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Classici della libert 2

Frdric Bastiat

Ci che si vede e ci che non si vede

IBL Libri

Il presente saggio stato pubblicato in lingua italiana in Frdric Bastiat, Ci che si vede e ci che non si vede, e altri scritti, Soveria MannelliTreviglio, Rubbettino-Leonardo Facco, 2005. Ringraziamo Rubbettino e Leonardo Facco per averci consentito di ripubblicare il testo. Titolo originale Ce quon voit et ce quon ne voit pas (1850) Traduzione dal francese Giuseppe M. Vatri Copertina Timothy Wilkinson Copyright IBL Libri, 2013 IBL Libri Via Bossi, 1 10144 Torino info@ibl-libri.it www.ibl-libri.it Giugno 2013 ISBN: 978-88-6440-124-9

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Indice
Sullautore Ci che si vede e ci che non si vede Date Vita e opere Bibliografia

Sullautore

Bastiat il pi superficiale e di conseguenza il pi rappresentativo apologeta delleconomia volgare (Karl Marx). Avevo circa sedici anni quando mi accadde di leggere due autori di indole contraria, cio il Bossuet e il Bastiat. Il primo mi dispiacque fieramente; il secondo soddisfece interamente i miei sentimenti (Vilfredo Pareto). Il pi brillante giornalista economico che sia mai vissuto (Joseph Schumpeter). Egli stato il pi efficace difensore del libero economica e del laissez-faire che si sia mai ideali sono divenuti sempre pi fuori moda nella interventisti, keynesiani e socialisti, Bastiat assieme a loro (Henry Hazlitt). scambio, della libert visto. E come questi nostra generazione di divenuto fuori moda

Bastiat il mio economista preferito (Ronald Reagan). Dato che colloca luomo al centro dei fenomeni sociale; dato che opera seguendo il principio che lazione umana razionale; e dato che sa che la societ basata sullo scambio insomma, dato che un prasseologo in anticipo rispetto ai tempi (anzi, prima ancora che il termine stesso fosse coniato), Frdric Bastiat fu in grado di realizzare

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un eccezionale lavoro teorico durante gli ultimi cinque anni di vita. Il fatto che tutto ci sia stato realizzato in un arco temporale tanto breve, invece che essere una causa di derisione dovrebbe essere un titolo di merito (Grard Bramoull). Bastiat stato senza dubbio uno scrittore di straordinaria lucidit, i cui brillanti saggi e le cui argute favole continuano a rappresentare formidabili e devastanti critiche del protezionismo e di ogni genere di sussidio e controllo governativi. Fu il geniale difensore di un vero libero mercato (Murray N. Rothbard).

Ci che si vede e ci che non si vede

{1}

Nella sfera economica, un atto, una abitudine, una istituzione, una legge, non generano solo un effetto, ma una serie di effetti. Di questi effetti, solo il primo immediato; esso si manifesta simultaneamente con la sua causa: si vede. Gli altri non si sviluppano che successivamente: non si vedono; va bene se li si pu prevedere. Qui sta tutta la differenza tra un cattivo ed un buon economista: uno si limita alleffetto visibile, mentre laltro tiene conto e delleffetto che si vede e di quelli che occorre prevedere. Ma questa differenza enorme, perch quasi sempre accade che, se la conseguenza immediata favorevole, le conseguenze ulteriori sono funeste, o viceversa. Da cui segue che il cattivo economista persegue un piccolo bene immediato che sar seguito da un grande male futuro, mentre il buon economista persegue un grande bene futuro, a rischio di un piccolo male immediato. Del resto, cos anche nelligiene, o nella morale. Spesso, pi il primo frutto di una abitudine dolce, pi gli altri sono amari. A testimonianza: la dissolutezza, la pigrizia, la prodigalit. Quando un uomo, colpito dalleffetto che si vede, non ha ancora imparato a discernere quelli che non si vedono, si abbandona ad abitudini funeste, non solo per inclinazione m anche per calcolo. Questo spiega levoluzione fatalmente dolorosa dellumanit. Lignoranza sta intorno alla sua culla; perci essa si regola nei suoi atti dalle loro immediate conseguenze, le sole, allorigine, che possa vedere. Ci vuole molto tempo perch impari a tenere conto di tutte le altre conseguenze. Due maestri, ben differenti, le insegnano questa lezione: lesperienza e la preveggenza. Lesperienza detta legge efficacemente

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ma brutalmente. Essa ci istruisce su tutti gli effetti di un nostro atto, facendoli sentire; e noi non possiamo fare a meno di imparare che il fuoco brucia, a forza di bruciarci. A questo rude medico, io vorrei, finch possibile, sostituirne uno pi dolce: la preveggenza. Per questo motivo, io cercher la conseguenze di alcuni fenomeni economici, opponendo a quelle che si vedono quelle che non si vedono. 1. Il vetro rotto Siete mai stati testimoni del furore del buon borghese Jacques Bon{2} homme, quando il suo terribile figliolo sia riuscito a rompere il vetro di una finestra? Se avete assistito a questo spettacolo, sicuramente avete anche constatato come tutti i presenti, fossero anche trenta, sembrino essersi messi daccordo per offrire al proprietario una identica consolazione: Non tutto il male viene per nuocere; incidenti come questo mandano avanti lindustria; bisogna che tutti possano vivere; che fine farebbero i vetrai, se non si rompessero mai i vetri?. Ora, in questa formula di condoglianza vi tutta una teoria, che {3} meglio sorprendere in flagranza di reato; cosa in questo caso semplicissima, dal momento che questa teoria esattamente la stessa, per sfortuna, che sostiene la maggior parte delle nostre istituzioni economiche. Supponendo che siano necessari sei franchi per riparare il danno, se si vuol dire che lincidente faccia arrivare allindustria del vetro sei franchi, che incentivi la detta industria per sei franchi, io sono daccordo, non ho nulla da contestare, il ragionamento fila. Il vetraio viene, fa il necessario, incassa sei franchi, si sfregher le mani e benedir in cuor suo il ragazzino terribile. Questo ci che si vede. Ma se, per via deduttiva, si arrivasse a concludere, come si fa troppo spesso, che bene che si rompano i vetri, che ci fa circolare il denaro, che ne risulta un incentivo per lindustria in generale, io sarei

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obbligato a gridare: alt! La vostra teoria si ferma a ci che si vede, e non tiene conto di ci che non si vede. Non si vede che, siccome il nostro borghese ha speso sei franchi in una cosa, non potr pi spenderli in unaltra. Non si vede che, se non avesse avuto dei vetri da sostituire, egli avrebbe sostituito, per esempio, le sue scarpe scalcagnate, oppure avrebbe messo un libro in pi nella sua biblioteca. In breve, avrebbe fatto dei suoi sei franchi un uso qualunque, che invece non far. Facciamo perci il conto per lindustria in generale. Poich il vetro rotto, lindustria vetraria incentivata nella misura di sei franchi; ci che si vede. Se il vetro non fosse stato rotto, lindustria delle scarpe (o qualunque altra) sarebbe stata incentivata nella misura di sei franchi; ci che non si vede. E se si prendesse in considerazione ci che non si vede perch un fatto negativo, insieme con ci che si vede, perch un fatto positivo, si comprenderebbe bene che non vi alcun interesse per lindustria in generale, o per linsieme del lavoro nazionale, a che dei vetri si rompano o non si rompano. Facciamo adesso il conto di Jacques Bonhomme. Nella prima ipotesi, quella del vetro rotto, egli spende sei franchi, ed ha, n pi n meno di prima, il vantaggio di un vetro. Nella seconda, quella nella quale lincidente non accaduto, avrebbe speso sei franchi in scarpe ed avrebbe, insieme, il vantaggio di un paio di scarpe e quello di un vetro. Ora, poich Jacques Bonhomme fa parte della societ, bisogna concludere da ci che, considerato nel suo insieme e tenuto conto dei suoi lavori e dei suoi vantaggi, la societ ha perduto il valore del vetro rotto.

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Per cui, generalizzando, noi arriviamo a questa conclusione inattesa: La societ perde il valore delle cose inutilmente distrutte, ed a questo aforisma, che far rizzare i capelli in testa ai protezionisti: Rompere, distruggere, dissipare, non equivale ad incoraggiare il lavoro nazionale, o pi brevemente: Distruggere non vuol dire fare profitti. Che cosa dite, voi del Moniteur Industriel, che dite, adepti di de {4} Saint-Chamans, che ha calcolato con tanta precisione quanto lindustria trarrebbe profitto dallincendio di Parigi, per la quantit di case che dovrebbero essere ricostruite? Sono spiaciuto di dover guastare i suoi calcoli ingegnosi, sebbene ne abbia fatto passare lo spirito nella nostra legislazione. Ma io lo prego di ricominciarli, facendo entrare nei suoi conti ci che non si vede a fianco a ci che si vede. Bisogna che il lettore si soffermi a constatare bene che non ci sono solo due personaggi, ma tre, nel nostro piccolo dramma che io ho sottoposto alla vostra attenzione. Luno, Jacques Bonhomme, rappresenta il consumatore, costretto dal danno a godere di un solo vantaggio anzich di due. Laltro, il vetraio, ci mostra il produttore la cui industria incoraggiata dallincidente. Il terzo il ciabattino (o qualunque altro mestiere), il cui lavoro scoraggiato proprio per quella causa. questo ultimo personaggio che si tiene sempre nellombra e che, impersonando ci che non si vede, un elemento essenziale della questione. lui che ben presto ci insegner che non meno assurdo di vedere un profitto in una restrizione , la quale non dopo tutto che una distruzione parziale. Cos, andate a fondo di tutti gli argomenti che si fanno valere in suo favore, non ci troverete che la parafrasi del motto popolare: che cosa sarebbe dei vetrai, se qualcuno non rompesse i vetri? 2. Il licenziamento

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Per un popolo, le cose vanno come per un uomo. Quando vuole procurarsi una soddisfazione, tocca a lui decidere se vale quello che costa. Per una nazione, la sicurezza il maggiore dei beni. Se per acquisirla, bisogna mettere in campo centomila uomini e spendere cento milioni, io non ho nulla da dire. un vantaggio acquistato al prezzo di un sacrificio. Che non si fraintenda perci la portata della mia tesi. Un deputato propone di licenziare centomila uomini per alleviare i contribuenti di cento milioni. Se ci si limita a rispondergli: Questi centomila uomini e cento milioni sono indispensabili alla sicurezza nazionale, un sacrificio, ma senza questo sacrificio la Francia sar lacerata dalle fazioni o invasa dallo straniero io non ho nulla da opporre qui a questo argomento, che pu essere nei fatti vero o falso, ma che non contiene delle eresie economiche. Leresia comincia quando si vuole rappresentare il sacrificio in se stesso come un vantaggio, perch utile a qualcuno. Ora, non credo di sbagliarmi, lautore della proposta non farebbe in tempo a scendere dalla tribuna che un oratore vi correrebbe per gridare: Licenziare centomila uomini! ci pensate! che ne sar di loro? di che cosa vivranno? ci sar del lavoro? ma non sapete che il lavoro manca ovunque? che tutti i mestieri sono pieni? volete gettarli sul lastrico per aumentare la concorrenza e pesare sui salari? In un momento nel quale difficile guadagnarsi una vita da poveri, non un bene che lo Stato dia il pane a centomila individui? Considerate inoltre che lesercito consuma del vino, dei vestiti, delle armi, che cos esso espande lattivit nelle fabbriche, nelle citt di guarnigione, e che esso , in definitiva, la provvidenza per i suoi infiniti fornitori. Non fremete allidea di cancellare tutto questo immenso movimento industriale?. Questo discorso, lo si vede, conclude per il mantenimento dei centomila soldati, astrazione fatta dalle necessit di servizio, e per mezzo di

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considerazioni economiche. Sono queste sole considerazioni che devo controbattere. Centomila uomini, che costano al contribuente cento milioni, vivono e fanno vivere i loro fornitori fino alla concorrenza di cento milioni: ci che si vede. Ma questi cento milioni, usciti dalle tasche dei contribuenti, fanno smettere di vivere questi contribuenti ed i loro fornitori, fino alla concorrenza di cento milioni: ci che non si vede. Calcolate, contate e ditemi: qual il guadagno per la massa? Quanto a me, io vi dir dove stia la perdita, e, per semplificare, invece di parlare di centomila uomini e di cento milioni, ragioniamo su un solo uomo e mille franchi. Eccoci allora nel villaggio di A. I reclutatori fanno il giro e prelevano un uomo. Gli esattori fanno un giro e prelevano mille franchi. Luomo ed il denaro sono portati a Metz, i secondi destinati a far vivere il primo, per un anno, senza fare nulla. Se voi non tenete in considerazione che Metz, allora avete cento volte ragione, la decisione vantaggiosa; ma se vi rivolgete al villaggio di A, giudicherete diversamente, perch, a meno di essere ciechi, vedrete che il villaggio ha perduto un uomo ed i mille franchi che avrebbero remunerato il suo lavoro, e lattivit che, per la spesa di mille franchi, egli avrebbe diffuso intorno a s. Ad un primo colpo docchio, sembra che vi sia una compensazione. Il fenomeno che sarebbe accaduto al villaggio, accade invece a Metz, ecco tutto. Ma ecco dove sta la perdita. Al villaggio, quelluomo vangava e lavorava: era un lavoratore; a Metz, fa dei fianco-dest e dei fianco-sinist: un soldato. Il denaro e la circolazione sono gli stessi nei due casi; ma in uno, cerano trecento giornate di lavoro produttivo, mentre nellaltro ci sono trecento giornate di lavoro improduttivo. Sempre nella supposizione che una parte dellesercito non sia indispensabile alla sicurezza pubblica.

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Ora, arriva il licenziamento. Voi mi segnalate un esubero di centomila lavoratori, lo stimolo alla concorrenza e la pressione che esercita sul livello dei salari. ci che vedete. Ma ecco ci che non vedete. Voi non vedete che rinviare a casa centomila soldati, non cancellare cento milioni, restituirli ai contribuenti. Voi non vedete che riversare in questo modo centomila lavoratori sul mercato vuol dire riversare anche, nello stesso tempo, i cento milioni destinati a pagare il loro lavoro; che, di conseguenza, la stessa misura che aumenta lofferta di braccia ne aumenta anche la domanda; da cui segue che la vostra discesa dei salari semplicemente illusoria. Voi non vedete che prima del licenziamento, cos come dopo, ci sono nel paese cento milioni corrispondenti a centomila uomini; e che tutta la differenza consiste in questo: prima, il paese d cento milioni a centomila uomini per non fare nulla; dopo, li d per il loro lavoro. Voi non vedete, infine, che quando un contribuente d il suo denaro, che sia ad un soldato in cambio di nulla, che sia ad un lavoratore in cambio di qualcosa, tutte le conseguenze ulteriori della circolazione di questo denaro sono le stesse in entrambi i casi; soltanto che nel secondo caso, il contribuente riceve qualcosa, mentre nel primo non riceve nulla. Risultato? Una perdita secca per la nazione. Il sofisma che io combatto qui non resiste alla prova della progressione, pietra di paragone dei princpi. Se, tutto compensato, presi in considerazione tutti gli interessi, vi un profitto nazionale ad aumentare lesercito, perch non arruolare sotto la bandiera tutta la popolazione maschile del paese? 3. Le imposte Non vi mai capitato di sentir dire: Limposta, il migliore investimento; una rugiada che fertilizza. Osservate quante famiglie fa vivere, e seguite, con il pensiero, la sua ricaduta sullindustria: linfinito, la vita.

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Per combattere questa dottrina, sono obbligato a riprodurre la confutazione precedente. Leconomia politica sa bene che le sue argomentazioni non sono abbastanza divertenti perch si possa dire: repetita placent. Cos, come Basilio, essa ha adattato il proverbio al suo impiego, ben convinta che nella sua bocca, repetita docent. I vantaggi che i dipendenti pubblici trovano ad essere stipendiati ci che si vede. Il bene che ne risulta per i loro fornitori di nuovo ci che si vede. Ci acceca gli occhi del corpo. Ma lo svantaggio che i contribuenti provano nelladempiere allobbligo, ci che non si vede, ed il danno che ne risulta per i loro fornitori, ci che non si vede ancor di pi, anche se dovrebbe saltare agli occhi dello spirito. Quando un dipendente pubblico spende per suo profitto cento soldi in pi, ci implica che un contribuente spenda per suo profitto cento soldi in meno. Ma la spesa del dipendente pubblico si vede, perch si fa; mentre quella del contribuente non si vede, perch, ahim! gli si impedisce di farla. Voi comparate la nazione ad una terra riarsa e limposta ad una pioggia fertile. E sia. Ma dovreste chiedervi anche dove siano le fonti di questa pioggia, e se non sia proprio limposta che prelevi lumidit del suolo e lo renda secco. Dovreste chiedervi ancora se sia possibile che il suolo riceva tanta di questacqua preziosa grazie alla pioggia, quanta ne perde con levaporazione. Ci che c di molto positivo, che, quando Jacques Bonhomme conta cento soldi allesattore, non riceve nulla in cambio. Quando, in seguito, un dipendente pubblico che spende questi cento soldi li rende a Jacques Bonhomme, lo fa in cambio di un valore uguale in grano o in lavoro. Il risultato definitivo per Jacques Bonhomme una perdita di cento soldi.

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vero che spesso, o generalmente se si vuole, il dipendente pubblico rende a Jacques Bonhomme un servizio equivalente. In questo caso, non c perdita da una parte n dallaltra, c soltanto scambio. Cos, il mio argomento non si rivolge affatto alle funzioni utili. Io dico: se volete una funzione, provate la sua utilit. Dimostrate che vale a Jacques Bonhomme, in cambio dei servizi che gli rende, lequivalente di ci che gli costa. Ma, a prescindere da questutilit intrinseca, non invocate come argomentazione il vantaggio che conferisce al pubblico dipendente, alla sua famiglia ed ai suoi fornitori; non sostenete che essa favorisca il lavoro. Quando Jacques Bonhomme d cento soldi ad un dipendente pubblico in cambio di un servizio realmente utile, esattamente come quando d cento soldi ad un ciabattino per un paio di scarpe. Se d, d, se lascia perdere, lascia. Ma, quando Jacques Bonhomme consegna cento soldi ad un dipendente pubblico per non ricevere alcun servizio o persino per riceverne delle vessazioni, come se desse i suoi soldi ad un ladro. Non serve a nulla dire che il dipendente pubblico spender questi cento soldi a gran profitto del lavoro nazionale; altrettanto ne avrebbe fatto il ladro; altrettanto ne farebbe Jacques Bonhomme se non avesse incontrato sul suo cammino n il parassita extra-legale n il parassita legale. Abituiamoci perci a non giudicare le cose soltanto per ci che si vede, ma anche per ci che non si vede. Lanno scorso, ero nella Commissione Finanze, perch, sotto la Costituente, i membri dellopposizione non erano sistematicamente esclusi da tutte le commissioni; in ci, la Costituente agiva saggia{5} mente. Abbiamo sentito Thiers dire: Ho passato la mia vita a combattere gli uomini del partito legittimista e del partito clericale. Da quando il pericolo comune ci ha ravvicinati, da quando li frequento e li conosco e ci parliamo sinceramente, mi sono accorto che non sono i mostri che mi ero figurato.

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S, le diffidenze si esagerano, gli odi si esaltano tra partiti che non si mescolano; e se la maggioranza lasciasse penetrare nel seno delle Commissioni alcuni membri della minoranza, forse si riconoscerebbe, da una parte e dallaltra, che le idee non sono cos distanti e soprattutto le intenzioni non sono cos perverse come si suppone. In ogni caso, lanno scorso, ero nella Commissione Finanze. Ogni volta che uno dei nostri colleghi parlava di fissare ad una cifra moderata lappannaggio del presidente della Repubblica, dei ministri, degli ambasciatori, gli rispondevano: Per il bene stesso del servizio, occorre circondare alcune funzioni di splendore e di dignit. il mezzo per attirarvi gli uomini di merito. Innumerevoli sfortunati si rivolgono al presidente della Repubblica, e sarebbe metterlo in una posizione antipatica obbligarlo sempre a rifiutare. Una certa rappresentativit nei salotti ministeriali e diplomatici uno degli ingranaggi dei governi costituzionali, ecc., ecc.. Sebbene tali argomentazioni possano essere discusse, meritano certamente un esame serio. Sono fondate sullinteresse pubblico, bene o mal valutato; e, quanto a me, io non vi faccio caso pi che molti dei nostri Catoni, mossi da un gretto spirito di risparmio o di gelosia. Ma quello che rivolta la mia coscienza di economista, quello mi fa arrossire per la rinomanza intellettuale del mio paese, quando si arriva (cosa cui non si manca mai) a questa banalit assurda, e sempre favorevolmente accolta: Del resto, il lusso dei grandi funzionari pubblici incoraggia le arti, lindustria, il lavoro. Il capo dello Stato ed i suoi ministri non possono dare feste e serate senza fare circolare la vita in tutte le vene del corpo sociale. Ridurre i loro appannaggi, significa far morire di fame lindustria parigina e, per contraccolpo, lindustria nazionale. Di grazia, signori, rispettate almeno laritmetica e non venite a dire, dinanzi allAssemblea Nazionale Francese, per timore che a sua vergogna essa non vi approvi, che una addizione d una somma diversa, a seconda che la si faccia dallalto in basso o dal basso verso lalto.

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Allora, mi accordo con un terrazziere perch faccia un canale di drenaggio nel mio campo, concordando cento soldi. Al momento di concludere, lesattore mi sottrae i miei cento soldi e li fa dare al ministro dellinterno; il mio contratto rotto, ma il signor ministro aggiunger un piatto di pi al suo pranzo. Sulla base di cosa, osate affermare che questa spesa ufficiale un sovrappi aggiunto allindustria nazionale? Non capite che l c solo un semplice spostamento di soddisfazione e di lavoro? Il ministro ha la sua tavola meglio fornita, vero; ma un agricoltore ha un campo meno ben drenato, altrettanto vero. Un ristoratore parigino ha guadagnato cento soldi, ve lo concedo; ma concedetemi che un terrazziere di provincia non ha potuto guadagnare cento soldi. Tutto ci che si pu dire, che il piatto ufficiale ed il ristoratore soddisfatto, sono ci che si vede; il campo inondato e il terrazziere senza lavoro, ci che non si vede. Buon Dio! che fatica dimostrare, in economia politica, che due pi due fanno quattro; e, se ci arrivate, si scrive: cos chiaro, che ne noioso. Poi votano come se non aveste dimostrato niente di niente. 4. Teatro, belle arti Lo Stato deve sovvenzionare le arti? Vi molto da dire, pro e contro. A favore del sistema delle sovvenzioni, si pu dire che le arti ampliano, innalzano e poetizzano lanima di une nazione, che la strappano alle preoccupazioni materiali, che le danno il sentimento del bello, e agiscono cos favorevolmente sui suoi modi, sulle sue abitudini, sui suoi costumi ed anche sulle sue industrie. Si pu chiedere a che punto sarebbe la musica in Francia, senza il Thtre-Italien ed il Conservatorio; dove larte drammatica, senza il Thtre-Franais; dove la pittura e la scultura, senza le nostre collezioni ed i nostri musei. Si pu andare pi lontano e chiedersi se senza la centralizzazione e di conseguenza senza la sovvenzione delle belle arti si sarebbe sviluppato

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questo gusto squisito, che la caratteristica nobile del lavoro francese ed impone i suoi prodotti a tutto luniverso. In presenza di tali risultati, non sarebbe una grave imprudenza rinunciare a questo contributo moderato di tutti i cittadini che, in definitiva, realizza, nel cuore dellEuropa, la loro superiorit e la loro gloria? A queste ragioni e a ben altre, di cui non contesto la forza, possono esserne opposte di non meno forti. C inizialmente, si potrebbe dire, una questione di giustizia distributiva. Il diritto del legislatore va fino ad intaccare il salario dellartigiano per costituire un supplemento di {6} profitti allartista? Lamartine diceva: Se eliminate la sovvenzione ad un teatro, dove vi fermerete su questa strada? e non sarete logicamente trascinati ad eliminare le vostre universit, i vostri musei, i vostri istituti, le vostre biblioteche?. Si potrebbe rispondere: Se volete sovvenzionare tutto ci che buono ed utile, dove vi fermerete su questa strada? non sarete trascinati logicamente a costituire una lista civile per lagricoltura, lindustria, il commercio, la beneficenza, listruzione?. Poi, sicuro che le sovvenzioni favoriscono il progresso dellarte? una questione lontana dallessere risolta, mentre vediamo coi nostri occhi che i teatri che prosperano sono quelli che vivono di vita propria. Infine, passando a considerazioni pi elevate, si pu fare osservare che le necessit ed i desideri nascono gli uni dagli altri e si innalzano verso regioni sempre pi pure, a misura che la ricchezza pubblica permette di soddisfarle; che il governo non deve affatto mescolarsi di queste corrispondenze, poich, in un dato stato della fortuna presente, non potrebbe stimolare, con limposta, le industrie del lusso senza offendere le industrie della necessit, invertendo cos il cammino naturale della civilizzazione. Si pu fare osservare che questi spostamenti artificiali dei bisogni, dei gusti, del lavoro e della popolazione, mettono i popoli in una situazione precaria e pericolosa, che non ha pi una base solida. Ecco alcune delle ragioni che adducono gli avversari dellintervento dello Stato, per quanto riguarda lordine nel quale i cittadini credono

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di dovere soddisfare le loro necessit ed i loro desideri, e quindi dirigere la loro attivit. Io sono di quelli, lo riconosco, che pensano che la scelta, limpulso, debbano venire dal basso, non dallalto, dai cittadini, non dal legislatore; e la dottrina contraria mi sembra condurre alla distruzione della libert e della dignit umane. Ma, con una deduzione tanto falsa quanto ingiusta, sapete di che cosa siamo accusati noi economisti? Quando rifiutiamo la sovvenzione, siamo accusati di rifiutare la cosa stessa che si tratta di sovvenzionare, e di essere nemici di tutti i tipi dattivit, perch noi vogliamo che queste attivit, da un lato siano libere, e dellaltro cerchino in esse stesse il loro proprio profitto. Cos: chiediamo che lo Stato non intervenga, con limposta, nelle materie religiose? siamo atei. Chiediamo che lo Stato non intervenga, con limposta, nellistruzione? odiamo i lumi. Diciamo che lo Stato non deve dare, con limposta, un valore fittizio ad un suolo, ad una industria? siamo i nemici della propriet e del lavoro. Pensiamo che lo Stato non debba sovvenzionare gli artisti? siamo barbari che giudicano le arti come inutili. Protesto qui con tutte le mie forze contro queste deduzioni. Lungi da noi lassurdit di pensare di distruggere la religione, listruzione, la propriet, il lavoro e le arti, quando chiediamo che lo Stato protegga il libero sviluppo di tutti questi campi dattivit umana, senza prezzolarli a spese luno dellaltro; noi crediamo al contrario che tutte queste forze vive della societ si svilupperebbero armoniosamente sotto linfluenza della libert, e che nessuna di esse diventerebbe, come vediamo oggi, fonte di problemi, di abusi, di tirannie e di disordine. I nostri avversari credono che unattivit che non n prezzolata n regolamentata, sia unattivit distrutta. Noi crediamo lopposto. La loro fede nella legge, non nellumanit. La nostra nellumanit, non nella legge. Cos, Lamartine diceva: In nome di questo principio, occorre abolire le esposizioni pubbliche che fanno lonore e la ricchezza di questo paese.

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Rispondo a Lamartine: Secondo il vostro punto di vista, non sovvenzionare equivale ad abolire, perch, sulla base di questo fatto che nulla esiste se non per volont dello Stato, concludete che nulla vive se non ci che limposta fa vivere. Ma giro contro voi lesempio che avete scelto, e vi faccio osservare che la pi grande, la pi nobile delle esposizioni, quella che concepita nel pensiero pi liberale, la pi universale, e posso anche servirmi della parola umanitaria, che non qui esagerata, lesposizione che si prepara a Londra, la sola in cui nessun governo si mescola e che nessunimposta sovvenziona. Ritornando alle belle arti, si pu, lo ripeto, addurre ragioni potenti pro e contro il sistema delle sovvenzioni. Il lettore capisce che, per loggetto specifico di questo scritto, non devo n esporre queste ragioni, n decidere tra esse. Ma Lamartine ha messo avanti unargomentazione che non posso passare sotto silenzio, perch rientra nel cerchio molto preciso di questo studio economico. Ha detto :
La questione economica, in materia di teatri, si riassume in una sola parola: un lavoro. Poco importa la natura di questo lavoro, un lavoro anche fertile, produttivo come qualsiasi altra tipo di lavoro in una nazione. I teatri, lo sapete, non nutrono meno, non pagano meno, in Francia, di ottantamila operai di ogni genere, pittori, muratori, decoratori, costumisti, architetti, ecc., che sono la vita stessa ed il movimento di molti quartieri di questa capitale, e, a questo titolo, devono ottenere le vostre simpatie!

Le vostre simpatie! - traduzione: le vostre sovvenzioni.

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E pi avanti:
I piaceri di Parigi sono il lavoro ed il consumo delle province, ed i lussi del ricco sono il salario ed il pane di duecentomila operai di ogni specie, che vivono dellindustria cos grande dei teatri sulla superficie della Repubblica, e ricevono da questi piaceri nobili, che danno lustro alla Francia, lalimento della loro vita ed il necessario per le loro famiglie e per i loro bambini. a loro che darete questi 60.000 franchi (molto bene! molto bene! segni numerosi dapprovazione).

Per me, io sono obbligato a dire: molto male! molto male! restringendo, naturalmente, la portata di questo giudizio allargomentazione economica di cui qui questione. S, agli operai dei teatri che andranno, almeno in parte, i 60.000 franchi di cui si tratta. Alcuni pezzi potranno anche smarrirsi in cammino. E, se si esplorasse la cosa da vicino, forse si scoprirebbe che la torta prender unaltra strada; felici gli operai se restano loro alcune molliche! Ma voglio ammettere che la sovvenzione intera andr ai pittori, decoratori, costumisti, parrucchieri, ecc... ci che si vede. Ma da dove viene? Ecco il retro della questione, altrettanto importante da esaminare che il fronte. Dove la fonte di questi 60.000 franchi? E dove andrebbero, se un voto legislativo non li dirigesse inizialmente verso rue Rivoli ed di l verso la rue Grenelle? ci che non si vede. Indubbiamente nessuno oser sostenere che il voto legislativo ha fatto nascere questa somma nellurna dello scrutinio; che questa somma unaggiunta pura alla ricchezza nazionale; che, senza questo voto miracoloso, questi 60.000 franchi sarebbero stati invisibili ed impalpabili. Occorre ammettere che tutto ci che ha potuto fare la

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maggioranza, di decidere che sarebbero stati presi da qualche parte per essere inviati da qualche altra parte, e che avrebbero una destinazione soltanto perch sarebbero deviati da unaltra. Stando cos le cose, chiaro che il contribuente che sar stato tassato di un franco, non avr pi questo franco a sua disposizione. chiaro che sar privato di una soddisfazione nella misura di un franco, e che loperaio, qualunque sia, che glielavrebbe procurata, sar privato di salario nella stessa misura. Non facciamoci dunque questa illusione puerile di credere che il voto del 16 maggio aggiunga qualcosa al benessere ed al lavoro nazionale. Sposta i piaceri, sposta i salari, ecco tutto. Si dir che ad un tipo di soddisfazione e ad un tipo di lavoro, sostituisce soddisfazioni e lavori pi urgenti, pi morali, pi ragionevoli? Potrei lottare su questo terreno. Potrei dire: strappando 60.000 franchi ai contribuenti, diminuite i salari dei lavoratori, dei terrazzieri, dei carpentieri, dei fabbri, ed aumentate in eguale misura i salari dei cantanti, dei parrucchieri, dei decoratori e dei costumisti. Nulla prova che questultima categoria sia pi interessante dellaltra. Lamartine non lo sostiene. Dice lui stesso che il lavoro dei teatri cos fertile e cos produttivo (e non pi) come qualsiasi altro, cosa che potrebbe ancora essere contestata; poich la migliore prova che il secondo non cos fertile come il primo, che questultimo destinato a pagare quello. Ma questo raffronto tra il valore ed il merito intrinseco delle diverse categorie di lavoro non entra nel mio argomento attuale. Tutto ci che devo fare qui, di mostrare che se Lamartine, e le persone che hanno applaudito al suo argomento, hanno visto, con locchio sinistro, i salari guadagnati dai fornitori degli attori, avrebbero anche dovuto vedere, con locchio destro, i salari persi dai fornitori dei contribuenti; altrimenti, si sono esposti al ridicolo di prendere uno spostamento per un guadagno. Se fossero conseguenti nella loro dottrina, chiederebbero sovvenzioni allinfinito; poich se questo vero di un

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franco e di 60.000 franchi, vero, a parit di circostanze, di un miliardo di franchi. Quando si tratta di imposte, signori, provatene lutilit con ragioni ben fondate, ma non affatto da questaffermazione inopportuna: Le spese pubbliche fanno vivere la classe operaia. Questa affermazione ha il torto di dissimulare un fatto essenziale, cio che le spese pubbliche si sostituiscono sempre a spese private, e che, quindi, fanno s vivere un operaio invece di un altro, ma non aggiungono nulla al totale della classe operaia. Il vostro argomento forte di modo, ma troppo assurdo perch la ragione ne non abbia ragione. 5. I lavori pubblici Nulla pi di naturale che una nazione, dopo essersi garantita che una grande impresa debba andare a vantaggio della comunit, la faccia realizzare a valere sul risultato di un contributo comune. Ma la pazienza mi sfugge, lo riconosco, quando sento addurre a sostegno di tale risoluzione questa stupidaggine economica: del resto il mezzo per creare lavoro per gli operai. Lo Stato apre una strada, costruisce un palazzo, raddrizza una via, scava un canale; con ci, d lavoro ad alcuni operai, ci che si vede; ma priva di lavoro altri operai, e questo ci che non si vede. Ecco la strada in fase di costruzione. Mille operai arrivano tutte le mattine, se ne vanno tutte le sere, portano a casa il loro salario: questo sicuro. Se la strada non fosse stata decretata, se i fondi non fossero stati votati, questa brava gente non avrebbe trovato l n quel lavoro n quel salario; questo sicuro, ancora. Ma tutto? Loperazione, nellinsieme, non comprendeva anche qual{7} che altra cosa? Nel momento in cui Dupin pronuncia le parole sacramentali: Lassemblea ha approvato, i milioni scendono

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miracolosamente su un raggio di luna nelle casse di Fould e {9} Bineau? Affinch il circolo, come si di dice, sia chiuso, non occorre che lo Stato organizzi lincasso come la spesa? che metta i suoi esattori a caccia ed i suoi contribuenti alle tasse? Studiate perci la questione nei suoi due elementi. Pur constatando la destinazione che lo Stato d ai milioni votati, non trascurate di constatare anche la destinazione che i contribuenti avrebbero dato e non possono dare pi a quegli stessi milioni. Allora, capirete che unimpresa pubblica una medaglia a due facce. Su una appare un operaio occupato, con questo motto: ci che si vede; sullaltra, un operaio disoccupato, con questo motto: ci che non si vede. Il sofisma che io combatto in questo scritto ancora pi pericoloso, applicato ai lavori pubblici, perch serve a giustificare i lavori e le spese pi folli. Quando una ferrovia o un ponte hanno unutilit reale, basta invocare questutilit. Ma se non si pu, cosa si fa? Si ricorre a questa mistificazione: Occorre procurare del lavoro agli operai. Detto ci, si ordina di fare e disfare i giardini del Campo di Marte. Il grande Napoleone, si sa, credeva di fare opera filantropica facendo scavare e riempire canali. Diceva anche: Che importa il risultato? Occorre vedere soltanto la ricchezza sparsa fra le classi operaie. Andiamo al fondo delle cose. Il denaro ci illude. Chiedere il contributo, sotto forma di denaro, di tutti i cittadini ad unopera comune, effettivamente chiedere loro un contributo in natura: poich ciascuno di loro si procura, con il lavoro, la somma della quale tassato. Ma, che si riuniscano tutti i cittadini per fare loro effettuare, per prestazione, unopera utile a tutti, ci potrebbe comprendersi; la loro ricompensa sarebbe nei risultati dellopera stessa. Ma che dopo averli convocati, li si obblighi a fare strade dove nessuno passer, palazzi che nessuno abiter, e questo con il pretesto di procurare loro lavoro: questo sarebbe assurdo e, certamente, potrebbero fondatamente obiettare:

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di questo lavoro non sappiamo che fare; preferiamo lavorare per nostro conto. Il metodo che consiste nel fare contribuire i cittadini in denaro ed non in lavoro non cambia nulla di questi risultati generali. Soltanto, con questultimo metodo, la perdita si distribuisce su tutti. Con il primo, coloro che lo Stato occupa sfuggono alla loro parte di perdita, aggiungendola a quella che i loro compatrioti devono gi subire. C un articolo della Costituzione che dice: La societ favorisce ed incoraggia lo sviluppo del lavoro... mediante lattivazione da parte dello Stato, dei dipartimenti e dei comuni, di lavori pubblici atti ad impiegare le braccia disoccupate. Come misura temporanea, in un periodo di crisi, durante un inverno rigido, questo intervento del contribuente pu avere buoni effetti. Agisce nello stesso senso delle assicurazioni. Non aggiunge nulla al lavoro n al salario, ma prende lavoro e salari in tempi ordinari per distribuire, con una perdita vero, in epoche difficili. Come misura permanente, generale, sistematica, non altro che una mistificazione rovinosa, una impossibilit, una contraddizione che mostra quel poco di lavoro stimolato che si vede, e nasconde il moltissimo lavoro impedito, che non si vede. 6. Gli intermediari La societ linsieme dei servizi che gli uomini si rendono obbligatoriamente o volontariamente, gli uni agli altri, cio i servizi pubblici e i servizi privati. I primi, imposti e regolamentati dalla legge, che non sempre facile cambiare quando lo occorrerebbe, possono sopravvivere a lungo, insieme con essa, alla propria utilit, e conservare ancora il nome di servizi pubblici, anche quando non sono pi per niente servizi, anche quando non sono altro che vessazioni pubbliche. I secondi

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appartengono al campo della volont, della responsabilit individuale. Ciascuno ne fornisce e ne riceve quanto ne vuole, quanto ne pu, dopo una discussione. Hanno sempre dalla loro parte la presunzione dutilit reale, esattamente misurata dal loro valore comparativo. per questo che i primi sono cos spesso colpiti da immobilismo, mentre i secondi obbediscono alla legge del progresso. Mentre lo sviluppo esagerato dei servizi pubblici, a causa della perdita di forze che comporta, tende a costituire nellambito della societ un parassitismo disastroso, abbastanza singolare che molte sette moderne, attribuendo questo carattere ai servizi liberi e privati, cerchino di trasformare le professioni in impieghi pubblici. Queste sette si alzano con forza contro ci che chiamano gli intermediari. Eliminerebbero volentieri il capitalista, il banchiere, lo speculatore, limprenditore, il commerciante e il negoziante, che accusano di interporsi tra la produzione ed il consumo per taglieggiare entrambi, senza rendere loro nessun valore. O piuttosto vorrebbero trasferire allo Stato il lavoro che compiono, poich questo lavoro non pu essere eliminato. Il sofisma dei socialisti su questo punto consiste nel mostrare al pubblico ci che paga agli intermediari in cambio dei loro servizi, ed a nascondergli ci che occorrerebbe pagare allo Stato. sempre la lotta tra ci che colpisce gli occhi e ci che non si mostra che allo spirito, tra ci che si vede e ci che non si vede. Fu soprattutto nel 1847 ed in occasione della carestia che le scuole socialiste cercarono e riuscirono a diffondere la loro teoria funesta. Sapevano bene che la propaganda pi assurda ha sempre alcune pos{10} sibilit presso gli uomini che soffrono; malesuada fames. Dunque, per mezzo delle grandi parole: sfruttamento delluomo da parte delluomo, speculazione sulla fame, accaparramento, si misero a denigrare il commercio e gettare un velo sui suoi vantaggi.

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Perch, dicevano, lasciare ai commercianti il compito di fare venire dalle scorte alimentari dagli Stati Uniti e dalla Crimea? Perch lo Stato, i dipartimenti, i comuni non organizzano un servizio dapprovvigionamento e dei depositi di riserva? Venderebbero al costo, e il popolo, il povero popolo sarebbe liberato dal tributo che paga al commercio libero, cio egoista, individualista ed anarchico. Il tributo che il popolo paga al commercio, ci che si vede. Il tributo che il popolo pagherebbe allo Stato o ai suoi agenti, nel sistema socialista, ci che non si vede. In cosa consiste questo preteso tributo che il popolo paga al commercio? In questo: che due uomini si rendono reciprocamente servizio, in piena libert, sotto la pressione della concorrenza ed ad un prezzo trattato. Quando lo stomaco che ha fame a Parigi e il grano che pu soddisfarlo a Odessa, la sofferenza pu cessare soltanto se il grano si avvicina allo stomaco. Ci sono tre modi perch questo ravvicinamento si realizzi: 1 gli uomini affamati possono andare loro stessi a cercare il grano; 2 possono affidarsi a quelli che fanno questo lavoro; 3 possono pagare delle tasse ed incaricare funzionari pubblici delloperazione. Di questi tre mezzi, qual pi vantaggioso? Dal momento che sempre, in qualsiasi paese, e tanto pi quanto sono pi liberi, pi illuminati, pi esperti, gli uomini hanno volontariamente scelto il secondo, riconosco che ci basta a porre, ai miei occhi, la presunzione da questo lato. Il mio spirito si rifiuta di ammettere che lumanit in massa si sbagli su un punto che la tocca {11} da cos vicino. Esaminiamo la cosa, comunque. Che trentasei milioni di cittadini partano per andare a cercare a Odessa il grano di cui hanno bisogno, cosa ovviamente impossibile.

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Il primo mezzo non vale nulla. I consumatori non possono agire da soli, ma sono obbligati a ricorrere ad intermediari, funzionari o commercianti. Osserviamo tuttavia che questo primo mezzo sarebbe pi naturale. In fondo, tocca a quello che ha fame di andare cercare il suo grano. una fatica che lo riguarda; un servizio che deve a s stesso. Se un altro, a qualunque titolo, gli rende questo servizio e si accolla questa fatica al suo posto, questaltro ha diritto ad un compenso. Ci che dico qui, per constatare che i servizi degli intermediari portano in loro stessi il principio della retribuzione. In ogni caso, poich occorre ricorrere a quello che i socialisti chiamano un parassita, qual , tra il commerciante ed il funzionario, il parassita meno esigente? Il commercio (che io suppongo libero, in caso contrario come potrei ragionarne?), il commercio, dico, portato, per interesse, a studiare le stagioni, a constatare giorno dopo giorno lo stato dei raccolti, a ricevere informazioni da tutti i punti della terra, a prevedere le necessit, a garantirsi in anticipo. Ha navi sempre pronte, corrispondenti ovunque, ed il suo interesse immediato di comperare al prezzo pi conveniente, economizzare su tutti i dettagli delloperazione, e raggiungere i maggiori risultati con gli sforzi minori. Non sono soltanto i commercianti francesi, ma i commercianti del mondo intero, che si occupano dellapprovvigionamento della Francia per il giorno della necessit; e se linteresse li porta invincibilmente a svolgere il loro compito a costi inferiori, la concorrenza che si fanno tra loro porta non meno invincibilmente a fare profittare i consumatori di tutte le economie realizzate. Una volta arrivato il grano, il commercio ha interesse a venderlo non appena possibile per estinguere i suoi rischi, realizzare i suoi capitali e ricominciare se possibile. Diretto dal confronto dei prezzi, distribuisce i prodotti alimentari su tutta la superficie del paese, cominciando sempre con il punto pi caro, cio dove la necessit si fa pi sentire. Non dunque possibile immaginare unorganizzazione

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meglio calcolata nellinteresse di quelli che hanno fame, e la bellezza di questorganizzazione, invisibile per i socialisti, risulta precisamente da questo, che libera. Per la verit, il consumatore obbligato a rimborsare al commercio le sue spese di trasporti, di trasbordi, di magazzinaggio, di commissioni, ecc.; ma in quale sistema non necessario che quello che mangia il grano rimborsi le spese che fanno s che sia alla sua portata? In pi vi da pagare la retribuzione del servizio reso; ma, quanto alla sua parte, ridotta al minimo possibile dalla concorrenza; e, quanto alla sua giustizia, sarebbe strano che gli artigiani di Parigi non lavorassero per i commercianti di Marsiglia, quando i commercianti di Marsiglia lavorano per gli artigiani di Parigi. Se, secondo linvenzione socialista, lo Stato si sostituisse al commercio, cosa accadrebbe? Prego che mi segnalino dove sar, per il pubblico, il risparmio. Sar nel prezzo dacquisto? Ma immaginatevi i delegati di quarantamila comuni che arrivano a Odessa ad un giorno dato ed al momento della necessit; e immaginatevi leffetto sui prezzi. Il risparmio sar nelle spese? Ma occorreranno forse meno navi, meno marinai, meno trasbordi, meno magazzinaggi, o saremo dispensati dal pagare tutte queste cose? Il risparmio sar nel profitto dei commercianti? Ma forse che i vostri delegati funzionari andranno gratis a Odessa? E viaggeranno e lavoreranno sul principio della fraternit? Non occorrer che vivano? non occorrer che il loro tempo sia pagato? E credete che ci non superi mille volte il due o tre per cento che guadagna il commerciante, tasso al quale pronto a sottoscrivere? E quindi, pensate alla difficolt di recuperare tante imposte, e di distribuire tanti alimenti. Pensate alle ingiustizie, agli abusi inseparabili da tale impresa. Pensate alla responsabilit che peserebbe sul governo. I socialisti che hanno inventato queste pazzie, e che, nei giorni di disgrazia, li soffiano nello spirito delle masse, si attribuiscono

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generosamente il titolo di uomini avanzati, e non senza qualche pericolo che luso, questo tiranno delle lingue, ratifichi la parola ed il giudizio che implica. Avanzati! questo suppone che questi signori abbiano la vista pi lunga del popolo; che il loro solo torto sia di essere troppo avanti rispetto al secolo; che se il momento non ancora venuto di eliminare certuni servizi liberi, ritenuti parassitari, lerrore sia nel popolo che rimasto indietro rispetto al socialismo. Nel mio cuore e nella mia coscienza, vero lopposto, e non so a quale secolo barbaro occorrerebbe risalire per trovare, su questo punto, il livello delle conoscenze socialiste. I settari moderni oppongono incessantemente lassociazione alla societ attuale. Non osservano che la societ, sotto un regime libero, unassociazione vera, ben superiore a tutte quelle che escono dalla loro immaginazione fertile. Delucidiamo con un esempio. Affinch un uomo possa, alzandosi, indossare un abito, occorre che una terra sia stata chiusa, dissodata, drenata, arata, seminata con un certo tipo di piante; occorre che greggi se ne siano nutrite, che abbiano dato la loro lana, che questa lana sia stata filata, tessuta, colorata e convertita in panno; che questo panno sia stato tagliato, cucito, lavorato in un abito. E questa serie di operazioni ne implica una quantit di altre; poich suppone luso di strumenti di aratura, di ovili, di fabbriche, di carbone, di macchine, di carrozze, ecc. Se la societ non fosse unassociazione molto reale, colui che vuole un abito sarebbe ridotto a lavorare nellisolamento, cio a compiere gli atti innumerevoli di questa serie, dal primo colpo di zappa che lo comincia fino allultimo colpo dago che lo conclude. Ma, grazie alla sociabilit che il carattere distintivo della nostra specie, queste operazioni si sono distribuite tra una moltitudine di lavoratori, e si suddividono sempre pi per il bene comune, a misura che, mentre il consumo diventa pi attivo, un atto speciale pu

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alimentare unindustria nuova. Viene in seguito la ripartizione del prodotto, che si opera secondo la quota di valore che ciascuno ha portato allopera totale. Se questa non associazione, mi domando che cosa sia. Osservate che, dato che nessuno dei lavoratori ha tirato fuori del nulla la minima particella di materia, i lavoratori si sono limitati a rendersi servizi reciproci, ad aiutarsi reciprocamente per uno scopo comune, e che tutti possono essere considerati, gli uni in relazione agli altri, come intermediari. Se, ad esempio, nel corso delloperazione, il trasporto diventa importante per occupare una persona, la filatura una seconda, la tessitura una terza, perch la prima dovrebbe essere vista come pi parassitaria delle altre due? Non occorre che il trasporto sia realizzato? Colui che lo fa non vi dedica del tempo e della fatica? Non ne risparmia ai suoi soci? Costoro fanno di pi o fanno una cosa diversa da lui? Non sono tutti egalitariamente sottoposti anche alla remunerazione, cio per la divisione del prodotto, alla legge del prezzo contrattato? Non , in tutta libert, solo per il bene comune, che questa divisione del lavoro si opera e che questi accordi sono presi? A che ci serve allora che un socialista, con il pretesto di organizzare, venga dispoticamente a distruggere i nostri accordi volontari, a fermare la divisione del lavoro, a sostituire gli sforzi isolati agli sforzi associati e a fare arretrare la civilizzazione? Forse che lassociazione, cos come la descrivo qui, meno associazione, perch ciascuno vi entra e vi esce liberamente, sceglie il suo posto, giudica e stipula per se stesso sotto la sua responsabilit, e vi porta la molla e la garanzia dellinteresse personale? Affinch meriti questo nome, forse necessario che un presunto riformatore venga ad imporre la sua formula e la sua volont e a concentrare, per cos dire, lumanit in s stesso? Pi si esaminano queste scuole avanzate, pi si resta convinti che ci sia soltanto una cosa in fondo: lignoranza che si proclama infallibile e che chiede il dispotismo in nome di questinfallibilit. Che il lettore

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voglia scusare questa digressione. Forse non inutile, nel momento in {12} cui, fuggite dai libri sansimoniani, falansteriani ed icariani, le declamazioni contro gli intermediari invadono il giornalismo e le tribune, e minacciano seriamente la libert del lavoro e dei commerci. 7. Il protezionismo Il signor Proibizioni (non sono io che lo ho nominato, Charles Dupin, che da... ma allora...), il signor Proibizioni dedicava il suo tempo ed i suoi capitali a convertire in ferro il minerale delle sue terre. Poich la natura era stata pi prodiga verso i Belgi, essi davano il ferro ai francesi a prezzo pi conveniente del signor Proibizioni; il che significa che tutti i Francesi, o la Francia, potevano ottenere una quantit data di ferro con meno lavoro, comperandolo dagli onesti Fiamminghi. Cos, guidati dal loro interesse, non facevano errori, e tutti i giorni si vedeva una folla di chiodai, fabbri, carradori, meccanici, maniscalchi e contadini, andare di persona, o per mezzo di intermediari, a rifornirsi in Belgio. Ci dispiacque molto al signor Proibizioni. Inizialmente ebbe lidea di fermare quellabuso con le sue forze. Era il minimo, poich lui solo ne soffriva. Prender il mio fucile, si diceva, metter quattro pistole alla cintura, riempir la giberna, cinger la spada, e mi porter cos equipaggiato alla frontiera. L, il primo fabbro, chiodaio, maniscalco, meccanico o fabbricante di serrature che si presenti, per fare i suoi affari e non i miei, lo uccider, per insegnargli a vivere. Al momento di partire, il signor Proibizioni fece alcune riflessioni che moderarono un poco il suo ardore bellicoso. Si disse: per prima cosa, non poi impossibile che gli acquirenti di ferro, i miei compatrioti e nemici, prendano a male la cosa, e anzich lasciarsi uccidere, uccidano me. Poi, anche facendo andare tutti i miei domestici, non potrei sorvegliare tutti i passaggi. Da ultimo, il metodo mi coster molto caro, pi caro che non il risultato.
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Il signor Proibizioni andava tristemente rassegnandosi ad essere libero come tutti gli altri, quando un raggio di luce venne ad illuminare il suo cervello. Si ricord che c a Parigi una grande fabbrica di leggi. Cosa una legge? si disse. una misura alla quale, una volta decretata, buona o cattiva, ciascuno obbligato a conformarsi, per la cui esecuzione si organizza una forza pubblica, e, per costituire la suddetta forza pubblica, si attingono nella nazione uomini e denaro. Se ottenessi che esca dalla grande fabbrica parigina una piccola legge che dica: Il ferro belga proibito, raggiungerei i risultati seguenti: il governo farebbe sostituire i pochi domestici che volevo inviare alla frontiera da ventimila figli dei miei fabbri, fabbricanti di serrature, maniscalchi, artigiani, meccanici e contadini recalcitranti. Poi, per tenere in buona situazione di umore e di salute questi ventimila doganieri, distribuirebbe loro venticinque milioni di franchi presi a quegli stessi fabbri, chiodai, artigiani e contadini. La guardia sarebbe fatta meglio; non mi costerebbe nulla, non sarei esposto alla brutalit dei rigattieri, venderei il ferro al mio prezzo, ed usufruirei della dolce felicit di vedere il nostro grande popolo vergognosamente mistificato. Ci gli insegnerebbe a proclamarsi incessantemente il precursore ed il promotore di qualsiasi progresso in Europa. Oh! la cosa sarebbe stimolante e vale la pena di essere tentata. Dunque, il signor Proibizioni and alla fabbrica di leggi. Unaltra volta forse dir la storia delle sue sordide mene; oggi voglio parlare soltanto dei suoi passi di fronte a tutti. Egli fece valere presso i signori legislatori questa considerazione: Il ferro belga si vende in Francia a dieci franchi, cosa che mi obbliga a vendere il mio ferro allo stesso prezzo. Mi piacerebbe di pi venderlo a quindici franchi e non posso farlo, a causa di questo ferro belga, che Dio lo maledica. Fabbricate una legge che dica: il ferro belga non entrer pi in Francia. Immediatamente alzer il mio prezzo di cinque franchi, ed ecco le conseguenze:

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Per ogni quintale di ferro che consegner al pubblico, anzich ricevere dieci franchi, ne otterr quindici, mi arricchir pi rapidamente, dar pi ampiezza al mio sfruttamento minerario ed occuper pi lavoratori. I miei operai ed io faremo pi spese, a grande vantaggio dei nostri fornitori per molte miglia intorno. Questi, avendo pi sbocchi, faranno pi ordini allindustria e, sempre pi, lattivit guadagner tutto il paese. Questo fortunato pezzo di cento soldi, che voi farete cadere nella mia cassaforte, come una pietra che si getta in un lago, far irradiare lontano un numero infinito di cerchi concentrici. Affascinati da questo discorso, deliziati di apprendere che cos facile aumentare per legge la ricchezza di un popolo, i fabbricanti di leggi votarono la protezione. Perch parlare di lavoro e di economia? dicevano. A che pro questi mezzi penosi per aumentare la ricchezza nazionale, quando un decreto sufficiente? Ed infatti, la legge ebbe tutte le conseguenze annunciate dal signor Proibizioni; ma ne ebbe anche altre, poich, rendiamogli giustizia, non aveva fatto un ragionamento falso, ma un ragionamento incompleto. Richiedendo un privilegio, aveva segnalato gli effetti che si vedono, lasciando nellombra quelli che non si vedono. Aveva mostrato soltanto due personaggi, quando ce ne sono tre, in scena. Spetta a noi riparare questa dimenticanza involontaria o premeditata. S, lo scudo deviato per legge verso la cassaforte del signor Proibizioni, costituisce un vantaggio per lui e per quelli di cui deve incoraggiare il lavoro. E se il decreto avesse fatto scendere quel denaro dalla luna, questi buoni effetti non sarebbero controbilanciati da cattivi effetti compensativi. Purtroppo, non dalla luna che esce il denaro misterioso, ma delle tasche di un fabbro, un chiodaio, un carradore, un maniscalco, un contadino, un produttore; in una parola, di Jacques Bonhomme, che lo paga oggi, senza ricevere un milligrammo di ferro di pi del tempo in cui lo pagava dieci franchi. Al primo colpo docchio, ci si deve subito accorgere che questo cambia la questione, poich, ovviamente, il profitto di Proibizioni compensato dalla perdita di

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Jacques Bonhomme, e qualsiasi cosa che Proibizioni potr fare di quello scudo per lincoraggiamento del lavoro nazionale, Jacques Bonhomme lo avrebbe fatto lui stesso. La pietra stata gettata in un punto del lago soltanto perch stato, per legge, vietato di gettarla in un altro punto. Dunque, ci che non si vede compensa ci che si vede, e fin qui rimane, come avanzo delloperazione, uningiustizia, e, cosa deplorevole, uningiustizia perpetrata dalla legge. Ma non tutto. Ho detto che si lasciava sempre da parte un terzo personaggio. Occorre che lo faccia qui apparire affinch ci riveli una seconda perdita di cinque franchi. Allora avremo il risultato completo dellevoluzione. Jacques Bonhomme possiede 15 franchi, frutto del suo sudore. Siamo ancora nel tempo in cui libero. Cosa fa dei suoi 15 franchi? Compera un articolo di moda per 10 franchi, ed con questarticolo di moda che paga (o che lintermediario paga per lui) il quintale di ferro belga. Rimangono ancora a Jacques Bonhomme 5 franchi. Non li getta nel fiume, ma (ed ci che non si vede) li d ad un industriale qualunque in cambio di un piacere qualunque, ad esempio ad un libraio in {14} cambio del Discorso sulla storia universale di Bossuet. Cos, per quanto riguarda il lavoro nazionale, incoraggiato nella misura di 15 franchi, cio: 10 franchi che vanno allarticolo Parigi; 5 franchi che vanno alla libreria.

E quanto a Jacques Bonhomme, ottiene per i suoi 15 franchi, due oggetti di soddisfazione, cio: un quintale di ferro; un libro.

Interviene il decreto.

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Quale diventa la condizione di Jacques Bonhomme? Quale diventa quella del lavoro nazionale? Jacques Bonhomme che consegna i suoi 15 franchi fino allultimo centesimo a Proibizioni, contro un quintale di ferro, non ha pi che il piacere di questo quintale di ferro. Perde il piacere di un libro o di qualsiasi altro oggetto equivalente. Perde 5 franchi. Siamo daccordo; non si pu non essere daccordo che, quando la protezione aumenta il prezzo delle cose, il consumatore perda la differenza. Ma, si dice, il lavoro nazionale la guadagna. No, non la guadagna poich, dal decreto, incoraggiato soltanto come lo era prima, nella misura di 15 franchi. Soltanto che, a causa del decreto, i 15 franchi di Jacques Bonhomme vanno alla metallurgia, mentre prima del decreto si dividevano tra larticolo di moda e la libreria. La violenza che Proibizioni esercita da solo alla frontiera o quella che fa esercitare dalla legge, possono essere giudicate molto diversamente dal punto di vista morale. C gente che pensa che la spoliazione perda tutta il sua immoralit quando sia legale. Quanto a me, non potrei immaginare una circostanza pi aggravante. In ogni caso, ci che certo, che il risultato economico lo stesso. Prendete la cosa come volete, ma se avrete un occhio sagace, vedrete che non esce nulla di buono dalla spoliazione legale o illegale. Non neghiamo che non ne sia uscito per Proibizioni o per la sua industria, o se si vuole per il lavoro nazionale, un profitto di 5 franchi. Per affermiamo che ne escono anche due perdite, una per Jacques Bonhomme che paga 15 franchi ci che pagava 10; laltra per il lavoro nazionale che non riceve pi la differenza. Scegliete con quale di queste due perdite vi faccia piacere compensare il profitto che abbiamo riconosciuto. Laltra rimarr una perdita secca.

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Morale: esercitare la violenza non produrre, distruggere. Oh! se esercitare la violenza fosse produrre, la nostra Francia sarebbe ben pi ricca di quanto . 8. Le macchine Maledette macchine! ogni anno la loro potenza crescente getta in povert milioni di operai togliendo loro il lavoro, con il lavoro il salario, con il salario il pane! Maledette macchine!. Ecco il grido che si alza dal pregiudizio volgare ed la cui eco risuona nei giornali. Ma maledire le macchine maledire lo spirito umano! Ci che mi confonde che si possa incontrare un uomo che si sente a proprio agio con una tale dottrina. Poich infine, se vera, qual la sua conseguenza rigorosa? che non ci sono attivit, benessere, ricchezze, felicit possibili, se non per i popoli stupidi, colpiti da immobilismo mentale, ai quali Dio non ha fatto il dono funesto di pensare, di osservare, combinare, inventare, ottenere maggiori risultati con mezzi minori. Al contrario, gli stracci, le capanne ignobili, la povert, la fame, sono il risultato inevitabile di qualsiasi nazione che cerchi e trovi nel ferro, nel fuoco, nel vento, nellelettricit, nel magnetismo, nelle leggi della chimica e della meccanica, in una parola nelle forze della natura, un supplemento alle sue forze, ed ben il caso di dire con {15} Rousseau: Qualsiasi uomo che pensa un animale depravato. Non tutto: se questa dottrina vera, poich tutti gli uomini pensano ed inventano, poich tutti, di fatto, dal primo allultimo, e in ogni minuto della loro esistenza, cercano di far cooperare le forze naturali, di fare pi con meno, di ridurre o la loro manodopera o quella che pagano, di raggiungere la pi grande somma possibile di soddisfazioni con la quantit minore possibile di lavoro, occorre ben concludere che lumanit tutta intera trascinata verso la sua decadenza, proprio da

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questa aspirazione intelligente verso il progresso che tormenta ciascuno dei suoi membri. Di conseguenza dovrebbe essere constatato, per mezzo della statistica, che gli abitanti del Lancashire, fuggendo quella patria delle macchine, vadano a cercare lavoro in Irlanda, dove sono sconosciute, e, per mezzo della storia, che la barbarie oscura le epoche di civilt, e che la civilt splende nei tempi dignoranza e di barbarie. Ovviamente, c, in questo mucchio di sciocchezze, qualcosa che ci colpisce e che ci fa notare che il problema nasconde un elemento di soluzione che non stato sufficientemente chiarito. Ma ecco tutto il mistero: dietro ci che si vede si nasconde ci che non si vede. Prover a metterlo in luce. La mia dimostrazione potr essere soltanto una ripetizione della precedente, poich si tratta di un problema identico. uninclinazione naturale agli uomini, andare, se non sono impediti dalla violenza, verso il minor costo, cio verso ci che, a soddisfazione uguale, risparmia loro del lavoro, sia che questo minor costo venga loro da un abile produttore straniero sia da un abile produttore meccanico. Lobiezione teorica che si indirizza a questinclinazione la stessa nei due casi. In uno come nellaltro, ci che si rimprovera il lavoro che in apparenza viene eliminato. Ora, non il lavoro eliminato, ma il lavoro disponibile, ci che determina lobiezione. Ed per questo che viene opposto, in entrambi i casi, lo stesso ostacolo pratico, la violenza. Il legislatore proibisce la concorrenza straniera, come proibisce la concorrenza delle macchine. Poich quale altro mezzo pu esistere per fermare uninclinazione naturale a tutti gli uomini se non quello di togliere loro la libert? In molti paesi, vero, il legislatore colpisce soltanto una delle due concorrenze e si limita a piangere sullaltra. Ci prova soltanto una cosa, cio che, in quel paese, il legislatore in contraddizione.

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Ci non deve sorprenderci. Percorrendo una via sbagliata si sempre incoerenti, altrimenti si ucciderebbe lumanit. Non si mai visto n si vedr mai un principio sbagliato spinto fino alla fine. Ho detto altrove che la contraddizione il limite dellassurdit. Avrei potuto aggiungere che ne allo stesso tempo la prova. Veniamo alla nostra dimostrazione; non sar lunga. Jacques Bonhomme aveva due franchi che faceva guadagnare a due operai. Ma ecco che immagina un sistema di funi e di pesi che riduce il lavoro a met. Perci ottiene la stessa soddisfazione, risparmia un franco e licenzia un operaio. Licenzia un operaio; ci che si vede. E, vedendo solo ci, si dice: Ecco come la miseria segue la civilt, ecco come la libert fatale per luguaglianza. Lo spirito umano ha fatto una conquista, ed immediatamente un operaio caduto per sempre nel pozzo della povert. tuttavia possibile che Jacques Bonhomme continui a far lavorare i due operai, ma non dar loro pi che dieci soldi a testa, poich si faranno concorrenza tra operai e si offriranno a salario ribassato. Cos i ricchi diventano sempre pi ricchi ed i poveri sempre pi poveri. Occorre rifare la societ. Bella conclusione, e degna delle premesse! Fortunatamente, tutto falso, premesse e conclusioni, perch, dietro la met del fenomeno che si vede, c laltra met che non si vede. Non si vedono il franco risparmiato da Jacques Bonhomme e gli effetti necessari di questo risparmio. Poich, in seguito alla sua invenzione, Jacques Bonhomme spende soltanto pi un franco in manodopera, per ottenere una soddisfazione determinata, gli avanza un altro franco.

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Se dunque c nel mondo un operaio che offre le sue braccia disoccupate, c anche nel mondo un capitalista che offre il suo franco disoccupato. Questi due elementi si incontrano e si combinano. Ed chiaro come il giorno che tra lofferta e la domanda di lavoro, tra lofferta e la domanda di salario, nulla cambiato. Linvenzione ed un operaio, pagato con il primo franco, fanno ora lopera che facevano prima due operai. Il secondo operaio, pagato con il secondo franco, realizza unopera nuova. Cosa c allora di cambiato nel mondo? C una soddisfazione nazionale di pi, in altri termini, linvenzione una conquista gratuita, un profitto gratuito per lumanit. Dalla forma che ho dato alla mia dimostrazione, si potr trarre questa conseguenza: il capitalista che raccoglie tutto il frutto delle macchine. La classe salariata, se non ne soffre che temporaneamente, non ne guadagna mai, perch, secondo voi stesso, le macchine spostano una parte del lavoro nazionale senza diminuirlo, vero, ma anche senza aumentarlo. Non nel progetto di questo opuscolo risolvere tutte le obiezioni. Il suo solo scopo combattere un pregiudizio volgare, molto pericoloso e molto diffuso. Volevo dimostrare che una macchina nuova non mette in libert un certo numero di braccia se non mettendo anche, ed inevitabilmente, in libert, il salario che le pagava. Queste braccia e questo salario si combinano per produrre ci che era impossibile produrre prima dellinvenzione; e da ci segue che il risultato definitivo un aumento di soddisfazione a lavoro uguale . Chi raccoglie questa eccedenza di soddisfazioni? S, prima di tutto il capitalista, linventore, il primo che si serve con successo della macchina, quella la ricompensa del suo genio e del suo rischio. In questo caso, come abbiamo appena visto, il capitalista

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realizza sulle spese di produzione un risparmio, il quale, in qualunque modo sia speso (e lo sempre), occupa esattamente altrettante braccia quante la macchina ne ha fatte allontanare. Ma presto la concorrenza lo obbliga ad abbassare il suo prezzo di vendita nella misura di quello stesso risparmio. Ed allora non sar pi linventore a raccogliere il vantaggio dellinvenzione; sar lacquirente del prodotto, il consumatore, il pubblico, compresi gli operai; in una parola, sar lumanit. E ci che non si vede, che il risparmio, cos assicurato a tutti i consumatori, forma un fondo dove il salario attinge un alimento, che sostituisce quello che la macchina ha tolto. Cos, riprendendo lesempio di prima, Jacques Bonhomme ottiene un prodotto spendendo due franchi in salario. Grazie alla sua invenzione, la manodopera gli costa soltanto pi un franco. Finch vende il prodotto allo stesso prezzo, c un operaio in meno occupato a fare quello specifico prodotto, ed ci che si vede; ma c un operaio in pi occupato dal franco che Jacques Bonhomme ha risparmiato: ed ci che non si vede. Quando, per il processo naturale delle cose, Jacques Bonhomme ridotto ad abbassare di un franco il prezzo del prodotto, allora non realizza pi un risparmio; allora non dispone pi di un franco per richiedere al lavoro nazionale una produzione nuova. Ma, a tale riguardo, il suo acquirente lo sostituisce, e questo acquirente, lumanit. Chiunque comperi il prodotto paga un franco di meno, risparmia un franco, e conserva necessariamente questo risparmio al servizio del monte dei salari: ancora ci che non si vede. Si data, di questo problema delle macchine, unaltra soluzione, fondata sui fatti.

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Si detto: la macchina riduce le spese di produzione e fa abbassare il prezzo del prodotto. Il ribasso del prodotto causa un aumento di consumo, che richiede un aumento di produzione, e, in definitiva, lintervento di altrettanti operai o pi, dopo linvenzione, di quanti non ne servissero prima. Si citano, a sostegno, la tipografia, la filatura, la stampa, ecc. Ma questa dimostrazione non scientifica. Occorrerebbe concludere che, se il consumo del prodotto specifico di cui si tratta restasse stazionario o quasi, la macchina nocerebbe al lavoro. E cos non . Supponiamo che in un paese tutti gli uomini portino dei cappelli. Se, con una macchina, si riesce a ridurne il prezzo alla met, non ne segue necessariamente che se ne consumeranno il doppio. Si dir, in questo caso, che una parte del lavoro nazionale sia stata colpita da un blocco? S, secondo la dimostrazione volgare. No, secondo la mia; poich, mentre in questo paese non si compererebbe un solo cappello di pi, il monte intero dei salari non ne sarebbe per toccato; ci che andasse in meno allindustria cappelliera, si ritroverebbe nei risparmi realizzati da tutti i consumatori, ed andrebbe da l a pagare tutto il lavoro che la macchina abbia reso inutile, causando uno sviluppo nuovo in tutte le industrie. Ed cos che le cose avvengono. Ricordo di avere visto i giornali a 80 franchi; ora ne costano 48, uneconomia di 32 franchi per gli abbonati. Non certo n necessario che i 32 franchi continuino a prendere la direzione dellindustria editoriale; ma certo e necessario che, se non prendono quella direzione, ne prendono unaltra. Uno impiega leconomia per ricevere pi giornali, laltro per nutrirsi meglio, un terzo per vestirsi meglio, un quarto per avere mobili migliori. Cos le industrie sono interdipendenti. Formano un vasto insieme in cui tutte le parti comunicano attraverso canali segreti. Ci che risparmiato su di una va a vantaggio di tutte. Ci che importa, di

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capire bene che mai, proprio mai, i risparmi hanno luogo a spese del lavoro e dei salari. 9. Il credito Da sempre, ma soprattutto negli ultimi anni, si pensato di universalizzare la ricchezza universalizzando il credito. Non credo di esagerare dicendo che, dalla rivoluzione di Febbraio, la stampa parigina ha vomitato pi di diecimila opuscoli che raccomandano questa soluzione del Problema Sociale. Questa soluzione, ahim! ha per base una pura illusione ottica, se una illusione pu essere una base. Si comincia con il confondere il numerario con i beni, poi si confonde la carta-moneta con il numerario, ed da queste due confusioni che si pretende di individuare una realt. Occorre assolutamente, nella questione, dimenticare il denaro, la moneta, i biglietti e gli altri strumenti per mezzo dei quali i prodotti passano di mano in mano, per vedere soltanto i prodotti in se stessi, che sono la vera materia del prestito. Infatti, quando un contadino prende in prestito cinquanta franchi per comperare un aratro, non sono effettivamente cinquanta franchi che gli sono prestati, laratro. E quando un commerciante prende in prestito ventimila franchi per comperare una casa, non ventimila franchi che deve, la casa. Il denaro non compare che per facilitare laccordo tra molte parti. Pietro pu non essere disposto a prestare il suo aratro, e Giacomo pu esserlo a prestare il suo denaro. Cosa fa allora Guglielmo? Prende in prestito il denaro di Giacomo e, con questo denaro, compera laratro di Pietro.

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Infatti nessuno prende a prestito denaro per il denaro stesso. Si prende in prestito il denaro per arrivare ai prodotti. Ma, in nessun paese si pu passare da una mano allaltra pi prodotti di quanti ce ne sono. Indipendentemente dalla somma di numerario e di carta che circola, tutti i mutuatari non possono ricevere pi aratri, pi case, pi attrezzi, approvvigionamenti, materie prime, di quanto tutti i prestatori insieme possano fornire. Perch mettiamoci bene in testa che qualsiasi mutuatario suppone un prestatore, e che qualsiasi debito implica un prestito. Ci posto, quale bene possono fare le istituzioni di credito? Quello di facilitare, tra mutuatari e prestatori, il mezzo per trovarsi ed accordarsi. Ma quello che non possono fare, di aumentare istantaneamente la massa degli oggetti presi in prestito e prestati. Tuttavia ci sarebbe necessario affinch lo scopo dei Riformisti fosse raggiunto, poich essi non aspirano a niente di meno che mettere aratri, case, attrezzi, approvvigionamenti, materie prime, tra le mani di tutti coloro che ne desiderano. E per questo che cosa pensano? Di dare al prestito la garanzia dello Stato. Approfondiamo la materia, poich c qualcosa che si vede e qualcosa che non si vede. Proviamo a vedere entrambe le cose. Supponiamo che ci sia un solo un aratro al mondo e che due contadini lo vogliano. Pietro proprietario del solo aratro che sia disponibile in Francia. Giovanni e Giacomo desiderano prenderlo in prestito. Giovanni, con la sua probit, con le sue propriet, con la sua buona reputazione, offre delle garanzie. Si crede in lui; ha del credito. Giacomo non ispira fiducia o ne ispira meno. Naturalmente avviene che Pietro presti il suo aratro a Giovanni.

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Ma ecco che, dietro ispirazione socialista, lo Stato interviene e dice a Pietro: Prestate il vostro aratro a Giacomo, io vi garantisco il rimborso; questa garanzia migliore di quella di Giovanni, poich egli non ha che se stesso per risponderne, mentre io, io non ho nulla evidentemente, ma dispongo della fortuna di tutti i contribuenti; con il loro denaro che se del caso vi pagher il capitale e linteresse. Di conseguenza, Pietro presta il suo aratro a Giovanni: ci che si vede. E i socialisti si sfregano le mani, e dicono: vedete come il nostro piano riuscito. Grazie allintervento dello Stato, il povero Giacomo ha un aratro. Non sar pi obbligato a zappare la terra; eccolo sulla strada della fortuna. un bene per lui ed un profitto per la nazione presa nellinsieme. Eh no! signori, non un profitto per la nazione, poich ecco ci che non si vede. Non si vede che laratro stato dato a Giacomo soltanto perch non stato dato a Giovanni. Non si vede che, se Giacomo ara anzich zappare, Giovanni sar ridotto a zappare anzich arare. Che, quindi, ci che si considerava come un aumento di credito soltanto uno spostamento di credito. Inoltre, non si vede che questo spostamento implica due ingiustizie profonde. Ingiustizia verso Giovanni che, dopo avere meritato e conquistato il credito con la sua probit e la sua attivit se ne vede spogliato. Ingiustizia verso i contribuenti, esposti a pagare un debito che non li riguarda. Si dir che il governo offre a Giovanni le stesse facilitazioni che a Giacomo? Ma poich c soltanto un aratro disponibile, due non possono

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essere prestati. Largomentazione ritorna sempre perch, grazie allintervento dello Stato, si faranno pi debiti che non possano farsi prestiti, poich laratro rappresenta qui la massa dei capitali disponibili. Io ho ridotto loperazione, vero, alla sua espressione pi semplice; ma, provate con la stessa pietra di paragone le istituzioni governative di credito le pi complicate, e vi convincerete come possano avere soltanto questo risultato: spostare il credito, non aumentarlo. In un paese ed in un tempo determinato, c soltanto una certa somma di capitali disponibile e tutti si collocano. Garantendo gli insolventi, lo Stato pu pure aumentare il numero dei mutuatari, e fare aumentare cos il tasso dinteresse (sempre a danno del contribuente), ma ci che non pu fare, aumentare il numero dei prestatori e il volume del totale dei prestiti. Che non mi si attribuisca, tuttavia, una conclusione dalla quale Dio mi salvi. Io sostengo che la legge non deve favorire artificialmente i prestiti; ma non dico che debba artificialmente ostacolarli. Se si trovano, nel nostro regime ipotecario o altrove, degli ostacoli alla diffusione e allapplicazione del credito, che li si faccia scomparire; nulla di meglio, nulla di pi giusto. Ma l, con la libert, tutto ci che dovrebbero chiedere alla legge dei Riformisti degni di questo nome. 10. LAlgeria Ecco quattro oratori che si disputano la tribuna. Parlano prima tutti contemporaneamente, poi uno dopo laltro. Cosa hanno detto? molte belle cose indubbiamente sulla potenza e la grandezza della Francia, sulla necessit di seminare per raccogliere, sul luminoso futuro della nostra colonia gigantesca, sul vantaggio di versare lontano leccesso della nostra popolazione ecc., ecc.; parti splendide di eloquenza, sempre decorate di questa perorazione: Votate cinquanta milioni (pi o meno) per costruire in Algeria porti e strade, per trasportarci dei

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coloni, costruire loro case, dissodare loro i campi. Con ci avrete alleviato il lavoratore francese, incoraggiato il lavoro africano, e fatto fruttificare il commercio marsigliese. tutto profitto. S, ci vero, se si considerano i cinquanta milioni soltanto a partire dal momento in cui lo Stato li spende, se si osserva dove vanno, non da dove vengono; se si tiene conto soltanto del bene che faranno uscendo dalla cassa degli esattori e non dal male che si prodotto, n del bene che si impedito, facendoli entrare; s, da questo punto di vista limitato, tutto profitto. La casa costruita in Africa ci che si vede; il porto scavato in Africa ci che si vede; il lavoro generato in Africa ci che si vede; alcune braccia di meno in Francia ci che si vede; un grande movimento di merci a Marsiglia sempre ci che si vede. Ma ci sono altre cose che non si vedono. che i cinquanta milioni spesi dallo Stato non possono pi essere spesi, come lo sarebbero stati, da parte del contribuente. Da tutto il bene attribuito alla spesa pubblica effettuata, occorre dunque dedurre tutto il male dalla spesa privata impedita; a meno che si vada fino a dire che Jacques Bonhomme non avrebbe fatto nulla del denaro che aveva bene guadagnato e che limposta gli rapina; affermazione assurda, poich se si dato la pena di guadagnarli, che sperava di avere la soddisfazione di spenderli. Avrebbe fatto innalzare il recinto del suo giardino e non lo pu pi, ci che non si vede. Avrebbe fatto marnare il suo campo e non lo pu pi, ci che non si vede. Avrebbe aggiunto un piano al suo casolare e non lo pu pi, ci che non si vede. Avrebbe aumentato i suoi strumenti di lavoro e non lo pu pi, ci che non si vede. Sarebbe meglio nutrito, meglio vestito, avrebbe meglio fatto istruire i suoi figli, avrebbe aumentato la dote della figlia e non lo pu pi, ci che non si vede. Si sarebbe iscritto alla associazione di mutuo soccorso e non lo pu pi, ci che non si vede. Da un lato, i piaceri che gli sono tolti ed i mezzi dazione che si sono distrutti nelle sue mani, dellaltra, il lavoro del terrazziere, del carpentiere, del

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fabbro, del sarto, del maestro di scuola del suo villaggio, che avrebbe incoraggiato e che si trova distrutto, sempre ci che non si vede. Si conta molto sulla prosperit futura dellAlgeria; daccordo. Ma che si tenga conto anche del ristagno di cui, nellattesa, si colpisce inevitabilmente la Francia. Mi mostrano il commercio marsigliese; ma se si fa con il prodotto dellimposta, mostrer sempre un commercio uguale distrutto nel resto del paese. Dice: Ecco un colono trasportato in Africa; un sollievo per la popolazione che resta nel paese. Rispondo: Come si pu questo, se trasportando questo colono a Algeri, vi si trasporta due o tre volte il capitale che lo avrebbe fatto vivere in Francia?. Il solo scopo che ho in vista di fare capire al lettore che, in ogni spesa pubblica, dietro il bene evidente, c un male pi difficile da distinguere. Per quanto sta in me, vorrei far prendere labitudine di vedere uno e laltro, e di tenere conto di entrambi. Quando una spesa pubblica proposta, occorre esaminarla in se stessa, a prescindere dal presunto incoraggiamento che ne risulta per il lavoro, poich questincoraggiamento una chimera. Ci che fa a tale riguardo la spesa pubblica, la spesa privata lo avrebbe fatto ugualmente. Dunque linteresse del lavoro sempre fuori causa. Non entra nellobiettivo di questo scritto valutare il merito intrinseco delle spese pubbliche applicate allAlgeria. Ma non posso non prendere in considerazione unosservazione generale: la presunzione sempre sfavorevole alle spese collettive mediante imposta. Perch? Ecco: inizialmente la giustizia ne soffre sempre un poco. Poich Jacques Bonhomme aveva sudato per guadagnare il suo biglietto da cento soldi, in attesa di una soddisfazione, quantomeno increscioso che il fisco intervenga per togliere a Jacques Bonhomme questa soddisfazione e conferirla ad un altro. Certamente, tocca allora al fisco o a quelli che lo dirigono, di dare delle buone

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ragioni. Abbiamo visto che lo Stato ne d una detestabile quando dice: con questi cento soldi, far lavorare degli operai, poich Jacques Bonhomme (non appena asciugato il sudore) non trascurer di rispondere: Per la miseria, con questi cento soldi, li farei ben lavorare io stesso!. Messa da parte questa ragione, le altre si presentano in tutta la loro nudit, ed il dibattito tra il fisco e il povero Jacques si trova molto semplificato. Se lo Stato gli dice: io ti prendo cento soldi per pagare il gendarme che ti risparmia di vegliare da solo alla tua sicurezza; per lastricare la via che tu attraversi tutti i giorni; per compensare il magistrato che fa rispettare la tua propriet e la tua libert; per nutrire il soldato che difende le nostre frontiere: Jacques Bonhomme pagher senza profferire parola o mi sbaglio di molto. Ma se lo Stato gli dice: io ti prendo questi cento soldi per darti un soldo di incentivo, qualora tu abbia ben coltivato il tuo campo; o per fare imparare ai tuoi figli ci che non vuoi che imparino; o perch il signor ministro aggiunga un centounesimo piatto al suo pranzo; te li prendo per costruire una cascina in Algeria, salvo prenderti cento soldi in pi tutti gli anni per mantenerci un colono; ed altri cento soldi per mantenere un soldato che difende il colono; ed altri cento soldi per mantenere il generale che comanda il soldato, ecc., ecc., mi sembra di sentire il povero Jacques esclamare: Questo regime giuridico somiglia molto al regime {16} delle bande di rapinatori! E poich lo Stato prevede lobiezione, cosa fa? Rimescola tutto; fa comparire precisamente questa ragione odiosa che dovrebbe essere senza influenza sulla questione: parla delleffetto dei cento soldi sul lavoro; mostra il cuoco ed il fornitore del ministro; mostra un colono, un soldato, un generale, che vivono su quei cinque franchi; mostra infine ci che si vede, e finch Jacques Bonhomme non avr imparato ad osservare ci che non si vede, Jacques Bonhomme rester imbrogliato. per questo che mi sforzo di insegnare a lui a grandi colpi di ripetizioni.

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Dal momento che le spese pubbliche muovono il lavoro senza aumentarlo, risulta contro di esse una seconda e grave presunzione di colpa. Muovere il lavoro muovere i lavoratori, disturbare le leggi naturali che presiedono alla distribuzione della popolazione sul territorio. Quando 50 milioni sono lasciati al contribuente, poich il contribuente ovunque, alimentano lavoro nei quarantamila comuni della Francia; agiscono nel senso di un legame che trattiene ciascuno sulla sua terra natale; si distribuiscono su tutti i lavoratori possibili e su tutte le industrie concepibili. Mentre se lo Stato, che spilla questi 50 milioni ai cittadini, li accumula e li spende in un punto dato, attira su quel punto una quantit proporzionale di lavoro delocalizzato, un numero corrispondente di lavoratori allontanati dal proprio ambiente, di popolazione fluttuante, declassata, ed oso dire pericolosa quando il fondo esaurito! Ma accade in pi questo (e rientro cos nel mio argomento): questattivit febbricitante, per cos dire pompata in uno spazio ristretto, colpisce tutti gli sguardi, ed ci che si vede; il popolo applaude, si meraviglia per la bellezza e la facilit del metodo, ne richiede il rinnovo e lestensione. Ci che non vede, che una quantit uguale di lavoro, probabilmente pi giudizioso, stata bloccata in tutto il resto della Francia. 11. Il risparmio ed il lusso Non soltanto in materia di spese pubbliche che ci che si vede nasconde ci che non si vede. Lasciando nellombra met delleconomia politica, questo fenomeno induce ad una falsa morale. Porta le nazioni a considerare antagonistici i loro interessi morali ed i loro interessi materiali. Nulla di pi di scoraggiante e pi triste! Vedete: non ci sono padri di famiglia che non si facciano un dovere di insegnare ai loro bambini lordine, la sistemazione, lo spirito di conservazione, leconomia, la moderazione nelle spese. Non ci sono religioni che non tuonino contro il fasto e il lusso.

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Molto bene; ma, daltra parte, quanto sono popolari sentenze come queste: Risparmiare prosciugare le vene del popolo. Il lusso dei grandi fa lagiatezza dei piccoli. I prodighi si rovinano, ma arricchiscono lo Stato. sul superfluo del ricco che germina il pane del povero. Ecco, certamente, tra lidea morale e lidea sociale, una flagrante contraddizione. Quanti spiriti eminenti, dopo avere constatato il conflitto, riposano in pace! ci che non ho mai potuto capire: poich mi sembra che non si possa provare nulla di pi penoso che scorgere due tendenze opposte nellumanit. Come! Lumanit arriva al disastro con luno come con laltro estremo: frugale, cade nella miseria; prodiga, si rovina nella decadenza morale! Fortunatamente i proverbi popolari mostrano sotto una falsa luce il risparmio ed il lusso, non tenendo conto che delle loro conseguenze immediate che si vedono, e non degli effetti ulteriori che non si vedono. Proviamo a correggere questa visione incompleta. Mondor ed il fratello Ariste, che hanno diviso leredit paterna, hanno ciascuno cinquantamila franchi di entrate. Mondor pratica la filantropia alla moda. ci che si dice un ammazzasoldi. Rinnova i mobili molte volte allanno, cambia il guardaroba tutti i mesi; si citano i metodi abili ai quali fa ricorso per finirlo prima: in breve, fa appassire i viveurs di Balzac e di Alexandre Dumas. Cos, bisogna sentire il concerto di elogi che lo circonda sempre! Parlateci di Mondor! viva Mondor! il benefattore delloperaio; la provvidenza del popolo. In verit, si sprofonda nelle orge, inzacchera i passanti; la sua dignit e la dignit umana ne soffrono un poco... Ma, beh, se non si rende utile per s, si rende utile con la sua fortuna. Fa circolare il denaro; la sua corte non si svuota mai dei fornitori, che si

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ritirano sempre soddisfatti. Non dice che se loro rotondo, perch rotoli?. Ariste ha adottato un piano di vita ben diverso. Se non un egoista, almeno un individualista, poich riflette sulle sue spese, ricerca solo piaceri moderati e ragionevoli, pensa al futuro dei suoi bambini, e, per dire la parola, economizza. E bisogna sentire ci che dice di lui il popolo! A cosa serve questo ricco cattivo, questo spilorcio? Certamente, c qualcosa di forte e di toccante nella semplicit della sua vita; del resto umano, benevolo, generoso, ma egli calcola. Non sciupa tutti i suoi redditi. Il suo palazzo non incessantemente splendido di luci e turbinante di ospiti. Quale riconoscenza si acquisisce fra i tappezzieri, i carrozzai, i commercianti di cavalli ed i pasticceri?. Questi giudizi, disastrosi per la morale, sono fondati su una cosa che colpisce gli occhi: la spesa del prodigo; ed unaltra che si nasconde: la spesa uguale ed anche superiore di colui che fa economie. Ma le cose sono state cos ammirevolmente sistemate dallinventore divino dellordine sociale, che in questo, come in tutto, leconomia politica e la morale, lungi dallurtarsi, vanno daccordo, e la saggezza di Ariste non soltanto pi degna, ma anche pi vantaggiosa della pazzia di Mondor. E quando dico pi vantaggiosa, non intendo dire soltanto vantaggiosa per Ariste o per societ in generale, ma pi vantaggiosa per gli operai attuali, allindustria del momento. Per provarlo, basta mettere sotto locchio dello spirito le conseguenze nascoste delle azioni umane che locchio del corpo non vede. S, la prodigalit di Mondor ha effetti visibili a tutti gli sguardi: cias{17} cuno pu vedere le sue berline, i suoi landau, i sui phatons, le graziose vernici dei suoi soffitti, i suoi tappeti ricchi, lo splendore che scaturisce dal suo palazzo. Ciascuno sa che i suoi purosangue corrono

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sul turf. I pranzi che d allHotel de Paris fermano la folla sul corso, e ci si dice: ecco un uomo coraggioso, che, lungi dal risparmiare qualcosa dei suoi redditi, intacca probabilmente il suo capitale. ci che si vede. Non cos facile vedere, dal punto di vista dellinteresse dei lavoratori, ci che accade dei redditi di Ariste. Seguiamo la traccia, tuttavia, e ci assicureremo che tutti, fino allultimo obolo, fanno lavorare degli operai, quasi certamente come i redditi di Mondor. C soltanto questa differenza: la folle spesa di Mondor condannata a diminuire continuamente ed incontrare una fine necessaria; la spesa prudente di Ariste andr crescendo di anno in anno. Ed cos, certamente, che linteresse pubblico si trova in accordo con la morale. Ariste spende, per lui e la sua casa, ventimila franchi allanno. Se ci non bastasse alla sua felicit, non meriterebbe il nome di saggio. Egli toccato dai mali che pesano sulle classi povere; si crede, in coscienza, obbligato a portare qualche sollievo e consacra diecimila franchi ad atti di beneficenza. Fra i commercianti, i fabbricanti, gli agricoltori, ha amici temporaneamente in difficolt. Si informa della loro situazione, per venire loro in aiuto con prudenza ed efficacia, e destina a questopera ancora diecimila franchi. Infine, non dimentica che ha figlie cui fare la dote, figli ai quali deve garantire un futuro, e, di conseguenza, si impone di risparmiare e di mettere da parte tutti gli anni diecimila franchi. Ecco dunque limpiego dei suoi redditi. 1 Spese personali 20.000 F. 2 Beneficenza 10.000 F. 3 Servizi damicizia 10.000 F. 4 Risparmio 10.000 F.

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Riprendiamo ciascuno di questi capitoli, e vedremo che nulla sfugge al lavoro nazionale. 1 Spesa personale. Questa, quanto agli operai e fornitori, ha effetti assolutamente identici ad una spesa uguale fatta da Mondor. Ci ovvio per s; non ne parliamo pi. 2 Beneficenza. I diecimila franchi destinati a questo alimenteranno ugualmente lindustria; giungono al panettiere, al macellaio, al commerciante di vestiti e di mobili. Soltanto che il pane, la carne, gli abiti, non servono direttamente a Ariste, ma a quelli che gli si sono sostituiti. Ma questa semplice sostituzione di un consumatore ad un altro non influisce affatto sullindustria generale. Che Ariste spenda cento soldi o che preghi un infelice di spenderli al suo posto, uguale. 3 Servizi damicizia. Lamico a cui Ariste presta o dona diecimila franchi non li riceve per nasconderli; ci ripugna allipotesi. Se ne serve a pagare merci o debiti. Nel primo caso, lindustria incoraggiata. Si oser dire che debba guadagnare pi per lacquisto da parte di Mondor di un purosangue da diecimila franchi che per lacquisto da parte di Ariste o del suo amico di diecimila franchi di tessuti? Mentre se quella somma serve a pagare un debito, tutto ci che ne risulta, che appare un terzo personaggio, il creditore, che avr i diecimila franchi, ma che certamente li user per il suo commercio, la sua fabbrica, o il suo impiego. un intermediario in pi tra Ariste e gli operai. I nomi propri cambiano, la spesa resta e lincoraggiamento allindustria anche. 4 Risparmio. Restano i diecimila franchi risparmiati; ed qui che dal punto di vista dellincoraggiamento alle arti, allindustria, al lavoro, agli operai, Mondor sembra molto superiore a Ariste, sebbene, dal punto di vista morale, Ariste si mostri un poco superiore a Mondor. Non mai senza un disagio fisico, che va fino alla sofferenza, che io vedo lapparire di tali contraddizioni tra le grandi leggi della natura. Se

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lumanit fosse ridotta a scegliere tra due parti, delle quali una ferisce i suoi interessi e laltra la sua coscienza, ci rimarrebbe soltanto da disperare del suo futuro. Fortunatamente non cos. E, per vedere Ariste riprendere la sua superiorit economica, come la sua superiorit morale, basta comprendere questo consolante assioma, che non meno vero, bench abbia un aspetto paradossale: risparmiare, uguale a spendere. Qual lo scopo di Ariste, economizzando diecimila franchi? forse di nascondere duemila pezzi da cento soldi in un nascondiglio del suo giardino? No certamente, egli intende accrescere il suo capitale ed il suo reddito. Di conseguenza, questo denaro che non usa per comperare terre, una casa, rendite dello Stato, azioni industriali, lo colloca presso un commerciante o un banchiere. Seguite i denari in tutte questipotesi, e vi convincerete che, con lintermediazione di venditori o di mutuatari, alimenteranno il lavoro ugualmente come se Ariste, seguendo lesempio del fratello, li avesse scambiati con mobili, gioielli e cavalli. Poich, quando Ariste compera per 10.000 franchi di terre o di rendite, determinato dalla considerazione che non ha necessit di spendere quella somma, poich ci per cui gli avete fatto un rimprovero. Ma, allo stesso modo, quello che gli vende la terra o le rendite determinato dalla considerazione che ha necessit di spendere i diecimila franchi in un modo qualunque. Cosicch la spesa si realizza, in tutti i casi, o da parte di Ariste o da parte di quelli che si sostituiscono a lui. Dal punto di vista della classe operaia, dellincoraggiamento al lavoro, c dunque, tra la condotta di Ariste e quella di Mondor, soltanto una differenza. Essendo la spesa di Mondor direttamente compiuta da lui, ed intorno a lui, la si vede; quella di Ariste, che si realizza in parte per mezzo di intermediari ed alla lontana, non la si vede. Ma, di fatto, e per chi sappia collegare gli effetti alle cause, quella che non si vede certa cos come quella che si vede. Ci che lo prova, che nei

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due casi i denari circolano, e che ne non rimangono di pi nella cassaforte del saggio che in quella del dissipatore. dunque falso dire che il risparmio faccia un torto attuale allindustria. Sotto questo punto di vista, arreca del bene quanto il lusso. Ma di quanto non gli superiore, se il pensiero, anzich fermarsi allora che fugge, prende in considerazione il lungo periodo! Dieci anni sono passati. Cosa ne di Mondor, della sua fortuna e della sua grande popolarit? Tutto ci sparito, Mondor rovinato; lungi dal gettare sessantamila franchi, tutti gli anni, nel corpo sociale, gli forse passato a carico. In ogni caso, non fa pi la gioia dei suoi fornitori, non conta pi come promotore delle arti e dellindustria, non buono a nulla per gli operai, come pure per la sua discendenza, che lascia nellemergenza. Al termine degli stessi dieci anni, non soltanto Ariste continua a mettere in circolazione tutti i suoi redditi, ma vi mette redditi crescenti di anno in anno. Amplia il capitale nazionale, cio il fondo che alimenta il salario, e poich dallimportanza di questo fondo che dipende la domanda di lavoro, contribuisce ad aumentare gradualmente la retribuzione della classe operaia. Quando muore, lascia bambini che ha messo in grado di sostituirlo nella sua opera di progresso e di civilizzazione. Sotto il punto di vista morale, la superiorit del risparmio sul lusso innegabile. consolante pensare che sia lo stesso dal punto di vista economico, per chiunque non si fermi agli effetti immediati dei fenomeni, ma sappia spingere la sua indagine fino ai loro effetti definitivi. 12. Diritto al lavoro, diritto al profitto

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Fratelli, tassatevi per darmi lavoro al vostro prezzo. il diritto al lavoro, il socialismo elementare o di primo grado. Fratelli, tassatevi per darmi lavoro al mio prezzo. il diritto al profitto, il socialismo raffinato o di secondo grado. Luno e laltro vivono per mezzo di quegli effetti che si vedono. Luno e laltro moriranno a causa di quegli effetti che non si vedono. Ci che si vede, sono il lavoro ed il profitto stimolati dalle tasse. Ci che non si vede, il lavoro al quale darebbero luogo quelle stesse tasse se le si lasciasse ai contribuenti. Nel 1848, il diritto al lavoro si mostr per un momento con due facce. Ci bast a rovinarlo nellopinione pubblica. Una faccia si chiamava: Fabbrica Nazionale. Laltra: quarantacinque centesimi. In milioni andavano tutti i giorni dalla rue de Rivoli alle fabbriche nazionali. il lato bello della medaglia. Ma ecco laltro lato. Affinch milioni di franchi escano, bisogna che siano entrati. per questo che gli organizzatori del diritto al lavoro si rivolsero ai contribuenti. I contadini dicevano: bisogna che paghi 45 centesimi: dunque, mi priver di un abito, non marner il mio campo, non riparer la mia casa. E gli operai delle campagne dicevano: poich il nostro borghese si priva di un abito, ci sar meno lavoro per il sarto; poich egli non marna il suo campo, ci sar meno lavoro per il terrazziere; poich non fa riparare la sua casa, ci sar meno lavoro per il carpentiere ed il muratore. Allora fu provato che non si traggono da un solo sacco due macinate, e che il lavoro pagato dal governo realizzato a spese del lavoro pagato dal contribuente. Fu la morte del diritto al lavoro, che apparve

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tanto una chimera, quanto uningiustizia. E tuttavia, il diritto al profitto, che soltanto lesagerazione del diritto al lavoro, vive ancora e sta una meraviglia. Non c qualcosa di imbarazzante nel ruolo che il protezionista fa giocare alla societ? Le dice: bisogna che tu mi dia del lavoro, e, di pi, del lavoro lucrativo. Ho intelligentemente scelto unindustria che mi lascia un dieci per cento di perdita. Se tu prelevi un contributo di venti franchi sui miei compatrioti e se me lo trasferisci, la mia perdita si convertir in profitto. Ora, il profitto un diritto; dunque, me lo devi. La societ che ascolta questo sofista, che si carica di tasse per soddisfarlo, che non si accorge che la perdita coperta da unindustria non per questo meno una perdita, perch si obbligano gli altri a coprirla, questa societ, dico io, merita il carico che le si infligge. Cos, lo si vede con i numerosi argomenti che abbiamo attraversato: non conoscere leconomia politica, vuol dire lasciarsi abbagliare dalleffetto immediato di un fenomeno; conoscerla, vuol dire compren{19} dere nel proprio pensiero e nelle proprie previsioni tutti gli effetti. Potrei sottoporre una quantit di altre questioni alla stessa prova. Ma mi fermo, di fronte alla monotonia di una dimostrazione sempre uguale; e concludo, applicando alleconomia politica ci che Chateau{20} briand disse della storia:
Ci sono due conseguenze nella storia: una immediata e che al momento conosciuta, laltra distante e che non si scorge inizialmente. Queste conseguenze spesso si contraddicono; le une vengono dalla nostra breve saggezza, le altre della saggezza di lungo termine. Levento provvidenziale appare dopo levento umano. Dio si erge dietro gli uomini. Negate finch vorrete il consiglio supremo, non acconsentite alla sua azione, disputate

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sulle parole, chiamate forza delle cose o ragione ci che il popolo chiama provvidenza; ma osservate alla fine di un fatto compiuto, e vedrete che ha sempre prodotto lopposto di ci che se ne attendeva quando non stato fondato inizialmente sulla morale e la giustizia.

(Chateaubriand, Mmoires doutre-tombe)

Date

1776: Adam Smith scrive la Ricchezza delle nazioni. 1803: Jean-Baptiste Say pubblica il Trattato deconomia politica. 1814: si aprono i lavori del Congresso di Vienna, che si chiuderanno lanno successivo e daranno lavvio alla cosiddetta et della Restaurazione. 1830: giunge al trono Luigi Filippo, con il titolo di Re dei francesi e non pi di Re di Francia come i suoi predecessori. 1838: a Manchester su iniziativa di Richard Cobden viene costituita la Anti-Corn Law League. 1840: Pierre-Joseph Proudhon pubblica Cos la propriet? 1844: escono due volumi che raccolgono le principali opere di Turgot. 1846: Frdric Bastiat e alcuni altri economisti liberali creano lAssociation du libre change.

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1848: a seguito dei moti rivoluzionari finisce il regno di Luigi Filippo e nasce la Seconda Repubblica francese. 1848: Karl Marx e Friedrich Engels scrivono il Manifesto del partito comunista. 1848: John Stuart Mill pubblica i Principi di economia politica. 1851: dopo essere stato eletto Presidente della Seconda Repubblica francese, Luigi Napoleone Bonaparte (poi, Napoleone III) assume poteri dittatoriali. 1856: esce il capolavoro di Alexis de Tocqueville sulla Francia prerivoluzionaria, LAncien Rgime et la Rvolution. 1860: tra Francia e Regno Unito viene istituito il trattato di libero commercio Cobden-Chevaller. 1871: a Vienna Carl Menger pubblica i Principi fondamentali di economia politica, dando un contributo fondamentale alla rivoluzione marginalista. 1897: Vilfredo Pareto finisce il proprio Corso deconomia politica. 1912: muore Gustave de Molinari, a lungo direttore del Journal de conomistes ed erede spirituale di Bastiat.

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1950: dopo che gi nel diciannovesimo erano uscite in inglese varie traduzioni di Bastiat, la Foundation for Economic Education pubblica The Law (La legge), che diverr un punto di riferimento fondamentale per tutta larea culturale conservatrice e libertaria americana.

Vita e opere

Nato il 29 giugno 1801 a Bayonne, nella Francia sud-occidentale, e morto a Roma il 24 dicembre 1850, Frdric Bastiat uno tra i protagonisti di quellimportante scuola di economisti liberali francesi a cui appartengono tra gli altri anche Turgot, Jean-Baptiste Say e Charles Dunoyer. Giudice di pace nel proprio cantone e assiduo frequentatore di un circolo di studi economici, Bastiat trascorre la maggior parte della propria esistenza lontano dai dibattiti della capitale e dallintelligentsia alla moda. Inizia la propria militanza a favore della libert quando scopre lesistenza delle battaglie libero-scambiste condotte da Richard Cobden, da John Bright e dalla Anti-Corns Law League. D avvio in tal modo a un apostolato militante che non durer pi di sei anni, che si concretizzer anche con la costituzione, in Francia, di una Associazione per il libero scambio e che sar interrotto dalla morte. Con brillanti articoli e ponderosi volumi (da Cobden et la ligue a Les Harmonies conomiques, dai Sophismes conomiques ai Petits pamphlets), Bastiat si batte contro i socialisti, favorevoli a una crescente collettivizzazione delleconomia, e allo stesso tempo contro il nazionalismo protezionista di chi rigetta il laissez-faire. Eletto deputato nel 1848, quando la cacciata di Luigi Filippo porta allavvento della Seconda Repubblica, in quanto liberale siede nei banchi di sinistra e al tempo stesso avvia una serie di contraddittori con gli esponenti del socialismo francese del tempo. Memorabile rimane un suo duro confronto con Pierre-Joseph Proudhon, avverso al prestito a interesse e fautore di un interesse nullo. Brillante polemista, scrive articoli ancora oggi molto godibili: uno dei pi noti lumoristica petizione dei produttori francesi di candele, esasperati dalla

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concorrenza straniera del sole, la cui colpa sarebbe di impedire a tale industria di svilupparsi pienamente. Un tratto che caratterizza questo autore il ripudio di ogni utilitarismo. Ai suoi occhi gli individui hanno diritti naturali assoluti che non devono essere violati, perch preesistenti a ogni ordinamento positivo. Ne discende che il nemico uno solo: linvadenza statale nella vita economica e sociale. I poteri pubblici, in effetti, sovvertono lordine armonico che emerge spontaneamente dove la propriet correttamente definita ed efficacemente tutelata. Di conseguenza, lo Stato che vuole imporre la fraternit prosciuga la fonte stessa della moralit personale e calpesta i diritti, introducendo la costrizione l dove indispensabile che vi sia la generosit, la liberalit, la volontaria ricerca di ci che buono e salutare per chi meno fortunato. Per giunta, Bastiat rigett sempre e con forza ogni centralizzazione dei poteri. In materia fiscale, era favorevole a un sistema tributario basato sulle comunit locali, convinto che una contribuzione unica, proporzionale alla propriet realizzata, prelevata in famiglia e senza spese allinterno dei consigli comunali, pu bastare. Bench celeberrimo in vita e anche oggetto di strali polemici da parte di Karl Marx, per vari decenni del pensiero di Bastiat si sono quasi perse le tracce. Nel corso del dopoguerra stato per reimportato in Europa a seguito del successo conosciuto negli Stati Uniti. Oltre Atlantico, in effetti, la versione in lingua inglese di La loi stata pubblicata in molte centinaia di migliaia di esemplari. E oggi leconomista di Bayonne a giusto titolo nel Pantheon dei classici del liberalismo.

Bibliografia

Frdric Bastiat, Armonie economiche, con una premessa di Agostino Canonica e una introduzione di Francesco Ferrara, Torino, Utet, 1947. Frdric Bastiat - Gustave de Molinari, Contro lo statalismo, a cura di Carlo Lottieri, Macerata, Librilibri, 1993 (questa edizione include: Propriet e legge e Giustizia e fraternit). Frdric Bastiat, Il potere delle illusioni, a cura di Antonio Falato, Napoli, Guida, 1998 (questa edizione include: Lo Stato e Ci che si vede e ci che non si vede). Frdric Bastiat, Il mercato e la Provvidenza. Pensieri liberali, introduzione di Massimo Baldini, Roma, Armando Editore, 2002. Frdric Bastiat, Ci che si vede e ci che non si vede, e altri scritti, a cura di Nicola Iannello, prefazione di Grard Bramoull, Soveria Mannelli-Treviglio, Rubbettino-Leonardo Facco, 2005 (questa edizione include: Ci che si vede e ci che non si vede, Propriet e legge, Giustizia e fraternit, La legge, Lo Stato, Spoliazione e legge, Guerra alle cattedre di Economia politica, Capitale e rendita, Maledetto denaro).

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In traduzione inglese Frdric Bastiat, The Bastiat Collection, 2 tomi, Auburn AL, The Ludwig von Mises Institute, 2002: volume I (That Is Which Seen, and That Which Is Not Seen, The Law, Government, What Is Money?, Capital and Interest, Economic Sophisms) e volume II (Harmonies of Political Economy).

Su Frdric Bastiat George Charles Roche III, Frederic Bastiat: A Man Alone, New Rochelle NY, Arlington House, 1971.

Istituto Bruno Leoni LIstituto Bruno Leoni (IBL), intitolato al grande filosofo del diritto Bruno Leoni (1913-1967), nasce con lambizione di stimolare il dibattito pubblico, in Italia, esprimendo in modo puntuale e rigoroso un punto di vista autenticamente liberale. LIBL intende studiare, promuovere e divulgare gli ideali del libero mercato, della propriet privata e della libert di scambio. Attraverso la pubblicazione di libri, lorganizzazione di convegni, la diffusione di articoli sulla stampa nazionale e internazionale, lelaborazione di brevi studi e briefing papers, lIBL mira a orientare il processo decisionale, a informare al meglio la pubblica opinione, a crescere una nuova generazione di intellettuali e studiosi sensibili alle ragioni della libert. LIBL vuole essere per lItalia ci che altri think tank sono stati per le nazioni anglosassoni: un pungolo per la classe politica e un punto di riferimento per il pubblico in generale. Il corso della storia segue dalle idee: il liberalismo unidea forte, ma la sua voce ancora debole nel nostro paese. IBL Libri la casa editrice dellIstituto Bruno Leoni. Istituto Bruno Leoni Via Bossi 1 10144 Torino Tel. 011-070.2087 Fax: 011-437.1384 E-mail: info@brunoleoni.it www.brunoleoni.it

{1}

Questo pamphlet, pubblicato nel luglio 1850, lultimo che Bastiat abbia scritto. Da pi di un anno era stato promesso al pubblico. Ecco perch la sua apparizione fu ritardata. Lautore ne smarr il manoscritto quando spost il proprio domicilio da rue de Choiseul alla rue dAlger. Dopo lunghe inutili ricerche, si decise a ricominciare da capo la sua opera e scelse come base principale delle sue dimostrazioni alcuni discorsi pronunciati di recente allAssemblea Nazionale. Terminato questo compito, si rimprover di essere stato troppo serio, gett alle fiamme il secondo manoscritto e scrisse quello che noi ristampiamo [Nota delleditore nelledizione originale].
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Il nome delluomo qualunque, una specie di Mario Rossi [ NdT]. In latino nelloriginale: flagrante delicto [NdT].

Auguste, visconte de Saint-Chamans (1777-1861), uomo politico e pubblicista [NdT].


{5}

Adolphe Thiers (1797-1877), uomo politico e storico francese, ottenne fama nel 1827 con una Storia della Rivoluzione francese. Pi volte al governo con Luigi Filippo, continu la sua attivit anche dopo il 1848, finendo in carcere al colpo di Stato di Luigi Bonaparte nel 1851; alla caduta di Napoleone III, nel 1870, guid il governo che represse la Comune di Parigi [ NdT].
{6}

Alphonse-Marie-Louis Prade de Lamartine (1790-1869), poeta e scrittore romantico, nel 1848 assurge ad un ruolo di primissimo piano nella politica francese, divenendo capo del governo provvisorio della Repubblica dopo la cacciata della monarchia orleanista. Dopo il successo nelle elezioni legislative, si candid alle presidenziali subendo uno scacco clamoroso. Allindomani del colpo di Stato di Luigi Bonaparte usc dalla scena politica [ NdT].
{7}

Franois Pierre Charles barone Dupin (1784-1873), ingegnere, matematico, statistico ed economista francese, nominato senatore nel 1852 da Napoleone III, fu anche ministro della Marina [NdT].
{8}

Achille Fould (1800-1867), banchiere e uomo politico, fu anche ministro delle Finanze [NdT].
{9}

Jean-Martial Bineau (1805-1855), ingegnere, uomo politico e ministro delle Finanze [NdT].

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{10} {11}

Citazione dallEneide, libro III [NdT].

Lautore ha spesso invocato la presunzione di verit che si collega al consenso universale manifestato per mezzo della pratica di tutti gli uomini [Nota delleditore nelledizione originale].
{12}

Sostenitori, rispettivamente, delle idee di Claude-Henry de Saint-Simon, di Charles Fourier e di tienne Cabet. Claude-Henry de Rouvroy, conte di Saint-Simon (1760-1825), filosofo, in giovent ebbe come precettore lilluminista DAlembert. Saint-Simon il teorico di un ordine sociale nuovo nel quale lumanit sia governata da scienziati ed imprenditori, in un quadro interamente dominato dai principi dellorganizzazione e della razionalit. Maestro di Auguste Comte, SaintSimon uno dei padri fondatori del socialismo e tra i pi espliciti teorizzatori della necessit di affidare la produzione e leconomia nelle mani di un unico potere centrale. Franois-Marie-Charles Fourier (1772-1837), filosofo ed economista francese, ha fatto parte di quel gruppo di socialisti che Marx defin utopisti. Ha scritto la Teoria dei quattro movimenti e dei destini generali, del 1808, ed il Trattato dellassociazione domestica agricola, del 1822, in cui auspicava una riforma della societ nel segno di uno sviluppo spontaneo dellassociazionismo; cellula del nuovo ordine doveva essere il falansterio, comunit di vita e lavoro di 1.620 persone. Fourier non era n comunista n egualitario. tienne Cabet (1788-1856), uomo politico francese, fu convertito al socialismo da Robert Owen; espose le proprie concezioni utopistiche in Viaggio in Icaria (1840), descrizione di un paese immaginario dove abolita la propriet privata e regna leguaglianza e dove non ci sono pi n crimini n guerre e di conseguenza non c pi bisogno n di polizia n di esercito. Egli tent anche di trasformare tali progetti in realt, fondando un villaggio cariano in Texas [NdT].
{13}

Prohibant nelloriginale [NdT].

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{14}

Jacques-Bnigne Bossuet (1627-1704), vescovo francese, fu precettore del Delfino di Luigi XIV; fautore del diritto divino dei re scrisse La politica tratta dalle parole della Sacra Scrittura, del 1677. Il Discorso sulla storia universale del 1681 [NdT].
{15}

Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), filosofo ginevrino, tra i massimi intellettuali del secolo XVIII. Autore prolifico in vari campi, ha lasciato limpronta pi significativa nella filosofia politica, con il Discorso sullorigine ed i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini del 1755 e soprattutto con il Contratto Sociale del 1762. Questultima opera, segnata da un reciso rifiuto del diritto naturale, pone al centro della riflessione teorica sullo Stato il tema della Volont Generale, individuata quale entit che sovrasta e trascende le singole volont concrete, che ad essa devono essere subordinate e sottomesse. Considerato il padre della moderna teoria democratica, la sua repubblica di contratto uno Stato dove lindividuo viene assorbito in un tutto organico che gli d senso. Fautore di una piccola societ chiusa e frugale, Rousseau forse il pensatore politico pi avversato da Bastiat [ NdT].
{16}

Nelloriginale, il regime della foresta di Bondy. Bondy, foresta demaniale ai confini di Parigi, era un noto covo di briganti [ NdT].
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Tipi di carrozze [NdT]. Il tappeto erboso [NdT].

Se tutte le conseguenze di unazione ricadessero sul suo autore, la nostra educazione sarebbe rapida. Ma non cos. Talvolta le buone conseguenze visibili sono a nostro vantaggio, mentre le cattive conseguenze non visibili sono a svantaggio altrui, cosa che ce le rende ancora meno visibili. Allora bisogna attendere che venga la reazione di coloro devono sopportare le cattive conseguenze dellatto. Qualche volta ci molto lungo, ed ecco che si prolunga il regno dellerrore. Un uomo compie un atto che produce delle buone conseguenze uguali a dieci, a suo profitto, e delle cattive conseguenze uguali a 15, ripartite su 30 dei suoi simili, in modo che non ne ricada su alcuno di essi che 0,5. Nel totale c una perdita e la reazione deve necessariamente arrivare. Si comprende

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perci che questa si faccia attendere tanto pi quanto il danno sia disseminato in una massa e il profitto concentrato in un solo punto [Appunto inedito dellAutore].
{20}

Franois-Ren visconte di Chateaubriand (1768-1848), scrittore e politico, autore di Le Gnie du Christianisme, del 1802: le Mmoires doutretombe, opera di una vita, furono terminate nel 1841 e pubblicate tra il 1849 e il 1850 [NdT].

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