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Prodotti Metallurgici Innovativi 5
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Prodotti Metallurgici Innovativi 5
polveri.
Solitamente si utilizza per componenti molto piccoli. La produzione di polveri può sembrare un processo dispendioso a livello di costi e tempi
(prendere pezzi e creare goccioline affinché si ottengano le polveri) però questa tecnologia permette di trasformare in componenti finali il 100%
delle polveri (resa metallurgica elevatissima). Quindi in fin dei conti la metallurgia delle polveri ci permette di ottimizzare i costi di lavoro ed anche
il materiale utilizzato (se ho 100kg di polveri ottengo 100kg di componenti). Inoltre alcuni materiali hanno temperature di fusione molto elevate e
se li lavoriamo sotto forma di polveri possiamo abbassare le temperature.
PROCESSO
Polveri sfuse che ossono essere polveri di lega (prelegate) oppure polveri di elementi puri mescolati tra loro (polveri blended); inoltre talvolta
si aggiungono sostanze lubrificanti (sostanze cerose, acidi i sali) in modo da ridurre gli attriti tra polveri e stampi o polveri stesse.Vengono
pressate a freddo, il componente pressato a freddo prende il nome di “verde”.
Sinterizzazione consiste in un ciclo di riscaldamento a una temperatura al di sotto di quella di fusione in cui si innescano fenomeni diffusivi ed
attraverso il quale si riduce la porosità. Cioè portiamo il pezzo in forno e mediante l’attivazione di fenomeni diffusivi saldiamo tra loro le polveri;
l’effetto è di creare un legame metallurgico, ridurre la porosità e di arrotondare la porosità stessa. Un verde occupa un 75% del volume
disponibile mentre un materiale sinterizzato arriva anche al 90%. Infatti andiamo a togliere i vuoti ed il materiale si compatta.
Prodotto finito possiamo sottoporre il materiale a qualsiasi trattamento termico tipico dei metalli.
Produzione di polveri le polveri di partenza sono ricavate da minerali, da cui si ricava un lingotto che a sua volta viene portato a fusione e
poi dal fuso otteniamo le polveri tramite una serie di processi. Uno dei processi viene detto ATOMIZZAZIONE e consiste nel partire dal fuso
liquido e nel soffiarci gas inerte o nello spruzzarci acqua o spray metallico che poi solidificando porta alle polveri finali. Il processo di
Atomizzazione in acqua richiede una fase di essiccazione dopo la fase di produzione al fine di ottenere polveri solidificate. Le polveri possono
essere prodotte anche per PROCESSI ELETTROCHIMICI ovvero se un metallo tende ad evaporare a bassa temperatura, esso viene fatto
evaporare e poi condensare e solidificare. Altrimenti abbiamo processi MECCANICI che consistono in una macinazione dei materiali.
Processi post-produzione vengono effettuati dopo la fase di produzione perché i granelli potrebbero avere dimensioni differenti. Quelle
<1micron sono considerate dannose per la salute mentre quelle >60/70micron non sono idonee e devono subire dei processi di setacciatura.
Dopodiché seguono una serie di testate di valutazione per garantire la qualità delle polveri.
La competitività del processo sta nel riuscire a gestire una materia prima che è più costosa di quella convenzionale e nel trasformarla tutta in
prodotto finito.
ATOMIZZAZIONE
partiamo come nella metallurgia classica dal minerale che consente di ottenere un lingotto che viene portato ad alta temperatura e fuso,
dopodiché con varie tecnologie viene ridotto in polvere. Questa tecnologia prendono il nome di atomizzazione. Dal flusso liquido otteniamo con
sofffiaggio di gas inerte o con spruzzatura di acqua, otteniamo uno spray di goccioline che poi solidifica e ci dà le polveri finali.
Una certa frazione di polveri molto fini presenta una densità insufficiente per andare direttamente a fondo, quindi viene trascinata dal gas e
depositata in un contenitore a parte così da poter essere riutilizzata.
Questo sistema consente di ottenere polveri perfettamente sferiche. Esse hanno ovviamente una certa variazione dimensionale (granulometria).
Possiamo avere due configurazioni: ugelli che agiscono appena il liquido esce dal crogiolo oppure ugelli che sono posti al di sotto (immagine a dx).
- Atomizzazione a filo (se abbiamo un filo e poi generiamo comunque uno spray)
PROCESSI ELETTROCHIMICI
- Vaporizzazione e poi condensazione
Per metalli basso bollenti cioè che tendono ad evaporare a basse temperature possiamo vaporizzare e poi condensare in modo da ottenere
goccioline che poi ci daranno le polveri.
- Processi elettrolitici
Ad esempio nel caso delle polveri di Cu. Questi processi vanno a separare il polo negativo, poi ioni positivi metallici vengono raccolti, forniscono
elettroni e riusciamo ad ottenere granelli di forma dendritica di rame puro.
Uno di principali produttori di polveri ha brevettato un sistema per produrre delle polveri di lega; ad esempio, se abbiamo Fe 0.2%C e 2%Ni la
produzione della polvere avviene nel seguente modo: viene prodotta una polvere di una certa dimensione di Fe e 0.2%C, quindi l’acciaio viene fuso
e poi atomizzato per ottenere questa composizione. Successivamente, viene mescolato con delle polveri molto più fini di nichel, in modo tale che
il nichel corrisponda al 2% della composizione finale; per ragioni elettrostatiche le polveri fini di nichel tendono a rimanere attaccate alla superficie
di quelle di acciaio. Mediante un piccolo riscaldamento queste vengono fatte saldare tra di loro e otteniamo la polvere, chiamata diffusion bonded.
Tra questa tipologia di polvere e la polvere prelegata c’è un diverso tipo di comportamento, in particolare durante la fase di pressatura, perché il
nichel sciolto in soluzione solida dentro il ferro ha un effetto di rafforzamento e siccome comprimendo superiamo la tensione di snervamento per
deformare plasticamente la polvere, questa tipologia di polveri presenta un’elevata compattabilità a freddo.
MACINAZIONE
Abbiamo dei corpi macinanti in cui carichiamo le polveri (di dimensioni un po’ grossolane) in modo da
renderle finissime. Gli svantaggi che abbiamo in questo caso sono due: il processo richiede più tempo ed i
corpi macina di subiscono un’usura quindi le polveri potrebbero essere inquinate. È più economico però
Caratterizzazione
Dopo che le polveri sono pronte è necessario andare a caratterizzare cioè andare a definire le loro proprietà meccaniche, ciò dipende dalla loro
geometria.
Esistono diversi sistemi per codificare le geometrie, quello più semplice si basa sull’analisi di immagini. Quindi prendiamo un campione e con diversi
indicatori geometrici andiamo a recuperare la dimensione massima e quella minima, l’area eccetera così da capire che forma abbiamo.
Una operazione fatta nel post processing è quella di setacciatura. Infatti ci interessa classificare dimensional mente le polveri. Abbiamo dei setacci
con maglie di diversa spaziatura, ci facciamo passare le polveri. L’unità di misura è quante aperture abbiamo per pollice lineare (1pollice=25mm), in
questo modo andiamo a definire la mesh cioè il reticolo del nostro setaccio.
Ricaviamo una curva di distribuzione granulometrica. Avendo dei sistemi di setacciatura con mesh predefinite possiamo ricavare la curva di
distribuzione granulometrica: rispetto alla quantità totale di polvere andiamo a vedere qual è la frazione che corrisponde ai diversi intervalli di
mesh; è una distribuzione di tipo gaussiano.
Serigrafia
Un altro metodo consiste nell’applicare la legge di Navier Stokes. Prendiamo le polveri, le mescoliamo con una soluzione a base alcolica e poi
lasciamo del tempo alla sospensione in modo tale che le polveri scendano. Dopodiché usiamo un sistema a laser o a raggi X che individua quante
polveri stanno passando al secondo, possiamo comunque ricavare la curva granulometrica.
Scorrevolezza
Mettiamo la polvere in un imbuto e la lasciamo scendere, si creerà una montagnetta mano a mano che la polvere
esce dall’ imbuto. L’angolo di riposo indica quanto la polvere tende a spalmarsi lungo la superficie; se è elevato la
polvere rimane ferma altrimenti scorre molto meglio.
Densificazione
Quando viene effettuata la pressatura si sviluppano degli attriti tra la polvere dello stampo e i grani stessi (aggiungiamo del lubrificante ma
comunque questo effetto rimane).
Se ipotizziamo di produrre un provino cilindrico che abbia h/d=0,42 oppure 0,79 oppure 1,66
andando ad effettuare la pressatura con questi parametri geometrici è possibile misurare il livello
di pressione che si riesce ad esercitare effettivamente sulle polveri.
Nel grafico vediamo le curve di isopressione (ovvero la pressione che effettivamente riusciamo a
scaricare sulle polveri che stiamo compattando). Se siamo più vicini ai punzoni le pressioni saranno
piuttosto uniformi; più ci spostiamo verticalmente più le polveri risentono dell’azione di attrito e
più l’azione della pressione tenderà a diminuire.
Avere tali variazioni vuol dire avere una capacità di densificare diversa, a pressioni più alte corrisponde una migliore compattazione; ciò comporta
che per ottenere geometrie riconducibili ad una forma cilindrica, dobbiamo tenere conto di una serie di indicatori, quali:
- Rapporto tra diametro e altezza
- Fattore d’attrito
- Pressione di compattazione
- Lubrificante
Scelta una certa tipologia di polvere possiamo ricavare delle curve di densificazione che forniscono indicazioni, a seconda della pressione
esercitata, qual è il livello di densificazione che riusciamo ad ottenere. Intorno a 200 MPa abbiamo un livello di compattazione abbastanza buono;
l’andamento è asintotico tra 400 MPa e 800MPa non abbiamo molta differenza
A seguito della pressatura a freddo otteniamo un contatto meccanico tra le polveri (cioè i vari grani di polvere sono a contatto tra di loro), questo
contatto non è metallurgico ovvero la polvere è ancora friabile (non ha resistenza meccanica significativa.). Nel caso dell’acciaio se questo viene
portato a 1200°C si attivano i fenomeni di tipo diffusivo, cioè di mobilità degli atomi. I fenomeni possono essere diversi ma se schematizziamo la
situazione nel seguente modo abbiamo atomi che si muovono lungo la superficie di contatto, altri dal volume centrale tendono ad andare a
saturare lo spazio a disposizione o altri fenomeni locali di evaporazione. In generale possiamo dire che il flusso atomico che si forma durante la
sinterizzazione provoca una specie di micro saldatura tra i granelli di polvere.
Avremo quindi un po’ di strati atomici che sono condivisi con i punti di contatto. Facendo la
sinterizzazione generiamo milioni di microsaldature tra tutti i punti di contatto delle polveri
che avevamo messo forzatamente insieme attraverso la pressatura.
La schematizzazione è la seguente:
- Partiamo da una situazione con granelli vicini e con i vari punti di contatto (partendo da polveri sferiche la porosità è elevata e la geometria è
più critica perché la formma è allungata e questa innesca la frattura).
- Poi si iniziano a formare i colli di sinterizzazione, avremo un flusso di materiale nelle zone di contatto ed il fronte di contatto tenderà ad
espandersi. Contemporaneamente la porosità tende a diminuire e ad arrotondarsi.
- I colli pian piano si trasformano in pori permettendo di ottenere un materiale utilizzabile a livello ingegneristico.
La sinterizzazione è un processo ad alta temperatura e quindi è opportuno che avvenga in gas inerte; su metalli sensibili la sinterizzazione avviene
in atmosfera riducente. Se abbiamo a che fare con il titanio dobbiamo sinterizzare sottovuoto (infatti corre il rischio di ossidarsi).
Lavoriamo a circa il 70% della temperatura di fusione, il legame meccanico diventa un legame metallurgico e poi abbiamo un altro concetto
importante che è il seguente. Con la pressurizzazione a freddo siamo al 70% di densità e sinterizzando arriviamo al 92%, se la densità è aumentata
vuol dire che il materiale si è compattato ovvero si è ridotto in volume; in altri termini un processo di sinterizzazione ha come risultato finale una
contrazione volumetrica.
Possiamo calcolarci il ritiro volumetrico come il rapporto tra il volume del materiale sinterizzato
rispetto al volume del verde ovvero, il rapporto tra la densità del verde e la densità del sinterizzato.
Quando progettiamo un componente sinterizzato partiamo dalla geometria finale che vogliamo
produrre. Ma dobbiamo ricordare che durante la progettazione dello stampo dobbiamo
sovradimensionate leggermente per tener conto del ritiro volumetrico.
Possiamo andare a descrivere qualitativamente l’andamento della densità, duttilità e della resistenza al variare del tempo di sinterizzazione.
Nei grafici sotto vediamo dei confronti tra pressione di compattazione e densità ottenibile ed anche
come al variare della densità varia la resistenza, la duttilità e la conducibilità.
Regole di sinterizzazione
1) Se abbiamo un eccessivo sviluppo verticale alcune zone
risulteranno non ben compattate; quindi abbiamo un limite
altezza diametro: 2<H/D<4
2) Evitare spigoli vivi perché negli spigoli è difficile ottenere un
materiale ben densification e compattato
3) In geometrie appuntite è buona norma realizzare un raggio
di curvatura per avere andamenti più regolari
4) L’altezza di una zona che fuoriesce deve essere al massimo
1⁄4 dell’altezza complessiva
5) Spessore di parete non troppo sottile sennò si generano
attriti che non sappiamo gestire
6) In presenza di cavità lo spessore di parete deve essere
maggiore di 1mm
Ricapitolando: partiamo dalle polveri precompattate, le inseriamo in un contenitore in cui creiamo il vuoto andandole a pressurizzare (questi
passaggi vengono effettuati a prescindere dalla HIP); dopodiché prendiamo il contenitore con le polveri e lo inseriamo nella pressa isostatica a
caldo. La pressa isostatica a caldo lavora con un ciclo schematizzato nel grafico: curva rossa corrisponde alla temperatura, curva azzurra
corrisponde alla pressione. Andiamo a pressurizzare con un gas inerte (che serve sia a scaldare che a pressurizzare).
È un processo molto costoso usato per materiali come l’acciaio inox, acciai per utensili, acciai rapidi e superleghe a base di cobalto e nichel.
Il processo è estremamente veloce; inoltre, dato che siamo obbligati ad usare polveri molto fini per garantire iniettabilità, riusciamo ad avere più
punti di contatto tra i grani (le polveri fini hanno una superficie specifica più elevata). Quindi i colli di sinterizzazione partono in modo più
numeroso rispetto ai classici processi di sinterizzazione. Abbiamo perciò una sinterizzazione più veloce e che permette di raggiungere il 100% della
densità (raggiungiamo densità piena).
Ci riferiamo sempre a componenti di dimensioni piccole, uno dei primi esempi di MIM si ha nella produzione delle maglie di orologi.
A partire dagli ultimi anni è emersa una tecnologia complementare alla metallurgia delle polveri. Complementare nel senso che si parte sempre da
polveri per ottenere il componente finito.
Terminologie
Il termine corretto è additive manufacturing (AM) o meglio additive layer manufacturing (ALM) perché costruiamo il pezzo strato per
strato o layer per layer; dove lo spessore dello strato dipende dal diametro delle polveri che impieghiamo.
Il termine che viene usato comunemente in gergo è invece stampa 3D ma si riferisce ad uno degli strumenti usati per la produzione.
Queste metodologie si prestano molto bene alla realizzazione di prototipi (RAPID PROTOTYPING - RAPID MANUFACTURING) ma il punto
debole è che i tempi realizzativi siano abbastanza lunghi quindi scartiamo sicuramente l’opzione di lavorazioni di serie.
Il termine laser beam melting (LBM) deriva invece dal fatto che in alcuni casi utilizziamo un fascio laser che, fornendo energia alle polveri,
riesce a sinterizzarle e fonderle. Si parla anche di SELECTIVE LASER MELTING - SELECTIVE LASER SINTERING. La parola selettivo sta ad
indicare che “selezioniamo” noi gli strati da sinterizzare.
Il termine electron beam melting (EBM) deriva invece dalla possibilità di utilizzare un fascio di elettroni accelerato che impatta sul
componente, l’interazione tra gli elettroni ed il bersaglio provoca un grande trasferimento di energia che porta al surriscaldamento e poi alla
fusione. Il problema è che il fascio di elettroni deve obbligatoriamente lavorare sotto vuoto. Si può parlare anche di powder bed fusion.
Abbiamo una ulteriore categoria di processi detti di deposizione clouding o laser metal deposition (LMD); in pratica non realizziamo tutto
il pezzo con le polveri ma partiamo dal componente quasi finito e lo sottoponiamo ad un getto di polveri che verranno poi fuse e consolidate.
Questo può aiutare a conferire particolari proprietà al componente senza dover usare materiali super performante in tutta la geometria ma solo
sullo strato esterno.
Processo
Partiamo da un modello CAD del componente che deve essere realizzato, esso deve essere preparato con una logica costruttiva adatta alla
manifattura additiva, quindi per strati. Una volta ottenuta la geometria seguono le operazioni di post processing: rimozione della polvere in eccesso,
trattamenti termici o finitura superficiale.
Powder bed manufacturing
Abbiamo un tavolino con un supporto che può essere alzato ed
abbassato. Una volta depositato lo strato, il fascio laser scansiona la
superficie e fornisce energia dove vogliamo unire le polveri. Fatto lo
strato il supporto si abbassa in modo da depositare un altro strato
di polvere. Questo processo continua fino a che non si ottiene il
pezzo finito.
NOTA: sia con il laser che con il fascio di elettroni è difficile controllare la potenza che viene scaricata. Infatti il fascio laser che va ad incidere sul
metallo è una radiazione elettromagnetica ed il metallo ha la tendenza a rifletterla. Quindi rispetto a tutta la radiazione che arriva, una quota verrà
assorbita, una riflessa e l’altra ridistribuita sui granelli sottostanti. Il problema sta nel fatto che alcuni metalli abbiano una riflettività molto elevata
quindi dobbiamo dare un bell’inout perché la maggior parte viene riflessa. Inoltre nel momento in cui passano da solido a liquido la capacità di
assorbire la radiazione aumenta di molto, quindi dobbiamo stare attenti che non ci siano eccessi di energia che portino all’evaporazione del
metallo; la soluzione è quella di lavorare con laser inpulsanti e non in continuo.
3D printing
Abbiamo sempre un sistema con un piano che si alza e si abbassa oppure è l’ugello che
esegue questo movimento. In questo caso abbiamo un binder che si mescola alle polveri e
poi viene fatto solidificare.
Direct energy deposition - laser metal deposition
Sono processi di deposizione che sfruttano l’energia del laser. Abbiamo un substrato su cui
spariamo polveri metalliche più pregiate; dopodiché il fascio laser passerà su queste zone e
provvederà a scaldarle e fonderle. Dosando l’energia del laser fondiamo sia le polveri che
spariamo ma anche parte del substrato, in questo modo creiamo una specie di lega
all’interfaccia ed un gradiente di composizione che garantisce un buon aderimento tra gli
strati.
Fatica: se dopo che abbiamo costruito il componente con il fascio di elettroni questo viene messo dentro una pressa isostatica a caldo, avrà un
consolidamento maggiore e quindi aumenta il limite di fatica; analogamente con i sistemi laser.
Durezza: vediamo la tensione di snervamento in funzione della durezza Vickers; nelle zone a bassa durezza troviamo le leghe di alluminio
disponibili commercialmente per l’AM e ad alta durezza alcuni acciai alto resistenziali, arriviamo a snervamenti di 1800 MPa.
Curva CCT riferita ad una lega di titanio con 6%Al e 4%V per
applicazioni alto resistenziali. Il titanio ha la caratteristica di
cambiare il suo reticolo con la temperatura, ha due opzioni:
titanio β e titanio α.
La trasformazione ha la seguente dinamica: partiamo dal titanio β
e scendendo con la temperatura abbiamo una parte di titanio β
che si trasforma in titanio α e quindi abbiamo una struttura α+ β che si forma oppure possiamo anche avere dei sistemi che vengono a raffreddarsi
più velocemente, non intercettano la trasformazione da β a α, e danno una struttura di fase α o una struttura simile a quella martensitica.
La curva rossa del raffreddamento più veloce corrisponde a quella dell’AM mentre l’altra curva verde corrisponde ad una condizione che possiamo
avere nelle strutture convenzionalmente saldate o colate in stampo. La struttura ottenuta mediante AM è una struttura molto più fine e quindi
fornisce un comportamento meccanico superiore.
Quando costruiamo un componente con questa tecnologia otteniamo una struttura fine ma non
omogenea e per strati. Quindi se effettuiamo un test di trazione abbiamo un comportamento diverso
nelle varie direzioni (materiale anisotropo). Con un trattamento di pressatura a caldo l’anisotropia
sparisce, ma è una tecnica molto costosa.
È importante potere confrontare diversi materiali e diverse tecnologie costruttive, sono stati sviluppati
una serie di pezzi campione. Tali dispositivi servono come dimostratori della tecnologia ovvero va ad
identificare le potenzialità della tecnologia
Anche nel caso dell’alluminio si parla di metallurgia fisica e metallurgia chimica. Per METALLURGIA CHIMICA si intende l’estrazione del minerale
seguita dalla separazione dell’ossido di alluminio dalla Bauxite. Per rompere il legame alluminio ossigeno dobbiamo fornire una grande quantità di
energia; il processo viene detto elettrolitico. Forniamo energia a degli elettrodi e facciamo migrare gli ioni positivi Al da una parte e gli ioni negativi
di O2 dall’altra. Si parla di processo di fusione primaria, è di tipo elettrochimico e ci porta ad ottenere alluminio puro allo stato liquido. L’alluminio
puro fonde a 660°. Finché è liquido conviene fare delle aggiunte ed una volta che abbiamo ottenuto la lega allo stato liquido abbiamo tre geometrie
ottenibili per la solidificazione.
Si passa quindi alla METALLURGIA FISICA; possiamo far solidificare la lega sottoforma di lingotto per alimentare la fonderia, billetta che andrà a
alimentare processi di estrusione, oppure sottoforma di placca che va ad alimentare la laminazione.
Sia per fare lingotti che per le billette o le placche si usano processi di colata continua (simili a quelli degli acciai) in realtà di parla di processi di
colata semi-continua. Alla fine otteniamo dei semilavorati e poi prodotti finiti come lattine, componenti aeronautici, infissi e così via.
Ogni tipologia di prodotto avrà un ciclo di vita differente a seconda dell’impiego ma in ogni caso riusciamo a recuperare il rottame in percentuale
molto elevata (circa il 90%). Il rottame ottenuto avrà composizione mista ma in ogni caso passa in forni di selezione e poi di rifusione tramite cui
possiamo produrre leghe secondarie.
Alcune considerazioni:
1) l’input che forniamo per produrre alluminio primario e molto alto quindi ha senso usare l’alluminio solo dove l’energia costa poco infatti si
produce molto in Norvegia Canada (fonti rinnovabili) e Paesi Arabi (fonti fossili). Otteniamo però alluminio puro.
2) il rottame invece fonde molto più facilmente (spendiamo solo 1/20 rispetto al ciclo primario) però abbiamo lo svantaggio che la purezza non è
agli stessi livelli del ciclo primario.
3) in passato i due cicli venivano tenuti separati e l’alluminio veniva prodotto o in modo primario oppure in modo secondario. Adesso invece
abbiamo una coesistenza fra i due processi. Esistono infatti indicatori caratteristici che ci consentono di capire se la lega è primaria o riciclata:
basta identificare la percentuale di ferro presente. Si considera il ferro come riferimento perché ha caratteristiche infragilenti (forma con l’Al
dei composti) ed è indesiderato.
Se Fe<0,15% siamo nel caso di lega primaria
Se Fe>0,35% è secondaria.
4) quando otteniamo billette piuttosto che lingotti esse sono semilavorati e per rifare al componente finale avremo sempre alcuni passaggi da
compiere. Durante questi passaggi vengono prodotti scarti (dovuti alle lavorazioni) perciò, per essere precisi dovremmo distinguere varie categorie
di rottame: rottame interno (deriva dal ciclo produttivo e dalle lavorazioni fatte in azienda) rottame pre-consumo (deriva da prodotti che non
rispettano le specifiche) rottame post-consumo (è costituito da una quota derivante dal settore trasporti, packaging e edilizio).
Da questi grafici capiamo che non è semplice prevedere quanti rottami abbiamo a disposizione per la produzione dei prossimi anni, esistono infatti
modelli numerici che cercano di fare statistiche.
BAUXITE
L'alluminio non si trova in natura allo stato metallico, ma è diffuso sotto forma di alcune centinaia di composti, costituenti una parte considerevole
della crosta terrestre (intorno a 7,5 %). La bauxite è il minerale più importante per la produzione di alluminio e deve il suo nome alla località di
Les Baux, nella Francia meridionale, ove fu individuata per la prima volta nel 1821.
Per ottenere il metallo dalla bauxite si utilizza ancora oggi il procedimento messo
a punto sin all'inizio della produzione industriale dell'alluminio, basato su due tappe
ben distinte: il processo chimico Bayer per estrarre dalla bauxite l'allumina, quindi il
processo elettrolitico Hall - Heroult, per produrre dall’allumina l'alluminio. La
produzione di 1 tonnellata di alluminio richiede 2 tonnellate di allumina, ricavate a
loro volta da 4 tonnellate di bauxite.
La parte difficile è stata quella di capire come separare alluminio dall’ossigeno (hanno un legame molto forte). La via è quella elettrolitica. Sappiamo
che qualsiasi liquido è equilibrato dal punto di vista di ioni positivi ed ioni negativi. Quindi anche l’allumina liquida sarà in equilibrio e applicando una
differenza di potenziale potremmo far migrare gli ioni Al3+ e O2-.
Il problema è che l’allumina ha una temperatura di fusione oltre i 2000° e ciò è impensabile da gestire a livello industriale. Grazie agli studi di Hall e
Harault si riesce a mettere appunto un procedimento per ottenere l’Al dall’ ossido. Il principio era il seguente: se mescoliamo l’allumina ad un altro
composto (in particolare alla criolite) riusciamo ad abbassare il punto di eutettico. In questo modo riusciamo ad ottenere una miscela liquida a
temperatura minore in cui anche l’allumina è liquida.
Tecnologicamente abbiamo bisogno di un sistema che vada a mescolare l’Al2O3 con la Criolite ed anche di una cella elettrolitica. Poi abbiamo una
zona che va a fondere il composto. Dopodiché un’altra zona in cui abbiamo una differenza di potenziale che attira gli ioni Al e O2 verso gli
elettrodi in grafite e ciò porta ad una separazione tra Al e CO2. Ovvero sotto l'azione della corrente continua, che può superare 300.000A,
l'allumina disciolta si scinde in Al e CO2.
Il metallo liquido, caratterizzato da una densità di volume superiore a quella dell’elettrolita, si raccoglie sul fondo della cella che, in forma di
rivestimento della vasca, forma il polo negativo (catodo); al carbone dell'anodo (polo positivo), immerso nel bagno, si sviluppa l'ossigeno che lo
brucia lentamente, formando ossidi di carbonio
Bilancio ambientale
Tramite il LCA possiamo fare una valutazione dell’impatto ambientale; teniamo conto di diverse variabili che portano a generare effetti sull’ambiente
L’impatto sull’ambiente si valuta in base a: emissione di sostanze inquinanti in atmosfera, emissione di sostanze tossiche per l’uomo, consumo di
combustibili fossili (quindi impatto sulle risorse del pianeta). Dobbiamo descrivere passo passo tutto il processo che va in base al luogo in cui
vengono estratte le materie prime, se esse vengono lavorate in loco o trasportate, energia necessaria da fornire per il processo Hall-Herault e
così via. L’ultimo passo è la creazione di un indicatore che solitamente è la CO2 equivalente (cioè la CO2 emessa). Ne vengono emesse 9,7Ton
per 1Ton di alluminio puro.
Semilavorati - primario
Fino a pochi anni fa la produzione di lingotti era quella prevalente, poi si sono resi conto che la qualità era
migliore se si faceva una colata continua (ottenendo di fatto una billetta) che poi veniva tagliata ogni tot m.
Semilavorati - secondario
Anche a livello di normativa si tende a valorizzare il rottame come se fosse materia prima. Abbiamo due
tipologie di rottame:
- Nuovo (è lo scarto interno dell’azienda che non arriva all’utilizzo)
- Vecchio (è lo scarto che arriva a fine vita)
Poi una seconda normativa classifica il rottame in base alla sua provenienza:
• Rottami alluminio alto titolo (>99%) - derivano dall’ambito elettrico è necessaria purezza
• Rottami provenienti da scarti di lavorazione plastica di singola famiglia di leghe
• Rottami provenienti da scarti di lavorazione plastica di più famiglie di leghe
• Scarti di produzione
• Scarti di lavorazione meccanica di singola lega (tornitura)
• Scarti di lavorazione meccanica di più leghe (tornitura mista)
• Scorie e residui vari di fonderia (schiumature, colaticci)
• Imballaggi di alluminio, puliti
• Imballaggi di alluminio, con rivestimento
• Radiatori Al-Cu
• Materiale proveniente da fine ciclo vita
Al secondario
Pretrattamento materie prime
• selezione e separazione delle differenti tipologie di costituenti (inerte, ferro, altre leghe)
• frantumazione o macinazione ,
• essiccazione
• confezionamento dei paccotti
Tutte le operazioni di pretrattamento sono finalizzate all’ottenimento di materia prima con la più alta percentuale di resa possibile per poter
essere rifusa
Selezione e separazione
• Individuare la tipologia di appartenenza, separando l’alluminio da altri elementi che possono essere presenti nei rottami:
• Materiale inerte (volatile), attraverso flottazione gravitazionale o sistema a correnti indotte
• Ferro/acciaio, tramite magneti o sistema a correnti indotte
• Altre leghe (es. Zn, Mg, Cu), attraverso la separazione visiva e il controllo chimico al campionamento
Frantumazione/macinazione
Il pretrattamento di tipo meccanico consente la riduzione di pezzatura e la separazione dell’alluminio da altri elementi indesiderati. Gli impianti
adibiti sono generalmente costituiti da diverse macchine disposte serialmente:
• Frantoio
• Vaglio rotante
• Mulino
• Magneti
Essiccazione
“Pirolisi”, per recuperare l’alluminio, a cui sono state tolte tutte le impurezze organiche non separabili meccanicamente, o negli imballaggi ad elevato
contenuto di materiale organico (fino al 58%), come per esempio i tappi, le lattine.
PROCESSO DI PIROLISI
Preparazione dei rottami misti da trattare con l’immissione in forno a tamburo, provvisto di caldaia per il recupero del vapore e sistema per il
trattamento dei fumi. Temperatura intorno a 500°C. Rimozione di vernici, stampe o altre sostanze aderenti (per lo più collanti), vengono bruciati i
materiali combustibili, la cui energia termica viene riusata per bilanciare il consumo del sistema. Selezione dei materiali residuali magnetici, attravers
magneti posti lungo i nastri trasportatori
Forni di rifusione
Concetto di rottame “nuovo” e rottame “utilizzato”. Esistono diversi processi di rifusione a seconda della qualità del rottame.
- Rottame pulito, non verniciato: forni a riverbero
- Rottame finemente suddiviso (sfridi di lavorazione): forni a induzione
- Rottame inquinato, di bassa qualità: forni rotativi con flussi di copertura
- Rottame inquinato con altri metalli: forni “sloping hearth”
Alligazione
Esistono differenti tipologie di forni, ottimizzati in base alla materia prima e al prodotto finito. Il metallo proveniente dal forno rotativo subisce una
serie di trattamenti e controlli di tipo:
• Metallurgico (affinazione, modifica)
• Chimico (composizione, contenuto di gas, eliminazione di ossidi)
• Fisico (omogeneizzazione del bagno liquido tramite opportuni sistemi di mescolamento) attraverso cui si arriva all’ottenimento del prodotto
finale
Una ricerca effettuata negli ultimi anni sull’uso di alluminio riciclato ha evidenziato che la produzione di UNA TONNELLATA di alluminio riciclato
può portare al risparmio di:
o 1.300 kg di residui di bauxite
o 15.000 litri di acqua di raffreddamento o 860 litri di acqua usata nel processo
o 2.000 kg di CO2
o11kgdiSO2
Da un punto di vista ecologico, grazie alle attività di riciclo, l'alluminio non viene consumato, ma semplicemente utilizzato per l'intera durata in
servizio di un determinato prodotto (end of life).
Le materie prime secondarie in alluminio rappresentano una "banca di energia", poiché, per la fusione del rottame in un forno, è sufficiente solo il
5% dell'energia utilizzata per l'elettrolisi.
In realtà, considerando il trattamento delle materie prime secondarie ed il recupero dei residui generati durante il processo di produzione, tale
percentuale di energia va oltre il 5%. Anche prendendo in considerazione questi fattori, la quantità complessiva di energia necessaria alla produzione
dell'alluminio secondario è comunque molto vicina al 90% rispetto alla produzione di primario.
Composizione
possiamo fare una divisione in tre gruppi di elementi che possono essere aggiunti:
- per un miglioramento su comportamento meccanico aggiungiamo Zn e Cu
(settore areonautico dove è molto importante il rapporto resistenza/peso) alta resistenza
vuol dire carico di rottura intorno ai 500MPa (gli acciai alto resistenziali acciaio arrivano
anche a 1000 ma hanno una densità maggiore).
- per un miglioramento di resistenza, duttilità, tenacità, attitudine a trattamenti di saldatura,
corrosione aggiungiamo Mg Mn Si
(da soli insieme all’Al oppure mescolati tra loro). Per quanto riguarda il Fe è un inquinante
che ci ritroviamo nel composti è scarsamente solubile nell’Al e quindi forma dei
precipitati con caratteristiche infragilenti che penalizzano il comportamento meccanico.
L’unico aspetto positivo che ha il ferro lo vedremo ma è proprio un unico caso. Riusciamo bene a controllare le sue percentuali nel caso di lega
primaria mentre non è così facile con le leghe secondarie.
- per migliorare caratteristiche specifiche (spesso si parla di micro leganti perché sono presenti in piccole %) li aggiungiamo agli elementi già citati
sopra. Ad esempio se ci interessa una grana fine possiamo aggiungere Ti e B (reagiscono fra loro creando il diborurodititanio che è un composto
che è un perfetto agente enucleante eterogeneo); lo Zr (zirconio) ha effetto simile. Il Ni invece ci garantisce una buona resistenza ad alta
temperatura (ottimo comportamento a caldo). Pb e Bi (bismuto) danno una migliore lavorabilità alle leghe perché tendono a facilitare il
distaccamento del truciolo. Il Na (sodio) aiuta a controllare la tipologia di struttura che si forma durante la solidificazione quindi conferisce
migliore duttilità ed altre proprietà.
Qualsiasi elemento aggiunto all’Al puro ci darà un rafforzamento. Il massimo si ha con Cu e Zn.
L’Al ha una buona conducibilità subito dopo l’oro e il rame. Il Cu va a migliorare gli altri no.
Mg Mn danno buona saldabilità, Cu ha delle finestre in cui funziona abbastanza bene ed altre
in cui funziona molto male quindi dobbiamo stare attenti.
Vediamo com’é fatto il diagramma di stato a base Al con l’aggiunta di questi elementi. Nel grafico sono riportate le diverse curve di solubilità (es.
Zn nell’Al, Cu nell’Al e così via). Possiamo notare che lo Zn è il migliore a solubilizzare nell’Al ma anche il Mg ha una buona solubilità mentre Cr
Mn e Si hanno una solubilità più bassa. Ciò impatta sulle strutture che si vengono a creare nel momento della solidificazione e raffreddamento.
Processi
Distinguiamo sempre tra lega da deformazione plastica (adatta ad essere deformata plasticamente, estruda stampata forgiata etc) e lega da fonderia.
Con le prime possiamo giocare abbastanza bene con i dosaggi della composizione mentre con le leghe da fonderia abbiamo bisogno di Si (anche
20%) e gli altri elementi vengono in secondo piano.
Distinguiamo tra:
- Leghe eutettiche (Si 12%-13%)
- Leghe ipereutettiche (Si 13%-22% usate
per componentistiche di motori)
- Leghe ipoeutettiche (Si <12%)
Il Si ha due effetti benefici per i processi di fonderia. Infatti i problemi che possono nascere sono: difficoltà
della lega liquida nel fluire nello stampo e contrazione volumetrica e ritiri di solidificazione.
- Favorisce la fluidità della lega
In termini ingegneristici dovremmo parlare di viscosità però essa è difficile da misurare nel caso di metalli
liquidi ad alte temperature ed allora parliamo di fluidità. Per misurarla facciamo lo stampo in sabbia e poi
imponiamo alla lega un percorso a specie di spirale, fissata una temperatura di colata andiamo a misurare
quanti cm ha fatto la lega nello stampo prima di solidificare.
All’inizio (alluminio puro) abbiamo ottima fluidità poi aggiungendo Si la fluidità diminuisce, per poi
arrivare al massimo in corrispondenza dell’eutettico. Superato il quale scende di nuovo.
Si può dimostrare che un primo indicatore della fluidità della lega è l’ampiezza dell’intervallo di
solidificazione; infatti più aumenta l’intervallo più è penalizzata la fluidità.
Un sacco di applicazioni di getti in ambito elettrico sono fatte in Al puro, sennò non si usa quasi mai.
Lega eutettica Al-Si, vede la formazione di due fasi alfaAl e Si come nel disegno; se aggiungiamo Na esso cambia la dinamica di solidificazione ed il
Si invece che diventare un aghetto diventa una sfera. Ciò conferisce duttilità e questo processo si chiama modifica eutettica del Si.
Spessore: 200mm/600mm
Larghezza: 2m
Lunghezza 10m
2) Fase di sculpting
Consiste in una fresatura superficiale per rimuovere i 2/3mm che si sono ossidati e poi garantire il parallelismo fra tutte le superfici in modo tale
che la placca possa entrare tranquillamente nel successivo ciclo di laminazione.
Il problema energetico ed ambientale che si riscontra è che siamo passati da lega liquida a placche solide dopodiché abbiamo dovuto riscaldarle
nuovamente a 500° impiegando energia. Si è cercato di risolvere questo problema con il ciclo di laminazione che vediamo sotto. In pratica il
processo di laminazione si attacca subito dopo la colata in modo da bypassare il processo di raffreddamento. Funziona su leghe 1000 e 6000. È
importante controllare l’intervallo di solidificazione perché non tutte le leghe lo hanno identico e magari alcune non fanno in tempo a
raffreddarsi prima di arrivare ai rulli.
La riduzione di spessore da quello iniziale della placca (alcune centinaia di mm) a quello finale della lamiera sbozzata (5 ÷ 6 mm) non può
effettuarsi tutto in una volta; si ricorre quindi a più passate successive che determinano una riduzione progressiva dello spessore. Terminata una
passata, i cilindri vengono avvicinati ed inizia in senso inverso la passata successiva, che condurrà ad un'ulteriore riduzione di spessore. In termini
generali, il numero di passate necessario per completare un ciclo di sbozzatura può variare da lega a lega, entro limiti seguenti :
- per alluminio puro serie 1000: 10 passate - per leghe dure serie 7000 (Al-Zn-Mg-Cu)
5) Fase di finitura
Comprendono le operazioni atte a conferire alla lamiera il suo stato finale: trattamenti termici, spianatura, stiratura, taglio longitudinale o
trasversale, ondulazione, goffratura, e così via.
Ad esempio se arriviamo a laminare molto (spessore molto piccolo) è possibile che sia necessario un trattamento successivo perché il materiale si
infeagilisce. È per questo a valle della laminazione a caldo possiamo avere una tempra (è però un caso particolare).
Impianti post laminazione
- Linea di taglio (linea di taglio i rotoli laminati a freddo e trattati termicamente vengono tagliati a misura in larghezza e lunghezza. Le lamiere
vengono spianate, disposte sui supporti di trasporto e imballate )
- Forno di trattamento termico (i diversi stati metallurgici delle piastre, corrispondenti a diverse proprietà di resistenza meccanica ed agli agenti
esterni, si ottengono attraverso trattamenti termici)
Nelle immagini successive vediamo alcuni esempi di utilizzo delle leghe di alluminio. Riusciamo ad ottenere vantaggi di riduzione del peso, aumento
della resilienza eccetera.
ESTRUSIONE
Partiamo da billette (tipicamente a sezione rotonda), il processo di solidificazione è sempre la colata semicontinua. Dopodiché l’Al viene fatto
passare attraverso una matrice che gli conferisce la forma. Si fa una distinzione tra estrusi a profilo aperto o a profilo cavo (tubi). L’acciaio ha
modulo elastico di 206GPa mentre l’alluminio di 70GPa quindi rimanendo in campo elastico esso riesce a deformarsi molto di più rispetto
all’acciaio. Inoltre dato che il modulo elastico è basso, l’unico modo per aumentare la rigidezza è giocare sulla geometria.
L'estrusione si è affermata per la capacità di ottenere in maniera economica un'infinità di configurazioni; tenendo
conto dei vincoli oggettivi costituiti dalla dimensione della pressa e dalla diversa estrudibilità delle varie leghe di
alluminio, si può dire che l'unica limitazione di forma è costituita dal livello di ingegnosità e fantasia del progettista
nel creare geometrie nuove e funzionali. L'elevata flessibilità di disegno consente, con un razionale progetto della
figura, un buon grado di ottimizzazione delle forme, sia dal punto di vista funzionale che estetico; anche le
procedure di assemblaggio possono essere enormemente semplificate ed economizzate con lo studio di particolari
dettagli costruttivi.
Vantaggi: per produrre alcuni oggetti è un processo molto più veloce, le geometrie ottenibili sono varie, le matrici di estrusione hanno dimensioni
abbastanza compatte e ciò ottimizza il costo della produzione, talvolta può andare a sostituire geometrie di componenti che verrebbero saldati.
1) Estrusione diretta
È la più semplice, la lavorazione avviene allo stato plastico. Ci interessa che il materiale sia
perfettamente omogeneo (la lega deve essere portata a completa solubilizzazione).
Siamo alla temperatura di 500°.
Quando arriviamo a fine estrusione la qualità non sarà perfetta e solitamente si toglie insieme
alla parte di testa (rottame nuovo).
2) Estrusione inversa
In questo caso la camera di estrusione è chiusa e la matrice è montata direttamente sul pistone
che ha una cavità interna da cui fuoriesce la lega. Ha molte limitazioni geometriche.
3) Estrusione di tubi
Se abbiamo geometrie cave semplici partiamo da una billetta preforata, nella cavità
interna ci sarà il mandrino. Tra la matrice ed il mandrino si crea un’intercapedine da cui facciamo fluire la lega.
4) Estrusione laterale
Abbiamo in epquesto caso il punzone che agisce verticalmente e la matrice montata di lato; il fatto di obbligare
il materiale a fare una curva quando è allo stato plastico va a frantumare il grano cristallino e così il materiale
che esce ha una grana molto fine. È però una tecnica piuttosto teorica e non ha ancora trovato applicazioni in
campo pratico.
Indice di estrudibilità
A noi interessa avere idea delle performance ad estrusione di una lega e ciò viene fatto introducendo un indice di estrudibilità che viene associato
alle varie leghe. Possiamo visualizzare l’indice nel diagramma sottostante. Quantifichiamo la facilità di estrudere una lega con lo spessore del pezzo.
Inoltre riusciamo a ricavare la produttività dell’impianto produttivo.
L’estrusione è un processo di deformazione quindi se vogliamo deformare il pezzo dobbiamo superare lo snervamento. Gli effetti che influenzano l
tensione a snervamento sono i seguenti:
- Incrudimento (lo abbiamo quando deformiamo a freddo, noi siamo a 500° gradi quindi non lo avremo)
- Dimensione del grano (non influenza)
- Precipitazione (a 500° è tutto sciolto quindi non influenza)
- Rafforzamento mediante soluzione solida (è l’unico che ha effetti,infatti l’Al puro è estremamente duttile mentre le leghe 5000 con Mg sono
molto più difficili da estrudere così come le 7000)
La facilità di estrusione la quantifichiamo con lo spessore di parete e possiamo avere da 1mm a 10mm.
FORGIATURA
Abbiamo le stesse tecnologie che si utilizzano per gli altri metalli tra cui:
1) Forgiatura a stampo aperto
2) Forgiatura a stampo chiuso (lo stampochiuso impedisce la fuoriuscita del materiale, è un processo più preciso)
3) Impression die (si utilizza uno stampo ed il pezzo viene deformato fino ad assumere la forma della cavità)
Fonderia
Abbiamo diversi modi per classificare il processo; di base abbiamo uno stampo in cui versiamo la lega e poi aspettiamo che solidifichi il pezzo.
Distinguiamo tra sistemi con lo stampo (forma) permanente o sistemi con la forma a perdere.
Dopodiché dobbiamo focalizzarci sul modello (serve a realizzare la forma) che può essere in legno, sabbia o in metallo e rappresenta la
geometria del pezzo che vogliamo produrre. Possiamo avere ad esempio forme a perdere ma modelli permanenti (che usiamo molte volte).
Se dobbiamo fare pochi pezzi ma di grandi dimensioni il modello spesso è in legno, se la serie è media si utilizza la plastica e se invece la serie è
elevata utilizziamo l’alluminio.
Classifichiamo i modelli a secondo di come teniamo insieme la sabbia. Ad esempio sabbia verde svuoto dire che usiamo dei leganti a base
acquosa, shell molding vuol dire che usiamo una sorta di colla polimerica e così via.
Ci sono casi in cui il modello è a perdere come nel caso della colata a cera persa. Oppure abbiamo il modello in polistirolo, lo rivestiamo di
vernice refrattaria, esso si essicca, lo mettiamo in un cassone e agitiamo fino a che la sabbia non circonda tutto il polistirolo; poi ci coliamo la lega
liquida. A 750° l’alluminio a contatto con il polistirolo lo decompone e si sostituisce al suo posto. È un processo abbastanza complesso da usare.
Il vantaggio competitivo che fornisce l’alluminio è la possibilità di lavorare con uno stampo permanente in acciaio. Partendo da ciò classifichiamo i
processi in base a come riempiamo lo stampo stesso. (La stragrande maggioranza delle tecniche ricorre all’utilizzo di stampi permanenti)
- Conchiglia
Il termine conchiglia si riferisce allo stampo in acciaio.Versiamo l’alluminio dentro lo stampo attraverso il canale di colata e poi esso riempirà la
cavità per gravità; nella cavità possiamo mettere anime, inserti metallici e materozze. In alcuni casi possiamo avere circuiti di raffreddamento ma
solitamente il ciclo impiega almeno 5minuti.
Il metallo che solidifica riproduce perfettamente lo strato superficiale dello stampo; se lo stampo è in sabbia avremo una superficie granulosa, se è
in metallo avremo una superficie liscia e lucida e così via. Abbiamo buone tolleranze. È una tecnologia adatta per le produzioni in serie.