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Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 19 Anno II
18 maggio 2010

edizione stampabile

www.arcipelagomilano.org Immagini da Expo Shanghai

Editoriale - L.B.G. - ARREDO URBANO: TROPPI CERVELLI PER LOVVIO Citt Pierfrancesco Majorino - LE ELEZIONI DEL 2011, IL PD, IL CAMBIAMENTO RADICALE DallArcipelago Valentino Ballabio - PROVINCE NELLA MORSA: VIVERE O MORIRE Mobilit - Maurizio Mottini - UN RINASCIMENTO PER MILANO. DALLA STAGNAZIONE AL DECLINO? Lettera Giorgio Galli - IL REFERNDUM IMPROPRIO SU BERLUSCONI Economia Alessandra Tami - CA GRANDA: VALORIZZAZIONE PER CHI Metropoli Giorgio Uberti - EMERGENZA PARCO DELLE CAVE Dal Palazzo Giuseppe Ucciero - RENZO COME FARSI TROTA Cultura Giulio Rubinelli - ADA DI ELISABETTA SETNIKAR Primo piano Rita Bramante - BUON COMPLEANNO ITALIA! Speciale Shanghai 1- Sara Bonanomi - QUALE ITALIA ALLEXPO SHANGHAI 2010? Speciale Shanghai 2 Maria Cristina Paganoni - ALLA FIERA DELLEST: LITALIA SI RACCONTA A SHANGHAI 2010
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IL RETTORE DEL POLITECNICO E I QUATTRO ANNI DELLE SUPERIORI


Musica

GEORG PHILIPP TELEMANN (1681 1767) Magnificat Ensemble Planeta (Classic Acappella Group)
Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola

Editoriale ARREDO URBANO: TROPPI CERVELLI PER LOVVIO LBG


Il nostro sindaco, forse per compensarci del cattivo tempo, cerca di tenerci allegri con le sue trovate: questa volta si inventata la Commissione per larredo urbano. Tutto da ridere e per fortuna tra i commissari c Giorgio Forattini che non ci far mancare qualche irriverente vignetta sui lavori di tanto paludata commissione.(*) Di che cosa dovranno occuparsi lorsignori non del tutto chiaro, chi dice della sistemazione dei monumenti e opere darte in citt, chi di restyling di piazze e strade e chi ancora di cose pi minute: Dal tombino al monumento tanto per parafrasare un vecchio detto dal cucchiaio alla citt - che non ricordo se pronunciato da Gropius o da Rogers. Comunque, tanto per intenderci, secondo me larredo urbano comprende quattro le categorie di oggetti che normalmente percepiamo come presenti nello spazio aperto della citt. Ci sono gli infiniti oggetti tecnologici che i sottoservizi urbani non sono riusciti, spesso per cattiva volont, a nascondere sotto terra o a celare decorosamente: cassette di derivazione dei telefoni, chiusini di gas, acqua e cos via, accessi ai servizi in interrato e intercapedini, trasformatori elettrici a palo e altro ancora. A questi aggiungerei i fili del tram e loro annessi che hanno reso il cielo di Milano una sgradevole ragnatela. (altrove, credetemi, non cos). Una seconda categoria riguarda tutti gli oggetti legati al traffico veicolare e pedonale e alle sue regole; qui a ben vedere dovremmo anche aggiungere oltre ai cartelli stradali forme e tipi di marciapiedi e spartitraffico, interdittori di sosta, parapetti fissi e transenne. Terza categoria i cosiddetti oggetti di cortesia e del viver civile: cestini porta rifiuti, panchine per la sosta, fontanelle pubbliche e, da non dimenticarsi, i pali dellilluminazione urbana, che stanno sul versante della tecnologia ma che in fondo sono proprio oggetti di cortesia (e sicurezza), edicole e chioschi. Ultima, sembrerebbe quella pi adatta alle competenze della commissione, quella costituita dai monumenti e dalle opere darte allaria aperta. Di quale di queste categorie di oggetti si occuperanno dunque? Dovrebbero non lasciar fuori nulla ma in questo caso mi sembrano competenze prevalentemente estranee alla professione della maggior parte dei commissari. Forse la prima cosa da farsi sarebbe stato un elenco completo di chi, a vario titolo, posa oggetti in citt e chi semplicemente ne autorizza la posa. Attorno a questo tavolo si dovrebbe convenire che ognuno levi di mezzo quel che non gli serve pi e subito dopo fare quattro chiacchiere sullutilit di ogni singolo oggetto. Subito dopo accertare quale sia lo stato di manutenzione degli oggetti e soprattutto se la loro posa sia stata corretta (i pali storti non sono una fatalit) e se gli oggetti posati abbiano le caratteristiche per adattarsi alle singole situazioni (un cestino per la carta a forma parellelepipeda posato su un marciapiede inclinato e i marciapiedi per scolare lacqua devono essere inclinati ha unaria di provvisorio terribile) e cos via. Di qui emergerebbero molte indicazioni agli eventuali progettisti per il nuovo. Sempre attorno allo stesso tavolo si dovrebbe discutere della solidit degli oggetti e della loro capacit di resistere allusura del tempo (la maggior parte dei cartelli stradali sono ruotati rispetto alla loro posizione iniziale e gli ultimo modelli di semaforo in plastica hanno la curiosa abitudine di aprirsi). Finalmente arriviamo agli spartitraffico e ai cosiddetti salvagente. Accetto scommesse su chi mi porta un esempio straniero di doppio gradino: gli incroci sembrano il gioco del flipper dove noi e automobili siamo palline impazzite. Lasciamo da parte gli scivoli per handicappati e lasfalto che vi cola destate e altre minuzie. Potremmo andare avanti allinfinito parlando della qualit dellasfalto e della segnaletica orizzontale ma a questo punto ecco la domanda: ci voleva una commissione per risolvere questi problemi? Saranno forse buoni per scegliere le panchine o il modello di cestino porta rifiuti o la collocazione di qualche opera darte, per il resto si tratta prevalentemente dellarte del ben costruire da un lato e dal non dare per scontato il principio che limpedimento fisico ( gradini, parigine, catenelle e allargamento di marciapiedi) possa sostituire lossequio spontaneo alle norme o, ancora meglio la buona educazione.

(*) Stefani Zecchi (Professore ordinario di Estetica) Italo Rota (Architetto) Andreas Kipar (architetto paesaggista) Gianni Mezzanotte (storico dellarchitettura) - Gabriele Basilico (fotografo) Pierluigi Nicolin (professore ordinario di Composizione Architettonica) Roberto Peregalli (architetto) Arnaldo Pomodoro (scultore) Angiola Tremonti (artista, scultrice) Alessandro Balducci (professore ordinario di pianificazione territoriale) Marco Romano (professore ordinario di estetica) Flavio Caroli, (docente di Storia dell'arte moderna) Angela Vettese (docente di storia dellarte contemporanea) Giorgio Forattini (disegnatore satirico) Antonio Anzani (architetto) Andrea Boschetti (architetto Studio Metrogramma)

Citt LE ELEZIONI DEL 2011, IL PD, IL CAMBIAMENTO RADICALE Pierfrancesco Majorino


Manca un anno esatto alle elezioni comunali. Il 2011 sar l'occasione per "ritentare" la sfida per il governo della citt. Non facile prevedere il contesto nazionale nel quale "cadr" l'appuntamento ambrosiano. E forse alla fine questo un bene. Nel senso che la partita tutta sulle nostre spalle. E quando dico "nostre" mi riferisco a uno schieramento ampio che va costruito con un'unica ossessione: la proposta per la citt. Che vuol dire un nucleo di priorit chiare, identificate in modo inequivocabile, che partano dalla citt che si ha in mente e che rendano il centrosinistra milanese maggiormente riconoscibile. O meglio: finalmente riconoscibile. Sul tema, sulle difficolt del centrosinistra e del PD, locale, nordista, nazionale, vi un'ampia letteratura e le opinioni (che spesso portano a conclusioni di segno contrario) non mancano.

Anche Arcipelago le ospita e le ha ospitate. Non voglio aggiungermi ulteriormente al coro poich inequivocabile - e sminuire il tutto semplicemente ridicolo - un fatto: noi dobbiamo ri-generare il centrosinistra. Non aggiustarlo. Non bastano quindi piccole operazioni sulle facce o su qualche parola d'ordine. E magari Milano pu essere un buon banco di prova. La prima domanda da porsi, nella sua brutale semplicit, in un tempo di ricostruzione, pu essere che tipo di cambiamento dobbiamo offrire candidandoci a essere un'alternativa credibile e ambiziosa al centrodestra. Rispondo, per quella che la mia personalissima opinione, cos: serve un cambiamento radicale. Non basta, al futuro di questa citt, un aggiustamento di look. Prendiamo la gestione della cosa pubblica. L'amministrazione comunale, laddove servirebbero legalit, efficienza, meritocrazia, segnata dal caos che contraddistingue le societ partecipate, spesso protagoniste di episodi di malagestione e di pura occupazione del potere, da palesi irregolarit, da una scarsa efficienza complessiva della "macchina", dall'assenza sistematica di chiarezza (vedi alla voce: EXPO 2015), da scelte che hanno colpito eccellenze appartenenti alla storia della citt (basti pensare alle scuole civiche, un esempio piccolo piccolo ma che racconta bene quel che accaduto). O ancora pensiamo alla questione della qualit della tra-

sformazione urbana. In una metropoli che non concepisce il Piano di Governo del Territorio come l'opportunit attraverso la quale far vivere la limitazione del consumo di suolo con le politiche della riqualificazione, del riuso, nonch con il recupero del valore degli spazi "pubblici" e di "vita" come ci da cui si debba poter ripartire (e invece siamo al contrario: sono stati singoli interessi privati a muovere le trasformazioni disegnando allimpaz-zata le scelte). Oppure, giusto per riferirmi a un'altra questione ancora, dirigiamo il nostro sguardo verso il tema energetico. Quali sono le scelte di fondo? Perch a2a insiste sul nucleare e lamministrazione cittadina non muove le proprie attenzioni verso un piano, ad esempio, di dotazione degli edifici pubblici di impianti per il solare, il fotovoltaico ? Dove sono le scelte volte a sostenere il risparmio energetico, nello stesso PGT, ad esempio? Insomma, per farla breve, io la vedo cos: dobbiamo mettere assieme, in pochi mesi perch di tempo ne abbiamo poco, idee, energie e intelligenze. Scegliere un buon candidato, evitando di riciclarne qualcuno proveniente dal passato, attraverso le primarie. Realizzare unalleanza vasta che si consumi le suole nel rapporto con la citt. E farlo sapendo che i tanti tentativi generosi prodotti sin qui assolutamente non bastano. Non hanno segnato a sufficienza non dico limmaginario ma nemmeno la

consapevolezza dellopinione pubblica pi avvertita. Penso a questi quattro anni che abbiamo condotto in consiglio comunale facendo opposizione. Sono stati i consiglieri comunali i primi a denunciare il crack della ZINCAR, a porre pubblicamente il tema della necessit di unazione del Comune contro le mafie, a proporre soluzioni utili alla citt per rimediare ai guasti provenienti dalle operazioni in derivati, a imporre un confronto durissimo in consiglio comunale sul PGT, a proporre il principio ineludibile della difesa dellacqua pubblica, a dire (rivolgendosi anche al centrosinistra che governa) mai pi politici nei cda delle partecipate, a denunciare doppi incarichi e sprechi, a ottenere listituzione di un fondo (pur limitato) anticrisi. E tuttavia questo non bastato. Perch ora, certo senza buttare quanto si realizzato in consiglio spesso nella solitudine e nella totale assenza dellazione dei partiti fuori dal consiglio medesimo, si deve arrivare alla costruzione di un valido progetto per Milano che sia ben pi della sommatoria dei no. Esercizio utile se i partiti mostrano pi coraggio e velocit (credo che si stia andando troppo lentamente, lo dico da tempo) e la cosiddetta societ civile interessata offre il proprio contributo mettendosi realmente in gioco, cio schierandosi direttamente con la propria faccia.

DallArcipelago PROVINCE NELLA MORSA: VIVERE O MORIRE Valentino Ballabio


Lintenzione strisciante di abolire le Province, affiorante da tempo e a tratti in un ampio schieramento politico da Veltroni a Di Pietro a Casini per fare alcuni nomi, per quanto spesso con laria del borbonico facimmo ammuina ha tuttavia trovato unaccelerazione con la polemica accesa da Gianfranco Fini in aperto contrasto con lesplicita difesa da sempre sostenuta da Bossi, a suo tempo (prima delloccupazione del Ministero degli Interni!) propenso semmai ad abolire le Prefetture. Il centro destra in questo modo a prescindere dagli esiti della querelle interna al PdL - occupa tutto lo spazio a cominciare dagli estremi. La tesi abolizionista viene incontro ad ampi settori dellopinione pubblica, compresa buona parte degli astenuti alle ultime elezioni, disgustati dai costi della politica, nonch alle esigenze di risparmio imposte dalla crisi della finanza locale che strangola i Comuni e non solo. La tesi continuista coerente invece con la concezione leghista di preservare e moltiplicare i centri di potere e sottopotere locale, legati al territorio

e a vere o presunte identit indigene. In mezzo sopravvivono, in subordine a tutti gli altri livelli istituzionali e in sensibile odore dinutilit, organi politici, apparati ed enti collegati e partecipati di Province di cui non appare chiara la missione e definiti i compiti fondamentali. Perse infatti le principali pertinenze storiche (ospedali psichiatrici e personale non docente delle scuole medie superiori) si sono aggiunte competenze generiche e sovrapposte ad analoghe regionali (ambiente, agricoltura, trasporti) e statali (lavoro). Per riempire le caselle di giunte pletoriche si sono poi escogitate competenze fai da te tipo non solo linevitabile assessorato alla pace bens anche ai diritti degli animali e via dicendo. Il processo di legittimo superamento dei controlli centralistici e burocratici, avviato con la legge 142 del 1990, infatti degenerato nel suo opposto: una sorta di deregulation che ha esasperato il valore dellautonomia locale volgendola, pi che al federalismo, al feudalesimo. A ci si aggiunga che le competenze storiche residue si riducono e risultano facilmente sostituibili dagli interventi dei Comuni. Le strade provinciali infatti si accorciano man mano che gli abitati si espandono e si congiungono; la manutenzione delle scuole medie superiori potrebbe facilmente essere coperta dagli uffici comunali che gi si occupano di asili, elementari e medie inferiori. E il centro sinistra? Non che dallo scontro tra titani del centro destra rischia di uscirne ancora una volta

appiattito e frantumato? Proviamo allora a suggerire una via duscita: una terza via non intermedia, ma qualitativamente diversa dalle due precedenti. Si tratta di ragionare per una volta non in termini sconsolati e autodistruttivi sul Titolo V della vigente Costituzione. Il testo, come modificato nel 2001 infatti se nella parte immediatamente applicata (il rapporto Stato-regioni) ha creato non poca confusione e conflitti, nella parte non applicata (dalla regione in gi) offre la chiave per la soluzione del problema, riassumibile in estrema sintesi in due punti. Primo punto: chiarire chi deve fare che cosa. Posto che la Repubblica costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Citt metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato (art. 114) occorre definire con chiarezza la ripartizone delle competenze e delle responsabilit secondo il principio di sussidiariet verticale, evitando doppioni e sovrapposizioni, rimpalli e scaricabarile; partendo dal basso e risalendo mediante cessioni di sovranit, con un processo analogo a quello che ha portato a costituire lUnione Europea e la moneta unica. In questo contesto allente intermedio (Citt Metropolitana nellarea metropolitana, Provincia nelle restanti) vanno riservate tre precise aree di competenza: governo strategico del territorio, mobilit e infrastrutture, risorse ambientali. Al limite basta una Giunta di tre assessori! La Regione deve invece tornare alla funzione legislativa e di alta amministrazione. Tutte le altre attivit vanno riservate ai Comuni, singoli o associati. Nella

realt milanese il Comune capoluogo soppresso e suddiviso in singole municipalit. Secondo punto: definire gli ambiti territoriali pi adeguati a ospitare le funzioni di vasta area corrispondenti. Si tratta allora di recuperare i confini - necessariamente arbitrari, ma questo il compito della politica o, se vogliamo, della geopolitica di enti intermedi relativamente omogenei sotto il profilo territoriale (le sfere del mercato immobiliare e del mercato del lavoro offrono unottima approssimazione). Prendendo sul serio i principi di adeguatezza e differenziazione (art. 118) si vedr allora che pressoch tutte le provincie scorporate nellultimo ventennio non hanno senso e vanno riaccorpate. Vedi le ultime: una non ha il capoluogo perch ne ha 3 (Trani-BarlettaAndria), laltra non ha gli abitanti (Fermo), la terza non ha il territorio (i due capoluoghi distano 4 Km. quanto il viale Italia di Sesto S. Giovanni!). Dunque meglio meno ma meglio: ridurne il numero e attribuire funzionalit ed efficacia. Snellire, selezionare, sussidiare: le tre S di una semplicit che certamente, come diceva Bertolt Brecht, difficile a farsi. Ma quali sono le alternative proposte dai partiti, delle fondazioni, dagli stessi amministratori del variegato centro sinistra? Ben vengano alla luce di una discussione franca e aperta, purch non si riducano al vano inseguimento della deriva federalista o alla difesa acritica di uno status quo indifendibile.

Mobilit UN RINASCIMENTO PER MILANO. DALLA STAGNAZIONE AL DECLINO? Maurizio Mottini


Milano e la Lombardia registrano da tempo una situazione di difficolt. Mentre alcun gruppi di aziende hanno avviato processi dinnovazione che hanno consentito di migliorare le loro quote nellexport, e di reggere meglio la crisi dellultimo biennio, complessivamente si registra un arretramento della Lombardia nelle graduatorie internazionali per regioni. Naturalmente Milano resta comunque una piazza finanziaria importante. Vi sono situazioni di eccellenza in campo sanitario, in quello delle biotecnologie o della robotica. Ma il dato complessivo di ristagno, di mancanza di slancio, di scarsa fiducia nel futuro. La crisi di funzionamento delle P.A. a cominciare dal Comune, ostacola lo sviluppo di iniziative innovative... Le lentezze dei processi

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decisionali condivisi hanno determinato ritardi incredibili per il decollo di infrastrutture stradali di cui si parla da venti o trentanni: Brebemi, Pedemontana e TEM. Ma sul sistema del ferro regionale di FS e FNM le novit sono state pochissime e non rilevanti. Faticoso anche lo sviluppo della rete metropolitana come dimostra lansiogena vicenda dei finanziamenti alle infrastrutture MM per lExpo 2015. La rete del trasporto di superficie, largamente senza protezione progressivamente sempre pi inaffidabile. La crisi del sistema del trasporto dei pendolari non vede soluzioni a breve, mentre laccessibilit della nuova Fiera di Rho/Pero e soprattutto di Malpensa, ancora assai precaria. E quellaeroporto stenta a uscire dalla crisi connessa alla vicenda Alitalia, dolorosa per il nord e anche per i contribuenti. Milano non governata. Crisi di leadership del Sindaco e sfrangiamento della sua coalizione. La vicenda del PGT sta divenendo grottesca e pare che anche quella del bilancio 2010 sia male avviata (soprattutto per linaffidabilit della presenza in Consiglio della maggioranza). Il centro destra: lillusione immobiliare e la perdita di autonomia della citt. Il centrodestra milanese affida tutte le sue speranze a quella che potremmo definire lillusione immobiliare. La speranza cio che alcuni grossi progetti immobiliari, come City Life o quello di Garibaldi/Repubblica, possano risolvere il rilancio di Milano. Illusione appunto come purtroppo dimostra la vicenda Santa Giulia dove non si capisce se la responsabilit sia pi delloperatore immobiliare o delle banche finanziatrici. Unillusione culturalmente vecchia, arretrata e provinciale. Come lidea di fare un tunnel autostradale di 14 Km. sotto la citt! Delle innumerevoli riflessioni, della produzione culturale e anche i programmi elaborati in sede di Unione europea, a Milano non si avuta eco alcuna nel dibattito politico. Ma Milano ha anche perso la sua autonomia. Non c scelta seppur minima che non venga

rinviata alle decisioni di Palazzo Grazioli o di Arcore. Per riqualificare la citt occorre un rinascimento. La citt ha bisogno di una complessiva e generale riqualificazione che deve essere sostenibile, ambientalmente e socialmente. Deve attuare processi di riqualificazione e trasformazione senza aumentare la pressione sullambiente. Deve garantire il raggiungimento di obiettivi con la condivisione dei fini e dei mezzi. Deve assegnare al Comune un ruolo di leadership per sviluppare politiche di coesione, integrazione e collaborazione. Milano ha bisogno di rinascere, ha bisogno di un sussulto di rinnovamento culturale, di crescita della coesione sociale, di una revisione della base economica urbana per fronteggiare la recessione in atto, della rivalutazione del patrimonio naturale. Le risorse per il rinascimento. Le risorse umane anzitutto, che significa dare priorit al principio della creativit promuovendo nuove forme di ricerca, organizzare piattaforme tematiche di connessione tra il mondo della ricerca, delle Universit, della produzione, della commercializzazione, delle professioni. Se siamo entrati nella economia della conoscenza occorre usare il sapere per innovare. Organizzare spazi per la creativit: questo il primo compito del Comune, per sollecitare una vera e propria rivoluzione culturale della societ milanese. Non manca il patrimonio immobiliare pubblico per ospitare le sedi della creativit milanese. Basti pensare alle numerose sedi scolastiche chiuse per mancanza di bambini e ragazzi. Occorre quindi con la regia del Comune, sviluppare uniniziativa corale di tutte le istituzioni culturali ed economiche, per promuovere la creativit, cio il rinnovamento della classe dirigente della citt. Questa la prospettiva della nuova occupazione dei giovani e degli immigrati, oltre alla riconversione degli storici blue and white collars falcidiati dalla crisi. Le risorse naturali, inoltre. Occorre avere un quadro delle risorse naturali disponibili, conoscere il

metabolismo urbano di Milano: quanta acqua si consuma (e quanta se ne spreca), quanta energia si consuma e come si pu ridurne il consumo (efficienza energetica urbana) come si pu produrre energia da fonti rinnovabili, come ridurre le emissioni e i rifiuti, quanto verde va sviluppato nei processi di riqualificazione. Insomma conoscere limpronta della citt nel rapporto con le risorse naturali. Sapere come stanno le cose la condizione per cambiare i comportamenti dei cittadini e della classe dirigente. Le risorse fisiche. La riconversione urbana deve essere processo continuo che attivi i numerosi soggetti che sono di fatto coinvolti: la grande propriet immobiliare a cominciare da Comune e Aler, i condominii, le societ e gli operatori della grande distribuzione, le professioni e il sistema imprenditoriale. Lincremento dellefficienza energetica degli edifici e delle infrastrutture un fattore strategico della riconversione urbana, come pure la produzione di energia e di calore da fonti rinnovabili. Quanti pannelli fotovoltaici possibile collocare sopra i gradi super e iper mercati della citt? Non sarebbero investimenti a rapidissimo ammortamento? Anche le infrastrutture debbono essere integrate. Occorre realizzare la telemedicina e la teledidattica. Lintermodalit dei sistemi di trasporto delle persone e delle merci. Le risorse immateriali. Mentre le citt giapponesi e coreane puntano, gi da anni, sulliperconnettivit delle nuove reti a 100 Mb, qui siamo ancora alla faticosa diffusione dellimpiego delle linee di trasmissione via cavo. Eppure a Lisbona si era detto che bisogna puntare sulla e-society se si vuole rinnovare i saperi e i diritti di cittadinanza. Ad Helsinki e a Saragozza lo stanno facendo. Milano deve recuperare il tempo perduto. Lintera societ milanese e lombarda deve essere coinvolta a questo fine, ridimensionando tutta la spesa improduttiva a cominciare dai mille cda di societ fantomatiche che hanno il solo scopo di sottrarre potere

decisionale alle Istituzioni democratiche e creare sistemi di potere alternativi. Le risorse finanziarie. Lo sviluppo di un green new deal dedicato alla riconversione sostenibile della citt richiede lattivazione dingenti risorse ma che sono finalizzate a ridurre costi attuali non meno

rilevanti. Si tratta quindi di sviluppare strumenti finanziari innovativi, frutto della collaborazione tra pubblico e privato, e finalizzato allo sviluppo di nuovi saperi e nuove infrastrutture, alla riduzione dei consumi. A Milano non mancano le competenze ma occorre che siano mobilitate in

un rapporto con i matematici e statistici, che pure non mancano. Le risorse quindi non mancano. Bisogna stimolarle per il rinascimento di Milano. La sinistra deve avere grandi ambizioni se vuole tornare ad avere un ruolo di guida a Milano e in Lombardia.

Lettera IL REFERNDUM IMPROPRIO SU BERLUSCONI Giorgio Galli


Trovo utile riprendere lanalisi qui sviluppata da Guido Martinotti, con lironico titolo Dopo il Berlusca i narcos. Premetto per che non ho partecipato alla trasmissione di Radio Popolare di cui egli parla, con Aldo Schiavone e Roberto Biorcio, nella quale le elezioni regionali sono state definite le prime del postberlusconismo. Non so chi lo abbia detto ed lopposto di quanto penso. Proprio perch condivido lopinione di Martinotti che i risultati di queste elezioni sono stati tra i pi previsti degli ultimi anni, esse hanno la stessa caratteristica di tutte quelle da quando il cavaliere sceso in campo, dal 1994 in poi. E Berlusconi le ha vinte sei a quarantuno, come suona il titolo del mio commento sul numero di maggio su Linus. Qui scrivo note politiche in questi anni, nei quali, per quanto concerne lItalia, tra politiche, europee, regionali, si votato una dozzina di volte su un unico tema: un referendum improprio su Berlusconi. Che sia un referendum lo dice lui, lo scrivono i commentatori, ma se non si aggiunge il termine improprio non si capisce di che cosa si tratti, non si capisce perch Berlusconi vince sempre e non pu perdere mai. Questa volta ha vinto perch, su quasi quarantuno milioni di italiani, sei hanno votato il simbolo col suo nome. Si arriva a sette con i voti delle liste dei candidati presidenti di centro-destra, ma non fa differenza: siano trentacinque o trentaquattro i milioni di italiani iscritti alle liste elettorali che non lo votano, anche questa volta, come tutte le altre, leggo e sento dire, in Italia e allestero, che gli italiani votano per Berlusconi, anche se lo fa solo una minoranza di loro (alle politiche del 2008 massimo del consenso, tredici milioni e mezzo su quarantasette). Il fatto che nei referendum propri la questione affrontata esce di scena dopo il risultato: in Italia la repubblica ha escluso la monarchia, il divorzio il matrimonio indissolubile, la liceit laborto come reato. Nel suo referendum improprio, Berlusconi domina sempre la scena, anche con risultati elettorali sfavorevoli A proposito di elezioni regionali, DAlema si dimise precipitosamente da presidente del consiglio, nel 2000, senza neanche attendere i risultati finali, perch aveva peso nel Lazio e nel Veneto, dove aveva pronosticato di vincere, mentre Berlusconi rimase al suo posto nel 2005, quando perse tutte le regioni, meno il LombardoVeneto di Bossi e Formigoni. E, come egli stesso dice, il cavaliere liquida uno dopo laltro i competitori: Prodi (che pure lo ha sconfitto due volte), lo stesso DAlema, Occhetto, Amato, Fassino, Rutelli, Veltroni, Franceschini. E Bersani sembra in lista dattesa. E vero che neanche i competitori battuti escono di scena; ma vi rimangono come comprimari perdenti, subalterni al dominus del sistema politico. Mi pare che Martinotti affronti la stessa questione in due punti: Vediamo questioni che sono risuonate alla grande: Berlusconi non ha vinto perch il Pdl ha perso voti. Affermazione del tutto fuorviante: per Berlusconi il partito conta fino a un certo punto, morto uno se ne fa un altro. Berlusconi ha vinto giocando come sempre in prima linea. Concordo che abbia vinto. Ma per il combinato disposto del suo referendum improprio e dei voti al suo partito e alla Lega alleata Berlusconi ha bisogno di un partito, tanto che ne ha fondati due. Gioca in prima linea, ma con le retrovie ben protette da partiti (il suo e la Lega) che utilizzano una legge elettorale su misura per loro. Nel secondo punto, Martinotti cita, infatti, Il bipartitismo imperfetto (il mio libro del 1966), per dire: Si deve abbandonare la difesa cieca di un bipartitismo che sempre pi imperfetto, anche se in modo contrario nel senso di Giorgio Galli, nel senso che questa volta il bipolarismo c nelle sigle, ma non nella realt. Dove esiste un vero sistema bipolare si capisce subito chi ha vinto o perso. Qui dopo le elezioni hanno sempre vinto tutti. Sono daccordo sulla difesa cieca. Con questo sistema Berlusconi vince sempre, perch domina sempre la scena, impone i temi e lagenda politica sia quando al governo (spesso), ma pure quando allopposizione (raramente), perch dalla Dc ha ereditato il potere di coalizione che essa aveva, mentre non laveva il Pci. Con dimensioni quasi analoghe (Dc 38-40 per cento, Pdl 35-37), mettono in essere maggioranze parlamentari stabili, mentre il Pd, con dimensioni massime analoghe al vecchio Pci (33-34 per cento), o non ha potere di coalizione o non pu costruire maggioranze stabili (tre governi nella legislatura 1996-2001, caduta di Prodi nel 2008). La nostra anomalia non che gli italiani votano Berlusconi. Lo vota-

no poco. In due anni di governo ha quasi dimezzato il suo elettorato (da undici milioni a sei, dove si vota-

to). Lanomalia la mancanza di alternativa (come nel vecchio bipartitismo imperfetto). Sul che fare, soprat-

tutto a Milano, lanno prossimo, spero di aver occasione per qualche ulteriore osservazione.

Economia CA GRANDA: VALORIZZAZIONE PER CHI Alessandra Tami


I dubbi che stanno emergendo sulla proposta di valorizzazione del patrimonio della Fondazione CaGranda, fondazione che accoglie i lasciti testamentari che nei secoli sono affluiti allEnte ospedaliero, nascono con riferimento in particolare ai temi dello sviluppo sostenibile, in senso non solo ambientale, ma anche sociale, problematiche che in questo periodo sono al centro del dibattito. Rientra nel primo aspetto il tema del consumo di suolo in Lombardia, mentre il secondo ha riguardo al tema del social housing, ovvero di come offrire anche ai soggetti deboli unabitazione decente, a costi compatibili con i loro redditi, ma assicurando un minimo rendimento anche ai finanziatori dei progetti. Premesso che la valorizzazione di un patrimonio presuppone la conservazione del bene, il dibattito si acceso perch nei secoli lospedale CaGranda, grazie alle donazioni di vari benefattori, di fatto si era trovata a essere uno dei maggiori proprietari fondiari della Lombardia. Quando lattivit ospedaliera era soprattutto attivit di assistenza, i rendimenti dellagricoltura potevano essere pi che adeguati a sostenere tale attivit. Possiamo ricordare che la sede che ora ospita lUniversit degli studi di Milano era la sede dellospedale e dove ora ospitata la biblioteca, la crociera, vi sono i segni degli armadi che erano vicini a ogni letto. Ma dalla met del 900 lattivit ospedaliera profondamente cambiata, da pura assistenza diventata attivit di cura e lazienda ospedaliera ha dovuto dotarsi di nuove strumentazioni diagnostiche, molto costose, mentre la rendita agricola diventava insufficiente a sostenere la nuova attivit. Ne derivato che molte cascine, le tipiche cascine lombarde, sono state vendute, sono diventate aree edificabili, e la citt si estesa l dove cera la campagna. In un recente convegno Terra!, organizzato da Legambiente con il Politecnico di Milano sul consumo di suolo, si lanciato lallarme sui rischi crescenti di una crescita disordinata di Milano sulle aree ancora verdi limitrofe, in luogo di procedere a recuperi intelligenti di aree ormai dequalificate. Si messo in evidenza che loccupazione di suolo stata molto superiore alla crescita della popolazione, si sono sottolineati i limiti di un agglomerato che cresce disordinatamente, secondo un modello sprawl, in quanto i costi di tale sviluppo appaiono superiori ai benefici immediati: limpermealizzazione del territorio ha effetti negativi sui regimi delle acque, significa perdita di biodiversit, peggiora linquinamento, in quanto viene meno la capacit di assorbire CO2 del verde. Nello stesso tempo altri convegni hanno dibattuto il significato positivo che lagricoltura periurbana pu ancora significare: un verde agricolo, cio curato dal contadino, meno costoso per la collettivit di un verde parco artificiale che deve curato dal Comune. Va inoltre osservato che la campagna attorno a Milano una delle pi fertili dItalia. Nello stesso tempo il verde ha effetti positivi sulla salute dei cittadini: il verde riduce lansia, favorisce lossigenazione, consente con unattivit fisica di ridurre lo stress e quindi le malattie. Nello stesso modo molte abitazioni donate alla CaGranda sono anche case acquisite a un costo zero o minimo e quindi potrebbero essere destinate ad abitazioni a canoni contenuti, adeguati al mantenimento delle stesse, destinate a giovani coppie che faticano a rendersi autonome, perch il costo della casa spesso un ostacolo al formarsi di nuove famiglie. Ma la difficolt di rendersi autonomi un altro fattore di ansiet, che richiede poi interventi sanitari per evitare effetti dannosi alla salute. Questa premessa per sottolineare che quando si parla di valorizzazione del patrimonio della CaGranda, costituito anche da Cascine, ora in affitto a contadini, e spesso collocate nellarea periurbana di Milano, non si dovrebbe dimenticare che missione di un ente ospedaliero la salute dei cittadini, che si ottiene non solo con la cura, ma anche con la prevenzione. Non vorrei che politiche di breve termine portassero a scelte inefficienti, in quanto la salute dei cittadini si mantiene conservando il verde agricolo, mentre anche la Fondazione, con parte del suo patrimonio, potrebbe darsi cura del soddisfacimento del fabbisogno abitativo di chi ha redditi pi bassi. Daltra parte lapprovvi-gionamento a kilometro zero sono politiche che si stanno estendendo nel mondo agricolo, al fine di interiorizzare parte della differenza fra i prezzi delle materie agricole vendute dal contadino e quelli praticati dalla grande distribuzione. Se valorizzazione del patrimonio ospedaliero significa supportare unagricoltura periurbana efficace, la scelta pu essere condivisibile, ma se invece significa invece cementificare le ultime cascine attorno a Milano, questo sarebbe un comportamento opposto alla missione di un Ente ospedaliero, contrario a uno sviluppo sostenibile che deve essere obiettivo di tutti.

Metropoli EMERGENZA PARCO DELLE CAVE Giorgio Uberti


Milano Ovest, Zona 7. Posizionato tra i quartieri di Baggio, Quinto Romano e Quarto Cagnino, allinterno dei confini del Parco Agricolo Sud Milano, si estende il Parco delle Cave. Un importante scrigno naturalistico, la cui gestione, prima affidata a Italia Nostra, sotto il controllo del Centro di Forestazione Urbana dal 1997, passata da Gennaio 2010 al Comune di Milano delegando, nella persona dellarchitetto Cesare Salvetat la sua Direzione amministrativa. A quasi sei mesi da questo storico passaggio la Commissione Istruttoria Verde Arredo Urbano Affari Istituzionali del Consiglio di Zona 7 ha incontrato, Venerd 7 Maggio, presso la Cascina Monastero di Baggio il Dottor Salvetat per un confronto, fino a oggi avvenuto solo attraverso il Presidente e il Vice Presidente del Consiglio di Zona, sulla situazione attuale. Durante lesposizione di apertura emerso un quadro assai complesso e frammentato a fronte di limitate risorse disponibili. Espressa chiaramente e in pi punti la volont di valorizzare il lavoro compiuto da Italia Nostra, valutato positivamente anche dal dipartimento di Biologia dellUniversit degli studi di Milano incaricato dal Comune, attraverso un finanziamento di 348mila euro, di stendere unanalisi tecnica sulla componente botanica, faunistica, idrobiologica e idraulica. La gestione del Parco potrebbe essere cos paragonata alla direzione di unorchestra in cui gli strumenti sono le numerose associazioni, aziende e soggetti che tuttora operano nel Parco stesso. La Cascina Caldera e le aree agricole a essa annessa sono state affidate al Settore attivit agricole del Comune chiamato a gestire lattivit delle Cascine Comunali in vista dellappuntamento dellExpo 2015 che ha come tema centrale proprio lalimentazione nella biodiversit. Per quanto riguarda le aree fruibili, quindi quelle pi facilmente usurabili, come larea della Cava Cabassi, larea naturalistica, larea compresa tra la Cava Aurora e la Cava Casati e il percorso verso la Cascina Caldera si scelto di affidarne la gestione a Global Service, subentrato a Marzo 2010, in accordo con lAMSA per le opere di pulizia dei cestini pubblici. Il costo del Global Service dei 576mila euro sulla base di delibere di Giunta, come indicato nellinterrogazione allAssessore Cadeo del Consigliere del PD Rosario Pantaleo. Per tutte le restanti aree ci si affidati a soggetti terzi, come ad esempio gli orti, la cui gestione e i relativi costi saranno a cura dallo stesso Consiglio di Zona in accordo con le numerose associazioni di ortisti. Organizzazioni come lAssociazione pescatori della Cava Aurora o il Circolo di Pesca della Cava Bersagliera sono chiamate alla tutela delle rispettive aree di pesca. Sul problema della distribuzione delle acque ci si affidati allassociazione AGRI Parco, costituita il 28 Aprile 2010 e formata dalle Aziende Agricole: Zamboni, Campi, Verga e Dornetti. Larchitetto Salvetat ha anche confermato la volont del Comune nel portare avanti gli studi avviati dal CFU e dalla Fondazione Minoprio con la collaborazione della Regione Lombardia sul problema della Anaplophora Chinensis, meglio conosciuta come Tarlo Asiatico mantenendo trenta piante infettate e protette a fronte di un abbattimento di oltre 150 piante da parte dellERSA; proseguendo, oltre a questo, la lotta fitosanitaria obbligatoria anche per lAmbrosia e le zanzare. Negli ultimi mesi sono state individuate nel parco delle superfici erbose da sottoporre alla chinagione e alla successiva raccolta della maggese, per il nutrimento di animali da allevamento e le cui entrate saranno inserite nel bilancio di gestione. Infine la cartellonistica sar oggetto di revisione in modo da essere aggiornata sul cambiamento gestionale, anche sulla situazione associativa e con laggiunta di un numero verde dedicato al Parco. Altri cartelli esplicativi sulla flora e sulla fauna saranno curati sempre delluniversit degli studi di Milano la quale pu attingere dai 348mila euro anche il finanziamento di quattro borse di studio per tesi di laurea sul tema del Parco delle Cave. Numerosi i chiarimenti chiesti dai Consiglieri di Zona presenti sui temi dei pontili di legno, sullilluminazione notturna, sui bagni chimici, sullaccessibilit ciclabile, sul futuro delle aree ancora chiuse al pubblico, sui progetti in vista dellExpo e sulle risorse a disposizione. Larchitetto ha garantito che torner in Consiglio di Zona per aggiornare sulla situazione in tempi brevi. Immediata la reazione del Partito Democratico di Zona 7 che chiede una visione dinsieme pi chiara. Marcello Dassi, responsabile della Commissione del Partito sul Parco delle Cave dichiara: <<C' molta perplessit riguardo al quadro complessivo di gestione del parco. Riteniamo non ci sia un progetto unitario del parco stesso, si aggiunge anche la sensazione che sembra non esserci la capacit di tenere assieme i vari pezzi organizzativi che sembrano cos sfuggire>>. Ivano Grioni, capogruppo del Partito in Consiglio di Zona aggiunge: <<Il Dottor Salvetat, lo conosciamo, un uomo attivissimo, ma cerca di tappare i buchi laddove non c un quadro generale dintervento. Ogni problema seguito da persone diverse. Come gruppo non abbiamo particolare interesse a Italia Nostra in se a noi interessa che venga garantita una visione dinsieme. La differenza tra noi e lattuale maggioranza riguarda proprio la visione di parco naturalistico, piuttosto che di parco come semplice contenitore di eventi, come dimostrato dalle domande dei consiglieri di maggioranza al Dottor Salvetat. Il

Parco costa quasi mezzo milione di euro in pi di prima e il servizio erogato non migliorato, serve una riflessione>>. Il destino del Parco assai incerto, Marcello Dassi ci confida: <<Non vogliamo che il parco si trasformi in un centro divertimenti o in un contenitore di eventi sporadici ma vogliamo che si torni a un progetto naturalistico e unitario, con, ad esempio, il recupero della Ongari Certutti per renderla finalmente fruibile e per abbattere il degrado circostante. Farne

insomma un polo naturalistico, ludico, didattico, anche attraverso la promozione di eventi per l'integrazione e la coesione sociale che in zona periferiche come la nostra sono pi che mai necessarie>>. Grioni conclude dicendo: <<Il Consiglio di Zona non neanche lultima ruota del carro, teoricamente non si discuter dei problemi del Parco in questa sede. Salvetat si detto disponibile a partecipare ad altri incontri, e altri consiglieri hanno chiesto che venga pi spesso. Quello che sappiamo

che a oggi il Parco delle Cave costa complessivamente 1milione e 124mila euro a cui dovranno essere sommati gli stipendi delle persone coinvolte contro i 726mila di spesa massima complessiva della precedente gestione e questo un problema per la salute economica della nostra citt>>. Nel frattempo il 2011 e il conseguente rinnovo dellammi-nistrazione Comunale si avvicinano. Sul Parco delle Cave la strada ancora lunga e la battaglia continua, ogni giorno.

Dal Palazzo RENZO COME FARSI TROTA Giuseppe Ucciero


In Italia non c verso di credere a una rivoluzione che riconosca le virt del merito, qualit ammiratissima, ma che come la sciura Amelia: tutti la cercano e nessuno se la pija. E neppure la Lega riesce a sottrarsi al familismo amorale che, salendo dal meridione, suo habitat primario, pervade ogni anfratto della societ settentrionale, lombarda e prealpina. Laur e fadig, fadig e laur, questo era ed il refrain delle convention leghiste, affollate di magt che si rompono la schiena dalle 5 della mattina fino alle 8 di sera, gente che ci crede alla fatica che produce il merito, visto che se non lavorano non mangiano. Ma al cuor non si comanda, e cos al momento buono non ha saputo, voluto o potuto, scansare le frecce velenose e dolciastre del teniamo famiglia di rito terronico. Alle ultime elezioni regionali lombarde, ha piazzato il buon figliolo, quel mediocre Renzo di manzoniana memoria, ben dentro alla pancia calda di mamma Regione. Un ottimo stipendio, una bella occasione per conoscere tante persone che contano, una piattaforma solida da cui spiccare il volo per prendere in mano domani limpresa di famiglia, e poi via. Intanto qualche viaggetto ad Arcore con pap: guarda, taci e impara. Certo, non si nasconde i difettucci del Renzo, una capra espulsa dalla scuola, pubblica e come tale ancora tristemente fedele al criterio del merito: tre volte, il Renzo, si presentato agli esami di maturit (superati da oltre il 95% dei nostri non preparatissimi scolari) e per tre volte stato inesorabilmente bocciato. Un Richetto padano dei giorni nostri, un gigante celtico con i calzoni al ginocchio, una macchietta bergamasca buona per lo Zecchino dOro di una volta, quello del Mago Zurl. Ma, a differenza di una normale famiglia di onesti lavoratori lombardi, che avrebbero rifilato prima sonori scapaccioni e poi un bel calcio nel deretano, spedendo il malcapitato al laur manuale pi idoneo per la sua mente insigne, lUmberto ha visto qui, proprio nella tripleta scolastica, le stigmate certe della progenie sua, e con queste il segno altrettanto sicuro dellinfame persecuzione professoral terronica. Nel vedere il Renzo appoggiare la sera tardi il crapone esausto sul tavolo della sua cameretta, senza peraltro che un solo pensiero avesse avuto la possibilit dinfilarvisi di soppiatto, il Bossi si certo intenerito, ricordando i duri studi sui testi insormontabili della Scuola Elettra di Torino, i suoi fallimenti scolastici e lavversione che ha maturato verso un mondo che non lo riconosceva per i suoi meriti intrinseci, in quanto tali appunto non dimostrabili. Qui il Bossi ha subto lingiustizia primaria, qui gli stata inferta lonta originaria da cui partito verso il mondo con il suo livoroso ve la far vedere io chi ce lha pi duro. Ah, Renzo, come non rivedere me in te, come non riconoscere i fausti presagi che hanno fatto di un povero casciabal di provincia il pi temuto capo dei galli celtici cisalpini dopo Brenno? Certo, pensa il Bossi, Renzo alle prime armi e quindi non lo posso da subito nominare come il mio successore, il mio delfino, che tra laltro un pesce di mare, elemento naturale estraneo, per non dire ostile, alla terragna Padania. E poi cosa penserebbero i Calderoli, i Maroni, i Cota, gli Zaia? Sono degli imbecilli, ma mi servono ancora per qualche tempo. Cos, al malevolo cronista che per lennesima volta lo stuzzica con le sue irriverenti domande, il Bossi resta sul terreno ittico, ma lo volge sapientemente in salsa alpina: il delfino diviene trota, una tenera trotella di torrente che deve crescere ancora, accompagnata dalle sapienti e amorevoli cure dei suoi genitori, evidentemente trote a loro volta. Il popolo leghista, che vive infantilmente di un culto carismatico superiore anche a quello del berlusca, ac-

cetta complice la debolezza paterna, sorride condiscendente come ogni bravo pap farebbe guardando al proprio figliolo un po sfortunato, e cos accettando, cos sorridendo, cos sprofondando in questa melassa dolciastra, realizza finalmente il sogno dei Padri della Patria: lItalia unita, teniamo tutti famiglia. Non c Sicilia, non c Lombardia, non c Lazio, non c Piemonte o Campania, c solo la famiglia, c solo una nazione unita indefettibilmente in questo abbraccio di amorosi

sensi, che unisce e discrimina non per virt ma per sangue, non per merito ma per amore. Non vi sono pi n greci, n longobardi, n normanni, n slavi, n sardi, n friulani, vince il sostrato storico nazionale, luniversalismo della famiglia, tessuto strettissimo e non derogabile della nostra italianit. La Padania non c pi, ma ora lo possiamo anche confessare: non cera mai stata, era solo un sogno che non ha fatto in tempo a diventare incubo.

Viva la cara, vecchia, mediocre, dolcissima Italia nostra, dei core di mamma, degli scarafoni, dei braui fioeu. Cos, dopo, qualche tempo dopo, assaggiando la frittata ormai irreparabile di unItalia riunita per sempre attorno al focolare domestico nazionale, sfuggir al povero Umberto incanutito lultima invettiva: Ah, Renzo, gran figlio di una trota, guarda cosa hai combinato, me lavevano detto in tanti che era meglio il Riccardo, quel figlio dellaltra trota.

Cultura ADA DI ELISABETTA SETNIKAR Giulio Rubinelli


Quando leggo Ada mio nonno in procinto di abbandonarci. Un giorno si presentato a casa ed era tutto giallo. Come un Simpson. Era il fegato. Sar per questo che mi ha colpito. Sar che le persone vanno e vengono, ma quando si spengono non le riavrai mai pi. Dopo un po riesci anche a farci il callo. Se cos vogliamo dire. E quando poi ci fai il callo riesci a riflettere. Non le rivedi nel cuore della notte a fianco a te nel letto, affacciate al balcone di casa quando torni la sera, nel volto di ogni passante. Te ne fai una ragione insomma. E magari riesci anche a scrivere. Ma di tempo ne passa. E siamo tutti uguali. Non dobbiamo essere scrittori professionisti, intellettuali o giornalisti. Di fronte alla morte siamo tutti dei grandi artisti. Nella memoria, siamo tutti grandi artisti. Ma ci vuole coraggio, e tanto, per ricominciare. Perch scrivere di una persona smarrita come forzare una ferita finalmente rimarginata e ogni parola diventa un dolore incommensurabile. Scrivere lo stadio finale. Elisabetta Setnikar ha compiuto questo passo. Ha riaperto quella ferita e ne ha fatto un libro. Ha voluto condividere con qualsivoglia lettore quel suo dolore splendido, fatto di bellezza, armonia e piatti deliziosi. Ha scritto un romanzo biografico della sua esperienza. Dei suoi affetti. Dei suoi ricordi di bambina. Ha scritto un libro su sua nonna. Un libro semplice, genuino che profuma di pane e vino rosso. Ne intriso. Nelle descrizioni delle foto, negli echi dei corridoi in penombra di case che non esistono pi, di luoghi che non ritroverete se non nella memoria delle persone di chi c stato, di chi ne ha accarezzato le superfici, gli angoli ora troppo impolverati. Quella che ci viene proposta unopportunit. Lofferta di ritornare in un mondo perduto, lontano ma al contempo vicinissimo, fatto di essenzialit, al di fuori del superfluo che oggi ci sommerge e soffoca. Ecco, essenzialit il termine intorno al quale verte lintero libro dellautrice milanese. Essenzialit dei luoghi, delle voci, dei respiri, dei mobili, delle parole, dette o meno, degli amori che sempre saranno gli amori per leternit. E poi il distacco. Come il risveglio da un bellissimo sogno. Si cerca di ricordare, ci si spreme le meningi e si prova a richiudere gli occhi, a imporsi il sonno per tornare l, in una dimensione parallela e astratta. Ma invano. Allora si cerca di ricostruire, da principio. Il diario di un sogno. Con protagonisti che per una notte ci sono appartenuti e che non saranno mai pi nostri, ma che sempre ricorderemo con un sorriso. Semplice ed essenziale, come un sogno. Questo racconto ci conduce su unimportante tematica vittima di disattenzione generale- lanzianit. E la solitudine che laccompagna. Ada ci riporta ai valori della famiglia oggi ampiamente vilipesi da una politica omofoba e bigotta, lontana dalle esigenze delle persone, dimenticandosi dei fondamenti della famiglia: il passato. Coloro a cui dobbiamo tutto ci che siamo. Coloro che oggi stanno sdraiati in cliniche pubbliche e private, o peggio a casa, con lo sguardo perso nel vuoto, abbandonati dai loro cari al proprio destino. Muti nei loro ricordi di ci che hanno dato o meno. Persi nei loro rammarichi, nelle loro mancanze di esseri umani. Con i propri sbagli e pregi. Vedendo giorno per giorno la loro dignit abbandonarli insieme alla propria indipendenza. Schiavi di un corpo che non risponde alle esigenze minime e nessuno con cui parlare, magari giusto per lamentarsi e venire ascoltati. Figli, nipoti che hanno dimenticato un altro valore- la memoria. I cui custodi altri non sono che loro, i nostri nonni. Unica chiave per imparare dagli errori, i loro, quelli della storia, i nostri. Inascoltati e sottovalutati. Riepilogando, il romanzo di Elisabetta Setnikar un inno ai valori dimenticati da una societ toppo spesso e-

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goistica, tesa allarricchimento personale, figlia di quel superfluo dilagante e incontenibile che regola le nostre vite. Rispetto, Memoria ed Es-

senzialit, parole armonicamente intrecciate tra loro in unopera che oggi non solo merita di essere letta, ma diventa addirittura necessaria. E ma-

gari pu trasformarsi in una visita troppo a lungo posticipata e che anche voi aspettavate il momento di fare.

Primo piano BUON COMPLEANNO ITALIA! Rita Bramante


Nel marzo 2011 lItalia unita compie 150 anni. Dopo le celebrazioni in occasione del mezzo secolo compiuto nel 1911 e del centenario nel 1961, un nuovo compleanno della nostra Nazione alle porte e la valenza simbolica della ricorrenza, che rimanda a un messaggio di identit e unit nazionale, costituisce un banco di prova per testimoniare limpegno collettivo di valorizzare il territorio nazionale come espressione di realt e peculiarit di tutte le Regioni che lo compongono. Il logo dellanniversario formato da tre bandiere tricolore che rappresentano i tre giubilei del 1911, 1961 e 2011, in un collegamento ideale tra le generazioni. Unoccasione per ragionare su come eravamo e come siamo, sulla nostra storia e identit di italiani, per ricercare il senso di un percorso di appartenenza alla comunit nazionale, per ripercorrere il cammino che ci ha tenuti insieme, attraverso periodi di luce e periodi dombra, per avere maggior coscienza in ordine al futuro possibile come comunit coesa. "Questi festeggiamenti non sono una perdita di tempo" ha detto senza mezzi termini il Capo dello Stato Napolitano, in occasione del discorso inaugurale delle celebrazioni a Genova presso la stele celebrativa della partenza dei Mille da Quarto e a Marsala ha ribadito che celebrare lunit non ha nulla di retorico, ma un modo di rinnovare il patto fondativo della nostra Nazione (*). Negli auspici del Presidente della Repubblica in primo luogo far rivivere nella memoria e nella coscienza del Paese le ragioni di quell'unit e indivisibilit con cui nacque l'Italia, per offrire una fonte di coesione sociale come base essenziale di ogni avanzamento, tanto del Nord quanto del Sud, in un sempre pi arduo contesto mondiale e tutelare la sopravvivenza di un forte spirito unitario, recuperando motivi di fierezza e di orgoglio nazionale, di cui c profondo bisogno nel Paese. La macchina organizzativa delle celebrazioni si sta mettendo in moto, pare non senza difficolt, polemiche politiche, esternazioni imbarazzanti e prese di distanza; le dimissioni nelle ultime settimane di autorevoli personalit dal Comitato dei garanti per le celebrazioni voluto dal governo sono un segnale che deve far riflettere. La regata Genova-Marsala, organizzata dalla Federazione Italiana Vela per rievocare limpresa dei Mille, i francobolli commemorativi dedicati da Poste Italiane alla storica spedizione, lannunciata festa nazionale per il 17 marzo 2011, le linee guida del progetto Esperienza Italia per i 250 giorni di festeggiamenti, presentato dalla citt di Torino, improntato in primo luogo al ricorso alla storia come momento di riflessione condivisa e a unidea di cittadinanza come appartenenza a una comunit aperta: i prossimi mesi ci diranno se saremo davvero capaci di evitare circostanze meramente celebrative dai toni retorici e di proporre eventi di particolare valenza educativa e comunicativa per riflettere sullItalia del nostro tempo e sul raccordo tra il Paese di ieri e quello di domani. Unidea originale per celebrare lItalia nel suo 150 anniversario dallUnit, stata presentata dallarchitetto e designer Gaetano Pesce e da Cassina al Salone del Mobile che si chiuso da poco a Milano, il Progetto SESSANTUNA (**): 61 icone (come il decennio del 1800 in cui si compie lunit dItalia) tutte somiglianti, ma tutte diverse, 61 tavoli in resine innovative colate nei tre colori della bandiera italiana, numerati nellordine storico in cui i singoli territori entrano a far parte del nuovo stato, che rappresentano ognuno un pezzo della nostra terra, pensati come omaggio del design made in Italy alla storia dellunit dItalia. Mettendoli idealmente uno vicino allaltro si ricostruirebbe la forma dellItalia, di 25 per 20 metri, con le sue coste frastagliate e le sue isole. Cinque tavoli, scelti tra quelli che rappresentano i luoghi pi rilevanti della storia risorgimentale Torino, prima capitale del Regno; Milano, Le Cinque Giornate; Genova, Mameli compone linno dItalia; Marsala, Sbarco dei Mille; Teano, Incontro di Garibaldi e Vittorio Emanuele - sono personalizzati dal maestro Pesce con celebri frasi e citazioni storiche e saranno battuti allasta a Londra e New York a partire dal prossimo mese di giugno. I 61 tavoli sono destinati a disperdersi per il mondo, ma idealmente lo spirito del progetto li immagina vicini, a celebrare lunit e lunicit dellItalia.
(*)http://www.repubblica.it/spettacoli-ecultura/2010/05/05/news/garibaldi_150_anni_ dopo_segui_in_diretta_il_viaggio_dei_mill e-3829750/ (**) http://sessantuna.cassina.com/it/

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Speciale Shanghai 1 QUALE ITALIA ALLEXPO SHANGHAI 2010? Sara Bonanomi


( Nostra corrispondenza) Il sito espositivo dellExpo 2010 si presenta allo sguardo del turista come un immenso parco che regala alla metropoli cinese, da sempre caratterizzata da una storia dinamica e vivace, insoliti giochi di forme, colori, suoni e strutture. Alle luci artificiali dei grattacieli del Pudong e alle tinte sobrie della passeggiata del Bund sulle rive opposte del fiume Huangpu, lExpo Shanghai 2010 aggiunge la vivacit di un evento, idealmente rivolto al mondo intero e in modo particolare allItalia, la prossima nazione a ospitare unesposizione universale. Da neolaureata in comunicazione che vive vicino a Milano e spera di essere toccata dallExpo 2015, minteressa capire qualcosa di pi sui messaggi che sono trasmessi da queste manifestazioni. Guardo la Cina pensando allItalia. Lintera area fieristica concepita come una finestra sul mondo per i molti cinesi che si recano a visitarla da pi localit della nazione, pagando un biglietto dentrata di costo elevato (160 yuan al giorno) per gli standard del cittadino medio. Soffermiamoci per un momento sul padiglione italiano: la costruzione, che si distingue tra le altre strutture espositive multicolori per lo stile sobrio, indubbiamente innovativa nella scelta dei materiali (un diafano cemento trasparente) e nelle soluzioni allinsegna del risparmio energetico e dellefficienza ecologica. Linterno, al contrario, non sembra affrontare in modo altrettanto convincente il tema dellattuale qualit della vita nella citt italiana, suggerendo piuttosto un percorso teso a esibire quelle eccellenze del Bel Paese che gi fanno parte dei noti stereotipi sullItalia. Come ci racconta una simpatica connazionale che lavora presso lo stand della citt di Venezia nellarea dedicata alle migliori pratiche urbane, si tratta delle solite quattro A, cio Abbigliamento, Alimentazione, Arredamento e Auto e motori. E cos lo sguardo del visitatore scorre lungo un display raffinato che accanto alleleganza dellalta moda italiana presenta la bont del cibo (in particolare il tipico connubio di pasta, olio e vino), le lampade di Artemide e Flou, le sedie di design, la Fiat, la Ferrari, lAprilia e Valentino Rossi. Ma una volta di pi, questo percorso espositivo celebra lesistente, contribuendo alla rappresentazione del marchio Italia secondo una logica che sembrerebbe puntare su un Made in Italy da anni Ottanta del Novecento piuttosto che contemporaneo, come se lItalia stentasse a entrare nel Terzo Millennio. Un primo sguardo al padiglione italiano di Shanghai restituisce insomma limmagine di unItalia tendenzialmente ancorata a un passato di eccellenza, ma silenziosa sul presente e sul futuro in modo quasi inquietante. Bench non privi di fascino e valore, gli oggetti esposti rischiano di apparire ovvi e superflui, soprattutto al fine di nuove proposte di sostenibilit urbana e di modelli di consumo pi sobri. Ci viene offerta una superficie patinata che ben poco rivela dei problemi che lItalia, la Cina e il resto del mondo si trovano ad affrontare in termini di qualit di vita, benessere e ambiente. molto pi semplice far sognare i visitatori riempiendo loro gli occhi di immagini seducenti e raffinate, persino sontuose (come labito da sera rosso di Versace drappeggiato su un manichino senza volto) piuttosto che raccontare un presente demoralizzante e problematico che coinvolge persone reali, fra cui tanti giovani. quanto ci confessa lartigiano dellazienda di scarpe Salvatore Ferragamo, lui pure esibito come un oggetto allinterno di una scintillante gabbia di plexiglas, mentre cuce a mano un paio di scarpe fra i flash dei curiosi: Moda e marchi prestigiosi, ecco cosa abbiamo portato a Shanghai dallItalia. Ai cinesi questo che piace. Che lExpo di Shanghai, allora, sia soprattutto unopportunit offerta alle nostre aziende del lusso perch conquistino ulteriori fette di mercato in un paese come la Cina, popolatissimo, in ascesa economica e crescentemente orientato al consumismo, ora che lItalia in crisi? Lo spazio dedicato allExpo 2015 visibilmente povere di proposte. Il padiglione italiano racconta insomma di una nazione culturalmente ripiegata su di s e i propri stessi stereotipi, capace s di esprimere le proprie specificit, ma essenzialmente slegata dal contesto attuale in cui la globalizzazione e le grandi sfide planetarie del mondo postmoderno impongono di ripensare radicalmente abitudini di vita e consumi. Anche se meno appariscenti, si rivelano invece molto pi interessanti le proposte delle citt di Bologna e Venezia, entrambe allinterno dellarea Expo dedicata alle migliori pratiche urbane, che si trova sulla sponda opposta del fiume Huangpu rispetto al padiglione nazionale italiano. Anche se esibisce una splendida e super-fotografata Lamborghini nera, la simpatica Bologna promuove luso della bicicletta come migliore soluzione per la mobilit cittadina. Ancor pi concreta e meglio preparata la citt di Venezia che, accanto ad una suggestiva vetrina di oggetti di artigianato, enumera vari interventi di riqualificazione urbana, impegnandosi a raccordare in modo credibile tradizione e innovazione. Di grande effetto la scelta del logo: il leone di San Marco e il dragone cinese uno di fronte allaltro, suggeriscono la possibilit di un confronto interculturale che dai tempi di Marco Polo pu estendersi sino al presente.

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Speciale Shanghai 2 ALLA FIERA DELLEST: LITALIA SI RACCONTA A SHANGHAI 2010 Maria Cristina Paganoni
(Nostra corrispondenza) Le immagini dellesposizione universale cinese, inaugurata il primo maggio scorso, colonizzano ogni superficie libera della megalopoli di Shanghai, dalle insegne pubblicitarie alle vetrine di negozi, alberghi e ristoranti sino alle maniglie dei vagoni della modernissima rete metropolitana. Per accogliere i settanta milioni di visitatori previsti nei sei mesi di apertura, lamministrazione cittadina ha affrontato costi di riqualificazione urbana che hanno ampiamente superato quelli richiesti per le Olimpiadi di Pechino del 2008, sgombrando con piglio dirigista unenorme area a cavallo del fiume Huangpu e distendendo una parata di oltre duecento padiglioni di nazioni, municipalit e aziende su entrambe le sue rive. Di fronte a un dispiego di risorse cos impressionante, che pare stridere con il tema dellevento Better City, Better Life che dovrebbe affrontare la spinosa questione della qualit della vita su un pianeta dove oltre la met della popolazione abita nelle citt, il primo impatto con il sito espositivo dellExpo cinese visivamente sconcertante. Il comprensibile desiderio di tracciare un sintetico percorso interpretativo immediatamente frenato dalleterogeneit delle proposte che caratterizzano le cinque aree in cui levento suddiviso. Come in realt caratteristico di tutte le esposizioni universali sin dalla memorabile Great Exhibition londinese del 1851, anche lExpo 2010 racchiude varie anime e si presta a diverse modalit di fruizione. Ci vorranno pi giorni per orientarsi in questo vivace labirinto e riuscire a leggere alcuni dei possibili significati di un tale spazio plurale e multicentrico, andando oltre lo smaccato ed esultante branding di Shanghai e della Cina, protagonista indiscussa del Terzo Millennio. La ricerca comincia al Gate 8, lentrata dalla quale si accede allarea dedicata allEuropa, allAfrica e alle Americhe. Non c ressa, nonostante lanimato viavai che fluisce fra i tornelli dellingresso. Pochi stranieri fra i visitatori, che sono per lo pi cinesi. Oltre alle famiglie con i bambini che stringono fra le braccia il pupazzo Haibao color puffo, mascotte dellevento, si osservano moltissime persone anziane, allegre e curiose nonostante la stanchezza, donne che trotterellano sotto colorati ombrellini e vari disabili in sedia a rotelle, in compagnia di cordiali assistenti. La Cina di ogni estrazione, cultura ed et accorre a vedere come si racconta il resto del mondo a una manifestazione senza dubbio di portata globale, ma che in queste sue prime battute sembrerebbe rivolta soprattutto ai cittadini cinesi. Lintento promozionale e la dimensione dellintrattenimento rischiano peraltro di mortificare la seriet del tema dellecosostenibilit urbana. I padiglioni visitati appaiono perlopi come una serie di stand finalizzati al marketing delle rispettive nazioni, sfiorando spesso lovviet nel citare quanto non solo gi noto, ma forse gi superato, in un contesto che dovrebbe invece lanciare una serie di provocazioni per un futuro urbano che si presenta a dir poco problematico. Povera limmagine complessiva che si ricava dellAfrica, anche dello stesso Sudafrica, nonostante il crogiolo di culture e la sua spinta propulsiva. Ma neanche lEuropa sfugge alleffetto luna park. Davanti al padiglione britannico uninteressante realizzazione simile a un gigantesco soffione, la cui lanugine composta da sessantamila tubi acrilici che racchiudono semi provenienti dalla Millennium Seed Bank dei Kew Gardens che verranno donati a scolaresche cinesi alla fine dellExpo sfilano due attori, un uomo anziano e una donna dalla chioma ossigenata, con un cagnolino di legno al guinzaglio, giacca scura, guanti e bombetta lui, vestitino di seta, cappellino e guanti rossi lei, icone di un essere inglesi anacronistico, lontano anni luce dalla complessit multiculturale della Gran Bretagna di oggi, che tuttavia suscitano lentusiasmo dei visitatori che si accalcano per fotografarli, senza ironia. Anche il padiglione italiano emblematico di questo viaggio a tratti bizzarramente a ritroso nel tempo, che pare costruito per vendere a potenziali investitori e turisti un marchio nazionale rassicurante, in totale contrasto con lirrefrenabile vitalit dellodierna Cina e della stessa citt di Shanghai, collegata allaeroporto di Pudong da un trenino futuristico che supera in pochi minuti la velocit di 400 km/h. La vera novit della costruzione, progettata da Giampaolo Imbrighi, rappresentata soprattutto dallutilizzo del cemento trasparente di Italcementi, un nuovo materiale che lascia parzialmente filtrare la luce. Il visitatore, tuttavia, non riceve spiegazioni sui possibili utilizzi di questa innovazione o delle altre soluzioni adottate allinsegna dellecocompatibilit, ad es. il progetto illuminotecnico, per trovarsi invece catapultato in un mondo sottosopra. Significativo di questeffetto di straniamento il soffitto di uno degli ambienti del padiglione, da cui pende, sopra un maestoso ulivo, un campo di grano con papaveri. Sembra peraltro che labile scenografia abbia riscosso grande successo fra il pubblico, anche se permane la perplessit che una rappresentazione dellItalia pi sensibile, magari raccolta in modo partecipativo fra i cittadini comuni, si sarebbe rivelata pi adeguata per affrontare le contraddizioni del presente e del futuro, anche in vista dellExpo 2015.

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RUBRICHE
MUSICA
Questa rubrica curata da Paolo Viola rubriche@arcipelagomilano.org

Tromboni
Servire il lettore con sincerit e franchezza vuol dire talvolta saper mettere da parte prudenze e convenienze e trovare la sfrontatezza della verit. Anche se totalmente fuori dal coro. E la verit che di un certo trombonismo che imperversa nelle nostre sale da concerto non se ne pu proprio pi. Laltra sera era di turno Uto Ughi, di cui tutto si pu dire tranne che non sappia usare il violino come pochi al mondo, con una padronanza, una disinvoltura, una sicurezza straordinarie. Troppo. Troppo perch quando si troppo sicuri di s come latleta che perde concentrazione quando in superallenamento si pone meno attenzione a quel che si suona, lesecuzione si appiattisce, diventa meccanica, la musica tutta uguale, la professionalit vira verso il virtuosismo. E successo al Conservatorio dove la settimana scorsa Ughi si esibito (letteralmente) in concerto con il bravo pianista Alessandro Specchi; ma dire che ha suonato con un pianista una bugia, perch dalla prima allultima nota il violino ha primeggiato, facendosi accompagnare dal pianoforte (tenuto prudentemente semichiuso affinch non facesse ombra e non si mettesse in concorrenza .); sembrato persino fuori posto che sui programmi di sala i nomi dei due musicisti comparissero con la stessa evidenza! Il concerto inizia con una deliziosa Sonata giovanile di Hndel, un po di maniera, scritta per violino e basso continuo. Ma al Nostro interessa solo il suo violino, per cui va benissimo che il continuo anzich, poniamo, al clavicembalo e al violoncello sia affidato a un moderno pianoforte che ci azzecca ben poco. Dopo questo garbato incipit hndeliano, il pezzo forte della serata costituito dalla Sonata a Kreutzer di Beethoven; ora tutti sanno che il suo titolo completo Sonata n. 9 per pianoforte con violino obbligato a significare che anche il violino ha una sua parte, autonoma e decorosa; uno dei primi esempi di concertazione fra i due strumenti dialoganti fra loro alla pari, una pari dignit che neanche Mozart, nonostante labbia evocata e vagheggiata, ha mai raggiunto appieno. Ma siamo sempre l, al Nostro interessa solo esibire le sue capacit, delle intenzioni dellautore non sembra prendersi troppa cura: cos preferisce eseguire una diversa e scialba Sonata per violino con accompagnamento (in sordina) di pianoforte facendo perdere al pubblico unoccasione doro per riascoltare quel grande capolavoro con i pesi e gli equilibri preziosi della sua straordinaria scrittura. Nel secondo tempo tutto poi precipita, con due pezzi virtuosistici (solo per il violino, beninteso, perch il pianoforte si limita ad accompagnare): la Fantasia su temi del Faust di Gounod, di Wieniawski, e Tzigane di Ravel. Chiedo: vi sembra possibile che il Nostro, prima di iniziare, debba spiegare al pubblico che Goethe un grande poeta e romanziere tedesco e - in cinque lunghissimi minuti, ma in soli cinque minuti! - raccontare niente di meno che la storia di Faust e Margherita? E poi ancora e per lennesima volta - spiegare che, essendo un popolo nomade, gli zingari suonano il violino e non il pianoforte perch il primo, a differenza dellatro, uno strumento facilmente trasportabile? . suvvia .. sembrava di essere allasilo! Avere la padronanza del proprio strumento, saperlo usare magistralmente, condizione necessaria ma non sufficiente per essere un buon musicista, tanto meno un grande musicista. Servire la musica, e dunque prima di tutto il suo autore e il pubblico, far fare ogni volta un passo avanti alla lettura della pagina scritta, alla sua pi intima comprensione, allapprofondimento dei suoi pi reconditi contenuti . questa la missione del musicista, non quella di esibire capacit tecniche e mostrare la propria bravura. C qualcosa di offensivo in questo comportamento, che un pubblico attento non dovrebbe incoraggiare; purtroppo invece accorre e acclama, pago di avere ascoltato il grande violinista visto in televisione, di cui ha letto sui giornali i comunicati stampa diramati dal suo agente. Cos tutto diventa marketing, promotion, public relations, e chi pi ne ha pi ne metta. E la musica?

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EXPO SHANGHAY LA GENTE

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DAVIDE RAMPELLO : L'ARREDO URBANO


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