustioni:
◦ tutte le ustioni epidermiche.
◦ Tutte le ustioni che presentino una estensione:
▪ minore del 20% della TBSA nell'adulto.
▪ Minori del 10% della TBSA nel bambino.
Ad eccezione delle ustioni descritte come maggiori chiaramente.
Queste ustioni possono guarire in modo autonomo senza ospedalizzazione anche se questa
viene spesso eseguita per favorire la risoluzione del problema.
• MAGGIORI più importanti in termini di estensione, richiedono una ospedalizzazione, sono:
◦ ustioni da inalazione: si tratta di ustioni gravissime ad eziologia principalmente chimica
da inalazione di tossine combinate al fumo prodotto con l'incendio per esempio.
L'inalazione di agenti tossici ha come risultato quello di produrre:
▪ drammatico improvviso incremento del flusso ematico polmonare con formazione
di essudati e incremento della attività linfatica.
▪ Distruzione dell'epitelio ciliato delle vie respiratorie con repentina formazione di un
essudato a livello delle stesse.
Spesso gli essudati sono difficili da rimuovere in quanto fibrinosi.
SE NECESSARIO SI PROCEDE ALLA INTUBAZIONE.
◦ Ustioni di qualsiasi tipo eccetto quelle epidermiche che superino il 20% della TBSA
nell'adulto e il 10% della TBSA nel bambino.
◦ Ustioni subdermiche di più del 5% della TBSA in qualsiasi gruppo di età.
◦ Ustioni di qualsiasi tipo eccetto quelle epidermiche che coinvolgano:
▪ faccia.
▪ Mani.
▪ Piedi.
▪ Genitali.
▪ Perineo.
◦ Ustioni elettriche ad alto voltaggio.
◦ Ustioni chimiche.
◦ Ustioni complicate da traumi.
ALTRE CLASSIFICAZIONI:
altre classificazioni tipicamente utilizzate prendono in considerazione aspetti quali:
• AGENTE EZIOLOGICO:
◦ fiamme: danno derivato dalla esposizione diretta alla fiamma.
◦ liquidi caldi che possono essere acquosi o oleosi.
◦ Contatto con materiali solidi ad alte temperature.
◦ agenti chimici nocivi.
◦ Elettricità: la corrente elettrica condotta attraverso i tessuti ne provoca una ustione.
• PROFONDITÀ, si tratta di una classificazione utilizzatissima:
◦ PRIMO GRADO: localizzata all'epidermide.
◦ SECONDO GRADO:
▪ superficiale che arriva ad interessare il derma SUPERFICIALE.
▪ Profondo che arriva ad interessare il derma PROFONDO.
◦ TERZO GRADO che arriva fino al tessuto adiposo sottocutaneo.
◦ QUARTO GRADO che arriva fino alle strutture muscolari o ossee che si collocano al di
sotto dell'adipe sottocutaneo.
FISIOPATOLOGIA DELLE USTIONI:
qualsiasi stimolo elettrico, chimico o termico provoca un danno locale che per convenzione se
esteso:
• a più del 10% della TBSA nell'adulto.
• A più del 5% della TBSA nel bambino.
DA VITA AD UN DANNO GENERALIZZATO ALL'ORGANISMO dovuto generalmente a:
• aumento della permeabilità dovuto a mediatori di flogosi liberati a seguito del trauma.
• Spostamento dei fluidi nel terzo spazio.
• Disidratazione.
LA RISPOSTA LOCALE AL TRAUMA DA USTIONE:
l'ustione a livello locale si caratterizza per la formazione di tre grandi regioni:
• una zona CENTRALE i NECROSI E COAGULAZIONE caratterizzata da una massiccia morte
cellulare.
• Una zona INTERMEDIA DI STASI dove la cute spesso:
◦ si infetta.
◦ non viene bene idratata a causa di una ipovascolarizzazione dovuta al danno cellulare.
Se non viene ben trattata questa regione va incontro a NECROSI ESSA STESSA, è tuttavia
possibile in 24-48 ore un recupero funzionale.
• Una zona di iperemia a carattere reattivo infiammatorio che circonda l'intera lesione dove
non c'è effettivamente morte cellulare.
Il tipo di danno dipende poi dal tipo di ustione che si viene a creare.
ENTITÀ DELLA RISPOSTA:
l'entità della risposta dipende dal rapporto tra due parametri fondamentali:
• TEMPERATURA.
• TEMPO DI ESPOSIZIONE.
Il livello di temperatura può essere suddiviso in quattro grandi categorie:
1. 40-44°C: è ben tollerata la esposizione prolungata anche se c'è un danno determinato dalla
denaturazione delle proteine e dalla disfunzione di sistemi enzimatici.
2. 44-51°C: con la esposizione prolungata la morte cellulare è inevitabile, in questo caso si
hanno alterazioni delle membrane cellulari, produzione di ROS e alterazione dei processi di
riparazione cellulare.
3. 51-70°C: precoce denaturazione delle proteine accompagnata da morte cellulare rapida.
4. più di 70°C: distruzione tissutale praticamente immediata.
L'EDEMA:
l'edema è il fenomeno che si presenta più rapidamente dopo una ustione e che di fatto influenza la
capacità di risposta del tessuto diminuendo la capacità nutritiva dei vasi residui. L'edema si forma
per un meccanismo di questo tipo:
• aumento della permeabilità capillare e venulare dovuto dovuto a:
◦ azione della lesione termica.
◦ Azione dei mediatori infiammatori.
• Aumento della pressione idrostatica del microcircolo dovuta a passività del flusso:
◦ c'è una dilatazione prossimale dovuta alla presenza di fattori dell'infiammazione.
◦ C'è una vasocostrizione più distale mediata dalla aggregazione di linfociti e globuli rossi
e piastrine attivati.
• Aumento della pressione oncotica interstiziale e perdita della pressione oncotica del
sangue: questo è dovuto all'aumento di permeabilità e alla perdita di albumina dalla
superficie della lesione stessa.
• Riduzione della pressione idrostatica dell'interstizio per alterazioni termiche dovute alla
ustione.
Il processo infiammatorio è quindi il responsabile di questo tipo di evento e ne media
mantenimento e modificazioni, una particolarità è rappresentata dall'andamento BIFASICO di
questo edema, nello specifico:
• c'è una rapida formazione ed accumulo nelle prime ore dopo il trauma che raggiunge un
massimo alle 12-24 ore.
• Tende a risolversi dopo le prime 24-48 ore.
• Aumenta di nuovo con l'arrivo di grandi quantità di neutrofili in quarta-quinta giornata.
LA RISPOSTA SISTEMICA ALLA USTIONE O LO SHOCK DELL'USTIONATO:
a seconda della gravità della ustione il paziente va incontro ad un quadro di alterazione sistemica
caratterizzato da:
• riduzione del volume plasmatico e disionia caratterizzata da:
◦ iponatriemia nella fase d'urgenza che con il riassorbimento dell'edema diviene
ipernatriemia.
◦ Ipercaliemia nella fase d'urgenza che diviene poi ipocaliemia a causa della perdita renale
e della iponutrizione.
• Riduzione della gittata cardiaca.
• Aumento delle resistenze periferiche.
• ridotta escrezione urinaria.
• aumento dell'ematocrito.
Quello che causa lo shock è in prima istanza la PERDITA DI VCE NEL TERZO SPAZIO accompagnata
poi da alterazioni sopracicate come:
• ipoproteinemia.
• Malfunzionamento dei meccanismi di pompa sodio potassio.
• Contribuisce sicuramente anche IL DOLORE: alleviare il dolore è fondamentale nelle prime
fasi della ospedalizzazione1.
Si pensa che possa in questo caso contribuire anche un fattore circolante specifico.
LA RISPOSTA METABOLICA:
analogamente a quanto avviene per altri tipi di shock, anche in questo caso la risposta metabolica
è fondamentale e viene sostenuta da GLUCAGONE, ADRENALINA E CORTISOLO, questi ormoni:
• incrementano notevolmente la glicemia provocando una iperglicemia insulino resistente e
un esaurimento delle riserve di glicogeno.
• Incremento della lipolisi molto importante per sostenere il metabolismo a lungo termine.
• Incremento della proteolisi soprattutto muscolare che può indurre importanti conseguenze
a breve e a lungo termine.
Nel complesso possiamo dire che INCREMENTA MOLTISSIMO IL FABBISOGNO DEL PAZIENTE CHE
VA NUTRITO NEL MODO PIÙ EFFICACE IL POSSIBILE.
LA RISPOSTA BIOUMORALE:
l'organismo sottoposto ad uno stress di questo tipo produce una enorme quantità di fattori
umorali finiscono in qualche misura per interessare l'intero organismo, nello specifico:
• istamina rilasciata soprattutto dalle mastocellule.
• Bradichinina.
• Serotonina liberata soprattutto da piastrine attivate, contribuisce alla formazione
dell'edema in modo molto importante.
• amine vasoattive
• prostaglandine
• leucotrieni.
• Trombossani, in particolare il trombossano A 2, importante mediatore della formazione di
edemi. Questo mediatore in particolare incrementa moltissimo nel corso delle prime fasi
successive alla ustione.
1 In sede extraospedaliera o di urgenza non si devono somministrare antidolorifici a causa delle immediate alterazioni dei
meccanismi di metabolizzazione: questi possono essere somministrati solo in regime controllato.
• Complemento.
• Catecolamine.
IMPORTANTI ALTERAZIONI CONSEGUENTI ALLA RISPOSTA SISTEMICA:
nel complesso l'organismo va incontro ad una serie di alterazioni organiche e sistemiche molto
improtanti.
EFFETTO DELLA RISPOSTA SUI SINGOLI ORGANI:
diversi organi rispondono in modo differente alle alterazioni sopra descritte:
• IL RENE la diminuzione del VCE e della attività cardiaca inducono una RIDUZIONE DEL
FILTRATO GLOMERULARE che, accompagnata dalla azione di diversi ormoni vasoattivi,
induce una OLIGURIA ed eventualmente una ANURIA.
• IL SISTEMA GASTROINTESTINALE va incontro ad alterazioni della attività mucosale, nello
specifico:
◦ atrofia della mucosa.
◦ Modificazioni dell'assorbimento digestivo.
◦ Alterazioni della permeabilità con formazione eventualmente di un terzo spazio a livello
gastrointestinale.
• IL SISTEMA IMMUNITARIO risente molto della ustione in senso generale, questo è
dimostrato anche dalla eccezionale durata (14 giorni) dell'alloinnesto di cute in questi
pazienti. Nel complesso:
◦ diminuisce la produzione di monociti macrofagi a causa della presenza di fattori inibenti
spontaneamente prodotti dall'organismo.
◦ Il numero dei neutrofili risulta incrementato, probabilmente a causa di una diminuzione
dell'effetto apoptotico, ma queste cellule risultano FORTEMENTE LIMITATE in termini di
attività e soprattutto in termini di capacità diapedetiche.
◦ A causa di alterazioni dei rapporti citochinici, la attività delle cellule TH2 risulta diminuita
mentre quella delle cellule TH1 aumentata: questo riduce in modo significativo la
risposta dell'organismo agli elementi batterici.
◦ L'ustione riduce anche la capacità citicida delle cellule T CD8+.
ALTERAZIONI DELL'EQUILIBRIO IDRICOSALINO:
le variazioni dell'equilibrio idricosalino, come accennato in precedenza molto importanti,
rispondono ad una logica di questo tipo:
• nella prima fase abbiamo una dispersione di liquidi enorme che non viene in nessun modo
tamponata e che si accompagna ad una oligoanuria.
• Nella seconda fase abbiamo una riduzione notevole della dispersione e una eventuale
insufficienza di riassorbimento della funzione renale.
È inoltre importante ricordare il fatto che per ogni litro di acqua disperso con la trasudazione e la
evaporazione, si apprezza una perdita di 580kcal.
ALTRE ALTERAZIONI:
il paziente può presentare:
• carenze vitaminiche.
• Carenze di altri minerali.
• Alterazioni dell'equilibrio acido base.
IL RISCHIO DI INFEZIONE:
il rischio di infezione in pazienti scottati è decisamente elevato, questo dipende
fondamentalmente da:
• distruzione della barriera cutanea.
• Perdita della flora batterica della cute normalmente presente.
• Alterazione delle difese sistemiche.
• Perita delle difese umorali denaturate dal calore.
L'infezione deriva sia dalla virulentazione di eventuali batteri gram positivi presenti nei follicoli
piliferi, sia dall'esterno.
AGENTI PATOGENI RESPONSABILI:
gli agenti patogeni responsabili di questo tipo di fenomeni sono fondamentalmente sia gram
positivi che gram negativi: i primi presentano una latenza molto bassa, circa 48 ore, i secondi sono
più lenti, divengono evidenti dopo 3-21 giorni.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 7: ricostruzione di capo e collo
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Giordano Perin; chirurgia plastica 7: ricostruzione di capo e collo
artery
Superior
thyroid
artery
A prescindere da quello che si intende ricostruire, non bisogna mai lasciare degli GLI SPAZI MORTI
VIRTUALI che PROVOCANO LA FORMAZIONE DI ESSUDATI, FISTOLE E ALTRE PROBLEMATICHE
PIÙ O MENO IMPORTANTI.
CLASSIFICAZIONE HLCosm o DI BOYD:
la classificazione di Boyd consente di obiettivare con una semplice sigla la natura e la entità della
perdita di sostanza da riparare, nello specifico si basa sulla combinazione di lettere maiuscole e
minuscole:
• lettere maiuscole utilizzate per identificare il danno osseo:
◦ H denota un difetto di qualsiasi lunghezza che include il condilo.
◦ L denota un difetto laterale con l'esclusione del condilo.
◦ C denota un difetto centrale.
• Lettere minuscole utilizzate per identificare il danno ai tessuti molli:
◦ o denota assenza del coinvolgimento di cute e mucosa.
◦ s denota assenza del coinvolgimento della cute.
◦ m denota la assenza del coinvolgimento della mucosa.
LA RICOSTRUZIONE DELLA COMPONENTE OSSEA:
la ricostruzione ossea di testa e collo, come accennato in precedenza, può coinvolgere
l'allestimento
di lembi di provenienza:
• scapolare.
• Della cresta iliaca.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 7: ricostruzione di capo e collo
• Radiale.
• Del perone.
Ad oggi il lembo maggiormente utilizzato è il LEMBO DI PERONE, lembo fondamentale per la
ricostruzione del tessuto osseo.
IL LEMBO DI PERONE:
il lembo di perone viene allestito e preparato per l'utilizzo in modo abbastanza complesso:
• nel periodo preoperatorio è essenziale determinare tramite indagini radiologiche,
prevalentemente risonanza magnetica:
◦ la sede di sdoppiamento della arteria peroniera.
◦ La sede delle arterie perforanti.
◦ La valutazione della massa prelevabile.
• L'INTERVENTO DEMOLITIVO: l'intervento demolitivo eseguito dall'otorinolaringoiatra
generalmente la apposizione di una PLACCA RICOSTRUTTIVA, posizionata durante
l'intervento questa placca metallica è una fondamentale linea da utilizzare per la successiva
ricostruzione della mandibola, i rapporti precisi tra mandibola e ossa mascellari sono infatti
essenziali per evitare prognatismo o malposizioni delle fauci, non correggibili nemmeno
con la riabilitazione masticatoria.
• L'INTERVENTO RICOSTRUTTIVO prevede il prelievo dell'osso e il rimodellamento fino ad
ottenere la struttura di una mandibola, nel complesso:
◦ nel paziente anziano la struttura ossea è tale che il singolo perone è sufficiente, in
termini di spessore, a garantire un adeguato riempiemento.
◦ Nel paziente giovane può essere necessario ripiegare la struttura ossea, senza
interromperne la vascolarizzazione, per ottenere lo spessore desiderato: si parla di
tecnica DOUBLE BARREL che prevede di fissare le due metà dell'osso tramite delle viti.
Si procede eseguendo quindi la microanastomosi con il microscopio, si pongono:
▪ 8-10 punti circonferenziali per la arteria.
▪ una sutura continua per la vena.
Le anastomosi poste devono essere più precise il possibile.
Nel prelievo del perone da utilizzare NON VIENE RIMOSSO L'INTERO OSSO MA SOLO LA SUA
PARTE DIAFISARIA: le estremità superiore e inferiore del perone sono associate alla tibia e alla
articolazione della caviglia in modo molto importante tramite tendini, la rimozione delle due epifisi
ossee provocherebbe irrimediabilmente una alterazione della architettura articolare. È possibile
prelevare anche parti epifisarie, ma mantenendo sempre l'integrità delle articolazioni.
I vantaggi di questo tipo di intervento rispetto ad altri lembi di natura simile sono importanti:
• la lunghezza è più che sufficiente per l'intento ricostruttivo, si arriva a 28-30cm
normalmente, variabile sulla base della altezza del paziente.
• La minima morbidità che l'intervento comporta fa si che il paziente possa tornare alla sua
vita normale in poco tempo.
• possibilità di prelevare delle isole cutanee associate alle strutture ossee.
LA RICOSTRUZIONE DEI TESSUTI MOLLI:
come accennato i lembi utilizzabili sono due: il lembo radiale e il lembo ALT.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 7: ricostruzione di capo e collo
IL LEMBO RADIALE:
il lembo radiale presenta notevoli vantaggi rispetto ad altri tipi di lembo:
• i vasi che lo irrorano sono particolarmente grandi e quindi più facili da trattare e
anastomizzare, i vasi coinvolti sono:
◦ ARTERIOSI: il vaso principale è sicuramente la arteria radiale.
◦ VENOSI che sono:
▪ due vene comitanti profonde che accompagnano la arteria radiale stessa.
▪ la vena cefalica appartenente al sistema superficiale.
Il coinvolgimento della vena cefalica incrementa notevolmente il successo del lembo e
la sua vascolarizzazione.
Risulta quindi più facile la anastomosi degli elementi vascolari con arterie e vene della
regione di capo e collo.
• DIMENSIONI DEL LEMBO che sono piuttosto consistenti, il tessuto può essere prelevato
anche da metà dell'avanbraccio fino a raggiungere dimensioni:
◦ in lunghezza di 4-30cm.
◦ In larghezza di 4-15cm.
◦ in spessore di 0,5-2cm.
Il lembo è di dimensioni tanto consistenti che può essere utilizzato nelle operazioni di
cambio di sesso per la ricostruzione del penoide e di tutto il sistema uretrale.
Lo spessore limitato di questo lembo:
◦ rappresenta un LIMITE nel momento in cui si debbano ricostruire elementi piuttosto
grossi come l'intera mandibola.
◦ Rappresenta un VANTAGGIO nel momento in cui sia necessario ricostruire uno spessore
tissutale limitato, come per esempio la lingua, per il suo peso e il suo ingombro limitati.
• QUESTO LEMBO PUÒ ESSERE UTILIZZATO ANCHE COME LEMBO FLOW TROUGH: il
peduncolo vascolare può essere innestato non direttamente nella sede ricevente, ma in
serie con un lembo derivato da altre sedi, per esempio un lembo di perone, limitando il
numero delle anastomosi dirette necessarie per la ricostruzione.
Il lembo radiale naturalmente presenta anche dei limiti, in particolare:
• il risultato estetico nell'area del prelievo è particolarmente scarso, si individua molto bene
l'innesto sostitutivo.
• Dal punto di vista pratico è più difficile da allestire in un tempo: in sala operatoria gli
operatori sono cinque e tutti lavorano nella parte alta del corpo del paziente.
• Il sito donatore può essere chiuso per sutura diretta solo nel momento in cui la perdita di
sostanza presenti una larghezza non superiore ai 3cm, cosa che non si verifica quasi mai.
IL LEMBO ANTEROLATERALE DI COSCIA O ALT:
il vantaggio fondamentale legato a questo lembo è che presenta uno spessore maggiore rispetto
al lembo radiale e risulta particolarmente adatto per ricostruzione di perdite di sostanza di
dimensioni notevoli. Nel complesso questo lembo:
• È GRANDE, raggiunge infatti:
◦ in lunghezza i 4-35cm.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 7: ricostruzione di capo e collo
◦ In larghezza gli 8cm e consentendo comunque una chiusura diretta della sede del
prelievo, senza porre innesti.
◦ Uno spessore di 2,5cm: tre volte lo spessore di un lembo radiale normale. Più alto è il
BMI del paziente, più importante sarà lo spessore del lembo utilizzabile.
• Può essere preparato in forma CHIMERICA coinvolgendo anche PARTE DEL MUSCOLO
SOTTOSTANTE.
• Il vaso che lo irrora è DI DIMENSIONI LIMITATE, questo rappresenta:
◦ UN VANTAGGIO in quanto il lembo risulta PIÙ DINAMICO.
◦ UNO SVANTAGGIO in quanto il lembo risulta più delicato: nella sua parte più prossima al
tessuto raggiunge un diametro di meno di 1 millimetro, diametro che cresce
naturalmente portandosi in profondità.
• IL TESSUTO È BEN VASCOLARIZZATO e consente di ricostruire praticamente ogni spazio, la
irrorazione è garantita da una arteria PERFORANTE che, come tale, può variare in posizione
da paziente a paziente in un raggio di riferimento di 5cm circa. Sono essenziali per
individuare correttamente la vascolarizzazione quindi:
◦ angiotac.
◦ Doppler.
• L'esito cicatriziale risulta ottimale, la sutura è quasi sempre lineare.
• Il lavoro in doppia equipe chirurgica risulta ovviamente più semplice.
• Essendo particolarmente vasto, può essere utilizzato per diversi fini:
◦ consente di ricostruire interno ed esterno del cavo orale: il lembo viene ripiegato e
cucito di modo da ricostituire sia il normale rivestimento cutaneo, sia la mucosa.
◦ Consente di ricostruire organi canaliformi: si tubulizza il lembo facendo in modo che la
superficie esterna della cute si affacci sul lume dell'organo garantendone la protezione.
◦ Questo lembo si può utilizzare anche nella chirurgia dei tumori dell'occhio, le sue
dimensioni infatti sono tali da consentire almeno di ricoprire lo spazio morto lasciato
dall'intervento: il volume del muscolo riempie quello che era lo spazio del tessuto
oculare mentre la cute riveste il tutto.
Anche il lembo di coscia presenta ovviamente degli svantaggi:
• il risultato estetico è piuttosto scadente, il colore della cute è molto differente da quello del
volto.
• Il peso del lembo è particolarmente consistente di conseguenza può risultare in un
maladattamento delle strutture mandibolare e in un risultato estetico non molto buono: il
risultato funzionale risulta in ogni caso buono, soprattutto per perdite di sostanza di
dimensioni notevoli.
La scelta del lembo ALT rispetto al lembo radiale dipende quindi da:
• spessore dell'area da ricostruire.
• Stato della vascolarizzazione locale che può costringere a scegliere un lembo piuttosto che
un altro.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 8: la chirurgia oculopalpebrale
CHIRURGIA OCULOPALPEBRALE
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Giordano Perin; chirurgia plastica 8: la chirurgia oculopalpebrale
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Giordano Perin; chirurgia plastica 8: la chirurgia oculopalpebrale
LE GHIANDOLE LACRIMALI:
le ghiandole lacrimali hanno la funzione essenziale di bagnare costantemente la cornea ed evitare
che si formino abrasioni le cui conseguenze sarebbero chiaramente congiuntivi,
cheratocongiuntiviti e ulcere oculari. Anatomicamente le ghiandole lacrimali si dividono in:
• principale che ha sede lateralmente e superiormente al bulbo oculare, in una loggia
apposita e produce lacrime o comunque un film lacrimale continuamente, questo secreto
viene poi drenato in altra sede. La ghiandola è innervata da radici del settimo nervo cranico,
patologie a carico di queste strutture nervose possono dare problemi anche importanti.
• ghiandole minori di piccole dimensioni.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 8: la chirurgia oculopalpebrale
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Giordano Perin; chirurgia plastica 8: la chirurgia oculopalpebrale
LA RICOSTRUZIONE:
anzitutto è importante eseguire alcune valutazioni iniziali relative alla funzionalità oculare:
• posizione del globo oculare.
• Movimenti del globo oculare.
• Acuità visiva.
Sono i primi tre fattori da valutare quando ci si trova di fronte ad una lesione oculare. Si procede
quindi valutando:
• la integrità della componente ossea: una frattura ossea importante può provocare
disfunzioni molto rilevati della funzione oculare.
• La entità della lacerazione palpebrale semplice, questa può presentarsi:
◦ a spessore parziale, entro l'estremo più esterno della congiuntiva.
◦ a spessore completo dove risulta visibile il globo oculare nel suo insieme.
◦ Entità della perdita di sostanza, questa può interessare:
▪ le palpebre superiore e inferiore.
▪ Il canto mediale o laterale.
• La capacità di elevazione della palpebra superiore.
• La funzionalità dell'apparato lacrimale.
Il chirurgo si occupa fondamentalmente di valutare l'entità della lacerazione, il livello della perdita
di sostanza e la funzionalità elevatoria della palpebra superiore.
PRINCIPI GENERALI:
sia che la ricostruzione sia post neoplastica sia che la ricostruzione sia post traumatica, si procede
secondo alcuni principi generali:
• RIPRISTINO DELLA FUNZIONE, si presta attenzione quindi sopratutto alla qualità della
copertura e alla funzionalità della palpebra che deve contenere il globo oculare, si valuta
poi la qualità estetica del risultato; si valutano sempre:
◦ stato della cute e muscolo sottostante se coinvolto.
◦ Stato del tarso che da copertura e forma della palpebra.
◦ Stato della congiuntiva e suo contatto con il globo oculare che se assente provoca
chiaramente una serie di ulcerazioni importanti.
◦ Capacità di elevazione della palpebra superiore, essenziale per una corretta funzionalità
oculare. Anche se le neoplasie della palpebra superiore sono piuttosto rare, la funzione
di questo muscolo va sempre controllata.
• Il globo oculare va trattato nel modo più delicato il possibile, utilizzando manovre poco
traumatiche se possibile, per esempio:
◦ in sede intraoperatoria si utilizzano preferenzialmente garze bagnate o umidificate per
evitare danni alla struttura della cornea.
◦ Durante l'intervento si pongono delle lenti a contatto protettive essenziali a proteggere
adeguatamente la palpebra.
• Gli obiettivi dell'intervento sono:
◦ per la palpebra superiore di garantire il movimento.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 8: la chirurgia oculopalpebrale
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Giordano Perin; chirurgia plastica 8: la chirurgia oculopalpebrale
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Giordano Perin; chirurgia plastica 9: le ferite difficili
LE FERITE DIFFICILI
le ferite difficili sono fondamentalmente delle ULCERE, sono ferite dalle eziologie molto differenti
ma che molto difficilmente vanno incontro a processi di guarigione, nello specifico ricordiamo:
• ulcere da pressione.
• Ulcere del piede diabetico.
• Ulcere vascolari che possono essere:
◦ arteriose.
◦ Venose.
◦ Miste e vasculitiche.
• Ulcere neoplastiche.
• Ulcere post traumatiche e da ustione.
Si tratta generalmente di ferite che divengono CRONICHE cioè che non danno segni di efficace
guarigione dopo 4 settimane.
I fattori che influiscono sulla formazione e guarigione di queste ferite sono molto importanti e
possono essere classificati in:
• ESTERNI quali :
◦ infezioni.
◦ Traumi ripetuti.
◦ Tessuti necrotico.
◦ Essicazione.
◦ Temperatura.
◦ Utilizzo di farmaci.
• INTERNI dovuti principalmente a malattie sistemiche. Nello specifico ricordiamo:
◦ condizioni patologiche che:
▪ riducono la concentrazione di ossigeno tissutale come aterosclerosi, vasculiti,
anemie, malattie cardiache e polmonari
▪ ipoproteinemie.
◦ Diabete che si caratterizza sia per danni vascolari che per neuropatie e infezioni.
◦ Dieta: un adeguato apporto proteico è fondamentale a garantire una adeguata
ricostruzione tissutale, è fondamentale anche che la dieta sia adeguatamente bilanciata.
◦ Dolore che rende più difficile la guarigione riducendo la perfusione tissutale.
◦ Età che in linea generale è un fattore che sfavorisce la guarigione.
I PRINCIPI DEL TRATTAMENTO, T.I.M.E.:
i quattro fattori fondamentali del trattamento delle ulcere si riassume nell'acronimo T.I.M.E.:
• T tessuto, i residui della lesione e le alterazioni indotte dal trauma della matrice rendono la
guarigione particolarmente difficile, al fine di ridurre la presenza di tali elementi è possibile
eseguire diversi interventi di SBRIGLIAMENTO:
◦ CHIRURGICO RADICALE indicato per alcuni tipi di pazienti in particolare o
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Giordano Perin; chirurgia plastica 9: le ferite difficili
CONSERVATIVO.
◦ ENZIMATICO tramite la applicazione di collagenasi dall'esterno.
◦ AUTOLITICO: si crea nella ferita un ambiente umido essenziale alla attivazione di
processi enzimatici autolitici, dal punto di vista pratico si utilizza IDROGEL, questo gel
rende particolarmente umido il letto della ferita e consente la attivazione di collagenasi
endogene.
◦ MECCANICO o BIOLOGICO.
È possibile utilizzare anche dei bisturi ad acqua che presentano il vantaggio di essere molto
precisi e soprattutto consentono una escissione senza danno termico.
• I infezione, valutata in termini di INFEZIONE EFFETTIVAMENTE RISCONTRATA e come una
INFIAMMAZIONE PROLUNGATA, in presenza di processi infettivi chiaramente diminuisce la
capacità di proliferazione della ferita. Clinicamente si possono eseguire:
◦ uno sbrigliamento che risulta comunque fondamentale clinicamente.
◦ Una antisepsi, che può essere:
▪ locale tramite l'utilizzo di antisettici, non antibiotici locali che hanno come effetto
quello di provocare fondamentalmente resistenze. Alcuni esempi sono:
• Betadine.
• Clorexidina.
• Preparati a base di argento che sembra siano particolarmente efficaci,
soprattutto le formulazioni con microcristalli.
▪ Sistemica tramite antibiotici, consigliata solo in alcuni casi.
▪ ossigeno terapia iperbarica che ha molti effetti positivi non solo microbicidici ma
anche in termini di proliferazione del tessuto.
▪ Somministrazione specifica di:
• antinfiammatori.
• Antiproteasici.
Soprattutto se la infezione è in fase di
guarigione.
• M macerazione e formazione di essudato,
squilibrio dei fluidi. Il trattamento dell'essudato è
fondamentale, se non si tratta adeguatamente
questo aspetto la ferita non guarisce. Il terget
terapeutico è quello di migliorare la condizione
locale della ferita applicando medicazioni
apposite, in ambienti correttamente umidificati
medicazioni stimolanti la guarigione della ferita e
protettive hanno una percentuale di successo
addirittura del 50% in più, nello specifico si
possono utilizzare:
◦ film, medicazioni sottilissime a potere
Terapia VAC applicata ad una ferita.
assorbente. immagine tratta da wikipedia
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Giordano Perin; chirurgia plastica 9: le ferite difficili
◦ Spugne.
◦ Idrogel che come accennato favorisce la formazione di un ambiente umido.
◦ Idrocolloidi.
◦ Alginati.
◦ Idrofibre come la carbossimetil cellulosa sodica .
◦ VAC TERAPIA che:
▪ rimuove essudato e detriti attivamente.
▪ Stimola la granulazione e per un effetto meccanico che favorisce la mitosi.
Non in ogni caso in grado di trattare l'infezione.
◦ BENDAGGI COMPRESSIVI che favoriscono il riassorbimento.
• E epidermide: la chiusura della ferita al di sopra del tessuto di granulazione deve essere
garantita da un adeguato processo di granulazione, se i cheratiniociti non sono
adeguatamente migranti o non sono ben responsivi, dalle regioni più laterali della perdita di
sostanza non otterremo mai un adeguato rivestimento strutturale. Se il processo di
riepitelizzazione non parte adeguatamente si procede con:
◦ debreedment.
◦ Innesti cutanei.
◦ Terapie di supporto.
I risultati clinici attesi sono la realizzazione di un fondo vitale, il controllo della infezione e della
infiammazione, una correzione del bilancio dei fluidi, un incremento della proliferazione dei
margini epiteliali.
Se la ferita non procede attraverso una guarigione adeguata sarà necessario rivalutare tutti i punti
presi in considerazione in precedenza.
L'UTILIZZO DEL GEL INTEGRA:
il gel integra è un sostituto dermico, si tratta di un medicazione particolarmente funzionale ma
anche molto costosa, essenziale in alcuni casi per ricostruire lo spessore del derma e ricreare una
cute normale.
Questo tessuto è composto di collagene bovino, condroitina solfato e silicone, una volta
posizionata in sede dermica:
• si imbeve in qualche giorno.
• Fa da substrato alla migrazione di fibroblasti nell'arco di una settimana.
• Comincia a vascolarizzarsi nell'arco di due settimane.
• Si rimodella e matura in circa 3-4 settimane.
Si tratta di uno SCAFFOLD, una struttura sulla quale il tessuto biologico può ricrearsi facilmente,
funge fondamentalmente da scheletro-matrice per la proliferazione delle cellule del derma 1.
DIAGNOSI E VALUTAZIONE DELLA FERITA DIFFICILE:
nella valutazione della ferita si devono prendere in considerazione:
• ASPETTI GLOBALI quali:
◦ indagini relative allo stato del paziente e patologie concomitanti.
1 Il futuro di questo tipo di terapia è la possibilità di ricreare direttamente un complesso di strutture e cellule staminali in
vitro da poter reimpiantare nel paziente al fine di ottenere un tessuto più facilmente integrabile nell'organismo.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 9: le ferite difficili
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Giordano Perin; chirurgia plastica 9: le ferite difficili
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Giordano Perin; chirurgia plastica 9: le ferite difficili
Ulcera venosa della gamba (a sinistra) e ulcera arteriosa del piede: le due ulcere
sono molto simili, eccetto che per la localizzazione, è importante quindi non
confonderle visto soprattutto il differente trattamento necessario nei due casi.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 9: le ferite difficili
Ulcere diabetiche
neuropatiche nelle
sedi classiche: alla
base della falange e
sul tallone.
ULCERE DA PRESSIONE:
prima di procedere al trattamento è fondamentale UNA CORRETTA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
DEL PAZIENTE: per garantire una adeguata guarigione
della ferita, è fondamentale che vi siano adeguate:
• nutrizione.
• Mobilità: il paziente va mobilizzato ogni 2 ore.
• Autosufficienza.
Esistono diverse formule utili alla valutazione del rischio,
sulla base del risultato si procede alla valutazione della
terapia. Le sedi maggiormente colpite sono le sedi
cubitali quindi:
• sacro.
Ulcere da decubito allo stadio IV.
• Ischio. immagine tratta da wikipedia
• Trocantere.
Le ulcere da decubito sulla base della loro profondità sono classificabili in quattro stadi:
• I il più superficiale, simile ad una iperemia reattiva costante da pressione, è una forme
eritematosa che non scompare con la pressione.
• II il danno interessa a questo stadio epidermide e derma.
• III coinvolge l'interno derma e il tessuto adiposo sottocutaneo.
• IV coinvolte i tessuto sottofasciali, quindi muscolo, tendine e osso.
Molto spesso la profondità reale non può essere stimata se non tramite un debreedment in
quanto queste ulcere sono spesso ricoperte di essudati ed escare.
ULCERE POST TRAUMATICHE:
le lesioni post traumatiche vanno trattate preferibilmente entro 72 ore dalla loro formazione e se
possibile chiuse per prima intenzione o prima intenzione differita. Se sono presenti in sede
impianti non biologici (mezzi di sintesi) per esempio posti per la stabilizzazione ossea, questi
vanno SEMPRE RIMOSSI: i microorganismi danno infatti tipicamente fenomeni di segregazione in
queste sedi che divengono spesso cronici.
ULCERE VASCULITICHE:
le ulcere vasculitiche, essendo associate ad importanti patologie sistemiche, vanno trattate in
modo adeguato, nello specifico:
• vanno sempre rivascolarizzate.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 9: le ferite difficili
• Vanno innestate con colture cellulari: il tessuto epidermico di questi pazienti tende
facilmente a dare dei fenomeni vasculitici se stimolato, di conseguenza il trattamento
migliore è la coltura cutanea di cheratinociti eventualmente associata a sostituti dermici.
Si tratta di ferite molto difficili da trattare che spesso si riformano e tendono a dare esiti cicatriziali
piuttosto negativi.
ULCERE NEOPLASTICHE:
le ulcere neoplastiche sono ulcere croniche che si prolungano molto nel tempo: dopo sei mesi la
biopsia a fine di controllo è sempre prescritta. Aspetti clinici legati alla malattia sono comunque
evidenti.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 10: la chirurgia estetica
CHIRURGIA ESTETICA
la chirurgia ricostruttiva e la chirurgia estetica sono due discipline per molti versi simili, sempre
infatti quando si esegue una ricostruzione l'intento è anche quello di ottenere un risultato estetico
accettabile. Nonostante la chirurgia estetica rappresenti spesso un tentativo di andare oltre le
normali strutture biologiche che costituiscono il corpo umano, spesso è una parte integrante del
trattamento di patologie molto serie quali:
• deformazioni congenite come lablo e palato schinesi.
• Deformazioni oculari.
• Neoplasie mammarie che richiedano interventi demolitivi.
• Neoplasie cutanee che richiedono interventi escissionali che spesso interessano il volto.
La chirurgia estetica quindi ha il fine di dare a tutti gli interventi sopra citati e molti altri un risultato
ottimale non solo dal punto di vista medico, ma anche dal punto di vista estetico.
CONSENSO INFORMATO:
è fondamentale spiegare al paziente quali sono le possibilità della chirurgia estetica e capire che
cosa il paziente vuole: molto spesso il risultato sia a breve che a lungo termine non è quello atteso,
soprattutto per quanto riguarda interventi liposuzionali o simili.
MASTOPLASTICA E MASTOPESSI:
gli interventi che si possono eseguire sulla mammella a fine estetico sono fondamentalmente:
• MASTOPLASTICA ADDITIVA
• MASTOPLASTICA RIDUTTIVA
• MASTOPESSI.
LA MASTOPLASTICA ADDITIVA:
la funzione della mastoplastica additiva è quella di incrementare il volume della mammella, questa
viene eseguita a fine estetico fondamentalmente con protesi. Le protesi possono essere:
• per la loro forma:
◦ tonde.
◦ Anatomiche.
• Per la loro superficie:
◦ lisce.
◦ Tessurizzate o rugose.
La differenza tra questo tipo di protesi è legata fondamentalmente al risultato finale della
ricostruzione: le protesi più utilizzate in assoluto sono le protesi tessurizzate anatomiche. Si
possono utilizzare anche delle protesi fisse gonfiabili con soluzioni saline, molto più maneggevoli
ma molto più innaturali:
• sia come posizionamento in quanto sono perfettamente circolari.
• Sia come consistenza, sono infatti molto dure una volta gonfiate.
La apposizione di una qualsiasi protesi in silicone non condiziona né l'insorgenza né lo sviluppo di
neoplasie mammarie, tantomeno inficia il normale follow up per neoplasie mammarie.
INDICAZIONI ALL'INTERVENTO:
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Giordano Perin; chirurgia plastica 10: la chirurgia estetica
L'ACCESSO CHIRURGICO:
l'accesso chirurgico per il posizionamento della protesi può essere:
• ascellare.
• sottoghiandolare, probabilmente l'accesso meno invasivo, difficilmente si vede la cicatrice
al di sotto della piega della mammella.
• Periareolare dove invece la cicatrice risulta particolarmente visibile.
La protesi può essere posizionata in sede:
1. sottoghiandolare.
2. Sottomuscolare.
La differenza sta solo nel piano di scollamento
scelto: nonostante la posizione sottomuscolare sia
maggiormente invasiva, il posizionamento
sottomuscolare offre un risultato estetico
maggiormente apprezzabile in quanto il polo
superiore della protesi viene a porsi al di sotto del
muscolo pettorale e non risulta visibile.
COMPLICANZE POSSIBILI:
le complicanze possono essere anche significative come accennato precedentemente, nello
specifico ricordiamo:
• ematomi e sieromi.
• Infezioni.
• alterazioni della sensibilità.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 10: la chirurgia estetica
• Malposizionamenti.
• Rottura.
• Contrattura capsulare, evento impossibile da prevedere.
Contrattura capsulare dopo
impianto di una protesi in
silicone in sede
sopraghiandolare. La
complicanza è emersa in questo
caso 7 anni dopo l'intervento.
MASTOPLASTICA RIDUTTIVA:
trattamento utilizzato per la GINECOMASTIA, importante problema:
• distrettuale, localizzato alle ghiandole mammarie.
• Fisico, altera l'equilibrio: le mammelle se particolarmente pesanti possono provocare
problemi posturali.
• Psicologico.
Nel caso specifico areola e capezzolo vengono lasciati associati a peduncoli mentre si procede a
ridimensionare la struttura della mammella, le tecniche operatorie utilizzate possono essere poi
differenti da caso a caso, ma la cicatrice risulta generalmente sviluppata in verticale. L'intervento
chirurgico ha il fine di:
• rimodellare la ghiandola mammaria.
• Mantenere la posizione del capezzolo.
• Mantenere una cute soprastante adeguatamente elastica.
La scelta del peduncolo cui si associa il complesso capezzolo può dare esiti molto differenti nel
post operatorio:
• la conservazione di un singolo peduncolo, spesso unica scelta possibile, può provocare
importanti perdite di sensibilità della mammella e sistematicamente la perdita della
capacità di allattamento.
• La conservazione di due peduncoli, uno funzionale alla irrorazione del tessuto e del
capezzolo e l'altro utile al mantenimento della irrorazione delle strutture nervose, facilita la
conservazione della sensibilità. La perdita della capacità di allattamento è in ogni caso quasi
sempre presente.
Quando necessario si procede all'INNESTO DI AREOLA, pratica sconsigliata in quanto determina
sicuramente una perdita della sensibilità.
COMPLICANZE:
anche questo intervento non è scevro da complicanze:
• ematomi e sieromi.
• necrosi cutanee e ghiandolari.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 10: la chirurgia estetica
• Infezione.
• asimmetria mammaria.
• Alterazioni della sensibilità.
Risultato di una
mastoplastica riduttiva.
MASTOPESSI:
si tratta di un intervento simile a quello di riduzione della ghiandola mammaria, ma non richiede
grosse rimozioni tissutali quanto piuttosto il riposizionamento della mammella, si esegue spesso
dopo dimagrimenti importanti e gravidanze. Il sollevamento si esegue togliendo la cute
periareolare e inserendo, eventualmente, una protesi, risultati più o meno ottimali si possono
ottenere a seconda dell'approccio chirurgico e della paziente.
LA ADDOMINO PLASTICA:
la addomino plastica è un intervento chirurgico che si esegue di nuovo generalmente dopo:
• grossi dimagrimenti.
• Gravidanze multiple.
L'intervento mira alla ricostruzione della parete addominale dopo
alterazioni importanti della stessa dovute allo stress tipico delle
condizioni sopra indicate. A volte può essere necessario eseguire un
rinforzo costruttivo della cute al fine di favorirne il contenimento. Si
procede fondamentalmente in questo modo:
• scollamento della cute addominale ad eccezione dell'ombelico
che permane associato in sede al suo peduncolo vascolare.
• Trazione della cute verso il basso e rimozione della cute in
eccesso. Schematizzazione delle
incisioni normalmente
• Riposizionamento del rivestimento cutaneo e dell'ombelico eseguite in una
tramite incisione e suturazione dello stesso alla cute addominoplastica, si
riposizionata. possono eseguire incisioni
differenti a seconda che si
Molto spesso questo intervento viene preceduto da una liposuzione eseguano altre operazioni,
delle regioni laterali che consente, liberando alcune sacche di soprattutto liposuzioni,
contemporaneamente.
materiale e conservando la vascolarizzazione, di ridurre l'entità dello immagine tratta da wikipedia
scollamento cutaneo.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 10: la chirurgia estetica
COMPLICANZE:
presenti anche in questo caso, possono formarsi:
• ematomi.
• Sieromi.
• Necrosi cutanee.
• Infezioni.
• Anemia post chirurgica.
• Alterazioni della sensibilità.
LIPOASPIRAZIONE:
intervento di chirurgia estetica più eseguito in assoluto, prevede la rimozione del tessuto adiposo
in eccesso in alcuni distretti corporei tramite cannule sottoposte a pressione negativa. La
lipoaspirazione presenta dei limiti in ogni caso:
• va eseguita solo in alcune regioni del corpo: le regioni di ginocchio e glutei non vanno
modificate, il rischio di creare deformazioni importanti è infatti molto alto.
• Si ottengono i migliori risultati quando si vanno a trattare accumuli specifici di adipe dopo
la dieta e in associazione ad essa, si eseguono questi interventi quindi su pazienti:
◦ con peso forma e collaboranti.
◦ Fisicamente giovani.
◦ Motivati.
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Giordano Perin; chirurgia plastica 10: la chirurgia estetica
Vanno fondamentalmente rimossi i depositi adiposi che non rispondono alla dieta.
RINOPLASTICA:
il naso è molto difficile da trattare chirurgicamente ed esteticamente: l'obiettivo è quello di
ottenere un risultato ottimale con esiti cicatriziali minimi ma che sia soprattutto inserito nel
contesto del volto del paziente. Non vanno quindi alterate grossolanamente forma e strutture del
naso, ma è indispensabile andare a correggere difetti macroscopici. Dal punto di vista chirurgico si
possono trattare:
• parte ossa del naso.
• Cartilagini alari.
• Cartilagini triangolari.
A piccole modificazioni strutturali corrispondono molto spesso importanti modificazioni estetiche.
Si procede generalmente in questo modo:
• si incide il rivestimento cutaneo del naso e si raggiungono le due ossa nasali e il setto nasale
posto in mezzo ad esse.
• Si eseguono delle correzioni ossee nelle porzioni laterali del naso stesso.
• Si chiudono le due ossa nasali medialmente.
Si possono poi eseguire diverse pratiche chirurgiche, ma la tecnica di base è questa.
FACE LIFT:
il face lift è un intervento che ha la finalità di ridurre l'effetto dell'invecchiamento cutaneo, questo
intervento prevede:
• riposizionamento della cute e del sistema miofasciale.
• Eliminazione dell'eccesso cutaneo e adiposo.
• Riadattamento del muscolo cutaneo facciale allo scheletro sottostante.
L'intervento può essere poi più o meno invasivo, si definiscono gli approcci possibili come:
1. sottocutaneo.
2. Sottomuscolare o SMAS particolarmente utilizzato.
3. Sottoperiosteo, molto invasivo.
L'approccio sottomuscolare o SMAS (sistema muscolo aponeurotico superficiale), prevede il
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Giordano Perin; chirurgia plastica 10: la chirurgia estetica
coinvolgimento della aponeurosi facciale, si tratta di una fascia superficiale che prosegue
caudalmente sviluppandosi in diverse fasce del nostro organismo: è sufficiente tendere questa
fascia per ottenere un incremento della tensione cutanea. Gli approcci sono due in questo caso:
• l'intervento più duraturo in termini di riuscita prevede il sollevamento dello SMAS e la sua
cucitura alle superfici della mastoide e dello zigomo.
• È possibile, onde evitare di rischiare di danneggiare il nervo facciale, ripiegare la aponeurosi
e cucirla senza scollarla completamente: l'efficacia dell'intervento è chiaramente limitata
BLEFAROPLASTICA:
la blefaorplastica ha la funzione di allargare lo sguardo eliminando il peso e l'ingombro eccessivo
della palpebra quando presente. L'intervento prevede
semplicemente la rimozione di parte della palpebra
superiore e la ricostruzione della stessa, si eliminano:
• tessuto muscolare.
• Tessuto adiposo.
In eccesso.
OTOPLASTICA:
le tecniche di otoplastica sono tecniche molto differenti e complesse, queste possono aiutare:
• nella ricostruzione di elementi dell'orecchio esterno danneggiati da traumi o mancanti fin
dalla nascita.
• Nella correzione di malposizioni delle orecchie.
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Giordano Perin; malattie veneree 1: introduzione
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Giordano Perin; malattie veneree 1: introduzione
da batteri.
• Ad oggi i patogeni principalmente coinvolti nelle malattie veneree SONO VIRUS, nello
specifico ricordiamo alcuni esempio: HIV, HSV e HPV SONO OGGI ESTREMAMENTE
DIFFUSI.
Dal punto di vista clinico è importante ricordare il fatto che i virus SONO MICROORGANISMI
PIÙ DIFFICILI DA TRATTARE.
STORIA DELLA EPIDEMIOLOGIA VENEEROLOGICA:
possiamo dire che dal 1970 ad oggi le priorità sono decisamente mutate:
• negli anni '70 sicuramente LE LUE SIFILITICHE ERANO LA MANIFESTAZIONE VENEREA
PIÙ RILEVANTE.
• A partire dagli anni '80 anno cominciano ad essere veramente importanti i batteri da
URETRITE.
• Negli anni '90 cominciano a prevalere in modo veramente importante LE MALATTIE
VIRALI, HIV in testa.
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
GLI HERPESVIRUS
gli herspes virus sono virus che hanno la capacità di penetrare nell'organismo e provocare una
infezione perenne che di fatto, seppur nella stragrande maggioranza dei casi silente, non
sparisce mai. Tra gli herpes virus ricordiamo:
• VARICELLA ZOSTER VIRUS che da la varicella e lo zoster..
• HERPES SIMPLEX VIRUS che da evidenti lesioni cutanee, nel complesso esistono due tipi
di herpes simplex, il tipo 1 e il tipo 2.
• EPSTEINN BARR VIRUS.
• CITOMEGALOVIRUS.
• VIRUS HPERPETICI 6, 7 e 8.
i virus hepetici presentano delle caratteristiche comuni dal punto di vista microbiologico:
• capside a simmetria eicosaedrica.
• Sono virus A DNA BICATENARIO.
• Sono dotati di pericapside.
• Si replicano e assemblano direttamente nel nucleo della cellula.
• Presentano un effetto quasi sempre litico sulle cellule infettate.
HERPES SIMPLEX:
virus estremamente comuni, ricordiamo:
• HERPES SIMPLEX 1 generalmente con manifestazione orale o labiale.
• HERPES SIMPLEX 2 generalmente con manifestazioni genitali.
di fatto la localizzazione delle lesioni è variabile e non legata strettamente alla tipologia del
virus: se il il rapporto sessuale è orale, allora l'infezione genitale si propagherà e manifesterà al
cavo orale. In linea generale in termini di frequenza vale quanto detto in precedenza.
Il contagio avviene per contatto tra mucose o per contatto con cute abrasa, lesa, a questo
punto:
• il virus si replica nelle cellule del derma e dell'epidermide, provocandone la lisi.
• Il virus si deve replicare in modo sufficientemente ampio da raggiungere le terminazioni
nervose autonome o sensoriali.
EPIDEMIOLOGIA:
è importante ricordare il fatto che questi virus si trovano in tutto il mondo: test sierologici
dimostrano come anticorpi di tipo IgG rivolti contro il virus HSV1 o HSV2 siano
fondamentalmente presenti in tutte le popolazioni analizzate.
HSV2:
questo virus da principalmente infezioni genitali nelle fasi successive alla pubertà determinate
per contagio sessuale: la sierologia raramente si riscontra positiva prima della pubertà. Dal
punto di vista pratico ricordiamo che:
• il 15-20% della popolazione americana presenta anticorpi anti HSV2.
• Solo il 10% dei sieropositivi per questi anticorpi presentano una storia di lesioni genitali
manifeste, molto spesso la patologia è subclinica.
• Il 50% dei malati di patologie veneree presenta anticorpi anti HSV2.
HSV1
questo virus da prevalentemente infezioni facciali spesso in forma di gengivostomatiti: la
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
trasmissione avviene per contatto diretto e colpisce spesso i bambini. È importante ricordare
che circa il 90% degli adulti oltre i 50 anni presenta anticorpi contro l'HSV1.
SINERGIA EPIDEMIOLOGICA:
è noto che c'è una fortissima sinergia epidemiologica tra HSV 2 ed HIV: una infezione da HSV2 è
associata ad un incremento del rischio di infezione da HIV di 2-4 volte.
LA LIBERAZIONE DEL VIRUS HSV 2:
la liberazione del virus HSV2 AVVIENE ANCHE NELLA FASE ASINTOMATICA DELLA MALATTIA,
non solo in quella sintomatica anche se A DOSAGGIO MOLTO PIÙ BASSO: dal punto di vista
della trasmissione della malattia questo è molto importante in quanto i portatori asintomatici,
che sono molti visto che solo poco meno della metà degli infetti manifesta lesioni genitali, sono
un enorme reservoire di tale virus. Ricordiamo che:
• HSV2 cresce in coltura da campioni prelevati giornalmente in pazienti asintomatici nel 2-
10% dei casi.
• IL GENOMA DI HSV2 può essere rilevato tramite PCR anche nel 20-30% dei casi.
Se il paziente presenta una immunodepressione, la frequenza di manifestazione asintomatica
sale anche all'80%.
DECORSO DELLA MALATTIA:
la infezione primaria si sviluppa in questo modo:
• INCUBAZIONE di circa 1-26 giorni, molto variabile, risulta di circa 5 giorni nell'HSV2.
• MANIFESTAZIONE CLINICA con segni sistemici importanti, soprattutto febbre.
• COMPARSA DELLE LESIONI CUTANEE.
• GUARIGIONE MOMENTANEA.
• RIEMERSIONE DELLA MALATTIA legata a numerosi e diversi fattori, possiamo dire che:
◦ la riemersione labiale dell'HSV1 è molto più comune.
◦ La riemersione genitale dell'HSV2 è molto più comune.
LA LESIONE CUTANEA caratteristica dell'herpes virus è una lesione tipicamente descrivibile in
questo modo:
• VESCICOLE.
• SU FONDO ERITEMATOSO ROSSASTRO.
• CHE SI ROMPONO e danno vita alla classica crostosità.
MANIFESTAZIONI FACCIALI E ORALI:
possiamo ricordare che:
• gengivomastiti e faringiti sono le più comuni manifestazioni della prima infezione da
HSV1. Si tratta di una patologia che si caratterizza per:
◦ segni clinici e sintomi di questo tipo: febbre, mialgia, odinofagia, adenopatia
cervicale della durata anche di 3-14 giorni.
◦ Le lesioni derivate dal virus possono interessare palato duro e molle, gengive, lingua
e aree della faccia; se l'infezione è più profonda possono essere coinvolte le pareti
della faringe e i pilastri delle tonsille.
Può essere difficoltoso distinguere tra una patologia infettiva di questo tipo e una
tonsillite batterica, soprattutto nel momento in cui il virus attacchi le regioni delle
tonsille.
Non ci sono evidenze che associno una riattivazione del virus con faringiti ricorrenti in
ogni caso.
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
• Manifestazioni limitate al labbro sono sicuramente le più comuni nella riemersione della
malattia latente.
Nel paziente immunodepresso la patologia può diventare molto grave e dare vita a focolai
necrotici importanti e eventualmente a forti odinofagie.
La riemersione del virus interessa in questo caso il GANGLIO TRIGEMINALE dove si instaura la
latenza.
MANIFESTAZIONI GENITALI:
anche in questo caso distinguiamo:
• una prima infezione caratterizzata da:
◦ sintomi sistemici come febbre, mal di testa, astenia, mialgia.
◦ Sintomi localizzati come disuria, dolore vaginale, uretriti, linfoadenopatia inguinale
molle.
La cervice e l'uretra sono coinvolte nell'80% delle prime manifestazioni nella donna.
• La seconda infezione si manifesta prevalentemente con lesioni localizzate ed
eventualmente uretrite, la frequenza è molto diversa ai 12 mesi dalla prima infezione:
◦ per HSV1 è circa del 55%.
◦ per HSV2 è circa del 90%.
la riemersione del virus interessa in questo caso i GANGLI SACRALI dove si instaura la latenza.
ALTRE MANIFESTAZIONI:
le manifestazioni legate agli herpes virus simplex possono essere molto diverse e variabili in
termini di frequenza e gravità:
• infezione del dito: si tratta di una infezione relativamente frequente come
complicazione di una infezione labiale o genitale, il virus penetra tramite lesioni cutanee
preesistenti.
• Manifestazioni cutanee, dette herpes gladiatorum in quanto registrate soprattutto tra i
wrestlers, possono verificarsi in ogni sede del corpo. Sono molto comuni sopratutto
negli immunodepressi.
• Infezione dell'occhio: si tratta di una importante cheratite che, negli stati uniti,
rappresenta la prima causa di cecità corneale. La patologia si manifesta con un forte
dolore accompagnato da perdita di visione e formazione di lesioni caratteristiche nella
cornea.
• Encefaliti: circa il 10-20% di tutti i casi di encefalite virale negli stati uniti sono da imputare
agli herpes virus, l'HSV1 è responsabile di circa il 95% di questi casi. Questo tipo di
encefalite virale si caratterizza soprattutto per:
◦ febbre improvvisa.
◦ Segni neurologici focali legati al LOBO TEMPORALE.
Le sequele neurologiche sono abbastanza comuni sopratutto nei pazienti sopra i 50 anni
che rientrano tra le categorie maggiormente esposte.
• Meningiti a liquor limpido: si tratta di un quadro associato prevalentemente a INFEZIONI
GENITALI, non orali. Non è particolarmente preoccupante:
◦ emicrania, febbre e lieve fotofobia.
◦ Dura circa 2-7 giorni.
Le sequele neurologiche sono rare anche in questo caso.
• Manifestazioni a livello del sistema nervoso periferico, soprattutto a livello del plesso
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
INFEZIONE CONNATALE:
l'infezione connatale da HSV è una evenienza dovuta a:
• contatto con mucosa infetta, sicuramente l'evenienza più frequente.
• Infezione connatale, più rara.
La causa principale è quindi generalmente il contatto con lesioni genitali o mucose infette
molto spesso da HSV 2, come avviene nel 70% dei casi. L'infezione è molto grave:
• senza terapia antivirale il 65% dei neonati va incontro a morte.
• Meno del 10% dei neonati con patologia virale che colpisce il sistema nervoso centrale
non presenta sequele neurologiche.
Il maggior rischio di infezione deriva da infezioni acquisite dalla madre recentemente: infezioni
croniche generalmente non danno problemi.
TERAPIA:
per quanto riguarda la terapia si utilizza generalmente L'ACICLOVIR: si tratta di un farmaco
antiretrovirale che inibisce le trascrittasi del virus, molto efficace.
IL VACCINO:
esiste un vaccino contro il virus herpes: il vaccino, presente in due forme farmaceutiche per i
virus HSV1 E 2 deriva fondamentalmente dal virus stesso inattivato da somministrare per via
sottocutanea. L'uso del vaccino è riservato a chi soffre recidive importanti.
VARICELLA ZOSTER VIRUS:
si tratta del virus responsabile di due quadri patologici: LA VARICELLA e lo ZOSTER.
Le due patologie sono di fatto una manifestazione di una stessa infezione che nel primo caso si
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
mostra nella sua fase acuta, la varicella, nel secondo caso si mostra come riemersione, lo
zoster: la varicella è una malattia esantematica tipica del bambino, lo zoster è una patologia che
denota generalmente una immunodepressione e che si verifica sopratutto nell'anziano.
EPIDEMIOLOGIA E MANIFESTAZIONI:
la malattia deriva generalmente da una infezione per via respiratoria:
• INFEZIONE PRIMARIA che si manifesta come una tipica malattia esantematica con la
formazione di vescicole a livello del Tipico esantema della
derma che seguono un loro quadro varicella, risulta
evolutivo e distribuite a tutto il corpo. abbastanza visibile
l'aspetto a cielo stellato
Nel complesso questa patologia è
dell'esantema legata alla
ESTREMAMENTE CONTAGIOSA, presenza di diverse
colpisce il 90% dei pazienti entranti in componenti
contatto con il malato non simultaneamente.
immunocompetenti:
◦ i bambini tra i 5 e i 9 anni sono
immagine tratta da wikipedia
sicuramente i più colpiti.
◦ Le due fasce che seguono comprendono i bambini tra 1-4 e
10-14 anni.
La vaccinazione, eseguita spesso al secondo anno di vita, ha abbattuto moltissimo negli
stati uniti l'incidenza di questa malattia. La malattia si sviluppa in questo modo:
◦ incubazione di 10-20 giorni che si estrinseca in una patologia resporatoria
relativamente significativa.
◦ Esantema maculo papuloso che si sviluppa prima in sede retroauricolare, quindi al
volto e agli arti e infine al corpo. L'esantema presenta caratteristiche particolari:
▪ evolve attraverso gli stadi di macula, papula, vescicola, pustola e crosta.
▪ Da un prurito molto forte che, se non lenito, provoca lesioni anche permanenti
della cute.
▪ Si manifesta come un esantema a cielo stellato: emergono cronologicamente
diverse ondate di manifestazioni successive, alla terza ondata quindi sulla cute il
quadro è quello di un esantema nei suoi diversi stadi contemporaneamente.
◦ L'esantema si risolve per desquamazione.
◦ Per la guarigione bisogna aspettare un mese circa.
COMPLICANZE:
◦ superinfezione batterica della cute, molto comune.
◦ Atassia cerebellare e infiammazione meningea sono due manifestazioni
relativamente comuni e preoccupanti sintomatologicamente ma clinicamente
BENIGNE: si risolvono con recupero completo della funzione.
◦ Polmonite da varicella zoster: si tratta di una evenienza rara ma abbastanza grave.
◦ Altre complicazioni comprendono patologie molto diverse dalla miocardite alla
glomerulnefrite.
La varicella perinatale è un'evenienza molto grave che può portare alla morte anche nel
30% dei casi, la forma congenita della malattia è molto rara ma estremamente grave, si
accompagna a ipoplasie di arti, microcefalie e altre manifestazioni molto importanti.
• INFEZIONE SECONDARIA o ZOSTER che si manifesta invece a livello DERMATOMERICO
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
(malattia neurocutanea) associato ai gangli delle radici dorsali in cui il virus si insedia
dopo la prima infezione. Manifestazioni ripetitive per questa patologia sono rare e
correlate principalmente ad immunodepressioni importanti e interessano i dermatomeri
da T3 a L3. Dal punto di vista pratico ricordiamo che vi possono essere complicazioni
importanti quali:
◦ ZOSTER OPHTALMICUS con il coinvolgimento della branca oftalmica del trigemino,
può portare a cecità se non affrontato con una adeguata terapia antivirale.
◦ ZOSTER A LIVELLO DEGLI ARTI che spesso coinvolge il motoneurone rendendo
difficile anche il movimento.
◦ SINDROME DI RANSAY HUNT: sindrome caratterizzata dalla comparsa di vescicole
nella parte esterna del canale uditivo, coinvolge il ganglio genicolato del facciale e
provoca PARALISI DELLA MUSCOLATURA DEL VISO accompagnata da PERDITA DEL
SENSO DEL GUSTO NEI DUE TERZI ANTERIORI DELLA LINGUA.
◦ HERPES SINE HERPETE: questo quadro interessa soprattutto i motoneuroni
provocando alterazioni della contrazione muscolare senza che siano presenti
sintomi cutanei attivi. Risulta più comune nei dermatomeri più bassi dove può dare
problemi di incontinenza sfinteriale.
È importante ricordare il fatto che il sintomo principale e più debilitante resta comunque
IL DOLORE MOLTO FORTE che si manifesta anche 72-48 ore prima della emersione delle
vescicole.
Il paziente è di fatto CONTAGIOSO e soprattutto durante l'emersione dello zoster può
infettare persone non sierologicamente preparate.
FORME PARTICOLARI DI ZOSTER:
lo zoster non sempre si manifesta come descritto in precedenza, in alcuni casi infatti:
◦ non c'è dolore ma solo manifestazione cutanea.
◦ Non c'è eritema, ma solo dolore metamerico.
La diagnosi diventa quindi in alcuni casi piuttosto difficile: entrano in diagnosi
differenziale patologie come il mollusco contagioso o altre patologie capaci di dare
eruzioni vescicolari, dolori ad eziologia neurologica e patologie a livello spinale.
Esiste anche una forma infantile dovuta al contagio durante la gravidanza per via
placentare: il bambino sviluppa uno zoster senza aver mai contratto la varicella.
LA RISOLUZIONE:
la risoluzione non è affatto priva di complicanze, si possono manifestare infatti:
◦ eventi edematocicatriziali molto importanti che, soprattutto nelle regioni del volto,
possono risultare estremamente debilitanti.
◦ Nevralgie postherpetiche dove il dolore persiste OLTRE UN MESE DAL SUO
ESORDIO.
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
CITOMEGALOVIRUS:
il citomegalovirus è un virus diffusissimo nella popolazione mondiale, ma che di fatto salvo rari
casi non da patologie importanti. Emerge oggi come patogeno importante per patologie legate
a deficit immunitari importanti sopratutto dopo il trapianto.
EPIDEMIOLOGIA:
come accennato il virus è diffusissimo quanto asintomatico, spesso i pazienti vengono infettati
in giovane età e nel momento in cui un bambino porta l'infezione nel nucleo familiare, il 50% dei
familiari sieroconverte in sei mesi.
Le principali vie di somministrazione sono:
• ripetuti contatti intimi.
• Rapporti sessuali.
Una volta infettato, l'individuo, come per tutti i virus herpes, non guarisce mai.
SINTOMATOLOGIA:
la sintomatologia è estremamente variabile:
• L'INFEZIONE CONGENITA DA CITOMEGALOVIRUS che può essere molto grave e portare
alla malattia CITOMEGALICA GENERALIZZATA. Le manifestazioni sono:
◦ petecchie, epatosplenomegalia e ittero, molto comuni, circa nel 60-80% dei casi.
◦ Problemi più gravi come la microcefalia o ritardi nello sviluppo e mentali si possono
verificare nel 30-50% dei casi.
La mortalità bruta per le forme gravi è del 20-30% e i superstiti spesso presentano
reliquati neurologici importanti: la malattia è determinata generalmente da una
INFEZIONE CONCOMITANTE LA GRAVIDANZA, non da una riattivazione del virus latente,
e la gravità è correlata a fattori ancora non chiari.
• INFEZIONE PERINATALE determinata dal passaggio nel canale del parto o dalla
assunzione di latte materno infetto o da contatto diretto con il virus, si tratta di forme
che passano nella stragrande maggioranza dei casi come asintomatiche.
• L'INFEZIONE PRIMARIA nella adolescenza o nell'età adulta si può manifesta seppur
raramente come una SINDROME MONONUCLEOSICA sopratutto a causa di una
importante risposta immunitaria guidata dai linfociti di tipo T: a questa attivazione
consegue la mobilizzazione delle cellule B che appaiono allo striscio di sangue spesso di
forma alterata come avviene del resto anche nelle infezioni acuta da EBV. Questa spesso
aspecifica stimolazione alla produzione di anticorpi può slatentizzare fenomeni di
produzione di anticorpi come il fattore reumatoide.
• INFEZIONE NELL'IMMUNOCOMPROMESSO: si tratta di un patogeno estremamente
temuto nelle terapie immunosoppressive post trapianto, il periodo di massimo rischio si
colloca tra il primo e il quarto mese dopo il trapianto.
EPSTEINN BARR:
il virus di Epsteinn Barr è il virus responsabile della MONONUCLEOSI INFETTIVA: si tratta di un
virus estremamente contagioso e, come tutti gli herpes, dotato di fenomeni di latenza che si
manifestano in questo caso nelle cellule B della memoria.
EPIDEMIOLOGIA:
il virus è presente in tutto il mondo, è estremamente comune, circa il 90% della popolazione
risulta positiva a test sierologici. Nel complesso il virus si trasmette per contatto di saliva
generalmente:
• dall'adulto al bambino nelle fasi preadolescenziali soprattutto.
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
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Giordano Perin; malattie veneree 2: i virus herpes
HERPES VIRUS 6:
si tratta del virus responsabile dell'exantema subitum o sesta malattia: questo virus è
trasmesso dal contatto con fluidi genitali e dalla saliva.
Le manifestazioni cliniche emergono:
• generalmente pochi mesi dopo la nascita con la scomparsa degli anticorpi materni, nel
caso specifico il picco di incidenza si ha 9 e
21 mesi, a 24 mesi la sieropositività si
riscontra nell'80% dei pazienti: il virus è
diffusissimo. La sintomatologia può
interessare:
◦ semplicemente un attacco febbrile con
febbre e diarrea per esempio.
◦ Una malattia esantematica
caratteristica o sesta malattia,
caratterizzata dalla presenza di guance
rosse a “bambino schiaffeggiato”.
Il 10-20% degli attacchi febbrili a quest'età
sono correlati proprio a questo virus.
• Nei pazienti più vecchi infezioni sintomatiche determiante da questo virus possono dare
sindromi mononucleosiche o encefaliti focali.
• Nei pazienti immunodepressi il virus herpes 6 può essere estremamente pericoloso.
HERPES VIRUS 7:
si tratta di un virus herpes isolato dai linfociti T circa 20 anni fa, nel 1990, viene normalmente
acquisito ad un'età più vecchia rispetto al virus herpes 6:
• le vie di trasmissione comuni sono saliva e latte materno.
• Le manifestazioni cliniche sono rare, se presenti possono essere:
◦ febbre accompagnata da convulsioni.
◦ Sintomi e segni di patologia gastrointestinale.
HERPES VIRUS 8:
si tratta di un virus per la prima volta isolato in concomitanza ad analisi relative al sarcoma di
kaposi, tanto che venne definito KSHV cioè kaposi's sarcoma-associated herpes virus. Questo
virus è particolarmente diffuso al contrario degli altri herpes, in determinate regioni del mondo,
dove l'infezione è prevalentemente infantile, mentre non lo è in altre, dove l'infezione avviene
prevalentemente per via sessuale.
Nei pazienti immuncompetenti il virus non da nessun tipo di problema, ma in pazienti
immundepressi si può assistere a:
• FEBBRE.
• SPLENOMEGALIA.
• IPERPLASIA LINFOIDE.
• PANCITOPENIA.
• RAPIDA EMERSIONE DI UN SARCOMA DI KAPOSI: sembra che l'elevata incidenza di
sarcoma di kaposi nei pazienti malati di HIV sia da imputare alla coinfezione molto
spesso presente per i due virus.
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
LE MICOSI CUTANEE
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
imperfetta del fungo). Sono classificabili dal punto di vista clinico in tre grandi categorie:
• MICROSPORUM.
• TRICHOPHYTON.
• EPIDERMOPHYTON.
Ciascun genere presenta poi diverse specie a loro volta classificabili come accennato sulla base
dell'ambiente in cui vivono.
PRINCIPALI FUNGHI DERMATOFITI
MICROSPORUM TRICHOPHYTON EPIDRMOPHYTON
antropofili audouini antropofili megnini antropofili floccosum
ferrugineum concentricum
langeroni mentagrophytes
zoofili canis rubrum
nanum schoenleini
persicolor tonsurans
geofili gypseum violaceum
fulvum zoofili equinum
mentagrophytes
verrucosum
CARATTERI GENERALI DELLE INFEZIONI DA DERMATOFITI:
La lesione caratteristica, seppur non sempre rispettata, della micosi cutanea, È STRUTTURATA
IN DUE PARTI:
• UNA PARTE CENTRALE dove la cute è in fase di RICOSTRUZIONE e si presenta quasi
normale.
• UNA PARTE PERIFERICA ad anello generalmente DOVE L'INFEZIONE PROGREDISCE.
Nelle fasi centrali a causa della infezione e della risposta immunitaria il fungo non sopravvive,
ma da vita a spore che permangono nel tessuto: nel momento in cui la parte centrale sia
RIMARGINATA allora L'INFEZIONE RIEMERGE.
Carattere tipico delle micosi cutanee da dermatofiti è la presenza di un margine
ESTREMAMENTE NETTO DELLA LESIONE.
LA DIVERSA COLLOCAZIONE DEL FUNGO:
il fungo può collocarsi in diversa sede a seconda della sua natura di agente infettante, nello
specifico possiamo avere una crescita:
• TIPO ECTOTHRIX il più comune in assoluto: il pelo risulta circondato e invaso da parassiti
con distruzione della cuticola e formazione di ammassi rotondeggianti.
• TIPO ENDOTHRIX: dove il micete si colloca nella parte interna del pelo e non interessa la
cuticola.
• TIPO FAVICO dove il pelo è parassitato da IFE e risulta pieno di aria e gocciole lipidiche.
Comune in Africa, raro alle nostre latitudini.
Le diverse manifestazioni cliniche quindi, classificate sulla base principalmente della
localizzazione in cui si verificano, possono presentare forme differenti a seconda del fungo che
le causa, in generale ricordiamo:
• FORMA FAVOSA caratterizzata dalla formazione di uno SCUTULO caratterizzata da:
◦ piccole chiazze:
▪ prima eritematose e squamose.
▪ Quindi sostituite da una crosta giallastra.
Da questa lesione escono pochi capelli ipopigmentati; con il tempo si sviluppa una
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
forma cicatriziale.
◦ Odore caratteristico.
Si accompagna generalmente ad una iper reattività dell'organismo.
• KERION dove il follicolo pilifero infetto viene eliminato in toto da una reazione
granulomatosa.
• MICROSPORICA caratterizzata dalla presenza di piccole spore.
• TRICOFITICA caratterizzata dalla presenza di grandi spore.
• EPIDERMOFITICA.
MANIFESTAZIONI CLINICHE:
le manifestazioni cliniche caratteristiche di questi microorganismi sono le TINEE, forme di
micosi cutanea che possono colpire numerosissime e diverse sedi dell'organismo, si parla di
tinea:
• CAPITIS.
• FACIEI.
• BARBAE.
• CORPORIS.
• IMBRICATA.
• CRURIS che interessa le grandi pieghe cutanee.
• AXILLAE che interessa le grandi pieghe cutanee.
• MANUS che interessa le piccole pieghe cutanee.
• PEDIS che interessa le piccole pieghe cutanee.
• ONICOMICOSI lamine ungueali.
TINEA CAPITIS:
esistono numerose e diverse forme di tinea capitis causate da diversi funghi, nello specifico
ricordiamo qui le principali quattro forme:
• FORMA FAVOSA che da una tipica lesione elementare da Trichophyton schoenleini detta
SCUTULO come accennato: in questo caso i capelli si staccano con tutto il bulbo
parassitato. Questa forma:
◦ Non guarisce senza terapia.
◦ La tinea favosa può presentarsi in ogni parte del corpo.
• KERION COELSI si tratta di una forma:
◦ dovuta alla risposta immunitaria con evoluzione di tipo granulomatoso di infezioni
fungine che danno vita a forme follicolari infiammatorie.
◦ Si manifesta con alopecie cicatrizzanti.
La componente GRANULOMATOSA È RILEVANTE: LA RISPOSTA IMMUNITARIA CERCA
DI ELIMINARE IL FOLLICOLO PILIFERO CHE DIVIENE COME UN CORPO ESTRANEO.
• MICROSPORICA:
◦ si manifesta come una alopecia con desquamazione non particolarmente estesa.
◦ Da tensione e bruciore a livello del cuoio capelluto.
Se non trattata si propaga alle regioni vicine. Si distingue da una alopecia aerata per la
presenza di:
◦ desquamazione cutanea.
◦ Caduta non netta dei capelli.
Se presente in età infantile guarisce con la pubertà.
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
• TRICOFITICA:
◦ sempre presenti delle chiazze ma più piccole con spore di maggiori dimensioni.
◦ la perdita di capelli è meno netta: il capello si spezza di netto dando un aspetto a
prato rasato.
Se presente in età infantile guarisce con la pubertà.
Tinea capitis, a
sinistra una tinea
capitis favosa, si
possono intravedere
gli scutuli; a destra
una tinea capitis
microsporica.
LA LUCE DI WOOD:
si tratta di una tecnica che consente di distinguere le infezioni fungine della cute da aggressioni
batteriche: le infezioni da batteri non rispondono con una fluorescenza violetta alla esposizione
a luce ultravioletta al contrario di quelle da funghi.
TINEA FACIEI:
può essere di due tipi:
• MICROSPORICA.
• TRICOFITICA.
Nel caso specifico si formano delle chiazze che
progressivamente si estendono a tutto il volto dando luogo
a forme via via più importanti di infezione; possono essere
colpite numerose sedi e si possono avere anche EDEMI
IMPORTANTI .
TINEA BARBAE:
anche in questo caso abbiamo due forme:
• TRICOFITICA caratterizzata dalla presenza di funghi che CRESCONO ALL'INTERNO DEL
PELO MA DANNO MANIFESTAZIONI, tramite la
produzione di spore, AL SUO ESTERNO, si parla di
ECTOTRIX.
• KERION dove invece i follicoli piliferi, come
accennato in precedenza, vengono espulsi.
può essere molto localizzata o estremamente diffusa, in
alcuni casi può essere necessario eseguire una diagnosi
differenziale tra tinea barbae e:
• patologie batteriche.
• Carcinomi basocellulari.
Alla valutazione microscopica naturalmente risulta evidente la presenza di funghi.
TINEA CORPORIS:
anche in questo caso distinguiamo:
• MICROSPORICA.
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
• TRICOFITICA.
• KERION a carattere maggiormente infiammatorio.
Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta della classica
micosi cutanea caratterizzata da una lesione con:
• bordo periferico che avanza in modo regolare.
• Lesione centrale in fase di guarigione.
Le diverse forme possono poi presentare differente gravità.
Forme particolari possono essere sicuramente:
• IPERCHERATOSICHE caratterizzate dalla presenza di
squame di cheratina che si staccano.
• MULTIPLE con lesioni a diversi stadi evolutivi.
• FOLLICOLARI o KERION appunto dove sono colpiti i
follicoli e la infiammazione si sviluppa in senso centrifugo
rispetto al follicolo.
Le lesioni possono poi presentare carattere MAGGIORMENTE
SFUMATO o possono manifestarsi con UNA FORMA NON CLASSICA In ogni caso; le lesioni
tendono inoltre spesso a confluire tra loro.
TINEA IMBRICATA O TOKELAU:
particolare forma di tinea corporis limitata ad alcune regioni del mondo come Oceania, Asia
Sud-Orientale, America Centrale. Si caratterizza per la formazione di lesioni cutanee circolari e
regolari ed è causata solo dal Trichophytum Concentricum.
TINEA AXILLAE:
si manifesta a livello dell'ascella soprattutto in presenza di fattori predisponenti quali:
• detergenti aggressivi o deodoranti.
• Lesioni da ceretta o lesioni di altro tipo.
Si verifica infatti solo se il fungo passa al di sotto dello strato corneo, la lesione è generalmente
quella caratteristica del dermatofito ma si può presentare in forma:
• tricofitica.
• Epidermofitica.
TINEA CRURIS:
anche in questo caso, vista la posizione della lesione, è importante differenziare da infezioni
batteriche, ricordiamo che le lesioni da funghi sono:
• DOTATE DI MARGINI NETTI.
• SIMMETRICHE.
Consentono di distinguere molto bene la parte sana da
quella malata della cute che si presenta con un forte eritema.
Ricordiamo che:
• Spesso la diagnosi differenziale può essere eseguita
solo con analisi microscopica a fresco.
• Le creme cortisoniche possono nascondere o alterare
la struttura della lesione normalmente presente.
Anche in questo caso possiamo avere lesioni tricofitiche od
epidermofitiche.
TINEA MANUS:
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
• guillirmondii.
• Krusei.
• Parakrusei.
• Parapsilosi.
• Pseudotropicalis.
• Stellatoidea.
• Tropicalis.
La candida si replica fondamentalmente a partire da una cellula per gemmazione formando
quelle che vengono definite BLASTOSPORE, le blastospore germinado ripetutamente
numerose volte danno vita a PSEUDOIFE che possono dare vita ad una infezione vera e propria.
Se non si formano PSEUDOIFE la infezione è fondamentalmente COMMENSALE e non da luogo
a patologie.
FATTORI PREDISPONENTI:
sono fondamentali per lo sviluppo di queste malattie:
• FISIOLOGICI quali:
◦ età: infanti e anziani sono maggiormente predisposti.
◦ Gravidanza.
• IATRONGENI quali:
◦ antibiotici che favoriscono la flora fungina.
◦ Cortisonici, immunosoppressori e radioterapia.
◦ Contraccettivi.
• PATOLOGICI quali:
◦ malattie metaboliche come diabete ed obesità.
◦ Neoplasie.
◦ Immunodeficienze.
• LOCALI come:
◦ sudorazione.
◦ Macerazione.
◦ Traumi.
◦ Protesi.
Fondamentalmente abbiamo una IMMUNOSOPPRESSIONE o UNA VARIAZIONE DELLE
CONDIZIONI OTTIMALI DI PROTEZIONE DI CUTE O MUCOSA.
CARATTERI DELLA LESIONE:
la caratteristica lesione cutanea da candida si
presenta in questo modo:
• arrossata, eritematosa.
• Dotata di margine NON NETTO:
presenta delle macchie di
propagazione nella cute vicina,
aspetto che la differenzia dalle micosi
cutanee da dermatofiti.
Il margine quindi tra cute sana e malata non è
chiaro.
CLASSIFICAZIONE DELLE CANDIDOSI:
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
LE ONICOMICOSI:
sono patologie FUNGINE MOLTO ETEROGENEE che possono essere cuasate da:
• DERMATOFITI.
• CANDIDA.
• OPPORTUNISTI.
VARIANTI CLINICHE:
la onicomicosi si può presentare in forme molto differenti:
• ONICOMICOSI SUB UNGUEALE DISTALE: si tratta della forme più frequente e meno
invasiva.
• ONICOMICOSI BIANCA SUPERFICIALE O LEUCONICHIA MICOTICA: colpisce solo le
unghie dei piedi.
• ONICOMICOSI SUB UNGUEALE PROSSIMALE caratteristica di pazienti HIV positivi,
provoca spesso una onicodistrofia micotica totale. Può essere causata da:
◦ onicomicosi da candida.
◦ Onicomicosi da opportunisti.
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
INTERESSAMENTO DELL'UNGHIA:
l'interessamento delle tre lamine ungueali può essere molto differente a seconda dei casi:
• parassitazione dal bordo distale che si sviluppa in senso
distoprossimale.
• Parassitazione distolaterale che si sviluppa medialmente e
danneggia l'unghia sul suo versante inferiore.
• Parassitazione distolaterale con interessamento superficiale
invece dove il danno si sviluppa lateralmente.
DIAGNOSI:
dal punto di vista diagnostico possiamo avvalerci di:
• caratteri clinici delle lesioni che, soprattutto in certi casi, è molto suggestivo anche se
non sufficiente. Spesso inoltre le creme cortisoniche possono alterare l'aspetto della
lesione primitiva.
• Esame microscopico, molto utile perché eseguibile immediatamente.
• Esame colturale.
• Test intradermico.
• Immunoistochimica e citometria a doppio flusso: metodiche estremamente precise che
consentono di individuare univocamente il fungo, sono poco utilizzate e costose.
TEST MICROSCOPICO A FRESCO:
facilmente eseguibile, prevedente:
• raschiamento della lesione.
• Posizionamento sul vetrino del materiale.
• Inserzione di potassa caustica.
• Osservazione.
Si possono vedere le ife fungine .
ESAME COLTURALE:
il terreno di riferimento è sempre l'AGAR SABOURAUD, a questa preparazione si possono poi
aggiungere degli elementi utili a trasformare il terreno per renderlo selettivo:
• antibiotici.
• Cicloeximide (actidione): si tratta di un composto capace di inibire la produzione di
proteine negli organismi eucarioti, funghi compresi.
In ogni caso il fungo necessita, non potendo produrre energia da solo, di glucidi e alcuni
elementi amminoacidici.
TEST INTRADERMICI:
non molto eseguiti ma utilizzabili, prevedono la valutazione della reattività alla inoculazione
intradermica di:
• TRICOFITINA.
• CANDIDINA.
TERAPIA:
le sostanze coinvolte nella terapia sono classificabili in tre categorie:
• ELEMENTI INORGANICI.
• CHEMITOERAPICI.
• ANTIBIOTICI.
È importante differenziare nella terapia tra pazienti immunocompetenti e pazienti
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Giordano Perin; malattie veneree 3: le micosi cutanee
immunodepressi.
ELEMENTI INORGANICI:
molto antichi, sono soluzioni, creme e pomate utilizzate precedentemente all'uso degli
antibiotici, contengono:
• iodio e suoi derivati,
• derivati di ammonio quaternario.
• Acido salicilico soprattutto per le forme superficiali.
• Zolfo e derivati come:
◦ tolnaftato.
◦ Tolciclato.
• Coloranti vitali utilizzati nella pratica istologica nella analisi dei campioni cellulari, sono
tipicamente:
◦ FUCSINA FENICATA efficace nelle dermatofitosi.
◦ CRISTAL VIOLETTO utile nelle candidosi.
◦ VERDE DI METILE.
◦ EOSINA.
I coloranti hanno lo svantaggio di essere scomodi da utilizzare dal punto di vista pratico.
• Acido undecilenico: acido grasso che si può utilizzare per favorire il film idrolipidico
tipico della cute al fine di supplire al deficit sebaceo del paziente.
CHEMIOTERAPICI:
si tratta di elementi di recente acquisizione, son molecole che normalmente si somministrano
per via orale, aspetto che le rende più appetibili rispetto alle spennellature e alle terapie
esterne in generale; ricordiamo:
• derivati imidazolici come il ketoconazolo, itraconazolo e fluconazolo.
• Ciclopiroxolamina.
• Terbinaftina.
• Amorolfina.
In casi molto rari si possono utilizzare terapie endovenose per infezioni a carattere sistemico, si
utilizzano in questi casi:
• derivati imidazolici come il ketoconazolo, itraconazolo e fluconazolo.
• La 5 fluoro citosina: questo farmaco funziona molto bene rispetto alle infezioni da
candida ma provoca dei fenomeni di resistenza molto rapidi per cui se l'infezione non si
risolve in 5 giorni la candida diventa resistente.
ANTIBIOTICI:
si utilizzano sostanzialmente:
• GRISEOFULVINA.
• POLIENI tra cui:
◦ tetraeni come nistatina e natamicina.
◦ Eptaeni come la amfotericina B.
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Giordano Perin; malattie veneree 5: la gonorrea
LA GONORREA
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Giordano Perin; malattie veneree 5: la gonorrea
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Giordano Perin; malattie veneree 5: la gonorrea
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Giordano Perin; malattie veneree 5: la gonorrea
FORMA MASCHILE:
con il contatto circa il 20% dei pazienti contrae l'infezione:
• il 15% dei pazienti sviluppa una infezione asintomatica.
• Il 5% circa assume carattere sintomatico.
La sintomatologia inizia con una URETRITE ACUTA dopo circa 2-21 giorni di incubazione. Il paziente
presenta:
• vellichio o bruciore intenso alla minzione.
• Secrezione uretrale che muta in colore nel tempo:
◦ biancastra inizialmente fintanto che l'infezione permane nella fossa navicolare.
◦ Giallastro con il passaggio della infezione alla uretra anteriore.
◦ Giallo verdastro nelle fasi più tardive della infezione.
Generalmente la sintomatologia raggiunge un acme dopo 15-20 giorni per poi andare incontro a
risoluzione spontanea: l'infezione può restare presente ma divenire paucisintomatica. Se
l'infezione supera l'uretra membranosa e raggiunge l'uretra posteriore si possono avere
complicanze anche più importanti:
• pollacchiuria.
• Stranguria.
• Tenesmo vescicale.
• Ematuria terminale e scarsa secrezione.
LA CRONICIZZAZIONE DELLA MALATTIA:
con il tempo la sintomatologia tende a spegnersi o ridursi dando vita a forme croniche, queste di
fatto possono svilupparsi anche primitivamente senza essere precedute da forme acute. L'uretrite
cronica può essere classificata in due grandi categorie a seconda della sua localizzazione:
• FORMA ANTERIORE:
◦ scarsa componente essudatizia, la secrezione diminuisce.
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Giordano Perin; malattie veneree 5: la gonorrea
◦ L'effetto della flogosi a lungo termine risulta spesso in stenosi che si possono verificare
in diversi punti dell'uretra. L'infiammazione può anche allargarsi alle regioni vicine.
• FORMA POSTERIORE che finisce per interessare diversi elementi dell'apparato genitale tra
cui soprattutto la prostata. Il paziente presenta:
◦ pollacchiuria e stranguria.
◦ Spermatorrea, erezioni rare, eiaculazioni precoci e dolorose.
La secrezione uretrale è minima e assume carattere mucoepiteliale piuttosto che purulento.
COMPLICANZE:
come accennato l'infezione può provocare conseguenze importanti, nello specifico nel maschio
ricordiamo:
• edema del prepuzio.
• fimosi e parafimosi infiammatorie.
• linfangite dorsale
• tysonite o infezione delle ghiandole del Tyson, piccole ghiandole del prepuzio che
producono feromoni.
• Parauretrite.
• Periuretrite.
• Ascessi.
• Littiti.
• Cowperiti, infiammazione della ghiandola di Cowper.
• Epididimiti caratterizzate da:
◦ dolore acuto al testicolo e all'inguine.
◦ Febbre.
◦ Idrocele.
◦ Peritonite circoscritta.
Può essere mono o bilaterale.
• Prostatite che può presentarsi in forma CATARRALE, FOLLICOLARE O DIFFUSA, nel
complesso provoca:
◦ nella forma acuta:
▪ pollacchiuria, stranguria e disuria.
▪ Dolore alla defecazione.
Può complicarsi in forme ascessuali formando fistole rettali o perineali.
◦ Nella forma cronica:
▪ disuria, pollacchiuria.
▪ Dolore perineale.
▪ Febbricola.
• Vescicolite: porta per il microorganismo verso il sangue, si caratterizza per stranguria,
disuria, dolore perineale, iperpiressia, ematuria terminale, spermatorrea.
FORMA FEMMINILE:
la donna è generalmente meno sintomatica, si manifesta fondamentalmente in quattro modi:
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Giordano Perin; malattie veneree 5: la gonorrea
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Giordano Perin; malattie veneree 5: la gonorrea
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Giordano Perin; malattie veneree 5: la gonorrea
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Giordano Perin; malattie veneree 6: il linfogranuloma venereo e malattie da clamydia trachomatis
1. clamydia trachomatis.
2. Clamydia psittaci.
3. Clamydia pneumoniae.
Le clamydie sono PARASSITI INTRACELLULARI OBBLIGATI in quanto DEFICITARI DEI MECCANISMI
DI PRODUZIONE DELL'ATP. Questi microorganismi esistono in due forme:
• CORPO ELEMENTARE forma infettante, piccola, densa e resistente: questo piccolo
elemento penetra nella cellula.
• CORPO RETICOLARE forma intracelulare, grande lasso e meno resistente: questa forma ha
la capacità di sfruttare l'apparto mitocondriale della cellula per replicarsi.
Con la morte della cellula i corpi reticolari intracellulari formatisi divengono corpi elementari e si
liberano nell'ambiente.
Dal punto di vista microscopico l'obiettivo della clamydia è L'EPITELIO COLONNARE che
tipicamente si colloca a livello di:
• occhio.
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Giordano Perin; malattie veneree 6: il linfogranuloma venereo e malattie da clamydia trachomatis
• Appartato respiratorio.
• Apparto genitale.
QUADRI CLINICI:
i quadri clinici possibili sono molto differenti tra loro, la clamydia trachomatis può provocare
infatti:
• infezioni di diverse regioni del corpo, caratterizzate da un quadro infiammatorio
abbastanza aspecifico.
• Il linfogranuloma venereo, patologia invece ben definita e caratterizzata.
MANIFESTAZIONI GENERICHE:
questo microorganismo si associa a patologie quali:
• URETRITI che possono essere:
◦ NON GONOCOCCICHE diagnosticate per esclusione come uretriti in assenza di infezione
da gonococco.
◦ POST GONOCOCCICHE cioè infezioni che il paziente maschio sviluppa 2-3 settimane
dopo il trattamento di una uretrite gonococcica. La causa è molto spesso l'utilizzo di
antibiotici cui le clamydie non sono sensibili.
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Giordano Perin; malattie veneree 6: il linfogranuloma venereo e malattie da clamydia trachomatis
La clamydia trachomatis è la causa del 20-40% delle uretriti non gonococciche o NGU: la
restante parte di queste infezioni ha spesso eziologia ignota1.
È inoltre importante ricordare il fatto che ALMENO UN TERZO DEI PAZIENTI CON URETRITE
DA CLAMYDIA È COMPLETAMENTE ASINTOMATICO.
• EPIDIDIMITE: la clamydia trachomatis è responsabile di circa il 70% delle epididimiti. Queste
infezioni spesso:
◦ si verificano in pazienti più giovani di 35 anni.
◦ Si accompagnano ad infezioni da gonococco.
Il paziente si presenta con febbre, dolore unilaterale testicolare, gonfiore all'epididimo che
risulta morbido, tenero.
• SINDROME DI REYTER, si tratta di una sindrome sistemica caratterizzata da:
◦ congiuntivite.
◦ Uretrite.
◦ Artrite.
◦ Lesioni mucocutanee.
La patogenesi di questa sindrome non è affatto chiara, ma si pensa sia associata ad una
risposta immunitaria eccessiva ad una infezione uretrale da clamydia trachomatis.
• PROCTITE: si associa in particolare ad alcuni sierotipi, il paziente si presenta con dolore
rettale, scariche miste a muco, tenesmo e in alcuni casi sanguinamento rettale.
• CERVICITE MUCOPURULENTA: molto spesso rilevabile nella paziente infetta unicamente
tramite una esplorazione con speculum molto accurata (50-30% dei casi), questa malattia
viene diagnosticata fondamentalmente tramite l'analisi dell'essudato prelevato con la
visita.
• MALATTIA INFIAMMATORIA DELLA PELVI (PID): la clamydia trachomatis si può individuare
nel 50% delle donne con una PID e deriva generalmente per diverse ragioni da una cervicite
mucopurulenta. Nel complesso la patologi si sviluppa in fasi:
◦ cervicite mucopurulenta.
◦ Endometrite.
◦ Endosalpingite.
◦ Peritonite pelvica.
Rispetto alla infezione da gonococco, la infezione da clamydia risulta meno sintomatica e in
caso di sintomatologia sfumata va quindi sempre sospettata. Studi sierologici evidenziano
inoltre come prolungate infezioni delle salpingi, anche paucisintomatiche, si associno a
cicatrizzazione delle tube di falloppio e quindi sterilità.
1 Tra gli agenti patogeni potenzialmente coinvolti ricordiamo: ureaplasma urealiticum, mycoplasma genitalium,
thricomonas vaginalis ed herpes simplex virus.
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Giordano Perin; malattie veneree 6: il linfogranuloma venereo e malattie da clamydia trachomatis
Cervicite da clamydia
e uretrite da
clamydia.
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Giordano Perin; malattie veneree 6: il linfogranuloma venereo e malattie da clamydia trachomatis
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Giordano Perin; malattie veneree 6: il linfogranuloma venereo e malattie da clamydia trachomatis
TERAPIA:
La terapia prevede fondamentalmente l'uso di:
• tetracicline per OS, 2-4g al giorno per 2-6 settimane.
• eritromicina, CAF o minociclina.
A seconda dei casi si possono poi eseguire anche:
• toilette linfonodale.
• Toilette chirurgica della regione.
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Giordano Perin; malattie veneree 7: ulcera molle o ulcera venerea
malattia venerea causata dall'EMOPHILUS DUCREY caratterizzata dalla formazione di un'ulcera kin
sede di inoculo e una linfoadenite locale. Come altre patologie veneree l'ulcera venerea o
canchroid è particolarmente presente nel terzo mondo dove rappresenta un problema
importante. Ricordiamo che:
• la trasmissione è prevalentemente eterosessuale in questo caso.
• Sono maggiormente colpiti gli uomini.
• Le prostitute rappresentano il principale reservoire della malattia.
L'HEMOPHILUS DUCREY:
l'hemophylus ducrey è un microorganismo della famiglia degli emofili, si tratta di batteri:
• a forma di bastoncino anche se parzialmente polimorfi.
• Gram negativi.
• Non mobili.
• Asporigeni.
Si caratterizzano per la necessità in terreno di coltura di fattori derivati dal sangue per poter
proliferare.
EZIOPATOGENESI:
la patologia viene acquisita unicamente PER LA ROTTURA DELL'EPITELIO DELLA MUCOSA
GENITALE DURANTE UN RAPPORTO SESSUALE CON INDIVIDUO INFETTO, l'agente patogeno
comincia quindi a produrre endotossine e danneggia l'epitelio locale riproducendosi e tendendo ad
invadere le regioni vicine. Nel complesso:
• l'incubazione varia da 1 a 6 giorni.
• La malattia esordisce con una VESCICO PUSTOLA che si caratterizza in quanto:
◦ lievemente pruginosa.
◦ Facilmente ULCERABILE.
L'ULCERA CHE DERIVA, lesione tipica della malattia, si presenta:
◦ con un diametro fino a 1cm.
◦ Con margini irregolari, scollati e sottominati.
◦ Consistenza pastosa, senza indurimento.
◦ Poco dolente, ma dolorabile, aspetto che la
distingue dall'ulcera luetica.
◦ Spesso la lesione è multipla, cosa che non avviene
nel linfogranuloma venereo, queste ulcere tuttavia
possono aggregarsi formando un'unica grande
ulcera.
◦ Non si accompagna ad infiammazione della cute Ascessualizzazione di un linfonodo
inguinale dovuta ad emophilus
circostante.
ducrey.
• Si sviluppa molto rapidamente, se non immagine tratta da PHIL
contemporaneamente, una LINFOADENOPATIA
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Giordano Perin; malattie veneree 7: ulcera molle o ulcera venerea
DIAGNOSI:
la diagnosi è spesso CLINICA e viene confermata a livello laboratoristico con:
• striscio a fresco con colorazione di gram che individua bacilli gram negativi che non si
dispongono a coppie.
• Coltura del campione in appositi terreni, l'hemophylus ducrey necessita per crescere di:
◦ fattore X o gruppo EME.
◦ Fattore V, cioè NAD o NADP.
Il terreno di coltura generalmente utilizzato è quindi l'AGAR CIOCCOLATO.
TERAPIA:
la terapia antibiotica si basa su:
• sulfametossidiazina 500mg/die per 7 giorni.
• Sulfametossazolo 1-2 g/die per 7 giorni.
• Gentamicina 80mg due volte al giorno per 10 giorni.
• Streptomicina 1g al giorno per 10 giorni.
L'uso di farmaci treponemicidi può essere utile, ma può falsare la negatività di esami eseguiti per
valutare infezioni sovrapposte.
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Giordano Perin; malattie veneree 8: il mollusco contagioso
IL MOLLUSCO CONTAGIOSO
i poxvirus sono una famiglia di virus molto complessa, possiamo dire che a questa grande
categoria appartiene il virus DEL VAIOLO o variola vera o smallpox virus, così come molti virus che
colpiscono prevalentemente gli animali. Nel complesso questa famiglia si caratterizza per:
• dimensioni e complessità notevoli: possono raggiungere dimensioni di 200*400nm, al limite
della visibilità con il microscopio ottico.
• Sono dotati di pericapside.
• Presentano un capside generalmente elicoidale.
• Presentano un genoma a DNA bicatenario lineare.
IL VIRUS DEL MOLLUSCO CONTAGIOSO:
il virus del mollusco contagioso si caratterizza per la sua capacità di replicarsi in sede
INTRACELLULARE CHERATINOCITARIA dando un particolare aspetto istologico alla lesione.
EPIDEMIOLOGIA E CONTAGIO:
il mollusco contagioso si propaga per contatto diretto, le principali forme di contagio sono:
• contatto con il virus in piscine o simili, sicuramente si tratta delle cause più comuni.
• Contatto intimo.
ASPETTI CLINICI:
dal punto di vista clinico si rilevano delle LESIONI PROLIFERATIVE CUTANEE DI DIMENSIONI TRA 2
E 5 mm, queste si presentano:
• di colore perlaceo.
• Color carne o giallastre.
• Ombelicate, presentano infatti una caratteristica
depressione centrale.
• Singole o multiple.
• Accompagnate o meno da eritema.
Queste lesioni sono accompagnate da scarsa infiammazione e
necrosi praticamente assente, ma possono LOCALIZZARSI
Lesioni al braccio dovute ad una
OVUNQUE ECCETTO CHE SULLE PALME DELLE MANI E DEI infezione da virus del mollusco
PIEDI. contagioso.
immagine tratta da wikipedia
LO SVILUPPO DELLA LESIONE:
la lesione da mollusco contagioso generalmente:
• si manifesta dopo un periodo di incubazione che può andare da 2 settimane a 6 mesi, anche
se generalmente compare dopo 2-7 settimane.
• Generalmente è autolimitante, non si propaga molto e regredisce spontaneamente.
• Regredisce completamente dopo 3-4 mesi nel paziente immunocompetente.
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Giordano Perin; malattie veneree 8: il mollusco contagioso
PAZIENTI A RISCHIO:
pazienti a rischio sono fondamentalmente appartenenti a due categorie:
1. PAZIENTI AFFETTI DA HIV soprattutto nelle fasi avanzate di AIDS conclamato, nei quali la
lesione se non trattata può persistere anche per 3-5 anni.
2. PAZIENTI SOTTOPOSTI A TERAPIA ANTIRETROVIRALE, non è chiaro perché questo effetto,
paradossale, si verifichi.
DIAGNOSI:
fondamentalmente clinica, le lesioni e la anamnesi del paziente sono abbastanza suggestive, è
importante ricordare tuttavia che è possibile:
• analizzare istopatologicamente la lesione: la analisi dimostra la presenza di UN CORPO DI
INCLUSIONE IALINO a carattere:
◦ in una prima fase eosinofilo,
◦ in una seconda fase basofilo.
Si parla spesso di “molluscum bodies”, caratteristici anche di altri poxvirus.
• La coltivazione è praticamente impossibile.
• La diagnosi può essere in alcuni casi supportata dalla individuazione al microscopio
elettronico del patogeno.
TERAPIA:
la terapia è fondamentalmente:
• CHIRURGICA: si esegue la rimozione della lesione tramite scucciaiamento della stessa in
anestesia locale generalmente, soprattutto nel bambino. Se le lesioni sono molte possono
essere infiltrate con acidi o simili.
La asportazione e seguita, chiaramente, da disinfezione locale con iodio.
• FARMACOLOGICA, ad oggi NON MOLTO UTILIZZATA: diversi studi suggeriscono che
cidofovir per via parenterale o topica possa aiutare a controllare il virus nel paziente
immunodepresso.