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La rivoluzione astronomica

Tycho Brahe, Kepler, Galilei


Il sistema del mondo aristotelico-tolemaico
Il sistema copernicano
Il compromesso di Thyco Brahe
Un sistema intermedio:
Tycho Brahe (1546-1601)
• Brahe rifiutò sia la teoria
tolemaica che quella
copernicana ■Il risultato fu
l’elaborazione di un sistema
intermedio tra quelli di
Tolomeo e Copernico Nella
teoria di Brahe, la Terra
mantiene una posizione
immobile e centrale, come in
Tolomeo, ma attorno a essa
ruotano soltanto la Luna e il
Sole; gli altri cinque pianeti
ruotano invece intorno al Sole
■Brahe nega l’esistenza delle sfere
cristalline, ammesse sia da Tolomeo che Il sistema thyconico
da Copernico
■1572: apparizione di una nuova stella nella
distrugge le sfere
costellazione di Cassiopea: secondo
Brahe si doveva trovare nella sfera delle
cristalline
stelle fisse
■Nei cieli immutabili quindi si era
verificato un mutamento e ciò metteva in
crisi l’assunto aristotelico della
differenza tra mondo celeste e mondo
terrestre
■1577: apparizione di una cometa. Secondo
Brahe si trovava al di là del Sole. Nel
suo spostamento quindi avrebbe dovuto
attraversare le sfere cristalline solide, il
che però è impossibile Le sfere
cristalline non sono reali, ma servono
solo a rendere intelligibili i moti dei
pianeti
• Osservando nel 1563 una congiunzione di
Giove e Saturno si rese conto che anche le Thyco Brahe:
più recenti e aggiornate tavole l’accuratezza
astronomiche (le Tabulae Prutenicae di
Erasmo Rehinold) erano in errore di dell’osservazione
parecchi giorni.  
 Cominciò a progettare e  collezionare
strumenti di osservazione sempre più
imponenti fra cui un grande quadrante per
osservazioni stellari e un globo celeste sul
quale andava segnando le posizioni delle
stelle.  
Il grande contributo di Tycho Brahe
all'astronomia fu infatti soprattutto quello
di imporre l'esigenza di misurazioni e
osservazioni continue e sempre più
precise, a differenza dei precedenti
astronomi che, influenzati dalla
concezione aristotelica, davano molta più
importanza agli aspetti qualitativi che a
Il re Federico II, che era un protettore
delle arti e delle scienze, per timore Uraniborg: il castello
di perderlo gli fece un dono favoloso: dell’astronomia
gli conferì l'isola danese di Hveen
con tutte le rendite che produceva e si
impegnò a costruirgli un osservatorio
a spese dello stato.   Nacque così un
grande edificio chiamato Uraniborg
(castello del cielo), una singolare
costruzione situata nel mezzo di un
giardino quadrato circondato da mura
come una fortezza e orientato con i
vertici verso i quattro punti cardinali.
Il castello possedeva torri di
osservazione con tetti mobili, una
biblioteca, un laboratorio di alchimia
e altri locali di lavoro e di abitazione.
Vi installò molti strumenti
astronomici (sestanti, armille
equatoriali, strumenti parallattici,
Keplero (1571-1630)
• Il Mysterium Cosmographicum (1596) e il copernicanesimo.
• Perché i pianeti sono proprio 6?
• Perché essi sono disposti precisamente a quelle distanze dal sole?
• Perché possiedono esattamente quelle velocità e quei periodi di
rivoluzione intorno al sole?
• Keplero nell’ideare un modello geometrico del cosmo
copernicano, che spiegasse le reciproche distanze tra pianeti
decise di interporre alle sei sfere planetarie i cinque sferoidi nel
seguente ordine: sfera di Saturno - cubo – sfera di Giove -
tetraedro – sfera di Marte - dodecaedro – sfera della Terra -
icosaedro – sfera di Venere - ottaedro – sfera di Mercurio.
Ognuno dei poliedri è inscritto nella sfera del pianeta
immediatamente superiore e circoscrive la sfera del pianeta
immediatamente inferiore
Il mondo di Copernico e i poliedri regolari
• J. Kepler ( Mysterium
Cosmographicum): “non ho
esitazioni ad asserire che tutto
ciò che Copernico ha
dimostrato a posteriori, sulla
base delle osservazioni
interpretate geometricamente,
può essere interpretato a priori,
senza far ricorso a innaturali
sofismi logici”.
• La fiducia nei poliedri regolari
«In realtà io mi adopero affinché queste
[speculazioni] vengano divulgate quanto
J.Keplero
prima possibile per la gloria di Dio, che vuole
essere riconosciuto attraverso il libro della
natura; e quanto piú altri aggiungeranno
[nuovi risultati] a partire da quelle, tanto piú
sarò soddisfatto, senza invidia per alcuno. Ho
fatto questo voto a Dio, e questa è la mia
risoluzione. Volevo essere teologo, e mi sono
angustiato a lungo: ed ecco che Dio viene
celebrato per mezzo della mia opera
nonostante mi occupi di astronomia. Tanto
che, infine, stupito, prorompo
nell'esclamazíone di Pietro: Stai lontano da
me, perché sono un peccatore. Se mai avessi
voluto essere astronomo, se non avessi
intrapreso ogni cosa per divertimento, la mia
meraviglia sarebbe minore».
• I pianeti sono soltanto sei
perché sei sono le sfere
Le certezze metafisiche
che racchiudono i 5 e
poliedri regolari i dubbi scientifici di
• Le distanze fra i pianeti Kepler
sono determinate dai
rapporti fra i diametri
delle sfere inscritte e
circoscritte ai poliedri
regolari
• Il modello si accordava
“abbastanza bene” coi
dati osservativi ma c’era
una discrepanza non
trascurabile per Mercurio
e per Saturno
Kepler: l’Astronomia nova (1609)
■Eliminate le sfere cristalline, qual è
la causa che fa muovere i pianeti?
Questa è la domanda di fondo che si
pone Keplero L’Astronomia nova
(1609) ha un’importanza duplice:
• 1) Keplero vi enuncia la scoperta
delle prime due leggi planetarie, che
ancora oggi portano il suo nome;
• 2) respinge la presunta
inconciliabilità tra astronomia
matematica e astronomia fisica
Kepler: le leggi planetarie
■Nella cosmologia tradizionale, il moto circolare era l’unico
moto perfetto e naturale
■Lavorando sui dati del pianeta Marte, Keplero si accorse che
il pianeta sembrava muoversi in modo irregolare e la stessa
difficoltà riguardava la Terra In altre parole: anche la Terra
non si spostava di moto uniforme, ma aumentava di velocità
quando era vicina al Sole e diminuiva quando se ne
allontanava
• Il moto della Terra era quindi simile a quello degli altri
pianeti
• Il problema consisteva nel trovare un’espressione
matematica che spiegasse la variazione di velocità del
pianeta rispetto alla sua distanza dal Sole
Il tortuoso percorso verso la seconda legge:
il moto di Marte, il modello copernicano e
le osservazioni di Brahe
Nel capitolo 24
dell’Astronomia nova
Keplero confronta tra
loro con il metodo
delle triangolazioni i
sistemi di Copernico,
Tolomeo, e Brahe, per
quanto riguarda le
orbite di Marte e della
Terra
La misura tramite triangolazione
• Si ponga, ad esempio, di dover misurare la distanza da un oggetto distante sulla
Terra. Applicando il metodo della triangolazione, sarà possibile ottenere
gradualmente anche una mappa della superficie terrestre. La procedura è la
seguente: si vede un oggetto in una certa direzione rispetto al sito n. 1 (angolo V1) e
se ci si sposta per una distanza nota chiamata "linea di base", si vede l'oggetto in
una direzione diversa rispetto al sito n. 2 (angolo V2). Del triangolo "oggetto - sito
n. 1 - sito n. 2" , si conoscono un lato e due angoli: è possibile calcolare gli altri lati
e determinare quindi la distanza dall'oggetto. In astronomia quest'effetto è chiamato
"parallasse".
L’uso astronomico della trangolazione
• Per calcolare la distanza fra la Terra ed un corpo celeste, si può procedere in modo
analogo. Si era già palesata la necessità di misurare un angolo di vista di un corpo celeste
rispetto ad una direzione fissa, conosciuta da due osservatori separati da una certa distanza
e non in contatto fra loro. Questa direzione fissa può essere data da una stella che nel cielo
occupa una posizione vicina al corpo celeste dal quale si vuole misurare la distanza, ma
non sufficientemente distante dalla Terra per essere considerata infinita. In altre parole, la
sua parallasse dovrebbe essere considerata uguale a zero: da qualsiasi punto della Terra la
si osservi, la si vede sempre nella stessa direzione. Ne deriva che si possono usare stelle
con parallasse diurna trascurabile. Questo metodo è stato applicato da Keplero al pianeta
Marte già nel XVII secolo. Nel caso di Marte, per stimare la distanza fra lo stesso e la
Terra è sufficiente conoscere il principio della parallasse ed effettuare un calcolo usando
una linea di base definita (determinata dalla distanza degli osservatori)
La tavola, tratta dal
capitolo 27 di
Astronomia nova ,
spiega come Keplero
dimostrò con il
metodo delle
triangolazioni che
l’orbita di Marte non è
circolare
Kepler: la seconda legge
• Ogni pianeta si muove nella sua
orbita non con velocità
linearmente uniforme, ma in
modo che il raggio vettore che
unisce il pianeta al Sole descrive
in intervalli di tempo uguali aree
uguali Ciò implica il
superamento del concetto di
uniformità: il moto della Terra e
dei pianeti è realmente non
uniforme, e non solo in
apparenza
Kepler: la prima legge
• Stabilita la non uniformità dei moti planetari, qual è la forma
dell’orbita dei pianeti?
• La difficoltà di mantenere Marte entro un’orbita circolare,
portò Keplero a valutare altre possibilità
• La scoperta fu che l’orbita era un’ellisse. Questa era per
Keplero un’illuminazione: non solo infatti concordava con i
dati osservativi, ma soddisfaceva in pieno la seconda legge
delle aree uguali in tempi uguali, posto che il Sole si trovi in
uno dei due fuochi
• Ecco quindi la prima legge: ogni pianeta si muove intorno al
Sole su una traiettoria ellittica, di cui il Sole occupa uno dei
due fuochi
• L’ellisse rappresentò una vera semplificazione: il moto dei
pianeti veniva descritto con un’unica curva chiusa, spazzando
via la farragine di epicicli, eccentrici, deferenti ed equanti
Le orbite dei pianeti sono ellissi:
Chiarimenti terminologici:
a = semiasse maggiore
b = semiasse minore
c = semidistanza focale
e = eccentricità (rapporto c/a)
L'eccentricità varia da 0 a 1. Il valore 0 corrisponde a una circonferenza; con i valori
prossimi a 1 l'ellisse appare molto schiacciata.
L’abbandono delle orbite circolari
Il moto irregolare di Marte (a sinistra) e il tentativo di
pervenire all’ellisse
La terza legge: L’Armonia del mondo
■Questa legge fu enunciata da Keplero dieci anni dopo negli
Harmonices mundi (1619) “I quadrati dei periodi di rivoluzione dei
pianeti sono nello stesso rapporto dei cubi delle rispettive distanze dal
Sole”
La ricerca dell’armonia celeste
• Gli Harmonices mundi libri V
(1618)
• 1° libro: sulle figure
geometriche regolari e le
proporzioni armoniche
• 2° libro: sulle figure regolari
piane e solide
• 3° libro: sull’armonia
• 4° libro: metafisica, astrologia
• 5° libro: astronomico e
metafisico, sull’armonia del
mondo
Il presupposto pitagorico di
Keplero: “Tutto è numero”
• Il numero come arché
• Dal caos al cosmo: il
numero come principio
d’ordine
• Armonia musicale e
armonia del mondo
• Le consonanze musicali:
ottava (2:1); quinta (3:2);
quarta (4:3)
Pitagora: l’armonia musicale
• Epogdoon = rapporto di
9/8 che caratterizza il
tono pitagorico.
Diatéssaron = intervallo
quarta (es. Do-Fa.
Diapénte = intervallo di
quinta (es. Do-Sol).
Diàpason = intervallo di
ottava (es. Do-Do).
• I numeri nella parte
superiore 6, 8, 9, 12
indicano l'ottava (6,12),
la quinta (6,9 e 8,12), la
quarta (6,8 e 9,12) e la
fondamentale (12,12).
• Le 10 "I" in basso
rappresentano la
tetractis (1+2+3+4=10)
Kepler: Musica
mundana, humana,
instrumentalis
• L’armonia delle sfere celesti
come quella degli strumenti
musicali e dell’anima
dell’uomo, segue le
medesime consonanze
fondamentali, esprimibili
nelle proporzioni che
determinano gli intervalli
musicali.
• Se si considerano le distanze
dal sole e le velocità (quindi i
periodi di rivoluzione) anche
i pianeti seguono un loro
spartito musicale.
La musica dei pianeti
• I moti degli astri tradotti in musica, in una pagina dell'opera di
Keplero Harmonices Mundi
• L'armonia non udibile dei pianeti quale fu calcolata da Keplero.
Per lui questa armonia era la manifestazione dei rapporti
geometrici che avevano guidato Dio nell'opera della creazione
3ª legge di Keplero
La formulazione T in anni, a in unità astronomiche; quindi T2 = a3
Le discrepanze dipendono dalla scarsa precisione
della terza legge
Pianeta Periodo T Dist. a dal Sole T2 a3</SUP< i>
• L’infruttosa ricerca di una
proporzione lineare o
Mercurio 0,241 0,387 0,05808 0,05796
quadratica fra distanze e
periodi di rivoluzione
Venere 0,616 0,723 0,37946 0,37793
• L’individuazione della
proporzione sesquialtera Terra 1 1 1 1
dell’intervallo di quinta (3:2)
• La legge dei pianeti Marte 1,88 1,524 3,5344 3,5396

Giove 11,9 5,203 141,61 140,85

Saturno 29,5 9,539 870,25 867,98

Urano 84,0 19,191 7056 7068

Nettuno 165,0 30,071 27225 27192

Plutone 248,0 39,457 61504 61429


La terza legge e
i satelliti
• La terza legge di
Keplero  regola anche i
tempi di rivoluzione  dei
satelliti artificiali  attorno
alla Terra. Un satellite
che gravita  a 6.5 raggi
terrestri  in un'ora
percorre 15 gradi  e
quindi compie una
rivoluzione in 24 ore;
perciò se orbita sul piano
equatoriale  della Terra,
appare sempre fisso 
sopra una medesima
località. Un tale satellite
si dice sincrono.
L’esigenza di una fisica celeste per il sistema
copernicano
■La descrizione matematica del moto dei pianeti, secondo
Keplero, doveva essere fondata su una teoria fisica dell’universo
■A questo fine, Keplero utilizza la filosofia magnetica di William
Gilbert e si rifa alla tradizione della metafisica della luce
■Il Sole, anima mundi, è dotato di una forza o virtù motrice che fa
girare i pianeti intorno a esso. E anche i pianeti, inclusa la Terra,
sono dotati di una virtù magnetica Il Sole emette una specie
immateriale simile alla luce che ruota intorno al vortice
trasportando con sé i pianeti; questa forza motrice diminuisce in
ragione della distanza dei pianeti: quanto più il pianeta si
allontana dal Sole, tanto più debole è l’efficacia di tale forza, e
tanto minore è la velocità del pianeta
Frontespizio
delle tavole
rudolfine,
calcolate sulla
base del sistema
copernicano
Galileo Galilei e il sistema
copernicano
• Nella lettera a Keplero del 4 agosto 1597, Galileo, nel
ringraziarlo della copia del Mysterium che aveva ricevuto
scriveva:
• "...da anni ho adottato la dottrina di Copernico e il suo
punto di vista consente di spiegare svariati fenomeni
naturali che rimangono certamente inspiegabili in base alle
teorie correnti. Ho redatto numerosi argomenti in suo
appoggio e di confutazione dell'opinione contraria, che
tuttavia non ho ancora osato pubblicare apertamente,
temendo la sorte di Copernico stesso, il nostro maestro
che, se si è guadagnato gloria immortale agli occhi di taluni,
rimane per una infinita moltitudine ( è tale il numero degli
sciocchi) un oggetto di ridicolo e di derisione..."
Galilei, il telescopio e il Sidereus
Nuncius (1610)
• L’uso del telescopio
• La scoperta delle montagne lunari
• La scoperta dei satelliti di Giove
• L’osservazione della via lattea
• L’osservazione delle fasi di Venere (1611)
• L’osservazione delle macchie solari (1612)
Le conferme osservative del Copernicanesimo
• Il primo cannocchiale costruito Il cannocchiale
da Galileo (nel giugno del 1609)
aumentava del triplo la potenza galileiano
della vista umana. In seguito egli
lo potenziò di otto e infine di
venti volte, e presentò questo
innovativo strumento al governo
di Venezia
• Grazie a questo strumento,
Galileo non solo mise in crisi la
concezione aristotelico-
tolemaica del mondo, ma la sua
vera rivoluzione consistette
nell’aver portato il telescopio nel
mondo della scienza, usandolo
come uno strumento scientifico
e concependolo come un
potenziamento delle facoltà
sensoriali, in particolare della
vista.
Nell’ottica di Keplero
• Galilei, nel Sidereus Nuncius, non dimostra di possedere a pieno i
principi ottici che spiegano il funzionamento del suo
cannocchiale.
• Il problema viene affrontato da Keplero, il quale viene chiamato a
dare un giudizio sul cannocchiale di Galileo e sulle sue
osservazioni. Dopo un breve periodo di incertezza, Keplero si
pronuncia a favore dello strumento nel settembre del 1610 con la
Narratio de observatis a se quatuor Jovis satellitibus erronibus,
quos Galilaeus Mathematicus Florentinus pure inventionis
Medicea Sidera nuncupavit e scrive a Galileo la famosa frase
«Vicisti Galilaee!».
• Ma ciò che è più importante, nello stesso mese di settembre
Keplero scrive il Dioptrice, una teoria scientifica completa sulle
lenti che entrano così definitivamente e stabilmente nel mondo
accademico.
Come funziona il cannocchiale?
• Con riferimento alla figura, ecco i parametri principali di un telescopio (fra
parentesi i termini che normalmente si sottintendono):
D, diametro (dell'obbiettivo). F, (lunghezza) focale f, (lunghezza) focale
dell'oculare
Nota: l'immagine sul Piano Focale è "messa a fuoco" quando nel telescopio
coincidono il fuoco di destra dell'obbiettivo con quello di sinistra dell'oculare
(situazione verificata nel disegno).
• Rapporto focale (o "luminosità")= F/D; Potere risolutivo (in secondi d'arco)=
120/D; Ingrandimento I = F/f; Pupilla d'uscita= D/I (è la grandezza del campo di
piena luce all'oculare)
Immagini ingrandite
• Ingrandimento minimo sfruttabile Im= D/diametro della pupilla
dell'occhio(normalmente la pupilla umana adattata al buio arriva ad un diametro di
6mm). Usando l'ingrandimento minimo, la pupilla d'uscita del telescopio sarà
uguale alla pupilla dell'osservatore: al di sotto dell'Im la pupilla del telescopio sarà
piì grande di quella dell'osservatore con la conseguenza che una parte della luce
raccolta dall'obbiettivo andrà sprecata.
Ingrandimento massimo sfruttabile I_M=2D, con il diametro espresso in
millimetri (per i rifrattori di buona costruzione può essere anche 3D o persino di
più).
Keplero spiega il
funzionamento
del telescopio di
Galilei
• Le montagne e le valli della luna
confermavano la somiglianza tra la
Le montagne
sostanza celeste e quella terrestre, e della Luna
quindi la natura omogenea della
materia di cui l’universo è costituito.
Per quanto riguarda le stelle fisse,
egli descrisse come il telescopio
aggiungesse, al ristretto numero che
poteva essere visto a occhio nudo,
“altre stelle, a miriadi, che non sono
mai state viste prima, e che sono
dieci volte più numerose delle
vecchie stelle precedentemente
conosciute”. Così, attraverso il
telescopio, la Via Lattea appariva
“una massa di innumerevoli stelle
raggruppate insieme in ammassi”.
Una nuova
immagine di
Cinzia
• Ludovico Cigoli e
la luna di Galilei
• La scoperta di gran lunga più rilevante I pianeti medicei:
fu quella dei satelliti di Giove che egli
battezzò “Stelle medicee”, in onore di
anche Giove ha i
Cosimo II de’ Medici, Granduca di satelliti
Toscana; egli le osservò per la prima
volta nel gennaio del 1610 e riuscì a
calcolarne con considerevole precisione
il periodo orbitale. Questo assestava
ancora un duro colpo alle ipotesi
aristoteliche perché uno dei punti a
favore della fissità della terra era la
difficoltà di pensare che un oggetto
come la Luna potesse orbitarvi attorno
se essa non fosse ferma al centro
dell’universo; l’osservazione di “lune”
di un altro pianeta dimostrava quindi la
falsità di quest’argomentazione
Lo studio del
periodo dei satelliti
di Giove: Galilei e la
longitudine
L’osservazione delle fasi di Venere e la conferma
osservativa del copernicanesimo
• Le fasi di Venere
confermavano
secondo Galilei la
“verità” del sistema
copernicano.
• Osiander aveva
proposto la sua
epistemologia
strumentalista
facendo leva proprio
sulla mancanza delle
fasi di Venere e della
variazione apparente
del suo diametro
L’anagramma di Galileo a Keplero
• Nel dicembre del 1610, Galileo mandò un anagramma a Giuliano
de' Medici per farlo recapitare a Keplero. Si trattava di una frase
intelligibile:
• HAEC IMMATURA A ME IAM FRUSTRA LEGUNTUR OY
• Dopo un mese, Galileo rivelò all'ambasciatore la soluzione
dell'anagramma:
CYNTHIAE FIGURAS AEMULATUR MATER AMORUM
(La madre dell'amore emula le forme di Cynthia)
• La mater amorum era, naturalmente, Venere, e Cynthia, la Luna.
Galileo aveva scoperto che il secondo pianeta mostrava delle fasi
cicliche analoghe a quelle lunari (ciò costituiva una prova che
girava attorno al Sole).
Le fasi di Venere erano inconciliabili con il
sistema aristotelico-tolemaico
..ma potevano essere spiegate dal modello di
Tycho Brahe
Le macchie solari: Galilei e Scheiner

• La corruttibilità dei cieli e,


quindi l’infondatezza della
fisica celeste di Aristotele,
è confermata dalla
scoperta delle macchie
solari (1611-1612)
• Oltre a Galilei anche
padre Scheiner osserva le
macchie solari
• I matematici Gesuiti del
Collegio Romano
confermano le scoperte di
Galilei (1611)
Il copernicanesimo non è soltanto un’ipotesi
matematica: obiezioni teologiche
• Le accuse di Ludovico delle Colombe
• Le accuse di eresia di due domenicani: Caccini e Lorini
• Come si concilia il copernicanesimo con la Sacra Scrittura?
• Scienza e fede secondo Galilei: la lettera a Benedetto Castelli (1613);
la lettera alla Granduchessa di Toscana Cristina di Lorena (1615).
• Lo scienziato riteneva che la Bibbia fosse indispensabile per la
salvezza spirituale degli uomini e che, riguardo a questo, la sua
autorità fosse assoluta. Dall’altra parte, era profondamente convinto
che la Bibbia non dovesse influire sulla conoscenza che l’uomo può
raggiungere con i sensi e la ragione.
• Galileo definì la Bibbia e la natura come due libri scritti entrambi
dalla mano di Dio: gli autori della Bibbia furono ispirati dallo Spirito
Santo per parlare alla gente ignorante, mentre la natura altro non è che
la manifestazione della volontà di Dio.
La lettera a Benedetto Castelli (1613)
• “Stante, dunque, che la Scrittura in molti luoghi è non solamente
capace, ma necessariamente bisognosa d'esposizioni diverse
dall'apparente significato delle parole, mi par che nelle dispute
naturali ella doverebbe esser riserbata nell'ultimo luogo: perché,
procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura,
quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come
osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio; ed essendo, di più,
convenuto nelle Scritture, per accomodarsi all'intendimento
dell'universale, dir molte cose diverse, in aspetto e quanto al
significato delle parole, dal vero assoluto; ma, all'incontro, essendo la
natura inesorabile e immutabile e nulla curante che le sue recondite
ragioni e modi d'operare sieno o non sieno esposti alla capacità de gli
uomini, per lo che ella non trasgredisce mai i termini delle leggi
imposteli; pare che quello de gli effetti naturali che o la sensata
esperienza ci pone innanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci
concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio per
luoghi della Scrittura ch'avesser nelle parole diverso sembiante, poi
che non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi
com'ogni effetto di natura”.
La posizione della Chiesa e del cardinale Bellarmino
• Lettera di Bellarmino a Foscarini (12 aprile 1615)
• 1. “Dico che mi pare che V.P. et il Sig. Galileo facciano
prudentemente a contentarsi di parlare ex suppositione e non
assolutamente, come io ho sempre creduto che habbia parlato il
Copernico. Perché il dire che, supposto che la terra si muova et il
sole stia fermo si salvano tutte le apparenze meglio che con porre
eccentrici et epicicli, è benissimo detto, et non ha pericolo
nessuno, e questo basta al mathematico: ma volere affermare che
realmente il sole stia nel centro del mondo, e solo si rivolti in se
stesso senza correre dall’oriente in occidente, e che la terra stia
nel 3° cielo e giri con somma velocità intorno al sole, è cosa
molto pericolosa non solo d’irritare tutti i filosofi e theologi
scholastici, ma anco di nuocere alla Santa fede con rendere false
le Scritture Sante…”
La Bibbia e il copernicanesimo secondo Bellarmino
• 2. “Dico che, come lei sa, il Concilio prohibisce esporre le Scritture
contra il comune consenso de’ Santi Padri e se la P.V. vorrà leggere
non dico solo li Santi Padri, ma li commentari moderni sopra il
Genesi, sopra i Salmi, sopra l’Ecclesiaste, sopra Giosuè, trovarà che
tutti convengono in esporre ad litteram che il sole è nel cielo, e che la
terra è immobile”.
• 3. “Dico che quando ci fusse vera dimostratione che il sole stia nel
centro del mondo e la terra nel 3° cielo, e che il sole non circonda la
terra, ma la terra circonda il sole, alhora bisognarà andar con molta
consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più
tosto dire che non l’intendiamo, che dire che sia falso quello che si
dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che non
mi sia mostrata; né è l’istesso dimostrare che supposto che il sole stia
nel centro e la terra nel cielo, si salvino le apparenze, e dimostrare che
in verità il sole stia nel centro e la terra nel cielo; perché la prima
dimostratione credo che ci possa essere, ma della seconda ho
grandissimo dubbio; et in caso di dubbio non si dee lasciare la
Scrittura Santa, esposta da’ santi Padri”.
Galileo Galilei e il
card.Bellarmino (1616)

Le sacre scritture
insegnano come si
vadia in cielo non
come vadia il cielo

Il sig. Galilei
farebbe bene
a parlare ex
suppositione
La chiesa condanna Copernico
Decreto della Congregazione del Santo
Uffizio del 5 marzo 1616
• “E poiché è anche pervenuto a conoscenza della predetta Sacra
Congregazione che quella dottrina pitagorica, falsa e del tutto
contraria alla divina Scrittura, sulla mobilità della terra e
sull’immobilità dle sole, insegnata anche da Nicolò Copernico
nel De revolutionibus orbium coelestium , …, si sta divulgando
ed è accettata da molti,…,affinché una tale opinione non
serpeggi ulteriormente a pernicie dlela verità cattolica, ha
decretato di sospendere, finché non siano corretti, i detti Nicola
Copernico De revolutionibus e Didaco Astunica su Giobbe; che il
libro del padre Paolo Antonio Foscarini Carmelitano sia invece
del tutto da proibire e condannare; e che tutti gli altri libri, che
parimenti insegnano lo stesso siano da proibire; come di fatto il
presente Decreto li proibisce, condana e sospende
rispettivamente tutti”.
Il caso Galileo: scienza e fede
• La condanna del Dialogo (1632)
• Il processo a Galileo: 1633
• I retroscena: la guerra dei Trenta anni e la politica
filofrancese di Urbano VIII
• La politica dei gesuiti e le pressioni della Spagna
• Gli intrighi dei gesuiti: Grassi e Scheiner
• Galilei recidivo: l’ammonizione di Bellarmino
(1616)
Galileo eretico?
• La tesi di Pietro
Redondi
• L’atomismo del
Saggiatore e il dogma
eucaristico
• Il processo per
copernicanesimo come
specchietto per le
allodole
• La condanna di Galileo
pilotata da Urbano VII
e da Francesco
Barberini
Atto d’abiura di Galilei
• Io Galileo, figliuolo del quondam Vincenzo Galileo di Fiorenza, dell’età mia d’anni
70, costituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Eminentissimi
e Reverentissimi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l’eretica pravità
generali Inquisitori; avendo davanti gl’occhi miei li sacrosanti Vangeli, quali tocco
con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l’aiuto di Dio
crederò per l’avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la Santa Cattolica e
Apostolica Chiesa. Ma perché da questo S. Offizio, per aver io, dopo d’essermi
stato con precetto dall’istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi
lasciar la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che non si muova e che la
terra non sia centro del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere
né insegnare in qualsivoglia modo, né in voce né in scritto, la detta falsa dottrina, e
dopo d’essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e
dato alle stampe un libro nel quale tratto l’istessa dottrina già dannata e apporto
ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono
stato giudicato veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto che il
sole sia centro del mondo e imobile e che la terra non sia centro e che si muova.
Una questione ancora aperta
• Pertanto volendo io levar dalla mente delle Eminenze Vostre e d’ogni fedel
Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor
sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e
generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla Santa
Chiesa; e giuro che per l’avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto,
cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun
eretico o che sia sospetto d’eresia lo denonziarò a questo S. Offizio, o vero
all’Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò.
• Giuro anco e prometto d’adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che
mi sono state o mi saranno da questo S. Offizio imposte; e contravenendo ad alcuna
delle dette mie promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte
le pene e castighi che sono da’ sacri canoni e altre constituzioni generali e
particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m’aiuti e questi
suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani.
• Io Galileo sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e
in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia
abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel convento della Minerva,
questo dì 22 giugno 1633.

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