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Vetrate gotiche

Patria delle vetrate artistiche, la Champagne è una delle regioni francesi in cui queste opere si concentrano
maggiormente. La vetrata artistica è una composizione decorativa che trae il proprio effetto dalla
trasparenza del supporto (…) e il cui elemento fondamentale risiede tuttora nel vetro. La vetrata artistica,
inoltre, consiste spesso in un assemblaggio: vetro, ferro battuto e talvolta piombo. Quest’opera è un
mosaico composto di piccoli pezzi di vetro traslucido, simili a pietre preziose trasparenti, connessi con
legature in piombo e completati nei particolari con segni di colore bruno fissati a fuoco, che avevano il
compito di dare risalto al modellato. Per realizzare una vetrata, si cominciava con un bozzetto, per studiare
l’immagine e la distribuzione dei colori e prevedere l’effetto finale dell’opera. Poi si eseguiva un cartone,
con il profilo e la grandezza della definitiva vetrata, e si definiva il disegno nel dettaglio, con le linee delle
impiombature. Riportato lo stesso disegno su un foglio di carta, si ritagliava il cartone nelle sue varie parti e
si usava ognuna di queste come guida per il taglio dei singoli pezzi di vetro colorato, operato con ferri
roventi . Il monaco tedesco vissuto nel Medioevo Vitellio disse che la vetrata è il mezzo che trasforma la
luce fisica in luce divina. Il passaggio dal Romanico al Gotico fu certamente segnato dal progressivo
alleggerimento della struttura. I muri delle cattedrali vennero privati di quella funzione strutturale che li
obbligava ad essere massicci e compatti, privi di ampie finestre. Liberati da questo vincolo, si contrassero, si
smagrirono, a volte scomparvero, e al loro posto si materializzarono le stupende vetrate colorate, ancora
oggi giudicate un mirabile traguardo dell’arte medievale.

Gli oscuri edifici si trasformarono in templi splendenti. L’opacità della pietra lasciò il posto al trionfo della
luce, che a buon diritto è da considerarsi come l’elemento essenziale dell’architettura gotica. La cattedrale
diventa un esempio emblematico e giustamente celebrato di architettura luminosa. La luce, principio di
ogni bellezza, qualificava la dimora di Dio. Le cattedrali sono preferibilmente orientate secondo l’asse est-
ovest, con l’ingresso a occidente, per fare sì che la luce entri da oriente e, passando dalle finestre della
parte absidale, crei dei giochi di luce e colori di grande suggestione, capaci di rasserenare l’animo del
visitatore. Autentici capolavori di vetrate sono gli enormi rosoni del transetto nord e sud della Cattedrale di
Notre-Dame a Parigi, dedicati alla Vergine e al Cristo, e così le vetrate delle cattedrali di Reims, Poitiers,
Rouen (dove si conserva il nome di un maestro vetriere, Clément di Chartres), Bourges, Laon, Lione, Le
Mans.
Sei secoli di storia per comporre una delle Bibbie più incredibili della storia, la Bibbia di luce scolpita nel
vetro. Un mosaico di vetri colorati, metafora del riflesso divino. Metri quadrati di vetrate istoriate
incastonate come preziosi nel nostro caro marmo di Candoglia. Con le sue cinquantacinque vetrate
monumentali, il Duomo è un libro aperto sull’evoluzione dell’arte del vetro dal Quattrocento sino al
Novecento. La costruzione di vetrate nel cantiere del duomo milanese cominciò a soli vent’anni dalla sua
fondazione, all’inizio del Quattrocento, con i grandi finestroni dell’abside, che venivano man mano
completati. Di queste prime vetrate non restano che scarsissimi frammenti, in quanto già nel secolo
successivo molte di esse vennero rifatte: tra questi si conservano sei busti di vegliardi contenuti entro
antelli trilobati, provenienti dalla distrutta vetrata di santa Giuditta e oggi inclusi nella vetrata di san
Martino, attribuiti alla mano del celebre miniatore Michelino da Besozzo. Nella seconda metà del
Quattrocento la fabbrica si dotò di due forni da vetro appositamente per la realizzazione delle vetrate,
particolarmente ampie e numerose nella zona absidale che allora veniva edificata. La realizzazione delle
vetrate si arrestò completamente nel XVII e XVIII secolo, per poi riprendere solo nell’Ottocento. Giovanni
Bertini iniziò, a partire dal 1838, il quasi totale rifacimento dei monumentali finestroni dell’abside principale

e delle due absidi dei transetti. Dopo la sua morte (1849) il lavoro fu proseguito dai figli Giuseppe e
Pompeo.

Si era tuttavia persa la tecnica di realizzazione della vetrata tramite assemblaggio di vetri colorati su quali
veniva riportato il disegno con la lavorazione a grisaille. Nel XIX secolo i vetri vennero invece realizzati col
metodo della pittura a fuoco, con una tecnica molto più simile alla pittura, con la quale venivano fissati i
colori su vetri originariamente neutri, dando luogo a risultati molto più modesti dal punto di vista luminoso
e cromatico[2]. L’originale tecnica di composizione a mosaico di vetri colorati, e non più dipinti, venne
ripresa nel corso del Novecento, da Aldo Carpi e dall’ungherese János Hajnal.

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