Prodotti Metallurgici Innovativi 5

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É una tecnologia che si è affermata dagli anni ‘60 in poi e consente di realizzare dei manufatti metallici a partire da delle

polveri.
Solitamente si utilizza per componenti molto piccoli. La produzione di polveri può sembrare un processo dispendioso a livello di costi e tempi
(prendere pezzi e creare goccioline affinché si ottengano le polveri) però questa tecnologia permette di trasformare in componenti finali il 100%
delle polveri (resa metallurgica elevatissima). Quindi in fin dei conti la metallurgia delle polveri ci permette di ottimizzare i costi di lavoro ed anche
il materiale utilizzato (se ho 100kg di polveri ottengo 100kg di componenti). Inoltre alcuni materiali hanno temperature di fusione molto elevate e
se li lavoriamo sotto forma di polveri possiamo abbassare le temperature.

PROCESSO
Polveri sfuse che ossono essere polveri di lega (prelegate) oppure polveri di elementi puri mescolati tra loro (polveri blended); inoltre talvolta
si aggiungono sostanze lubrificanti (sostanze cerose, acidi i sali) in modo da ridurre gli attriti tra polveri e stampi o polveri stesse.Vengono
pressate a freddo, il componente pressato a freddo prende il nome di “verde”.
Sinterizzazione consiste in un ciclo di riscaldamento a una temperatura al di sotto di quella di fusione in cui si innescano fenomeni diffusivi ed
attraverso il quale si riduce la porosità. Cioè portiamo il pezzo in forno e mediante l’attivazione di fenomeni diffusivi saldiamo tra loro le polveri;
l’effetto è di creare un legame metallurgico, ridurre la porosità e di arrotondare la porosità stessa. Un verde occupa un 75% del volume
disponibile mentre un materiale sinterizzato arriva anche al 90%. Infatti andiamo a togliere i vuoti ed il materiale si compatta.
Prodotto finito possiamo sottoporre il materiale a qualsiasi trattamento termico tipico dei metalli.

Produzione di polveri le polveri di partenza sono ricavate da minerali, da cui si ricava un lingotto che a sua volta viene portato a fusione e
poi dal fuso otteniamo le polveri tramite una serie di processi. Uno dei processi viene detto ATOMIZZAZIONE e consiste nel partire dal fuso
liquido e nel soffiarci gas inerte o nello spruzzarci acqua o spray metallico che poi solidificando porta alle polveri finali. Il processo di
Atomizzazione in acqua richiede una fase di essiccazione dopo la fase di produzione al fine di ottenere polveri solidificate. Le polveri possono
essere prodotte anche per PROCESSI ELETTROCHIMICI ovvero se un metallo tende ad evaporare a bassa temperatura, esso viene fatto
evaporare e poi condensare e solidificare. Altrimenti abbiamo processi MECCANICI che consistono in una macinazione dei materiali.
Processi post-produzione vengono effettuati dopo la fase di produzione perché i granelli potrebbero avere dimensioni differenti. Quelle
<1micron sono considerate dannose per la salute mentre quelle >60/70micron non sono idonee e devono subire dei processi di setacciatura.
Dopodiché seguono una serie di testate di valutazione per garantire la qualità delle polveri.

La competitività del processo sta nel riuscire a gestire una materia prima che è più costosa di quella convenzionale e nel trasformarla tutta in
prodotto finito.
ATOMIZZAZIONE
partiamo come nella metallurgia classica dal minerale che consente di ottenere un lingotto che viene portato ad alta temperatura e fuso,
dopodiché con varie tecnologie viene ridotto in polvere. Questa tecnologia prendono il nome di atomizzazione. Dal flusso liquido otteniamo con
sofffiaggio di gas inerte o con spruzzatura di acqua, otteniamo uno spray di goccioline che poi solidifica e ci dà le polveri finali.

- Atomizzazione in gas inerte (permette di ottenere direttamente polveri solidificate)


È la metodologia più utilizzata e consiste nel fondere una certa quantità di materiale in un forno a induzione che presenta nella parte finale un
foro per l’uscita della lega liquida. In corrispondenza del foro possiamo sparare gas inerte per rompere la vena del liquidò ed ottenere uno spray
metallico. Un’altezza di caduta adeguata consente alle goccioline di solidificare prima di toccare terra.

Una certa frazione di polveri molto fini presenta una densità insufficiente per andare direttamente a fondo, quindi viene trascinata dal gas e
depositata in un contenitore a parte così da poter essere riutilizzata.
Questo sistema consente di ottenere polveri perfettamente sferiche. Esse hanno ovviamente una certa variazione dimensionale (granulometria).
Possiamo avere due configurazioni: ugelli che agiscono appena il liquido esce dal crogiolo oppure ugelli che sono posti al di sotto (immagine a dx).

Atomizzazione in gas inerte sottovuoto


Nei casi in cui i metalli siano sensibili
all’ossidazione è necessario lavorare
sottovuoto.
Il problema che hanno gli atomizzatori in gas inerte è che la solidificazione richiede che ci sia un’altezza di caduta abbastanza elevata. In questo
modo le goccioline riescono a solidificare cadendo verso il basso. Un’alternativa ai sistemi di atomizzazione in gas inerte verticale è quella
orizzontale. Abbiamo il crogiolo ed il gas che viene inviato ad una certa velocità che aspira il liquido e va ad atomizzare in orizzontale.

- Atomizzazione in acqua (è più lungo perché prevede poi una essiccazione)


Andiamo a spruzzare direttamente dell’acqua sul metallo fuso che sta scendendo.
Il raffreddamento è molto più efficace. L’impatto tra acqua e metallo che sta
scendendo è più energico quindi non abbiamo più una forma perfettamente
sferica bensì irregolare. Inoltre possiamo pensare che essendo il raffreddamento
più veloce, le polveri avranno una grana più fine.
Di contro l’atomizzazione in acqua può essere effettuata solo su metalli che non
siano sensibili all’ossidazione (ed esempio Al e Ti dobbiamo farli in gas inerte).

- Atomizzazione a filo (se abbiamo un filo e poi generiamo comunque uno spray)

PROCESSI ELETTROCHIMICI
- Vaporizzazione e poi condensazione
Per metalli basso bollenti cioè che tendono ad evaporare a basse temperature possiamo vaporizzare e poi condensare in modo da ottenere
goccioline che poi ci daranno le polveri.

- Processi elettrolitici
Ad esempio nel caso delle polveri di Cu. Questi processi vanno a separare il polo negativo, poi ioni positivi metallici vengono raccolti, forniscono
elettroni e riusciamo ad ottenere granelli di forma dendritica di rame puro.

- Processi con idruri e carbonili


È un processo utilizzato per il Ni. Sfrutta il concetto per cui ad alta temperatura se abbiamo un lingotto di Ni e lo facciamo passare sopra del gas
CO, si innesca una reazione e si forma il seguente composto gassoso Ni(CO)4. Il tutto poi passa in un tubo di raffreddamento che fa decomporre
la molecola e si vengono a creare una polvere finissima.

Uno di principali produttori di polveri ha brevettato un sistema per produrre delle polveri di lega; ad esempio, se abbiamo Fe 0.2%C e 2%Ni la
produzione della polvere avviene nel seguente modo: viene prodotta una polvere di una certa dimensione di Fe e 0.2%C, quindi l’acciaio viene fuso
e poi atomizzato per ottenere questa composizione. Successivamente, viene mescolato con delle polveri molto più fini di nichel, in modo tale che
il nichel corrisponda al 2% della composizione finale; per ragioni elettrostatiche le polveri fini di nichel tendono a rimanere attaccate alla superficie
di quelle di acciaio. Mediante un piccolo riscaldamento queste vengono fatte saldare tra di loro e otteniamo la polvere, chiamata diffusion bonded.
Tra questa tipologia di polvere e la polvere prelegata c’è un diverso tipo di comportamento, in particolare durante la fase di pressatura, perché il
nichel sciolto in soluzione solida dentro il ferro ha un effetto di rafforzamento e siccome comprimendo superiamo la tensione di snervamento per
deformare plasticamente la polvere, questa tipologia di polveri presenta un’elevata compattabilità a freddo.

MACINAZIONE
Abbiamo dei corpi macinanti in cui carichiamo le polveri (di dimensioni un po’ grossolane) in modo da
renderle finissime. Gli svantaggi che abbiamo in questo caso sono due: il processo richiede più tempo ed i
corpi macina di subiscono un’usura quindi le polveri potrebbero essere inquinate. È più economico però
Caratterizzazione
Dopo che le polveri sono pronte è necessario andare a caratterizzare cioè andare a definire le loro proprietà meccaniche, ciò dipende dalla loro
geometria.

Esistono diversi sistemi per codificare le geometrie, quello più semplice si basa sull’analisi di immagini. Quindi prendiamo un campione e con diversi
indicatori geometrici andiamo a recuperare la dimensione massima e quella minima, l’area eccetera così da capire che forma abbiamo.
Una operazione fatta nel post processing è quella di setacciatura. Infatti ci interessa classificare dimensional mente le polveri. Abbiamo dei setacci
con maglie di diversa spaziatura, ci facciamo passare le polveri. L’unità di misura è quante aperture abbiamo per pollice lineare (1pollice=25mm), in
questo modo andiamo a definire la mesh cioè il reticolo del nostro setaccio.
Ricaviamo una curva di distribuzione granulometrica. Avendo dei sistemi di setacciatura con mesh predefinite possiamo ricavare la curva di
distribuzione granulometrica: rispetto alla quantità totale di polvere andiamo a vedere qual è la frazione che corrisponde ai diversi intervalli di
mesh; è una distribuzione di tipo gaussiano.

Serigrafia
Un altro metodo consiste nell’applicare la legge di Navier Stokes. Prendiamo le polveri, le mescoliamo con una soluzione a base alcolica e poi
lasciamo del tempo alla sospensione in modo tale che le polveri scendano. Dopodiché usiamo un sistema a laser o a raggi X che individua quante
polveri stanno passando al secondo, possiamo comunque ricavare la curva granulometrica.

Scorrevolezza
Mettiamo la polvere in un imbuto e la lasciamo scendere, si creerà una montagnetta mano a mano che la polvere
esce dall’ imbuto. L’angolo di riposo indica quanto la polvere tende a spalmarsi lungo la superficie; se è elevato la
polvere rimane ferma altrimenti scorre molto meglio.

se abbiamo il ciclo tradizionale sarà una pressatura a freddo.


- Sistema a singolo effetto: abbiamo lo stampo ed un sistema che applica l’azione di pressatura. Il punzone (1 solo) spinge e compatta le polveri.
- Sistema a doppio effetto: se abbiamo due punzoni che posposto conferire pressione. Prima carichiamo la polvere poi facciamo scendere il
punzone superiore e salire ugello inferiore in modo da compattare il materiale.
In base alla geometria o a delle anime che possiamo inserire, riusciamo ad ottenere configurazioni diverse.

Densificazione
Quando viene effettuata la pressatura si sviluppano degli attriti tra la polvere dello stampo e i grani stessi (aggiungiamo del lubrificante ma
comunque questo effetto rimane).
Se ipotizziamo di produrre un provino cilindrico che abbia h/d=0,42 oppure 0,79 oppure 1,66
andando ad effettuare la pressatura con questi parametri geometrici è possibile misurare il livello
di pressione che si riesce ad esercitare effettivamente sulle polveri.
Nel grafico vediamo le curve di isopressione (ovvero la pressione che effettivamente riusciamo a
scaricare sulle polveri che stiamo compattando). Se siamo più vicini ai punzoni le pressioni saranno
piuttosto uniformi; più ci spostiamo verticalmente più le polveri risentono dell’azione di attrito e
più l’azione della pressione tenderà a diminuire.
Avere tali variazioni vuol dire avere una capacità di densificare diversa, a pressioni più alte corrisponde una migliore compattazione; ciò comporta
che per ottenere geometrie riconducibili ad una forma cilindrica, dobbiamo tenere conto di una serie di indicatori, quali:
- Rapporto tra diametro e altezza
- Fattore d’attrito
- Pressione di compattazione
- Lubrificante
Scelta una certa tipologia di polvere possiamo ricavare delle curve di densificazione che forniscono indicazioni, a seconda della pressione
esercitata, qual è il livello di densificazione che riusciamo ad ottenere. Intorno a 200 MPa abbiamo un livello di compattazione abbastanza buono;
l’andamento è asintotico tra 400 MPa e 800MPa non abbiamo molta differenza
A seguito della pressatura a freddo otteniamo un contatto meccanico tra le polveri (cioè i vari grani di polvere sono a contatto tra di loro), questo
contatto non è metallurgico ovvero la polvere è ancora friabile (non ha resistenza meccanica significativa.). Nel caso dell’acciaio se questo viene
portato a 1200°C si attivano i fenomeni di tipo diffusivo, cioè di mobilità degli atomi. I fenomeni possono essere diversi ma se schematizziamo la
situazione nel seguente modo abbiamo atomi che si muovono lungo la superficie di contatto, altri dal volume centrale tendono ad andare a
saturare lo spazio a disposizione o altri fenomeni locali di evaporazione. In generale possiamo dire che il flusso atomico che si forma durante la
sinterizzazione provoca una specie di micro saldatura tra i granelli di polvere.

Avremo quindi un po’ di strati atomici che sono condivisi con i punti di contatto. Facendo la
sinterizzazione generiamo milioni di microsaldature tra tutti i punti di contatto delle polveri
che avevamo messo forzatamente insieme attraverso la pressatura.

La schematizzazione è la seguente:
- Partiamo da una situazione con granelli vicini e con i vari punti di contatto (partendo da polveri sferiche la porosità è elevata e la geometria è
più critica perché la formma è allungata e questa innesca la frattura).
- Poi si iniziano a formare i colli di sinterizzazione, avremo un flusso di materiale nelle zone di contatto ed il fronte di contatto tenderà ad
espandersi. Contemporaneamente la porosità tende a diminuire e ad arrotondarsi.
- I colli pian piano si trasformano in pori permettendo di ottenere un materiale utilizzabile a livello ingegneristico.

La sinterizzazione è un processo ad alta temperatura e quindi è opportuno che avvenga in gas inerte; su metalli sensibili la sinterizzazione avviene
in atmosfera riducente. Se abbiamo a che fare con il titanio dobbiamo sinterizzare sottovuoto (infatti corre il rischio di ossidarsi).
Lavoriamo a circa il 70% della temperatura di fusione, il legame meccanico diventa un legame metallurgico e poi abbiamo un altro concetto
importante che è il seguente. Con la pressurizzazione a freddo siamo al 70% di densità e sinterizzando arriviamo al 92%, se la densità è aumentata
vuol dire che il materiale si è compattato ovvero si è ridotto in volume; in altri termini un processo di sinterizzazione ha come risultato finale una
contrazione volumetrica.
Possiamo calcolarci il ritiro volumetrico come il rapporto tra il volume del materiale sinterizzato
rispetto al volume del verde ovvero, il rapporto tra la densità del verde e la densità del sinterizzato.
Quando progettiamo un componente sinterizzato partiamo dalla geometria finale che vogliamo
produrre. Ma dobbiamo ricordare che durante la progettazione dello stampo dobbiamo
sovradimensionate leggermente per tener conto del ritiro volumetrico.

Possiamo andare a descrivere qualitativamente l’andamento della densità, duttilità e della resistenza al variare del tempo di sinterizzazione.

La densità aumenta con il tempo di sinterizzazione.


La resistenza meccanica parte da 0 perché il verde non ha alcuna caratteristica
meccanica, appena iniziamo a sinterizzare si formano i colli di sinterizzazione e quindi
abbiamo un incremento di resistenza che via via aumenta.
Per la duttilità prima di vedere un risultato dobbiamo aspettare un minimo di tempo,
durante il quale la parte spigolosa dei pori sparisce; il tempo di attesa serve a far variare
la geometria e renderla più arrotondata fino a che poi il materiale riesce a dare una
componente di duttilità.
La combinazione di questi parametri dipende dal tempo che siamo disposti ad aspettare
dal punto di vista industriale e dalle caratteristiche proprie del materiale.
In questa tabella vediamo un elenco di materiali trattabili con la metallurgia delle polveri, la
loro temperatura di sinterizzazione ed il tempo necessario.
Gli ultimi quattro materiali fanno parte della categoria dei metalli refrattari ovvero metalli
che hanno una temperatura di fusione elevata sopra i 2000°C, temperature che a livello
industriale sono irraggiungibili. Quindi lavorandoli tramite metallurgia delle polveri,
riusciamo a limitare i tempi ed anche l’energia necessaria.
Le polveri di metallo puro si ottengono per via chimica.

SINTERIZZAZIONE IN FASE LIQUIDA


Una metodologia alternativa è la sinterizzazione in fase liquida in cui alle polveri principali si aggiungono polveri che abbiano la temperatura di
fusione vicina alla temperatura di sinterizzazione del metallo principale. La quantità di questa seconda polvere è limitata al 2%-3%, ma fa si che,
durante il processo di sinterizzazione, le polveri aggiunte creino una specie di velo che tiene insieme tutte le polveri principali.
Se poi questa sostanza aggiunta riesce anche a reagire con il metallo principale, crea un legame efficace. Il risultato finale è uno scheletro solido
fatto dal liquido generato dalla seconda classe di polveri che tiene insieme la polvere principale.
Viene utilizzata quando abbiamo sistemi con buone caratteristiche di diffusione reciproca.

Nei grafici sotto vediamo dei confronti tra pressione di compattazione e densità ottenibile ed anche
come al variare della densità varia la resistenza, la duttilità e la conducibilità.

Regole di sinterizzazione
1) Se abbiamo un eccessivo sviluppo verticale alcune zone
risulteranno non ben compattate; quindi abbiamo un limite
altezza diametro: 2<H/D<4
2) Evitare spigoli vivi perché negli spigoli è difficile ottenere un
materiale ben densification e compattato
3) In geometrie appuntite è buona norma realizzare un raggio
di curvatura per avere andamenti più regolari
4) L’altezza di una zona che fuoriesce deve essere al massimo
1⁄4 dell’altezza complessiva
5) Spessore di parete non troppo sottile sennò si generano
attriti che non sappiamo gestire
6) In presenza di cavità lo spessore di parete deve essere
maggiore di 1mm

Pressatura isostatica a freddo (CIP)


Si utilizza un’autoclave in cui carichiamo un materiale che è stato precompattato. Abbiamo un’anima centrale di materiale duro, poi una zona in
cui sono presenti le polveri precompattate ed un guscio esterno in materiale gommoso elastico. Carichiamo tutto in autoclave ed il tutto è
immerso in soluzione acquosa. La parte in blu nel disegno (plug) inizia a pressurizzare la camera, quindi l’acqua e quindi l’oggetto che si trova
all’interno. Questa tecnologia viene utilizzata essenzialmente per i ceramici perché risultano materiali estremamente fragili e non duttili.
Quindi se facessimo una pressatura di tipo monoassiale non riusciremmo a deformarli plasticamente. Per avere
un risultato è necessario effettuare una pressatura isostatica; quindi effettuiamo una prima compattazione,
inseriamo nella camera e poi completiamo con la pressatura isostatica.
Per le polveri metalliche basta effettuare una pressatura moniassiale.

Pressatura isostatica a caldo (HIP)


Con il processo di pressatura a caldo siamo in grado di dare contemporaneamente un’azione di pressione
(isostatica) ed una di temperatura.
Il processo consiste nel preassemblare le polveri in un guscio metallo in cui vengono compattate (è un passaggio
preliminare) successivamente il contenitore con le polveri precompattate viene sigillato e poi il tutto viene inserito dentro la pressa isostatica.
L’azione di temperatura e pressione contemporanea porta ad una densificazione del 100%, ottenendo così un materiale privo di porosità.

Ricapitolando: partiamo dalle polveri precompattate, le inseriamo in un contenitore in cui creiamo il vuoto andandole a pressurizzare (questi
passaggi vengono effettuati a prescindere dalla HIP); dopodiché prendiamo il contenitore con le polveri e lo inseriamo nella pressa isostatica a
caldo. La pressa isostatica a caldo lavora con un ciclo schematizzato nel grafico: curva rossa corrisponde alla temperatura, curva azzurra
corrisponde alla pressione. Andiamo a pressurizzare con un gas inerte (che serve sia a scaldare che a pressurizzare).
È un processo molto costoso usato per materiali come l’acciaio inox, acciai per utensili, acciai rapidi e superleghe a base di cobalto e nichel.

Metal injection molding (MIM)


Similmente a ciò che avviene per i polimeri, partiamo da polveri metalliche (più fini rispetto a
quelle che usiamo solitamente, si parla di qualche micron) che vengono mescolate con un
legante (binder: è una sostanza cerosa di tipo organico).
La miscelazione tra le polveri e il binder avviene a temperature moderatamente elevate, a
queste temperature il binder è una sostanza abbastanza fluida e riusciamo ad incorporare le
polveri metalliche all’interno di questa sostanza organica.
Il sistema (legante più polveri) viene miscelato e poi granulato ovvero otteniamo un feedstock
ovvero tanti granuli (composti per lo più da polveri metalliche) tenute insieme dal legante.
Poi carichiamo il materiale in una tramoggia con una vite senza fine e che viene riscaldata
tramite resistenze cosicché il binder possa liquefarsi e diventare fluido.
Successivamente viene iniettato all’interno dello stampo.
Una volta riempito lo stampo possiamo andare a raffreddare ed estrarre l’oggetto. Infine si ha
una fase di debinding per rimuovere il lubrificante (portiamo tutto a 200 gradi il legante
polimerico evapora) dopodiché possiamo passare alla fase di sinterizzazione.

Il processo è estremamente veloce; inoltre, dato che siamo obbligati ad usare polveri molto fini per garantire iniettabilità, riusciamo ad avere più
punti di contatto tra i grani (le polveri fini hanno una superficie specifica più elevata). Quindi i colli di sinterizzazione partono in modo più
numeroso rispetto ai classici processi di sinterizzazione. Abbiamo perciò una sinterizzazione più veloce e che permette di raggiungere il 100% della
densità (raggiungiamo densità piena).
Ci riferiamo sempre a componenti di dimensioni piccole, uno dei primi esempi di MIM si ha nella produzione delle maglie di orologi.
A partire dagli ultimi anni è emersa una tecnologia complementare alla metallurgia delle polveri. Complementare nel senso che si parte sempre da
polveri per ottenere il componente finito.

Terminologie
Il termine corretto è additive manufacturing (AM) o meglio additive layer manufacturing (ALM) perché costruiamo il pezzo strato per
strato o layer per layer; dove lo spessore dello strato dipende dal diametro delle polveri che impieghiamo.
Il termine che viene usato comunemente in gergo è invece stampa 3D ma si riferisce ad uno degli strumenti usati per la produzione.
Queste metodologie si prestano molto bene alla realizzazione di prototipi (RAPID PROTOTYPING - RAPID MANUFACTURING) ma il punto
debole è che i tempi realizzativi siano abbastanza lunghi quindi scartiamo sicuramente l’opzione di lavorazioni di serie.
Il termine laser beam melting (LBM) deriva invece dal fatto che in alcuni casi utilizziamo un fascio laser che, fornendo energia alle polveri,
riesce a sinterizzarle e fonderle. Si parla anche di SELECTIVE LASER MELTING - SELECTIVE LASER SINTERING. La parola selettivo sta ad
indicare che “selezioniamo” noi gli strati da sinterizzare.
Il termine electron beam melting (EBM) deriva invece dalla possibilità di utilizzare un fascio di elettroni accelerato che impatta sul
componente, l’interazione tra gli elettroni ed il bersaglio provoca un grande trasferimento di energia che porta al surriscaldamento e poi alla
fusione. Il problema è che il fascio di elettroni deve obbligatoriamente lavorare sotto vuoto. Si può parlare anche di powder bed fusion.
Abbiamo una ulteriore categoria di processi detti di deposizione clouding o laser metal deposition (LMD); in pratica non realizziamo tutto
il pezzo con le polveri ma partiamo dal componente quasi finito e lo sottoponiamo ad un getto di polveri che verranno poi fuse e consolidate.
Questo può aiutare a conferire particolari proprietà al componente senza dover usare materiali super performante in tutta la geometria ma solo
sullo strato esterno.

Processo
Partiamo da un modello CAD del componente che deve essere realizzato, esso deve essere preparato con una logica costruttiva adatta alla
manifattura additiva, quindi per strati. Una volta ottenuta la geometria seguono le operazioni di post processing: rimozione della polvere in eccesso,
trattamenti termici o finitura superficiale.
Powder bed manufacturing
Abbiamo un tavolino con un supporto che può essere alzato ed
abbassato. Una volta depositato lo strato, il fascio laser scansiona la
superficie e fornisce energia dove vogliamo unire le polveri. Fatto lo
strato il supporto si abbassa in modo da depositare un altro strato
di polvere. Questo processo continua fino a che non si ottiene il
pezzo finito.

Laser beam melting


Abbiamo anche qui la piattaforma di supporto ed il sistema che alimenta le polveri. Una
volta creato lo strato il laser percorre la sua traiettoria e salda le polveri dove necessario.
Dopodiché scendiamo con il supporto, passa l’alimentatore e riparte il processo.

NOTA: sia con il laser che con il fascio di elettroni è difficile controllare la potenza che viene scaricata. Infatti il fascio laser che va ad incidere sul
metallo è una radiazione elettromagnetica ed il metallo ha la tendenza a rifletterla. Quindi rispetto a tutta la radiazione che arriva, una quota verrà
assorbita, una riflessa e l’altra ridistribuita sui granelli sottostanti. Il problema sta nel fatto che alcuni metalli abbiano una riflettività molto elevata
quindi dobbiamo dare un bell’inout perché la maggior parte viene riflessa. Inoltre nel momento in cui passano da solido a liquido la capacità di
assorbire la radiazione aumenta di molto, quindi dobbiamo stare attenti che non ci siano eccessi di energia che portino all’evaporazione del
metallo; la soluzione è quella di lavorare con laser inpulsanti e non in continuo.

Se andiamo a vedere la metallografia, possiamo riconoscere molto bene i vari strati.

Abbiamo un veloce riscaldamento e veloce raffreddamento, questo porta ad ottenere


strutture estremamente fini, che non potrebbero essere ottenute tramite processi
convenzionali.

Electron beam melting


Abbiamo un filamento in cui avviene il passaggio di elettroni, siamo sotto vuoto. Un sistema di lenti elettromagnetiche contribuisce a focalizzare il
fascio e ad indirizzarlo dove necessario. L’impianto è più costoso ma riusciamo comunque ad ottenere buonissimi risultati.

3D printing
Abbiamo sempre un sistema con un piano che si alza e si abbassa oppure è l’ugello che
esegue questo movimento. In questo caso abbiamo un binder che si mescola alle polveri e
poi viene fatto solidificare.
Direct energy deposition - laser metal deposition
Sono processi di deposizione che sfruttano l’energia del laser. Abbiamo un substrato su cui
spariamo polveri metalliche più pregiate; dopodiché il fascio laser passerà su queste zone e
provvederà a scaldarle e fonderle. Dosando l’energia del laser fondiamo sia le polveri che
spariamo ma anche parte del substrato, in questo modo creiamo una specie di lega
all’interfaccia ed un gradiente di composizione che garantisce un buon aderimento tra gli
strati.

Confronto tra processi di additive

Fatica: se dopo che abbiamo costruito il componente con il fascio di elettroni questo viene messo dentro una pressa isostatica a caldo, avrà un
consolidamento maggiore e quindi aumenta il limite di fatica; analogamente con i sistemi laser.
Durezza: vediamo la tensione di snervamento in funzione della durezza Vickers; nelle zone a bassa durezza troviamo le leghe di alluminio
disponibili commercialmente per l’AM e ad alta durezza alcuni acciai alto resistenziali, arriviamo a snervamenti di 1800 MPa.

Riprendendo le curve di Bain possiamo ipotizzare diverse


velocità di raffreddamento e andare a vedere come queste vanno
ad intercettare le diverse classi strutturali che il materiale può
offrire.

Curva CCT riferita ad una lega di titanio con 6%Al e 4%V per
applicazioni alto resistenziali. Il titanio ha la caratteristica di
cambiare il suo reticolo con la temperatura, ha due opzioni:
titanio β e titanio α.
La trasformazione ha la seguente dinamica: partiamo dal titanio β
e scendendo con la temperatura abbiamo una parte di titanio β
che si trasforma in titanio α e quindi abbiamo una struttura α+ β che si forma oppure possiamo anche avere dei sistemi che vengono a raffreddarsi
più velocemente, non intercettano la trasformazione da β a α, e danno una struttura di fase α o una struttura simile a quella martensitica.
La curva rossa del raffreddamento più veloce corrisponde a quella dell’AM mentre l’altra curva verde corrisponde ad una condizione che possiamo
avere nelle strutture convenzionalmente saldate o colate in stampo. La struttura ottenuta mediante AM è una struttura molto più fine e quindi
fornisce un comportamento meccanico superiore.
Quando costruiamo un componente con questa tecnologia otteniamo una struttura fine ma non
omogenea e per strati. Quindi se effettuiamo un test di trazione abbiamo un comportamento diverso
nelle varie direzioni (materiale anisotropo). Con un trattamento di pressatura a caldo l’anisotropia
sparisce, ma è una tecnica molto costosa.

È importante potere confrontare diversi materiali e diverse tecnologie costruttive, sono stati sviluppati
una serie di pezzi campione. Tali dispositivi servono come dimostratori della tecnologia ovvero va ad
identificare le potenzialità della tecnologia

Esempio - Inserti per la pressocolata


La pressocolata è una delle tecniche più complicate a livello metallurgico (in termini di iniziazione della lega all’interno dello stampo senza la
creazione di difetti e per la scelta del materiale con cui fare lo stampo).Questo fa si che lo stampo subisca fenomeni di escursione termica e quindi
cicli termici che portano a fatica. Ma non tutte le zone sono sottoposte allo stessa sollecitazione quindi è stato proposto di usare degli inserti
appositi da inserire dove il componente è maggiormente sollecitato. Può essere molto conveniente andare a realizzare questi inserti con la tecnica
dell’AM perché possiamo costruire al loro interno delle cavità che funzionano da circuiti di raffreddamento nello stampo.
Vantaggi Svantaggi
• Elevato grado di utilizzo delle materie prime • Serie elevate (> 100.000 pezzi)
• Eliminazione e minimizzazione delle lavorazioni all’utensile • Impossibilità di produrre pezzi di grande dimensione e peso
• Elevato grado di precisione dei particolari e delle finiture • Scarsa divulgazione delle conoscenze sul processo
• Controllo sulle caratteristiche microstrutturali • Progettazione specifica
• Scelta della densità sulla base delle esigenze di applicazione
• Forme complesse impossibili da realizzare con altri processi
• Impiego di materiali innovativi, con prestazioni elevate
• Proprietà tribologiche legate alla porosità (superficiale o distribuita)
• Investimenti iniziali relativamente modesti
• Flessibilità degli impianti
• Elevata velocità di produzione
• Consumi energetici specifici ridotti.
Il settore dove emerge l’alluminio è quello aeronautico ma poi diventa quello dei trasporti il settore trainante. La materia prima da cui otteniamo
l’alluminio è la Bauxite (è un minerale e contiene alluminio allo stato ossidato); da 4kg otteniamo 2kg di Al. La Bauxite è abbastanza diffusa sulla
crosta terrestre ed i giacimenti sono abbastanza presenti nel mondo. La cosa critica è la necessità di separare l’ossido (Al2O3 chiamata allumina)
in particolare l’O2 da un all’arte e l’Al dall’altra.

Anche nel caso dell’alluminio si parla di metallurgia fisica e metallurgia chimica. Per METALLURGIA CHIMICA si intende l’estrazione del minerale
seguita dalla separazione dell’ossido di alluminio dalla Bauxite. Per rompere il legame alluminio ossigeno dobbiamo fornire una grande quantità di
energia; il processo viene detto elettrolitico. Forniamo energia a degli elettrodi e facciamo migrare gli ioni positivi Al da una parte e gli ioni negativi
di O2 dall’altra. Si parla di processo di fusione primaria, è di tipo elettrochimico e ci porta ad ottenere alluminio puro allo stato liquido. L’alluminio
puro fonde a 660°. Finché è liquido conviene fare delle aggiunte ed una volta che abbiamo ottenuto la lega allo stato liquido abbiamo tre geometrie
ottenibili per la solidificazione.
Si passa quindi alla METALLURGIA FISICA; possiamo far solidificare la lega sottoforma di lingotto per alimentare la fonderia, billetta che andrà a
alimentare processi di estrusione, oppure sottoforma di placca che va ad alimentare la laminazione.
Sia per fare lingotti che per le billette o le placche si usano processi di colata continua (simili a quelli degli acciai) in realtà di parla di processi di
colata semi-continua. Alla fine otteniamo dei semilavorati e poi prodotti finiti come lattine, componenti aeronautici, infissi e così via.

Ogni tipologia di prodotto avrà un ciclo di vita differente a seconda dell’impiego ma in ogni caso riusciamo a recuperare il rottame in percentuale
molto elevata (circa il 90%). Il rottame ottenuto avrà composizione mista ma in ogni caso passa in forni di selezione e poi di rifusione tramite cui
possiamo produrre leghe secondarie.

Alcune considerazioni:
1) l’input che forniamo per produrre alluminio primario e molto alto quindi ha senso usare l’alluminio solo dove l’energia costa poco infatti si
produce molto in Norvegia Canada (fonti rinnovabili) e Paesi Arabi (fonti fossili). Otteniamo però alluminio puro.
2) il rottame invece fonde molto più facilmente (spendiamo solo 1/20 rispetto al ciclo primario) però abbiamo lo svantaggio che la purezza non è
agli stessi livelli del ciclo primario.
3) in passato i due cicli venivano tenuti separati e l’alluminio veniva prodotto o in modo primario oppure in modo secondario. Adesso invece
abbiamo una coesistenza fra i due processi. Esistono infatti indicatori caratteristici che ci consentono di capire se la lega è primaria o riciclata:
basta identificare la percentuale di ferro presente. Si considera il ferro come riferimento perché ha caratteristiche infragilenti (forma con l’Al
dei composti) ed è indesiderato.
Se Fe<0,15% siamo nel caso di lega primaria
Se Fe>0,35% è secondaria.

4) quando otteniamo billette piuttosto che lingotti esse sono semilavorati e per rifare al componente finale avremo sempre alcuni passaggi da
compiere. Durante questi passaggi vengono prodotti scarti (dovuti alle lavorazioni) perciò, per essere precisi dovremmo distinguere varie categorie
di rottame: rottame interno (deriva dal ciclo produttivo e dalle lavorazioni fatte in azienda) rottame pre-consumo (deriva da prodotti che non
rispettano le specifiche) rottame post-consumo (è costituito da una quota derivante dal settore trasporti, packaging e edilizio).

Da questi grafici capiamo che non è semplice prevedere quanti rottami abbiamo a disposizione per la produzione dei prossimi anni, esistono infatti
modelli numerici che cercano di fare statistiche.

BAUXITE
L'alluminio non si trova in natura allo stato metallico, ma è diffuso sotto forma di alcune centinaia di composti, costituenti una parte considerevole
della crosta terrestre (intorno a 7,5 %). La bauxite è il minerale più importante per la produzione di alluminio e deve il suo nome alla località di
Les Baux, nella Francia meridionale, ove fu individuata per la prima volta nel 1821.
Per ottenere il metallo dalla bauxite si utilizza ancora oggi il procedimento messo
a punto sin all'inizio della produzione industriale dell'alluminio, basato su due tappe
ben distinte: il processo chimico Bayer per estrarre dalla bauxite l'allumina, quindi il
processo elettrolitico Hall - Heroult, per produrre dall’allumina l'alluminio. La
produzione di 1 tonnellata di alluminio richiede 2 tonnellate di allumina, ricavate a
loro volta da 4 tonnellate di bauxite.

Il processo Bayer prende la bauxite e la miscela con soda caustica (NOH); il


trattamento avviene in autoclave ad alta pressione e temperatura. In queste condizioni NOH Bauxite e H2O reagiscono e formano un sale
Na(Al(OH4)). Esso tende a galleggiare mentre sul fondo si depositano i fanghi rossi (ossidi di ferro) che vengono rimossi. Dopodiché il composto
viene fatto decomporre a 90° per recuperare la soda caustica e far rimanere Al(OH)3 ovvero l’ossido di alluminio che poi viene sottoposto ad un
processo di calcificazione a 1300° per ottenere Al.

La parte difficile è stata quella di capire come separare alluminio dall’ossigeno (hanno un legame molto forte). La via è quella elettrolitica. Sappiamo
che qualsiasi liquido è equilibrato dal punto di vista di ioni positivi ed ioni negativi. Quindi anche l’allumina liquida sarà in equilibrio e applicando una
differenza di potenziale potremmo far migrare gli ioni Al3+ e O2-.
Il problema è che l’allumina ha una temperatura di fusione oltre i 2000° e ciò è impensabile da gestire a livello industriale. Grazie agli studi di Hall e
Harault si riesce a mettere appunto un procedimento per ottenere l’Al dall’ ossido. Il principio era il seguente: se mescoliamo l’allumina ad un altro
composto (in particolare alla criolite) riusciamo ad abbassare il punto di eutettico. In questo modo riusciamo ad ottenere una miscela liquida a
temperatura minore in cui anche l’allumina è liquida.
Tecnologicamente abbiamo bisogno di un sistema che vada a mescolare l’Al2O3 con la Criolite ed anche di una cella elettrolitica. Poi abbiamo una
zona che va a fondere il composto. Dopodiché un’altra zona in cui abbiamo una differenza di potenziale che attira gli ioni Al e O2 verso gli
elettrodi in grafite e ciò porta ad una separazione tra Al e CO2. Ovvero sotto l'azione della corrente continua, che può superare 300.000A,
l'allumina disciolta si scinde in Al e CO2.
Il metallo liquido, caratterizzato da una densità di volume superiore a quella dell’elettrolita, si raccoglie sul fondo della cella che, in forma di
rivestimento della vasca, forma il polo negativo (catodo); al carbone dell'anodo (polo positivo), immerso nel bagno, si sviluppa l'ossigeno che lo
brucia lentamente, formando ossidi di carbonio

Bilancio ambientale
Tramite il LCA possiamo fare una valutazione dell’impatto ambientale; teniamo conto di diverse variabili che portano a generare effetti sull’ambiente

L’impatto sull’ambiente si valuta in base a: emissione di sostanze inquinanti in atmosfera, emissione di sostanze tossiche per l’uomo, consumo di
combustibili fossili (quindi impatto sulle risorse del pianeta). Dobbiamo descrivere passo passo tutto il processo che va in base al luogo in cui
vengono estratte le materie prime, se esse vengono lavorate in loco o trasportate, energia necessaria da fornire per il processo Hall-Herault e
così via. L’ultimo passo è la creazione di un indicatore che solitamente è la CO2 equivalente (cioè la CO2 emessa). Ne vengono emesse 9,7Ton
per 1Ton di alluminio puro.

Semilavorati - primario
Fino a pochi anni fa la produzione di lingotti era quella prevalente, poi si sono resi conto che la qualità era
migliore se si faceva una colata continua (ottenendo di fatto una billetta) che poi veniva tagliata ogni tot m.

Semilavorati - secondario
Anche a livello di normativa si tende a valorizzare il rottame come se fosse materia prima. Abbiamo due
tipologie di rottame:
- Nuovo (è lo scarto interno dell’azienda che non arriva all’utilizzo)
- Vecchio (è lo scarto che arriva a fine vita)
Poi una seconda normativa classifica il rottame in base alla sua provenienza:
• Rottami alluminio alto titolo (>99%) - derivano dall’ambito elettrico è necessaria purezza
• Rottami provenienti da scarti di lavorazione plastica di singola famiglia di leghe
• Rottami provenienti da scarti di lavorazione plastica di più famiglie di leghe
• Scarti di produzione
• Scarti di lavorazione meccanica di singola lega (tornitura)
• Scarti di lavorazione meccanica di più leghe (tornitura mista)
• Scorie e residui vari di fonderia (schiumature, colaticci)
• Imballaggi di alluminio, puliti
• Imballaggi di alluminio, con rivestimento
• Radiatori Al-Cu
• Materiale proveniente da fine ciclo vita

Ciclo del rottame - auto

Al secondario
Pretrattamento materie prime
• selezione e separazione delle differenti tipologie di costituenti (inerte, ferro, altre leghe)
• frantumazione o macinazione ,
• essiccazione
• confezionamento dei paccotti
Tutte le operazioni di pretrattamento sono finalizzate all’ottenimento di materia prima con la più alta percentuale di resa possibile per poter
essere rifusa
Selezione e separazione
• Individuare la tipologia di appartenenza, separando l’alluminio da altri elementi che possono essere presenti nei rottami:
• Materiale inerte (volatile), attraverso flottazione gravitazionale o sistema a correnti indotte
• Ferro/acciaio, tramite magneti o sistema a correnti indotte
• Altre leghe (es. Zn, Mg, Cu), attraverso la separazione visiva e il controllo chimico al campionamento
Frantumazione/macinazione
Il pretrattamento di tipo meccanico consente la riduzione di pezzatura e la separazione dell’alluminio da altri elementi indesiderati. Gli impianti
adibiti sono generalmente costituiti da diverse macchine disposte serialmente:
• Frantoio
• Vaglio rotante
• Mulino
• Magneti

Essiccazione
“Pirolisi”, per recuperare l’alluminio, a cui sono state tolte tutte le impurezze organiche non separabili meccanicamente, o negli imballaggi ad elevato
contenuto di materiale organico (fino al 58%), come per esempio i tappi, le lattine.
PROCESSO DI PIROLISI
Preparazione dei rottami misti da trattare con l’immissione in forno a tamburo, provvisto di caldaia per il recupero del vapore e sistema per il
trattamento dei fumi. Temperatura intorno a 500°C. Rimozione di vernici, stampe o altre sostanze aderenti (per lo più collanti), vengono bruciati i
materiali combustibili, la cui energia termica viene riusata per bilanciare il consumo del sistema. Selezione dei materiali residuali magnetici, attravers
magneti posti lungo i nastri trasportatori

Forni di rifusione
Concetto di rottame “nuovo” e rottame “utilizzato”. Esistono diversi processi di rifusione a seconda della qualità del rottame.
- Rottame pulito, non verniciato: forni a riverbero
- Rottame finemente suddiviso (sfridi di lavorazione): forni a induzione
- Rottame inquinato, di bassa qualità: forni rotativi con flussi di copertura
- Rottame inquinato con altri metalli: forni “sloping hearth”

Alligazione
Esistono differenti tipologie di forni, ottimizzati in base alla materia prima e al prodotto finito. Il metallo proveniente dal forno rotativo subisce una
serie di trattamenti e controlli di tipo:
• Metallurgico (affinazione, modifica)
• Chimico (composizione, contenuto di gas, eliminazione di ossidi)
• Fisico (omogeneizzazione del bagno liquido tramite opportuni sistemi di mescolamento) attraverso cui si arriva all’ottenimento del prodotto
finale

Una ricerca effettuata negli ultimi anni sull’uso di alluminio riciclato ha evidenziato che la produzione di UNA TONNELLATA di alluminio riciclato
può portare al risparmio di:
o 1.300 kg di residui di bauxite
o 15.000 litri di acqua di raffreddamento o 860 litri di acqua usata nel processo
o 2.000 kg di CO2
o11kgdiSO2
Da un punto di vista ecologico, grazie alle attività di riciclo, l'alluminio non viene consumato, ma semplicemente utilizzato per l'intera durata in
servizio di un determinato prodotto (end of life).
Le materie prime secondarie in alluminio rappresentano una "banca di energia", poiché, per la fusione del rottame in un forno, è sufficiente solo il
5% dell'energia utilizzata per l'elettrolisi.
In realtà, considerando il trattamento delle materie prime secondarie ed il recupero dei residui generati durante il processo di produzione, tale
percentuale di energia va oltre il 5%. Anche prendendo in considerazione questi fattori, la quantità complessiva di energia necessaria alla produzione
dell'alluminio secondario è comunque molto vicina al 90% rispetto alla produzione di primario.

GLOBAL ALLUMINIUM FLOW


Si parte dalla quantità di Al in utilizzo in giro per il mondo. Nel 2016 si stima
che fossero 933milioniTon. Nello stesso anno sono stati recuperati 17milTon a
fine vita (OldScrap), 4milTon siano finiti in discarica ed altri 2milTon non si sa.
Contemporaneamente sono entrate 74milTon nel mercato che hanno subito
un ciclo produttivo e che quindi hanno prodotto una serie di scarti. I rottami
poi verranno rifusi.
La produzione sarà alimentata dai rottami ma anche da Al primario che per le
stime è stato di 58milTon. Questo deriva da allumina 111milTon che a sua
volta deriva da Bauxite 269 milTon.
Disponibilità futura
Non ci sono problemi di disponibilità futura, con risorse potenziali di bauxite equivalenti a 400 anni di produzione. Tematiche di studio sono:
• impegno nella individuazione di soluzioni sostenibili, nel progresso tecnologico, nella innovazione dei processi, nella attività di ricerca e sviluppo
• sforzi costanti al recupero e dal riciclo
• punta al risparmio energetico e dal continuo miglioramento dell'impatto ambientale per ogni fase del processo
• è un sistema industriale ancora giovane e con grandi potenzialità di sviluppo
• è un eccellente fattore di risparmio di risorse e di salvaguardia ambientale
• produce posti di lavoro e ricchezza
Linee guida 2030 (European Alluminium Technology Platform)
- Competitività e la sostenibilità ambientale
- Ridurre l’incidenza dei costi energetici di produzione dell’alluminio primario (13 kWh/kg 11 kWh/kg entro il 2030)
- Ridurre le emissioni inquinanti della filiera produttiva
- Disciplinare gestione rottami e veicoli alla fine del ciclo di vita
- Migliorare i processi di trasformazione
- Individuare nuove applicazioni, in particolare nei trasporti

Le principali leghe vengono classificate in base a tre parametri:


- Composizione
- Processo tecnologico (alcune leghe sono ottimizzate per la laminazione o deformazione plastica mentre altre sono lavorabili solo in fonderia)
- Attitudine al trattamento termico (esistono leghe adatte ed altre no,quando si parla di trattamento termico ci si riferisce a precipitati con
caratteristiche rafforzanti)

Composizione
possiamo fare una divisione in tre gruppi di elementi che possono essere aggiunti:
- per un miglioramento su comportamento meccanico aggiungiamo Zn e Cu
(settore areonautico dove è molto importante il rapporto resistenza/peso) alta resistenza
vuol dire carico di rottura intorno ai 500MPa (gli acciai alto resistenziali acciaio arrivano
anche a 1000 ma hanno una densità maggiore).
- per un miglioramento di resistenza, duttilità, tenacità, attitudine a trattamenti di saldatura,
corrosione aggiungiamo Mg Mn Si
(da soli insieme all’Al oppure mescolati tra loro). Per quanto riguarda il Fe è un inquinante
che ci ritroviamo nel composti è scarsamente solubile nell’Al e quindi forma dei
precipitati con caratteristiche infragilenti che penalizzano il comportamento meccanico.
L’unico aspetto positivo che ha il ferro lo vedremo ma è proprio un unico caso. Riusciamo bene a controllare le sue percentuali nel caso di lega
primaria mentre non è così facile con le leghe secondarie.
- per migliorare caratteristiche specifiche (spesso si parla di micro leganti perché sono presenti in piccole %) li aggiungiamo agli elementi già citati
sopra. Ad esempio se ci interessa una grana fine possiamo aggiungere Ti e B (reagiscono fra loro creando il diborurodititanio che è un composto
che è un perfetto agente enucleante eterogeneo); lo Zr (zirconio) ha effetto simile. Il Ni invece ci garantisce una buona resistenza ad alta
temperatura (ottimo comportamento a caldo). Pb e Bi (bismuto) danno una migliore lavorabilità alle leghe perché tendono a facilitare il
distaccamento del truciolo. Il Na (sodio) aiuta a controllare la tipologia di struttura che si forma durante la solidificazione quindi conferisce
migliore duttilità ed altre proprietà.

Quando ragioniamo in termini di classificazione ci focalizziamo solo sugli elementi cerchiati

Qualsiasi elemento aggiunto all’Al puro ci darà un rafforzamento. Il massimo si ha con Cu e Zn.

Il Mg è ottimale ed anche il Mn è buono. Cu fortemente penalizzante, Si Zn hanno


comportamento che dipende dagli altri elementi presenti.

L’Al ha una buona conducibilità subito dopo l’oro e il rame. Il Cu va a migliorare gli altri no.

Mg Mn danno buona saldabilità, Cu ha delle finestre in cui funziona abbastanza bene ed altre
in cui funziona molto male quindi dobbiamo stare attenti.

Applicazione tipica delle lattine si usa per lo più il Mn.

Mg migliore, Zn abbastanza indifferente, gli altri sono penalizzanti

Vediamo com’é fatto il diagramma di stato a base Al con l’aggiunta di questi elementi. Nel grafico sono riportate le diverse curve di solubilità (es.
Zn nell’Al, Cu nell’Al e così via). Possiamo notare che lo Zn è il migliore a solubilizzare nell’Al ma anche il Mg ha una buona solubilità mentre Cr
Mn e Si hanno una solubilità più bassa. Ciò impatta sulle strutture che si vengono a creare nel momento della solidificazione e raffreddamento.

Processi
Distinguiamo sempre tra lega da deformazione plastica (adatta ad essere deformata plasticamente, estruda stampata forgiata etc) e lega da fonderia.
Con le prime possiamo giocare abbastanza bene con i dosaggi della composizione mentre con le leghe da fonderia abbiamo bisogno di Si (anche
20%) e gli altri elementi vengono in secondo piano.

Se parliamo di leghe da lavorazione plastica intendiamo leghe che


vengono fatte solidificare sottoforma di placche e billette e che poi
ci daranno laminati a caldo e freddo, estrusi e così via.
Le leghe da fonderia vengono invece solidificate in pani e lingotti
che poi vengono rifusi e colati in sabbia o in conchiglia al fine di
ottenere i getti.

Un’altra distinzione sta nella possibilità o meno di essere trattate


termicamente. Si intende l’invecchiamento (age hardening) ovvero
l’indurimento per precipitazione.
Gli elementi che ci danno trattabilità termica sono Zn (precipitati coerenti) e Cu.
Presi singolarmente Mg Mn Si non sono trattabili termicamente ma se invece sono
presenti contemporaneamente Mg e Si si forma Mg2Si che è un precipitato
rafforzante.

NORMATIVA - leghe da deformazione plastica

NORMATIVA - leghe da fonderia


Leghe Al-Si
Il Si è importante per i processi di fonderia.Vediamo sotto il diagramma di stato, il Si puro fonde a 1400° mentre l’Al puro a 600°, l’eutettico è a
557° (al 12% di Si).
Siccome il Si ha caratteristiche di durezza non eccediamo mai il 20% perché la prima fase che solidifica è il Si e lo fa sottoforma di cristalli ad
eccessiva fragilità inoltre avremmo una temperatura di liquidus a 800° che è elevato e si va a perdere la buona fondibilità dell’Al.

Distinguiamo tra:
- Leghe eutettiche (Si 12%-13%)
- Leghe ipereutettiche (Si 13%-22% usate
per componentistiche di motori)
- Leghe ipoeutettiche (Si <12%)

Il Si ha due effetti benefici per i processi di fonderia. Infatti i problemi che possono nascere sono: difficoltà
della lega liquida nel fluire nello stampo e contrazione volumetrica e ritiri di solidificazione.
- Favorisce la fluidità della lega
In termini ingegneristici dovremmo parlare di viscosità però essa è difficile da misurare nel caso di metalli
liquidi ad alte temperature ed allora parliamo di fluidità. Per misurarla facciamo lo stampo in sabbia e poi
imponiamo alla lega un percorso a specie di spirale, fissata una temperatura di colata andiamo a misurare
quanti cm ha fatto la lega nello stampo prima di solidificare.
All’inizio (alluminio puro) abbiamo ottima fluidità poi aggiungendo Si la fluidità diminuisce, per poi
arrivare al massimo in corrispondenza dell’eutettico. Superato il quale scende di nuovo.
Si può dimostrare che un primo indicatore della fluidità della lega è l’ampiezza dell’intervallo di
solidificazione; infatti più aumenta l’intervallo più è penalizzata la fluidità.
Un sacco di applicazioni di getti in ambito elettrico sono fatte in Al puro, sennò non si usa quasi mai.

- Migliora la qualità dei getti


Nel senso che se prendiamo l’Al puro e calcoliamo il ritiro di solidificazione è l’8%. Se però andiamo
verso una lega eutettico del 3,5% che è molto più positivo. È questo grazie alla presenza del Si perché
esso va a ridurre la probabilità di formazione di cavità di ritiro.

Quindi il Si migliora colabilità, migliora la capacità di alimentazione, evitiamo i ritiri di solidificazione, se


inseriamo anche Mg i getti possono essere trattati termicamente, aumenta la fragilità (se ne metto sopra il
20%), riduce la densità ed il coefficiente di espansione termica.
Nelle tabelle di composizione o vediamo indicato un intervallo oppure abbiamo un valore secco (massimo). I numeri fra parentesi sono relativi al
fatto che differenziamo la lega che compriamo e quella che viene prodotta. Il numero che non ha le parentesi si riferisce al,a lega che compriamo
e che avrà un vincolo di Fe ad esempio. Invece il numero fra parentesi si riferisce al prodotto che esce dalla fonderia ovvero il getto.

Lega eutettica Al-Si, vede la formazione di due fasi alfaAl e Si come nel disegno; se aggiungiamo Na esso cambia la dinamica di solidificazione ed il
Si invece che diventare un aghetto diventa una sfera. Ciò conferisce duttilità e questo processo si chiama modifica eutettica del Si.

Sviluppo dell’Al negli anni


È avvenuto secondo quattro linee principali (le driving force), la sequenza che leggiamo è storica; giallo fonderia, celeste deformazione plastica.

*elemento “magico” lo Scandio che impedisce la


ricristallizzazione dell’Al e mantiene grana fine ma è molto
costoso.

*utilizzo dell’Al come materiale per stampi su cui iniettare le


materie plastiche al posto dell’acciaio (più leggero e migliore
smaltimento termico).

Processi tecnologici di trasformazione


Le tecnologie più utilizzate sono la laminazione e l’estrusione mentre la forgiatura è più di nicchia. Matrice di compatibilità materiale processo
messa a punto da Ashby, evidenzia il fatto che ciascun processo è adatto
a determinati materiali e viceversa.
Vediamo che la classe di materiali che si presta ad essere lavorata con più metodologie diverse è
quella dei metalli non ferrosi. Possiamo poi focalizzarci sul confronto tra processo utilizzabile
e geometria ottenibile. L’alluminio è ottimo a livello di questi compromessi.
LAMINAZIONE
Partiamo da placche di lavorazione (8-10m) che derivano dalla colata semicontinua; le placche possono subire laminazione sia a caldo che a
freddo dopodiché può essere sottoposta ad operazioni di stiratura e finitura per ottenere piatti lamiere nastri e fogli.

1) Preprocesso - colata semicontinua


Come detto le placche di lavorazione derivano dalla colata semicontinua. Il sistema è costituito da una panieraie in cui viene
colata la lega liquida e da cui la lega liquida fluisce attraverso la lingottiera. Qui si ha solidificazione dinamica (avviene per
strati e mano a mano che gli strati solidificano abbassiamo il tavolo di supporto). A valle della lingottiera abbiamo un pozzo di
colata che con acqua di raffreddamento va a solidificare la placca.
Ovviamente si ha strisciamento tra lingottiera e superficie della placca e ciò farà sì che la superficie ottenuta non possa
essere perfetta.
È detta semicontinua perché rispetto all’acciaio il processo va avanti solo per qualche metro.

Spessore: 200mm/600mm
Larghezza: 2m
Lunghezza 10m

2) Fase di sculpting
Consiste in una fresatura superficiale per rimuovere i 2/3mm che si sono ossidati e poi garantire il parallelismo fra tutte le superfici in modo tale
che la placca possa entrare tranquillamente nel successivo ciclo di laminazione.

3) Fase di laminazione a caldo


Con questa operazione un formato grezzo chiamato placca, viene laminato ad una temperatura variabile fra 350 e 500 °C a seconda della lega,
fino ad arrivare ad una lamiera con spessore dell'ordine dei 5 mm.
Dopo la fase di sculpting le placche vengono inserite in forni di preriscaldamento perché le temperature adatte per il porcessso sono intorno ai
500°. Inoltre la permanenza a questa temperatura aiuta a sciogliere eventuali seconde fasi che potrebbero essersi formate. Da qui in poi inizia il
vero processo di laminazione a caldo:
- Laminatoio reversibile (facciamo andare avanti e indietro la placca tra dei cilindri)
- Treno di laminazione (la placca passa all’interno di rulli che ne diminuiscono lo spessore)

Il problema energetico ed ambientale che si riscontra è che siamo passati da lega liquida a placche solide dopodiché abbiamo dovuto riscaldarle
nuovamente a 500° impiegando energia. Si è cercato di risolvere questo problema con il ciclo di laminazione che vediamo sotto. In pratica il
processo di laminazione si attacca subito dopo la colata in modo da bypassare il processo di raffreddamento. Funziona su leghe 1000 e 6000. È
importante controllare l’intervallo di solidificazione perché non tutte le leghe lo hanno identico e magari alcune non fanno in tempo a
raffreddarsi prima di arrivare ai rulli.

La riduzione di spessore da quello iniziale della placca (alcune centinaia di mm) a quello finale della lamiera sbozzata (5 ÷ 6 mm) non può
effettuarsi tutto in una volta; si ricorre quindi a più passate successive che determinano una riduzione progressiva dello spessore. Terminata una
passata, i cilindri vengono avvicinati ed inizia in senso inverso la passata successiva, che condurrà ad un'ulteriore riduzione di spessore. In termini
generali, il numero di passate necessario per completare un ciclo di sbozzatura può variare da lega a lega, entro limiti seguenti :
- per alluminio puro serie 1000: 10 passate - per leghe dure serie 7000 (Al-Zn-Mg-Cu)

4) Fase di laminazione a freddo


Nella maggior parte dei casi il mercato richiede spessori inferiori di quanto sopra indicato, quindi alla laminazione si fa seguire una laminazione a
freddo, che avviene alla temperatura ambiente e con la quale la lamiera perviene a spessori dell'ordine di 0,2 mm. La laminazione a freddo, con
laminatoi e tecniche particolari, può essere successivamente spinta ben al di sotto di questi spessori, fino al foglio sottile (spessore 4 ÷ 7 micron)
che trova larghissimo impiego nel campo degli imballaggi;

5) Fase di finitura
Comprendono le operazioni atte a conferire alla lamiera il suo stato finale: trattamenti termici, spianatura, stiratura, taglio longitudinale o
trasversale, ondulazione, goffratura, e così via.
Ad esempio se arriviamo a laminare molto (spessore molto piccolo) è possibile che sia necessario un trattamento successivo perché il materiale si
infeagilisce. È per questo a valle della laminazione a caldo possiamo avere una tempra (è però un caso particolare).
Impianti post laminazione
- Linea di taglio (linea di taglio i rotoli laminati a freddo e trattati termicamente vengono tagliati a misura in larghezza e lunghezza. Le lamiere
vengono spianate, disposte sui supporti di trasporto e imballate )
- Forno di trattamento termico (i diversi stati metallurgici delle piastre, corrispondenti a diverse proprietà di resistenza meccanica ed agli agenti
esterni, si ottengono attraverso trattamenti termici)

Nelle immagini successive vediamo alcuni esempi di utilizzo delle leghe di alluminio. Riusciamo ad ottenere vantaggi di riduzione del peso, aumento
della resilienza eccetera.
ESTRUSIONE
Partiamo da billette (tipicamente a sezione rotonda), il processo di solidificazione è sempre la colata semicontinua. Dopodiché l’Al viene fatto
passare attraverso una matrice che gli conferisce la forma. Si fa una distinzione tra estrusi a profilo aperto o a profilo cavo (tubi). L’acciaio ha
modulo elastico di 206GPa mentre l’alluminio di 70GPa quindi rimanendo in campo elastico esso riesce a deformarsi molto di più rispetto
all’acciaio. Inoltre dato che il modulo elastico è basso, l’unico modo per aumentare la rigidezza è giocare sulla geometria.

L'estrusione si è affermata per la capacità di ottenere in maniera economica un'infinità di configurazioni; tenendo
conto dei vincoli oggettivi costituiti dalla dimensione della pressa e dalla diversa estrudibilità delle varie leghe di
alluminio, si può dire che l'unica limitazione di forma è costituita dal livello di ingegnosità e fantasia del progettista
nel creare geometrie nuove e funzionali. L'elevata flessibilità di disegno consente, con un razionale progetto della
figura, un buon grado di ottimizzazione delle forme, sia dal punto di vista funzionale che estetico; anche le
procedure di assemblaggio possono essere enormemente semplificate ed economizzate con lo studio di particolari
dettagli costruttivi.

Vantaggi: per produrre alcuni oggetti è un processo molto più veloce, le geometrie ottenibili sono varie, le matrici di estrusione hanno dimensioni
abbastanza compatte e ciò ottimizza il costo della produzione, talvolta può andare a sostituire geometrie di componenti che verrebbero saldati.

1) Estrusione diretta
È la più semplice, la lavorazione avviene allo stato plastico. Ci interessa che il materiale sia
perfettamente omogeneo (la lega deve essere portata a completa solubilizzazione).
Siamo alla temperatura di 500°.
Quando arriviamo a fine estrusione la qualità non sarà perfetta e solitamente si toglie insieme
alla parte di testa (rottame nuovo).

2) Estrusione inversa
In questo caso la camera di estrusione è chiusa e la matrice è montata direttamente sul pistone
che ha una cavità interna da cui fuoriesce la lega. Ha molte limitazioni geometriche.

3) Estrusione di tubi
Se abbiamo geometrie cave semplici partiamo da una billetta preforata, nella cavità
interna ci sarà il mandrino. Tra la matrice ed il mandrino si crea un’intercapedine da cui facciamo fluire la lega.

4) Estrusione laterale
Abbiamo in epquesto caso il punzone che agisce verticalmente e la matrice montata di lato; il fatto di obbligare
il materiale a fare una curva quando è allo stato plastico va a frantumare il grano cristallino e così il materiale
che esce ha una grana molto fine. È però una tecnica piuttosto teorica e non ha ancora trovato applicazioni in
campo pratico.
Indice di estrudibilità
A noi interessa avere idea delle performance ad estrusione di una lega e ciò viene fatto introducendo un indice di estrudibilità che viene associato
alle varie leghe. Possiamo visualizzare l’indice nel diagramma sottostante. Quantifichiamo la facilità di estrudere una lega con lo spessore del pezzo.
Inoltre riusciamo a ricavare la produttività dell’impianto produttivo.

L’estrusione è un processo di deformazione quindi se vogliamo deformare il pezzo dobbiamo superare lo snervamento. Gli effetti che influenzano l
tensione a snervamento sono i seguenti:
- Incrudimento (lo abbiamo quando deformiamo a freddo, noi siamo a 500° gradi quindi non lo avremo)
- Dimensione del grano (non influenza)
- Precipitazione (a 500° è tutto sciolto quindi non influenza)
- Rafforzamento mediante soluzione solida (è l’unico che ha effetti,infatti l’Al puro è estremamente duttile mentre le leghe 5000 con Mg sono
molto più difficili da estrudere così come le 7000)
La facilità di estrusione la quantifichiamo con lo spessore di parete e possiamo avere da 1mm a 10mm.

FORGIATURA
Abbiamo le stesse tecnologie che si utilizzano per gli altri metalli tra cui:
1) Forgiatura a stampo aperto
2) Forgiatura a stampo chiuso (lo stampochiuso impedisce la fuoriuscita del materiale, è un processo più preciso)
3) Impression die (si utilizza uno stampo ed il pezzo viene deformato fino ad assumere la forma della cavità)

Fonderia
Abbiamo diversi modi per classificare il processo; di base abbiamo uno stampo in cui versiamo la lega e poi aspettiamo che solidifichi il pezzo.
Distinguiamo tra sistemi con lo stampo (forma) permanente o sistemi con la forma a perdere.
Dopodiché dobbiamo focalizzarci sul modello (serve a realizzare la forma) che può essere in legno, sabbia o in metallo e rappresenta la
geometria del pezzo che vogliamo produrre. Possiamo avere ad esempio forme a perdere ma modelli permanenti (che usiamo molte volte).
Se dobbiamo fare pochi pezzi ma di grandi dimensioni il modello spesso è in legno, se la serie è media si utilizza la plastica e se invece la serie è
elevata utilizziamo l’alluminio.
Classifichiamo i modelli a secondo di come teniamo insieme la sabbia. Ad esempio sabbia verde svuoto dire che usiamo dei leganti a base
acquosa, shell molding vuol dire che usiamo una sorta di colla polimerica e così via.
Ci sono casi in cui il modello è a perdere come nel caso della colata a cera persa. Oppure abbiamo il modello in polistirolo, lo rivestiamo di
vernice refrattaria, esso si essicca, lo mettiamo in un cassone e agitiamo fino a che la sabbia non circonda tutto il polistirolo; poi ci coliamo la lega
liquida. A 750° l’alluminio a contatto con il polistirolo lo decompone e si sostituisce al suo posto. È un processo abbastanza complesso da usare.

Il vantaggio competitivo che fornisce l’alluminio è la possibilità di lavorare con uno stampo permanente in acciaio. Partendo da ciò classifichiamo i
processi in base a come riempiamo lo stampo stesso. (La stragrande maggioranza delle tecniche ricorre all’utilizzo di stampi permanenti)

- Conchiglia
Il termine conchiglia si riferisce allo stampo in acciaio.Versiamo l’alluminio dentro lo stampo attraverso il canale di colata e poi esso riempirà la
cavità per gravità; nella cavità possiamo mettere anime, inserti metallici e materozze. In alcuni casi possiamo avere circuiti di raffreddamento ma
solitamente il ciclo impiega almeno 5minuti.
Il metallo che solidifica riproduce perfettamente lo strato superficiale dello stampo; se lo stampo è in sabbia avremo una superficie granulosa, se è
in metallo avremo una superficie liscia e lucida e così via. Abbiamo buone tolleranze. È una tecnologia adatta per le produzioni in serie.

• Solidificazione più rapida,


rispetto alla sabbia
• Getto a grana più fine
• Qualità superficiale
• Tolleranze: 0.3-0.6%
• Utilizzo di vernici refrattarie
• Serie numerose
• Getti fino a 100 kg

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