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Le tecnologie alimentari

Il frumento

• Il frumento è una delle principali risorse alimentari dell’umanità. Costituisce circa il


30% della produzione mondiale dei Cereali
• È destinato per oltre il 75% all’alimentazione umana, per il 15% all’alimentazione
animale ed il restante per usi non alimentari. La selezione operata dall’uomo nel
corso dei secoli ha riguardato essenzialmente i due principali tipi di frumento,
il T.aesttiivum o frumento tenero e il T.durum o frumento duro.
• È denominato farina di grano tenero o semplicemente farina il prodotto ottenuto
dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle
sostanze estranee e dalle impurità.
• È denominato farina integrale di grano tenero il prodotto ottenuto direttamente
dalla macinazione del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle
impurità.
• Le farine di grano tenero possono essere prodotte solo nei tipi “00”, “0”, “1”, “2” e
“integrale”, e devono presentare le seguenti caratteristiche:
• Fasi di lavorazione
• Pulitura:
• eliminazione di tutte le impurezze e sostanze estranee contenute nel
cereale; si effettua mediante macchinari e impianti di separazione come
ad esempio setacci, aspiratori, spazzolatrici, etc.
• Condizionamento:
• mettere a riposo i chicchi in appositi cassoni per standardizzare l’umidità
della massa.
• Miscelazione:
• operazione necessaria quando si utilizzano diversi tipi di grano.
• Macinazione:
• si effettua allo scopo di separare gli elementi esterni del chicco e di ridurre
in polvere più o meno fine la mandorla farinosa. In passato si faceva con
macine a pietra, mentre oggi con mulini a cilindri.
• Molitura
• La molitura comprende
• Triturazione
• le cariossidi vengono sottoposte a rottura attraverso il passaggio in cilindri
di rottura o laminatoi.
• Abburattamento
• consente di separare la farina dagli altri componenti della cariosside e si
effettua in buratti (setacci) a piani oscillanti, costituiti da telai rettangolari
sovrapposti, detti plansichter.
• Durante la macinazione le cariossidi vengono sottoposte a più passaggi di
triturazione, intercalati da fasi progressive di setacciatura.
• Trasformazione del frumento in sfarinati
• Pulitura
• Condizionamento
• Macinazione
• Settacciamento
• Abburattare
• Significa setacciare ed è un termine che viene utilizzato durante la
macinazione dei cereali; è un processo di setacciatura graduale dei cereali
macinati, in particolare del frumento, per ottenere farina di diversa
finezza. Attraverso dei setacci a maglie differenti si stabilisce il grado di
abburattamento.
• La farina integrale, che contiene tutte le parti del chicco macinato, crusca
compresa, non è abburattata.
• Semola
• Sono denominati:
• semola di grano duro:
• o semplicemente “semola” il prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto
dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato
dalle sostanze estranee e dalle impurità.
• semolato di grano duro:
• o semplicemente “semolato” il prodotto ottenuto dalla macinazione e
conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze
estranee e dalle impurità, dopo l’estrazione della semola.
• semola integrale di grano duro:
• è il prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto direttamente dalla
macinazione del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle
impurità.
• farina di grano duro:
• è il prodotto non granulare ottenuto dalla macinazione e conseguente
abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle
impurità.
Pane e prodotti da forno

• A livello tecnologico le operazioni che vengono effettuate per la


realizzazione dei prodotti da forno sono:
•  Impastamento: includere aria sotto forma di bolle;
•  Lievitazione /fermentazione: aumentare il volume dell’impasto;
•  Formatura: dare forma all’impasto;
•  Cottura: completare lo sviluppo in volume e consentire la
differenziazione di mollica e crosta;
•  Raffreddamento: consentire l’eventuale confezionamento del prodotto.

• Impastamento
• Il metodo diretto consiste nell’impastamento di tutti gli ingredienti in
un’unica fase.
• Il metodo semidiretto con pasta di riporto consiste nell’impastamento in
un’unica fase, ma adoperando pasta di riporto (un pezzo dell’impasto,
avanzato dalla lavorazione precedente, che ha maturato in seguito ad un
certo periodo di fermentazione e contiene tutti gli ingredienti di un
impasto normale).
• Si è comunque soliti distinguere nell’impastamento due fasi: -
impastamento a bassa velocità, breve periodo (circa 5 minuti) in cui gli
ingredienti sono miscelati e inizia l’inclusione di bolle d’aria. In questo
periodo sono possibili eventuali interventi per correggere il prodotto; -
impastamento ad alta velocità, durante il quale è necessario fornire
energia affinché la miscela di farina ed acqua sviluppi la struttura glutinica.
In questa fase inoltre termina l’inclusine di bolle d’aria nell’impasto.
• Lievitazione
• La lievitazione è un’azione dinamica che induce un aumento di volume. Produce
una trasformazione del prodotto originale, creandone un altro dalle caratteristiche
proprie: forma, struttura, colore, aroma, sapore, consistenza, conservabilità.
Esistono diversi tipi di lievitazione a seconda dell’agente lievitante utilizzato.
•  La lievitazione fisica in alcuni prodotti viene ottenuta per incorporazione di aria
nella pasta
•  La lievitazione chimica in cui il rigonfiamento dell’impasto è dovuto all’utilizzo di
lievitanti chimici (baker̛ s powder), quali bicarbonato di sodio, bicarbonato di
ammonio o di potassio, sostanze che durante la cottura per reazione chimica con
Sali acidi liberano anidride carbonica responsabile della lievitazione.
• La lievitazione biologica in cui la produzione di anidride carbonica avviene grazie
alla presenza di lieviti, in forma pura (“lievito di birra”) o in combinazione con altri
microrganismi quali batteri lattici (lievito naturale), che in assenza di aria passano
ad un metabolismo di tipo fermentativo trasformando il glucosio presente
nell’impasto in anidride carbonica ed etanolo.
• La lievitazione mista si divide in due tipologie. La prima detta “pasta battuta” o
“pan di spagna” che unisce la lievitazione fisica derivante dall’impastamento a
quella chimica in cottura. L’altra chiamata “pasta danese”, invece è lievitata 12
biologicamente e poi laminata in modo da porre la materia grassa in strati alternati
con l’impasto.
• Formatura
• Le operazioni di spezzatura e formatura Le due fasi di lievitazione, come già
illustrato, sono intervallate dalle operazioni di spezzatura e formatura. L’operazione
di spezzatura, condotta con macchine automatizzate, consente di dividere l’impasto
in pezzi della quantità necessaria. L’impasto spezzato viene poi sottoposto a
operazione di formatura condotto con macchine differenti, quali laminatrice,
l’arrotondatrice, la chiffelatrice, le filonatrici e le stampanti. Tali operazioni sono
determinanti per assegnare la forma finale sia per ridare una struttura omogenea,
capace di sopportare al meglio l’appretto, sia per eliminare bolle di grandi
dimensioni, favorendo una distribuzione più omogenea degli alveoli.
• La cottura
• L’operazione conclusiva del processo tecnologico è la cottura, operazione durante la
quale l’impasto aumenta di volume per l’espansione dei gas e dove si ha la
solidificazione del film elastico che circonda ogni bolla di gas, condotta in forno per
tempi proporzionali alla pezzatura del prodotto. La cottura induce trasformazioni
radicali all’impasto lievitato che acquisisce così le caratteristiche peculiari di un
“prodotto da forno”.
• Il raffreddamento
• Esistono due differenti tecnologie di raffreddamento (ad aria e sottovuoto), di una
linea di cottura del pane, sulla tendenza a rottura, sul contenuto in umidità e sulla
croccantezza della crosta. Lo studio evidenzia che il processo sottovuoto fornisce un
raffreddamento evaporativo molto rapido nei campioni che contengono un elevato
contenuto di umidità.
La pasta
• Storia della pasta
• La parola “pasta” deriva dal greco e significa farina mista a liquido. Utilizzata già
dagli antichi romani. Qualcuno la fa risalire a Marco Polo di ritorno dalla Cina. Oggi
la pasta italiana è famosa nel mondo.
• Caratteristiche della pasta
• La pasta è un alimento energetico (amido)
• Plastico (proteine, glutine)
• Pasta (cereali) + legumi = danno piatti completi dal punto di vista proteico e
costituiscono ottimi piatti
• unici, tipici della tradizione italiana.
• Schema del processo di pastificazione
• Miscelazione dei diversi tipi di semole;
• Impastamento con acqua calda (25-30 % a 40-50°C);
• Gramolatura, allo scopo di dare all'impasto la caratteristica consistenza elastica,
dovuta alla combinazione dell'acqua con la frazione proteica (glutine);
• Trafilatura, l'impasto viene spinto attraverso tubi a sezione particolare
(trafile), assumendo il formato voluto; i fori di uscita possono essere in
bronzo (conferiscono alla superficie della pasta maggiore porosità,
rendendola più ruvida e opaca, migliorandone l'assorbimento dei
condimenti e la tenuta in cottura) o in materiale plastico (teflon, il
prodotto finale assume una superficie liscia ed un colore più brillante)
Il Riso

• Riso
• Il riso è un cereale originario dell’Asia e la sua coltivazione
è iniziata alcuni millenni prima dell’era cristiana. La specie
di riso oggi normalmente coltivata è l’Oryza Sativa della
quale esistono numerose sottospecie.
• Il riso, con una produzione mondiale di circa 500 milioni di
tonnellate di grezzo, è l’alimento base per le popolazioni
asiatiche della Cina, del Giappone, dell’India e degli altri
paesi limitrofi.
Nelle Americhe si coltiva in USA e in Brasile, in Africa
specialmente in Egitto.
• In Italia la pianura padana offre le condizioni ottimali per lacoltura
che ha esigenze di alta temperatura ed alta umidità, con notevole
costanza di temperatura, senza escursioni termiche accentuate né
durante il giorno né tra le varie stagioni di sviluppo della pianta.
• Il clima favorevole al suo sviluppo è quello caldo-umido costante,
alcune specie resistono anche a climi asciutti, ma danno bassi
rendimenti.
• La coltivazione si fa in terreni sommersi; l’acqua ha la funzione di un
volano termico immagazzinando il calore solare durante il giorno e
cedendolo nelle ore notturne. Verso la metà degli anni ’90 si è
avviata anche la coltura del riso in asciutto grazie all’introduzione di
nuove varietà che permettono, anche se con una produttività
nettamente inferiore alla coltura tradizionale, la coltivazione del riso
in zone con scarsità d’acqua.

• Struttura della cariosside del riso


• Il riso appena raccolto, dopo le operazioni di trebbiatura, viene
denominato risone o riso grezzo ed è rivestito dalle glumelle, involucri
rigidi e non commestibili.
Il risone al momento del raccolto ha un’umidità del 20% e deve essere
essiccato con aria calda fino a raggiungere livelli di umidità del 12-13% che
ne assicurano la conservabilità.
• Il risone o riso vestito o riso grezzo (in India definito paddy), viene
immagazzinato e quindi sottoposto nelle riserie ad una serie di operazioni
industriali che permettono di separare la cariosside dagli involucri esterni
che, essendo dotati di un alto tenore in silice, rendono il risone non
direttamente utilizzabile per l’alimentazione umana e animale.
• La prima operazione è la pulitura che libera il risone da impurità e
sostanze estranee, segue la sbramatura, cioè la separazione delle glumelle
che si effettua con macchine decorticatrici (sbramino); le glumelle
eliminate costituiscono la lolla o pulone, il cui valore alimentare a livello
zootecnico è scarso per l’alto livello di silice e cellulosa presenti.
• Sbramino
• Il riso decorticato o sbramato, detto anche riso integrale, è già
commestibile anche se richiede tempi di cottura piuttosto lunghi (circa 40
minuti); per lo più il riso sbramato viene successivamente trattato per
asportare gli strati più esterni del chicco e l’embrione ed ottenere il riso
lavorato o bianco o raffinato che è quello tradizionalmente consumato.
• L’operazione di sbiancatura avviene con passaggio su 3-4 macchine e
permette di allontanare i tegumenti esterni (pericarpo); dalla prima e
seconda macchina si ottengono i risi mercantili e come prodotto di scarto
la pula vergine, dalla terza e quarta macchina si ottengono i risi raffinati e
come prodotto di scarto il farinaccio. Il riso con la sbiancatura perde i suoi
strati periferici, il germe e la gemma ed i frammenti derivanti dalla
spuntatura.
• Lavorazione del riso
• Sbramatura:
• serve ad eliminare dal riso, detto a questo punto ancora risone, le glumelle,
ossia le leggere lamelle vegetali che avvolgono ogni singolo chicco e lo
trattengono sulla spiga.
• Sbiancatura o pulitura:
• Durante questa operazione viene tolta dal riso, per sfregamento, la pellicola
interna che ancora lo riveste e i suoi strati periferici, oltre il germe ed i
frammenti derivanti dalla spuntatura.
• Spazzolatura:
• con questa operazione si eliminano, mediante macchine spazzolatrici, le farine
degli strati superficiali, che sono i residui delle lavorazioni precedenti.
• Lucidatura o oliatura:
• viene eseguita in apparecchi ad elica allo scopo di conferire al riso un aspetto più
gradevole; con l'aggiunta di piccole quantità di olio di lino si ricava il riso
camolino.
• Brillatura:
• viene effettuata per rendere il chicco più bianco e brillante, ma elimina la
vitamina B1. Si esegue cospargendo il chicco con uno strato di talco e glucosio,
ma occorre ricordare che il talco è una polvere minerale tossica sia per chi la
lavora che per chi la mangia.

Olio
Il ciclo di lavorazione per ottenere l’olio d’oliva si può riassumere in 7 fasi essenziali:
raccolta, lavaggio, frangitura, gramolatura, centrifugazione, stoccaggio e imbottigliamento.
• 1. Le olive, trasportate inizialmente in appositi contenitori in polietilene, vengono riversate
nella tramoggia da cui, con apposito nastro trasportatore, passano nel raggio d’azione del
defogliatore che provvede ad eliminare foglie e rametti.
• 2. Successivamente nella vasca di lavaggio le olive vengono lavate e poi asciugate
attraverso lo sgrondo dell’acqua.
• 3. La molitura è la prima vera fase di estrazione dell’olio. Attraverso un secondo nastro le
olive lavate vengono prima frante da macine in granito e successivamente la pasta ottenuta
viene opportunamente franta, con una granulometria regolare, da un frangitoio
meccanico.
• 4. La fase successiva è la gramolatura della pasta ottenuta, il cui scopo è quello di far
aggregare le micro-gocce di olio presenti nella pasta attraverso il continuo rimescolamento
a temperatura compresa dai 20 ai 27 °C, per un tempo non superiore ai 60 minuti.
5. Terminato ciò, la pasta passa attraverso una
centrifuga orizzontale, detta decanter, che attraverso
l’azione rotante del tamburo, separa dalla pasta 3 fasi:
la sansa vergine di oliva, che viene inviata al sansificio
per la trasformazione in olio di sansa e combustibile,
l’acqua di vegetazione che viene utilizzata come
fertilizzante agricolo e il mosto oleoso. Quest’ultimo
viene inviato ad un separatore centrifugo verticale che
attraverso la rotazione, separa l’olio dai residui solidi
ancora presenti.
6. L’olio così ottenuto può quindi essere stoccato nei
silos in acciaio inox alimentare con impianto ad azoto,
opportunamente inseriti in un locale climatizzato in tal
modo da preservare le caratteristiche organolettiche e
chimiche del prodotto appena ottenuto.
7. Dopo opportuna filtrazione, l’olio può quindi essere
inviato all’ultima fase di lavorazione, ovvero la fase
dell’imbottigliamento composto da una soffiatrice,
riempitrice a becchelli, etichettatrice fronte-retro e
infine da una tappatrice.
Latte
• Il latte alimentare è di tipi diversi:
• latte fresco: dura pochi giorni e va conservato in frigo a +4°C.
• latte pastorizzato: si conserva per 10 giorni nella propria confezione.
• latte a lunga conservazione: si conserva a temperatura ambiente fino a 4 – 6 mesi
nella propria confezione.
• Alcune lavorazioni del latte.
• La pastorizzazione avviene riscaldando il latte per 30 secondi alla temperatura di 70-
80°C . Questo procedimento uccide la gran parte dei batteri per cui la conservazione
in frigo può avvenire per più tempo. Viene confezionato e distribuito mantenendolo
nei frigoriferi.
• La Sterilizzazione (UHT) avviene riscaldando il latte fino a 140°C per pochissimi
secondi. A questa temperatura muoiono tutti i batteri ma si perdono alcune sostanze
nutritive, alcuni sapori e consistenza. Il latte UHT si può conservare fuori dal frigo.
• Omogeneizzazione: è il procedimento fatto prima del confezionamento per rendere il
latte più omogeneo e frantumare i globuli di grasso presenti.

• I derivati del latte sono:
• Burro
• Yogurt
• formaggi
Carne
• In senso tecnico, per carne si intendono le masse muscolari (tessuto muscolare
striato) e i tessuti che vi aderiscono (grasso, connettivo, vasi sanguigni e
linfatici, nervi) degli animali da macello, da cortile e della selvaggina. Secondo
la legislazione italiana sono animali da macello i bovini, gli ovini, i caprini, i suini
e gli equini; sono animali da cortile il pollame, le anitre, i tacchini, i piccioni e i
conigli. Comunemente si usa distinguere le carni in bianche, rosse e nere a
seconda del colore che assumono dopo l'abbattimento dell'animale: si
considerano bianche le carni di vitello, dell'agnello, del capretto e dei volatili da
cortile, esclusa l'oca; rosse le carni dei bovini adulti, dei suini, degli equini e
nere quelle della selvaggina.
• La carne costituisce uno degli alimenti di maggior pregio per il suo alto potere
nutritivo: il notevole contenuto di sostanze azotate, con prevalenza di proteine, ne
fa un alimento plastico per eccellenza; inoltre possiede un elevato potere biologico
che le deriva dal suo alto coefficiente di digeribilità. Il valore alimentare e la
commestibilità della carne non sono tanto in relazione con il contenuto proteico,
ma dipendono soprattutto dal grado di assimilazione dei vari costituenti. Così, per
esempio, vari tessuti non sono commestibili a causa dell'alto contenuto di proteine
non assimilabili, quali le proteine collagene che formano i tendini, la pelle, il
connettivo dei muscoli, le cheratine, le proteine del sangue. La composizione
chimica media della carne è la seguente: acqua 75,8% e sostanza secca 24,2%.
Quest'ultima è costituita soprattutto da proteine (20%), seguono le sostanze
estrattive (2%), i grassi (l%), i sali minerali (1%), ceneri e vitamine. Bisogna tuttavia
sottolineare che la composizione chimica della carne varia, e talora notevolmente,
a seconda della specie, della razza, del sesso, del tipo di alimentazione e dello stato
di ingrassamento dell'animale; inoltre può anche variare a seconda delle diverse
regioni anatomiche di uno stesso animale.
• Macellazione e idoneità sanitaria
• Dopo l'abbattimento le carcasse vengono raramente consumate fresche, di solito sono
conservate per un tempo variabile: anzitutto sono tenute a temperatura ambiente per due-sei
ore, cosa che favorisce il raffreddamento e lo sgocciolamento dei liquidi organici, poi vengono
poste in un locale di raffreddamento in cui la temperatura è mantenuta a 6 ºC. Il soggiorno in
queste celle può durare fino a trenta ore. Durante tutto questo periodo le carni sono soggette a
profonde modificazioni biochimiche (frollatura) causate da microrganismi che agiscono sul
tessuto connettivo e sulle fibre muscolari. In seguito a ciò le carni assumono un colorito più
pallido, una minore consistenza e diventano più tenere, più delicate e digeribili. In Italia, le carni
macellate debbono essere contraddistinte da un bollo impresso dal vigile sanitario che ne accerti
l'idoneità a essere consumate (cioè che sono indenni da malattie e parassiti) e ne indichi la
categoria d'appartenenza (vitello, vitellone, manzo, bue, vacca, toro, bufalo, equino, suino,
scrofa, verro, agnello, castrato, montone, pecora, capretto, capra, becco). Le carni equine devono
essere vendute in spacci separati. La resa alla macellazione degli animali, cioè il rapporto
percentuale tra il peso della carcassa e il peso dell'animale vivo, può essere fortemente
influenzata da fattori legati alla specie, alla razza, alla conformazione, all'età dell'animale e al suo
stato di pienezza o digiuno e può oscillare dal 45 al 62% per i bovini, dal 75 all'88% per i suini, dal
40 al 70% per gli ovini e i caprini. A seconda delle caratteristiche organolettiche, della
distribuzione del grasso, della tessitura delle fibre e dei caratteri fisici dell'animale si hanno carni
di prima (quelle del dorso), di seconda (quelle di spalla, coscia e dorso) e di terza scelta o
categoria. Queste, a loro volta, assumono denominazioni diverse a seconda della localizzazione.
Oltre che consumate fresche, le carni possono essere conservate con vari metodi: mediante il
freddo (refrigerazione, congelazione, surgelazione), mediante il calore (affumicatura,
essiccamento, cottura), mediante salatura; metodi tecnologici di conservazione molto diffusi
sono l'inscatolamento, previa sterilizzazione (metodo Appert), la produzione di estratti e
omogeneizzati e la liofilizzazione.
• La carne bovina

• Dal punto di vista strettamente alimentare si tratterà qui solo della carne bovina, che è
la più diffusa. La carne del bue è quasi ovunque la più apprezzata perché più saporita e
nutriente di quella degli altri animali e conosce in ogni Paese un gran numero di
preparazioni. Sotto la denominazione di carne bovina si comprende la carne di manzo,
giovenca, vacca e toro. La carne migliore è quella di manzo e di giovenca, che si
riconosce dal colore rosso vivo, dalla grana serrata, soda ed elastica. La carne della
vacca e del toro è di grana più fine e colore meno vivo e, benché in genere poco
ricercata, ha notevole valore alimentare e può essere gustosa se l'animale è sano e non
troppo vecchio. I tagli, le classificazioni, le nomenclature della carne bovina variano
molto da luogo a luogo: in genere l'animale macellato si divide anzitutto in due
mezzene nel senso della lunghezza, poi in quattro quarti, due anteriori e due posteriori;
questi ultimi, notevolmente più carnosi, sono più pregiati e danno la miglior resa in
peso netto di carne commestibile. Infine l'animale viene diviso in ulteriori tagli, di
valore molto vario, e generalmente divisi in tre categorie (ma vi è anche chi considera
l'esistenza di una quarta categoria alla quale appartengono le parti meno pregiate). Per
concludere vanno prese in considerazione altre parti come i visceri (polmoni, cuore,
cervello, pancreas, fegato, midollo spinale, lingua, timo, milza, stomaco), i reni, le
zampe, la testa, i genitali, le mammelle, il sangue, nonché alcuni sottoprodotti – peli,
setole, unghia, corna – non utilizzati a scopo alimentare ma per uso industriale.
• LA FILIERA DELLA CARNE

• Per filiera della carne si intende l’insieme delle fasi di produzione e


lavorazione che, a partire dall’allevamento di animali da “reddito”, passando
per la macellazione e la lavorazione delle carni fresche, fornisce ed assicura
all’uomo la più importante fonte proteica della razione alimentare.
• L’industria della produzione e lavorazione delle carni racchiude ed esprime
nel prodotto finito, la qualità ed i requisiti delle fasi che precedono la
distribuzione delle carni fresche. Le condizioni di allevamento, di
alimentazione, salute e benessere animale incidono in maniera significativa
sulle caratteristiche organolettiche, nutrizionali ed igienico sanitarie del
prodotto carne.
• Durante la produzione primaria, assumono grande importanza le condizioni
ed il management dell’allevamento. Esistono razze con specifica o
prevalente attitudine alla produzione della carne e, sulle differenti razze,
dall’uomo vengono applicati processi di selezione che hanno l’obiettivo di
amplificare le potenzialità produttive degli animali ed implementare la
produzione di carni con valore nutrizionale sempre migliore.
• Gli allevamenti di animali da reddito, siano essi ad attitudine latte o carne, sono soggetti
all’obbligo della registrazione presso il Servizio Veterinario dell’Azienda USL competente per
territorio, in un’anagrafe nazionale che consente di conoscere la localizzazione e la
concentrazione degli allevamenti allo scopo di rendere possibili i controlli previsti dalla legge,
su tutta la filiera di produzione, a partire proprio dagli animali, a tutela della salute del
consumatore. A tale proposito tutti i nuovi nati, entro 20 giorni o entro 6 mesi dalla nascita,
rispettivamente per la specie bovina e quella ovicaprina, devono essere individualmente
identificati mediante l’applicazione di marche auricolari riportanti un codice alfanumerico.
L’identificazione degli animali vivi mediante tale sistema di marcatura rappresenta la prima
espressione della rintracciabilità che permette di seguire in ogni momento ed in ogni fase,
animali e prodotti alimentari da essi derivati.
• La filiera della carne inizia quindi in allevamento dove, a tutela degli animali allevati per la
produzione di alimenti destinati al consumo umano, devono essere rispettati requisiti in
materia di igiene e benessere animale, di alimentazione e sanità animale, al cui controllo e
supervisione sono demandati i Servizi Veterinari delle Aziende Sanitarie Locali. I più diffusi
sistemi di allevamento del bestiame sono quelli a stabulazione libera, fissa (detta anche posta
corta) e allo stato brado.
• Alla fine del ciclo di allevamento ed ingrasso, segue la macellazione con avvio degli animali da
carne al mattatoio. Il trasporto, che precede la mattazione, rappresenta una fase che può
incidere sulla qualità del prodotto carne e deve essere garantito il rispetto di idonee
condizioni di igiene del mezzo utilizzato, di densità di carico determinata dal numero e dal
peso degli animali in funzione della capacità del veicolo, come previsto dalle norme
comunitarie sul benessere animale.
• Nello stabilimento di macellazione, dopo le preliminari identificazione dell’animale e verifica
della documentazione di scorta dall’allevamento al mattatoio, viene effettuata dal Veterinario
Ufficiale una visita ante morten che, se con esito favorevole (sia per quanto riguarda la salute
dell’animale che la documentazione di origine e provenienza), consente la macellazione del
bestiame. Al termine delle operazioni di macellazione, il Veterinario Ufficiale effettua la visita
post mortem delle carni e dei visceri, anche con l’ausilio di esami di laboratorio di vario
genere che, se hanno un esito favorevole, permettono l’avvio delle carni al consumo umano,
previa apposizione di un timbro da parte dell’Autorità Sanitaria competente, nel quale sono
riportati il numero identificativo dello stabilimento di macellazione e la sigla del Paese della
Comunità Europea in cui è stato macellato.
• La carne che non presenta questa marchiatura identificativa è da considerarsi di origine e
provenienza illecite.
• A macellazione avvenuta, le carni vengono stoccate in celle refrigerate a +4°C con adeguata
ventilazione che ne consentono i processi fisiologici di maturazione con acquisizione delle
caratteristiche organolettiche e trasformazione del muscolo in alimento, mediante l’azione
combinata di enzimi ed acido lattico che si forma da tali processi di maturazione definiti, nel
loro insieme, “frollatura”.
• Questo processo di maturazione attribuisce alle carni fresche un maggior grado di tenerezza e
succulenza e la trasformazione del colore rosso vivo, dato dall’emoglobina e dalla mioglobina,
in rosso brunastro dato dalla metamioglobina, attraverso fenomeni di ossidoriduzione.
• La durata della frollatura dipende dall’età e dal peso degli animali, oltreché dall’alimentazione
che hanno ricevuto in vita: in quelli giovani può durare 3-7 giorni ad una temperatura di
+1/+4°C; in quelli più maturi dovrebbe protrarsi almeno fino a 15 giorni.
• La carne, durante la maturazione, subisce un calo di peso dell’ordine del 3-4%,
legato alla perdita naturale di parte dell’acqua libera presente nel muscolo. Per tale
motivo gli addetti al commercio delle carni tendono a ridurre al minimo i tempi di
frollatura, a discapito della qualità del prodotto, in termini soprattutto di tenerezza
e sapidità.
• A fine maturazione, le carni vengono avviate alla lavorazione nei laboratori di
sezionamento, che in molti sono attigui agli impianti di macellazione.
Successivamente, in forma di mezzene, di quarti o di pezzature inferiori al quarto,
vengono trasferite, mediante automezzi autorizzati, refrigerati ed in possesso di
specifici requisiti igienici, negli esercizi di vendita e lavorazione al dettaglio
(macelleria o supermercato) per essere poi distribuite al consumatore finale. Nella
grande distribuzione la carne viene spesso posta in vendita al libero servizio,
confezionata in apposite vaschette mantenute alla temperature di ¾°C in appositi
banchi espositori. Proprio a seguito dell’emergenza sanitaria legata alla comparsa
del morbo della mucca pazza (encefalopatia spongiforme del bovino), sulle
confezioni di carne deve essere apposta un’etichetta con tutte le informazioni
previste dalla legge, relative all’origine ed alla provenienza, che indicano:

• 1. il Paese di nascita dell’animale
• 2. il Paese di allevamento ed ingrasso
• 3. il numero di Riconoscimento dello stabilimento di macellazione, con la sigla del
relativo Paese Comunitario
• 4. l’identificazione dell’animale o del gruppo di animali che consente di stabilire un
nesso tra animale vivo e taglio anatomico
• 5. ragione sociale e sede del produttore
• 6. peso netto
• 7. denominazione commerciale del prodotto (taglio anatomico/specie animale)
• 8. data di confezionamento e /o scadenza
• 9. lotto produzione
• 10. modalità di conservazione

• Le carni vengono classificate e distinte in due grosse categorie: carni rosse
(ungulati domestici e selvatici) e carni bianche (avicunicole), sulla base del
contenuto in mioglobina.
• I derivati della carne sono:
• Salumi
• Carne in scatola,estratti,tavolette e dadi
• Produzione di uova
Il pesce
• Ogni alimento ha una sua storia che lo accompagna dalla produzione al consumo.
Questo percorso, chiamato “filiera alimentare”, si articola in diverse fasi e permette
al pesce di arrivare dall’acqua sulle tavole del consumatore. La filiera dei prodotti
della pesca ha inizio in modo differente in funzione della modalità di reperimento
del prodotto. La materia prima infatti, può provenire da attività di cattura o di
allevamento.
• Quando pensiamo ai prodotti ittici cioè pesci, molluschi e crostacei, li includiamo
tutti in un unico grande gruppo. In realtà questi alimenti presentano delle
caratteristiche estremamente diverse e le loro filiere alimentari si articolano in fasi
distinte non paragonabili fra loro. Ad esempio i frutti di mare impiegati per
l’alimentazione umana, seguono un percorso molto differente da quello dei pesci
prima di arrivare sulle tavole. Per tale ragione solitamente si distinguono due
filiere alimentari che interessano i prodotti ittici: la filiera dei molluschi eduli
lamellibranchi (mitili, vongole ecc.) e la filiera dei prodotti della pesca (pesci,
crostacei, seppie ecc.).
• Gli stock catturati mediante battute di pesca, dopo lo sbarco, nella maggior parte
dei casi vengono inviato ai mercati ittici e agli impianti per le aste. Queste strutture
rappresentano non solo il primo luogo di commercializzazione degli alimenti ma
anche la sede del controllo sanitario grazie al quale viene verificata la
corrispondenza degli animali ai requisiti previsti dalla normativa.
• Dai mercati ittici e dagli impianti per le aste, i pesci che hanno superato
favorevolmente gli accertamenti di cui sopra, giungono alla grande e piccola
distribuzione, ad impianti di lavorazione o eventualmente vengono stazionati in
depositi frigorifero. Negli impianti di lavorazione il pesce viene sottoposto ad
operazioni di sezionamento, eviscerazione, filettatura, salatura o produzione di
conserve e semiconserve ed in seguito, dopo aver subito tali trasformazioni, giunge
alle strutture per la distribuzione dove diviene accessibile al consumatore. Non
tutti i pesci, però, subito dopo la cattura vengono inviati ai mercati ed alle aste.
Esistono, infatti, dei veri e propri stabilimenti galleggianti denominati navi officina
che oltre a procedere direttamente alle operazioni di pesca compiono a bordo una
serie di lavorazioni sul pescato (eviscerazione, filettatura, congelamento o
surgelazione, salatura o produzione di conserve ecc.). Dai mercati ittici e dagli
impianti per le aste, i pesci che hanno superato favorevolmente gli accertamenti di
cui sopra, giungono alla grande e piccola distribuzione, ad impianti di lavorazione o
eventualmente vengono stazionati in depositi frigorifero. Negli impianti di
lavorazione il pesce viene sottoposto ad operazioni di sezionamento, eviscerazione,
filettatura, salatura o produzione di conserve e semiconserve ed in seguito, dopo
aver subito tali trasformazioni, giunge alle strutture per la
• distribuzione dove diviene accessibile al consumatore. Non tutti i pesci, però, subito dopo
la cattura vengono inviati ai mercati ed alle aste. Esistono, infatti, dei veri e propri
stabilimenti galleggianti denominati navi officina che oltre a procedere direttamente alle
operazioni di pesca compiono a bordo una serie di lavorazioni sul pescato (eviscerazione,
filettatura, congelamento o surgelazione, salatura o produzione di conserve ecc.).
• Per i prodotti della pesca esposti alla vendita al dettaglio interi o decapitati, tagliati a pezzi
o in filetti oppure triturati ma non per i prodotti cotti o altrimenti preparati, è obbligatorio
indicare in etichetta : 1) la denominazione commerciale della specie (per esempio ‘trota’) e
talvolta quella scientifica; 2) il metodo di produzione (per esempio pescato, allevato). In
riferimento alla pesca in mare, quando non sussistono dubbi circa il fatto che il pesce sia
stato catturato e non allevato, è consentito omettere il metodo diproduzione (per esempio
è possibile per le sardine, le acciughe, gli sgombri, etc…) 3) la zona di cattura.
• Per capire se un pesce è fresco o meno possiamo osservare alcune sue caratteristiche come
la rigidità del corpo, l’odore, l’aspetto generale, la consistenza delle masse muscolari,
l’occhio e le branchie. La rigidità del corpo detta anche rigidità cadaverica si riscontra
solamente nel pesce appena pescato, quindi freschissimo, e scompare rapidamente a
distanza di poche ore. Non deve essere confusa con la rigidità del pescato dovuta al
congelamento. I prodotti della pesca freschi hanno, inoltre, un odore delle masse muscolari
e delle branchie non sgradevole, di alghe o di mare, un buon aspetto generale, con colore
del corpo da brillante a lievemente opaco e consistenza delle carne soda. Infine gli occhi
dei prodotti freschi sono convessi, sporgenti, con aspetto dal vivo al vitreo, la pupilla e
l’iride sono di colore intenso e brillante mentre le branchie hanno un odore di acqua
marina ed un colore vivo, bordeaux o rosso intenso.

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