Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Aristotele (383 a.C. – 322 a.C.) è stato un filosofo, scienziato e logico greco antico. Aristotele è ritenuto una
delle menti più universali, innovative, prolifiche e influenti di tutti i tempi, sia per la vastità che per la
profondità dei suoi campi di conoscenza, compresa quella scientifica. Con Platone, suo maestro, e Socrate è
considerato anche uno dei padri del pensiero filosofico occidentale, che soprattutto da Aristotele ha ereditato
problemi, termini, concetti e metodi.
Aristotele tratta nelle sue opere della conformazione dell'universo. Aristotele propone un
modello geocentrico, che pone cioè la Terra al centro dell'universo.
Secondo Aristotele, la Terra è formata da quattro elementi: la terra, l'aria, il fuoco e l'acqua. Le varie
composizioni degli elementi costituiscono tutto ciò che si trova nel mondo. Ogni elemento possiede due delle
quattro qualità della materia:
Il secco (terra e fuoco),
L’umido (aria ed acqua),
Il freddo (acqua e terra),
Il caldo (fuoco e aria).
Ogni elemento ha la tendenza a rimanere o a tornare nel proprio luogo naturale, che per la terra e l'acqua è
il basso, mentre per l'aria e il fuoco è l'alto. La Terra come pianeta, quindi, non può che stare al centro
dell'universo, poiché è formata dai due elementi tendenti al basso, e il "basso assoluto" è proprio il centro
dell'universo.
Aristotele riteneva che i corpi celesti si muovessero su sfere concentriche. Oltre la Terra per lui vi erano, in
ordine, la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno, e, infine, il cielo delle stelle fisse, così
chiamate perché come incastonate nel cielo sembravano immobili nelle loro posizioni relative sulla sfera
celeste.
La sfera delle stelle fisse è chiamata da Aristotele primo mobile perché metteva tutte le altre sfere in
movimento. Poiché ogni effetto risale a una causa, il moto delle stelle fisse deve dipendere da una causa
prima, una causa che deve essere in causata affinché non si risalga all'infinito nella ricerca della prima causa.
Nella catena dei movimenti vi è dunque il primo motore immobile, causa di movimento ma di per sé
immobile, poiché essendo atto puro, in quanto immateriale, in lui non vi è divenire e movimento: egli rimane
eternamente identico a sé stesso, immobile e distante dalle cose terrene ma tuttavia egli è anche "motore" in
quanto la sua presenza mette in moto tutto ciò che è imperfetto che guarda, aspira e tende a Lui come una
somma perfezione identificabile con la divinità suprema. Il primo mobile si muove quindi per un desiderio di
natura intellettiva, cioè tende a Dio come propria causa finale. Cercando dunque di imitare la sua perfetta
immobilità, esso è contraddistinto dal moto più regolare e uniforme che ci sia: quello circolare.
Aristotele era convinto dell'unicità e della finitezza dell'universo: l'unicità perché se esistesse un altro
universo sarebbe composto sostanzialmente dei medesimi elementi del nostro, i quali tenderebbero, per
i luoghi naturali, ad avvicinarsi al nostro fino a ricongiungersi completamente con esso, ciò che prova
l'unicità del nostro universo; la finitezza perché in uno spazio infinito non potrebbe esistere alcun centro, ciò
che contravverrebbe alla teoria dei luoghi naturali.
Aristarco di Samo
Aristarco di Samo (310 a.C. – 230 a.C.), a lui è riconosciuto il merito di essere stato il primo aperto
sostenitore del moto della Terra intorno al suo asse e del moto di essa attorno al Sole. A lui cioè è dovuta la
prima formulazione dell’ipotesi eliocentrica. Dato che la Terra si muoveva intorno al Sole lungo un cerchio,
Aristarco ipotizzò che “le stelle, essendo fisse, avrebbero dovuto mostrare un moto annuo apparente nel
cielo, a causa della variazione della posizione della Terra rispetto a loro mentre compiva il suo moto intorno
al Sole”. Questo movimento apparente avrebbe dovuto essere un’ellisse ed è proprio quello che viene oggi
chiamato parallasse annua. Dato che questo movimento non si osservava, egli concluse che le stelle fisse si
dovevano trovare a distanze enormemente maggiori del diametro dell’orbita terrestre. Questa previsione
estremamente azzardata per quei tempi e senza alcun riscontro osservativo era basata solo sulla ferrea
convinzione del moto eliocentrico. Oggi sappiamo che è stata una delle più grandi intuizioni della mente
umana, ma purtroppo idee così rivoluzionarie causarono ad Aristarco non poca avversione tra i
contemporanei.
E’ obbligatorio però illustrare in maggiore dettaglio la teoria di Aristarco e per far ciò riprendiamo dalla
meccanica celeste il concetto di parallasse. Si chiama parallasse annua di una stella A l’angolo sotto il quale
dalla stella si vedrebbe il semiasse dell’orbita terrestre, supposto perpendicolare alla congiungente stella-
Sole. A causa della parallasse, dato che l’osservatore si sposta sull’orbita terrestre, la stella A, descrive
apparentemente una piccolissima ellisse sulla sfera celeste. Talmente piccola che soltanto nel 1838 fu
possibile determinare la parallasse annua della stella più vicina a noi.
Altro motivo di enorme popolarità di cui gode Aristarco è che la sua opera Delle dimensioni e distanze di
Sole e Luna è giunta fino a noi. Aristarco fu infatti il primo ad affrontare il problema di misurare
geometricamente le distanze di Luna e Sole dalla Terra, nonché le dimensioni stesse dei due astri. Egli intuì
correttamente che il problema richiedeva per prima cosa di misurare l’angolo tra Luna e Sole nell’istante
esatto in cui la Luna si trovava in quadratura con il Sole, ossia quando la Luna era al primo o all’ultimo
quarto. Questa configurazione implica il fatto che l’angolo Terra-Luna-Sole sia esattamente retto, ossia
uguale a 90°, come riportato nella figura che s Secondo la misura di Aristarco l’angolo Sole-Terra-Luna
risultò essere “meno di un quadrante di un trentesimo di quadrante”, in altre parole tre gradi meno di novanta
gradi, cioè 87° e quindi l’angolo Luna-Sole-Terra risultava di 3°. Lavorando con il metodo euclideo
determinò che la distanza Terra-Sole era “da 18 a 20 volte la distanza Terra-Luna”. Ovviamente a
quell’epoca la strumentazione di cui poteva disporre Aristarco era grossolanamente imprecisa, e sarebbe
stato assolutamente impossibile per lui misurare l’effettivo angolo Sole-Terra-Luna che è invece di circa 89°
51’. Malgrado il risultato sia estremamente impreciso, resta indubbio il fatto che la strategia osservativa era
perfettamente corretta e geniale. Sicuramente con gli strumenti di oggi Aristarco avrebbe ottenuto un
risultato oltremodo preciso.
Il ragionamento successivo di Aristarco derivò dal fatto che, nelle eclissi totali di Sole, questo viene coperto
per intero dalla Luna. Da ciò si poteva dedurre che i loro diametri apparenti erano eguali Allora, essendo la
distanza Terra-Sole da 18 a 20 volte quella Terra-Luna, anche il raggio del Sole doveva essere da 18 a 20
volte quello della Luna. Ovviamente l’errore iniziale di misura si ripercuoteva nel calcolo delle misure dei
raggi relativi.