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MISCELLANEA BIBLIOTHECAE

APOSTOLICAE VATICANAE
XIX

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STUDI E TESTI

———————————— 474 ————————————

MISCELLANEA BIBLIOTHECAE
APOSTOLICAE VATICANAE
XIX

C I T T À D E L VAT I C A N O
B I B L I O T E C A A P O S T O L I C A V AT I C A N A
2012

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Pubblicazione curata dalla
Commissione per l’editoria della Biblioteca Apostolica Vaticana:

Giancarlo Alteri
Marco Buonocore (Segretario)
Timothy Janz
Antonio Manfredi
Claudia Montuschi
Cesare Pasini
Ambrogio M. Piazzoni (Presidente)
Delio V. Proverbio
Adalbert Roth
Paolo Vian
Sever J. Voicu

Descrizione bibliografica in www.vaticanlibrary.va

Stampato con il contributo dell’associazione


American Friends of the Vatican Library
——————
Proprietà letteraria riservata
© Biblioteca Apostolica Vaticana, 2012

ISBN 978-88-210-0899-3

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SOMMARIO

M. BUONOCORE, Fara S. Martino e l’abbazia di S. Martino in Valle: dalla


serie Abbazie dell’Archivio del Capitolo di S. Pietro presso la Biblioteca
Apostolica Vaticana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
G. CARDINALI, Un inventario inedito di codici greci della Medicea privata e
una notizia sul Carteromaco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189
M. CURSI, Un’ars poetica di mano di Poggio Bracciolini (Barb. lat. 65) . . . 205
E. GIAMPICCOLO, Catalogo delle monete dell’antica città di Centuripe con-
servate nel Medagliere della Biblioteca Apostolica Vaticana . . . . . . . 229
M. GOBBI, I disegni del fondo Gismondi della Biblioteca Apostolica Vati-
cana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245
S. LUCÀ, La silloge manoscritta greca di Guglielmo Sirleto. Un primo sag-
gio di ricostruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 317
A. MANFREDI, Le carte di Augusto Campana per il catalogo dei manoscritti
latini di Fulvio Orsini (Vat. lat. 15321 [1-4]) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 357
C. MONTUSCHI – N. TANGARI, Nuovi frammenti liturgici in scrittura bene-
ventana nella Biblioteca Vaticana (Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie) . . . . 369
L. MUNZI, Un Donato auctus nel Vat. lat. 2753 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 403
A. M. NIEDDU, Giovanni Battista de Rossi e le antichità cristiane dell’Afri-
ca: note preliminari all’edizione dei codici Vat. lat. 10534-10538 . . . . 423
P. ORSINI, Un foglio palinsesto nel codice Vat. gr. 772 . . . . . . . . . . . . . . . 457
V. SANZOTTA, Sulla Pandetta di Ramo Ramedelli (Vat. lat. 3134). Testi e
florilegi a Mantova tra Medioevo e Umanesimo . . . . . . . . . . . . . . . . . 475
R. S. STEFEC, Zur Schnittdekoration kretischer Handschriften . . . . . . . . 501
P. VIAN, Un apripista di Franz Ehrle. La lettera di Johann Bollig a Leone
XIII sulla Biblioteca Vaticana (8 novembre 1879) . . . . . . . . . . . . . . . 535
P. VIAN, Giuseppe Toniolo e la Società Cattolica Italiana per gli Studi
Scientifici. I rapporti con gli eruditi ambrosiani e vaticani (Ehrle, Mer-
cati, Ratti: 1897-1900) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 569
S. J. VOICU, Varianti per l’omelia In illud: Exeuntes pharisaei (CPG 4640) . 639

Indice dei manoscritti e delle fonti archivistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 649


Indice degli esemplari a stampa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 662

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MARCO BUONOCORE

FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE:


DALLA SERIE ABBAZIE DELL’ARCHIVIO DEL CAPITOLO DI
S. PIETRO PRESSO LA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA

Il 15 giugno 2007 ebbi occasione di fare la conoscenza a Scanno di Gio-


vanna Di Cecco di Marino, nativa di Fara S. Martino, la “Maestra Gianni-
na” come affettuosamente chiamata dai suoi conterranei: di lei mi colpiro-
no subito, oltre alla signorilità del tratto, l’amore e l’entusiasmo verso tutto
quello che potesse far meglio conoscere la sua città; da oltre venti anni con
duttilità metodologica dedica infatti alla terra che le ha dato i natali pre-
ziose ricerche senza artate rivisitazioni, calandosi con grande sensibilità
e rispetto nelle pieghe della storia locale, dialogando con i fatti, antichi e
recenti, interrogando la natura, con l’intento di modellare una scandita e
precisa ricostruzione storica del passato1. Per queste sue indagini ha con-
sultato i documenti conservati a Chieti (Archivio della Curia Arcivescovi-
le, Archivio di Stato, Biblioteca Provinciale “A. C. De Meis”) ed indiretta-
mente quelli dell’Archivio Segreto Vaticano e quelli dell’Archivio di Stato
di Napoli, fontes preziosi già prima di lei più volte cursoriamente escussi
da altri studiosi. In quella occasione, tuttavia, si rammaricava del fatto di
non essere mai potuta venire a scrutinare l’enorme patrimonio manoscritto
conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, anche perché di esso
si potevano avere a disposizione solo inventari sommari2, i quali, se da una

1 G. DI CECCO DI MARINO, Farantíca. Rassegna di documenti e foto storiche di Fara San

Martino, Montesilvano (PE) 1983; Fara San Martino e la sua Maiella, S. Silvestro (PE) 1984;
Farantíca. Profilo storico, documentazione e foto antiche di Fara San Martino, Lanciano (CH)
2004; Fara San Martino racconta dal 1943 in poi. Profilo storico. Immagini. Testimonianze,
Fara S. Martino (CH) 2011.
2 Si veda quello degli Armadi 10-15 dell’Archivio del Capitolo di S. Pietro (Sala Cons. Mss.,

407-410 rosso) ai ff. 111r-164v del primo volume [n. 407] (inventario dattiloscritto curato da
Pio Pecchiai negli anni 1945-1948, rivisto ed ampliato da Luigi Fiorani nel 1987; vd. infra alla
nota successiva); questa parte è stata parzialmente trascritta, per quel che attiene a Fara S.
Martino, da G. MORELLI, L’Abruzzo nei manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana, L’A-
quila 1999 (Deputazione Abruzzese di Storia Patria. Documenti, 14), pp. 229-282 nn. 928-1171.
Alcuni di questi documenti sembra che siano stati consultati da don Guglielmo Salvi (1883-
1971), cugino dell’abate di Subiaco don Lorenzo Salvi, che spese gran parte della propria ri-
cerca nel recupero delle fonti su Fara S. Martino, in parte pubblicata (Documentazioni per la
storia di Fara S. Martino) tra gli anni 1960-1970 in numerose brevi note apparse nel bollettino

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 7-187.

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8 MARCO BUONOCORE

parte ne rivelavano l’enorme preziosità del contenuto, dall’altra non esau-


divano la curiositas di un eventuale ricercatore. Mi congedai da lei assicu-
randole che, appena mi fosse stato possibile, avrei consultato quello che la
Vaticana conservava nel merito, con la promessa di aggiornarla sull’avan-
zamento di questi primi sondaggi. Quel fortuito incontro si dimostrò per
me una fortunata occasione per esplorare un posseduto archivistico quasi
del tutto sconosciuto, assai prezioso per intraprendere nuove piste storico-
antiquarie su Fara S. Martino sintonizzandosi con la sua storia fatta di enti
e di individui.
Nella serie Abbazie del fondo Archivio del Capitolo di S. Pietro3 si con-
servano, infatti, alcune centinaia di unità archivistiche che interessano la

di Subiaco Corrispondenza Parrocchiale, in parte ancora inedita (presso il Comune di Fara S.


Martino sono disponibili i Quaderni che raccolgono in fotocopia quanto da lui pubblicato;
ringrazio l’architetto Enrico Del Pizzo, dell’Ufficio Tecnico di Fara S. Martino, per avermene
gentilmente trasmesso copia in PDF). Altra documentazione si conserva nella serie Pergame-
ne sempre dell’Archivio del Capitolo di S. Pietro (il ricco fondo di documenti privati e di bolle
pontificie dei secoli X-XIX, soprattutto donazioni e documenti connessi al bene donato),
tuttora ordinata secondo l’antica suddivisione per capsulae e fasciculi, di cui è a disposizione
l’inventario redatto sul finire del sec. XVI dall’allora archivista del Capitolo Giacomo Grimal-
di ed in séguito proseguito dai suoi successori in un secondo tomo, con aggiunte fino al seco-
lo XIX: cfr. le riproduzioni fotografiche Sala Cons. Mss., 401 rosso (Index omnium scriptura-
rum Archiuij sacrosanctae Basilicae Principis Apostolorum etc. Anno Domini MDXCVIIII)
[l’originale è attualmente segnato Arch. Cap. S. Pietro K.1] e Sala Cons. Mss., 402 rosso (Index
secundus scripturarum Archiui Sacrosanctae Vaticanae Basilicae Principis Apostolorum etc.
Anno Domini MDCXVIII) [l’originale è attualmente segnato Arch. Cap. S. Pietro K.2]; per Fara
S. Martino si cfr. i ff. 1r-2r, 5r del Tomo I e i ff. 93r-113r del Tomo II. Documenti si possono
reperire anche in altre serie del fondo, ad esempio Censuali, Decreti Capitolari, Entrata e Usci-
ta (nel volume 1 dell’anno 1583, ad esempio, a p. 37 si ha l’entrata dell’“Abbatia di Sancto
Martino della Fara”), Istrumenti e registri di atti, Mappe dei beni rustici, Privilegi e Atti Notari-
li, Ufficio degli Eccetti. Documenti – Visite – Elenchi – Canoni; si confrontino sotto le rispettive
voci gli inventari dattiloscritti di Pecchiai appena richiamati. Di alcuni di questi documenti
sarà dato riferimento in queste pagine introduttive.
3 Questa serie raccoglie “carte e registri di entrate e uscite, atti di visite, controversie pa-

trimoniali delle abbazie amministrate dal Capitolo quale ‘barone et signore’ (1226-sec. XIX).
Si riferiscono a istituzioni ecclesiastiche del Viterbese (S. Martino al Cimino), dell’Abruzzo
(S. Martino e S. Salvatore della Maiella), della Romagna (S. Ruffillo in Forlimpopoli), del
Cilento (abbazia di S. Pietro dei Cosati [Licusati], del Bosco e di S. Nazario), e di altre locali-
tà” [così L. FIORANI, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca
Vaticana, a cura di F. D’AIUTO – P. VIAN, I, Città del Vaticano 2011 (Studi e testi, 466), p. 674].
D’ora in avanti il fondo sarà abbreviato ACSP. La trascrizione dei documenti rispetta fedel-
mente (tranne lievissimi accorgimenti) il testo originale. Nel complesso la serie è ben conser-
vata, fatta eccezione per alcune unità (ad esempio ACSP, Abbazie 344 e 402) in cui si sono
notate ossidazione diffusa, macchie di umidità, rari camminamenti di tarli nonché gore d’ac-
qua sulle legature. Devo constatare che questa serie Abbazie non ha troppo incuriosito chi è
interessato alla storia soprattutto dei secoli XVI-XVIII [del tutto occasionale, ad esempio, fu
l’uso che fece di ACSP, Abbazie 219-224, 224-231, 233-237, A. TURCHINI, Forlimpopoli alla
metà del ‘700 nella visita di Garampi, in Studi Romagnoli, 25 (1974), pp. 53-62]: spero ora,

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 9

storia di questo insediamento (e del suo territorio di competenza ammi-


nistrativa) in provincia di Chieti, ubicato in una posizione geografica e
climatica assai favorevole sul versante orientale della Maiella4, soprattutto
per gli anni 1451-1789, periodo in cui il Capitolo di S. Pietro, appunto, ne
era stato feudatario.
Come testimoniano le fonti, a partire dall’8 marzo 1451 il Capitolo co-
minciò ad incamerare tutti i beni burgensatici5 che scaturivano dalle rendi-
te provenienti dalle attività legate alla conduzione dei mulini, delle tintorie
e dei lanifici6 (con i relativi impianti costituiti da purghi, caldaie, vasche

grazie anche ai lavori di Giorgio Morelli e di Alexis Gauvain, che gli studiosi potranno soffer-
marsi con maggiore attenzione e curiosità su questa ricca documentazione.
4 Più volte nei documenti viene infatti sottolineata questa particolare posizione; in ACSP

Abbazie 383, ff. 44r-49v, abbiamo la lettera del 26 luglio 1626 di Liberatore Tavani, l’allora
erario e vicario di Fara S. Martino, trasmessa al Capitolo di S. Pietro, nella quale così è scrit-
to: “La Terra della Fara di S. Martino è posta nella Prouincia d’Abruzzo citra flumen pisca-
riae, et proprie all’appendici della Montagna di Maiella, interponendosi fra essi un fiume
corrente di grandissima consideratione detto il fiume Verde d’acqua perfettissima, della qua-
le si serue il Popolo ad ogni suo bisogno per la uicinità d’esso; l’aria di detto loco è salutifera
non essendoci acqua morta, né paludosa per il ueloce corso di detto fiume”. In ACSP, Abbazie
394, così descrive a f. 537r Giuseppe Zaini del Capitolo di S. Pietro nella sua visita dei giorni
10-12 dicembre 1706: “La fara Terra posta nell’Abruzzo 14. miglia distante dal Mare Adriati-
co, situata in un fondo, circondata d’altissimi et asprissimi monti colmi di boschi, ricouero
d’orsi, che altro non ui ha di buono e di uago, che lo scherzo naturale di sorgenti, e copiosis-
sime acque à piè di un monte, che ragirandosi per diuerse uie con diletteuole corso, unite
formano un copioso fiume. Fà detta Terra 800 e più Anime e ui sono da noue Chiese ora trà
piccole e grandi sufficientemente prouedute de sagri suppellettili”.
5 I beni burgensatici — e i demani feudali — erano trasmessi attraverso l’istituto del mag-

giorascato e del fidecommesso per linea ereditaria. In particolare il burgensatico costituiva


una proprietà di esclusiva pertinenza del feudatario come privato cittadino; non avendo, per-
tanto, natura feudale non era soggetta al pagamento del relevio, ma alla bonatenenza. La
legge eversiva del 2 agosto 1806 escluse i beni burgensatici degli ex feudatari dalla “divisione
di massa”. Occorre, poi, precisare che il relevio era un istituto feudale, in ragione del quale
alla morte del feudatario, il feudo rimaneva agli eredi solo attraverso il pagamento di una
quota (relevio) che rinnovava e continuava l’investitura feudale; oggi definiremmo il relevio
una “tassa di successione”. Infine, l’istituto della bonatenenza costituiva l’imposta a cui erano
obbligati i cittadini forestieri che non abitavano nell’università e sul cui territorio, però, pos-
sedevano beni immobiliari. Il demanio feudale, invece, costituiva uno dei più noti istituti del
diritto feudale e che, specificamente, regolava il ius primogeniturae, in virtù del quale nome,
titoli, beni e patrimoni dei feudatari si trasmettevano da figlio primogenito maschio a figlio
primogenito maschio; sull’argomento cfr. F. BARRA, Piccolo glossario feudale e demaniale, in
Proprietà borghese e latifondo contadino in Irpinia nell’800, a cura di A. COGLIANO, Napoli 1989
(Quaderni Irpini, 3), passim.
6 In generale su queste manifatture protoindustriali nell’Italia meridionale, soprattutto

tessili, vd. C. FELICE, Ascesa e declino di un distretto manifatturiero: Palena e il circondario del-
l’Aventino-Verde (Abruzzo) in età moderna e contemporanea, Napoli 2005; ID., Avversità am-
bientali e intraprendenza economica: le manifatture dell’Aventino-Verde, in Settecento abruzze-
se: eventi sismici, mutamenti economico-sociali e ricerca storiografica. Atti del Convegno

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10 MARCO BUONOCORE

per la tinteggiatura e gualchiere7) e al commercio dei filati e panni di lana


(tra cui le famose “tarante”)8, nonché derivanti dall’uso dei pascoli, dei
boschi (“erbaggi” e “terraggi”) e delle acque del fiume Verde9 (“pascolare,

(L’Aquila 29-31 ottobre 2004), a cura di R. COLAPIETRA – G. MARINANGELI – P. MUZI, L’Aquila


2007, pp. 557-586; G. PETRELLA, Produzione e uso della calce nel territorio aquilano attraverso
le fonti scritte: fornaciai, prezzi, luoghi e modalità di produzione, in Bullettino della Deputazione
Abruzzese di Storia Patria, 101 (2010) [2011], pp. 113-159 (in particolare vd. pp. 151-156 per
l’impiego della calce nelle attività connesse alla lavorazione dei panni e delle pelli).
7 Su questa particolare macchina idraulica, necessaria per le fasi finali della lavorazione

del tessuto della lana, fondamentale è P. MALANIMA, I piedi di legno. Una macchina alle origini
dell’industria medievale, Milano 1988; vd. ora anche M. R. BERARDI, Gli statuti di tintori di
panni e lane in Aquila, in Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, 97-98 (2007-
2008) [2009], pp. 107-156; P. ORSINI, Gli opifici idraulici nella valle dell’Alto Gizio. Indagine
storico-archivistica, ibid., pp. 388-397; ID., Energia e potere dell’acqua. Storia degli opifici idrau-
lici nella valle dell’Alto Gizio, Pescara 2009 (Associazione culturale Pietro De Stephanis), pp.
42-46 e passim.
8 Il Capitolo cercava sempre di promuovere ed incrementare questa attività redditizia e

rinomata in tutta la regione, incoraggiando ogni tipo di miglioramento degli opifici; vd., ad
esempio, la lettera indirizzata il 3 agosto 1726 all’allora vicario generale Melchiorre Delfico
in ACSP, Abbazie 328, f. 671r, od anche il documento del 1724 qui di séguito nel testo trascrit-
to, dove si fa riferimento a “panni alti all’uso d’Arpino ultimamente introdotto”.
9 Leggendo questa documentazione si constata quanto queste attività costituissero una

rendita ma come talvolta fossero motivo di contrasti tra la popolazione, i loro gestori e Roma.
Ad esempio vd. ACSP, Pergamene, caps. 71, fasc. 21 n. 1: “Concordia inter Reuerendissimum
Capitulum S. Petri et Universitatem Terrae fare S. Martini super tintoriam 1624. 20 Augusti”;
ACSP, Abbazie 130, f. 7v: relazione di Sebastiano di Cecco “per l’affitto del forno dell’anno
1637 in tutto 1638 principiato alli 3 di Giugno 1637”; ACSP, Abbazie 394: “Obligo a Gioseppe
e Domenico Sciarra per l’affitto del forno” per gli anni 1700-1701 (ff. 334r-335v), “Obligo a
Angelo Tauano per l’affitto del Molino” per gli anni 1700-1701 (ff. 336r-337v), “Obligo a Leo-
nardo di Sciullo per l’affitto della Tintoria” per gli anni 1700-1701 (ff. 338r-339v). Sulla cor-
retta conduzione di questi opifici su cui non sempre era facile intervenire si veda, ad esempio,
la lite sorta nel 1724 registrata ai ff. 819r-824v di ACSP, Abbazie 294; in ACSP, Abbazie 297, ff.
47r-51v, del mese di ottobre 1738, si fa riferimento alla “Risposta alli setti capi indirizzati
all’Illustrissimo Monsignor Albini [i.e. il canonico del Capitolo di S. Pietro Niccolò Saverio
Albini; 1678-1740] dall’Avvocato dell’Illustrissimo Capitolo da Napoli per la causa della Tin-
toria fatta contro li Cipolloni” [causa intentata contro Giovanni Battista/Giovambattista Ci-
pollone e famiglia per aver aperto una tintoria a Taranta Peligna “a dispetto dell’Illustrissimo
Capitolo” (vd. anche ibid., ff. 68r-73r)]; in ACSP, Abbazie 301, ff. 161r-164v, abbiamo la lette-
ra dell’erario Giovanni Antonio Aruffo datata 26 gennaio 1746 sulla “licenza di poter a suo
arbitrio tingere li panni” con risposta, negativa, del vicario Alvaro Delfico: “[f. 162r]… e per-
ché il supplicante ritrouasi nell’esercitio d’erario dell’Illustrissimo Capitolo in detta Terra, li
uien uietato d’affacciarsi, e subentrare negl’affitti delle Tintorie di esso Illustrissimo Capitolo,
anche sul motiuo di procurarne l’auanzo, e riceuere le offerte più uantaggiose, sincome sem-
pre ha fatto, e maggiormente farebbe se offerir potesse nelle accentioni delle candele. Et es-
sendo di prossimo à farsi il nuouo affitto delle dette tintorie cascarebbe quello ad’altri, li
quali attendono à fare buoni colori nelli proprij loro panni, e poco si curano di quelli degl’al-
tri, e particolarmente per quelli del supplicante, mercè che uengono di malissimi colori, e non
anno quel smalto, che anno quelli delli proprij affittatori, anzi più delle uolte ricusano di se-
ruire; il Supplicante ricorre perciò a’ piedi di Vostra Signoria Illustrissima, e la supplica uo-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 11

lignare et acquare”), unitamente a tutti i diritti proibitivi, senza dover pa-


gare la “bonatenenza”; in questo modo l’università di Fara, spesso in diffi-
coltà economiche, si vedeva costretta a dover ripianare i disavanzi annuali
aumentando il testatico su una popolazione già di per sé indigente10 (da
qui, talvolta, il richiamo del Capitolo, nei confronti di una corretta “som-
ministrazione delle elemosine”). Ma soltanto il 21 luglio del 149411 il Capi-
tolo Vaticano prese giuridicamente a tutti gli effetti il possesso, a causa di
una lunga vertenza venutasi a creare con l’arcivescovo di Chieti Colantonio
Valignani († 1487), discendente della più illustre famiglia aristocratica tea-
tina, tra l’altro ambasciatore della corte aragonese presso la Repubblica di
San Marco per oltre vent’anni12, che già ne rivendicava l’unione13.

lersi degnare ordinare, che in tempo del nuouo affitto si dij ad esso supplicante, il solo com-
modo di poter tingere, e suppressare li panni proprij / [f. 162v] offerendosi di ponerui de
proprio tutte le robbe necessarie per le Tenture, secondo j colori che li bisognano, et per
questo corrispondere per ogni pezzo, o à detto Illustrissimo Capitolo o à gl’affittatori succes-
sori carlini due, e così si animarebbe il supplicante a crescere di uantaggio il suo negotio, et
esso Illustrissimo Capitolo in futurum potrebbe augumentare negl’affitti di dette Tintorie,
Purghiera e Valchiera, per la quantità de Panni, che il supplicante uerrebbe a fare …”.
10 Così si legge, ad esempio, in una lettera del vicario generale Leonardo Madonna tra-

smessa in data 11 dicembre 1763 a Benedetto Ancajani camerlengo del Capitolo di San Pietro
(ACSP, Abbazie 309, f. 740rv): “[f. 740r] Dandomisi l’occasione per costà, per dove s’incammi-
na Ubaldo di Rocco, presento ad Vostra Illustrissima una scattola di spinaroli secchi, e sei
scattole di confetti [il 3 gennaio del 1761 aveva inviato già “sei scattole di confetti ed una
scattola di prugnoli secchi”: ACSP, Abbazie 308, f. 513r], che si compiacerà benignamente
gradire per tributo del mio ossequio, che le rinnovo nell’imminente ricorrenza del Santo Na-
tale, con presagire ad Vostra Illustrissima la pienezza di quelli prosperi eventi, dovuti all’alto
suo merito. In queste parti sin dal fine del passato Novembre cadde grossa neve, per cui è
stato impedito il traffico per più giorni, ma le miserie de’ Popoli sono cresciute à dismisura,
di modo che mi veggo del continuo soprafatto da Poverelli, che chieggono limosine, motivo
per cui sono ad implorare il suo assenso, se posso far distribuire qualche cosa più del solito,
attenta la precisa necessità … / [f. 740v] La raccolta dell’oglio è anche sterilissima in maniera
che dell’olive dell’Illustrissimo Capitolo appena si ritrarranno una trentina di carrafe di oglio,
onde può Vostra Illustrissima comprendere quali, e quante siano le strettezze” (nella risposta
del Capitolo, a f. 630v: “Giacché vi sono costì cresciute le miserie si lascia al di lei arbitrio
soccorrere con maggiori limosine codesta povertà”).
11 Cfr. ACSP, Censuali 15, f. 137v.
12 Notizie genealogiche e biografiche sulla famiglia Valignani si possono reperire, ma con

la dovuta cautela, in I. NARDI, Genealogia della famiglia Valignani, Roma [1680]; ora anche,
con altra letteratura, L. CUOMO, Pennadomo: scenario di pietra, Ascoli Piceno 2011, pp. 98-102
13 Vd. anche ACSP, Abbazie 330, 331-334, 394-395 (cfr. anche l’indice dei nomi alla fine

del contributo), che contengono le scritture relative alla controversia dei secoli successivi.
Altri documenti in originale o in copia si possono recuperare nella serie Pergamene; ad esem-
pio vd. ACSP, Pergamene, caps. 69, fasc. 21: “Instrumento di sublocatione fatta delle beni di
san Martino della fara tra felice Orsino et Scipione Valignano. 1545” (29 ottobre 1545); “Co-
pia publica quorundam Capitulorum super sublocatione fructuum Abbatiae S. Martini inter
Uniuersitatem Castri farae et Dominum Scipione de Valignano anno 1548” (13 marzo 1548);
“Instrumentum prucurae factum ab uniuersitate Farae in personas Sigismundi Francisci

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12 MARCO BUONOCORE

Un documento del 20 febbraio 1724 registra ancora nei particolari le


“rendite” di questo possesso a vantaggio del Capitolo, il quale, a fronte di
numerosi problemi di varia natura, come avremo modo di evidenziare, non
rinunciava a gestirne ancora il patrimonio. Si tratta dell’inventario redatto
dall’allora vicario generale Pietro Abundio/Abbondio Battiloro su mandato
del canonico di S. Pietro Raniero Felice Simonetti, il quale dettagliatamen-
te illustra ai superiori tutti i possessi e relative rendite che derivavano dalla
gestione dei beni di Fara S. Martino e del territorio; quantunque siamo nel
1724, è facile immaginare il motivo per cui il Capitolo ebbe attenzione par-
ticolare a quel territorio da cui, evidentemente, nel corso dei secoli aveva
tratto benefici economici non trascurabili:
“[f. 448r] In primis detto Illustrissimo Capitolo possiede nelle pertinenze di Ra-
pino e Pretora [i.e. Pretoro] un Feudo Rustico chiamato il Feudo del Colle con un
territorio al Gessuciolo dominio, della Guardia Grele [i. e. Guardiagrele] di tomola
60 in circa; qual Feudo stà affittato à Giuseppe Amorosi di Rapino per ducati 154
ed un carlino l’anno, matura alla fine d’Aprile. Ducati 154,1.
Possiede nel Dominio di Casoli il Feudo Rustico di Collemoroni, quale si teneua
ultimamente in affitto da don / [f. 448v] Giustino di Nobile di Terra di Casoli colla
corispontione di ducati 50 l’anno. Ne è restato debitore di ducati 75. Vi è contro det-
to di Nobile, e respettiue à fauore del Capitolo la sicurtà ed obligo penes acta. Corre
presentemente à conto della Camera Baronale, se ne ritrae ogn’anno da fertile in
fertile ducati 50 di grano, ed altre biade. Si pretende prendersi in enfiteusi à terza
generatione dal signor medico Francesco Vittoria di Palena, con la corispontione di
ducati 70 l’anno. Se li potrebbe accordare la grazia per li Motiui, e con le conditioni
riferite da detto signor vicario Battiloro ad esso monsignor illustrissimo Simonetti
con lettera delli 13 Nouembre e 18 Dicembre 1723. Ducati 50.
Possiede dentro il Dominio della Terra di Pollutri i beni dell’Abbadia di S. Bar-
bato / [f. 449r] quali beni stanno affittati a Pietro Antonio Gizij della Città del Vasto,
e ne corrisponde ducati 57 l’anno. Ducati 57.
Possiede nel Dominio di essa Terra della Fara S. Martino la Stanza con gl’Edi-
ficij di spurgar panni con l’Ius proibendi, che ogn’anno si dà in affitto e si libera,
ad estinto di candela al più offerente. Presentemente la tiene in affitto Giouanni
Battista Tauano, e ne corisponde ducati 180 un’anno. Ducati 180.
Possiede parimente nel Dominio di detta Terra il Molino coll’Ius prohibendi;

Sybillae et Francisci Spinae contra Ioannem battistam Valignanum. 1536”; ACSP, Pergamene,
caps. 70, fasc. 235: “Articuli contra Valignanos circa exhibitione criminalis Iurisdictionis”
(ff. 9r-10v); fasc. 236: “Articoli dati da parte del Capitolo di S. Pietro contro li Valignani”;
fasc. 237: “Joannae Reginae [i.e. Giovanna di Aragona e Castiglia; 1479-1555] et Caroli eius
filij Copia Preuilegiorum ad fauorem familiae Valignanorum super confirmatione Castri
S. Martini, et aliorum Castrorum”, 6 settembre 1547; “Copia sublocationis fructuum Abba-
tiae S. Martini ad XXV annos factae ab Universitate fauore Scipionis de Valignano”, 8 marzo
1548; “Informatione di un Insulto et assalto con armi fatto dal Valignano [i.e. Giovanni Felice
Valignani] contro il Vannuzzo [i.e. Giovanni Battista Vannucci]”, 22 agosto 1579; fasc. 238,
n. 13: “Super Iurisdictione Criminali contra Valignanos” (copia).

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 13

quale stà affittato a Bernardino e Fratelli di Sciullo per tommola n° 170 per un’an-
no, così resta tale ad estinto di candela, come più offerente, ed ultimo licitatore. Da
fertile in fertile sono ducati 170. / [f. 449v]
Possiede due Valchiere con il Ius prohibendi da ualcar panni, da quali se ne
esigge un carlino a pezza di panno Tarantola, e de panni alti all’uso d’Arpino ulti-
mamente introdotto, si esigge maggior somma secondo le conuentioni fra l’Erario,
e li Padroni de panni; non si tiene hora in affitto, ma corre a conto proprio per
maggior comodo ed utile della Camera Baronale. Fruttando ogn’anno ducati 200
in circa. Ducati 200.
Possiede l’Erbe della Montagna della Fara S. Martino, quali ogn’anno si af-
fittano ad estinto di candela e si liberano al più offerente. Stanno presentemente
affittate a Pietro Paolo Ricciardi di Campo di Gioue per ducati 125 così restategli
nella subasta. Ducati 125. / [f. 450r]
Possiede sopra l’Uniuersità di Peschio Asseroli [i.e. Pescasseroli] annui ducati
144,43 di fiscali per le Messe si celebrano nella Chiesa di S. Pietro di Roma per
legato fattogli da’ Serenissimi Re di Napoli. Stanno di già in corrente l’esationi
presenti. Si deuono riconoscere se sono stati intieramente pagati per il passato,
especialmente dall’anno 1702 sino al presente. Ducati 144,43.
Possiede il Forno da cocere il pane sito a piede la Piazza di detta Terra della
Fara. Quale ogn’anno si dà in affitto al più offerente. Presentemente lo tiene in
affitto Bernardino di Giorgio di detta Terra. Ne corrisponde ducati 18 per un’anno.
Ducati 18.
Possiede in piè della Piazza attaccato al Palazzo Abbadiale / [f. 450v] una Canti-
na, quale ogn’anno si loca al più offerente. La tiene in affitto Domenico d’Amico e
ne corrisponde ducati 1,10 così restatoli ad estinto di candele. Ducati 1,10.
Possiede parimenti a piè della Piazza una stanza attaccata alla casa di Leonardo
di Sciullo. L’istessa che fu leuata ‘Iuris ordine seruato’ al detto Sciullo per debito
della Tintoria dell’Illustrissimo Capitolo, si loca ogn’anno al medesimo per ducati
1. Ducati 1.
Possiede uicino li Casaleni di S. Pinto una Baracca, quale fu fatta per habita-
tione del quondam don Tarquinio Arminante agente nell’anno del teramoto14; la
tiene in enfiteusi mastro Domenico Ciuitarese, ne corisponde ogn’anno carlini 8
ogn’anno di canone. Carlini 80. / [f. 451r]
Possiede nel Dominio di Castel Nuovo [i.e. Castelnuovo] un territorio aratorio,
quale fu tempo fu dato e concesso in enphiteusi ad Amico di Sebastiano d’Amico.
Ne corisponde ducati 70 l’anno di canone. Ducati 70.
Possiede la Tintoria con il Ius prohibendi, quale sta affitata da Giouanni Batti-
sta Cipollone. Ne corrisponde ducati 75 l’anno così resta tali ad estinto di candela,
come più offerente, ed ultimo licitatore. Ducati 75.
Possiede n° 200 alberi in circa d’uliue da quali se ne ritrae 16 o 18 metri d’oglio
più o meno secondo la fertilità della raccolta, rendano da fertile in fertile ducati 24
l’anno e forse ducati 30. Ducati 30. / [f. 451v]
Possiede la selua della Fara con alberi 200 di quercie in circa, de quali se ne
ritrae da fertile in fertile ducati 10 l’anno. Ducati 10.

14 Si tratta del terribile terremoto che colpì l’intera regione il 3 novembre del 1706 (vd.
infra).

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14 MARCO BUONOCORE

Possiede da 75 in 80 salme di Vino Mosto, quali perché sortauano gran spesa


per cuocerlo di legna, accomodatura di botte, cregiatura, trasmutatura, il calo e
stauano sempre in pericolo di guastar sì come infatti più che uolte si perdeuano, à
causa che le rendite di detti mosti erano di più contrade ed uniti, e posti insieme
si guastauano. Furono per tale effetto poste dal detto Signor Vicario a denari con
la corisponzione di carlini 5 à salma che in unum sono liberi ogn’anno ducati 40
secondo gl’obblighi stipulati. Ducati 40. / [f. 452r]
Possiede sopra l’Uniuersità della Fara le collette dette di S. Maria ducati 10
l’anno. Ducati 10.
Possiede da territorij dati in enphiteusi annui tomola 131/2 di grano, cioè tomola
41/2 ne corisponde Giuseppe Spinelli, tomola 4 Giuseppe Colanzo della Terra di Ca-
soli, e tomola 5 dà Lollo Federico della Lama; il territorio dell’Acqua Torbida quali
dà fertile in fertile sono ducati 13.50. Ducati 13.50.
Si esiggono da 30 tommola di grano di Terraggij da territorij si coltiuano dell’Il-
lustrissimo Capitolo nel Dominio di detta Terra della Fara, quali da fertile in fertile
si ualutano carlini 30 l’anno. Carlini 30. / [f. 452v]
Possiede carlini 30 da esigersi ogn’anno per l’affitto de Capitoli de panni dati
quali si uendono parimenti ogn’anno, e si liberano al più offerente. Carlini 30.
Possiede la terza parte di quello si esigge delli panni che si fanno in tempo
dell’uue nelle vigne da fertile in fertile carlini 20 l’anno. Carlini 20.
Possiede per le case e territorij della Fara S. Martino da ducati 37 l’anno da esi-
gersi dagl’Erarij ogn’anno secondo la tassa descritta nel Libro Censuale. Ducati 37
Quando ui è la Faia della Montagna15 si uende a ragione di 61/2 grana per anima-
le menuto, quale puol ascendere / [f. 453r] a prezzo notabile se ui fossero gl’animali
che la pascessero atteso che quando carica la Faia della nostra Montagna sono
centinara di migliara di tommole. Quest’anno è stata pasciuta da 300 animali delli
Signori Mercurij d’Arco e hanno corisposto ducati 20. Ducati 20.
Giuseppe Gentile del Colle resta liquido debitore all’Illustrissimo Capitolo in
ducati 40 per residuo di maggior somma per conto dell’Erariato per più anni da lui
esercitato. Ducati 40”16.

I documenti conservati in questa serie sono, pertanto (a fronte di un


“pirronismo storiografico” a cui spesso siamo costretti a sottostare quando
tentiamo di delineare i tempora di una realtà ancorata a tradizioni poco
verificabili), fonte preziosa per determinare con ricchezza di particolari del
tutto inediti la storia dell’intera comunità farese, la sua vita quotidiana, il
tessuto sociale ed umano, le tensioni economiche, le tradizioni religiose e
popolari, la gestione patrimoniale delle attività su cui il Capitolo interve-
niva con particolare attenzione17; numerose furono inoltre le vertenze per

15Il far pascolare il bestiame di piccola taglia era anche denominato “Ghianda Minuta”.
16ACSP, Abbazie 394, ff. 447r-455v.
17 In ACSP, Abbazie 295 [a. 1725], ai ff. 136r-141v ci si può confrontare con l’elenco delle

rendite dell’“Abbadia di S. Martino per gli anni 1718. 1719. 1720” (tesorieri Giuseppe Gentile
del Colle e Giovanni Antonio Verna); ai ff. 278r-308v con le copie dei bilanci dell’Amministra-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 15

la definizione del territorio, che videro, oltre a Civitella Messer Raimondo


(“Civitella” nei documenti)18 e Pretoro19, la comunità di Palombaro (“Pa-
lombano” nei documenti) quale maggiore antagonista a cominciare dalla
fine del XVI secolo20. Per l’esatta distribuzione geografica dei beni tra Fara
e Palombaro, in particolare, furono realizzate alcune piante, due sul finire
del 1500 e due nella prima metà del Settecento; le prime due sono conser-
vate insieme a documenti datati tra il 1540 ed il 159421, il che fa supporre
che anche l’elaborazione dei disegni avvenne almeno nella seconda metà
del sec. XVI, arco di tempo a cui si riferisce la filigrana della carta della
pianta a colori riconducibile ad una variante BRIQUET 11932 (Roma, 1583-
1590): quella a colori (cm 36,5 × 50,5; tav. I) reca l’intestazione “Pianta di
S. Martino con suoi confini”, l’altra (cm 43,5 × 57; tav. II) “Descriptio Castri

zione elaborati da “Francesco Arruffa olim Cassiere del Santo Monte di Pietà di detta Terra
della Fara”, dal 16 agosto 1721 al 15 agosto 1723. In ACSP, Abbazie 318, nella lettera del vica-
rio generale di Fara S. Martino Giovanni Andrea/Giannandrea Festa in data 7 luglio 1781
(ff. 696r-701v) indirizzata a Benedetto Ancajani, camerlengo del Capitolo di San Pietro, è
inserito (ff. 699r-701v) il prospetto delle rendite dell’anno 1780; ad esempio affitti del Purgo
rendevano ducati 383.20, della Valchiera ducati 213, del Mulino ducati 283.20, della Tintoria
ducati 150.
18 Cfr. ACSP, Abbazie 337, ff. 1r-8v: “Transcriptum sententiae antiquissimae compositio-

ne terminorum in confinibus Castri Ciuitellae [i.e. Civitella Messer Raimondo]” (copia di


documento dell’11 ottobre 1378) riproposto anche in ACSP, Abbazie 338, ai ff. 38r-41v (“N. 1.
Sententia cum impositione terminorum in confinibus S. Martini de Valle, et Castri Ciuitel-
lae”); ACSP, Abbazie 395, ff. 39r-46v: “Informatione delli Terraggi che si deuono per le Terre
occupate dalli huomini di Ciuitella per gli huomini della fara et delle terre usurpate dalli
huomini di Palombano [post 1582]”; ibid., ff. 110r-111v: “Per la lite de Confini tra Ciuitella e
la fara” [24 dicembre 1545]); ACSP, Pergamene, caps. 70, fasc. 234: “Concordia tra la Terra
della Fara S. Martino e la Baronia di Ciuitella”, 5 ottobre 1608.
19 Vd. ai ff. 69r-81v di ACSP, Abbazie 307, che trasmette la controversia sorta tra il feudo

di Colle Maiella “membro” della Badia di Fara San Martino e l’Università di Pretoro in meri-
to ai confini del “tenimento” denominato Falascieto.
20 ACSP, Pergamene, caps. 70, fasc. 234: definizione dei “Confini posti antiquamente di

consenso delle parti fra le Università della Fara di S. Martino, et di Palombano”, 29 luglio
1581; “Articuli nella causa de confini fra l’Università della Fara di S. Martino et di Palomba-
no”. Vd. anche ACSP, Pergamene, caps. 19, fasc. 244: “Copia degl’atti Civili sopra l’apposizio-
ne dei Confini fra l’Università della Fara S. Martino e quella di Palombaro. 1733” (ff. 1-26);
“Copia autentica dell’Itinerario fatto auanti il Signor Avvocato Fiscale Dottor Giuseppe Ro-
mani dei confini apposti con Palombaro d’ordine del Sacro Romano Collegio in dett’anno
1733” (ff. 1-6); “Copia autentica dell’Istromento rogato sopra la confiscatione delli Confini tra
la Fara S. Martino, e Palombaro dal Signor Auuocato Fiscale Dottor Giuseppe Romani dei
Confini d’ordine del Sacro Regio Consiglio e della distanza de medesimi in dett’anno 1733”
(ff. 1-12); “Copia d’Istrumento di Concessione fatta all’Università di Fara S. Martino di tomo-
late trenta trè in contrada di Piano Massara per l’annuo Canone di Carlini quattro a fauore
dell’Illustrissimo Capitolo Vaticano con la transattione e quietanza finale ad inuicem per li
territorij controuertiti e litigati coll’Università e Barone di Palombaro. 1735” (ff. 1-9).
21 ACSP, Pergamene, caps. 70, fasc. 34 (1-2).

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16 MARCO BUONOCORE

Farae et illius territorij et castri Palumbani”; la terza, “Pianta della Fara


San Martino e suoi Confini” (cm 41 × 58; tavv. III-V)22, venne eseguita da
ignoto nella prima metà del sec. XVIII a séguito di una permuta di beni sti-
pulata fra le due comunità, nella quale si evince come in un secondo tempo
essa fu ritoccata, “spostando” la vignetta di Fara S. Martino al di qua del
fiume Verde; la quarta, “Pianta dei Confini tra la Terra della Fara S. Mar-
tino e la Terra di Palombaro” (cm 123 × 85; tav. VI)23, fu disegnata a Chieti
il 21 aprile 1733 dall’agrimensore di Sulmona Panfilo Frontone, come da
legenda: “Attesto jo sotto scritto Panfilo Frontone Regio Agrimensore della
Città di Sulmona, commorante in questa Città di Chieti, etiam cum iura-
mento da rattificarsi quatenus opus &., come sotto il Mese d’Aprile del
corrente anno 1733 unitamente con Pietro Paulo del Monico della Terra
del Letto Paleno [i.e. Lettopalena], per ordine dell’Auuocato Fiscale della
Città di Chieti [i.e. Giuseppe Romani], ponessimo li descritti diecessette
termini, e proprio alli descritti luoghi; onde poi a richiesta dell’Vniuersità
della Terra della Fara, n’ò fatto la presente e lineata pianta, & in fede &.
Chieti li 21 Giugno 1733” (segue l’autentica — datata 25 aprile dello stesso
anno — del notaio e governatore di Gessopalena Crescenzio Alfieri).
Tutto questo ricchissimo raccolto documentario ci consente in questo
modo di far rivivere un passato quasi completamente ignorato, ma in per-
fetta consonanza con analoghe coeve realtà municipali: insomma, rianno-
dare il filo della memoria, il filo continuo della nostra storia.
Con le finalità di rendere accessibile, ora, ai futuri studiosi tale enorme
quantità di documenti mai prima sistematicamente analizzati ne offro —
alla fine di queste pagine introduttive — un sommario regesto, utile, lo spe-
ro, per un agevole orientamento cronologico e di contenuto24. Questo mio
lavoro di ordinamento, cartulazione e regestazione25, iniziato nel 2009, si
è reso possibile anche grazie alla disponibilità del Comune di Fara S. Mar-
22 ACSP, Mappe dei beni rustici 32.
23 ACSP, Pergamene, caps. 19, fasc. 244.
24 Faccio presente che la ricchissima serie Abbazie trasmette anche la documentazione

relativa ad altre abbazie pertinenti al Capitolo, prime fra tutte quelle di S. Ruffillo (Forlimpo-
poli) e di Bosco (vd. supra alla nota 3); nelle unità archivistiche che raccolgono la documen-
tazione pertinente a queste abbazie talvolta si può recuperare qualche altra informazione su
Fara S. Martino.
25 Ai colleghi della “Sezione Archivi” della Biblioteca Apostolica Vaticana dott. Luigi Cac-

ciaglia e dott.ssa Isabella Aurora, ai dott. Mirko Stocchi e Alexis Gauvain del Capitolo di S.
Pietro e alla dott.ssa Sabrina Cimini vada la mia gratitudine per l’assitenza dimostrata in
varie occasioni. Mi piace in questa sede anche ringraziare Luca Lattanzi della “Sezione Archi-
vi”, che molto ha operato nel paziente lavoro di cartulazione eseguita con numeratore mec-
canico o a matita delle unità archivistiche da me utilizzate per la presente ricerca. Uno spe-
ciale riconoscimento rivolgo a Mallio Falcioni che, venendo incontro ai miei desiderata, ha
realizzato con la consueta perizia le foto delle quattro piante qui presentate alle tavole I-VI.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 17

tino (in particolare all’allora Sindaco avvocato Antonio Tavani e all’archi-


tetto dell’Ufficio Tecnico Enrico Del Pizzo26), che ha riconosciuto in tale
scrutinio la possibilità di accrescere con inedita documentazione le pie-
ghe più intime del proprio passato. Numerose, infatti, sono le acquisizioni
eruibili da questo raccolto che gli studiosi di storia medievale e moderna
potranno ora interrogare, con cui agevolmente confrontarsi, rispondere in
questo modo a domande non ovvie, non ricercate: anche perché, proprio
in questi anni, numerosi sono stati i contributi finalizzati, con metodologie
ed esperienze diversificate, alla conservazione e alla tutela del patrimo-
nio storico-artistico dell’Italia, e per l’Abruzzo posso confermare in modo
alquanto sostenuto27. Lo spaccato che si evince, per chi vorrà indagare
questa documentazione, servendo così la storia, è di grande importanza,
e, come anticipavo, per chi vorrà tracciare nel dettaglio i tempora di una
microstoria dei secoli XV-XVIII (ma i riferimenti ad altre limitrofe realtà
cittadine sono tali da offrire un utile spaccato culturale per quei secoli
di un ampio versante dell’Abruzzo centro-meridionale): un periodo inteso
come una vicenda corale, fatta di uomini e in molti casi di uomini comuni,
dunque la storia come espressione di umanità, con l’emersione carsica di
un lessico tipologico proprio di quel tempo.
Risulta naturale, per evidenti ragioni di spazio, che in questo mio lavoro
non posso presentare nel dettaglio tutti i risultati che ho potuto reperire nel
leggere l’intera documentazione dispersa in oltre 100.000 fogli. Ma alme-
no, ad exemplum, vorrei soffermarmi prima su due argomenti che già nel
passato hanno avuto meritata attenzione, il cui mosaico ora si accresce di
ulteriori tasselli: l’abbazia benedettina di S. Martino in Valle e il terremoto
dell’anno 1706; quindi offrire un quadro generale della realtà socio-econo-
mica della popolazione farese di quel tempo.

L’abbazia benedettina di San Martino in Valle


Monumento di straordinaria valenza storico-artistica, che ha sempre
connotato la “vita” di Fara S. Martino, è l’abbazia benedettina di tipo ru-
pestre di San Martino in Valle28, situata poco distante dalla città nella pit-

26 Grazie a loro, infatti, e alla signora Giovanna Di Cecco, all’ispettore della Soprinten-

denza Archeologica di Chieti dott.ssa Sandra Lapenna e alla dott.ssa Luciana Tulipani, ebbi
l’opportunità di effettuare una visita alla città di Fara S. Martino e alla abbazia di S. Martino
in Valle il 29 giugno 2009. Ringrazio nuovamente l’amico Giancarlo Magazzù per essermi
stato compagno di viaggio.
27 Vd. ora ad esempio Terre murate. Ricerche sul patrimonio architettonico in Abruzzo e

Molise, a cura di C. VARAGNOLI, Roma 2010 (Antico/Futuro, 7) (alle pp. 161-170 il contributto
di L. ODORISIO – A. DI GIANDONATO, Fara San Martino, centro storico e progetti).
28 Sulla venerazione di s. Martino di Tours in Abruzzo ed in particolare nel settore geo-

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18 MARCO BUONOCORE

torica ed inquietante cornice ambientale delle Gole e della Valle di Santo


Spirito, ai piedi del versante orientale del massiccio della Maiella, quasi
una sorta d’ingresso al Monte Amaro29. Le fonti30 ne documentano l’esi-

grafico di cui ci stiamo occupando vd. da ultimo E. MATTIOCCO, La croce processionale di san
Martino nella chiesa parrocchiale di Nereto, in Scritti vari in onore di san Martino di Tours
protettore di Nereto, Nereto (TE) 2010, pp. 11-23.
29 Oltre alla ben nota lirica Ripe de la strétte di Cesare De Titta (1862-1933), poeta che

rappresenta l’esempio più alto e il punto di riferimento costante della poesia dialettale abruz-
zese (su cui vd. O. GIANNANGELI, De Titta, Cesare, in DBI, 39, Roma 1991, pp. 464-465; A.
MANCINI, Cesare De Titta, in Gente d’Abruzzo. Dizionario biografico, a cura di E. DI CARLO,
Recanati (MC) 2006, pp. 207-210; il prof. Leopoldo Gamberale il 27 aprile 2012 ha tenuto a
Roma, presso l’Accademia letteraria italiana “Arcadia”, la conferenza dal titolo: Tria corda.
Cesare de Titta, fra italiano, dialetto, neolatino), suggestiva è l’immagine che offre della forra
Alessandro Righi di Lama dei Peligni nel suo poco conosciuto componimento dedicato, non
a caso, ad Antonio De Nino (vd. infra alla nota 67): A. RIGHI, La Valle di Fara S. Martino, in
Rassegna Abruzzese di Scienze, Lettere ed Arti 22, 7 (1905), pp. 383-384. Questo l’esordio: “Fra
i ripidi dossi del Monte Majella / Percossa da i venti, diserta da ’l sol, / Solinga e silente qual
alma rubella / La valle si schiude di Fara ne ’l suol. // È un lembo remoto d’orrenda natura /
Cui l’eco la strige ridesta talor; / Palestra a le capre, per l’uomo ha secura / Non lauda merce-
de a sudato lavor. // Vi s’entra a ritroso de l’alme sorgenti / Che spremon del verde la linfa vi-
tal, / Il suono de l’acque purissime, algenti / Conforta il cammino per l’erta a chi sal. // Un
sacro terrore t’investe, ti preme / Man mano che inoltri con trepido piè / Ché l’anima sente,
ché l’anima teme / Il nume che parla solenne di sé. // Le blande cadenze del fiume han cessa-
to, / La voce è già fievol de ’l mondo lontan… / È mesto il tramonto del cielo velato / Che do-
mina il monte, che langue sul pian. // La valle t’avvolge con cupi misteri, / La senti presente
col battito in cor. / Ne vedi all’intorno gli sporti severi / de gli antri, de gli archi chiomati di
fior”. Numerosi pittori si sono inoltre confrontati con questo splendido scenario naturale
dove era stata edificata l’abbazia; propongo (tav. VII) il delicato disegno del 2011 del pittore
Luciano Primavera, che nuovamente ringrazio per avermi concesso l’opportunità di presen-
tarlo in questa sede.
30 Ai documenti noti in letteratura (vd. anche infra alle note seguenti), per cui, oltre all’or-

mai classico L. FELLER, Les Abruzzes médiévales. Territoire, économie et société en Italie Cen-
trale du XIe au XIIe siècle, Rome 1998 (Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome,
300), passim (a p. 10 nota 7 il riferimento alla falsa donazione del dominus Theatinus Credin-
deo del 1044) ed ora anche S. CIMINI, Presenze monastiche nella Valle del Sangro: considerazio-
ni preliminari, in Cantieri e maestranze nell’Italia medioevale. De re monastica II, Atti del Con-
vegno di Studio (Chieti – San Salvo, 16-18 maggio 2008), a cura di M. C. SOMMA, Spoleto
2010, pp. 557-573, EAD., Geografia monastica del versante orientale della Maiella. Note sull’or-
ganizzazione del territorio del Medioevo, in San Nicola Greco. Un ponte fra Oriente e Occidente,
Atti del Convegno di studi (San Giovanni Teatino, 13 gennaio 2012), a cura di E. FLACCO – L.
TARABORELLI, San Giovanni Teatino (CH) 2012, pp. 69-90, si aggiunga il catalogo recente-
mente pubblicato da M. STOCCHI, Il Capitolo Vaticano e le “ecclesiae subiectae” nel Medioevo.
I cataloghi dei secoli XIII-XIV, Città del Vaticano 2010 (Archivum Sancti Petri. Quaderni
dell’archivio, 1), pp. 55-75: l’epoca della redazione di questo documento, contenuto all’interno
di un registro miscellaneo di inventari di beni e pertinenze della basilica di S. Pietro (ACSP,
Inventari 1, ff. 19r-25r), è da riferirsi all’anno giubilare 1350; alla fine del f. 24v del documen-
to troviamo trasmesso: “Item ecclesia Sancti Martini de Valle, que est monasterium nigrum
ordinis sancti Benedicti, Teatine dyocesis, debet pro censu duos soldos provesinorum”; una
mano posteriore vi ha aggiunto: “eccl(es)ia et mon(asterium), fuit unit(um) [nostr]e Basilice

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 19

stenza fin dallo scorcio dell’VIII secolo e con una certa continuità per tutto
il secolo successivo, prima dipendente dai monaci di Farfa e dal vescovo di
Spoleto, poi inserita nell’orbita dell’abbazia di Montecassino31. Autentico
sembra essere un privilegio confirmatorio rilasciato a S. Martino nel 1112
da parte di Pasquale II32; la tradizione locale ricorda una bolla di Alessan-
dro III del 1172 nella quale il complesso risulterebbe elencato tra i beni sot-
toposti all’autorità del vescovo di Chieti; il 15 ottobre 1205 papa Innocenzo
III conferma il possesso della chiesa di S. Martino in Valle al Capitolo di S.
Pietro in Vaticano33; con un privilegio emesso il 10 novembre 1221 da Ono-
rio III, su diretta richiesta dei monaci, la chiesa passa sotto la protezione
diretta della Santa Sede per due solidi34. Va inoltre rilevato, particolare del
tutto inedito, che l’abbazia poteva disporre anche di una sua biblioteca, di
modeste dimensioni ovviamente, ma sufficiente per i religiosi alla loro for-
mazione; ad esempio, nell’“Inuentarium bonorum Monasterii Sancti Mar-

p(er) Nicolaum p(a)p(am) V anno MCCCCLI” (vd. STOCCHI cit., p. 71). Da ultimo vd. la sintesi
ricca di aggiornamenti archivistici di A. GAUVAIN, Il Capitolo di S. Pietro in Vaticano dalle
origini al XX secolo. II: il patrimonio, Città del Vaticano 2011 (Archivum Sancti Petri. Studi e
documenti sulla storia del Capitolo Vaticano e del suo clero, I.2), pp. 471-478. Per molti di que-
sti documenti ed altri ancora attinenti alla “storia” di Fara S. Martino e suo territorio vd. so-
prattutto le numerose pergamene e le copie conservate in ACSP, Pergamene, caps. 21, fasc.
127. 242; caps. 69, fasc. 21. 232. 279-281; caps. 70, fasc. 234-238; caps. 71, fasc. 241. In ACSP,
Abbazie 395, ff. 11r-34v (già ff. I. 1-23), abbiamo “Iura Abbatiae S. Martini de Fara” di Giaco-
mo Grimaldi in data 18 marzo 1607 nell’ordine: “Paschalis Papae secundi confirmatio iurium
et Ecclesiarum Sancti Martini de Valle anno 1112” (ff. 12r-16r, già ff. 1r-5r), “Honorij Papae
III priuilegium pro Abbatia Sancti Martini” (ff. 16r-17v, già ff. 5r-6v), “Donatio Credindei
Castri Rocchae pro Abbatia Sancti Martini de Fara anno MXXXXIIII” (ff. 17v-23v, già ff. 6v-
12v), “Confirmatio dictae donationis per Honorium Papam III” (ff. 23v-26r, già ff. 12v-15r),
“Nicolai. V. bulla unionis Abbatiae S. Martini pro Capitulo S. Petri cum processo fulminato”
(ff. 26r-33r, già ff. 15r-22r).
31 Cfr. Il Chronicon farfense di Gregorio di Catino, a cura di U. BALZANI, Roma 1903 (Fon-

ti per la storia d’Italia. Scrittori. Secoli IX-XII, 33-34), I, pp. 193, 209-210; Die Chronik von
Montecassino, a cura di H. HOFFMAN, Hannoverae 1980 (MGH. Scriptores, 34), p. 120. Per i
problemi di datazione relativi al “Memoratorio” dell’abate Bertario cfr. H. BLOCH, Monte
Cassino in the Middle Ages, Roma 1986, pp. 773-776, 914-917 (in particolare vd., per il riferi-
mento a S. Martino in Valle, alle pp. 889 n. 627, 905 n. 60, 912 n. 60, per cui cfr. anche Le
carte di Liberatore alla Maiella conservate nell’Archivio di Montecassino, a cura di M. DELL’O-
MO, Montecassino [FR] 2003 (Miscellanea Cassinese, 84), p. LXVII) ed anche FELLER, Les
Abruzzes médiévales cit. (nota 30), pp. 159-163. Vd. ora in generale M. C. SOMMA, Un mona-
stero benedettino nella diocesi di Valva: S. Benedetto in Perillis (AQ), in Fides amicorum. Studi
in onore di Carla Fayer, a cura di G. FIRPO, Pescara 2011, pp. 463-480
32 ACSP, Pergamene, caps. 69, fasc. 21 n. 9.
33 ACSP, Pergamene, caps. 21, fasc. 242 n. 6 [copia; transunto del 3 dicembre 1286; cfr. J.

JOHRENDT, Urkundenregesten zum Kapitel von St. Peter in Vatikan (1198-1304), Città del Vati-
cano 2010 (Studi e testi, 460), pp. 31-32 n. 10, pp. 197-198 n. 180].
34 ACSP, Pergamene, caps. 69, fasc. 21 n. 1 [originale; pergamena, mm 290 × 279; cfr.

JOHRENDT, Urkundenregesten cit. (nota 33), pp. 43-44 n. 24].

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20 MARCO BUONOCORE

tini de fara” del 1465 è trasmesso l’elenco dei “libri” presenti In monasterio
S. Martini: “Unum missale ex membranis in tabulis. Duos missalectos quos
matriculas uocant ex membranis in tabulis. Una matricula ex membranis
sine tabulis. Una matricula parua ex membranis in tabulis. Unus quinter-
nus in Cantu in membranis. Unum breuiarium monasticum ex membranis
in tabulis. Unum psalterium monasticum. Unum breuiarium monasticum
ex membranis in tabulis paruum. Unum commune paruum monasticum
ex membranis. Unum Commune monasticum ex membranis”35; ed ancora
nel 1494 è registrato quasi il medesimo posseduto36, prova evidente dell’in-
teresse per la conservazione libraria e sua fruizione. Nel prosieguo della
documentazione troviamo un solo altro riferimento a questa presenza: mi
riferisco all’“Inventario dell’Abbaziale Chiesa di S. Martino de’ Valle, di
tutti li mobili, e suppellettili in essa consistentino, et anco delle oblazioni
di cerei bianchi e di cera vergine”, redatto il 26 maggio 1700 dal cappellano
Gaetano Gentile, in cui sono registrati “Un calice tutto d’argento liscio con
patena d’argento indorato”37 ed “Un Missale antico”38. Tuttavia possiamo
pensare con vantato e ragionevole margine di attendibilità che nel corso
degli anni si ebbero non poche perdite: infatti di questa piccola biblioteca
monastica non risulta traccia alcuna nel censimento operato tra il 1598 ed
il 1603 dalla Congregazione dell’Indice che, come si sa, aveva promosso
un’indagine tesa a verificare lo stato e la consistenza delle biblioteche con-
ventuali e monastiche allora esistenti in Italia39.
Assai interessante è il documento, che di séguito trascrivo, escerpito dal

35 ACSP, Abbazie 24, f. 28r. Ai ff. 26v-27r abbiamo l’elenco dei “libri” presenti “In domo
curiae”: “[f. 26v] Una Biblia in membranis in magno uolumine ligata in tabulis. Moralia Bea-
ti Gregorij in magno uolumine ex membranis in tabulis. Breuiarium monasticum in littera
longobarda ex membranis in tabulis. Quidam sermones ex papyro. Contentio animae corpo-
ris beati Bernardi ex papyro et quaedam alia bona. Officium diuinum ex membranis in tabu-
lis fractis. Breuiarium monasticum sine fine ex membranis. Missale monasticum Vetus ex
membranis. Missale uetus ex membranis. Hymnarium ex membranis. / [f. 27r] Quidam ser-
mones praedicabiles ex papyro. Institutiones abbatis et monachorum ex membranis. Quidam
sermones de Sanctis ex papyro. Quinternus Introituum antiquus”.
36 ACSP, Abbazie 25, f. 3v; ACSP, Abbazie 26, f. 3v.
37 La patena è un piccolo disco d’oro o di argento usato dal celebrante cattolico per copri-

re il calice e per riporvi l’ostia consacrata. Da ultimo vd. G. BORACCESI, Una patena trecentesca
di manifattura sulmonese nel Museo Nicolaiano di Bari, in Bullettino della Deputazione Abruz-
zese di Storia Patria, 101 (2010) [2011], pp. 31-37.
38 ACSP, Abbazie 163, f. 77r.
39 Per cui vd. Bibliotecae Apostolicae Vaticanae codices manu scripti recensiti. Codices Va-

ticani Latini 11266-11326; recensuerunt Maria Magdalena Lebreton et Aloisius Fiorani. Inven-
tari di biblioteche religiose italiane alla fine del Cinquecento, Città del Vaticano 1985. Vd. ora
Libri, biblioteche e cultura degli ordini regolari nell’Italia moderna attraverso la documentazione
della Congregazione dell’Indice. Atti del Convegno internazionale (Macerata, 30 maggio – 1
giugno 2006. Università degli Studi di Macerata, Dipartimento di scienze storiche, documen-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 21

codice ACSP, Abbazie 396: esso trasmette lo “Status in Epitome omnium


Abbatiarum, quae sunt perpetuo unitae Reuerendissimo Capitulo S. Petri
de Urbe, earumque Priuilegiorum, et Iurium, aeditus ad effectum illum in-
serendi in Inuentario generali omnium Bonorum, de mandato Sanctissimi
Domini Nostri et Sanctissimi Concilij Romani compilato de Anno 1726”40,
cioè le notizie sulla fondazione di tutte le abbazie e sulla loro unione alla
basilica di S. Pietro. Dopo un indice delle abbazie e priorati (1726-1767),
ai ff. 27r-34r abbiamo la relazione riguardante l’Abbatia S. Martini de Fara
in Prouincia Theatina nullius Dioecesis. Vengono nella sostanza ripercorsi
i principali tempora della storia dell’abbazia, dalla leggendaria erezione
operata da Credindeo del 104441 — del quale si conservano numerose tra-
scrizioni42 — fino all’esenzione dell’anno 1750 per il Capitolo di versare il
tributo annuale imposto nel Regno di Napoli, con il riferimento alla posi-
zione archivistica di allora dei documenti di riferimento. Le motivazioni
della redazione di questo “Status in Epitome omnium Abbatiarum” ed in

tarie, artistiche e del territorio), a cura di R. M. BORRACCINI – R. RUSCONI, Città del Vaticano
2006 (Studi e testi, 434).
40 Cfr. ACSP, Inventari 32, ff. 100r-104r.
41 Quasi tutti i documenti che venivano portati nelle discussioni davanti ai tribunali atti

a certificare la “storicità” della pertinenza di Fara e di S. Martino in Valle al Capitolo di S.


Pietro fanno sempre riferimento, in esordio, quasi fosse un formulario, a questo documento,
al privilegio confirmatorio rilasciato a S. Martino nel 1112 da parte di Pasquale II e al privi-
legio emesso nel 1221 da Onorio III, su diretta richiesta dei monaci, che ne stabiliva il pas-
saggio sotto la protezione della Santa Sede: “Credindeus Dominus Theatinus de anno 1044 ut
saluti animae suae consuleret Castrum seu Roccha Sancti Martini nuncupatum inter duas
alpes positum in Monasterium erexit sub inuocatione Sancti Martini illudque sic erectum
titulo donationis inter uiuos donauit Isiberto Abbati ordinis Sancti Benedicti qui in illo cum
centum Monacis habitaret, et pro illorum sustentatione iisdem Monasterio Abbati et Monacis
assignauit omnes et singulas terras uineas spectantes et pertinentes ad dictum Castrum ad
mensuram modiorum 200. in flumine Viridi una cum Molendinis et aliis edificiis ut in Sum-
mario folio primo. Quam quidem donationem Paschalis secundus de anno 1112. una cum
ecclesiis medio tempore quaesitis, quae sigillatim (!) recensentur, et Iura eiusdem monaste-
riis, ac Honorius tertius de anno 1222 (!) confirmauit, et idem Monasterium sub Beati Petri,
et sua protectione suscepit cum onore soluendi duos solidos quot anno Palatio Lateranensi”
(trascrivo da ACSP, Abbazie 331, f. 306r, della prima metà del sec. XVII). Ai ff. 854r-857v, di
ACSP, Abbazie 320, inserito nella lettera del vicario generale Giovanni Andrea/Giannandrea
Festa del 28 giugno 1788, si trova un memoriale dove tra l’altro sono espresse “Riflessioni
sopra il falso supposto Monistero di S. Martino fondato da Credindeo nell’Anno 1044, contro
della quale Donazione di Credindeo consulterà gli Archivj di Monte Cassino e specialmente
nella S. Trinità della Cava sugli anni 884 sino al 1044”. Vd. anche ACSP, Abbazie 155, ff. 13r-
16v, per una relazione sulle modalità dell’acquisizione di Fara di S. Martino da parte del Ca-
pitolo di S. Pietro, datata 26 luglio 1626.
42 Ad esempio vd. ACSP, Abbazie 395, ff. 17v-23v [già ff. 6v-12v]; Privilegi e atti notarili 4,

ff. 95 e ss.; Inventari 32, f. 100r; da ricordare anche, così mi segnala Sabrina Cimini, quella
ottocentesca di Domenico Potenza, Documento di fondazione del Monastero di S. Martino in
Valle in Fara San Martino, Biblioteca Provinciale “A. C. De Meis”, ms. III.39.

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particolare di quello dell’abbazia di S. Martino (ed in generale su Fara S.


Martino) sono da ricercare sia nel fatto che proprio in quell’anno 1726
il pontefice aveva imposto per legge a tutti gli istituti religiosi di dotarsi
dell’inventario di ogni genere di beni di loro proprietà, sia nella circostan-
za specifica per Fara S. Martino (e non solo) che, in quel torno di anni, il
Capitolo doveva fronteggiare da più parti — soprattutto il Regno di Napoli
e le diocesi di pertinenza — le richieste avanzate sulla “restituzione” dei
beni, a detta degli interessati arbitrariamente acquisiti, situazione che evi-
dentemente nel corso degli anni aveva procurato l’apertura di numerosi
contenziosi.
Infatti in ACSP, Abbazie 334A, degli anni 1768-1790, sono trasmessi due
importanti documenti. Il primo43 è un lungo memoriale sulla donazione
di Credindeo, suddiviso in sette paragrafi: “Donazione del Credindeo al
sacerdote Isberto e suoi successori”, “Bulla di unione del Monistero di S.
Martino, e suoi Beni al Capitolo Vaticano”, “Acquisto fatto dal Capitolo
Vaticano dalla Giurisdizione Criminale della Fara per mezzo del Dottor
Melchiorre Reviglione (Riviglione)”, “Si esamina la Donazione del Credin-
deo, che la Comunità soppone apogrifa”, “Il Credindeo si dimostra utile
Padrone della Fara S. Martino”, “Rendite derivate dalla donazione del Cre-
dindeo”, “Ragioni fiscali, e principalmente la nullità della Bolla dell’unio-
ne”. Il secondo44 costituisce la supplica firmata dal sacerdote di Lanciano
Concezio Cipollone in data 25 ottobre 1769 “per parte della Università della
Terra di Fara San Martino, dinunciante al Regale Erario la reintegrazione
di quella Terra, delli Feudi adjacenti alla pretesa Badia di S. Martino, e di
altro”: vengono, in pratica, analizzati nel dettaglio i documenti per cercare
di dimostrare la nullità dell’“incorporazione” di Fara S. Martino eseguita
dal Capitolo di S. Pietro con tutti i danni che questa arbitraria e storica-
mente non documentabile acquisizione aveva prodotto nel tempo. Questo
l’indice del documento:
“Si dimostra come, quando, e con quali mezzi s’intrusero fraudolentemente nel-
la Terra di Fara S. Martino i Monici dell’ordine Benedettino; e come, quando, e con
quali mezzi s’intruse nella medesima il Capitolo di S. Pietro di Roma”; “Si dimostra
essere apocrifa la Donazione e Fondazione del Credindeo”; “Le Bolle de’ Papi Ono-
rio, e Benedetto sono apocrife, e nulle”; “Si dimostra irrita la incorporazione fatta
al Capitolo Vaticano del Monistero di S. Martino, e sue rendite, colla bolla di Ni-
colò V”; “Si fa comprendere l’intrusione fatta dal Capitolo nelle giurisdizioni civile,
e criminale, ed ecclesiastica. Si pongono in evidente prospettiva le giuste ragioni
che conducono alla certezza di non essere il Capitolo Vaticano di Roma Barone
della Terra di Fara San Martino; qui riluce il danno arrecato all’erario regale, e con

43 ACSP, Abbazie 334A, ff. 156r-163v.


44 Ibid., ff. 347r-366v.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 23

irrefragabile verità si fan palese le oppressioni, le angarie, e perangarie, e li spogli


indoverosi fatti dal Capitolo istesso alla Università denunciante, e suoi componenti,
colla prepotenza, colle minacce, timori, inquisizioni, dispendj, e coll’abuso delle
suddette usurpate giurisdizioni”.

Per ogni istituzione, quindi, si sentì la necessità di operare un’indagine


storica al fine di presentare nelle sedi opportune una documentazione che
potesse in qualche modo confermarne il legittimo possesso. Ed è questo il
motivo della stesura del documento veicolato da ACSP, Abbazie 396 appena
evocato45:

“[f. 27r] Abbatia S. Martini Castri Farae de Valle nuncupata Ordinis S. Bene-
dicti erecta fuit anno Domini 1044 a Credindeo Domino Theatino, et pluribus suis
bonis Patrimonialibus dotata, ea adiecta conditione, quod nulli prorsus personae
neque Episcopo, aut alteri Monasterio, neque ipsimet Fundatori, sed soli Deo, et
Abbati ibi ex certo Monachorum numero instituendo subiaceret, et primus fuit ab
eo institutus Abbas Hisbertus Sacerdos Anacoryta, prout in Archiuio in libro litt. B
transumptorum Bullarum fog. 9546, et in registro fol. 462.
Post erectionem Monasterij, multi nobiles Christifideles fundarunt, et dota-
runt plures Ecclesias, quas eidem Abbati, et Successoribus pleno Iure subjecerunt;
quam Credindei Fundationem, et praedictarum Ecclesiarum / [f. 27v] Subjectio-
nem Honorius Papa III per suas litteras Apostolicas specialiter confirmauit sub
datum Laterani anno VI.
Successiue Abbates, et Monachi praedicti sub Regula S. Benedicti uiuentes,
sponte se subjecerunt Capitulo, et Basilicae Vaticanae, a quo pleno iure guber-
nabantur, ita ut de anno 1291, orta controuersia inter Episcopum Theatinum, et
eosdem Abbates super Visitatione Ecclesiarum, ac alijs Iuribus Episcopalibus;
causaque ad instantiam Episcopi commissa per Apostolicum Rescriptum Ioanni
Cardinali Tusculano, cum idem Abbas legitime probasset se cum suis Monachis,
et Ecclesiis esse subiectos Basilicae Vaticanae; de mandato Sanctae memoriae Ni-
colai Pii IV uiuae vocis oraculo eidem Cardinali facto causa fuit absoluta fauore
Monasterij, et Basilicae praedictae, prout ex ori/[f. 28r]ginali scriptura per litteras
patentes eiusdem Cardinalis Tusculani in registro fol. 444.
Postea uero anno 1453 (!) per cessum, et decessum Marii Abbatis dictae Abba-

45 Il testo fa riferimento a numerosi documenti che dovevano essere presenti nell’archivio

capitolare: molti di essi sono stati da me individuati ed indicati con l’attuale segnatura; per
altri, al momento, non mi è stato possibile risalire alla loro precisa posizione archivistica.
Vd., inoltre, in ACSP, Privilegi e atti notarili 2 (Exemplaria Bullarum et aliorum pro Basilica) ai
ff. 29r-38v: Motu Proprio Super concordia quorundam casalium S. Petri cum quibusdam Ciui-
bus facta, ac Recompensatio Abbatiarum S. Martini in Montibus, S. Petri Licosati, S. Nazarij,
S. Ruphilli et S. Saluatoris in Ecclesia S. Balbinae de Roma [Pio IV, 12 luglio 1564]; ai ff. 57r-
61v: Motu Proprio Super unione Abbatiarum Basilicae [Pio IV, 12 luglio 1564]; ai ff. 92v-95v:
Licentia imponenda censuum scutorum 4000 super bonis Basilicae pro emptione criminali
Iurisdictionis Farae S. Martini [Gregorio XIII, 15 marzo 1584].
46 ACSP, Privilegi e atti notarili 5, f. 95rv.

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24 MARCO BUONOCORE

tiae, ac Prioris Monasterii S. Balbinae de Urbe a feliciter regnante Nicola Papa V,


mensae Capitulari Basilicae Vaticanae perpetuo unita fuit, eo quod Capitulum S.
Petri ab immemorabili jus confirmandi Abbates, eosque temporibus debitis in capi-
te, et in membris visitandi, et annuum censum exigendi jus habebabt, ac Monaste-
rium ipsum in loco siluestri, et hinabitato monachis careret, annui tunc temporis
redditus florenorum 90. in Registro fol. 462.
Haec Bulla Nicolaj V. data Romae apud S. Petrum anno praedicto 1453 (!) as-
seruatur in Archuiuio Secreto dictae Basilicae in / [f. 28v] capsa 21 Fasciculo 69, et
in Registro Bullarum litt. A. fol. 2247.
Et quamuis Capitulum ex post pacifice semper continuasset in possessione suae
plenariae Iurisdictionis Ordinarii, tam in Monachos, quam in Clericos, et alios eis-
dem Ecclesijs subjectos priuatiue quoad Ordinarios Theatinos; Nihilominus prae-
tendentes Ordinarij praedicti, post Sacrum Concilium Tridentinum in vim Facul-
tatis sibi ab eodem, immo per Breue Apostolicum attributae, tamquam Sedis Apos-
tolicae Delegati visitare Ecclesias praedictas, nec non etiam alias alteri Abbatiae S.
Saluatoris de Majella subiectas in eadem Prouincia sitae, ac pariter Basilicae Vati-
canae plenarie ac perpetuo unitae, de qua infra; et causa inter Ordinarium Theati-
num et Canonicos Basilicae praedi/[f. 29r]ctae diu in Sacro Rotae Auditorio agitata,
tandem per uiam concordiae et Transactionis sub die 28. Decembris 1636 stipulata,
terminata fuit cum successiua approbatione, et confirmatione Apostolica, per spe-
cialem Bullam Sanctae memoriae Urbani VIII. sub datum Romae 18. Iulij 1637
{add. et de anno 1777 obtentum fuit Regium Recipiatur, cujus copia adseruatur in
nostro Archiuio; eodem anno pariter obtentum fuit Regium Exequatur ad effectum
compellenti in judicio omnes debitores Canonum, et Censuum prouenientium ex
fructibus et redditibus tam Abbatiae S. Martini quam aliorum adnexorum in Regno
Neapolitano, et ejusdemmet Copia adseruatur ut supra}, in qua declaratum extitit
inter alia, Abbatiam S. Martini de Fara esse uere nullius Dioecesis, ac Sanctae
Sedi immediate subiectam; et proinde utpote separatum Territorium habentem
exemptam esse (sunt verba ipisius Bullae) a quibuscumque visitationibus, correc-
tionibus, ac superioritate, et omnimoda Jurisdictione temporali, et spirituali pro
tempore existentis Archiepiscopi Theatini.
In oppositum uero idem Capitulum cessit Archiepiscopo Theatino / [f. 29v]
omnem Jurisdictionem quam habebat a praenarrato Monasterio S. Saluatoris de
Majella in praefato Monasterio S. Saluatoris de Majella in quinque Parocchialibus
dependentibus uidelicet in Praepositura nuncupata S. Mariae Maioris Terrae Gipsi
(Gissopalena); in Praepositura S. Siluestri Terrae Guardiae Grelis (Guardiagrele);
in Archipresbyteratu S. Laurentij loci Rapini (Rapino); in Archipresbyteratu S.
Rocci Terrae Pennae Pedemontium (Pennapiedimonte); et in Parrocchiale S. Ni-
colai Terrae Praeturij (Pretoro): reseruato tamen eidem Capitulo iure nominandi
ad Parocchiales praedictas earumque ecclesias visitandi collationis, et visitationis
earundem Ecclesiarum, nec non proprietate, canonibus, censibus et alijs quibus-
cumque redditibus et alijs, ita ut approbatio tantum personarum ad dictas Paroc-
chiales, absque tamen concursu remaneret penes Archiepiscopum, ac deputatio
Oeconomi in vacationibus, cum prouisione {add. uero a Capitulo taxanda; sicuti

47 ACSP, Privilegi e atti notarili 3, ff. 22v-25r.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 25

etiam reservata fuit fauore eiusdem Capituli libera collatio, et prouisio} in genere
omnium aliorum Beneficiorum, et Parocchialium / [f. 30r] ad utramque Abbatiam
pertinentium, prout latius in dictis Transactione, et Bulla.
In Terra Farae S. Martini de Valle ac toto eius Territorio, ultra amplissimam
iurisdictionem spiritualem Episcopalem, uel quasi cum facultate concedendi etiam
dimissorias, quam exercet Capitulum mediante persona eius Vicarij Generalis ad
utramque Abbatiam deputati, gaudet etiam Laicali, ac Baronali potestate, et Iu-
risdictione tam in Ciuilibus, quam in Criminalibus, et mixtis mediante persona
sui Gubernatoris in praedicta Terra moram trahentis. De initio autem huiusmodi
Iurisdictionis Ciuilis, nulla adest memoria hominum, cum semper et ab immemo-
rabili tempore illam exercuerint tam Abbates, quam Capitulum; de criminalibus
uero habemus Instrumentum acquisitionis factae de anno 1584 in libro 6. / [f. 30v]
Instrumentorum a fol. 219i ad fol. 228, cum assensibus Apostolicis et Regijs caps.
69 fasc. 278.
Terra autem praedicta, quae fere millesimum Fidelium numerum Personarum
complectitur, ultra Hospitale, et Montem Pietatis pro Pauperibus a Sanctae Memo-
riae Gregorio XIII. erectum, ac Iurisdictioni Ecclesiasticae immediate subiectum,
prout ex Instrumento Transactionis inito cum Communitate Loci, et inserto in
Actis Sacrae Visitationis huius Abbatiae anni 1719: plures Ecclesias, et Cappellas
tam intra, quam extra moenia habet: Prima enim Ecclesia Parrocchialis est sub
Inuocatione S. Remigij titulo Archipresbyteratus insignita, et ultimo loco {add.
de consensu Capituli} in receptitia Collegiatam octo Canonicorum, ultra Archi-
presbyterum, cui incumbit onus Animarum, decorata est, prout ex Decreto Erectio-
nis eiusdem Collegia/[f. 31r]tae sequente anno 1720 cura, et opera Reuerendissimi
Domini Canonici de Simonettis ad Regimen harum Abbatiarum deputati. 2° quae
pariter Parocchialis existit sub titulo Sanctissimae Annuntiatae prope Palatium
Abbatiale. 3° Insignis Abbatiae S. Martini, quae extra Menia (!) sita est, aliaeque
plures sub inuocationibus Sanctissimi Nominis Iesu, S. Petri Apostoli, S. Rocci, ubi
adest Confraternitas Sanctissimi Sacramenti, S. Mariae Oliuetarum, S. Sebastiani,
S. Nicolai, et S. Spiritus. Ad Capitulum nostrae Basilicae spectat libera prouisio,
collatio, et Institutio ad Canonicatus praedictos, sicuti in omnibus alijs beneficijs
suae Dioecesis. Communitas uero Loci Jus habet nominandi ad Archipresbytera-
tum et ad duos ex dictis Canonicatibus tantum quorum alter annexum habet onus
excoeendi publicam Scholam, et Canonici omnes esse / [f. 31v] debent ex praedicta
Terra {add. oriundi quatenus idonei reperiantur}, prout latius ex enunciata funda-
tione, et erectione eiusdem Collegiatae.
Capitulum habet in eadem Terra Palatium Abbatiale, ubi residet Vicarius ge-
neralis una cum eius Curia Ecclesiastica, Carceribus, et Archiuio, et possidet pri-
uatiuam, seu Jus prohibendi in Aedificijs Pannorum, Molendinorum, Furni, et si-
milibus, aliaque plura Stabilia, Feuda, fiscalia, Jura, et redditus in Territorio ad
utramque Abbatiam, scilicet S. Martini, et S. Salvatoris de Maiella spectantes, par-
ticulariter descriptos in Inuentarijs bonorum earundem Abbatiarum, ac singillatim
in de Inuentario inserto in Actis Visitationis habitae dicto anno 1719; qui redditus
omnes in unum congesti, etsi ascendant ad annua summa Ducatorum 1300, et ultra
/ [f. 32r] nihilominus, deductis singulis oneribus, et expensis, ac redacta pecunia in

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26 MARCO BUONOCORE

moneta Romana, uix superant annua scuta quingenta, prout ex libris Erariorum,
et Ratiocinatoris Capituli.
Habentur pro praedicta Abbatia variae pluresque Bullae Summorum Ponti-
ficum, Priuilegia Regum, Instrumenta, et alia permulta indicata, et descripta in
primo Indice Scripturarum a fol. 93., ad fol. 11348. existente in dicto Archiuio in 3.
Cubiculo, Armario a fol. 93. ad fol. 113.
Item in magno Indice generali Instrumentorum in eodem Archiuio a fol. 397.
ad fol. 40149. invenies citata nonnulla Instrumenta conuentionum, collationum,
visitationum, deputationum, et aliorum pro Capitulo ad / [f. 32v] dictam Abbatiam
spectantium, et per extensum in protocollis existentibus in primo et 2° Armario
dicti 3. Cubiculi a publicis Notarijs subscripta leguntur. In secundo Cubiculo dicti
Archiuij inter alias adest Planta praedictae Abbatiae.
Insuper in eodem 2° Cubiculo in Armario Abbatiarum n. 14. adseruantur infra-
scripti libri ad ipsam Abbatiam pertinentes uidelicet:
Collectio diuersorum Jurium ad dictam Abbatiam attinentium; Inuentaria, seu
Censualia Bonorum ab anno 1494. ad annum 1593.
Introitus, et exitus ab anno 1590 ad 1601.
Copia Bullarum unionis, et exemptionis, et aliorum.
Inuentarium bonorum renouatum de anno 1598.
Repertorium, seu Inuentarium omnium Ecclesiarum sub Juris/[f. 33r]dictione
dictae Abbatiae ab anno 1649. ad 1660.
Fasciculi Scripturarum in Causa Theatina super Jurisdictione dictae Abbatiae.
Fasciculi diuersorum ad dictam Abbatiam pertinentium.
Manuale de anno 1581.
Introitus, et exitus Ferracciolae de anno 1591.
Item fasciculi n. 51. continentes computa Erarij Abbatiarum S. Martini, et S.
Saluatoris de Majella.
Plura etiam, quoad Jurisdictionem Criminalem in lib. 6. Instrumentorum a fol.
219., et in Capsa 7ª fasc. 234, et Capsa 59. fasc. 278.
VISITATIONES DICTAE ABBATIAE S. MARTINI DE FARA, ET S. SALVATORIS DE MAJEL-
LA HABITAE, VIDELICET50:

48 Arch. Cap. S. Pietro K 1 (Index Scripturarum), ff. 93r-113v.


49 Arch. Cap. S. Pietro K 3 (2) (Index Instrumentorum), ff. 397r-401v; cfr. anche Arch. Cap.
S. Pietro K 3 (3) (Index Instrumentorum), ff. 497r-506v.
50 Le date non sempre sono esatte. Vd. anche ACSP, Ufficio degli eccetti. Documenti 3, che

trasmette il “Liber Visitationum Ecclesiarum extra Urbem, cum insertione multarum colla-
tionum Ecclesiarum et Privilegiorum inscriptione per Ioannem Baptistam Corradum visita-
torem Illustrissimi et Reverendissimi Capituli Sacrosanctae Basilicae Principis Apostolorum
de Urbe factus. 1582. 1583. 1584. 1585”; in ACSP, Pergamene, caps. 71, fasc. 21 n. 2, abbiamo
la “Visitatio Abbatiae Sancti Martini de Valle in Aprutio facta ab Illustrissimo et Reuerendis-
simo Domino Francisco Filicaia Canonico 1653. 11 Maij”; in ACSP, Abbazie 402, è trasmessa
ai ff. 300r-349v la “Visitatio facta a Reuerendissimo Abbate Don Abbondio Gutio Coelestino-
rum Abbatiae S. Martini de fara nullius Dioecesis spectantis ad Illustrissimum et Reuerendis-
simum Capitulum S. Petri de Urbe. 30 Junii 1674” (cfr. anche ACSP, Pergamene, caps. 71,
fasc. 21 n. 3: “Visita dell’Abbatia della fara fatta dal Padre Don Abondio Abate Celestino [di
Santo Spitiro a Maiella] lì 30. Giugno 1674”); in ACSP, Abbazie 393, sono conservate le “Me-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 27

A Reuerendissimo Domino Canonico Marco Antonio / [f. 33v] de Magistris de


anno 162
A Reuerendissimo Domino Bartholomeo Peretto de ordine Reuerendissimi Ca-
pituli S. Petri anno 159451.
A Reuerendissimo Domino Canonico Aloysio Rainalduccio anno 159852.
A Reuerendissimo Patre Abbate Alexandro Canzires de Ordine ut supra anno
160453.
A Reuerendissimo Domino Canonico Marco Antonio de Magistris de anno
162454.
A Reuerendissimis Dominis Fabritio de Augustinis, et Guidone de Palagio Ca-
nonicis de anno 1070 170055.
A Reuerendissimo Domino Abbate Josepho Zaini Basilicae Beneficiato de Or-
dine ut supra anno 170656.
A Reuerendissimo Domino Abbate Petro Abundio Battiloro Vicario Capituli
eiusdem Basilicae in dictis Abbatijs, de ordine ut supra anno 171757.

morie per l’Illustrissimo Signore Canonico Mugiaschi [i.e. Camillo Mugiasca] destinato Visi-
tatore nella Badia della Fara S. Martino” (ff. 186r-192v) e la “Relatione della Visita di detta
Badia della Fara S. Martino, fatta dal Signore Canonico Mugiaschi” [in data 22 ottobre 1692]
(ff. 194r-197v) (cfr. anche ACSP, Pergamene, caps. 71, fasc. 21 n. 5: “Liber Visitationis Abba-
tiae farae S. Martini nullius Dioecesis factae ab Illustrissimo et Reuerendissimo Camillo Mu-
giasca Canonico Sacrosanctae Vaticanae Basilicae 22. Octobris 1692”); in ACSP, Abbazie 395
ai ff. 168r-201v (già ff. I-III. 1-28. I-III), abbiamo gli “Acta S. Visitationis Factae in Insigni
Abbatia Terrae Farae S. Martini Nullius Per Reuerendissimum Dominum Aluarum Delphi-
cum Canonicum Aprutinum, eiusdemque Abbatiae Vicarium Generalem, ac Visitatorem in
spiritualibus Deputatum ab Illustrissimo, et Reuerendissimo Capitulo Sancti Patri de Urbe
Perpetuo Abbate Commendatario de hoc Anno Millesimo septincentesimo quatragesimo se-
cundo. 1742”. In occasione delle visite, oltre alla verifica sulla regolarità delle quotidiane at-
tività religiose, sullo “stato” morale dell’intera comunità e sulla realtà monumentale, veniva-
no redatti dettagliati registri della situazione patrimoniale esistente; si confronti, ad esempio,
l’“Inuentario delli Beni Mobili, Stabili, Semouenti, Frutti, Censi, Rendite, Attioni, Raggioni,
Peculio, Grano, Pesi, et d’ogn’altra Cosa spettante alla Venerabile Cappella di Santo Rocco,
quanto al Sacro Monte della Pietà della Terra della Fara Santo Martino” redatto dal cassiere
del Sacro Monte della Pietà di S. Rocco Giuseppe Alleva il 18 di maggio 1719, nel momento
della visita dei canonici del Capitolo di San Pietro Niccolò Forteguerri e Raniero Felice Simo-
netti [ACSP, Abbazie 166, ff. 121r-206v].
51 ACSP, Abbazie 158.
52 ACSP, Abbazie 160.
53 ACSP, Abbazie 161A.
54 ACSP, Abbazie 162.
55 ACSP, Abbazie 163.
56 ACSP, Abbazie 164; cfr. anche ACSP, Abbazie 394, ff. 536r-587v: “1706. 1707. Signor

Abbate <Giuseppe> Zaini Visitatore nella Fara S. Martino” (ai ff. 537r-544v abbiamo il “Ri-
stretto Informatiuo della Visita fatta nell’Abbadia della Fara S. Martino in Congiuntura del
Terremoto” [10-12 dicembre 1706]).
57 ACSP, Abbazie 165.

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28 MARCO BUONOCORE

A Reuerendissimis Dominis Nicolao Fortiguerra, et Raynerio de Simonettis Ba-


silicae Canonicis de anno 171958. / [f. 34r]
A Reuerendissimis Dominis Canonicis Reuerendo Patri Domino Xauerio Santa
Maria Episcopo Cirenensi, et Benedicto Ancaiani de anno 174759.
Intestatio Jurisdictionis Criminalis pro Abbatia S. Martini de Fara in persona
Domini Francisci Reuiglione, prout ex decreto Regiae Camerae sub die 14. Septem-
bris 1746, quod originaliter asseruatur in Archiuio Vaticano.
Exemptio Reuerendissimi Capituli Vaticani ab onere Valimenti pro effectibus,
et Bonis possessis in Prouincia Aprutina dictae Abbatiae S. Martini de Fara, uigore
Regii Ordinis emanati die 19. Iunij 1750, cuius copia in authentica forma asserva-
tur in Archiuio praedicto”60.

Le fonti ora disponibili ci consentono di approfondire la “storia” dell’ab-


bazia nei tre secoli di diretta dipendenza dal Capitolo di S. Pietro, seguirne
nel dettaglio il suo lento ed inesorabile declino, fino al passaggio al Regio
Patronato prima (27 marzo 1788) e alla riunificazione all’arcidiocesi di
Chieti poi (18 novembre 1789).
Il degrado dell’abbazia era connaturato alla sua stessa ubicazione61, che
non le risparmiava la continua caduta di massi e detriti provenienti dal ver-
sante orientale della Maiella e le costanti infiltrazioni delle acque piovane
e di falda, con il naturale interramento di numerosi ambienti, come era
avvenuto negli anni 1451 e 1760; nella visita pastorale effettuata nel mese
di giugno 1598 dal commissario generale e visitatore del Capitolo di S. Pie-
tro Luigi Rinalducci così si relazionava ad esempio il 15 giugno: “Ecclesia
Sancti Martini humidissima est, nec ullo remedio huic incommodo obuiari
potest ob illius situationem, nec populus solet ad illam frequenter acce-
dere, nisi certis diebus solemnibus … Tectum et Porticus indigne repara-
tione sunt”62; in quella del mese di luglio 1733 del canonico del Capitolo
di S. Pietro nonché arcivescovo titolare di Gerapoli Antonio Tasca veniva
annotato: “Tectum ob inclementiam imbrium, et geluum non patitur coo-
58ACSP, Abbazie 166; cfr. anche ACSP, Abbazie 394, ff. 1106r-1116v: “Summarium Decre-
torum in Sancta Visitatione conditorum peracta ab Illustrissimis et Reuerendissimis Domi-
nis Nicolao Fortiguerra [i.e. Niccolò Forteguerri], et Raynerio Simonetti [i.e. Raniero Felice
Simonetti] Canonicis Sanctissimae Basilicae Principis Apostolorum de Urbe in Terra Farae
Sanctimartini Nullius Dioecesis in Temporalibus, et Spiritualibus, Illustrissimo et Reueren-
dissimo Capitulo praedicto immediate subiecta” [8-21 maggio 1719].
59 ACSP, Abbazie 168; cfr. anche ACSP, Abbazie 385.
60 ACSP, Abbazie 396, ff. 27r-34r.
61 Sabrina Cimini (Geografia monastica cit. [nota 30]) ha approfondito l’inquadramento

topografico della zona facendo emergere i possibili connettori tra la morfologia del territorio
e la primaria scelta insediativa monastica. In generale vd. sempre M. ORTOLANI, Memoria il-
lustrata della carta dell’utilizzazione del suolo degli Abruzzi e del Molise, Roma 1964.
62 ACSP, Abbazie 160, ff. 17v-18r.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 29

periri nisi tegulis ligneis, uulgo incarrate, et scamnulis … Pauimentum, et


ceterae Ecclesiae partes indigeat refectione”63. A questo si aggiunga anche
quanto il complesso ebbe a subire durante i vari terremoti che devastaro-
no l’intero complesso, per cui vd. infra [in occasione del sisma del 1706,
tuttavia, così si ebbe a scrivere il 17 dicembre: “La Chiesa Abaziale del
glorioso S. Martino spettante al Reuerendissimo Capitolo fin’ora si troua
con un solo e semplice pelo nella connessione del muro uecchio col nuouo
fattoui l’anno passato, che non dà alcuna apprensione, né si è conosciuto
bisognarui risarcimento”64; stato che conferma quello che aveva eviden-
ziato pochi giorni prima Giuseppe Zaini durante la sua visita effettuata i
giorni 10-1265:

“Alla Chiesa Badiale di S. Martino spettante al Reuerendissimo Capitolo, che ha


patito un poco, se li è lasciato il modo di riattarla senza incommodo del Reueren-
dissimo Capitolo, come costa dalla visita, dandone incombenza al Signor Agente”
(i.e. Tarquinio Armenante)]66.

La situazione di anno in anno si faceva, pertanto, sempre più dram-


matica a tal punto che il giorno 8 settembre dell’anno 1818 o 1819 (l’anno
preciso infatti non è stato ancora chiarito) il complesso venne di nuovo
completamente sepolto da un alluvione di ghiaia e detriti. Solo a partire dal
29 giugno 1891, grazie all’attività di sensibilizzazione promossa da Raffae-
le Verna di Fara S. Martino, furono iniziati gli scavi finalizzati al recupero
di quelle strutture ancora conservate in alzato dell’abbazia benedettina e,
soprattutto, delle sacre spoglie di s. Giovanni Stabile che la pia tradizione
popolare locale voleva riconoscere essere stato lì sepolto67; gli scavi ven-
63 ACSP, Abbazie 167, f. 18v.
64 ACSP, Abbazie 261, f. 655r.
65 Per cui vd. anche infra.
66 ACSP, Abbazie 394, f. 542r.
67 Su questi scavi, preziose rimangono innanzitutto le due relazioni manoscritte conser-

vate presso la Biblioteca Provinciale “A. C. De Meis”, quella dell’ingegnere Luigi Pistelli (Sca-
vi eseguiti a tutto il 20 luglio 1891 per lo scoprimento dei ruderi dell’antica chiesa della Badia di
San Martino in Valle nel Comune di Fara San Martino: ms. III.42) del 28 agosto 1891, aiutante
del Genio Civile di Chieti, e quella di Vincenzo Zecca (La Badia di S. Martino in Valle. Mono-
grafia storico artistica: ms. LXXX.30) storico ed archeologo di Chieti vissuto negli anni 1832-
1915 [su cui vd. ora R. PAPI, Lo storico ed archeologo Vincenzo Zecca, in Scritti in memoria di
Ettore Paratore, Lanciano (CH) 2005, pp. 401-441]. Ringrazio Sabrina Cimini per aver gentil-
mente messo a mia disposizione la copia fotografica del manoscritto di Zecca. Per una messa
a punto bibliografica degli studi sull’abbazia e i suoi scavi vd., oltre a quanto sarà indicato
nelle note successive, L. TULIPANI, L’abbazia benedettina di San Martino in Valle (secc. IX-
XVIII): le fonti archeologiche, in La montagna di Celestino. Maiella Madre, a cura di A. CAMPA-
NELLI, [Chieti] 2010, pp. 149-169. Fra il numeroso materiale recuperato fu segnalata anche

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30 MARCO BUONOCORE

nero ripresi negli anni 1929-1930 a séguito di un altro alluvione che nel
1915 aveva nuovamente ricoperto il complesso. A questo proposito ecco
l’accorato appello che sulla rivista Rassegna d’arte degli Abruzzi e del Molise
Francesco Verlengia scriveva sul finire del 1915:
“La chiesa smantellata dell’ancora sepolta abazia di San Martino in Valle, coi
pezzi architettonici e di scultura rinvenuti nel 1891 descritti da Antonio De Nino
sull’«Illustrazione abruzzese», è in balia dei pastori e dei pellegrini. Tutto si dete-
riora di giorno in giorno. Qualche buona scultura è così coverta di firme di visita-
tori da rendersi irriconoscibile. Pensando all’importanza di queste sculture, che si
ricollegano ad altre delle medesima epoca nella chiesa di Santa Maria Maggiore
in Guardiagrele e che richiamano in parte il sarcofago di Restaino Cantelmo nella
badia di Santo Spirito presso Sulmona, non si può che fare voti affinché il comune
di Fara provveda alla loro raccolta per una migliore conservazione. Il nostro amico,
signor Antonio Cipolla di Fara, già da parecchi anni si è messo a capo di un grup-
po di cittadini che con l’aiuto del Comune provvederanno alla formazione di una
sala di Museo nell’abitato di Fara. Perché non si affretta tutto questo? — e perché
non si dispone coll’aiuto dei cittadini Faresi pel desseppellimento della badia di
san Martino, che certamente doveva racchiudere, così come la chiesa racchiudeva,
preziosissime opere d’arte?”68.

Nonostante queste buone intenzioni Domenico Priori nel 1951 si vedeva


costretto a dover sconsolatamente registrare: “Per colmo di sventura anche
la chiesa fu nuovamente sommersa dal materiale detritico trasportato da
altre alluvioni, e attualmente non ne affiorano se non pochi ruderi di nes-

l’esistenza di un’iscrizione sepolcrale latina d’epoca romana riutilizzata come mensa del terzo
altare. Attualmente il reperto, che meriterebbe una sistemazione più idonea per la sua tutela,
si trova spezzato in un ambiente del deposito comunale di Fara S. Martino dove l’ho potuto
visionare in occasione della mia visita a Fara S. Martino (134 × 63 × 16; campo epigrafico 98
× 47; lett. 5-4); questo il testo: C(aio) Firvio C(ai) f(ilio) / Montano / C(aius) Firvius / Asper
fil(io) / cari(ssimo) v(ixit) an(nis) VI; / C(aius) Firvius / Asper sibi / et suis / p(osuit). Vd. A. DE
NINO, in NS 1891, pp. 276-277 [= A. DE NINO, Scoperte archeologiche comunicate all’Accade-
mia Nazionale dei Lincei e pubblicate nelle Notizie degli Scavi di Antichità, a cura di E. MAT-
TIOCCO, L’Aquila 2002 (Deputazione Abruzzese di Storia patria. Studi e Testi, 23), p. 302]. Dalla
medesima zona, che in antico doveva essere inserita nell’area di competenza amministrativa
del muncipium di Iuvanum o di Cluviae Carricinorum, provengono i seguenti altri due docu-
menti sepolcrali iscritti sempre d’epoca romana (I/II sec. d. C.) attualmente irreperibili: 1)
C(aio) Tadio / Tarinati / Tadis fratre[s] / quattuor / inpensa sua / p(osuerunt); l(ocus) d(atus)
p(ublice); 2) Tadia M(arci) f(ilia), viva, / sibi / et sueis fecit. Su questa tradizione epigrafica vd.,
oltre A. LA REGINA, Ricerche sugli insediamenti vestini, in Mem. Lincei s. 8, 13 (1968), p. 425,
ora M. BUONOCORE, Spigolature epigrafiche. II, in Epigraphica 70 (2008), pp. 278-281 (= AE
2008, 451-452). Per altre considerazioni sull’archeologia del territorio vd. G. GROSSI, Pars
Hadriatica: Sabini adriatici e una *Tarinum carricina, in Italica ars. Studi in onore di Giovanni
Colonna per il premio “I Sanniti”, a cura di D. CAIAZZA, Piedimonte Matese (CE) 2005 (Libri
Campano Sannitici, 4), pp. 287-301.
68 F. VERLENGIA, Fara san Martino – Monastero di san Martino in Valle, in Rassegna d’arte

degli Abruzzi e del Molise 4, 1-4 (1915), pp. 103-104.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 31

sun interesse storico o artistico”69. Solo a partire dal 2005 fu dato inizio
al progetto “Scavo Archeologico, recupero e valorizzazione dell’Abbazia
di San Martino in Valle” stipulato tra il Comune e la Soprintendenza per i
Beni Archeologici dell’Abruzzo, mirato allo scavo archeologico, all’analisi
storico-critica della consistenza materiale del complesso, ad una serie di
interventi di consolidamento delle strutture e di sistemazione del versante
dei detriti alluvionali. La ripresa delle indagini archeologiche nel 2009 ha
permesso di riportare alla luce il complesso monastico nella connotazione
architettonica che aveva nell’ultima fase di vita, caratterizzata da conside-
revoli rifacimenti e ristrutturazioni edilizie (tavv. VIII-XIV)70.
Per l’importanza storico-religiosa che l’abbazia rivestiva era naturale
che i faresi cercassero sempre di contrastare il suo inevitabile declino, ten-
tando di intervenire nelle modalità a loro conoscenza, presentando le pro-
poste al Capitolo di S. Pietro per le necessarie sovvenzioni economiche71.

69 D. PRIORI, Badie e conventi benedettini d’Abruzzo e Molise, II, Lanciano (CH) [1951],
p. 139.
70 Per i primi risultati conseguiti vd. L. TULIPANI, L’antica Abbazia di San Martino in Valle,

in Informacittadino, 5, 1, dicembre 2005, p. 11; EAD., L’abbazia benedettina di San Martino cit.
(nota 67), pp. 149-169; EAD., Fara S. Martino (CH), abbazia benedettina di San Martino in
Valle (secc. IX-XVIII). Relazione preliminare sulle campagne di scavo 2005 e 2009, in Quaderni
di Archeologia d’Abruzzo. Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo 1
(2009) [2011], pp. 253-260. Vd. anche supra alla nota 67.
71 Il Capitolo, proprio per lo stato di abbandono in cui versava il monumento che avrebbe

necessitato, nel caso si fosse voluto attivare qualunque tipo di consolidamento e restauro, di
un corposo impegno finanziario, non poche volte era stato dell’avviso della “cessione” dell’ab-
bazia. Ad esempio, vd. la lettera del l’11 novembre 1741 (ACSP, Abbazie 298, f. 535r) di Ranie-
ro Felice Simonetti, arcivescovo di Nicosia e nunzio apostolico a Napoli, indirizzata al cano-
nico di S. Pietro Benedetto Ancajani riguardante “la cessione della Badia della Fara S. Martino
a favore dei PP. Celestini”; a cui così aveva scritto (f. 541rv) una settimana prima il canonico
segretario Andrea Tavani: “[f. 541r] Essendosi quì sparsa uoce, che le Signorie Vostre Illu-
strissime sijno nella determinazione di uoler’ affittare, ò sia locare a 3ª, ò quarta età questa
lor’ Insigne Badia alli Padri Celestini, Noi Capitolo, e Clero della medesima in un’ tal’ caso ci
uediamo in urgentissima necessità di portare alle Signorie Vostre Illustrissime la più osse-
quiosa, e riuerente rimostranza di dolore, che ci arreca una suinopinata novità, supplicando-
le uiuamente à non uolerci togliere il bel’ preggio, di cui in ogni tempo ci siamo sempre glo-
riati d’essere umilissimi Sudditi, e Vassalli delle Signorie Vostre Illustrissime, e nell’istesso
atto, e per dar’ maggior’ peso alle nostre umili suppliche, col più profondo e douuto rispetto
ci auanziamo anche à rammentarle il Concordato, che dagl’antepassati Signori Canonici fù
benegnamente accordato, di cui nè rimettiano quì ingionta [al f. 542rv] la Particola alle Si-
gnorie Vostre Illustrissime, dalle quali speriamo, che con la loro alta intelligenza rauisaranno
quanta giustizia ancora compete à questo Pubblico in un’ così fastidioso rincontro, almeno
per le Giurisdizioni, e per la Prelazione in ogni / [f. 541v] disperato caso, di che supplichiamo
l’Altissimo uogli togliere dalla pia mente delle Signorie Vostre Illustrissime, quando pur’ ui
fosse, una sì per noi precipitosa risoluzione per bene di questi loro Popoli, mentre restiamo
facendole profondissima riuerenza” (oltre alla firma di Andrea Tavani, estensore della lettera,
seguono nel seguente ordine le firme dell’arciprete Giuseppe Verna, dei canonici Giuseppe

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Il delicato ed annoso problema della manutenzione e della ristrutturazione


del complesso abbaziale che ormai versava in “miserabile stato”, in quanto
— come abbiamo indicato — tutta l’area per la sua conformazione idro-
geologica, era (ed è tuttora) particolarmente soggetta a frane, ad alluvioni
e all’azione di dilavamento, veniva, è vero, regolarmente annotato dai re-
sponsabili del Capitolo di S. Pietro durante le loro visite pastorali.
In quella del vicario generale Alvaro Delfico effettuata tra il 2 settembre
e l’1 ottobre 1742 fu descritto lo stato dell’intero complesso, nel 1733 già
oggetto di alcuni restauri, che, pur con i danni subiti nei precedenti decen-
ni, sembrava, tuttavia, ancora rispondere alle esigenze della comunità lo-
cale. È una descrizione alquanto puntuale di questa struttura che consente
di recuperare anche inediti particolari:
“[f. 185r] Haec (scil. Ecclesia Abbatialis) sita est in quodam sinu Montaneae
Majellae in opaco loco, quem nec aestiuo quidem tempore solares radij pertingunt,
et eo habetur aditus per discissa saxa praedicti Montis, quem tradunt dissectum
fuisse tempore Passionis Domini Nostri Jesu Christi. Aderat antiquitus Coenobium
Monachorum Benedictorum, et eadem Ecclesia et Monasterium anno 1044 a Co-
mite Credendio Theatino fundata, et dotata fuerunt nonnullis bonis, et potissimum
Oppido huius Terrae Farae cum Jurisdictione Temporali, et Ecclesia erat tum tri-
bus nauibus distincta, modo uero unica tantum Nauis superfuit et uix apparent
uestigia aliarum Nauium, et tectum propter imbres, et magnum gelu nequit tegi,
nisi ligneis tegulis, quod bene reaptatum, et innouatum habetur, iuxta Decretum
alias latum anno 1733, et sic pariter prouisum iam fuit floribus cum ligneis uasis
deauratis, et tam pauimentum et sepulturae quam interiores parietes incrustati, ac
dealbati fuere, ac appositae telae ceratae cum suis uelaribus in fenestris. In Eccle-
sia fastigio habetur magna crux cum Imagine Crucifixi. Altare est decenter orna-
tum, et de necessarijs prouisum. Habetur Icon Diui Martini, Sancti Petri Principis
Apostolorum, et Sanctissimae Virginis Pietatis in te/[ f. 185v]la depictae, et insuper
simulacrum Sancti Martini ex ligno confectum bene exornatum, et conuenienter
etiam situm”72.

Nel mese di ottobre del 1747 i canonici del Capitolo di S. Pietro Nicco-
lò Saverio Santamaria nonché arcivescovo titolare di Cirene e Benedetto
Ancajani, in occasione della loro visita, oltre ad una sommaria descrizione
che in qualche modo rispecchiava quanto cinque anni prima era stato “fo-
tografato” da Alvaro Delfico, sentirono l’esigenza che venissero approvate
le procedure per alcuni non più procrastinabili interventi di consolidamen-
to e di restauro:

Ricciuti, Andrea de Carlo, Martino d’Antonio, Giovanni Gentile, Filippo Tavani, Angelo Aruf-
fo, Giambattista Gentile del Colle, dei sacerdoti Baldassarre Tavani, Nicola d’Antonio, Miche-
langelo Aruffo, Ambrogio Aruffo, Emanuele Alleva, Nicolantonio Aruffo e del diacono Agosti-
no d’Antonio).
72 ACSP, Abbazie 395, f. 185rv (già f. 15rv).

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 33

“[f. 14r] Questa chiesa è un residuo dell’antica, poiché di tre navi non vi è rima-
sta altro, che una, vedendosi le macerie, e i muri diroccati dell’altre, come ancora
del Monistero contiguo de’ Benedettini. È situata dentro un’orrida apertura del
Monte Majella, che per tradizione de’ Paesani, si crede seguita al tempo della Pas-
sione del Redentore. Il luogo è umidissimo per l’acqua, che continovamente, anche
di state cola dal Monte, e per la mancanza del sole, che non arriva a penetrarvi …
Vedendosi molto umido, e patito il muro dalla parte dell’Epistola verso l’Altare per
l’acqua, che cade dal tetto, si faccia da’ perito Muratore il medesimo tetto, e darvi
l’opportuno rimedio, con far poi riattare li muri scrostati sotto il medesimo, e nelle
altre parti della chiesa, e biancheggiarli. Che si demolisca il muro avanti la porta
della Chiesa, che minaccia ruina, e può cadendo far qualche male. Che gli scandali
di legno, de’ quali è coverto il tetto, per reggere a’ venti, ed a’ geli, per’ora si facciano
inchiodare, perché siano più stabili, vedendosene moltissimi smossi, ed in avvenire
dovendosi mutare quando sono inservibili, si procuri di farli più larghi, e più alti
per miglior servizio della Chiesa”73.

Ma erano provvedimenti occasionali che non servivano a quella ristrut-


turazione generale che il complesso necessitava.
Il problema sembra essere stato affrontato in modo sistematico solo
negli anni 1773-1774 come risulta da una serie di documenti trasmessi da
ACSP, Abbazie 314-31574. In una lettera del 27 settembre 177375 e in una
seconda del 24 novembre76 l’arciprete Giovanni Battista Gentile del Col-
le oltre a indicare genericamente la grave situazione in cui si trovava la
Chiesa (“L’unico, e maggior riparo, che può darsi alla Chiesa di S. Martino
73 ACSP, Abbazie 168, ff. 14r-15v.
74 Infatti nei documenti dei primi decenni del 1600 siamo solo genericamente informati,
quantunque in modo incessante, di “Spese fatte per la Chiesa di S. Martino” relative al restau-
ro del tetto e all’acquisto di paramenti e altro materiale necessario per la quotidiana attività
liturgica (cfr. ACSP, Abbazie 70, ff. 39r-41r; 72, ff. 34v-35r; 78, f. 31r; 86, ff. 34v-35r; 88, f. 27r;
90, f. 30v; 92, ff. 30r-31v; 98, f. 28v; 100, f. 33r; 104, f. 31v; 106, f. 33v; 110, f. 29rv; 116, f. 33rv;
120, f. 38rv; 128, f. 29rv; 130, f. 27r; 132, f. 37r; 136, f. 26rv; 137, f. 23v; 139, f. 32v; 141, f. 29r;
143, f. 27v; 145, f. 31r; 147, f. 37r; 149, f. 33r; 151, f. 36rv; 153bis II f. 24v, IV f. 24v, V f. 20v,
VI f. 20v, VII f. 24v, X f. 24v; 157, f. 83r). Riferimenti si trovano sparsi in numerosi altri do-
cumenti, ad esempio ACSP, Abbazie 386, ff. 419r-428v, conserva il “Libretto dell’Introito et
Esito fatto per la Chiesa di S. Martino da Giovanni Antonio Verna nell’Anno 1705”, dove si
registrano lavori eseguiti sul tetto e generiche “opere in muratura”; in ACSP, Abbazie 387,
f. 371rv, abbiamo la “Nota di vitturali che sono andati per le scanne seruite nella Chiesa Ab-
badiale di S. Martino in restauratione del tetto in osseruanza a degli ordini lasciati dall’Illu-
strissimi Visitatori Fabrizio Augustini [i.e. Fabrizio Agostini] e Guido del Palaggio [i.e. Guido
Palagi]” in data 7 ottobre 1700; in ACSP, Abbazie 388, ff. 1166r-1167v, troviamo la “Nota
della spesa fatta quest’anno 1728 e 1729 [scil. dal 9 novembre 1728 al 2 settembre 1729] per
risarcire il tetto della Chiesa di S. Martino, e per altri risarcimenti occorsi” firmata dal vicario
generale Melchiorre Delfico in data 14 settembre 1729. Nonostante tutto, continue e regolari
si mantenevano le spese per la festività di S. Martino (11 novembre) e per la Candelora.
75 ACSP, Abbazie 314, f. 580rv.
76 Ibid., f. 568rv.

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non può essere altro, che rinforzare il tetto con nuovo e forte tavolato,
che possa resistere alle percosse delle pietre, che spesso ci cadono con
pericolo di romperlo, e cadere dentro detta Chiesa, come qualche volta è
accaduto; e rinforzare con buoni cimenti le Mura, e specialmente quello
sinistro dell’Altare tutto scostrato dall’acqua, che ci scende, e riparare con
un taglio al pendio del Monte, e cavar fuori l’acqua per un canale da farsi
sopra l’istesso Monte”), specifica anche le modalità di come poter reperire
i fondi per tali opere di restauro. Ben più interessante e circostanziato è il
foglio accluso a questa lettera del 24 novembre, firmata dall’abate econo-
mo di Guardiagrele Francesco Saverio Angelotti e sottoscritta dallo stesso
Giovanni Battista Gentile del Colle, dal governatore Biagiantonio Pagano
e dall’abate Giuseppe Ferrari, che qui trascrivo:
“[f. 587r] Essendosi portati nella Badial Chiesa di S. Martino dentro la Valle di
Fara S. Martino il Provinciale Gentile, coll’attuale Signor Governatore Don Bia-
giantonio Pagani, e portati anche seco l’Abbate Signor Don Giuseppe Ferrari molto
esperto nell’architettura, e di piena cognizione di Geometria, anno osservati detta
Chiesa quasi impraticabile, si per la quantità delle pietre cadute, e che giornalmen-
te cadono, che la ridurranno coverta, e sepolta fra esse, conforme si osserva, che
da pochi anni è fatto quasi un monticello al piano avanti la porta della Chiesa, in
modo che uscitosi dallo stretto della Valle non si vede più la porta suddetta, come si
vedeva prima, ma solo una parte della superiore facciata d’essa Chiesa per l’occupa-
zione di circa palmi otto di pietre ammontonate per la strada in faccia d’essa, dove
non più si può andare, ma è dovuta farsi una nuova strada per sotto la falda del
Monte a man destra, e ciò per le continue pietre, che ci cadono, sino sopra al tetto.
Entrat’in Chiesa, oltre l’umido, che si osserva per tutt’il pavimento d’essa, ad
avanti l’Altare sino una gocciola, che batte in Cornu Evangelii dell’Altare, e ne muri
laterali tutti scostrati dall’acque, e specialmente quello in Cornu Epistolarum, si
vedono continui gocciolamenti d’acqua al resto della Chiesa, e proprio vicino l’Ar-
mario, che fa quasi Sagristia, dove si conservano le sacre suppellettili, e si para il
Sacerdote per celebrare, che formano tali gocciolamenti molti lachetti, che mai si
asciugano, e parte cadono sopra li muri, che rendono continuo umido per tutta la
Chiesa, per essere senza alcun riparo, né di tetto, né di tavolato.
E fattasi da essi lunga, e matura riflessione per il riparo da darsi, sì per evitare
almeno parte dell’umido, che per la sicurezza delle pietre, che non cadino dentro,
ed evitarsi il pericolo di chi è in essa, sono considerati e proposti li seguenti ripari.
/ [f. 587v]
In riguardo alla sicurezza del tetto, stimano farsi ponere sopra del tetto, che
attualmente esiste, otto travi distanti otto palmi l’uno dall’altro, e fissati alla ripa
del monte, che copre parte d’esso, sopra de questi farsi un altro tavolato di tavoloni
di rovero di lunghezza di palmi otto l’uno, e di grossezza quattro dita, e questi con
grossi chiodi, o siano centronetti chiodati sopra de’ travi, ben incassati, e soprapo-
sti l’uno coll’altro con catrame, e pece navale per le giunture, che così resisteranno
alle percosse delle pietre, e ripareranno a parte dell’umido cadente alla parte di
sopra; che semai qualche gocciolamento d’acqua passasse sotto il tavolato si è sti-

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mato sopra il tetto portante porsi i coppi di creta cotta, che non potranno temere
di pietre, perché riparate dal grosso tavolato di sopra, e raccoglierebbero l’acqua,
che portarebbe fuori la chiesa.
Al molto gocciolamento al tetto della Chiesa e della Sagristiola, si può riparare
con un piccolo tetto colli coppi incastrati alla falda sotto del monte, che non po-
tranno mai pericolare, perché l’argine li fa il monte medesimo, e portarsi l’uscita
fuori le mura della Chiesa alla parte d’avanti.
La spesa che potrà portare li detti ripari col maggior sparambio si è conside-
rata frà li otto travi, e circa cento sessanta tavoloni di un palmo l’uno, ò poco più,
e condotti sopra il tetto, di circa docati novantasei. Per altri legnami occorrenti di
travicelli, ed altri da far ponti, ed altri servizij, circa docati dieci.
Per duemila <e cinquecento> coppi fra’ compra, e porto, docati venti. Per calce,
ed arena, dovendosi alzare da circa sei palmi di mura, dove dovranno riposare i
travi, circa docati quattro.
Per mastria, manipoli, ed altri agiutanti, circa docati venti. / [f. 588r]
Questa è la spesa, che più, ò meno potrebbe portare tali ripari per la sicurezza
della Chiesa, e il meno umido in essa; ma il potersi riparare alla caduta delle pietre,
non vi può essere alcun modo, solo potrebbesi colla vigilanza da tempo, in tem-
po far scemare la gran copia delle pietre avanti la detta Chiesa, e per la strada di
faccia ad essa, acciò colla continuazione, non resti col tempo occupata, ò sepolta
la facciata, e la porta, con ordinarsi agli erarj pro tempore, Vicarij o Provinciali di
spenderci quattro in cinque docati l’anno; che se ci avessero badati gli Antecessori,
non si sarebbe ridotta al miserabile stato in cui oggi si trova la Chiesa”77.

A queste pressanti e puntuali informazioni il Capitolo non sembra aver


risposto in maniera efficace come si evince dalla minuta dello stesso Capi-
tolo inviata il 18 settembre, in cui è evidenziata, pur nella consapevolezza
della necessità dei lavori, la forte spesa che si sarebbe dovuta impegnare
(“anderà un pezzo avanti la spesa”). Questa reticenza viene ulteriormente
ribadita dal seguente breve resoconto (“Fara S. Martino. Riparazioni della
Chiesa”) che Fara S. Martino trae da quanto il Capitolo evidentemente
aveva trasmesso:
“Dal foglio di risposta si comprende, che la Chiesa della quale si tratta può
denominarsi più grotta che Chiesa; e però, rapporto all’umido, qualunque ripa-
ro facciavisi, avrà sempre il medesimo fatto; procedendo questo non solo dallo
stillicidio, ma dall’ambiente stesso, giammai asciugato dal raggio solare, o dalla
ventilazione. Rapporto poi alle irruzioni delle pietre, qualora non sia pratticabile
il muro, si dubita che poco stabile giovamento potrà ricavarsi dal tavolato, e molto
meno anche dal bandimento. Tuttavia siccome si enuncia che li ripari colà proposti
importeranno piccola somma, potrà vedersi se li medesimi sono sufficienti a pro-
durre l’effetto bramato” 78.

77 ACSP, Abbazie 314, ff. 587r-588r.


78 ACSP, Abbazie 315, f. 50r.

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Infatti, il già ricordato Giovanni Battista Gentile del Colle aveva invia-
to al camerlengo di S. Pietro Benedetto Ancajani in data 27 marzo 1774
un’ulteriore e più circostanziata relazione da sottoporsi all’architetto dello
stesso Capitolo Vaticano in merito “alli rimedij proposti da noi per l’acco-
modo della Chiesa di S. Martino”, ribadendo non solo la necessità di tali
interventi ma, soprattutto, l’eseguità della somma richiesta per affrontare
i lavori. Il documento è assai importante sia perché, nel rimodulare i ca-
pitoli di spesa ridotti all’essenziale rispetto alla prima proposta, evidenzia
non solo la situazione quasi fatiscente del complesso ma anche i lavori di
restauro fatti eseguire negli anni passati, sia perché, proprio per venire in-
contro ai problemi finanziari, annulla del tutto la possibilità di rinforzare
la struttura mediante la costruzione di una muratura a scarpa decrescente
dal basso verso l’alto, dallo zoccolo dell’edificio fino alla linea di imposta
del tetto. Inoltre si sottolinea come dovesse essere promossa un’attività di
prevenzione finalizzata alla stabilizzazione del pendio e al consolidamen-
to della scarpata (tecniche proprie della moderna ingegneria naturalistica)
che in qualche modo riducesse gli effetti nefasti causati dalla caduta dei
massi e dalle infiltrazioni delle acque, impedendo a chiunque di accedere
a quella parte della montagna sovrastante il complesso con l’intento (evi-
dentemente pratica divenuta comune) di tagliare alberi o di far pascolare
il bestiame:

“[f. 52r] Poco distante dalla Terra di Fara S. Martino Feudo dell’Illustrissimo
e Reverendissimo Capitolo di S. Pietro vi è la Montagna, che lega con quella della
Majella, Monti li più grandi, ed inabitabili di questa Provincia d’Apruzzo citra. In
questo Monte vi è l’entrata per mezzo di una valle larga di circa dieci canne tor-
tuosa riguardando Oriente, e poi si trova una spaccata non più larga otto, e sette
palmi, doue appena può passare una salma. Per lungo questo stretto dieci canne
in circa si trova la Valle più larga, doue stà situata la Chiesa col Monistero diruto
di S. Martino.
La detta Chiesa col diruto Monistero stà appoggiata ad un’Monte uerso set-
tentrione, che riguarda il mezzo giorno di un’altezza grande: vien’ riguardata da
un’altro Monte di un’altezza smiruta inaccessibile, la cui facciata interna in tutta
la sua altezza si approssima perpendicolare al nostro Orizonte. La larghezza della
Valle in linea orizzontale non eccede palmi cinquanta nel luoco doue stà situata la
Chiesa, nella quale la maggior parte occupata dalla Chiesa appena resta un’passag-
gio per uso de Naturali del Paese, e per lo corso delle acque originate dalli alluvioni,
qualcuno può in altro luoco portarsi per li naturali, ed invincibili impedimenti colà
situati, per cui non può auer luoco il proposto progetto di abbandonare la parte
soggetta a patimenti di detta Chiesa, e tirare avanti con nuova fabrica la medesima.
La Chiesa parte antichissima, e parte recente attaccata alle falde del Monte so-
prascritto dalla quale la porzione antica è intieramente sottoposta ad una naturale
volta di detto Monte; per cui è stata sempre, ed è senza stellicidio; la recente Chiesa

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 37

poi fatta tutta alla semplice, ed attaccata a detta antica, è per quanto è lungo le
Mura di essa parte laterale anche sottoposta alla sopra detta naturale volta, per cui
soffre una coll’antica Chiesa un’ continuo grondamento di acque tramandate dalla
detta volta dalle piogge, e dalle nevi, e da una naturale piccola sorgente di acqua
la quale in parte si raccogle da una trocca fatta di vivo sasso di figura parallelepi-
peda situata dietro il Muro dell’Altare, e parte gocciolando / [f. 52v] sopra un’Arco
dell’antica Cappella della Chiesa, dove poggia il muro laterale della nuova in Cornu
Epistolarum poco distante dall’Altare, fà che detto Muro nella parte interiore non
solamente tramanda l’Acqua, che arriva a far’ bagnare le Tovagle dell’Altare, ma è
causa ancora del guastamento dell’intonicatura della facciata interna del Muro, più
volte riparato inutilmente, anzi tanto lo detto Muro riparato inutilmente, anzi tanto
lo detto Muro laterale, che l’antica Cappella per la continua acqua avuta senza darci
verun’ riparo son’ divenuti di color verde, che quasi ci è nata l’erba, siccome si vede
dalla parte di dietro di detta Cappella.
Nella nuova Chiesa poi vi è prima un’intravata di Cavalli, e travicelli, ed incam-
bio di Matonelle vi sono poste tauolette lauorate, che formano una specie di soffitto
per puro ornamento, non riceuendo mai acqua, mentre quattro palmi più di sopra
si trova formato un’altro tetto di traui alla rustica, e sopra detti Travi un’riparo,
o sia tetto di Tavolette di faggio ben connesse, per cui viene la Chiesa riparata, e
difesa dall’acqua delle piogge, ed è costume generale di tutti li Paesi di Montagna
usare tetti in detto modo.
Li danni, che soffrisce la Chiesa si riducono a due, a riparare l’umido, acciò si
conserva anco col pavimento asciutto, e le Muragle, ed a salvarla dalle pietre.
Si fù perciò progettato, che per riparare l’umido tanto di quello, che gronda di
continuo dalla volta naturale del Monte, per causa della sopradetta sorgente, quan-
to dell’altro, che gocciola per le piogge, e Nevi, di formare un’tetto di coppi sotto
la naturale volta del Monte, che copre tutta l’antica Chiesa, e l’intiero Muro della
Nuova, e portare l’acqua porzione dalla parte laterale, e porzione dietro secondo
potevasi per la tortuosità del Monte, col far’ commettere li coppi, anche col taglio
della ripa con / [f. 53r] calce, e pozzolana, e con questa piccola spesa venirsi a ri-
parare l’umido, senza fare il canale, o sia chiavica, o condotto proposto dal Signor
Architetto, per il quale non vi sarebbe né sito, né modo, stando la Chiesa piantata
sopra del sasso uiuo, e sarebbe d’una spesa esorbitante assai molto maggiore del
proposto tetto di coppi, quale non sarebbe soggetto alle cadute delle pietre, perché
riparato dalla naturale volta del Monte.
Per ridurre la Chiesa a soffrire quanto meno si può d’incommodo dalla caduta
delle Pietre fù progettatto fare il 2° tetto di Tavoloni, e questi ben connessi, e chio-
dati, e calafetati sopra Travi, che dovranno porsi con una conveniente distanza
fabricati nello stesso Muro, dove al presente si trovano le Travi del tetto di tavolette,
con dare un’ poco più di pendenza, acciò sì l’acqua, che le pietre non si fermano,
e verrà ad essere più asciutto mediante l’aria, che spira per la Valle, non uedendo
nè la Chiesa, nè buona parte del Monte raggio di sole in niun tempo dell’anno,
impedendolo l’alto, ed il picciolo divario distaccamento dalla sommità de Monti
in ogni parte.
Il progetto poi fatto di fabricarsi un’ Muro alla falda, cioè al liuello del tetto

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per tutta la lunghezza alto, che possa arrestare in dorso di se i sassi, e liberare la
Chiesa dalla loro irruzzione non può assolutamente farsi, e per l’altezza, e per la
scabrosità del Monte, e portarebbe una spesa esorbitantissima, perché dovrebbe
farsi a scarpa, e molto alta.
Fù perciò progettato ottenersi Proibizioni da Supremi Tribunali acciò li cittadi-
ni si astenessero in auuenire di salire a detto Monte nella parte solamente che stà
sopraposta alla Chiesa con tagliare alberi, suellere radici, e portarvi al pascolo gli
animali, unica cagione della caduta delle pietre, mentre così uerrebbero / [f. 53v]
con pochi anni a ricrescere i cespugli, e alberi che trattenerebbero la caduta di esse
come era per l’addietro, che era ripieno di alberi, e cespugli. Che è quanto può ri-
ferirsi in riguardo alla scabrosità della Materia, e se ancor’ si desiderasse maggior
lume, non può darsi, se non se con una pianta dell’occorrente fatt’a rilievo”79.

Non ho trovato documentazione successiva riguardo a queste iniziati-


ve, anche se è pensabile che i lavori di restauro così auspicati vennero in
qualche modo eseguiti80.
79 ACSP, Abbazie 315, ff. 52r-53v.
80 Naturalmente anche altri edifici della comunità erano oggetto di restauri e manuten-
zioni. Ad esempio nel biennio 1648-1649 si cercò di migliorare lo stato della chiesa di S. Re-
migio e di altri edifici, come risulta dalla seguente relazione (ACSP, Abbazie 291A, f. 418rv):
“[f. 418r] L’unità della Fara Santo Martino humilmente fa’ intendere, come la Chiesa di S.
Remigio patisce del tetto, et ci pioue, et anco la casa di detta Chiesa si n’è cascata, et hauendo
detta Unità più uolte fatto Instanza al quondam Arciprete douesse ripararsi, conforme doue-
ua di raggione, mai non l’ha uoluto intendere, hauendo detta Unità per consulta di molti
dottori, che la Chiesa et sua casa la doueua ricoprire, et riparare l’Arciprete, che s’haue piglia-
to le sue intrate. Che però supplica le Signorie Vostre Illustrissime ordinare, ci ripara, et ac-
commoda detta Chiesa et sua casa à spese, di chi deue, atteso il nouo Arciprete dice di voler
la casa accommodata, et Chiesa, conforme li conuiene, che il tutto riceuerà à gratia”. A questa
relazione così risponderà il Capitolo: “Sotto al primo di febraro 1648 fu ordinato in scritto per
lettera a Don Liberatore Tauano che facesse risarcire la ristorare le fabriche delle chiese che
si trouauano in cattiuo stato, e particolarmente la Chiesa de Ciuitella [i.e. Civitella Messer
Raimondo], et alla Communità fu parimenti scritto che facess elegesse qualche persona, ac-
ciò aiutasse et attendesse alla perfettione necessaria di esse fabriche. Per lett altra lettera
sotto li 9 de febraro fu replicato al sudetto Tauano che le Case che si doueuano ristorare, e
mantenere da chi godeua l’entrate. Sotto lì 9. di Aprile fu ordinato al medesimo Don Libera-
tore che circa il ristaurare la Casa dell’Arciprete eseguisse l’ordine del Signor Canonico Oste-
nio [i.e. Luca Holstenio/Holste, canonico dal 1643], per tanto prese maggiormente che si era
inteso che la Casa non solo era / [f. 418v] non era stata ristorata, ma caduta di più ruina ca-
duta di più di quello ch’era. Et il medesimo ordine si fu dato à Bocca mentre era in Roma il
sodetto Liberatore. Hora intendendosi per memoriale dato per parte della Comunità che la
Casa non è stata ristaurata, anzi lasciata che sia caduta per negligenza del sodetto Liberati (!),
si ordina a Voi che la facciate rifare la Casa dell’Arcipretato con astringere gli heredi del fu
Liberatore Tuano Arciprete à pagare la sua rata et altri ancora à quali toccasse di ragione, che
il presente Arciprete non mancarà oprare per la sua parte”. Grande attenzione veniva riserva-
ta, naturalmente, al Palazzo Abbaziale che di continuo necessitava di interventi di manuten-
zione ordinaria o straordinaria come quella seguíta al terremoto del 1706 (di cui infra); cito
tra i tanti esempi, le spese sostenute nel 1702 “dal nostro Reuerendissimo Capitolo in resar-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 39

Il terremoto del 1706


A gravare ulteriormente la precaria situazione dell’area in cui si trova-
vano S. Martino in Valle, già sofferente per i continui dissesti idrogeologi-
ci, e l’intera comunità cittadina, furono i terremoti succedutisi nel corso
dei secoli, che, ovviamente, interessarono tutte le zone circostanti nonché
estesi settori regionali. Terremoti furono avvertiti tra il dicembre del 1456
e gennaio del 145781 e nel mese di agosto del 178182, ma il più devastante
fu quello del 3 novembre del 170683 con le due esiziali scosse registrate,
secondo il còmputo delle ore “all’italiana”, alle 21 e alle 3 e mezza della

cire, e restaurare il Palazzo Abbaziale nella Terra della fara San Martino” (ACSP, Abbazie 384,
f. 72v); il “Libro d’esito, e di Spesa fatto per me Giuseppe di Carlo erario per accomodare il
Palazzo dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Padrone in questa Terra della Fara S.
Martino rouinato, e conquassato dal passato Terremoto delli 3 Nouembre 1706 con ordine
del Signor Agente Signor Tarquinio Armenante” (ACSP, Abbazie 384, ff. 579r-634v); le “Parti-
te diuerse di denaro pagate da Giouanni Domenico di Carlo per seruitio della Fabrica del
Palazzo dell’Illustrissimo Capitolo, d’ordine di Giuseppe di Carlo erario” (ibid., ff. 635r-636v);
oppure le spese sostenute dagli erari Carmine d’Antonio e Giovanni Antonio/Giannantonio
Aruffo negli anni 1733, 1735, 1736 e 1737 (ACSP, Abbazie 389). Analogamente si cercava
sempre di mantenere efficienti quegli impianti da cui il Capitolo ricavava non pochi vantaggi
economici, come il mulino, il forno, la tintoria, il purgo e le gualchiere, citati regolarmente
nelle rendicontazioni annuali [vd. ad esempio, in ACSP, Abbazie 133, ff. 32r-48v, le quindici
ricevute del 16/17 gennaio 1640 relative alle spese sostenute per il restauro e l’ampliamento
della tintoria con dipendenze; in ACSP, Abbazie 389, f. 1198rv, la “Nota di spesa fatta per
raccommodare il Forno dell’Illustrissimo Capitolo, à Maggio 1739”; ibid., ff. 1200r-1201v, la
“Nota della spesa fatta nella nova Tintoria fatta ad uso di Donato, e Tomasso Cipollone secon-
do l’accommodo fatto dall’Illustrissimo Monsignore di Muro [i.e. Melchiorre Delfico, vicario
generale, poi vescovo di Muro Lucano], formata oggi lì 8 Gennaro 1739 dà me Notaro Angelo
d’Orazio”; ibid., ff. 1315r-1320v, la “Nota di spese fatte per il Purgo” nel 1740; in ACSP, Abba-
zie 386, f. 469rv, la “Nota di spesa per fare lu forno nouo per ordine di Monsignore Illustris-
simo che in essa si noto tutti quello che si spendono giurnali di mastro falco del pizzo fabro”
del 22 gennaio 1707].
81 Vd. Catalogue of earthquakes and tsunamis in the Mediterranean area from the 11th to

the 15th century, a cura di E. GUIDOBONI – A. COMASTRI, Roma 2005, pp. 701-702.
82 Così, ad esempio, nella lettera del vicario generale di Fara S. Martino Giovanni Andrea/

Giannandrea Festa in data 11 agosto 1781 indirizzata a Benedetto Ancajani camerlengo del
Capitolo di San Pietro (ACSP, Abbazie 318, f. 729v): “Qui siamo in continue agitazioni, e ti-
mori, perché son frequenti le scosse di tremuoto, che in una settimana interpellatamente si
son fatte sentire da circa otto volte, e benché non sia accaduta cosa funesta per Divina Mise-
ricordia, pure la gente dorme nella nuda campagna per timore”.
83 Su cui da ultimo vd. Settecento abruzzese cit. (nota 6), passim. Per il terremoto del 1703

che non sembra aver interessato la zona di Fara S. Martino vd. da ultima PETRELLA, Produ-
zione e uso della calce cit. (nota 6), pp. 138-142 con bibliografia (quanto mai interessante è la
relazione di Giovanni Andrea Lorenzani presente nel codice Urb. lat. 1699: “Innondazioni e
teremoti accadutj in Roma, e Stato Ecclesiatico come in altri Dominij in tempo della Santità
di Nostro Signore Papa Clemente XI P.O.M. principiando dalli 18. di Ottobre 1702, sino a
tutto l’Anno 1703, con succinto ragguaglio di ciò che è accaduto”. Ringrazio il collega Sever
Voicu per la segnalazione).

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notte, cioè alle 15 del pomeriggio e alle 21,30 della sera84. Tutta Fara S.
Martino ed il territorio circostante subirono gravissimi danni “a persone e
a cose” e l’intera comunità fu ridotta allo stremo. I dirigenti locali súbito si
attivarono con il Capitolo sottolineando la drammatica situazione venutasi
a creare per cercare di ottenere da Roma qualunque forma di soccorso e di
assistenza. Di tutto questo dà notizia a più riprese Tarquinio Armenante,
governatore ed agente di Fara S. Martino in ACSP, Abbazie 260A; la prima
volta è nell’accorata lettera del 5 novembre, da cui trascrivo quanto segue:

“[f. 468r] Nel mentre mi trouauo andato alla Guardia [i. e. Guardiagrele] ed
aspettauo il signor Valletta [i. e. avvocato Giacomo Antonio Valletta], che haueua
scritto volersi colà portare per il scorso mercordì o giouedì al più per la risaputa
terminazione, furono percosse queste terre dal cielo con un fierissimo terremoto
in modo che la Guardia suddetta restò mezza atterrata affatto, ed il restante ina-
bitabile, come sortì a questa della Fara, e le Terre di Ciuitella [i. e. Civitella Messer
Raimondo], Lama [i. e. Lama dei Peligni], Palena, Montenegro [i. e. Montenero-
domo], Taranta [i. e. Taranta Peligna], Letto Manuppello [i. e. Lettomanoppello],
Serramonacesca, Sulmona ed altre affatto distrutte colla perdita della metà delle
persone, e le altre Terre se non distrutte almeno inabitabili. Questo luogo ha patito
assai, ed in modo che non si rende più abitabile, se non si mouono le Signorie Vo-
stre Illustrissime a qualche compassione, ed il Palazzo Badiale diruto del intutto
colla perdita di moltissime mie robbe, non ui sono morti, che cinque figliuoli85,
mentre per miracolo sono tutti salui, come credo anche esser saluo io, che uscii
dalle pietre. Spero che costì non ui sia occorso alcun di questi disturbi, e Vostra
Signoria Illustrissima con tutti cotesti altri Illustrissimi Signori Concistoriali se la
passino bene per poter pensare a qualche aggiuto di questi afflittissimi poueri, che
han perduto il modo da uiuere per non poter fatigare. / [f. 468v] Qui si uiue alla
campagna alla discretione del tempo e della staggione, che forse sarà per caggiona-
re magari li mali dello stesso teremoto, ed appena ho possuto buscar carta e penna
per scriuere sul caso seguì mercordì scorso ad hore uent’uno incirca”86.

84 Vd. Distinta relazione del danno cagionato dal terremoto succeduto a di 3. Nouembre

1706. secondo le notizie venute a questo eccellentissimo marchese di Vigliena &c. Ed altre rac-
colte da varie lettere particolari, In Napoli, Appresso Niccolo Bulifoni, 1706. Per le precisazio-
ni cronologiche vd. R. CARROZZA, Il terremoto del 1706 nel sulmonese: effetti, primi interventi,
la ricostruzione, in Settecento abruzzese cit. (nota 6), p. 145.
85 “La Farisciola S. Martino è caduta la metà, e l’altre case sono fatte inabitabili, e solo vi

morirono 5 figlioli, e circa 20 feriti”: così si legge nella Distinta relazione del marchese di
Villena (Juan Manuel Fernández Pacheco, duca di Escalona e marchese di Villena) ricordata
alla nota precedente; lo stesso marchese ripeterà a Filippo V in data 26 novembre 1706: “La
de Farisciola S. Martino ha caydo la mitad y la otra se ha quedado inabitable, y solo han
muerto cinco muchachos y otros veynte heridos” (Madrid, Archivo Historico Nacional, Fon-
do Estao, busta 2109, fascicolo non numerato). Vd. G. SABATINI, Notizie dalla periferia dell’Im-
pero: una ignota relazione del viceré di Napoli marchese di Villena sul terremoto del 1706, in
Settecento abruzzese cit. (nota 6), pp. 304, 309.
86 ACSP, Abbazie 260A, f. 468rv.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 41

Viene quindi trasmessa la relazione “Stato di tutti li risarcimenti, demo-


litioni ed ogni altro possa stimarsi necessario per riparare al danno recato
dal tremuoto nella Terra della Fara S. Martino Giurisdizione in Spirituali-
bus et Temporalibus del Reverendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, à
tenore della minuta osseruatione fattane assieme con l’architetto sig. Anto-
nio Maria Porano”, con una stima dei danni ammontante a 4191 ducati87.
La partecipazione del Capitolo non si fece attendere; da tre lettere trasmes-
se al governatore Tarquinio Armenante tra il 13 ed il 27 novembre88, nelle
quali si invitava a “praticare tutte le deuotioni possibili per placare l’ira
Diuina perché ci preserui per sua Diuina misericordia dalle maggiori di-
sgratie”, veniamo a sapere che fu inviato il beneficiato Giuseppe Zaini, poi
Camerlengo minore e Revisore delle case, “per occorrere / opportunamente
alle miserie et al bisogno di cotesto popolo […] e douer praticare a tale
effetto qualche distributione di denaro per quelli poueri che non hanno
modo di risarcire con il proprio le loro case se oppure qualche distributio-
ne de grani per il proprio uitto o suuentione più necessaria et opportuna”.
Di Giuseppe Zaini abbiamo conservato proprio il lungo e dettagliato
“Ristretto Informatiuo della Visita fatta nell’Abbadia della Fara S. Martino
in Congiuntura del Terremoto”89 (ne abbiamo fatto già menzione nelle pa-
gine precedenti). Partito da Roma il primo dicembre, Zaini poté raggiun-
gere Fara solo il giorno 10 del mese a causa delle “disastrosissime strade”,
la “rigidezza dei tempi” e la sua “debolezza” di salute. Vi rimase almeno
due giorni, fino a tutto il 12 dicembre, elencando con precisione lo stato di
sofferenza della popolazione e la gravissima situazione degli edifici:

“Alli 12. di detto mese mi portai con un’Architetto a riconoscere, et ad osseruare


con proprij occhi il danno accaduto, Casa per Casa, non senza qualche pericolo, sì
le rouine lasciate dal primo Terremoto, come per il timore degl’altri, che continua-
mente si faceuano sentire. Ciò non ostante si fece diligente osseruazione, conforme
haueranno lor Signori Illustrissimi inteso dalle relazioni da me già mandate con
la distinzione delle rouine, delle persone, che hanno patite, e delle spese che ci
uoleuano, non solo nella Terra, ma nelle Chiese ancora, come anche delle rouine
del Palazzo Badiale, che è l’unico danno del Reuerendissimo Capitolo, e sopra di
questo parimente se ne mandarono le piante, come anche la nota delle spese ne-
cessarie per riattarlo”90.

Zaini fu accolto da Armenante la sera del 10 dicembre “non senza poco


87 Ibid., ff. 470r-475v.
88 Ibid., ff. 748r-753v.
89 ACSP, Abbazie 394, ff. 537r-544v.
90 Ibid., f. 537v.

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42 MARCO BUONOCORE

timore” a causa delle “horribili scosse di tremuoto che hieri fra gli altri
giorni s’udirono”91. Si veda anche la lettera indirizzata all’erario Giuseppe
di Carlo il 27 novembre 1706:

“Il Reuerendissimo Capitolo tutto intento al sollievo di cotesto Popolo hauen-


do compatita et intesa con uiui sentimenti la disgratia cagionata dalle scosse del
terremoto, ha stimato opportuno in contrasegno dell’Amore con cui sempre lo hà
risguardato mandare costà per assistergli il Signor Abbate Zaini suo Benefitiato,
Persona di somma pietà e di non minore stima e prudenza con una intiera facoltà
di operare à suo arbitrio come per se stesso il proprio Capitolo potrebbe fare. Onde
in uirtù di questa mia e le facultà sudette li douerete somministare tutta quella
quantità di denaro che sarà per richiederui ed è in nostro potere ritrandone però
il douuto ricapito per uostro scarico, douerete eseguire a pieno li di lui ordini, ser-
uirlo in ciò che possa essere in uostro arbitrio ed in tutto e per tutto contenerui con
lo stesso Signore come fareste per il Capitolo medesimo essendo tale la sua mente
e Dio ui prosperi come desidero”92.

Zaini espletò l’incarico affidatogli con cura e diligenza, nonostante, l’ab-


biamo appena notato, fosse in precario stato di salute93, redigendo puntua-
li e circostanziati resoconti sulle disgrazie subite (“tutto quello che d’inco-
modo ha partorito il terremoto non solo al materiale della terra della Fara,
come anche al particolare degli abitanti”), non mancando di sottolineare,
scrive l’11 dicembre 1706, che:

“quà ogni giorno si sentono cinque e sei uolte scosse fierissime per le quali di
presente questa Fara resta molto lesa cioè delle tre parti: una affatto inabitale,
l’altra tutta lesa e la terza non tocca come è il Borghetto; benché l’abitanti stanno
tutti in campagna sotto sicure baracche. Si frequentano il Purgo, Valcheria, Tinto-
ria e Molino, e si guadagnano il pane, che non sono tocche in alcun modo. Bensì
il Palazzo Abaziale al tutto si è reso inabile, parte per le lesioni e parte perché è
diroccato”94.

L’erario Ottavio Tavani il 16 dicembre 1706 scrive al Capitolo ricono-


scendo la solidarietà dimostrata:

“L’arriuo qui dell’Illustrissimo Signor Abbate Zaini Visitatore dell’Illustrissimo


Capitolo hà recato à tutto questo Popolo quella consolatione, che si può bramare
nelle presenti Afflitioni, reputandosi troppo consolato e felice dal sperimentare

91 ACSP, Abbazie 260A, f. 482r.


92 ACSP, Abbazie 261, f. 549r.
93 Vd. anche le sue lettere in ACSP, Abbazie 262, ff. 642r-680v.
94 Ibid., f. 647rv.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 43

gl’effetti della paterna carità, colla quale l’Illustrissimo Capitolo Padrone con tanta
pietà e benignità si è degnato solleuarlo, e con ajuti spirituali e temporali”95.

Naturalmente i lavori di ristrutturazione degli edifici pubblici e privati


colpiti dal sisma durarono numerosi anni; il 16 ottobre 1708 relazionava
ancora così al Capitolo il già ricordato governatore Armenante:

“La fabrica e risarcimento del Palazzo stanno infine, quando credeua poter
esser terminate da maggio passato, et è stato necessario cacciarui intorno cinque
palmi di tetto per leuare l’acqua che daua alla metà delle mura tutte fatte à scarpa,
e per leuare l’erbe che faceuano un pesante giardino di tutte le muraglie, chiudere
le fissure fatte dal tremuoto, ed otturare tanti buchi, che ui faceuano salire infinità
di sorci, è stato altresì necessario farlo tutto arricciare al di fuori una delle spese più
necessarie e più decorose, ui è stato anche necessario fabricarui dai fondamenti un
camerino per luogo comune, già che quello che ui era se ben malamente et in una
delle migliori stanze ruinò al terremoto”96.

Pagine di storia socio-economica


Come si accennava all’inizio di queste pagine e nel corso delle note, i do-
cumenti conservati nella serie Abbazie del Capitolo di S. Pietro costituisco-
no fonte preziosa per determinare con ricchezza di particolari — facendoci
rivivere situazioni e momenti del tutto sconosciuti — la storia dell’intera
popolazione farese, che, sulla base dei vari “Status Animarum”, sappiamo,
ad esempio, raggiungere nel 1601 le 660 unità97, un secolo dopo, nel 1707,
82698, e nel 1719, 97099. Possiamo così seguire nel dettaglio in che modo
95 ACSP, Abbazie 262, f. 640r.
96 ACSP, Abbazie 263, f. 1159r.
97 ACSP, Abbazie 350, ff. 577r-586v: “1601 di Dicembre. Nota delle anime della fara S.

Martino in Abruzzo” [scil. “homini 210. femine 221. figlioli 140. figliole 82. Serue 1. In tutto
660”].
98 ACSP, Abbazie 164, ff. 143r-157v: “Status Animarum Terrae Farae Sancti Martini Anno

Domini Millesimo Septingentesimo Septimo” [scil. “In tutto le suddette Anime sono numero
Ottocento uentisei”]. Giuseppe Zaini del Capitolo di S. Pietro nella sua visita dei giorni 10-12
dicembre 1706 aveva scritto: “fà detta Terra 800 e più Anime” (ACSP, Abbazie 394, f. 537r).
99 ACSP, Abbazie, 166, ff. 207r-224r: “Status Animarum Terrae Faraesanctimartini Nul-

lius conconditus a me Infrascripto Domino Josepho Verna Archipresbytero Parrocchialis


Ecclesiae Sancti Remigij eiusdem Terrae in actu Sanctae Visitationis in eadem Terra peracta
ab Illustrissimis et Reuerendissimis Dominis Nicolao Fortiguerra [i.e. Niccolò Forteguerri]),
et D. Raynerio Simonetti [i.e. Raniero Felice Simonetti] Canonicis Sacrosanctae Basilicae
Principis Apostolorum de Urbe Visitatoribus specialiter Deputatis. Anno 1719. In Unum sono
Anime nouecentosettanta”. Vd. anche in ACSP, Pergamene, caps. 71, fasc. 241 n. 4 gli “Status
animarum Terrae Farae Sancti Martini” per gli anni 1681, 1682 e 1683 redatti dall’arciprete
Giuseppe Aruffa (tre fascicoli cartacei rilegati di ff. 1-18 [1681], ff. 1-28 [1682], ff. 1-30

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44 MARCO BUONOCORE

i vicari generali provvedevano alle esigenze della comunità e seguirne di


scorcio il loro operato (figure che tra il Seicento ed il Settecento s’imposero
furono: Pietro Abundio/Abbondio Battiloro, Alvaro e Melchiorre Delfico,
Leonardo Madonna, Panfilo Tabassi e Giovanni Andrea/Giannandrea Fe-
sta, l’ultimo vicario generale che dovette affrontare la delicata e spinosa
questione del passaggio di Fara S. Martino alla diocesi di Chieti100), e no-
nostante il loro esercizio fosse apprezzato dal Capitolo, non mancavano
lamentele sulla gestione del patrimonio101. Abbiamo modo di confrontarci
con l’attività degli erari di Fara, sul cui operato Roma vigilava con estremo
rigore102; attraverso i loro “libri di entrata e di uscita”, sempre sottoscritti
dai canonici visitatori del Capitolo per il necessario riscontro, siamo messi
nella condizione di recuperare l’intera “vita economica” locale e fissare
con estrema chiarezza — per quegli anni di cui possediamo la documenta-
zione — l’avvicendarsi dei nomi che ricoprirono tale delicato ufficio (non
sono pochi i casi in cui a determinate famiglie era stato quasi affidato per
generazioni l’espletamento dell’incarico): Giovanni Nicola/Cola di Giulio
(1582-1594), Giovanni Berardino/Bernardino de Domenico (1595-1596),
Giovanni Nicola/Cola di Giulio (1600-1605), Donato Marrone (1606-1608),
Santo Tavani (1608-1624), Pompeo Gentile (1624-1626), Cecchino Cecchi-
ni (1626-1629), Mario Vernice (1629-1630), Michele Tavani (1630-1634),
Ottavio Tavani (1634-1649), Santo Tavani (1649-1650), Donato d’Antonio
(1668-1677), Giuseppe Milone (1677-1702), Nicola Sciarra (1702-1703),
Giovanni Antonio Verna (1703-1704), Giuseppe di Carlo (1705-1709), Giu-

[1683]), che registrano rispettivamente 477, 494 e 517 cittadini. Nel 1742 erano state registra-
te 1299 “anime”, ma quattro anni dopo, nel 1746, erano scese a 1174 [vd. DI CECCO DI MARI-
NO, Farantíca. Profilo storico cit. (nota 1), p. 25].
100 Vd. ACSP, Abbazie 316, ff. 119r-124v, il suo memoriale datato 2 novembre 1776 sulla

situazione trovata a Fara S. Martino nel momento della sua presa di possesso. Di Leonardo
Madonna vd. la sua “Lettera di ringraziamento d’essere stato eletto Vicario Generale dell’Ab-
bazia della Fara [11 maggio 1759] risposto lì 31 maggio 1759” (ACSP, Pergamene, caps. 19,
fasc. 244 ff. 1-3).
101 Contro Leonardo Madonna, ad esempio, vd. ACSP, Abbazie 308, ff. 617r-620v, con il

memoriale di Donato Cipollone inserito nella lettera di Carmine Cioffi, agente a Napoli, ve-
scovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, trasmessa in data 28 dicem-
bre 1761 a Benedetto Ancajani camerlengo del Capitolo di San Pietro; in ACSP, Abbazie 309,
ff. 95r-118v, i ricorsi e le giustificazioni acclusi nella lettera di Giacomo Leto arcivescovo di
Lanciano trasmessa in data 15 dicembre 1762 sempre ad Ancajani.
102 Per l’operato di Giovanni Nicola/Cola di Giulio vd. ad esempio in ACSP, Abbazie 395,

ff. 278r-311v (già ff. 9v-37r), l’“Originalis processus qui transmittitur ad Illustrissimum Capi-
tulum Sancti Petri de Urbe. 1604”, ff. 364r-355v (già ff. 87r-88r) i “Dubij che si fanno alli
Conti di Giouanni Cola de Giulio Erario dell’Illustrissimo Capitolo di San Pietro di Roma
nella terra della fara”, ff. 366r-370v (già ff. 89r-93v) le “Repliche di Giovanni Cola della fara
S. Martino erario sopra li dubij fattigli per parte dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo
di San Pietro di Roma nel rendere delli conti del suo erariato”.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 45

seppe Gentile del Colle (1709-1717), Giovanni Antonio Verna (1718-1725),


Carmine d’Antonio (1725-1735), Giovanni Antonio/Giannatonio Aruffo
(1735-1768). Allo stesso modo il ricchissimo epistolario distribuito nei
volumi della serie offre lo specchio “fedele” di tutte quelle tensioni della
vita quotidiana, offrendoci pagine di microstoria della massima attenzio-
ne, quantunque limitato ad uno specifico settore regionale (assai utili per
capire come il Capitolo fosse intervenuto sulle singole questioni presentate
sono i registri delle minute delle lettere di risposta trasmesse ai cittadini
della Fara103).
Più volte in occasione della scelta di coloro che avrebbero dovuto ri-
coprire importanti cariche locali abbiamo la possibilità di confrontarci
con i profili dei singoli candidati: così, a puro titolo di riscontro, in un
documento (“Requisiti de Concorrenti che aspirano al Vicariato generale
della Badia detta della Fara S. Martino”104), sono contenute le lettere dei
candidati alla carica di vicario generale della Badia di Fara S. Martino con
le loro referenze; partecipanti erano i sacerdoti Marcello Sacchi della dio-
cesi di Martorano, Melchiorre Delfico canonico della cattedrale di Teramo,
Domenico Rotellini di Lanciano, Bartolomeo Montani di Terra del Bosco,
Egidio Petrei curato della Terra di Trasacco, Angelo Mango di Lagonegro,
Giuseppe Ingani di Collelongo, Michelangelo Megale di Rivello, Nicola Da-
niele di Penne, Francesco Cocco di Campo di Giove diocesi di Sulmona,
Ignazio Origlia e Luzio Pelosi di Castelluccio diocesi di Cassano, Giusep-
pe Palma di Arpino. La scelta cadde su Melchiorre Delfico, che in data
9 giugno 1724 risponde al Capitolo assicurando “tutta l’attenzione e zelo
possibili” nell’adempimento del nuovo officio105. Infatti lo stesso Delfico in
data 1 settembre 1742, in occasione della nomina dei tre “Rappresentanti
del Publico” di Fara che avrebbero dovuto sostituire i precedenti Nicola di
Berardino d’Antonio, Nicolò Milone e Remigio Sciarra, così scrive al Ca-
pitolo a proposito di Andrea di Cecco uno dei possibili futuri camerlenghi
(gli altri erano Giovanni di Sciullo e Nicola di Giovanni Verna):

“Essendomi stata consegnata dal Camerlengo di questa Università la lettera,


concernente la notizia della solita nomina fatta dei tre soggetti, che nell’anno se-
guente devono succedere alli attuali Rappresentanti del Publico, mi dò l’onore di
trasmetterla qui ingionta à Vostra Signoria Illustrissima, supplicandola nel mede-
simo tempo à volersi degnare di presciegliere per Camerlengo Andrea di Cecco,

103 Si conservano per un limitato arco cronologico: ACSP, Abbazie 324 (anni 1662-1666);

ACSP, Abbazie 325 (anno 1676); ACSP, Abbazie 326 (anni 1712-1717); ACSP, Abbazie 327 (anni
1717-1719); ACSP, Abbazie 328 (anni 1719-1727); ACSP, Abbazie, 301-320 (anni 1746-1788).
104 ACSP, Abbazie 294, ff. 655r-694v.
105 Ibid., f. 709rv.

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46 MARCO BUONOCORE

come quello, che, à mio credere, dovrebbe riuscire di cervello meno inquieto delli
altri due, e per ciò più habile à mantenere quella pace, che con tanto stento, non
senza un particolare ajuto del Signore presentemente si gode, e se Vostra Signoria
Illustrissima vorrà pure degnarsi di mandare à mia dirittura la risposta, non man-
carò di farla consegnare alli hodierni pubblici Rappresentanti, à tempo, e luoco
opportuno, attesoche il di loro impiego non và à finire prima delli 22 di ottobre”106.

Come già ricordato la situazione generale dell’intera comunità non do-


veva essere delle migliori, in quanto spesso era facile che accadessero epi-
sodi spiacevoli con conseguenze che richiedevano l’intervento delle auto-
rità non solo locali. Si veda ad esempio la memoria del 1726 del “Ministro
Generale dell’Ordine de’ Minori Osservanti di S. Francesco” in merito alle
liti sorti per motivi di questua in tempo di Quaresima tra i Frati Minori
Riformati del Convento di Atessa, che avevano ricevuto la regolare licenza
dal vicario generale dell’Abbazia di S. Martino, ed i frati del Convento dei
Minori Osservanti di Palena che la pretendevano: liti che portarono addi-
rittura “al cimento di bastonate”107; oppure la vertenza sorta nel 1725 con
il comune di Palombaro in merito ai confini108 (ne abbiamo sopra fatto
cenno), nonché i due memoriali del 1726 del vicario generale Melchior-
re Delfico riguardanti alcuni problemi amministrativi109. Ci è pervenuta
anche l’ingiunzione contro il sacerdote Nicola Damascelli alla sua attività
di medico, per essersi fatto “lecito con pubblico scandalo e con enorme
lesione dei sacri Canoni e delle Costituzioni Apostoliche pattuire il salario
annuale con diuersi particolari Cittadini”110. Dell’anno 1757 è il ricorso
contro l’operato del vicario generale Giustiniano Angeloni di Roccaraso
“non totalmente commendevole nella sua condotta, si perché amministra
la giustizia con parzialità avendo Parenti, ed Amici dentro le Terre soggette
106 ACSP, Abbazie 299, f. 74rv. La richiesta venne accettata per cui vd. al f. 80rv dello

stesso manoscritto. Si cfr. anche, ad esempio, ACSP, Abbazie 295, ff. 96r-135v, dell’anno 1725
i “Requisiti de Concorrenti che aspirano alla Prepositura di Gesso (i.e. Gessopalena)” a ségui-
to della morte di Gabriele Peschio, concessa poi al sacerdote Francesco Tozzi arciprete di
Rapino. Anni dopo, il nuovo vicario generale Leonardo Madonna, con lettera del 10 marzo
1764 (ACSP, Abbazie 310, f. 69rv) in questo modo si esprime in merito ad un probabile candi-
dato al governo della Terra di Fara S. Martino: “Al secondo, cioè <Giacomo Antonio/Giaco-
mantonio> Bulsei, è vero, che fù in questo istesso Governo nel passato 1760, ma lo sperimen-
tai molto freddo, anzi di quasi nulla efficacia, a prò dell’Illustrissimo Capitolo in tempo, che
vi erano li saputi bollori litigiosi, in maniera che non potei di esso avvalermi in alcune circo-
stanze, non sapendo se provenisse o dalla sua poca abilità, o dalla dipendenza che aveva
verso li sediziosi”.
107 ACSP, Abbazie 295, ff. 712r-719v.
108 Ibid., ff. 309r-354v.
109 Ibid., ff. 859r-905v.
110 ACSP, Abbazie 296, ff. 79r-80v.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 47

alla giurisdizione dell’Illustrissimo Capitolo, come perché neppure sa am-


ministrarla non essendo né Dottore né Dottorando, e in questo Vicariato
sono stati sempre uomini scelti, come fu Monsignor Battiloro, e Monsignor
Delfico”111.
Emblematico è anche documento, non firmato, accluso ad una lettera
del vicario generale di Fara S. Martino Giovanni Andrea/Giannandrea Fe-
sta in data 2 dicembre 1784 indirizzata a Benedetto Ancajani camerlengo
del Capitolo di San Pietro, in quanto fotografa, seppur in modo forse ec-
cessivo e di parte, la situazione allarmante in cui la cittadinanza farese era
sprofondata a causa delle consorterie dilaganti, l’emergenza di fatti di cor-
ruzione e trame inquinanti, il che necessitava, ovviamente, di una radicale
e drastica presa di posizione da parte delle autorità:

“[f. 1125r] Notamente veridico delle qualità di tutti que’, che tengono disturba-
ta la Terra di Fara S. Martino colle loro di violenze, sollevazioni e combricole per
estinguere la pace, e tranquillità publica, opprimere la gente onesta, e dar luogo a
tanti delitti, e peccati con pregiudizio de’ buoni, ed onorati cittadini, che non pos-
sono cimentarsi con gente facinorosa per non rendere la popolazione un tragico
teatro di risse, ed omicidij, affinché il tutto s’abbia presente da chi deve giudicare
nella Causa.
Il sacerdote Don Concezio Cipollone, Celestino, e Saverio suoi fratelli germani
sono uomini di mala coscienza, vendicativi, superbi, ed ignoranti, capopopoli, e
fautori di gente scellerata, di torbido cervello, e di putridissima lingua, seduttori e
capaci di ordire qualunque calunnia, e falsità, prepotenti, e dispotici di un drappel-
lo di gente vile, scostumata, ed atta di fare qualsisia cosa di genio, e sodisfazione
di essi Cipolloni, come sono tutti gli scardalana della di loro bottega, che tengono
come tanti schiavi subordinati alle di loro malnate voglie, e per una pruova dell’in-
sufficienza, e idiotismo di detto Sacerdote Cipollone si possono leggere le quattro
copie delle provisioni, che si rimettono scritte di proprio carattere del medesimo,
quali dimostrano, che poco intende il latino, e molto meno l’italiano per le scon-
cordanze, e parole guastate dal proprio senso; onde non può insegnare ad altri ciò
che lo stesso non intende da Maestro di scuola.
Lo scrivano del Sacro Regio Consiglio Pasquale Conti, e il Difensore di detto
Don Concezio Genero del medesimo chiamato Don Francesco de Sanctis han ma-
nifestato il diloro carattere di uomini di mala fede per le tante violenze, attentati,
spolj, e schiamazzi fatti per una causa civile con abuso del tremendo nome del
Sacro Regio Consiglio, nommeno per le false date de’ decreti, che corrono sotto il
venerando nome dell’integerrimo Regio Consigliere <Nicola> Caruso Commissario,
che o hanno ingannato nel farne far la sottoscrizione, o pure l’han portato dentro
la propria tasca per metterlo in una disonorata comparsa, sapendosi questo finora,
e non essendovi scoverte altre falsità, che mai avessero potuto commettere, e che si
possono dedurre dagl’atti, atteso che sono stati ajutati da sopraddetti Fratelli Cipol-

111 ACSP, Abbazie 306, f. 794r.

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48 MARCO BUONOCORE

lone, e da altri malvaggi uomini a loro aderenti; / [f. 1126r] Ma Iddio che confonde
l’empj farà andare a gara l’innocenza, con farli rimanere avvolti nella stessa rete
ordita, e cadere nella medesima fossa da loro fatta.
Il Notaro Felice Antonio di Vitis della Terra di Palombano [i.e. Palombaro]
uomo ignorante, e falsario, e che fece trovare anni sono una Procura di uno di
Casoli vivente, il quale era morto trent’anni prima, è lo stesso venale amico strettis-
simo, commensale, e continuo ospite in casa di detti Cipolloni, i quali se ne servono
per tutti i di loro capricci, e per calunniare con atti del medesimo ed opprimere
chi gli piace.
Il Dottor Don Felice Gentile uomo di poca intelligenza, torbido, superbo, dedito
al vino, nemico della corte locale per avergli levata una causa con sua relazione
con ordine della Regia Camera della Sommaria per li tanti spropositi, ed irregola-
rità commesse come Mastro Portolano, notorio nemico ancora, e collitigante colli
canonici tutti di S. Remigio per una causa pendente in Sacro Regio Consiglio, ed
amico perduto, ed attaccato alli Fratelli di Cipollone.
Il Chirurgo Agostino de Carlo ignorante, povero, epilettico, soggetto, e forse
debitore di Celestino Cipollone.
Andrea de Carlo figlio del medesimo, giovane dissoluto e ignorante.
Lo Speziale Remigio de Carlo povero, soggetto, e debitore di detti Cipolloni,
Il Medico Filippo Verna giovane dissoluto, di pessimi costumi, bevitore di vino,
e nemico giurato della Corte locale, per averlo processato sopra l’esimizione d’un
carcerato, che poi fu transatto colla pena di ducati 120 dall’Officio delle Doganelle
di Chieti, perché nipote di Domenico Verna suo avo, che trovavasi Doganato fitti-
zio.
Saverio e Domenico Taddei giovani dissoluti, senz’arte, e professione alcuna,
rissosi, di pessima morale che vogliano passare per sgherri girando in tempo di
notte armati, e tenendo inquieto il paese, ubriaconi, e viziosi.
Baldassare Verna Capopopolo, uomo di schiamazzi per unire e sollevar gente,
giocatore di carte, ed ubriacone.
Ignazio Verna Fratello del medesimo uomo facinoroso, e dell’istesso carattere,
com’anche è l’altro Fratello Saverio.
Giuseppe Gattone Solachianiello [i.e. calzolaio/ciabattino], publico lazarone, la-
dro, disturbatore del Popolo, giocatore di carte, bestemmiatore, celebre ubriacone,
e capace di fare qualunque impostura. / [f. 1127r]
Remigio, e Leonardo Sciarra miserabili Sartori, Capopopoli, e strettissimi ade-
renti di Celestino Cipollone.
Pietro Tavani Scarparo miserabile, e Capopopolo, e totalmente addetto alle vo-
glie di detto Celestino Cipollone.
Carlo Cipolla povero, e di mala coscienza, Capopopolo e debitore di detto Ci-
pollone.
Nicola suo Figlio, ubriacone, giocatore di carte, e Capopopolo.
Pietro Cipolla, suo Fratello uomo dello stesso calibro, facinoroso, e che più volte
è stato inquisito nella Corte locale, e nella Regia Udienza.
Giuseppe di Rocco, ubriacone, rissoso, Capopopolo, ed appassionato di detto
Cipollone.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 49

Nicola Giovannucci col finto nome di Marcantonio Solmontino, omicidario,


ubriacone, ladro, di pessimo costume, il quale è addetto al servizio del ridetto Ce-
lestino Cipollone nella Tintoria, ed arte della lana in casa.
Pietro, Nicola e Giannantonio di Cecco, Berardino Mastro Pietro, Giuseppe
Sciarra e suo figlio, Marco Natale, Francesco e Giuseppe Orsatti, Michelangelo
Pallozza, Saverio Orsatti, Liberato di Donato, ed altri addetti al mestiere dell’arte
della lana, che lavorano nella bottega de’ Fratelli Cipolloni, sono tutti persone vili,
ubriaconi, e facile ad ogni falsità.
Tutti i quali sopranotati, o altri della stessa farina han servito alle torpide impre-
se de’ Fratelli Cipolloni, come si potrà vedere dagli atti ed hanno assunto il nome
di Zelanti Cittadini.
Nella Capitale tutte queste cose sogliono vedersi con altr’occhio e forse credersi
inverisimili sulla ragione, che ivi non accadono. Ma ciò è appunto per la presenza
del Sovrano, per la forza de’ Magistrati, e per la gente culta, ed onesta che frena le
azioni de’ zibaldi; ma ne’ paesi piccioli, e ristretti ripieni per la maggior parte di
gente indisciplinata e rozza basterà che si sollevini pochi capopopoli, per correrli
dietro tutto il popolaccio senza saper distinguere il perché, e cosi tutt’i buoni, ed
onesti cittadini d’inferior numero debbono star circospetti e prudenti per non esse-
re maltrattati, vilipesi, e violentati dall’insensata moltitudine.
Alli più fervorosi seguaci de’ Fratelli Cipollone devonsi agiungere Rinaldo Stefa-
nucci, e Domenico Verna, uomini clamorosi, capopopoli, bu/[f. 1128r]giardi, ubria-
coni, e di mala coscienza.
Fra li tanti eccessi dello scrivano Conti commessi colla direzione del suo genero
Don Francesco de Sanctis si vede una manifesta conculcazione d’atti, mentre si
son fatti per la stessa causa, ed in una medesima persona quattro decreti di manu-
teantur in possessionem, e l’ultimo di essi de 3. Novembre, inaudita Parte, la quale
avea presentata la sua procura. Che perciò tali sopramano han reso sospettissimo
lo scrivano, il quale non può più attitare in questa causa, e per esser suocero del de
Sanctis difensore di detto Concezio Cipollone, che colli clamori, schiamazzi, ed in-
venzioni in una causa civile ha creduto di far ragione al suo cliente essendo queste
cose disconvenienti al nobile carattere di avvocato”112.

Naturale, quindi, che in questo clima, specchio fedele di un corpo ma-


lato della società del tempo113, non dovevano mancare lettere o relazioni
112 ACSP, Abbazie 319, ff. 1125r-1128v.
113 Nelle pieghe di numerosi documenti è facile recuperare situazioni e fatti quanto mai
indicativi della difficile situazione presente sia nella città sia nelle terre circostanti. Ne offro
alcuni esempi. Nel 1632 accadeva questo singolare episodio (recupero dalla lettera che il ca-
pitano della Fara Francesco Orla scriveva in data 3 settembre 1632 al Capitolo; ACSP, Abbazie
253, ff. 206r-207r): “[f. 206r] Con l’occasione del presente ho uoluto auisare alle Signorie
Vostre Illustrissime come a’ 4. del prossimo passato mese d’Agosto giocai alle boccie nell’Or-
to del Dottor Mario Gentile con detto dottore, l’Arciprete Vecchio, et Don Gioseppe Arruffa,
et la partita fu essi due preti, et noi due secolari, et ci giocammo per recreatione quattro
pollastri, à mangiarli se perdauamo noi in casa mia, et se perdeuano loro in casa di Don Giu-
seppe doue non habitano donne, et perché persero la partita essi preti, il giouedì 5 del predet-

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50 MARCO BUONOCORE

(talvolta anonime) indirizzate ai superiori di Roma, affinché intervenissero

to mese mangiammo tutt’insieme in casa di Don Giuseppe; la notte succese, che alcuni figli
d’iniquità entrarono in casa di Checco Marrone per uiolentare Cilla Vernice sua moglie, la
quale pose a rumore, di modo, che quelli se n’uscirono; et non furono non solamente cogno-
sciuti, mà neanche uisti; la matina poi fù detto ch’io insieme con il detto Don Mario, Don
Gioseppe, et Giouanni Battista d’Ottavio di Natale andammo in casa della predetta Cilla, et
questo non fù detto ne dalla principale ne da altri; ma solo da Jacomo Vernice homo di pes-
sima qualità, del che le Signorie Vostre Illustrissime per accertarsene, se ne potranno infor-
mare dal Signor Vicario, et da tutta questa terra, che l’officio suo non è altro ch’essere spione
di corte, et perché io dal principio non l’hò uoluto, m’haue posto tant’odio, sopra che tanto
resta quanto non mi può nocere, anzi nella cantina di detta Cilla fù trouato mezzo foglio di
carta d’informazione presa noue anni sono contra l’istesso Jacomo, che per / [f. 206v] quanto
mi si dice, che quando la passata uolta calarono in detta cantina la predetta Cilla, et altre
genti non ui era, et poi che ci calò Jacomo ui fù trouata, per il quale rumore succese che Do-
nato Vernice fratello di detta Cilla tirò un archibugiata à detto Giouanni Battista di Natale il
7. del passato mese d’Agosto, et lo colse nel braccio sinistro come del tutto ne presi informa-
tione, et oltre di ciò detto Donato in comitiua d’altre persone ha cercato ammazzarmi, del che
ne ho uoluto scriuere in Audienza tanto della comitiua fatta contro di me, quanto dell’attac-
cata uiolenza in persona di detta Cilla, acciò si fussero trouati li colpeuoli, et dateli il conde-
gno castigo. Ma per non turbare la Giurisdizione delle Signorie Vostre Illustrissime non hò
uoluto farlo, perché ancora non sto in dubio, che mentre stò di ciò con la coscienza netta
Iddio non m’habbia d’agiutare; ma mi dispiace fin all’anima trouarmi in questo laberinto se
ho colpa, per parole di Jacomo Vernice homo di sì pessima qualità”. In data 3 agosto 1666
con queste parole l’erario Donato d’Antonio si rivolgeva al canonico e camerlengo Francesco
Filicaia: “Due altre volte ho scritto a Vostra Signoria Illustrissima et non ho riceuuto risposta,
ma solo dall’Illustrissimo Signor Conte Marescotti. Hora con questa sono à pregarla con
quest’altri Illustrissimi Signori con le gienocchia piegate per amor di Dio à farmi gratia ri-
mouere questo temerario di Don Antonio Tauano dalla Chiesa di S. Martino, acciò non hab-
bia occasione di precipitarmi in mia Vecchiezza hauendo hauuto ardire di machinar l’honore
di mia casa di cose che non stà bene à ponerle in carta tralasciando tutte l’altre scisme e bi-
sbigli causate da lui in questa Terra sì come mi ricordo hauerne scritta à Lei, et al medesimo
Signor Conte, e quando ne uorranno maggior chiarezza potrà informarsine dal Signor Vica-
rio et non da chi forse lo fomenta; non sto in dubio di riceuere questa gratia per esserli deuo-
to seruo, e se così resterà seruita La prego mandar la patente in bianco che intanto si proue-
derà per l’altro” (ACSP, Abbazie 258, f. 344r). Il 7 gennaio 1687 Anna Maria Foglia di Napoli
così scriveva: “Anna Maria Foglia di Napoli deuotissima di Vostra Signoria Reuerendissima
supplicandogli fà intendere, come hiersera circa mezz’hora di notte fu assalita in sua casa da
Don Giouanni Andrea Gentile armato con Archibuggietto, et stiletto à fronne d’oliua con
animo diabolico di uolerla ammazzare, et se non erano le genti della medesima casa, già saria
stata ammazzata. In tanto ricorre da Vostra Signoria Reuerendissima facendo istanza di
darli il douoto castigo; et per ritrouare detto Archibuggietto, farà fare deligenza nella casa di
Don Gaetano Gentile, nella quale lo ritrouerà d’entro di alcuni cupi, seu uasi da ponere api,
et il stiletto gli si trouerà forse nelli suoi calzoni, o sotto il letto; et non rimediandoci subito
Vostra Signoria Reuerendissima sarà forzato Gentile Antonio mio marito di commettere
qualche gran’ fatto” (ACSP, Abbazie 337, f. 152r). Ancora nel mese marzo 1714 veniva inviato
il frate domenicano Deodato De Angelis “per il buon regolamento dei costumi di codesto
popolo … e di proseguire con egual diligenza fino al fine delle sue Quadragesimali fatighe la
cura di migliorare cotesto Popolo, e singolarmente di mettere fra esso la concordia, della
quale pur troppo riconosco esserui una ben grande necessità” (lettera datata Roma, 23 marzo
1714: ACSP, Abbazie 326, f. 121v). Il 7 dicembre 1726 fu indirizzata al vicario Melchiorre

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 51

con la massima urgenza e con la dovuta severità per fronteggiare il dilagare


di un certo immiseramento dei costumi (addirittura fu inviata nell’autunno
del 1702 al canonico di S. Pietro Pompeo Varese degli Atti una relazione
dei “Cittadini della Fara Santo Martino” nella quale venivano accusati i
fratelli Giuseppe ed Alessio Gentile per i loro “lasciui amori” e si metteva
in evidenza che il Palazzo Abbaziale era ormai divenuto un vero e proprio
“postribolo” destinato “alli canti, e a suoni, alle lotte, al giuoco della mora
colla feccia de’ scalpestrati”114). Certo, non era sempre agevole discerne-
re quanto effettivamente fosse veritiero da quello che poteva essere stato
dettato da gelosie, da invidie, da ripicche, da vendette; il Capitolo cercava
sempre, prima di inviare i commissari ed istruire il dovuto processo, di
accertarsi se la situazione presentata fosse rispondente o meno al vero115

Delfico una lettera che riguardava la condotta immorale tenuta da neo eletto governatore
Filippo Franchi: “… Essendomi giunto un ricorso de continui scandali, che commette cotesto
nuouo Gouernatore col far uenire in sua Casa donne della Terra di Casoli di poco buon odo-
re, e col ricettarne anche altre dentro quella di Giuseppe Gentile del Colle con scandalo di
tutta cotesta Terra …” (ACSP, Abbazie 328 adde f. 706r). Tristezza e rancore maggiori provo-
cava nei sudditti faresi il constatare le violenze subite dalle donne da parte dei responsabili
dell’amministrazione del territorio, i quali, forti dell’autorità loro assegnata, agivano in modo
del tutto estraneo alla più elementare regola della decenza; frequenti sono infatti le accuse
fatte pervenire alle autorità di Roma contro determinati notabili del luogo, e per di più sacer-
doti, che si erano macchiati di condotte veramente inqualificabili; a puro titolo di esempio
trascrivo questo documento del 1707 presente in ACSP, Abbazie 390, f. 452r: “Donata di fran-
cisco Cipolla della terra della fara S. Martino, serua, e uassalla delle Signorie uostre illustris-
sime con supplica le rappresenta, come haue una sua figlia giouane chiamata Angela, la
quale è stata più, e più uolte sollecitata, e ricercata dal sacerdote Don Gaetano Gentile per
uolerla stuprare, e benché il medesimo Gentile fusse stato auisato sì dalla supplicante, come
da altri a douersi stare su il decoro sacerdotale, e leuarsi da fantastiche, e diaboliche sugestio-
ni, contuttociò ua tuttauia procrastinando uie, e modi di hauere nelle mani detta sua figlia
seguitandola continuamente per suergognarla; e perché si rende insoffribile una tal temerità
ne fà ricorso a’ piedi delle Signorie Vostre illustrissime supplicandole uolersi degnare appli-
carui opportuno rimedio pria che si uenga ad atto maggiore facendone di tuttociò istanza, e
ciò seruirà di castigo a lui, e d’esempio, et emendatione a gl’altri, che oltre l’esser di giustitia,
il tutto riceuerà a gratia ut Deus”.
114 ACSP, Abbazie 390, ff. 67r-68v.
115 In ACSP, Abbazie 380, ff. 44r-52v, si conservano gli atti del processo contro “Don Gio-

uanni Andrea Gentile sacerdote della Fara S. Martino processato per rissa seguita trà esso e
Gioachino suo fratello” (5 luglio 1690); ff. 194r-201v, contro “Don Rocco Alleua sacerdote
della Fara S. Martino processato per preteso stupro commesso nella persona di Tomassa di
Luberto di detto Luogo” (23 aprile 1694); ff. 534r-543v, contro “Don Francesco Gentile Arci-
prete della Fara S. Martino imputato di pratica disonesta con diuerse Donne, della trascura-
taggine nell’amministratione de Santissimi Sacramenti, e d’altri delitti” (24 luglio 1702). In
ACSP, Abbazie 380A, ff. 579r-592v, troviamo il “Processo contro Don Giovanni Gentile” (giu-
gno 1717); ff. 553r-558v, i “Ristretti delli processi contro il diacono Giovanni Gentile prima
carcerato poi rilasciato con cautione” (agosto 1717), ff. 559r-578v, il “Processo contro Don
Giuseppe Ricciuti” (gennaio-febbraio 1714); vd. anche ACSP Abbazie 339, ff. 661r-664v (inizio
sec. XVII): “Nota di tutti Processi fabricati contra Pietro et Santo Verna della fara di S. Mar-

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52 MARCO BUONOCORE

(ma talvolta alle lettere trasmesse, soprattutto quelle anonime, non segui-
va l’accertamento richiesto). Ne fa fede la lettera non firmata (ma quasi
certamente redatta da un sacerdote) datata 14 maggio 1707. A tale lettera
tuttavia il Capitolo non sembra aver dato mai séguito, quantunque il do-
cumento si dimostri preciso nei particolari e fortemente accusatorio nei
confronti del governatore Tarquinio Armenante e del luogotenente Alessio
Gentile; costoro, infatti, a causa di una condotta immorale e di specifiche
vessazioni costituivano il principale motivo di una situazione ormai non
più sostenibile in tutta la popolazione:

“[f. 406r] Mosso piuttosto dalla carità, e dal non più poter rimirare li continui
e quotidiani scandali, e delitti, che si commettono, e si danno dalle persone delli
Signori Tarquinio Armenante, et Alesio Gentile, uno mantenuto dalle Signorie Vo-
stre Illustrissime come Agente della Badia, e l’altro anche vassallo di questa terra
della fara S. Martino, ambi scostumatissimi che più di notte, che di giorno altro
non oprano, e seminano che zizanie, e tradimenti frà li poueri cittadini oppressi del
continuo dalle loro importunità; et appartenendo à me più che ad’ogn’altro l’inui-
gilare sopra li disturbi e delitti notturni, come anco il procurare il bene commune
sì per la salute delle Anime, come anche per la quiete di tutto un publico, standosi
adesso senza niuna guida né di Gouernatore, né d’altri che potessero reprimere
tante seditioni, benché l’officio di luocotenente si eserciti attualmente dalla perso-
na del prenominato Alesio Gentile uno de più scandalosi, che risiede infra questa
pouera Unità, il quale per tenere il commercio, e la conuersatione di detto Tarqui-
nio conculca la giustitia, et opera sempre diuersamente dalla raggione, e dalli limiti
della uera, e retta giustitia, tuttociò a petitione del detto Tarquinio, il quale non
ama ueramente il bene del publico, ma sibene le dissunioni, e le liti per mantenersi
lui sempre con credenza appresso le Signorie Vostre Illustrissime, preualendosi / [f.
406v] ogni giorno d’esser mantenuto solo dalla protettione del Illustrissimo Signore
Priore Varese [i.e. Pompeo Varese degli Atti, canonico del Capitolo di S. Pietro],
e dice publicamente uoler sempre poner fuoco, et accendere odij, e rancori fra
cittadini per far apparire le discordie continue quando lui medesimo è l’autore, e
l’inuentore di quanto si opera malamente e contro l’offesa del nostro Sommo Cre-
atore, e contro li cittadini che sono sempre offesi, e riceuono affronti, et ingiurie
continue e se le Signorie Vostre Illustrissime non crederanno à quanto gli rappre-
senta un Vilissimo seruo di Dio, saltem s’informino sopra le sequenti cose, che
conosceranno apertamente, e palperanno con proprie mani la pura uerità.
Si fanno lecito primieramente maltrattare gl’ecclesiastici, non distinguendoli
in modo alcuno dalli secolari, parlando spropositatamente in publico hora contro
d’uno, et hora contro d’un altro senza rispetto né di Dio, né del prossimo, quando
ciò non douerebbe mai commettersi da essi, e quel che è peggio sin dentro le chiese
si lecitano mormorare detrattando la fama, e la riputazione a tutti, et anche (cosa
da spauentar ogn’uno) si fanno lecito amoreggiare dentro la casa di Dio senza

tino Vassalli, et ribelli del Reuerendissimo Capitolo et Canonici di S. Pietro di Roma Utili
Baroni di detta terra”.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 53

timore della giustitia Diuina, che continuamente ci minaccia con suoi flagelli, et
in modo particolare con i continui terremoti, che quasi giornalmente si fanno sen-
tire; questa non parendomi cosa da sopportarsi, benché sia già dedotto ad forum
contentiosum, ne dò l’auiso, acciò le Signorie Vostre Illustrissime con i loro soliti,
e paterni rimedij, ponendosi auanti gli occhi / [f. 407r] una tanta offesa di Dio,
possano rimediare a tanti scandali, e ciò non potrebbe sortire in altro modo che
d’allontanare da questa Terra il detto Tarquinio Armenante, e dare altresì il sfratto
al detto Alesio Gentile, perché altrimenti in breue tempo le Signorie Vostre Illustris-
sime sentiranno molti homicidij, et in particolare saranno ammazzati questi due
prenominati (quod absit) oltre gl’altri impegni, et inconuenienze che ne nasceran-
no costandomi questo in coscienza, e son in obligo di denunciarlo. Io però preten-
do non douerne render conto a Dio giusto Giudice, perché rappresento la pura, e
sincera uerità, e ne dico solamente quel tanto che si sa da tutti non solo cittadini,
ma etiandio forastieri, e piacesse a Dio che questo che si rappresenta non fusse il
uero, perché forse non si esperimentarebbe in questa Terra tanti castighi di Dio
giustamente mandati; poco m’importa che si proceda alli rimedij opportuni, per-
ché io già ho cercato scolpare la mia coscienza col darne la douuta notitia, e me ne
protesto auanti a Dio, e quanto non si uedranno gl’effetti, ui stà Iddio che conosce,
e sa tutto, e saprà ben con suoi giusti, e douerosi castighi punire i trasgressori della
Sua Santa Legge; però io ho ferma speranza che S. Martino glorioso, e le Anime
Sante del Purgatorio pregaranno Dio, che possa illuminare le menti di ciascheduno
delle Signorie Vostre Illustrissime a douer inuigilare su questo fatto, conforme io
inspirato molte uolte da Dio, e pregato parimenti da molti cittadini di questo luogo
secretamente per parte di tutti, e per adempire al mio obligo dennuncio. / [f. 407v]
Parlando poi de secolari non solamente maltrattano tutti, ma (quel che è in-
soffribile) toccano di mano, conforme ne potranno far testimonianza Bernardino
Saluitti, Antonio d’Urbano, et altri che hanno riceuuto mazzate e perché s’hanno
posto sotto piedi tutti con la dominatione, che pretendono hauere, li poueri oppres-
si dubitando di non riceuere altri affronti non ne parlano, solo alzano gli occhi a
Dio, e né fanno querela auanti il suo tribunale, perché non hanno a chi ricorrere,
mentre hauendono ricorsi molte uolte con suppliche diretti all’Illustrissimo Signor
Piore Varese, non solo non hanno riceuuti mai gratie, ma neanche ha uoluto inten-
dere le loro supliche, con che si uiue infelicissimamente.
Questi tali altro non fanno, et oprano, che andar disturbando famiglie col andar
toccando le donne, et in particolare zitelle; di queste cose credo che le Signorie
Vostre Illustrissime staranno a pieno informate trattandosi di cose maggiormente
publiche, e quando si uedrà l’emenda all’hora si mandarà la nota distinta di tutte
le persone, che arriuano al numero di uentidue, fra publiche e secrete, anche con
la nota de testimonij, si spera però (mediante l’agiuto di Dio, e l’intercessione di
S. Antonio di Padoua auocato di questa Unità) che le Signorie Vostre Illustrissime
habbino statim a remidiare a simili cose, acciò con questo si possa maggiormente
euitare l’ira di Dio, che tanto ci opprime. Si dourebbe dare molte altre relationi in-
torno a costoro, ma si spera che ciò basta per mouere gl’animi delle Signorie Vostre
Illustrissime a riparare a tutto”116.

116 ACSP, Abbazie 390, ff. 406r-407v.

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54 MARCO BUONOCORE

A fronte del perdurare di queste tristi e spiacevoli situazioni, talvolta


sono trasmesse, di contro, anche relazioni che in qualche modo registrava-
no una realtà che nel complesso doveva essersi quasi normalizzata facendo
intendere, pur con le dovute cautele, una certa “concordia” venutasi a crea-
re nel territorio (si ricordi il passaggio appena citato di Melchiorre Delfico
nella lettera dell’1 settembre 1742: “mantenere quella pace, che con tanto
stento, non senza un particolare ajuto del Signore presentemente si gode”).
È quanto, infatti, si recupera nella lunga relazione preparata per una se-
duta della Congregazione delle Badie prevista per il 6 agosto 1722 (“Foglio
per la Congregazione sopra le Badie che si adunarà lì 6. Agosto 1722”)117,
che, per la “Badia della Fara S. Martino”, così esordisce:

“Sebbene per il passato le Genti della Terra della Fara S. Martino abbiano no-
tabilmente inquietato il Reverendissimo Capitolo, pare nientedimeno che in oggi,
e singolarmente da due anni à questa parte siansi messi almeno apparentemente al
buono, caminando le cose di quell’Università, e di quel Monte con somma quiete,
e con la douuta subordinazione al nostro Vicario Gentile [i.e. Giovanni Battista
Gentile]”118.

Affido ora alle pagine che seguono l’inventario di tutto questo comples-
so ed articolato archivio su cui, mi auguro, gli studiosi potranno attingere
quelle informazioni utili per le loro specifiche ricerche119.

117ACSP, Abbazie 375, ff. 76r-130v.


118 Ibid.,
ff. 93v-95r.
119 L’inventario identifica quanto nelle singole unità archivistiche è attinente alla nostra

ricerca. Ho indicato con l’asterisco * quei fogli di guardia di legature costituite da fogli di
manoscritti (probabilmente di origine abruzzese, e poi dismessi) in latino (= lat.), in ebraico
(= ebr.) o palinsesti (= pal.), che ho rinvenuto nelle seguenti unità della serie Abbazie relativi
alla mia ricerca: ACSP, Abbazie 22, 23A, 25, 27-28, 31-32, 32bis, 33, 52, 54, 57-58, 61, 63-64,
66, 68, 80, 82, 84, 86, 92, 94, 104, 110, 128, 130, 137, 149, 151, 162A, 331. Per alcuni di questi
“fogli di guardia” in beneventana vd. infra alle pp. 639-402 il contributo di Claudia Montuschi
e Nicola Tangari, i quali hanno in previsione anche di studiare tutti i frammenti liturgici re-
periti nei volumi di questa serie.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 55

INVENTARIO

1. – ACSP, Abbazie 22 (cart.; mm 280 × 205; ff. 1-50; fascicoli rilegati con coper-
tina in pergamena * [lat.]) [sec. XVII/XVIII]
“Copia delle Bolle dell’Unione et esentioni della Badia della Fara di S. Martino”.
– Copia di bolle pontificie con conferme e concessioni di privilegi, conferme ed ele-
zioni di abati, nota di collazioni di benefici di chiese dipendenti, due relazioni sui
privilegi e la giurisdizione dell’abbazia di S. Salvatore di Maiella [nn. I-II, IV-VIII,
X-XIII, XV, XIX-XII] e di S. Martino in Valle [nn. III, IX, XVI-XXII] (anni 1044-
1616). Nell’ordine: n. I [a. 1061-1073; f. 1rv], n. II [a. 1150; ff. 1v-3v], n. III [a. 1200;
ff. 4r-5v], n. IV [a. 1341; ff. 5v-6v], n. V [a. 1457; ff. 6v-7r], n. VI [a. 1547; ff. 7v-8r],
n. VII [a. 1547; ff. 8r-9r], n. VIII [a. 1549; f. 9rv], n. IX [a. 1291, ff. 9v-10r], n. X [a.
1505; ff. 10r-11r], n. XI [a. 1505; ff. 11r-12r], n. XII [a. 1530; f. 12rv], n. XIII [sec.
XVII prima metà; f. 12v], n. XIV [a. 1112; f. 13rv], n. XV [a. 1222; f. 13v], n. XVI [a.
1044; ff. 14r-15r], n. XVII [a. 1221; f. 15rv], n. XVIII [a. 1607; ff. 16r-18r], n. XIX
[a. 1568; ff. 18r-19r], n. XX [a. 1579; f. 19rv], n. XXI [a. 1580; f. 20rv], n. XXII [sec.
XVII prima metà; f. 20v]. “Collectiones Beneficiorum Abbatiae Sancti Saluatoris
de Maiella in Dioecesi Theatina existentium” (ff. 23r-28v). “Dell’Origine, Privilegij e
Giurisditione dell’Abbatia di S. Salvatore de Maiella, e S. Martino della Fara, nella
Provincia, e Diocesi di Chieti” (ff. 31r-34v). “Theatinae Iurisdictionis” (ff. 35r-38v).
Lettere varie, l’ultima datata 29 ottobre 1616 (ff. 39r-49v). Documento in latino
sull’abbazia di S. Martino della Fara (f. 50r).

2. – ACSP, Abbazie 23 (cart.; mm 285 × 220; ff. I-IX. 1-273v; filza con copertina
rivestita di pergamena) [sec. XVII/XVIII]
“Collectio diuersorum iurium spectantium ad Abbatias S. Martini de Fara, et
S. Saluatoris de Maiella, sitas in Provincia Theatina”. – Copie di privilegi pontifici,
donazioni da parte di re, principi e baroni di chiese soggette, atti di unione alla Ba-
silica di S. Pietro, concordie, concessioni di feudi, atti vari relativi a diritti, lettere,
fedi, relazioni di fatto e di diritto, sommari e scritture diverse riguardanti liti giuri-
sdizionali per le due abbazie con l’arcivescovo di Chieti, copie di brevi papali rela-
tivi alle visite, collazioni di chiese, istruzioni, ricordi e scritti vari [anni 1044-1597].
Indice ai ff. Vr-IXr. “Privilegium Innocentii III concessum Capitulo et Canonicis
S. Petri super ecclesiam S. Martini de Valle [a. 1200]” (ff. 5r-6v). “Processus fulmi-
natus super unione et incorporatione facta Basilicae S. Petri de Abbatia S. Martini
de fara cum inserta Bulla Nicolai V” [a. 1451] (ff. 29r-34v). “Summarium Collatio-
num seu Bullarum, Beneficiorum et Ecclesiarum sub Iurisdictione Abbatiarum
S. Martini de fara et S. Saluatoris de Mayella” (ff. 222r-226v). “Istruttioni apparte-
nenti al monastero di S. Martino in Valle e S. Martino della fara” (ff. 251r-253v).

3. – ACSP, Abbazie 23A (cart.; mm 275 × 215; ff. I-IV. pp. 1-222, 231-250 [ff. III-
IV, pp. 7-8, 16, 24-28, 30, 32, 34, 61-68, 71-72, 74, 76-78, 93-94, 96, 101-102, 105-
106, 126-128, 133-134, 136, 142, 144, 150, 153-158, 160-162, 166, 168, 180-186,
188-194, 220, 222, 232, 234, 236-238, 242-246, 249-250 bianchi]; filza con copertina
in pergamena * [lat.]) [sec. XVII/XVIII]

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56 MARCO BUONOCORE

Copie di bolle pontificie con conferme di concessioni di privilegi per le abbazie


di S. Martino della Fara e di S. Salvatore di Maiella, donazioni, collazioni di be-
nefici di chiese dipendenti, motu proprio e altri documenti vari [anni 1044-1623].
Indice ai ff. Ir-IIr. “Bulla Nicolai V unionis Abbatiae S. Martini mensae capitulari
[a. 1451]” (pp. 53-59). “Motus proprius Pii V in quo concedit facultatem Archiepi-
scopo Theatino visitandi S. Saluatoris et S. Martini [a. 1568] (pp. 145-146 + p. 150).
“Motus proprius Gregorii XIII in quo concedit facultatem Archiepiscopo Theatino
visitandi Abbatias S. Saluatoris et S. Martini” [a. 1579] (pp. 147-149).

4. – ACSP, Abbazie 24 (cart.; mm 290 × 113; ff. 1-29; bastardello senza copertina)
[1465-1494]
“Inuentarium bonorum Monasterii Sancti Martini de fara. 1465”. – Indicazione
dei possessi situati nei vari territori e dei redditi in natura e denaro dovuti alle sin-
gole persone o chiese dipendenti; inventario dei beni propri del monastero (case,
mulini, oggetti, libri etc.). A f. 22r notizia di un giuramento di vassallaggio del
1494. Elenco dei libri presenti “In domo curiae” (ff. 26v-27r): “[f. 26v] Una Biblia in
membranis in magno uolumine ligata in tabulis. Moralia Beati Gregorij in magno
uolumine ex membranis in tabulis. Breuiarium monasticum in littera longobarda
ex membranis in tabulis. Quidam sermones ex papyro. Contentio animae corporis
beati Bernardi ex papyro et quaedam alia bona. Officium diuinum ex membranis
in tabulis fractis. Breuiarium monasticum sine fine ex membranis. Missale mona-
sticum [f. 27r] Vetus ex membranis. Missale uetus ex membranis. Hymnarium ex
membranis. / Quidam sermones praedicabiles ex papyro. Institutiones abbatis et
monachorum ex membranis. Quidam sermones de Sanctis ex papyro. Quinternus
Introituum antiquus”. Elenco dei libri presenti “In monasterio S. Martini” (f. 28r):
“Unum missale ex membranis in tabulis. Duos missalectos quos matriculas uocant
ex membranis in tabulis. Una matricula ex membranis sine tabulis. Una matricula
parua ex membranis in tabulis. Unus quinternus in Cantu in membranis. Unum
breuiarium monasticum ex membranis in tabulis. Unum psalterium monasticum.
Unum breuiarium monasticum ex membranis in tabulis paruum. Unum commune
paruum monasticum ex membranis. Unum Commune monasticum ex membranis”.

5. – ACSP, Abbazie 25 (cart.; mm 300 × 210; ff. 1-16; fascicolo rilegato con co-
pertina in pergamena * [lat.]) [1494]
“Censuale Abbatiae S. Martini de fara. 1494”. – Inventario degli oggetti esistenti
nel monastero ed altri edifici ad esso appartenenti, indicazione dei redditi dovuti
dagli uomini del castello di Fara, elenco dei possessi situati in vari territori e di
censi dovuti ad altri dipendenti e da chiese. Elenco dei libri presenti “In domo
curiae” (f. 2rv): “[f. 2r] Una Biblia in magno uolumine in membranis ligata in ta-
bulis. Moralia beati Gregorij in magno uolumine ex membranis ligata in tabulis.
Breuiarium monasticum in littera longobarda ex membranis in tabulis. Quidam
sermones festiui ex papyro. Contentio animae et corporis Beati Abbatis. Officium
diuinum ex membranis in tabulis fractis. / [f. 2v] Breuiarium monasticum sine fine
ex membranis. Missale monasticum Vetus ex membranis. Missale uetus ex mem-
branis. Hymnarium ex membranis. Quidam sermones praedicabiles ex papyro.
Institutiones Abbatis et monachorum in ipsa Abbatia. Quidam sermones de San-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 57

ctis praedicabiles ex papyro. Quinternus antiquus Introituum dicti monasterij et


Abbatiae”. Elenco dei libri presenti “In monasterio S. Martini inter montes” (f. 3v):
“Unum Missale ex membranis in Tabulis. Duo missalia parua: quae matriculas
appellant ex membranis. Una matricula ex membranis sine tabulis. Una matricula
parua ex membranis in tabulis. Unus quinternus in Cantu ex membranis. Unum
breuiarium monasticum ex membranis in tabulis. Unum Commune paruum mo-
nasticum. Unum Commune monasticum ex membranis”.

6. – ACSP, Abbazie 26 (cart.; mm 300 × 220; ff. I. 1-17; fascicolo rilegato senza
copertina) [1494]
“1494. Inuentarium Bonorum Abbatie Sancti Martini de Fara Teatinae diocesis
Unitae Basilicae sacrosanctae Principis apostolorum de Urbe de anno 1494 con-
fectum. – 1494. Inuentarium siue Censuale omnium bonorum Abbatie S. Martini
de fara inter montes diocesis Theatine. 1494”. – Inventario degli oggetti esistenti
nel monastero, redditi, possessi, censi. Copia dell’inventario precedente. Elenco
dei libri presenti “In domo curiae” (f. 2rv): “[f. 2r] Una Biblia in magno Volumi-
ne in membranis ligata in tabulis. Moralia beati Gregorij in magno Volumine ex
membranis ligata in tabulis. Breuiarium monasticum in littera longobarda ex
membranis in tabulis. Quidam Sermones festiui ex papiro. Contentio animae et
Corporis Beati Bernardi Abbatis. Officium diuinum ex membranis in tabulis frac-
tis. / [f. 2v] Breuiarium monasticum sine fine ex membranis. Missale monasticum
Vetus ex membranis. Missale Vetus ex membranis. Hymnarium ex membranis.
Quidam sermones praedicabiles ex papiro. Institutiones abbatis et monachorum
in ipsa Abbatia. Quidam sermones de Sanctis praedicabiles ex papiro. Quinternus
antiquus Introitum dicti monasterii et Abbatiae”. Elenco dei libri presenti “In mo-
nasterio S. Martini inter montes” (f. 3v): “Unum Missale ex membranis in tabulis.
Duo Missalia parua quae matriculas appellant ex membranis. Una matricula ex
membranis sine tabulis. Una matricula parua ex membranis in tabulis. Unus quin-
ternus in Cantu ex membranis. Unum Breuiarium monasticum ex membranis in
tabulis. Unum commune paruum monasticum. Unum Commune monasticum ex
membranis”.

7. – ACSP, Abbazie 27 (cart.; mm 290 × 110; ff. 1-61 [ff. 53-60 bianchi]; bastar-
dello con copertina in pergamena * [lat.]) [1510]
“M°CCCCC°X° A di XXIII de Nouembre. Censuario de Sancto Martino de valle.
In lo tempo del Magnifico et Reuerendo Abbate et perpetuo Commendatario Ioanni
Alfonso de Valignano de la Abbatia de Sancto Martino de valle Theatinae diocesis”.
– Nota dei redditi in varia natura e in denaro dovuti dagli homini de la fara.

8. – ACSP, Abbazie 28 (cart.; mm 295 × 220; ff. 1-60 [ff. 55-60 bianchi]; fascicolo
rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1534]
“Censulae Abbatie S. Martini Castri fare de anno 1534. Quaternus seu censuale
Abazie Santi martini de Valle factus et renouatus et distractus ab aliquo eiusdem
Abatie Censuali”. – Censi dovuti dalle chiese, elenco dei possessi nei vari territori,
indicazione dei redditi annui dovuti in varia natura e in denari dagli homines de la
fara. Alla fine (ff. 53v-54v) è presente l’indice dei nomi.

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58 MARCO BUONOCORE

9. – ACSP, Abbazie 29 (cart.; mm 275 × 205; ff. 1-24; fascicolo rilegato senza
copertina) [sec. XVI]
“Copia Inuentarii bonorum Abbatie Sancti Martini de farra. 1540”. – Copia
dell’Inventario trasmesso da un atto notarile, unitamente alla descrizione dei con-
fini del territorio dell’Abbazia, all’indicazione dei censi dovuti dagli uomini che ne
dipendevano, dei beni posseduti in altri territori e degli oggetti che si conservano
nella case dell’Abbazia. Inoltre: capitoli ed ordinazioni eseguite dall’Abate in merito
al commercio di generi vari.

10. – ACSP, Abbazie 30 (cart.; mm 290 × 210; ff. I. 1-33; fascicolo rilegato senza
copertina) [1541]
“1541. Inuentarium Bonorum Abbatiae Sancti Martinj de Fara Teatinae dio-
cesis unitae sacrosanctae Basilicae Principis Apostolorum de Urbe de anno 1541
confectum”. – Nota dei beni in muratura (case, chiese, abitazioni etc.) appartenenti
all’Abbazia, dei redditi dovuti dalle persone dipendenti, delle terre possedute nelle
varie località e dei suoi beni mobili (paramenti, croci, calici, ornamenti ed altri tipi
di suppellettile) di proprietà dell’Abbazia; capitoli ed ordinazioni eseguite dall’aba-
te e dalla persone del castello della Fara.

11. – ACSP, Abbazie 31 (cart.; mm 290 × 220; ff. 1-16; fascicolo rilegato con co-
pertina in pergamena * [lat.]) [1546]
“1546. Inuentarium Bonorum Abbatiae Sancti Martini di la Fara. Censuario
facto et ordinato per me fratre Ioanne Baptista arciprete della fara doue si contiene
tucti li censi tanto de dinari come de frumenti vini olei et spelta carne che deue
refare li homini della fara alla Venerabile abbatia de Sancto Martino inter montes,
In la natiuità de nostro Signore Jesu Christo, renouato per me frate Ioanne Baptista
de la fara per ordine dello Signore Scipio Valignano affictatore de detta abbatia nel
anno 1546 adi 21 de aprile”. – Censi dovuti in natura e in denaro dai dipendenti
dell’Abbazia. Alla fine (f. 16r) elenco delle chiese soggette.

12. – ACSP, Abbazie 32 (mm 210 × 115; ff. 1-38 [ff. 30, 33-37 bianchi]; fascicolo
rilegato in pergamena * [lat.]) [1547]
“Censuario seu Manuale delli censi. Et Renditi della Venerabile abbatia de San-
cto Martino. Recauato et copiato dallo proprio originale facto per me frate Ioanne
Baptista De la fara. Per ordine dello Excellente Signore Scipio Valignano com-
mendatario della dicta Abbatia. Addj Primo de gennare nello anno dello Signore
1547 quinta Indictione”. – Elenco dei censi dovuti dalle persone dipendenti e dalle
chiese, descrizione delle terre possedute in vari territori.

13. – ACSP, Abbazie 32bis (cart.; mm 295 × 220; ff. 1-49; fascicolo rilegato con
copertina in pergamena * [lat.]) [1548-1579]
“Die 21 mensis maii 1548. Censuario dela abbatia de Sancto Martino facto et
renouato per me frate Ioanne Baptista de la fara”. – Nota di tutti i censi che devono
essere pagati annualmente dai singoli dipendenti e dalle chiese soggette. Aggiunte
fino al 27 agosto 1579 (vd. f. 40v).

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 59

14. – ACSP, Abbazie 33 (cart.; mm 210 × 140; ff. 1-38 [ff. 31-32, 35-36 bianchi];
fascicolo rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1561-1571]
“1571. Censuario della Abbazia di S. Martini della fara. Censuario seu Nota
delli censi seu renditi della Venerabile Abbazia de Sancto Martino inter montes
prope faram, estratto e copiato dal suo originale per me angelo de Leonibus de
Caramanico arciprete in la fara predicta, per ordine del Reverendo Signor Philippo
cocouagino Camerlengo e Visitatore generale del sacro Capitolo di san Pietro de
urbe [scil. Filippo Coccavagini]. Sub die XX Iunii anno Domini 1571”. – Nota dei
censi dovuti dalle persone e dalle chiese dipendenti, varie notizie di terreni dati a
censo nel 1561 e 1562, inventario delle terre possedute in vari territori e confini
della montagna di S. Martino appartenente all’Abbazia.

15. – ACSP, Abbazie 34 (cart.; mm 280 × 205; ff. 1-81 olim pp. 1-121 [ff. 79-81
bianchi]; fascicolo rilegato con copertina di cartone) [1581-1593]
“Inventarium et censuale omnium bonorum venerabilis Abbatiae Sancti Mar-
tini Inter montes De valle De Fara Theatinae seu nullius Diocesis renovatum de
ordine Reverendi domini Herculis providi cleri Romani commissarii et vicarii ge-
neralis venerabilis Basilicae Principis Apostolorum de Urbe [i.e. Ercole Cattabeni
?; sec. XVI], die XII mensis Septembris anni 1593”; “Inventarium bonorum vene-
rabilis Abbatiae Sancti Martini inter Montes de Valle de Fara Theatine Diocesis
Renovatum et Publicatum die XXV Mensis Augusti 1581”. – Relazione informativa
sulle modalità di costituzione del presente inventario con l’indicazione dei possessi
dell’Abbazia; censi dovuti dai singoli dipendenti, beni posseduti nei vari territori ed
elenco dei beni mobili e paramenti della chiesa di S. Martino (ff. 76r-78r). Indice
dei nomi premesso all’inventario (ff. 2r-8v).

16. – ACSP, Abbazie 35 (cart.; mm 320 × 230; ff. 1-101 [ff. 1, 96-98 bianchi];
fascicolo rilegato con copertina in pergamena) [1581-1596]
“Inuentarium Omnium Bonorum Abbatiae Sancti Martini de Fara Renouatum
de anno 1581. Inventarium Bonorum Venerabilis Abbatiae Sancti Martini Inter
Montes de Valle de Fara Theatine Dioecesis renovatum et publicatum die XXV
mensis Augusti 1581”. – Descrizione dei confini del territorio dell’Abbazia, castello
e case di proprietà, censi dovuti in natura o in denaro dai dipendenti, terre pos-
sedute in varie località, beni mobili (paramenti e suppellettili varie) delle chiese.
Indice dei nomi (Tabula Generalis Omnium) premesso all’inventario (ff. 3r-10v).
Segue una fede del 1593 relativa ad oggetti dell’Abbazia (f. 94r), una notizia del
1596 (f. 99v) ed una concessione del 1586 (f. 100v). Foglio additicio con un appunto
(f. 101r).

17. – ACSP, Abbazie 36 (cart.; mm 275 × 205; ff. 1-20 [ff. 18-19 bianchi]; fascico-
lo rilegato senza copertina) [1582]
“1582. Inventarium Ecclesiarum et Bonorum Stabilium Abbatiae Sancti Mar-
tini De fara.”. – Nota dei beni immobili posseduti dall’Abbazia nelle varie località
(ff. 2r-8v: “Inuentarium Bonorum stabilium Abbatiae Sancti Martini Inter montes
de Valle de fara Theatinae Diocesis Apostolica Auchtoritate Perpetuo Unitae An-
nexae et Incorporatae mensae Capitulari Illustrissimi et Reuerendissimi Archipre-

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60 MARCO BUONOCORE

sbiteri Canonicorum et Capituli sacro sanctae Basilicae Principis Apostolorum de


Urbe, quae ad praesens ab eis possidentur. Ut infra”), nota delle vigne con il nome
dell’affittuario e l’indicazione del canone annuo dovuto da ciascuno (ff. 9r-14v: “Vi-
neae, quae sunt in Territorio farae ut respondet mustum quolibet anno”), elenco
delle chiese dipendenti (ff. 15r-17r: “Ecclesiae quae subiacent Collationi Reueren-
dissimi Capituli sacro sanctae Basilicae Principis Apostolorum de Urbe Romae
dictae Venerabilis Abbatiae Sancti Martini de Valle inter Montes”).

18. – ACSP, Abbazie 37 (cart.; mm 275 × 205; ff. 1-26 [ff. 21-24 bianchi]; fascico-
lo rilegato senza copertina) [1584]
“1582. Censuario fatto da Monsignor Reuerendissimo Vittorio canonico di San
Pietro [i.e. Marcantonio/Antonio Vittori; seconda metà XVI sec.] l’anno 1584 dell’A-
badia di S. Martino della Fara. 1584”. – Elenco dei censi dovuti, in natura e in dena-
ro, dai singoli dipendenti dell’Abbazia. Alla fine (f. 20r) segue la somma di tutto ciò
che si deve esigere (“Somma di quanto si deue esigere per il presente censuario”).

19. – ACSP, Abbazie 38 (cart.; mm 280 × 180; ff. 1-90 [ff. 91-118 bianchi]; fasci-
colo rilegato con copertina in pergamena) [1581-1598]
“Fara di Sancto Martino. – Manuale 1581. Renouato [per Monsignor Luigi Ri-
nalducci Canonico Commendatario del Reuerendissimo Capitolo di Sancto Pietro
di Roma] l’anno 1598 (vd. f. 69r). – Manuale delli censi et redditi della venerabile
Abbazia di san Martino fatto nel anno 1581”. – Elenchi delle persone e dei canoni
da pagare sotto varie forme (ff. 2r-86v; al f. 68r appunti sulle varie modalità di
riscossione: “Declaratione come s’intende quel che è a’ censuario”), memoria di
quello che si deve riscuotere (ff. 87r-90r: “Memoria di quello s’ha da riscotere oltre
il Censuario et Vino”).

20. – ACSP, Abbazie 39 (cart.; mm 340 × 230; ff. 1-345 [ff. 181r-307r bianchi];
volume rilegato in pergamena e sei fascicoli) [1598-1607]
“Inventarium Bonorum Venerabilis Abbatiae Sancti Martini Inter Montes de
Valle de Fara Provintiae Theatinae Renovatum Anno 1598”. – Inventario sommario
dei beni dell’Abbazia, censi dovuti dalle persone in varia natura o in denaro, beni
posseduti nei vari territori, chiese dipendenti dall’Abbazia. Segue l’indice dei nomi
(ff. 173r-180v: “Indice delli Nomi di tutti quelli che sono descritti nel presente Cen-
suario”). Sono acclusi sette fascicoli (ff. 308r-345v) con annotazioni di variazioni
riguardanti abitazioni che devono pagare censi (anni 1604 e 1607).

21. – ACSP, Abbazie 40 (cart.; mm 265 × 95; ff. 1-95 [ff. 2v-29v, 32v-86r, 89r-90r,
91r, 92v, 93r, 94v bianchi; bastardello con copertina in cartone] [1576-1577]
“1577. Introito et exito dell’Abbadia di S. Martino della fara”; “1577. Quaterno
fatto et ordinato da me ferrante arruffa fattore dell’abbadia di santo martino del
introito et esito di dett’abbadia cominciando alli quindeci di decembre delli set-
tanta sei et sequitando l’anno delli settanta sette”. – Entrata e uscita per il periodo
dicembre 1576 – dicembre 1577.

22. – ACSP, Abbazie 41 (cart.; mm 260 × 185; ff. 1-124; 12 fascicoli tra loro legati)
[1579-1587]

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 61

“Multa continet computa spectantia ad Faram S. Martini, et alijs Abbatijs in Re-


gno [1579-1587]”. – Censuari (elenchi dei denari da riscuotersi per censi) del 1579
e del 1580 e riscossioni a conto di un censuario (ff. 1r-19v), entrata e uscita della
Ferracciola del 1580 (ff. 21r-28v), conti della Fara di S. Martino dal 1580 al 1582 in
sei fascicoli (ff. 33r-108v; ai ff. 91r-98v: “Copia delli conti di Giovanni Cola di Iulio
della Fara S. Martino”), proventi dalla Fara di San Martino di Loreto Cameritti del
1585 (ff. 111r-115r), entrata e uscita del 1587 (ff. 117r-122v). L’indice è scritto sui
due piatti esterni della copertina.

23. – ACSP, Abbazie 42 (cart.; mm 220 × 150; ff. 1-130 [ff. 15-16, 35-45, 62-74,
102, 108-111, 124-129 bianchi]; sei fascicoli rilegati con copertina in pergamena)
[1582-1594]
“In hoc libro reperiuntur infrascripta computa videlicet: Introito amministrato
per Giovanni Cola 1582; Computa administrationis eiusdem Iohannis Colae anni
1584; Libro de prouenti del 1593 Giovanni Cherini de Nursia; Libro de prouen-
ti del 1592 et 93 Christofori Accoramboni; Libro dell’amministratione di Giovan-
ni Cola del 1585; Libro dei proventi di Ponpeo Monaco 1588”. – Entrata e uscita
dell’amministrazione di Giovanni Nicola/Cola, fattore dell’Abbazia di S. Martino
della Fara, dal novembre 1582 al maggio 1584 (“Introito di quello ch’io Giovanni
Cola di Iulio fattore dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro ho
amministrato, incominciando alli 15 di nouembre 1582 dopo che si partì il signor
Fabio Iannucci”: ff. 1r-14v; “Quinterno di tutto quello ch’io Giovanni Cola di Iulio
fattore dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro ho amministrato
delle cose dell’Abbazia di san Martino sì d’exito come d’entrate, incominciando
adì 5 di gennaio dell’anno 1584”: ff. 17r-34v; “Libro di tutto quello ch’io Giovanni
Cola di Iulio fattore dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di san Pietro ha
administrato delle cose dell’Abbazia di San Martino in la Fara, sì d’exito come di
entrata. Incominciando adì 25 di marzo dell’anno 1585”: ff. 75r-107r); libro dei
proventi del capitano Giovanni Cherini dal novembre 1593 al febbraio 1594 con la
nota delle somme riscosse per multe, querele etc. (“In nomine domini amen. Anno
Domini nostri Jesu Christi milesimo quingentesimo nonagesimo tertio die prima
ottobris in Castro Fare sancti Martini tempore Capitani Joannis Cherini de Nursia.
Qui in questo libro si scriuerano tutti i prouenti che si faranno nel tempo della mia
administratione. Videlicet”: ff. 52v-57v); libro dei proventi del capitano Cristoforo
Accoramboni dal luglio 1592 al maggio 1593 (“1592. 1593. Libro de prouenti fatti in
tempo che fu capitanio Christofano Achoramboni. A anno incipiendo 1592 et anno
93”: ff. 59r-61r); libro dei proventi di Pompeo Monaco capitano del Castello della
Fara del 1588 (“Libro seu nota doue se scriueno tutti li Prouenti che se fanno nel
officio del magistro Pompeo Monaco del anno 1588”: ff. 114r-123v).

24. – ACSP, Abbazie 43 (cart.; mm 230 × 165; ff. 1-47 [ff. 34-47 bianchi]; fascico-
lo rilegato con copertina in pergamena) [1587-1591]
“Libro de entrata et uscita della Fara di san Martino dal primo di novembre
1587 per tutto il dì 8 di Maggio 1589 di Giovanni Cola di Iulio di detta Fara fattore
et erario”. – Entrata (con residui dell’amministrazione precedente) e uscita, con

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62 MARCO BUONOCORE

ricevute dei pagamenti eseguiti. Vi sono tre fogli (ff. 31r-33v) con una lettera del
1591 e vari conti.

25. – ACSP, Abbazie 44 (cart.; mm 275/200 × 205/135; ff. 1-59; mazzo di fogli
sciolti) [1587-1589]
Due ricevute del 1587 (ff. 1r-3v), una nota di spese del 17 gennaio 1588 (ff. 4r-
5v) e 32 ricevute per pagamenti vari rilasciate in gran parte al fattore Giovanni
Nicola/Cola di Giulio dal 21 gennaio 1588 al 25 aprile 1589 (ff. 6r-59v).

26. – ACSP, Abbazie 45 (cart.; mm 200 × 130; ff. 1-16 [ff. 4-5, 10-15 bianchi];
fascicolo rilegato con copertina di cartone) [1588-1589]
“Libro primo Conti dell’Abate di Sancto Martino della fara delli Residui. 1589”;
“Libro primo. Delli Residui dell’entrate et esito de Sancto Martino dalli 17 de Mag-
gio 89 nel quale tempo fu reso conto al Reuerendissimo Signor Ottaviano Cittadini
(sec. XVI) et al Signor Mario Altieri [1540-1613] Canonici della Basilica de Santo
Pietro de Urbe per Giovanni Cola de Giulio fattore de detto Reuerendissimo Capi-
tolo”. – Entrata e uscita, con ricevute rilasciate a Giovanni Nicola/Cola di Giulio dal
17 maggio 1589 con residui dell’anno 1588.

27. – ACSP, Abbazie 46 (cart.; mm 210 × 140; ff. I-II. 1-26 [ff. 2, 7-12, 18-26 bian-
chi]; fascicolo rilegato con copertina di cartone) [1589-1590]

“Libro 2° dell’Introito et Exito dell’Abbatia di Sancto Martino della fara. 1589”;


“Libro 2°. Libro dell’Introito et esito delle robbe dell’Abbatia di Sancto Martino
dell’Anno 1589”. – Entrata e uscita del fattore Giovanni Nicola/Cola di Giulio degli
anni 1589 e 1590.

28. – ACSP, Abbazie 47 (cart.; mm 235 × 160; ff. 1-72 [ff. 3-4, 9-24, 27-29, 31-33,
35, 37-39, 43-64, 67-68, 71-72 bianchi]; fascicolo rilegato con copertina in perga-
mena) [1590-1591]
“1590. libro 3°. Libro dell’Entrate et Uscite dell’Abbatia di Santo Martino della
Fara dell’anno 1590”; “libro 3°. In questo presente libro si notaranno tutte intrate,
et spese della Venerabile Abbatia di santo Martino della Fara, receuute et fatte per
mano di me Giovanni Cola di Giulio fattore dell’Illustrissimo et Reuerendissimo
Capitolo di Santo Pietro di Roma utile Barone di detta Terra l’Anno 1590”). – En-
trate e spese amministrative del fattore Giovanni Nicola/Cola di Giulio dal 1590
fino a febbraio 1591. In allegato (ff. 65-71) è un fascicolo di formato diverso con le
entrate e le spese dell’Abbazia di S. Barbato dal 1589 al 1590.

29. – ACSP, Abbazie 48 (cart.; mm 230 × 160; ff. 1-44 [ff. 33-43 bianchi]; fascico-
lo rilegato con copertina in pergamena) [1592-1594]
“1592-1593. Introito et Exito della Abbatia di santo Martino della Fara”; “In
questo presente libro si notaranno tutte intrate et esito, che si rescuoteranno, et
faranno da me Giovanni Cola de Giulio fattore, et erario dell’Illustrissimo et Reue-
rendissimo Capitolo de Santo Pietro de Roma sopra le robbe della Venerabile Ab-
batia de Santo Martino. Cominciando dalli 16 d’Aprile 1592 nel quale tempo fu
reso conto da me alli Reuerendissimi Sindicatori dell’Illustrissimo Capitolo, come

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 63

appare per loro liberatoria sotto il dì sudetto del mese d’Aprile 1592”. – Entrata (con
residui dell’amministrazione precedente) e uscita dell’amministrazione di Giovanni
Nicola/Cola di Giulio dal febbraio 1591 al febbraio 1592 con aggiunte fino all’anno
1594.

30. – ACSP, Abbazie 49 (cart.; mm 210 × 140; ff. I. 1-23 [ff. 19-23 bianchi]; fasci-
colo rilegato senza copertina) [1592-1593]
“Introitus et exitus anni 1596, et 97”; “In questo presente libro si notaranno
tutt’entrate et esito, che si rescuoteranno, et faranno da me Giovanni Cola de giulio
fattore, et erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo de Santo Pietro de
Roma sopra le robbe della Venerabile Abbatia de Santo Martino. Cominciando alli
16 d’Aprile 1592 nel quale tempo fu reso conto da me alli Reuerendissimi Sindica-
tori dell’Illustrissimo Capitolo come appare per loro liberatoria sotto il dì sudetto
del mese d’Aprile 1592”. – Entrata e uscita dell’amministrazione di Giovanni Nico-
la/Cola di Giulio dal 1592 fino al 4 marzo 1593.

31. – ACSP, Abbazie 50 (cart.; mm 275 × 210; ff. 1-26; mazzo di fogli sciolti senza
copertina) [1592-1593]
22 ricevute rilasciate al fattore Giovanni Nicola/Cola di Giulio dal 25 aprile 1592
al 4 marzo 1593, con una nota generale (f. 1), una lettera del 18 aprile 1592 (f. 2),
una nota di spese (f. 15) ed un mandato di pagamento (f. 10).

32. – ACSP, Abbazie 51 (cart.; mm 230 × 170; ff. I-II. 1-43 [ff. 25v-43 bianchi];
fascicolo rilegato con copertina in pergamena) [1591-1592]
“Entrata et uscita delli anno 1591. De la Ferracciola. Reuisto dal molto Reue-
rendissimo Paolo Binzona Canonico [i.e. Paolo Bizzoni; c. 1540-post 1624] e dal
Reuerendo Giovanni Guidetti Computista [1530-1592]”; “In questo presente libro si
notaranno tutte intrate, et esito, che si receueranno et faranno da me giovanni cola
de giulio fattore, dell’Illustrissimo capitolo de santo Pietro de Roma sopra le robbe
della Venerabile Abbatia de Santo Martino, cominciando dalli 9 de febraro 1591 nel
qual tempo fu reso conto da me alli Reuerendissimi Sindicatori dell’Illustrissimo
capitolo come appare per loro liberatoria sotto il dì 8 de detto mese de febraro 1591
et de Sancto Barbato”. – Entrata e uscita dell’amministrazione di Giovanni Nicola/
Cola di Giulio dal febbraio 1591 al 23 febbraio 1592 (con residui lasciati degli anni
precedenti) e “Copia Sententiae absolutoriae Iohannis Colae de Iulio erarii farae
Sancti Martini de Anno 1591” (ff. 22v-24r), firmata dai canonici e sindaci del Capi-
tolo di S. Pietro Orazio Capizucchi [c. 1532-1623] e Camillo Boccamazzi [† 1595].

33. – ACSP, Abbazie 52 (mm 200 × 130; ff. 1-49 [ff. 14-30, 38-58 bianchi]; fasci-
colo rilegato con copertina in pergamena * [ebr.]) [1594-1595]
“1594. – Introito et exito dell’Abbatia di S. Martino della fara”; “In questo pre-
sente libro si notaranno tutta l’entrata et exito fatto per me Giovanni Cola de iulio
della fara delle cose del’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di Santo pietro di
Roma de tutte l’entrate et exito dell’uenerabile Abattia di Santo martino de l’anno
1594”. – Entrata e uscita dell’amministrazione di Giovanni Nicola/Cola di Giulio
per il 1594 (con residui lasciati degli anni precedenti), a cui seguono (ff. 35v-36v) la
sentenza del 23 gennaio 1595 firmata dai canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro

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64 MARCO BUONOCORE

Paolo Bizzoni [c. 1540-post 1624] e Fabrizio Mantachetti [† 1595] ed una nota (f.
37r) delle consegne da esigersi dal nuovo “deputato erario et fattore” Bernardino de
Sena (“Nota de restanti da esiggersi da Bernardino de Sena nell’anno 1595 deputato
erario et fattore del Capitolo, l’altre entrate ordinarie della Badia di S. Martino nel
Castello della fara et suoi membri, quali restanti gli douranno essere consegnati da
Giouanni Cola di Iulio, erario et fattore degl’anni passati”).

34. – ACSP, Abbazie 53 (cart.; mm 220 × 135; ff. 1-14 [ff. 5-14 bianchi]; fascicolo
rilegato con copertina in cartone) [1594-1595]
“Liber Prouentorum. 1594”. – Nota di citazioni in giudizio e simili con le somme
pagate per querele, multe ed altro, dall’ottobre 1594 al luglio 1595.

35. – ACSP, Abbazie 54 (cart.; ff. I-III. 1-98 [ff. 10-12, 27v-98 bianchi]; fascicolo
rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1595]
“Libro fatto et hordinato per Giouanni berardino de Domenico erario del Il-
lustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di Santo Pietro di Roma utile Barone di
questa terra della fara di santo martino nello quale libro si scriue l’intrata et esito
che per me Giouanni Berardino se fa nella administratione dell’infrascritto Anno
1595 con esserci notato in detto libro li residui in essere esatti et maturati di pa-
gare in detto anno”. – Entrata (con residui lasciati dell’anno precedente) e uscita
dell’amministrazione di Giovanni Berardino de Domenico con nota di residui da
riscuotersi nell’anno seguente (ff. I-II, 26r), un ristretto ed appunti relativi al con-
tenuto del volume (ff. 26v-27r).

36. – ACSP, Abbazie 55 (cart.; mm 130 × 195; ff. I-II. 1-45 [ff. II, 6-22, 32-42, 44
bianchi]; fascicolo rilegato con copertina in cartone) [1596]
“Libro hordinato per Giouanni Berardino de Domenico erario del Illustrissimo
et Reuerendissimo Capitulo di Santo Pietro di Roma doue si scrive entrata et esito
de sua administratione del anno 1596”. – Entrata e uscita dell’amministrazione di
Giovanni Berardino de Domenico per l’anno 1596 con la nota (f. 43r) per il Camer-
lengo minore del Capitolo di S. Pietro Pandolfo Pucci [beneficiato del Capitolo di
S. Pietro dal 1570].

37. – ACSP, Abbazie 56 (cart.; mm 275 × 200; ff. 1-24; mazzo di fogli sciolti senza
copertina) [1598]
Dieci ricevute dal 15 agosto al 30 novembre 1598 (ff. 1-9, 14-18), tre conti (ff. 10-
13, 21-24) di cui il terzo (ff. 21-24) “Conto delli Residui vecchi del Censuario, et di
Prouenti criminali, e fitti di case deuolute, riscossi dal canonico <del Capitolo di S.
Pietro> Rinalducci [i.e. Arnolfo Rinalducci; 1522-1620] l’anno 1598. Nella Fara di
S. Martino”, ed una supplica (ff. 19-20).

38. – ACSP, Abbazie 57 (cart.; mm 265 × 200; ff. 1-98 [ff. 1, 15, 25-27, 43-45,
54-55, 59-98 bianchi]; fascicolo rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1600-
1602]
“Libro fatt’et hordinato per me Giouanni Cola di Iulio erario del Reuerendissi-
mo Capitulo di San Pietro di Roma doue è scritt’et annotato tutta l’entrat’et esito
fatto per un’anno incipiendo il primo di Maggio 1600 durante a’ Maggio 1601”. –

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 65

Entrata (con residui lasciati dell’anno precedente) e uscita dall’1 maggio 1600 al
10 maggio 1602 dell’amministrazione di Giovanni Nicola/Cola di Giulio. Seguono
(ff. 56r-58r) un conto complessivo e la sentenza (f. 58v) del 10 maggio 1602 dei
canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro Marco Antonio de Magistris [† 1629] e
Antonio Maria Aldobrandini [† 1629].

39. – ACSP, Abbazie 58 (cart.; mm 260 × 195; ff. 1-98 [ff. 21, 42-48, 60-98 bian-
chi]; fascicolo rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1602-1604]
“Libro fatt’et hordinato per me Giouanni Cola di Iulio della fara di Santo Mar-
tino et Erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma
Barone di detto loco nel qual libro è annotato et scritto tutta la mia administratione
fatta et administrata di detto Illustrissimo et Reuerendissimo Barone per un’Anno.
principiato dal primo di Maggio 1602 da seguitarsi sin’a’ Maggio 1603 de tutta
l’entrata et esito. Come nel infrascritto libro è posto”. – Entrata (con residui la-
sciati degli anni precedenti) e uscita dell’amministrazione di Giovanni Nicola/Cola
di Giulio dall’1 maggio 1602 al 28 giugno 1604. All’inizio (f. 1rv) la sentenza del 5
agosto 1604 del visitatore apostolico Alessandro Canzires.

40. – ACSP, Abbazie 59 (cart.; mm 265/200 × 190/140; ff. 1-61; mazzo di fogli
sciolti e due fascicoli senza copertina) [1602-1603]
19 ricevute (numerate 1-19) dal 22 maggio 1602 al 28 febbraio 1603 per gran
parte rilasciate a Giovanni Nicola/Cola di Giulio (ff. 1-37), una dichiarazione (nu-
merata n. 20) del 5 aprile 1603 (ff. 38-39) e due fascicoli (ff. 40-61) con liste di
“panni valcati” da gennaio a dicembre 1602.

41. – ACSP, Abbazie 60 (cart.; mm 265/210 × 200/140; ff. 1-94 [ff. 75-80, 85-86,
91-93 bianchi]; mazzo di fogli sciolti e tre fascicoli senza copertina) [1603-1604]
31 ricevute (numerate 1-31), con alcune lettere e ordini di pagamento, dal 15
maggio 1603 al 30 giugno 1604 per gran parte rilasciate a Giovanni Nicola/Cola di
Giulio (ff. 1-64) e tre liste di “panni valcati” dall’1 luglio 1603 all’1 maggio 1604.

42. – ACSP, Abbazie 61 (cart.; mm 220 × 135; ff. I. 1-85 [ff. I, 4, 11-31, 38, 50-51,
59-62, 65-85 bianchi; sono inseriti due fascicoli segnati A e B ora ff. 39-50, 52-63];
fascicolo rilegato con copertina in pergamena * [ebr.]) [1603-1605]
Entrata dal maggio 1603 al maggio 1605 e uscita dal maggio 1604 al maggio
1605, nota di aggiunta all’entrata dal maggio 1604 al maggio 1605, nota dell’entra-
ta e uscita da aggiungersi ai libri dell’amministrazione di Giovanni Nicola/Cola di
Giulio dopo l’ultimo saldo eseguito nel maggio 1602. – Fascicolo A (ff. 39-50): “No-
tamento di quello che se haue d’esigersi del’entrate del Reuerendissimo Capitulo di
S. Pietro di Roma del’Anno principiato di Maggio 1604 per un’anno da seguitarsi a’
Maggio 1605”. Fascicolo B (ff. 52-63): “Nota dell’Introito et esito da gionsersi alli li-
bri del erariato di Giovanni Cola di Iulio di poi l’ultimo saldo fatto di Maggio 1602”.

43. – ACSP, Abbazie 62 (cart.; mm 270/210 × 200/140; ff. 1-39 [ff. 36-39 bianchi];
mazzo di fogli sciolti ed un fascicolo ai ff. 32-38 senza copertina) [1604-1605]
15 ricevute (numerate 1-15) rilasciate a Giovanni Nicola/Cola di Giulio, ammi-
nistratore dell’Abbazia di S. Martino dal 12 agosto 1604 al 24 maggio 1605 (ff. 1-31)

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66 MARCO BUONOCORE

con ordini di pagamento e dichiarazioni di pagamenti eseguiti e ricevuti, ed una


“Lista de Panni da sigersi dal primo de maggio 1604 durante per fine al primo de
ottobre” (ff. 32-39).

44. – ACSP, Abbazie 63 (cart.; mm 195 × 137; ff. 1-61 [ff. 1, 29-30, 47-61 bianchi];
fascicolo rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1605-1606]
“Libro fatto et ordinato per me Donato Marrone Erario nella fara di Santo
Martino del Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Barone di detto loco nel
quale libro è scritto et annotato tutto l’introito et esito come da me è administrato
per un anno principiato di Maggio 1605 finente a Maggio 1606 doue ancora in det-
to Libro è annotato in prima faccia alcuni restanti. Come appare ecc.”. – Entrata
e uscita dell’amministratore Donato Marrone dal maggio 1605 al maggio 1606 e
residui degli ultimi mesi del 1604. Alla fine ristretto e sentenza (ff. 45v-46v) del 23
maggio 1606 dei canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro Tiberio Mandosi [1554-
1607] e Luigi Cittadini [fine XVI – inizio XVII sec.].

45. – ACSP, Abbazie 64 (cart.; mm 270/200 × 140/100; ff. 1-126 + I. 1-11 [ff. 14,
27-30, 46-47, 60-126 + ff. 10-11 bianchi]; fascicolo rilegato con copertina in perga-
mena * [lat. + pal.] ed un fascicolo alla fine, scil. ff. I. 1-11) [1606-1607]
“Libro fatto et hordinato per me Donato Marrone della terra della fara di Santo
Martino et Erario in detto loco del Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma
utile Barone della detta terra della fara nel quale libro e scritto et annotato tutto
l’introito et Esito della sua administratione principiata da Maggio 1606 per tutto
settembre del anno sequente 1607 dove è ancora scritto li restanti del 1604, 1605
et 1606. Come nel infrascritto libro è annotato ecc. in prima faccia”. – Entrata e
uscita dell’amministratore Donato Marrone dal maggio 1606 al settembre 1607,
con residui di pagamento da esigersi dal 1604 in poi; nota delle somme ancora da
riscuotersi per l’anno 1607. Alla fine (ff. 58v-59v) il ristretto generale e la sentenza
del 12 settembre 1607 dei canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro Antonio Ma-
ria Aldobrandini [† 1629] e Giulio Capodiferro-Maddaleni [1570-1646]. In allegato
(ff. I. 1-11) è un fascicolo con le note delle spese per la costruzione di una tintoria
dal febbraio al luglio dell’anno 1607 (“In questo libretto seu lista è scritta et anno-
tata minutamente tutta la spesa fatta per me Donato Marrone erario del Reueren-
dissimo Capitolo di S. Pietro di Roma. Alla tentoria fabricata et fatta in questa terra
della fara di Santo martino nel anno del mio erariato del 1607”).

46. – ACSP, Abbazie 65 (cart.; mm 270 × 200; ff. 1-64; mazzo di fogli sciolti senza
copertina) [1605-1607]
“1605. Riceuute diuerse per li conti di Donato Marone erario alla fara per l’anno
1605”. – 18 ricevute (numerate 1-18) rilasciate a Donato Marrone, amministratore
dell’Abbazia di S. Martino, dal 28 luglio 1605 al 3 marzo 1606 (ff. 2-33), a cui seguo-
no altre 16 datate tra gli anni 1606-1607 [in particolare vedi ff. 34-35, 40-41, 46-47,
48-49, 50-51 (ricevute di Benardino II° Salvarani, beneficiato e camerlengo minore
del Capitolo di S. Pietro [† 1623], del 31 maggio 1606, 2 dicembre 1606, del 14
settembre 1606, del 10 dicembre 1606 [2]; vd. anche ai ff. 6-7, 11-12, 21-22, 23-24,
25-26), e ff. 54-55 (ricevuta di Felice Baldovino, beneficiato e camerlengo minore

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 67

del Capitolo di S. Pietro [† 1614], del 6 febbraio 1607); ff. 52-53, 61-62 (due fedi di
Liberatore Tavani del 15 ottobre 1606 e dell’11 aprile 1607)]. Alla fine (ff. 63-64)
ricognizione dei debiti con nota dei residui da esigersi dall’ottobre 1604 a tutto il
mese di aprile 1605 (“Copia delli residui dell’anno”).

47. – ACSP, Abbazie 66 (cart.; mm 200 × 138; ff. 1-93 + 44a [ff. 27-30, 44v-94
bianchi]; fascicolo rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1607-1608]
“Libro fatto et hordinato per me donato marrone Erario per il Reuerendissi-
mo Capitulo di S. Pietro in Roma utile Barone di questa terra della fara di Santo
Martino, nel qual libro e scritto et annotato l’introito et esito del mio administra-
to, principiato de settembre 1607 per fine à Maggio prossimo entrante del 1608.
Concernente in detto libro de’ primo diuersi restanti del passato. Come si trouano
annotati”. – Entrata e uscita dell’amministratore Donato Marrone dal 15 settembre
1607 al 20 novembre 1608, con residui di pagamento da esigersi dal 1604 in poi.
Seguono il ristretto e la sentenza (ff. 42r-43r) del 28 novembre 1608 del canonico e
sindaco del Capitolo di S. Pietro Paolo Bizzoni [n. c. 1540] e di “uno delli sindaci”
ed una nota dei residui da esigersi (ff. 43v-44r).

48. – ACSP, Abbazie 67 (cart.; mm 275/105 × 200/135; ff. 1-56; mazzo di fogli
sciolti e tre fascicoli ai ff. 45-56 senza copertina) [1608-1608]
20 ricevute (numerate 1-19) rilasciate all’amministratore Donato Marrone dal
13 ottobre 1607 al 20 novembre 1608 (ff. 1-34), una lettera a lui indirizzata relativa
alla sua amministrazione ed alcuni conti (ff. 35-44), e tre liste “de li panni purgati
per leonardo falcone” dall’1 maggio 1607 alla fine di aprile 1608 (ff. 45-56).

49. – ACSP, Abbazie 68 (cart.; mm 187 × 130; ff. I. 1-90 [ff. 36-37, 59-90 bianchi];
fascicolo rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1605-1609]
“Libro dell’amministratione dell’Eraria[to] di Santo Tauani della Terra della
Fara di Santo Martino, principiato alli 13 di Giugno 1608 da finirsi per tutto li 23 di
Giugno 1609. Nel quale si contiene tutto l’introito et esito dell’Intrate dell’Illustris-
simo e Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma in queste parti d’Abbruzzo”.
– Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dal giugno 1608 al giugno
1609, con residui di pagamento da esigersi dal 1605 in poi e con la nota dei residui
ancora da esigersi. Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 58rv) del 12 giugno
1609 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Paolo Bizzoni [n. c. 1540] e
di “uno delli sindaci”.

50. – ACSP, Abbazie 69 (cart.; mm 275 × 205; ff. 1-62; mazzo di fogli sciolti senza
copertina) [1608-1609]
28 ricevute (numerate 1-32: mancano i numeri 12, 21, 23-24) rilasciate all’am-
ministratore Santo Tavani dall’1 agosto 1608 al 12 giugno 1609 (ff. 1-56) [tra cui
tredici ricevute ai ff. 29-54 di Felice Baldovino, beneficiato e camerlengo minore
del Capitolo di S. Pietro († 1614), molte delle quali sottoscritte dal canonico del
Capitolo di S. Pietro Luigi Rinalducci (c. 1522-1623)], due ricevute non numerate
del 4 dicembre 1608 e del 20 maggio 1609 (ff. 57-60), una “Lista de restanti da risco-
tersi da Santi Tauano Erario lasciati da Donato Marone Erario passato” (ff. 61-62).

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68 MARCO BUONOCORE

51. – ACSP, Abbazie 70 (cart.; mm 190 × 135; ff. 1-98 [ff. 36, 57-98 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in pergamena) [1609-1610]
“Libro dell’aministratione dell’Erariato di Santo Tauani. 1609 fino a giugno.
1607”; “In Dei Nomine Amen. Libro dell’amministratione dell’Erariato di Santo
Tauani della Terra della fara di S. Martino, Principiato alli 13 di Giugno 1609 da
finirsi per alli 13 di giugno 1610. Nel quale si contiene tutto l’introito et esito dell’In-
trate dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma in queste
parte d’Abbruzzo”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dal
giugno 1609 al giugno 1610 (ai ff. 39r-41: “Spese fatte per la Chiesa di Santo Mar-
tino”), con residui di pagamento da esigersi per gli anni 1607 e 1608 e con la nota
dei residui ancora da esigersi. Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 56rv)
del 10 maggio 1610 dei canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro Paolo Bizzoni
[n. c. 1540] e Giovanni Battista Bandini [1551-1628].

52. – ACSP, Abbazie 71 (cart.; mm 275 × 205; ff. 1-47; mazzo di fogli sciolti senza
copertina) [1609-1610]
25 ricevute (numerate 1-24 + 9a) rilasciate all’amministratore Santo Tavani (o
ad altri per lui) dal 5 luglio 1609 al 30 aprile 1610 (ff. 1-48), tra cui nove (ff. 31-47)
di Benardino II° Salvarani, beneficiato e camerlengo minore del Capitolo di S.
Pietro [† 1623], sottoscritte dal canonico del Capitolo di S. Pietro Luigi Rinalducci
[c. 1522-1623].

53. – ACSP, Abbazie 72 (cart.; mm 185 × 125; ff. 1-100 [ff. 54-100 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in cartone) [1610-1611]
“Di Santi Tauani l’anno 1610”; “Libro fatto per me Sante Tauani al presente
Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Utile Si-
gnore della Terra della fara di S. Martino in Apruzzo. Nello quale si contiene tutto
l’Introito et esito dell’Intrate di detto Reuerendissimo Capitulo Principiato alli 10 di
Maggio 1610 per un’anno da seguire come stanno annotate partite in partite nell’i-
stesso libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dal maggio
1610 al maggio 1611 (ai ff. 34v-35r: “Spese fatte per la Chiesa di S. Martino”), con
residui di pagamento da esigersi dal 1607 in poi e la nota dei residui ancora da
esigersi. Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 53rv) del 19 maggio 1611 dei
canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro Paolo Bizzoni [n. c. 1540] e Giovanni
Battista Bandini [1551-1628].

54. – ACSP, Abbazie 73 (cart.; mm 265 × 195; ff. 1-64; mazzo di fogli sciolti e tre
fascicoli senza copertina) [1609-1611]
21 ricevute (numerate 1-21) rilasciate all’amministratore Santi Tavani dal 31
giugno 1610 al 20 aprile 1611, con note relative alla sua amministrazione ed alcune
lettere (ff. 1-44). Ricevuta del 19 agosto 1609 per un libro dell’erariato di Donato
Marrone dell’anno 1607 (ff. 45-46), una supplica di Giovanni de Pasquale diret-
ta ai canonici del Capitolo di S. Pietro (ff. 47-48), tre “Liste delli panni purgati”
dall’1 maggio 1608 all’1 maggio 1611 (ff. 49-64).

55. – ACSP, Abbazie 74 (cart.; mm 190 × 130; ff. 1-60 [ff. 43v-60 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in cartone) [1611-1612]

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 69

“Conti di S. Martino della Farra cominciatj di Maggio del 1611 – Forniscano


di Maggio del 1612 – Tenuti dal Erario Tauani”; “Libro fatto per me Sante Tauani
erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Utile si-
gnore della terra della Fara di S. Martino in Abruzzo, Nel quale si contiene tutto
l’Introito, et esito dell’entrate di detto Reuerendissimo Capitulo principiato alli 20
di Maggio 1611 per tutto li 20 di Maggio 1612 conforme staranno annotate parti-
te per partite nell’istesso libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo
Tavani dal maggio 1611 al maggio 1612, con residui di pagamento da esigersi dal
1608 in poi. Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 42v-43r) del 12 maggio
1612 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Antonio Maria Aldobrandini
[† 1629] e di “uno delli sindaci”.

56. – ACSP, Abbazie 75 (cart.; mm 265 × 195; ff. 1-62; mazzo di fogli sciolti ed
un fascicolo senza copertina) [1611-1612]
27 ricevute (ff. 1-51) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 4 agosto
1611 al 10 maggio 1612 annotate nel volume precedente [tre delle quali sottoscritte
dal canonico del Capitolo di S. Pietro Luigi Rinalducci (c. 1522-1623): ff. 37, 44,
51], con note relative alla sua amministrazione, tre lettere del canonico del Capitolo
di S. Pietro Mario Altieri [1540-1613] del 15 giugno, 29 ottobre e 17 settembre 1611
(ff. 52-58), una “Lista delli panni purgati dal primo Maggio 1611 per tutto il primo
Maggio 1612” (ff. 59-62).

57. – ACSP, Abbazie 76 (cart.; mm 185 × 130; ff. I. 1-62 [ff. 53-62 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in cartone) [1612-1613]
“Conti resi dal erario di S. Martino della farra del anno 1612 sino a Maggio del
anno 1613”; “Libro fatto per me Sante Tauani della Fara di santo Martino erario del
Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Utile Signore della detta terra della
Fara in Abruzzo. Nel quale si contiene tutto l’Introito, et esito dell’entrate di detto
Reuerendissimo Capitulo principiato alli 12 di Maggio 1612 per tutto li 12 di Mag-
gio 1613. Conforme staranno annotate partite per partite nell’Istesso libro”. – En-
trate e uscite dell’amministratore Santo Tavani dall’anno 1612 fino a maggio 1613,
con residui di pagamento da esigersi per gli anni 1610 e 1611. Seguono il ristretto
generale, la sentenza (ff. 43v-44r) del 15 maggio 1613 del canonico e sindaco del
Capitolo di S. Pietro Antonio Maria Aldobrandini [† 1629] e di “uno delli sindaci”,
conti di vari possessi e note di spese.

58. – ACSP, Abbazie 77 (cart.; mm 270/100 × 200/190; ff. 1-51; mazzo di fogli
sciolti ed un fascicolo senza copertina) [1612-1613]
35 ricevute (numerate 1-35) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 20
agosto 1612 all’1 maggio 1613 (ff. 1-47) [quattro delle quali sottoscritte dal cano-
nico del Capitolo di S. Pietro Luigi Rinalducci (c. 1522-1623): ff. 40-43], con note
relative alla sua amministrazione, tra cui due lettere con notizia di pagamenti del
canonico del Capitolo di S. Pietro Mario Altieri [1540-1613] del 28 febbraio e 6
aprile 1613 (ff. 44-47), ed una “Lista delli Panni Purgati” per gli anni 1612-1613
(ff. 48-51).

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70 MARCO BUONOCORE

59. – ACSP, Abbazie 78 (cart.; mm 195 × 130; ff. I. 1-63 [ff. 44v-63 bianchi]; vo-
lumetto rilegato con copertina in pergamena) [1613-1614]
“Da Maggio 1613 sin’à Maggio 1614”; “Libro fatto per me Sante Tauani Erario
del Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Utile signore della Terra della
fara di S. Martino in Abruzzo. Nel quale si contiene tutto l’Introito, et esito dell’en-
trate di detto Reuerendissimo Capitulo principiato alli XII di Maggio 1613 per tutto
li 20 di Maggio 1614. Conforme starranno annotate partite per partite nell’Istesso
libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dal maggio 1613
al maggio 1614 (al f. 31r: “Spese fatte per la chiesa di S. Martino”), con residui di
pagamento da esigersi per gli anni 1610, 1611 e 1612. Seguono il ristretto generale
e la sentenza (ff. 43v-44r) del 7 giugno 1614 del canonico e sindaco del Capitolo
di S. Pietro Giovanni Pietro Strozzi [† 1640] e di “uno de’ sindaci”, con la nota dei
residui ancora da esigersi.

60. – ACSP, Abbazie 79 (cart.; mm 275/150 × 205/200; ff. 1-46; mazzo di fogli
sciolti e tre fascicoli senza copertina) [1600, 1613-1614]
30 ricevute rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 20 maggio al 16 di-
cembre 1613 (ff. 1-36 [tra cui tre sottoscritte dal canonico e camerlengo del Ca-
pitolo di S. Pietro Paolo Bizzoni (n. c. 1540): ff. 15-16, 22-25; tre dal canonico
del Capitolo di S. Pietro Luigi Rinalducci (c. 1522-1623): ff. 34-36], due ricevute
redatte a Sulmona ad altri per il Capitolo di S. Pietro (ff. 37-38) ed una a Lanciano
del 20 ottobre 1600 (ff. 39-40), e tre “liste delli panni purgati” dall’1 maggio 1613
all’1 gennaio 1614 (ff. 41-46).

61. – ACSP, Abbazie 80 (cart.; mm 195 × 130; ff. I. 1-78 [ff. 57v-78 bianchi]; vo-
lumetto rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1614-1615]
“Libro fatto per me Sante Tauani Erario del Reuerendissimo Capitulo di S.
Pietro di Roma Utile Signore della Terra della fara di S. Martino in Abruzzo. Nel
quale si contiene tutto l’Introito et esito dell’Entrata di detto Reuerendissimo Ca-
pitulo principiato alli 20 di Maggio 1614 per tutto li 20 di Maggio 1615, confor-
me staranno annotate partite per partite nel’infrascritto libro”. – Entrate e uscite
dell’amministrazione di Santo Tavani dal maggio 1614 al maggio 1615, con residui
di pagamento da esigersi per gli anni 1610-1613. Seguono il ristretto generale e la
sentenza (ff. 56v-57r) del 19 maggio 1615 del canonico e sindaco del Capitolo di S.
Pietro Giovanni Pietro Strozzi [† 1640] e di “uno de’ sindaci”, con la nota dei residui
ancora da esigersi.

62. – ACSP, Abbazie 81 (cart.; mm 275/90 × 200/195; ff. 1-57; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1613-1615]
42 ricevute (ff. 4-54) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 6 febbraio
1614 al 4 maggio 1615 [tra cui quattro sottoscritte dal canonico del Capitolo di S.
Pietro Luigi Rinalducci (c. 1522-1623): ff. 35, 38-39, 53], con sei ricevute redatte a
Sulmona tra gli anni 1613-1615 ad altri per il Capitolo di S. Pietro (ff. 1-3, 11-12,
25), e tre liste “delli panni purgati” dall’1 maggio 1614 al 31 aprile 1615 (ff. 55-57).

63. – ACSP, Abbazie 82 (cart.; mm 185 × 135; ff. I. 1-57, + 1 [ff. 38v-57 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1615-1616]

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 71

“Libro fatto per me Sante Tauani Erario del Reuerendissimo Capitulo di S. Pie-
tro di Roma Utile Signore della Terra della fara in Abruzzo. Nel quale si contiene
tutto l’Introito et esito dell’entrate di detto Reuerendissimo Capitulo principiato
alli 19 di Maggio 1615 per un’anno, conforme staranno annotate partite per partite
sull’infrascritto libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dal
maggio 1615 al maggio 1616, con residui di pagamento da esigersi per gli anni
1610-1614. Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 37v-38r) del 16 aprile
1616 dei canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro Marcantonio de Magistris [†
1629] e Giovanni Battista Bandini [1551-1628], con la nota dei residui ancora da
esigersi.

64. – ACSP, Abbazie 83 (cart.; mm 270/110 × 210/190; ff. 1-51; mazzo di fogli
sciolti ed un fascicolo senza copertina) [1615-1616]
32 ricevute (ff. 1-39) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 2 aprile 1615
al 16 aprile 1616 [tra cui sei sottoscritte dal canonico del Capitolo di S. Pietro Luigi
Rinalducci (c. 1522-1623): ff. 16-19, 26, 39], con due ricevute redatte a Sulmona
tra gli anni 1615-1616 ad altri per il Capitolo di S. Pietro (ff. 37-38), e tre liste “delli
panni purgati” dall’1 maggio 1615 al 31 aprile 1616 (ff. 40-45).

65. – ACSP, Abbazie 84 (cart.; mm 190 × 125; ff. I. 1-61 [ff. 46v-61 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in pergamena * [lat.]: cfr. infra n. 67) [1616-1617]
“1616 per tutto il primo Maggio 1617”; “Libro fatto per me Sante Tauani Erario
del Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Utile Signore della Terra della
fara di S. Martino. Nel quale si contiene tutto l’esito et Introito dell’entrate di detto
Reuerendissimo Capitulo. Principiato alli 16 d’Aprile dell’anno 1616 per un’anno.
Conforme staranno annotate partite per partite. In questo libro per tutto il pri-
mo Aprile Maggio 1617”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani
dall’aprile 1616 all’aprile 1617, con residui di pagamento da esigersi per gli anni
1610-1615. Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 45v-46r) del 6 maggio
1617 dei canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro Giovanni Battista Bandini
[1551-1628] e Giovanni Pietro Strozzi [† 1640], con la nota dei residui ancora da
esigersi.

66. – ACSP, Abbazie 85 (cart.; mm 270/115 × 200/195; ff. 1-46; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1616-1617]
34 ricevute (ff. 1-39) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 3 maggio
1616 al 2 maggio 1617 [tra cui tre dal canonico e camerlengo maggiore del Capitolo
di S. Pietro Evangelista Carbonesi (fine XVI – inizio XVII sec.): ff. 14-15, 24-25, 38-
39], con quattro ricevute redatte a Sulmona tra il 9 maggio 1616 ed il 10 gennaio
1617 ad altri per il Capitolo di S. Pietro (ff. 41-43), e tre liste “delli panni purgati”
dall’1 maggio 1616 al “primo gennaio 1617 per quattro mesi” (ff. 44-46).

67. – ACSP, Abbazie 86 (cart.; mm 190 × 130; ff. 1-64 [ff. 46v-64 bianchi]; vo-
lumetto rilegato con copertina in pergamena * [lat.]: cfr. supra n. 65) [1617-1618]
“1617”; “Libro fatto per me Sante Tauani Erario del Reuerendissimo Capitulo
di S. Pietro di Roma Utile Barone della terra della fara di S. Martino. Nel quale
si contiene tutto l’Introito et Esito dell’entrata di detto Reuerendissimo Capitulo.

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72 MARCO BUONOCORE

Principiato alli 6 di Maggio 1617 per tutto li 6 di Maggio 1618. Conforme staranno
annotate partite per partite nell’Infrascritto libro”. – Entrate e uscite dell’ammini-
strazione di Santo Tavani dall’8 maggio 1617 al 7 maggio 1618 (ff. 34v-35r: “Spese
fatte per la festiuità di S. Martino … et anco per la chiesa sudetta”), con residui
di pagamento da esigersi per gli anni 1610-1616. Seguono il ristretto generale e la
sentenza (ff. 45v-46r) del 29 novembre 1618 dei canonici e sindaci del Capitolo di
S. Pietro Antonio Maria Aldobrandini [† 1629] e Germanico Fedele [n. 1541], con
la nota dei residui ancora da esigersi.

68. – ACSP, Abbazie 87 (cart.; mm 265/70 × 200/195; ff. 1-38; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1617-1618]
28 ricevute (ff. 1-31) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 6 febbraio
1617 all’1 maggio 1618 [tra cui una dal canonico e camerlengo maggiore del Ca-
pitolo di S. Pietro Evangelista Carbonesi (fine XVI – inizio XVII sec.): ff. 20-21],
con quattro ricevute redatte a Sulmona tra il 10 maggio 1617 ed il 10 gennaio 1618
(ff. 32-35), e tre liste “delli panni purgati” dall’1 maggio 1617 al “primo gennaio
1618 per tutto Aprile” (ff. 36-38).

69. – ACSP, Abbazie 88 (cart.; mm 190 × 125; ff. 1-51 [ff. 38-51 bianchi]; volu-
metto rilegato con semplice copertina) [1618-1619]
“Libro della farra del Anno 1618 et 1619 sino alli 6 di Maggio”; “Libro fatto per
me Sante Tauani Erario del Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Utile si-
gnore e Barone della Terra della fara di S. Martino. Nel quale si contiene tutto l’In-
troito et esito dell’entrate di detto Reuerendissimo Capitulo in Abruzzo. Principiato
alli 6 di Maggio 1618 per tutto li 6 di Maggio 1619, conforme staranno annotate
partite per partite sull’Infrascritto libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione
di Santo Tavani dal 10 maggio 1618 al 10 maggio 1619 (f. 27r: “Spese fatte per la
festiuità di S. Martino … et anco per la chiesa sudetta”), con residui di pagamento
da esigersi per gli anni 1610-1616. Seguono il ristretto generale e la sentenza (f.
37v) del 12 maggio 1619 dei canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro Antonio
Maria Aldobrandini [† 1629] e Giovanni Battista Bandini [1551-1628], con nota dei
residui ancora da esigersi.

70. – ACSP, Abbazie 89 (cart.; mm 265/110 × 195/190; ff. 1-47; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1618-1619]
39 ricevute (ff. 1-41) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 20 maggio
1618 al 29 agosto 1619 [tra cui quattro dal canonico e camerlengo maggiore del
Capitolo di S. Pietro Evangelista Carbonesi (fine XVI – inizio XVII sec.): ff. 12, 24,
27-28], con tre ricevute redatte a Sulmona tra il 10 maggio 1618 ed il 7 gennaio
1619 (ff. 42-44), e tre liste “delli panni purgati” dall’1 maggio 1618 al “primo gen-
naio 1619 per tutto il mese d’Aprile dell’Istesso anno” (ff. 45-47).

71. – ACSP, Abbazie 90 (cart.; mm 185 × 130; ff. 1-60 [ff. 41-60 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in cartone) [1619-1620]
“Dalli 12 Maggio 1619 a tutto 15 di Maggio 1620”; “Libro fatto per me Sante
Tauani Erario del Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Barone della Ter-
ra della fara di S. Martino. Nel quale si contiene tutto l’Introito et esito dell’Entrate

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 73

di detto Reuerendissimo Capitulo in Abruzzo principiato alli 12 di Maggio 1619 per


tutti li 15 di Maggio 1620, conforme stanno annotate partite per partite nell’Infra-
scritto libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dal 12 mag-
gio 1619 al 15 maggio 1620 (ff. 30v-31r: “Spese fatte per la Festiuità di S. Martino …
et anco per la chiesa”), con residui di pagamento da esigersi per gli anni 1617-1618.
Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 40v) del 18 maggio 1620 dei canonici
e sindaci del Capitolo di S. Pietro Antonio Maria Aldobrandini [† 1629] e Giovanni
Battista Bandini [1551-1628], con nota dei residui ancora da esigersi.

72. – ACSP, Abbazie 91 (cart.; mm 270/60 × 200/195; ff. 1-42; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1619-1620]
30 ricevute (ff. 1-32) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dall’11 maggio
1619 al 30 aprile 1620 [tra cui una dal canonico e camerlengo maggiore del Capi-
tolo di S. Pietro Evangelista Carbonesi (fine XVI – inizio XVII sec.): ff. 22-23], con
cinque ricevute redatte a Sulmona e Lanciano tra il 5 ottobre 1619 ed il 2 gennaio
1620 (ff. 33-37), una supplica (ff. 38-39) del 3 maggio 1619 di Battista di Francesco
Antolino con approvazione del canonico del Capitolo di S. Pietro Luigi Rinalducci
(c. 1522-1623), e tre liste “delli panni purgati” dall’1 maggio 1619 al “primo gennaio
1620 per tutto Aprile dell’istesso anno” (ff. 40-42).

73. – ACSP, Abbazie 92 (cart.; mm 180 × 125; ff. 1-56 [ff. 40v-56 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in pergamena * [lat. pal.]) [1620-1621]
“Dalli 18 Maggio 1620 à tutto Maggio 1621!; “Libro fatto per me Sante Tauani
della fara di S. Martino Erario del Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma
Barone di detta terra. Nel quale si contiene tutto l’Introito et esito dell’entrate di
detto Reuerendissimo Capitulo principiato alli 18 di Maggio 1620 per tutto l’XI di
Maggio 1621 conforme stanno annotate partite per partite nell’Infrascritto libro”.
– Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dal 10 maggio 1620 all’11
maggio 1621 (f. 30r: “Spese fatte per la Festiuità et Ottava di S. Martino et anco per
la chiesa”), con residui di pagamento da esigersi per gli anni 1610-1619. Seguono
il ristretto generale e la sentenza (f. 40r) del 12 maggio 1621 dei canonici e sindaci
del Capitolo di S. Pietro Antonio Maria Aldobrandini [† 1629] e Giovanni Battista
Bandini [1551-1628], con nota dei residui ancora da esigersi.

74. – ACSP, Abbazie 93 (cart.; mm 265/100 × 200/195; ff. 1-32; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1620-1621]
24 ricevute (ff. 1-26) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dall’1 giugno
1620 all’11 maggio 1621 [tra cui una dal canonico del Capitolo di S. Pietro Luigi
Rinalducci (c. 1522-1623): f. 1; una dal canonico e camerlengo del Capitolo di S.
Pietro Paolo Bizzoni (n. c. 1540): ff. 15-16; una dal computista Giovanni Antonio
Albertazzi a nome del canonico e camerlengo del Capitolo di S. Pietro Luigi Citta-
dini (fine XVI – inizio XVII sec.): ff. 25-26], con tre ricevute redatte a Sulmona tra il
10 maggio 1620 e l’11 gennaio 1621 (ff. 27-29), e tre liste “delli panni purgati” dall’1
maggio 1620 al “primo gennaio 1621 per tutto Aprile dell’istesso anno” (ff. 30-32).

75. – ACSP, Abbazie 94 (cart.; mm 200 × 135; ff. 1-55 [ff. 43v-55 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1621-1622]

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74 MARCO BUONOCORE

“12 Maggio 1621 fin tutto Maggio 1622”; “Libro fatto per me Sante Tauani
Erario del Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone
della Terra della fara di S. Martino. Nel quale si contiene tutto l’Introito et esito
dell’Entrate di detto Reuerendissimo Capitulo in Abruzzo, principiato alli 12 di
Maggio 1621 per tutto l’ultimo di Maggio 1622. Conforme staranno annotate par-
tite per partite nell’Infrascritto libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di
Santo Tavani dal 12 maggio 1621 al 31 maggio 1622, con residui di pagamento da
esigersi per gli anni 1610-1619. Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 43r)
del 24 maggio 1622 dei canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro Paolo Bizzoni
[n. c. 1540] ed Antonio Maria Aldobrandini [† 1629], con nota dei residui ancora
da esigersi.

76. – ACSP, Abbazie 95 (cart.; mm 270/100 × 210/200; ff. 1-46; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1621-1622]
37 ricevute (ff. 1-40) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 22 maggio
1621 al 24 maggio 1622 [tra cui tre dal canonico e camerlengo del Capitolo di S.
Pietro Paolo Bizzoni (n. c. 1540): ff. 19-20, 23-24; una dal canonico e camerlengo
del Capitolo di S. Pietro Luigi Cittadini (fine XVI – inizio XVII sec.): ff. 39-40], con
tre ricevute redatte a Sulmona tra il 12 maggio 1621 ed il 16 gennaio 1622 (ff. 41-
43), e tre liste “delli panni purgati” dall’1 maggio 1621 al “primo gennaio 1622 per
tutto Aprile dell’istesso anno” (ff. 44-46).

77. – ACSP, Abbazie 96 (cart.; mm 190 × 120; ff. 1-54 [ff. 41v-54 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in pergamena) [1622-1623]
“Conti del Tauani 1623”; “Libro fatto per me Sante Tauani Erario del Reueren-
dissimo Capitulo di S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone della Terra della fara
di S. Martino. Nel quale sta annotato tutto l’Introito et essito dell’entrata di detto
<Reuerendissimo Capitulo>; Principiato alli 24 di Maggio 1622 Per tutto li 24 di
Maggio 1623, conforme staranno notate partite per partite nel Infrascritto libro”.
– Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dall’8 giugno 1622 al 3
giugno 1623, con residui di pagamento da esigersi per gli anni 1610-1619. Seguono
il ristretto generale e la sentenza (f. 41r) del 7 giugno 1623 dei canonici e sindaci
del Capitolo di S. Pietro Marco Antonio de Magistris [† 1629] ed Antonio Maria
Aldobrandini [† 1629], con la nota dei residui ancora da esigersi.

78. – ACSP, Abbazie 97 (cart.; mm 270/85 × 210/205; ff. 1-44; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1622-1623]
35 ricevute (ff. 1-37) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dall’8 giugno
1622 al 3 giugno 1623 [tra cui una dal canonico e camerlengo del Capitolo di S. Pie-
tro Luigi Cittadini (fine XVI – inizio XVII sec.): ff. 23-24; una dal beneficiato e
camerlengo del Capitolo di S. Pietro Giovanni Battista Carboni (1568-1648): ff. 36-
37], con quattro ricevute redatte a Sulmona tra il 22 luglio 1622 ed il 2 febbraio
1623 (ff. 38-43), e tre liste “delli panni purgati” dall’1 maggio 1622 al “primo gen-
naio 1623 per tutto Aprile dell’istesso anno” (ff. 42-44).

79. – ACSP, Abbazie 98 (cart.; mm 200 × 135; ff. 1-47 [ff. 39v-47 bianchi]; volu-
metto rilegato senza copertina) [1623-1624]

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 75

“Libro fatto per me Sante Tauani Erario del Reuerendissimo Capitulo di S. Pie-
tro di Roma Utile Signore et Barone della Terra della fara di S. Martino. Nel quale
si contiene tutto l’Introito et essito dell’Entrate di detto Reuerendissimo Capitulo.
Principiato alli 8 di Giugno per un anno”. – Entrate e uscite dell’amministrazione
di Santo Tavani dal 10 maggio 1623 al 3 maggio 1624 (f. 28v: “Spese fatte per repa-
razione della chiesa di S. Martino et festiuità d’esso”), con residui di pagamento da
esigersi per gli anni 1621-1622. Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 38v-
39r) del 7 maggio 1624 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Paolo Biz-
zoni [n. c. 1540], con nota dei residui ancora da esigersi.

80. – ACSP, Abbazie 99 (cart.; mm 265/85 × 210/195; ff. 1-48; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1623-1624]
38 ricevute (ff. 1-42) rilasciate all’amministratore Santo Tavani dal 9 giugno
1623 al 3 maggio 1624 [tra cui due dal canonico e camerlengo del Capitolo di S.
Pietro Paolo Bizzoni (n. c. 1540): ff. 7-8, 31-32; una dal canonico e camerlengo
maggiore del Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno (1572-1645): ff. 41-42], con
due ricevute redatte a Sulmona il 10 maggio ed il 26 settembre 1623 (ff. 43-44), e tre
liste “delli panni purgati” dall’1 maggio 1623 al “primo gennaio 1624 per l’ultimo
d’Aprile dell’istesso anno” (ff. 45-48).

81. – ACSP, Abbazie 100 (cart.; mm 200 × 135; ff. 1-60 [ff. 41v-60 bianchi]; volu-
metto rilegato senza copertina) [1624]
“Libro fatto per me Sante Tauani Erario del Reuerendissimo Capitulo di S.
Pietro di Roma, Utile Signore et Barone della Terra della Fara di S. Martino in
Abruzzo. Nel quale si contiene tutto l’Introito et essito dell’Entrata di detto Reue-
rendissimo Capitulo, principiato alli 3 di Maggio 1624 per tutto l’ultimo di Novem-
bre di detto anno, conforme staranno annotate partite per partite nell’Infrascritto
libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dal 4 di maggio fino
al 17 settembre 1624 e poi da Liberatore Tavani, suo figlio, fino al 30 novembre
1624 (f. 33r: “Spese fatte per accomodare la chiesa di S. Martino”), con residui di
pagamento da esigersi per gli anni 1622-1623. Seguono il ristretto generale e la
sentenza (f. 41r) del 2 dicembre 1624 dei canonici e sindaci del Capitolo di S. Pietro
Marco Antonio de Magistris [† 1629] e Giovanni Battista Bandini [1551-1628], con
la nota dei residui ancora da esigersi.

82. – ACSP, Abbazie 101 (cart.; mm 260/130 × 195; ff. 1-48; mazzo di fogli sciolti
senza copertina) [1624]
25 ricevute (ff. 1-28) rilasciate quasi tutte all’amministratore Santo Tavani e a
suo figlio Liberatore dal 6 maggio al 30 novembre 1624 [tra cui una dal canonico
e camerlengo maggiore del Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno (1572-1645):
ff. 28-29], con una ricevuta redatta a Sulmona il 18 giugno 1624 (f. 29), una lista
“delli panni purgati” dall’1 maggio 1623 “per tutto Agosto dell’istesso anno” (f. 30),
un inventario datato 6 dicembre 1624 delle consegne fatte da Liberatore Tavani al
nuovo amministratore Pompeo Gentile (ff. 31-32) e nove suppliche (tra cui quelle
di Fabrizio Verna e Ferdinando/Ferrante Arruffa) per un condono di pagamenti

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76 MARCO BUONOCORE

(ff. 33-48) tutte sottoscritte dal canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Marco
Antonio de Magistris [† 1629].

83. – ACSP, Abbazie 102 (cart.; mm 190 × 120; ff. I. 1-92 [ff. 35-92 bianchi]; vo-
lumetto rilegato con copertina in pergamena) [1624-1625]
“Conti dell’Erario della fara di S. Martino in Abruzzo dal primo di Dicembre
1624 per tutto Novembre 1625”; “Libro fatto per me Pompeo Gentile Erario del
Reuerendissimo Capitulo di S. Pietro di Roma, Utile Signore et Padrone della terra
della fara Santo Martino in Abruzzo; nel quale si contiene tutto l’introito et esito
dell’entrate di detto Reuerendissimo Capitulo; principiato allo primo di Dicembre
1624 per tutto l’ultimo di Novembre 1625, conforme staranno a notate partite per
partite nell’infrascritto libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Pompeo
Gentile dal dicembre 1624 al novembre 1625, con residui di pagamento da esigersi
per l’anno 1623. Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 34rv) dell’8 dicembre
1625 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Marco Antonio de Magistris
[† 1629], con la nota dei residui ancora da esigersi.

84. – ACSP, Abbazie 103 (cart.; mm 270/115 × 195/190; ff. 1-34; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1624-1625]
28 ricevute (ff. 1-29) rilasciate quasi tutte all’amministratore Pompeo Gentile
dal 5 dicembre 1624 al 16 dicembre 1625 [tra cui due dal canonico e camerlengo
maggiore del Capitolo di S. Pietro Giovanni Andrea Castellani (1564-1646): ff. 14,
26], con una ricevuta redatta a Sulmona il 6 aprile 1625 (f. 30), un conto per lavori
unitamente ad una ricevuta di spese del 15 luglio 1624 (f. 31), e tre liste “delli panni
purgati” dall’1 settembre 1624 al “primo di gennaro 1625 per tutto l’ultimo d’abrile
1625” (ff. 32-34).

85. – ACSP, Abbazie 104 (cart.; mm 180 × 125; ff. I. 1-90 [ff. 38v-90 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1625-1626]
“Conti dell’Erario della fara di S. Martino in Abruzzo del primo di Dicembre
1625 per tutto Novembre 1626”; “Libro fatto per me Pompeo Gentile Erario del
Reuerendissimo Capitulo di San Pietro di Roma Utile Signore e Barone della terra
della fara Santo Martino in Abruzzo, nel quale si contiene tutto l’introito et esito
dell’intrate di detto Reuerendissimo Capitulo. Principiato al primo di Decembre
1625 per tutto lo mese di Novembre 1626, conforme starranno annotate partite per
partite nell’infrascritto libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Pompeo
Gentile dal dicembre 1625 al novembre 1626 (f. 31v: “Spese fatte per S. Martino e
per reparatione della Chiesa”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 37v-
38r) del 6 dicembre 1626 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Marco
Antonio de Magistris [† 1629], con la nota dei residui ancora da esigersi.

86. – ACSP, Abbazie 105 (cart.; mm 270/120 × 205/195; ff. 1-40; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1625-1626]
“Ricevute de diuersi pagamenti fatti dall’Erario della fara di S. Martino in
Abruzzo, dal primo di Decembre 1625 per tutto Novembre 1626”. – 27 ricevute
(ff. 2-29) rilasciate quasi tutte all’amministratore Pompeo Gentile dal 10 dicembre
1625 al 7 dicembre 1626 [tra cui una dal canonico e camerlengo maggiore del Ca-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 77

pitolo di S. Pietro Giovanni Andrea Castellani (1564-1646): f. 29], una fede del 10
maggio 1626 “delli homini tenuti a refare la vigna” (f. 30), una supplica di Paolo
Cipolla (f. 31), due lettere (ff. 32-35) firmate dal canonico e camerlengo maggiore
del Capitolo di S. Pietro Giovanni Andrea Castellani (1564-1646), il ristretto genera-
le e la sentenza (ff. 36-37) dell’8 dicembre 1625 del canonico e sindaco del Capitolo
di S. Pietro Marco Antonio de Magistris [† 1629] con la nota dei residui ancora da
esigersi, tre liste “delli panni purgati” da gennaio a dicembre 1626 (ff. 38-40).

87. – ACSP, Abbazie 106 (cart.; mm 185 × 130; ff. 1-81 [ff. 49v-81 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in cartone) [1626-1627]
“Conti dell’Errario della fara di S. Martino in Abruzzo dalli 15 Decembre 1626
per tutto li 14 Decembre 1627”; “Libro fatto per me Cicchino Cicchini Erario
dell’Illustrissimo Capitulo di San Pietro di Roma, utile Signore et Barone della
fara Santo Martino. Nel quale sta annotato tutto l’introito, et esito dell’entrata di
detto Reuerendissimo Capitulo, principiato alli 15 Novembre 1626 Per tutto li 15
de Decembre 1627, conforme staranno annotate partita per partita nel infrascritto
libro”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Cecchino Cecchini dal gennaio al
dicembre 1627, con residui di pagamento dell’amministrazione di Pompeo Gentile
da esigersi per l’anno 1625 (f. 33v: “Spese fatte per la festiuità di San Martino et
Chiesa predetta”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 48v-49r) del 14
dicembre 1627 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Marco Antonio de
Magistris [† 1629], con la nota dei residui ancora da esigersi.

88. – ACSP, Abbazie 107 (cart.; mm 270/85 × 195/190; ff. 1-64 + 57a; mazzo di
fogli sciolti senza copertina) [1626-1627]
“Ricevute et altro appartenenti alli Conti di S. Martino d’Abruzzo dell’anno fi-
nito per tutto li 14 Decembre 1627”. – 30 ricevute (ff. 2-52) rilasciate quasi tutte
all’amministratore Cecchino Cecchini dal 10 gennaio al 14 dicembre 1627 [tra cui
due dal canonico e camerlengo maggiore del Capitolo di S. Pietro Giovanni An-
drea Castellani (1564-1646): ff. 31-38], una lettera inviata dal suddetto Castellani
a Cecchino Cecchini in data 17 giugno 1627 (ff. 53-54), due suppliche sottoscritte
sempre da Castellani (ff. 55-57a), una nota di spese (f. 59) e cinque liste “delli panni
purgati” per gli anni 1626-1627 (ff. 59-64).

89. – ACSP, Abbazie 108 (cart.; mm 225 × 100; ff. I. 1-95 [ff. 54-95 bianchi]; vo-
lumetto rilegato con copertina in cartone) [1627-1628]
“Conti di Cecchino Cecchini Erario dal dì 15 Decembre 1627 per tutto li 15
Decembre 1628”; “Libro fatto per me Cicchino Cicchinj Erario dell’Illustrissimo
capitulo di San Pietro di Roma, Utile Signore et Barone della fara Santo Martino.
Nel quale sta annotato tutto l’introito et esito dell’entrata del Reuerendissimo Capi-
tulo principiato alli 15 de Decembre 1627 per tutto li 15 de Decembre 1628, confor-
me staranno annotate partita per partita nell’infrascritto libro”. – Entrate e uscite
dell’amministrazione di Cecchino Cecchini dal 15 dicembre 1627 al 15 dicembre
1628, con residui di pagamento dell’amministrazione da esigersi per l’anno 1626.
Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 49v-50r) del 19 dicembre 1628 del

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78 MARCO BUONOCORE

canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Marco Antonio de Magistris [† 1629],


con la nota dei residui ancora da esigersi.

90. – ACSP, Abbazie 109 (cart.; mm 270/125 × 195/190; ff. 1-81; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1628]
39 ricevute (ff. 1-71) rilasciate quasi tutte all’amministratore Cecchino Cecchini
dall’1 gennaio al 19 dicembre 1628 [tra cui una dal canonico e camerlengo mag-
giore del Capitolo di S. Pietro Giovanni Andrea Castellani (1564-1646): ff. 70-71],
un “lista del uino vennuto” (ff. 72-73), una “lista delli terraggi esatti” (ff. 74-75) e
tre liste “delli panni ualcati” dall’1 settembre 1627 “allo primo di maggio per tutto
agosto” 1628 (ff. 76-81).

91. – ACSP, Abbazie 110 (cart.; mm 195 × 130; ff. II. 1-76 [ff. 11, 25, 28, 30-33,
37, 39-43, 47, 54v-74, 76 bianchi]; volumetto rilegato con copertina in cartone *
[lat.]) [1628-1630]
“Libro fatto per me Cecchino Cicchini Erario del Reuerendissimo Capitulo di
San Pietro di Roma, cominciando alli 15 di decembre 1628 per un anno”. – Entra-
te e uscite dell’amministrazione di Cecchino Cecchini dal novembre 1628 a tutto
agosto 1629, con residui di pagamento dell’amministrazione per l’anno 1628 (f.
29rv: “Spese fatte per la Chiesa di San Martino”). Seguono il ristretto generale e la
sentenza (ff. 53v-54r) del 19 giugno 1630 del canonico e sindaco del Capitolo di S.
Pietro Giovanni Andrea Castellani [1564-1646], con la nota dei residui ancora da
esigersi.

92. – ACSP, Abbazie 111 (cart.; mm 270/130 × 200/195; ff. 1-41; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1628-1630]
“Ricevute de denari pagati dal Cecchini dalli 16 Decembre 1628 per tutto luglio
1629”. – 20 ricevute rilasciate quasi tutte all’amministratore Cecchino Cecchini o
a suo figlio Giovanni Domenico Cecchini dal 10 gennaio 1628 al 12 febbraio 1630
[tra cui tre dal canonico e camerlengo maggiore del Capitolo di S. Pietro Angelo
Damasceno (1572-1645): ff. 12, 24-25], con due ricevute redatte a Sulmona il 23
dicembre 1628 ed il 10 giugno 1629 (ff. 33-34), tre lettere del 22 maggio, 14 giugno
e 22 luglio 1629 (ff. 37-41) del suddetto Angelo Damasceno a Cecchino Cecchini e
suo figlio Giovanni Domenico Cecchini ed un ordine di pagamento (f. 41).

93. – ACSP, Abbazie 112 (cart.; mm 195 × 130; ff. II. 1-46 [ff. 33, 37v-45 bianchi];
volumetto rilegato senza copertina) [1629-1630]
“Libro fatto per me Mario Verniscia Erario del Reuerendissimo Capitolo di san
pietro di roma utile signore et barone della terra di la fara Santo martino in abruz-
zo, nel lo quale si contiene tutto lintroito e lesito dellentrate del Reuerendissimo
Capitolo principiato adì primo di agosto 1629 e per tutto li dieci di maggio 1630.
Conforme starano notate partite per partite nellinfrascritto libro – primo Agosto
1629 per tutti li 10 Maggio 1630”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Mario
Vernice dall’1 agosto 1629 al maggio 1630, con residui di pagamento consegnati
dagli eredi di Cecchino Cecchini l’1 agosto 1629. Seguono il ristretto generale e la
sentenza (ff. 36v-37r) del 12 maggio 1630 del canonico e sindaco del Capitolo di
S. Pietro Ottavio Tornielli [1577-1650], con la nota dei residui ancora da esigersi.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 79

94. – ACSP, Abbazie 113 (cart.; mm 270/130 × 200/195; ff. 1-34; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1629-1630]
28 ricevute (ff. 1-32) rilasciate in gran parte all’amministratore Mario Vernice
dal 24 gennaio 1629 al 3 dicembre 1630 [tra cui tre dal canonico e camerlengo
maggiore del Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno (1572-1645): ff. 6-9; due dal
canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Giovanni Andrea Castellani (1564-
1646): ff. 12-13, 16-17], con una nota dei residui lasciati dall’erario Cecchino Cec-
chini (ff. 33-34).

95. – ACSP, Abbazie 114 (cart.; mm 185 × 120; ff. 1-77 [ff. 45-46, 51v-76 bianchi];
volumetto rilegato senza copertina) [1630-1631]
“Libro fatto per me Micchele Tauani Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo
Capitolo di S. Pietro di Roma Utile signore et Barone della Terra della fara di S.
Martino. Nel quale si contiene tutto l’Introito et essito dell’entrate di detto Reueren-
dissimo Capitolo principiato al primo di Maggio 1630 per tutto il primo di Maggio
1631, conforme stanno annotate partite per partite nell’Infrascritto libro”. – Entrate
e uscite dell’amministrazione di Michele Tavani dal luglio 1630 al 21 maggio 1631.
Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 50v-51r) del 21 maggio 1631 del ca-
nonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Ottavio Tornielli [1577-1650], con la nota
dei residui ancora da esigersi.

96. – ACSP, Abbazie 115 (cart.; mm 275/80 × 205/195; ff. 1-46; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1630-1631]
“Ricevute de Pagamenti fatti da Micchello Tauano Errario della Badia della fara
di S. Martino in Abruzzo per un’anno dal primo di Maggio 1630 per tutto Aprile
1631”. – 36 ricevute (ff. 2-43) rilasciate in gran parte all’amministratore Michele
Tavani dal 26 luglio 1630 all’1 settembre 1631 [tra cui cinque dal canonico e sin-
daco del Capitolo di S. Pietro Giovanni Andrea Castellani (1564-1646): ff. 19-24,
26-27, 40-41], con una ricevuta redatta a Sulmona il 13 settembre 1630 (f. 44) ed
una lettera del suddetto Giovanni Andrea Castellani indirizzata a Michele Tavani il
22 giugno 1630 (ff. 45-46).

97. – ACSP, Abbazie 116 (cart.; mm 185 × 125; ff. 1-63 [ff. 48v-63 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in cartone) [1631-1632]
“Conti del Tauani dal primo Maggio 1631 per tutto Aprile 1632”. – “Libro fatto
per me Michele Tauani della fara Santo Martino Erario dell’Illustrissimo e Reue-
rendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Barone et Signore di detta terra in Apruz-
zo e di tutte l’entrate e essito sicome starà annotato in detto libro principiato al pri-
mo di Maggio 1631 per tutto il primo di Maggio 1632, et sono videlicet”. – Entrate
e uscite dell’amministrazione di Michele Tavani dal maggio 1631 al maggio 1632
(f. 33rv: “Spese fatte per la festiuità et ottaua di S. Martino e per detta chiesa”), con
residui dell’amministrazione precedente per gli anni 1630-1631. Seguono il ristret-
to generale e la sentenza (ff. 47v-48r) del 13 maggio 1632 del canonico e sindaco
del Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno [1572-1645], con la nota dei residui
ancora da esigersi.

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80 MARCO BUONOCORE

98. – ACSP, Abbazie 117 (cart.; mm 275/95 × 205/195; ff. 1-44; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1631-1632]
“Conti del Tauani per un anno per tutto Aprile 1632”. – 39 ricevute (ff. 2-41)
rilasciate all’amministratore Michele Tavani dall’8 maggio 1631 al 10 maggio 1632
[tra cui otto dal canonico e camerlengo maggiore del Capitolo di S. Pietro Giovanni
Andrea Castellani (1564-1646): ff. 19-20, 22-23, 25, 28, 30, 40-41], con una lettera
del 22 giugno 1631 indirizzata dal medesimo Castellani a Liberatore Tavani vicario
di Fara S. Martino (ff. 42-43) ed una attestazione del 22 giugno 1632 relativa ai
“panni purgati” (f. 44).

99. – ACSP, Abbazie 118 (cart.; mm 185 × 125; ff. 1-80 [ff. 32, 52v-79 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in pergamena) [1632-1633]
“Conti del Tauani dal primo Maggio 1632 per tutto Aprile 1633”. – “Libro fatto
per me Michele Tauani Erario del Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
Utile Signor Barone della Terra della Fara di S. Martino in Apruzzo Nel quale si
contiene tutto l’Introito et essito dell’entrate di detto Reuerendissimo Capitolo prin-
cipiato al primo di Maggio 1632 per tutto il primo di Maggio 1633, sicome stanno
notate partite per partite nell’Infrascritto libro”. – Entrate e uscite dell’amministra-
zione di Michele Tavani dal maggio 1632 al maggio 1633, con residui dell’ammi-
nistrazione precedente per gli anni 1632-1633. Seguono il ristretto generale e la
sentenza (ff. 51v-52r) del 3 giugno 1633 del canonico e sindaco del Capitolo di S.
Pietro Girolamo Muti [1574-1644], con la nota dei residui ancora da esigersi.

100. – ACSP, Abbazie 119 (cart.; mm 275/135 × 205/190; ff. 1-43; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1632-1633]
“Ricevute de pagamenti fatti dall’Erario della fara dal primo Maggio 1632 per
tutto Aprile 1633”. – 37 ricevute (ff. 2-43) rilasciate all’amministratore Michele Ta-
vani dal 23 maggio 1632 al 24 maggio 1633 [tra cui tre dal canonico e camerlengo
maggiore del Capitolo di S. Pietro Giovanni Andrea Castellani (1564-1646): ff. 22-
27; tre dal canonico e camerlengo maggiore del Capitolo di S. Pietro Domenico
Cecchini (1589-1656): ff. 30-31, 35-36].

101. – ACSP, Abbazie 120 (cart.; mm 175 × 120; ff. 1-81 [ff. 51v-81 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in pergamena) [1633-1634]
“Conti di Michele Tauano Erario della fara di S. Martino in Abruzzo, per un
anno dal primo di Maggio 1633, per tutto Aprile 1634”. – “Libro fatto per me Mi-
chele Tauani della fara Santo Martino in Apruzzo Erario dell’Illustrissimo e Reue-
rendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma utile Signore et Barone di detta terra di
tutte lentrate et essito sicome starà annotato in detto libro, principiato al primo di
Maggio 1633 Per tutto il primo li 6 di Maggio 1634, et sono videlicet”. – Entrate
e uscite dell’amministrazione di Michele Tavani dal giugno 1633 al maggio 1634,
con residui dell’amministrazione degli anni 1633-1634 (f. 38rv: “Spese fatte per la
festiuità et ottaua di S. Martino et anco per la detta chiesa”). Seguono il ristretto
generale e la sentenza (ff. 50v-51r) del 12 maggio 1634 del canonico e sindaco del
Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno [1572-1645], con la nota dei residui ancora
da esigersi.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 81

102. – ACSP, Abbazie 121 (cart.; mm 275/75 × 205/185; ff. 1-47; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1633-1634]
“Ricevute, e fede per li conti saldati per l’anno per tutto Aprile 1634”. – 39 rice-
vute (ff. 2-42) rilasciate quasi tutte a Michele Tavani dal 22 aprile 1633 al 30 aprile
1634 [tra cui sette dal canonico e camerlengo maggiore del Capitolo di S. Pietro
Domenico Cecchini (1589-1656): ff. 3, 24-28, 32-33], con cinque ricevute redatte
a Sulmona ad altri per il Capitolo di S. Pietro dal’11 settembre 1633 al 25 marzo
1634 (ff. 43-47).

103. – ACSP, Abbazie 122 (cart.; mm 180 × 125; ff. 1-93 [ff. 50v-93 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in pergamena) [1634-1635]
“Conti d’Ottauio Tauani Erario della fara di S. Martino in Abruzzo, per un anno
dalli 12 Maggio 1634 per tutto li 11 Maggio 1635”. – “Libro fatto per me Ottauio
Tauani Erario della fara di S. Martino in Apruzzo dell’Illustrissimo Capitolo di
S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone di detta terra di tutta lentrata et essito
sicome sta annotato in detto libro Principiato alli 12 di Maggio 1634 per tutto li
12 di Maggio 1635 et sono videlicet”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di
Ottavio Tavani dal maggio 1634 al maggio 1635, con una nota dei residui lasciati
per gli anni successivi. Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 49v-50r) del
12 giugno 1635 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Mario Maffei junior
[1595-1669], con la nota dei residui ancora da esigersi.

104. – ACSP, Abbazie 123 (cart.; mm 275/130 × 205/185; ff. 1-40; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1634-1635]
“Riceute de pagamenti per l’anno per tutti li 11 maggio 1635”. – 33 ricevute
(ff. 2-39) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 23 maggio 1634 all’11 giugno
1635 [tra cui quattro dal canonico e camerlengo maggiore del Capitolo di S. Pietro
Domenico Cecchini (1589-1656): ff. 21-28; due dal camerlengo del Capitolo di S.
Pietro Angelo Androsilla (1569-1651): ff. 33-34, 39], con una fede per i “panni pur-
gati” di Giuseppe Aruffa del 30 aprile 1635 (f. 40).

105. – ACSP, Abbazie 124 (cart.; mm 185 × 130; ff. 1-40; volumetto rilegato con
copertina in cartone) [1635-1636]
“Conti della fara di S. Martino in Abruzzo dalli 12 Giugno 1635, per tutto li 7
di Luglio 1636”. – “Libro fatto per me Ottauio Tauani della fara Santo Martino in
Apruzzo Erario del Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Utile Signore
et Barone di detta terra di tutte l’entrate et essito Sicome starà annotato in detto
libro principiato alli 12 di Giugno 1635 per un’anno et sono videlicet”. – Entrate e
uscite dell’amministrazione di Ottavio Tavani dal giugno 1635 al luglio 1636, con
una nota dei residui lasciati per gli anni successivi. Seguono il ristretto generale e
la sentenza (ff. 39v-40r) dell’8 luglio 1636 del canonico e sindaco del Capitolo di S.
Pietro Angelo Damasceno [1572-1645], con la nota dei residui ancora da esigersi.

106. – ACSP, Abbazie 125 (cart.; mm 275/70 × 205/200; ff. 1-40; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1635-1636]
“Ricevute de pagamenti fatti dall’Erario della fara di S. Martino dalli 12 Giu-
gno 1635 per tutto li 7 luglio 1636”. – 35 ricevute (ff. 2-38) rilasciate quasi tutte ad

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82 MARCO BUONOCORE

Ottavio Tavani dal 20 luglio 1635 al 7 luglio 1636 [tra cui sette dal camerlengo del
Capitolo di S. Pietro Angelo Androsilla (1569-1651): ff. 14-18, 21, 38], con due rice-
vute redatte a Sulmona ad altri per il Capitolo di S. Pietro dell’11 settembre 1635
ed 11 maggio 1636 (ff. 39-40).

107. – ACSP, Abbazie 126 (cart.; mm 185 × 125; ff. 1-53 [ff. 40v-53 bianchi];
volumetto rilegato senza copertina) [1636-1637]
“Libro fatto per me Ottauio Tauani della fara di S. Martino In Apruzzo Erario
del Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone di detta
terra di tutte l’Entrate et essito sicome starà annotato in detto libro principiato al
[8 di] Luglio 1636 per un anno et sono videlicet”. – Entrate e uscite dell’ammini-
strazione di Ottavio Tavani dal luglio 1636 al maggio 1637, con una nota dei residui
lasciati per gli anni successivi. Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 39v-
40r) del 22 maggio 1637 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Angelo
Androsilla [1569-1651], con la nota dei residui ancora da esigersi.

108. – ACSP, Abbazie 127 (cart.; mm 275/130 × 205/190; ff. 1-38; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1636-1637]
34 ricevute (ff. 1-36) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 15 luglio 1636 al
21 maggio 1637 [tra cui otto dal camerlengo del Capitolo di S. Pietro Angelo Andro-
silla (1569-1651): ff. 12-19, 22; 18, 21, 38; due dal canonico e camerlengo maggiore
del Capitolo di S. Pietro Domenico Cecchini (1589-1656): ff. 25-26, 36], con due
ricevute redatte a Sulmona ad altri per il Capitolo di S. Pietro dell’8 settembre 1636
e 12 gennaio 1637 (ff. 37-38).

109. – ACSP, Abbazie 128 (mm 185 × 130; ff. 1-58 [ff. 38, 42v-58 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1637-1638]
“Conti della Fara di S. Martino in Abruzzo dall’22 Maggio 1637 per tutti li 22
Maggio 1638”; “Libro fatto per me Ottauio Tauani della fara S. Martino In Apruzzo
Erario del Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone
di detta terra di tutta l’Entrata et essito sicome starà annotato in detto libro princi-
piato alli 22 Maggio 1637 per tutto li 22 Maggio 1638 et sono videlicet”. – Entrate
e uscite dell’amministrazione di Ottavio Tavani dall’aprile 1637 al maggio 1638,
con una nota dei residui lasciati per gli anni successivi (f. 29rv: “Spese fatte per
riparationi della chiesa di S. Martino et per la festiuità et ottaua di essa”). Seguono
il ristretto generale e la sentenza (ff. 41v-42r) del 19 luglio 1638 del canonico e sin-
daco del Capitolo di S. Pietro Giovanni Andrea Castellani [1564-1646], con la nota
dei residui ancora da esigersi.

110. – ACSP, Abbazie 129 (cart.; mm 275/135 × 200; ff. 1-31; mazzo di fogli sciol-
ti senza copertina) [1637-1638]
31 ricevute (ff. 1-31) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 26 maggio 1637
al 30 aprile 1638 [tra cui una dal canonico e camerlengo del Capitolo di S. Pietro
Simone Bizzoni-Paluzzi (1584-1652): f. 5; sei dal canonico e camerlengo maggiore
del Capitolo di S. Pietro Domenico Cecchini (1589-1656): ff. 16-21].

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 83

111. – ACSP, Abbazie 130 (mm 177 × 125; ff. 1-62 [ff. 40-62 bianchi]; volumetto
rilegato con copertina in cartone * [lat.]) [1638-1639]
“Conti della Fara di S. Martino in Abruzzo dalli 22. Maggio 1638 per tutti li 31.
Maggio 1639”; “Libro fatto per me Ottauio Tauani Erario dell’Illustrissimo Capitolo
di S. Pietro nella terra della fara S. Martino in Apruzzo di tutte l’entrate et essito fat-
to sicome sta annotato in detto libro Principiato alli 22 di Maggio 1638 per un’anno
et sono videlicet”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Ottavio Tavani dal
giugno 1638 al maggio 1639, con una nota dei residui lasciati per gli anni successivi
(f. 24: “Elemosine che si sono fatte alla chiesa di S. Martino nell’anno 1638”; f. 27r:
“Spese fatte per raccomodare la chiesa di S. Martino et per la festiuità et ottaua di
essa”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 38v-39v) dell’11 giugno 1639
del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno [1572-1645],
con la nota dei residui ancora da esigersi.

112. – ACSP, Abbazie 131 (cart.; mm 270/120 × 205/185; ff. 1-36; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1638-1639]
32 ricevute (ff. 1-34) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 18 giugno 1638
all’1 maggio 1639 [tra cui quattro dal canonico e camerlengo maggiore del Capitolo
di S. Pietro Domenico Cecchini (1589-1656): ff. 14-17; due dal canonico e camerlen-
go del Capitolo di S. Pietro Simone Bizzoni-Paluzzi (1584-1652): ff. 20, 22-23; una
dal camerlengo del Capitolo di S. Pietro Angelo Androsilla (1569-1651): f. 25], con
una ricevuta redatta a Sulmona ad altri per il Capitolo di S. Pietro il 22 maggio 1639
(f. 35) ed una attestazione del 30 aprile 1639 di “panni purgati” (f. 36).

113. – ACSP, Abbazie 132 (mm 185 × 130; ff. 1-58 [ff. 48v-58 bianchi]; volumetto
rilegato con copertina in cartone) [1639-1640]
“Libro delli Conti della Fara di S. Martino in Abruzzo dalli 11 di Giugno 1639
per tutti li 11 di Giugno 1640”; “Libro fatto per me Ottauio Tauani della fara S. Mar-
tino In Apruzzo Erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di
Roma Utile Signore et Barone di detta terra di tutta l’Entrata et essito sicome sta
annotato in detto Libro principiato all’11 di Giugno 1639 per tutto li 11 di Giugno
1640 et sono videlicet”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Ottavio Tavani
dal giugno 1639 al maggio 1640, con una nota dei residui lasciati per gli anni suc-
cessivi (f. 24r: “Elemosine che si sono fatte alla chiesa di S. Martino nell’anno 1639
et 1640”; f. 37r: “Spese fatte per raccomodare la chiesa di S. Martino et per la fe-
stiuità et ottaua di essa”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 47v-48r) del
23 giugno 1640 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno
[1572-1645], con la nota dei residui ancora da esigersi.

114. – ACSP, Abbazie 133 (cart.; mm 270/130 × 205/185; ff. 1-48; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1639-1640]
28 ricevute (ff. 1-31) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 18 giugno 1639
al 20 maggio 1640 [tra cui due dal camerlengo del Capitolo di S. Pietro Angelo
Androsilla (1569-1651): ff. 11-12, 18], con 15 ricevute (ff. 32-48) del 16/17 gennaio
1640 relative alle spese sostenute per il restauro e l’ampliamento di una tintoria
con dipendenze.

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84 MARCO BUONOCORE

115. – ACSP, Abbazie 134 (mm 185 × 130; ff. I. 1-57 [ff. 42v-57 bianchi]; volu-
metto rilegato senza copertina) [1640-1641]
“Dalli 20 Giugno 1640 a tutto 8 Giugno 1641”; “Libro fatto per me Ottauio
Tauani della fara S. Martino In Apruzzo Erario dell’Illustrissimo et Reuerendis-
simo Capitolo di S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone di detta terra di tutta
l’entrata et essito sicome sta annotato in detto libro principiato alli 20 di Giugno
1640 per tutti li 8 Giugno 1641”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Ottavio
Tavani dal giugno 1640 al maggio 1641, con una nota dei residui lasciati per gli
anni successivi. Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 41v-42r) dell’8 giugno
1641 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Niccolò Tighetti [1568-1650],
con la nota dei residui ancora da esigersi.

116. – ACSP, Abbazie 135 (cart.; mm 270/105 × 205/190; ff. 1-39; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1640-1641]
38 ricevute (ff. 1-38) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 9 agosto 1640
al 28 maggio 1641 [tra cui sei dal camerlengo del Capitolo di S. Pietro Angelo An-
drosilla (1569-1651): ff. 12-17], con una ricevuta redatta a Sulmona ad altri per il
Capitolo di S. Pietro il 12 settembre 1640 (f. 39)

117. – ACSP, Abbazie 136 (mm 195 × 130; ff. 1-40 [ff. 38-40 bianchi]; volumetto
rilegato con copertina in cartone) [1641-1642]
“Libro de Conti della Fara di S. Martino in Abruzzo dalli X di Giugno 1641 a
tutto 10 Giugno 1642”; “Libro fatto per me Ottauio Tauani della fara S. Martino In
Abruzzo Erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
Utile Signore et Barone di detta terra di tutta l’entrata et essito sicome sta annotato
in detto libro. Per un’anno principiato alli X di Giugno 1641 per tutti li X di Giugno
1642 et sono videlicet”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Ottavio Tavani
dal 10 giugno 1641 a tutto il mese di giugno 1642, con una nota dei residui lasciati
degli anni precedenti (f. 26r: “Spese fatte in reparazione della chiesa di S. Martino
et per la festiuità et Ottaua di essa”; f. 26v: “Pagato per una serratura seruita alla
porta di S. Martino”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 37rv) del 30
giugno 1642 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno
[1572-1645], con la nota dei residui ancora da esigersi.

118. – ACSP, Abbazie 136A (cart.; mm 265/105 × 195/190; ff. 1-22; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1641-1642]
17 ricevute (ff. 1-19) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dall’8 giugno 1641
al 18 giugno 1642 [tra cui due dal camerlengo del Capitolo di S. Pietro Angelo
Androsilla (1569-1651): ff. 5-9], con tre ricevute redatta a Sulmona ad altri per il
Capitolo di S. Pietro dal 20 giugno al 29 settembre 1642 (ff. 20-22).

119. – ACSP, Abbazie 137 (cart.; mm 190 × 130; ff. 1-64 [ff. 46v-64 bianchi]; vo-
lumetto rilegato con copertina in cartone * [lat.]) [1642-1643]
“Dalli 30. Giugno 1642 alli 30 Giugno 1643”; “Libro fatto per me Ottauio Tauani
dalla fara di S. Martino in Apruzzo Erario dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di
Roma Utile Signore et Barone di detta Terra di tutte l’entrate et essito sicome sta
annotato nell’Infrascritto libro Principiato alli 30 di Giugno 1642 Per tutti li 30 di

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 85

Giugno 1643 et sono videlicet”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Ottavio


Tavani dal luglio 1642 al giugno 1643, con una nota dei residui lasciati degli anni
precedenti (f. 23v: “Spese fatte in restauratione della chiesa di S. Martino, et per la
sua festiuità et ottaua”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 45r-46r) del
5 luglio 1643 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno
[1572-1645], con la nota dei residui ancora da esigersi.

120. – ACSP, Abbazie 138 (cart.; mm 260/130 × 200/190; ff. 1-33; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1642-1643]
28 ricevute (ff. 1-31) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 2 luglio 1642 al
27 giugno 1643 [tra cui tre dal camerlengo del Capitolo di S. Pietro Angelo Andro-
silla (1569-1651): ff. 11-12, 14-17; due ordini pagamento sottoscritti dal commissa-
rio del Capitolo di S. Pietro Giovanni Battista Nardone: ff. 18, 31], con due ricevute
redatte a Sulmona ad altri per il Capitolo di S. Pietro il 23 gennaio ed il 15 maggio
1643 (ff. 32-33).

121. – ACSP, Abbazie 139 (cart.; mm 185 × 125; ff. 1-62 [ff. 45-62 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in cartone) [1643-1644]
“Entrata et Uscita della Fara di S. Martino in Abruzzo dalli 5 di Luglio 1643 a
tutti li 5 Giugno 1644”; “Libro fatto per me Ottauio Tauani dalla fara S. Martino in
Abruzzo Erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
Utile Signore et Barone di detta terra della fara di tutte l’entrate et essito sicome sta
annotato nel presente libro Principiato alli 5 di Luglio 1643 per tutti li 3 di Luglio
Giugno 1644 et sono videlicet”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Ottavio
Tavani dal luglio 1643 al giugno 1644, con una nota dei residui lasciati degli anni
precedenti (f. 32r: “Spese fatte per reparatione della chiesa di S. Martino et Per
la sua festa et Ottaua”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 44rv) del 6
giugno 1644 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Angelo Damasceno
[1572-1645], con la nota dei residui ancora da esigersi.

122. – ACSP, Abbazie 140 (cart.; mm 260/85 × 200/195; ff. 1-33; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1643-1644]
36 ricevute (ff. 1-37) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 12 luglio 1643
al 13 maggio 1644 [tra cui nove dal camerlengo del Capitolo di S. Pietro Angelo
Androsilla (1569-1651): ff. 14-20, 22-23, 37].

123. – ACSP, Abbazie 141 (cart.; mm 195 × 130; ff. I. 1-63 [ff. 35, 43-63 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in pergamena) [1644-1645]
“Entrata et Uscita della Fara dalli 6. Giugno 1644 a tutti 6 Giugno 1645”; “Libro
fatto per me Ottauio Tauani dalla fara S. Martino in Abruzzo Erario dell’Illustrissi-
mo et Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone della
Terra della fara di tutte l’entrate et essito sicome sta annotato nell’Infrascritto libro
Principiato alli 6 di Giugno 1644 per tutti li 6 di Giugno 1645 et sono videlicet”. –
Entrate e uscite dell’amministrazione di Ottavio Tavani dal giugno 1644 al giugno
1645, con una nota dei residui lasciati degli anni precedenti (f. 29r: “Spese fatte
per reparatione della Chiesa di S. Martino et per la sua festa et Ottaua conforme al
solito”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 42rv) del 6 giugno 1645 del

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86 MARCO BUONOCORE

canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Ludovico Palagi [1604-1687], con la


nota dei residui ancora da esigersi.

124. – ACSP, Abbazie 142 (cart.; mm 265/130 × 200; ff. 1-29; mazzo di fogli sciol-
ti senza copertina) [1644-1645]
27 ricevute (ff. 1-28) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dall’11 giugno 1644
al 6 giugno 1645 [tra cui sette dal camerlengo del Capitolo di S. Pietro Angelo An-
drosilla (1569-1651): ff. 11-17; tre ordini di pagamento sottoscritti dal commissario
del Capitolo di S. Pietro Giovanni Battista Nardone: ff. 18-21, 28], con una ricevuta
redatta a Sulmona ad altri per il Capitolo di S. Pietro il 29 maggio 1645 (f. 29).

125. – ACSP, Abbazie 143 (cart.; mm 195 × 135; ff. 1-64 [ff. 39v-64 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in cartone) [1645-1646]
“Entrata et Uscita dalla Fara di S. Martino in Abruzzo dalli 6 di Giugno 1645 a
tutto 6 Giugno 1646”; “Libro fatto per me Ottauio Tauani dalla fara S. Martino in
Abruzzo Erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
Utile Signore et Barone di detta terra della fara in Apruzzo di tutte l’Entrate et es-
sito sicome sta’ Annotato nell’Infrascritto libro Principiato alli 6 Giugno 1645 per
tutti li 6 di Giugno 1646 et sono videlicet”. – Entrate e uscite dell’amministrazione
di Ottavio Tavani dal giugno 1645 al maggio 1646, con una nota dei residui lasciati
degli anni precedenti (f. 27v: “Spese fatte in reparatione della Chiesa di S. Martino
et per la sua festa et Ottaua”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (ff. 38v-
39r) del 22 giugno 1646 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Ludovico
Palagi [1604-1687], con la nota dei residui ancora da esigersi.

126. – ACSP, Abbazie 144 (cart.; mm 265/130 × 200/190; ff. 1-33; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1645-1646]
“Polizze dell’anno 1645”. – 31 ricevute (ff. 2-32) rilasciate quasi tutte ad Ottavio
Tavani dal 28 aprile 1645 al 28 maggio 1646 [tra cui due dal camerlengo del Capi-
tolo di S. Pietro Angelo Androsilla (1569-1651): ff. 14-15; sei ordini di pagamento
sottoscritti dal commissario del Capitolo di S. Pietro Giovanni Battista Nardone:
ff. 12-13, 16, 20, 22-23], con una ricevuta redatta a Sulmona ad altri per il Capitolo
di S. Pietro il 4 novembre 1645 (f. 33).

127. – ACSP, Abbazie 145 (cart.; mm 195 × 135; ff. 1-56 [ff. 44-56 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina in cartone) [1646-1647]
“Dalli 22. Giugno 1646 a tutto primo Giugno 1647”; “Libro fatto per me Ottauio
Tauani della fara S. Martino Erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo
di S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone di detta terra della fara Nel quale si
contiene tutto l’Introito et essito dell’Entrate di detta terra per un’anno Principiato
alli 22 Giugno 1646 per tutti il 24 primo Giugno 1647 et sono videlicet”. – Entrate
e uscite dell’amministrazione di Ottavio Tavani dal giugno 1646 al giugno 1647,
con una nota dei residui lasciati per gli anni successivi (f. 31r: “Spese fatte per
reparatione della Chiesa di S. Martino et per la sua festiuità et Ottaua”). Seguono
il ristretto generale e la sentenza (f. 43rv) dell’1 giugno 1647 del canonico e sinda-
co del Capitolo di S. Pietro Tiberio Vincenzi [1575-1655], con la nota dei residui
ancora da esigersi.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 87

128. – ACSP, Abbazie 146 (cart.; mm 270/115 × 195/190; ff. 1-32; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1646-1647]
31 ricevute rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 27 giugno 1646 al 25
maggio 1647 [tra cui due ordini di pagamento sottoscritti dal commissario del Ca-
pitolo di S. Pietro Giovanni Battista Nardone: ff. 3, 16], con una ricevuta redatta a
Sulmona ad altri per il Capitolo di S. Pietro il 3 ottobre 1645 (f. 32).

129. – ACSP, Abbazie 147 (cart.; mm 190 × 135; ff. 1-64 [ff. 47-64 bianchi]; volu-
metto rilegato con copertina di cartone) [1647-1648]
“Dalli 3. di Giugno 1647 a tutti li Giugno 1648”; “Libro fatto per me Ottauio
Tauani Erario della fara S. Martino dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo
di S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone di detta terra in Apruzzo. Nel quale sta
annotato tutto l’Introito et essito Principiato alli 3 di Giugno 1647 per tutto il primo
Giugno 1648 et sono videlicet”. – Entrate e uscite dell’amministrazione di Ottavio
Tavani dal 3 giugno 1647 al 22 giugno 1648, con una nota dei residui lasciati per
gli anni successivi (f. 37r: “Spese fatte per raccomodare la Chiesa di S. Martino et
per la sua festiuità et Ottaua”). Seguono il ristretto generale e la sentenza (f. 46rv)
del 22 giugno 1648 del canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Tiberio Vincenzi
[1575-1655], con la nota dei residui ancora da esigersi.

130. – ACSP, Abbazie 148 (cart.; mm 275/130 × 205/200; ff. 1-50; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1647-1648]
48 ricevute (ff. 1-50) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 4 giugno 1647
al 30 maggio 1648 [tra cui due ordini di pagamento sottoscritti dal commissario del
Capitolo di S. Pietro Giovanni Battista Nardone: ff. 4, 37].

131. – ACSP, Abbazie 149 (cart.; mm 170 × 130; ff. 1-91 [ff. 1, 24, 44v-91 bian-
chi]; volumetto rilegato con copertina in pergamena * [lat.]) [1648-1649]
“Libro fatto per me Ottauio Tauano Erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo
Capitolo di S. Pietro di Roma Utile Signore et Barone della Fara S. Martino, in
Apruzzo. Nel quale sta annotato tutto l’Introito et Esito di detta terra. Principiato
a’ 24 di Giugno 1648 per tutti li 22 di Giugno 1649 et sono videlicet”. – Entrate e
uscite dell’amministrazione di Ottavio Tavani dal 21 giugno 1648 al giugno 1649,
con una nota dei residui lasciati per gli anni successivi (f. 33r: “Spese fatte per
raccomodare la Chiesa di S. Martino et per la sua festiuità et Ottaua”). Seguono il
ristretto generale e la sentenza (ff. 43v-44r) del 22 giugno 1649 del canonico e sin-
daco del Capitolo di S. Pietro Tiberio Vincenzi [1575-1655], con la nota dei residui
ancora da esigersi.

132. – ACSP, Abbazie 150 (cart.; mm 275/215 × 205/190; ff. 1-52; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1648-1649]
45 ricevute (ff. 1-48) rilasciate quasi tutte ad Ottavio Tavani dal 21 giugno 1648
al 5 giugno 1649 [tra cui un ordine di pagamento sottoscritto dal camerlengo del
Capitolo di S. Pietro Felice Contelori (1590-1652): ff. 9-10], con una lettera datata
28 dicembre 1648 indirizzata a Tommaso Gentile di Fara S. Martino dal commis-
sario del Capitolo di S. Pietro Giovanni Battista Nardone (ff. 49-50) ed una fede
dello stesso (ff. 51-52).

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88 MARCO BUONOCORE

133. – ACSP, Abbazie 151 (cart.; mm 195 × 130; ff. 1-52 [ff. 30, 32, 49v-52 bian-
chi]; volumetto rilegato con copertina in cartone * [lat.]) [1649-1650]
“Libro fatto per me Santo Tauani Erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo
Capitolo di San Pietro di Roma Utile Signore et Barone della fara S. Martino in
Apruzzo. Nel quale sta annotato tutto l’Introito et Esito di detta terra. Principiato
a’ 23 Giugno 1649 Per tutto gli primo Giugno Luglio 1650, et sono videlicet”. – En-
trate e uscite dell’amministrazione di Santo Tavani dal giugno 1649 al luglio 1650,
con una nota dei residui lasciati per gli anni successivi (f. 36rv: “Spese fatte in
reparatione della Chiesa di S. Martino et per la sua festiuità et Ottaua”, tra cui per
il “muratore per hauer accomodato una parte del tetto di detta chiesa”). Seguono
il ristretto generale e la sentenza (ff. 47v-48r) del 2 luglio 1650 del canonico e sin-
daco del Capitolo di S. Pietro Ludovico Palagi [1604-1687], con la nota dei residui
ancora da esigersi.

134. – ACSP, Abbazie 152 (cart.; mm 270/115 × 195/190; ff. 1-61 [ff. 36, 42-43
bianchi]; mazzo di fogli sciolti senza copertina ed un quaternio 90 × 130 alla fine
[ff. 36-43]) [1649-1653; 1656]
26 ricevute (ff. 1-28) rilasciate in gran parte a Carlo Tavani, a Natale e Gio-
vanni Battista Natale dal 12 agosto 1649 al 25 aprile 1656 [tra cui due ordini di
pagamento sottoscritti dal commissario del Capitolo di S. Pietro Giovanni Battista
Nardone: ff. 2, 5; due dal camerlengo del Capitolo di S. Pietro Francesco Filicaia
(1620-1683): ff. 22, 28], una fede del commissario del Capitolo di S. Pietro Giovanni
Battista Nardone (ff. 29-30), due entrate ed uscite (ff. 31-35), una “Nota delle spese
fatte in Napoli intorno la defenzione della lite dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro
di Roma e Giovanni Battista Natale” (ff. 36-43: anni 1652-1653), sette lettere (di
Evangelista Luminesi, Antonio de Berardis, Fabrizio Sabino, Giovanni Tommaso/
Tomasso Gentile e Giovanni Battista Natale) trasmesse dal 26 aprile 1650 al 27
febbraio 1652 (ff. 44-57), un atto di certificazione dell’ufficio dell’erario da parte di
Natale Natale degli anni 1652-1653 (ff. 58-61).

135. – ACSP, Abbazie 153 (cart.; mm 265/75 × 205/185; ff. 1-13; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1661]
“Giustificazioni di parte de pagamenti fatti l’anno 1660 in 1661 da Giuseppe
Melone Erario della fara di S. Martino”. – 8 ricevute rilasciate a Giuseppe Milone
dal 7 marzo al 21 settembre 1661 (ff. 4-13).

136. – ACSP, Abbazie 153bis [cart.; XXII volumetti rilegati senza copertina; I:
mm 185 × 135, ff. 1-37 [ff. 2-3, 31-36 bianchi]; II: mm 185 × 135, ff. 1-30; III: mm
185 × 135, ff. 1-36 [ff. 2, 30-35 bianchi]; IV: mm 185 × 135, ff. 1-32 [ff. 28-32 bian-
chi]; V: mm 185 × 135, ff. 1-26 [ff. 24-26 bianchi]; VI: mm 185 × 135, ff. 1-31 [ff. 27-
30 bianchi]; VII: mm 185 × 135, ff. 1-32 [ff. 24-32 bianchi]; VIII: mm 185 × 135,
ff. 1-31 [ff. 30-31 bianchi]; IX: mm 185 × 135, ff. 1-20 [ff. 17-20 bianchi]; X: mm
195 × 135, ff. 1-34 [ff. 32-34 bianchi]; XI: mm 195 × 135, ff. 1-32 [ff. 29-32 bianchi];
XII: mm 195 × 135, ff. 1-34 [ff. 15-17, 29-34 bianchi]; XIII: mm 195 × 135, ff. 1-28
[ff. 26-28 bianchi]; XIV: mm 205 × 140, ff. 1-11 [f. 11 bianco]; XV: mm 205 × 140,
ff. 1-12 [f. 12 bianco]; XVI: mm 205 × 140, ff. 1-12 [ff. 11-12 bianchi]; XVII: mm 205

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 89

× 140, ff. 1-8 [f. 8 bianco]; XVIII: mm 205 × 140, ff. 1-8; XIX: mm 205 × 140, ff. 1-8
[ff. 6-8 bianchi]; XX: mm 205 × 140, ff. 1-8 [ff. 6-8 bianchi]; XXI: mm 205 × 140,
ff. 1-8; XXII: mm 205 × 140, ff. 1-10 [f. 2 bianco]) [1668-1687]
XXII fascicoli con le entrate e le uscite dell’amministrazione di Donato d’Anto-
nio da novembre 1668 a marzo 1677 (fascicoli I-IX) e di Giuseppe Milone da aprile
1677 a marzo 1681 (fascicoli X-XIII), e le riscossioni di residui accumulati per
nove anni dal 1668 al 1687 (fascicoli XIV-XXII). – I (mm 185 × 135; ff. 1-37 [ff. 2-3,
31-36 bianchi]): “Libro fatto per me Donato d’Antonio Erario dell’Illustrissimo e
Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Utile Signore, e Barone della Terra
della Fara Santo Martino in Apruzzo, nel quale si contiene tutto l’Introito et Esito
dell’Entrate di detto Reuerendissimo Capitolo principiato à primo di Novembre
1668 per tutto Ottobre 1669 conforme siegue”. – II (mm 185 × 135; ff. 1-30): “Libro
fatto per me Donato d’Antonio Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo
di S. Pietro di Roma Utile Signore e Barone della Terra della Fara di Santo Mar-
tino in Apruzzo, nel quale si contiene tutto l’Introito, et Esito dell’Entrate di detto
Reuerendissimo Capitolo, principiato à primo di Novembre 1669 per tutto Ottobre
1670 conforme siegue” (f. 24v: “Spese fatte per la Chiesa di S. Martino [per “acco-
modare il tetto”]). – III (mm 185 × 135; ff. 1-36 [ff. 2, 30-35 bianchi]): “Libro fatto
per me Donato d’Antonio Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S.
Pietro di Roma Utile Signore, e Barone della Terra della Fara di Santo Martino in
Apruzzo, nel quale si contiene tutto l’Introito et Esito dell’Entrate di detto Reue-
rendissimo Capitolo principiato à primo di Novembre 1670 per tutto Ottobre 1671
conforme siegue”. – IV (mm 185 × 135; ff. 1-32 [ff. 28-32 bianchi]): “Libro fatto
per me Donato d’Antonio Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S.
Pietro di Roma Utile Signore, e Barone della Terra della Fara di Santo Martino in
Apruzzo, nel quale si contiene tutto l’Introito et Esito dell’Entrate di detto Reue-
rendissimo Capitolo principiato à primo di Novembre 1671 per tutto Ottobre 1672
conforme siegue” (f. 24r: “Spesa fatta per la Chiesa di S. Martino [per “ricoprire il
tetto”, “hauer raccomoda la muraglia”, “risarcire detta muraglia”]). – V (mm 185
× 135; ff. 1-26 [ff. 24-26 bianchi]): “Libro fatto per me Donato d’Antonio Erario
dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Utile Signore, e
Barone della Terra della Fara di Santo Martino in Apruzzo, nel quale si contiene
tutto l’Introito, et Esito dell’Entrate di detto Reuerendissimo Capitolo principiato
à primo di Novembre 1672 per tutto Ottobre 1673 conforme siegue” (f. 20v: “Spese
fatte per la Chiesa di S. Martino [per “ricoprire il tetto di detta Chiesa, et à fortifica-
re la muraglia alla parte della Chiesa deruta della Madonna”, “fortificare, e risarcire
detta muraglia”]). – VI (mm 185 × 135; ff. 1-31 [ff. 27-30 bianchi]): “Libro fatto per
me Donato d’Antonio Erario dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Utile
Signore, e Barone della Terra della Fara di Santo Martino in Apruzzo, nel quale
si contiene tutto l’Introito et Esito dell’entrate di detto Reuerendissimo Capitolo,
principiato à primo di Novembre 1673, per tutto Ottobre 1674 conforme siegue” (f.
20v: “Spesa fatta per la Chiesa di S. Martino [per “ricoprire il tetto”, “intonagare,
e ristaurare la muraglia circa l’altare”]). – VII (mm 185 × 135; ff. 1-32 [ff. 24-32
bianchi]): “Libro fatto per Donato d’Antonio Erario dell’Illustrissimo Capitolo di
S. Pietro di Roma Utile Signore e Barone della Terra della Fara di Santo Marti-

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90 MARCO BUONOCORE

no in Apruzzo, nel quale si contiene tutto l’Introito et Esito dell’Entrate di detto


Reuerendissimo Capitolo, principiato à primo di Novembre 1674 per tutto Ottobre
1675 conforme siegue”. – VIII (mm 185 × 135; ff. 1-31 [ff. 30-31 bianchi]): “Libro
fatto per me Donato d’Antonio Erario dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di
Roma Utile Signore, e Barone della Terra della Fara di Santo Martino in Apruzzo,
nel quale si contiene tutto l’Introito, et Esito dell’Entrate di detto Reuerendissimo
Capitolo, principiato à primo di Novembre 1675 per tutto Ottobre 1676 conforme
siegue” (f. 24v: “Spese fatte per la Chiesa di S. Martino [per “un trauo seruito per il
tetto”, “ricoprire il tetto”]). – IX (mm 185 × 135; ff. 1-20 [ff. 17-20 bianchi]): “Libro
fatto per Donato d’Antonio Erario dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
Utile Signore, e Barone della Terra della Fara di Santo Martino in Apruzzo, nel qua-
le si contiene tutto l’Introito, et Esito dell’Entrate di detto Reuerendissimo Capitolo
per cinque mesi principiati à primo di Novembre 1676 per tutto il mese di Marzo
1677 conforme siegue”. – X (mm 195 × 135; ff. 1-34 [ff. 32-34 bianchi]): “Libro
fatto per me Giuseppe Milone Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo
di S. Pietro di Roma Utile Signore, e Barone della Terra della fara di S. Martino in
Apruzzo nel quale si contiene tutto l’Introito et l’Esito dell’Entrate di detto Reueren-
dissimo Capitolo, principiato à primo d’Aprile 1677 per tutto Marzo 1678 conforme
siegue” (f. 24v: “Spese fatte in reparatione di S. Martino [“per cinque trauicelli per
risarcire e ricoprire il tetto”]). – XI (mm 195 × 135; ff. 1-32 [ff. 29-32 bianchi]): “Li-
bro fatto per me Giuseppe Milone Erario dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di
Roma Utile Signore, e Barone della Terra della fara di Santo Martino in Apruzzo
nel quale si contiene tutto l’Introito, et Esito dell’Entrate di detto Reuerendissimo
Capitolo, principiato à primo d’Aprile 1678 per tutto Marzo 1679 conforme siegue.
XXXX”. – XII (mm 195 × 135; ff. 1-34 [ff. 15-17, 29-34 bianchi]): “Libro fatto per me
Giuseppe Milone Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di
Roma Utile Signore e Barone della Terra della fara di Santo Martino in Apruzzo,
nel quale si contiene tutto l’Introito, et Esito dell’entrate di detto Reuerendissimo
Capitolo, principiato à primo d’Aprile 1679 per tutto Marzo 1680 conforme siegue”.
– XIII (mm 195 × 135; ff. 1-28 [ff. 26-28 bianchi]): “Libro fatto per me Giuseppe
Milone Erario dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
Utile Signore, e Barone della Terra della fara di S. Martino in Apruzzo, nel quale
si contiene tutto l’Introito et l’Esito dell’entrate di detto Reuerendissimo Capitolo,
principiato à primo d’Aprile 1680 per tutto Marzo 1681 conforme siegue”. – XIV
(mm 205 × 140; ff. 1-11 [f. 11 bianco]): “Residui della Terra alla fara di Santo Marti-
no in Abruzzo per tutto Ottobre 1668”. – XV (mm 205 × 140; ff. 1-12 [f. 12 bianco]):
“Copia de Residui della fara di S. Martino in Abruzzo a tutto Ottobre 1673 mandata
all’Erario ultimamente”. – XVI (mm 205 × 140; ff. 1-12 [ff. 11-12 bianchi]): “Resi-
dui della Terra della Fara di S. Martino in Abruzzo per tutto Ottobre 1674”; “Nota
dell’esatione che deue fare l’erario degl’Effetti, che ha il Reuerendissimo Capitolo
di S. Pietro nella suddetta terra dal primo Nouembre 1674 per tutt’Ottobre 1675”.
– XVII (mm 205 × 140; ff. 1-8 [f. 8 bianco]): “Libretto de Residui della fara di S.
Martino spettante al Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro à tutto Marzo 1678”. –
XVIII (mm 205 × 140; ff. 1-8): “Residui della fara di S. Martino à tutto Marzo 1678”.
– XIX (mm 205 × 140; ff. 1-8 [ff. 6-8 bianchi]): “Libretto de Residui della Fara di S.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 91

Martino spettante all’Illustrissimo Capitolo di San Pietro in Vaticano à tutto Marzo


1679. XXXVI”. – XX (mm 205 × 140; ff. 1-8 [ff. 6-8 bianchi]): “Libretto de Residui
della Fara di S. Martino spettanti all’Illustrissimo Capitolo di San Pietro in Vatica-
no a tutto Marzo 1679”. – XXI (mm 205 × 140; ff. 1-8): “Libretto delli Residui della
fara di S. Martino spettanti all’Illustrissimo Capitolo di San Pietro in Vaticano à
tutto Marzo 1683 et 1684”. – XXII (mm 205 × 140; ff. 1-10 [f. 2 bianco]): “Libretto
delli Residui della Fara di San Martino spettanti al Reuerendissimo Capitolo di San
Pietro per tutto Marzo 1685. 1686. 1687”.

137. – ACSP, Abbazie 154 (cart.; mm 185/85 × 205/130; ff. 1-509; mazzo di fogli
sciolti senza copertina) [1673-1688, 1698-1699]
509 ricevute rilasciate in gran parte agli erari Donato d’Antonio e Giuseppe Mi-
lone, con qualche lista di “panni valcati”, fedi di spese fatte, liste di messe e simili
dall’1 ottobre 1673 al 15 aprile 1688 e dal 14 febbraio 1698 al 18 settembre 1699.

138. – ACSP, Abbazie 155 (cart.; mm 265/195 × 195/135; ff. 1-16 [ff. 11-12 bian-
chi]; fascicoletto rilegato e due fogli aggiunti alla fine con copertina di cartone)
[1626]
“Nota di tutti li corpi dell’Entrate che il Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di
Roma possiede come ad Utile Signore et Barone in Temporalibus et spiritualibus
della Terra della fara di S. Martino nella prouincia d’Abruzzo citra Nullius Diocesis
et sono videlicet”. – Nota di tutti i possessi della provincia. Uniti alla fine i ff. 13r-
16v con una relazione sulle modalità dell’acquisizione di Fara di S. Martino da
parte del Capitolo di S. Pietro, datata 26 luglio 1626.

139. – ACSP, Abbazie 156 (cart.; mm 185 × 135; ff. 1-30 [ff. 25-28 bianchi]; tre
fascicoli non rilegati con copertina in cartone) [1669]
Entrata dei casali e abbazie appartenenti al Capitolo di S. Pietro del 1669, con
residui lasciati degli anni precedenti (f. 24v: “Fara S. Martino”).

140. – ACSP, Abbazie 157 (cart.; mm 275 × 200; ff. 1-338; filza con un gruppo di
carte separate senza copertina) [1579, 1583-1584, 1592-1596]
“Liber continens varia mandata et recepta spectantia Terrae Farae S. Martini”.
– Mandati di pagamento e ricevute (molte sottoscritte dai camerlenghi del Capitolo
di S. Pietro Bartolomeo Alberti [† 1595] e Pandolfo Pucci [beneficiato del Capitolo
di S. Pietro dal 1570]), conti, note di spese, fedi, lettere, obblighi di pagamento e
dichiarazioni (f. 83r: “Denari spesi sì per il palazzo come per santo Martino. 1584”.

141. – ACSP, Abbazie 158 (cart. [f. 89 perg.]; mm 275 × 210; ff. 1-355; filza con
copertina di pergamena) [1594]
“Liber Visitationis Abbatiarum Sancti Saluatoris de Maiella et Sancti Martini
de Fara”; “Liber Visitationis Abbatiarum Sancti Saluatoris de Majella et Sancti
Martini de Fara et aliarum ecclesiarum ipsis Abbatiis annexarum, per Dominum
Bartholomeum Perettum Canonicum Commissarium et Vicarium in Prouincia
Aprutina, et Theatina facta Anno 1594”. – Relazione della visita fatta dal canonico
del Capitolo di S. Pietro Bartolomeo Peretti [c. 1563-1628], commissario e vicario
del Capitolo di S. Pietro nella provincia di Abruzzo, alle abbazie di S. Salvatore di

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Maiella e di S. Martino della Fara e a tutte le chiese che ne dipendono, preceduta


dall’editto di notificazione e seguita da tutti gli atti emanati in tale occasione: col-
locazione e nomine, contratti, decreti, citazioni per usurpazioni, beni ecclesiastici,
disposizioni di testimoni, inventari, lettere, strumenti e atti vari. È allegata anche
una bolla in pergamena con sigillo di bronzo (f. 89rv). Precede l’indice (ff. 2r-6r).
In particolare: (ff. 13r-14v) “Visitatio Abbatiae S. Martini de Valle inter duos Alpes”
(27 giugno 1594).

142. – ACSP, Abbazie 159 (cart.; mm 270 × 195; ff. 1-8 [ff. 5-8 bianchi]; fascico-
letto rilegato senza copertina) [1598]
“Visitatio facta a Reuerendissimis Dominis Baltassarre Factore Benefitiato San-
cti Petri, et Bernardino Aloeo, Vicario Maiellano”. – Breve relazione di una visita
fatta da Baldassarre del Fattore, beneficiato del Capitolo di S. Pietro [1559-1639]
e dal vicario Bernardino Aloè in data 26 aprile 1598 alle chiese dipendenti dall’Ab-
bazia della Fara di S. Martino.

143. – ACSP, Abbazie 160 (cart.; mm 290/195 × 210/130; ff. 1-128; registro rile-
gato con copertina in pergamena) [1598]
“Visitatio S. Martini de Fara 1598”. – Editto con avviso della visita, relazione
della visita effettuata nel mese di giugno 1598 dal commissario generale e visitatore
Luigi Rinalducci (c. 1552-1623) del Capitolo di S. Pietro alle abbazie di S. Salvatore
di Maiella e di S. Martino della Fara (vd. ff. 16r-18r), a tutte le chiese, ospedali ed
altri enti dipendenti, ognuno citato luogo per luogo, con altri documenti: decreti
emanati in tale circostanza, ordini vari, processi fatti per suo ordine, disposizioni
di testimoni, lettere a lui indirizzate, inventari ed altro. Precede l’indice (ff. 2r-5r):
“In Visitatione expleta de anno 1598 Abbatiarum S. Saluatoris de Mayella, et Farae
S. Martini reperiuntur infrascripta”. Al f. 6 è conservata la pergamena di riscontro
della visita datata 19 luglio 1598.

144. – ACSP, Abbazie 161 (cart.; mm 205 × 140; ff. III. 1-22 [ff. I-II, 22 bianchi];
volumetto rilegato con copertina in cartone) [1598]
“Conti dati dal Signor Luigi Rinalducci di quanto Sua Signoria ha speso nel
viaggio et stare alla Fara di S. Martino et denari riscossi in detto luoco della Fara
1598”; “Conto delle spese fatte dal Signor Luigi Rinalducci Canonico di Santo
Pietro nel uiaggio della Fara, et nel stare in detto luoco per seruitio dello Reue-
rendissimo Capitolo, le quali spese sono state fatte per mani del Reuerendissimo
Monsignore Baldassarre Fattori Benefitiato dal primo di Giugno sino alli XI. di
Settembre, et dal detto giorno sino al ritorno di Roma, da Gioseffe Antonelli”. –
Libretto delle spese sostenute da Baldassarre del Fattore, beneficiato del Capitolo
di S. Pietro [1559-1639] e da Giuseppe Antonelli per la visita di Luigi Rinalducci [c.
1552-1623], commissario generale del Capitolo di S. Pietro, effettuata nel giugno
del 1598 all’abbazia di S. Martino della Fara: spese di viaggio, mantenimento, lavo-
ri, corrieri postali ed altro, con nota dei denari riscossi da diversi nella medesima
occasione.

145. – ACSP, Abbazie 161A (cart.; mm 265 × 200; ff. I-V, 1-215 [ff. I-II, 54-57,

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 93

94-99, 127, 141-143, 178-179, 214-215 bianchi]; filza con copertina in pergamena)
[1604]
“Visitatio Abbatiarum S. Martini de Valle et Sancti Saluatoris de Maiella”; “Vi-
sitatio Abbatiarum Sancti Martini de Valle inter montes et Sancti Saluatoris de
Maiella in Prouintia Aprutina nullius dioecesis. Facta per Abbatem Alexandrum
Canzires Priorem Tarenti de ordine et mandato Illustrissimi Capituli Basilicae Va-
ticanae de Urbe sub Pontificatu Sanctissimi in Christo Patris et Domini Nostri Do-
mini Clementis diuina prouidentia pontificatus VIII. 1604”. – Editto del visitatore
apostolico Alessandro Canzires, relazione delle visite effettuate nei mesi aprile-giu-
gno 1604, con inventari delle località, decreti del visitatore, note delle anime e dei
fuochi, note di entrate, copie di bolle pontificie e di diplomi regi, atti vari. Precede
l’indice (ff. IIIr-IVv): “In Visitatione facta de Anno 1604 Abbatiarum S. Martini de
Valle inter Montes, et S. Saluatoris de Maiella Nullius Dioecesis per Abbatem Ale-
xandrum Canzires de Mandato Illustrissimi Capituli S. Petri de Urbe reperiuntur
infrascripta”. Ai ff. 1r-11r la relazione della visita effettuata a Fara S. Martino dal
20 al 27 aprile 1604.

146. – ACSP, Abbazie 162 (cart.; mm 270 × 210; ff. I-VII. 1-106 [ff. I, IV, 48-106
bianchi]; registro con copertina in pergamena) [1624]
“Visita della Abbadia della Fara fatta dal Signor Marc’Antonio de Magistris Vi-
sitatore generale l’Anno 1624”; “Visita fatta dal Signor Marc’Antonio de Magistris
Canonico della Basilica di San Pietro Visitatore Deputato del detto Reuerendissimo
Capitolo alla Abbadia di S. Martino della Fara existente nella Città di Chieti, à dì 27.
di Giugno 1624”. – Relazione, con editto, delle visite effettuate nei mesi di giugno-
settembre 1624 dal canonico e sindaco del Capitolo di S. Pietro Marco Antonio
de Magistris [† 1629]. Precede l’indice (ff. IIr-IIIv): “In Libro Visitationis expletae
de anno 1624 in Abbatia Farae S. Martini per Marcum Antonium de Magistris
Commendatarium Illustrium Canonicorum Sanctissimae Basilicae Sancti Petri de
Urbe adsunt infrascripta”. Ai ff. 1r-18r la relazione della visita effettuata a Fara S.
Martino dal 27 giugno al 14 luglio 1624.

147. – ACSP, Abbazie 162A (cart.; mm 275x 210; ff. 1-78 [ff. 22-24, 26, 32, 48,
51-52, 54, 62, 64, bianchi]; filza rilegata con copertina in pergamena * [lat.]) [1291-
1624]
Copie di brevi pontifici con incarichi di visite, notizie di visite tratte da scritture
di archivio, estratti di relazioni delle visite stesse per ciò che riguarda la Fara di S.
Martino e sue dipendenze, atti compiuti da alcuni visitatori, decreti ed altro. Sono
anche inclusi atti di sacerdoti, copie di bolle del Capitolo di S. Pietro e di cardinali,
nomine di economi in varie chiese e collazioni di benefici. Precede l’indice (f. 1rv).

148. – ACSP, Abbazie 163 (cart.; mm 280 × 200; ff. I-IV, 1-157; volume rilegato
con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1700]
“Visitatio Abbatiae S. Martini de Fara nullius Dioecesis facta ab Illustrissimis
et Reuerendissimis Dominis Canonicis Fabritio Augustini, et Guidone de Palagio.
24 Maii 1700”. – Relazione della visita eseguita dai canonici del Capitolo di S. Pie-
tro Fabrizio Agostini [1655-1712] e Guido Palagi [1671-1732] nelle chiese e nelle

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cappelle dell’abbazia di S. Martino della Fara (f. 77r: “Inventario dell’Abbaziale


Chiesa di S. Martino de’ Valle, di tutti li mobili, e suppellettili in essa consistentino,
et anco delle oblazioni di cerei bianchi e di cera vergine” [tra cui “Un calice tutto
d’argento liscio con patena d’argento indorato” ed “Un Missale antico”] redatto il
26 maggio 1700 dal cappellano Gaetano Gentile), a cui seguono i documenti citati
nella relazione: patenti e notificazioni per la visita, inventari e bilanci vari, fedi
ed istruzioni. Visita personale di tutti gli ecclesiastici della terra della Fara con
altri documenti: fedi varie, decreti, relazioni, elenco dei memoriali consegnati ai
visitatori con relativi rescritti ed indici dei nomi dei consegnatari. Precede l’indice
(ff. IIr-IVr: “Indice delle cose contenute nel Processo della Visita fatta dall’Illustris-
simi e Reuerendissimi Signori Fabrizio Agostini, e Guido del Palaggio Canonici
della Sacrosanta Basilica Vaticana nell’Abbadia e Terra della Fara di S. Martino”).

149. – ACSP, Abbazie 164 (cart.; mm 280 × 200; ff. 1-167 [ff. 1-3, 12, 49-53, 59,
62, 71-76, 83-84, 87, 94, 110-111, 116, 141-142, 164-167 bianchi]; volume rilegato
con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1707]
“Visita all’Abbazia della Fara di S. Martino fatta dal Reverendo Don Giusep-
pe Zaini Beneficiato Visitatore deputato dal Reverendissimo Capitolo di S. Pietro
l’Anno 1707”; “Acta Visitationis Localis, Realis et Personalis, quae viribus sane im-
paribus sed, Deo ita disponente, confecimus in Terra Pharae Sancti Martini, cujus
Iurisdictio tam in spiritualibus quam in temporalibus pertinet ad Illustrissimum
et Reuerendissimum Capitulum Sacrosanctae Basilicae Principis Apostolorum de
Urbe, in qua pro nostra debilitate curavimus Christi gregem fidei nostrae creditum
labefactum restaurare, et contra communis hostis insidias confirmare; adeo ut fir-
ma sit spes, subditi dicti Capituli viam salutis, qua, Deo iuuante, et nostro labore
inierunt, progrediantur, si tamen propitius sit, ut spero, ipsemet Dominus Petrus,
cui ut meos labores assidue in ejus Basilica, sic etiam nunc acta praesentia dono, ac
dedico. Minimus ex Devotis Joseph Zainus dictae Sacrosanctae Basilicae Beneficia-
tus”. – Relazione della visita eseguita nel gennaio 1707 dal canonico e beneficiato
del Capitolo di S. Pietro Giuseppe Zaini [c. 1666-1719] nelle chiese e nelle cappelle
dell’abbazia di S. Martino della Fara, con patenti e notificazioni per la visita, in-
ventari e bilanci vari, fedi ed istruzioni (ai ff. 143r-157v: “Status Animarum Terrae
Farae Sancti Martini Anno Domini Millesimo Septingentesimo Septimo”; “In tutto
le suddette Anime sono numero Ottocento uentisei”). Indice alla fine (ff. 161r-163v:
“Index omnium actorum gestorum in Sacra Visitatione peracta in Terra Farae San-
cti Martini Nullius sub Ditione tum Spirituali tum temporali Illustrissimi et Reue-
rendissimi Capituli Principis Apostolorum de Urbe de Anno 1707”).

150. – ACSP, Abbazie 165 (cart.; mm 270 × 195; ff. 1-151 [ff. 1-2, 84-86, 101-102,
151-152 bianchi]; volume rilegato con copertina in cartone) [1716-1717]
“Visitatio Farae S. Martini facta a Domino Petro Abundio Battiloro a Reueren-
dissimo Capitolo specialiter deputato. Anno 1716”. – Relazione della visita fatta
nel mese di maggio 1716 dal visitatore e vicario generale Pietro Abbondio Battiloro
all’Abbazia di Fara S. Martino, ai luoghi ed alle chiese dipendenti, reale e persona-
le, con inventari di suppellettili, di beni mobili ed immobili, e di diritti di chiese e
cappelle fatti e rinnovati in occasione della visita.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 95

151. – ACSP, Abbazie 166 (cart.; mm 270 × 200; ff. 1-255 [ff. 1-2, 5, 119-120, 128-
130, 132-133, 136-137, 164, 177, 184, 192, 198, 205-206, 229-231, 245-255 bianchi];
volume rilegato con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1719-1724]
“Visitatio Abbatiae Farae S. Martini peracta ab Illustrissimis et Reuerendissi-
mis Dominis Canonicis Nicolao Fortiguerra, et Raynerio Simonetti Visitatoribus
specialiter deputatis. Anno 1719”; “Acta, et Decreta condita in Sancta Visitatione
Apostolica peracta ab Illustrissimis et Reuerendissimis Dominis Nicolao Fortiguer-
ra et Raynerio Simonetti Sanctissimae Basilicae Principis Apostolorum de Urbe,
Canonicis, in Insigni Abbatia, Terra et Pertinentijs Faraesanctimartini Nullius
Dioecesis, eidem Sanctissimae Basilicae, et Capitulo Abbati, Domino, et Baroni
immediate subiectis in Temporalibus, et Spiritualibus, Visitatoribus specialiter De-
putatis. Anno Domini 1719”. – Relazione della visita locale, reale e personale, fatta
dai canonici visitatori del Capitolo di San Pietro Niccolò Forteguerri [1674-1735] e
Raniero Felice Simonetti [1675-1749] nel mese di maggio 1719 all’Abbazia di Fara
S. Martino ed ai luoghi ed alle chiese dipendenti, con patenti e notificazioni per la
visita, fedi ed istruzioni. Inventari di suppellettili, di beni mobili ed immobili, dei
luoghi dipendenti (ff. 3r-118r [ai ff. 73v-81v: “Instrumentum Concordiae habitum
inter Universitatem Faraesanctimartini, eiusque cives ex una, et Abatialem Curiam
ex altera parte, stipulatam per Acta Notarij Nicolai de’ Angelis Terrae Turricillae
Theatinae [i.e. Torricella Peligna] Dioecesis sub die 20 mensis Maij 1719”]); nu-
merosi inventari, tra cui: “Inuentario delli Beni Mobili, Stabili, Semouenti, Frutti,
Censi, Rendite, Attioni, Raggioni, Peculio, Grano, Pesi, et d’ogn’altra Cosa spettante
alla Venerabile Cappella di Santo Rocco, quanto al Sacro Monte della Pietà della
Terra della Fara Santo Martino Nullius ordinato dall’Illustrissimi e Reuerendissi-
mi Signori Canonici Domini Nicolò Fortiguerra e Raniero Simonetti Visitatori in
questa predetta Terra specialmente delegati dall’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro
di Roma, Padrone in Spiritualibus, et Temporalibus d’essa Terra fatto da Giuseppe
Alleua odierno Cassiere di detto Sacro Monte della Pietà di S. Rocco sotto lì 18 di
Maggio 1719” (ff. 121r-206v); “Status Animarum Terrae Faraesanctimartini Nullius
conconditus a me Infrascripto Domino Josepho Verna Archipresbytero Parrocchia-
lis Ecclesiae Sancti Remigij eiusdem Terrae in actu Sanctae Visitationis in eadem
Terra peracta ab Illustrissimis et Reuerendissimis Dominis Nicolao Fortiguerra, et
D. Raynerio Simonetti Canonicis Sacrosanctae Basilicae Principis Apostolorum de
Urbe Visitatoribus specialiter Deputatis. Anno 1719. In Unum sono Anime noue-
centosettanta” (ff. 207r-224r); “Inuentario di tutte le rendite [che] possiede l’Illu-
strissimo Capitolo di S. Pietro di Roma utile Barone, et Abbate della Farasanmar-
tino Nullius da’ esigersi da’ suoi erarij in essa Terra della Fara. notato per ordine
de’ monsignori Illustrissimi Visitatori Fortiguerra, e Simonetti hoggi 20 Maggio
1719” (ff. 225r-228r); “Anno 1724 [26 febbraio]. Inuentario di tutte le scritture, che
si conseruano nel Palazzo Abaziale della Farasanmartino nullius etc.” (ff. 232r-
239v); “Inuentario delli Beni dell’Illustrissimo Capitolo sistentino dentro il Palazzo
Abaziale di questa Terra della Farasanmartino [26 febbraio 1724]” (ff. 240r-243v);
“Beni annotati, e descritti nel retroscritto Inuentario, che si pretendono essere di
Giuseppe Gentile del Colle di detta Terra della Fara San Martino nullius [1724]”
(f. 244r).

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96 MARCO BUONOCORE

152. – ACSP, Abbazie 167 (cart.; mm 270 × 200; ff. I-III. 1-272 [ff. I-III, 31-32, 50-
52, 249-272 bianchi (alba tota)]; volume rilegato con copertina di cartone rivestita
in pergamena) [1733]
“Acta S. Visitationis factae in insigni Abbatia Farae S. Martini nullius etc. Per
Illustrissimum et Reuerendissimum Dominum Antonium Tasca Archiepiscopum
Hyerapolitanum et Canonicum S. Petri de Urbe Visitatorem Generalem deputatum
ab Illustrissimo et Reuerendissimo Capitulo S. Petri perpetuo Abbate commenda-
tario, de hoc anno millesimo septingentesimo trigesimo tertio. 1733”. – Relazione
della visita fatta nel mese di luglio 1733 dal canonico del Capitolo di S. Pietro
nonché arcivescovo titolare di Gerapoli Antonio Tasca [1676-1736] all’Abbazia di
Fara S. Martino e a tutti i luoghi ed alle chiese dipendenti (ff. 1r-49v), con ordini e
disposizioni emanati durante la visita (ff. 53r-114r), revisioni dei conti delle varie
amministrazioni (ff. 115r-130v), suppliche consegnate al visitatore con i relativi
rescritti (ff. 131r-201v), note di messe e di ore da celebrarsi (ff. 202r-206v), inven-
tari di suppelletili ed oggetti preparati in occasione della visita e delle scritture che
si conservano nella corte abbaziale (ff. 207r-246v) ed altri atti relativi alla visita
(ff. 247-248v).

153. – ACSP, Abbazie 168 (cart.; mm 275 × 205; ff. I-IV. 1-66 + 5a, 41a [ff. I-II,
5a, 41a, 49, 61-66 bianchi]; registro rilegato con copertina di cartone rivestita in
pergamena) [1747]
“Farae Sancti Martini Nullius. 1747. Acta Sanctae Visitationis factae per Il-
lustrissimos et Ruerendissimos Dominos Nicolaum Xaverium Santamaria Epi-
scopum Cyrenensem et Benedictum Ancajani Canonicos Sacrosanctae Basilicae
Principis Apostolorum S. Petri de’ Urbe Visitatores specialiter Deputatos in Spiri-
tualibus, et Temporalibus ab Illustrissimis, et Reuerendissimis Capitulo, et Canoni-
cis dictae Sacrosanctae Basilicae, uti Abbate perpetuo Commendatario, et Barone
Supradictae huius Terrae. Farae Sancti Martini Nullius”. – Relazione della visita
fatta nel mese di ottobre 1747 dai canonici del Capitolo di S. Pietro Niccolò Save-
rio Santamaria nonché arcivescovo titolare di Cirene [c. 1697-1776] e Benedetto
Ancajani [1700-1781] all’Abbazia di Fara S. Martino e a tutti i luoghi ed alle chiese
dipendenti (ff. 6r-22v), con editti (ff. 1r-5v), stati economici ricavati dai conti delle
chiese, cappelle e confraternite (ff. 23r-34v, 44r-47v), loro inventari (ff. 35r-40r),
note di messe e di ore da celebrarsi (f. 41r), conti dell’esazione dei residui (f. 48rv),
un editto riguardante la tintoria, il “Purgo” e il “Valca” emanato dai visitatori il 25
ottobre (ff. 50r-54v), un altro, del 5 ottobre, sullo stato generale dell’Abbazia ag-
giunto alla fine del volume (ff. 55r-60v). Precede un indice (ff. IIIv-IVr).

154. – ACSP, Abbazie 169 (cart.; mm 270 × 200; ff. I-IV. 1-29 [ff. IV, 19-29 bian-
chi]; fascicolo rilegato con copertina in cartone) [1760]
“Copia. Acta sanctae Visitationis factae a Reuerendissimo Domino Leonardo
Abbate Madonna Vicario Generali, et Visitatore de ordine Illustrissimi et Reueren-
dissimi Capituli Sancti Petri de Urbe in hac terra Pharae Sancti Martini Nullius.
Hoc anno 1760”. – Visita eseguita nel mese di settembre 1760 dall’abate Leonardo
Madonna all’Abbazia di Fara S. Martino e a tutti i luoghi ed alle chiese dipendenti,
con la “Relatio Status Abbatiae Farae S. Martini Nullius in Provincia Theatina

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 97

Regni Naeapolitani” (ff. Ir-IVv), la relazione della visita (ff. 1r-15v) e gli stati econo-
mici ricavati dai conti delle chiese, cappelle e confraternite (ff. 16r-18v).

155. – ACSP, Abbazie 208 (cart.; mm 310/210 × 190/135; ff. 1-715 [ff. 48-73, 365-
366 a stampa] [ff. 27, 33, 41, 46, 78, 92-93, 101-102, 113, 121, 128-129, 137-138, 145,
154-155, 164-165, 172-176, 176, 231, 239, 217-218, 306, 309-310, 313-314, 323, 327,
331, 341-342, 357, 360, 393, 415, 454-456, 467-469, 476, 488-490, 515-516, 531, 544,
560-561, 565, 563-594, 644, 650, 655-656, 664, 666, 668, 672, 674, 676, 678, 711-715
bianchi]; filza con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1731-1840]
“Visita dell’Abbadia del Bosco fatta dal Reuerendissimo Signor Canonico Filip-
po Massimi [Filippo Massimo, 1775-1836] 1822 e Relazione della Fara S. Marti-
no”. – Originali e copie di documenti riguardanti la questione giurisdizionale con
il Regno di Napoli per l’Abbazia di Fara San Martino: (ff. 477r-487r) “Allegazione
stampata in sostegno della Denunzia fatta da Don Cipollone [i.e. canonico Giulio
Cesare Cipollone] in nome dell’Unità della Fara per lo Regio Padronato su quella
Badia di S. Martino alla suprema Giunta degli Abusi”, (ff. 491r-514v) “Relazione
del Caporuota di Chieti Don Ferdinando Corradini”, (ff. 517r-530r) “In Causa re-
dintegrationis Regii Patronatus in Abbatias S. Martini de Phara, S. Saluatoris ad
Maiellam et S. Barbati de Pollutro”, (ff. 533r-543v) “1772. Processus Originalis pro
Regio Fisco et Universitatis Terrae Farae S. Martini et successive pro Don Leopol-
do di Carlo super Regio Patronatu Abbatiae Farae S. Martini”, (ff. 545r-552r) “Per
la sentenza della Fara”, (ff. 557r-562v) “Bolle della Badia di Fara”, (ff. 567r-582r)
lettere e memoriali relativi alla causa di reintegro del Regio Patronato [anni 1731-
1733], (ff. 597r-634v) “Scritture attinenti all’acquisto del Feudo di Fara S. Martino”
(copia della “Scrittura per l’acquisto del Feudo della Fara fatta dal Capitolo Vati-
cano” nel 1584).

156. – ACSP, Abbazie 252 (cart.; mm 280/210 × 210/135; ff. 1-627 [ff. 93-94, 101,
131-132, 241, 267, 269, 400, 406, 442, 444, 481-483, 485, 528-530, 617, 624, bian-
chi]; filza con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1583-1631]
“Lettere delle Badie del Regno. 1583-1631”. – Lettere di varie persone scritte
al Capitolo di S. Pietro in Vaticano da Fara S. Martino e luoghi vicini (cfr. ff. 17r-
19v, 24rv, 38rv, 44r-49v, 76r-77v, 98r-100v, 114r-122v, 126rv, 156r-158v, 205rv,
206r-209v, 216rv, 234r, 235r, 236r-237v, 244r-246r, 248r-250r, 257rv, 393r-394r,
462r-465r, 511r-512v, 519-523v, 544r-545r, 547r-548v, 554r, 556r-557v, 560r-562r,
587rv, 601r, 612r-613r, 618rv, con lettere di Angelo Arruffa arciprete, Giovanni Bat-
tista Corrado, Giovanni Maria de Lellis, Giovanni Nicola/Cola di Giulio, Pompeo
Gentile, Alessandro Mammarelli, Nicola/Cola Mancini, Francesco Orla, Geronimo
Speranza, Liberatore Tavani vicario di Fara, Camillo e Giuseppe Felice Valignani,
Pietro Verna, Francesco, Giulio e Mario Vernice), dal Bosco e luoghi vicini, da L’A-
quila, da Napoli ed in genere dall’Italia meridionale, con allegati vari: relazioni di
visite, sommari di processi, esposti, verbali note di spese, editti (in copia), procure,
fedi, note di scritture, conti ed atti vari.

157. – ACSP, Abbazie 253 (cart.; mm 280/130 × 195/90; ff. 1-605 [f. 53 a stampa]

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98 MARCO BUONOCORE

[ff. 40, 49-50, 68, 81, 114, 120, 130, 270, 402 bianchi]; filza con copertina di cartone
rivestita in pergamena) [1632-1634]
“Lettere delle Badie del Regno. 1632-1634”. – Lettere di varie persone scritte
al Capitolo di S. Pietro in Vaticano da Fara S. Martino e luoghi vicini (cfr. ff. 46r-
47v, 51r-54r, 59r-60v, 86rv, 108r-109v, 166r-167v, 192r-193v, 206r-207r, 220r-223r,
266r-267r, 271rv, 274r-275r, 270r-281r, 346r-347v, con lettere di Francesco Orla e
Liberatore Tavani vicario di Fara), dal Bosco e luoghi vicini, da L’Aquila, da Napoli
ed in genere dall’Italia meridionale, con allegati vari: fedi, ricevute, ordini, memo-
rie, atti e scritture varie.

158. – ACSP, Abbazie 254 (cart.; mm 300/280 × 220/185; ff. 1-602 [ff. 47-48, 88,
400, 483 bianchi]; filza con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1636-
1654]
“Lettere delle Badie del Regno. 1636-1654”. – Lettere di varie persone scritte
al Capitolo di S. Pietro in Vaticano da Fara S. Martino e luoghi vicini (cfr. ff. 26r,
28r-29r, 35r, 73r, 84r-85v, 96r-97r, 103rv, 108r-110r, 117rv, 121r-122r, 129r, 130rv,
145r-146v, 159r, 161rv, 184r-186r, 193rv, 195r-197v, 206r, 215r-216r, 230rv, 239r-
240r, 245r, 313r-314r, 333rv, 358rv, 372r-373r, 431r, 432rv, 499r, 502r, 518r-520v,
521rv, 526r-528v, 531r-536v, 538r-539v, 551r-552r, 568r-576v, 581r, 589r-590v,
595r-600v, con lettere del Camerlengo e Governatore di Fara S. Martino, Santo
de Ciprianis, Camillo Aloè, Giovanni Battista Natale, Liberatore Tavani vicario di
Fara, Giulio e Giuseppe Felice Valignani, Francesco Verna, Giacomo Vernice), dal
Bosco e luoghi vicini, da L’Aquila, da Napoli ed in genere dall’Italia meridionale,
con allegati alcuni appunti per le risposte, copie di altre lettere, note di spese, lette-
re di cambio e ricevute, notizie, provvigioni ed atti vari.

159. – ACSP, Abbazie 255 (cart.; mm 280/250 × 210/175; ff. 1-601 [i ff. 245-252
sono rilegati capovolti; ff. 116, 229, 238, 333, 342-343, 345-346, 361-362, 392, 540
bianchi]; filza con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1655-1658]
“Lettere delle Badie del Regno. 1655-1658”. – Lettere di varie persone scritte al
Capitolo di S. Pietro in Vaticano da Fara S. Martino e luoghi vicini (cfr. ff. 8-10r,
22r-23r, 30r-31v, 33r-34v, 40r-41r, 50r-51r, 55r-59v, 69r-70r, 94r-95r, 99r, 102rv,
113r-114r, 118r-120r, 124r-125r, 128r-129r, 131r-133r, 135r-137v, 143r-146r, 154r-
155r, 159r-160r, 163r-164r, 167r, 169r-170r, 172r-176v, 178r-179r, 182r-184r, 188r-
189r, 191r-193r, 200rv, 204r-206v, 209v-210v, 213r, 217r-221r, 226r-228r, 241r-
242v, 244r, 246r-248v, 253r-259v, 268r-272r, 279r-284r, 292r-293r, 299r-300r, 315r,
363rv, 370rv, 372r, 381r, 404r-406v, 426r, 487r, 551r, 553r-554v 571r-572r, 584r,
con lettere del Camerlengo e Reggimento di Fara S. Martino, di Giuseppe Aruffa ar-
ciprete, Antonio de Berardis, Giovanni Bernardino de Donato, Giuseppe di Natale,
Giovanni Tommaso Gentile, Antonio Marrone, Giovanni Battista Natale, Carlo Ta-
vani, Giulio Valignani, Francesco Verna; al f. 297rv: “Notamento delle significatorie
de conti reuisti de luoghi pij della Terra della Fara S. Martino della giurisdizione
dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma” [marzo 1656]), dal Bosco e luoghi
vicini, da Vetralla e da Napoli ed in genere dall’Italia meridionale, con allegati vari:
estratti di inventari di visite, ricevute, fedi, esposti e scritture varie.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 99

160. – ACSP, Abbazie 256 (cart.; mm 280/265 × 210/180; ff. 1-575 [ff. 10, 20, 22,
26, 118, 133, 144-146, 272, 323, 386-387, 532 bianchi]; filza con copertina di carto-
ne rivestita in pergamena) [1659-1662]
“Lettere delle Badie del Regno. 1659-1662”. Lettere di varie persone scritte al
Capitolo di S. Pietro in Vaticano da Fara S. Martino e luoghi vicini (cfr. ff. 99r-103r,
112rv, 125r-126r, 125r, 136r, 139r, 179r, 210r-211r, 215r-216v, 218r, 221r-222r,
228rv, 251rv, 267r, 288r-289v, 318r-322r, 328rv, 394rv, 415r-416v, 450rv, 461r, 552r,
553rv, con lettere del Camerlengo e Governatore di Fara S. Martino, di Antonio e
Giuseppe Aruffa arciprete, Giuliano Cinque capitano, Stefano di Lallo, Giovanni
Tommaso Gentile, Giuseppe Milone), dal Bosco e luoghi vicini, da L’Aquila, da
Napoli ed in genere dall’Italia meridionale, con allegati vari: fedi, entrate e uscite,
conti, esposti relativi a cause, interrogazioni di testimoni, ricevute e scritture varie.

161. – ACSP, Abbazie 257 (cart.; mm 280/195 × 210/130; ff. 1-524 [ff. 101, 164,
423-424, 490 bianchi]; filza con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1663-
1664]
“Lettere delle Badie del Regno. 1663-1664”. – Lettere di varie persone scritte
al Capitolo di S. Pietro in Vaticano da Fara S. Martino e luoghi vicini (cfr. ff. 8rv,
17r, 33r, 34r-35r, 50rv, 53r, 55r, 67r-68v, 70r, 78r, 79r-82r, 89r-91r, 99r-100v, 103r-
104r, 106r-108r, 113rv, 115r-116r, 122rv, 129r-130r, 135r-137r, 139r-140v, 148r-
149v, 151r, 152r-155v, 165r-166r, 177r-178v, 190rv, 193r-194v, 207r-208v, 224rv,
230rv, 236r, 238rv, 251r-252r, 255r, 256r-257r, 259r-263v, 266r, 270r-272r, 280r-
281v, 286r-287r, 290r, 291r-292r, 294r, 295rv, 302r, 310r, 311rv, 320rv, 323r, 329r-
330r, 333r, 334r-335r, 351rv, 354r-355v, 369r, 370rv, 374r, 383rv, 397r-398r, 404r-
405v, 407rv, 415rv, 433r, 434r-438v, 444r, 448r, 449rv, 459r, 460r, 468r, 469r, 470r,
475r, 479rv, 482rv, 493r-494v, 496r, 498r-500r, 502r-503r, 519r-520r, 521r-522v,
con lettere del Camerlengo e il Reggimento di Fara S. Martino, di Giuseppe Aruffa
arciprete, Donato Cacciapaglia arciprete di Palombaro, Cinzio d’Antonio, Donato
d’Antonio erario, Bernardino di Muzio erario, Giovanni Antonio di Sciullo, Gio-
vanni Tommaso Gentile, Donato Marrone camerlengo, Giuseppe Milone, Stefano
Tavano, Nicola Tomassi vicario), dal Bosco e luoghi vicini, da L’Aquila, da Napoli
ed in genere dall’Italia meridionale, con allegati vari: note di oggetti, fedi, entrate
e uscite e scritture varie.

162. – ACSP, Abbazie 258 (cart.; mm 280/205 × 210/140; ff. 1-583 [f. 313 bianco];
filza con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1665-1696]
“Lettere delle Badie del Regno. 1665-1696”. – Lettere di varie persone scritte al
Capitolo di S. Pietro in Vaticano da Fara S. Martino e luoghi vicini (cfr. ff. 9r-29v,
32r-38v, 40r-41r, 50rv, 54r, 55r, 56r, 57rv, 60r-81v, 69rv, 71rv, 75r, 87r-88r, 89r,
91r-92r, 100r-101v, 129rv, 161r-162v, 168r-172r, 188r-189r, 195r, 224rv, 226r-228v,
235r, 237r-238r, 257r-258r, 280r, 281r-282v, 287r, 288r, 289r, 293r-294r, 301r-302v,
303rv, 306r-307r, 319r-320r, 323r, 331r-332v, 334r-335r, 341r-342r, 343r-344r,
345rv, 347r-348r, 353r-354r, 366r-367r, 371r-372r, 374r-375r, 376r, 383r, 386r-
387v, 389r-390v, 393r-394r, 403r, 422rv, 427rv, 440r, 457r, 469rv, 476rv, 477rv,
492r, 496r, 498r-499r, 506r-507r, 509r-510v, 518r-519r, 522rv, 548r, 567r, 569r-
570v, 581rv, con lettere del Camerlengo e Reggimento di Fara S. Martino, Antonio

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100 MARCO BUONOCORE

Aruffa economo, Battista Aruffa, Giuseppe Aruffa arciprete, Cinzio d’Antonio, Do-
nato d’Antonio erario, Giacomo Antonio d’Antonio, Giuseppe di Carlo camerlengo,
Ortensio di Iulio, Marino di Marino, Stefano di Remiggio camerlengo, Fabio di
Sciullo camerlengo, Giovanni Antonio di Sciullo, Francesco Gentile arciprete, Gio-
vanni Battista Gentile, Giovanni Tommaso Gentile, Donato Marrone camerlengo,
Eladio Marrone camerlengo, Giuseppe Milone, Filippo Morgante governatore, An-
tonio Tavano, Nicola Tomassi vicario, Giovanni Battista Valignani; ai ff. 51r-52v:
“Nota delli beni stabili che possiedi le chiese della Terra della fara S. Martino con
tutte l’altre Cappelle in dette chiese” [23 marzo 1665]), dal Bosco e luoghi vicini,
da L’Aquila, da Napoli ed in genere dall’Italia meridionale, con allegati vari: note di
stabili posseduti, verbali di consigli, fedi, dichiarazioni, informazioni, istruzioni,
suppliche, atti e scritture varie.

163. – ACSP, Abbazie 258A (cart.; mm 270 × 190; ff. 1-96 [ff. 28, 41, 73, 88, 90
bianchi]; mazzo di fogli sciolti senza copertina) [1675-1676]
“Lettere scritte da Napoli nel 1675, 1676 per l’affari della Fara, e Chieti”. – Let-
tere del vicario della Fara, della Comunità, di un agente del Capitolo ed altri scritte
nel 1675 e 1676 dalla Fara S. Martino e luoghi vicini (Lanciano e Chieti), con infor-
mazioni, proteste, suppliche, attestati, altre lettere, copie di risposte e stati vari dal
6 marzo 1675 all’11 dicembre 1676. Ai ff. 5r-11r: “Memoriale dell’Università della
Fara” (marzo 1675); f. 12rv: “Lettera del 22 marzo 1675 del Vicario <scil. Tommaso
Luciani> della Fara sopra la visita di quella giurisdittione et annessi”; ff. 14r-15v,
33r-34v, 63r-64v: tre lettere dell’erario Donato d’Antonio (17 aprile 1675; 15 aprile
1676; 15 settembre 1676); ff. 16-17v: lettera della comunità (17 aprile 1675); ff. 75r-
76v, 81r-82v: due lettere di Giuseppe Aruffa (9 ottobre 1676; 6 novembre 1676);
ff. 91r-95v: memoriale e supplica della Fara di S. Martino (senza data); f. 96rv:
lettera di Antonio d’Urbano (senza data).

164. – ACSP, Abbazie 259 (cart.; mm 280 × 190; ff. 1-459 [ff. 4, 20, 50, 53, 142,
155-159, 169, 171, 177, 179, 181, 190, 192-193, 204, 206-209, 219-221, 223, 232,
238-239, 251, 258, 290-294, 302-306, 326, 337, 340, 353, 355, 361-362, 383, 497-403,
426-431, 439-441, 452-453 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone
rivestita in pergamena) [1689-1701]
“Lettere dell’Erarii, dell’Università, e de’ Governatori della Fara S. Martino, con
le minute delle risposte alle medesime dall’Anno 1689 à tutto il 1701”. – Lettere
dell’Università della Fara, degli erari Giuseppe Milone e Nicola Sciarra e dei go-
vernatori Antonio Marini e Scipione Paladino, e minute delle risposte del Capitolo.
Precede un brevissimo indice con l’indicazione dei gruppi di lettere (f. 8r). – I)
“Lettere di Giuseppe Milone Erario della Fara S. Martino Dalli 13 Settembre 1689
à tutto 3 Maggio 1700. Minute di risposte alle Medesime dalli 26 Genaro 1695 per
tutto il primo Aprile 1700” (ff. 5r-145v). – II) “Lettere scritte à Giuseppe Melone
Erario della Fara S. Martino Dalli 26 Genaro 1695 sino all’ultimo Maggio 1700”
(ff. 146r-241v). – III) “Lettere di Nicola Sciarra Erario della Fara S. Martino Dalli
13 Agosto 1700 à 24 Dicembre 1701” (ff. 242r-280v). – IV) “Lettere scritte à Nicola
Sciarra Erario della Fara S. Martino Dalli 31 Luglio 1700 sino alli 26 Novembre
1701” (ff. 281r-306v). – V) “Lettere del Camerlengo, e Reggimento, et altri della

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 101

Fara S. Martino Dalli 28 Marzo 1690 à tutto li 15 Dicembre 1701” (ff. 307r-346v).
– VI) “Lettere Scritte dall’Università della Fara S. Martino Dalli 12 Nouembre 1689
sino alli 2 Agosto 1701” (ff. 347r-363v). – VII) “Lettere del Signor Antonio Marini, e
Signor Scipione Paladino [in erasione: “e Sig. Tarquinio Armenante”], Governatori
della Fara S. Martino Dalli 19 Dicembre 1698 à tutto li 27 Dicembre 1701” (ff. 364r-
419v). – VIII) Lettere indirizzate ai Governatori della Fara S. Martino Tomaso de
Tomasi, Antonio Marini, Scipione Paladino e al vice economo Paolo Antonio de
Nardis dal 27 ottobre 1697 al 4 dicembre 1700 (ff. 420r-459v).

165. – ACSP, Abbazie 260 (cart.; mm 310/280 × 210/190; ff. 1-408 [ff. 1-2, 22,
30, 78, 80, 82, 92-94, 108, 118-122, 124-126, 144, 197-200, 208, 210-211, 220-222,
224-226, 234-238, 248, 276-277, 285, 299, 301-302, 311, 336, 341, 358, 377, 386-
392, 401, 408 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in
pergamena) [1694-1701]
“Lettere di proposta e risposta di diversi della Fara S. Martino dalli 13 marzo
1694 a tutto l’anno 1701”. – Lettere di Panfilo Tabassi vicario generale, Ottavio
Tavani vicario foraneo, Francesco Gentile arciprete della Fara, Gentile Antonio
Gentile della Fara S. Martino e altre persone varie, e minute delle risposte. Precede
un brevissimo indice con l’indicazione dei gruppi di lettere (f. 3r). – I) “Lettere del
Signore Panfilo Tabassi Vicario Generale Della Fara S. Martino dalli 13 Marzo
1694 sino alli 25 Novembre 1701” (ff. 5r-68v). – II) “Lettere scritte al Signore Pan-
filo Tabassi Vicario Generale della Fara S. Martino dalli 21 Agosto 1694 sino alli 3
Dicembre 1701” (ff. 69r-126v). – III) “Lettere del Signore Don Ottauio Tauani Vica-
rio foraneo della Fara S. Martino dalli 30 Luglio 1696 à 1701” (ff. 127r-188v). – IV)
“Lettere scritte al Signore Don Ottauio Tauani Vicario foraneo della Fara S. Mar-
tino dalli 27 Novembre 1696 sino alli 21 Agosto 1701” (ff. 189r-238v). – V) “Lettere
di Don Francesco Gentile Arciprete della fara S. Martino dalli 27 Novembre 1694
à 15 Gennaio 1699” (ff. 239r-258v). – VI) “Lettere di Gentile Antonio Gentile della
Fara S. Martino dalli 18 Luglio 1700 à tutto li 7 Novembre 1701” (ff. 259r-303v). –
VII) “Lettere scritte da Diuerse Persone della Fara S. Martino e Luoghi Circonuicini
dalli 14 Marzo 1691 à tutto li 27 Dicembre 1701” (ff. 304r-378v). – VIII) “Minute
di risposte date alle lettere di Diuerse persone della Fara S. Martino e Circonuicini
dalli 27 Ottobre 1696 à tutto li 24 Dicembre 1701” (ff. 379r-408v).

166. – ACSP, Abbazie 260A (cart.; mm 270/200 × 200/135; ff. 1-779 [ff. 7, 11-12,
33, 49, 67, 85, 97, 123, 134, 138, 143, 173, 183, 195, 197, 199, 207, 210-211, 216, 218,
222, 238, 240, 304, 314, 319, 323, 337, 342, 348, 373, 390, 412, 414, 419, 437, 439,
461, 466, 483, 499, 501, 512-515, 521, 531, 537, 540-541, 543, 553, 555, 558, 563,
569, 577, 581, 589, 593, 597, 607, 611, 613, 615, 627-629, 635, 637, 640, 642-643,
664-665, 673, 687, 689, 701, 703, 707, 709, 711, 713, 715, 725, 727, 729, 739, 741,
743, 745, 751, 753, 761, 763, 765, 767, 771, 777 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con
copertina di cartone rivestita in pergamena) [1702-1707]
“Proposte e risposte al Dottor Tarquinio Armenante Governatore e Agente della
Fara S. Martino 1702. 1703. 1704. 1705. 1706. 1707”. – Lettere di Tarquino Arme-
nante, governatore di Fara S. Martino, al Capitolo di S. Pietro, con allegate varie
scritture; altre lettere, suppliche, dichiarazioni, attestazioni, ricevute, una perizia

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102 MARCO BUONOCORE

per i danni del terremoto del 3 novembre 1706 (ff. 470r-476v), sommari di processi
e altri scritti relativi, un memoriale di fatto, appunti e vari atti; minute delle rispo-
ste del Capitolo di S. Pietro, dal 2 agosto 1702 al 30 maggio 1707.

167. – ACSP, Abbazie 261 (cart.; mm 270/190 × 200/140; ff. 1-551 [ff. 21, 50, 58,
72, 74, 77, 123-122, 135, 137, 139, 143, 145, 147, 149, 151, 153, 155, 157, 159, 161,
163, 165, 167, 169, 171, 173, 175, 177, 179, 181, 183, 185, 187, 189, 191, 193, 195,
197, 201, 205, 207, 209, 211, 213, 216, 218, 220, 222, 224, 226, 228, 230, 232, 234,
236, 238, 240, 242, 244, 246, 248, 250, 252, 254, 256, 258, 262, 264, 266, 268, 270,
272, 274-275, 278, 280, 282, 284, 286, 290, 292, 284, 298, 300, 303, 306, 308, 310,
314, 318, 320, 322, 324, 326, 328-329, 334, 336, 338, 340, 346, 348, 350, 352, 354,
356, 358, 360, 364, 366, 370, 374, 376, 378, 380, 382, 384, 386, 388, 390, 394, 396-
397, 400, 402, 404, 406, 408, 410, 412, 414, 416, 418, 420, 426, 430, 432, 436, 438,
440, 442, 444, 446, 452, 454, 456, 458, 462, 468, 470, 472, 474, 478, 480, 482, 484-
485, 490, 496, 500, 504, 506, 508, 510, 512, 518, 520, 522, 524, 526, 528, 530, 532,
534, 536, 538, 540, 542, 544, 546, 548, 550-551 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con
copertina di cartone rivestita in pergamena) [1702-1706]
“Lettere dell’Abbate Tabassi Vicario Generale della Fara S. Martino et altre
scritte à diuersi particolari del medesimo luogo dal 1702 a tutto il 1706”. – Lettere
del vicario generale Panfilo Tabassi dal 1702 al 1706 e resoconto di deposizioni di
testimoni in un processo istruito dal promotore fiscale nella corte abbaziale della
Fara S. Martino (ff. 83r-102v); minuta di lettere del Capitolo trasmesse a Panfilo
Tabassi, ad Ottaviano Tavani vicario foraneo, ai camerlenghi dell’università del-
la Fara, ai governatori Francesco Cotugno e avvocato Giacomo Valletta, a mons.
Patrizi nunzio di Napoli, al duca di Vacri <scil. Tommaso Valignani>, ai fratelli
Peschio, all’erario Nicola/Nicolò Sciarra, ad altri erari e persone diverse dal 1702
al 1707. – I) “Lettere di Panfilo Tabassi Vicario della Fara S. Martino. 1702. 1703.
1704. 1705. 1706”, dal 24 febbraio 1702 al 16 settembre 1706 (ff. 2r-128v). – II)
“Lettere a diversi della Fara S. Martino et ad altri circomuicini. 1702. 1703. 1704.
1705. 1706”, dal 10 gennaio 1702 al 25 settembre 1706 (ff. 129r-198v). – III) “Lettere
scritte al Signor Pamfilo Tabassi Vicario Generale della Fara S. Martino. Sulmona.
1702. 1703. 1704. 1705. 1706. 1707”, dal 14 gennaio 1702 al 24 aprile 1707 (ff. 199r-
275v). – IV) “Lettere scritte al Sig. Ottauio Tauani Vicario Foraneo della Fara S.
Martino. 1702. 1703. 1704. 1705. 1706. 1707”, dal 7 gennaio 1702 al 9 gennaio
1707 (ff. 276r-329v). – V) “Lettere delli Cammerlenghi dell’Università della Fara,
Gouernatori Signor Don Francesco Cotogno, Signor Auuocato Giacomo Valletta e
Monsignore Patrizi Nunzio in Napoli, e Signor Duca di Vacri dall’anno 1702 fino
a tutto l’anno 1706”, dal 7 gennaio 1702 al 14 maggio 1707 (ff. 330r-397v). – VI)
“Lettere scritte alli Fratelli Peschij [i.e. Donato, Gabriele e Giacinto Peschio]. 1702.
1703. 1704. 1705. 1706 “, dal 22 aprile 1702 al 17 luglio 1706 (ff. 398r-485v). – VII)
“Lettere scritte à Nicola Sciarra Erario della fara S. Martino ed alti Erarij succeduti
in appresso [i.e. Giovanni Antonio Verna e Giuseppe di Carlo]. 1702. 1703. 1704.
1705. 1706”, dal 10 gennaio 1702 al 27 novembre 1706 (ff. 486r-551v).

168. – ACSP, Abbazie 262 (cart.; mm 270/195 × 200/140; ff. 1-679 + 267a [ff. 13,
31, 67, 82, 84, 86, 90, 92, 94, 118, 133, 154, 174, 196, 198, 206, 210, 258, 264, 267a,

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 103

280, 282, 286-287, 292, 296, 304-306, 320, 379, 390, 553, 555, 557, 559, 561, 587,
603, 672, 680 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in
pergamena) [1700-1707]
“Proposte e risposte a’ diversi ministri e particolari della Fara S. Martino dal
1700 a tutto il 1706”. – Lettere di diversi dipendenti del Capitolo di S. Pietro e di
privati, lettere dell’erario Nicola/Nicolò Sciarra, di Gentile Antonio Gentile e di
Giuseppe Gentile del Colle, di Simeone Simeoni, dei fratelli Peschio, di Ottaviano
Tavani vicario foraneo e dell’abate visitatore Zaini. Allegati: suppliche, fedi, conti,
dichiarazioni, particola di un documento del 1444 [a f. 29r] e altre lettere e docu-
menti di vario contenuto. – I) “Lettere diuerse del Vicario e di altri Ministri della
Fara S. Martino dall’Anno 1700 à tutto il 1712 (!)”, dal 19 novembre 1700 al 12 ot-
tobre 1706 [Alessandro Amoroso, Bernardo d’Antrilli, Santo della Porta, Giuseppe
di Sciullo, Francesco Gelone, Domenico Gloria, Filippo Mancini, Giuseppe Ric-
ciuti, Niccolò Rossi, Pietro Sabelli, Giovanni Battista Valignani, Giacomo Antonio
Valletta] (ff. 1r-137v). – II) “Lettere diuerse del Vicario Generale ed altri Ministri
Particolari della Fara S. Martino dall’Anno 1702 al 1706”, dal 26 maggio 1702 al 3
dicembre 1706 [Giovanni Arruffa, Francesco Cotugno, Giuseppe di Carlo, Vincenzo
di Lallo, Giovanni Falconi, Domenico Mauro, Francesco Milone, Carlo Mola, Otta-
vio Terramosca, Giovanni Antonio e Giuseppe Verna] (ff. 138r-274v). – III) “Lettere
di Nicolò Sciarra Erario. 1702. 1703. 1704. 1705. 1706. 1707”, dall’1 gennaio 1702 al
12 febbraio 1707 (ff. 275r-375v). – IV) “Lettere di Gentile Antonio Gentile dall’1702
al 1704 e 1706”, dal 29 gennaio 1702 al 2 agosto 1706 (ff. 376r-420v). – V) “Lettere di
Simeone [Antonio] de Simeonibus dal 1702 al 1705”, dal 3 agosto 1702 al 10 febbra-
io 1705 (ff. 421r-439v). – VI) “Lettere di Giacinto [Donato e Gabriele] Peschi 1702.
1703. 1704. 1705. 1706”, dal 13 aprile 1702 al 13 novembre 1706 (ff. 440r-564v). –
VII) “Lettere del Signor Don Ottauio Tauani Vicario Foraneo nella fara S. Martino
1702. 1703. 1704. 1705. 1706”, dal 4 gennaio 1702 al 16 dicembre 1706 (ff. 565r-
641v). – VII) “Signore Abbate Zaini Visitatore Fara S. Martino. 1706. 1707”, dal 17
novembre 1706 al 5 marzo 1707 (ff. 642r-680v).

169. – ACSP, Abbazie 263 (cart.; mm 270/195 × 200/140; ff. 1-1170 [ff. 3, 5, 7, 9,
11, 13, 15, 21, 23, 25, 27, 31, 37, 39, 47, 50-51, 59, 61, 65, 68-69, 73, 76, 78, 83, 89,
93, 101, 103, 114, 116, 118, 121, 129, 132-133, 141, 149, 156, 159-160, 162, 166, 168,
175, 184, 186, 188, 191, 193, 196, 199, 208, 212, 215, 228, 237, 239, 243, 245, 249,
253, 255, 259, 261, 267, 270-271, 273, 278-279, 289, 293, 295, 297, 307, 309, 315,
321, 327, 333, 337, 339, 341, 345, 347, 349, 355, 361, 364, 379, 390, 406, 421, 427,
429, 432, 434, 436, 438, 442, 444, 446, 448, 450, 452, 454, 456, 460, 464, 466, 468,
470, 472, 474, 476, 478, 480, 482, 484, 488, 490, 492, 494, 496, 498, 507, 521, 543,
545, 547, 549, 551, 553, 555, 557, 559, 561, 565, 567, 569, 571, 573, 575, 577, 579,
581, 583, 585, 587, 589, 591, 593, 599, 601, 605, 607, 609, 611, 622, 624, 627, 629,
631, 633, 638, 640, 642, 644, 646, 648, 650, 652, 654, 657, 659, 661, 668, 674, 677,
679, 681, 686-688, 691, 693, 695, 704, 706, 708, 710, 712, 714, 716, 718, 726, 728,
737, 739, 742, 744, 746, 748, 750, 757, 759, 762, 766, 768, 776, 778, 780, 782, 784,
787, 790, 794, 798, 802, 804, 809, 815, 819, 821, 824-825, 827, 829, 831, 833, 835,
837, 846-847, 849, 853, 861, 866, 868, 870, 874, 876, 878, 883-884, 896, 898, 901,
906, 910, 912, 914, 921, 923, 927, 931, 933, 935, 937, 939, 946, 954, 961, 965, 1020-

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104 MARCO BUONOCORE

1021, 1025, 1029, 1031, 1033, 1035, 1037, 1041, 1043, 1049, 1053, 1055, 1057, 1061,
1063, 1065, 1067, 1069, 1073, 1075, 1077, 1079, 1081, 1083, 1085, 1087, 1093, 1099,
1101, 1133, 1143 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita
in pergamena) [1706-1712]
“Proposte e risposte a’ diversi ministri e particolari della Fara S. Martino dal
1706 a tutto il 1712”. – Lettere di varie persone, suppliche e qualche allegato (copia
di un editto per la celebrazione delle messe, attestati, fedi, copia di un decreto,
copia di processi, inventari, conti, esposti ed altro) e minute delle risposte. – I)
“Proposte e Risposte à diuersi Ministri e particolari della Fara S. Martino dall’an-
no 1709 à tutto il 1712”, dal 6 luglio 1709 all’8 marzo 1712 [Tarquino Armenante,
Giovanni Gentile, Francesco Liberati, Giovanni Battista Tavani, Ottavio Tavani;
ai ff. 112r-127v sono inseriti documenti relativi a Forlimpopoli] (ff. 1r-418v). – II)
“Risposte a lettere dell’Abbate Tabassi già Vicario generale della Fara, et alle lettere
dell’Abbate Liberati hodierno Vicario generale di detta Terra dal mese di Luglio
1707 à tutto maggio 1709 ed anche Giugno di detto anno”, dal 2 luglio 1707 al 9 set-
tembre 1709 [Pier Francesco Liberati e Panfilo Tabassi; ai ff. 499r-507v “Ristretto
del Processo fabricato dal Vicario Generale di Sulmona [scil. Pier Francesco Libe-
rati] contro il Diacono Giuseppe Ricciuti dalla Terra della Fara sopra il furto del
Camisce 1708” [furto di un camice dalla chiesa di S. Remigio]. – III) Lettere di Pier
Francesco Liberati e risposte dall’8 giugno 1709 al 22 agosto 1711 (ff. 508r-593v).
– IV) Lettere di/a Tarquino Armenante, Angelo Arruffa, Giuseppe Matteo Costan-
tini, Marco Crognale, Sigismondo di Lollo, Giuseppe Gentile del Colle, Tommaso
Perrone, Gabriele Peschio, Giuseppe Ricciuti, Ottavio Tavani, dal 10 giugno 1707
al 14 maggio 1712 (ff. 594r-939v). – V) “Lettere dell’Abbate Tabassi già Vicario della
Fara, e dell’Abbate Liberati dal mese di Luglio 1707 à tutto Maggio 1709”, dal 30 lu-
glio 1707 al 4 maggio 1709 [Panfilo Tabassi (ff. 942r-957v), Pier Francesco Liberati
(ff. 959v-1012v); ai ff. 1015r-1016v lettera del duca di Vacri Tommaso Valignani al
Canonico di S. Pietro Pompeo Varese degli Atti (1662-1732), in data Chieti, 6 marzo
1707)] (ff. 940r-1016v). – VI) “Risposte à Lettere del Signor Tarquinio Armenanti
Agente della Fara S. Martino dal mese di Giugno 1707 à tutto Aprile 1709. Come
anco alle lettere di Giuseppe di Carlo Erario di detta Terra”, dal 18 giugno 1707 al
27 aprile 1709 [Tarquino Armenante, Giuseppe di Carlo] (ff. 1017r-1101v). – VII)
“Lettere del Signor Tarquinio Armenanti Agente della Fara dal mese di Aprile 1707
à tutto Marzo 1709”, dal 10 aprile 1707 al 23 marzo 1709 (ff. 1102r-1170v).

170. – ACSP, Abbazie 264 (cart.; mm 270/90 × 200/130; ff. 1-1076 + 226a [ff. 6,
9-10, 68, 76, 87, 98, 127, 151, 194, 203, 205, 223, 228, 230, 232, 240-241, 246-248,
253, 255, 257, 259, 264-265, 271-273, 276, 278, 289, 326, 339, 347, 358, 385, 389,
391, 394, 396, 400, 420, 422, 424, 467, 474, 501-502, 505, 521, 525, 534, 536, 541,
553, 555, 562, 564, 573, 575, 577, 579, 592, 627, 644, 646, 650, 665-666, 668, 673-
674, 676, 681, 689, 698, 700, 792, 708, 718, 720, 723, 729, 751, 757, 769, 829, 853,
855, 869, 971, 908, 910, 914, 916, 918, 920, 922, 962, 964, 989, 1005, 1015, 1017
bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena)
[1712-1719]
“Lettere spettanti alla Badia della Fara S. Martino dal 1712 a tutto Giugno
1719”. – Lettere di varie persone della Badia di Fara S. Martino, con suppliche, que-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 105

rele, comparizioni, fedi, attestati, dichiarazioni, note, conti, un esposto di un fatto


avvenuto ed altro. – I) “Lettere spettanti alla Badia della Fara San Martino 1712.
1713. Lettere scritte da diuersi della Fara S. Martino da Luglio 1712 à tutto il 1713”,
dal 31 maggio 1712 al 19 settembre 1713 (Nicola Carosi, Giuseppe Matteo Costan-
tini, Giovanni Antonio Croce, Duca di Vacri <scil. Tommaso Valignani>, Gentile
Antonio Gentile, Giovanni Gentile, Giuseppe Gentile del Colle, Lallo di Lallo, Pier
Francesco Liberati, Francesco Maria Paglioni, Giuseppe Ricciuti, Ottavio Tavani)
(ff. 1r-225v). – II) – “Fatto seguito nella Fara di S. Martino in Abruzzo vicina alla
Città di Chieti, la qual Terra è di giurisdizione spirituale e temporale del Reueren-
dissimo Capitulo di S. Pietro di Roma”, questione relativa ad un episodio accaduto
il 7 settembre 1713 alla regia dogana di Chieti tra Tommaso de Angelis, Lallo di
Lallo e Antonio Verna, con copie delle lettere trasmesse dal cardinale <Annibale>
Albani al vicerè di Napoli [i.e. Wirich Philipp Lorenz von Daun] e relativi riscontri
(ff. 226r-290v). – III) “Lettere della Badia della Fara 1714. 1715”, dal 3 febbraio
1714 al 18 dicembre 1715 (Pietro Abundio Battiloro, Giovanni Matteo Constantini,
Giovanni Antonio Croce, Diodato de Angelis, Lallo di Lallo, Gentile Antonio Genti-
le, Giovanni Gentile, Pier Francesco Liberati, Gabriele Peschio, Giuseppe Ricciuti,
Domenico Riviera [canonico del Capitolo, 1671-1752], Ottavio Tavani) (ff. 291r-
596v). – V) “Lettere della Badia della Fara. 1716 e 1717”, dall’11 gennaio 1716 al 28
novembre 1717 (Candeloro Battiloro, Pietro Abundio Battiloro, Giovanni Antonio
Croce, Bernardino d’Antrilli, Emanuele Finardi, Gentile Antonio Gentile, Giovanni
Gentile, Giovanni Francesco Gentile, Nicola/Cola Mancini, Gabriele Peschio, Save-
rio Rocca, Ottavio Tavani; ai ff. 755r-758v “Bilancio dell’Entrata Riscossa, et Uscita
pagata da Giuseppe Gentile del Colle Erario del Reuerendissimo Capitolo di S.
Pietro Utile Padrone della Terra della Fara di S. Martino in Abruzzo dalli 20 Marzo
1715 à tutto li 19 Marzo 1716”) (ff. 597r-905v). – VI) “Lettere della Badia della Fara
s. Martino dall’Anno 1718 à tutto Giugno 1719”, dall’1 gennaio 1718 al 19 giugno
1719 (Pietro Abundio Battiloro, Emanuele Finardi, Gentile Antonio Gentile, Nicola
Sciarra, Ottavio Tavani, Giovanni Antonio e Giuseppe Verna) (ff. 906r-1076v).

171. – ACSP, Abbazie 291A (cart.; mm 270/115 × 200/155; ff. I. 1-625 [ff. I, 1-2,
9-10, 28, 31-34, 37, 51-55, 57, 60-62, 78, 80-83, 85-86, 88-90, 106, 109-112, 115-116,
118, 134, 137, 139-143, 164-165, 169-170, 174-179, 190-192, 194-195, 197-199, 205-
206, 208-209, 219-227, 238-247, 261-263, 266-273, 284-285, 288-290, 302-307, 320,
322-324, 326-332, 345, 437-351, 353-358, 364, 366-367, 377, 392-394, 398, 408-414,
427-432, 437, 450, 452-453, 455, 458, 471, 473-478, 491-500, 509-513, 515, 524-527,
529-530, 538, 540-542, 548-549, 607, 622-625 bianchi]; filza con copertina di carto-
ne rivestita in pergamena) [1647-1649]
“1647. 1648. 1649. Registro di Lettere degl’anni 1647, 1648 e 1649 con alcune
riposte Per l’Abbadie di S. Martino in Viterbo, Fara, Bosco e Cusati, Forlimpopo-
li”; “Lettere con molte risposte degli anni 1647. 1648. 1649. Nel Camerlengato di
Monsignor Contelori Canonico di S. Pietro [i.e. Felice Contelori, 1590-1652]: San
Martino de Viterbo, San Martino della Fara, Abbadie del Bosco, e Cosati chiesa di
S. Pietro, Napoli con li Ministri del Capitolo per gli interessi de sodetti luoghi, For-
limpopoli”. – Per Fara S. Marino cfr. i ff. 12rv, 17r-20v, 23r-24r, 29r-30r, 35r, 274r-
276v, 278r-280v, 282r, 286r, 287r, 291r, 292rv, 294r, 296r, 297r-300r, 312r-313r,

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106 MARCO BUONOCORE

314r, 315-319r, 321r, 333r-334r, 335r-336r, 337r-341r, 342r, 343r-344r, 346rv, 352r,
359r, 361rv, 386rv, 387rv+396r, 399r-401v, 403r, 404r, 405r, 406r-407r, 416r-419v,
420r, 421r-423r, 424rv, 426r, 433rv (lettere del Camerlengo e Reggimento di Fara
S. Martino, Francesco Antolino, Antonio Biscia cappellano della Fara, Antonio Cic-
chino, Felice de Angelis, Antonio Gentile, Francesco Antonio Gentile, Giovanni
Battista Natale, Carlo Saccani, Francesco Sella, Carlo Tavani, Liberatore Tavani
vicario di Fara, Stefano Tavani, Giuseppe Felice Valignani, Cesare Verna, France-
sco Verna). Ai ff. 550r-606v, 608r-621v registro delle risposte.

172. – ACSP, Abbazie 292 (cart.; mm 270/90 × 195/130; ff. 1-1211 [f. 851 a stam-
pa] [ff. 48-49, 70, 73, 106, 127, 129, 131, 135, 156, 212, 254, 305, 310, 315, 317-318,
333, 345, 247, 350-351, 359, 363, 367, 377, 383-385, 405, 407, 448, 475, 481, 553,
561, 563, 591, 595, 611, 619, 627, 685, 695, 701, 703, 715, 720-722, 729, 731, 778,
794, 796, 810, 841, 849, 863, 869, 911-912, 947, 953, 962, 969-970, 977, 992, 1017,
1023, 1025, 1027, 1029, 1038, 1052-1053, 1060, 1098-1099, 1124, 1149, 1162, 1182-
1183, 1198, 1200, 1208-1210 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di car-
tone rivestita in pergamena) [1719-1720]
“Lettere riceuute da’ Ministri e Particolari delle Badie di S. Roffillo, Bosco e
Fara S. Martino dagl’8 Aprile 1719 a tutto il 1720”. – Lettere indirizzate al Capitolo
di S. Pietro da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano
del Bosco e Fara S. Martino dal 1719 al 1720 con vari allegati: suppliche, conces-
sioni, ordini, fedi, attestati, infomazioni, atti di processi, disposizioni di testimoni,
intimazioni e monitori, scritture varie relative a processi, collazioni di chiese, ri-
nunce, donazioni, testamenti ecc., uno stato d’anime, conti, ricevute, esposti, rela-
zioni, qualche minuta delle risposte dal 1626 in poi. – Le lettere pertinenti a Fara S.
Martino per l’anno 1719 sono ai ff. 1r-241v datate tra il 3 giugno ed il 23 dicembre
(Francesco Arruffa, Pietro Abundio e Vito Antonio Battiloro, Giovanni d’Antonio,
Andrea de Carlo, Giacinto de Felice maestro di scuola, Gentile Antonio e Teresa
Gentile, Giovanni Gentile del Colle, Giovanni Battista Mascio, Marino Orsatti, Fi-
lippo e Giuseppe Ricciuti, Giovanni Antonio Verna); ai ff. 172r-173v un “Inventario
delli beni dell’Illustrissimo Capitolo sistentino dentro il Palazzo Abbaziale in questa
Terra della Fara S. Martino”. Per l’anno 1720 sono ai ff. 483r-746v datate tra il 6
gennaio ed il 30 dicembre (Pietro Abundio Battiloro, Nicolò Damascelli, Andrea
de Carlo, Giuseppe de Pompeis, Lallo di Lallo, Giovanni Gentile, Giovanni Battista
Mascio, Nicola Sciarra, Giovanni Antonio e Giuseppe Verna); ai ff. 689r-725v espo-
sto dell’Università per tutto l’anno 1720 contro “li gravami spirituali e temporali”
imposti dal vicario generale Pietro Abundio Battiloro.

173. – ACSP, Abbazie 293 (cart.; mm 275/130 × 200/130; ff. 1-1154 [ff. 973, 1107-
1111 a stampa] [ff. 9, 21, 63, 69, 85, 89, 111, 144, 152, 156, 188, 198, 202, 207, 211,
214, 221-223, 225, 267, 276, 278, 290-291, 294, 306, 350, 412, 417, 442-443, 479,
496, 502, 519, 547, 549, 555, 557, 559, 561, 563, 574, 620, 637, 645, 647, 654-655,
667, 671, 709-713, 776, 787, 848, 854, 864, 882, 892, 896, 924, 948, 981, 991, 1008,
1019, 1021, 1023, 1025, 1029, 1052, 1071-1072, 1075, 1112, 1138-1139 bianchi];
fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1721-1722]
“Lettere riceuute da’ Ministri e Particolari delle Badie di S. Roffillo, Bosco e

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 107

Fara S. Martino dal 1721 a tutto il 1722”. – Lettere indirizzate al Capitolo di S.


Pietro da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del
Bosco e Fara S. Martino dal 1721 al 1722 con vari allegati: atti di processi, disposi-
zioni di testimoni, intimazioni, citazioni, un memoriale per una causa e altre scrit-
ture relative a processi, fedi, suppliche, informazioni, contratti, perizie, appunti,
memorie, notizie, conti, minute di risposte, istruzioni per una visita alla abbazia
di Bosco. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1721 sono ai ff. 1r-
321v datate tra il 4 gennaio ed il 27 dicembre (Matteo Arruffa, Pietro Abundio e
Vito Antonio Battiloro, Giuseppe de Pompeis, Gentile Antonio Gentile, Giovanni
Gentile del Colle, Nicola Milone, Giuseppe e Nicola Sciarra). – Le lettere pertinenti
a Fara S. Martino per l’anno 1722 sono ai ff. 609r-797v datate tra il 3 gennaio ed il
26 dicembre (sudditi e vassali di Fara S. Martino, Angelo Arruffa, Matteo Arruffa,
Pietro Abundio Battiloro, Annibale Brigante, Carmine e Giovanni d’Antonio, An-
drea de Carlo, Giovanni Domenico di Carlo, Tommaso di Cecco, Giovanni Gentile,
Giuseppe Ricciuti, Giuseppe Verna).

174. – ACSP, Abbazie 294 (cart.; mm 275/195 × 200/130; ff. 1-1257 [ff. 16, 29, 32,
39, 41, 43, 48, 51-53, 114, 123, 126, 149, 151-152, 154, 158, 186, 188, 190, 192, 194,
196, 198, 200, 203-204, 210, 212, 214, 216, 218, 230-232, 237, 245, 252, 272-273,
288, 303, 304, 306, 310, 312, 324, 330, 332, 378, 388, 402, 410, 417, 462, 465, 474,
476, 491, 513-514, 534-536, 554, 556, 598, 600, 602, 621, 637, 643, 645, 663, 665,
667, 708, 717, 721, 733, 736-737, 758, 807, 821, 823, 827, 835, 839, 869, 876, 885,
895, 931, 937, 969, 971, 1016, 1024, 1035, 1040, 1045, 1063-1065, 1132, 1162-1163,
1197-1199, 1201, 1225, 1232, 1237, 1244, 1257 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con
copertina di cartone rivestita in pergamena) [1722-1724]
“Lettere riceuute da’ Ministri e Particolari delle Badie di S. Roffillo, Bosco e
Fara S. Martino dal 1723 a tutto il 1724”. – Lettere scritte da varie persone delle ab-
bazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino, riunite
in parte per affari (trattati negli anni 1723 e 1724) con altre lettere e documenti dal
1722 al 1723, con allegate altre scritture (sommari di processi, querele e comparse,
deposizioni di testimoni, intimazioni e simili, esposti, qualche minuta e risposta,
suppliche, fedi, informazioni, relazioni, nomine, atti vari, istruzioni per i vicari,
conti, appunti, notizie varie). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno
1723 sono ai ff. 1r-24v, 55r-291v datate tra il 13 gennaio ed il 30 novembre (Matteo
Arruffa, Pietro Abundio e Giuseppe Battiloro, Annibale Brigante, Giovanni Battista
Cipollone, Domenico di Carlo, Gentile Antonio Gentile, Giovanni Battista Gentile
del Colle, Giuseppe Marinelli di Taranta Peligna, Nicola Milone, Francesco Paolo
Palmisano di Chieti, Antonio Ricciuti, Giuseppe e Nicola Sciarra, Giovanni Antonio
e Giuseppe Verna); ai ff. 103r-110v memoriale di Giovanni Gentile contro il clero
della chiesa parrocchiale di S. Remigio ed il vicario generale Pietro Abundio Batti-
loro; ai ff. 146r-155v memoriale contro Tommaso Gentile figlio di Gentile Antonio
Gentile per aver abusato di Giulia di Sciullo figlia di Leonardo di Sciullo; ai ff. 184r-
201v nove fedi (inc.: “Si fà piena ed indubitabile fede …”); ai ff. 204r-283r ricorsi
presentati da diversi abitanti di Fara di S. Martino dal 28 al 30 novembre contro il
vicario generale Pietro Abundio Battiloro in merito alle gestione del Purgo, della
Tintoria e del Mulino con sue discolpe datate settembre 1722 – gennaio 1724; ai

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108 MARCO BUONOCORE

ff. 284r-291v memoriale contro i fratelli Nicola e Pietro Milone. – Le lettere perti-
nenti a Fara S. Martino per l’anno 1724 sono ai ff. 558r-890v datate tra il 22 gen-
naio ed il 13 dicembre (Pietro Abundio Battiloro, Giuseppe Baccari governatore,
Annibale Brigante, Giuseppe Cipollone tintore, Melchiorre Delfico, Gentile Antonio
e Giovanni Gentile, Giuseppe Ricciuti, Giuseppe Tavani, Filippo Tavani, Giovanni
Antonio e Giuseppe Verna); ai ff. 629r-638v “Pretensioni che ha l’Università della
Fara San Martino contro l’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di
Roma” (6 maggio 1724); ai ff. 655r-694v “Requisiti de Concorrenti che aspirano al
Vicariato generale della Badia detta della Fara S. Martino”; ai ff. 731r-742v “Sopra
l’elezione del nuovo Maestro di scuola dell’Università della Fara 17. Giugno 1724”;
ai ff. 819r-824v lite riguardo alla conduzione della “Tintoria”, del “Purgo” e del
“Valca”.

175. – ACSP, Abbazie 295 (cart.; mm 275/200 × 200/135; ff. 1-1645 + 1529a
[f. 1515 a stampa] [ff. 7, 11, 20, 24, 28, 45, 51, 56, 59, 72, 74, 82, 94, 105, 110, 112,
116, 118, 121, 123, 125-126, 150, 156, 232, 239-240, 250-252, 314, 323, 368, 379,
392, 399, 412, 516, 519, 522, 525, 555, 557, 562-563, 567, 571, 573, 591, 593, 625,
631, 635, 640, 644, 665, 690-691, 725, 752, 762, 774-776, 793, 813, 827, 835, 843,
867, 885, 888-889, 898, 902, 905, 956, 980, 907, 1009, 1015, 1019, 1022, 1023, 1026,
1030-1031, 1035, 1037, 1042, 1049, 1051, 1053-1055, 1056, 1059, 1073-1074, 1080,
1094, 1098, 1129, 1160, 1162-1164, 1169, 1174, 1178, 1192, 1204, 1209, 1217, 1245,
1287, 1309, 1327, 1329, 1331, 1333, 1346, 1350, 1353, 1361, 1363, 1365, 1394, 1407,
1419, 1421, 1424, 1437-1438, 1445, 1450-1451, 1455, 1458, 1462, 1470, 1480, 1486,
1511, 1519-1520, 1527, 1529a, 1531, 1536, 1574, 1576-1577, 1589-1597-1636 bian-
chi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1725
-1727]
“Lettere riceuute da’ Ministri e Particolari delle Badie di S. Roffillo, Bosco e
Fara S. Martino dal 1725 a tutto Novembre 1727”. – Lettere scritte da varie persone
delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino
dal 1725 al 1727, in parte ragguppate per affari con altre lettere e documenti, con
allegate suppliche, fedi, attestati, copie di altre lettere, concessioni e nomine varie,
informazioni, qualche minuta di risposta, istruzioni, relazioni, esposti, atti vari,
scritture relative a processi (sommari di atti, comparse, deposizioni di testimoni,
precetti ecc.), conti, bilanci, note di debitori, copie di partite di catasti, appunti,
memorie. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1725 sono ai ff. 1r-
383v datate tra il 4 gennaio ed il 29 dicembre (Giovanni Arruffa, Giuseppe Baccari
governatore, Pietro Abundio Battiloro vescovo di Guardialfiera, Annibale Brigan-
te, Carmine d’Antonio, Melchiorre Delfico vicario, Giovanni de Fabritiis, Caterina
Marinelli, Nicola Sciarra, Giuseppe Verna arciprete); ai ff. 96r-135v “Requisiti de
Concorrenti che aspirano alla Prepositura di Gesso [i.e. Gessopalena]” a seguito
della morte di Gabriele Peschio (la Prepositura verrà concessa al sacerdote France-
sco Tozzi arciprete di Rapino; vd. anche una sua lettera ai ff. 359r-360v datata 11
novembre 1725); ai ff. 137r-140r “Notamento sopra l’Informazione presa dal Signor
Tesoriere delle rendite dell’Abbadia di S. Martino de fara dell’anni 1718. 1719 e
1720” (tesorieri Giuseppe Gentile del Colle e Giovanni Antonio Verna); ai ff. 285r-
287r “Bilancio dell’Amministrazione fatta da Francesco Arruffa olim Cassiere del

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 109

Santo Monte di Pietà di detta Terra della Fara principiata a 16 Agosto 1721 per
tutto li 15 Agosto 1723” (vd. anche ai ff. 291r-306v); ai ff. 309r-354v vertenza sorta
con il comune di Palombaro per la definizione dei confini. – Le lettere pertinenti a
Fara S. Martino per l’anno 1726 sono ai ff. 674r-941v datate tra il 9 febbraio ed il
27 dicembre (Giuseppe Alleva, Annibale Brigante, Carmine d’Antonio, Melchiorre
Delfico vicario, Nicolò Fenaroli, Filippo Franchi governatore, Giovanni Gentile,
Giuseppe Verna); ai ff. 674r-677v memoriali su Angelo Arruffa e Nicola Milone; ai
ff. 712r-719v “Memoria per lo Reuerendissimo Signor Ministro Generale dell’Or-
dine de’ Minori Osservanti di S. Francesco” in merito alle liti sorte per motivi di
questua in tempo di Quaresima tra i Frati Minori Riformati del Convento di Atessa,
che avevano ricevuto la regolare licenza dal Vicario Generale dell’Abbazia di S.
Martino, ed i frati del Convento dei Minori Osservanti di Palena che la pretende-
vano, liti che portarono “al cimento di bastonate”; ai ff. 859r-905v due memoriali
di Melchiorre Delfico riguardanti i problemi amministrativi della Fara S. Martino
e sua Università. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1727 sono ai
ff. 1367r-1513v datate tra l’1 gennaio e 27 dicembre (Nicola Antonio Aruffo, Giusep-
pe Alleva, Panfilo Buccitelli, Carmine d’Antonio erario, Melchiorre Delfico vicario
e suo fratello Oreste, Ubaldo dell’Ermosa, Filippo Franchi governatore, Giovanni
Gentile canonico, Giuseppe Verna arciprete e Giovanni Antonio Verna erario).

176. – ACSP, Abbazie 296 (cart.; mm 320/100 × 210/135; ff. 1-2081 + 60a [f. 1987
a stampa] [ff. 9, 21, 23, 25, 27, 30, 32, 34, 36, 38, 51, 53, 60-60a, 62, 64, 74, 80, 84,
86, 92, 94, 96, 98, 109, 111, 115, 117, 119, 131, 137, 139, 143, 145, 149, 157, 159,
161, 165, 167, 169, 173, 176-177, 192, 194, 208, 210, 214, 217, 226, 231, 233, 237,
239, 241, 245, 248, 256, 264, 268, 273, 275, 285, 288, 292, 294, 296, 300, 305, 307,
311, 313, 323, 331, 341, 343, 350, 352, 354, 358, 364, 366, 369-370, 372, 376, 381,
383-384, 386, 388, 392, 394, 396, 398, 400, 404, 406, 410, 414, 418, 420, 422, 424,
426, 432, 434, 436, 440, 446, 450, 456, 460, 462, 464, 468, 470, 472, 476, 481, 483,
485, 495, 497, 506, 512, 514, 516, 518, 520, 522, 524, 526, 530, 532, 534, 542, 544,
546, 553, 557, 568, 570, 572, 574, 578, 580, 582, 587, 590, 592, 596, 608, 610, 619,
622, 624, 626, 628, 640, 649, 651, 658, 661, 666, 669, 671, 675, 683, 699, 710, 714,
716, 720, 722, 724, 735, 740, 742, 744, 749, 754, 767, 773, 775, 777, 780, 783-784,
789, 793, 800, 802, 808, 814, 817, 826, 832, 834, 854, 856-857, 860, 863-864, 877,
880, 883, 885, 895, 897, 899, 901, 903, 914, 917, 819, 923, 925, 928, 933, 935, 937,
939, 941, 943, 947, 949, 953, 955, 957, 959, 961, 963, 966, 968-969, 971, 981, 983,
987, 991, 995, 997, 1002, 1004, 1006, 1008, 1010, 1018, 1024-1025, 1017-1028, 1032,
1036-1037, 1039, 1046, 1051, 1053, 1059, 1065, 1069, 1073, 1077, 1079, 1085, 1089,
1093, 1095, 1097, 1099, 1106-1108, 1110, 1115, 1120, 1124, 1132, 1136, 1138, 1142,
1148, 1152, 1158, 1161, 1165, 1167, 1169, 1175, 1191, 1193, 1207, 1209, 1211, 1217,
1219, 1222, 1224, 1226, 1228, 1236, 1240, 1242, 1247, 1249, 1251, 1253-1254, 1256,
1262, 1266, 1269, 1274, 1288, 1290, 1298, 1300, 1304, 1307-1308, 1317, 1318, 1320,
1322, 1326, 1328, 1335, 1337, 1339, 1343, 1351, 1353, 1355, 1357, 1359, 1361, 1367,
1369, 1372, 1374-1375, 1377, 1379, 1382, 1386, 1388, 1390, 1392, 1394, 1396, 1398,
1411, 1415, 1417, 1419, 1421, 1425, 1427, 1429, 1431, 1435, 1437, 1439, 1444-1445,
1447, 1451, 1453, 1455, 1459, 1469, 1471, 1473, 1481-1482, 1488, 1502, 1504, 1507,
1509, 1531, 1537, 1545, 1566, 1571, 1585, 1587-1588, 1590, 1596, 1598, 1600, 1602,

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110 MARCO BUONOCORE

1604, 1606, 1616, 1618, 1620, 1622, 1626, 1628, 1636, 1638, 1640, 1648-1649, 1651,
1653, 1655, 1657, 1658, 1661, 1663, 1669, 1673, 1675, 1677, 1681, 1687, 1689, 1693,
1697, 1699, 1701, 1707, 1713, 1715, 1717, 1727, 1734, 1744, 1749, 1755, 1757, 1761,
1763, 1769, 1781, 1795, 1797, 1799, 1807, 1811, 1815, 1817, 1819, 1831-1832, 1834,
1836, 1838, 1840, 1843, 1848, 1877, 1886, 1893, 1900, 1918, 1926, 1928, 1932, 1968,
1993, 2001, 2004, 2007, 2021, 2043, 2045, 2070, 2081 bianchi]; fascicoli e fogli sciol-
ti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1727-1738]
“Lettere riceuute da Ministri e Particolari delle Badie di S. Roffillo, Bosco e Fara
S. Martino dall’Anno 1727 a tutto l’anno 1737”. – Lettere scritte da varie persone
delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino
dal 1727 al 1738, riunite in parte per affari con allegate suppliche, fedi, copie di
altre lettere, minute di risposte e di istruzioni, istanze, atti vari, scritture relative
a processi (sommari degli atti, comparse, deposizioni di testimoni, intimazioni,
memoriali ecc.), esposti, relazioni, informazioni e note di concorrenti, conti e rice-
vute, verbali di riunioni del Consiglio dell’Università della Fara, copie di decreti ed
editti, sindacati, notificazioni, appunti, particole di testamenti e legati. – Le lettere
pertinenti a Fara S. Martino per gli anni 1727-1729 sono ai ff. 1r-313v datate tra
il 20 dicembre 1727 ed il 30 dicembre 1729 (Francesco Arruffo, Angelo Aruffo,
Gerardo Baccari, Panfilo Buccitelli, Carmine d’Antonio erario, Giovanni d’Anto-
nio, Antonio de’ Lallo, Melchiorre Delfico vicario, Andrea di Carlo, Francesco e
Lucia di Cecco, Ubaldo dell’Ermosa, Giovanni Gentile canonico, Giovanni Battista
Gentile del Colle, Marino Milone, Giuseppe Ricciuti, Giuseppe Sciarra canonico,
Nicola Sciarra, Andrea e Filippo Tavani, Caterina Verna, Giuseppe Verna arciprete,
Giovanni Antonio Verna erario); ai ff. 65r-68v “Ristretto di tutti i censi che deue
Giuseppe Gentile del Colle alla Venerabile Confraternita del Santissimo Suffragio”
con lettera dell’arciprete Giuseppe Verna in data 30 aprile 1728; ai ff. 79r-80v in-
giunzione contro il sacerdote Nicola Damascelli. – Le lettere pertinenti a Fara S.
Martino per gli anni 1730-1732 sono ai ff. 738r-941v (Crescenzio Alfieri notaio,
Giovanni Bernardino Aruffa, Carlo Capuano, Carmine d’Antonio erario, Martino
d’Antonio diacono, Melchiorre Delfico vicario, Remigio di Cecco, Feliciano Genti-
le, Gentile Antonio Gentile, Giovanni Gentile canonico, Giovanni Battista Gentile
del Colle suddiacono, Antonio Ricciuti, Giuseppe Salvitto, Nicola Sciarra, Angelo
Tavani). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per gli anni 1733-1737 sono ai
ff. 1409r-1561v (Romualdo Accettella di Chieti, Giovanni Antonio Aruffo erario,
Berardino d’Antonio proerario, Nicola d’Antonio sacerdote, Melchiorre Delfico vi-
cario, Francesco di Rocco, Giovanni Gentile canonico, Giuseppe Gentile del Colle,
Filippo Milone, Antonio Ricciuti, Francesca vedova del quondam Stefano Ricciuti,
Giuseppe Verna arciprete); ai ff. 1543r-1550v “Osservazioni alli Conti delli due anni
trasmessi a tutto Luglio 1736”.

177. – ACSP, Abbazie 297 (cart.; mm 320/135 × 210/100; ff. 1-562 + 1a [ff. 7, 31,
53-54, 77, 104, 122, 124, 133, 140-141, 143, 152, 163, 167, 177, 202, 211-212, 217-
218, 230, 234, 252, 283-284, 287, 294, 298, 311, 313, 317, 321, 334, 340, 360-362,
383-385, 395-396, 409, 412, 418-419, 425, 433, 455, 457, 459, 465-466, 469, 476,
479, 481, 483, 486, 490, 497-499, 502, 506, 510, 517, 519, 521, 523, 529, 535, 539,

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 111

545-547, 555-556 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita
in pergamena) [1737-1740]
“Lettere de Ministri delle Badie del Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro da
Gennaro del 1738 a tutto li 15 Marzo 1740 nel qual tempo cessò l’amministrazione
di Monsignor Albini [i.e. Niccolò Saverio Albini, 1678-1740] per morte del medesi-
mo [avvenuta l’11 aprile del 1740]”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie
di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal 1737 al
1740, in parte ragguppate per affari con allegate minute di risposte, suppliche,
fedi, copie di altre lettere, esposti, atti vari, appunti, scritture relative a processi
(sommari degli atti, comparse e deposizioni di testimoni, citazioni ecc.), ordini,
particole di decreti, informazioni su concorrenti e scritture relative a un esame
fatto da sacerdoti, collazioni di chiese. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino
per gli anni 1737-1740 sono ai ff. 2r-178v datate tra il 19 dicembre 1737 ed il 9
gennaio 1740 (Giovanni Antonio Aruffo erario, Francesco Aruffo, Pietropaolo Ca-
lami, Nicolò Daniele arciprete, Domenico d’Antonio canonico, Giacinto de Felice
sacerdote, Alvaro Delfico vicario, Melchiorre Delfico vicario poi vescovo di Muro
Lucano dal 5 maggio 1738 al 22 aprile 1744, Bernardino de’ Valentini, Remigio di
Cecco, Giovanni Battista Pagani provicario e poi vicario, Nicola Renzo, Giovanni
Ricciuti, Raniero Felice Simonetti arcivescovo di Nicosia e nunzio apostolico a
Napoli, Giovanni Asterio Toppi vescovo di Milevi (Numidia), Giuseppe Verna arci-
prete); ai ff. 47r-51v “Risposta alli setti capi indirizzati all’Illustrissimo Monsignore
Albini dall’Avvocato dell’Illustrissimo Capitolo da Napoli per la causa della Tintoria
fatta contro li Cipolloni” (vd. anche ff. 68r-73r; f. 74rv: “Carichi che si danno dal
Signor Avvocato difensore dell’Illustrissimo Capitolo in Napoli all’Erario Giovanni
Antonio Aruffo”).

178. – ACSP, Abbazie 298 (cart.; mm 320/220 × 210/165; ff. 1-1018 [ff. 90, 104-
105, 107, 129, 133, 165, 169, 211, 223, 300, 309, 510, 511, 551, 553, 575, 708, 738,
757, 771, 776, 778, 780, 868, 886, 892, 955, 961, 1017 bianchi]; fascicoli e fogli
sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1740-1741]
“Lettere riceute da Ministri e Particolari delle Badie di S. Ruffillo, Bosco e Fara
S. Martino con entro il Registro delle Minute delle Risposte dal Mese di Aprile 1740
à tutto Decembre 1741”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruf-
fillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal 1740 al 1741, con
allegati vari (relazioni di visite, fedi, attestati, suppliche, esposti, atti vari, lettere,
copie di decreti, verbali di sedute dei Consigli dell’Università della Fara, conti, som-
mari di processi, memoriali per cause, deposizioni di testimoni, proteste, esposti,
informazioni, nomine varie, una particola di testamento dal 1678 in poi; ai ff. 681v-
682v pianta con l’andamento dell’ansa del fiume Meldola “ove debbonsi piantare
i consaputi ripari per ouiare il maggior danno dell’orto di codesto Illustrissimo e
Reuerendissimo Capitolo”, in data 22 aprile 1741) e registro delle minute delle ri-
sposte (in fascicoli staccati ai ff. 1r-90v per l’anno 1740, ai ff. 335r-488v per l’anno
1741). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1740 sono ai ff. 91r-152v
datate tra il 20 febbraio e il 27 dicembre 1740 (Benedetto Ancajani canonico di S.
Pietro, Giovanni Antonio Aruffo erario, Nicola Aruffo, Carlo Cipolla, Tommaso
Cipollone, Domenico d’Amico, Martino d’Antonio, Alvaro Delfico vicario, Biagio

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112 MARCO BUONOCORE

d’Ippolito, Stefano di Sciullo, Nicola Ricciuti e Giuseppe Sciarra sindicatori, Gio-


vanni Gentile, Antonio e Leonardo Orsatti, Andrea Tavani, Domenico di Filippo
Verna, Giuseppe Verna arciprete). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per
l’anno 1741 sono ai ff. 489r-558v datate tra il 21 gennaio e il 16 dicembre 1741
(Giovanni Antonio Aruffo erario, Carlo Cipolla, Alvaro Delfico vicario, Domenico
di Donato, Biagio d’Ippolito, Stefano di Sciullo, Bernardo Liberatore, Leonardo
Orsatti, Antonio e Nicola Sciarra, Raniero Felice Simonetti arcivescovo di Nicosia
e nunzio apostolico a Napoli, Giuseppe Verna arciprete); al f. 535r lettera dell’11
novembre 1741 di Raniero Felice Simonetti, arcivescovo di Nicosia e nunzio apo-
stolico a Napoli, indirizzata al canonico di S. Pietro Benedetto Ancajani riguardan-
te “la cessione della Badia della Fara S. Martino a favore dei Padri Celestini” (vd.
anche ai ff. 541r-544v).

179. – ACSP, Abbazie 299 (cart.; mm 320/220 × 210/165; ff. 1-1298 [ff. 5, 26, 208,
226, 268, 310, 312, 314, 354, 388, 395, 449, 653, 655, 858, 867, 873, 877, 895, 970,
974-975, 978-979, 1008, 1069, 1111, 1120, 1201, 1257, 1259 bianchi]; fascicoli e
fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1625-1743]
“Lettere riceute da Ministri e Particolari delle Badie di S. Rufillo, Bosco e Fara
S. Martino con entro il Registro delle Minute delle risposte da Gennaro 1742 a tutto
Decembre 1743”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (For-
limpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal 1741 al 1743, con allegati
vari (suppliche, fedi, attestati, informazioni, nomine varie, esposti, copie di editti,
sommari di atti e altre scritture relative a processi, relazioni, nomine varie, ricevute
e conti, documenti diversi dal 1625 in poi) e registro delle minute delle risposte (in
fascicoli staccati ai ff. 92r-177v, 182r-209v per l’anno 1742, ai ff. 722r-858v per l’an-
no 1743). A f. 510r “Figura della situazione, e strade della Terra di Meldola” inserita
in una lettera datata 15 luglio 1742; a f. 1119r “Pianta che dimostra li Lauorieri
fatti e da farsi in faccia alli sotto notati Possidenti sul Territorio Meldola” (si tratta
della pianta elaborata in data 10 luglio 1743 dal “Pubblico Perito” Marco Foschini
di Faenza riguardo ai lavori di arginatura del fiume Bidente). – Le lettere pertinenti
a Fara S. Martino per l’anno 1741/1742 sono ai ff. 1r-91v, 178r-181v datate tra il
21 dicembre 1741 e il 26 dicembre 1742 (arciprete della Collegiata di S. Remigio,
Benedetto Ancajani canonico di S. Pietro, Ambrogio e Angelo Aruffo, Giovanni
Antonio Aruffo erario, Nicola Aruffo, Gerardo Baccari, Donato Cipollone, Alvaro
Delfico vicario, Melchiorre Delfico vescovo di Muro Lucano, Nicola di Berardino
d’Antonio, Giovanni di Lallo, Damaso Liberatore, Nicolò Milone, Remigio Sciarra,
Raniero Felice Simonetti arcivescovo di Nicosia e nunzio apostolico a Napoli). – Le
lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1743 sono ai ff. 671r-721v datate tra
il 15 dicembre 1742 e il 16 dicembre 1743 (arciprete della Collegiata di S. Remigio,
Crescenzo Alfieri governatore, Benedetto Ancajani canonico di S. Pietro, Giovanni
Antonio Aruffo erario, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, Alvaro Delfico
vicario, Melchiorre Delfico vescovo di Muro Lucano, Agostino de Carlo, Andrea di
Cecco, Giovanni di Sciullo, Michele Palma arcivescovo di Chieti, Nicola Sciarra
notaio, Nicola di Giovanni Verna); ai ff. 690v-691r “Ristretto dell’Instrumento fatto
da Giovanni Antonio Aruffo Erario dell’Illustrissimo, e Reuerendissimo Capitolo
di S. Pietro di Roma nella Terra di Fara S. Martino per un anno intiero della sua

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 113

Amministrazione Erariale, cominciata al primo Agosto 1741, e terminata à tutto


Luglio 1742”.

180. – ACSP, Abbazie 300 (cart.; mm 320/220 × 210/165; ff. I. 1-1087 [ff. 151, 277,
283, 285, 386, 465, 467, 560, 701, 729-730, 755, 836, 844, 852, 939, 1024 bianchi];
fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1743-1745]
“Lettere riceute da Ministri e Particolari delle Badie di S. Rufillo, Bosco e Fara
S. Martino con entro il Registro delle Minute delle risposte da Gennaro 1744 a tutto
Decembre 1745”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (For-
limpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal 1743 al 1745, con allegati
vari (suppliche, perizie, ricorsi, decreti, atti e documenti diversi, informazioni; a
f. 530r pianta dei lavori da eseguirsi nel possedimento del Capitolo sulla via Fla-
minia tra Forlimpopoli a Forlì, settembre-novembre 1744) e registro delle minute
delle risposte fino al gennaio 1646 (in fascicoli staccati ai ff. 1r-106v per l’anno
1744, ai ff. 602r-701v per l’anno 1745). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per
l’anno 1743/1744 sono ai ff. 107r-170v datate tra il 16 dicembre 1743 e il 30 novem-
bre 1744 (arciprete della Collegiata di S. Remigio, Crescenzo Alfieri governatore,
Benedetto Ancajani canonico di S. Pietro, Giovanni Antonio Aruffo erario, Alvaro
Delfico vicario, Giovanni Gentile canonico, Francesco Lilli arciprete di Pennapiedi-
monte, Michele Palma arcivescovo di Chieti, Gaspare Antonio Pierazzi governato-
re); ai ff. 143r-148v, 155r-158v lettere del 17 luglio e 10 ottobre 1744 dell’Università
di Casoli e del 20 agosto e 28 novembre 1744 del vicario Alvaro Delfico in merito ai
confini del feudo di Colle Moroni e relative rendite. – Le lettere pertinenti a Fara S.
Martino per l’anno 1744/1745 sono ai ff. 702r-786v datate tra il 19 dicembre 1744
e il 22 dicembre 1745 (arciprete della Collegiata di S. Remigio, Benedetto Ancajani
canonico di S. Pietro, Giovanni Antonio Aruffo erario, Donato e Tommaso Cipol-
lone, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, Vincenzo Ciotti, Pietro Antonio
Corsignani vescovo di Valva e Sulmona, Nicola d’Antonio, Alvaro Delfico vicario,
Francesco di Rocco, Donata di Vito, Giovanni Gentile canonico, mons. Gualtieri
nunzio di Napoli, Domenico Isacco arciprete di Palena, Antonio Orsatti, Ignazio
Tavani, Giuseppe Verna arciprete); ai ff. 710v-711r “Ristretto dell’Instrumento fatto
da Giovanni Antonio Aruffo Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo
di S. Pietro di Roma nella Terra di Fara S. Martino per un anno intiero della sua
Amministrazione Erariale cominciata al primo Agosto 1743, e terminata à tutto
Luglio 1744”; ai ff. 726r-739v “Memoriale fatto all’Illustrissimo e Reuerendissimo
Capitolo di San Pietro di Roma per parte di Donato Cipollone, Nicola d’Antonio ed
Ignazio Tavani della Terra di Fara San Martino” nei confronti dell’erario Giovanni
Antonio Aruffo (luglio-agosto 1745).

181. – ACSP, Abbazie 301 (cart.; mm 310/195 × 210/140; ff. I. 1-1341 + 746a
[ff. 150, 163, 201, 326, 336, 385, 410-411, 435, 573, 588, 596, 622, 632, 866, 886,
888, 890, 918, 1182, 1188, 1192, 1194, 1196, 1129, 1255, 1272, 1293, 1295, 1297,
1299, 1301, 1305, 1307, 1309, 1311, 1313, 1317, 1321, 1325 bianchi]; fascicoli e fogli
sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1745-1747]
“Lettere riceute da Ministri e Particolari delle Badie di S. Rufillo, Bosco e Fara
S. Martino con entro il Registro delle Minute delle Risposte da Gennaro 1746 a

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114 MARCO BUONOCORE

tutto Decembre 1747”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruf-
fillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal dicembre 1745 al
1747, con allegati vari (perizie, ordini, pagamenti, conti, attestati, precetti, altre
lettere, suppliche, atti vari, piante, informazioni, ricorsi, fedi e scritture diverse; a
f. 1282r disegno a colori “Specchio del Sito, oue il Fiume di Meldola danneggia l’Or-
to dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro e de Ripari che ora ui
sono 1747”) e registro delle minute delle risposte fino al gennaio 1748 (in fascicoli
staccati ai ff. 1r-150v per l’anno 1746, ai ff. 747r-866v per l’anno 1747). – Le lettere
pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1745/1746 sono ai ff. 151r-277v datate tra
il 23 dicembre 1745 e 28 dicembre 1746 (arciprete della Collegiata di S. Remigio,
Crescenzo Alfieri governatore, Benedetto Ancajani canonico di S. Pietro, Giovan-
ni Antonio Aruffo erario, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, Vincenzo
Ciotti, Donato e Tommaso Cipollone, Domenico d’Antonio, Alvaro Delfico vicario,
Orazio Delfico fratello di Alvaro, Giuseppe della Porta, Remigio di Cecco, Giovan-
ni Battista Gentile, Giovanni Battista Gentile del Colle, Francesco Lilli arciprete
di Pennapiedimonte, Nicola Milone, Angelo Ricciuti, Giuseppe Ricciuti, Giuseppe
e Francesco Sciarra, Francesco Antonio Valignani, Giuseppe Verna arciprete); ai
ff. 161r-164v lettera dell’erario Giovanni Antonio Aruffo sulla “licenza di poter a
suo arbitrio tingere li panni” con risposta, negativa, del vicario Alvaro Delfico; ai
ff. 248r-251v lettera di Carmine Cioffi agente a Napoli sulle bolle di Onorio III e
Benedetto XII relative alla Fara San Martino mediante cui il Feudo della Fara passò
“in mano” al Capitolo. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1746/1747
ai ff. 867r-1007v datate tra il 12 dicembre 1746 e il 23 dicembre 1747 (arciprete del-
la Collegiata di S. Remigio, Crescenzo Alfieri governatore, Zaccaria Aloè governa-
tore, Giovanni Antonio Aruffo erario, Giuseppe Aruffo camerlengo, Marco Antonio
Aruffo officiale, Michelangelo Aruffo, Niccolò Borrelli di Guardiagrele, Donato e
Tommaso Cipollone, Vincenzo Ciotti, Pietro Antonio Corsignani vescovo di Val-
va e Sulmona, Domenico e Nicola d’Antonio, Modesto de Lellis, Alvaro Delfico
vicario, Remigio di Cecco, Feliciano Gentile, Giovanni Battista Gentile, Giovanni
Gentile, Francesco Lilli arciprete di Pennapiedimonte, Antonio Macchioli di Torri-
cella Peligna, Nicola Milone, Francesco Antonio Palombi, Filippo Paini canonico di
Chieti, Francesco Sciarra, Andrea Tavani canonico, Francesco Antonio Valignani);
ai ff. 934v-935r “Ristretto dell’Introito fatto da Gianantonio Aruffo Erario dell’Il-
lustrissimo, e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma nella Terra di Fara
S. Martino per un’Anno intero della sua Amministrazione Erariale, cominciata al
primo Agosto 1745, e terminata à tutto Luglio 1746”.

182. – ACSP, Abbazie 302 (cart.; mm 330/195 × 205/105; ff. I. 1-1061 [f. 981 a
stampa] [ff. 405, 426, 428, 535, 549, 986, 1021 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con
copertina di cartone rivestita in pergamena) [1748-1750]
“Lettere de Ministri e Particolari delle Abbadie del Bosco, S. Rufillo e Fara di S.
Martino con le Minute delle riposte in due Anni da Gennaro 1748 a tutto Decem-
bre 1749”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlim-
popoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal 1747 al 1749, con allegati vari
(suppliche, esposti, attestati, comparse, perizie, atti e scritture diverse) e registro
delle minute delle risposte fino al gennaio 1750 (in fascicoli staccati ai ff. 1r-157v

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 115

per l’anno 1748, ai ff. 630r-723v per l’anno 1749). – Le lettere pertinenti a Fara S.
Martino per l’anno 1747/1748 sono ai ff. 158r-320v datate tra il 16 dicembre 1747
e 22 dicembre 1748 (arciprete e canonici della Collegiata di S. Remigio, canonici
ed officiali di Fara S. Martino, Emanuele Alleva, Benedetto Ancajani canonico di
S. Pietro, Michele Angelotti, Antonio Aruffo notaio, Giovanni Antonio Aruffo era-
rio, Michelangelo Aruffo, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di
Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario,
Gennaro Cornice di Giulianova, Donato de Camillis notaio di Casoli, Alvaro Delfico
vicario generale, Deodato de Petris di Villa Santa Maria, Giovanni Battista Gentile
canonico segretario, Francesco Lilli arciprete di Pennapiedimonte, Antonio Mac-
chioli dottore di Casoli e Torricella Peligna, canonico Panicara, Giacinto Scorpione
arcidiacono di Penne, Saverio Sciarra chierico, Andrea Tavani canonico, Baldas-
sarre Tavani, Filippo Tavani arciprete, Francesco Antonio Valignani marchese di
Chieti); ai ff. 235v-236v “Ristretto dell’Introito ed Esito dell’Amministrazione Era-
riale dell’Illustrissimo, e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Padrone
di questa Terra di Fara San Martino esercitata da Gianantonio Aruffo Erario per
un’Anno intero principiato à primo Agosto 1746, e terminata à tutto Luglio 1747”;
a f. 279r “Nota de’ Terratici esatti à diverse Persone di Casoli in grano, ed in legumi
raccolti ne’ Terreni di Colle Moroni nell’anno 1748 coltivati col patto di corrispon-
dere d’ogni sei some una al Padrone secondo l’uso della Terra di Casoli”. – Le lettere
pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1749 sono ai ff. 724r-815v datate tra il 24
gennaio e il 20 dicembre 1749 (canonici ed officiali di Fara S. Martino, Benedetto
Ancajani canonico di S. Pietro, Giovanni Antonio Aruffo erario, Giuseppe Aruffo
camerlengo, Marco Antonio Aruffo officiale, Ambrogio Aruffo, Michelangelo Aruf-
fo canonico, Carlo Cipolla, Donato Cipollone, Tommaso Cipollone erario, Genna-
ro Cornice di Giulianova, Vincenzo Ciotti, Ferdinando d’Antonio officiale, Alvaro
Delfico vicario generale, Bernardo Delfico di Teramo, Deodato de Petris di Villa
Santa Maria, Antonio Macchioli dottore di Casoli e Torricella Peligna, Domenico
Palomba di Napoli, Filippo Tavani arciprete, Francesco Antonio Valignani); a f.
778r “Nota de’ Terratici raccolti sì in grano, che in altri legumi, e ritrivi nel mese di
Agosto corrente Anno 1749 da’ diversi Coloni del Feudo di Colle Moroni”.

183. – ACSP, Abbazie 303 (cart.; mm 330/195 × 205/105; ff. I. 1-933 [f. 405 a
stampa] [ff. 186, 266, 268, 377, 421, 463, 562-564, 581, 585, 592-593, 612, 620, 628,
688, 711, 774, 845, 865, 902, 904, 906, 908 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con co-
pertina di cartone rivestita in pergamena) [1750-1751]
“Lettere de Ministri e Particolari delle Abbadie del Bosco, S. Rufillo e Fara S.
Martino colle minute delle riposte in due Anni da Gennaro 1750 a tutto Decembre
1751”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli),
S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal 1750 al 1751, con allegati diversi (suppli-
che, scritture sopra il Monte di Pietà della Meldola, sommari di processi, attestati,
relazioni, conti, atti e scritture diverse) e registro delle minute delle risposte (in
fascicoli staccati ai ff. 1r-110v per l’anno 1750, ai ff. 501r-564v per l’anno 1751). – Le
lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1750 sono ai ff. 111r-225v datate tra il
22 gennaio e 31 dicembre 1750 (arciprete e canonici della Collegiata di S. Remigio,
Crescenzo Alfieri di Gessopalena, Benedetto Ancajani canonico di S. Pietro, don

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116 MARCO BUONOCORE

Angelo Aruffo, Giovanni Antonio Aruffo erario, monsignore Carmine Cioffi agente
a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Carlo
Cipolla canonico, Donato Cipollone, Tommaso Cipollone erario, Agostino d’Anto-
nio, Nicola d’Antonio, Andrea de Carlo canonico organista, Alvaro Delfico vicario
generale, Giuseppe della Porta officiale, Antonio di Massimo officiale, Giovanni
Battista Gentile canonico segretario, Francesco Lilli arciprete di Pennapiedimon-
te, Antonio Macchioli dottore di Casoli e Torricella Peligna, Liborio Nardilli gover-
natore, Giuseppe Ricciuti, Filippo Tavani arciprete, Francesco Antonio Valignani
marchese di Chieti). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1751 sono
ai ff. 565r-645v datate tra il 2 gennaio e il 30 novembre 1741 (Ambrogio e Gabriele
Aruffo, Giovanni Antonio Aruffo erario, Carlo Cercone di Pacentro, monsignore
Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo
Tribunale Misto, Gennaro Cornice di Giulianova, Alvaro Delfico vicario generale,
Pietro di Nicola, Giovanni Battista Gentile canonico segretario, Rosa Panicari in
Ricciardi di Campo di Giove, Gaspare Antonio Perazzi di Città (Civita) Sant’Ange-
lo, Filippo Tavani arciprete, Giacinto Vitelli affittuario del Feudo di S. Salvatore a
Maiella); ai ff. 568v-569v “Ristretto dell’Introito ed Esito dell’Amministrazione Era-
riale dell’Illustrissimo, e Reuerendissimo Capitolo di San Pietro di Roma Padrone
di questa Terra di Fara San Martino esercitata da Gianantonio Aruffo Erario per
un’Anno intero principiato à primo Agosto 1749, e terminata à tutto Luglio 1750”.

184. – ACSP, Abbazie 304 (cart.; mm 340/195 × 205/105; ff. 1-963 [ff. 298, 847 a
stampa] [ff. 76, 122, 124, 140, 146, 211, 236, 238, 240, 247, 251, 258, 311, 319, 329,
333, 338, 345, 396, 403, 407, 409, 411, 413, 417, 558, 567, 611, 613, 615, 638, 646,
656, 660, 693, 695, 701-702, 729, 779, 792, 853, 861, 900, 914, 958 bianchi]; fascicoli
e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1751-1753]
“Lettere delli Ministri ed altri particolari diuersi concernenti le tre Badie di
Forlimpopoli, Bosco, e Fara S. Martino unite al Reuerendissimo Capitolo di S.
Pietro in Vaticano, da Gennaro 1752 a tutto Decembre 1753 con le risposte”. –
Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Ste-
fano del Bosco e Fara S. Martino dal dicembre 1751 a tutto il 1753, con allegati
diversi (copie di lettere, conti, relazioni, minute di risposte, sommari, suppliche,
attestati, fedi, sommari di processi, atti e scritture diverse) e registro delle minute
delle risposte (in fascicoli staccati ai ff. 1r-76v per l’anno 1752, ai ff. 422r-527v per
l’anno 1753). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1751/1752 sono ai
ff. 77r-167v datate tra il 18 dicembre 1751 e l’8 dicembre 1752 (Giovanni Antonio
Aruffo erario, Carlo Cercone di Pacentro governatore, monsignore Carmine Cioffi
agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto,
Liberatore Damato di Castel di Sangro, Alvaro Delfico vicario generale, Filippo An-
tonio de’ Rossi, Antonio Macchioli dottore di Casoli e Torricella Peligna, Gaspare
Antonio Perazzi di Città (Civita) Sant’Angelo, Venanzio Sella camerlengo, Saverio
Sciarra, Filippo Tavani arciprete, Francesco Tavano officiale, Nicola di Giovanni
Verna officiale). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1753 sono ai
ff. 528r-619v datate tra il 3 gennaio ed il 23 dicembre 1753 (camerlengo ed officiali
di Fara S. Martino, Giustiniano Angeloni di Roccaraso vicario generale, Giovan-
ni Antonio Aruffo erario, Francesco Antonio Carlone, monsignore Carmine Cioffi

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 117

agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto,


Carlo de Ciocchis vescovo di Valva e Sulmona, Alvaro Delfico vicario generale, Pie-
tro di Rocco officiale, Giovanni Battista Gentile canonico segretario, Nicola Natale
camerlengo, Giuseppe Ricciuti officiale, Filippo e Saverio Sciarra, Giuseppe Scioli
officiale, Ferdinando Taddei camerlengo, Filippo Tavani arciprete).

185. – ACSP, Abbazie 305 (cart.; mm 340/195 × 205/105; ff. 1-1313 [ff. 1294,
1298 a stampa] [ff. 122, 188, 191, 194, 206, 208, 222, 256, 262, 300, 307, 311, 338,
362, 368, 402, 412, 416, 472, 484, 508, 519, 534, 590, 627, 529, 631, 633, 635, 637,
639, 641, 643, 645, 649, 651, 655, 761-762, 796, 812, 818, 834, 868, 882, 886, 914,
934, 940, 964, 971, 973, 1012, 1023, 1025, 1027-1028, 1031, 1042, 1044, 1084, 1175,
1177, 1208, 1210, 1226, 1228, 1253, 1255, 1257, 1259, 1262, 1264, 1266, 1268, 1277,
1279, 1296, 1300, 1302 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone
rivestita in pergamena) [1753-1755]
“Lettere delli Ministri ed altri Particolari diuersi concernenti le tre Abbadie de
Forlimpopoli, Bosco e Fara S. Martino unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pie-
tro in Vaticano, da Gennaro 1754 a tutto Decembre 1755 con le risposte”. – Lettere
scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli) [ai ff. 541r-548v:
“S. Roffillo – 1754 – Forlimpopoli. Istromento di Fondazione fatta dagl’Illustrissimi
Signori Canonico Francesco Maria e Sacerdote Don Bandantonio Fratelli Bandi,
e Suora Marsilia loro Congiunta di Due Canonicati nella Chiesa Abbaziale, e Col-
legiata di S. Rofillo, in aggiunta degl’altri due, che furono eretti nell’anno 1746”;
al f. 988r planimetria del percorso della processione da farsi il 5 maggio 1753;
ai ff. 1170r-1171v, 1173r-1189v lettere di Giuseppe Garampi, settembre-ottobre
1755], S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal dicembre 1753 a tutto il 1755,
con allegati diversi (ricorsi, suppliche, posizioni relative all’erezione di due canoni-
cati, copie di decreti, fedi, attestati, conti, relazioni ed esposti relativi ad affari vari,
atti e scritture diverse) e registro delle minute delle risposte (in fascicoli staccati ai
ff. 1r-116v per l’anno 1754, ai ff. 661r-762v per l’anno 1755). – Le lettere pertinenti
a Fara S. Martino per l’anno 1754 sono ai ff. 117r-202v datate tra il 9 febbraio
ed il 28 dicembre 1754 (amministratori di Fara S. Martino, arciprete e canonici
della Collegiata di S. Remigio, Crescenzio Alleva officiale, Giustiniano Angeloni di
Roccaraso vicario generale, Michele Angelotti, Gabriele/Gabriello Aruffo, Nicola
Antonio Aruffo, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopo-
li e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Alvaro
Delfico vicario generale, Pietro di Rocco officiale, Nicola Marrone officiale, Marino
Petra governatore, Saverio Sciarra, Ferdinando Taddei camerlengo, Marcantonio
Tavani, Filippo Tavani arciprete, Francesco Antonio Valignani marchese di Chieti).
– Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1755 sono ai ff. 763r-855v datate
tra il 13 febbraio ed il 20 dicembre 1755 (arciprete e canonici della Collegiata di
S. Remigio, Emanuele Alleva, Giustiniano Angeloni di Roccaraso vicario generale,
Michele Angelotti, Ambrogio Aruffo, Gabriele/Gabriello Aruffo, Michelangelo Aruf-
fo, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere
del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Nicola d’Antonio, Rosa
Panicari in Ricciardi di Campo di Giove, Ignazio Tavani canonico, Filippo Tavani
arciprete, Francesco Antonio Valignani marchese di Chieti).

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118 MARCO BUONOCORE

186. – ACSP, Abbazie 306 (cart.; mm 340/195 × 205/105; ff. 1-1185 [ff. 618, 1073
a stampa] [ff. 118-120, 125, 127, 131, 193, 201-202, 204-205, 221, 253, 268, 282, 300,
320, 340, 348, 383, 401, 406, 428, 444, 452, 528, 534, 620, 632, 634, 636, 638, 640,
642, 644, 743-745, 749, 754, 758, 815, 831, 859, 864, 866, 879, 887, 891, 892, 895,
925, 955, 973, 983, 995, 1001, 1036, 1059, 1064, 1070, 1075, 1089, 1117, 1121, 1136,
1140, 1166, 1171, 1173-1174, 1176, 1178, 1180 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con
copertina di cartone rivestita in pergamena) [1755-1757]
“Lettere delli Ministri ed altri Particolari diuersi concernenti le tre Abbadie di
Forlimpopoli, Bosco e Fara S. Martino unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pie-
tro in Vaticano da Gennaro 1756 a tutto Decembre 1757 con le risposte”. – Lettere
scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del
Bosco e Fara S. Martino dal dicembre 1755 a tutto il 1757, con allegati diversi
(suppliche, ristretti di processi, informazioni, esposti, memorie, relazioni di visite,
note di benefici, fedi, scritture di sacerdoti concorrenti su casi proposti, informa-
zioni, memoriali per affari vari, atti e scritture diverse) e registro delle minute delle
risposte fino a gennaio 1758 (in fascicoli staccati ai ff. 1r-120v per l’anno 1756, ai
ff. 656r-774v per l’anno 1757). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno
1755-1756 sono ai ff. 121r-261v datate tra il 19 dicembre 1755 ed il 18 dicembre
1756 (amministratori dell’Università di S. Remigio, arciprete e canonici della Col-
legiata di S. Remigio, Guglielmo Alfieri di Chieti, Emanuele Alleva figlio, Giuseppe
Alleva padre, Giustiniano Angeloni di Roccaraso vicario generale, Ambrogio Aruffo
economo curato di Villanuova, Domenico Antonio Aruffo officiale, Gabriele Aruf-
fo, Michelangelo Aruffo, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di
Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone era-
rio, Sandro di Cecco officiale, Pietro di Rocco officiale, Francesco Lilli arciprete
di Pennapiedimonte, Giuseppe Palumbo di Lanciano, Niccolò/Nicola Ricciardi di
Campo di Giove, Nicola Sanchez de Luna arcivescovo di Chieti, Giacinto Scorpione
di Penne, Filippo Tavani arciprete, Ignazio Tavani canonico); ai ff. 195r-206v varie
istanze per la successione, a seguito della morte di Angelo Aruffo, al Beneficio del
Capitolo a Lettomanoppello “sotto il titolo di San Pietro ad Troiam”. – Le lettere
pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1757 sono ai ff. 776r-916v datate tra il 14
gennaio ed il 10 dicembre 1757 (Gugliemo Alfieri di Chieti, Domenico Alleva offi-
ciale, Emanuele Alleva, Giovanni Antonio Angeloni di Napoli, Giustiniano Angelo-
ni di Roccaraso vicario generale, Ambrogio Aruffo economo curato di Villanuova,
Gabriele Aruffo canonico segretario, Nicola Antonio Aruffo, monsignore Carmine
Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale
Misto, Concezio Cipollone di Lanciano, Donato Cipollone, Tommaso Cipollone era-
rio, Agostino d’Antonio, Nicola d’Antonio, Pietro di Cecco camerlengo, Domenico
di Lallo officiale, Pietro di Rocco officiale, Giovanni Battista Gentile, Giuseppe
Antonio Nasci di Napoli governatore, Remigio Natale officiale, Giuseppe Persiani,
Filippo Ricciuti, Nicola Sanchez de Luna arcivescovo di Chieti, Andrea Tavani,
Baldassarre Tavani, Marco Antonio Tavani di Vacri, Francesco Antonio Valignani
marchese di Chieti, Domenico Verna officiale, Silvestro Verna officiale).

187. – ACSP, Abbazie 307 (cart.; mm 345/195 × 240/105; ff. 1-1075 [ff. 64, 71,
75, 100, 142, 187, 193, 195, 199, 209, 257, 261, 345, 362, 385, 414, 422, 438, 441,

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 119

443, 445, 447, 449-450, 452, 550, 592, 602, 604, 614, 656, 664, 679, 689, 697, 718,
724, 741, 762, 781, 830, 839, 861-862, 869, 883, 893, 905, 907, 911, 922, 926, 931,
941, 943, 949, 985, 990, 995, 1042, 1047-1048, 1052, 1054, 1056, 1058, 1062, 1064,
1066, 1068, 1070 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita
in pergamena) [1757-1759]
“Lettere delli Ministri ed altri Particolari diuersi concernenti le tre Abbadie di
Forlimpopoli, Bosco e Fara S. Martino unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pie-
tro in Vaticano con entro il registro delle minute delle risposte da Gennaro 1758 a
tutto Decembre 1759”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo
(Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal dicembre 1757 a tutto
il 1759, con allegati diversi (esposti, ricorsi, informazioni, relazioni, istituzioni,
atti di concorsi, scritture relative a controversie e scritture diverse) e registro delle
minute delle risposte (in fascicoli staccati ai ff. 1r-64v per l’anno 1757-1758, ai
ff. 460r-545v per l’anno 1759). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno
1757-1758 sono ai ff. 65r-143v datate tra il 10 dicembre 1757 ed il 19 dicembre
1758 (Giustiniano Angeloni di Roccaraso vicario generale, Domenico Caccavone
di Ortona, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e
consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Agostino de
Carlo camerlengo, Agostino d’Orazio, Francesco d’Orazio, Giovanni Battista d’Ora-
zio, Giuseppe d’Orazio, Nicola d’Orazio, Tommaso Madonna di Lama dei Peligni,
Giuseppe Antonio Nasci di Napoli governatore, Remigio Natale officiale, Giovanni
Battista Palozzi officiale, Niccolò Ricciardi di Campo di Giove, Polidoro Ricciu-
ti chierico, Marco Antonio Tavani di Vacri, Saverio Tavani, Francesco Antonio
Valignani marchese di Chieti, Giovanni Antonio Verna suddiacono); ai ff. 69r-81v
controversia sorta tra il feudo di Colle Maiella “membro” della Badia di Fara San
Martino e l’Università di Pretoro in merito ai confini del “tenimento” denominato
Falascieto. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1759 sono ai ff. 546r-
728v datate tra il 5 gennaio ed il 15 dicembre 1759 (Niccolò Alfieri di Gessopalena,
Martino Alleva officiale, Donato Angeloni barone di Roccaraso, Giovanni Antonio
Angeloni di Napoli, Giustiniano Angeloni di Roccaraso vicario generale, Pasquale
Angeloni di Napoli, Niccolò Borrelli di Guardiagrele, Domenico Caccavone di Or-
tona, Francesco Giudice Caracciolo principe di Napoli, Pietrantonio Chisi prevosto
di Guardiagrele, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli
e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Cassiodoro
de Lallis di Orsogna, Agostino de Carlo camerlengo, Berardino de Sanctis governa-
tore, Scipione Gentile, Leonardo Madonna vicario generale, Tommaso Madonna di
Lama dei Peligni, Paolo Masciantonio di Casoli, Rocco Monaco di Lanciano, Sante
Pietro officiale, Giuseppe Pitocco vescovo di Trivento, Stefano Ronconi, Filippo
Ricciuti, Nicola Sanchez de Luna arcivescovo di Chieti, Andrea Tavani arciprete,
Marco Antonio Tavani di Vacri, Francesco Antonio Valignani marchese di Chieti,
Pietro Verna).

188. – ACSP, Abbazie 308 (cart.; mm 345/195 × 240/105; ff. 1-1017 + 690a, 690b,
690c [f. 761 a stampa] [ff. 63-64, 69, 79, 96, 136, 161, 169, 179, 184, 229, 256, 258,
264, 286, 300, 314, 343, 347, 351, 361, 364, 369, 373, 379, 383, 397, 404, 406, 408,
410, 412, 414, 416, 470, 505-512, 533, 535, 541, 559, 568, 572, 584, 666, 690c, 691,

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120 MARCO BUONOCORE

695, 701, 714, 730, 740, 744-745, 747, 751, 764, 769, 785, 857, 883, 885, 893, 927,
941, 964, 966, 980, bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivesti-
ta in pergamena) [1759-1762]
“Lettere delli Ministri ed altri Particolari diuersi concernenti le tre Abbadie di
Forlimpopoli, Bosco e Fara S. Martino unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pie-
tro in Vaticano con entro il registro delle minute delle risposte da Gennaro 1760
a Decembre 1761”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo
(Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dall’ottobre 1759 al gennaio
1762, con allegati diversi (copie di lettere, suppliche, informazioni, esposti, conti,
relazioni, fedi, atti di concorsi, atti e scritture diverse) e registro delle minute delle
risposte (in fascicoli staccati ai ff. 1r-64v per l’anno 1759, ai ff. 419r-512v per gli
anni 1760-1761). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1760 sono ai
ff. 65r-147v datate tra il 2 gennaio ed il 13 dicembre 1760 (Martino Alleva officiale,
monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere
del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Gianfelice Cremonese
di Pescolanciano, Cassiodoro de Lallis di Orsogna, Agostino de Carlo camerlengo,
Berardino de Sanctis governatore, Francesco Lilli arciprete di Pennapiedimonte,
Leonardo Madonna vicario generale, Sante Pietro officiale, Filippo Ricciuti, Ni-
cola Sanchez de Luna arcivescovo di Chieti, Andrea Tavani arciprete, Francesco
Antonio Valignani marchese di Chieti); ai ff. 84r-87v relazione sullo stato dell’U-
niversità di Fara S. Martino allegata alla lettera del vicario Leonardo Madonna in
data 8 marzo 1760. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1761 sono ai
ff. 513r-621v datate tra il 3 gennaio ed il 28 dicembre 1761 (economo e canonici del-
la collegiata di S. Remigio, Niccolò Alfieri di Gessopalena, Ambrogio Aruffo, Nicola
Belfatto governatore, Giacomo Antonio Bulsei, monsignore Carmine Cioffi agente
a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Carlo
Cipolla deputato, Donato Cipollone, Tommaso Cipollone erario, Scipione Gentile,
Giacomo Leto arcivescovo di Lanciano, Leonardo Madonna vicario generale, Rosa
Panicari in Ricciardi di Campo di Giove, Giovanni Battista Ricciuti, Nicola San-
chez de Luna arcivescovo di Chieti, Carlo Santoleri di Guardiagrele, Marco Antonio
Tavani di Roccascalegna, Domenico Verna deputato); ai ff. 617r-620v memoriale
di Donato Cipollone contro il vicario generale della Badia della Terra della Fara
Leonardo Madonna inserito nella lettera di Carmine Cioffi trasmessa in data 28
dicembre 1761 a Benedetto Ancajani camerlengo del Capitolo di San Pietro (vd.
anche infra al n. 189).

189. – ACSP, Abbazie 309 (cart.; mm 345/200 × 240/145; ff. I. 1-1169 [f. 423 a
stampa] [ff. 82-86, 89, 99, 103, 105, 107, 109, 113, 115, 117, 123, 165, 169, 189, 194,
198-199, 207, 219, 237, 241, 247, 264, 276, 278, 318, 324, 372, 396, 431, 435, 443,
447, 450, 454, 466, 473, 479, 488, 521, 523, 525, 547, 549, 554, 564, 568, 570, 572,
574, 576, 634-636, 639, 647, 653, 659, 672, 682-683, 688, 692, 734, 742, 746, 751,
755, 757, 776, 790, 796, 823, 825, 827, 849, 851, 862, 872, 882, 884, 898-900, 911,
915, 930, 944-946, 964, 980, 996, 1004, 1030, 1038, 1052, 1060-1061, 1074, 1094,
1106, 1120, 1126, 1134, 1144, 1151, 1153, 1155, 1157, 1159, 1161, 1163, 1165, 1167,
1169 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in perga-
mena) [1762-1763]

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 121

“Lettere delli Ministri ed altri Particolari diuersi concernenti le tre Abbadie di


Forlimpopoli, Bosco e Fara S. Martino unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pie-
tro in Vaticano con entro il registro delle minute delle risposte da Gennaro 1762
a Decembre 1763”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo
(Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal dicembre 1761 al tutto il
1763, con allegati diversi (atti di concorsi, informazioni, perizie, suppliche, ricorsi,
relazioni, testamenti, scritture relative a controversie, minute di risposte, attestati,
atti e scritture diverse) e registro delle minute delle risposte fino al gennaio 1764 (in
fascicoli staccati ai ff. 1r-86v per l’anno 1762, ai ff. 577r-636v per l’anno 1763). – Le
lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1762 sono ai ff. 87r-192v datate tra il
3 gennaio ed il 7 dicembre 1762 (arciprete e canonici della collegiata di S. Remigio,
canonici e officiali di Fara S. Martino, Saverio Amoroso officiale, Alessio Armideo
officiale, Nicola Belfatto governatore, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli,
vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Carlo Cipolla de-
putato, Stefano Cipolla officiale, Concezio Cipollone, Donato Cipollone, Tommaso
Cipollone erario, Remigio Cirotti officiale, Gennaro Cornice di Bellante [Teramo],
Nicola D’Amico officiale, Agostino d’Antonio, Nicola d’Antonio arciprete, Martino
di Rocco camerlengo, Saverio Gattone camerlengo, Giacomo Leto arcivescovo di
Lanciano, Leonardo Madonna vicario generale, Rocco Monaco, Nicolò Ricciardi di
Campo di Giove, Giovanni Battista Ricciuti, Nicola Sanchez de Luna arcivescovo
di Chieti, Carlo Santoleri di Guardiagrele, Remigio Secondo officiale, Francesco
Antonio Valignani marchese di Chieti, Domenico Verna deputato); ai ff. 95r-118v
ricorsi e giustificazioni contro il vicario generale della Badia della Terra della Fara
Leonardo Madonna acclusi nella lettera di Giacomo Leto arcivescovo di Lanciano
trasmessa in data 15 dicembre 1762 a Benedetto Ancajani camerlengo del Capitolo
di San Pietro (vd. anche ai ff. 121r-124v e supra al n. 188); al f. 112r “Nota de’ te-
stimoni esaminati ecclesiatici (scil.: Martino d’Antonio, Giovanni Battista Gentile,
Michelangelo Aruffo, Nicola d’Ippolito, Baldassarre Tavano, Emanuele Alleva, Ga-
briele Aruffo, Ambrogio Aruffo, Giovanni Battista Ricciuti) e secolari (scil.: Antonio
della Porta, Giuseppe Gentile, Scipione Gentile, Luigi d’Antonio, Ignazio Aruffo,
Ferdinando Taddei, Antonio Verna, Tommaso Cipollone)”. – Le lettere pertinenti
a Fara S. Martino per l’anno 1763 sono ai ff. 637r-757v datate tra l’8 gennaio ed
il 19 dicembre 1763 (arciprete e canonici della collegiata di S. Remigio, Zacca-
ria Aloè, Alessio Armideo officiale, Francesco Broccoli vicario generale di Chieti,
monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere
del Supremo Tribunale Misto, Carlo Cipolla deputato, Stefano Cipolla officiale,
Donato Cipollone, Tommaso Cipollone erario, Filippo de Horatiis di Guardiagrele,
Cassiodoro de Lallis di Orsogna, Antonio d’Ippolito, Giuseppe Ferrari preposto
di S. Silvestro di Guardiagrele, Saverio Gattone camerlengo, Leonardo Madonna
vicario generale, Francesco Mancini, Giovanni Battista Ricciuti, Nicola Sanchez
de Luna arcivescovo di Chieti, Francesco Antonio Valignani marchese di Chieti,
Domenico Verna deputato).

190. – ACSP, Abbazie 310 (cart.; mm 345/205 × 240/150; ff. I. 1-1001 [ff. 71, 83,
91, 106, 121, 163, 171, 195, 203, 207, 275, 354, 364, 372, 413, 421, 433, 470, 519,
527, 554, 611-618, 646, 648, 650, 692, 710, 747, 759, 776, 794, 829, 845, 957, 977,

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122 MARCO BUONOCORE

990 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergame-
na) [1764-1765]
“Lettere concernenti diuersi Particolari delle tre Abbadie di Forlinpopoli, Bo-
sco e Fara S. Martino unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro in Vaticano
con le loro respettiue risposte dal Primo Gennaro 1764 a tutto Decembre 1765”.
– Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S.
Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal dicembre 1764 al tutto il 1765, con allegati
diversi (scritture relative a controversie e concordie, esposti, relazioni, ricorsi, atti
e scritture diverse) e registro delle minute delle risposte dal gennaio 1764 al mese
di dicembre 1765 (in fascicoli staccati ai ff. 1r-60v per l’anno 1764, ai ff. 555r-619v
per l’anno 1765). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1764 sono ai
ff. 61r-142v datate tra il 7 gennaio ed il 28 dicembre 1764 (camerlengo e officiali
di Fara S. Martino, arciprete e canonici della collegiata di S. Remigio, Nicola/Nic-
colò Borrelli di Guardiagrele, Giacomo Antonio Bulsei di Barisciano, monsignore
Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo
Tribunale Misto, Stefano Cipolla officiale, Tommaso Cipollone erario, Felice de
Lucia priore di Guardiagrele, Nicola di Renzo officiale, Ubaldo di Rocco, Francesco
Lilli arciprete di Pennapiedimonte, Leonardo Madonna vicario generale, Francesco
Mancini, Santo Mastropietro, Antonio Natale officiale, Nicola Milone, Berardino
Orsatti camerlengo, Domenico Ricciuti camerlengo, Nicola Sanchez de Luna ar-
civescovo di Chieti, Francesco Antonio Valignani marchese di Chieti, Domenico
Verna deputato, Domenico Visco governatore). – Le lettere pertinenti a Fara S.
Martino per l’anno 1765 sono ai ff. 620r-684v datate tra il 19 gennaio ed il 28 di-
cembre 1765 (camerlengo e officiali di Fara S. Martino, Tommaso Cipollone erario,
Nicola di Renzo officiale, Giovanni Battista d’Orazio canonico, Leonardo Madon-
na vicario generale, Berardino Orsatti camerlengo, Francesco Antonio Valignani
marchese di Chieti, Domenico Verna deputato, Domenico Visco governatore); ai
ff. 620r-625v tre lettere del vicario generale Leonardo Madonna (in date 19 gennaio,
20 e 23 febbraio 1765) in merito alla nomina del canonico Giovanni Battista d’Ora-
zio in sostituzione di Emanuele Alleva, precedente canonico, “sopraffatto da un ac-
cidente apoplettico che lo mandò jeri dieciiotto del corrente Gennaro all’altra vita”.

191. – ACSP, Abbazie 311 (cart.; mm 330/205 × 210/150; ff. 1-922 [ff. 634, 852 a
stampa] [ff. 95, 106, 123, 137, 149, 153, 161, 167, 171, 181, 224, 266, 290, 292, 310,
331, 390, 402, 404, 406, 438, 442, 444, 446, 519-521, 539, 602, 604, 618, 644, 646,
648, 658, 666, 668, 670, 695-696, 717, 727, 754, 784, 802, 816, 847, 862, 864, 893,
907, 911, 919 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in
pergamena) [1766-1767]
“Lettere concernenti diuersi Particolari delle tre Abbadie di Forlinpopoli, Bo-
sco, e Fara S. Martino unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro in Vaticano
con le loro respettiue risposte dal Primo Gennaro 1766 a tutto Decembre 1767”.
– Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Ste-
fano del Bosco e Fara S. Martino dal gennaio 1766 al tutto il 1767, con allegati
diversi (informazioni, ricorsi, contratti e scritture relative a investiture, relazioni,
conti, atti e scritture diverse) e registro delle minute delle risposte dal gennaio
1766 al mese di dicembre 1767 (in fascicoli staccati ai ff. 1r-84v per l’anno 1766, ai

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 123

ff. 450r-521v per l’anno 1767). A f. 677r pianta (mm 400 × 287) “della Chiesa della
Santissima Concezzione di Maria Vergine detta communemente del Carmine, con
sua Sagrestia, Casa, Andito, Cortile, Scale, Porte, Orto, et altro spettante alla mede-
sima posta dentro Forlimpopoli nella Parocchia abaziale di S. Roffillo” elaborata
da Gaetano Poggi in data 7 marzo 1767. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino
per l’anno 1765 sono ai ff. 85r-128v datate tra il 20 gennaio ed il 27 dicembre 1766
(monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere
del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Pietro ed Ubaldo di Roc-
co, Leonardo Madonna vicario generale, Francesco Antonio Valignani marchese di
Chieti). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1767 sono ai ff. 522r-
569v datate tra il 3 gennaio ed il 18 dicembre 1767 (Giuseppe Aruffo camerlengo,
Tommaso Cipollone erario, Leonardo Madonna vicario generale, Giuseppe Nasci
di Lanciano, Scipione Valignani duca di Chieti, Pietro Verna officiale, Domenico
Visco governatore); ai ff. 532r-555v documenti concernenti la nuova investitura
del feudo di Castellani ed annessi a favore di Giuseppe Valignani “nominatario”
del barone Francesco Antonio Valignani primo investito (l’istrumento fu stipulato
il 14 maggio 1767).

192. – ACSP, Abbazie 312 (cart.; mm 365/190 × 240/135; ff. 1-1112 [f. 181 a
stampa] [ff. 79-80, 106, 112, 123, 141, 187, 195, 197, 203, 213, 219, 221, 234-243,
249, 267, 271, 289, 291, 295, 301, 309, 316-317, 329, 331, 339, 341, 361, 375, 430,
440, 462, 510, 608, 615, 621, 639, 674, 677, 679, 681, 683, 691, 704, 726, 730, 754,
803, 849-850, 858, 880, 891, 934, 947, 957, 970, 994, 1033, 1039, 1045, 1097, 1101
bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena)
[1767-1769].
“Lettere Ricevute dalli Ministri, ed altri particolari delle tre Abbadie di Forlim-
popoli, Bosco e Fara S. Martino, unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro in
Vaticano, con Registro delle loro rispettiue Risposte dal primo Gennaro 1768 a
tutto Decembre 1769”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo
(Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal novembre 1767 al tutto
il 1769, con allegati diversi (informazioni, scritture relative a concorsi, provvigio-
ni, strumenti di concordia e altri diversi, editti, ricorsi, istanze, scritture varie) e
registro delle minute delle risposte fino al gennaio 1770 (in fascicoli staccati ai
ff. 1r-80v per l’anno 1768, ai ff. 464r-608v per l’anno 1769). – Le lettere pertinenti a
Fara S. Martino per l’anno 1768 sono ai ff. 83r-169v datate tra il 7 gennaio ed il 12
dicembre 1768; ai ff. 81r-82v lettera del 12 dicembre 1767 (Francesco Antonio Ba-
roni di Tortoreto, Pasquale Baroni di Chieti, Stanislao Casale di Pennapiedimonte,
monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del
Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Leonardo Madonna vicario
generale, Giustino Richetti di Chieti, Michelangelo Tozzi di Chieti, Scipione Vali-
gnani duca di Chieti, Domenico Visco governatore); ai ff. 99r-107v lettera del vicario
generale Leonardo Madonna (in data 9 aprile 1768) “Con entro la provisioni regie
presentate dall’Università per l’innouationi fatte, et anco copia dell’antica Concor-
dia”. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1769 sono ai ff. 609r-862v
datate tra il 3 gennaio ed il 30 dicembre 1769 (arciprete e canonici della collegiata
di S. Remigio, Niccolò Alfieri di Gessopalena, Filippo Angelelli di Pacentro provi-

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124 MARCO BUONOCORE

cario di Fara S. Martino, Pasquale Angeloni abate di Roccaraso, Giuseppe Archan-


gelis di Chieti, Leonardo Avolio vicario generale, monsignore Carmine Cioffi agente
a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tom-
maso Cipollone erario, Nicola d’Antonio arciprete e provicario di Fara S. Martino,
Antonio di Cecco, Nicola di Cecco, Francesco Lilli arciprete di Pennapiedimonte,
Francesco Maria Luzi uditore della Nunziatura di Napoli, Leonardo Madonna vi-
cario generale, Tommaso Madonna di Lama dei Peligni, Giovanni Battista Mar-
garita di Chieti, Giustino Richetti di Chieti, abate Giulio Sperandini di Napoli,
Scipione Valignani duca di Chieti, Tommaso Valignani duca di Vacri, Domenico
Verna, Pasquale Verna, Domenico Visco governatore); ai ff. 641r-644v lettera del
vicario generale Leonardo Madonna (in data 24 marzo 1769) “Con entro un foglio
che contiene tutti i Capi de ricorsi fatti dalla Università”; ai ff. 645r-656v lettera di
monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del
Supremo Tribunale Misto (in data 8 aprile 1769) “con entro il foglio, che contiene
tutti i capi de ricorsi fatti in Napoli à nome dell’Università della Fara S. Martino”; ai
ff. 665r-666v lettera di Tommaso Madonna di Lama dei Peligni (in data 13 maggio
1769) con la quale si annuncia la morte di suo fratello Leonardo vicario generale
di Fara S. Martino, avvenuta il 10 maggio; ai ff. 836-839v lettera dell’abate Giulio
Sperandini di Napoli (in data 18 novembre 1769) con il “Ragguaglio della disputa
che pende in Camera Reale ad istanza del Medico Scipione Gentili e dell’Università
della Fara per rapporto à quella Collegiata, ò sia Chiesa recettizia”.

193. – ACSP, Abbazie 313 (cart.; mm 305/220 × 210/155; ff. 1-967 [ff. 60, 110,
123, 135, 139, 149, 157, 179, 191, 199, 201, 213, 215, 223, 226-227, 256, 259, 272,
276, 286, 310, 314, 324, 354, 366, 370, 393, 421-422, 431, 435, 521, 527, 536, 591-
593, 630-635, 658, 670, 680, 686, 706, 710, 727-728, 758, 766, 784, 801, 865, 878,
884, 896, 922, 928, 938, 942, 952 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di
cartone rivestita in pergamena) [1770-1771]
“Lettere Ricevute dalli Ministri, ed altri diversi Particolari delle tre Abbadie di
Forlimpopoli, Bosco, e Fara S. Martino, unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pie-
tro in Vaticano, con Registro delle loro respettive Risposte dal primo Gennaro 1770
a tutto Decembre 1771”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffil-
lo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal gennaio 1770 a tutto
il 1771, con allegati diversi (relazioni, provviste di chiese, informazioni, conti, atti
e scritture diverse) e registro delle minute delle risposte (in fascicoli staccati ai
ff. 1r-110v per l’anno 1770, ai ff. 539r-635v per l’anno 1771). – Le lettere pertinenti
a Fara S. Martino per l’anno 1770 sono ai ff. 111r-194v datate tra il 3 febbraio ed
il 22 dicembre 1770 (Filippo Angelelli di Pacentro provicario di Fara S. Martino,
Leonardo Avolio vicario generale, Tommaso Avolio, monsignore Carmine Cioffi
agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Mi-
sto, Tommaso Cipollone erario, Tommaso Madonna di Lama dei Peligni, avvocato
Giuseppe Riccardi di Napoli). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno
1771 sono ai ff. 636r-699v datate tra il 6 gennaio ed il 21 dicembre 1771 (Filippo
Angelelli di Pacentro provicario di Fara S. Martino, monsignore Carmine Cioffi
agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto,
Tommaso Cipollone erario, Donato Berardino Gasparri di Rivisondoli, avvocato

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 125

Giuseppe Riccardi di Napoli, Tommaso Valignani duca di Vacri); ai ff. 668r-671v


lettera di Carmine Cioffi datata 8 giugno 1771 indirizzata a Benedetto Ancajani
camerlengo del Capitolo di San Pietro con “L’abbozzo del fruttato del purgo delle
Varchiere da me fatto sul minor numero delle Pezze di stami bipalmini” che “si
vede molto differire da quello che trascrive adesso lo Erario Tommaso Cipollone,
il quale, venuto in Napoli, alla presenza dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Monsi-
gnor Cioffi, riferì esser in ogni anno sul 1900 – alle volte più, e volte 1800 – e che per
ogni pezza pagavasi tre Carlini; ma giammai le stami eran più larghe, così cresceva
il prezzo di tal purgo”.

194. – ACSP, Abbazie 314 (cart.; mm 305/220 × 210/155; ff. 1-863 [f. 630 a stam-
pa] [ff. 45, 96, 112, 116, 166, 182, 206, 210, 234, 236, 259, 269, 293, 296, 361, 409,
411, 419, 444, 448, 491-493, 519-521, 524, 530, 539, 549, 555, 559-560, 591, 593,
617, 657, 681, 749, 759, 791, 805, 827, 831, 835, 846, 858, 862 bianchi]; fascicoli e
fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1772-1773]
“Lettere Ricevute dalli Ministri ed altri diversi Particolari delle tre Abbadie di
Forlimpopoli, Bosco, e Fara S. Martino, unite al Reuerendissimo Capitolo di S.
Pietro in Vaticano, con registro delle loro respettive Risposte dal Primo Gennaro
1772 a tutto Decembre 1773”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di
S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal dicembre
1772 a tutto il 1773, con allegati diversi (copie di lettere, suppliche, atti e scritture
diverse) e registro delle minute delle risposte (in fascicoli staccati ai ff. 1r-96v per
l’anno 1771, ai ff. 450r-521v per l’anno 1772). – Le lettere pertinenti a Fara S. Mar-
tino per l’anno 1772 sono ai ff. 97r-153v datate tra il 10 gennaio ed il 20 dicembre
1772 (Filippo Angelelli di Pacentro provicario di Fara S. Martino, Nicola Calenzani,
monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere
del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Biagio Antonio Pagano
governatore di giustizia, avvocato Giuseppe Riccardi di Napoli, Michelangelo Tozzi
di Chieti). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1773 sono ai ff. 522r-
594v datate tra il 9 gennaio ed il 24 novembre 1774 (monsignore Carmine Cioffi
agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto,
Tommaso Cipollone erario, canonico Giovanni Battista Gentile provicario di Fara
S. Martino, Biagio Antonio Pagano governatore di giustizia, avvocato Giuseppe
Riccardi di Napoli); ai ff. 580r-581v e 586r-594v due lettere datate 27 settembre e
24 novembre del provicario Giovanni Battista Gentile sui lavori di restauro e con-
solidamento della chiesa di S. Martino in Valle.

195. – ACSP, Abbazie 315 (cart.; mm 305/220 × 210/160; ff. 1-655 + 154a, 154b
[ff. 39-42, 51, 119, 123, 152, 154b, 15, 166-167, 181, 191, 227-227, 249, 259, 264,
311-314, 333, 345, 364, 366, 394, 396, 406, 418, 418, 420-438, 420-421, 438, 458,
476, 525, 531, 537, 533, 535, 563, 567, 569, 579, 571, 584, 596, 599, 601, 603, 605,
646 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergame-
na) [1774-1775]
“Lettere riceuute dalli Ministri ed altri diversi Particolari delle tre Badie di For-
limpopoli, Bosco, e Fara S. Martino, unite al Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro
in Vaticano, con il Registro delle loro respettiue Risposte dal Primo Gennaro 1774 a

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126 MARCO BUONOCORE

tutto Decembre 1775”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo
(Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal gennaio 1774 a tutto il
1775, con allegati diversi (copie di lettere, relazioni, istanze, memorie, atti e scrit-
ture diverse) e registro delle minute delle risposte (in fascicoli staccati ai ff. 1r-42v
per l’anno 1773, ai ff. 267r-314v per l’anno 1774). – Le lettere pertinenti a Fara S.
Martino per l’anno 1774 sono ai ff. 43r-73v datate tra il 4 gennaio ed il 26 dicembre
1774 (Niccolò Alfieri di Gamberale, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli,
vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Ci-
pollone erario, canonico Giovanni Battista Gentile provicario di Fara S. Martino,
Biagio Antonio Pagano governatore di giustizia, avvocato Giuseppe Riccardi di
Napoli, Niccolò Tanga governatore); ai ff. 49r-54v lettera in data 27 marzo 1774
del canonico Giovanni Battista Gentile provicario di Fara S. Martino con relazione
sui lavori di restauro della chiesa di S. Martino in Valle. – Le lettere pertinenti a
Fara S. Martino per l’anno 1775 sono ai ff. 315r-388v datate tra il 4 gennaio ed il 16
dicembre 1775 (monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli
e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Giovanni
Cocchiarelli governatore di Fara S. Martino, Nicola d’Ippolito, canonico Giovanni
Battista Gentile provicario di Fara S. Martino, Tommaso Madonna di Lama dei
Peligni, avvocato Giuseppe Riccardi di Napoli, Tommaso Valignani duca di Vacri);
ai ff. 349r-351v lettera di Carmine Cioffi in data 27 giugno 1775 da Napoli, indiriz-
zata a Benedetto Ancajani camerlengo del Capitolo di San Pietro, con acclusa copia
della lettera di Luigi del Giudice, O.S.B.Coel., vescovo di Chieti, sulla “condotta dei
figli dell’Erario Cipollone”; ai ff. 372r-375v “Memoriale di Niccola d’Ippolito sopra
le di lui controuersie col Pro Vicario Gentile”; ai ff. 376r-382v lettera di Luigi del
Giudice, O.S.B.Coel., vescovo di Chieti, indirizzata il 18 settembre 1885 ad Ales-
sandro Mattei camerlengo del Capitolo di San Pietro, con acclusi il ricorso contro
il prete Saverio Angelotti (firmato in data 9 luglio 1775 dai canonici Michelangelo
Aruffo, Baldassarre Tavani, Gabriele Aruffo, Ambrogio Aruffo, Agostino d’Antonio,
Giovanni Battista Ricciuti, Giovanni Battista d’Orazio) e quello contro il provicario
Giovanni Battista Gentile.

196. – ACSP, Abbazie 316 (cart.; mm 305/195 × 210/135; ff. 1-1280 [f. 285 a
stampa] [ff. 47-49, 55, 57, 59, 61, 131, 139, 164, 166, 175, 187, 194-195, 197, 200,
203, 208-209, 211, 223, 228, 244, 274, 278, 281, 283, 287, 291-292, 297, 303, 349,
373, 409, 420, 423, 431, 438, 450, 454, 456, 467, 469, 471-472, 482, 497, 499, 510,
513, 519, 525, 529, 535, 541, 548-549, 556, 570, 572-573, 662, 686, 722, 732, 755,
771, 783, 800, 809, 811, 813, 816, 821, 840, 850, 856, 859, 861, 867, 880, 882, 898,
900, 901, 903, 913, 919, 921, 925, 937, 939, 948, 954, 985, 992, 995, 1019, 1039,
1044-1046, 1053, 1078, 1082, 1094, 1096, 1102, 1121, 1131, 1165, 1173, 1177, 1180,
1182, 1186, 1190, 1193, 1195, 1215, 1217, 1224, 1235, 1240, 1246, 1249, 1251, 1254,
1260-1261, 1263, 1269, 1276, 1279 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di
cartone rivestita in pergamena) [1776-1777]
“Lettere riceuute dalli Ministri, e altri Particolari delle Badie di Forlimpopoli,
Bosco e Fara S. Martino, unite al Capitolo di S. Pietro in Vaticano, colle loro re-
spetiue risposte dal primo Gennaro 1776 a tutto Decembre 1777”. – Lettere scritte
da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 127

Fara S. Martino dal gennaio 1776 al dicembre 1777, con allegati diversi (suppliche,
attestati, scritture relative a concorsi, informazioni, note di beni, conti, particole di
testamenti, citazioni e scritture relative a processi, atti e scritture diverse) e regi-
stro delle minute delle risposte (in fascicoli staccati ai ff. 1r-53v per l’anno 1776, ai
ff. 579r-662v per l’anno 1777). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno
1776 sono ai ff. 54r-128v datate tra il 20 gennaio ed il 14 dicembre 1776 (canonici
della Collegiata di S. Remigio, Tommaso Battiloro arcivescovo titolare di Claudia-
nopoli, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consi-
gliere del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario, Nicola/Niccolò de
Rocco suddiacono, Giovanni Andrea/Giannandrea Festa vicario generale, Saverio
Gattone, canonico Giovanni Battista Gentile provicario di Fara S. Martino, avvo-
cato Giuseppe Riccardi di Napoli, Michelangelo Tozzi prevosto di Gessopalena-
Chieti, Tommaso Valignani duca di Vacri); ai ff. 88r-89v “Nota delli Concorrenti al
Vicariato della Fara S. Martino” (nell’ordine: Giovanni Andrea/Giannandrea Festa
di Avellino, Pasquale Angeloni di Roccaraso, Giustino Paini di Chieti, Giambattista
Bolognese di Chieti, Flaiano Bianchi di Chieti, Giuseppe Palazzo di San Giovanni
a Piro diocesi di Policastro, Pasquale de Santis di Torano diocesi di Teramo, Carlo
Maria Caracciolo di Chieti, Filippo Angelelli di Pacentro, Pasquale Antonio Masi di
Lanciano, Francesco Lilli arciprete di Pennapiedimonte, Diego Macchioli di Tor-
ricella Peligna, Nobile Persiano di Gessopalena, Sebastiano Alfarano di Castellana
in provincia di Bari, Francesco Fronzi di Orsogna, Giovanni de Simeonibus di Ta-
ranta Peligna, Filippo Madonna di Lama dei Peligni nipote di Leonardo Madonna
vicario di Fara S. Martino, Vincenzo Gargano, Salvatore Brachi); la scelta cadde
sul sacerdote Giovanni Andrea/Giannandrea Festa di Avellino “di anni 48. Dottore,
e al presente Consultore Generale de Cassinesi. È stato Uditore del Vescovo di Ses-
sa (Aurunca), Esaminatore Sinodale e Conuisitatore e inoltre per 12. anni è stato
Vicario Generale. Del medesimo sonosi auute ottime informazioni, e solamente ui
è pericolo, che eleggendosi, possa lasciar presto, aspirando egli ad un Vescovado”;
ai ff. 119r-124v memoriale del neo vicario generale Giovanni Andrea/Giannandrea
Festa datato 2 novembre 1776 sulla situazione trovata a Fara S. Martino nel mo-
mento della sua presa di possesso. – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per
l’anno 1777 sono ai ff. 663r-789v datate tra il 4 gennaio ed il 29 dicembre 1777 (ar-
ciprete e canonici della Collegiata di S. Remigio, monsignore Carmine Cioffi agente
a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tom-
maso Cipollone erario, Luigi del Giudice, O.S.B.Coel., vescovo di Chieti, Giovanni
Andrea/Giannandrea Festa vicario generale, Ferdinando Franchi di Chieti, canoni-
co Giovanni Battista Gentile provicario di Fara S. Martino, Domenico Gervasoni
arcivescovo di Lanciano, Francesco Lilli arciprete di Pennapiedimonte, avvocato
Giuseppe Riccardi di Napoli).

197. – ACSP, Abbazie 317 (cart.; mm 305/295 × 205/135; ff. 1-1195 [ff. 78-85, 94,
100, 106, 110, 112, 129, 142, 158, 164, 181, 191, 203, 226, 232, 240, 244, 247, 253,
274, 285, 293, 299, 301, 316, 319, 321, 323, 329, 331, 339, 345, 347, 350, 353, 387,
405, 408, 410, 412, 423, 445, 449, 453, 455, 458, 460, 465, 467, 468, 484, 498-499,
520, 532, 538, 541, 545, 547, 550, 556, 561, 575, 588, 590, 592, 603, 605, 611, 617,
629, 663-668, 701-702, 710, 735, 745, 752, 761, 767, 777, 782, 785, 797, 799, 809,

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128 MARCO BUONOCORE

830, 837, 839, 841, 846, 850, 861, 881, 895, 897, 899, 903, 929, 940, 951, 955, 965,
975, 977, 993, 996, 998, 1001, 1008, 1014, 1031, 1034-1035, 1039, 1042, 1047, 1053,
1056, 1064, 1098, 1102, 1104, 1106, 1108, 1119-1120, 1137, 1145, 1154, 1156, 1162,
1168, 1172, 1176, 1180, 1193 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di car-
tone rivestita in pergamena) [1778-1779]

“Lettere che si riceuono dalli Ministri, e Particolari delle Badie di S. Roffillo di


Forlimpopoli, Bosco e Fara S. Martino spettanti al Reuerendissimo Capitolo di S.
Pietro in Vaticano colle minute delle loro respetiue risposte primo Gennaro 1778 a
tutto Decembre 1779”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S. Ruffillo
(Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal gennaio 1778 a tutto il
1779, con allegati diversi (copie di lettere, fedi, suppliche, atti e scritture diverse)
e registro delle minute delle risposte (in fascicoli staccati ai ff. 1r-85v per l’anno
1778, ai ff. 635r-702v per l’anno 1779). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per
l’anno 1778 sono ai ff. 86r-226v datate tra il 17 gennaio ed il 28 dicembre 1778 (eco-
nomo e canonici della Collegiata di S. Remigio, canonico Ambrogio Aruffo, cano-
nico Giovanni Battista Aruffo, canonico Michelangelo Aruffo, Tommaso Battiloro
arcivescovo titolare di Claudianopoli, Francesco Caracciolo duca di Gessopalena,
monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere
del Supremo Tribunale Misto, Carlo Cipolla, Tommaso Cipollone erario, canonico
Agostino d’Antonio, diacono Nicola/Niccolò de Rocco, Loreto di Cola governatore,
canonico segretario Giovanni Battista d’Orazio, Giovanni Andrea/Giannandrea Fe-
sta vicario generale, Giovanni Battista Gentile canonico decano di Fara S. Martino,
Vincenzo Imperiali principe di Francavilla, Antonio Legnini arciprete di S. Lorenzo
di Rapino, avvocato Giuseppe Riccardi di Napoli, canonico Baldassarre Tavani,
Tommaso Valignani duca di Vacri, Domenico Verna, sacerdote Giovanni Antonio
Verna). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1779 sono ai ff. 703r-
778v datate tra il 13 gennaio ed il 24 dicembre 1779 (Gabriele Aruffo, Tommaso
Battiloro arcivescovo titolare di Claudianopoli, monsignore Carmine Cioffi agente
a Napoli, vescovo di Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, sacer-
dote Concezio Cipollone, Tommaso Cipollone erario, Loreto di Cola governatore,
Francesco Saverio de Giacomo governatore, Giovanni Andrea/Giannandrea Festa
vicario generale, Domenico Gervasoni arcivescovo di Lanciano, avvocato Giuseppe
Riccardi di Napoli, Tommaso Valignani duca di Vacri).

198. – ACSP, Abbazie 318 (cart.; mm 345/295 × 230/135; ff. 1-1294 [ff. 71-77, 88,
102, 106-107, 110, 113, 115, 141, 157, 159, 167, 169, 188, 190, 196, 200, 212, 218,
234, 240, 248, 253, 266, 276, 278, 285, 287, 294, 297, 320, 343, 366, 372, 378, 382,
387, 389, 395, 397-399, 405, 418, 427-428, 436, 448, 451, 454, 456, 461, 466, 469,
474-475, 479, 493, 504, 512, 543, 545, 555, 655-659, 664, 678-679, 683, 707, 713,
722, 745, 750, 753, 764, 769, 775, 785, 791, 811, 822-823, 826-827, 833, 846, 851,
856-857, 862, 872, 876, 886, 890, 896, 915, 921, 955, 960, 964, 990, 995, 1005, 1007,
1015, 1017, 1023-1024, 1031, 1047, 1051, 1057, 1061, 1076, 1083, 1095, 1111, 1116,
1119, 1132, 1136, 1138, 1140, 1148, 1152, 1169, 1173, 1175, 1183, 1186, 1201, 1205,
1240, 1243, 1250, 1260, 1272, 1274, 1276, 1290 bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con
copertina di cartone rivestita in pergamena) [1780-1781]

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 129

“Lettere che si ricevono dalli Ministri ed altri Particolari delle Badie di S. Roffil-
lo di Forlimpopoli, Bosco, e Fara S. Martino spettanti al Reuerendissimo Capitolo
di S. Pietro in Vaticano colle minute delle loro respettive Risposte dal primo Gen-
naro 1780 a tutto Decembre 1781”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie
di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal mese di
gennaio 1780 a tutto il 1781, con allegati diversi (minute di risposte, conti, suppli-
che, informazioni, atti e scritture diverse; a f. 447r disegno della “Possessione de la
Bagalona” tra Bertinoro e Forlimpopoli) e registro delle minute delle risposte (in
fascicoli staccati ai ff. 1r-78v per l’anno 1780, ai ff. 568r-659v per l’anno 1781). – Le
lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1780 sono ai ff. 79r-163v datate tra il
3 gennaio ed il 23 dicembre 1780 (Gabriele Aruffo, Tommaso Battiloro arcivescovo
titolare di Claudianopoli, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di
Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Tommaso Cipollone erario,
Loreto di Cola governatore, Giovanni Andrea/Giannandrea Festa vicario generale
di Fara S. Martino, Alessandro Jovele di Napoli, avvocato Giuseppe Riccardi di
Napoli, Tommaso Valignani duca di Vacri). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino
per l’anno 1781 sono ai ff. 660r-772v datate tra l’1 gennaio ed il 15 dicembre 1781
(Berardo Cesj governatore, monsignore Carmine Cioffi agente a Napoli, vescovo di
Antinopoli e consigliere del Supremo Tribunale Misto, Pietro Cipollone, Tommaso
Cipollone erario, Giovanni Andrea/Giannandrea Festa vicario generale, avvocato
Giuseppe Riccardi di Napoli, Bartolomeo Rota di Napoli, Tommaso Valignani duca
di Vacri); nella lettera del vicario generale Giovanni Andrea/Giannandrea Festa in
data 7 luglio 1781 (ff. 696r-701v) indirizzata a Benedetto Ancajani camerlengo del
Capitolo di San Pietro è inserito (ff. 699r-701v) il prospetto delle rendite maturate
nell’anno 1780.

199. – ACSP, Abbazie 319 (cart.; mm 345/190 × 230/130; ff. 1-1319 + 609a, 609b,
1121a, 1121b [f. 895 a stampa] [ff. 14-20, 35-39, 45, 52, 56, 58, 67, 114, 142, 146,
151, 153, 156, 160, 164, 168-170, 172, 174, 176, 179, 185, 203, 206, 208, 210, 213,
216, 218, 222, 224, 243, 248, 251, 259, 263, 265, 271, 273, 298, 306, 312, 319, 324,
326, 345, 379, 391, 400, 410, 424, 430, 432, 445-446, 448, 452, 454, 456, 485, 509-
511, 528-537, 548, 578, 598, 605, 608, 613, 615, 648, 655, 665, 668, 671, 681, 683,
691, 703, 711, 713, 721, 723, 741, 759, 762, 776, 788, 807, 816, 832, 834, 845, 847-
848, 853, 855, 859, 872, 878, 882, 898, 903, 926, 934, 938, 940, 942, 959, 962, 974,
980, 984, 990, 1005-1006, 1025-1028, 1055, 1057, 1076, 1080, 1083, 1105, 1107,
1115, 1121b, 1139, 1154, 1156, 1158, 1160, 1183, 1192, 1196, 1204, 1207, 1209-
1210, 1267, 1275, 1277, 1288, 1293, 1295, 1297, 1311, 1315 bianchi]; fascicoli e fogli
sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1782-1784]
“Lettere di Proposta e Risposta ricevute dalle tre Badie del Bosco, Fara S.
Martino e S. Roffillo di Romagna spettanti al Reverendissimo Capitolo Vaticano.
Dall’Anno 1782 a tutto 1784”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie di S.
Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal 1782 al 1784,
con allegati diversi (fedi, attestati, informazioni, concessioni, conti, scritture rela-
tive a concorsi, relazioni, suppliche, atti e scritture diverse) e registro delle minute
delle risposte (in fascicoli staccati ai ff. 1r-39v per l’anno 1782, ai ff. 492r-537v
per l’anno 1783, ai ff. 994r-1028v per l’anno 1784). – Le lettere pertinenti a Fara

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130 MARCO BUONOCORE

S. Martino per l’anno 1782 sono ai ff. 40r-109v datate tra il 23 gennaio ed il 21 di-
cembre 1782 (Pietro Andreatini di Napoli, Gabriele Aruffo, Nicola/Niccola Belfatto
governatore, Tommaso Cipollone erario, Gaspare de Torres da L’Aquila, Giovanni
Andrea/Giannandrea Festa vicario generale di Fara S. Martino, Luigi Madonna di
Lama dei Peligni, avvocato Giuseppe Riccardi di Napoli, Tommaso Valignani duca
di Vacri); nella lettera del vicario generale di Fara S. Martino Giovanni Andrea/
Giannandrea Festa in data 2 febbraio 1782 (ff. 46r-50v) indirizzata a Benedetto An-
cajani camerlengo del Capitolo di San Pietro è inserita (f. 48rv) “una nota informe
colla distinzione dei beni Feudali e Burgensatici col di loro attuale prodotto”. – Le
lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1783 sono ai ff. 538r-648v datate tra
il 9 gennaio ed il 13 dicembre 1783 (arciprete di Civitella, Francesco Saverio Ange-
lotti di Cepagatti, Tommaso Cipollone erario, Nicola de Rocco, Giovanni Andrea/
Giannandrea Festa vicario generale di Fara S. Martino [una sua lettera del 28 giu-
gno 1783 si trova anche ai ff. 766r-768v], Francesco Lazzarini esattore, Antonio e
Pietro Lignola di Napoli, avvocato Giuseppe Riccardi di Napoli, sacerdote Polidoro
Ricciuti, Decoroso Travaglini governatore, Tommaso Valignani duca di Vacri). – Le
lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1784 sono ai ff. 1029r-1136v datate
tra il 10 gennaio ed il 25 dicembre 1783 (Gabriele Aruffo, Tommaso Battiloro arci-
vescovo titolare di Claudianopoli, Concezio Cipollone, Tommaso Cipollone erario,
Giuseppe della Porta, Nicola de Rocco, Giovanni Andrea/Giannandrea Festa vica-
rio generale di Fara S. Martino, Domenico Granato di Napoli, avvocato Giuseppe
Riccardi di Napoli, sacerdote Polidoro Ricciuti, Severino Servanzi amministratore
della Nunziatura di Napoli, Tommaso Valignani duca di Vacri).

200. – ACSP, Abbazie 320 (cart.; mm 345/190 × 230/130; ff. 1-1015 + 373a, 377a,
765a, 930a, 930b, 930c, 930d [f. 364 a stampa] [ff. 13-20, 30-36, 39, 46, 52, 61, 75,
77, 83-84, 88, 100, 102, 107, 121, 123, 125, 133, 135-136, 150, 173, 194, 198, 215-
216, 223, 229, 244, 253, 265, 269, 285, 309-310, 320-324, 355, 358, 385, 391, 404,
408, 410, 434, 441, 443-444, 448, 451, 463, 471, 473, 475, 479, 481, 483, 485, 487,
489, 491, 493, 495, 497, 499, 504, 508, 532, 534, 536, 546, 550, 554, 558, 589-595,
601, 603, 613, 618, 622, 630, 634, 643, 648, 650, 653, 655, 658, 674, 677, 686, 711-
712, 713, 721, 725, 727-728, 735-736, 747, 750, 754, 763, 767, 775-776, 782, 791,
793, 797, 808, 828-832, 839, 842, 846, 848, 858, 860, 868, 877-878, 882, 884, 887,
891, 894, 898, 900, 902-903, 906, 910, 927, 929, 931, 933, 936, 946, 949-950, 952,
954, 958, 961, 963, 965, 967, 969-970, 972, 974, 977, 980, 986, 999, 1009, 1011, 1015
bianchi]; fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena)
[1785-1788]
“Lettere di Proposte e Risposte ricevute dalle tre Badie del Bosco, Fara S. Mar-
tino di Napoli e S. Rosfillo di Romagna spettanti al Reverendissimo Capitolo Vati-
cano. Dall’Anno 1785. a tutto 1788”. – Lettere scritte da varie persone delle abbazie
di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco e Fara S. Martino dal 1785 al
tutto il 1788, con allegati diversi (suppliche, ricorsi, conti, fedi, relazioni, minute di
risposte, atti e scritture diverse) e registro delle minute delle risposte (in fascicoli
staccati ai ff. 1r-36v per l’anno 1785, ai ff. 293r-324v per l’anno 1786, ai ff. 567r-
595v per l’anno 1787, ai ff. 819r-832 per l’anno 1788). – Le lettere pertinenti a
Fara S. Martino per l’anno 1785 sono ai ff. 37r-162v datate tra l’8 gennaio ed il 20

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 131

dicembre 1785 (confratelli della Venerabile Congregazione di Maria Vergine sotto


il titolo de’ sette Dolori della Terra di Civitella Messer Raimondo, vassalli della Ba-
dia di Fara S. Martino, Saverio Angelotti, Francesco Carpegna, Ignazio Ciamagli-
chella governatore, Celestino Cipollone, Concezio Cipollone, Tommaso Cipollone
erario, Saverio Cipollone, Giovanni Andrea/Giannandrea Festa vicario generale di
Fara S. Martino, avvocato Camillo Franchi di Chieti, Francesco d’Amico sacerdote,
Francesco Maria Grippi di Napoli, Ferdinando La Corte, Giustino Paini di Chie-
ti, avvocato Giuseppe Riccardi di Napoli, Severino Servanzi amministratore della
Nunziatura di Napoli, Tommaso Valignani duca di Vacri). – Le lettere pertinenti
a Fara S. Martino per l’anno 1786 sono ai ff. 325r-391v datate tra il 3 gennaio ed
il 30 dicembre 1786 (Tommaso Cipollone erario, Giovanni Andrea/Giannandrea
Festa vicario generale, avvocato Giuseppe Riccardi di Napoli, Tommaso Valigna-
ni duca di Vacri). – Le lettere pertinenti a Fara S. Martino per l’anno 1787 sono
ai ff. 596r-615v datate tra il 6 gennaio ed il 22 dicembre 1787 (Giovanni Andrea/
Giannandrea Festa vicario generale di Fara S. Martino, avvocato Giuseppe Riccar-
di di Napoli, Tommaso Valignani duca di Vacri). – Le lettere pertinenti a Fara S.
Martino per l’anno 1788 sono ai ff. 833r-860v datate tra il 19 aprile ed il 4 ottobre
1788 (marchesa di Montepagano nipote di monsignore Carmine Cioffi, Giovanni
Andrea/Giannandrea Festa vicario generale, avvocato Giuseppe Riccardi di Napo-
li). – Ai ff. 854r-857v, inserito nella lettera del vicario generale Festa del 28 giugno
1788, si trova un memoriale dove tra l’altro sono espresse “Riflessioni sopra il falso
supposto Monistero di S. Martino fondato da Credindeo nell’Anno 1044, contro
della quale Donazione di Credindeo consulterà gli Archivj di Monte Cassino e spe-
cialmente nella S. Trinità della Cava sugli anni 884 sino al 1044”.

201. – ACSP, Abbazie 323 (cart.; mm 270 × 200; ff. 1-370 [i primi due fogli sono
mutili; ff. 78, 85, 349-358, 366-370 bianchi]; registro rilegato con copertina di car-
tone rivestita in pergamena) [1650-1654]
“Registro di Lettere del Canonico Deputato delle Badie <scil. Ludovico Palagi,
1604-1687>. 1650-1653”. – Registro di lettere scritte dal 15 gennaio 1650 al 21 feb-
braio 1654. Per Fara S. Martino vd. le lettere trasmesse a: Camerlengo e Governa-
tori, f. 32rv; Capitolo, ff. 14v-15r; Università, ff. 12v, 24v, 229v; capitano Giuliano
Cinque, ff. 221v, 224v; vicario Giovanni Francesco Deletto, ff. 234v, 243r, 257r,
260v, 267r, 274, 275v-276r, 279v, 280v-281r, 291rv, 304r, 311r, 322r, 323rv, 345r;
arciprete Tommaso/Tomasso Paolini, ff. 10rv, 13r, 60r, 63rv, 66r, 69v, 71v, 74rv,
107r, 189r, 190r, 192v, 223v, 254r; vicario Liberatore Tavani, ff. 3v, 7rv, 14rv, 186r,
229v-230r; erario Santo Tavani, f. 27rv; Antonio Valignani, f. 288r; Giulio Valigna-
ni, ff. 89r-91r.

202. – ACSP, Abbazie 324 (cart.; mm 270 × 195; ff. I. 1-342 [ff. 2-4, 71, 161-163,
169, 217, 265, 315, 322, 342 bianchi]; registro rilegato con copertina di cartone
rivestita in pergamena) [1662-1666]
“Registro di lettere 1662. 1663. 1664. 1665. 1666. 1662 a tutto 1666”; “Registro
di lettere scritte per il Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro nelli anni 1662. 1663.
1664. 1665 e 1666”. – Registro di lettere del Capitolo di S. Pietro scritte a varie
persone delle abbazie dal 17 agosto 1662 al 30 gennaio 1666, con indici alfabetici

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132 MARCO BUONOCORE

per ciascun anno: a. 1662 ff. 5r-71v (già pp. 1-123; indice ai ff. 66r-70v); a. 1663
ff. 72r-117v (già pp. 1-41; indice ai ff. 113r-117v); a. 1664 (in realtà il fascicolo
inizia con lettere datate al 15 dicembre 1663) ff. 118r-217v (già pp. 1-85 + 1-86;
indice ai ff. 164r-168r e 212r-216r); a. 1665-1666 ff. 218r-320v (già pp. 1-51 + 1-50;
indici ai ff. 260r-264r e 316r-320). Vi è unito un fascicolo staccato (ora ff. 321-
342) con l’indice alfabetico di lettere ricevute per il Capitolo: “Lettere riceute per
il Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro 1664, 1665, 1666”. Per Fara S. Martino:
anziani della Fara: ff. 5rv, 7v-8r; Camerlengo e Governo/Reggimento: ff. 53v-54r,
152r, 241v-242r, 312v-313r; Camerlengo e Università: f. 183rv; arciprete Giuseppe/
Gioseffe Aruffa: ff. 65r, 84v-85r, 125rv, 152v, 177v, 197rv, 199r, 202rv, 208v-209r,
212v, 250v-251r, 300rv; arciprete di Palombaro Donato Cacciapietra: f. 181r; Cin-
zio d’Antonio [Chieti]: f. 195r; erario Donato d’Antonio (di Antonio): ff. 129r-130r,
202r, 205v, 208r, 210v-211v, 220rv, 224v-225r, 226rv, 232rv, 239r-240v, 251r-252r,
270v-271r, 280rv, 297r-299r, 307v-308r, 309v, 310v, 313r; Carlo de Angelis [Rapi-
no – Chieti]: f. 266rv; arciprete Domenico de Angelis [Rapino – Chieti]: ff. 247r,
266r, 283r; Ortensio di Giulio: ff. 238v-239r; camerlengo Marino di Manno: f. 252v;
erario Bernardino/Belardino di Muzio: ff. 41rv, 48r-49v, 54r-57r, 72r-74r, 82v-83r,
85v-86v, 87r-88r, 92r-83v, 95r, 96v-97r, 100v-101r, 103v, 107v-108r, 120rv, 122rv,
125v-126r, 128v-129r, 136v, 137v-138r, 150r, 152v-153r, 171rv, 177r, 178rv, 181r,
182v, 190r; Giovanni Tommaso Gentile: ff. 207rv, 208v, 229r-230r, 238rv, 300r; era-
rio e camerlengo Donato Marrone: f. 242r; governatore Filippo Morgante: ff. 226r,
231v-232v, 252rv; erario Giuseppe/Gioseffe Milone: ff. 6rv, 15v-16v, 34v-35r, 48r,
85rv; capitano Giulio Ricasoli: ff. 5r, 8r-10r; vicario Vincenzo Tabassi: ff. 223v,
228r-229v, 240v-241r, 243rv, 247rv, 251r, 255r, 267v-268v, 299rv, 311v-312v; Anto-
nio Tavani: ff. 202v, 220r, 242rv; Stefano Tavani: f. 152rv; vicario Nicola Tomassi:
ff. 5v-6r, 7rv, 11r-12v, 14v-15r, 17v-20r, 21v-22v, 24r-25r, 30v-32v, 33v-34v, 36rv,
52r-53v, 57r-58r, 60r-61r, 62r-64r, 74r-75v, 77rv, 81v-82r, 83v-84v, 88r-90r, 93v-95r,
112rv, 121v-122r, 126r-128v, 140r, 143v-144r, 151r-152r, 171v, 174r, 177v, 182v-
183r, 186r-189r, 196r-197r, 198v-119r, 201v-202r, 205r, 210rv, 221r, 223v-224r,
230rv, 237v-238r, 279v-280r; arciprete di Rapino Francesco Tozzi: f. 241rv; Antonio
Valignani: ff. 64v-65r.

203. – ACSP, Abbazie 325 (cart.; mm 270 × 200; ff. I. 1-37; fascicolo rilegato
senza copertina) [1676]
“Registro di lettere sopra gl’interessi di San Pietro. Anno Domini 1676”. – Regi-
stro di lettere del Capitolo di S. Pietro scritte a varie persone delle abbazie di sua di-
pendenza da febbraio a novembre 1676. Per Fara S. Martino abbiamo lettere invia-
te all’erario Donato d’Antonio (ff. 8v, 15r, 17rv, 23rv, 27r, 30v) e al vicario Tomaso
Luciani (ff. 2r, 4v-5r, 6r, 7v-8v, 10rv, 12rv, 14rv, 16v, 17v, 21rv, 22rv, 28v-29v, 30r).

204. – ACSP, Abbazie 326 (cart.; mm 340 × 230; ff. 1-287 [ff. 59-95, 158-191,
286-287 bianchi]; registro rilegato con copertina di cartone rivestita in pergamena)
[1712-1717]
“Risposte e Registro delle Lettere spettanti alle Badie di S. Pietro da Maggio
1712 a tutto li 13 Marzo 1717”. – Ai ff. 96r-157v “Lettere Spettanti alla Badia della
Fara S. Martino” trasmesse dal 6 giugno 1712 al 6 marzo 1717 (Candeloro Battilo-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 133

ro fratello di Pietro Abundio Battiloro vicario generale, Pietro Abundio Battiloro


vicario generale, Camerlengo e Reggimento della Fara, mons. Vincenzo Capece
arcivescovo di Chieti, Giuseppe Matteo Costantini governatore, Giovanni Antonio
Croce governatore, Ippolito d’Antonio camerlengo, don Bernardo d’Antrilli, frate
domenicano Deodato De Angelis predicatore della Fara, sacerdote Gaetano Gentile,
Giovanni Gentile, Giuseppe Gentile del Colle erario, abate Pier Francesco Liberati
vicario generale, Nicola Mancini governatore, Camillo Onofrij governatore, barone
Francesco Maria Paglioni di Civitella Messer Raimondo, don Gabriele Peschio ar-
ciprete, sacerdoti e clero di Fara S. Martino, Saverio Rocca preside di Chieti, don
Ottavio Tavani vicario foraneo, Università e Camerlengo della Fara, mons. Giovan-
ni Uva arcivescovo di Lanciano).

205. – ACSP, Abbazie 327 (cart.; mm 270 × 190; ff. 1-250; 21 fascicoli staccati
numerati 41-61 senza copertina) [1717-1719]
“Risposte spettanti alla Badie di S. Ruffillo, Bosco, e Fara san Martino. Dalli 20.
Marzo 1717 à tutto il primo Luglio 1719”. – Registro delle lettere del Capitolo di S.
Pietro scritte a diverse persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Ste-
fano del Bosco e Fara S. Martino dal marzo 1717 al luglio 1719. Per Fara abbiamo
lettere indirizzate a: Camerlengo e Reggimento: ff. 27v, 86v, 109v, 112r, 113rv,
128r, 227r; vicario generale Pietro Abundio Battiloro: ff. 10rv, 12v-13r, 20r-21r,
23r, 25v-26r, 28rv, 29r-31r, 33r-34r, 40v-41v, 44v, 46r-48r, 51v-52v, 53v-54r, 56v-
57v, 62v, 65v, 85v-86r, 94v, 97v, 99r, 108v-109r, 112r-113r, 115r-117v, 118v, 120v-
121r, 124rv, 126v-127v, 130v-131v, 132v-133v, 137r, 140v, 142v-143r, 148r-149r,
150v-152r, 152v-153v, 155rv, 157r-160r, 162rv, 166r-167r, 167v-168v, 170rv, 172rv,
174v-175v, 176r-177r, 178v-179v, 181v, 183r-184r, 186rv, 190r-191v, 193v, 197rv,
199r-200v, 202v-204v, 207v-208r, 210v-211r, 213v-214r, 215r-216v, 217rv, 219r-
220r, 221r-222r, 223v-224v, 226v-227r, 227v-228r, 229v, 233v-234r, 243rv, 244v-
246r, 246v, 248v; governatore Emanuele Finaroli: ff. 39v, 48v, 61r-62r, 76rv, 104rv,
173rv; erario Giuseppe Gentile del Colle: ff. 12rv, 86rv; governatore Giovanni Bat-
tista Mascio: f. 207r; notaio Nicola Sciarra: ff. 185r, 209r; vicario foraneo Ottavio
Tavani: ff. 65r, 73v, 103v-104r, 152rv; erario Giovanni Antonio/Giannatonio Verna:
ff. 119r, 120rv, 122r, 153r-154v, 170v-171r, 198rv, 228r, 247r; arciprete Giuseppe
Verna: ff. 179v-180r, 184rv, 204v. Ai ff. 110r-111v è la memoria di un Consiglio del
Monte di Pietà della Fara (24 giugno 1716) con altri esposti.

206. – ACSP, Abbazie 328 (cart.; mm 270 × 200; ff. 1-834 [ff. 369-375, 834 bian-
chi] fogli rilegati in 68 fascicoli con copertina di cartone rivestita in pergamena)
[1719-1727]
“Registro di lettere scritte à Ministri, Particolari delle Badie di S. Roffillo, Bo-
sco, e Fara S. Martino dalli 26. Giugno 1719 à tutto Novembre 1727”; “Registro
di lettere scritte à Ministri, Particolari delle Badie di S. Roffillo, Bosco, e Fara
S. Martino din tempo dell’Amministrazione di Monsignor Simonetti Dalli 26. Giu-
gno 1719 à tutto Novembre 1727”. – Registro delle lettere trasmesse da Raniero
Felice Simonetti [1675-1749], allora canonico del Capitolo di S. Pietro, indirizzate
a diverse persone delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), S. Stefano del Bosco
e Fara S. Martino dal 26 giugno 1719 al 30 novembre 1727. Per Fara S. Martino

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134 MARCO BUONOCORE

abbiamo: Arciprete, Capitolo, Canonici e Clero (ff. 93r, 207v-208r, 269v-270r, 290v,
351rv, 489v-490v, 494v, 656v, 661v-662r, 674v-675r), Camerlengo e Reggimento
(ff. 23v-24r, 28r-29v, 35r-36r, 48rv, 50v-51r, 75v-77r, 108r-109r, 174rv, 649v-650r),
Università (ff. 52rv, 62v-63r, 72rv, 86r-87v, 92r, 153v-154v, 166v, 184v-185r, 206v-
207r, 238rv, 259r-260r, 267v-268v, 275r, 319v, 329rv, 337rv, 347rv, 359r, 390v, 393r-
394r, 441r-442r, 549v-550r, 643rv, 662r, 685rv, 698v-699v, 711v-712r, 726v-728v,
786v-789v, 803v-807r, 819rv), camerlengo Giuseppe Alleva (f. 674rv), procuratore
del Capitolo Angelo Aruffa (f. 212r), Matteo Aruffa (f. 227r), Nicola Antonio Aruffo
(f. 724rv), governatore Giuseppe Baccari (ff. 449v, 451rv, 490v-491r, 502v, 509rv,
512r, 532rv, 548rv, 590v-591r), Candeloro Battiloro (f. 506rv), Giuseppe Battiloro
(ff. 343v-344r), vicario generale poi vescovo di Guardalfiera-Arpino Pietro Abun-
dio Battiloro (ff. 4r-7r, 9r, 10v-11r, 14r-15v, 35r, 53r-55r, 59v-60r, 146v, 150v-151v,
155rv, 169rv, 171rv, 175v-176v, 177v-178v, 180v, 181v-182v-183r, 184rv, 186r-188r,
189v-190v, 192rv, 194v-195v, 196rv, 198v-199v, 204rv, 208v-209v, 211v-212r, 215rv,
217rv, 219r, 222v, 223v-224r, 227v-228r, 233rv 235r-236v, 238v, 242v, 246r-248v,
250v, 254r-255r, 257v-258r, 258v-259r, 266v-267v, 271rv, 273r-274v, 282rv, 286v-
287r, 290rv, 298v, 305rv, 306rv, 312r-314r, 319v-320v, 325v-326v, 330rv, 332r-333r,
335rv, 337v-338r, 338v-339r, 342r, 345v, 348rv, 349v, 351v-352r, 359rv, 366v-367r,
367v-368r, 377r-381r, 383r-384r, 387rv, 389r-390r, 397v-399v, 400v-401v, 408rv,
409r-411r, 491r-492r, 494v-495v, 502v-503v, 506r, 530r, 537rv, 538v-539r), Vito
Antonio Battiloro (ff. 234rv, 344rv, 605v-606r), governatore Annibale Brigante
(ff. 237v-238r, 238v-239r, 268v-269r, 276rv, 342v, 397rv, 419v-420r, 425rv, 430r-
431v, 437rv, 438rv, 440v-441r, 448r, 449rv, 452rv, 454rv, 465r-466r, 474v-475r,
566v-567v, 604v-605r, 650v, 680r), barone di Palombaro Alessandro Castiglione
(f. 759rv), preside del Regio Tribunale di Chieti duca Coscia (ff. 577r-578r), Nicola
Damascelli (f. 64v), erario Carmine d’Antonio (ff. 606v-607r, 631v-632r, 643v-645r,
707v-708r, 720rv, 743v, 789v-790r, 781v-792r, 798rv), canonico Giovanni De Fa-
britiis (ff. 469v-470r, 529rv, 534v), canonico e maestro di scuola Giacinto de Feli-
ce (ff. 31v-32r, 41v, 55v-56r, 63v, 208r), abate vicario generale Melchiorre Delfico
(ff. 453r, 460r-463r, 466v-469v, 472v-474r, 479v-480v, 482r-483v, 488v-489v, 492v-
494r, 498v-499r, 501r-502v, 508r-509r, 510r-511r, 513v-514r, 516r-517v, 518v-521v,
524rv, 526v-528v, 531r-532r, 532v-533r, 535v-536r, 538rv, 542r-543r, 544r-454v,
550r-552r, 552v-553r, 555v-557r, 558rv, 560r-562v, 565r-566v, 569v-570r, 570v-
571v, 574v-577r, 578r-579v, 584v, 588rv, 589rv, 593r-594v, 596v-599v, 603v-604v,
613rv, 622v-623v, 626rv, 628v-629r, 633v-634r, 640r-643r, 645rv, 655v-656v, 659v-
661v, 664rv, 666r-667v, 671r-674r, 679v-680v, 683r-685r, 696r-697r, 697v-698r,
703rv, 704v-706v, 712r-714v, 720v-721v, 722r-724r, 729v-730v, 736v-739r, 740v-
743r, 745r-746r, 749v-753r, 755v-756v, 759v-763v, 766r-767v, 771r-772r, 775r-
776v, 783v-784r, 785v-786v, 797v-798r, 799v-800v, 801v-802v, 817r-819r, 825rv,
828r-830r, 832rv), governatore Ubaldo dell’Ermosa (ff. 802v-803r), governato-
re Giuseppe de Pompeis (ff. 154rv, 161v-162r, 181rv), sacerdote Andrea di Carlo
(f. 124rv), camerlengo Giovanni Domenico di Carlo (f. 288v), governatore Filippo
Franchi (ff. 707rv, 719v-720r, 728v-729v, 743r, 752v, 763v-764r), Gentile Antonio
Gentile (ff. 24rv, 42v-43v, 52v, 165rv, 206r, 218v-219r, 448r), vicario Giovanni Gen-
tile (ff. 10r, 16v-17r, 17v-18v, 19r-22v, 26v, 30v-31v, 33rv, 34rv, 36v-37v, 39r-41r,

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 135

45v-47v, 51r-52r, 61r-62v, 64rv, 73r-74r, 77v-78v, 79v-80r, 81v-82r, 84r, 85v-86r,
87v-88r, 89r-90v, 92v-93r, 93v-94r, 95r-96r, 102rv, 103v-105r, 106rv, 107v, 109r-
110v, 112r, 114rv, 116v-117v, 123v-124r, 124v-125v, 128v-129r, 131rv, 132rv, 133v,
136r-137r, 143r-144r, 152v-153v, 155v-156r, 160v-161r, 165v-166v, 175rv, 231rv,
264rv, 274rv, 276v-277v, 316rv, 317rv, 338r, 401v, 471v-472r), Giuseppe Gentile
del Colle (ff. 23v, 29v-30v, 41v-42v, 435r 446r-447r, 461rv), governatore Giovanni
Battista Mascio (ff. 16r, 35v, 69v, 77v, 94r, 129v-130r, 174r, 183rv), Leonardo Oliva
SJ di Chieti (f. 529v), arciprete di Rapino Giuseppe Persiani (f. 604r), Giuseppe
Ricciuti (ff. 39r, 199v-200v, 276r, 304v-305r, 436r), notaio Nicola Sciarra (f. 349rv),
prevosto di Gessopalena Francesco Sorgi (f. 604rv), avvocato Francesco Tasca di
Chieti (ff. 522rv, 803rv), Filippo Tavani (f. 435r), erario Giovanni Antonio Verna
(ff. 16v, 47v-48r, 92r, 105v-106r, 138r, 141r, 144v, 151v, 176v, 237v, 239r, 275v,
281v-282r, 315v, 342v, 399v-400v, 418v-419r, 428v-429r, 436r-437r, 442v-443r,
443v-444r, 445rv, 466rv, 474rv, 481r, 522v-523r, 537v-538r, 541v, 557rv, 557v-558r,
558v, 711rv), arciprete e provicario Giuseppe Verna (ff. 22v, 36v, 67r-68r, 96rv,
122rv, 144rv, 167rv, 171v-172r, 174v-175r, 181r, 185r-186r, 189r, 193v-194r, 214r,
227r, 233v-234r, 236v-237r, 244v-245r, 258rv, 269r, 343v, 344r, 348v-349r, 352v-
353r, 355rv, 411rv, 418rv, 435v-436r, 442rv, 450v-451r, 451v-452r, 481r, 506v-507r,
528v-529r, 626v-627v, 685v-686v, 700r, 730v-731r, 735v-736r, 832v-833r), dottore
Francesco Vittoria di Palena (ff. 447rv, 454v-455r, 491rv).

207. – ACSP, Abbazie 329 (cart.; mm 265 × 195; ff. 1-336 [ff. 3, 6, 8, 34, 41-43,
59, 65, 70, 81, 83, 88, 96, 100, 109, 125, 148, 186, 217, 248, 252-253, 257, 279-281,
299-300, 305, 315, 319 bianchi]; fascicoli e mazzo di fogli sciolti senza copertina)
[1702-1707]
“Ristretti diuersi di Lettere scritte da tutti li Ministri ed altri al Prior Varese
come Segretario delle Abbadie dal Primo Gennaro 1702 ed anche taluna anche Pri-
ma, ed in appresso, si come anche di diuersi Memoriali in margine dei quali sono
notate le resoluzioni della Congregazione sopra le medesime – 1702. 1703. 1704.
1705”. – Relazioni e memoriali relativi alle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli),
Fara S. Martino e S. Stefano del Bosco dal 6 giugno 1702 al marzo 1707 con esposti
preparati per la Congregazione [camerlengo maggiore Pompeo Varese degli Atti,
1662-1732]. Per Fara S. Martino vd.: ff. 59r-62v (“Memoriali, Lettere, e ricorsi di
diuersi attinenti tutto attinente alla Fara S. Martino ed alcuni effetti in quelle parti
d’Abruzzo”), 65r-68v (erario Nicola Sciarra), 59r-70v (Bernardo d’Antrilli), 89r-94v
(erario Nicola Sciarra), 95r-96v (vicario generale Panfilo Tabassi), 97r-100v (Nicola
Buonvicini, Gaetano Gentile, Gentile Antonio Gentile, consultore e dottore Giacin-
to Peschio, Antonio e Nicola Tomei), 121r-124v (“Memoriale della Fara S. Martino
e altro”), 125r-128v (“Lettere diuerse della Fara S. Martino”: Unità e Reggimento
della Fara S. Martino, Donato di Giulio, Santo della Porta, erario Nicola Sciarra,
vicario foraneo Ottavio Tavani), 137r-138v (Gentile Antonio Gentile, dottore Anto-
nio Simeone de Simeoni, vicario generale Panfilo Tabassi), 139r-140v (governatore
Tarquinio Armenante), 149r-150v (governatore Tarquinio Armenante), 155r-158v
(governatore Tarquinio Armenante), 163r-164v (chierico Angelo Aruffa, consultore
e dottore Giacinto Peschio, erario Nicola Sciarra, dottore Antonio Simeone de Si-
meoni, vicario generale Panfilo Tabassi), 177r-181v (Giovanni Bernardino Aruffa,

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136 MARCO BUONOCORE

arciprete Giuseppe Aruffa, arciprete Benedetto di Antonio Cipolla, Francesco An-


tonio de Benedittis, Leonardo di Sciullo, Angelo di Mastro Remo, Andrea Verna,
arciprete di S. Remigio, Giuseppe Verna), 182r-186v (governatore Tarquinio Ar-
menante), 196r-203v (governatore Tarquinio Armenante), 228r-231v (Camerlengo
e Reggimento della Fara S. Martino, governatore Tarquinio Armenante, Gentile
Antonio Gentile, tintore Domenico Mauro, Giacinto Peschio, chierico Giuseppe
Ricciuti, erario Nicola Sciarra, dottore Antonio Simeone de Simeoni, Stefano Ta-
vani), 266r-295v (governatore Tarquinio Armenante), 320r-323v (Università della
Fara S. Martino, governatore Tarquinio Armenante).

208. – ACSP, Abbazie 330 (cart.; mm 280 × 200, ff. 1-191 [ff. 36, 47, 87, 168-191
bianchi]; fascicoli e mazzo di fogli sciolti senza copertina) [1629-1630]
Scritture relative alla controversia giurisdizionale fra il Capitolo di S. Pietro per
l’abbazia di S. Martino della Fara e Chieti: memoriali, sommari, esposti, atti vari
prodotti dalla causa, fedi, qualche lettera. Ai ff. 95-191 “Scritture diuerse per Liti
auute per le Chiese sogette in Chieti et altroue in Regno”.

209. – ACSP, Abbazie 331 (cart.; mm 275 × 180/175, ff. 1-1358 [ff. 1, 169-171,
183, 198-199, 336, 378, 425, 458, 461, 475, 517, 533, 580, 673, 687, 699, 707, 710-
711, 739-752, 845-847, 865, 1127-1136, 1142-1143, 1149-1150, 1156-1158, 1167,
1194-1195, 1203, 1357-1358 bianchi]; mazzo di scritture in parte in fogli sciolti e
fascicoli, in parte legato in registri [scil. ff. 1-42 già ff. 1-42, 713-752 già ff. 1-40,
754-817 già ff. 1-123, 818-847 già pp. 1-59, 866-1077 già ff. I. 1-211, 1078-1136 già
ff. 1-58, 1205-1358 già ff. 1-153], senza copertina * [lat.]) [fine sec. XVI – inizio sec.
XVII]
“Scritture nella causa con l’Arcivescovo di Chieti sopra la Giurisdizione dell’Ab-
badie di S. Saluatore della Maiella, Fara S. Martino, ed altre chiese soggette alle
medesime, e vanno unite con l’altro mazzo di Processi”. – Memoriali e sommari,
esposti, qualche supplica al Papa e qualche lettera, copie di documenti riguardanti
la causa dal 1044 in poi, fedi, atti di concordia, citazioni, informazioni, resoconti
vari, notizie di visite, decisioni, sommari delle deposizioni dei testimoni ed altro,
per la causa giurisdizionale dell’Arcivescovo di Chieti della fine del sec. XVI e prima
metà del sec. XVII. In particolare vd.: “Abadiae Sancti Martini et Sancti Saluatoris
de Maiella quod non sit in dioecesi Theatina, sed extra illam et sint Capituli Sancti
Petri, et diuersa habeant beneficia in diversis locis” (ff. 2r-43v); “Copia bullae In-
nocenti Papae tertii 1200” (ff. 339r-340v); “Donatione di Credindeo dell’anno 1044”
[copia] (ff. 466r-469v); “Copiae Bullae Innocentij Tertij super exemptione omnium
ecclesiarum Basilicae Sancti Petri anno Domini 1200” (ff. 470r-473v); “Informatio-
ne intorno all’abbatia di S. Martino della fara” (ff. 753r-754v).

210. – ACSP, Abbazie 334 (cart.; mm 260 × 200; ff. 1-166 [ff. 123-140, 153-160 a
stampa] [ff. 46, 49, 72, 82, 84, 96, 111 bianchi]; mazzo di fogli sciolti senza coper-
tina) [1574-1769]
Scritture diverse relative a controversie riguardanti l’abbazia di S. Martino della
Fara: I): controversia fra il Capitolo e l’arcivescovo di Chieti per questioni giurisdi-
zionali della prima metà del sec. XVII (ff. 1r-104v). – II): controversia fra il Capi-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 137

tolo e il Duca Scipione Valignani per alcuni beni [anni 1737-1742], con documenti
in copia del 1574 (ff. 105r-116v); controversia fra il vescovo di Sulmona e l’abate
di S. Spirito di Sulmona dell’ordine dei Celestini della prima metà del sec. XVIII
(ff. 117r-166v). Sono per la maggior parte memoriali e sommari per le cause [in
parte a stampa: vd. ai ff. 123-140, 153-160] oltre a qualche lettera, copie di docu-
menti antichi e deposizioni di testimoni.

211. – ACSP, Abbazie 334A (cart.; mm 300 × 210; ff. 1-569 + f. 94a [ff, 8, 12, 22,
29-30, 34, 37, 41, 49, 51, 55-56, 66, 78-79, 86, 88, 90, 94a, 108, 115, 120, 122, 125,
132, 151, 155, 180, 197, 209, 211, 213, 248, 262, 270, 272, 280-282, 291, 295, 335,
366, 397, 449, 536-544, 567-569 bianchi]; mazzo di fogli sciolti senza copertina)
[1768-1790]
“Abbadie del Regno di Napoli”. – Scritture relative alla controversia sorta tra
il Capitolo di S. Pietro ed il Regno di Napoli per i diritti sulle Abbazie della Fara
S. Martino, di S. Salvatore di Maiella e di S. Barbato, per gli anni 1768-1790 con
carteggio fra il Capitolo di S. Pietro nella persona di Benedetto Ancajani camerlen-
go ed i suoi agenti in Napoli, esposti, memorie, relazioni, riflessioni, suppliche e
lettere al Re di Napoli e di Spagna, note e regesti dei documenti riguardanti la que-
stione, istanze, attestati, note di esazioni e dare ed avere tratti dai libri d’archivio,
minutario di lettere e di scritture varie del Capitolo di S. Pietro e simili. In parti-
colare: “Posizione della lite agitata avanti i tribunali di Napoli sopra i titoli e pro-
venienze delle Abbadie del Reuerendissimo Capitolo ed inventario dei documenti
originali che furono estratti dall’Archivio Capitolare. S. Martino di Fara, S. Salvato-
re di Maiella, S. Barbato. 1785-1790. Carteggio fra il Reuerendissimo Capitolo ed i
suoi agenti di Napoli nella causa pendente avanti la Curia del Cappellano Maggiore
fra detto Reuerendissimo Capitolo e la Corte per l’usurpazione del gius Patronato
che gode il medesimo nelle abbadie di S. Martino di Fara, S. Salvatore di Maiella, e
S. Barbato” (ff. 1r-151v). Ai ff. 156r-163v memoriale sulla donazione di Credindeo
[suddiviso in sette paragrafi: 1) “Donazione del Credindeo al sacerdote Isberto e
suoi successori”; 2) “Bulla di unione del Monistero di S. Martino, e suoi Beni al
Capitolo Vaticano”; 3) “Acquisto fatto dal Capitolo Vaticano dalla Giurisdizione
Criminale della Fara per mezzo del Dottor Melchiorre Raviglione”; 4) “Si esamina
la Donazione del Credindeo, che la Comunità soppone apogrifa”; 5) “Il Credindeo si
dimostra utile Padrone della Fara S. Martino”; 6) “Rendite derivate dalla donazione
del Credindeo”; 7) “Ragioni fiscali, e principalmente la nullità della Bolla dell’unio-
ne”]. Ai ff. 347r-366v supplica firmata da Concezio Cipollone in data 25 ottobre
1769 “per parte della Università della Terra di Fara San Martino, dinunciante al
Regale Erario la reintegrazione di quella Terra, delli Feudi adjacenti alla pretesa
Badia di S. Martino, e di altro” [cap. I: “Si dimostra come, quando, e con quali
mezzi s’intrusero fraudolentemente nella Terra di Fara S. Martino i Monici dell’or-
dine Benedettino; e come, quando, e con quali mezzi s’intruse nella medesima il
Capitolo di S. Pietro di Roma”; cap. IIa: “Si dimostra essere apocrifa la Donazione
e Fondazione del Credindeo”; cap. IIb-c: “Le Bolle de’ Papi Onorio, e Benedetto
sono apocrife, e nulle”; cap. Id: “Si dimostra irrita la incorporazione fatta al Capi-
tolo Vaticano del Monistero di S. Martino, e sue rendite, colla bolla di Nicolò V”;
cap. III: “Si fa comprendere l’intrusione fatta dal Capitolo nelle giurisdizioni civile,

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138 MARCO BUONOCORE

e criminale, ed ecclesiastica. Si pongono in evidente prospettiva le giuste ragioni


che conducono alla certezza di non essere il Capitolo Vaticano di Roma Barone
della Terra di Fara San Martino; qui riluce il danno arrecato all’erario regale, e con
irrefragabile verità si fan palese le oppressioni, le angarie, e perangarie, e li spogli
indoverosi fatti dal Capitolo istesso alla Università denunciante, e suoi componenti,
colla prepotenza, colle minacce, timori, inquisizioni, dispendj, e coll’abuso delle
suddette usurpate giurisdizioni”] (vd. anche ff. 347r-366v la “Supplica” di Concezio
Cipolllone datata Napoli, 25 ottobre 1769 “Per parte della Università della Terra di
Fara San Martino, Dinunciante al Regale Erario la reintegrazione di quella Terra,
delli Feudi adjacenti alla pretesa Badia di S. Martino e di altro”). Ai ff. 273r-282v
“Istrutione dell’Origine, e Sommario dei Privilegii e donazioni fatte dalli Re di Na-
poli e di Sicilia alla Chiesa e Capitolo di S. Pietro delli emolumenti sopra la Gabella
di Ortona a Mare”. Ai ff. 418r-446v “Serie Cronologica dei Monumenti risguardanti
l’Abbadia di S. Martino in Valle, o sia della Fara situata in Abruzzo Diocesi di Chie-
ti, ed unita all’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro in Vaticano”.

212. – ACSP, Abbazie 335 (cart.; mm 275 × 210; ff. 1-165 [ff. 83-165 bianchi];
fascicolo cartaceo con copertina di cartone) [1723]
“Atti fatti nella causa della Tintoria dell’Abbazia della Fara S. Martino spettante
al Reuerendissimo Capitolo contro Giovanni Aruffa – 1723”. – Atti del processo.

213. – ACSP, Abbazie 336 (cart.; mm 280 × 210; ff. 1-122 [ff. 8, 11, 13, 15, 24, 30,
69, 77, 79, 84, 89, 102, 104, 108, 111, 114, 116, 122 bianchi]; mazzo di fogli sciolti
senza copertina) [sec. XVII]
“Conti, entrate e uscite della Fara S. Martino, sec. XVII”. – Ai ff. 1r-6v “Instru-
mentum scripturarum S. Martini”, numerose “Note dell’entrate annue della Fara
di S. Martino”, e lettere di Antonio Aruffa “cappellano della venerabile Chiesa di
S. Martino de Valle”, Antonio Baglione canonico camerlengo, fra Bernardino, Giu-
seppe di Rocco, Giuseppe Marrone, Giovanni Santini, Liberatore Tavani vicario.

214. – ACSP, Abbazie 337 (cart.; mm 280/195 × 200/130; ff. 1-228 + 178a [ff. 12,
22, 34, 112, 127, 135, 137, 142, 146, 157-160, 163, 165, 172, 179, 183, 197, 199 bian-
chi], mazzo di fogli sciolti senza copertina) [sec. XVII-XVIII]
Scritture varie dell’abbazia di S. Martino della Fara: lettere scritte da varie per-
sone al Capitolo (Camerlengo e Reggimento: ff. 173r-174v; Università della Fara:
ff. 171r-172v; Domenico e Bernardino Armidei: ff. 76r-77v; Santo della Porta:
ff. 11r-12v; Paolo Antonio de Nardis: ff. 52r-55v; Giuseppe di Carlo: ff. 78r-80v;
Lallo di Lallo: ff. 97rv + 100rv; sacrestano Antonio di Martino: f. 15r; Anna Maria
Foglia di Napoli: f. 152r; Gaetano Gentile: ff. 105r-106v; Giovanni Andrea Gentile:
ff. 164r-168v; Antonio Gentile del Colle: ff. 72r-73v; Giuseppe Milone: ff. 103r-104v;
Giacinto Peschio: ff. 98r-99v; Giuseppe Ricciuti: ff. 46r-47v; Nicolò Sciarra: ff. 13r-
14, 22r-26v, 56r-59v, 81r-96v; Angelo Scioli: ff. 74r-75v; Panfilo Tabassi: ff. 29r-32v,
36r-45v; Ottavio Tavani: ff. 33rv, 101r-102v; Stefano Tavani: ff. 109r-110v; Fabiano
Verna: ff. 16r-21v, 107r-108v; vicario Giuseppe Verna: ff. 153r, 162rv), con allegati
vari, suppliche (ff. 111r-112v: petizione di Baldassarre Aruffa, Giovanni Antonio
Verna e Giuseppe Marrone a favore di Giuseppe Milone), minute delle risposte

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 139

(Università della Fara: ff. 124r-125v; governatore Antonio Marini: ff. 119r-120v; go-
vernatore Scipione Paladino: f. 136rv; erario Nicola Sciarra: ff. 126r-133v; Ottavio
Tavani: ff. 122r-123v, 134r), copie di decreti (ff. 181r-184v: “Instrumentum publi-
cum in pergameno Concordiae inter Reuerendissimum Capitulum Sancti Petri, et
uniuersitatem Terrae Farae Sancti Martini super tentoria Anno 1624. 20 Augusti”),
scritture relative a controversie (ff. 178r-180v: “Foglio sopra le Usurpationi di ter-
reno fatte dal Padrone e Genti di Palombaro sopra il territorio della Fara”). Abbia-
mo inoltre: “Transcriptum sententiae antiquissimae compositione terminorum in
confinibus Castri Ciuitellae [i.e. Civitella Messer Raimondo]” [copia di documento
dell’11 ottobre 1378; vd. anche infra al n. 215 ai ff. 38r-41v] (ff. 1r-8v); “De praxi
tradendi domus cum annuo censu, An sit observanda in posterum in Terra S. Mar-
tini Farae” (ff. 138v-143v); “Exempla Concessionum Domorum Terrae S. Martini
farae in emphyteusim absque Beneplacito Apostolico” (copia di documento datato
11 ottobre 1598) (ff. 144r-147v); “Decreti [dell’anno 1648] per la prouista dell’Ar-
ciprete della fara S. Martino, dalli quali si racoglie come sia stato praticato per
la prouista dell’Arciprete” (ff. 148r-150v); “N. 4. Edictum Pro Concursu, et Exa-
mine ad Archipresbiteratum Parrocchialis Ecclesiae Sanctissimae Annuntiatae et
S. Remigii Membri Abbatiae S. Martini de Fara Nullius Dioecesis Sacrosanctae
Vaticanae Basilicae Authoritate Apostolica perpetuo Unitae” [copia su carta di mm
400 × 275; con la seguente nota: “s’auerte che non fù poi praticato, come era stato
pensato, per la uacanza seguito l’anno 1688] (f. 151rv); “N. 5. Contro Giovanni An-
drea Gentile” (ff. 152r-161v). Alla fine del volume è allegato un fascicolo di 18 fogli
(ff. 209r-228v) rilegato con copertina di cartone: “Status animarum Terrae Farae
Sancti Martini anni 1676”.

215. – ACSP, Abbazie 338 (cart.; mm 265 × 195; ff. 1-101 + 13a [ff. 13a, 64-65, 69-
71, 82 bianchi], mazzo di fogli sciolti e fascicoli senza copertina) [sec. XVII-XVIII]
Scritture varie spettanti alle abbazie di S. Martino della Fara e di S. Salvatore a
Maiella. – Ai ff. 32-101v “Copie e Scritture spettanti all’Abbadia della Fara S. Marti-
no”, tra cui: “N. 1. Sententia cum impositione terminorum in confinibus S. Martini
de Valle, et Castri Ciuitellae [i.e. Civitella Messer Raimondo]” [copia di documento
del 11 ottobre 1378; vd. anche supra al n. 214 ai ff. 1r-8v] (ff. 38r-41v); “Lettera di
Don Liberatore Tauani [datata 26 luglio 1626] nella quale dà conto in che modo
l’Abbadia di S. Martino della Fara è venuta al Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro”
(ff. 44r-49v); “Confini posti anticamente di consenso delle Parti frà le Uniuersità
della Fara S. Martino, e di Palombano [i.e. Palombaro] con una lettera della Signo-
ra Laura di Palma Signora di Palombano delli 29. Luglio 1581” [copia] (ff. 50r-51v);
“N. 2. Articuli nella causa de Confini frà l’Uniuersità della Fara S. Martino, et di
Palombano [i.e. Palombaro]” (ff. 52r-63r); “N. 3. Instrumentum Concordiae inter
Uniuersitatem Castri Farae S. Martini, et Uniuersitatem Castri Palmanae [i.e. Pa-
lombaro] super Jure pascendi, et aliis Juribus cum declaratione confinium Die 22
Aprilis 1444” [copia] (ff. 66r-79r); “N. 4. Protestanza per Santo Martino et Uniuer-
sità contra Palombano [i.e. Palombaro]” del 7 marzo 1581 [copia] (ff. 80r-81v);
“N. 5. Concordia inter Reuerendissimum Capitulum Sancti Petri, et Uniuersitatem
Terrae Pharae Sancti Martini super Territoria 1624. 20. Augusti” (ff. 84r-91v); “N. 6.
Dispensatio in Quarto consanguinitatis pro Laicis de Fara direpta Archipresbytero

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140 MARCO BUONOCORE

Fare anno quarto Pauli pape IV [i.e. 1 ottobre 1559]” [copia] (ff. 92-93v); “N. 7. Per
l’Abbadia della Fara di S. Martino. Lettere delli 8. ottobre 1715 sopra l’erezione
del Monte di Pietà” [lettere di Pietro Abundio Battiloro, Giuseppe Ricciuti, Nicola
Sciarra (ff. 94r-101v)].

216. – ACSP, Abbazie 339 (cart.; mm 270 × 200; ff. 1-307 [ff. 10-18, 50-51, 61-64,
93, 95, 97, 99, 101, 103, 106-107, 110-111, 113, 115, 117, 120-121, 124-125, 127,
129, 131, 132, 135, 138, 140-141, 144, 146-147, 149, 152-153, 156-157, 159, 162-163,
160, 168-169, 171, 173, 175, 178-179, 182-183, 185, 187, 190-191, 193, 196-197, 199,
201, 205-207, 209, 211, 214-215, 217, 219, 222-223, 226-227, 229, 232-233, 235, 237,
239, 241, 244-245, 247, 249, 251, 253, 255, 258-259, 262-263, 266-267, 269, 272-273,
276-277, 279, 282-283, 286-287, 289, 291, 294-295, 297, 300-301, 304-305, 307, 456
bianchi]; mazzo di fogli sciolti e fascicoli senza copertina) [sec. XVII]
“Indice et origine de’ Privilegj, Donazioni, Collazioni dei Beneficj, e Chiese, Feu-
di spettanti all’Abbadia di S. Salvadore della Majella”. – Indice di tutti gli atti ri-
guardanti S. Salvatore della Maiella, dall’erezione dell’abbadia (1021) in poi e tutti
le chiese da essa dipendenti, nota delle collazioni, regesto dei singoli documenti
con un solo atto intero (ff. 82r-87v), ma in copia, dell’anno 1356 contenente la tra-
scrizione del privilegio di Innocenzo III del 1199 e di una donazione del 1040. Per
Fara S. Martino vd. le informazioni sulle chiese di S. Remigio e S. Maria a f. 29r.

217. – ACSP, Abbazie 350 (cart.; mm 280/195 × 220/115; ff. 1-863 + 640a, 640b,
803a [ff. 54, 73, 88, 106, 109, 125, 204, 223, 228, 251, 266, 271, 275, 277, 279, 283,
291, 299, 310, 324, 335, 338, 353, 357, 374, 377, 386, 435, 475, 543, 578-580, 585-
586, 608, 611-613, 645, 640b, 645, 658, 682-683, 722-723, 726-727, 729, 732-733,
751, 762-766, 779, 792, 799, 803, 803a, 828-829, 831, 833-835 bianchi], mazzo di
fogli sciolti e fascicoli con copertina di cartone rivestito in pergamena) [sec. XVI-
XVII]
“Mazzi di Scritture riuedute in occasione di formare lo Stato dell’Abbadia della
Maiella e credute inutili”. – Miscellanea di scritture relative all’abbazia di S. Marti-
no della Fara e sue dipendenze e a quella del Bosco e sue dipendenze, riguardanti
in massima parte l’amministrazione: lettere, conti e tabelle di introiti e libri di
spese, atti vari, suppliche, fedi, appunti, informazioni, istruzioni, relazioni di visite,
scritture relative a processi, deposizioni di testimoni, memoriali e altro. Per Fara
S. Martino vd.: “Nota delle pecore che sono state nelle montagne nel presente anno
1600” (ff. 29r-31v), “Copia d’alcuni atti fatti nella fara per il bando dei Terraggi”
(f. 80r), “Sommario delle Informationi con l’Inquisiti della Farra” (ff. 213r-216v),
“Informazione contro Nicola Antonio Carosi e Sciolo Volpe” (ff. 241r-244v), “Ordi-
natiui pel buon gouerno spirituale della fara S. Martino” (ff. 274r-275v), “Entrate
della fara S. Martino secondo la nota del fattore” (ff. 356r-357v), “Memoriale di
Donato Ambrosio di Palombano [i.e. Palombaro] Capellano in S. Martino per la
compra dell’horto di <Colantonio> Sanuto et altri terreni” (ff. 436r-437v), “Ricordi
per la badia della fara” (ff. 468r-473v), “Ristretto delli conti di Giouanni Cola <di
Giulio> erario della fara, et Maiella da Maggio 1602, per tutto li 20. di Maggio 1605”
(ff. 536r-543v), “1601 di Dicembre. Nota delle anime della fara S. Martino in Abruz-
zo” [scil. “homini 210. femine 221. figlioli 140. figliole 82. Serue 1. In tutto 660”]

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 141

(ff. 577r-586v), “Informatione quae transmittit ad Reuerendissimum Capitulum S.


Petri de Urbe” [aprile 1603] (ff. 633r-646v), “Informatione de animo delinquendi,
et alijs de uita et moribus contra Don Felicem de Angelis” [agosto 1619] (ff. 647r-
660v), “Nota di tutti Processi fabricati contra Pietro et Santo Verna della fara di S.
Martino Vassalli, et ribelli del Reuerendissimo Capitolo et Canonici di S. Pietro di
Roma Utili Baroni di detta terra” (ff. 661r-664v), “1615. Informatione pigliata nella
Fara del ballare dei preti in occasione di Messe noue” (ff. 667r-672v), revisione dei
conti dell’erario Donato Marrone (ff. 675r-684v), “Consiglio fatto nella fara [scil.
20 aprile 1609] per ricorrere al Capitolo contro li aggraui che dicono di riceuere
dall’Erario [scil. Liberatore Tavani]” (ff. 687r-689v), disegno della “Selva tagliata”
(f. 836r), “Visitatio Ecclesiae Sancti Remigij Terrae farae … et in Castro Pinnae
Pedemontis [i.e. Pennapiedimonte] … et in Castro Rapini … et in ciuitate Ortonae”
[giugno-luglio 1598] (ff. 837r-862v). Lettere di: Camerlengo (ff. 199r-200v), Uni-
versità (ff. 522r-523v, 546r-547v), capitano Loreto Cameritti (ff. 205-206v), erario
Giovanni Nicola di Giulio (ff. 178r-179v, 263r-264v), cappellano Ambrogio di Vale-
rio (ff. 434r-435v), Coriolano Leonardi (ff. 185r-186v), Salvatore Mancini (ff. 191r-
192v, 197r-198v), Donato Marrone (ff. 180r-181v), Remigio Marrone (ff. 239r-240v),
Claudio Paglioni (ff. 207r-208v, 278r-279v), Luigi Rinalducci (ff. 360r-366v, 379r-
380v, 480r-481v, 517r-520v), Liberatore Tavani (ff. 249rv, 369r-373v, 410r-411v).

218. – ACSP, Abbazie 375 (cart.; mm 285/195 × 200/135; ff. 1-176 [ff. 8, 20, 55,
68-69, 75-76, 104, 128-129, 137, 139, 141, 150, 157, 160, 170, 173 bianchi], mazzo
di fascicoli e fogli sciolti senza copertina) [1576-1772]
Carte relative all’abbazia di S. Ruffillo (Forlimpopoli). Ai ff. 76r-130v è la rela-
zione preparata per una seduta della Congregazione delle Badie prevista per il 6
agosto 1722 (“Foglio per la Congregazione sopra le Badie che si adunarà lì 6. Ago-
sto 1722”): ai ff. 93v-95r “Per la Badia della Fara S. Martino”.

219. – ACSP, Abbazie 380 (cart.; mm 280/190 × 220/135; ff. I-X. 1-611 + 501a
(già f. 365), 501b (già f. 366), 507a (già f. 368), 563a (già f. 544), 567a (già f. 549),
595a (già f. 353), 603a (già f. 354) [ff. V-VI, IX-X, 18, 31, 40, 49-53, 58, 63, 67, 110-
111, 121-123, 160, 168, 171-172, 198, 200, 224, 234-235, 239, 272-274, 276, 307,
312, 329-330, 332-333, 335-336, 342-343, 360, 369, 375, 387-388, 409, 420, 423,
473, 490, 493, 499, 507a, 509-510, 517-518, 532, 535, 543, 549, 551, 567, 567a, 573,
501a-b (già ff. 345-346), 586-587, 601-602, 603a (già f. 354), 611 bianchi]; mazzo di
fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1686-1701]
“Processi diuersi e querele diuerse”. – Scritture di processi istruiti nel territorio
di S. Ruffillo (Forlimpopoli), del Bosco e della Fara S. Martino: sommari di proces-
si, deposizioni di testimoni, relazioni, lettere, suppliche e documenti vari (attestati,
strumenti di pace, copie di capitoli ed altro). Precedono un “Indice delli Processi
contenuti nel presente Volume fabricati contro diuersi” (ff. I-Vv) ed un indice dei
nomi (ff. VIIr-VIIIv). Per Fara S. Martino abbiamo: “Don Giouanni Andrea Gentile
sacerdote della Fara S. Martino processato lì 5. Luglio 1690. per rissa seguita trà
esso e Gioachino suo fratello” (ff. 44r-52v), “Don Rocco Alleua sacerdote della Fara
S. Martino processato lì 23. Aprile 1694. per preteso stupro commesso nella perso-
na di Tomassa di Luberto di detto Luogo” (ff. 194r-201v), “Don Francesco Gentile

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142 MARCO BUONOCORE

Arciprete della Fara S. Martino lì 24. Luglio 1702. uiene imputato di pratica diso-
nesta con diuerse Donne, della trascurataggine nell’amministratione de Santissimi
Sacramenti, e d’altri delitti” (ff. 534r-543v).

220. – ACSP, Abbazie 380A (cart.; mm 290/135 × 190/115; ff. 1-912 + 717a, 717b
[ff. 604-605, 670 a stampa] [ff. 10, 14, 16, 20, 24, 58, 60, 69, 76-77, 82, 84, 86, 92,
100, 107, 116, 119, 124, 129, 133, 145, 147-148, 168, 175, 177, 179, 194, 200, 208,
211, 217, 225, 229, 232, 236, 238, 242, 244, 246, 248, 268, 279, 300, 343, 352, 366,
377, 379, 380, 394, 396, 398, 407, 413, 415, 431, 447, 456, 488, 493, 509, 527, 539,
552, 570-577, 586-587, 609, 633, 642, 645, 648, 672, 683, 700, 717b, 724, 730, 733,
777, 811, 815, 824, 825, 832, 841, 848, 909 bianchi]; mazzo di fascicoli e fogli sciolti
con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1712-1718]
“Processi Criminali e Memoriali di Ricorso contro diuersi dal 1712 a tutto [- – -]”;
ff. 1r-552v: “Memoriali di ricorso contro diuersi con le Informazioni dall’Anno 1712
à tutto il 1718”. – Lettere di ricorso contro varie persone dell’abbazia della Fara S.
Martino, del Bosco e di S. Ruffillo (Forlimpopoli), spesso accompagnate da lettere
di vicari o dipendenti del Capitolo, con allegate informazioni, citazioni, deposi-
zioni di testimoni, atti notarili, verbali di sedute, scritture relative a processi”. Per
Fara S. Martino vd. ai ff. 2r-166v per i ricorsi contro il sacerdote Giovanni Gentile
(ff. 2r-3v), il chierico Andrea di Carlo (ff. 4r-5v), Gentile Antonio Gentile (ff. 143r-
148v), “Ricorsi contro l’Erario [scil. Giovanni Antonio (Giannantonio) Aruffo], con
una sua giustificazione sopra i medesimi” (marzo 1715; ff. 149r-162v); lettere di
Stefano Arruffa (ff. 49r-50v, 137r-138v), Pietro Abundio Battiloro (ff. 581r-582v,
588r-591v; vd. anche infra), frate Ferdinando di Villamagna sacerdote dei Minori
Osservanti (24 agosto 1717, ff. 122r-125v; con lettera di Ottavio Tavani), Giovanni
Gentile “pro expeditione et pro gratia die 28. Maggio 1713” (ff. 6r-7v; vd. inoltre le
sue lettere ai ff. 23r-24v, 39r-40v, 65r-66v), Gentile Antonio Gentile (ff. 25r-26v [6
febbraio 1714], 31r-32v, 33r-36v [4 febbraio 1713], ff. 37-38v, 126r-130v), Giusep-
pe Gentile (ff. 126r-130v, 144r-145v), Giovanni Gentile del Colle (ff. 59r-60v), Pier
Francesco Libertati (ff. 71r-79v, 8 aprile 1713), Antonio Ricciuti (ff. 57r-58v, 131r-
134v), Giuseppe Ricciuti (ff. 29r-30v); inoltre: memoriale di Domenico Battistone
“pro gratia dì 17. Febrarij 1715” (ff. 8r-11v); memoriali di vari cittadini a favore di
Giovanni Gentile datati aprile-maggio 1714 (ff. 12r-18v); difesa di Giovanni Gentile
del Colle datata marzo 1715 (ff. 18r-22v); suppliche, memoriali e lettere di Pietro
Abundio Battiloro (ff. 163r-166v), Aurelia Gentile (ff. 87r-90v) Lallo di Lallo (ff. 27r-
28v, 45r-46v, 53r-56v, 79r-82v, 93r-96v, 101r-108v, 131r-134v, 141r-142v), Antonio
Orsatto (ff. 85r-86v), Pietro Pienzo (ff. 91r-92v); supplica di Berardino di Sciullo
e Donato Verna (ff. 83r-84v); “Ricorso contro il chierico Andrea di Carlo. Si è ri-
corso al Vicario che proceda secondo la giustizia; lì 25 giugno 1712” (ff. 41r-42v);
“In Causa in hac Curia uertente inter Berardinum Orsatto et Dominicam Tauana
eius uxorem, ex una, et Angelam de Intino Ferruccio inquisitam, et detentam pro
alapa [“schiaffo”] manu aperta in faciem Dominicae Tauana” [16 novembre 1712,
copia} (ff. 47r-48v); “Copia della scrittura” tra Stefano Arruffa e Giovanni di Lallo
[4 settembre 1713, copia] (ff. 61r-62v); “Copia del decreto della Dogana” (16 set-
tembre 1713; ff. 63r-64v); “Memoriale per la Festiuità dell’Ascenzione del Signor
<Lallo> di Lallo (ff. 67r-70v); “Giustificazioni dell’Erario della Fara [scil. Tommaso

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 143

Cipollone]” (ff. 97r-98v); Procedimento a carico di Nicola Grosso e “Informatione”


al vicario generale di Fara S. Martino, con lettere del notaio di Torricella Peligna
Nicola Mancini, Raffaele del Vallese di Chieti, Giuseppe Verna e Pietro Abundio
Battiloro [aprile-maggio 1717] (ff. 109r-122v). Ai ff. 553r-912v abbiamo: “Ristretti
delli processi contro il diacono Giovanni Gentile prima carcerato poi rilasciato con
cautione” [agosto 1717; ff. 553r-558v); “Processo contro Don Giuseppe Ricciuti”
[gennaio-febbraio 1714] (ff. 559r-578v); “Processo contro Don Giovanni Gentile”
[giugno 1717] (ff. 579r-592v).

221. – ACSP, Abbazie 381 (cart.; mm 270 × 200; ff. 1-73 + 46a [ff. 58-65 a stam-
pa] [ff. 8, 20, 42, 51, 53, 55, 57, 69 bianchi], mazzo di fogli sciolti senza copertina)
[sec. XVI – 1853]
Miscellanea di scritture diverse relative alle abbazie dipendenti dal Capitolo
di S. Pietro: conti, ricevute, appunti, atti vari, minute di risposte, note di laudemi,
esposti, memoriali. Per Fara S. Martino vd. ai ff. 2r-3v (memoria redatta il 13 mar-
zo 1691 riguardo l’arciprete Francesco Gentile e la sua attività parrocchiale), f. 4rv
(testimonianza di Fulvio Scarcella in data 22 febbraio 1591), ff. 5r-6v (polizza del
12 settembre 1577), f. 11rv (“Lista delle spese fatte e salari nell’anno 1552”), ff. 13r-
14v (scrittura relativa ad un processo in data 18 agosto 1575), ff. 15r-18v (ricevute
varie, tra cui quella di Pandolfo Pucci, beneficiato del Capitolo di S. Pietro [dal
1570], da parte di Giovanni Nicola/Cola di Giulio), ff. 35r-38v (“Nota per la Giuri-
sdizione delle seconde cause nella Terra della Fara San Martino”).

222. – ACSP Abbazie 384 (cart.; mm 330 × 225; ff. 1-148 + 12a [ff. 1, 112-148
bianchi]; registro con copertina di cartone rivestita di pergamena con corregge di
cuoio marrone; è allegato un fascicolo con indice a rubrica con copertina in perga-
mena [cart.; mm 310 × 210; ff. 1-20, ff. 1, 8, 12, 16 bianchi]) [1680-1727]
“Libro delle Abbadie”. – Libro di entrate e uscite dell’amministrazione delle ab-
bazie appartenenti al Capitolo di S. Pietro. Per Fara S. Martino sono registrati gli
esercizi degli erari Giuseppe di Carlo (ff. 84v-85r: aa. 1706-1709), Giuseppe Gentile
del Colle (ff. 85v-86r: aa. 1709-1712; ff. 89v-90r: aa. 1712-1713; ff. 91v-92r: a. 1713;
92v-94r: aa. 1713-1714; ff. 95v-96r: a. 1715; ff. 96v-98r: a. 1716; ff. 98v-100r: a.
1717), Giuseppe Milone (ff. 4v-5r: aa. 1682-1686; ff. 32v-33r: aa. 1689-1693; ff. 45v-
46r: aa. 1694-1696; ff. 46v-47r: aa. 1694-1695; ff. 58v-59r: aa. 1698-1699; ff. 62v-63r:
a. 1702), Nicola Sciarra (ff. 67v-68r: aa. 1702-1703 e 1709; f. 72r: aa. 1703-1705 e
1707-1708; vd. anche i ff. 109r-111v con la dichiarazione dello stesso Sciarra in
data 5 dicembre 1700 riguardo alla ricezione di “diecinoue libretti, che contengono
l’Entrate et Uscite della Terra della Fara San Martino del suddetto Reuerendissimo
Capitolo che cominciano dal primo Aprile 1681 à tutto Marzo 1700”) e Giovanni
Antonio Verna (ff. 79v-80r: aa. 1704-1706); sono anche registrate le spese di Leo-
nardo di Sciullo, affittuario della Tintoria per l’anno 1702 (f. 72v), quelle fatte “dal
nostro Reuerendissimo Capitolo in resarcire, e restaurare il Palazzo Abbaziale nella
Terra della fara San Martino” (f. 72v: a. 1702) e quelle della “Terra della fara di San
Martino in Abruzzo” (ff. 11v-12r: aa. 1682-1693; ff. 46v-47r: aa. 1694-1695; ff. 56v-
57r: aa. 1697-1700; ff. 70v-71r: aa. 1704-1710; ff. 87v-88r: aa. 1710-1712).

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144 MARCO BUONOCORE

223. – ACSP Abbazie 385 (cart.; mm 405 × 270; ff. 1-145 [ff. 1, 138-144 bianchi];
registro con copertina di cartone rivestita di pergamena con corregge di cuoio mar-
rone) [1734-1768]
“Abbadie del Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro”. – Libro di entrate e uscite
dell’amministrazione delle abbazie appartenenti al Capitolo di S. Pietro. Per Fara
S. Martino sono registrati gli esercizi degli erari Giovanni Antonio Aruffo (ff. 3v-
4r: a. 1735; ff. 6v-7r: a. 1736; ff. 12v-13r: a. 1737; ff. 14v-15r: a. 1738; ff. 18v-19r: a.
1739; ff. 21v-22r: a. 1740; ff. 25v-26r: a. 1741; ff. 29v-30r: a. 1742; f. 38v: a. 1743;
ff. 40v-41r: a. 1744; ff. 43v-44r: a. 1745; ff. 46v-47r: a. 1746; ff. 62v-64r: a. 1748;
ff. 68v-69r: a. 1749; ff. 72v-73r: a. 1750; ff. 74v-75r: a. 1751; ff. 77v-78r: a. 1752;
ff. 79v-80r, 83r-84v: a. 1753; ff. 90v-91r: a. 1755), Tommaso Cipollone (ff. 87v-88r:
a. 1754; ff. 92v-93r: a. 1755; ff. 95v-96r: a. 1756; ff. 99v-100r: a. 1757; ff. 103v-104r:
a. 1758; ff. 107v-108r: a. 1759; ff. 111v-112r: a. 1760; ff. 115v-116r: a. 1761; ff. 116v-
117r: a. 1762; ff. 120v-121r: a. 1763; ff. 125v-126r: a. 1764; ff. 129v-130r: a. 1765;
ff. 132v-133r: a. 1766; ff. 134v-135r: a. 1767; f. 136v: a. 1768) e Giovanni Battista
Gentile della Chiesa di S. Remigio (f. 53r: a. 1747). Ai ff. 54v-59v: “Visita fatta alla
Badia della Fara s. Martino dalli Illustrissimi e Reuerendissimi Signori Monsignori
Nicolò Sauerio S. Maria [i.e. Niccolò Saverio Santamaria; c. 1697-1776], et il Signor
Canonico Benedetto Ancajani [1700-1781] Visitatori nel Mese di Settembre 1747”.

224. – ACSP, Abbazie 386 (cart.; mm 335/145 × 200/130; ff. I. 1-805 [ff. 20, 28,
30, 32, 66, 86, 96, 118-119, 121, 140, 143-145, 164, 171, 182, 204-205, 207, 210, 218,
247-249, 256, 258, 260, 263, 283-284, 289, 333, 344-354, 394, 403-404, 416-418, 421,
426-428, 443-445, 464-468, 543-544, 555-560, 632-634, 763-764, 775-776, 800-805
bianchi]; filza di fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita in perga-
mena) [1689-1710]
“Abbadie. Giustificationi dall’Anno 1699 a tutto l’Anno 1714. Primo”. – Scritture
relative all’amministrazione finanziaria delle abbadie di S. Ruffillo (Forlimpopoli),
del Bosco e della Fara S. Martino: ordini di pagamento con relative ricevute, note
di riscossioni, lettere, perizie, fedi di spese eseguite, conti, note di riscossioni fatte
dai visitatori, libretti di entrate e di uscita. Per Fara S. Martino vd.: “Bilancio del
entroito et esito della Rendita de beni et efetti della Terra della fara San Martino
Amministrata da Nicola Sciarra Erario, dal primo Aprile 1700. à tutto Marzo 1702.
come da suoi due libretti consegnati in computistaria” (ff. 177r-178v); “N. 22. Li-
bro fatto, et ordinato per me Giouanni Antonio Verna erario dell’Illustrissimo, e
Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, utile Signore della Terra della Fara
S. Martino in Apruzzo citra, nel quale si contiene l’Introito, e l’Esito dell’entrate
di detto Illustrissimo Capitolo per un Anno intiero principiato a 9 Ottobre 1703, e
giorno in cui si fu data la carica di detta Amministratione per tutto lì 10 Ottobre
1704” (ff. 270r-295v); “N. 23. Libro fatto, et ordinato per me Giouanni Antonio Ver-
na erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, Utile
Signore della Terra della Fara Sancto Martino in Apruzzo citra, nel quale si contie-
ne l’Introito, e l’Esito dell’entrate di detto Illustrissimo Capitolo per un Anno intiero
principiato a 11 Ottobre 1704 per tutto lì 10 Ottobre 1705” (ff. 323r-354v); “N. 24.
Libro fatto, et ordinato per me Giouanni Antonio Verna erario dell’Illustrissimo e
Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, Utile Signore della Terra della Fara

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 145

S. Martino in Apruzzo citra, nel quale si contiene l’Introito et esito dell’entrate di


detto Illustrissimo Capitolo principiato a 11 Ottobre 1705 per tutto lì 18 Marzo
1706” (ff. 395r-418v); “Libretto dell’Introito et Esito fatto per la Chiesa di S. Marti-
no da Giouanni Antonio Verna nell’Anno 1705” (ff. 419r-428v); “N. 25. Libro fatto,
et ordinato per me Giuseppe di Carlo erario dell’Illustrissimo, e Reuerendissimo
Capitolo di S. Pietro di Roma, Utile Signore e Padrone della Terra della Fara S.
Martino in Apruzzo Citra, nel quale si contiene l’Introito, et l’Esito dell’entrate di
detto Illustrissimo Capitolo per un Anno intiero principiato à 20 Marzo 1706 per
tutto lì 19 Marzo 1707” (ff. 429r-468v); “Adì 22 di Gennaio 1707. Nota di spesa per
fare lu forno nouo per ordine di Monsignore Illustrissimo che in essa si noto tutti
quello che si spendono giurnali di mastro falco del pizzo fabro” (f. 469rv); “Nota
della spesa occorsa per fare la Baracca per habitatione del signor Agente e signor
Visitatore per ordine dell’Illustrissimo Capitolo” (f. 489rv); “N. 26. Libro fatto, et
ordinato per me Giuseppe di Carlo erario dell’Illustrissimo, e Reuerendissimo Ca-
pitolo di S. Pietro di Roma, Utile Signore, e Padrone della Terra della Fara S. Mar-
tino in Apruzzo Citra, nel quale si contiene l’Introito, e l’Esito dell’entrate di detto
Illustrissimo Capitolo per un Anno intiero, principiato à 20 Marzo 1707 per tutto lì
di 19 Marzo dell’Anno 1708” (ff. 578r-560v); “N. 27. Libro d’esito, e di Spesa fatto
per me Giuseppe di Carlo erario per accomodare il Palazzo dell’Illustrissimo Capi-
tolo di S. Pietro di Roma Padrone in questa Terra della Fara S. Martino rouinato,
e conquassato dal passato Terremoto delli 3 Nouembre 1706 con ordine del Signor
Agente Signor Tarquinio Armenante, ut infra” (ff. 579r-634v); “Partite diuerse di
denaro pagate da Giouanni Domenico di Carlo per seruitio della Fabrica del Palaz-
zo dell’Illustrissimo Capitolo, d’ordine di Giuseppe di Carlo erario” (ff. 635r-636v);
“N. 27. Libro fatto, et ordinato per me Giuseppe di Carlo erario dell’Illustrissimo, e
Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, Utile Signore della Terra della Fara
S. Martino in Apruzzo Citra; Nel quale si contiene l’Introito, e l’Esito dell’entrate
di detto Illustrissimo Capitolo per un Anno intiero principiato à 20 Marzo 1708
per tutto lì 19 Marzo 1708” (ff. 749r-776v); “N. 28. Libro fatto et ordinato per me
Gioseppe Gentile del Colle erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S.
Pietro di Roma Utile Signore e Barone della Terra della Fara S. Martino in Apruzzo,
nel quale si contiene l’Introito, e l’Esito dell’entrate di detto Reuerendissimo Capi-
tolo principiato à 20 Marzo 1709 per tutto lì 19 Marzo 1710 come siegue” (ff. 777r-
805v). Ricevute di pagamento ai ff. 296r-322v, 356r-393v, 472r-488v, 490r-528v,
561-578, 637-748.

225. – ACSP, Abbazie 387 (cart.; mm 315/130 × 210/125; ff. I. 1-701 [ff. I, 1, 57,
59-60, 85-89, 174-179, 205-208, 251, 274-276, 280, 361, 487, 633-636 bianchi]; filza
di fascicoli e fogli sciolti con copertina di cartone rivestita di pergamena) [1699-
1716]
“Abbadie. Giustificationi dall’Anno 1699 a tutto l’Anno 1714. 2°”. – Scritture
relative all’amministrazione finanziaria delle abbazie, specialmente quelle di Fara
S. Martino e del Bosco: bilanci, conti vari, note di pagamenti, liste di spese e ordini
di pagamenti, numerose ricevute, libri di entrata e di uscita. Per Fara S. Martino
abbiamo: “N. 31. Libro fatto et ordinato per me Gioseppe Gentile del Colle, Erario
dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, Utile Signore e

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146 MARCO BUONOCORE

Barone della Terra della Fara S. Martino in Apruzzo, nel quale si contiene tutto
l’Introito, et Esito dell’entrate di detto Illustrissimo Capitolo principiato a 19 Marzo
1710 per tutto 20 Marzo 1711 conforme siegue” (ff. 68r-89v); “N. 32. Libro fatto,
et ordinato per me Gioseppe Gentile del Colle erario dell’Illustrissimo Capitolo
di S. Pietro di Roma, Utile Signore, e Barone della Terra della Fara S. Martino in
Apruzzo, nel quale si contiene tutto l’Introito, et Esito dell’Entrate di detto Illustris-
simo Capitolo di S. Pietro di Roma principiato lì 19 Marzo 1711 per tutto lì 20 Mar-
zo 1712” (ff. 156r-179v); “N. 35. Libro fatto, et ordinato per me Gioseppe Gentile
del Colle erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di San Pietro di Roma,
Utile Signore e Barone della terra della Fara S. Martino in Apruzzo, nel quale si
contiene tutto l’Introito et esito dell’entrate di detto Illustrissimo e Reuerendissimo
Capitolo principiato lì 19 Marzo 1712 per tutto lì 20 Marzo 1713 conforme siegue”
(ff. 185r-208v); “N. 36. Libro fatto et ordinato per me Gioseppe Gentile del Colle
erario dell’Illustrissimo, e Reuerendissimo Capitolo di San Pietro di Roma Utile Si-
gnore, e Barone della Terra della Fara S. Martino in Apruzzo, nel quale si contiene
tutto l’Introito et esito delle rendite di detto Illustrissimo e Reuerendissimo Capi-
tolo principiato lì 19 Marzo 1713 per tutto lì 20 Marzo 1714” (ff. 253r-276v); lavori
eseguiti su numerosi edifici di Fara (360r-370v); “Nota di vitturali che sono andati
per le scanne seruite nella Chiesa Abbadiale di S. Martino in restauratione del tetto
in osseruanza a degli ordini lasciati dall’Illustrissimi Visitatori Fabrizio Augustini
[Fabrizio Agostini, 1655-1712] e Guido del Palaggio [Guido Palagi, 1671-1732]” in
data 7 ottobre 1700 (f. 371rv); “Bilancio del Entroito, et Esito de beni, et effetti della
Terra della fara San Martino spettante al Reuerendissimo Capitolo di San Pietro
in Vaticano amministrata da Nicola Sciarra Erario dal primo Aprile 1700. à tutto
Marzo 1702. come da due libretti consegnati in Computisteria dal suddetto Reue-
rendissimo Capitolo” (ff. 382-383v); “Nota di denaro speso per la causa de conti di
Nicola Sciarra” (f. 443v); “N. 37. Libro fatto et ordinato per me Gioseppe Gentile
del Colle erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di San Pietro di Roma
Utile Signore e Barone della Terra della fara S. Martino, nel quale si contiene tutto
l’Introito, et esito delle rendite di detto Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo
principiato lì 19 Marzo 1714 per tutto lì 20 Marzo 1715” (ff. 615r-636v). Lettera del
canonico del Capitolo Domenico Riviera (1671-1752) in data Roma 24 settembre
1712 (ff. 248r-249v), 1 giugno 1713 (ff. 277r-278v) e 9 luglio 1713 (ff. 279r-280v).

226. – ACSP Abbazie 388 (cart.; mm 330/200 × 220/140; ff. I-II. 1-1325 [ff. I-II,
2, 32-33, 35, 72-75, 84, 90, 103, 109, 122, 161-162, 172, 174, 237, 241, 265-271, 302-
307, 311, 314, 334-336, 344, 376-378, 380, 382, 395-406, 430-437, 465, 504-505, 521,
567, 572, 605-609, 635-638, 654, 657, 702-715, 747-756, 784, 883, 885, 1010-1013,
1062, 1065, 1261-1262, 1271, 1284, 1324-1325 bianchi]; filza di fascicoli e fogli
sciolti con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1684-1731]
“Abbadie. Giustificazioni dall’Anno 1613 a tutto l’Anno 1730. 3°”. – Scritture
relative soprattutto all’amministrazione finanziaria delle abbazie. Per Fara S. Mar-
tino sono registrati i seguenti documenti contabili relativi alla gestione ammini-
strativi degli erari Giuseppe Gentile del Colle (per cui vd. anche ai ff. 209r, 236r-
240r, 308r-310r, 312, 337r-340r, 379r, 381r, 411r-412v, 447r-452v, 477r-480v), Gio-
vanni Antonio Verna (per cui vd. anche ai ff. 540r, 541r-542r, 639r-653v, 800r-810r,

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 147

816r, 868r) e Carmine d’Antonio (per cui vd. anche ai ff. 871r-874v, 879r-885v,
1014r-1019v, 1057r-1058v, 1287rv, 1289r-1290v): “Libretto delli Residui della fara
di S. Martino spettanti al Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro per tutto Marzo
1688. – 1685. 1686. 1687. 1688” (ff. 22r-33v); “Libretto delli Residui della fara di
S. Martino spettanti al Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro per tutto marzo
dell’anno 1695” (ff. 64r-75v); “N. 20. Libro fatto et ordinato per me Giouanni Anto-
nio Verna Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di San Pietro di
Roma Utile Signore della Terra della fara di San Martino in Apruzzo citra, nel
quale si contiene l’Introito, e l’Esito dell’Entrate di detto Illustrissimo Capitolo per
un anno intiero principiato adi 9 ottobre 1703, e giorno in cui gli fu data la carica
di detta Amministratione per tutto lì 10 ottobre 1704” (ff. 149r-172v); “N. 28. Libro
fatto et ordinato per me Giuseppe Gentile del Colle Erario dell’Illustrissimo e Reue-
rendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, Utile Signore e Barone della Terra della
Fara di S. Martino in Apruzzo, nel quale si contiene tutto l’Inuentario, et l’Esito
dell’Entrate di detto Reuerendissimo Capitolo principiato li 20 Marzo 1709 per
tutto li 19 Marzo 1710 conforme siegue” (ff. 214r-235v); “N. 31. Libro fatto, et or-
dinato per me Gioseppe Gentile del Colle Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissi-
mo Capitolo di S. Pietro di Roma, Utile Signore, e Barone della Terra della Fara
S. Martino in Apruzzo, nel’ quale si contiene tutto l’Introito, et l’Esito dell’Entrate
di detto Illustrissimo Capitolo principiato a 19 Marzo 1710 per tutto 20 Marzo 1711
conforme siegue” (ff. 248r-271v); “N. 32. Libro fatto, et ordinato per me Gioseppe
Gentile del Colle Erario dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, utile Signo-
re, e Barone della Terra della Fara S. Martino in Apruzzo, nel quale si contiene
tutto l’Introito, et l’Esito dell’Entrate di detto Illustrissimo Capitolo principiato lì
19 Marzo 1711 per tutto lì 20 Marzo 1712” (ff. 284r-307v); “N. 35. Libro fatto, et
ordinato per me Giuseppe Gentile del Colle Erario dell’Illustrissimo e Reuerendis-
simo Capitolo di San Pietro di Roma, utile Signore Barone della terra della Fara
S. Martino in Apruzzo nel quale si contiene tutto l’Introito, et l’Esito dell’Entrate di
detto Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo principiato lì 19 Marzo 1712 per
tutto lì 20 Marzo 1713 conforme siegue” (ff. 315-336); “N. 36. Libro fatto, et ordi-
nato per mè Gioseppe Gentile del Colle Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo
Capitolo di San Pietro di Roma Utile Signore e Barone della Terra della fara S. Mar-
tino in Apruzzo, nel quale si conuiene tutto l’Introito et l’Esito delle Rendite di
detto Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo principiato lì 19 Marzo 1713 per
tutto lì 20 Marzo 1714” (ff. 355-378v); “N. 37. Libro fatto, et ordinato per mè Giu-
seppe Gentile del Colle Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di San
Pietro di Roma Utile Signore e Barone della Terra della Fara S. Martino in Apruzzo
nel quale si contiene tutto l’Introito et Esito delle rendite di detto Illustrissimo e
Reuerendissimo Capitolo principiato lì 19 Marzo 1714 per tutto lì 20 Marzo 1715”
(ff. 383r-406v); “N. 38. Libro d’Introito et Esito formato per me Gioseppe Gentile
del Colle Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo e Canonici di S. Pietro
di Roma nel quale si contiene tutte le rendite della Fara S. Martino dalli 19 Marzo
1715 per tutto lì 20 Marzo 1716 come anche le spese, e pagamenti occorsi in detto
tempo” (ff. 413r-436v); “N. 1. Libro dell’amministrazione esercitata da Giouanni
Antonio Verna Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di

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148 MARCO BUONOCORE

Roma Barone della Terra della Fara sanmartino nel quale si contiene l’Introito ed
Essito della sua amministrazione sudetta principiata al primo d’Aprile 1718 per
tutto Marzo 1719 con la facoltà d’aggiungere e diminuire” (ff. 485r-507v); “N. 2.
Libro dell’Amministrazione d’Erariato esercitata da Giouanni Antonio Verna
dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Barone della Ter-
ra della Fara Sanmartino principiato al primo d’Aprile 1719 per tutto Marzo 1720
nel quale si contiene l’Introito, et Essito della detta sua amministrazione cum po-
testate addendi et minuendi” (ff. 523r-538v); “N 3. Libro fatto da Giouanni Antonio
Verna Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
Barone della Terra della Fara sanmartino, nel quale si contiene l’Introito, ed Essito
della sua Amministrazione principiata al primo d’Aprile 1720 per tutto Marzo 1721
cum potestate addendi et minuendi toties” (ff. 544r-561v); “N. 4. Libro dell’Ammi-
nistrazione d’Erariato nella Terra della Farasanmartino da Giouanni Antonio Ver-
na dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Barone di
detta terra principiato al primo d’Aprile 1721 per tutto Marzo 1722, nel quale si
contiene l’Introito, ed Essito della detta Amministratione cum potestate addendi et
minuendi” (ff. 591r-610v); “N. 5. Libro dell’Amministrazione dell’Illustrissimo e
Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma esercitata da Giouanni Antonio Ver-
na nella Farasanmartino principiato al primo d’Aprile 1722 per tutto Marzo 1723,
nel quale si contiene l’Introito, ed Esito di detta sua Amministrazione cum faculta-
te addendi et minuendi” (ff. 615r-638v); “N. 6. Libro dell’Amministrazione d’Eraria-
to esercitato da Giouanni Antonio Verna dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di
Roma Barone della Terra della Farasanmartino principiata al primo d’Aprile 1723
per tutto Marzo 1724” (ff. 676r-715v); “N. 7. Libro dell’Amministrazione d’Erariato
di Giouanni Antonio Verna dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Padrone
principiato al primo d’Aprile 1724 per tutto Marzo 1725” (ff. 716r-757v); “Libro
dell’Amministrazione d’Erariato dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
Abbate e Barone nella Fara Santo Martino esercitata da Carmine de Antonio dal
primo d’Aprile 1725, à tutto Marzo 1726, nel quale si contiene l’Introito, ed Essito
di detto anno cum potestate addendi et minuendi” (ff. 761r-784v); “Libro d’esito
dell’Illustrissimo Capitolo fatto dal primo d’Aprile 1725, à tutto Marzo 1726
dall’Erario Carmine d’Antonio” (ff. 819r-837v); “Ristretto dell’entrata, che si porta
Carmine d’Antonio erario della Fara S. Martino per l’Amministrazione erariale
principiata al primo d’Aprile 1725 per tutto Marzo 1726” (ff. 869r-870v); “Libro
dell’amministrazione d’Erariato dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S.
Pietro di Roma Abbate e Barone della Fara S. Martino esercitata da Carmine d’An-
tonio dal primo d’Aprile 1726, à tutto Marzo 1727, nella quale si contiene tutto
l’introito, et esito fatto dal sudetto Erario in detto anno cum potestate addendi et
minuendi” (ff. 886r-909v); “Giornale dell’esito, e spese, che si fanno da Carmine
d’Antonio Erario Baronale dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma in questa
Terra della Fara S. Martino, per l’anno principiato dal primo d’Aprile 1726, à tutto
Marzo 1727” (ff. 951r-958v); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato dell’Illu-
strissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate e Barone della
Fara S. Martino esercitata da Carmine d’Antonio dal primo d’Aprile 1727, à tutto
Marzo 1728, nella quale si contiene tutto l’Introito, et esito fatto dal sudetto Erario

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 149

in detto anno cum potestate addendi, et minuendi” (ff. 982r-1013v); “Libro dell’Am-
ministrazione dell’Erariato dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pie-
tro di Roma Abbate e Barone della Fara S. Martino esercitata da Carmine d’Antonio
dal primo d’Aprile 1728. à tutto Marzo 1729., nella quale si contiene tutto l’Introito,
ed Esito fatto dal sudetto Erario in dett’Anno cum potestate addendi, et minuendi”
(ff. 1012-1046v); “Giornale di tutto l’esito che si fa da Carmine d’Antonio Erario
Baronale coll’intelligenza di me in presente Vicario Gentile [i.e. Giovanni Battista
Gentile] per l’anno principiato al primo d’Aprile 1727 à tutto Marzo 1728” (ff. 1077r-
1984v); “Giornale delle spese, et Esito, che si fanno da Carmine d’Antonio Erario
nel corrente quarto anno del suo Erariato principiato al primo d’Aprile 1728 finien-
do all’ultimo Marzo 1729” (ff. 1133-1146v); “Nota della spesa fatta quest’anno 1728
e 1729 [scil. dal 9 novembre 1728 al 2 settembre 1729] per risarcire il tetto della
Chiesa di S. Martino, e per altri risarcimenti occorsi” firmata dal Vicario Generale
Melchiorre Delfico in data 14 settembre 1729 (ff. 1166r-1167v); “Giornale delle spe-
se, et Esito, che si fanno da Carmine d’Antonio Erario nel corrente quinto anno del
suo Erariato principiato al primo d’Aprile 1729 finiendo all’ultimo Marzo 1730”
(ff. 1201r-1208v); “Libro dell’amministrazione dell’Erariato dell’Illustrissimo e
Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, Abbate, et Barone della Fara San
Martino esercitata da Carmine de Antonio dal primo d’Aprile 1729, à tutto Marzo
1730, nel quale si contiene tutto l’Introito, ed Esito fatto dal sudetto erario in
dett’anno, cum potestate addendi, et minuendi” (ff. 1231r-1262v); “Ristretto dell’In-
troito fatto da Carmine d’Antonio Erario Baronale della Fara S. Martino nell’anno
dell’Amministrazione Erariale dal primo Aprile 1729. à tutto Marzo 1730”
(f. 1275rv). Numerose ricevute ed alcune lettere tra cui quelle di Pietro Abundio
Battiloro (ff. 475r-476v, 16 luglio 1718), Giovanni Antonio Verna (ff. 759r-760v, 1
giugno 1723), Melchiorre Delfico (ff. 875r-878v, 6 gennaio 1727; f. 1266r, 17 no-
vembre 1732) e del canonico dal Capitolo Domenico Riviera [1671-1752] (f. 1199r,
7 maggio 1729).

227. – ACSP, Abbazie 389 (cart.; mm 300/190 × 220/130; ff. 1-1555 [ff. 2, 4-7,
72-75, 78, 80, 97, 121, 222-225, 316, 408-410, 536, 543, 563, 581, 810, 812, 882-883,
885, 1015, 1053. 1171-1175, 1186, 1188, 1191-1192, 1201, 1282-1290, 1314, 1393-
1397, 1443, 1554-1555 bianchi]; filza di fogli e fascicoli rilegati con copertina di
cartone rivestita in pergamena) [1726-1742]
“Abbadie. Giustificazioni dall’Anno 1731 a tutto l’Anno 1742. 4°. – Scritture di
amministrazione finanziaria delle abbazie di S. Ruffillo (Forlimpopoli), Bosco e
Fara S. Martino: ordini di pagamento, ricevute, note di spese e di riscossione, gior-
nali e libretti di introito ed esito, osservazioni sui conti trasmessi, lettere. Per Fara
S. Martino vd.: “Giornale delle Spese, et esito che si fanno dà Carmine de Antonio
nel corrente anno del suo Erariato principiato al primo d’Aprile 1730 e finiendo
all’ultimo di Marzo 1731” (ff. 3r-8v); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato del-
l’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e Barone
della Fara Santo Martino esercitata dà Carmine d’Antonio dal primo d’Aprile 1730
à tutto Marzo 1731, nel quale si contiene tutto l’Introito, ed Esito fatto dal sudetto
Erario in detto Anno cum potestate addendi, et minuendi” (ff. 40r-75v); “Conti
dell’Erario della fara S. Martino Carmine d’Antonio a tutto Marzo 1730” (f. 103rv);

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150 MARCO BUONOCORE

“Adì 15 Nouembre 1732. Per la Reuisione de Conti dell’Erario della fara San Mar-
tino a tutto Marzo 1732” (ff. 104r-105v); “Ristretto dell’Introito fatto dà Carmine
d’Antonio Erario Baronale della Fara S. Martino nell’anno dell’amministrazione
Erariale dal primo Aprile 1730 per tutto Marzo 1731” (f. 106rv); “Libro dell’Ammi-
nistrazione fatta dà Carmine d’Antonio Erario Baronale e dal Reuerendo Canonico
Don Martino d’Antonio Protettori della Venerabile et Insigne Chiesa Abbaziale di
S. Martino per l’obblazioni che si fanno à detta Chiesa dal primo Agosto 1727. e per
tutto lì 11 Nouembre del corrente anno 1732” [copia] (ff. 109r-112v); “Risposta, et
Informo sopra la riuisitatione de conti dell’Erario Carmine de Antonio fatta nel
corrente anno 1732” (ff. 118r-122v); “Nota delle spese che si sono fatte per l’andata
in Chieti del Vicario [i.e. Melchiorre Delfico] per la causa dell’affitto della Tintoria,
per li Valimenti, e per altre cause” (ff. 129r-130v); “Giornale delle Spese, et esito che
si fanno dà Carmine d’Antonio Erario nel corrente settimo anno del suo Erariato
principiato al primo d’Aprile 1731 e finiendo all’ultimo di Marzo 1732” (ff. 162r-
165v); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato dell’Illustrissimo e Reuerendissi-
mo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e Barone della Fara S. Martino, esercita-
ta dà Carmine d’Antonio dal primo d’Aprile 1731. à tutto Marzo 1732, nel quale si
contiene tutto l’Introito, ed esito fatto dal sudetto Erario in dett’Anno cum potesta-
te addendi, et minuendi” (ff. 197r-225v); “Ristretto dell’Uscita fatta dà Carmine
d’Antonio Erario Baronale della Fara S. Martino per un’anno intiero dell’ammini-
strazione Erariale da lui esercitata dal primo d’Aprile 1732 à tutto Marzo 1732”
(f. 226rv); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato dell’Illustrissimo e Reueren-
dissimo Capitolo di S. Pietro di Roma, Abbate, e Barone della Fara Santo Martino
esercitata dà Carmine d’Antonio dal primo d’Aprile 1732 à tutto Marzo 1733, nel
quale si contiene tutto l’Introito, ed Esito fatto dal sudetto Erario in dett’Anno cum
potestate addendi, et minuendi” (ff. 255r-286v); “Giornale delle Spese, et Esito che
si fanno dà Carmine de Antonio Erario Baronale in questa Terra di Fara S. Martino,
coll’intelligenza, et approuatione del Vicario Generale [i.e. Melchiorre Delfico] nel
corrente ottauo anno del suo Erariato principiato al primo d’Aprile 1732, e finiendo
all’ultimo di Marzo 1733” (ff. 287r-291v); “Esito per la festituità di S. Martino, e suo
ottauo” (f. 315rv); Spese sostenute da Carmine d’Antonio per la ristrutturazione del
“Palazzo Abbatiale” e la “Corte” (ff. 320r-321v); “Ristretto d’Introito fatto dà Carmi-
ne d’Antonio Erario Baronale della fara S. Martino nell’anno dell’Amministrazione
Erariale dal primo d’Aprile 1732 à tutto Marzo 1733” (ff. 329r-330v); “Ristretto
dell’Introito fatto dal quondam d’Antonio Erario Baronale della Fara S. Martino, e
poi dal di lui fratello Berardino d’Antonio Pro Erario nell’anno dell’amministrazio-
ne Erariale dal primo Aprile 1733 à tutto Marzo 1734” (ff. 331r-332v); “Giornale dal
primo d’Aprile 1734 à tutto Marzo 1735 alle spese che si fanno per l’Illustrissimo
Capitolo di S. Pietro di Roma in questa Terra di Fara S. Martino. Proseguito il su-
detto giornale per quattro mesi da Berardino de Antonio Proerario cioè a tutto
Luglio 1734, che prese il possesso il nuouo Erario Giouanni Antonio Aruffa”
(ff. 371r-374v); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato dell’Illustrissimo e Reue-
rendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e Barone della Fara S. Martino
esercitata dal quondam Carmine d’Antonio dal primo d’Aprile 1733 sino ad Agosto
di detto anno, e poi continuata sino à tutto Marzo 1734 dà Berardino d’Antonio di

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 151

lui Fratello come Proerario. Ed in detto Libro si contiene tutto l’Introito, et Esito
fatto dalli sopradetti nel sudetto anno a tutto Marzo 1734, cum potestate addendi,
et minuendi” (ff. 375r-410v); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato dell’Illu-
strissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e Barone della
Fara S. Martino esercitata dà Berardino Pro Erario a quattro mesi, cioè dal primo
d’Aprile 1734 à tutto Luglio di dett’anno. Ed in detto Libro si contiene tutto l’Introi-
to, et Esito fatto dal sudetto Pro Erario nelli sudetti quattro mesi, cum potestate
addendi, et minuendi” (ff. 411r-424v); “Giornale delle spese, et esito che si fanno dà
Carmine de Antonio Erario Baronale in questa Terra di Fara S. Martino, coll’intel-
ligenza, et approuatione del Vicario Generale [i.e. Melchiorre Delfico] nel corrente
nono anno del suo Erariato principiato al primo d’Aprile 1733 e finiendo all’ultimo
Marzo 1734” (ff. 425r-428v); “Nota della spesa, che si fa dall’Erario Carmine d’An-
tonio per la uenuta di Monsignor Illustrissimo Tasca [i.e. Antonio Tasca, 1676-
1736] à fare la Santa Visita” (ff. 432r-435v); “Ristretto dell’Introito fatto dà Berar-
dino d’Antonio Pro Erario Baronale della fara S. Martino nell’ultimi quattro mesi
della sua Amministrazione Erariale, cioè dal primo d’Aprile 1734 à tutto il mese di
Luglio di detto anno 1734” (ff. 529r-530v); “Libro dell’Amministrazione dell’Eraria-
to dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e Ba-
rone della Fara S. Martino esercitata per un’anno intiero dall’Erario Giouanni An-
tonio Aruffo di detta Terra, cioè dal primo d’Agosto 1734 à tutto Luglio 1735. Ed in
detto Libro si contiene tutto l’Introito, ed esito fatto dal sudetto Erario in detto
anno à tutto Luglio 1735 cum potestate addendi, et minuendi” (ff. 623r-650v);
“Giornale delle spese, et Esito che si fanno dà Giouanni Antonio Aruffo Erario
Baronale in questa Terra di Fara S. Martino, coll’intelligenza, et approuatione del
Reuerendissimo Signor Vicario Generale [i.e. Melchiorre Delfico] in questo corren-
te primo anno del suo Erariato principiato al primo d’Agosto 1734, e finiendo all’ul-
timo Luglio 1735” (ff. 659r-662v); “Ristretto dell’Entrata fatta dà Giouanni Antonio
Aruffo Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
nella Fara S. Martino per un’anno intiero della sua Amministrazione Erariale co-
minciato al primo d’Agosto 1734, e finito all’ultimo Luglio 1735” (ff. 663r-664v);
“Adì 11 nouembre 1734. Spesa per la Festiuità di S. Martino in quest’Anno”
(f. 683rv); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato dell’Illustrissimo, e Reueren-
dissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e Barone della Fara S. Martino
esercitata per un’anno intiero dall’Erario Giouanni Antonio Aruffo di detta Terra,
cioè dal primo di Agosto 1735, à tutto Luglio 1736, ed in detto Libro si contiene
tutto l’Introito, ed Esito fatto dal sudetto Erario in detto anno à tutto Luglio 1736,
cum potestate addendi, et minuendi” (ff. 746r-777v); “Spese sostenute da Giouanni
Antonio Aruffo per la ristrutturazione del Palazzo Abbatiale” [1735] (f. 739rv);
“Giornale delle spese, et essito, che si fanno dà Giouanni Antonio Arruffa Erario
Baronale in questa Terra di Fara S. Martino, coll’intelligenza, et approuatione del
Reuerendissimo Signor Vicario Generale [i.e. Melchiorre Delfico] in questo secun-
do anno del suo Erariato principiato al primo d’Agosto 1735, e finiendo all’ultimo
di Luglio 1736” (ff. 790r-793v); “Nota della spesa fatta in questo mese di Gennaro
1736 dall’Erario Giouanni Antonio Aruffo per il Palazzo Abbatiale” (f. 794rv); “Ri-
stretto dell’Entrate fatto dà Giouanni Antonio Arruffo Erario dell’Illustrissimo e

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152 MARCO BUONOCORE

Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma nella Fara S. Martino per un’anno


intiero della sua Amministrazione Erariale cominciato al primo d’Agosto 1735, e
finito all’ultimo Luglio 1736” (f. 809rv); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato
dell’Illustrissimo, e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e Barone
della Fara S. Martino nullius Dioecesis esercitata per un’anno intiero dall’Erario
Giouanni Antonio Aruffo di detta Terra, cioè dal primo d’Agosto 1736, à tutto Lu-
glio 1737, ed in detto Libro si contiene tutto l’Introito, ed Esito fatto dal sudetto
Erario in detto anno à tutto Luglio 1737, cum potestate addendi, et minuendi”
(ff. 860r-883v); “Ristretto dell’Entrate fatte dà Giouanni Antonio Aruffo Erario
dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma nella Fara S. Mar-
tino per un’anno intiero della sua Amministrazione Erariale cominciata al primo
d’Agosto 1736, e finito all’ultimo Luglio 1737” (ff. 884r-885v); “A dì 11 nouembre
1736 spesa per la festituità di S. Martino, e per la candelora” (f. 886rv); “Giornale
dell’Essito che si fà da Giouanni Antonio Arruffo Erario Baronale dell’Illustrissimo
e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma nella Fara S. Martino nullius Dioe-
cesis in questo terz’anno del suo Erariato principiato al primo d’Agosto 1736, e fi-
niendo all’ultimo Luglio dell’entrante anno 1737” (ff. 887r-894v); “Spese sostenute
da Giouanni Antonio Aruffo per la ristrutturazione del Palazzo Abbatiale” [1737]
(ff. 913r-915v); “Foglio et informo distinto di tutte l’osservazioni che si sono fatte
da me infrascitto [scil. vicario generale Melchiorre Delfico] d’ordine di Monsignore
Illustrissimo Simonetti [i.e. Raniero Felice Simonetti, 1675-1749] sopra li conti di
Giouanni Antonio Verna passato Erario Baronale di questa terra della Fara S. Mar-
tino” [28 dicembre 1726] (ff. 923r-992v, già pp. 1-140); “Libro dell’Amministrazione
dell’Erariato dell’Illustrissimo, e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma,
Abbate, e Barone della Fara S. Martino nullius Dioecesis esercitata per un’anno
intiero dall’Erario Giannantonio Aruffo di detta Terra, cioè dal primo d’Agosto
1737, à tutto Luglio 1738, ed in detto libro si contiene tutto l’Introito, ed Esito fatto
dal sudetto Erario in detto anno à tutto Luglio 1738, cum potestate addendi, et
minuendi” (ff. 1027r-1054v); “Ristretto dell’introito fatto dà Giouanni Antonio
Aruffo Erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma
nella Fara S. Martino per un’anno intiero della sua amministrazione Erariale, co-
minciata al primo d’Agosto 1737, e terminata all’ultimo di Luglio 1738; Ristretto
dell’Esito fatto dal retroscritto Erario, per il retroscritto anno della sua amministra-
zione Erariale, principiato al primo d’Agosto 1737, à tutto Luglio 1738”) ff. 1056r-
1057v); “Giornale dell’Esito che si fà da Giouanni Antonio Aruffo Erario Baronale
dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma della Fara S.
Martino nullius Dioecesis in questo quarto anno del suo Erariato principiato oggi
il primo d’Agosto 1737, e finiendo all’ultimo Luglio dell’entrante anno 1738”
(ff. 1060r-1065v); “A dì 11 nouembre 1737 spesa per la festituità di S. Martino, e per
la candelora” (f. 1075rv); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato dell’Illustrissi-
mo, e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e Barone della Fara
S. Martino nullius Dioecesis esercitata per un’anno intiero dall’Erario Giannanto-
nio Aruffo di detta Terra, cioè dal primo d’Agosto 1738, à tutto Luglio 1739, ed in
detto libro si contiene tutto l’Introito, ed esito fatto dal sudetto Erario in detto anno
à tutto Luglio 1739, cum potestate addendi, et minuendi” (ff. 1140r-1175v); “Ri-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 153

stretto dell’Introito fatto dà Giouanni Antonio Aruffo Erario dell’Illustrissimo, e


Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma nella Terra di Fara S. Martino per
un’anno intiero della sua Amministrazione Erariale, cominciata al primo d’Agosto
1738, e terminata all’ultimo di Luglio 1739; Ristretto dell’Esito fatto dal Retroscrit-
to Erario, per il retroscritto anno della sua Amministrazione Erariale, principiata
al primo d’Agosto 1738, e terminata à tutto Luglio 1739” (ff. 1176r-1177v); “Nota di
spesa fatta per raccommodare il Forno dell’Illustrissimo Capitolo, à Maggio 1739”
(f. 1198rv); “Nota della spesa fatta nella nova Tintoria fatta ad uso di Donato, e
Tomasso Cipollone secondo l’accommodo fatto dall’Illustrissimo Monsignore di
Muro [i.e. Melchiorre Delfico, vicario generale, poi vescovo di Muro Lucano], for-
mata oggi lì 8 Gennaro 1739 dà me Notaro Angelo d’Orazio” (ff. 1200r-1201v); “A
dì 11 nouembre 1738 spesa per la festa di S. Martino, e per la candelora” (ff. 1203r-
1204v); “Giornale, che si fà dà Giouanni Antonio Aruffo erario Baronale dell’Illu-
strissimo Capitolo di S. Pietro di Roma della Fara S. Martino in questo quinto anno
di sua Amministrazione principiato oggi primo d’Agosto 1738, e finiendo all’ultimo
Luglio 1739” (ff. 1218r-1225v); “Libro dell’Amministrazione dell’Erariato dell’Illu-
strissimo, e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e Barone della
Fara S. Martino nullius Dioecesis esercitata per un’anno intiero dall’Erario Giou-
anni Antonio Aruffo di detta Terra, cioè dal primo d’Agosto 1739, à tutto Luglio
1740, ed in detto libro si contiene tutto l’Introito, ed esito fatto dal sudetto Erario
in detto anno à tutto Luglio 1740, cum potestate addendi, et minuendi” (ff. 1260r-
1291v); “Ristretto dell’Introito fatto dà Giouanni Antonio Aruffo Erario dell’Illu-
strissimo, e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma nella Terra di Fara S.
Martino per un’anno intiero della sua Amministrazione Erariale, cominciata al
primo d’Agosto 1739, e terminata all’ultimo di Luglio 1740; Ristretto dell’Esito fat-
to dall’Erario Giouanni Antonio Aruffo per il retroscritto anno della sua Ammini-
strazione Erariale, principiata al primo d’Agosto 1739, e terminata à tutto Luglio
1740” (ff. 1298r-1299v); “Giornale, che si fà dà Giannantonio Aruffo erario Barona-
le dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma nella Fara S. Martino in questo
sesto anno di sua amministrazione principiato hoggi il primo d’Agosto 1739, e fi-
niendo all’ultimo di Luglio 1740” (ff. 1300r-1308v); “A dì 11 nouembre 1739 spesa
per la Festa di S. Martino, e per la candelora” (ff. 1313r-1314v); “Nota di spese
fatte per il Purgo” [1740] (ff. 1315r-1320v); “Libro dell’amministrazione dell’Eraria-
to dell’Illustrissimo, e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma Abbate, e
Barone della Fara S. Martino nullius Dioecesis esercitata per un’anno intiero
dall’Erario Giouanni Antonio Aruffo di detta Terra, cioè dal primo d’Agosto 1740,
à tutto Luglio 1741, ed in detto libro si contiene tutto l’Introito, ed esito fatto dal
sudetto Erario in detto anno à tutto Luglio 1741, cum potestate addendi, et mi-
nuendi” (ff. 1367r-1397v); “Giornale, che si fà dà Giouanni Antonio Aruffo erario
Baronale dell’Illustrissimo Capitolo di S. Pietro di Roma nella Terra di Fara S. Mar-
tino in questo settimo anno della sua Amministrazione principiato hoggi il primo
di Agosto 1740, e finiendo all’ultimo di Luglio dell’anno 1741” (ff. 1398r-1413v); “A
dì 11 nouembre 1740 Nota di spesa per la Festa di S. Martino, e per la candelora”
(ff. 1425r-1426v). Lettere di Melchiorre Delfico ai ff. 77r-80v, 107r-108v, 155rv,
320r-322v, 327r-328v, 1058r-1059v.

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154 MARCO BUONOCORE

228. – ACSP, Abbazie 390 (cart.; mm 295/195 × 205/135; ff. 1-793 + 555a [ff. 2,
4, 8, 13-14, 20, 22, 53, 57, 64, 66, 70, 74, 78, 80, 89-90, 92, 94, 99, 109-110, 112-113,
135, 141, 143, 147-149, 151, 155, 157, 185, 192, 195, 203, 207, 211, 217, 218, 222,
224, 240, 249, 279, 281, 284, 304, 306, 311, 328, 353, 355, 356, 383, 385, 387, 413-
414, 420, 449, 451, 453, 457-459, 461-463, 483, 487, 489, 491, 506, 530, 548, 612,
646, 660, 664, 777, 782, 793 bianchi]; filza di fascicoli e fogli sciolti con copertina
di cartone rivestita in pergamena) [1640-1709]
“Memoriali della Fara S. Martino, di S. Ruffillo, del Bosco e Lettere Diuerse
dal 1702. à tutto 1709.”. – Ff. 1r-402v: “Memoriali della Fara S. Martino, di S. Ruf-
fillo, e del Bosco e lettere diuerse dal 1701. à tutto il 1709”. Suppliche di privati al
Capitolo di S. Pietro, con allegate scritture varie, relazioni di fatti, memoriali per
cause e informazioni, sentenze, fedi e simili. – Ff. 403r-783v: “Lettere di Diuersi di
Forlimpopoli, Meldola, Bosco, Fara S. Martino, e Forlì dal mese di Giugno 1707. à
tutto Giugno 1709”. Lettere di diverse persone al Capitolo di S. Pietro con allegati
vari, sommari di processi, relazioni, attestazioni, fedi, testamenti con scritture di-
verse per Meldola dal 1640 in poi; per Fara S. Martino vd. le lettere di: Camerlengo
e Reggimento (ff. 544r-550v), cittadini dell’Unità (ff. 7r-8v, 142r-143v, 156r-157v,
367r-368v, 371r-372v, 406-407v), sacerdoti (ff. 154r-155v), Antonio Alleva (ff. 81r-
82v), Tarquinio Armenante (ff. 77r-80v, 83r-84v, 404r-405v, 408r-409v, 424r-425v,
553r-556v), Domenico Antonio Arruffo (ff. 34r-35v), Francesco Arruffa (ff. 5rv, 73r-
74v, 369r-370v), Angelo Aruffa/Aruffo (ff. 40r-41v, 120r-121v, 132r-133v, 164r-165v,
167r, 168rv, 170r-175v, 177r-180v, 515r-535v), Giovanni Aruffa (ff. 3r-4v), Donata
Cipolla (ff. 452r-453v), Ottavio Cipolla (ff. 93r-94v, 134r-135v, 461rv), Giovanni
d’Antonio (ff. 96r-97v), Ippolito d’Antonio (f. 5rv), Bernardo d’Antrilli (ff. 122r-
123v, 418r-421v, 499r-503v), Francesco Antonio de Benedictis (ff. 71r-72v), Santo
della Porta (ff. 23r-24v, 116r-119v), Falco del Pizzo (f. 460rv), Sebastiano di Barto-
lomeo (ff. 140r-141v), Tommaso di Bartolomeo (ff. 140r-141v), Giovanni di Berar-
dino (ff. 65r-66v), Maddalena di Berardino (ff. 26r-27v), Giuseppe di Carlo (ff. 513r-
514v), Sebastiano di Cecco (ff. 83r-84v), Domenica di Giovanni (ff. 160r-161v),
Marsilio di Giuseppe (ff. 44r-45v), Sigismondo di Lollo (ff. 536r-543v), Dea di Mar-
cantonio (ff. 36r-37v), Giuseppe di Marcantonio (ff. 36r-37v), sacrestano Antonio di
Martino (ff. 28r-29v, 138r-139v, 162rv), Domenica di Marzo (ff. 60r-61v), Angelo di
Renzo (ff. 56r-57v), Francesco di Rocco (f. 5rv), Giuseppe di Rocco (ff. 369r-370v),
Baldassarre di Sciarra (ff. 73r-74v, 91r-92), Bernardo di Sciullo (f. 183rv), Falco di
Sciullo (ff. 48r-49v, 62r-64v, 504r-507v), Leonardo di Sciullo (ff. 69r-70v), Giulia
di Sebastiano (ff. 448r-449v), Feliciano Gentile (ff. 369r-370v), arciprete France-
sco Gentile (ff. 15r-16v), Gentile Antonio Gentile (ff. 98r-99v, 465r-485v), chieri-
co e diacono Giovanni Gentile (ff. 100r-101v, 144r-149v), erario Giuseppe Gentile
(ff. 551r-552), Pietro Francesco Liberati (f. 175rv), Camillo Luberto (ff. 38r-39v),
Domenica Lucchitti (ff. 450r-451v), Angela Marrone (ff. 58r-59v), Antonio Orsat-
to (ff. 46r-47v), arciprete Gabriele Peschio (ff. 493r-498v), Giovanni Cola Ricciuti
(ff. 42r-43v, 136r-137v), sacerdote Giuseppe Ricciuti (ff. 11r-14v, 87r-90v, 124r-
131v, 411rv), Matthia Salvitti (ff. 450r-451v), Marsibilia Schianutti (150r-151v),
Leonardo Sciarra (f. 5rv), erario Nicola Sciarra (ff. 6rv, 19r-20v, 88rv, 426r-427v),
Giovanni Battista Tavani (ff. 75r-76v), Ottavio Tavani (ff. 21r-22v, 167v, 422r-423v,

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 155

430r-447v, 564rv), Pompeo Tavani (ff. 87r-90v), sacerdote Antonio Trama di Ca-
pestrano (ff. 32r-33v, 50r-53v), Giacomo Antonio Valletta (ff. 416r-417v), Andrea
Verna (ff. 54r-55v), Fabiano Verna (ff. 85r-86v), Giovanni Verna (ff. 63rv, 102r +
113v, 114r-115v, 158r-159v), Giuseppe Verna (ff. 152r-153v, 428r-429v): Inoltre vd.:
“Informatione di Giuseppe Gentile del Colle erario a fauore del Tauani [i.e. Gio-
vanni Battista Tavani] per la condonanza di 13. ducati del suo dare” (ff. 9r-10v);
“Relazioni de Cittadini della Fara Santo Martino all’Illustrissimo Signor Canonico
Don Pompeo Varese [i.e. Pompeo Varese degli Atti, 1662-1732] scritti quasi con
carattere di sangue, et à costo delle proprie uergogne” (accuse di “lasciui amori”
contro i fratelli Giuseppe ed Alessio Gentile); scritto “riceuuto lì 29 ottobre 1702”
(ff. 67r-68v); memoriale contro Barbara di Tomasso [novembre 1703] (ff. 103r-
106v); “Capi di delitti commessi dal Signor Arciprete Peschi [i.e. Gabriele Peschio]
nella Fara Santo Martino per uia di omissione, e di commissione” [giugno 1709]
(ff. 163rv + 166rv).

229. – ACSP, Abbazie 391 (cart.; mm 295/200 × 215/130; ff. 1-478 + 274a, 274b,
276a, 276b, 281a, 435a, 435b [ff. 17, 19, 21, 23, 25, 54, 57-58, 60, 73, 76, 78, 88, 90,
99, 103, 108, 126, 130, 141, 144, 153, 185, 187, 193, 197, 207, 218, 243, 251, 253,
287, 301, 308-309, 311, 313, 320, 326, 334, 336, 340, 344, 357, 359, 368, 371, 376,
379-380, 382, 389, 393, 403, 409, 423, 439, 448, 450, 461, 471, 473 bianchi]; filza di
fogli sciolti e fascicoli con copertina di cartone rivestita in pergamena) [1699-1717]
“Collazioni di Chiese Curate in diuersi Tempi ed altre Prouiste dal 1712. fino
al [- - -]”. – Scritture relative a concorsi per posti vacanti in chiese dipendenti dalle
abbazie del Bosco, di S. Martino della Fara, di S. Ruffillo (Forlimpopoli) e in altri
uffici in servizio al Capitolo di S. Pietro; istanze dei concorrenti con allegati do-
cumenti vari, atti notarili, raccomandazioni, titoli e simili, informazioni sulle sin-
gole persone inviate dai dipendenti del Capitolo, suppliche varie, dal 1712 al 1717
con documenti allegati dal 1669 in poi. Per Fara S. Martino vd.: “Concorrenti alla
Chiesa di S. Remigio della Fara” [1716] (ff. 44r-61v), “Per la collazione che dourà
farsi dall’Eminentissimo, e Reuerendissimo Signor Cardinale Albani [i.e. Annibale
Albani] Arciprete della Basilica di S. Pietro, della Prepositura di Santa Maria Mag-
giore della Terra del Gesso [i.e. Gessopalena]; fù conferita dall’Eminentissimo Si-
gnor Cardinale Albani Arciprete al Signor Don Gabriele Peschio lì 25. Marzo 1716”
(ff. 442r-451v). Lettere di: Pietro Abundio Battiloro (ff. 36r-41v, 132r-135v, 443rv,
474r-477v), chierico Nicola Daniele di Pennapiedimonte (ff. 452rv + 478rv), Gentile
Antonio Gentile e suo figlio il diacono Giovanni Gentile (ff. 13r-28v), Giovanni Gen-
tile del Colle (ff. 447r-448v), Tommaso Mazzini di Lanciano (ff. 8r-9v), Vincenzo
Natale Ferrara di Guardiagrele “dottore dell’una e dell’altra legge” (ff. 6-8v), Camil-
lo Onofri (ff. 42r-43v), Domizio Piccone di Torricella (ff. 10r-11v), vicario foraneo
Ottavio Tavani (ff. 29r-35v).

230. – ACSP, Abbazie 392 (cart.; mm 300/140 × 220/100; ff. 1-615 [ff. 7, 10, 13-14,
18, 25, 28, 46, 61, 69, 76, 82, 88, 92, 94, 107, 114, 142, 147, 159, 162, 164, 168, 174,
183, 189, 194, 196, 203, 212, 224, 242-254, 266, 271, 279, 286, 298, 302, 310, 315-
316, 318, 324, 354-372, 421-446, 448, 455, 457, 461-463, 470-471, 475, 479, 484-485,
494, 497, 502-505, 510-511, 513, 517, 523, 526, 538, 544, 550, 557, 561, 570, 594,

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156 MARCO BUONOCORE

596, 600-601, 604, 606, 612, 615 bianchi]; filza con copertina di cartone rivestita in
pergamena) [1775-1794]
“Atti delli Concorsi tenutisi nelle uacanze delle Parrocchie delle Badie unite al
Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro in Vaticano dal mese di Luglio 1775 à tut-
to [1794]”. – Scritture relative a concorsi fatti da sacerdoti per essere nominati a
chiese parrocchiali rimaste vacanti dal 1775 al 1794, nelle abbazie di S. Martino
della Fara (vd. infra), del Bosco (ff. 372r-463v a. 1786), di Forlimpopoli (ff. 1r-224v
a. 1775; ff. 255r-280v a. 1783; ff. 281r-324v a. 1784; ff. 520r-571v a. 1791; ff. 572r-
615v a. 1794; a f. 585 è conservato il “Disegno della Chiesa Noua forlimpopoli”, mm
365 × 160, dell’anno 1794) e di Meldola (ff. 464r-519v a. 1789): bandi di concor-
si, informazioni sui singoli concorrenti, soluzioni di casi morali e spiegazioni dei
brani del Vangelo, proposte per i concorsi, lettere varie. Per Fara S. Martino vd. ai
ff. 225r-254v (“1777. Fara S. Martino, Concorso tenuto per l’Arcipretura della Fara
S. Martino. Acta Concursus Archipresbyteratus Collegiatae Ecclesiae S. Remigij ut
intus”, con lettere di Gabriele Aruffo e Giovanni Battista Ricciuti) e ai ff. 325r-371v
(“1785. Atti del Concorso all’Arcipretura della Fara S. Martino uacata per morte
di Don Gabriele Aruffo seguita lì 21. Febraro 1785; e dall’Illustrissimo e Reueren-
dissimo Signor Canonico Fiorenzi [i.e. Pietro Filippo Fiorenzi, 1716-1796] confe-
rita al Signor Canonico Don Sauerio Angelotti con patente spedita li 4. Maggio di
detto Anno 1785”, con lettere di Francesco Saverio Angelotti, Agostino d’Antonio,
Sanchez de Luna, Nicola de Rocco, Giovanni Andrea/Giannandrea Festa, Nicola
Franchi di Pianella, Giovanni Battista Gentile, Giacomo Leto, Leonardo Madonna,
Nicola Angelo Marcone, Giovanni Renzetti).

231. – ACSP, Abbazie 393 (cart.; mm 275/270 × 190/195; ff. I-VIII. 1-642 +
ff. 219a, 288a, 288b, 228c, 288d, 327a, 335a, 373a, 380a, 380b, 380c, 380d, 380e,
380f, 521a, 636a – ff. 54 (i.e. ff. 246, 271-286, 294, 522-561) [ff. II, IV, VIII, 27, 51,
136, 146, 168-170, 185, 193, 219, 222, 245, 247-248, 265-266, 270, 291-293, 297-
298, 314-316, 332, 334-335, 335a, 336, 341-342, 356, 363, 374-375, 380e-380f, 388,
396-398, 412-414, 461, 463, 475, 477, 491-494, 511-513, 588, 597, 610, 617-618,
626-627, 642 bianchi]; filza di fogli e fascicoli con copertina di cartone rivestita in
pergamena) [sec. XVII]
“Scritture diuerse appartenenti alle Badie del Bosco, Fara S. Martino della Fara
e Forlimpopoli”. – Istruzioni per abati, per visitatori, per vicari e per altre persone,
informazioni, lettere e patenti, copie di atti antichi, scritture riguardanti alcune
cappellanie, offerte di affitto, giustificazioni, esposti, scritture relative a contro-
versie, memorie e relazioni di visite, scritture riguardi l’amministrazione. Ai ff. V-
VIII. 1-181: “Scritture delle Badie delli Cusati, S. Nazzario, e Bosco col suo indi-
ce”; ai ff. 182-380: “Scritture della Fara S. Martino col suo Indice”; ai ff. 380a-642:
“Scritture della Badia di San Ruffillo in Forlimpopoli Col suo Indice”. Per Fara S.
Martino abbiamo (cfr. anche ai ff. 183r-184v: “Indice delle Scritture contenute nel
presente Volume, spettanti alla Badia della Fara S. Martino): “Memorie per l’Illu-
strissimo Signore Canonico Mugiaschi [i.e. Camillo Mugiasca, 1630-1697] desti-
nato Visitatore nella Badia della Fara S. Martino” (ff. 186r-192v); “Relatione della
Visita di detta Badia della Fara S. Martino, fatta dal Signore Canonico Mugiaschi”
[in data 22 ottobre 1692] (ff. 194r-197v); “Minuta di editto prohibente alcuni con-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 157

tratti di Mutuo, che si sogliono fare al tempo delle uendemie nella Fara S. Martino”
(ff. 198r-201v); “Capitolo di lettera scritta da Monsignore Nunzio di Napoli al Com-
missario della Fabrica in Abruzzo, accioche non uisiti la Terra della Fara S. Marti-
no se non ogni trè Anni” (f. 202r); “Particola della transattione seguita li 18 luglio
1636 trà il Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro, e l’Arciuescouo di Chieti (ff. 203r-
204v); “Instruttione per il Signore Don Pamfilo Tabassi Vicario Generale della Fara
S. Martino” (ff. 207r-208v); “Altra per il medesimo intorno alla Chiesa di S. Rocco,
Monte della Pietà e Casalini usurpati” (ff. 209r-212v); “Altra copia della sudetta In-
struttione per il Signore Don Pamfilo Tabassi Vicario della Fara S. Martino” [1697]
(ff. 213r-218v); “Minuta della Patente di Vicario Generale della Fara S. Martino in
persona del sudetto Signore Don Pamfilo Tabassi” (ff. 219r-223v); “Relatione del
Signore Vicario Tabassi sopra le instruttioni sudette” [1694] (ff. 224r-227v); “Mi-
nuta dell’Instrumento d’affitto della Badia di S. Martino, e della Terra della Fara
S. Martino, per il Principe Ferdinando Caracciolo” (ff. 228r-231v); “Scrittura sopra
i Priuilegij del Vicerè che confermano la compra della Giurisditione Criminale nella
Fara S. Martino, fatta dal Reuerendissimo Capitolo, con l’assertiua del Priuilegio
d’Alfonso Primo Re d’Aragona, ed altre prouisioni Regie” [1684] (ff. 234r-239v);
“Annotationi sopra la Chiesa di S. Candida, et il Molino di Pretora [i.e. Pretoro]”
(f. 240rv); “Sentenza data li 12. febraro 1379. nella lite uertente trà l’Uniuersità di
Rapino, e quella del Colle di Maiella per il pascolo” (copia del 16 gennaio 1694)
(ff. 241r-244r); “Instrumento di locatione fatta dal Reuerendissimo Capitolo l’anno
1553. [scil. 10 novembre] all’Uniuersità di Rapino di poter per 29. anni pascolare,
lignare, et acquare nel feudo del Colle di Maiella” [copia del 20 gennaio 1694]
(ff. 249r-252r); “Instrumento di concordia seguito l’anno 1581. [scil. 5 aprile] trà il
Reuerendissimo Capitolo, e l’Uniuersità della Fara S. Martino” [copia del 7 agosto
1698] (ff. 253r-256r); “Altro Instrumento di concordia seguita del 1594 [scil. 30
marzo]. trà il Reuerendissimo Capitolo, e l’Uniuersità della Fara S. Martino” [co-
pia] (ff. 257r-264v); “Instrumento d’affitto dell’Abbadia, e Terra della Fara S. Marti-
no fatto dal Reuerendissimo Capitolo l’anno 1597. [scil. 5 luglio] al Signore Antonio
Bozzio [di Gessopalena] per ducati 500 annui” [copia] (ff. 267r-269r); “Testamento
[“pubblicato li 15. settembre 1688”] del Signore Don francesco de Sanctis, che
fonda trè semplici Capellanie nella Chiesa di S. Remigio della Fara S. Martino,
sotto titolo di S. Stefano Protomartire” [copia] con la “Nomina dell’Uniuersità della
Fara S. Martino nella persona di Don Ottauio Tauani per Capellano di una delle
sudette trè Capellanie”, la “Particola [copia] del testamento di detto Don Francesco
de Sanctis per il moltiplico de frutti di un luogo di Monte da erogarsi col consenso
del Reuerendissimo Capitolo in suppelletili sacre per bisogno di dette Cappelle”
e la “Informatione di quelli, che possedono le sudette Capellanie” (ff. 271r-290v);
“Scritture in Jure trà le Capellanie sudette, e gl’eredi del detto Don francesco de
Sanctis, per causa di due luoghi de Monti non disposti nel suo ultimo Codicillo”
(ff. 295r-313v); “Supplica di Gaetano Sabelli per conseguire l’affitto sua Vita duran-
te dell’Abbadia di S. Barbato nella Terra di Pollutri” (ff. 317r-322v); “Foglio sopra
il rendimento de conti dell’amministratione fatta da Giuseppe Meloni per lo spatio
di 23. anni di tutti li beni, et effetti del Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro nella
Fara S. Martino” (ff. 323rv + 326rv); “Ragioni adotte intorno al rendimento de su-

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158 MARCO BUONOCORE

detti conti” (ff. 324r-325r); “Diuuersi Memoriali dati al Reuerendissimo Capitolo


dalli sudditi della Fara S. Martino”; vengono citati: Università della Fara, Antonio
Alleva, Baldassarre Arruffa, Giovanni Aruffa, Domenico Antonio Aruffa, Giovanni
Bernardino Aruffa, Mario e Stefano Aruffa, Giovanni Cipollone di Taranta Peligna,
Giuseppe d’Andrea, Nicola di Cecco, Nicola Antonio di Francesco, Donato di Mar-
cantonio di Civitella Messer Raimondo, Giuseppe e Dea di Marcantonio, Urbano
di Pietropaolo, Antonia di Rocco, Falco di Sciullo, Leonardo di Sciullo, Tommaso
Marrone, Giuseppe Meloni, Giacinto Prugnoli, chierico Giuseppe Ricciuti, Donato
Sciarra, Ottavio Tavani, Antonio Verna (ff. 327r-379v).

232. – ACSP, Abbazie 394 (cart. [ff. 122, 282, 1011 perg.]; mm 430/200 × 310/135;
ff. 1-1185 + f. 183a [ff. 82-101, 125-136, 315-326, 480-503, 948-952, 1102-1103,
1143-1156 a stampa] [ff. 1, 8, 13, 22, 58, 60, 67, 74-76, 109, 118, 120, 150, 275-276,
278, 294, 296, 347, 351, 362, 375, 398-399, 445, 554, 558, 572, 584, 587, 606, 628,
663, 675, 679, 687, 712, 716, 745-746, 752-753, 802-807, 838-849, 850, 878, 926-
930, 953, 971, 977, 984, 1018, 1034-1040, 1050, 1056, 1068, 1070, 1072, 1074, 1078,
1082, 1097-1098, 1105, 1113-1115, 1141-1142, 1164, 1166, 1168, 1170, 1172, 1184
bianchi]; filza di fogli e fascicoli con copertina di cartone rivestita in pergamena)
[sec. XVII-XVIII]
“Scritture diuerse concernenti tutte le abbazie alle quali nelle occasioni si dovrà
ricorrere”. – Privilegi antichi in copia per S. Salvatore a Maiella e Fara S. Martino,
scritture circa le controversie giurisdizionali col vescovo di Chieti (ai ff. 63r-151v:
“Scritture sopra le controuersie e liti colli Vescoui di Bertinoro, Policastro e Capac-
cio”; ai ff. 691r-953v: “Scritture che possono seruire nella causa contro gl’Abitanti
delli Cosati e S. Nazario”), esposto e sommario dei diritti del Capitolo di S. Pietro
su Salvatore a Maiella, istruzioni date a Tarquinio Armenante per il governo della
Fara. – Per Fara S. Martino vd.: “Obligo a Gioseppe e Domenico Sciarra per l’affit-
to del forno” per gli anni 1700-1701 (ff. 334r-335v); “Obligo a Angelo Tauano per
l’affitto del Molino” per gli anni 1700-1701 (ff. 336r-337v); “Obligo a Leonardo di
Sciullo per l’affitto della Tintoria” per gli anni 1700-1701 (ff. 338r-339v); “Notamen-
to all’Illustrissimi Signori Visitatori, della stima delle Case della Cappella del San-
tissimo della Terra della Fara S. Martino” [31 maggio 1700] (ff. 345r-348v); “Copie
di lettere dell’Illustrissimo Signor Abbate <scil. Antonio> Baglione dirette all’erario
circa il Signor Gouernatore della fara, e sua prouisione” (ff. 349r-352v); “Instruttio-
ne data al Signor Tarquinio Armenante in occasione che partì per il Gouerno della
Fara S. Martino lì 21. Luglio 1702” (ff. 375r-385v); Interrogazioni [1700] (ff. 396r-
399v); “Sopra le procedure del Vicario foraneo [i.e. Ottavio Tavani] contro Giacomo
di Giorgio <della Penna>, annesse le depositioni dei testimonij da noi fatte esami-
nare” [1699] (ff. 400r-401v); “Rinuncia di Baldassarre Aruffa dall’Affitto dell’erbe
della montagna” [6 giugno 1700] (ff. 402r-403v); “Concordia inita inter Reueren-
dissimum Capitulum Sanctissimae Basilicae Principis Apostolorum de Urbe cum
unitate Terrae Farae S. Martini de anno 1594” (ff. 428r-434v); “Priuilegia Abbatiae
S. Martini De Valle Farae et S. Saluatoris De Maiella” (ff. 437r-446v); “Inuentario di
tutte le Rendite <che> possiede l’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro
di Roma dell’Abbadia e Terre della Fara S. Martino Nullius Prouincia (!) d’Abruzzo
Citra, da esigersi dagl’Erari prò tempore in essa Terra della Fara, Notato, e fatto

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 159

dal Signor Abbate Signor Pietro Abondio Battiloro Vicario Generale, per ordine di
Monsignor Illustrissimo e Reuerendissimo Simonetti [i.e. Raniero Felice Simonet-
ti, 1675-1749] Canonico Deputato, hoggi lì 20 Febraro 1724” (ff. 447r-455v); “1706.
1707. Signor Abbate <Giuseppe> Zaini Visitatore nella Fara S. Martino” (ff. 536r-
587v; ai ff. 537r-544v abbiamo il “Ristretto Informatiuo della Visita fatta nell’Abba-
dia della Fara S. Martino in Congiuntura del Terremoto” [10-12 dicembre 1706]);
Scritture relative a controversie giurisdizionali con il vescovo di Chieti (ff. 646r-
687v); “Testamento del quondam Signor Gaetano Gentile della Fara S. Martino”
[1718] (ff. 954r-963v); “Informatione dell’Abbazia di S. Saluatore della Maiella e
di S. Martino, oggi detta di S. Martino della Fara” (ff. 964r-968v); “Spese fatte
dall’Illustrissimi e Reuerendissimi Signori Canonici Monsignori Nicolò Fortiguerri
[Niccolò Forteguerri, 1674-1735] e Monsignor Raniero Simonetti [Raniero Felice
Simonetti, 1675-1749] da Roma alla Fara di S. Martino, e dalla Fara à Roma nel
presente anno 1719” (ff. 980r-985v); “Inuentario della Sacristia, e chiesa di S. Re-
miggio della Terra della Fara S. Martino in anno 1692” (ff. 1020r-1025v); “In causa
in hac Regia Audientia uertente inter Uniuersitatem, et Ciues Terrae Farae Sancti
Martini, ex una, et Reuerendissimum Capitulum Sancti Petri de Urbe, et Josepho
Melone, ex altera, super manutentione purgandi, et ualcandi in Purgaturo nuncu-
pato del commune, sito in Terra praedicta, prout ex actis” [Chieti, 27 maggio 1698]
(ff. 1026r-1031v); “In causa Reuerendi Capituli Sancti Petri de Urbe cum Josepho
Felici valignani” [22 giugno 1644, copia] (ff. 1032r-1033v); “Copia della Concordia
con l’Arciuescouo di Chieti. 1636, approuata dalla Santa Memoria di Urbano 8°,
colla quale si dichiara la Badia della Fara nullius dioecesis cum territorio separato”
(ff. 1040r-1051v); “Memorie circa le patenti. Concernono le patenti, Lettere origi-
nali, e formole, delle quali il Signor Marchese del Vasto [i.e. Cesare Michelangelo
d’Avalos, 1667-1729], si seruiua nella terra della Fara d’ordine però e di commissio-
ne del nostro Capitolo” (ff. 1052r-1079v); “Testamento del Signor Don francesco de
Sanctis nel quale fonda, et instituisce Tre Cappellanie nella Chiesa di S. Remigio
della Fara S. Martino, sotto titolo di S. Stefano Protomartire” [13 settembre 1688,
copia] (ff. 1084r-1099, già ff. 271r-286v); “Summarium Decretorum in Sancta Visi-
tatione conditorum peracta ab Illustrissimis et Reuerendissimis Dominis Nicolao
Fortiguerra [Niccolò Forteguerri, 1674-1735], et Raynerio Simonetti [Raniero Feli-
ce Simonetti, 1675-1749] Canonicis Sanctissimae Basilicae Principis Apostolorum
de Urbe in Terra Farae Sanctimartini Nullius Dioecesis in Temporalibus, et Spiri-
tualibus, Illustrissimo et Reuerendissimo Capitulo praedicto immediate subiecta”
[8-21 maggio 1719] (ff. 1106r-1116v); Copia dell’Instrumento di Concordia del 28
dicembre 1636 approvata da Urbano VIII (ff. 1119r-1124v); “Inuentario de Beni, e
Chiese soggette all’Abbatia di S. Martino della Fara” (ff. 1125r-1130v); “Scritture
riguardanti le liti colli Valignani sopra la Terra della Fara S. Martino” (ff. 1131r-
1132v); “Tenor Bullae Urbani Papae VIII. Confirmationis Concordiae” (ff. 1133r-
1142v); “Minuta del decreto dell’erezzione della Chiesa ricettizia [scil. S. Remigio]
della Fara” [21 luglio 1720], con lettere dei sacerdoti Angelo Aruffa, Giovanni d’An-
tonio, Andrea de Carlo, Giacinto de Felice, Giovanni Gentile, Giuseppe Ricciuti
(ff. 1157r-1185v).

233. – ACSP, Abbazie 395 (cart. [ff. 602, 617 perg.]; mm 510/140 × 385/120;

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160 MARCO BUONOCORE

ff. 1-991 [ff. 877-932, 949-956, 973-984 a stampa] [ff. 45, 59, 82, 86-88, 127, 129,
133, 153, 165, 199-201, 203, 237, 245, 247, 249, 252-254, 261, 307-310, 312, 314,
373, 377-379, 386, 409, 433-434, 438-440, 443-444, 447-450, 452-463, 465, 499-502,
526, 565, 573, 592, 621-622, 641-642, 645, 704, 706, 710, 712, 715, 818, 820-824,
827-828, 831, 841-845, 939, 948, 991 bianchi]; fascicoli e mazzo di fogli sciolti con
copertina di cartone) [sec. XVIII]
“XIV. Abadie della Fara e Bosco”; “Scritture attinenti all’Abbadia della Fara”. –
Copia dei privilegi pontifici e di donazioni private dell’abbazia di S. Martino della
Fara dal 1044 in poi, altri atti relativi a diritti dell’abbazia, censuali, canoni da
riscuotere, sentenze, amministrazioni, ricevute, suppliche, lettere, atti della visita
del 1742, atti di un processo contro un amministratore del Capitolo, atti di una
controversia fra l’Università della Fara e il Vicario del Capitolo, suppliche, rela-
zioni, notizie su S. Salvatore di Maiella. – Per Fara S. Martino vd.: “Iura Abbatiae
S. Martini de Fara” di Giacomo Grimaldi in data 18 marzo 1607 (ff. 11r-34v già
ff. I. 1-23) nell’ordine: “Paschalis Papae secundi confirmatio iurium et Ecclesiarum
Sancti Martini de Valle anno 1112” (ff. 12r-16r, già ff. 1r-5r), “Honorij Papae III pri-
uilegium pro Abbatia Sancti Martini” (ff. 16r-17v, già ff. 5r-6v), “Donatio Credindei
Castri Rocchae pro Abbatia Sancti Martini de Fara anno MXXXXIIII” (ff. 17v-23v,
già ff. 6v-12v), “Confirmatio dictae donationis per Honorium Papam III” (ff. 23v-
26r, già ff. 12v-15r), “Nicolai. V. bulla unionis Abbatiae S. Martini pro Capitulo
S. Petri cum processo fulminato” (ff. 26r-33r, già ff. 15r-22r); “Copia contractus
pro fara S. Martini. Procurator Capituli confirmat priuilegia et exemptiones Ho-
minibus Sancti Martini de Valle. 1505” (ff. 35r-38v); “Informatione delli Terraggi
che si deuono per le Terre occupate dalli huomini di Ciuitella [i.e. Civitella Messer
Raimondo] per gli huomini della fara et delle terre usurpate dalli huomini di Pa-
lombano [i.e. Palombaro] [post 1582]” (ff. 39r-46v); “Procura ad emendum iura
super Castro farae, a Joanne felice Valignano” [2 marzo 1584] (ff. 47r-48v); “An-
tonellus de Letto [di Chieti] cedit et uendit Iura quae habet in Castro farae Ioanni
Valignano. 1458” [copia del 1582]” (ff. 49r-52v); “Ragioni del Castello della fara di
S. Martino” [15 novembre 1458, copia] (ff. 53r-54v); “Copia dell’Assenso Regio per
la Concordia della Fara” [copia del 1606] (ff. 55r-60v); “Copia dell’instromento di
concordia fatta dal Signor Peretti [i.e. canonico di S. Pietro Bartolomeo Peretti, c.
1563-1628] frà il Reuerendissimo Capitolo, et l’Uniuersità della Fara, con alcune
considerationi fatte per parte del Reuerendissimo Capitolo” [30 marzo 1594, copia]
(ff. 61r-66v); “Nota delle partite del Censuario uecchio per le case che si deuono
porre all’Censuario renouato, comprate da diuersi dopo la detta renouatione, col
peso di ciascuna” (ff. 68r-71v); “Summario de tutto quello che si deue riscotere ogni
anno dal Censuario della Fara di S. Martino, per li beni che gli huomini di quella
possedono sotto la proprietà di S. Martino, quale fù rinouato seruatis seruandis, e
per publico instromento ratificato dall’Uniuersità l’anno 1581” (ff. 72r-73v); “Copia
della bolla per Frate giouanni battista <scil. Masciarelli> per la cura della parrocchia
della fara fatta per il Capitolo” [30 gennaio 1539, copia] (ff. 78r-79v); “Pannetta
[i.e. Pandetta] fatta, et ordinata per lo Reuerendissimo Monsignor Antonio Vit-
torio [i.e. Antonio Vittori; seconda metà XVI sec.] Canonico, e Commissario del
Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro di Roma da osseruarsi per li monaci capi-

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 161

tanei, e medesimo d’atti presenti, et futuri in la terra della fara di S. Martino” [24
agosto 1584, copia; vd. anche ACSP, Pergamene, caps. 69, fasc. 279] (ff. 81r-88v);
“1601. Copia Instrumenti possessionis captae nostrae Capituli Sancti Petri de rebus
et capitulis contentis in concordia inita cum Uniuersitate Farae Sancti Martini,
per Reuerendissimum Marcum Antonium Joachinum [Marcantonio Gioacchini,
† 1602]” [25 luglio 1601, copia] (ff. 91r-92v); “Ricordi per il Signor Canonico Ri-
nalducci [Luigi Rinalducci, c. 1552-1623]” (ff. 93r-94v); “Dimande dell’Uniuersi-
tà per ratificare l’accordo [con il Capitolo]” (ff. 97r-98v); “Copia della sentenza
data in Napoli [1579] a fauore del Capitolo contro Giouanni felice Valignano per
il Castello della fara, Vassalli, e Giurisditione ciuile” (ff. 99r-100v); “1596. Ricordo
al’Illustrissimo et molto Reuerendissimo Signor Paolo Bizzoni [n. c. 1540] delle
cose più necessarie da farsi della Fara” (ff. 103r-104v); “Donazione di una par-
te de casa alla Venerabile Ecclesia di S. Rocco. 1593” (ff. 105r-106v); “Per la lite
de Confini tra Ciuitella [i.e. Civitella Messer Raimondo] e la fara” [24 dicembre
1545] (ff. 110r-111v); “Acta S. Visitationis Factae in Insigni Abbatia Terrae Farae
S. Martini Nullius Per Reuerendissimum Dominum Aluarum Delphicum Cano-
nicum Aprutinum, eiusdemque Abbatiae Vicarium Generalem, ac Visitatorem in
spiritualibus Deputatum ab Illustrissimo, et Reuerendissimo Capitulo Sancti Patri
de Urbe Perpetuo Abbate Commendatario de hoc Anno Millesimo septincentesimo
quatragesimo secundo. 1742” (ff. 168r-201v, già ff. I-III. 1-28. I-III); “Concordiae,
et Acta facta per Reuerendissimum Dominum Liberatorem Tauanum uti Procura-
torem specialiter Deputatum ab Illustrissimis Canonicis S. Petri in Vaticano super
Negotia Terrae Farae” [4 ottobre 1628] (ff. 202r-225v); “1581. Conti del Introito
et esito di Sancto Martino della fara dalli 15. d’Aprile per tutti li 6 del Dicembre
1581 dati da me Fabio Jannuccj” (ff. 226r-237v); “Per rimouere il Vicario Battiloro
dal suo officio” (ff. 238r-263v); “Copia della Significatiua contra Giouanni Cola de
Giulio de la fara” (ff. 264r-269v). I ff. 270r-466v (già parzialmente foliati 1-146) tra-
smettono un fascicolo rilegato con numerosi documenti, tra cui: “Copia del Catasto
dell’anno 1587 doue stanno stimate tutti li beni stabili, bestiame, teste d’homini,
uino et oglio e territorij et case” (ff. 276r-277v, già ff. 7r-8r); “Originalis processus
qui transmittitur ad Illustrissimum Capitulum Sancti Petri de Urbe. 1604”, contro
Giovanni Cola di Giulio erario (ff. 278r-311v, già ff. 9v-37r); “Dubij che si fanno alli
Conti di Giouanni Cola de Giulio Erario dell’Illustrissimo Capitolo di San Pietro
di Roma nella terra della fara (ff. 364r-355v, già ff. 87r-88r); “Repliche di Giovanni
Cola della fara S. Martino erario sopra li dubij fattigli per parte dell’Illustrissimo
e Reuerendissimo Capitolo di San Pietro di Roma nel rendere delli conti del suo
erariato” (ff. 366r-370v, già ff. 89r-93v); “Lista de reporti di forastieri esatti da Cola
Caruso” per gli anni 1603-1694 (ff. 386r-401v, già ff. 111r-116v); “Nota di reporti
d’obliganza del dì quattro di Dicembre 1581” (già f. 120rv); “Nota del uino de’ Cen-
suri che di deue sfalcare alli Conti del Erario” per gli anni 1598-1602 (ff. 406r-407v,
già ff. 121r-122v).

234. – ACSP, Abbazie 396 (cart.; mm 270 × 195; ff. I. 1-42 [ff. 26, 38-39, 42 bian-
chi]; fascicolo con copertina in pergamena) [1726-1767]
“Status in Epitome omnium Abbatiarum, quae sunt perpetuo unitae Reueren-
dissimo Capitulo S. Petri de Urbe, earumque Priuilegiorum, et Iurium, aeditus

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162 MARCO BUONOCORE

ad effectum illum inserendi in Inuentario generali omnium Bonorum, de manda-


to Sanctissimi Domini Nostri et Sanctissimi Concilij Romani compilato de Anno
1726”. – Notizie sulla fondazione di tutte le abbazie e sulla loro unione alla basilica
di S. Pietro. Precede indice delle abbazie e priorati, 1726-1767. Ai ff. 27r-34r: “Ab-
batia S. Martini de Fara in Prouincia Theatina nullius Dioecesis”.

235. – ACSP, Abbazie 402 (cart.; mm 360/135 × 240/95; ff. 1-806 + f. 751a [ff. 42,
107, 537-552 a stampa] [ff. 2-5, 13, 19, 28, 40, 68, 111, 113, 115, 137, 143, 147, 274-
275, 348, 357, 359, 361, 363, 369, 378, 425, 449-452, 466, 489, 492, 495, 497, 501,
509, 515, 520, 529, 530, 556, 564, 591, 594, 599, 601, 603, 605, 611, 614, 618-620,
628, 633, 642-643, 672-673, 695, 698, 702, 704-705, 708, 710, 714, 751a, 753, 757,
802 bianchi]; fascicoli e mazzo di fogli sciolti con copertina di cartone) [1404-1847]
Miscellanea di carte relative alla Badia di S. Martino della Fara: memorie, scrit-
ture relative a controversie col Fisco di Napoli, con l’arcivescovo di Chieti, con
l’Università della Fara, memoriali, esposti, di cui alcuni a stampa, comprovanti i
diritti del Capitolo, sommari di processi, atti amministrativi, lettere suppliche, rela-
zione di una visita del 1674, atti e scritture diverse, conti. Ff. 44-r-51v: “1577. Copia
d’Instrumento dell’Azienda della fara S. Martino”; ff. 65r-68v: “Titolo de’ Beneficj,
delli quali fu provveduto il Canonico Giovanni Gentile della Fara per collazione
del Reverendissimo Capitolo di S. Pietro in Vaticano in Turno, ed Eddomada del
Signor Canonico Don Faustino Crispoldi [i.e. Faustino Crispolti, 1665-1727], come
dalla Patente annessa spedita sotto il dì 4. Maggio 1711”; ff. 86r-99v: “Processus
super homicidio commisso in terrae farae Die Vigesima sexta mensis Julij 1634
fare Sancti Martini et coram Capitulo” [copia]; ff. 140r-179v, 184r-205v, 206r-233v,
234r-258v: “Serie cronologica dei Monumenti risguardanti l’Abbadia di S. Martino
in Valle, o sia della Fara situata in Abruzzo Diocesi di Chieti, ed unita all’illustrissi-
mo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro in Vaticano” [a. 1769]; ff. 276r-299v: “Ri-
flessioni in Risposta all’Informazione data al Caporuota di Chieti per la Denuncia
avanzata in nome dell’Università della Fara contro l’Illustrissimo e Reuerendissimo
Capitolo Vaticano possessore dell’Abbadia di San Martino in Valle”; ff. 300r-349v:
“Visitatio facta a Reuerendissimo Abbate Don Abbondio Gutio Coelestinorum Ab-
batiae S. Martini de fara nullius Dioecesis spectantis ad Illustrissimum et Reue-
rendissimum Capitulum S. Petri de Urbe. 30 Junii 1674”; ff. 389r-422v: “Lettere
di Don Tarquinio Armenante Agente nella Fara S. Martino” degli anni 1707-1710;
ff. 427r-452v: “Libro d’Instrumento et Esito formato per me Gioseppe Gentile del
Colle erario dell’Illustrissimo e Reuerendissimo Capitolo di S. Pietro in Roma nel
quale si contiene tutte le rendite della Fara S. Martino dalli 19 Marzo 1715 per tutto
il 20 Marzo 1716 com’anco le spese e paganti occorsi in detto tempo”; ff. 453r-461v:
“Fides Reuerendissimi Sanctae Basilicae Principis Apostolorum de Urbe Canonici
Secretarii qualiter in Capitulo habito die 21 Iulij 1720. deventum fuit ad errectio-
nem Ecclesiae Receptitiae in Ecclesia Parrochialis S. Remigij Terrae Farae S. Mar-
tini nullius Dioecesis”; ff. 461r-462v: “Priuilegium Regis Ferdinandi de anno 1481”
[copia]; ff. 539r-541v: “Nota di Fatto e Ragioni per il Capitolo Vaticano dell’Alma
Città di Roma, utile Padrone del Feudo della Terra di S. Martino, con l’Universi-
tà della medesima Terra. Commissario l’Illustrissimo Signor Marchese Don Carlo
Ruoti Presidente della Regia Camera della Summaria”, a firma di Giuseppe Sorge,

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 163

a stampa [Napoli, 29 giugno 1737]; ai ff. 542r-547v: “Nota di Fatto e Ragioni per il
Capitolo della Basilica Vaticana, con l’Università della Fara S. Martino in Provincia
di Chieti, per l’esenzione del detto Feudo di S. Martino dal peso della pretesa Bona-
tenenza, da essaminarsi dal Tribunale della Regia Camera a Relazione dell’Illustre
Signor Marchese Don Carlo Mauri”, a firma di Giuseppe Sorge, a stampa [Napoli,
23 dicembre 1746]; ai ff. 548r-552v: “Fatto e Ragioni per il Reverendissimo Capitolo
Vaticano dell’alma Città di Roma, come utile Padrone del feudo della Fara di S.
Martino con l’Università della medesima Terra, da esaminarsi dalla Regia Camera
della Summaria. Costantino Dati Attuario”, a firma di Giuseppe Sorge, a stampa
[Napoli, 5 giugno 1752]; ff, 659r-674v: “Consulte di Napoli sopra l’affare colla Ca-
mera Regia” [anni 1685-1687]; ff. 675r-686v: “Iura pro Illustrissimo et Reuerendis-
simo Capitulo Basilicae Principis Apostolorum de Urbe cum Regio Fisco” [a. 1669];
ff. 687r-692v: “Risposte alla pretenzione del Regio Fisco per il Reuerendissimo et
Illustrissimo Capitulo Basilicae Sancti Petri Almae Urbis” [a. 1685]. Ai ff. 1r-13 è
presente un regesto con un documento in originale (f. 12rv) e lettera (f. 1r) di Ma-
rino Marini (1873-1855), canonico di S. Pietro dal 1832 ma soprattutto negli anni
1815-1855, con Callisto Marini prima (1815-1822) e con Pier Filippo Boatti poi
(1822-1855), prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, scil.: “Testor ego infrascrip-
tus in Actis Reverendissimi Capituli Vaticani IV Idus Ianuarias huius anni 1847.
legi quod sequitur. Reverendissimum Capitulum decrevit satisfaciendum esse Il-
lustrissimo et Reverendissimo Milella [probabilmente Michele Milella] quaeren-
ti, ut documentorum Abbatiam S. Petri in Fara S. Martini in Regno Neapolitani
respicientium exemplaria e nostro Tabulario sibi traderentur: has tamen adjecit
conditiones, ut nempe exemplaria praedicta antea videantur et recognoscantur a
Reverendissimis Canonicis Camerariis majoribus, et ut Praesul antedictus declaret
se documentis iisdem numquam in Capituli damnum usurum; et si canones, vel
alios cujusquam generis reditus non solutos invenerit per id tempus, quo prae-
fata Abbatia ad ipsum Capitulum pertinebat, declaret item se eos ad plenam Ca-
pituli ejusdem dispositionem relicturum. Marinus Marini Canonicus a Secretis”.

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164 MARCO BUONOCORE

INDICE DEI NOMI

Accettella, Romualdo (Chieti): 176 Angelelli, Filippo, provicario (Pacentro):


Accoramboni, Cristoforo, capitano: 23 192, 193, 194, 196
Agostini, Fabrizio, CSP: 148, 225 Angeloni, Donato, barone di Roccaraso: 187
Albani, Annibale, cardinale: 170, 229 Angeloni, Giovanni Antonio (Napoli): 186,
Albertazzi, Giovanni Antonio, computista: 74 187
Alberti, Bartolomeo, CSP: 140 Angeloni, Giustiniano, vicario generale (Roc-
Albini, Niccolò Saverio, CSP: 177 caraso): 184, 185, 186, 187
Aldobrandini, Antonio Maria, CSP: 38, 45, Angeloni, Pasquale, abate di Roccaraso: 187,
55, 57, 67, 69, 71, 73, 75, 77 192, 196
Alfarano, Sebastiano (Castellana – Bari): 196 Angelotti, Francesco Saverio, arciprete di S.
Alfieri, Crescenzio, notaio e governatore Remigio (Cepagatti): 199, 230
(Gessopalena): 176, 179, 180, 181, 183 Angelotti, Michele: 182, 185
Alfieri, Guglielmo (Chieti): 186 Angelotti, Saverio, prete: 195, 200
Alfieri, Niccolò (Gessopalena): 187, 188, 192, Antolino, Battista: 72
195 Antolino, Francesco: 72, 171
Antonelli, Giuseppe: 144
Alleva, Antonio: 228, 231
Archangelis, Giuseppe (Chieti): 192
Alleva, Crescenzio, officiale: 185
Armenante, Tarquinio, governatore: 166,
Alleva, Domenico, officiale: 186
169, 207, 224, 228, 232, 235
Alleva, Emanuele, canonico: 182, 185, 186,
Armidei, Bernardino: 214
189, 190
Armideo, Alessio, officiale: 189
Alleva, Giuseppe, camerlengo: 151, 175, 186,
Arruffa, Angelo, arciprete: 156, 169, 173, 175
206
[vd. anche infra Ar(r)uffa, Matteo]
Alleva, Martino officiale: 187, 188
Ar(r)uffa, Baldassarre: 214, 231, 232
Alleva, Rocco sacerdote: 219 Arruffa, Ferrante/Ferdinando, fattore: 21, 82
Aloè, Bernardino, vicario: 142 Arruffa, Francesco, già cassiere del Santo
Aloè, Camillo: 158 Monte di Pietà: 172, 175, 176, 228 [vd. an-
Aloè, Zaccaria, governatore: 181, 189 che infra Aruffo, Francesco]
Altieri, Mario, CSP: 26, 56, 58 Ar(r)uffa, Giovanni: 168, 175, 212, 228, 231
Ambrosio, Donato, cappellano (Palombaro): Ar(r)uffa, Matteo: 173, 174, 206
217 Ar(r)uffa, Stefano: 220, 231
Amidei, Domenico: 214 Aruffa, Antonio, cappellano: 160, 213
Amoroso, Alessandro: 168 Aruffa, Battista, 162
Amoroso, Saverio, officiale: 189 Aruffa/Ar(r)uffo, Domenico Antonio, officia-
Ancajani, Benedetto, CSP: 153, 178, 179, le: 186, 228, 231
180, 181, 182, 183, 188, 189, 193, 195, 198, Aruffa, Giovanni Berardino/Bernardino:
210, 223 176, 207, 231
Andreatini, Pietro (Napoli): 199 Aruffa, Giuseppe/Gioseffe, arciprete: 104,
Androsilla, Angelo, CSP: 104, 106, 107, 108, 105, 159, 160, 161, 162, 163, 202, 207
112, 114, 116, 118, 120, 122, 124, 126 Aruffa, Mario: 231

* Il numero arabo rimanda alla sequenza numerica dell’inventario. Ho cercato sempre di


mantenere l’ortografia originale dell’onomastica come trasmessa dai documenti, quantunque
talvolta si è reso necessario uniformare la grafia di alcuni cognomi (soprattutto quelli di Ar-
ruffa/Arruffo/Aruffa/Aruffo, de Carlo/di Carlo e Tavani/Tavano), poiché lo stesso personaggio
è documentato con le diverse varianti del cognome o addirittura con un solo nome di batte-
simo o con due (per cui non sempre è stato agevole determinarne l’identità). Ai rappresentan-
ti del Capitolo di S. Pietro ho fatto seguire la sigla CSP.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 165

Aruffa, Nicola/Cola, economo: 162 Bizzoni, Paolo, CSP: 32, 33, 47, 49, 51, 53,
Aruffa/Aruffo, Angelo, sacerdote e procura- 75, 76, 79, 233
tore del Capitolo: 176, 179, 183, 186, 206, Bizzoni-Paluzzi, Simone: CSP, 110, 112
207, 232 [vd. anche supra Arruffa, Angelo] Boatti, Pier Filippo: 235
Aruffo, Ambrogio, canonico ed economo Boccamazzi, Camillo, CSP: 32
(Villanova): 179, 182, 183, 185, 186, 188, Bolognese, Giambattista (Chieti): 196
189, 195, 197 Borrelli, Nicola/Niccolò (Guardiagrele): 181,
Aruffo, Francesco: 177 [vd. anche supra Ar- 187, 190
ruffa, Francesco] Bozzio, Antonio (Gessopalena): 231
Aruffo, Gabriele/Gabriello, canonico segre- Brachi, Salvatore: 196
tario: 183, 185, 186, 189, 195, 197, 198, Brigante, Annibale, governatore: 173, 174,
199, 230 175, 206
Aruffo, Giovanni Antonio/Giannantonio, Broccoli, Francesco, vicario generale (Chie-
erario: 176, 177, 178, 179, 180, 181, 182, ti): 189
183, 184, 220, 223, 227 Buccitelli, Panfilo: 175, 176
Aruffo, Giovanni Battista, canonico: 197 Bulsei, Giacomo Antonio (Barisciano): 188,
Aruffo, Giuseppe, camerlengo: 181, 182, 191 190
Aruffo, Ignazio: 189 Buonvicini, Nicola: 207
Aruffo, Marco Antonio, officiale: 181, 182 Caccavone, Domenico (Ortona): 187
Aruffo, Michelangelo, canonico: 181, 182, Cacciapaglia, Donato, arciprete di Palomba-
185, 186, 189, 195, 197
ro: 161, 202
Aruffo, Nicola Antonio: 175, 178, 179, 185,
Calami, Pietropaolo: 177
186, 206
Calenzani, Nicola: 194
Avolio, Leonardo, vicario generale: 192, 193
Cameritti, Loreto, capitano: 22, 217
Avolio, Tommaso: 193
Canzires, Alessandro, visitatore: 39, 145
Baccari, Gerardo: 176, 179
Capece, Vincenzo, arcivescovo di Chieti: 204
Baccari, Giuseppe, governatore: 174, 175,
Capizucchi, Orazio, CSP: 32
206
Capodiferro-Maddaleni, Giulio, CSP: 45
Baglione, Antonio, canonico camerlengo:
Capuano, Carlo: 176
213, 232
Caracciolo, Carlo Maria (Chieti): 196
Baldovino, Felice, CSP: 46, 50
Bandini, Giovanni Battista, CSP: 51, 53, 63, Caracciolo, Ferdinando, principe: 231
65, 69, 71, 72, 81 Caracciolo, Francesco, principe di Napoli e
Baroni, Francesco Antonio (Tortoreto): 192 duca di Gessopalena: 187, 197
Baroni, Pasquale (Chieti): 192 Carbonesi, Evangelista, CSP: 66, 68, 70, 72
Battiloro, Candeloro: 170, 204, 206 Carboni, Giovanni Battista, CSP: 78
Battiloro, Giuseppe: 174, 206 Carlone, Francesco Antonio: 184
Battiloro, Pietro Abundio (Abbondio), vica- Carosi, Nicola Antonio: 170, 217
rio generale e vescovo di Guardialfiera: Carpegna, Francesco: 200
150, 170, 172, 173, 174, 175, 204, 205, 206, Caruso, Nicola/Cola: 233
215, 220, 226, 229, 233 Casale, Stanislao (Penne): 192
Battiloro, Tommaso, arcivescovo titolare di Castellani, Giovanni Andrea, CSP: 84, 86, 88,
Claudianopoli: 196, 197, 198, 199 90, 91, 94, 96, 98, 100, 109
Battiloro, Vito Antonio: 172, 173, 206 Castiglione, Alessandro, barone di Palomba-
Battistone, Domenico: 220 ro: 206
Belfatto, Nicola/Niccola, governatore: 188, Cattabeni, Ercole, CSP: 15
189, 199 Cecchini, Francesco/Cecchino, erario: 87,
Benedetto XII, papa: 181, 211 88, 89, 90, 91, 92, 93, 94, 100,
Bernardino, frate: 213 Cecchini, Domenico, CSP: 100, 102, 104,
Bianchi, Flaiano (Chieti): 196 108, 110, 112
Biscia, Antonio, cappellano: 171 Cecchini, Giovanni Domenico: 92

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166 MARCO BUONOCORE

Cercone, Carlo, governatore (Pacentro): 183, Coscia, duca, preside del Regio Tribunale di
184 Chieti: 206
Cesi, Berardo, governatore: 198 Costantini, Giuseppe Matteo, governatore:
Cherini, Giovanni, capitano (Norcia): 23 169, 170, 204
Chisi, Pietrantonio, prevosto (Guardiagrele): Cotugno, Francesco, governatore: 167, 168
187 Credindeus: 209, 210, 233
Ciamaglichella, Ignazio, governatore: 200 Cremonese, Gianfelice (Pescolanciano): 188
Cicchino, Antonio: 171 Crispolti, Faustino, CSP: 235
Cinque, Giuliano, capitano: 160, 201 Croce, Giovanni Antonio, governatore: 170,
Cioffi, Carmine, agente a Napoli, vescovo di 204
Antinopoli e consigliere del Supremo Tri- Crognale, Marco: 169
bunale Misto: 179, 180, 181, 182, 183, 184, Damascelli, Nicola/Nicolò, sacerdote: 172,
185, 186, 187, 188, 189, 190, 191, 192, 193, 176, 206
194, 195, 196, 197, 198 Damasceno, Angelo, CSP: 80, 82, 92, 94, 97,
Ciotti, Vincenzo: 180, 181, 182 101, 105, 111, 113, 117, 119, 121
Cipolla, Benedetto, arciprete: 207 Damato, Liberatore (Castel di Sangro): 184
Cipolla, Carlo, canonico e deputato: 178, d’Amico, Domenico: 178
182, 183, 188, 189, 197 d’Amico, Francesco, sacerdote: 200
Cipolla, Donata: 228 d’Amico, Nicola, officiale: 189
Cipolla, Ottavio: 228 d’Andrea, Giuseppe: 231
Cipolla, Paolo: 86 Daniele, Nicola, chierico e arciprete (Penna-
Cipolla, Stefano, officiale: 189, 190 piedimonte): 177, 229
Cipollone, famiglia: 177, 195 d’Antonio, Agostino, canonico: 183, 186,
Cipollone, Celestino: 200 189, 195, 197, 230
Cipollone, Concezio, sacerdote (Lanciano): d’Antonio, Berardino proerario: 176, 227
186, 189, 197, 199, 200, 211 d’Antonio, Carmine, erario: 173, 175, 176,
Cipollone, Donato: 179, 180, 181, 182, 183, 206, 226, 227
186, 188, 189, 227 d’Antonio, Cinzio (Chieti): 161, 162, 202
Cipollone, Giovanni (Taranta Peligna): 231 d’Antonio, Domenico, canonico: 177, 181
Cipollone, Giovanni Battista: 174 d’Antonio, Donato, erario: 136, 137, 161,
Cipollone, Giulio Cesare, canonico: 155 162, 163, 202, 203
Cipollone, Giuseppe, tintore: 174 d’Antonio, Ferdinando, officiale: 182
Cipollone, Pietro: 198 d’Antonio, Giacomo Antonio: 162
Cipollone, Saverio: 200 d’Antonio, Giovanni, sacerdote: 172, 173,
Cipollone, Tommaso, erario: 178, 180, 181, 176, 228, 232
182, 183, 185, 186, 187, 188, 189, 190, 191, d’Antonio, Ippolito, camerlengo: 204, 228
192, 193, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 200, d’Antonio, Luigi: 189
220, 223, 227 d’Antonio, Martino, diacono: 176, 178, 189
Cirotti, Remigio, officiale: 189 d’Antonio, Nicola, arciprete e provicario:
Cittadini, Luigi, CSP: 44, 74, 76, 78 176, 179, 180, 181, 183, 185, 186, 189, 192
Cittadini, Ottaviano, CSP: 26 d’Antrilli, Bernardo/Bernardino: 168, 170,
Coccavagini, Filippo, CSP: 14 204, 207, 228
Cocchiarelli, Giovanni, governatore: 195 d’Aragona, Alfonso I: 231
Contelori, Felice, CSP: 132, 171 d’Aragona, Ferdinando I: 235
Cornice, Gennaro (Giulianova, Bellante – Dati, Costantino: 235
Teramo): 182, 183, 189 d’Avalos, Cesare Michelangelo, marchese di
Corradini, Ferdinando, caporuota: 155 Vasto: 232
Corrado, Giovanni Battista: 156 de Angelis, Carlo (Rapino-Chieti): 202
Corsignani, Pietro Antonio, vescovo di Valva De Angelis, Deodato/Diodato, frate domeni-
e Sulmona: 180, 181 cano predicatore della Fara: 170, 204

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 167

de Angelis, Domenico, arciprete (Rapino- de Lucia, Felice, priore di Guardiagrele: 190


Chieti): 202 del Vallese, Raffaele (Chieti): 220
de Angelis, Felice: 171, 217 de Magistris, Marco Antonio/Marcantonio,
de Angelis, Nicola, notaio (Torricella Peli- CSP: 38, 63, 77, 81, 82, 83, 85, 86, 87, 89, 146
gna): 151 de Nardis, Paolo Antonio, vice economo:
de Angelis, Tommaso: 170 164, 214
de Benedictis/Benedittis, Francesco Anto- de Pasquale, Giovanni: 54
nio: 207, 228 de Petris, Deodato (Villa Santa Maria): 182
de Berardis, Antonio: 134, 159 de Pompeis, Giuseppe, governatore: 172,
de Camillis, Donato, notaio (Casoli): 182 173, 206
de Carlo, Agostino, camerlengo: 179, 187,
de Rocco, Nicola/Niccolò, suddiacono: 196,
188
197 199, 230
de Carlo/di Carlo, Andrea, sacerdote e cano-
de’ Rossi, Filippo Antonio: 184
nico organista: 172, 173, 183, 206, 220, 232
de Sanctis, Berardino, governatore: 187, 188
de Ciocchis, Carlo, vescovo di Valva e Sul-
de Sanctis, Francesco: 231, 232
mona: 184
de Ciprianis, Santo: 158 de Santis, Pasquale (Torano – diocesi di Te-
de Domenico, Giovanni Berardino, erario: ramo): 196
33, 35, 36, 159 de Simeoni, Antonio Simeone, dottore: 168,
de Fabritiis, Giovanni, canonico: 206, 175 207
de Felice, Giacinto, canonico e maestro di de Simeoni, Giovanni (Taranta Peligna): 196
scuola: 172, 177, 206, 232 de Tomasi, Tommaso, governatore: 164
de Giacomo, Francesco Saverio, governato- de Torres, Gaspare (L’Aquila): 199
re: 197 de Valentini, Bernardino: 177
de Intino, Angela: 220 di Bartolomeo, Sebastiano: 228
de Lallis, Cassiodoro (Orsogna): 187, 188, di Bartolomeo, Tommaso: 228
189 di Berardino, Giovanni: 228
de Lallo, Antonio: 176 di Berardino, Maddalena: 228
de Lellis, Giovanni Maria: 156 di Carlo, Domenico: 174
de Lellis, Modesto: 181 di Carlo, Giovanni Domenico, camerlengo:
de Leoni, Angelo, arciprete (Caramanico): 14 173 206, 224
de Letto, Antonello (Chieti): 233 di Carlo, Giuseppe, camerlengo ed erario:
Deletto, Giovanni Francesco, vicario: 201 162, 167, 168, 169, 214, 222, 224, 228
del Fattore, Baldassarre, CSP: 142, 144 di Carlo, Leopoldo: 155
Delfico, Alvaro, vicario generale: 177, 178, di Cecco, Andrea: 179
179, 180, 181, 182, 183, 184, 185, 233
di Cecco, Antonio: 192
Delfico, Bernardo (Teramo): 182
di Cecco, Francesco: 176
Delfico, Melchiorre, vicario generale (poi ve-
di Cecco, Lucia: 176
scovo di Muro Lucano): 174, 175, 176, 177,
di Cecco, Nicola: 192, 231
179, 206, 226, 227
di Cecco, Pietro, camerlengo: 186
Delfico, Orazio: 181
Delfico, Oreste: 175 di Cecco, Remigio: 176, 177, 181
del Giudice, Luigi, O.S.B.Coel., vescovo di di Cecco, Sandro, officiale: 186
Chieti: 195, 196 di Cecco, Sebastiano: 228
della Porta, Andrea, officiale: 183 di Cecco, Tommaso: 173
della Porta, Antonio: 189 di Cola, Loreto, governatore: 197, 198
della Porta, Giuseppe: 181, 199 di Donato, Domenico: 178
della Porta, Santo: 168, 207, 214, 228 di Francesco, Nicola Antonio: 231
dell’Ermosa, Ubaldo, governatore: 175, 176, di Giorgio, Giacomo: 232
206 di Giovanni, Domenica: 228
del Pizzo, Falco, fabbro: 224, 228 di Giulio, Donato: 207

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168 MARCO BUONOCORE

di Giulio, Giovanni Nicola/Cola, erario: 22, di Sciullo, Stefano: 178


23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 38, di Sebastiano, Giulia: 228
39, 40, 41, 42, 43, 156, 217, 221, 233 di Tomasso, Barbara: 228
di Giulio, Ortensio: 162, 202 di Valerio, Ambrogio, cappellano: 217
di Giuseppe, Marsilio: 228 di Vito, Donata: 180
di Lallo, Domenico, officiale: 186 Domenico Isacco, arciprete (Palena): 180
di Lallo, Giovanni: 179, 220 d’Orazio, Agostino: 187
di Lallo, Lallo: 170, 172, 214, 220 d’Orazio, Angelo, notaio: 227
di Lallo, Stefano: 160 d’Orazio, Filippo (Guardiagrele): 189
di Lallo, Vincenzo: 168 d’Orazio, Francesco: 187
di Lollo, Sigismondo: 169, 228 d’Orazio, Giovanni Battista, canonico segre-
di Luberto, Tomassa: 219 tario: 187, 190, 195, 197
di Manno, Marino, camerlengo: 162, 202 d’Orazio, Giuseppe: 187
di Marcantonio, Dea (Civitella Messer Rai- d’Orazio, Nicola: 187
mondo): 228, 231 d’Urbano, Antonio: 163
di Marcantonio, Donato (Civitella Messer Falcone, Leonardo: 48
Raimondo): 231 Falconi, Giovanni: 168
di Marcantonio, Giuseppe (Civitella Messer Fedele, Germanico, CSP: 67
Raimondo): 228, 231 Fenaroli, Nicolò: 175
di Martino, Antonio, sacrestano: 214, 228 Ferdinando, sacerdote dei Minori Osservanti
di Marzo, Domenica: 228
(Villamagna): 220
di Massimo, Antonio, officiale: 183
Ferrara, Vicenzo Natale (Guardiagrele): 229
di Montepagano, marchesa, nipote di monsi-
Ferrari, Giuseppe, preposto di S. Silvestro
gnore Carmine Cioffi agente a Napoli: 200
(Guardiagrele): 189
di Muzio, Bernardino/Belardino, erario: 161,
Festa, Giovanni Andrea/Giannandrea, vica-
202
rio generale: 196, 197, 198, 199, 200, 230
di Natale, Giuseppe: 159
Finaroli, Emanuele, governatore: 170, 205
di Nicola, Pietro: 183
Fiorenzi, Pietro Filippo, CSP: 230
di Palma, Laura (Palombaro): 215
Foglia, Anna Maria (Napoli): 214
di Pietropaolo, Urbano: 231
Forteguerri, Niccolò, CSP: 151, 232
d’Ippolito, Antonio: 189
d’Ippolito, Biagio: 178 Foschini, Marco (Faenza): 179
d’Ippolito, Nicola: 189, 195 Francesca, vedova di Stefano Ricciuti: 176
di Remiggio, Stefano, camerlengo: 162 Franchi, Camillo, avvocato (Chieti): 200
di Remo, Angelo: 207, 228 Franchi, Ferdinando (Chieti): 196
di Renzo, Nicola, officiale: 190 Franchi, Filippo, governatore: 175, 206
di Rocco, Antonia: 231 Franchi, Nicola (Pianella): 230
di Rocco, Francesco: 176, 180, 228 Fronzi, Francesco (Orsogna): 196
di Rocco, Giuseppe: 213, 228 Gargano, Vincenzo: 196
di Rocco, Martino, camerlengo: 189 Gasparri, Donato Berardino (Rivisondoli):
di Rocco, Pietro, officiale: 184, 185, 186, 191 193
di Rocco, Ubaldo: 190, 191 Gattone, Saverio, camerlengo: 189, 196
di Sciarra, Baldassarre: 228 Gelone, Francesco: 168
di Sciullo, Berardino/ Bernardo: 220, 228 Gentile, Alessio, luogotenente: 228
di Sciullo, Fabio, camerlengo: 162 Gentile, Antonio Gentile: 206, 207, 220, 228,
di Sciullo, Falco: 228, 231 229
di Sciullo, Giovanni Antonio: 161, 162, 179 Gentile, Antonio: 165, 168, 171, 170, 172,
di Sciullo, Giulia: 174 173, 174, 176
di Sciullo, Giuseppe: 168 Gentile, Aurelia: 220
di Sciullo, Leonardo: 174, 207, 222, 228, 231, Gentile, Feliciano: 176, 181, 228
232 Gentile, Francesco Antonio: 171

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 169

Gentile, Francesco, arciprete: 162, 165, 219, Lazzarini, Francesco, esattore: 199
221, 228 Legnini, Antonio, arciprete di S. Lorenzo
Gentile, Gaetano, cappellano: 148, 204, 207, (Rapino): 197
214, 232 Leonardi, Coriolano: 217
Gentile, Gioacchino: 219 Leto, Giacomo, arcivescovo di Lanciano:
Gentile, Giovanni Andrea, sacerdote: 214, 188, 189, 230
219 Liberati, Pier Francesco, abate, vicario gene-
Gentile, Giovanni Battista, canonico decano, rale: 169, 170, 204, 228
segretario, vicario ed erario: 162, 169, 170, Liberatore, Bernardo: 178
172, 173, 174, 175, 176, 178, 180, 181, 182, Liberatore, Damaso: 179
183, 184, 186, 189, 194, 195, 196, 197, 204, Libertati, Pier Francesco: 220
206, 218, 226, 235 Lignola, Antonio (Napoli): 199
Gentile, Giovanni Francesco: 170 Lignola, Pietro (Napoli): 199
Gentile, Giovanni Tommaso: 134, 159, 160, Lilli, Francesco, arciprete (Pennapiedimon-
161, 162, 202 te): 180, 181, 182, 183,186, 188, 190, 192,
Gentile, Giovanni, diacono e sacerdote (fi- 196
glio di Gentile Antonio Gentile): 220, 228, Luberto, Camillo: 228
229, 232 Lucchitti, Domenica: 228
Gentile, Giuseppe: 189, 220, 228 Luciani, Tommaso, vicario: 163
Gentile, Pompeo, erario: 82, 83, 84, 85, 86, Luminesi, Evangelista: 134
87, 156 Luzi, Francesco Maria, uditore della Nunzia-
Gentile, Scipione, medico: 187, 188, 189, 192 tura di Napoli: 192
Gentile, Teresa: 172 Macchioli, Antonio, dottore (Casoli e Torri-
Gentile, Tommaso: 174 cella Peligna): 181, 182, 183, 184
Gentile del Colle, Antonio: 214 Macchioli, Diego (Torricella Peligna): 196
Gentile del Colle, Giovanni Battista, arcipre- Madonna, Filippo (Lama dei Peligni): 196
te: 172, 173, 174, 176, 181, 220, 229 Madonna, Leonardo, vicario generale: 154,
Gentile del Colle, Giuseppe, erario: 151, 168, 187, 188, 189, 191, 192, 190, 196, 230
169, 170, 175, 176, 204, 205, 206, 222, 224, Madonna, Luigi (Lama dei Peligni): 199
225, 226, 228, 235 Madonna, Tommaso (Lama dei Peligni):
Gervasoni, Domenico, arcivescovo di Lan- 187, 192, 193, 195
ciano: 196, 197 Maffei, Mario junior, CSP: 103
Gioacchini, Marcantonio, CSP: 233 Mammarelli, Alessandro: 156
Giovanni Battista, arciprete “della fara”: 11, Mancini, Filippo: 168
12, 13. Mancini, Francesco: 189, 190
Gloria, Domenico: 168 Mancini, Nicola/Cola, governatore e notaio
Granato, Domenico (Napoli): 199 di Torricella Peligna: 156, 170, 204, 220
Gregorio XIII, papa: 3 Mancini, Salvatore: 217
Grimaldi, Giacomo: 233 Mandosi, Tiberio, CSP: 44
Grippi, Francesco Maria (Napoli): 200 Mantachetti, Fabrizio, CSP: 33
Grosso, Nicola: 220 Marcone, Nicola Angelo: 230
Gualtieri, nunzio di Napoli: 180 Margarita, Giovanni Battista (Chieti): 192
Guidetti, Giovanni, CSP: 32 Marinelli, Caterina: 175
Gutio, Abbondio, abate celestino di Santo Marinelli, Giuseppe (Taranta Peligna): 174
Spirito a Maiella: 235 Marini, Antonio, governatore: 164, 214
Iannucci, Fabio: 23 Marini, Callisto: 235
Imperiali, Vincenzo, principe di Francavilla: Marini, Marino, CSP: 235
197 Marrone, Angela: 228
Innocenzo III, papa: 209, 216 Marrone, Antonio: 159
Jovele, Alessandro (Napoli): 198 Marrone, Donato, erario e camerlengo: 44,
La Corte, Ferdinando: 200 45, 46, 47, 48, 50, 54, 161, 162, 202, 217

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170 MARCO BUONOCORE

Marrone, Eladio, camerlengo: 162 Orsatti, Marino: 172


Marrone, Giuseppe: 213, 214 Pagani, Giovanni Battista, vicario: 177
Marrone, Nicola, officiale: 185 Pagano, Biagio Antonio, governatore di giu-
Marrone, Remigio: 217 stizia: 194, 195
Marrone, Tommaso: 231 Paglioni, Claudio: 217
Masciantonio, Paolo (Casoli): 187 Paglioni, Francesco Maria, barone di Civitel-
Masciarelli, Giovanni Battista, frate: 233 la Messer Raimondo: 170, 204
Mascio, Giovanni Battista, governatore: 172, Paini, Filippo, canonico (Chieti): 181
205, 206 Paini, Giustino (Chieti): 196, 200
Masi, Pasquale Antonio (Lanciano): 196 Paladino, Scipione, governatore: 164, 214
Massimo, Filippo, CSP: 155 Palagi, Guido, CSP: 148, 225
Mastropietro, Santo: 190 Palagi, Ludovico, CSP: 123, 125, 133, 201
Mattei, Alessandro, CSP: 195 Palazzo, Giuseppe (San Giovanni a Piro, dio-
Mauri, Carlo: 235 cesi di Policastro): 196
Mauro, Domenico, tintore: 168, 207 Palma, Michele, arcivescovo di Chieti: 179,
Mazzini, Tommaso (Lanciano): 229 180
Milella, Michele, vescovo di Teramo: 235 Palmisano, Francesco Paolo (Chieti): 174
Milone, Filippo: 176 Palomba, Domenico (Napoli): 182
Milone, Francesco: 168 Palombi, Francesco Antonio: 181
Milone, Marino: 176 Palozzi, Giovanni Battista, officiale: 187
Milone, Nicola/Nicolò: 173, 174, 175, 170, Palumbo, Giuseppe (Lanciano): 186
181, 190 Panicara, canonico: 182
Milone, Pietro: 174 Panicari in Ricciardi, Rosa (Campo di Gio-
Milone/Miloni, Giuseppe/Gioseffe, erario: ve): 183, 185, 188
135, 136, 137, 160, 161, 162, 164, 202, 214, Paolini, Tommaso/Tomasso, arciprete: 201
222, 232, 232 Paolo IV, papa: 215
Mola, Carlo: 168 Pasquale II, papa: 233
Monaco, Pompeo, capitano: 23 Patrizi, nunzio di Napoli: 167
Monaco, Rocco (Lanciano): 187, 189 Perazzi, Gaspare Antonio (Città Sant’Ange-
Morgante, Filippo, governatore: 162, 202 lo): 183, 184
Mugiasca, Camillo, CSP: 231 Peretti, Bartolomeo, CSP: 141, 233
Muti, Girolamo, CSP: 99 Perrone, Tommaso: 169
Nardilli, Liborio, governatore: 183 Persiani, Giuseppe, arciprete di Rapino: 186,
Nardone, Giovanni Battista, CSP: 120, 124, 206
126, 128, 130, 132, 134, 158, 159 Persiano, Nobile (Gessopalena): 196
Nasci, Giuseppe (Lanciano): 191 Peschio, Donato: 167, 168
Nasci, Giuseppe Antonio, governatore (Na- Peschio, Gabriele, arciprete: 167, 168, 169,
poli): 186, 187 170, 175, 204, 228, 229
Natale, Antonio, officiale: 190 Peschio, Giacinto, consultore: 167, 168, 207,
Natale, Natale: 134 214
Natale, Nicola, camerlengo: 184 Petra, Marino, governatore: 185
Natale, Remigio, officiale: 186, 187 Piccone, Domizio (Torricella Peligna): 229
Niccolò V, papa: 2, 3, 211, 233 Pienzo, Pietro: 220
Oliva, Leonardo, SJ (Chieti): 206 Pierazzi, Gaspare Antonio, governatore: 180
Onofri, Camillo, governatore: 204, 229 Pio V, papa: 3
Onorio III, papa: 181, 211, 233 Pitocco, Giuseppe, vescovo di Trivento: 187
Orla, Francesco: 156, 157 Poggi, Gaetano (Forlimpopoli): 191
Orsatti/Orsatto, Antonio: 178, 180, 220, 228 Prugnoli, Giacinto: 231
Orsatti/Orsatto, Berardino, camerlengo: 190, Pucci, Pandolfo, CSP: 36, 140, 221
220 Raviglione, Melchiorre: 211
Orsatti, Leonardo: 178 Renzetti, Giovanni: 230

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 171

Renzo, Nicola: 177 Sciarra, Filippo: 184


Ricasoli, Giulio, capitano: 202 Sciarra, Francesco: 181
Riccardi, Giuseppe, avvocato (Napoli): 193, Sciarra, Giuseppe, canonico e sindicatore:
194, 195, 196, 197, 198, 199, 200 173, 174, 178, 176, 181, 232
Ricciardi, Niccolò/Nicola (Campo di Giove): Sciarra, Leonardo: 228
186, 187, 189 Sciarra, Nicola/Nicolò, erario e notaio: 164,
Ricciuti, Angelo: 181 167, 168, 170, 172, 174, 175, 176, 178, 179,
Ricciuti, Antonio: 174, 176, 220 205, 206, 207, 214, 214, 215, 222, 224, 225,
Ricciuti, Domenico, camerlengo: 190 228
Ricciuti, Filippo: 172, 186, 187, 188 Sciarra, Remigio: 179
Ricciuti, Giovanni Battista, canonico: 188, Sciarra, Saverio, chierico: 182, 184, 185
189, 195, 230 Scioli, Angelo: 214
Ricciuti, Giovanni Nicola/Cola: 177, 228 Scioli, Giuseppe, officiale: 184
Ricciuti, Giuseppe, chierico, sacerdote e of- Scioli, Volpe: 217
ficiale: 168, 169, 170, 172, 173, 174, 176, Scorpione, Giacinto, arcidiacono (Penne):
181, 183, 184, 206, 207, 214, 215, 220, 228, 182, 186
231, 232 Secondo, Remigio, officiale: 189
Ricciuti, Nicola, sindicatore: 178 Sella, Francesco: 171
Ricciuti, Polidoro, sacerdote: 187, 199 Sella, Venanzio, camerlengo: 184
Ricciuti, Stefano: 176 Servanzi, Severino, amministratore della
Richetti, Giustino (Chieti): 192
Nunziatura di Napoli: 199, 200
Rinalducci, Arnolfo, CSP: 37
Simonetti, Raniero Felice, CSP: 151, 177,
Rinalducci, Luigi, CSP: 19, 50, 52, 56, 58, 60,
178, 179, 206, 227, 232
62, 64, 72, 74, 143, 144, 217, 233
Sorge, Giuseppe: 235
Riviera, Domenico, CSP: 170, 225, 226
Sorgi, Francesco, prevosto di Gessopalena:
Rocca, Saverio, preside di Chieti: 170, 204
206
Ronconi, Stefano: 187
Sperandini, Giulio, abate (Napoli): 192
Rossi, Niccolò: 168
Speranza, Geronimo: 156
Rota, Bartolomeo (Napoli): 198
Strozzi, Giovanni Pietro, CSP: 59, 61, 65
Ruoti, Carlo, presidente della Regia Camera
Tabassi, Panfilo, vicario generale: 165, 167,
della Summaria: 235
Sabelli, Gaetano: 231 169, 207, 214, 231
Sabelli, Pietro: 168 Tabassi, Vincenzo, vicario: 202
Sabino, Fabrizio: 134 Taddei, Ferdinando, camerlengo: 184, 185,
Saccani, Carlo: 171 189
Salvarani, Benardino II°, CSP: 46, 52 Tanga, Niccolò, governatore: 195
Salvitti, Matthia: 228 Tasca, Antonio, CSP: 152, 227
Salvitto, Giuseppe: 176 Tasca, Francesco, avvocato di Chieti: 206
Sanchez de Luna, Nicola, arcivescovo di Tavani, Andrea canonico e arciprete: 176,
Chieti: 186, 187, 188, 189, 190, 230 178, 181, 182, 186, 187, 188
Santamaria, Pietro Niccolò Saverio, CSP: Tavani, Antonio: 162, 202
153, 223 Tavani, Carlo: 134, 159, 171
Sante Pietro, officiale: 187, 188 Tavani, Domenica: 220
Santini, Giovanni: 213 Tavani, Filippo, arciprete: 174, 176, 182,
Santoleri, Carlo (Guardiagrele): 188, 189 183, 184, 185, 186, 206
Sanuto, Colantonio: 217 Tavani, Giovanni Battista: 169, 228
Scarcella, Fulvio: 221 Tavani, Giuseppe: 174
Schianutti, Marsibilia: 228 Tavani, Ignazio, canonico: 180, 185, 186
Sciarra, Antonio: 178 Tavani, Liberatore, erario e vicario: 46, 81,
Sciarra, Domenico: 232 82, 98, 156, 157, 158, 171, 201, 213, 215,
Sciarra, Donato: 231 217, 233

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172 MARCO BUONOCORE

Tavani, Marco Antonio/Marcantonio (Roc- Valignani, Giuseppe Felice: 156, 158, 171,
cascalegna-Vacri): 185, 186, 187, 188 232
Tavani, Michele, erario: 95, 96, 97, 98, 99, Valignani, Scipione, duca di Chieti: 11, 12,
100, 101, 102, 103 191, 192, 210
Tavani, Ottavio, vicario foraneo ed erario: Valignani, Tommaso, duca di Vacri: 167,
104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111, 112, 169, 170, 192, 193, 195, 196, 197, 198, 199,
113, 114, 115, 116, 117, 118, 119, 120, 121, 200
122, 123, 124, 125, 126, 127, 128, 129, 130, Valletta, Giacomo Antonio, avvocato: 167,
131, 132, 165, 167, 168, 169, 170, 204, 205, 168, 228
207, 214, 220, 228, 229, 231, 232 Varese degli Atti, Pompeo, CSP: 169, 207, 228
Tavani, Pompeo: 228 Verna, Andrea, arciprete di S. Remigio: 207,
Tavani, Santo, erario: 49, 50, 51, 52, 53, 54, 228
55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, Verna, Antonio: 170, 189, 231
67, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78, Verna, Caterina: 176
79, 80, 81, 82, 133, 201 Verna, Cesare: 171
Tavani, Stefano: 161, 171, 202, 207, 214 Verna, Domenico, deputato: 178, 186, 188,
Tavani/Tavano, Angelo: 176, 232 189, 190, 192, 197
Tavani/Tavano, Baldassarre, canonico: 182, Verna, Donato: 220
186, 189, 195, 197 Verna, Fabiano: 214, 228
Tavani/Tavano, Francesco, officiale: 184 Verna, Fabrizio: 82
Terramosca, Ottavio: 168 Verna, Filippo: 178
Tighetti, Niccolò, CSP: 114 Verna, Francesco: 158, 159, 171
Tomassi, Nicola, vicario: 161, 162, 202, 203 Verna, Giovanni Antonio/Giannatonio, era-
Tomei, Antonio: 207 rio: 167, 168, 170, 172, 174, 175, 176, 187,
Tomei, Nicola: 207 197, 205, 206, 214, 222, 226, 227, 228
Toppi, Giovanni Asterio, vescovo di Milevi Verna, Giuseppe, arciprete di S. Remigio poi
(Numidia): 177 vicario: 151, 168, 170, 172, 173, 174, 175,
Tornielli, Ottavio, CSP: 93, 95 176, 177, 178, 180, 181, 205, 206, 207, 214,
Tozzi, Francesco, arciprete di Rapino: 175, 220, 228
202 Verna, Nicola, officiale: 179, 184
Tozzi, Michelangelo, prevosto (Gessopalena- Verna, Pasquale: 192
Chieti): 192, 194, Verna, Pietro, officiale: 156, 191, 217
Trama, Antonio, sacerdote (Capestrano): Verna, Santo: 217
228 Verna, Silvestro, officiale: 186
Travaglini, Decoroso, governatore: 199 Vernice, Francesco: 156
Urbano VIII, papa: 232 Vernice, Giacomo: 158
Uva, Giovanni, arcivescovo di Lanciano: 204 Vernice, Giulio: 156
Valignani, Antonio: 201, 202 Vernice, Mario, erario, 93, 94, 156
Valignani, Camillo: 156 Vincenzi, Tiberio, CSP: 127, 129, 131
Valignani, Francesco Antonio, marchese e Visco, Domenico, governatore: 190, 191, 192
barone di Chieti: 181, 182, 183, 185, 186, Vitelli, Giacinto, affittuario del Feudo di S.
187, 188, 189, 190, 191 Salvatore a Maiella: 183
Valignani, Giovanni Alfonso, commendata- Vittori, Antonio/Marcantonio, CSP: 18, 233
rio: 7 Vittoria, Francesco, dottore (Palena): 206
Valignani, Giovanni Battista: 162, 168 von Daun, Wirich Philipp Lorenz (Virico Fi-
Valignani, Giovanni Felice: 233 lippo Daun), vicerè di Napoli: 170
Valignani, Giulio: 158, 159, 201 Zaini, Giuseppe, CSP: 149, 168, 232

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 173

INDICE DELLE LOCALITÀ

Barisciano: 188, 190 Ortona a Mare: 187, 211, 217


Bellante (Teramo): 182, 183, 189 Pacentro: 183, 184, 192, 193, 194, 196
Campo di Giove: 183, 185, 186, 187, 188, 189 Palena: 180, 206
Capestrano: 228 Palombaro: 161, 202, 206, 214, 215, 217
Caramanico: 14 Pennapiedimonte: 177, 180, 181, 182, 183,
Casoli: 181, 182, 183, 184, 187 186, 188, 190, 192, 196, 217, 229
Castel di Sangro: 184 Pescolanciano: 188
Castellana (Bari): 196 Pianella: 230
Cepagatti: 199, 230 Pretoro: 187, 231
Chieti: passim Rapino: 175, 186, 197, 202, 206, 217, 231
Città Sant’Angelo: 183, 184 Rivisondoli: 193
Civitella Messer Raimondo: 170, 204, 214, Roccaraso: 184, 185, 186, 187, 192, 196
228, 231 Roccascalegna: 185, 186, 187, 188
Francavilla: 197 Sulmona: 66, 68, 80, 82, 84, 92, 102, 108, 112,
Gessopalena: 175, 176, 179, 180, 181, 183, 116, 124, 126, 128, 180, 181, 184, 210
187, 188, 192, 194, 195, 196, 197, 229, 231 Taranta Peligna: 174, 196, 231
Giulianova: 182, 183, 189 Teramo: 182
Guardiagrele: 181, 187, 188, 189, 190, 229 Torano (Teramo): 196
Guardialfiera: 150, 170, 172, 173, 174, 175, Torricella Peligna: 151, 156, 170, 181, 182,
204, 205, 206, 215, 220, 226, 229, 233 183, 184, 196, 204, 220, 229
Lama dei Peligni: 187, 192, 193, 195, 196, Tortoreto: 192
199 Trivento: 187
Lanciano: 60, 186, 187, 188, 189, 191, 196, Vacri: 167, 169, 170, 185, 186, 187, 188, 192,
197, 199, 200, 204, 229, 211, 230 193, 195, 196, 197, 198, 199, 200
L’Aquila: 199 Vasto: 232
Lettomanoppello: 186 Villamagna: 220
Napoli: passim Villanova: 179, 182, 183, 185, 186, 188, 189,
Norcia: 23 195, 197
Orsogna: 187, 188, 189, 196 Villa Santa Maria: 182

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174 MARCO BUONOCORE

Tav. I. – Biblioteca Apostolica Vaticana, ACSP, Pergamene, caps. 70, fasc. 34 (1).

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 175

Tav. II. – Biblioteca Apostolica Vaticana, ACSP, Pergamene, caps. 70, fasc. 34 (2).

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176 MARCO BUONOCORE

Tav. III. - Biblioteca Apostolica Vaticana, ACSP, Mappe dei beni rustici 32.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 177

Tav. IV – Biblioteca Apostolica Vaticana, ACSP, Mappe dei beni rustici 32.

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178 MARCO BUONOCORE

Tav. V – Biblioteca Apostolica Vaticana, ACSP, Mappe dei beni rustici 32.

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 179

Tav. VI – Biblioteca Apostolica Vaticana, ACSP, Pergamene, caps. 19, fasc. 244.

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180 MARCO BUONOCORE

Tav. VII – Abbazia di S. Martino in Valle: disegno del pittore Luciano Primavera (2011).

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 181

Tav. VIII – Abbazia di S. Martino in Valle: veduta dall’alto (foto 29 giugno 2009)

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MARCO BUONOCORE

Tav. IX – Abbazia di S. Martino in Valle: cortile che precede la chiesa delimitato a Sud da un poderoso muro di recinzione e a nord da annessi

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monastici costituiti da piccoli vani a pianta irregolare ubicati sotto il riparo roccioso (foto 29 giugno 2009).

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE

Tav. X – Abbazia di S. Martino in Valle: veduta dell’interno della chiesa. Sullo sfondo al centro l’altare maggiore inglobato nell’arco absidale
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murato in seguito agli scavi del 1891, sulla sinistra l’altare a blocco in muratura della navata laterale meridionale (foto 29 giugno 2009).

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184 MARCO BUONOCORE

Tav. XI – Abbazia di S. Martino in Valle: resti dell’edicola d’altare del 1411 con colonnine
decorate da tralci di vite e quercia (foto 29 giugno 2009).

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 185

Tav. XII – Abbazia di S. Martino in Valle: edicole d’altare tardo medievali ubicate sotto il
riparo roccioso nell’area attigua alla navata laterale settentrionale (foto 29 giugno 2009).

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186
MARCO BUONOCORE

Tav. XIII – Abbazia di S. Martino in Valle: edicola d’altare ubicata dietro l’abside. Si noti l’urna rettangolare in pietra all’interno della quale

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furono deposti nel 1891 i presunti resti di san Giovanni Stabile (foto 29 giugno 2009).

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FARA S. MARTINO E L’ABBAZIA DI S. MARTINO IN VALLE 187

Tav. XIV – Abbazia di S. Martino in Valle: area dietro l’abside maggiore. Porta d’accesso in-
dicata dagli scavatori del 1891 come “antico cimitero” posta sotto il riparo roccioso (foto
29 giugno 2009).

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GIACOMO CARDINALI

UN INVENTARIO INEDITO DI CODICI GRECI DELLA


MEDICEA PRIVATA E UNA NOTIZIA SUL CARTEROMACO

1. Il destino del Vat. lat. 3960


Il manoscritto Vat. lat. 3960 riunisce insieme inventari di varie bibliote-
che italiane, con attenzione particolare a quelle greche o alle sezioni greche
di esse. Vi si trovano complessivamente tre inventari (ff. 1*-13* e 1-19, 49-
64) della biblioteca allestita dal cardinal Domenico Grimani (1461-1523),
uno (ff. 19-48) della biblioteca del cardinal Bessarione di Trebisonda (1403-
1472), uno (ff. 65-66) di libri regalati a Leone X de’ Medici (papa dal 1513
al 1521), uno, anonimo, dei codici della sala græca publica della Vaticana
(ff. 67-93), quello della biblioteca dei duchi di Urbino (ff. 94-139), quello
della sezione greca della Medicea privata (ff. 140-190) e, infine, uno senza
titolo che non mi è stato possibile ancora identificare e datare (ff. 191-200).
Il Vat. lat. 3960 è un volume ben noto agli studiosi: utilizzato da Cosimo
Stornajolo e Stanislas Le Grelle nello studio della vicenda della biblioteca
allestita da Federico da Montefeltro, duca d’Urbino1. Ugualmente, al Vat.
lat. 3960 attinse Lotte Labowsky nella sua ricerca sulla biblioteca bessa-
rionea, avendo scoperto che esso contiene, ai ff. 19-48, una copia dell’in-
ventario del 14742, quello cioè che presenta i codici divisi nelle casse in cui
furono imballati a Roma in previsione del viaggio che li avrebbe portati a
Venezia, per la sistemazione definitiva, secondo le volontà dichiarate dal
cardinale greco già nell’estate 14683.
Quanto alla triplice sezione del codice dedicata alla biblioteca Grima-
ni, il Vat. lat. 3960 fu studiato e impiegato da Giovanni Mercati per le sue
ricerche sulla biblioteca del cardinale veneziano4. Un legame particolare
1 C. STORNAJOLO, Codices Urbinati Graeci Bibliothecae Vaticanae, Romæ 1895, p. XXXIII

e ST. LE GRELLE, De ordinibus codicum urbinatum, in C. STORNAJOLO, Codices Urbinates La-


tini, III, Romæ 1921, pp. VII*-XXIX*, segnatamente p. XI*.
2 L. LABOWSKY, Bessarion’s Library and the Biblioteca Marciana. Six early inventories,

Roma 1979 (Sussidi eruditi, 31), pp. 191-243 per l’edizione dell’inventario della biblioteca del
1474.
3 LABOWSKY, Bessarion’s Library cit., pp. 39-44.
4 G. MERCATI, Codici latini Pico Grimani Pio e di altra biblioteca ignota del secolo XVI esi-
stenti nell’Ottoboniana e i codici greci Pio di Modena con una digressione per la storia dei codi-
ci di S. Pietro in Vaticano, Città del Vaticano 1938 (Studi e Testi, 75), pp. 29 nt. 2 e 31 nt. 5.
Un’edizione recente in A. DILLER – H. D. SAFFREY – L. G. WESTRINK, Bibliotheca Graeca Ma-

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 189-204.

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190 GIACOMO CARDINALI

quello di Mercati col Vat. lat. 3960 che sembra averlo accompagnato per
molta parte della sua attività di ricerca in Vaticana, senza tuttavia aver mai
dato luogo a uno studio e a una pubblicazione sistematici5.
Stando ad una sua esplicita ammissione in un articolo del 19086, Mer-
cati avrebbe voluto presentare anche la sezione del Vat. lat. 3960 dedicata
alla sala græca publica della biblioteca dei pontefici, riservandosi di far-
lo nel progettato Index indicum Bibliothecæ Apostolicæ Vaticanæ. Questa
pubblicazione non venne mai realizzata e il proposito di Mercati non trovò
seguito, fino ad oggi, mentre la memoria stessa dell’esistenza dell’inventa-
rio vaticano andò persa, tanto da non lasciare traccia nelle pubblicazioni
più recenti e informate sulla vicenda della biblioteca papale7.
Riservandomi di presentare il testo dell’inventario dei codici greci dei
pontefici in un volume di prossima uscita nella collana Studi e Testi della
Biblioteca Apostolica Vaticana, dove sarà affiancato a una nuova edizione
dell’inventario della stessa sala redatto da Fabio Vigili da Spoleto8, e di dare
in quella sede una presentazione adeguata del Vat. lat. 3960, dedico questo
intervento, da un lato, a segnalare l’esistenza dell’inventario della Medicea
privata, che con quello vaticano ha condiviso e condivide lo stesso oblìo, e,

nuscripta Cardinalis Dominici Grimani (1461-1523), Marino del Friuli 2003 (Biblioteca Na-
zionale Marciana. Collana di Studi, 1), pp. 107-165.
5 Dopo la prima menzione del 1908, lo studioso tornò a citare il codice in G. MERCATI,

I codici Vaticani latino 3122 e greco 1411 (in fine a Giovanni Tortelli cooperatore di Niccolò V
nel fondare la Biblioteca Vaticana, di Girolamo Mancini), in Archivio storico italiano 68
(1920), pp. 269-282, poi in ID., Opere minori, IV, Città del Vaticano 1941 (Studi e Testi, 79),
pp. 154-168. Un’altra menzione, questa volta inedita, nelle carte di studio relative alla storia
vaticana del codice Vat. gr. 1209, il celebre Codex B, della Bibbia greca dei Settanta, in Biblio-
teca Apostolica Vaticana, Carte Mercati 123.
6 Si tratta dell’articolo dedicato all’edizione dei ff. 65-66 del Vat. lat. 3960, in G. MERCATI,

Un indice di libri offerti a Leone X, in Il libro e la stampa, n. s., 2 (1908), pp. 41-47, poi in ID.,
Opere minori, III, Città del Vaticano 1938 (Studi e Testi, 78), pp. 76-82.
7 Nessuna menzione dell’inventario vaticano in R. DEVREESSE, Le fonds grec de la Bi-

bliothèque Vaticane dès origines à Paul V, Città del Vaticano 1965 (Studi e Testi, 244), né in J.
BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des
collections de manuscrits, Città del Vaticano 1973 (Studi e Testi, 272), né in S. LILLA, I mano-
scritti vaticani greci: lineamenti di una storia del fondo, Città del Vaticano 2004 (Studi e Testi,
415) né, da ultimo, in A. RITA, Per la storia della Vaticana nel primo Rinascimento e A. DI
SANTE, La Biblioteca rinascimentale attraverso i suoi inventari, ambedue in A. MANFREDI (a
cura di), Le origini della Biblioteca Vaticana tra Umanesimo e Rinascimento (1447-1534), Città
del Vaticano 2010 (Storia della Biblioteca Apostolica Vaticana, 1), pp. 237-308 e 309-350.
8 L’inventario dei codici greci vaticani redatto da Fabio Vigili da Spoleto tra il 1508 e il

1510 si trova nel Vat. lat. 7135, ff. 78-164, ed è già stato l’oggetto di un’edizione da parte di
DEVREESSE, Le fonds grec cit., pp. 152-180, che tuttavia, interessato all’indentificazione dei
codici, optò per una presentazione del testo molto sintetica e sommaria, operando drastici
tagli quasi ad ogni voce, che hanno finito per snaturare la facies stessa del lavoro erudito di
Vigili.

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UN INVENTARIO INEDITO DI CODICI GRECI DELLA MEDICEA PRIVATA 191

dall’altro, ad annunciarne la pubblicazione prossima, sulla base di ricerche


approfondite, di cui mi limiterò a presentare solo alcuni aspetti significativi.
Anche l’inventario dei codici greci di quella che veniva chiamata Me-
dicea privata non è stato fatto finora oggetto di alcuno studio specifico,
che lo abbia vagliato né inserito all’interno delle vicende della collezione
libraria fiorentina, pur nell’ampia tradizione che va dagli studi accurati
e pionieristici di Enea Piccolomini9 alla trattazione di Edmund B. Fryde
circa la sezione greca che qui ci interessa10, fino alle sintesi ultime di Se-
bastiano Gentile11 e di Ida Giovanna Rao12. Solo una menzione se ne trova
nelle ricerche recenti di David Speranzi13.

2. L’inventario laurenziano del Vat. lat. 3960


Anticipo qui la descrizione del Vat. lat. 3960 relativamente alla sola se-
zione che contiene l’inventario laurenziano, così che sia più facile rendersi
conto dell’oggetto della ricerca, rinviando per ogni ulteriore dettaglio e
precisazione alla prossima edizione dell’inventario vaticano.
Il codice, cartaceo, databile alla prima metà del XVI secolo, contiene
l’inventario laurenziano ai ff. 140-190 (mm 290 × 215), come si deduce dal
titoletto apposto al f. 140r Bibliothece Mediceæ, cui segue l’incipit In primo
Armario distinctione prima. Tabula prima e, al f. 187v, l’explicit logotete
grammatica absoluta.
La carta filigranata è di tre tipi diversi: il primo con sirena in cerchio
(BRIQUET nr. 13885, Firenze 1507), il secondo con fiore (senza paralleli in

9 E. PICCOLOMINI, Intorno alle condizioni ed alle vicende della Libreria Medicea privata,

Firenze 1875.
10 E. B. FRYDE, Greek Manuscripts in the Private Library of the Medici 1469-1510, Aberyst-

wyth 1996.
11 S. GENTILE, Lorenzo e Giano Lascaris. Il fondo greco della biblioteca Medicea privata, in

G. C. GARFAGNINI (a cura di), Lorenzo il Magnifico e il suo mondo. Convegno internazionale di


Studi (Firenze, 9-13 giugno 1992), Firenze 1994, pp. 177-194 e ID., I codici greci della Bibliote-
ca Medicea privata, in G. CAVALLO (direzione scientifica), I luoghi della memoria scritta. Ma-
noscritti, incunaboli, libri a stampa di Biblioteche Statali Italiane, Roma 1994, pp. 115-121.
Ambedue gli studi presentano un’ampia rassegna sulla bibliografia pregressa, alle quali si
rinvia in questa sede.
12 I. G. RAO, Il fondo manoscritto, in T. DE ROBERTIS – C. DI MEO – M. MARCHIARO (a cura

di), I manoscritti datati della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, I: Plutei 12-34, Firen-
ze 2008, pp. 1-15.
13 D. SPERANZI, La biblioteca dei Medici. Appunti sulla storia della formaizone del fondo

greco della libreria medicea privata, in Principi e i signori. Le biblioteche nelle seconda metà del
Quattrocento. Atti del Convegno di Urbino (5-6 giugno 2008), a cura di G. ARBIZZONI, C. BIAN-
CA, M. PERUZZI, Urbino 2010, pp. 217-264, segnatamente p. 22, n. 21, dove viene qualficato
come copia, assieme al Vat. lat. 7134, ma parziale, dell’inventario redatto da Fabio Vigili e
contenuto nel Barb. lat. 3185.

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192 GIACOMO CARDINALI

BRIQUET, dove la si potrebbe appena accostare al nr. 6443), il terzo con


corona in cerchio (BRIQUET nr. 4864, Santo Stefano e Firenze 1499).
L’inventario occupa una sezione del manoscritto composta da un qui-
nione, un fascicolo da 17 bifogli e uno da 8 bifogli, con fogli che, se com-
pleti, ospitano circa 30 linee senza accorgimenti di rigatura14.
In ultimo, la scrittura. L’inventario è stato redatto in tutta evidenza da
tre mani diverse, che devono aver lavorato contemporaneamente o, al più,
a brevissima distanza di tempo l’una dall’altra. La prima, attiva sui ff. 140-
155, è una corsiva italica senza finalità di copia ordinata, con inserzioni di
greco dovuta alla seconda mano, quella cioè che lavora ai soli ff. 156-157,
ma che appone le righe in greco negli spazi lasciati appositamente vuoti
anche dalla terza mano, che, ai ff. 159-187, verga in una corsiva di ascen-
denza gotica, anch’essa senza finalità di copia ordinata.
Quanto alla seconda di queste tre mani, che è anche, come si è detto,
quella che inserisce le parti in greco nella prima e nella terza sezione dell’in-
ventario in appositi spazi lasciati bianchi (tavv. I-II), non mi è stato difficile
identificarla in quella di Scipione Forteguerri da Pistoia, detto Cartero-
maco (1466-1515), come mostrano un raffronto con il secondo registro di
prestiti della Biblioteca Vaticana (Vat. lat. 3966), dove si trova una ricevuta
a firma dello stesso Scipione Forteguerri in data 3 maggio 151315, e, poi, la
comparazione delle grafie con alcuni dei codici autografi del Carteromaco,
che si trovano in Vaticana, essendo in parte confluiti nella biblioteca di An-
gelo Colocci16 e in parte acquistati da Fulvio Orsini17. In modo particolare

14Va notato che il f. 158 si trova tra i ff. 174 e 175.


15M. BERTÒLA (a cura di), I due primi registri di prestito della Biblioteca Apostolica Vatica-
na. Codici Vaticani latini 3964, 3966, Città del Vaticano 1942, p. 110. Il volume preso a presti-
to era l’attuale Vat. gr. 289 (Dioscoridem græcum). Nel primo registro di prestito della Vatica-
na (Vat. lat. 3964, f. 32v in BERTÒLA, I due primi registri cit., p. 34) si trova un’altra ricevuta
autografa del Carteromaco, datata 27 aprile 1485, che sigla il prestito di un codice greco
contenente tragedie di Eschilo, restituito il 20 giugno dello stesso anno. La grafia di questa
prima ricevuta, di mano di un Forteguerri diciannovenne è tuttavia sensibilmente diversa
rispetto a quella del secondo e ultimo prestito, datato al maggio 1513, che invece rivela una
maggiore affinità, se non identità con la scrittura impiegata nelle pagine dell’inventario lau-
renziano, che dunque andrà datato agli ultimi anni della vita del Carteromaco, confermando
così l’ipotesi che stiamo per formulare.
16 S. LATTÈS, Recherches sur la bibliothèque d’Angelo Colocci, in Mélanges d’Archéologie et

d’Histoire, publiés par l’Ecole Française de Rome 48 (1931), pp. 308-334 e R. BIANCHI, Per la
biblioteca di Angelo Colocci, in Rinascimento 30 (1990), pp. 271-282. Compilato con materiale
di seconda mano, non verificato sugli originali, M. BERNARDI, Per la ricostruzione della biblio-
teca colocciana: lo stato dei lavori, in C. BOLOGNA – M. BERNARDI (a cura di), Angelo Colocci e
gli studi romanzi, Città del Vaticano 2008 (Studi e Testi, 449), pp. 21-83.
17 P. DE NOLHAC, La bibliothèque de Fulvio Orsini. Contribution à l’histoire des collections

d’Italie et à l’étude de la Renaissance, Paris 1887 [rist. anast. Genève – Paris 1976], pp. 80-83 e
passim.

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UN INVENTARIO INEDITO DI CODICI GRECI DELLA MEDICEA PRIVATA 193

il Vat. lat. 6845 riporta ai ff. 140-156 una copia della lettera-trattato De cane
rabido, databile agli ultimi due anni di vita dell’umanista (1513-1515)18: la
scrittura autografa impiegata è pressoché identica a quella presente nell’in-
ventario di cui ci stiamo occupando (tavv. III-IV).
Si tratta di una corsiva umanistica asciutta e sottile, vergata con trat-
to esile e ductus rapido dalla caratteristica inclinazione a destra, comune
anche al greco di Carteromaco19. Altrettanto caratteristica è la tendenza a
legare le lettere dall’alto, soprattutto quando si tratta della C, E, R, S e T,
come anche il segno d’abbreviazione per la desinenza –rum realizzata me-
diante due linee perpendicolari con quella orizzontale tagliata da un ulte-
riore tratto di penna verticale. In modo particolare, poi, il tracciato della A
e della G maiuscole, assolutamente inconfondibili, e quello delle minuscole
C, D, E, H e S, specie in fine di parola, fugano ogni possibilità di dubbio20.
Questa evidenza paleografica illumina non solo le vicende dell’inventa-
rio della Medicea privata contenuto nel Vat. lat. 3960, ma anche un tratto
biografico del Carteromaco: nulla si sapeva finora di una sua collabora-
zione o attività, nemmeno in un ruolo marginale, nella biblioteca Medicea
privata.
In realtà, il rapporto di Carteromaco con la famiglia de’ Medici era an-
tico, dal momento che il Forteguerri, originario di Pistoia e nipote del po-
tente cardinale Nicolò Forteguerri, aveva compiuto i suoi studi anche a
Firenze, presso il Poliziano, molto legato ai Medici21.
Successivamente, il Carteromaco fu a Firenze nel 1504 dopo aver la-
sciato Venezia e la collaborazione editoriale con Aldo Manuzio, diretto a
Roma, dove si installò al servizio di diversi cardinali della curia di papa

18 D. MUGNAI CARRARA, La polemica “de cane rabido” di Nicolò Leoniceno, Nicolò Zocca e

S. Carteromaco: un episodio di filologia medico-umanistica, in Interpres 9 (1989), pp. 196-236,


segnatamente p. 206 e, da ultimo L. FERRERI, L’epistola De cane rabido di Scipione Carterma-
co, in Miscellanea Bibliothecae Vaticanae 14 (2007), pp. 231-249.
19 P. ELEUTERI – P. CANART, Scrittura greca nell’umanesimo italiano, Milano 1991, pp. 138-

140, segnatamente p. 138.


20 Per ulteriori confronti, quanto alla scrittura latina che a quella greca, si possono tenere

in considerazione anche i codici Vat. gr. 1402 (specie i ff. 13r-19v e 23r) e 1405 (ff. I, 1-187r,
223r-241r), ambedue del Carteromaco, poi passati nella biblioteca di Fulvio Orsini, e il Vat.
lat. 4103.
21 M. J. C. LOWRY, S. Fortiguerra, in P. G. BIETENHOLTZ – T. B. DEUTSCHER (a cura di),

Contemporaries of Erasmus. A biographical register of the Renaissance and Reformation, II,


Toronto – Buffalo – London 1986, pp. 44-46, segnatamente p. 44 e F. PIOVAN, Forteguerri,
Scipione, in Dizionario biografico degli Italiani, XLIX, Roma 1997, pp. 163-167, segnatamente
163-164. Ambedue questi contributi hanno vagliato e rettificato alcuni punti delle due prime
e, per certi versi ancora essenziali, ricerche sul Carteromaco di: S. CIAMPI, Memorie di Scipio-
ne Carteromaco, Pisa 1811 e A. CHITI, Scipione Forteguerri (il Carteromaco). Studio biografico
con una raccolta di epigrammi, sonetti e lettere di lui o a lui dirette, Firenze 1902.

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194 GIACOMO CARDINALI

Giulio II della Rovere (1503-1513): Domenico Grimani — presso il quale


diede lezioni di greco al nipote Marino —, Alessandro Farnese, Galeotto
Franciotti della Rovere e Francesco Alidosi. Ma in modo tutto particolare
e per il periodo più lungo Scipione Forteguerri fu legato al terzo dei prelati
citati, ossia al nipote di papa Giulio, il cardinale Franciotti della Rovere,
che fu anche quello per mezzo del quale il cardinale Giovanni de’ Medici
rientrò in possesso della biblioteca familiare22.
Negli ultimi anni di vita, lasciato il servizio dei cardinali Franciotti della
Rovere, morto l’11 settembre 1508, e Francesco Alidosi, fatto uccidere da
Francesco Maria della Rovere il 24 giugno 1511, Scipione Forteguerri si
divise tra la nativa Pistoia e la casa romana di Angelo Colocci, legato da
strettissima amicizia e stima a Leone X, dove risiedette tra il 1512 e il 1513,
frequentando sia gli Horti Colotiani che la celebre Academia Coryciana23.
All’autunno 1513 rimonta un ultimo soggiorno fiorentino, che vede Sci-
pione Forteguerri lettore privato del giovane Giulio de’ Medici, che poi
diverrà papa Clemente VII.
Ora, il fatto che Scipione Forteguerri approntò o coordinò la copia
dell’inventario dei codici greci della biblioteca privata della famiglia de’
Medici, e in particolare del cardinale Giovanni, poi eletto come Leone X,
illumina un passaggio significativo nella vita dell’umanista pistoiese, che
offrì i suoi servigi alla famiglia fiorentina, mettendo a disposizione la pro-
pria competenza di grecista, da tutti riconosciuta e consacrata nei dieci
anni di collaborazione editoriale strettissima con Aldo Manuzio a Venezia
(1496-1505).
Il legame del Forteguerri con il cardinale Giovanni de’ Medici, forse
propiziato anche dalla comune amicizia e stima reciproca col Colocci,
emerge dunque qui per la prima volta in modo concreto, nella forma di una
collaborazione stretta nell’opera di acquisizione e riordino della Medicea
privata, in particolare della sezione greca, che abbisognava evidentemente
di un inventariatore o di un coordinatore di sicura competenza e affidabi-
lità nell’opera di inventariazione.
La conoscenza indiscussa del greco e l’esperienza editoriale maturata
nell’atelier veneziano di Aldo facevano di Scipione Forteguerri un candi-
dato ideale al ruolo di responsabile dell’inventariazione del fondo greco
mediceo, che egli forse conosceva già da tempo, almeno indirettamente,
dati gli antichi e stretti rapporti con casa Medici.

22
RAO, Il fondo manoscritto cit., p. 10.
23
A. FERRAJOLI, Il ruolo della corte di Leone X, a cura di V. DE CAPRIO, Roma 1984 (Biblio-
teca del Cinquecento, 23), pp. 474-475 e 477-478.

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UN INVENTARIO INEDITO DI CODICI GRECI DELLA MEDICEA PRIVATA 195

3. Un’ipotesi circa l’inventario laurenziano del Vat. lat. 3960


L’attività nella stesura dell’inventario del Forteguerri, che morì nel
1515, e il fatto che il cardinale Giovanni de’ Medici sia rientrato in pos-
sesso della biblioteca familiare, ceduta dalla Signoria fiorentina ai frati
domenicani di San Marco nel 1494, soltanto alla fine dell’aprile 1508, per
gli uffici del cardinal Franciotti della Rovere, protettore del Forteguerri24,
fanno supporre che l’allestimento dell’inventariazione sia da collocarsi tra
queste due date estreme25.
Questo primo dato spinge a pensare a un inventario steso al momento
del recupero e del trasferimento a Roma della biblioteca Medicea privata,
che venne ospitata e riallestita nella residenza romana del cardinale fioren-
tino, che corrisponde all’attuale Palazzo Madama presso Sant’Eustachio.
Tale ipotesi sembra suffragata anche da alcune annotazioni che i tre redat-
tori dell’inventario hanno posto accanto ad alcuni volumi e che rimandano,
in ogni caso, a un’opera di riordino: reponendus inter ecclesiasticos libros26,
reponendus inter philosophos27, inter philosophopos reponendus28, reponen-
dus inter historicos29, reponendus inter medicos30, inter astrologos31.
Una volta edito criticamente il testo e identificate le voci con i mano-
scritti presenti nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze e con altri
eventualmente finiti in altre biblioteche, si potrà disporre di una presenta-
zione dettagliata dello stato della collezione greca privata dei Medici agli
inizi del Cinquecento, quando i volumi giunsero a Roma e vi trovarono
quella collocazione che mantennero poi fino al 1523, quando papa Cle-
mente VII de’ Medici stabilì il loro rientro a Firenze nel palazzo di famiglia
in via Larga.

4. L’inventario del Vat. lat. 3960 e le vicende della Medicea privata


L’edizione dell’inventario dei volumi greci della Laurenziana promette,
dunque, di far luce su un passaggio cruciale nella storia della collezione,
che è rimasto del tutto in ombra.

24 RAO, Il fondo manoscritto cit., p. 10.


25 A ciò si aggiunga la già illustrata prossimità della scrittura del Forteguerri attestata
dall’inventario con quella della ricevuta di prestito vaticana del 1513, piuttosto che con la
prima che datava 1485.
26 F. 159v, di mano del Carteromaco. La stessa annotazione ai ff. 180r, 182r-v, 183r, 185r.
27 F. 164r. La stessa annotazione ai ff. 172r, 182r, 183r.
28 F. 165r.
29 F. 177v. La stessa annotazione ai ff. 178r-v, 182v.
30 F. 182v.
31 F. 185r.

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196 GIACOMO CARDINALI

Le ricerche, infatti, si sono finora concentrate sulla nascita della rac-


colta medicea, e dei codici greci in particolare, per iniziativa di Lorenzo il
Magnifico, che colmava una lacuna presente nelle biblioteche di Cosimo e
Piero, che ne erano del tutto prive32.
Determinato, dunque, a dotare la sua biblioteca privata di volumi gre-
ci, secondo il modello di raccolte librarie come quella dei papi, ma anche
come quella del convento fiorentino di San Marco, e stimolato da umanisti
amici e consiglieri come Poliziano, Giovanni Pico della Mirandola e Giano
Lascaris, Lorenzo prese una serie di decisioni che convergevano verso un
unico obiettivo33 e che permisero già negli anni Ottanta del Quattrocento
di avere a disposizione un buon numero di codici greci34. In primo luogo,
fece acquisire la biblioteca di Francesco Filelfo35, alcuni codici appartenuti
a Teodoro Gaza36 e poi accolse con favore l’ingente numero di volumi greci
inviati da Goro, priore di Santa Croce sull’Arno, da parte del vescovo di
Lucca37. In secondo luogo, commissionò tra il 1489 e il 1490 copie di codici
a un copista rinomato come Giovanni Rhosos, originario di Creta, allora
attivo a Roma, ma che nell’estate 1490 si spostò a Firenze per la copia di
altri codici destinati alla collezione medicea38.
In un terzo momento, Lorenzo inviò suoi esperti emissari in due di-
rezioni opposte, ma ugualmente proficue: Poliziano e Pico in Veneto nel
giugno 149139 e Giano Lascaris in direzione della Grecia, dove si recò per
ben due volte tra 1491 e 1492, passando la prima a nord per Ferrara, Pa-
dova e Venezia, e la seconda da sud attraverso la Puglia, visitando la Terra
d’Otranto40. Dal secondo dei due viaggi Lascaris rientrò a Firenze nel luglio

32GENTILE, I codici greci cit., p. 115 e ID., Lorenzo e Giano Lascaris cit., pp. 177-178.
33GENTILE, Lorenzo e Giano Lascaris cit., p. 177 e RAO, Il fondo manoscritto cit., p. 8.
34 La prova è data dalla consultazione dei registri di prestito di casa Medici, che coprono

gli anni 1480-1494 e che sono conservati a Firenze, Archivio di Stato, Mediceo avanti il Prin-
cipato, filze LXII-LXIV, sui quali si vedano PICCOLOMINI, Medicea privata cit., pp. 122-131 e
anche GENTILE, Lorenzo e Giano Lascaris cit., p. 178 e nt. 6.
35 GENTILE, I codici greci cit., pp. 115-116.
36 GENTILE, I codici greci cit., p. 116.
37 L’intera vicenda è riassunta in GENTILE, I codici greci cit., pp. 116-117, ma da riconsi-

derare alla luce di P. CHERUBINI (a cura di), Iacopo Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-
1479), I, Roma 1997 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Fonti, XXV), p. 162, nt. 230.
38 GENTILE, I codici greci cit., p. 117.
39 GENTILE, I codici greci cit., p. 119.
40 GENTILE, Lorenzo e Giano Lascaris cit., pp. 177-194 e A. PONTANI, Per la biografia, le

lettere, i codici, le versioni di Giano Lascaris, in M. CORTESI – E. V. MALTESE, Dotti bizantini e


libri greci nell’Italia del secolo XV. Atti del Convegno internazionale, Trento 22-23 ottobre
1990, Napoli 1992, pp. 363-433. Quanto al passaggio di Lascaris in Italia meridionale, e nel
Salento in specie, si vedano poi i contributi di A. JACOB, Culture grecque et manuscrits en
Terre d’Otrante, in Atti del III Congresso internazionale di studi salentini e del I Congresso sto-

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UN INVENTARIO INEDITO DI CODICI GRECI DELLA MEDICEA PRIVATA 197

1492, appena dopo la morte di Lorenzo (12 aprile 1492), che non riuscì a
vedere ultimata la raccolta alla quale aveva tanto lavorato41.
Ma l’apporto del Lascaris alla formazione della sezione greca della Me-
dicea privata non si limitò solo all’acquisto di codici in Oriente, ma an-
che al loro ordinamento una volta giunti a Firenze e riuniti a quelli già in
possesso della famiglia Medici. All’aristocratico erudito greco, infatti, va
il merito dell’ordinamento dei codici greci, mediante un sistema preciso
ed efficace, che è stato possibile ricostruire a partire dalla numerazione
manoscritta apposta sui volumi42.
Confiscata dalla Signoria alla famiglia Medici, al momento dell’esilio di
Piero (1494), figlio ed erede di Lorenzo, la Medicea privata fu sottosposta
nell’autunno 1495 a una nuova inventariazione, la quarta nella sua storia,
ad opera del cancelliere Bartolomeo de’ Ciai e di Giano Lascaris43. Sconvol-
ti nel loro ordinamento originario, 685 codici furono divisi in 17 casse, che
nel 1497 furono depositate nel convento fiorentino dei domenicani di San
Marco, in cambio della cifra di 2000 fiorini versati alla Signoria.
Ma i codici della Medicea privata non trovarono pace nemmeno ac-
canto alla biblioteca pubblica del convento domenicano: «Rimasta in San
Marco fino alla morte sul rogo del priore Girolamo Savonarola e avendo
rischiato perdite durante l’assalto al convento da parte dei facinorosi, che
miravano ad eliminare il frate riformatore (8 aprile 1498), venne poi ripre-
sa in consegna dalla Signoria e trasportata a palazzo. Da lì, dopo un breve

rico di Terra d’Otranto (Lecce, 22-25 ottobre 1976), Lecce 1980, pp. 53-77; ID., Sergio Stiso de
Zollino et Nicola Petreo de Curzola. A propos d’une lettre du Vaticanus gr. 1019, in Bisanzio e
l’Italia. Raccolta di studi in memoria di Agostino Pertusi, Milano 1982, pp. 154-168 e ID., Testi-
monianze bizantine nel Basso Salento, in Il Basso Salento. Ricerche di storia sociale e religiosa,
Galatina 1982, pp. 49-69. In ultimo, anche Z. N. TSIRPANLIS, Memorie storiche sulle comunità
e chiese greche in Terra d’Otranto (XVI secolo), in La Chiesa greca in Italia dall’VIII al XVI seco-
lo. Atti del Convegno Storico Interecclesiale (Bari, 30 aprile – 4 maggio 1969), II, Padova 1972
(Italia Sacra, 21), pp. 845-877.
41 GENTILE, I codici greci cit., pp. 118-120 e RAO, Il fondo manoscritto cit., p. 8. Si vedano

anche le ricerche di D. SPERANZI, Per la storia della libreria medicae privata. Il Laur. Plut. 58.
2 e Giovanni Mosco, in Medioevo e rinascimento 21 (2007), pp. 181-217; ID., Per la storia della
libreria medicea privata. Giano Lascaris. Sergio Stisso da Zollino e il copista Gabriele, in Italia
medioevale e umanistica 48 (2007), pp. 127-161.
42 GENTILE, Lorenzo e Giano Lascaris cit., pp. 188-189 e ID., I codici greci cit., p. 120 e RAO,

Il fondo manoscritto cit., pp. 8-10, che riassume a p. 9, quanto ai codici greci che qui ci inte-
ressano: «Tutti i libri, come già preannunciato, erano disposti per materie, i greci precedeva-
no i latini, e si presentavano, progressivamente, con opere di grammatica (da 1 a 36), di poe-
sia (da 38 a 58), di storia (da 59 a 86), di tecnica (da 89 a 95), di retorica (da 96 a 136), di
astronomia, matematica e musica (da 141 a 153), di filosofia (da 156 a 217), di medicina (da
218 a 241), e di teologia (da 242 a 326); senza soggetto solo i numeri dal 329 al 337».
43 L’edizione dell’inventario in PICCOLOMINI, Intorno alle condizioni ed alle vicende cit., pp.

65-108, ma si veda anche RAO, Il fondo manoscritto cit., pp. 8-9.

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198 GIACOMO CARDINALI

soggiorno alla Badia fiorentina, i libri ritornarono a San Marco, in virtù di


un secondo prestito dei domenicani alla Signoria di 1000 fiorini, anticipato
per loro dalla potente famiglia dei Salviati»44.
Fu di nuovo a seguito di una questione di carattere economico che i co-
dici medicei tornarono in possesso dei loro legittimi proprietari. Il 29 apri-
le 1508, infatti, profittando delle difficoltà economiche in cui versavano i
domenicani fiorentini, il cardinale Franciotti della Rovere siglò l’acquisto
della Medicea privata a favore del più giovane dei figli di Lorenzo il Magni-
fico, il cardinale Giovanni de’ Medici (1475-1521, papa Leone X dal 1513).
Come si è già detto, i volumi furono poi trasportati a Roma nel palazzo di
Sant’Eustachio, dove furono collocati secondo una nuova disposizione e
dove furono visti e descritti anche da Fabio Vigili da Spoleto, che redasse
quello che, di fatto, è il quinto inventario della Medicea privata. A questo
va aggiunta la lista di riscontro firmata dal cardinale Giovanni il 14 giugno
1510 con la quale riprendeva possesso di altri 37 esemplari rimasti al con-
vento dei domenicani e allora restituiti.
È la stessa descrizione di Fabio Vigili a rivelarci che: «I manoscritti,
primariamente distinti nelle due sezioni greca e latina, si presentavano
poi suddivisi in “armaria”: da 1 a 5 per i greci, 1-3, e 6-8 per i latini, con
varie “distinctiones” interne. Non ancora organizzati in maniera rigorosa i
volumi erano però analizzati per la prima volta con molta precisione nella
descrizione del contenuto testuale, mentre venivano del tutto ignorati gli
aspetti esterni (scrittura, supporto scrittorio, coperta, formato)»45.
È proprio questa la fase della vicenda della Medicea privata attualmente
meno nota agli studiosi, dal momento che le uniche due fonti a disposizio-
ne sono l’una inedita e l’altra rimasta finora ignota. L’inventario redatto da
Fabio Vigili da Spoleto, infatti, attende ancora di essere studiato adeguata-
mente e pubblicato46, quello contenuto nel Vat. lat. 3960 riemerge ora per
la prima volta.
L’edizione commentata di quest’ultimo permetterà anzitutto di chiarire
chi ne furono i due altri autori, oltre all’appena individuato Carteromaco,
la data e le circostanze di redazione, lo scopo e, soprattutto, i criteri.
Raffrontato, poi, con l’inventario quasi coevo redatto da Fabio Vigili,

44
RAO, Il fondo manoscritto cit., p. 10.
45
RAO, Il fondo manoscritto cit., p. 10.
46 Si vedano, a questo proposito i due contributi di D. F. JACKSON, A New Look at an Old

Book List, in Studi italiani di filologia classica s. III, 16 (1998), pp. 83-108 e ID., Fabio Vigili’s
Inventory of Medici Greek Manuscripts, in Scriptorium 52 (1998), pp. 199-204; RAO, Il fondo
manoscritto cit., p. 11 annuncia che S. Gentile si è proposto di pubblicare l’inventario di Fa-
bio Vigili negli anni a venire.

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UN INVENTARIO INEDITO DI CODICI GRECI DELLA MEDICEA PRIVATA 199

sarà possibile chiarire il rapporto cronologico delle due descrizioni e met-


tere in sinossi le diverse metodologie di descrizione adottate.
In ultimo, il confronto dell’inventario laurenziano del Vat. lat. 3960 con
quelli che descrivono la sala græca publica della Vaticana sotto Giulio II, il
primo contenuto anch’esso nel Vat. lat. 3960 e il secondo opera dello stesso
Fabio Vigili47, renderà possibile far luce sugli scambi che intervennero tra
le due raccolte librarie nel corso del primo ventennio del XVI secolo, quan-
do dovettero avvenire passaggi di volumi non ufficiali né ancora chiariti.
Un caso emblematico che può essere qui anticipato è quello dell’attuale
Laur. Plut. 86.3.
Sebbene vi fosse originariamente censito, il codice non compare nell’in-
ventario vaticano anonimo del Vat. lat. 3960, a causa della caduta di alcuni
bifogli, ma è descritto da Fabio Vigili, che lo vide nel settimo banco della
sala publica græca:

21 Iamblichi Chalcidensis ex Cœlosyria De secta pythagorica libri quatuor


cum vita Pythagoræ et tabula; ii complectuntur omnes mathematicas.
Figuræ musicæ duæ et Horarum calculus quidam.
Marini Neapolitani Proclus sive De felicitate.
Aristotelis Περὶ παραδόξων ἀκουσμάτων.
Theophrasti Characteres48.

Questa voce attesta dunque che il manoscritto faceva parte della colle-
zione greca vaticana e che lì si trovava ancora verso la fine (1510-1513) del
pontificato di Giulio II, tanto che lo stesso Fabio Vigili aveva già potuto
prenderlo a prestito tra il 3 e il 29 marzo 1499, come attesta la ricevuta
autografa nel secondo registro di prestito della biblioteca papale49.
Il codice era già presente negli indici vaticani precedenti, come quel-
lo del 148150 e 148451, ma non compare più in nessuno dei due databi-
li attorno al 1518, ossia quello italiano redatto da Lorenzo Parmenio e
Romolo Mammacini52 e quello greco di Giovanni Severo da Sparta53.

47 Edito da DEVREESSE, Le fonds grec cit., pp. 152-180.


48 Vat. lat. 7135, f. 99v e DEVREESSE, Le fonds grec cit., p. 161.
49 BERTÒLA, I due primi registri cit., p. 67: «Item habui Iamblichum De secta Pythagorica,

die 3 martii 1499, pro quo pignori dedi unum aureum venetum et sex carlenos. Ego idem
Fabius manu propria. – Restituit die XXIX marcii».
50 DEVREESSE, Le fonds grec cit., p. 95.
51 DEVREESSE, Le fonds grec cit., p. 132.
52 M. L. SOSOWER – D. F. JACKSON – A. MANFREDI (a cura di), Index seu inventarium Bi-

bliothecæ Vaticanæ divi Leonis Pontificis Optimi. Anno 1518c. series græca, Città del Vaticano
2006 (Studi e Testi, 427).
53 DEVREESSE, Le fonds grec cit., pp. 235-263.

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200 GIACOMO CARDINALI

Dunque, il codice dovette sparire dai banchi vaticani, malgrado la pe-


sante catena che ve lo teneva legato, tra il 1510-’13 e il 1517-’18, ossia tra gli
ultimi anni di regno di Giulio II e la prima metà di quello di Leone X. Ora,
il codice sparito compare oggi, come si è anticipato, nella raccolta medicea
come Laur. Plut. 86.3.
Già dall’esame di questo caso emblematico è facile concludere che uno
studio dettagliato dell’inventario mediceo redatto sotto la guida del Car-
teromaco possa far luce su questo misterioso passaggio di codici, come
su altri simili, che ci è capitato di riscontrare nello studio del fondo greco
vaticano sotto il pontificato di papa Giulio II.
In questa fase, infatti, molti studiosi gravitanti attorno al circolo del
cardinal Giovanni de’ Medici erano assidui frequentatori delle sale della
biblioteca pontificia, come ci attesta il registro dei prestiti, che riporta, tra i
tanti, i nomi di Scipione Carteromaco, Angelo Colocci e Fabio Vigili. Ossia
di coloro che erano coinvolti nel riordino romano della biblioteca Medicea
privata, che soprattutto sotto il pontificato di papa Leone svolse il ruolo di
biblioteca privata del papa, distinta da quella di palazzo54. La Vaticana era
considerata, invece, la collezione ufficiale e istituzionale, ma anche a fa-
vore di questa Leone X molto si adoperò, nominandovi bibliotecari prima
Filippo Beroaldo iuniore, che era stato suo segretario, e poi uno dei suoi
più vicini e dotti amici: il domenicano Zanobi Acciaioli55.
Dalla fine del pontificato di papa Leone e con l’inizio di quello di suo
nipote Clemente VII (1523-1534), le sorti della Medicea sono state oggetto
di studio, in particolare da quando, nel 1523, il nuovo papa ne dispose il
rientro a Firenze, collocandola temporaneamente nel palazzo di famiglia
(1523-1527), mentre Michelangelo lavorava all’edificio che l’avrebbe ospi-
tata, annesso al complesso mediceo della Basilica di San Lorenzo56. Ma di
qui in poi, come si è detto, la vicenda torna ad esser nota.

54
RAO, Il fondo manoscritto cit., p. 11: «Leone X non tradì la grande generosità nel met-
tere la raccolta a disposizione degli studiosi, tipica della sua famiglia, e arricchì la biblioteca
di almeno 40 volumi documentati, tra cui gli Annales (libri I-VI) di Tacito (Pluteo 68.1, sec.
IX) e le Epistulae di Plinio (Pluteo 47.36, sec. X), ambedue provenienti dal monastero di
Corvey in Westfalia, facendo anche miniare molti codici che aveva trovato preparati per la
decorazione, ma non realizzati».
55 RITA, Per la storia della Vaticana cit., pp. 278-288.
56 F. ARDUINI, Una biblioteca per i libri preziosi, in P. RUSCHI (a cura di), Michelangelo ar-

chitetto a San Lorenzo. Quattro problemi aperti, Firenze 2007, pp. 157-180, particolarmente
157-163.

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UN INVENTARIO INEDITO DI CODICI GRECI DELLA MEDICEA PRIVATA 201

Tav. I – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3960, f. 156r.

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202 GIACOMO CARDINALI

Tav. II – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3960, f. 157v.

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UN INVENTARIO INEDITO DI CODICI GRECI DELLA MEDICEA PRIVATA 203

Tav. III – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 6845, f. 141r.

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204 GIACOMO CARDINALI

Tav. IV – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 6845, f. 153v.

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MARCO CURSI

UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI


(BARB. LAT. 65)

Il codice Barberiniano latino 65 è un testimone che finora non ha attira-


to l’attenzione degli studiosi, né per ragioni di carattere filologico, né per
motivazione di ordine paleografico1. Membranaceo, di dimensioni medio-
piccole, è formato da due sezioni databili a periodi piuttosto lontani tra
loro; la prima risale al sec. XII ed è vergata in una carolina non estranea
alle suggestioni grafiche della gotica, probabilmente localizzabile in Italia
settentrionale, caratterizzata da un apparato decorativo elegante ma privo
di grandi pretese (tav. I)2. In essa si susseguono le seguenti opere di Orazio:
1. Carmina seu Odae (ff. 1r-30v);
2. Epodon liber (ff. 31r-37r);
3. Carmen saeculare (ff. 37r-38r);
4. Sermonum seu Saturae (ff. 38r-64v);
5. Epistulae (ff. 64v-83v).
La sezione è chiusa da alcune aggiunte di mani diverse, risalenti ai se-
coli XII e XIII, che inseriscono carmi e sentenze, in qualche caso di incerta
attribuzione (ff. 84r-85v)3.

* Il primo annuncio dell’identificazione della mano di Poggio nel codice barberiniano è


stata da me dato nel corso di una giornata di studi in memoria di Enzo Matera, tenutasi a
Roma, presso il Dipartimento di scienze documentarie, linguistico-filologiche e geografiche
dell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza», il 4 maggio 2012. Questo lavoro, che svi-
luppa in modo più ampio quanto cursoriamente presentato in quell’occasione, è dedicato
all’amico Enzo.
1 Una sintetica descrizione del codice in S. PIERALISI, Inventarium codicum mmss. Biblio-

thecae Barberinae, tomus 3 (codices 1-357), Sala Cons. Mss. 335 (1) rosso, pp. 99-100. Per
successive e più analitiche descrizioni, vedi S. PRETE, Codices Barberiniani latini. Codices
1-150, [Città del Vaticano] 1968, pp. 116-119; É. PELLEGRIN – J. FOHLEN – C. JEUDY – Y.-F.
RIOU – A. MARUCCHI, Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane, I: Fonds
Archivio San Pietro à Ottoboni, Paris 1975, pp. 114-117; M. BUONOCORE, Codices Horatiani in
Bibliotheca Apostolica Vaticana, [Città del Vaticano] 1992, pp. 54-55.
2 Sono presenti quattro iniziali ornate zoomorfiche di buona fattura, poste ai ff. 1r (mi-

surante mm 45 di altezza), 38r (mm 25), 59r (mm 75), 64v (mm 75); le altre iniziali sono
semplici, misuranti dai 5 ai 25 mm di altezza.
3 Al riguardo cfr. PELLEGRIN – FOHLEN – JEUDY – RIOU – MARUCCHI, Les manuscrits clas-

siques cit., pp. 115-116.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 205-228.

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206 MARCO CURSI

La seconda parte del codice è formata da un solo fascicolo, aggiunto


da una mano risalente al sec. XV, che si serve di una pergamena chiara
e sottile, di qualità certamente superiore a quella utilizzata dall’anonimo
trascrittore del sec. XII. In essa è trascritta l’Ars poetica, mancante nella
raccolta oraziana trascritta più di due secoli prima; l’opera è definita nella
rubrica incipitaria Poetria (tav. II)4. Nel margine inferiore dell’ultimo fo-
glio (92r), la medesima mano ha aggiunto un testo contenente una breve
analisi della composizione dei primi 38 versi dell’Ars5. Quanto alla storia
del codice, nel verso della guardia iniziale si legge la seguente nota di pos-
sesso: «Volumen hoc ex testamento domini Nicholai de Corbicis devenit
monasterio Carthusiorum Florentiae. 1480» (tav. IIIb)6. I Corbizzi erano

4«Horatii Flacchi venusini Poetria incipit» (f. 86r).


5«Agit de viciis extirpandis usque Sumite materiam [v. 38] / Et ibi agit de virtutibus inse-
rendis / Hic agit de sex viciis / Primi inepta partium positio. Humano capiti [v. 1] / Secundi
Incompetens operis disgressio. Inceptis gravibus [v. 14] / Tertii Obscura brevitas. Maxima
pars vatum [v. 24] / Quarti Inconcinna stili disgressio. Sectantem levia [v. 26] / Quinti Iniqua
partium variatio. Desphinum (così) silvis [v. 30] / Sexti Imperfecta operis dispositio. Emilium
circa [v. 32]». Al riguardo cfr. C. JEUDY, Accessus aux oeuvres d’Horace, in J. FOHLEN – C.
JEUDY – C. MARUCCHI – É. PELLEGRIN – Y.-F. RIOU, Notes sur quelques manuscrits latins de
textes classiques conservés à la Bibliothèque Vaticane, in Revue d’Historie de texte 1 (1971), pp.
183-224: 211. Al f. 92v la stessa mano aggiunge un disegno in cui sono rappresentati i quattro
elementi, simboleggiati da quattro doppie circonferenze all’interno delle quali sono scritte le
seguenti parole (tav. IIIa): 1. «Ignis, calidus, siccus»; 2. «Aer, calidus, humidus»; 3. «Aqua,
humida, frigida»; 4. «Terra, sicca, frigida». I quattro doppi cerchi sono uniti tra loro da una
doppia cornice ellittica nella quale, per quattro volte, è scritto: «Concordia». Al di sotto una
mano forse differente, che scrive in una corsiva di base cancelleresca con forti influenze
dell’antiqua, trascrive l’Accessus Horatii; JEUDY, Accessus aux oeuvres d’Horace cit., p. 211,
segnala la presenza del medesimo testo nella c. Iv del Vat. Pal. lat. 1659, un manoscritto mem-
branaceo in semigotica, databile all’ultimo quarto del sec. XIV; più in generale, sull’Accessus,
vedi K. FRIIS-JENSEN, Horatius liricus et ethicus. Two twelfth-century school texts on Horace’s
poems, in Cahiers de l’Institut du Moyen-Age grec et latin 57 (1988), pp. 81-147.
6 Nel margine superiore del medesimo foglio si legge la segnatura «k n° lxxxxv» che po-

trebbe rimandare proprio alla Certosa di Firenze; la modalità di registrazione, infatti, sembra
analoga a quella adottata in altri monasteri certosini, come ad esempio quello di Trisulti; al
proposito vedi E. CONDELLO – M. SIGNORINI, Minima trisultina II. I codici originari, in Sit liber
gratus, quem servulus est operatus. Studi in onore di Alessandro Pratesi per il suo 90° comple-
anno, II, a cura di P. CHERUBINI – G. NICOLAJ, Città del Vaticano 2012 (Littera antiqua, 19),
pp. 761-796: 761 e fig. 1 Nell’unico inventario sopravvissuto dei manoscritti della Certosa di
Firenze, compilato nel 1600 nell’ambito dell’inchiesta della Congregazione dell’Indice e at-
tualmente contenuto nel cod. Vat. lat. 11276, al f. 454r è registrato un volume contenente le
«Horatii Epistolae»; difficile dire se quel libro possa corrispondere al nostro codice (ma la
circostanza appare poco probabile perché le Epistulae non sono il primo testo trascritto nel
Barb. lat. 65 né rappresentano la sezione più consistente del codice). Sulla biblioteca della
Certosa cfr. C. CHIARELLI, Il fondo librario della Certosa di Firenze, in La miniatura italiana tra
gotico e rinascimento, I. Atti del Congresso di Storia della miniatura italiana (Cortona, 24-26
settembre 1982), a cura di E. SESTI, Firenze 1986 (Storia della miniatura, 6), pp. 189-200.

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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 207

un’antica famiglia fiorentina, discendente da nobili di Fiesole7; un Iacopo


di Niccolò Corbizzi, con ogni probabilità padre del possessore del nostro
codice, risiedeva in S. Giovanni, nel Gonfalone Vaio8; bibliofilo e corri-
spondente di Guarino, Iacopo Corbizzi era molto amico di Antonio Corbi-
nelli, ne curava gli interessi commerciali quando si trovava fuori di Firenze
e fu anche il suo esecutore testamentario9. Una seconda nota di possesso,
posta nel medesimo foglio di guardia («Caroli Strozzè Thomè filii. 1636»)
attesta che il codice in quell’anno entrò in possesso del collezionista e bi-
bliofilo fiorentino Carlo di Tommaso Strozzi. In seguito il manoscritto
divenne parte della collezione libraria del cardinale Francesco Barberini,
forse proprio in virtù dello stretto rapporto d’amicizia che lo legava allo
Strozzi; infine confluì nella Biblioteca Apostolica Vaticana10. L’interesse
del testimone barberiniano è dovuto principalmente all’identità di colui
che confezionò il breve inserto finale, nel quale si legge l’Ars; a mio parere,
infatti, si tratta di un copista d’eccezione, Poggio Bracciolini, in una raris-
sima attestazione della trascrizione di un testo poetico di sua mano, per lo
più impaginato all’antica, vale a dire con disposizione dei versi in verticale.
Si ricordi, infatti, che Poggio non copia mai poesia, ad eccezione di un
Plauto, risalente ai primissimi anni della sua produzione, che però presen-
ta i versi disposti a mo’ della prosa (cod. San Marco 230 della Biblioteca
Medicea Laurenziana di Firenze)11, e di un’integrazione ad un manoscritto
di Holkham Hall segnalata qualche anno fa da Albinia de la Mare di cui
si tratterà più avanti;12 del resto, se proviamo a passare in rassegna i testi
trascritti dai copisti fiorentini in antiqua della prima generazione si noterà
che «non solo la poesia ha scarsissima presenza, ma le poche cose (Valerio

7 L. MARTINES, The social world of the Florentins humanists (1390-1460), Princeton 1963,

pp. 320-321.
8 «Io, Iacopo di Niccolò Corbiçi sopradetto, d’anni 43 […] Abito in una casa di Santa

Maria Nuova a pigione, posta nel quartiere di Santo Giovanni, gonfalone Vaio, Popolo Santa
Maria in Campo, nella via della Pergola» (Firenze, Archivio di Stato, Catasto 17, f. 983v).
9 MARTINES, The social world cit., p. 321.
10 Cfr. al riguardo A. JACOB, Carlo Strozzi et sa collection de manuscrits grecs. Contribution

à l’étude du fonds Barberini de la Bibliothèque Vaticane, in Bollettino della Badia greca di Grot-
taferrata n.s. 54 (2000), pp. 401-414: 413 (con menzione di 69 manoscritti del fondo Barberi-
niano greco, 7 del fondo Barberiniano latino, 3 del fondo Chigiano appartenuti allo Strozzi e
poi confluiti nella Biblioteca Apostolica Vaticana).
11 Brevissime descrizioni del codice in A. C. DE LA MARE, The Handwriting of Italian Hu-

manists, I-1: Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Coluccio Salutati, Niccolò Niccoli, Pog-
gio Bracciolini, Bartolomeo Aragazzi of Montepulciano, Sozomeno da Pistoia, Giorgio Antonio
Vespucci, Oxford 1973, p. 77; Poggio Bracciolini nel VI centenario della nascita: mostra di co-
dici e documenti fiorentini, a cura di R. FUBINI – S. CAROTI, Firenze 1980-81, p. 18.
12 Cfr. infra, p. 213.

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208 MARCO CURSI

Flacco, Lucrezio, Plauto, Gellio, Giovenco, Tertulliano) sono tutte della


fine del secondo decennio»13.

Cominciamo, dunque, a presentare, seppur brevemente, l’inserto quat-


trocentesco aggiunto in coda all’Orazio barberiniano.
Membranaceo. Il supporto scrittorio è in condizioni di conservazione
ottime. L’inserto è costituito da un unico quaternione mancante di un fo-
glio, misurante mm 216 × 111 = 23 [168] 25 × 12 [(05) 64] 3014; il numero
delle linee di scrittura è di 39; la rigatura, leggerissima, è eseguita a secco,
tracciata su ogni singolo foglio con stilo che incide il lato pelo; la prima
linea di scrittura corre al di sopra della prima riga. Tracce di foratura nel
margine superiore. La scrittura è un’antiqua dal tracciato moderatamente
contrastato, di mano molto abile, caratterizzata da un notevole equilibrio
nelle forme. La rubrica incipitaria, in inchiostro rosso, è di mano del copi-
sta. Le correzioni sono eseguite per espunzione15; si utilizzano tre diversi
segni di interpunzione: il comma (punto sormontato da virgola con apice
sottile in alto); il punto (posto leggermente al di sopra del rigo di base di
scrittura); il punto interrogativo (punto sormontato da tratto ricurvo verso
alto). É presente un’iniziale incipitaria semplice, di colore rosso, priva di
letterina di guida, misurante 15 mm di altezza.
INCIPIT (f 86r): «Horatii Flacchi venusini Poetria incipit. Humano capiti
cervicem pictor equinam…».
EXPLICIT (f. 92r): «… non missura cutem nisi plena cruoris hirudo. Ex-
plicit Poetria Oratii Flacci venusini».

* * *

I manoscritti finora noti di Poggio sono sedici, tutti databili o datati ad


un periodo compreso tra il 1400 e il 142516; la produzione poggiana, dopo i
pioneristici studi di Berthold Louis Ullman17 è stata accuratamente studia-

13T. DE ROBERTIS, I percorsi dell’imitazione. Esperimenti di littera antiqua in codici fioren-


tini del primo Quattrocento, in I luoghi dello scrivere da Francesco Petrarca agli albori dell’età
moderna. Atti del Convegno internazionale di studio dell’Associazione italiana dei Paleografi e
Diplomatisti (Arezzo, 8-11 ottobre 2003), a cura di C. TRISTANO – M. CALLERI – L. MAGIONAMI,
Spoleto 2006 (Studi e ricerche, 3), pp. 109-134: 119.
14 La rilevazione è stata effettuata al f. 87r.
15 Ad es. “obmittat”, f. 86v r. 7.
16 Ai quindici testimoni menzionati in DE ROBERTIS, I percorsi dell’imitazione cit., pp.

133-34 andrà aggiunto il cod. 303 della Biblioteca di Holkham Hall, per il quale cfr. infra.
17 B. L. ULLMAN, The origin and development of humanistic script, Roma 1969 (Storia e

letteratura, 79), pp. 21-57.

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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 209

ta in diversi contributi da Albinia de la Mare18 e più recentemente rivista da


Teresa de Robertis19. La scrittura del Bracciolini mostra una notevole evo-
luzione morfologica nel corso degli anni e passa da un’imitazione talvolta
impacciata dei modelli antichi alla «definitiva canonizzazione di uno stile
grafico, che, distaccandosi progressivamente dall’imitazione dei modelli,
acquista una propria individualità e una grazia spiccata nell’armonia delle
proporzioni, nell’accentuato rotondeggiamento, nel disegno sinuoso delle
aste»20. Quali esempi dell’antiqua poggiana dovremo prendere a riferimen-
to per compiere un confronto con la scrittura del Barb. lat. 65? Il pensiero
corre subito al testimone più famoso tra i manoscritti antiquiores di Poggio,
lo Strozziano 96, contenente il De verecundia di Coluccio Salutati (tav. IV);
la datazione del codice laurenziano, trascritto sotto gli occhi dell’anziano
cancelliere che intervenne con frequenti correzioni autografe21, è tradizio-
nalmente fissata al 1402-0322 ma di recente è stata spostata leggermente
in avanti, seppure con molta cautela, da Silvia Fiaschi (la copia potrebbe
essere avvenuta intorno al 1405)23. Il primo dato che salta immediatamente
agli occhi è la comune scelta per il piccolo formato24, raro nei codici più

18 DE LA MARE, The Handwriting of Italian Humanists cit., pp. 62-84; A. C. DE LA MARE – D.

F. S. THOMSON, Poggio’s Earliest Manuscript?, in Italia medievale e umanistica 16 (1973), pp.


179-195; DE LA MARE, Humanistic Script: the First Ten Years, in Das Verhältnis der Human-
isten zum Buch, a cura di F. KRAFFT – D. WUTTKE, Boppard 1977 (Deutsche Forschungsge-
meinschaft, Kommission für Humanismusforschung, Mitteilung, 4), pp. 89-108; EAD., New
Research on Humanistic Scribes in Florence, in La miniatura fiorentina del Rinascimento,
1440-1525. Un primo censimento, I, a cura di A. GARZELLI, Firenze 1985 (Inventari e cataloghi
toscani, 18), pp. 393-600: 395-398.
19 DE ROBERTIS, I percorsi dell’imitazione cit., pp. 133-134.
20 E. BIGI – A. PETRUCCI, Bracciolini Poggio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 13,

Roma 1971, pp. 640-646: 645-56. Per un’analisi dei sintomi grafici più significativi che segna-
no l’evoluzione dell’antiqua poggiana, vedi A. J. DUNSTON, The Hand of Poggio, in Scriptorium
19 (1965), pp. 63-70; C. QUESTA, Per la storia del testo di Plauto nell’Umanesimo, I. La «recen-
sio» di Poggio Bracciolini, Roma 1968 (Quaderni d’Athena, 6), pp. 24-30; DE LA MARE, The
Handwriting of Italian Humanists cit., pp. 69-71; C. SCALON, Poggio Bracciolini scrittore papa-
le in littera antiqua fra il 1405 e il 1408, in ID., Libri, scuole e cultura nel Friuli medievale.
«Membra disiecta» dell’Archivio di Stato di Udine, Padova 1987 (Medioevo e umanesimo, 65),
pp. 54-77: 64-65; P. CHERUBINI – A. PRATESI, Paleografia latina. L’avventura grafica nel mondo
occidentale, Città del Vaticano 2010 (Littera antiqua, 16), pp. 567-568.
21 Per due recentissime e accurate descrizioni del codice, cfr. Coluccio Salutati e l’inven-

zione dell’Umanesimo a cura di T. DE ROBERTIS – G. TANTURLI – S. ZAMPONI, Firenze 2008, pp.


162-163 (descrizione a cura di S. FIASCHI); T. DE ROBERTIS, Il manoscritto, in C. SALUTATI, De
Verecundia. Tractatus ex Epistola ad Lucilium prima: Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana,
ms. Strozzi 96, Firenze 2010, pp. 23-29 (con bibliografia pregressa).
22 ULLMAN, The origin and development cit., pp. 24-27.
23 S. FIASCHI, Scritti moderni in veste antica: un “compromesso” editoriale nel segno del

Petrarca, in SALUTATI, De Verecundia cit., pp. 9-21: 20.


24 Si noti, però, che il Barberiniano si distingue dallo Strozziano per la sua forma oblunga:

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210 MARCO CURSI

antichi della riforma grafica umanistica e vicino a certi esperimenti petrar-


cheschi; nel caso del testimone vaticano, però, se il fascicolo contenente
l’Ars fin dalla sua progettazione fu pensato per essere inserito in coda al
codice oraziano di sec. XII, furono evidentemente le misure di quest’ultimo
a guidare la mano di colui che lo confezionò. Quanto, poi, all’iniziale mi-
niata, la scelta dei bianchi girari per lo Strozziano parrebbe un elemento a
favore di una datazione più tarda rispetto all’iniziale semplice del fascicolo
barberiniano25, ma resta un dubbio riguardante il momento in cui essa
venne inserita dal miniatore (potrebbe essere passato un tempo più o meno
lungo dall’esecuzione del codice). In entrambi i manoscritti la scrittura è
un’antiqua dal tracciato moderatamente contrastato, caratterizzata da un
notevole equilibrio nelle forme. Tra le lettere caratterizzanti si possono
segnalare la a, che presenta la schiena della lettera leggermente ricurva e
occhiello di forma oblunga, costituito da un tratto superiore molto sottile
e un tratto inferiore che attacca formando una curva di massimo spes-
sore che poi si riduce progressivamente26; l’h, caratterizzata da elemento
triangolare d’attacco e pancia della lettera che riduce gradualmente il suo
spessore27; la r sempre di forma diritta (la variante a 2 è adoperata esclu-
sivamente per orum, con tratto abbreviativo obliquo dotato di un piccolo
elemento di testa orizzontale)28; la s, in posizione finale di rigo spesso di
forma tonda, molto schiacciata29; la y formata da due tratti (il primo di
massimo spessore, il secondo, dotato di ridottissimo elemento d’attacco,
di spessore medio), sormontata da un punto, talvolta leggermente sposta-
to verso sinistra30; la congiunzione et sempre resa con l’ampersand, che
in entrambe le mani presenta il punto d’attacco dell’ultimo tratto obliquo
caratterizzato da un frego di forma quadrangolare31.
A ciò si aggiunga che si colgono anche alcune abitudini grafiche comu-
ni, a mio avviso molto significative:
a) nel Barb. lat. 65 il copista rende l’abbreviazione quae con q sormonta-
ta da titulus, ma per far intendere che si tratta di una parola con dittongo,

lo Strozzi 96 misura mm 193 × 137 (con rapporto tra base e altezza pari a 0,709); il Barb. lat.
65 misura mm 216 × 111 (con rapporto tra base e altezza pari a 0,510).
25 Al riguardo vedi M. CECCANTI, Proposte per la storia dei primi codici umanistici a bian-

chi girari, in Miniatura 5-6 (1993-1996), pp. 11-16 (con bibliografia pregressa).
26 Cfr. gravibus, alla r. 1 della tav. Va; natura, alle rr. 1-2 della tav. Vb.
27 Cfr. rhenum, alla r. 5 della tav. Va; hèc, alla r. 3 della tav. Vb.
28 Cfr. verborum, alla r. 2 della tav. VIa; nostrorum, alla r. 6 della tav. VIb.
29 Cfr. receptus, alla r. 4 della tav. VIa; timeamus, alla r. 3 della tav. VIb.
30 Cfr. ymus, alla r. 4 della tav. VIIa; phyloni, alla r. 3 della tav. VIIb.
31 Esempi alla r. 4 della tav. VIIa e alla r. 2 della tav. VIIb.

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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 211

aggiunge una cediglia nella parte inferiore dell’occhiello32; identico uso si


rileva nello Strozzi 9633;
b) quando il copista del Barb. lat. 65 decide di inserire una variante in
margine (tav. VIIIa), si serve di un segno di richiamo tipicamente poggia-
no, quello dei due punti affiancati34, che torna anche nello Strozziano 96
(tav. VIIIb);
c) in entrambi i codici il punto interrogativo – uno dei marcatori crono-
logici più sicuri nell’evoluzione della scrittura di Poggio – si presenta nella
forma con tratto ricurvo semplice35; tale morfologia è tipica dei manoscrit-
ti della giovinezza, mentre nelle testimonianze successive al 1403 il tratto
ricurvo è sempre doppio36.

Un ulteriore campo d’indagine molto fecondo è rappresentato dal-


le maiuscole al tratto, nel codice barberiniano utilizzate sia come capo-
lettera sia in funzione di scrittura distintiva, per la trascrizione del co-
lophon (tav. IXa). Cominciando da queste ultime, si coglie agevolmente
una forte assonanza con le soluzioni grafiche proposte nello Strozziano 96
(tav. IXb)37. Qualche differenza si nota, invece, nella sequenza delle maiu-
scole al tratto che marcano gli inizi di verso; in effetti, se alcune lettere si
riconnettono coerentemente alla tradizione poggiana e, anzi, confermano
una possibile datazione ad un periodo molto antico (ad es. la N di model-
lo gotico38, che secondo Albinia de la Mare comparirebbe soltanto nello
Strozziano 96, per poi tornare nei manoscritti del 1425)39, si registrano
varianti di lettera (come ad esempio la M e la U/V in forma minuscola
sovramodulata)40, delle quali non si hanno riscontri nel codice laurenzia-
no. Al di là di questi casi particolari, inoltre, ciò che colpisce è una decisa
tendenza alla ripassatura che caratterizza tutto il sistema delle maiuscole
nel manoscritto barberiniano e sembra porle ad una certa distanza dalle
espressioni grafiche poggiane, contraddistinte da una notevole nitidezza
32 Al f. 88r, r. 27.
33 Al f. 25r, r. 18.
34 Al riguardo vedi QUESTA, Per la storia del testo di Plauto cit., p. 26; DE LA MARE, The

Handwriting cit., p. 73.


35 Cfr. ad esempio la r. 8 della tav. Va e la r. 1 della tav. VIIb.
36 Al riguardo vedi DE LA MARE, The handwriting cit., p. 70.
37 Si notino, ad esempio, la A di forma capitale, dotata o meno di traversa; la I con ele-

menti di attacco e di stacco obliqui; la U/V per la quale si usano sia la forma a cuore, con
ampio tratto iniziale ricurvo, sia quella capitale.
38 Cfr. Nec, alla r. 18 del f. 87v del Barb. lat. 65 e alla r. 14 del f. 2v dello Strozzi 96

(tav. VIIIb, r. 6).


39 Cfr. DE LA MARE, The handwriting cit., p. 71.
40 Cfr. Multa, alla r. 21 del f. 88r (tav. VIIIa, r. 6); Valdius, alla r. 11 del f. 90r.

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212 MARCO CURSI

di tratto. A ciò si aggiunga che quella che forse è in assoluto la lettera più
caratterizzante del codice Strozzi 96, la g, mostra una certa diversità: in en-
trambi i codici, infatti, la lettera è di forma umanistica, ma nel Barberinia-
no l’occhiello inferiore è separato da quello superiore da un tratto piuttosto
breve leggermente inclinato a sinistra,41 mentre nello Strozziano quel tratto
è perfettamente verticale, molto più lungo e rigido42.

Queste due discrasie di carattere strettamente grafico potrebbero avere


un certo peso, ma al proposito è necessario tener conto di due elementi di
giudizio:
1) innanzitutto occorre considerare che la forma della g che compare
nello Strozzi 96 non è la norma negli autografi poggiani dei primissimi
anni, ma piuttosto uno dei possibili esiti delle tante sperimentazioni che
caratterizzano questa lettera nella fase iniziale del percorso grafico del
Bracciolini; si veda ad esempio, quanto accade in un altro testimone di
sua mano, il Laurenziano San Marco 635, contenente il Contra Iulianum di
Agostino, un’opera che non aveva conosciuto larga diffusione in Toscana
prima di questa copia43. Il manoscritto laurenziano può essere ritenuto
uno dei più antichi codici di Poggio, databile all’anno 1400 o anche ante-
riore all’inizio del secolo44; scorrendone le carte si ha la netta impressione
che Poggio abbia «cercato di sperimentare, copiando, combinazioni di-
verse di moduli di scrittura e spazi interlineari, nell’intento […] di trovare
quali rapporti producessero la littera antiqua del tipo ideale, quella più
leggibile, d’impianto visivo più piacevole»45. Se passiamo in rassegna le va-
rie forme della g che si susseguono nel manoscritto, incontriamo parecchie
varianti di lettera e, accanto ad esempi vicini alla forma rigida e allungata
dello Strozziano, registriamo occorrenze molto più numerose della varian-
te morbida ed elegante, che avevamo rilevato nel codice barberiniano.
2) In secondo luogo, passando alle maiuscole al tratto, non bisogna
dimenticare che si tratta del campo in cui con maggiore fatica i copisti
fiorentini in antiqua della primissima generazione raggiunsero soluzioni
coerenti e condivise; lo stesso Poggio, del resto, darà stabilità al suo siste-
ma soltanto intorno al 1408, quando opterà per «una scrittura capitale che
si ispira ai modelli classici per la forma delle lettere», ma «dipende dalla
tradizione romanica […] per quanto riguarda l’esecuzione dei tratti, piut-
41
Cfr. pingitur, alla r. 8 della tav. Va.
42
Cfr. grecorum, alla r. 5 della tav. Vb.
43 Cfr. Umanesimo e padri della Chiesa. Manoscritti e incunaboli di testi patristici da Fran-

cesco Petrarca al primo Cinquecento, a cura di S. GENTILE, s.l. 1997, p. 148.


44 DE LA MARE, Humanistic script cit., p. 94.
45 Cfr. Umanesimo e padri della Chiesa cit., p. 148.

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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 213

tosto leggeri e omogenei»46. In questa fase iniziale della sua produzione,


dunque, sono del tutto normali alcune incoerenze, o per meglio dire, va-
riationes, che determinano la mescolanza di «forme maiuscole a minuscole
o (com’era uso nella tradizione gotica […]) maiuscole appartenenti a serie
diverse o con minime ma non insignificanti varianti»47. A tale proposito,
probabilmente non è casuale che alcune iniziali inserite come capolettera
nell’Ars poetica richiamino nella loro morfologia modelli proposti dal copi-
sta del secolo XII cui si deve la precedente trascrizione del corpus oraziano;
si vedano, ad esempio, la F con traversa superiore che termina a ricciolo o
la U/V con ampio tratto ricurvo iniziale48. Nulla sappiamo delle circostanze
che spinsero Poggio ad intraprendere la trascrizione dell’Ars, ma tali affini-
tà grafiche potrebbero lasciar intendere che quando effettuava la sua copia
egli avesse davanti a sé, oltre all’antigrafo, anche il manoscritto di sec. XII
al quale fu aggiunto il fascicolo di sua mano. A favore di questa ipotesi,
del resto, gioca anche la segnalazione, dovuta ad Albinia de la Mare49, di
un altro testimone dotato di caratteristiche codicologiche e testuali piut-
tosto vicine all’Orazio vaticano, il cod. 303 della Earl of Leicester Library
di Holkham Hall. Il manoscritto, contenente l’intera opera di Virgilio e
databile all’inizio del sec. XII, fu restaurato dal Bracciolini che integrò un
fascicolo caduto nel corpo del codice (ai ff. 121r-128v [tav. XI]). Anche in
questo caso egli si servì di membrana «much finer and better prepared
than that in the rest of the manuscript»50 e la sua scrittura, databile ai pri-
missimi anni del ‘40051, appare influenzata da quella della mano di secolo
XII che Poggio andò ad integrare, tanto da poterne concludere che quella
scrittura «could well have taken as a model» (tav. XII)52.

Per terminare, anche se questa ricerca è indubbiamente ancora in uno


stadio di work in progress, credo che si possano tirare le seguenti conclusioni:
— la sezione finale del cod. Barb. lat. 65, contenente l’Ars poetica di
Orazio, è attribuibile alla mano di Poggio Bracciolini;
— l’inserto vaticano si colloca agli esordi della restaurazione fiorenti-

46 S. ZAMPONI, La scrittura umanistica, in Archiv für Diplomatik 50 (2004), pp. 467-504:


474-475.
47 DE ROBERTIS, Il manoscritto cit., p. 27.
48 Cfr. Fallacis, alla r. 2 della tav. Xa e Filius alla r. 1 della tav. Xb; Votiva, alla r. 4 della

tav. Xa e Vincia alla r. 2 della tav. Xb.


49 DE LA MARE, New research cit., p. 397 n. 9.
50 Ho tratto questi dati da una descrizione del codice, ancora inedita, inviatami dalla

dott.ssa Suzanne Reynolds, che ringrazio vivamente.


51 DE LA MARE, New research cit., p. 397 n. 9.
52 Ibid.

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214 MARCO CURSI

na (tra il 1400 e il 1403) e dunque esso non soltanto entra di diritto in un


ristrettissimo numero di codici d’élite, ma potrebbe vantare il primato del
più antico codice in umanistica che trasmette un testo poetico secondo
quel sistema di impaginazione all’antica che poi si diffonderà con straordi-
naria fortuna nel ‘400 italiano ed europeo53;
— il fatto che il Bracciolini, agli albori del sec. XV, compisse operazioni
di restauro testuale come quelle testimoniate dal Virgilio di Holkham Hall
e, con ogni probabilità, dall’Orazio vaticano porta inevitabilmente a ripen-
sare al cruciale problema delle modalità con cui si realizzarono i primi
esperimenti di imitazione di manoscritti all’antica a Firenze al passaggio
tra il XIV e il XV secolo54;
— è difficile identificare il regista di questa operazione di copia; cer-
tamente non si vede l’ombra di Salutati, che peraltro possedeva un ma-
noscritto contenente l’Ars poetica55; più plausibile pensare a Niccoli (che
tuttavia, contro le sue abitudini, non lascerebbe traccia di sé) o forse al
bibliofilo fiorentino Iacopo Corbizzi o anche al suo amico Antonio Corbi-
nelli. A favore di quest’ultima possibilità la presenza della già citata nota
di possesso, posta nel verso della guardia iniziale del manoscritto56; il Cor-
bizzi, infatti, oltre alla propria collezione di libri, ebbe in eredità anche i
volumi che costituivano la biblioteca del Corbinelli, con l’obbligo di ceder-
li, dopo la sua morte, alla Badia fiorentina57. Non è da escludere che quel

53Un esempio coevo di recupero del libro all’antica nella Firenze del sec. XIVex.-XVin. è
offerto da un Virgilio confezionato nel circolo di Coluccio Salutati da Iacopo Angeli da Scar-
peria (Parigi, Bibliothèque Nationale de France, latin 7942); il codice, in una semigotica for-
temente influenzata dalle suggestioni dell’antiqua, è caratterizzato da valori di dimensioni
(mm 231 × 113) e di rapporto tra base e altezza (0,49) sorprendentemente vicini a quelli del
codice barberiniano (a proposito dei quali vedi la precedente nt. 24). Sul testimone parigino
vedi, da ultimo, la scheda descrittiva (n° 59) a cura di Stefano ZAMPONI in Coluccio Salutati e
l’invenzione dell’Umanesimo cit., pp. 232-233.
54 Un altro esempio di un’operazione di restauro codicologica e testuale compiuta a Fi-

renze in quegli stessi anni viene dal cod. Vat. lat. 2056, contenente la Syntaxis matematica sive
Almagestum di Tolomeo; il manoscritto, risalente al sec. XIII, appartenne a Coluccio Salutati
e fu restaurato con straordinaria perizia da Niccolò Niccoli, secondo quanto recentemente
dimostrato da Teresa De Robertis (che ringrazio vivamente per avermi segnalato il mano-
scritto in questione): ibid., pp. 272-274 (scheda n° 78).
55 Pistoia, Biblioteca Comunale Forteguerriana, A 31; per una descrizione del codice, ri-

salente alla metà del sec. XII, cfr. ibid., pp. 234-235 (scheda n° 60, a cura di S. FIASCHI).
56 Cfr. supra.
57 Al riguardo cfr. R. BLUM, La biblioteca della Badia fiorentina e i codici di Antonio Corbi-

nelli, Città del Vaticano 1955 (Studi e testi, 155), pp. 50-55; MARTINES, The social world cit.,
p. 321; A. ROLLO, Sulle tracce di Antonio Corbinelli, in Studi medievali e umanistici 2 (2004),
pp. 25-95: 25-26, 30-31, 61-62.

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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 215

manoscritto sia rimasto in casa sua e che il figlio Niccolò abbia deciso di
donarlo alla Certosa nel 1480;
— se, infine, a guidare esperimenti grafici come quello testimoniato dal
codice barberiniano non ci furono intellettuali e bibliofili come Coluccio
Salutati, Niccolò Niccoli, Iacopo Corbizzi, Antonio Corbinelli, ma sempli-
cemente lo stesso Poggio, sarebbe forse da rivedere il ruolo da lui giocato
nella partita delle origini della nuova scrittura umanistica; non soltanto
diligente esecutore, ma progettista di forme librarie e ideatore di soluzioni
grafiche che ben presto diverranno norma per un nuovo modo di confezio-
nare i manoscritti in Italia e in Europa.

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216 MARCO CURSI

Tav. I – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 1r.

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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 217

Tav. II – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 86r.

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218 MARCO CURSI

Tav. IIIa – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 92v (particolare).

Tav. IIIb – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. Iv (particolare).

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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 219

Tav. IV – Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 96, f. 1r. Su concessione del Mini-
stero per i Beni e le Attività Culturali. È vietata ogni ulteriore riproduzione con qualsiasi
mezzo.

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220 MARCO CURSI

Tav. Va – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 86r (particolare).

Tav. Vb – Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 96, f. 3v (particolare). Su conces-


sione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. È vietata ogni ulteriore riproduzione
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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 221

Tav. VIa – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 86v (particolare).

Tav. VIb – Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 96, f. 26v (particolare). Su con-
cessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. È vietata ogni ulteriore riprodu-
zione con qualsiasi mezzo.

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222 MARCO CURSI

Tav. VIIa – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 86r (particolare).

Tav. VIIb – Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 96, f. 3v (particolare). Su conces-
sione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. È vietata ogni ulteriore riproduzione
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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 223

Tav. VIIIa – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 88r (particolare).

Tav. VIIIb – Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 96, f. 2v (particolare). Su con-
cessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. È vietata ogni ulteriore riprodu-
zione con qualsiasi mezzo.

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224 MARCO CURSI

Tav. IXa – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 92r (particolare).

Tav. IXb – Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Strozzi 96, f. 1v (particolare). Su conces-
sione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. È vietata ogni ulteriore riproduzione
con qualsiasi mezzo.

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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 225

Tav. Xa – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 3r (particolare).

Tav. Xb – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. lat. 65, f. 90r (particolare).

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Tav. XI – Holkham Hall, Earl of Leicester Library, ms. 303, ff. 120v-121r [by
permission of Viscount Coke and the Trustees of the Holkham Estate].

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UN’ARS POETICA DI MANO DI POGGIO BRACCIOLINI 227

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228
MARCO CURSI

Tav. XII – Holkham Hall, Earl of Leicester Library, ms. 303, ff. 120v-121r (particolare) [by permission of Viscount Coke and the Trustees
of the Holkham Estate].

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ELEONORA GIAMPICCOLO

CATALOGO DELLE MONETE DELL’ANTICA CITTÀ


DI CENTURIPE CONSERVATE NEL MEDAGLIERE
DELLA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA

INTRODUZIONE

1. Breve storia della città dalle origini alla dominazione romana1


L’antica Centuripe sorgeva nel territorio dell’odierna cittadina, che por-
ta ancora lo stesso nome, arroccata su un sistema montuoso, che domi-
nava le valli dei fiumi Symaithos (Simeto), Kyamosoros (Salso) e Chrysas
(Dittaino). Lo storico greco Tucidide2, nel sesto libro della sua Guerra del
Peloponneso, raccontando della conquista di Centuripe da parte degli Ate-
niesi, al comando di Nicia, la definisce Σικελῶν πόλισμα, anche se non fa
menzione alcuna dell’origine della città, se sia stata cioè fondata dai Sicani
prima ancora che i Siculi occupassero la Sicilia, obbligando i primi a riti-
rarsi verso la parte occidentale dell’isola3. È probabile, quindi, che Centu-
ripe sia stata fondata dai Sicani e in seguito occupata dai Siculi.
Il nome della città, Κεντόριπα per i Greci, Centuripae per i Romani, sembra
alludere alle centum rupes, presenti nel suo territorio. Dalle prime notizie
intorno alla città, si apprende che fu governata da un tal Simmico, il quale,
dopo aver conosciuto la dottrina di Pitagora, depose la tirannide e concesse
la libertà ai Centuripini, dopo aver diviso le sue ricchezza tra la sorella e i
cittadini. È probabile che dopo la rinuncia di Simmico, la città abbia adot-
tato le leggi di Caronda, legislatore catanese4. Da Diodoro apprendiamo
dell’aiuto che, forse al tempo di Ierone I, i Centuripini, con gli Zanclei e gli
1 Per la storia della città si vedano i seguenti volumi: V. AMICO, Dizionario topografico del-

la Sicilia, vol. 1, Palermo 1858; K. ZIEGLER, s.v. Kentoripa, in Realencyclopädie der classischen
Altertumswissenschaft (d’ora in poi: RE) 11, 1 (1921), pp. 179-181; G. LIBERTINI, Centuripe,
Catania 1926; F. ANSALDI, Memorie storiche di Centuripe, riedito a cura di P. CACIA, Catania
1981; SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA – ÉCOLE FRANÇAISE DE ROME, Bibliografia Topo-
grafica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, V (Carancino – Crotone), Pisa
– Roma 1987.
2 THUC., VI, 94, 3.
3 THUC., VI, 2, 1.
4 Nicomaco di Gerasa (FGRHIST, 1063 F1) racconta come il filosofo abbia contribuito alla

liberazione di molte città che prima erano governate da tiranni e che queste città utilizzarono

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 229-244.

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230 ELEONORA GIAMPICCOLO

abitanti di Tauromenio e Adrano, prestarono agli abitanti di Katane che si


apprestavano a combattere contro Siracusa. Dopo che Ierone I ebbe scon-
fitto Katane, rifondandola con il nome di Aitna, trasferendo i suoi antichi
abitanti a Leontinoi e confiscando le terre appartenenti ai Siculi per affi-
darle ai nuovi abitanti, Centuripe passò sotto il dominio del re siculo Duce-
zio, il quale organizzò una crociata contro la dominazione greca nell’isola,
allo scopo di rimpossessarsi dei territori una volta appartenuti ai Siculi.
Dopo una prima vittoria sui Siracusani, Ducezio subì una pesante sconfitta
nel 450 a. C. che sancì la fine della synteleia che aveva organizzato. Quando
Segesta e Leontini chiesero l’aiuto di Atene contro Selinunte e Siracusa, nel
414 a. C., Centuripe si schierò con gli Ateniesi, fornendo loro un valido aiu-
to nell’avanzata verso Katane e sconfiggendo i rinforzi richiesti da Siracusa
alle altre città greche di Sicilia che si erano alleate contro Atene. Nel 406
a. C. Centuripe non sembra godere di particolare importanza come emerge
dall’aneddoto raccontato da Diodoro5. Questi, infatti, narra, a proposito
della seconda spedizione cartaginese in Sicilia, che i Sicelioti, in cerca di
alleanze, mandarono nella cittadina Tellia, noto epulone agrigentino dall’a-
spetto deforme. I Centuripini, racconta lo storico, derisero l’ambasciatore,
ma questi rispose prontamente affermando che gli Agrigentini mandavano
uomini prestanti alle città ragguardevoli e uomini deformi a quelle poco
importanti. Da qui si deduce come fosse considerata Centuripe: l’alleanza
con la città sicula era richiesta solo per la sua posizione strategica e non
certo per la sua ricchezza in termini di denaro e uomini. Intorno al 396
a. C., si sa che un certo Damone, divenuto tiranno di Centuripe, strinse al-
leanza con Dionigi di Siracusa: quando questi intraprese la sua campagna
contro i Cartaginesi, i Centuripini si allearono con i Siracusani. Nel 339
a. C., Diodoro6 ci fa sapere che la città, governata dal tiranno Nicodemo, fu
liberata da Timoleonte, condottiero corinzio, che già aveva liberato Sira-
cusa dalla tirannide di Dionigi II. Nel 314 a. C., Agatocle, che aveva preso
il potere con la forza a Siracusa, costituì un presidio militare a Centuripe,
stipulando un accordo con gli abitanti della città. Dinocrate, capo dei Si-
racusani di parte oligarchica, esiliato da Agatocle, dopo aver chiesto aiuto
ai Cartaginesi, cercò di arrestare l’avanzata del tiranno siracusano nel suo
tentativo di diventare padrone della Sicilia. Inviò, quindi, a Centuripe un
uomo di fiducia, un tal Ninfodoro che, dopo aver preso accordi con parte
della popolazione della città, desiderosa di liberarsi del giogo del tiranno,

le leggi di Caronda da Catania e Zaleuco da Locri. Sebbene non si faccia menzione della cit-
tadina di Centuripe, è probabile che essa vada inserita nel numero di queste città.
5 DIOD., XIII, 83, 4.
6 DIOD., XVI, 82, 4.

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CATALOGO DELLE MONETE DELL’ANTICA CENTURIPE 231

vi entrò di notte, ma fu scoperto dalle sentinelle e nello scontro con gli uo-
mini di Agatocle perse la vita, insieme ai suoi. La reazione di Agatocle fu
dura anche nei confronti dei Centuripini che avevano congiurato contro il
potere costituito e non tardò a manifestarsi. Approfittando, poi, delle ripe-
tute sconfitte di Agatocle contro i Cartaginesi, Centuripe cercò di cacciar
via la guarnigione del tiranno riuscendovi. Nel 307 a. C., Agatocle tentò di
impadronirsi nuovamente della città di notte e di nascosto, ma fu scoperto
e, racconta Diodoro7, perse molti dei suoi soldati.
La città rappresentò, negli anni 275-270 a. C., un punto d’appoggio
strategico per Ierone II che voleva combattere l’ingerenza dei Mamertini
nella Sicilia centrale; in seguito alla conquista di Ameselon, fortezza dei
Mamertini, lo stratega siracusano spartì i terreni appartenuti alla fortezza
conquistata tra gli abitanti di Agyrion e Centuripe8. Nel 263 a. C., la città
fu nuovamente coinvolta negli scontri tra Ierone II e i Mamertini e fu tra
le prime a venire a patti con Roma9: Centuripe, insieme ad Alesa e Sege-
sta, venne dichiarata «civitas sine foedere, immunis ac libera»10. Nel 213
a. C., i Centuripini inviarono tanti aiuti a Marcello contro Siracusa meri-
tandosi sempre più la stima di Roma, al punto che Cicerone più volte lo
riconobbe nelle Verrine: «Ecquod in Sicilia bellum gessimus, quin Centuri-
pinis sociis, Syracusanis hostibus uteremur?»11 oppure quando la definisce
«amicissima ac fidelissima civitas»12, esaltando la fedeltà dei suoi cittadini
«Centuripinorum, fortissimorum fidelissimorumque sociorum»13. Sempre
dalle Verrine apprendiamo notizie intorno alla città, che per altro contri-
buì, insieme alle altre città siciliane, ad avviare il processo nei confronti
del propretore Verre che governò la Sicilia dal 73 al 71 a. C. Era all’epoca
la città «totius Siciliae multo maxima et locupletissima»14 e i Centuripini
possedevano gran parte della piana di Katane «qui agri Aetnensis multo
maximam partem possident»15 e non solo. Teneva armata a sue spese l’im-

7 DIOD., XIX, 103, 3.


8 DIOD., XXII, 13, 1.
9 Un’iscrizione di Centuripe, databile agli inizi del II secolo, richiama un antico trattato

tra la città e Lanuvio, basato su una parentela sancita anche dall’opera storica di Fabio Pitto-
re, secondo cui Lanoios sarebbe giunto nel Lazio provenendo dalla Sicilia. Cfr. E. GALVAGNO,
I Siculi: fine di un ethnos, in Diodoro Siculo e la Sicilia indigena. Atti del Convegno di Studi,
Caltanissetta 21-22 maggio 2005, a cura di C. MICCICHÈ, S. MODEO, L. SANTAGATI, Caltanisset-
ta 2005, pp. 34-50.
10 CIC., Verr. II, 3, 13.
11 CIC., Verr. II, 5, 84.
12 CIC., Verr. II, 2, 163.
13 CIC., Verr. II, 2, 163.
14 CIC., Verr. II, 4, 50.
15 CIC., Verr. II, 3, 104.

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232 ELEONORA GIAMPICCOLO

ponente nave, il cui comando Verre affidò a siracusano Cleomene, incari-


cato di muovere contro i pirati16.
Sotto il dominio romano, la città divenne una delle più importanti del-
la Sicilia: durante la guerra tra Ottaviano e Sesto Pompeo, la città venne
distrutta da quest’ultimo, ma i Centuripini continuarono ad appoggiare
Ottaviano e quando questi divenne Augusto, si ricordò dei benefici che
aveva ricevuto dalla cittadina siciliana nella lotta con Pompeo e la ricostruì
rendendola più bella.

2. Le emissioni
La prima emissione di cui si abbia traccia è la cosiddetta litra di bron-
zo che, se si accoglie la datazione del Gabrici17 e del Calciati18, andrebbe
attribuita all’età di Timoleonte (344-336 a. C.) 19. La litra, riconiata su litre
siracusane,20 presenta al dritto la testa di Kora, coronata di spighe, con
orecchino a un pendente rivolta a sinistra, tra delfini, con chiaro riferi-
mento al tipo del decadramma siracusano, opera dell’incisore Euainetos; al
rovescio, invece, una pantera andante a sinistra, con la zampa destra alzata
e l’etnico KENTOPIПINΩN all’esergo, a volte mancante21. Tale esemplare,
assente nella collezione del Medagliere Vaticano, ha un diametro di 29 mm
e un peso che si aggira mediamente intorno ai 32 grammi. Le successive
emissioni, sempre di bronzo, presenti nella collezione del Medagliere, sono
ascrivibili, secondo la maggior parte degli studiosi, con la sola eccezione
di Calciati che le colloca tutte intorno al 344-336 a. C., al periodo roma-
no, ovvero agli anni delle guerre puniche. Lo standard ponderale di riferi-
mento per queste emissioni dovrebbe essere quello romano, a partire dal
sestantale fino al semionciale, ma le datazioni proposte dai vari studiosi
risultano, di volta in volta, dipendenti dalle posizioni che essi assumono
nell’ambito della vexata quaestio circa l’introduzione, a Roma, delle varie
riforme riguardanti la monetazione di bronzo. I sostenitori della teoria

16CIC., Verr. II, 5, 83.


17E. GABRICI, La monetazione del bronzo nella Sicilia antica, Palermo 1927.
18 R. CALCIATI, Corpus Nummorum Siculorum, (d’ora in poi: CNS), p. 165.
19 V. CAMMARATA, Da Dionisio a Timoleonte. Problemi di numismatica antica, Modica

1984, pp. 65-66 pensa che la serie venne coniata nel periodo dioneo.
20 In alcuni esemplari è possibile, per esempio, riconoscere le tracce della coniazione

precedente. La maggior parte delle litre centuripine fu coniata sulle litre di bronzo di Siracu-
sa recanti al dritto la testa elmata di Atena a sinistra e al rovescio i due delfini, tra i quali una
stella di mare.
21 CNS III, 1; A. MINÌ, Monete di bronzo della Sicilia antica, s.v. Centuripe (d’ora in poi:

MINÌ), Palermo 1979, 1.

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CATALOGO DELLE MONETE DELL’ANTICA CENTURIPE 233

cosiddetta tradizionale22 sono propensi a datare tali emissioni a partire


dagli anni della prima guerra punica, mentre i sostenitori della cosiddetta
datazione intermedia23, le collocano durante il secondo conflitto che vide
contrapposti Romani e Cartaginesi.
Il trias o dekonkion, secondo la tesi di alcuni studiosi24, presenta la testa
laureata di Zeus al dritto25, con un’aquila dietro che manca in alcuni esem-
plari, e il fulmine alato al rovescio con il segno del valore Δ sotto la lettera
N dell’etnico26. Tale emissione fu collocata da Head27 nel periodo dopo il
241a. C.; Gabrici28 postulava una datazione a partire dal 212 a. C.; Con-
solo Langher29, con buona approssimazione, fissava l’emissione al perio-
do romano (III secolo); Caccamo Caltabiano30 pensa che la serie sia stata
emessa dopo il 215 a. C.; Carroccio31, invece, pensa che tale emissione sia
da collocarsi tra il 214 e il 210 a. C., ascrivibile ad una fase sestantale, con

22 La teoria tradizionale, che riguarda non solo le riforme del bronzo, ma anche l’intro-

duzione del denario, si basa principalmente sulle testimonianze di Plinio e Livio. Secondo
queste fonti, la riduzione sestantaria del bronzo (basata su un asse di circa 54 gr) sarebbe
avvenuta nel 268 a. C., durante la prima guerra punica; la riduzione onciale (basata su un asse
di circa 27 gr) sarebbe avvenuta nel 217 a. C., anno della disfatta dell’esercito romano al Tra-
simeno; la riduzione semionciale (basata su un asse di 13,5 gr) sarebbe quella testimoniata
dalla legge Papiria dell’89 a. C.
23 La teoria intermedia, riguardante l’introduzione del denario e le riduzioni ponderali

del bronzo, proposta dal Crawford, ed accolta da studiosi come M. Caccamo Caltabiano e P.
Marchetti, si basa, secondo l’elaborazione di questi ultimi, sulle seguenti date: al 215 a. C.
viene datata la fase sestantale, agli anni 217-216 a. C. la riduzione quadrantale dell’asse roma-
no; al 211 a. C. la riduzione onciale e al 204 a. C. quella semionciale. Per una storia della ve-
xata quaestio si veda G. ALTERI, Rei Publicae Romanae Moneta, Roma 1998.
24 Il Δ che si trova sul rovescio di questa emissione di Centuripe è stato solitamente inter-

pretato come iniziale acrofonica di dekonkion, ma osserva B. CARROCCIO, Dal basileus Agato-
cle a Roma. Le monetazioni siciliane d’età ellenistica (cronologia – iconografia – metrologia),
Messina 2004, tale lettera dell’alfabeto greco non risulta impiegata con la stessa funzione al-
trove, né la zecca di Centuripe batté mai un taglio da 5 unciae, di cui l’esemplare in questione
avrebbe costituito il doppio. Si ritiene, quindi, che il valore di questo esemplare sia di 4 un-
ciae. Anche M. CACCAMO CALTABIANO, Sulla cronologia e la metrologia delle serie Hispanorum,
in Numismatica e Antichità Classiche (d’ora in poi: NAC) 14 (1985), pp. 159-169, aveva notato
come in una serie della zecca di Menai si alternassero quattro globetti, quattro bastoncelli e
la lettera Δ e ne propose un utilizzo analogo a Centuripe.
25 Trattasi probabilmente dell’immagine di Zeus Ourios, il cui culto fu importato da Sira-

cusa ed è testimoniato nella città sicula dalla presenza di una dedica. Cfr. G. MANGANARO,
Nuove ricerche di epigrafia siceliota, in Siculorum Gymnasium 16 (1963), pp. 51-64.
26 Tale lettera manca nella variante indicata nel CNS come 4.
27 B. HEAD, Historia Nummorum, a Manual of Greek Numismatics, Oxford 1887.
28 GABRICI, La monetazione del bronzo cit., pp. 125-126.
29 S. CONSOLO LANGHER, Contributo allo studio dell’antica moneta bronzea in Sicilia, Mi-

lano 1964.
30 CACCAMO CALTABIANO, Sulla cronologia e la metrologia cit., pp. 159-169.
31 CARROCCIO, Dal basileus Agatocle cit., pp. 48-49.

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234 ELEONORA GIAMPICCOLO

un’unità dal peso variabile dai 53 ai 24 grammi. Campana32, nel suo studio
sulla monetazione della città, propone la data del 212-211 a. C.; quest’ulti-
mo osserva, pure, che i medesimi tipi, con la sola differenza della testa di
Zeus volta a sinistra, furono adottati, all’incirca negli stessi anni, dai Sice-
lioti a Morgantina per il loro nominale maggiore d’argento33.
L’hemilitron è caratterizzato dalla testa di Apollo dai lunghi capelli e
con corona d’alloro al dritto e la cetra a quattro corde con i sei globetti
che ne indicano il valore al rovescio; se si eccettuano le datazioni di Head,
Gabrici e Calciati che propongono per questa emissione la stessa datazione
del trias con la testa di Zeus, Campana e Caccamo Caltabiano propongono
rispettivamente il periodo 211-200 a. C. e il periodo dopo il 211 a. C., men-
tre Carroccio l’ascrive al periodo 208-204 a. C., ad una fase onciale ridotta
o addirittura semionciale, in base ad un’unità di 20-13 grammi.
Il tetras presenta il busto di Artemide con testa diademata e capelli an-
nodati dietro la nuca al dritto e il tripode al rovescio con tre globetti. Cac-
camo Caltabiano e Campana collocano questa emissione rispettivamente
nel periodo dopo il 211 a. C. e nel periodo compreso tra il 211 e il 200 a. C.;
Carroccio pensa al periodo 211-204 a. C., ad una fase onciale/semionciale
con un’unità di 26-12 grammi. Head, Gabrici e Calciati indicano la stessa
datazione del trias, mentre la Consolo Langher non menziona questa serie
nel suo studio.
L’hexas raffigura il busto di Demetra con corona di spighe al dritto e
aratro con uccello e due globetti al rovescio34 ed è noto in tre varianti, a
seconda della presenza di una spiga di grano, di un tripode o dell’assen-
za di qualsiasi elemento aggiuntivo dietro al busto. Caccamo Caltabiano
e Campana propongono la stessa datazione della serie Artemide/tripode,
mentre Carroccio la colloca nel periodo compreso tra il 211 e il 190 a. C.,
in una fase onciale o semionciale ridotte, con un’unità dal peso variabile
dai 31 ai 9 grammi.
Nella collezione del Medagliere Vaticano mancano invece i seguenti
esemplari: l’uno35 che reca al dritto la testa barbata e coronata di Ercole a

32 A. CAMPANA, Corpus Nummorum Antiquae Italiae, (Sicilia)-Kentoripa, (d’ora in poi:

CNAI), in Panorama Numismatico 127/febbraio (1999), pp. 289-304.


33 CAMPANA, (Sicilia)-Kentoripa cit., p. 294.
34 Tale emissione rappresenta il prototipo di una rara emissione di Leontinoi con gli

stessi tipi al dritto e al rovescio, ma con leggenda ΛΕΟΝΤΙΝΩΝ. Tale emissione testimonierebbe
il condizionamento sociale ed economico che gli aratores centuripini esercitarono nella città
dei Leontinoi. CIC., Verr. II, 3, 114, sottolinea il grande numero di «aratores Centuripini… in
agro Leontino». Cfr. G. MANGANARO, Quattro note di numismatica siceliota, in Jahrbuch für
Numismatik und Geldgeschichte (d’ora in poi: JNG) 55-56 (2005-2006), pp. 64-66.
35 CNS III, 9, MINÌ 9.

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CATALOGO DELLE MONETE DELL’ANTICA CENTURIPE 235

destra entro circolo puntato e al rovescio la clava36, con l’etnico spezzato


KENTO sopra e PIПINΩN sotto, e segno del valore XI (chalkous)37, il cui
peso varia dai 2,13 all’1,58 grammi; l’altro38 che presenta la testa laureata
di Apollo a destra e un ramo di alloro al rovescio tra la leggenda KE a de-
stra e NTO a sinistra39. La prima di queste due emissioni è datata da Cam-
pana al periodo 211-200 a. C., mentre Carroccio pensa al periodo 213-207
a. C., ad una fase sestantale ridotta o onciale ridotta con una unità il cui
peso varia dai 37 ai 17 grammi; la seconda, è datata da Campana al periodo
200-150 a. C. e da Carroccio al periodo 208-200 a. C.
Un’altra emissione, non presente nella collezione del Medagliere e da-
tabile forse intorno al 44 a. C., presenta al dritto il monogramma di Cen-
turipe e al rovescio il ramo secco e la leggenda CENTVR in lettere latine40.
Probabilmente fu coniata in occasione della concessione della municipali-
tà alla città, prima delle distruzioni operate da Sesto Pompeo.
È facile intuire, da questa breve analisi dei tipi monetali, che i Centuri-
pini hanno tramandato nella loro monetazione aspetti della loro religione
e della loro quotidianità. Cicerone affermava «Vetus est haec opinio, iudi-
ces, quae constat ex antiquissimis Graecorum litteris ac monumentis, insu-
lam Siciliam totam esse Cereri et Liberae consecratam»41 e tale devozione
si riscontra anche a Centuripe, dove il culto di Demetra viene celebrato
sull’hexas con la raffigurazione del busto della dea e della spiga, suo attri-
buto, dietro al busto; l’aratro, posto al rovescio, indica l’abbondanza e la
fertilità delle loro campagne e la loro principale attività, cioè l’agricoltura.
Anche Zeus godeva, ovviamente, di grande importanza a Centuripe come
dimostrano i triantes che ne recano l’effigie con gli attributi principali: l’a-
quila, come elemento secondario al dritto, e il fulmine al rovescio. Il culto
per Apollo è testimoniato non solo dalle monete pervenute, ma anche dai
numerosi ritrovamenti di statuette raffiguranti il dio. Non disgiunto dal
culto di Apollo è quello della sorella Artemide, effigiata sulle monete e di
cui sono state ritrovate numerose statuette d’argilla e corniole. Anche Er-
cole, l’eroe più famoso dell’antichità, dovette avere i suoi templi e altari a

36 Tale tipo si riscontra in emissioni di età romana battute a Petelia, Alontion, Kalacte e

Menaion. Cfr. CAMPANA, (Sicilia)-Kentoripa cit., p. 298.


37 Tale lettera sembra costituire l’iniziale di X(αλκους) un termine usato ad Atene per defi-

nire la frazione enea dell’obolo e tra i Mamertini l’uncia, sottomultipla dell’asse romano. Cfr.
CARROCCIO, Dal basileus Agatocle cit., p. 156.
38 CNS III, 10; MINÌ 12.
39 La leggenda varia in alcuni esemplari; cfr. GABRICI, La monetazione del bronzo cit.,

p. 126.
40 Tale emissione risulta sconosciuta al Calciati; MINÌ 14.
41 CIC., Verr. II, 4, 106.

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Centuripe; ad Agyrion era stato onorato con feste e cerimonie; tale culto,
data la vicinanza geografica, non ebbe difficoltà a diffondersi nella vicina
Centuripe, come dimostrano i ritrovamenti archeologici e le monete.

CATALOGO42

1. Trias emesso intorno al III secolo a. C.43


D/ Anepigrafo.
Testa laureata di Zeus a d., aquila dietro [poco visibile], entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, in due righe.
Fulmine alato; simbolo Δ sotto, entro bordo lineare.
AE, mm 26; gr 11,23
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.160
Bibliografia: SNG Cop. 21; SNG ANS 1315; CNAI 2A/a; CNS III, 4DS6.

42Le immagini sono state ingrandite per permettere una maggiore visibilità.
43Nel presente catalogo, le emissioni vengono datate al terzo secolo, intendendo abbrac-
ciare, con questa indicazione, l’intero periodo delle due guerre puniche, in attesa che la que-
stione principale ovvero quella sull’introduzione del denario e delle riforme ponderali del
bronzo a Roma, attraverso nuovi ritrovamenti e lo studio metodico dei ripostigli, giunga alla
sua risoluzione, confermando una volta per tutte, senza pericolo di smentite, una delle due
teorie.

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CATALOGO DELLE MONETE DELL’ANTICA CENTURIPE 237

2. Trias emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Testa laureata di Zeus a d., aquila dietro, entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, in due righe.
Fulmine alato; simbolo Δ sotto, entro bordo lineare.
AE, mm 27,60; gr 10,66
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.161
Bibliografia: SNG Cop. 21; SNG ANS 1315; CNAI 2A/a; CNS III, 4DS6.

3. Trias emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Testa laureata di Zeus a d., aquila dietro, entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, in due righe;
Fulmine alato, entro bordo lineare.
AE, mm 25,60; gr 11,17
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.162
Bibliografia:SNG ANS 1310; CNAI 2A/b.

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238 ELEONORA GIAMPICCOLO

4. Trias emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Testa laureata di Zeus a d., entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, in due righe
Fulmine alato, entro bordo lineare.
AE, mm 24,90; gr 11,91
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.163
Bibliografia: CNS III,4; CNAI 2B/b.

5. Trias emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Testa laureata di Zeus a d., entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, in due righe
Fulmine alato, entro bordo lineare.
AE, mm 25,00; gr 10,07
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.164
Bibliografia: CNS III,4; CNAI 2B/b.

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CATALOGO DELLE MONETE DELL’ANTICA CENTURIPE 239

6. Trias emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Testa laureata di Zeus a d., entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, in due righe
Fulmine alato, entro bordo lineare.
AE, mm 24,70; gr 10,78
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.165
Bibliografia: CNS III,4; CNAI 2B/b.

7. Trias emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Testa laureata di Zeus a d., entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, in due righe.
Fulmine alato, entro bordo lineare.
AE, mm 25,50; gr 12,57
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.166
Bibliografia: CNS III,4; CNAI 2B/b.

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240 ELEONORA GIAMPICCOLO

8. Hemilitron emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Testa di Apollo laureata a d. con lunghi capelli, entro bordo perlinato.
R/ KENTo a destra; PIПINΩN a sinistra.
Cetra a quattro corde, tre globetti a destra e tre a sinistra, entro bordo lineare.
AE, mm 22,60; gr 7,82
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.167
Bibliografia: CNS III,5; CNAI 3; SNG ANS 1317.

9. Hemilitron emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Testa di Apollo laureata a d., entro bordo perlinato.
R/ KENTo a destra; PIПINΩN a sinistra.
Cetra a quattro corde, tre globetti a destra e tre a sinistra, entro bordo lineare.
AE, mm 22,20; gr 8,30
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.168
Bibliografia: CNS III,5; CNAI 3; SNG ANS 1317.

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CATALOGO DELLE MONETE DELL’ANTICA CENTURIPE 241

10. Tetras emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Busto di Artemide a d. con stephane, con i capelli annodati dietro la nuca e la
faretra che spunta dietro alla spalla, entro bordo perlinato.
R/ KENTo a destra; PIПINΩN a sinistra.
Tripode, tre globetti a sinistra, entro bordo lineare.
AE, mm 19,40; gr 4,46
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.169
Bibliografia: CNS III,6; CNAI 4; SNG ANS 1321.

11. Tetras emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Busto di Artemide a d. con stephane, con i capelli annodati dietro la nuca e la
faretra che spunta dietro alla spalla, entro bordo perlinato.
R/ KENTo a destra; PIПINΩN a sinistra.
Tripode, tre globetti a sinistra, entro bordo lineare.
AE, mm 19,70; gr 3,72
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.170
Bibliografia: CNS III,6; CNAI 4; SNG ANS 1321.

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242 ELEONORA GIAMPICCOLO

12. Hexas emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Testa di Demetra [più grande] a d., con corona di spighe, entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, sopra e sotto l’aratro.
Aratro a chiodo, con uccello sul vomere volto a d., due globetti a sin., entro
bordo lineare.
AE, mm 16,10; gr 3,16
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.171
Bibliografia: CNS III,8; CNAI 5 C/a; SNG ANS 1326.

13. Hexas emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Busto di Demetra a d. con stephane annodata dietro la nuca, orecchino e colla-
na; spiga di grano dietro il busto, entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, sopra e sotto l’aratro.
Aratro a chiodo, con uccello sul vomere volto a d., due globetti a sin., entro
bordo lineare.
AE, mm 17,20; gr 2,56
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.172
Bibliografia: CNS III,7; CNAI 5 A/a; SNG ANS 1322.

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CATALOGO DELLE MONETE DELL’ANTICA CENTURIPE 243

14. Hexas emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Busto di Demetra a d. con stephane annodata dietro la nuca, orecchino e colla-
na; spiga di grano dietro il busto, entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, sopra e sotto l’aratro.
Aratro a chiodo, con uccello sul vomere volto a d., due globetti a sin., entro
bordo lineare.
AE, mm 16,60; gr 2,86
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.173
Bibliografia: CNS III,7; CNAI 5 A/a; SNG ANS 1322.

15. Hexas emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Busto di Demetra a d. con stephane annodata dietro la nuca, orecchino e colla-
na; spiga di grano dietro il busto, entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, sopra e sotto l’aratro.
Aratro a chiodo, con uccello sul vomere volto a d., due globetti a sin., entro
bordo lineare.
AE, mm 16,60; gr 3,81
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.174
Bibliografia: CNS III,7; CNAI 5 A/a; SNG ANS 1322.

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244 ELEONORA GIAMPICCOLO

16. Hexas emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Busto di Demetra a d. con stephane annodata dietro la nuca, orecchino e colla-
na; spiga di grano dietro il busto, entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, sopra e sotto l’aratro.
Aratro a chiodo, con uccello sul vomere volto a d., due globetti a sin., entro
bordo lineare.
AE, mm 16,50; gr 3,34
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.175
Bibliografia: CNS III,7; CNAI 5 A/a; SNG ANS 1322.

17. Hexas emesso intorno al III secolo a. C.


D/ Anepigrafo.
Busto di Demetra a d. con stephane annodata dietro la nuca, orecchino e colla-
na, spiga di grano dietro, entro bordo perlinato.
R/ KENTo = PIПINΩN, sopra e sotto l’aratro.
Aratro a chiodo, con uccello sul vomere volto a d., due globetti a sin., entro
bordo lineare.
AE, mm 20,10; gr 3,76
BAV – Medagliere. Mt.Greche.Sicilia.176
Bibliografia: CNS III,7; CNAI 5 A/a; SNG ANS 1322.

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MANUELA GOBBI

I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI


DELLA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA

Lo scultore Tommaso Gismondi e il Vaticano


«Sono la mia vita, la mia ricerca, il mio eterno problema»: con queste
parole lo scultore Tommaso Gismondi (Anagni 1906-2003), figura di spic-
co del mondo artistico del Novecento italiano1, definiva le opere create nel
corso della sua lunga carriera, molte delle quali realizzate su commissione
del Vaticano. Grazie allo stretto legame stabilitosi con la Santa Sede, è per-
venuta nei fondi grafici della Biblioteca Apostolica Vaticana la collezione
di disegni dello scultore di Anagni, tuttora poco studiata e conosciuta, e
parte di un’ampia donazione di diversi materiali, tra cui stampe, mano-
scritti, dipinti e libri, voluta dal maestro, oggi nota come fondo Gismondi.
Gismondi subì il fascino delle antiche bellezze dell’Urbe, dove era giun-
to con la famiglia nel 1921; frequentò scuole e accademie d’arte, iniziando
così la sua lunga attività artistica che lo portò a realizzare numerose opere
in Italia e all’estero: lavorò con grande maestria e abilità diversi materiali,
in particolare il marmo e il bronzo, plasmando ritratti, gruppi scultorei,
bassorilievi, portali, monete, medaglie e bronzetti di soggetto naturalistico,
figurativo e religioso2.
Dopo la seconda guerra mondiale il maestro si trasferì in Argentina e
vi trascorse un lungo e buio periodo artistico, tanto da essere costretto ad
abbandonare temporaneamente la propria arte.

1 Sulla figura di Tommaso Gismondi con bibliografia antecedente si veda: T. GIUDICI,

Giovanni Paolo II nella “Città dei Papi”, Anagni, 31 agosto 1986, Anagni [1986]; Tommaso Gi-
smondi … la scultura nella vita ..., testi di P. DE NARDIS e D. C. BEZZI, Roma 1993; Tommaso
Gismondi: A Journey through the Art and Faith of a Remarkable Italian Scultor, Knights of
Columbus Museum, New Haven 2002. Inoltre si possono consultare le seguenti risorse elet-
troniche: http://www.menteantica.it/gismondi.htm; http://www.tommasogismondi.com.
2 In Italia si ricordano sue opere ad Alatri, Anagni, Assisi, Civita Castellana, Cosenza,

Fiuggi, Frosinone, Foggia, Lanciano, Lucca, Marina di Massa, Materdomini, Monte S. Gio-
vanni Campano, Morolo, Padova, Pola, Reggio Calabria, Riese, Roma, Sgurgola, Sora, Veroli.
All’estero realizzò opere in Argentina, dove visse circa 15 anni, Città del Vaticano, Costa
d’Avorio, Francia, Filippine, Santo Domingo, Messico. Altre sue sculture sono conservate in
vari musei italiani e stranieri. Per un più approfondito elenco delle sue opere si veda: Tom-
maso Gismondi … la scultura nella vita cit.; Tommaso Gismondi: A Journey through the Art
and Faith cit.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 245-315.

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246 MANUELA GOBBI

Rientrato in Italia nel 1958, decise di trasferirsi ad Anagni, sua città na-
tale: comprò e restaurò un’ala dell’antico palazzo dei Papi, trasformandola
nella sua casa-bottega-museo3. Qui oggi ha sede il permanente Museo Gi-
smondi, nel quale si possono ammirare numerose sculture, bronzi, dipinti
e disegni del maestro, oltre i calchi di gesso e cera dei suoi famosi portali.
Le opere vi sono esposte senza un preciso criterio cronologico o temati-
co, così come il maestro le ha lasciate seguendo l’ispirazione e la creatività
del momento.
Dall’agosto 2011, ad otto anni dalla morte dello scultore, la sezione di
piazza Innocenzo III su cui si affaccia il museo, detta originariamente lar-
go delle Absidi, ha preso il nome dello scultore, ultimo omaggio della città
di Anagni al suo concittadino illustre.
La figura in bronzo del maestro, seduto vicino all’ingresso del museo e
colto nell’atto di plasmare la materia, introduce il visitatore direttamente
nel suo modo artistico4.

Per me lavorare significa comunicare con la gente … Eterni nell’arte sono i


sentimenti umani quando uno li esprime nella forma più semplice e spontanea
possibile … Le opere valgono in quanto esprimono qualche cosa di universale
… l’armonia di un paesaggio, lo slancio di un cavallo … Non mi sento un crea-
tore ma un umile interprete5.

Così Tommaso Gismondi definiva il suo concetto di arte: una lettura sem-
plice ed immediata del mondo circostante, visto attraverso gli occhi dell’ar-
tigiano divenuto artista, capace di instaurare un intimo legame con l’osser-
vatore attraverso la forza creativa delle proprie opere.
Nel corso degli anni numerosi personaggi illustri, tra cui artisti, religio-
si e politici, hanno visitato il suo museo-bottega nella suggestiva cornice
medievale di Anagni; l’incontro più importante ebbe luogo nel 1986 quan-
do Sua Santità Giovanni Paolo II si recò nello studio del maestro, a riprova
delle capacità comunicative di un’artista autentico e dal vivace talento6.
Il concetto espresso dal Gismondi di un’arte pura e diretta, senza ma-
nierismi, capace di recuperare la dignità di un tempo e di esprimere con
semplicità i valori dell’amore per Dio e la famiglia, corrispondeva alle
esigenze della Chiesa, promosse da Paolo VI e Giovanni Paolo II, dell’utilità
e dell’accessibilità dell’opera d’arte nella diffusione del linguaggio divino7.
3 Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., pp. 36-39; Tommaso Gismondi: A Jour-

ney through the Art and Faith cit., pp. 2-5.


4 Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., tav. 60.
5 Ibid., p. 61.
6 GIUDICI, Giovanni Paolo II cit.; Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., p. 65.
7 Ibid., p. 46.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 247

Nel corso della sua lunga carriera il maestro espose a Venezia, Roma,
Parigi, Madrid, New York, Buenos Aires e Montecarlo. Creò ritratti di per-
sonaggi illustri, statuette di danzatrici, atleti e animali in movimento, varie
sculture di carattere religioso, come pietà, crocifissi, figure di santi e beati,
medaglie e monete, fino alle sue opere più famose come i Cenacoli di Roma
e di Marina di Massa e i numerosi portali da lui scolpiti in diversi paesi
del mondo8.
La sua lunga attività artistica fu strettamente legata al Vaticano: fu in-
fatti definito lo “scultore del Papa” per le tante commissioni ricevute da
papa Paolo VI e da papa Giovanni Paolo II.
Tra le opere più importanti e prestigiose eseguite per la basilica di
S. Pietro in Vaticano si ricordano: il cofanetto per le chiavi delle porte
sante delle quattro basiliche romane di S. Pietro, S. Giovanni, S. Paolo e
S. Maria Maggiore realizzato nel 1974, la pala d’altare a bassorilievo con
i ss. Benedetto, Cirillo e Metodio patroni d’Europa e il crocifisso bronzeo
per la cappella Europa del 1980, la Cattedra di Giovanni Paolo II e la Via
Crucis nelle Grotte Vaticane9. Seguono poi i ritratti dei pontefici Pio XII,
Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, il francobollo celebrativo del
25° anniversario dell’istituzione dell’ONU voluto dal Vaticano e la medaglia
della sede vacante dell’anno 1978; ha creato inoltre le monete in bronzo
dorato di papa Paolo VI per la Città del Vaticano per sette anni consecutivi,
non raffigurandovi sorprendentemente il volto del papa ma i vari simboli
della cristianità da un lato e lo stemma papale sull’altro10.
Gismondi stabilì in particolare uno stretto rapporto con la Biblioteca
Vaticana per la quale scolpì nel 1981 la statua di san Giuseppe col bam-
bino, oggi collocata nel cortile della Biblioteca, e nel 1985 il bellissimo
portale bronzeo d’ingresso, suddiviso in otto pannelli ad altorilievo raffi-
guranti le scienze e le arti, come summa dello scibile umano11. Altra opera

8 Si veda ibid.; Tommaso Gismondi: A Journey through the Art and Faith cit.
9 Sull’argomento si veda Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., tavv. 46-46a,
64; Tommaso Gismondi: A Journey through the Art and Faith cit., p. 15 figg. 19-20.
10 Sull’argomento si veda Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., p. 64, tavv. 16-

17, 35-36, 38, 68; Tommaso Gismondi: A Journey through the Art and Faith cit., p. 7 fig.7, p.
14. Eseguì anche splendide sculture per la residenza estiva papale a Castel Gandolfo: Tomma-
so Gismondi … la scultura nella vita cit., tav. 52; Tommaso Gismondi: A Journey through the
Art and Faith cit., p. 14.
11 In particolare i pannelli raffigurano la teologia con la natività, la filosofia con delle fi-

gure togate davanti ad un tempio greco, la letteratura con un circolo di putti danzanti a tutto
tondo, la musica, la giustizia, l’arte con un piccolo autoritratto del maestro in basso a destra,
le scienze naturali e infine l’astrologia insieme alla matematica. Si veda al riguardo Tommaso
Gismondi … la scultura nella vita cit., pp. 54-62, tavv. 65, 70; Tommaso Gismondi: A Journey
through the Art and Faith cit., pp. 10-11 fig. 12.

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248 MANUELA GOBBI

di rilievo è il portale, realizzato nello stesso anno, per il contiguo Archivio


Segreto Vaticano, dove il maestro sintetizzò la storia dei documenti vati-
cani qui custoditi, dalle origini della carta in Egitto, attraverso Anagni e
Avignone, fino alla sede attuale12.
Non sorprende quindi che egli avesse già deciso negli anni Settanta
di donare le sue proprietà, immobiliari ed artistiche, al Vaticano. Nel di-
cembre 1989 fu stipulato l’accordo per la donazione della ricca collezione
artistica tra lo scultore e l’allora Prefetto della Biblioteca, padre Leonard
Boyle. Giunse così nella Biblioteca Vaticana la collezione Gismondi, com-
posta da volumi a stampa, manoscritti, quadri, statuette, disegni, stampe,
vasi, piatti, matrici e clichès di legno, che costituiscono oggi l’eterogeneo
fondo Gismondi13.
Nel Gabinetto delle Stampe della Biblioteca si conservano, oltre alle
circa 2000 stampe del fondo, una cinquantina di disegni autografi del ma-
estro e fogli inediti di vari autori collezionati dall’artista nel corso della
sua vita.

La collezione di disegni di Tommaso Gismondi nel Gabinetto delle Stampe


della Biblioteca Apostolica Vaticana
La raccolta di grafica Gismondi è formata da un nucleo eterogeneo di
242 fogli inediti, di varie scuole italiane e straniere, collocabili tra il XV e il
XX secolo, oggi conservati in camicie riposte in 5 scatole di diversi formati.
Si spazia da soggetti di carattere religioso, storico e mitologico a vedute,
ritratti, studi di figura, allegorie e architetture; sono presenti poi diverse
copie da capolavori del passato e una serie di incisioni di cui si parlerà in
seguito14. Il cuore della collezione è costituito dai disegni italiani del XIX-
XX secolo, con interessanti fogli di ambito veneto e romano; non mancano
poi esempi più antichi delle altre scuole italiane, mentre pochi sono i dise-
gni di artisti stranieri.
In apertura presentiamo tre interessanti fogli di scuola veneta dell’Ot-

12 Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., pp. 54-62, tav. 71; Tommaso Gismondi:

A Journey through the Art and Faith cit., pp. 10-11 fig. 13.
13 Con precisione si tratta di 66 quadri, 18 statuette, 32 vasi, 34 piatti, 29 clichès di legno,

242 disegni antichi e 50 fogli autografi, 2000 stampe di cui 60 geografiche, 157 volumi a
stampa e 10 manoscritti, oggi custoditi nei diversi reparti specializzati della Biblioteca Vati-
cana. Si veda: B. JATTA, Dipartimento stampati. Gabinetto delle stampe, in Guida ai fondi ma-
noscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, II, a cura di F. D’AIUTO e P. VIAN,
Città del Vaticano 2011 (Studi e testi, 467), pp. 890-891.
14 Si veda a tal riguardo infra, nt. 144.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 249

tocento attribuibili a Michelangelo Grigoletti (1801-1870) e al suo allievo


Giacomo Favretto (1849-1887).
Grigoletti, celebre ritrattista della sua epoca, mostra tutta la sua ma-
estria in due disegni autografi a matite colorate raffiguranti una giovane
donna ed un uomo non ancora identificati (tavv. I-II)15 .
Iscrittosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1820, presieduta
all’epoca da Leopoldo Cicognara, di noto orientamento neoclassico, venne
istruito nell’arte della pittura e del disegno attraverso lo studio dei grandi
maestri veneti e la pratica dal modello, come testimoniano i numerosi di-
segni di nudi virili, oggi al Museo Civico d’Arte di Pordenone16.
Durante la sua carriera realizzò molte opere di carattere storico-lette-
rario e religioso su committenza italiana ed estera, tanto apprezzate dalla
critica dell’epoca, ed oggi rivalutate alla luce della sua copiosa produzione
ritrattistica, più viva e meno accademica, oggetto dell’interesse moderno
nei confronti del pittore17. Va infatti ricordato che Grigoletti si dedicò sin
dalla giovane età alla ritrattistica, come documentano i numerosi ritratti
dei familiari realizzati tra il 1825 e il 1829 e le prime commissioni im-
portanti quali i ritratti per la famiglia Fossati18. Il ritratto, nonostante in
ambito accademico fosse considerato un genere inferiore rispetto alla pit-
tura storica, offriva in quegli anni ai giovani artisti redditizie e vantaggiose
committenze. Grigoletti non abbandonò mai l’interesse per la ritrattistica,
neanche quando, rientrato dall’istruttivo viaggio a Roma del 1835, si ci-
mentò in grandi dipinti religiosi e storici quali L’educazione della Vergine e
L’ultimo colloquio del doge Francesco Foscari con il figlio Jacopo, ed in ope-
re di carattere letterario come Paolo e Francesca19. I numerosi ritratti la-
sciano trapelare la grande capacità interpretativa dell’artista, che riusciva a

15 Gismondi.Disegni.77: Ritratto di donna, 310 × 200 mm In basso a destra firma «Grigo-


letti»; Gismondi.Disegni.78: Ritratto di uomo, 310 × 200 mm In basso a destra firma «Grigo-
letti». Sulla figura di Michelangelo Grigoletti si veda: G. FIOCCO, Attualità del Grigoletti nel
primo centenario della sua morte in Il Noncello 30 (1970), pp. 3-36; Michelangelo Grigoletti e il
suo tempo, catalogo della mostra a cura di G. M. PILO, Pordenone, Museo Civico – Palazzo
Ricchieri 4 aprile – 27 giugno 1971, Milano 1971; G. GANZER – V. GRANSINIGH, Michelangelo
Grigoletti, Milano 2007.
16 Michelangelo Grigoletti cit., pp. 158, 125 cat. 105-106; GANZER – GRANSINIGH, Michelan-

gelo cit., pp. 9- 36, cat. 1-27. L’interesse per la grande arte veneta del passato ritorna ancora
nella celebre tela con L’Assunzione della Vergine del 1846-1854 nella basilica di S. Maria As-
sunta a Esztergom volutamente ispirata al capolavoro di Tiziano (Ibid., cat. 149-150).
17 FIOCCO, Attualità del Grigoletti cit., pp. 18-20.
18 Michelangelo Grigoletti cit., pp. 127-136 cat. 109, 114-115, 118-119, 122-124; GANZER –

GRANSINIGH, Michelangelo cit., pp. 39-40 cat. 35, 44-49, 53-54, 66-70.
19 FIOCCO, Attualità del Grigoletti cit., pp. 6-8; Michelangelo Grigoletti cit., pp. 152, 154-

155,159 cat. 155, 160-164, 176; GANZER – GRANSINIGH, Michelangelo cit., pp. 42-47 cat. 93,
98, 116.

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250 MANUELA GOBBI

conciliare le sfumature intimistiche dei soggetti ritratti con l’osservazione


del vero, in un equilibrato accordo con il concetto di bello ideale20.
I personaggi sono generalmente inquadrati a mezzo busto su di uno
sfondo neutrale, privo di riferimenti ambientali o paesaggistici.
I due soggetti ritratti dal Grigoletti nei fogli vaticani, entrambi colti di
tre quarti con lo sguardo rivolto verso lo spettatore, presentano una preci-
sa connotazione fisionomica: l’uomo è più maturo nella definizione delle
pieghe delle guance e degli occhi, mentre la donna appare più giovane con
acconciatura ed abiti tipici dell’epoca. L’artista non ritrasse mai uomini
potenti e aristocratici del regno, bensì posarono per lui i familiari di ori-
gine contadina e la classe borghese, come in questi due studi. La sapiente
resa dei chiaroscuri e il ricorso alla matita rossa per sottolineare il rossore
delle labbra e delle guance caratterizzano questi due brani di ritrattistica,
dai quali traspare quel senso di malinconica indagine psicologica propria
del Grigoletti.
L’artista esercita le sue qualità grafiche nel fitto tratteggio incrociato
con cui modella e definisce le forme, apprezzabili sin dagli studi giovanili
di nudi e di Giove e Amore a Pordenone. Nei disegni degli anni Quaranta,
come i suggestivi ritratti per la tela della famiglia Petich in collezione pri-
vata a Torino, Grigoletti mostra invece l’ormai raggiunta padronanza del
mezzo grafico con estrema attenzione e cura dei particolari21. Nei disegni
preparatori per la tela dell’Assunzione della Vergine del 1846-1854 emerge
la forza e la carica espressiva dei volti in adorazione, dolcemente sfumati
dalla matita in accordo con le lumeggiature a gessetto bianco22. Nel foglio
in collezione privata raffigurante un giovane sacerdote si osservano il me-
desimo stile grafico e l’acuta ricerca fisionomica, sebbene appaia, rispetto
ai nostri fogli, un lavoro più maturo e meglio rifinito nell’uso del carbon-
cino e della biacca23. I disegni della collezione Gismondi possono quindi
essere cronologicamente collocati tra gli anni Venti e Trenta del secolo,
quando il giovane artista, acquisita la lezione accademica, si dedicava al
genere ritrattistico mostrando le premesse dei futuri sviluppi stilistici e
grafici.
Nel 1839 Grigoletti ottenne la carica di aggiunto alla cattedra di ele-

20 FIOCCO, Attualità del Grigoletti cit., pp. 18-27; Michelangelo Grigoletti cit., pp. 125-165;

GANZER – GRANSINIGH, Michelangelo cit., pp. 65-273. Inoltre sul Grigoletti ritrattista si veda:
V. QUERINI, Su taluni aspetti e problemi artistico-estetici pordenonensi. Su Michelangelo Grigo-
letti e i ritrattisti dell’Ottocento in Il Noncello 27 (1966), pp. 163-176.
21 Ibid., cat. 1.-27, 39, 139-143.
22 Michelangelo Grigoletti cit., pp. 158-159 cat. 171-177; GANZER – GRANSINIGH, Michelan-

gelo cit., cat. 153-162.


23 QUERINI, Su Michelangelo Grigoletti cit., pp. 168-169 fig. 23.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 251

menti di figura, tenuta dall’amico e collega Ludovico Lipparini, al qua-


le subentrò definitivamente nel 184624. Tra i suoi allievi, oltre a Federico
Zandomeneghi e Tranquillo Cremona, spicca il nome del pittore verista
Giacomo Favretto (1849-1887), del quale possiamo apprezzare uno Studio
di modella ad acquerelli colorati (tav. III)25.
Iscrittosi all’Accademia delle Belle Arti di Venezia nel 1864, studiò dise-
gno, prospettiva e colore con i maestri Grigoletti, Nani, Moja e Molmenti,
continuando a frequentarne le lezioni anche dopo la nomina ad assistente
nel 187026. Vinse numerosi premi in varie discipline e fu scelto nel 1878 da
Molmenti tra i sette artisti del Veneto destinati a rappresentare l’Accade-
mia veneziana all’Esposizione Universale di Parigi27. Dopo l’esperienza pa-
rigina, l’artista lavorò sempre nell’amata Venezia, anche per le condizioni
di salute cagionevoli, divenendo uno dei pittori più apprezzati e ricercati
della città. Seppe rappresentare e fotografare la realtà attraverso lo schietto
realismo dei suoi quadri, dalle scene di genere e dai ritratti agli scorci della
città affollata di popolani e nobili: gli sviluppi in senso naturalistico del
Molmenti lo portarono dall’uso del puro colore settecentesco alle ricerche
cromatiche tipiche della corrente verista italiana.
Nel foglio vaticano la figura della modella è rappresentata in piedi e di
spalle con il volto di profilo, la chioma bionda è raccolta e impreziosita da
giri di perle, mentre l’ampio abito colorato scivola sensualmente sul corpo
lasciando intravedere le spalle. L’attenzione dell’artista si concentra nella
resa della veste e nell’uso del colore, piuttosto che nella definizione fisio-
nomica del personaggio.
Il disegno può essere considerato un’esercitazione giovanile, risalente
all’epoca delle sue prime opere pittoriche, quali La scuola di pittura (1871),
Lezione di anatomia (1873), Scuola di disegno (1872-1873) e La scuola di
nudo (1873)28. Favretto affronta in questi quadri lo stesso soggetto, cioè lo
studio in Accademia dal modello, sia che si tratti di una modella in posa
davanti agli allievi al cavalletto o di una spiegazione del maestro Molmenti

24 GANZER – GRANSINIGH, Michelangelo cit., pp. 47-52.


25 Gismondi.Disegni.115: 265 × 174 mm. In basso a sinistra «Favretto» e sul verso «N.
211».
26 Sulla figura di Giacomo Favretto si veda: Giacomo Favretto, 1849-1887, a cura di R.

TREVISAN, presentazione di G. PEROCCO, contributi critici e filologici di S. POZZATI, Venezia


1999; Giacomo Favretto: Venezia, fascino e seduzione, catalogo mostra a cura di P. SERAFINI,
Cinisello Balsamo 2010. L’artista fu strettamente legato al suo maestro Grigoletti dal quale
ereditò il gusto per la ritrattistica e l’indagine psicologica del soggetto, a tal riguardo si veda:
G. FIOCCO, Favretto e Grigoletti in Il Noncello 16 (1961), pp. 3-8.
27 Si veda: Giacomo Favretto, 1849-1887 cit., pp. 1-20.
28 Si veda: Ibid., pp. 24-26, cat. a pp. 71, 73, 77; Giacomo Favretto: Venezia cit., pp. 176,

178-179, figg. 3, 10, 16.

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dinanzi ad un modello in gesso. In questo contesto si inserisce un’altra tela


realizzata da Favretto nel 1871, La modella, che figura tra le opere pub-
blicate nell’Illustrazione popolare artistica dell’Esposizione di Venezia del
188729. Qui il giovane artista ripropone una scena ambientata tra i banchi
dell’Accademia dove un gruppo di allievi è intento a studiare la modella
posta in piedi su una tribuna e illuminata da una lampada.
Il nostro interesse per quest’opera si concentra sulla figura della mo-
della che sembra essere la stessa che Favretto studia nel foglio vaticano:
la fisionomia, l’abito sceso sulle spalle, l’acconciatura e il particolare del
ventaglio nella mano ritornano uguali in entrambe le composizioni. Basta
muoversi idealmente all’interno del dipinto di Favretto per trovare l’ango-
lazione da cui l’artista ha studiato la figura, riproducendo allo stesso modo
anche il ricadere della stoffa sul pavimento.
L’uso dell’acquerello in macchie vibranti di colore mostra la grande abi-
lità del giovane Favretto nel disegno e lascia intravedere i futuri sviluppi
grafici e cromatici dei suoi fogli acquerellati, ancor più liberi e fluidi nel se-
gno30. In generale Favretto privilegiò la rappresentazione della figura uma-
na, indagata nei costumi, nei gesti e nella psicologia, cosicché sono pochi i
paesaggi e le nature morte realizzati nel corso della sua carriera31. Rispetto
ai disegni a matita e a penna, dallo stile più secco e preciso, soprattutto in
questa fase giovanile in cui l’artista è intento a copiare stampe e disegni
antichi32, il disegno vaticano sembra un piccolo dipinto dal gusto macchia-
iolo nell’uso del colore, tra i più bei fogli della collezione Gismondi.
Segue poi un foglio di mano del pittore veneto Giacomo Casa (1827-
1887), noto per le numerose opere ad affresco realizzate a Venezia e per
le tele di tema orientale33. Anch’egli allievo dell’Accademia di Belle Arti di
Venezia dal 1840, affrontò temi storici nelle litografie con episodi della
rivoluzione veneziana nell’Album dell’Indipendenza e nel dipinto di Vene-
zia repubblicana risorta nel 1848, e più tardi con l’Allegoria dell’unione di
Venezia all’Italia e con la tela di Venezia riconoscente ai piedi di Vittorio

29Su quest’opera, oggi di ubicazione ignota, si veda: Giacomo Favretto, 1849-1887 cit.,
cat. a p. 72.
30 Sui disegni ad acquerello del Favretto si veda: Ibid., pp. 125, 145, 152, 160, 162, 178-

179, 190.
31 Si veda: Ibid., pp. 68-208.
32 Sul catalogo dei suoi disegni si veda: Ibid., pp. 211-227.
33 S. C. MARTIN, ad vocem, in Saur. Allgemeines Künstler-Lexikon. Die Bildenden Künstler

aller Zeiten und Völker, XVII, München – Leipzig 1997, pp. 42-43; e in particolare La pittura
nel Veneto. L’Ottocento, a cura di G. PAVANELLO, I-II, Milano 2003, pp. 63, 184, 193, 209, 285,
463-464, 468-469, 472, 493, 495-496, 668, 683-684, figg. 241, 544-545, 550-554, 563, con bi-
bliografia antecedente.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 253

Emanuele II, vivendo attraverso la pittura la storia in contemporanea34.


Decorò le sale Apollinee del Teatro della Fenice nel 1857-1859 e negli stessi
anni fu attivo nella decorazione dei più importanti caffè veneziani, come
il caffè delle Nazioni, il Florian e il Quadri35. Tra le sue opere più famose
vi è la decorazione di Villa Revedin a Castelfranco nel 1864-1865 con l’illu-
sionistico salone da ballo animato da figure in maschera, dame e coppie di
innamorati36. Viaggiò in Italia, in Europa e in Oriente (come documenta
Il mercato orientale, oggi a Ca’ Pesaro), trascorrendo gli ultimi anni della
sua vita a Roma.
Nel disegno vaticano l’artista affronta un soggetto di carattere mitolo-
gico — letterario tratto dall’Iliade di Omero, quando si narra del corpo di
Patroclo portato in salvo da Menelao e Merione, con la città di Troia sullo
sfondo e l’accampamento greco a sinistra (tav. IV)37. L’impostazione della
scena e la gestualità composta dei personaggi rimandano alla formazione
accademica dell’artista, che mostra di aver già sviluppato una propria in-
clinazione stilistica nella definizione delle figure, tipica delle sue opere più
note. La composizione e la caratterizzazione dei personaggi richiamano
alla mente un quadro dell’artista con Otello che parte per la battaglia in
asta Sotheby’s 2007. Purtroppo la produzione grafica di questo pittore è
ancora da indagare e da ricostruire non consentendo di sviluppare ulteriori
raffronti.
L’Ottocento napoletano è invece rappresentato da un piccolo disegno
attribuibile al pittore Bernardo Celentano (1835-1863), raffigurante il par-
ticolare centrale con s. Stefano e l’uomo pio alla sua sinistra per il quadro
di S. Stefano lapidato e raccolto dagli uomini pii (tav. V)38. La tela, oggi alla
Pinacoteca civica di Ascoli Piceno, faceva parte del Legato Celentano, costi-
tuito per volontà del fratello Luigi con l’intento di preservare dall’incuria

34 Ibid., pp. 285, 469, 683-684, fig. 553.


35 D. REATO, Il Caffè Florian, Venezia 1984, p. 50; G. PAVANELLO – M. BRUSANTIN, Il teatro
della Fenice, Venezia 1987, pp. 42, 215, 229, 234; La pittura nel Veneto cit., pp. 463-464, 683-
684.
36 G. PAVANELLO, Villa Revedin, in Gli affreschi nelle ville venete dal Seicento all’Ottocento,

a cura di R. PALLUCCHINI, I, Venezia 1978, pp. 146-147, cat. 38; La pittura nel Veneto cit. p. 184
fig. 241, pp. 468-469 figg. 550-552.
37 Gismondi.Disegni.118: inchiostro di China e acquerello grigio su carta bianca, 196 ×

260 mm.
38 Gismondi.Disegni.109: matita e tracce di inchiostro su carta avorio, 125 × 170 mm. Sul

verso studio di gamba a carboncino. Sulla figura di Bernardo Celentano e sul quadro in esa-
me si veda: P. G. MOLMENTI, Bernardo Celentano, Roma 1882; L. CELENTANO, Bernardo Celen-
tano: due settennii nella pittura. Notizie e lettere intime pubblicate nel ventesimo anniversario
della sua morte dal fratello Luigi, Roma 1883, pp. 43-44; M. BIANCALE, Bernardo Celentano:
Napoli 1835 – Roma 1863, Roma [s.a.], pp. 20-23 tav. XI.

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254 MANUELA GOBBI

le opere dell’artista di proprietà della famiglia, destinandole ad una pina-


coteca governativa39. Incaricò così una commissione di selezionare quadri,
disegni e bozzetti del Celentano e di consegnare il lascito così composto
all’istituzione da loro scelta, cioè la Galleria di Arte Moderna di Roma40.
L’opera fu realizzata dall’artista nel 1853 e venne esposta alla mostra na-
poletana delle opere di Belle Arti nel Museo Borbonico nel 1855, ottenendo
il riconoscimento per la pittura storica, insieme al quadro di S. Stanislao
malato in casa di un luterano, oggi a Napoli41. Si tratta di un periodo di
tormento artistico e creativo per il giovanissimo artista napoletano: entrato
al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli sotto la guida del maestro Giuseppe
Mancinelli, si dedicò allo studio delle opere antiche e si esercitò nella copia
dal modello e nel disegno. L’influenza del Mancinelli, di tradizione acca-
demica ma attento all’interpretazione della realtà del soggetto, si avverte
molto forte nelle prime opere di Celentano; anche la scelta di tematiche
religiose come la lapidazione di s. Stefano è attribuibile all’influsso del
maestro. Nel quadro si ritrovano i colori tipici del Mancinelli, come il bru-
no e il rosso della veste del santo; sappiamo infatti che l’opera fu dipinta
sotto gli occhi del maestro che consigliava il giovane artista sulle scelte da
eseguire. Anche la soluzione del paesaggio di maniera sembra non andare
oltre gli schemi accademici del Mancinelli, consentendogli così di con-
centrarsi nello studio delle figure42. Ma Celentano avvertiva l’esigenza di
una maggiore ricerca di espressività delle figure, avvicinandosi in tal senso
allo stile del compagno Domenico Morelli, e ancor di più ambiva a quel
naturalismo dato dallo studio del vero, che era la grande rivoluzione di
Palizzi in quegli anni43. Indeciso ma pieno di creatività, Celentano lavorava
al quadro con s. Stefano tentando di superare i limiti accademici imposti.
L’amico e sodale Cammarano riferisce che l’artista passava giorni a stu-
diare e disfare le pieghe delle vesti sul manichino nel tentativo di ricreare
un naturalismo “senza regole”44. Il fratello Luigi racconta che l’artista non

39 P. L. CELENTANO, Bernardo Celentano, con appendice e illustrazioni, conferenza di P. L.

Celentano, Napoli 1893, pp. 143-159.


40 Il lascito, composto da numerosi bozzetti per le opere più note e dai quadri giovanili,

giunse nel 1892 e si costituì così la sala Celentano alla Galleria d’Arte Moderna di Roma,
raccolta poi arricchita da circa 200 disegni donati da P. L Celentano. Oggi alcune opere sono
suddivise in Ministeri e altre istituzioni. In totale si conservano circa 750 disegni dell’autore.
Si veda: Ibid.; BIANCALE, Bernardo Celentano cit.; P. BUCARELLI, Bernardo Celentano: mostra di
disegni, Soprintendenza alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, giugno-settembre
1954, Roma 1954.
41 Si veda BIANCALE, Bernardo Celentano cit., pp. 28-29.
42 CELENTANO, Bernardo Celentano cit., p. 44; BIANCALE, Bernardo Celentano cit., pp. 1-23.
43 Ibid.
44 Ibid., p. 22.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 255

sopportava più di copiare «pieghe di lana e membra nude», e sottolinea


che il modello utilizzato per s. Stefano «pareva vissuto in sotterranei e
nutrito di lucertole»45. Infatti, osservando anche il foglio vaticano, il santo
non è raffigurato giovane come nell’iconografia tradizionale, ma calvo ed
anziano, spingendosi verso un realismo figurativo di cui però nessuno si
stupì all’Esposizione del 185546. Un bozzetto per il quadro si trova a Ge-
nova nella collezione Roberto Foltzer, un altro fu esposto ad una vendita
nella Galleria Pesaro a Milano, mentre alla Galleria dell’Accademia di Belle
Arti di Napoli si conservano tre disegni preparatori a pastello e matita con
inserti di biacca47. La figura di s. Stefano e dell’uomo pio alla sua sinistra
sono definite nel foglio vaticano da un delicato tratto della matita, sfumata
per rendere le zone d’ombra, che avvolge i personaggi in un’atmosfera di
silenziosa meditazione. I moti dell’animo sono bloccati in una dimensione
di delicato misticismo. L’artista, non ancora ventenne, esibisce le sue abili-
tà grafiche acquisite durante l’apprendistato presso l’Accademia di Napoli,
così come nei disegni contemporanei per il S. Stanislao malato in casa di
un luterano48. Celentano lavorò a lungo alla preparazione dell’opera, incen-
trata sulla resa dei tre uomini che sollevano il corpo lapidato di s. Stefano
per portarlo al sepolcro; studiò attentamente l’esecuzione dei nudi e l’uso
della luce, eseguendo numerosi disegni e bozzetti a cui si può aggiungere il
nostro foglio. Ma quella ricerca tormentata della verità pittorica nel senso
di una maggiore credibilità di gesti ed espressioni è ancora sommessa nel
s. Stefano lapidato; sarà con i capolavori degli anni Sessanta, realizzati
poco prima di morire, che l’artista giungerà all’ambita sintesi espressiva di
accademismo, naturalismo e sentimentalismo49.
Chiude questa serie un piccolo foglio di Aurelio Tiratelli (1842-1900)
raffigurante uno Studio di albero a Ceccano datato 188150. Allievo dell’Ac-
cademia di San Luca a Roma, si specializzò nella pittura di paesaggi e
animali, spesso sullo sfondo della campagna romana. Espose più volte sue
opere alla Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti, nel 1878 a Parigi
e nel 1890 all’Esposizione di Belle Arti di Roma51. Attento osservatore dal
45 CELENTANO, Bernardo Celentano cit., p. 44; BIANCALE, Bernardo Celentano cit., p. 22.
46 Ibid.
47 S. LAUDONI, Bernardo Celentano (1835-1863): un protagonista del verismo storico, pre-

sentazioni di G. BERARDI e M. URSINO, Roma 2008, p. 139 nr. 36; La Galleria dell’Accedemia di
Belle Arti in Napoli, a cura di A. CAPUTI, R. CAUSA e R. MORMONE, Napoli 1971, p. 106 nrr.
131-133.
48 BIANCALE, Bernardo Celentano cit., pp. 28-29 tav. XVIII.
49 Ibid.
50 Gismondi.Disegni.141: Matita nera su carta bianca, 250 × 139 mm. In basso a destra

scritta «Settembre 1881 – Ceccano e sul verso Ceccano 1881 / Aurelio Tiratelli».
51 Sulla figura dell’artista si veda V. ANGELETTI – P. BASSETTI CARLINI, Aurelio e Cesare

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vero, amava riprodurre i costumi e la semplicità della vita contadina, in


una pittura di genere che lo portò alla fama. Si trattenne a lungo a Ceccano
in Ciociaria, da poco collegata a Roma tramite ferrovia, dove dipinse i suoi
quadri più noti; oggi una via della cittadina ciociara è a lui dedicata. Sul
foglio vaticano, l’artista ed abile disegnatore schizza con un fine tratto a
matita un piccolo studio di albero, un appunto dal vero datato settembre
1881, quando, nel pieno della sua carriera artistica, tornava ad immergersi
negli amati scenari della campagna di Ceccano, continuando ad esercitarsi
nella pratica del disegno.
C’è poi nella raccolta Gismondi un disegno di dubbia attribuzione ma
di pregevole fattura raffigurante una Scena teatrale con anticamera architet-
turale52. In alto un drappeggio si apre sulla scena illuminata dalla luce che
proviene dalla finestra sulla sinistra; ai lati del portale centrale, inquadrato
da paraste con capitelli decorati con testine, sono inserite, nella sezione di
muro semicircolare, due nicchie in cui coppie di putti su piedistalli sorreg-
gono, quasi a fatica, due vasi con una fiamma che arde. L’iscrizione in bas-
so rimanda al pittore e incisore bellunese Pietro Paoletti (1801-1847), la cui
produzione grafica ci sembra però caratterizzata da un tratto più definito
e incisorio53, non consentendoci di formulare una convincente proposta
attributiva all’artista bellunese.
Il nucleo dell’Ottocento italiano comprende poi alcuni Studi accademici
di scuola romana in cui si nota l’influenza stilistica di Tommaso Minardi54,
un taccuino a matita con vedute di città italiane datato 1880-1903, tipico
esempio dei viaggi formativi realizzati durante il Grand Tour55 e altri fogli
di vario soggetto56.

Tiratelli: pittori di Ceccano, Accademia di Belle Arti di Frosinone, Frosinone 2000; La campa-
gna romana da Hackert a Balla, a cura di P. A. DE ROSA e P. E. TRASTULLI, Roma 2001, pp.
210-211, 281-282.
52 Gismondi.Disegni.85: inchiostro bruno e acquerello bruno-grigio su carta avorio, 192

× 245 mm. In basso a destra «P. Paoletti».


53 G. DAL MAS, Pietro Paoletti (1801-1847), Belluno 1999; M. DE GRASSI, “Egli lavora a

penna da scrivere, ad acquarello, a litografia”: appunti sull’attività grafica di Pietro Paoletti in


Neoclassico 20 (2001), pp. 34-50.
54 Gismondi.Disegni.27-30.
55 Gismondi.Disegni.59-73A. A tal riguardo si veda I. BOARI, Documenti dal Grand Tour.

I taccuini del fondo Consoni della Fondazione Marco Besso, Roma 2011 (Collana della Fonda-
zione Marco Besso, XXV). Anche nella collezione Ashby della Biblioteca Apostolica Vaticana
si conservano simili esempi di taccuini ottocenteschi di vedute italiane realizzati dagli artisti
durante il viaggio formativo ed educativo nella penisola italiana: si vedano i disegni Ashby.
Disegni.Scatola.8.Taccino1-3 e il testo di prossima pubblicazione B. JATTA – P. A. DE ROSA,
I disegni del XIX secolo nel fondo Ashby della Biblioteca Apostolica Vaticana.
56 Si veda Gismondi.Disegni.36, 41, 52, 79, 84, 93, 110, 111, 117, 119-122, 159, 166, 176-

177, 208, 210, 231.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 257

Il corpus grafico del Novecento italiano annovera invece una serie di


disegni dell’artista Mario Barberis (1893-1960), che costituisce il nucleo
più ampio della collezione grafica di Gismondi. Si tratta di trentotto fogli,
eseguiti a matita, inchiostro o acquerello, in gran parte paesaggi, a cui si
deve aggiungere una xilografia raffigurante Fausto M. Martini e siglata in
alto con le iniziali dell’artista57.
Figura ancora poco nota del secolo scorso, Mario Barberis nacque a
Roma nel 1893 da famiglia di origini piemontesi; intrapresi gli studi clas-
sici, il giovane scoprì ben presto la sua vocazione artistica disegnando a
matita scorci della città e dei suoi contorni58. Nel 1912 si iscrisse all’Ac-
cademia Albertina di Torino, stupendo nella prova di accesso per le sue
capacità nel disegno architettonico ed ottenendo così l’ammissione diretta
al terzo anno del corso di pittura: un risultato sorprendente se si pensa che
il pittore era un autodidatta nel campo delle arti. Nello stesso anno esordì
esponendo alla mostra annuale della Società degli Amatori e Cultori delle
Belle Arti di Roma59. Nel 1913 fu costretto ad interrompere gli studi per
prestare servizio militare; fu quindi chiamato in guerra come soldato sem-
plice nel reparto Genio Aerostieri fino al 1918. Qui continuò a dedicarsi
all’arte grazie ad incarichi del Comando supremo, documentando scene
di guerra, poi tradotte in acqueforti, e realizzando disegni di navi e aerei
militari e cartoline propagandistiche60.
Finita la guerra tornò a Roma dove realizzò lavori nel campo dell’edi-
toria come illustrazioni di libri, riviste e manifesti cinematografici, oltre
57 Si veda Gismondi.Disegni.7-8, 21-23, 25-26, 44, 47-51, 133-140, 142-158, 211. Per

quanto riguarda la xilografia (Gismondi.Disegni.156: 153 × 186 mm. In basso al centro «Fau-
sto M. Martini» e in alto a destra «MB») si deve supporre che faccia parte del fondo di disegni
Gismondi per preservare l’unità del nucleo di fogli firmati dal Barberis.
Nel fondo di disegni Gismondi sono presenti poi altre quindici stampe, fra cui due xilo-
grafie di Luigi Galli, a cui si farà cenno in seguito (si veda infra, nt. 144).
58 Sulla vita e l’attività artistica di Mario Barberis si veda: A. CAPANNA, Mario Barberis in

Strenna dei Romanisti XXI (1961), pp. 177-179; A. NAVE, Mario Barberis, pittore romano, in
Lazio ieri e oggi 43, 510 (2007), pp. 155-157; L. CAPUANO – A. NAVE, Tra modernismo e spiritua-
lità: un excursus tra le opere di Mario Barberis, in Arte cristiana 98, 860 (2010), pp. 367-372. Il
Barberis realizzò poi durante la sua carriera diverse immagini di carattere devozionale per
cartoline e santini o come illustrazioni di libretti didattici, di preghiere e di biografie: a tal
proposito si veda anche la risorsa elettronica www.cartantica.it/pages/Barberis.asp.
59 CAPANNA, Mario Barberis cit., p. 177; NAVE, Mario Barberis cit., pp. 155-156; CAPUANO

– NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit., p. 367; R. BREDA, 1890-1940 Artisti e mostre. Reper-
torio di pittori e incisori italiani in esposizioni nazionali, Roma 2001, p. 50: Barberis espose
nuovamente alla Società di Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma nel 1922 e nel 1923, nel
1921 è presente alla Biennale di Roma.
60 NAVE, Mario Barberis cit., p. 156; CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit.,

p. 367.

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a immaginette devozionali61. Negli anni che seguirono Barberis si dedicò


con successo alla pittura religiosa: nel 1921 realizzò la sua prima opera, Il
Convito di luce, tratta dai Fioretti di san Francesco e nel 1922 fu chiamato
a Gerusalemme per disegnare i cartoni dei mosaici absidali della basilica
dell’Orto degli Ulivi, dove tornerà nel 1925 per eseguire alcuni lavori nella
chiesa della Flagellazione. Negli anni Trenta e Quaranta si moltiplicarono
le commissioni provenienti dall’Italia e dall’estero, come America del Sud,
Stati Uniti, Canada, Africa e Manila. Eseguì numerose opere per chiese
romane, compose diverse Via Crucis, si dedicò all’illustrazione francescana
e realizzò le sue opere più famose, quali Gesù tra noi, Il Gesù di ognuno e
In Gesù62. La prima è una raccolta di quarantacinque disegni a carboncino
del 1931-1933, in cui l’artista mostra la sua personale interpretazione di
Dio fattosi uomo in mezzo all’umanità sofferente, stesso tema affrontato
nella tele del Il Gesù di ognuno e di In Gesù del 1933, dove il volto di Gesù
compare in mezzo a uomini, donne, anziani e bambini63. Nel secondo do-
poguerra riprese questa tematica nella commovente opera Oltre l’offerta
ispirata ai campi di concentramento nazisti in cui Gesù giace insieme ai
corpi torturati64. Nel 1949 realizzò, secondo sperimentazioni astratte, la se-
rie di tele dal titolo Essenzialità cromatiche, mentre negli ultimi anni si de-
dicò alle dodici tavole della Vergine Maria pubblicate ne La Donna vestita
di sole e disegnò a carboncino le diverse stazioni della Passione di Gesù65.
Questo breve excursus sulla copiosa, sebbene ancora poco nota, attività
artistica di Mario Barberis, ci consente di comprendere e contestualizza-
re meglio i numerosi fogli inediti di mano dell’artista presenti nel fondo
Gismondi in Vaticano. Il primo nucleo è composto da una serie di disegni
a matita su carta bianca firmati e datati dall’artista tra il 1908 e il 1911,
raffiguranti diversi angoli di Roma e dei suoi dintorni66. Questi fogli vanno
61
Ibid.
62
CAPANNA, Mario Barberis cit., p. 178; NAVE, Mario Barberis cit., pp. 156-157; CAPUANO
– NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit., pp. 368-371. Si vedano poi i testi: A. SILLI, Un arti-
sta cristiano. Mario Barberis in Arte Cristiana XLVIII, 11 (1960), pp. 259-262; A. NAVE, Mario
Barberis illustratore francescano in Frate Francesco. Rivista di cultura francescana 73, 2 (2007),
pp. 537-553.
63 M. BARBERIS, Gesù fra noi. Figurazioni religiose di Mario Barberis, con commenti illu-

strativi dell’autore, Viterbo 1932; CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit., pp.
369-370 figg. 4-6.
64 SILLI, Un artista cristiano cit., p. 261 e fig. a p. 262.
65 NAVE, Mario Barberis cit., p. 157; CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit.,

pp. 371-372; SILLI, Un artista cristiano cit., p. 261. Si veda inoltre il testo di M. BARBERIS, La
Donna vestita di sole, Perugia 1954.
66 Si vedano i fogli Gismondi.Disegni.133-139, 143-151, 157: alcuni presentano la firma

dell’artista per esteso, altri invece il suo monogramma con le iniziali stilizzate (la lettera A è

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 259

quindi ascritti al periodo giovanile dell’artista, quando da autodidatta si


dilettava ogni giorno, girando per la città, a immortalare scorci di parchi e
architetture romane. Si tratta di quel gruppo di circa settecento disegni di
Roma che il paesaggista Filiberto Petiti67, membro del gruppo dei XXV del-
la Campagna romana, vide a casa Barberis ed entusiasta lo segnalò ad Ugo
Fleres, direttore all’epoca della rivista Roma, che nel 1911 diede alle stam-
pe il primo articolo sul diciottenne Barberis pubblicando alcuni dei fogli68.
Così il giovane fece il suo ingresso nel mondo dell’arte e potette seguire la
sua vocazione ottenendo il permesso di andare a studiare all’Accademia di
Torino. I numerosi fogli andarono poi dispersi in collezioni private: nella
Biblioteca Vaticana ne sono conservati ben diciassette, ai quali si devono
aggiungere cinque acquerelli e pastelli colorati datati 1908 ed attribuibili
al Barberis69.
Seguendo la cronologia dei fogli a matita, all’anno 1908 corrispondono
due disegni di una torre sul litorale romano70 e di uno scorcio delle mura di
una villa71; sono datati 1909 invece una probabile veduta di Castel Fusano
(tav. VI)72, un’immagine serale di un muro nella campagna romana73 e una
veduta intitolata dall’artista «TEVERE», dove si scorge in lontananza il mon-

l’iniziale del secondo nome, Antonio), in un caso semplicemente inscritte in cerchio. Le date
sono riportate a numeri romani o arabi.
67 Nella collezione Gismondi si conserva poi un foglio a matita raffigurante un particola-

re della tela del Petiti Studi dal vero esposta a Torino nel 1884, recante la scritta Luigi … da
studi sul vero del Prof. Petiti (Gismondi.Disegni.170). Si veda A. M. COMANDUCCI, Dizionario
illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, V, Milano 1973,
p. 2439.
68 URIEL, Mario Barberis in Roma: Rassegna illustrata della esposizione del 1911, II, XIX

(XV ottobre MCMXI), pp. 10-12; SILLI, Un artista cristiano cit., p. 259; CAPANNA, Mario Barbe-
ris cit., p. 177; NAVE, Mario Barberis cit., pp. 155; CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e spiritua-
lità cit., p. 367.
69 Si vedano i fogli Gismondi.Disegni.47 (datato sul verso al «5 Luglio 1908»; raffigura

uno scorcio della campagna romana ai piedi di Marino, stesso soggetto del f. 51), 48 (sul
verso schizzi di caricature a matita e il titolo «Vecchi Tronchi», segue la data «Roma add. 7
Aprile 1908»), 49 (in basso a sinistra la data «Roma 7-9-1908» e a destra le iniziali «MAB»;
raffigura lo scorcio di un bosco), 50 (in basso a sinistra scritta e iniziali dell’artista tagliate;
raffigura una veduta della campagna romana), 51 (sul recto la data «6-7-1908» mentre sul
verso «in marino / 6 Luglio 1908»; stesso soggetto del f. 47, infatti sono datati con un solo
giorno di differenza).
70 Gismondi.Disegni.133: su foglio protocollo a righe, 140 × 204 mm. In basso a destra

«MABarberi / Rom add. 6/6/1908». Sul verso schizzo della stessa torre e scritta «In ... ».
71 Gismondi.Disegni.145: 125 × 97 mm. In basso «Roma addi 29 Maggio 1908». In alto

iniziali «MB» dentro un cerchio.


72 Gismondi.Disegni.136: 215 × 322 mm. In basso a destra «in Roma add 29 /1 1909» e

sigla «MB».
73 Gismondi.Disegni.139: 188 × 302 mm. In basso a destra sigla «MB / in Roma la sera del

6 /2 1909».

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te Soratte74. Barberis spesso inventava un titolo per i suoi disegni, a volte


semplicemente indicando il luogo raffigurato sul foglio, come nel caso del
disegno Gismondi dal titolo «ANGOLO CUPO» dove raffigura un paesaggio
serale con un muro in rovina75, e come si può osservare nei fogli pubblicati
nel 191176. Tornando all’anno 1909, abbiamo uno scorcio di giardino con
una statua e una fontana circolare all’interno di una villa romana ancora
da identificare77 e un paesaggio notturno con la luna alta nel cielo che
splende tra i rami di un albero nella campagna romana78. Due disegni sono
invece datati 1910: il primo è la veduta di un viale con alti cipressi all’in-
terno di una villa, probabilmente identificabile con Villa d’Este79, mentre
il secondo presenta il titolo «Roma. Elci giganti»80.
Nel 1911 invece realizza il disegno di un cortile romano (tav. VII) che si
ritrova sulle pagine della rivista Roma di quell’anno; i due fogli raffigurano
il medesimo soggetto e sono datati entrambi al 13 febbraio 191181. L’arti-
sta elabora quindi due studi dello stesso angolo di Roma, identificato da
Uriel come «il giardinetto del palazzino Borghese, quasi all’angolo di via
Tomacelli con Ripetta»82. Il foglio vaticano però risulta meno definito nei
particolari, come la resa del vialetto e dello sfondo, lasciandoci supporre
che si possa trattare di una prima versione del soggetto.
Seguono poi tre disegni su carta bianca più ruvida, databili allo stesso
anno, raffiguranti di nuovo il corso del Tevere83, uno scorcio della campa-
gna romana84 e una veduta di Villa Borghese con i suoi caratteristici pini

74Gismondi.Disegni.151: 214 × 322 mm. In basso al centro «TEVERE» a destra sigla


«MB /in Roma addi 1.XI.MCMIX»
75 Gismondi.Disegni.138: 215 × 315 mm. In basso a sinistra «ANGOLO. CVPO.» e a destra

«in Roma la sera del …».


76 URIEL, Mario Barberis cit., pp. 10-12.
77 Gismondi.Disegni.147: 257 × 165 mm. In basso sigla «MB / in Roma addi 26 1909».
78 Gismondi.Disegni.137: 215 × 317 mm. In basso a destra sigla «MB / in Roma ma …

MCMIX».
79 Gismondi.Disegni.149: 186 × 238 mm. In basso a destra sigla «MB / XX.II.MCMX».
80 Gismondi.Disegni.148: 220 × 320 mm. In basso a destra a penna «ROMA – Elci giganti

– in Roma addi XXI.III.MCMX» segue sigla «MB».


81 Gismondi.Disegni.150: 112 × 184 mm. In basso a destra sigla «MB /in Roma addi XIII.

II.MCMXI». Sul verso due schizzi di teste e scritte varie: «Camille (?) / Barberis / I liriche
MCMX-XI …». Per un confronto con il foglio già pubblicato si veda: URIEL, Mario Barberis
cit., pp. 10, 12.
82 Ibid., p. 12.
83 Gismondi.Disegni.143: 172 × 241 mm. In basso a destra «MB 13 / 4 MCMXI».
84 Gismondi.Disegni.144: 173 × 240 mm. In basso a destra sigla «MB / in Roma il XXVIII

/ VIII / MCMXI-». Sullo sfondo a sinistra si può forse riconoscere uno scorcio di Villa Bor-
ghese.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 261

(tav. VIII)85. Rimangono ancora due fogli a matita riferibili al gruppo di


disegni giovanili: il primo reca in basso la scritta «Ricordi delle mura», ed
infatti è uno scorcio del Muro Torto86, mentre il secondo, con datazione
difficilmente leggibile in alto a destra, è nuovamente una veduta della cam-
pagna romana87.
Sempre al periodo giovanile sono riconducibili due ritratti attribuibili
alla mano del Barberis: il primo, a matita, raffigura un violinista88, men-
tre il secondo, tracciato ad acquarello e inchiostro e datato 1909, sembra
identificabile con Richard Wagner, come per altro indica anche la scritta
sul verso89.
Al 1917 risale invece un altro ritratto, realizzato a matita su carta forata
in alto, di un soldato in divisa coperto per il freddo, da riferire al periodo
in cui il giovane artista, lasciati gli studi d’arte per compiere il servizio mi-
litare, si arruolò come soldato semplice nella Prima Guerra Mondiale nel
reparto del Genio Aerostieri, dove fu incaricato di compiere rilevazioni del
terreno carsico e delle zone belliche90.
Segue ora un altro nucleo di fogli eseguiti dal Barberis a inchiostro di
china su carta velina raffiguranti alcuni angoli e scorci di Roma. Si tratta
di quattro dei dodici disegni preparatori per le illustrazioni del testo di
Giorgio Vigolo La città dell’anima edito nel 1923 dallo Studio editoriale
romano91. L’opera è suddivisa in nove poemetti in prosa in cui lo scrittore,
amico in gioventù dell’artista, ricorda episodi storici e personali ambien-
tanti in una Roma magica e quasi fuori dal tempo; ogni capitolo si apre
con una illustrazione del Barberis legata all’argomento trattato92. L’opera
85 Gismondi.Disegni.135: 252 × 173 mm. In basso a destra sigla «MB Roma / XXVIII /

VIII / MCMXI».
86 Gismondi.Disegni.146: 325 × 215 mm. In basso «Ricordo delle Mura» segue datazione

tagliata «in Rom Add. XXXIV…».


87 Gismondi.Disegni.134: 208 × 318 mm. In basso a destra «Barberis» e in alto a destra

«in Roma ad … MCM …»?


88 Gismondi.Disegni.26: 211 × 218 mm. In alto a destra datazione tagliata.
89 Gismondi.Disegni.44: 275 × 215 mm. In basso a destra a matita: «Ottobre (?) MCMIX».

Sul verso schizzi a penna e la scritta moderna a matita «Riccardo Wagner».


90 Gismondi.Disegni.140: 151 × 220 mm. In basso Barberis ricorda la fredda temperatura

«sono – 19°! MB / … 10.2.17». Si veda sull’argomento: CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e


spiritualità cit., p. 367.
91 G. VIGOLO, La città dell’anima, Roma 1923. L’opera fu riedita nel 1994 da Greco &

Greco e nel 2003 dall’Archinto, ma senza le illustrazioni del Barberis.


92 NAVE, Mario Barberis cit., p. 156; CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit.,

pp. 368-369. Per completezza ricordiamo che i capitoli di cui non tratteremo presentano le
immagini della porta di Paolo V Borghese (nel primo capitolo La via Aurelia antica: VIGOLO,
La città cit., pp. 1-13), della fontana di Trevi (nel capitolo secondo Il miraggio sonoro; Ibid.,
pp. 17-27), di via Ripetta (nel capitolo quinto Ripetta: Ibid., pp. 56-62), di una forra nella

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262 MANUELA GOBBI

è completata da altre quattro immagini fuori testo, due in apertura, sul


frontespizio e sulla pagina che segue, raffiguranti la cupola di San Pietro,
e due in chiusura, la prima con il s. Michele arcangelo e la campana della
Misericordia sulla terrazza dell’Angelo a Castel Sant’Angelo e la seconda,
di forma tonda, con un pino in primo piano e Roma sullo sfondo93. L’ar-
tista firma ogni immagine con una particolare sigla formata dalle proprie
iniziali MB, in mezzo alle quali colloca una svastica, già utilizzata nelle
sue sperimentazioni cubo-futuriste personalizzate con una B in forma di
svastica, mentre in altri lavori utilizzò la svastica buddista iscritta in un
cerchio94. Nei disegni in esame la svastica sembra quasi inscritta in un
quadrato, mentre nella versione stampata è di chiara lettura.
Seguendo il testo di Vigolo, il primo disegno vaticano che incontriamo
si trova in apertura del terzo capitolo intitolato Le Api sul Tevere, dove lo
scrittore ricorda:

… Di buon’ora ero già fuori porta, per quelle strade silenziose e musicali che
accompagnano con gli alberi il fiume nelle sue cento curve di cielo. E dove le
ripe si van facendo solitarie e selvagge e lontana ormai la città trema nel sole
con le sue cupole azzurre …95.

Il foglio raffigura, infatti, il corso del Tevere con a destra monte Mario
mentre in lontananza campeggia la cupola di S. Pietro; nella stampa si può
osservare una riduzione dello spazio riservato al cielo mentre monte Mario
assume dimensioni maggiori, la sigla dell’artista compare in basso a destra.
Il capitolo successivo dal titolo Santa Maria in Fons Olei presenta l’im-
magine della basilica di S. Maria in Trastevere con la fontana al centro
della piazza (tav. IX), ben descritta dalle parole dello scrittore:

… Si aprì una piazza ariosa e una basilica scintillante di mosaici ci apparve


sullo sfondo … Era la basilica di Santa Maria in Trastevere, di Santa Maria in
Fons Olei … eravamo giunti al luogo mistico della terra dove, la notte medesi-
ma che il Figliuol dell’Uomo nacque nella grotta di Bethlem, una fonte d’olio
spicciò da questo vivo suolo romano …96.

campagna romana (nell’ottavo capitolo Forra: Ibid., pp. 102-109) e della cupola di S. Pietro
(nel nono capitolo L’Alleluia della cupola: Ibid., pp. 112-127).
93 In realtà l’immagine sul frontespizio è la stessa posta in apertura del nono capitolo,

intitolato Alleluia della cupola: si veda VIGOLO, La città cit., pp. 112-127.
94 NAVE, Mario Barberis cit., p. 156; CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit.,

p. 368.
95 Gismondi.Disegni.153: 205 × 290 mm. Sigla dell’artista in basso a sinistra; si veda VI-

GOLO, La città cit., pp. 31-35, fig. a p. 31.


96 Gismondi.Disegni.155: 178 × 277 mm. Sigla dell’artista in basso a destra; si veda VIGO-

LO, La città cit., pp. 39-54, fig. a p. 39.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 263

Nel testo l’immagine risulta tagliata all’altezza della base della vasca
rispetto al disegno preparatorio.
La città vegetale è invece il titolo del settimo capitolo che presenta la
bella raffigurazione della fontana dei cavalli marini a Villa Borghese, dove
Vigolo ricorda di essersi recato dopo giorni di pioggia paragonandola ad
una giovane donna nuda uscita da un fiume97. Nel disegno vaticano Bar-
beris lascia più spazio alla vegetazione nella parte superiore del foglio,
dove le fronde degli alberi si articolano anche in modo diverso rispetto alla
soluzione finale, in cui la vasca con l’acqua conquista più spazio.
L’ultimo disegno è uno scorcio del Campidoglio e illustra l’ottavo capi-
tolo intitolato Il finimondo (tav. X), dove lo scrittore immagina che la città
e le sue sculture prendano vita quando

… Tramontato per l’ultima volta il Sole dietro gli allori del Gianicolo e appena
scesa la notte, la statua di Roma ch’è in cima alla Torre del Campidoglio, scat-
terà d’improvviso; e il mondo che palleggia nella destra, lo scaglierà con furore
nella piazza di sotto …98.

Anche questa volta l’immagine risulta tagliata rispetto al disegno all’al-


tezza del primo tetto in basso, un comignolo è spostato così più in alto e la
sigla dell’artista è collocata in basso a destra.
In questo periodo Barberis si dedicò anche all’illustrazione di libri e
riviste di propaganda fascista, ottenendo incarichi dal Ministero delle Co-
lonie come la realizzazione delle immagini illustrative della nascente Rivi-
sta delle Colonie Italiane, in particolare per il numero pubblicato nel 1928
in occasione dell’Esposizione Coloniale di Torino per il “Decennale della
Vittoria”99. Le esotiche incisioni in bianco e nero sono stilisticamente affini
ai disegni vaticani per il testo di Vigolo, ma in questo caso l’artista firma
per esteso i lavori senza utilizzare la sigla con svastica.
Nella raccolta Gismondi rimangono poi solo tre disegni firmati dall’ar-
tista: il primo a matita raffigura una botte con rubinetto, probabilmente di
epoca giovanile100, il secondo è invece un Notturno veneziano, come recita
la scritta in basso, ambientato tra i canali di Venezia con un gondoliere e
due figure in costume settecentesco in primo piano e sullo sfondo il cam-

97 Gismondi.Disegni.154: 182 × 296 mm. Sigla dell’artista in basso a sinistra; si veda

VIGOLO, La città cit., pp. 65-83, fig. a p. 65.


98 Gismondi.Disegni.152: 189 × 293 mm. Sigla dell’artista in alto a destra; si veda VIGOLO,

La città cit., pp. 87-99, fig. a p. 87.


99 NAVE, Mario Barberis cit., p. 156; CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit., p.

369. Inoltre si veda: A. NAVE, Visioni d’oltremare. Due illustratori per la “Rivista delle Colonie
Italiane” in Charta XIV, 75 (2005), pp. 74-77.
100 Gismondi.Disegni.157: 171 × 180 mm. In basso a destra «Barberis».

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panile di San Marco101. Ai lati sono riportate le dimensioni e in basso la


scala metrica, lasciandoci supporre che si possa trattare di un bozzetto di
scena o di un manifesto per la nascente cinematografia, per cui l’artista
realizzò, per necessità pratiche, diversi lavori una volta tornato a Roma
dalla guerra102.
Infine il terzo disegno a matite colorate raffigura il martirio di s. Agnese
alla presenza di due angeli, che recano gli emblemi della palma e del giglio,
ambientato all’interno di un portico con colonne, sullo sfondo dell’antica
Roma mentre nel cielo campeggia tra le nuvole Gesù pastore103. La scena
è strutturata a forma di lunetta, sono riportate le misure e la scala di 1:7,
tanto da farci supporre una possibile traduzione dell’opera in pittura, op-
pure più probabilmente in mosaico o in vetrata, essendo già noti lavori del
genere per la chiesa di Cristo Re a Roma e per la basilica di Santa Maria
Ausiliatrice a Torino104. Il riferimento alla Casa di Gesù Crocifisso di via
Bravetta non ha fornito utili raffronti.
Per completare la presentazione di Mario Barberis, bisogna menzionare
un gruppo di disegni non firmati ma stilisticamente affini ai lavori fin qui
presentati, che possono quindi essere attribuiti al pittore. Si tratta di due
fogli a matita datati 1927 raffiguranti il corso del Tevere nella campagna
romana e il ponte Lucano105; segue un disegno a matita viola sul cui verso,
tra vari appunti di grammatica greca, si legge «Accademia di Francia dal
muro Torto», risalente quindi all’epoca dei fogli giovanili, quando, tra una
lezione e l’altra al liceo classico Tasso, Barberis amava girare per Roma
disegnando gli angoli più caratteristici della città106. Lo stesso soggetto è
raffigurato in un altro disegno, dove si vede un particolare del giardino del-
la villa con i suoi cipressi e la balconata, assai vicino graficamente ai lavori
dei primi anni discussi in precedenza107. In fine si segnalano tre fogli, un
paesaggio datato 1912, un piccolo schizzo di casa con albero ed un ritratto
di donna, riferibili con riserva al Barberis108.
Nell’ambito del primo Novecento italiano merita poi menzione un vi-
101 Gismondi.Disegni.158: 210 × 151 mm. In basso «M. Barberis / Notturno veneziano

1.20 × 1.80- /scala 1:10». Misure riportate ai lati.


102 CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit., p. 367.
103 Gismondi.Disegni.211: 587 × 443 mm. In basso a sinistra «Scala 1 = 7», al centro «S.

Agnese» e a destra firma di «m. Barberis». Segue annotazione manoscritta di mano moderna
in cui si riportano le misure «m. 2.30 × m. 280» e l’indicazione «Casa di Gesù Crocefisso / via
Bravetta 2 – 564 – 113r». Filigrana: P.M.FABRIANO.
104 CAPUANO – NAVE, Tra modernismo e spiritualità cit., p. 368.
105 Gisomdi.Disegni.23, 142.
106 Gisomdi.Disegni.21.
107 Gisomdi.Disegni.8
108 Gisomdi.Disegni.22, 25, 7.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 265

vace disegno raffigurante un Trionfo carnascialesco firmato da Lodovico


Pogliaghi (1857-1950), artista poliedrico del secolo scorso capace di espri-
mere la propria arte in diversi campi come pittura, scultura, oreficeria,
stoffe, disegno, vetrate ed altri ancora (tav. XI)109.
Pogliaghi frequentò l’Accademia di Brera distinguendosi come uno dei
migliori allievi di Giuseppe Bertini e dal 1890 al 1913 ricoprì il ruolo di do-
cente di ornato; nel 1885 comprò una casa rurale al Sacro Monte di Varese
che trasformò nella sua casa-museo, utilizzandola come laboratorio e rac-
cogliendovi opere d’arte di ogni tipo, da sculture antiche, bronzi e pitture a
medaglie, stampe e documenti, per citare solo alcuni esempi della sua ricca
ed eterogenea collezione110. Tra le sue opere più importanti si ricordano
la porta centrale in bronzo per il Duomo di Milano, inaugurata nel 1906, e
quella per la basilica di Santa Maria Maggiore a Roma commissionata alla
metà degli anni Trenta, e ancora la cappella del Sacramento nella basilica
del Santo a Padova, a cui lavorò per trenta anni, e il gruppo marmoreo del-
la Concordia per l’altare della Patria a Roma del 1912, senza dimenticare
la sua attività di illustratore per la Storia d’Italia del Treves del 1886111. Il
vasto corpus di disegni dell’artista, conservato nella casa del Sacro Monte
e all’Ambrosiana, mostra la grande attitudine e dedizione dell’artista per
l’esercizio grafico, fondamentale per lo sviluppo di tutte le arti secondo
la prassi accademica. Pogliaghi amava appuntare schizzi ed idee in ogni
luogo e momento su taccuini o fogli volanti, unendo la pratica dello studio
dal modello all’invenzione artistica112. Nel disegno vaticano l’artista traccia
con grafia veloce e vivace una scena carnascialesca ambientata nella piazza
di San Marco a Venezia, il cui leone campeggia sulla bandiera mossa dal
vento, davanti alla torre dell’Orologio. Un corteo in costume aperto da un
carro trainato da animali avanza al centro, in primo piano alcuni bambini

109 Gisomdi.Disegni.188: matita su carta; 268 × 305 mm. In basso a destra la firma «L.

Pogliaghi». Sulla figura dell’artista si veda: La vita, le opere, la casa, le raccolte di Lodovico
Pogliaghi. Santa Maria del Sacro Monte Varese, a cura della Fondazione Lodovico Pogliaghi,
Milano 1955; Lodovico Pogliaghi nella vita e nelle opere, a cura del Comitato per le onoranze,
presentazione di A. MARAZZA, note critiche e biografiche di U. NEBBIA, Milano 1959; Lodovico
Pogliaghi. L’accademia e l’invenzione, catalogo della mostra a cura di F. GUALDONI e R. PRINA,
Varese 1997; M. NAVONI, Lodovico Pogliaghi e l’Ambrosiana, in Storia dell’Ambrosiana. Il No-
vecento, Milano 2001, pp. 247-267.
110 La vita, le opere, la casa cit., pp. 1-40; Lodovico Pogliaghi cit. pp. 13-14; NAVONI, Ludo-

vico Pogliaghi cit., pp. 249-253. Nel 1937 Pogliaghi donò la sua casa-museo alla Santa Sede,
che successivamente cedette la donazione all’Ambrosiana, su indicazione dell’artista stesso,
che nel 1950 nominò come erede universale la Fondazione Pogliaghi con il compito di ammi-
nistrare il patrimonio mobiliare e immobiliare (Ibid., pp. 259-265).
111 La vita, le opere, la casa cit., pp. 1-28; Lodovico Pogliaghi nella vita cit., pp. 25-142; Lo-

dovico Pogliaghi al Santo, a cura di F. CASTELLANI, Padova 1998.


112 Lodovico Pogliaghi cit., figg. 4-58; Lodovico Pogliaghi al Santo cit., pp. 69-78

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266 MANUELA GOBBI

giocano a fare verticali e giravolte, mentre ai lati spettatori in abiti del


primo Novecento e in maschera assistono al festoso evento. Il foglio mo-
stra l’interesse di Pogliaghi per lo studio dal vero e la sua predilezione per
composizioni di movimentato carattere figurativo, come nei numerosi di-
segni di figura o nei bozzetti per la Storia d’Italia113, riuscendo a coniugare
l’applicazione accademica con l’ideazione creativa.
Infine presentiamo un disegno a pastelli colorati raffigurante una fi-
gura femminile seduta su un sofà (tav. XII)114, il cui autore è sicuramente
da ricercare, come sottolinea De Rosa, nell’ambiente artistico romano di
inizio Novecento, con particolare attenzione ai pittori Camillo Innocenti
(1871-1961)115 e Arturo Noci (1874-1953)116. I due artisti sono stati a lungo
accostati dalla critica per la loro comune formazione e per le loro tipiche
raffigurazioni di eleganti donne dell’epoca; allievi in gioventù dell’Istituto
d’Arte, si avvicinarono al divisionismo e ai brevi sviluppi del simbolismo in
Italia. Esposero spesso insieme alla Società degli Amatori e Cultori di Belle
Arti e all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Roma, come in altre mostre
nazionali. Entrambi presero parte al movimento della Secessione romana
del 1912 e furono presenti con le loro opere all’Esposizione Internazionale
di San Francisco del 1915117.
La difficoltà attributiva del disegno vaticano, per il quale non sono an-
cora emersi riscontri pittorici, deriva proprio da questa comunanza d’in-
tenti artistici e stilistici; possiamo però intravedere una maggiore affinità
con la produzione del Noci, anche se spesso considerato dalla critica un
emulo dell’Innocenti. L’artista eseguì, soprattutto dai primi anni del 1900,
numerosi ritratti su commissione, poi esposti nelle varie mostre ufficiali,
che rivelano l’attenta capacità d’analisi fisionomica e psicologica del pit-
tore, capace di indagare i diversi strati sociali dei personaggi ritratti118.
Queste qualità divennero caratteristiche peculiari delle sue opere, facen-
do emergere in realtà chiare differenze con la ritrattistica dell’Innocenti,
influenzato dall’esperienza parigina e più attento alla raffigurazione delle
disinvolte e leggere figure femminili della Belle Epoque. Sarà finalmente

113 Lodovico Pogliaghi nella vita cit., pp. 133-137, tavv. 140, 188; Lodovico Pogliaghi cit.,

figg. 4-44.
114 Gismondi.Disegni.218: 503 × 378 mm. Sul verso schizzi di nudi femminili.
115 Si veda: M. FAGIOLO DELL’ARCO, Innocenti, Roma 1977; L. DJOKIC – M. FAGIOLO

DELL’ARCO, Camillo Innocenti, Roma 1993.


116 M. FAGIOLO – P. SPADINI – L. DJOKIC, Arturo Noci. Dal divisionismo al realismo, Roma

1996 (Galleria Campo dei Fiori, 7).


117 DJOKIC – FAGIOLO DELL’ARCO, Camillo cit., pp. 53-73; FAGIOLO – SPADINI – DJOKIC, Ar-

turo Noci cit., pp. 17-21.


118 Ibid., pp. 28-30, 44-46, cat. pp. 79-127.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 267

con l’arrivo a New York che il Noci riuscirà ad affrancarsi dalle etichette e
dai giudizi convenzionali dell’ambiente romano119.
Nello schizzo in esame la figura è ritratta seduta con le gambe accaval-
late, con una mano poggiata in grembo e l’altra sul sofà, con un cappellino
ad incorniciare il bel volto dalle labbra disegnate di rosso e una stoffa a
coprire in parte lo scollo dell’abito. Ciò che colpisce è l’immediatezza del
disegno costruito e impreziosito dall’uso grafico del colore a tratti paralleli,
affine ai pastelli dell’artista, come alle linee della sua pittura120. Sul verso
del foglio sono abbozzati in bianco e in nero due nudi femminili seduti
in diverse posture, che richiamano alla mente le numerose immagini di
modelle nude raffigurate dall’artista, quasi sorprese nella loro intimità dal
sapiente occhio del pittore; non è possibile però avanzare convincenti con-
fronti grafici data la definizione sommaria delle due figure 121.

A conclusione di questa breve presentazione possiamo solo citare per


completezza le altre scuole presenti nella collezione Gismondi. La scuola
italiana si completa con fogli anonimi del XVII, XIX e XX secolo di vario
soggetto, da figure allegoriche, studi accademici fino a paesaggi, architet-
ture e vignette umoristiche122; nello specifico l’ambito romano è rappresen-
tato da un bel foglio seicentesco a matita rossa con un capitello decorato
con putti, conchiglie, girali d’acanto e figure di fantasia e da alcuni studi
di carattere religioso su carta azzurra, probabilmente facenti parte di un
taccuino, risalenti alla fine del XVIII123. Tra i fogli di scuola veneta si ricor-
dano alcuni esempi di buona fattura quali quelli raffiguranti l’Estasi di s.
Francesco e Venere e Adone, vicini alla maniera di G.B. Crosato, e la Sacra
conversazione con santi della scuola del Tiepolo124. Le scuole dell’Italia set-
tentrionale annoverano solo altri tre studi125, mentre l’ambito bolognese
presenta alcuni disegni di nudi maschili, tipiche esercitazioni grafiche de-

119 Ibid., p. 45.


120 Ibid., cat. pp. 77-128, figg. 6-7, 9, 16, 78, 80, 84, 86, 92, 103, 108, 142, 144, 197. Si veda
poi una certa affinità iconografica con il Ritratto di ragazza in piedi eseguito a New York nel
1925: ibid., p. 116 nr. 252.
121 Ibid., pp. 25-28, 5-46, cat. pp. 77-128, figg. 3-4, 11, 67, 109, 150.
122 Si vedano i fogli Gismondi.Disegni.15, 19, 31, 33, 45-46, 54-55, 123B, 125, 130, 161,

166, 176-177, 183, 192, 194, 207, 209, 212, 213, 216-217.
123 Si aggiungano poi altri studi di figura umana e paesaggi del XVIII-XX secolo: si veda-

no i fogli Gismondi.Disegni.3, 100-108, 114, 159.


124 Gismondi.Disegni.90-91, 190; si vedano inoltre altri fogli di scuola veneta: Gismondi.

Disegni.83, 88, 97, 116, 179.


125 Gismondi.Disegni.81, 98, 117.

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268 MANUELA GOBBI

gli artisti dell’Accademia Clementina, stilisticamente affini alla grafia dei


Gandolfi126.
Anche le scuole straniere sono rappresentate da pochi fogli127, ma me-
ritano menzione alcuni piccoli dipinti ad olio su cartoncino con fanciul-
le, colte in vari atteggiamenti, di ambito inglese vicini alla maniera di T.
Lawrence128 insieme ad un foglio di Josè Villegas Y Cordero (1844-1921),
datato «Roma 1879» e intitolato «er gobbetto», disegno di un interessante
pittore nominato direttore dell’Accademia spagnola di Belle Arti a Roma
nel 1898129.
La raccolta contiene poi un consistente numero di copie derivanti da
prototipi antichi e dalle grandi opere pittoriche e grafiche dei secoli pas-
sati. Solo tre disegni di gusto neoclassico sono tratti da bassorilievi an-
tichi: i primi due raffigurano Eros al circo e le Menadi con Ercole e deri-
vano da prototipi non ancora identificati, mentre il terzo foglio è copia
in controparte dal celebre bassorilievo capitolino con la Sottomissione dei
Germani130. Più numerosi sono gli esempi tratti dai maestri dell’arte rina-
scimentale italiana, come Raffaello131, Mantegna132, Baccio Bandinelli133
e Parmigianino134. Il Seicento italiano è invece rappresentato da disegni

126
Gismondi.Disegni.99, 184-187.
127
Gismondi.Disegni.10-14 (fogli a pastelli colorati, forse da un taccuino, di un artista
inglese in Italia per il Grand Tour), 76 (scuola tedesca), 129 (scuola francese), 131 (scuola
inglese), 162-165, 180 (scuola francese).
128 Gismondi.Disegni.203-206.
129 Gismondi.Disegni.5. Sulla figura di José Villegas Y Cordero si veda: A. CASTRO

MARTÍN, La pintura de José Villegas: 1844-1921 in Goya 256 (1997), pp. 197-208; A. CASTRO
MARTÍN, Villegas al frente del Prado. Dos décadas en la historia de la Pinacoteca (1901-1918) in
Boletín del Museo del Prado 34 (1995), pp. 49-58.
130 Gismondi.Disegni.34, 35, 126.
131 Gismondi.Disegni.92 (copia dall’arazzo vaticano con la Consegna delle chiavi a s. Pie-

tro), 95 (copia dal foglio con Studi di putti al Louvre, inv. 3855 verso), 238 (copia della figura
della Giustizia affrescata su invenzione di Raffaello nella sala di Costantino in Vaticano). Si
veda: Raffaello in Vaticano, catalogo mostra Braccio di Carlo Magno 16 ottobre 1984 – 16
gennaio 1985, Milano 1984, pp. 252-253 nr. 93; Raphael invenit. Stampe da Raffaello nelle
collezioni dell’Istituto nazionale per la grafica, catalogo di G. BERNINI PEZZINI, S. MASSARI e S.
PROSPERI VALENTI RODINÒ, Roma 1985, pp. 523, 561.
132 Gismondi.Disegni.202: copia dal Miracolo di s. Giacomo sulla via del martirio nella

cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani a Padova. Si veda: U. BALDINI – V. CURZI – C.
PRETE, Andrea Mantegna, Firenze 1997, pp. 16-24.
133 Gismondi.Disegni.230: copia dal Martirio di s. Lorenzo per la cappella maggiore della

chiesa di S. Lorenzo a Firenze; probabilmente deriva dal disegno del Bandinelli per l’opera
che in realtà non fu mai realizzata, ma incisa dal Raimondi con varianti rispetto al nostro
foglio. Si veda: The Illustrated Bartsch, 26: The works of Marcantonio Raimondi and of his
school, edited by K. OBERHUBER, New York 1978, pp. 135-138 nrr. 104-I/II.
134 Gismondi.Disegni.96: copia all’incisione raffigurante S. Giacomo maggiore. Si veda:

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 269

tratti da Stefano della Bella135, da Guercino e i suoi incisori136, da Cristo-


foro Roncalli137 e Ludovico Carracci138; mentre il XVIII secolo presenta tre
fogli, il primo da Tiepolo139 e gli altri due da incisioni di J. Daulle su dise-
gno di F. Boucher140. In altri casi non è stato ancora possibile identificare
le opere da cui sono tratti i disegni141. Segue poi un consistente numero
di fogli anonimi, collocabili tra il XVIII e il XX secolo e raffiguranti studi
accademici, paesaggi, ritratti, scene mitologiche e teatrali142.
Si segnala poi la presenza di alcuni falsi d’epoca, spesso rintracciabili
nel mercato antiquario novecentesco, e confusi per opere originali di scuo-
le e artisti del XVI-XVIII secolo, come Michelangelo, Rembrandt e Tiepolo;
in alcuni casi si è ingannati anche dalla carta riprodotta all’antica con tanto
di marchi di collezione143.

E. MISTRALI, Parmigianino incisore. Catalogo completo delle incisioni, Parma 2003, pp. 104-
111 nr. 13.
135 Gismondi.Disegni.123A: copia dall’incisione con Scena di porto con la prua di una

galera del 1634 facente parte della serie Suite de huit Marines. Si veda: A. FORLANI TEMPESTI,
Mostra di incisioni di Stefano della Bella, Firenze 1973, pp. 22-24 nr. 8c (Gabinetto Disegni e
Stampe degli Uffizi, XXXIX).
136 Gismondi.Disegni.74 (copia in controparte dall’incisione Studi di teste del 1619 del

Gatti su invenzione del Guercino), 89 (disegno derivante dal dipinto Rinaldo trattiene Armida
nell’atto di trafiggersi della collezione Pepoli a Bologna), 191 (disegno al tratto per incisione
da Guercino raffigurante Abramo scaccia Agar e Ismaele del 1658). Si veda: P. BAGNI, Il Guer-
cino e i suoi incisori, Roma 1988; L. SALERNO, I dipinti del Guercino, consulenza scientifica di
D. MAHON, Roma 1988, p. 389 nr. 327.
137 Gismondi.Disegni.229: copia da un riquadro con la Visitazione dal soffitto della sala

del Tesoro del Santuario della Santa Casa di Loreto, affrescato dal Roncalli con scene della
vita di Maria. In basso la scritta Cristophorus Roncallius Eques Pomarancius pinx. In Æditus
Lauretanis 1617. Si veda: I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo, IV: Il Seicento, 4, a cura
di P. ZAMPETTI, Bergamo 1983-1987.
138 Gismondi.Disegni.193: copia dal dipinto della Madonna con bambino appaiono a s.

Giacinto di L. Carracci del 1594 al Louvre (inv. 186).


139 Gismondi.Disegni.179: particolare dal dipinto di Tarquinio e Lucrezia, oggi ad Augu-

sta. Si veda: L’opera completa di Giambattista Tiepolo, presentazione di G. PIOVENE, apparati


critici e filologici di A. PALLUCCHINI, Milano 1968, fig. 190e.
140 Gismondi.Disegni.181-182: copie da due incisioni dal titolo L’Oiseau Chèri e La Co-

quette del 1758. Si veda M. ROUX, Inventaire du fonds français. Graveurs du XVIIIe siècle, VI,
Paris 1949, p. 119 nrr. 135-136.
141 Gismondi.Disegni.75, 80, 94, 113, 132, 167-169, 215.
142 Gismondi.Disegni.6, 16-18, 20, 32, 36-40, 42-43, 53, 73C, 82, 86-87, 112, 128, 160, 173,

174, 195, 197, 214, 231-237.


143 Gismondi.Disegni.1 (falso di scuola veneta XVI sec.), 2 (falso della Morte della Vergine

di Rembrandt), 4 (falso da uno degli ignudi della Cappella Sistina di Michelangelo), 127 (fal-
so dall’Assunzione della Vergine di Correggio a Parma), 171-172 (falsi di scuola italiana XVII
sec.), 178 (falso di nudo maschile antico), 198 (Capriccio veneziano di falsario alla Guardi),
196, 199-201 (falsi alla veneta), 189 (falso dell’Adorazione dei magi di Tiepolo), 240-241 (fal-
sario da Raffaello).

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270 MANUELA GOBBI

In chiusura si ricorda la presenza di sedici stampe144, fra le quali meri-


tano attenzioni due belle xilografie su legno di testa di Luigi Galli raffigu-
ranti tre personaggi orientali e un uomo disteso, forse da rintracciare nel
catalogo dell’artista della raccolta di Paolo Amadeo, come indica il timbro
di collezione su entrambi i fogli145.
Per completezza si allega in appendice l’inventario generale dei disegni
della collezione Gismondi, con l’auspicio che possa divenire un utile stru-
mento di consultazione e di migliore conoscenza del fondo.

I disegni autografi di Tommaso Gismondi nel Gabinetto delle Stampe della


Biblioteca Apostolica Vaticana
Il maestro Gismondi ha donato inoltre alla Biblioteca Vaticana cinquan-
ta disegni realizzati nel corso della sua attività artistica: di vario soggetto
e tecniche esecutive, da schizzi a matita a lavori più pittorici a tempera,
i fogli sono suddivisibili in cinque gruppi. Fanno parte di questo fondo
anche cinque litografie ritoccate da Gismondi e raffiguranti la basilica di
Sacré Coeur, la colonna Vendôme, la torre Eiffel e la piazza di San Pietro
a Roma146.
L’artista considerava di fondamentale importanza la realizzazione di
schizzi e bozzetti in quanto raffigurazione dell’idea allo stato puro ed
espressione della libera creatività, poi plasmata e dipinta nelle forme più
adatte a rappresentarla. Il maestro raccontava di avere sempre avuto una
inclinazione naturale ad eseguire schizzi, che realizzava ovunque si trovas-
se appuntando velocemente le proprie idee sulle pagine di un taccuino o
su fogli sciolti per poi dar loro vita attraverso la materia147. Ad ogni nuova
commissione il maestro si dedicava immediatamente alla realizzazione di
schizzi e progetti, spinto dalla fantasia e con la stessa ansia delle prime
opere: il momento ideativo era il più emozionante, quando si sentiva aggre-

144 Gismondi.Disegni.56 (incisione per un frontespizio, fine XVI sec.), 174 (incisione di

C. Faucci su disegno di G. E. Morghen del quadro di P. Batoni con la Ercole fanciullo strozza
i due serpenti), 175a (natura morta incisa da P. C. Comte su disegno di D. Lancelot), 219-228
(serie di litografie del 1839 dal titolo Eglinton Tournament montate sullo stesso supporto). Si
aggiungano poi la già citata incisione di M. Barberis e le due seguenti del Galli. Si suppone
che facciano parte del fondo di disegni per non alterare la struttura originaria del lascito Gi-
smondi.
145 Gismondi.Disegni.57-58. Si veda Collezione Paolo Amadeo di Porto Maurizio. Quadri,

bozzetti e disegni di Luigi Galli …, Roma 1926, nr. 286: parla di tre fogli raffiguranti soggetti
orientali, però sono prove litografiche.
146 Si vedano i fogli Gismondi.Disegni.Gismondi.32-35, 40.
147 Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., p. 27.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 271

dito da «una sorta di pazzia» creativa come si evince da alcuni suoi disegni
nella Biblioteca Vaticana148.
Il maestro «interpretò il vero con mille e mille volti», tale era la sua con-
tinua ricerca nella rappresentazione della realtà nei suoi diversi aspetti149,
con un trasporto che emerge anche dai versi da lui ideati e poi scolpiti
sulla sua lapide dalla figlia Donatella, sua allieva, «Qui riposa, non giace, lo
scultore Tommaso Gismondi, con le sue cento opere e i suoi mille sogni».
Ad un primo nucleo appartengono venticinque fogli raffiguranti mira-
coli ed episodi della vita di s. Domenico150; le scene sono inscritte all’interno
di doppie forme ad arco e in alto a sinistra sono riportate brevi iscrizioni
indicative del soggetto raffigurato. Il santo veste il tipico abito domenicano
e sulla sua testa brilla la stella che la nutrice vide sulla fronte del neonato
al momento del battesimo. Non si conoscono opere al riguardo realizzate
dall’artista, ma l’analisi stilistica dei fogli lascia supporre che si possa trat-
tare di progetti per vetrate. La forma ad arco delle scene, l’insistenza sui
contorni delle forme, più marcati e larghi nelle figure principali, e l’estrema
immediatezza delle immagini, prive di elementi secondari e stilizzate in
alcuni casi, induce a valutare l’ipotesi di una possibile traduzione in vetro
del progetto.
Il secondo nucleo comprende invece i disegni di carattere religioso, raf-
figuranti in particolare l’Ultima Cena, la Pietà e la figura di Cristo croci-
fisso.
Il tema dell’Ultima Cena ricorre in tre studi a carboncino: il Cenacolo
è raffigurato come un luogo coperto a capanna dove le figure, abbozzate
rapidamente e prive di riferimenti fisionomici, affollano lo spazio intorno
alla lunga tavola sorretta da gambe laterali151. Nel primo foglio la scena è
meglio definita in una visione d’insieme (tav. XIII)152, nel secondo l’artista
focalizza la sua attenzione sul gruppo di Gesù e degli Apostoli contraendo
e riducendo lo spazio intorno a loro153 mentre nell’ultimo foglio studia solo
la metà sinistra della scena154. Questa è una iconografia cara al Gismondi
ed elaborata nelle sue opere più spettacolari come il Cenacolo in marmo
per la parrocchia dei Servi di Maria a Marina di Massa del 1970 e il Cenaco-
lo del 1976 in bronzo nel giardino degli aranci di S. Sabina a Roma, in real-

148 Ibid., p. 67.


149 Ibid., p. 31.
150 Si tratta dei fogli Gismondi.Disegni.Gismondi.1-25.
151 Si fa riferimento ai fogli Gismondi.Disegni.Gismondi.26-28.
152 Gismondi.Disegni.Gismondi.26: Carboncino e matita su carta avorio; 480 × 625 mm.
153 Gismondi.Disegni.Gismondi.27: Carboncino e matita su carta grigia, 483 × 640 mm.
154 Gismondi.Disegni.Gismondi.28: Carboncino su carta cerulea, 480 × 625 mm.

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272 MANUELA GOBBI

tà un monumento a san Tommaso d’Aquino155: due opere di forte impatto


emotivo, entrambe di grandi dimensioni, la prima collocata nell’abside alle
spalle dell’altare e la seconda all’aria aperta in pieno dialogo con la natura,
caratterizzate da un vigore plastico e da una energia espressiva proprie
delle opere più alte dell’artista. In particolare il gruppo in marmo mostra
una simile articolazione dei personaggi intorno alla tavola, anche se il fo-
glio vaticano non sembra uno studio preparatorio per un’opera scultorea
di questo genere, semmai per un bassorilievo o per un dipinto.
Nel Museo Gismondi di Anagni si conserva poi un olio su tela di mede-
simo soggetto realizzato dall’artista nel 1968156: l’opera è caratterizzata dal
tratto largo e veloce del pennello, i volti sono appena abbozzati in bianco,
tanto da lasciare visibili gli ovali preparatori; le figure degli Apostoli sono
costruite mediante macchie di colore, mentre al centro campeggia l’imma-
gine bianca di Cristo. La scena è priva di ambientazione, tranne pochi ele-
menti quali il tavolo con il calice e il pane e l’accenno alle due sedie laterali.
La qualità del segno, la grafia veloce con cui sono abbozzate le figure e la
resa del tavolo ritornano identiche nel foglio vaticano, mentre la copertura
a capanna è sostituita nella tela da uno sfondo di neri e rossi impastati.
Anche il tema della Pietà è stato più volte affrontato da Gismondi in
gruppi scultorei, quali il marmo per Santa Gemma di Lucca del 1970 e
quello esposto al Knights of Columbus Museum di New Haven; in basso-
rilievi, come quello per la pala d’altare di Santa Maria degli Angeli a Assisi
del 1985; o in piccole sculture e placchette157. In tre disegni vaticani egli
elabora altrettante soluzioni diverse per l’iconografia della Pietà: nel primo
foglio a carboncino immagina la Vergine distesa in un tenero abbraccio
sul corpo del figlio giacente sul sepolcro158, nel secondo sembra invece re-
cuperare l’impostazione dei corpi visibile nel bassorilievo di Assisi e nella
piccola placca circolare in bronzo dorato e argentato esposta al Knights of
Columbus Museum159. Si può supporre che questo studio fosse finalizzato
ad una traduzione a bassorilievo, visto anche l’andamento ovale della sce-
na, quasi chiusa all’interno di una cornice. Nell’ultimo foglio, più definito
nel fitto tratteggio a penna, l’artista colloca su un basamento la figura stan-

155Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., tavv. 31, 53-53b; Tommaso Gismondi:
A Journey through the Art and Faith cit., figg. 9-10 pp. 8-9.
156 Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., tav. 29.
157 Ibid., tav. 32, 69; Tommaso Gismondi: A Journey through the Art and Faith cit., p. 14

fig. 17, fig. a p. 26 e fig. a p. 36


158 Gismondi.Disegni.Gismondi.43: Carboncino e rialzi in bianco su carta grigia, 233 ×

323 mm.
159 Gismondi.Disegni.Gismondi.44: Inchiostro e rialzi in bianco su carta grigia, 316 × 242

mm.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 273

te della Vergine, che sorregge il corpo del figlio160, come nel caso della Pietà
di Lucca, diversa però nell’impostazione piramidale dei corpi, e della Pietà
in marmo esposta a New Haven, assai simile nella struttura dei corpi, qui
più vicini e raccolti.
L’ultimo esempio di arte sacra è un piccolo abbozzo di Gesù Crocifisso
da mettere in relazione con la grande scultura del Cristo Redentore rea-
lizzata per il santuario di San Gerardo a Materdomini nei primi anni Set-
tanta161. Lo schizzo vaticano è appuntato su un foglio con in alto a sinistra
l’intestazione che recita «Casa del Pellegrino MATERDOMINI (AVELLINO)», da
riferire sicuramente al luogo dove l’artista alloggiò durante i lavori condot-
ti nel santuario. Qui infatti Gismondi eseguì, oltre la statua in questione
che sorprendentemente emerge dalle canne dell’organo retrostante, anche
i pannelli di bronzo dell’altare e dell’ambone, il leggio del celebrante e il
tabernacolo. Riusciamo quindi ad immaginare il maestro, colto dalla crea-
tività del momento, schizzare sul primo foglio a disposizione l’idea appena
nata nella sua mente, poi elaborata nelle forme grandiose che possiamo
osservare nel santuario.
Nel terzo gruppo di disegni abbiamo invece due progetti decorativi. Il
primo riguarda la decorazione, da realizzare in marmo, del pavimento del
presbiterio e del coro della basilica di Santo Domingo, come riferisce la
scritta che corre nella parte superiore del foglio162. Si tratta di un grande
progetto in cui sono riportate con precisione le misure da rispettare.
Sappiamo che l’artista realizzò per Santo Domingo la sua opera più im-
ponente, cioè il portale per la cattedrale di Nuestra Señora de la Alta Gracia
a Higüey nel 1987, formato da sei porte d’accesso con le storie della colo-
nizzazione, dell’evangelizzazione e dei santi di queste terre, sormontate da
una ricca cornice floreale163. Forse risale a quegli anni la commissione per
la decorazione della basilica, di cui però non abbiamo notizia, o forse po-
trebbe trattarsi dell’omonima chiesa argentina anche se sappiamo che nel
periodo in cui Gismondi visse in Argentina abbandonò temporaneamente
l’attività artistica.
Il secondo disegno è un piccolo progetto sommario per il portale bron-

160 Gismondi.Disegni.Gismondi.45: Inchiostro su carta avorio, 341 × 256 mm.


161 Gismondi.Disegni.Gismondi.42: Inchiostro su carta intestata, 223 × 135 mm. In alto a
sinistra stampato «Casa del Pellegrino MATERDOMINI (AVELLINO)».
162 Gismondi.Disegni.Gismondi.29: Penna e matita su carta preparata in giallo, 618 ×

1190 mm. In alto a destra «BASILICA DE SANTO DOMINCO PISO DE MARMOL PRESBITERIO
Y CORO PROYECTO DE DECORATION: Dib N°1 TOMAS GISMONDI Escala 1:20». In pianta
riportate misure e leggenda numerica.
163 Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., pp. 60-62, tav. 76; Tommaso Gismon-

di: A Journey through the Art and Faith cit., pp. 11-12 fig. 14.

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274 MANUELA GOBBI

zeo della chiesa di Santa Maria della Valle a San Giovanni Campano del
1973, che fa parte della lunga serie di portali realizzati nel corso della sua
carriera164. Al centro del foglio è tracciato un abbozzo della struttura del
portale, mentre, ai lati, Gismondi appunta alcune indicazioni per la defi-
nizione delle scene e delle figure. L’opera è formata da una grande croce
centrale con spighe di grano, che l’artista specifica di modellare in maniera
più sottile, e con il Sacro Volto di Gesù nel centro, che vorrebbe non venis-
se diviso a metà dall’apertura della porta. I pannelli raffigurano invece la
Madonna del suffragio, nella cui scena indica di aggiungere elementi pa-
esaggistici sullo sfondo, le anime del Purgatorio, san Tommaso d’Aquino,
la Sacra Famiglia con san Giovannino, in origine senza la figura di s. Giu-
seppe che il Gismondi annota di inserire, la Pietà, l’arcangelo Raffaele con
Tobia e infine san Francesco d’Assisi. Nei quattro angoli ci sono le figure
degli Evangelisti, che l’artista desidera realizzare in forme più grandi. Sul
verso del foglio sono annotati i nomi dei donatori «Don Raffele Bottoni
e fratello Francesco», che compaiono sui due pannelli finali del portale,
insieme all’indicazione dell’anno 1973 e al nome dell’artista.
Il quarto gruppo di disegni è composto di cinque vedute dei luoghi più
caratteristici della cittadina di Montefiascone nel Viterbese: i primi due
fogli a pastelli colorati raffigurano piazza Vittorio Emanuele e la basilica di
San Flaviano, entrambi vincitori del primo premio di pittura estemporanea
di Montefiascone, come si evince dai timbri sul verso165. Gli altri tre, ese-
guiti a monocromo, rappresentano invece la Porta di Borgo, la cattedrale
di S. Margherita e di nuovo la basilica di San Flaviano. Sono accompagnati
da tre ricevute numerate recanti il titolo e il valore stimato dell’opera, in
quanto anche questi fogli vinsero il primo premio di pittura estemporanea
di Montefiascone nel 1964166. Si deve aggiungere poi un disegno a tempera

164Gismondi.Disegni.Gismondi.41: Penna e inchiostro su carta quadrettata, 150 × 205


mm. Sul foglio vari appunti dell’artista per la composizione del portale e sul verso nomi dei
committenti e dell’artista. Si veda Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., tav. 44. In
tutto l’artista ha creato ben 28 portali nella sua lunga carriera: oltre i già citati in Vaticano, a
Santo Domingo e a San Giovanni Campano, si ricordano quelli di Morolo, Sgurgola, Alatri,
Vallecorsa, Lettere, Lanciano, Parigi, Sora, Riese, Civita Castellana, Paola e Reggio Calabria.
165 Gismondi.Disegni.Gismondi.31: Pastelli colorati carta bianca, 500 × 325 mm. Sul ver-

so timbro del “1 PREMIO DI PITTURA ESTEMPORANEA Montefiascone”.


Gismondi.Disegni.Gismondi.36: Pastelli e gessetti colorati su carta bianca, 500 × 325 mm.
Sul verso timbro del “1 PREMIO DI PITTURA ESTEMPORANEA Montefiascone”. In basso a
destra firma GISMONDI.
166 Gismondi.Disegni.Gismondi.37: Tempera e matita su carta bianca, 349 × 500 mm. Sul

verso timbro del “1 PREMIO DI PITTURA ESTEMPORANEA Montefiascone”. In basso a destra


firma GISMONDI 1964. Sul verso a matita 205. Marchio di fabbrica della carta FABRIANO in
un ovale con un castello.
Gismondi.Disegni.Gismondi.38: Tempera su carta bianca, 357 × 500 mm. Sul verso tim-

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 275

colorata raffigurante la scalinata di Trinità dei Monti con la Barcaccia in


primo piano (tav. XIV), da mettere a confronto con il disegno di medesi-
mo soggetto, conservato nel museo di Anagni, ma di dimensioni maggiori
nell’inquadratura verticale con ampia porzione di cielo167. Entrambi sono
caratterizzati dal tratto sciolto e veloce del maestro che abbozza l’essenzia-
lità della scena attraverso colori vivi e accesi, lasciando avvertire l’esigenza
plastica tipica dello scultore.
Chiude la serie di fogli autografi di Gismondi un gruppo di disegni di
soggetto naturalistico e figurativo. L’interesse per la natura come viva for-
za creatrice si palesa nel foglio raffigurante un albero con un cavallo in
movimento, sicuramente uno dei soggetti più rappresentati e più amati dal
maestro come lui stesso raccontava:

Il cavallo rappresenta la forma più bella del creato, sia nelle proporzioni
che nei movimenti … Quando vivevo in Argentina stavo ore a guardarli. Io lo
vedo come una forma di realizzazione, un’idealizzazione dell’essere vivente168.

Infine, oltre ad un autoritratto di profilo del maestro169, abbiamo un


disegno di donna seduta con in braccio un bambino, interpretabile come
la raffigurazione della Vergine col bambino o piuttosto del tema della ma-
ternità, più volte affrontato da Gismondi sin dalla giovane età, come nel
gruppo della Signora Urbini e figli del 1934170. La dolcezza e l’intimo rap-
porto tra la madre e i suoi figli che traspare dalla scultura ritorna nel foglio
vaticano, così come l’iconografia delle figure e la resa del volto e della veste
della donna.

bro del “1 PREMIO DI PITTURA ESTEMPORANEA Montefiascone”. In basso a destra firma


GISMONDI 1964. Sul verso a matita 206.
Gismondi.Disegni.Gismondi.39: Tempera su carta bianca, 500 × 348 mm. Sul verso tim-
bro del “1 PREMIO DI PITTURA ESTEMPORANEA Montefiascone”. In basso a destra firma
GISMONDI.
167 Gismondi.Disegni.Gismondi.30: Tempera e pennello su carta bianca, 339 × 478 mm.

Si veda poi Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., tav. 54.
168 Gismondi.Disegni.Gismondi.47: Inchiostro su carta, 315 × 242 mm. Si veda sull’argo-

mento Tommaso Gismondi … la scultura nella vita cit., pp. 41-42 tavv.19, 23-24 e Tommaso
Gismondi: A Journey through the Art and Faith cit., p. 6, figg. a pp. 30-32.
In un altro foglio della collezione (Gismondi.Disegni.Gismondi.49) l’artista schizza una
scena campestre con figure di contadini e un cavallo.
169 Gismondi.Disegni.Gismondi.46: Carboncino su cartoncino, 351 × 255 mm.
170 Gismondi.Disegni.Gismondi.48: Inchiostro su carta grigia, 341 × 239 mm. Sull’inter-

pretazione del soggetto dal punto di vista religioso si veda Tommaso Gismondi … la scultura
nella vita cit., tavv. 52, 72, 78; Tommaso Gismondi: A Journey through the Art and Faith cit.,
pp. 7, 22-24, 33. Sul tema della maternità si veda Tommaso Gismondi … la scultura nella vita
cit., tavv. 9, 42, 45, 75 e Tommaso Gismondi: A Journey through the Art and Faith cit., p. 6.

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276 MANUELA GOBBI

«L’arte è la mia vita: guardate le mie opere e la conoscerete». Una frase


schietta ed efficace pronunciata da un artista, Tommaso Gismondi, che
non amava troppo parlare delle proprie opere, essendo quest’ultime ca-
paci di raccontare da sole la sua storia. Seguendo quindi il consiglio del
maestro, abbiamo analizzato la sua arte attraverso i suoi lavori grafici e
cercato di capire il suo orientamento artistico attraverso la sua collezione
di disegni, con l’auspicio di aver contribuito con questo studio al ricordo di
un uomo e di un artista, così a lungo legato al Vaticano, e di aver segnalato
alla critica un fondo di interessanti disegni inediti171.

Tav. I – M. GRIGOLETTI, Ritratto di donna Tav. II – M. GRIGOLETTI, Ritratto di uomo


(BAV, Gismondi.Disegni.77). (BAV, Gismondi.Disegni.78).

171
Vorrei, per concludere, ringraziare coloro che hanno contribuito con il loro aiuto e i
loro consigli alla scrittura di questo testo, in particolare la dott.ssa Barbara Jatta, responsa-
bile del Gabinetto delle Stampe della Biblioteca Apostolica Vaticana, e i colleghi del reparto
— Simona De Crescenzo, Anna Maria Voltan, Mara Mincione, Alfonso Bracci, Alfredo Diotal-
levi — la prof.ssa Simonetta Prosperi Valenti Rodinò e il prof. Pier Andrea De Rosa.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 277

Tav. III – G. FAVRETTO, Studio di modella (BAV, Gismondi.Disegni.115)

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278 MANUELA GOBBI

Tav. IV – G. CASA, Il trasporto del corpo di Patroclo (BAV, Gismondi.Disegni.118).

Tav. V – B. CELENTANO, S. Stefano e uno degli uomini pii (BAV, Gismondi.Disegni.109).

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 279

Tav. VI – M. BARBERIS, Scorcio di Castel Fusano? (BAV, Gismondi Disegni.136).

Tav. VII – M. BARBERIS, Un cortile romano (BAV, Gismondi.Disegni.150).

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280 MANUELA GOBBI

Tav. VIII – M. BARBERIS, Pini a Villa Borghese (BAV, Gismondi.Disegni.135).

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 281

Tav. IX – M. BARBERIS, S. Maria in Trastevere (BAV, Gismondi.Disegni.155).

Tav. X – M. BARBERIS, Scorcio del Campidoglio (BAV, Gismondi.Disegni.152).

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282 MANUELA GOBBI

Tav. XI – L. POGLIAGHI, Trionfo carnascialesco (BAV, Gismondi.Disegni.188).

Tav. XII – A. NOCI, Studio di donna seduta (BAV, Gismondi.Disegni.218).

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 283

Tav. XIII – T. GISMONDI, Ultima Cena (BAV, Gismondi.Disegni.Gismondi.26).

Tav. XIV – T. GISMONDI, Trinità dei Monti (BAV, Gismondi.Disegni.Gismondi.30).

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284 MANUELA GOBBI

APPENDICE
INVENTARIO DEI DISEGNI DELLA COLLEZIONE GISMONDI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.1 Falsario di scuo- Studio di figure Inizi XX sec.
la veneta del XVI
sec.
Gismondi.Disegni.2 Falsario Morte della Vergine Inizi XX sec.
da Rembrandt

Gismondi.Disegni.3 Scuola romana Studio di capitello XVII sec.


Gismondi.Disegni.4 Falsario Figura di ignudo Inizi XX sec.
da Michelangelo

Gismondi.Disegni.5 Josè Villegas Y Un gobbetto 1879


Cordero
(1848-1922)
Gismondi.Disegni.6 Anonimo Veduta marittima XX sec.?
Gismondi.Disegni.7 Mario Barberis Studio di volto di fanciulla I metà XX sec.
(1893-1960)?
Gismondi.Disegni.8 Mario Barberis Scorcio di Villa Medici? 1908 -1911
(1893-1960)?
Gismondi.Disegni.9 Scuola italiana Studio di alberi XVI sec.?

Gismondi.Disegni.10 Scuola inglese? Paesaggio con alberi Primi anni del XX


sec.
Gismondi.Disegni.11 Scuola inglese? Paesaggio con casa Primi anni del XX
sec.
Gismondi.Disegni.12 Scuola inglese? Paesaggio con architettura Primi anni del XX
sec.

Gismondi.Disegni.13 Scuola inglese? Paesaggio di Roma Maggio 1908

Gismondi.Disegni.14 Scuola inglese? Paesaggio fiorito con casa Primi anni del XX
sec.
Gismondi.Disegni.15 Scuola italiana? Paesaggio notturno Inizi XX sec.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 285

TECNICA MISURE NOTE


Inchiostro bruno su carta 185 × 120 mm In basso scritta: Titiano.
bianca montato su carton- 326 × 247 mm
cino grigio (supporto)
Penna, inchiostro bruno 130 × 205 mm In basso a sinistra marchio di collezione con aquila
su carta avorio incollata bicipite, uguale nei ff. 2, 4, 127, 189. Il foglio deriva
su tela dall’incisione di Rembrandt del 1639 raffigurante La
morte della Vergine.
Matita rossa su carta avorio 200 × 261 mm Sul verso timbro di collezione Gismondi.
Penna, inchiostro bruno 245 × 175 mm In alto a destra marchio di collezione con aquila bici-
ossidato su carta avorio pite, uguale nei ff. 2, 4, 127, 189.
incollata su tela Sul verso scritta a matita: Dominichino.
Copia di uno degli ignudi ai lati del Sacrificio di Noè
nella volta della Cappella Sistina.
Olio su tela 200 × 305 mm In basso a sinistra firma, titolo e data: J. Villegas / “er
gobbetto” / Romia 79.

Olio su carta 163 × 265 mm In basso a matita di mano moderna: zero.


Carboncino nero e acque- 264 × 190 mm
rello bruno su carta bianca
Carboncino nero su carta 215 × 162 mm
avorio
Tracce di matita nera, in- 177 × 246 mm
chiostro e acquerello bru-
no su carta bruno chiaro
Pastelli colorati e inchio- 255 × 176 mm I ff. 10-14 sono della stessa mano.
stro su carta bianca Filigrana: … S’ GREYHOUND REEVES.
Inchiostro e pastelli co- 253 × 176 mm I ff. 10-14 sono della stessa mano.
lorati su carta bianca Filigrana: … S’ GREYHOUND REEVES.
Pastelli colorati e inchio- 254 × 177 mm I ff. 10-14 sono della stessa mano.
stro su carta bianca In basso a destra a matita: Color of S.ta … Filigrana:
… ES’ GREYHOUND REEVES.
Pastelli colorati e inchio- 228 × 152 mm I ff. 10-14 sono della stessa mano.
stro su carta bianca Sul verso a matita: Roma / Maggio 1908.
Filigrana: PM FABRIANO.
Pastelli colorati su carta 260 × 177 mm I ff. 10-14 sono della stessa mano.
bianca Filigrana: … GREYHOUND REEVES.
Pastelli colorati su carta 220 × 150 mm In basso a sinistra etichetta: PIETRO MILIANI / FA-
bianca incollata su carton- BRICA DI CARTA A MANO (?) / FABRIANO / N. 670.
cino foderato di stoffa Al centro scritta da decifrare (montorso?).

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286 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.16 Anonimo Paesaggio? XVIII sec.

Gismondi.Disegni.17 Anonimo Veduta di Roma? XX sec.

Gismondi.Disegni.18 Anonimo Studi vari Fine XIX –


inizi XX sec.?
Gismondi.Disegni.19 Scuola italiana? Veduta di piazza con obelisco Inizi XX sec.
Gismondi.Disegni.20 Anonimo Paesaggio con albero Inizi XX sec.

Gismondi.Disegni.21 Mario Barberis Accademia di Francia dal Muro 1908 -1911


(1893-1960), attr. Torto
Gismondi.Disegni.22 Mario Barberis Paesaggio 1912
(1893-1960)?

Gismondi.Disegni.23 Mario Barberis Il Tevere nella campagna ro- 1927


(1893-1960), attr. mana
Gismondi.Disegni.24 Scuola romana Veduta di Roma? 1946

Gismondi.Disegni.25 Mario Barberis Veduta di casa con albero I metà XX sec.


(1893-1960)?
Gismondi.Disegni.26 Mario Barberis Violinista 1909
(1893-1960), attr.
Gismondi.Disegni.27 Scuola romana: Studio di uomo in preghiera 1850 – inizi XX
studi accademici con particolari del braccio sec.

Gismondi.Disegni.28 Scuola romana: Studio di uomo in preghiera 1850 – inizi XX


studi accademici sec.

Gismondi.Disegni.29 Scuola romana: Studio di uomo con le mani al 1850 – inizi XX


studi accademici petto sec.

Gismondi .Disegni.30 Scuola romana: Studio di uomo ammantato 1850 – inizi XX


studi accademici sec.

Gismondi.Disegni.31 Scuola italiana Schizzo di viale alberato XIX sec.

Gismondi.Disegni.32 Anonimo S. Girolamo nel suo studio? XIX sec.?

Gismondi.Disegni.33 Scuola italiana Allegoria 1780/


1790 – Inizi XIX
sec.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 287

TECNICA MISURE NOTE


Acquerelli colorati su carta 155 × 240 mm Verso sfumato di rosso.
bianca Fa parte di un taccuino dal vivo.
Acquerelli colorati su carta 165 × 230 mm
bianca
Penna e inchiostro bruno 140 × 225 mm
su carta bianca
Carboncino su carta bianca 205 × 145 mm Filigrana: … M … ANO. (Pietro Miliani Fabriano?)
Pastelli colorati su carta 134 × 200 mm
bianca
Matita viola su carta avo- 200 × 134 mm Sul verso a penna appunti di grammatica greca e in
rio basso a matita: Accademia di Francia dal Muro Torto .
Matita nera su carta bian- 102 × 183 mm In basso a sinistra a matita: Acc. Ingl. MCMXII-. Sul
ca verso stampato: JOYNSON Drawing Paper / Chiej Of-
fice: – St. Mary Cray, Kent …
Matita nera su carta bian- 125 × 170 mm In basso a destra: I. V. MCMXXVII.
ca
Matita nera su carta bian- 120 × 150 mm In alto a sinistra: Vespignani (?) 1946. Sul verso schiz-
ca zo di albero.
Matita nera su carta bian- 110 × 112 mm
ca
Matita nera su carta bian- 211 × 218 mm In alto a sinistra scritta tagliata e a destra 16 / MC …
ca IX.
Matita nera e lumeggiatu- 210 × 200 mm I ff. 27-30 sono della stessa mano e incollati insieme
ra bianca su carta bruna 299 × 229 mm su un supporto di carta bruno chiaro.
(supporto)
Matita nera e lumeggiatu- 74 × 70 mm I ff. 27-30 sono della stessa mano e incollati insieme
ra bianca su carta avorio 229 × 299 mm su un supporto di carta bruno chiaro.
(supporto)
Matita nera e lumeggiatu- 80 × 73 mm I ff. 27-30 sono della stessa mano e incollati insieme
ra bianca su carta avorio 229 × 299 mm su un supporto di carta bruno chiaro.
(supporto)
Matita nera e lumeggiatu- 243 × 162 mm I ff. 27-30 sono della stessa mano e incollati insieme
ra bianca su carta bruna 229 × 299 mm su un supporto di carta bruno chiaro.
(supporto)
Penna e inchiostro bruno 172 × 108 mm In basso a destra a penna: G. Facciolà.
su carta bianca
Matita nera e lumeggiatu- 200 × 262 mm Quadrettatura a matita sul foglio.
re bianche su carta bruno
scuro
Matita nera e gessetto bian- 271 × 192 mm
co su carta bruno chiaro in-
collata su cartoncino bruno

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288 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.34 Anonimo da ri- Studio di bassorilievo antico XVIII -XIX sec.
lievo antico con Eros al circo
Gismondi.Disegni.35 Anonimo da ri- Studio di bassorilievo antico XVIII -XIX sec.
lievo antico con le Menadi ed Ercole
Gismondi.Disegni.36 Anonimo Studio di gambe XIX sec.
Gismondi.Disegni.37 Anonimo Studio di nudo 1924

Gismondi.Disegni.38r Anonimo Studio di cavallo Inizi XX sec.


Gismondi.Disegni.38v Anonimo Madonna con bambino Inizi XX sec.
Gismondi.Disegni.39 Anonimo Studio di nudo maschile 1924

Gismondi.Disegni.40 Anonimo Studio accademico 1924

Gismondi.Disegni.41 Scuola italiana Benedizione papale 1860 c.

Gismondi.Disegni.42 Anonimo Due piccoli paesaggi XIX sec.


Gismondi.Disegni.43r Anonimo Nudo accademico XIX sec.?

Gismondi.Disegni.43v Anonimo Studio accademico femminile XIX sec.?

Gismondi.Disegni.44 Mario Barberis Ritratto maschile (Riccardo 1909


(1893-1960), attr. Wagner?)

Gismondi.Disegni.45 Scuola italiana Figure allegoriche Inizi XX sec.?

Gismondi.Disegni.46r-v Scuola italiana Studi vari 1912

Gismondi.Disegni.47 Mario Barberis Scorcio della campagna roma- 1908


(1893-1960), attr. na
Gismondi.Disegni.48 Mario Barberis Vecchi tronchi 1908
(1893-1960), attr.
Gismondi.Disegni.49 Mario Barberis Paesaggio romano 1908
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.50 Mario Barberis Paesaggio 1908
(1893-1960), attr.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 289

TECNICA MISURE NOTE


Matita nera su carta avorio 174 × 343 mm Stessa mano del foglio 35.

Matita nera su carta avorio 224 × 340 mm Stessa mano del foglio 34.

Matita nera su carta avorio 342 × 246 mm In basso a destra scritta illeggibile a matita.
Matita nera e carboncino 332 × 243 mm Sul verso scritta tagliata.
su carta avorio In basso a sinistra a matita appena leggibile: Dies (?)
18 -21- 1924. Stessa mano dei ff. 37-40.
Carboncino su carta bianca 240 × 347 mm Stessa mano dei ff. 37-40.
Matita su carta bianca 240 × 347 mm Stessa mano dei ff. 37-40.
Carboncino su carta avo- 330 × 241 mm Stessa mano dei ff. 37-40.
rio In basso a sinistra a matita appena leggibile: Dies (?)
… 10 1924.
Filigrana: P M FABRIANO.
Carboncino su carta avo- 332 × 241 mm Stessa mano dei ff. 37-40. In basso a sinistra a matita
rio appena leggibile: Dies (?) 11-2-1924
E a destra lettera M.
Matita nera su carta bian- 331 × 242 mm A matita rossa 20 × 30.
ca In alto a sinistra marchio circolare con scritto raffael-
lo e immagine dell’artista.
Matita nera su carta bruna 291 × 237 mm Sul lato destro si legge la filigrana CANSON FRERES.
Gessetti colorati su carta 315 × 153 mm
bruna
Gessetti colorati su carta 315 × 153 mm
bruna
Penna, inchiostro, acque- 275 × 215 mm In basso a destra a matita: Ottobre (?) MCMIX. Sul
rello nero e biacca su carta verso schizzi a penna e la scritta moderna a matita
bianca Riccardo Wagner.
Matita nera su carta bruno 307 × 210 mm In basso: Concordia, Gloria.
chiaro
Matita nera, carboncino, 313 × 210 mm Disegni di vedute, architetture e figure sul recto e sul
penna, inchiostro bruno verso.
su carta avorio Sul verso in alto a destra a matita: in Torino 28 Giu-
gno MCMXII.
Tracce di matita, acquerel- 176 × 295 mm Sul verso a matita: 5 Luglio 1908 / 5-9-1908.
li colorati su carta avorio
Gessetti e acquerelli colo- 194 × 285 mm Sul verso schizzi di caricature a matita e Vecchi Tron-
rati su carta avorio chi (?) / Roma add. 7 Aprile (marzo cancellato) 1908.
Pastelli colorati su carta 180 × 316 mm In basso a sinistra: ROMA – 7 – 9 – 1908 e a destra
avorio sigla: MAB.
Matite colorate e acquerel- 198 × 306 mm In basso a destra scritta tagliata: in Gav ... A…
lature su carta avorio

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290 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.51 Mario Barberis Scorcio della campagna roma- 1908
(1893-1960), attr. na
Giamondi.Disegni.52 Scuola italiana Ritratto di Nicolò Tommaseo 1850 -1874
Gismondi.Disegni.53 Anonimo Paesaggio agricolo con carri Fine XIX – inizi
XX sec.
Gismondi.Disegni.54 Scuola italiana Il Convento di S. Francesco a Inizi XX sec.
Fiesole
Gismondi.Disegni.55 Scuola italiana Gesù ai discepoli XX sec.

Gismondi.Disegni.56 Ecole di Fontai- Frontespizio? XVI – inizi XVII


nebleau? sec.?
Gismondi.Disegni.57 Luigi Galli Tre personaggi orientali? XIX sec.
(1817-1900)

Gismondi.Disegni.58 Luigi Galli Figura di uomo disteso XIX sec.


(1817-1900)

Gismondi.Disegni.59 Scuola italiana Napoli. S. Lucia 1880

Gismondi.Disegni.60 Scuola italiana Sorrento. Dall’albergo La Sirena 1880

Gismondi.Disegni.61 Scuola italiana Marino 1880 c.

Gismondi.Disegni.62 Scuola italiana Marino 1880 c.

Gismondi.Disegni.63 Scuola italiana Soriano nel Cimino 1899

Gismondi.Disegni.64 Scuola italiana Soriano nel Cimino 1899

Gismondi.Disegni.65 Scuola italiana Studio di architettura 1899 c.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 291

TECNICA MISURE NOTE


Matite e acquerello colora- 213 × 300 mm In basso a destra: 6 – 7 – 1908 e sul verso in marino / 6
to su carta avorio Luglio 1908.
Carboncino su carta bianca 276 × 216 mm Sul verso di calligrafia moderna: Nicolò Tommaseo.
Matita su carta bianca a 220 × 320 mm
quadretti
Matita nera su carta bianca 326 × 224 mm In basso a sinistra: Fiesole e in basso a destra: G … i

Carboncino su carta bianca 332 × 243 mm In basso: Chi cercate? / S. Giovanni I. 38

Incisione 233 × 163 mm Sul verso disegno di mascherone a matita rossa.


Filigrana: doppia freccia.
Xilografia su legno di testa 200 × 145 mm In basso a sinistra timbro di collezione: COLL. AMA-
incollata su supporto 200 × 244 mm DEO / OPERE DI L. GALLI
(supporto)
Xilografia su legno di testa 157 × 291 mm In basso a destra timbro di collezione: COLL. AMA-
DEO / OPERE DI L. GALLI.

Matita nera su carta bianca 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a destra Napoli. S. Lucia / 8 Maggio / 1880.
Matita nera su carta bianca 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a destra Sorrento. Dall’albergo La Sirena / 10
Maggio 1880.
Carboncino su carta bianca 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a destra Marino.
Carboncino su carta bianca 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a destra Marino.
Matita nera su carta bianca 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a destra Soriano nel Cimino / Settembre 1899.
Sul verso Soriano.
Matita nera su carta bianca 305 × 222 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a destra: Soriano nel Cimino. Via Benedetto
Brin detta il Piscianetto.
Matita nera su carta bianca 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
Probabilmente è sempre Soriano nel Cimino.

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292 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.66 Scuola italiana Soriano nel Cimino 1899

Gismondi.Disegni.66v Scuola italiana Spoleto 1903

Gismondi.Disegni. Scuola italiana Spoleto 1903


67-68

Gismondi.Disegni.68v Scuola italiana Fiore 1903 c.

Gismondi.Disegni.69 Scuola italiana Soriano. Fontana di Papacqua 1899 c.

Gismndi.Disegni.70 Scuola italiana Spoleto 1903 c.

Gismondi.Disegni.71 Scuola italiana Monte Compatri. S. Silvestro 1880 c.

Gismondi.Disegni. Scuola italiana Monte Porzio 1880 c.


71v-72

Gismondi.Disegni.73 Scuola italiana Architetture 1880 c.

Gismondi.Disegni.73A Scuola italiana Veduta 1880 c.

Gismondi.Disegni.73B Anonimo Traduzione persiana del Mahâ- Fine XVIII sec.


bhârata
Gismondi.Disegni.73C Anonimo Paesaggio con alberi XX sec.?
Gismondi.Disegni.74 Anonimo da O. Studio di tre teste Post 1619
Gatti

Gismondi.Disegni.75 Scuola dell’Italia Adorazione dei Magi XVI sec.


settentrionale

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 293

TECNICA MISURE NOTE


Matita nera su carta bian- 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
ca liane.
In alto a destra: Soriano nel Cimino.
Matita nera e acquerelli 222 × 305 mm In alto a destra Spoleto – 2 Sett. 1903.
colorati su carta bianca
Matita nera su carta bianca 222 × 650 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a destra M. te S. Giuliano e a destra a penna
Spoleto 1903. In basso al centro S. Pietro.
Matita nera con acquerella 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
ture su carta bianca liane.
In basso Luna.
Matita nera su carta grigia 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a destra Soriano. E in basso a sinistra Fontana
di Papacqua.
Matita nera su carta bianca 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a sinistra Spoleto.
Matita nera su carta bianca 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a sinistra Monte Compatri e a destra S. Silve-
stro.
Matita nera su carta bianca 222 × 650 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
In alto a destra Monte Porzio.
Matita nera su carta bianca 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
liane.
Matita nera e acquerelli 222 × 305 mm I ff. 59-73A fanno parte di un taccuino di vedute ita-
colorati su carta bianca liane.
Scena dipinta e inchiostri 331 × 176 mm Miniatura persiana fatta probabilmente in India.
colorati su carta vergata
Colori su tela 160 × 111 mm
Penna, inchiostro bruno 177 × 228 mm Sul verso schizzi vari a matita e in alto a sinistra:
su carta avorio 11:97/500 e in basso scrittura moderna: scuola di
raffaello. In basso a sinistra timbro di collezione Gi-
smondi.
Copia in controparte dall’incisione del 1619 di O. Gat-
ti su invenzione del Guercino.
Bistro su carta bianca 270 × 220 mm Sul verso in basso a matita £ 6000.
In basso a destra timbro di collezione Gismondi.
Filigrana: fiore e lettere V e D?
Copia da prototipo inizi ’500?

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294 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Giamondi.Disegni.76 Scuola tedesca Frontespizio con allegorie 1580 -1610

Gismondi.Disegni.77 Michelangelo Ritratto di donna 1820 -1830


Grigoletti
(1801-1870)
Gismondi.Disegni.78 Michelangelo Ritratto di uomo 1820 -1830
Grigoletti
(1801-1870)
Gismondi.Disegni.79 Scuola italiana Veduta di una chiesa XIX sec.

Gismondi.Disegni.80 Scuola dell’Italia Saturno divora uno dei suoi II metà XVI sec.
settentrionale figli

Gismondi.Disegni.81 Scuola dell’Italia Mercurio e una dea XVIII sec.


settentrionale
Gismondi.Disegni.82 Scuola italiana o Studio di cane Inizi XVII sec.
fiamminga
Gismondi.Disegni.83 Scuola vene- Martirio XVIII sec.
ziana di s. Sebastiano

Gismondi.Disegni.84 Scuola italiana Allegoria Fine XIX – inizi


mitologica XX sec.
Gismondi.Disegni.85 Scuola italiana Scena teatrale con anticamera 1820 -1847
architetturale

Gismondi.Disegni.86 Anonimo Scena teatrale di grotta con I metà XIX sec.


monumenti antichi
Gismondi.Disegni.87 Anonimo Divinità mitologica XVII sec.?

Gismondi.Disegni.88 Scuola venezia- Testa di vegliardo XVIII sec.


na (Scuola del
Tiepolo?)
Gismondi.Disegni.89 Anonimo da Rinaldo trattiene Armida XVIII sec.
Guercino nell’atto di trafiggersi con una
freccia

Gismondi.Disegni.90 Scuola vene- Estasi di san Francesco XVIII sec.


ziana

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 295

TECNICA MISURE NOTE


Bistro su carta bianca 290 × 190 mm Disegno per incisione.
Sul verso timbro di collezione Gismondi e al centro a
matita la lettera y.
Matite colorate su carta 310 × 200 mm In basso a destra firma Grigoletti e sul verso timbro di
avorio collezione Gismondi.
Filigrana: VANDER LEY
Matite colorate su carta 310 × 200 mm In basso a destra firma Grigoletti e sul verso timbro di
avorio collezione Gismondi.
Filigrana:VANDER LEY.
Matita nera, penna e in- 179 × 207 mm In basso a sinistra Dal vero (?) e a destra Voltai.
chiostro bruno su carta Filigrana: ILI.
bianca
Penna, inchiostro bruno 246 × 203 mm Sul verso calligrafia moderna Salvator Rosa.
su carta bianca Sembra copia da una incisione.

Penna, inchiostro bruno 295 × 228 mm Sul verso timbro di collezione Gismondi e a matita
su carta bianca £ 45. Filigrana: cerchio e W.
Matita nera su carta bian- 173 × 238 mm Sul verso a matita £ 11.
ca
Sanguigna su carta bianca 245 × 310 mm Sul verso timbro di collezione Gismondi e a matita
£ 65.
Filigrana: P FARGE AV LIMOSIN FLN.
Penna e acquerellature bru- 255 × 188 mm Sul verso numero 44 a matita.
ne su carta bruno chiaro
Penna, inchiostro bruno e 192 × 245 mm In basso a destra: P. Paoletti.
acquerello bruno-grigio su
carta avorio
Penna, inchiostro bruno e 210 × 180 mm
acquerelli colorati su carta
Penna e inchiostro bruno 200 × 270 mm Sul verso timbro di collezione Gismondi.
acquerellato su carta bianca Filigrana: stella in un cerchio e lettera P.
Sanguigna su carta bianca 272 × 200 mm Sul verso schizzo dello stesso soggetto e numero 14.

Sanguigna su carta bianca 225 × 220 mm Filigrana: grappolo d’uva 9742.


Sul verso numero 15.
Derivante dal dipinto del Guercino “Rinaldo trattie-
ne Armida nell’atto di trafiggersi con una freccia” della
collezione Pepoli a Bologna.
Penna, inchiostro bruno e 235 × 250 mm Filigrana: stemma con corona e tre gigli. Sul verso
acquerello bruno-rosso su timbro di collezione Gismondi e numero 16 a matita.
carta bianca Stessa mano del f. 91.

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296 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.91 Scuola vene- Venere e Adone XVIII sec.
ziana

Gismondi.Disegni.92 Scuola italiana Consegna delle chiavi a s. Pie- XIX sec.


da Raffaello tro

Gismondi.Disegni.93 Scuola italiana Paesaggio con due figure XIX sec.

Gismondi.Disegni.94r Scuola romana Studio di testa femminile Fine XVII – inizi


XVIII sec.
Gismondi.Disegni.94v Scuola romana Studio di gamba Fine XVII – inizi
XVIII sec.
Gismondi.Disegni.95 Anonimo da Raf- Studio di putti XVIII sec.
faello

Gismondi.Disegni.96 Scuola emiliana S. Giacomo Maggiore XVI -XVII sec.


da Parmigianino
Gismondi.Disegni.97 Scuola vene- Ganimede rapito dall’aquila XVIII sec.
ziana
Gismondi.Disegni.98 Scuola dell’Italia Studio di volto XVII sec.
settentrionale:
ambito veneto?
Gismondi.Disegni.99 Scuola bologne- Studio accademico di nudo 1700-1720
se maschile
Gismondi.Disegni.100r Scuola italiana: Ss. Trinità Fine XVIII sec.
ambito romano?
Gismondi.Disegni.100v Scuola italiana: Studio di testa Fine XVIII sec.
ambito romano?
Gismondi.Disegni.101 Scuola italiana: S. Pietro Fine XVIII sec.
ambito romano?

Gismondi.Disegni.102 Scuola italiana: Madonna con s. Paolo e s. Carlo Fine XVIII sec.
ambito romano? Borromeo

Gismondi.Disegni.103 Scuola italiana: Studi vari Fine XVIII sec.


ambito romano?

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 297

TECNICA MISURE NOTE


Tracce di matita nera, 220 × 300 mm Filigrana: parte superiore di uno stemma con stelle
penna, inchiostro bruno e all’interno.
acquerello bruno-rosso su Sul verso numero 17. Stessa mano del f. 90.
carta bianca
Matita nera e acquerello 196 × 141 mm In basso a destra marchi di collezione: N in un cerchio
bruno su carta bianca rosso e S in un cerchio viola.
Filigrana: parte di uno stemma.
Copia dall’omonimo arazzo vaticano su disegno di
Raffaello (1515-1516).
Matita nera e acquerello 202 × 141 mm In basso a destra marchi di collezione: N in un cerchio
bruno su carta bianca rosso e S in un cerchio viola. Sul verso schizzo a ma-
tita nera. Filigrana: VI.
Matita nera su carta ceru- 284 × 224 mm Filigrana: Stemma con tre fasce.
lea Copia da Domenichino o da una scultura antica?
Matita nera su carta ceru- 284 × 224 mm In alto a destra a penna: di Angelica Kauffmann. Fili-
lea grana: Stemma con tre fasce.
Inchiostro di china su car- 206 × 158 mm In basso a destra iniziali Rf.
ta bianca Filigrana: Stemma?
Copia dal foglio di Raffaello al Louvre (inv. 3855 verso).
Sanguigna su carta bianca 205 × 133 mm Copia dalla stampa di Parmigianino di “S. Giacomo
Maggiore” del 1527-1530.
Sanguigna su carta bianca 150 × 205 mm Sul verso tracce di sanguigna.
Forse copia da un prototipo.
Gessetto rosso e bianco su 235 × 173 mm Sul verso schizzo di braccio e doppio timbro di colle-
carta bruna zione Gismondi.

Carboncino su carta bruno 239 × 328 mm Sul verso numero 29 a matita.


chiaro
Grafite e gessetto bianco 207 × 140 mm Stessa mano dei ff.100-108: forse sono fogli di un tac-
su carta cerulea cuino.
Grafite e gessetto bianco 207 × 140 mm Numero 40 in alto a destra.
su carta cerulea
Grafite e gessetto bianco 205 × 141 mm Sul verso numero 36.
su carta cerulea Stessa mano dei ff.100-108: forse sono fogli di un tac-
cuino.
Grafite e gessetto bianco 205 × 140 mm Sul verso numero 7.
su carta cerulea Stessa mano dei ff.100-108: forse sono fogli di un tac-
cuino.
Grafite e gessetto bianco 206 × 141 mm Sul verso schizzo di figure (sembra la scena del f. 100)
su carta cerulea e numero 26.
Stessa mano dei ff.100-108: forse sono fogli di un tac-
cuino.
Filigrana: Parte inferiore di stemma con giglio e let-
tere CBM.

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298 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.104 Scuola italiana: S. Francesco Saverio con gli Fine XVIII sec.
ambito romano? Indiani

Gismondi.Disegni.105r Scuola italiana: Ritratto di abate Fine XVIII sec.


ambito romano?
Gismondi.Disegni.105v Scuola italiana: Schizzo di figura in abito reli- Fine XVIII sec.
ambito romano? gioso
Gismondi.Disegni.106 Scuola italiana: Ritratto di cardinale Fine XVIII sec.
ambito romano?

Gismondi.Disegni.107r Scuola italiana: Studio di quadro religioso Fine XVIII sec.


ambito romano?

Gismondi.Disegni.107v Scuola italiana: Volto della Vergine Fine XVIII sec.


ambito romano?
Gismondi.Disegni.108 Scuola italiana: Vergine col bambino e santi Fine XVIII sec.
ambito romano?

Gismondi.Disegni.109 Bernardo Celen- S. Stefano lapidato e raccolto 1853


tano (1835-1863) dagli uomini pii

Gismondi.Disegni.110 Scuola italiana S. Stefano Rotondo – Roma XIX sec.

Gismondi.Disegni.111 Scuola italiana Ritratto di donna XIX sec.


Gismondi.Disegni.112 Anonimo Paesaggio con figure XIX sec.

Gismondi.Disegni.113 Anonimo Minerva XIX sec.

Gismondi.Disegni.114 Scuola romana Ritratto di uomo in veste talare XVIII sec.

Gismondi.Disegni.115 Giacomo Favret- Studio di modella 1871 c.


to (1849-1887)
Gismondi.Disegni.116 Scuola veneta Veduta veneziana XVIII sec.

Gismondi.Disegni.117 Scuola dell’Italia Natività XIX sec.


settentrionale

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 299

TECNICA MISURE NOTE


Grafite e gessetto bianco 206 × 143 mm Sul verso numero 37.
su carta cerulea Stessa mano dei ff.100-108: forse sono fogli di un tac-
cuino.
Grafite e gessetto bianco 204 × 142 mm Stessa mano dei ff.100-108: forse sono fogli di un tac-
su carta cerulea cuino.
Grafite su carta cerulea 204 × 142 mm Numero 39 in alto a destra.

Grafite e gessetto bianco 205 × 142 mm Sul verso numero 35.


su carta cerulea Sembra lo stesso personaggio del f. 105 recto e verso.
Stessa mano dei ff.100-108: forse sono fogli di un tac-
cuino.
Filigrana: parte superiore di stemma coronato con
giglio.
Grafite su carta cerulea 204 × 141 mm Sembra una copia di una pala d’altare.
Stessa mano dei ff.100-108: forse sono fogli di un tac-
cuino.
Grafite su carta cerulea 204 × 141 mm Numero 33 a matita.

Grafite su carta cerulea 206 × 142 mm Sembra riusare per il volto della Vergine lo studio del
f. 107 verso.
Sul verso numero 34.
Stessa mano dei ff.100-108: forse sono fogli di un tac-
cuino.
Matita e tracce di inchio- 125 × 170 mm Sul verso studio di gamba a carboncino.
stro bruno su carta bruno Particolare del dipinto del 1853 di B. Celentano, oggi
chiaro ad Ascoli Piceno.
Inchiostro bruno e acque- 184 × 257 mm In basso a destra a matita S. Stefano Rotondo – Roma.
relli colorati su carta avorio Sul verso N. 87 e f.
Grafite su carta avorio 142 × 105 mm
Matita nera e biacca su 216 × 285 mm In basso a sinistra firma di A. Dufour.
carta bruno chiaro Sul verso timbro di collezione Gismondi.
Inchiostro bruno su carta 104 × 245 mm Sul verso timbro di collezione Gismondi.
bianca quadrettata a matita Copia da un prototipo.
Matita nera, inchiostro 182 × 137 mm In alto a sinistra sopra il cancello Reminiscaris.
rosso e acquerello bruno Sul verso numero 40.
su carta avorio
Acquerelli colorati su carta 265 × 174 mm In basso a sinistra Favretto.
bianca Sul verso N. 211.
Inchiostro bruno su carta 238 × 167 mm
bruno chiaro
Matita nera su carta ceru- 180 × 182 mm Sul verso a penna N 3 / 315. E a matita Biscaino.
lea

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300 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.118 Giacomo Casa Il trasporto del corpo di Patro- 1850 -1887
(1827-1887) clo
Gismondi.Disegni.119 Scuola italiana: La Poesia II metà XIX sec.
A. Pallerini
(1819-1892)?
Gismondi.Disegni.120 Scuola italiana: Inverno e Autunno II metà XIX sec
A. Pallerini
(1819-1892)?
Gismondi.Disegni.121 Scuola italiana: Primavera e Estate II metà XIX sec
A. Pallerini
(1819-1892)?
Gismondi.Disegni.122 Scuola italiana: L’Europa II metà XIX sec
A. Pallerini
(1819-1892)?
Gismondi.Disegni.123A Anonimo da Ste- Scena di porto con la prua di XVII sec.
fano della Bella una galera

Gismondi.Disegni.123B Scuola italiana Studio di teste XX sec.?


Gismondi.Disegni.124 Scuola emiliana Loth fugge con le sue figlie XVII sec.?

Gismondi.Disegni.125 Scuola italiana Fregio decorativo XVIII sec.

Gismondi.Disegni.126 Scuola italiana Sottomissione dei Germani XVIII sec.


da bassorilievo
capitolino

Gismondi.Disegni.127 Falsario da Cor- Due figure di beati Inizi XX sec.


reggio

Gismondi.Disegni.128 Anonimo Bacco con satiri XVIII sec.?

Gismondi.Disegni.129 Scuola francese Ritrovamento di Mosé XVIII sec.

Gismondi.Disegni.130 Scuola italiana Studio di bovino 1884 -1931

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 301

TECNICA MISURE NOTE


Penna, inchiostro di China 196 × 260 mm Sul verso timbro di collezione Gismondi.
e acquerello grigio su carta In basso a destra G. Casa
Matita nera e acquerelli 200 × 143 mm In basso al centro La Poesia e in alto a sinistra 15.
colorati su carta bianca

Penna, inchiostro bruno e 192 × 242 mm In basso Inverno Autunno.


acquerelli colorati su carta Filigrana: parte superiore di filigrana con giglio.
bianca
Penna, inchiostro bruno e 192 × 248 mm In basso Primavera Estate.
acquerelli colorati su carta Filigrana: parte superiore di un giglio.
bianca
Matita nera e acquerelli 202 × 146 mm In alto a destra e in basso al centro L’Europa. In alto a
colorati su carta bianca sinistra numeri cancellati 26 19 e segue N° 15.

Matita nera, penna, in- 153 × 212 mm In basso a matita S.re Rosa.
chiostro bruno su carta Copia dall’omonima incisione di Stefano della Bella
bianca del 1634 facente parte della serie “Suite de huit Ma-
rines”.
Matita nera su carta bianca 158 × 217 mm
Penna, bistro acquerella- 194 × 180 mm
to in alcuni punti su carta
avorio
Matita nera e acquerello 172 × 250 mm
bruno e grigio su carta
bianca
Penna, inchiostro di China 233 × 200 mm Sul verso studio di due figure a matita.
e acquerello bruno-grigio Copia in controparte dal bassorilievo di Marco Au-
su carta avorio relio con la sottomissione dei Germani ai Musei Ca-
pitolini.
Penna, inchiostro bruno, 273 × 206 mm In basso a destra marchio di collezione (uguale nei ff.
acquerello bruno su carta 2, 4, 127, 189).
avorio Falso dalle due figure di beati dall’Assunzione della
Vergine di Correggio nella cattedrale di Parma.
Penna, inchiostro bruno 167 × 250 mm Copia da una incisione.
su carta bruno chiaro
Carboncino, biacca, ac- 185 × 228 mm
querello bruno su carta
azzurra
Grafite su carta bruna in- 94 × 131 mm In basso a destra sul supporto Prof. Blaas
collato su cartoncino di 111 × 144 mm
supporto (supporto)

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302 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.131 Scuola inglese Scena di mercato XIX sec.

Gismondi.Disegni.132 Anonimo da? Deposizione di Gesù XVI sec.

Gismondi.Disegni.133 Mario Barberis Veduta del litorale laziale con 1908


(1893-1960) una torre
Gismondi.Disegni.134 Mario Barberis Veduta della campagna romana 1908?
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.135 Mario Barberis Scorcio di Villa Borghese 1911
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.136 Mario Barberis Scorcio di Castel Fusano? 1909
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.137 Mario Barberis Veduta notturna 1909
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.138 Mario Barberis Angolo cupo Inizi XX sec.
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.139 Mario Barberis Paesaggio della campagna ro- 1909
(1893-1960) mana
Gismondi.Disegni.140 Mario Barberis Ritratto di un soldato 1917
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.141 Aurelio Tiratelli Ceccano. Studio di albero 1881
(1842-1900)
Gismondi.Disegni.142 Mario Barberis Paesaggio con ponte Lucano 1927
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.143 Mario Barberis Paesaggio con il corso del Te- 1911
(1893-1960) vere
Gismondi.Disegni.144 Mario Barberis Veduta della campagna romana 1911
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.145 Mario Barberis Scorcio di Villa Borghese? 1908
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.146 Mario Barberis Scorcio delle mura di Roma Inizi XX sec.
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.147 Mario Barberis Veduta di giardino con fontana 1909
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.148 Mario Barberis Elci giganti 1910
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.149 Mario Barberis Scorcio di Villa d’Este? 1910
(1893-1960)

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 303

TECNICA MISURE NOTE


Grafite su carta bruna in- 184 × 132 mm In basso a destra a penna Market at … 9.13.0
collato su cartoncino di 179 × 121 mm
supporto (supporto)
Incisione alla manière du 268 × 233 mm Sul verso due timbri di collezione Gismondi.
crayon Al centro a matita Calzo.
Copia da un prototipo.
Matita nera su foglio pro- 140 × 204 mm In basso a destra Barberi / Rom add. 6 / 6 / 1908. Sul
tocollo a righe verso schizzo della stessa torre e scritta In ...
Matita nera su carta bianca 208 × 318 mm In basso a destra Barberis e in alto a destra in Roma
ad … MCMIII?
Matita nera su carta bianca 252 × 173 mm In basso a destra sigla MB Roma / XXVIII / VIII / MCMXI.

Matita nera su carta bianca 215 × 322 mm In basso a destra in Roma add 29 /1 1909 e sigla MB.

Carboncino su carta bianca 215 × 317 mm In basso a destra sigla MB / in Roma mago MCMIX.

Matita nera e carboncino 215 × 315 mm In basso a sinistra ANGOLO . CVPO. e a destra in
su carta bianca Roma la sera del …
Matita nera su carta bianca 188 × 302 mm In basso a destra sigla MB / in Roma la sera del 6 /2
1909.
Matita nera su carta bianca 151 × 220 mm In basso a sono – 19°! MB / … 10.2.17.
forata in alto
Matita nera su carta bianca 250 × 139 mm In basso a destra Settembre 1881 – Ceccano e sul verso
Ceccano 1881 / Aurelio Tiratelli.
Matita nera su carta bianca 155 × 240 mm In basso a destra VIII.V.XXVII.

Matita nera su carta bianca 172 × 241 mm In basso a destra MB 13 / 4 MCMXI.

Matita nera su carta bianca 173 × 240 mm In basso a destra sigla MB / in Roma il
XXVIII / VIII / MCMXI-.
Matita nera su carta bianca 125 × 97 mm In basso Roma addi 29 Maggio 1908. In alto iniziali
MB dentro un cerchio.
Matita su carta bianca 325 × 215 mm In basso Ricordo delle Mura / in Rom Add. XXXIV.

Matita nera e carboncino 257 × 165 mm In basso sigla MB in Roma addi 26 1909.
su carta bianca
Matita su carta bianca 320 × 220 mm In basso a destra a penna ROMA – Elci giganti- in
Roma addi XXI.III.MCMX segue sigla MB.
Matita nera su carta bianca 186 × 238 mm In basso a destra sigla MB / XX.II.MCMX.

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304 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.150 Mario Barberis Un cortile romano 1911
(1893-1960)

Gismondi.Disegni.151 Mario Barberis Tevere 1909


(1893-1960)
Gismondi.Disegni.152 Mario Barberis Veduta del Campidoglio 1923
(1893-1960)

Gismondi.Disegni.153 Mario Barberis Il corso del Tevere con monte 1923


(1893-1960) Mario e S. Pietro in lontananza

Gismondi.Disegni.154 Mario Barberis La fontana dei cavalli marini a 1923


(1893-1960) Villa Borghese

Gismondi.Disegni.155 Mario Barberis Veduta della chiesa di S. Maria 1923


(1893-1960) in Trastevere

Gismondi.Disegni.156 Mario Barberis Ritratto di Fausto Martini Inizi XX sec.


(1893-1960)
Gismondi.Disegni.157 Mario Barberis Studio di una botte Primi anni XX sec.
(1893-1960)
Gismondi.Disegni.158 Mario Barberis Notturno veneziano Post 1918
(1893-1960)

Gismondi.Disegni.159 Scuola romana Architettura con scorcio di un XIX sec.


giardino con fontana
Gismondi.Disegni.160 Anonimo Studi vari di contadini e pae- Fine XIX – inizi
sani XX sec.
Gismondi.Disegni.161 Umorista italia- Vignetta umoristica Inizi XX sec.
no
(G. Novelli?)
Gismondi.Disegni.162 Anonimo stra- Scena di compianto XIX -XX sec.
niero

Gismondi.Disegni.163 Anonimo stra- Schizzo di case con un ponte XIX -XX sec.
niero

Gismondi.Disegni.164 Anonimo stra- Schizzo di campana XIX -XX sec.


niero

Gismondi.Disegni.165 Anonimo stra- Schizzo di volto XIX -XX sec.


niero

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 305

TECNICA MISURE NOTE


Matita nera su carta bianca 112 × 184 mm In basso a destra sigla MB /in Roma addi XIII.
II.MCMXI. Sul verso due schizzi di teste e scritte va-
rie: Camille (?) / Barberis / I liriche MCMX-XI …
Matita su carta bianca 214 × 322 mm In basso al centro TEVERE a destra sigla MB /in
Roma addi 1.XI.MCMIX.
Inchiostro di china su car- 189 × 293 mm In alto a destra MB.
ta velina Disegno preparatorio per le illustrazioni del testo La
città dell’anima di G. Vigolo del 1923.
Inchiostro di china su car- 205 × 290 mm In basso a sinistra MB.
ta velina Disegno preparatorio per le illustrazioni del testo La
città dell’anima di G. Vigolo del 1923.
Inchiostro di china su car- 182 × 296 mm In basso a sinistra MB.
ta velina Disegno preparatorio per le illustrazioni del testo La
città dell’anima di G. Vigolo del 1923.
Inchiostro di china su car- 178 × 277 mm In alto a destra MB.
ta velina Sul verso conti a matita.
Disegno preparatorio per le illustrazioni del testo La
città dell’anima di G. Vigolo del 1923.
Xilografia 153 × 186 mm In basso al centro Fausto M. Martini e in alto a destra
MB.
Matita su carta bianca 171 × 180 mm In basso a destra Barberis.

Matita nera su carta bianca 210 × 151 mm In basso M. Barberis / Notturno veneziano 1.20 × 1.80-
/ scala 1:10.
Misure riportate anche sui lati.
Matita nera su carta bianca 275 × 280 mm Parte della filigrana con lettera P.

Matita nera su carta avorio 345 × 255 mm

Inchiostro su carta bruna 295 × 240 mm Illustrazione di una rivista.


Sul verso scritte a matita riguardanti l’impaginazione
della rivista.
Matita nera, penna, in- 175 × 257 mm I fogli 162-165 sono incollati sullo stesso supporto.
chiostro bruno su carta 255 × 340 mm In basso scritta da decifrare.
(supporto)
Penna, inchiostro bruno 93 × 150 mm I fogli 162-165 sono incollati sullo stesso supporto.
su carta bruno chiaro 255 × 340 mm In basso a sinistra scritta da decifrare.
(supporto)
Penna e inchiostro bruno 150 × 115 mm I fogli 162-165 sono incollati sullo stesso supporto.
su carta bianca 255 × 340 mm Sul verso schizzo di due figure.
(supporto)
Penna, inchiostro bruno 56 × 45 mm I fogli 162-165 sono incollati sullo stesso supporto.
su carta bianca 255 × 340 mm
(supporto)

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306 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.166 Scuola italiana Studio di figure per adorazione 1860 c.
dei pastori
Gismondi.Disegni.167 Anonimo Glicini Inizi XX sec.

Gismondi.Disegni.168 Anonimo Testa maschile XIX sec.

Gismondi.Disegni.169 Anonimo Testa maschile con muso di XIX sec.


cavallo
Gismondi.Disegni.170 Scuola italiana Paesaggio Inizi XX sec.

Gismondi.Disegni.171 Falsario Scena mitologica (Venere e Inizi XX sec.


Marte?)

Gismondi.Disegni.172 Falsario Figliol prodigo? Inizi XX sec.

Gismondi.Disegni.173 Anonimo Paesaggio XIX sec.


Gismondi.Disegni.174 Carlo Faucci Ercole fanciullo strozza i due 1759,
(1729-1784) serpenti 1786

Gismondi.Disegni.175a P. Charles Comte Natura morta II metà XIX sec.


(1823-1895)

Gismondi.Disegni.175b Anonimo Paesaggio con baobab XIX sec.

Gismondi.Disegni.176 Scuola italiana Rovine antiche nel Golfo di XIX sec.


Pozzuoli
Gismondi.Disegni.177 Scuola italiana Studi accademici XIX sec.
Gismondi.Disegni.178 Falsario italiano Studi di nudo maschile Inizi XX sec.

Gismondi.Disegni.179 Scuola veneta Volto femminile 1750-1799


da Tiepolo
Gismondi.Disegni.180 Scuola francese Nettuno XVII sec.

Gismondi.Disegni.181 Anonimo da J. L’Oiseau Chèri Post 1758


Daulle

Gismondi.Disegni.182 Anonimo da J. La Coquette Post 1758


Daulle

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 307

TECNICA MISURE NOTE


Matita nera e biacca su 345 × 250 mm Studio accademico.
carta bruna
Acquerelli colorati su car- 340 × 250 mm Parte della filigrana con scritta “PM FABRIAN”.
toncino
Olio su carta 368 × 277 mm Stessa mano del foglio 169.
Copia da un’Adorazione dei magi?
Olio su carta 393 × 277 mm Stessa mano del foglio 168.
Copia da un’Adorazione dei magi?
Matita nera su carta bianca 341 × 285 mm In basso a sinistra: Luigi (Toriat, Coriat?) da studi sul
vero del Prof. Petiti.
Penna e inchiostro bruno 126 × 170 mm I fogli 170 e 171 sono incollati sullo stesso supporto
su carta bruno chiaro 288 × 420 mm di carta azzurra.
(supporto)
Penna, inchiostro bruno e 166 × 131 mm I fogli 170 e 171 sono incollati sullo stesso supporto
acquerello bruno su carta 288 × 420 mm di carta azzurra.
bruno chiaro (supporto)
Olio su tela 305 × 275 mm
Incisione colorata 387 × 270 mm In basso a sinistra Gio. Elia Morghen del. / Quadro di
Pompeo Battoni Alto palmi 4 once 4 largo Palmi 3 once
2 / Carlo Faucci fe.
Incisione 220 × 310 mm In basso a sinistra D. LANCELOT / P… c. COMTE
260 × 374 mm
(supporto)
Matita nera, acquerello gri- 260 × 374 mm A destra a matita … le Bao bab
gio e biacca su carta bianca
Incisione al tratto 248 × 344 mm In basso scritta rifilata.

Matita nera su carta bianca 341 × 252 mm


Sanguigna su carta bianca 346 × 293 mm Falso antico di nudo maschile (per “Caino e Abele”?)
Sul verso doppio timbro di collezione Gismondi.
Matita nera su carta pre- 392 × 285 mm Copia dal Tarquinio e Lucrezia di G. B. Tiepolo del
parata in azzurro-grigio 1750, oggi ad Augusta.
Matita nera, rialzi in bian- 334 × 254 mm
co, acquerello bruno e
biacca su carta bruna
Penna e inchiostro bruno 125 × 91 mm In basso 1758 L’Oiseau Chèri. Stessa mano del foglio
su carta bianca incollato 290 × 410 mm 182 (montati sullo stesso supporto).
su supporto (supporto) Copia dall’incisione di J. Daulle su disegno di F.
Boucher.
Penna e inchiostro bruno 125 × 91 mm In basso si legge 1758 La Coquette.
su carta bianca incollato 290 × 410 mm Stessa mano del foglio 182 (montati sullo stesso sup-
su supporto (supporto) porto).
Copia dall’incisione di J. Daulle su disegno di F. Bou-
cher.

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308 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.183 Scuola italiana: Una Goletta XVIII sec.
G. B. Polina?
Gismondi.Disegni.184 Scuola bolo- Nudo accademico Inizi XVIII sec.
gnese maschile

Gismondi.Disegni.185 Scuola bolo- Nudo accademico femminile Inizi XVIII sec.


gnese

Gismondi.Disegni.186 Scuola bolo- Nudo accademico femminile Inizi XVIII sec.


gnese sdraiato

Gismondi.Disegni.187 Scuola bolo- Nudo accademico femminile Inizi XVIII sec.


gnese seduto

Gismondi.Disegni.188 Lodovico Poglia- Trionfo carnascialesco Fine XIX sec.


ghi (1857-1950)

Gismondi.Disegni.189 Falsario da Tie- Adorazione dei Magi Inizi XX sec.


polo

Gismondi.Disegni.190 Scuola del Tie- Madonna col Bambino e santi XVIII sec.
polo

Gismondi.Disegni.191 Scuola italiana Abramo scaccia Agar e Ismaele II metà XVII sec.
da Guercino

Gismondi.Disegni.192 Scuola italiana Cibele, Giunone e Minerva 16 luglio 1795

Gismondi.Disegni.193 Scuola bologne- Madonna con bambino appaio- XVII sec.


se da Ludovico no a S. Giacinto
Carracci
Gismondi.Disegni.194 Scuola italiana Studio di infante XVIII sec.

Gismondi.Disegni.195 Anonimo Ritratto maschile XIX sec.

Gismondi.Disegni.196 Falsario di scuo- Scena di battaglia Inizi XX sec.


la veneziana

Gismondi.Disegni.197 Anonimo Paesaggio con figure XIX sec.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 309

TECNICA MISURE NOTE


Penna, acquerelli colorati 390 × 318 mm In basso a destra una Goletta di Polina Gio Battista.
e biacca su carta bianca Filigrana: marca d’acqua aquila G FA.
Matita nera e rossa su car- 430 × 305 mm I fogli 184-187 sono della stessa mano. Sul verso dop-
ta bianca pio timbro di collezione Gismondi.

Matita nera e rossa su car- 428 × 296 mm I fogli 184-187 sono della stessa mano. Sul verso tim-
ta bianca bro di collezione Gismondi.

Matita nera e rossa su car- 434 × 300 mm I fogli 184-187 sono della stessa mano.
ta bianca Filigrana: lettere P e A con giglio in mezzo. Sul verso
timbro di collezione Gismondi.
Matita nera e rossa su car- 432 × 305 mm I fogli 184-187 sono della stessa mano.
ta bianca Filigrana: lettere P e A con giglio in mezzo. Sul verso
timbro di collezione Gismondi.
Grafite su carta da disegno 268 × 305 mm In basso a destra la firma L. Pogliaghi.
Filigrana: marca d’acqua aquila. Sul verso timbro di
collezione Gismondi.
Penna, inchiostro bruno e 342 × 276 mm In basso a sinistra Gio Batta Tiepolo. In basso a destra
acquerello bruno su carta timbro con aquila bicipite (uguale nei ff. 2, 4, 127,
bianca 189).
Tratto dal disegno per l’incisione del 1745 c.
Penna, inchiostro bruno, 450 × 320 mm In basso a destra lettere GT e sul verso in basso a sini-
matita rossa e acquerello stra scritta da decifrare.
rosso su carta bianca Filigrana: tre mezze lune e VAS. Sul verso timbro di
collezione Gismondi.
Matita nera, penna e in- 250 × 325 mm Disegno al tratto per incisione da Guercino, “Abramo
chiostro bruno su carta scaccia Agar e Ismaele”, 1658. Sul verso a matita blu
bianca £15. Filigrana: leone in ovale con lettere G e E.
Matita nera su carta bianca 240 × 350 mm In basso a destra Luglio 16 1795. Filigrana: tre cerchi
in uno stemma.
Forse copia da un’incisione?
Matita rossa su carta bruna 465 × 332 mm Sul verso iniziali AG.
Filigrana: sei cerchi in stemma coronato.
Copia dal dipinto di L. Carracci del 1594 al Louvre.
Matita nera su carta bianca 255 × 250 mm Sul verso £15.
Filigrana: stemma coronato con corno.
Matita nera su carta bianca 444 × 295 mm Segni d’incisioni e verso a carboncino.
Ritratto di Antonio Canova?
Penna, inchiostro bruno e 220 × 348 mm Sul verso a penna: Aff … cagione Duman? e due timbri
acquerello bruno su car- di collezione Gismondi.
toncino bruno chiaro
Penna, inchiostro bruno e 240 × 317 mm Sul verso timbro di collezione Gismondi.
acquerello bruno su carta

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310 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.198 Falsario alla Capriccio veneziano Fine XVIII sec.
Guardi

Gismondi.Disegni.199 Falsario di scuo- Eliezer e Rebecca al pozzo Inizi XX sec.


la veneziana

Gismondi.Disegni.200 Falsario di scuo- Lavandaie Inizi XX sec.


la veneziana
Gismondi.Disegni.201 Falsario di scuo- Scena di osteria Inizi XX sec.
la veneziana
Gismondi.Disegni.202 Scuola italiana Miracolo di s. Giacomo sulla XVIII sec.
da Mantegna via del martirio

Gismondi.Disegni.203 Scuola inglese Fanciulla che scrive Fine XVIII – inizi


XIX sec.

Gismondi.Disegni.204 Scuola inglese Fanciulla distesa che discosta Fine XVIII – inizi
una tenda XIX sec.

Gismondi.Disegni.205 Scuola inglese Fanciulla su altalena Fine XVIII – inizi


XIX sec.

Gismondi.Disegni.206 Scuola inglese Studio di odalisca Fine XVIII – inizi


XIX sec.

Gismondi.Disegni.207 Scuola italiana Ritratto femminile Inizi XX sec.


Gismondi.Disegni.208 Scuola italiana Studio di volto di fanciulla XIX sec.

Gismondi.Disegni.209 Scuola italiana Studio di animali Inizi XX sec.

Gismondi.Disegni.210 Scuola italiana Studio di volto Fine XIX – inizi


XX sec.

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 311

TECNICA MISURE NOTE


Matita nera, penna e in- 442 × 275 mm Sul verso in alto a destra scritta non decifrabile.
chiostro bruno acquerel- Filigrana: mezzaluna in uno stemma coronato.
lato su carta bruno chiaro Sul verso timbro di collezione Gismondi.
Penna, inchiostro e acque- 256 × 388 mm Filigrana: lettere non decifrabili.
rello bruno-grigio su carta Timbro di collezione Gismondi sul verso.
bianca
Penna, inchiostro e acque- 250 × 335 mm Sul verso scritte non decifrabili.
rello grigio su carta ocra Timbro di collezione Gismondi sul verso.
Penna, inchiostro e acque- 251 × 335 mm Filigrana: scritta da decifrare L. C….
rello grigio su carta ocra Timbro di collezione Gismondi sul verso.
Matita nera e acquerelli 308 × 360 mm Sul verso a matita: BL 500.
colorati su cartoncino Copia dal ciclo di affreschi del Mantegna nella cap-
pella Ovetari nella Chiesa degli Eremitani a Padova.
Timbro di collezione Gismondi sul verso.
Olio su cartoncino 228 × 190 mm Segni di fori sui lati.
Sul verso numero 2 su piccolo ritaglio di carta incol-
lato.
I ff. 203-206 sono della stessa mano.
Olio su cartoncino 281 × 191 mm Segni di fori sui lati.
In basso a matita: It was only a dream.
Sul verso numero 3 su piccolo ritaglio di carta incol-
lato.
I ff. 203-206 sono della stessa mano.
Olio su cartoncino 238 × 198 mm Segni di fori sui lati.
Sul verso numero 4 su piccolo ritaglio di carta incol-
lato.
I ff. 203-206 sono della stessa mano.
Olio su carta bianca 300 × 232 mm Segni di fori sui lati.
Sul verso numero 11 su piccolo ritaglio di carta in-
collato.
I ff. 203-206 sono della stessa mano.
Filigrana: LUIOI MAONANI
Carboncino su carta 417 × 320 mm In basso a destra scritta A Ghiglia Livorn.
Gessetti nero e bianco su 438 × 368 mm In basso a destra firma poco leggibile … -29-
cartoncino bruno montato 587 × 507 mm
su supporto (supporto)
Carboncino su cartoncino 675 × 630 mm Piegato a metà.
bianco Studio di una volpe, un pappagallo e di un altro uc-
cello impagliati.
Gessetti colorati su carta 645 × 465 mm Filigrana: lettere PMF in uno stemma.
avorio

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312 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.211 Mario Barberis Studio per il martirio di s. I metà XX sec.
(1893-1960) Agnese

Gismondi.Disegni.212 Scuola italiana Scorcio dell’arco di Settimio 1945


Severo
Gismondi.Disegni.213 Scuola italiana Madonna col bambino e due XX sec.
santi
Gismondi.Disegni.214 Anonimo Studio di albero XX sec.?
Gismondi.Disegni.215 Scuola italiana Scena mitologica 1805
da Pinelli?

Gismondi.Disegni.216 Scuola italiana Morte di Lucrezia? XVIII sec.


Gismondi.Disegni.217 Scuola italiana Ritratto maschile XIX-XX sec.
Gismondi.Disegni.218 Scuola italiana: Ritratto di donna seduta Inizi XX sec.
Arturo Noci
(1874-1953)?
Gismondi.Disegni.219 Anonimo Cavalieri durante il torneo 1839

Gismondi.Disegni.220 Anonimo Banchetto 1839

Gismondi.Disegni.221 Anonimo Ballo 1839

Gismondi.Disegni.222 Anonimo Scontro tra due cavalieri duran- 1839


te il torneo
Gismondi.Disegni.223 Anonimo Gruppo di cavalieri a riposo 1839

Gismondi.Disegni.224 Anonimo Alcuni cavalieri durante il tor- 1839


neo
Gismondi.Disegni.225 Anonimo The Eglinton Tournament 1839

Gismondi.Disegni.226 Anonimo Un cavaliere durante il torneo 1839

Gismondi.Disegni.227 Anonimo Scontro fra due cavalieri 1839

Gismondi.Disegni.228 Anonimo Gruppo di persone durante il 1839


torneo

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 313

TECNICA MISURE NOTE


Penna, inchiostro bruno 587 × 443 mm In basso a sinistra Scala 1 =7, al centro S. Agnese e a
e matite colorate su carta destra m. Barberis. Seguono le misure m. 2.30 × m.
bianca 280 e l’indicazione Casa di Gesù Crocefisso / via Bra-
vetta 2 – 564 – 113r. Filigrana: P.M.FABRIANO.
Matita nera su carta bian- 618 × 417 mm In basso a sinistra: VALENTINI 1945 e in alto a destra
ca numero 38 su tondo di carta incollato.
Matita nera e gessetti su 582 × 440 mm Filigrana: P.M.
carta bianca Studio di una pala d’altare?
Matita nera su carta bianca 531 × 415 mm
Matita nera, penna e bistro 400 × 576 mm In basso a sinistra Pinelli 1805.
su carta bianca incollata Segue a matita di mano moderna Inc.1152(75).
su cartoncino
Inchiostro su carta bianca 380 × 553 mm Sul verso a matita le lettere BE.
Carboncino su carta bianca 537 × 390 mm Potrebbe raffigurare il pittore Camillo Innocenti.
Pastelli colorati su carta 503 × 378 mm Sul verso a gessetto schizzi di nudi femminili.
grigia

Litografia 88 × 76 mm I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton Tour-


nament e sono montati sullo stesso supporto.
Litografia 76 × 66 mm I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton Tour-
nament e sono montati sullo stesso supporto.
Litografia 77 × 67 mm I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton Tour-
nament e sono montati sullo stesso supporto.
Litografia 77 × 66 mm I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton Tour-
nament e sono montati sullo stesso supporto.
Litografia 77 × 75 mm I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton Tour-
nament e sono montati sullo stesso supporto.
Litografia 88 × 78 mm I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton Tour-
nament e sono montati sullo stesso supporto.
Litografia 84 × 384 mm Al centro titolo della serie: The Eglinton Tourna-
ment / 28th & 30th August 1839.
I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton
Tournament e sono montati sullo stesso supporto.
Litografia 86 × 77 mm I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton Tour-
nament e sono montati sullo stesso supporto.
Litografia 77 × 78 mm I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton Tour-
nament e sono montati sullo stesso supporto.
Litografia 87 × 79 mm I ff. 219-228 fanno parte della serie dell’Eglinton Tour-
nament e sono montati sullo stesso supporto.

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314 MANUELA GOBBI

COLLOCAZIONE AUTORE TITOLO DATA


Gismondi.Disegni.229 Anonimo Visitazione XIX sec.
da C. Roncalli

Gismondi.Disegni.230 Anonimo da B. Martirio di s. Lorenzo Post 1525


Bandinelli

Gismondi.Disegni.231 Anonimo Ritratto maschile XIX sec.

Gismondi.Disegni.232 Anonimo Studio di volto maschile I metà XX sec.


(Gesù?)
Gismondi.Disegni.233 Anonimo Scorcio cittadino I metà XX sec.

Gismondi.Disegni.234 Anonimo Paesaggio con casolare Fine XIX – inizio


XX sec.
Gismondi.Disegni.235 Anonimo Scena medievale? XVIII-XIX sec.

Gismondi.Disegni.236 Anonimo Nudo femminile Inizi XX sec.


Gismondi.Disegni.237 Anonimo Studio di nudo femminile Inizi XX sec.

Gismondi.Disegni.238 Anonimo da Raf- Allegoria della Giustizia XVIII sec.


faello
Gismondi.Disegni.239 Anonimo Corale ?
Gismondi.Disegni.240 Falsario da Raf- Volto di uomo con barba Inizi XX sec.
faello

Gismondi.Disegni.241 Falsario da Raf- Volto di giovane Inizi XX sec.


faello

Gismondi.Disegni.242 G. F. M. Mazzola Madonna col bambino XVI sec.


detto il Parmi-
gianino (1503-
1540), opere spu-
rie e dubbie

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I DISEGNI DEL FONDO GISMONDI DELLA BAV 315

TECNICA MISURE NOTE


Matita nera, penna, in- 255 × 418 mm In basso a penna: Cristophorus Roncallius Eques Po-
chiostro bruno e acquerel- 326 × 491 mm marancius pinx. In Æditus Lauretanis 1617. Copia
lo bruno su carta bianca (supporto) da un riquadro del soffitto della sala del Tesoro del
montato su supporto Santuario della Santa Casa di Loreto, affrescato dal
Roncalli.
Filigrana: … IONIC.
Penna e inchiostro bruno 351 × 426 mm Sul verso annotazioni manoscritte moderne. Filigra-
su carta bianca na: stemma?
Copia dal disegno (?) di Baccio Bandinelli per l’affre-
sco, non realizzato, del Martirio di san Lorenzo.
Matita nera e inchiostro su 433 × 342 mm
carta preparata in grigio
Gessetti colorati su carta 479 × 334 mm Filigrana: P. M. FABRIANO.
colorata
Matita nera e acquerelli 498 × 347 mm
colorati su carta bruno
chiaro
Matita nera e gessetti colo- 283 × 470 mm
rati su carta grigia
Matita nera e biacca su 415 × 596 mm Molto rovinato.
carta preparata in bruno
scuro
Matita nera su carta bianca 585 × 443 mm Filigrana: P_ M FABRIANO.
Carboncino su carta bruna 527 × 373 mm
incollata su supporto
Matita nera e acquerello 559 × 423 mm Copia dalla figura della Giustizia, affrescata su inven-
grigio su cartoncino zione di Raffaello nella stanza di Costantino.
Inchiostro su pergamena 402 × 357 mm
Matita su carta bianca pre- 319 × 284 mm Copia dalla figura alle spalle di Bramante in basso
parata in grigio a sinistra nell’affresco della Disputa del Sacramento
di Raffaello nella Stanza della Segnatura in Vaticano.
Matita su carta bianca pre- 270 × 230 mm Copia dalla figura di giovane che legge collocato in
parata in grigio basso a destra nell’affresco della Disputa del Sacra-
mento di Raffaello nella Stanza della Segnatura in
Vaticano.
Matita nera, penna e in- 306 × 252 mm Sul verso di mano moderna: Parmigianino.
chiostro bruno in parte ac-
querellato su carta bianca

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SANTO LUCÀ

LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO


SIRLETO. UN PRIMO SAGGIO DI RICOSTRUZIONE*

Specchio fedele di una vita spesa per lo studio al servizio di Santa Ro-
mana Chiesa costituisce la ricca collezione libraria, manoscritta e a stam-
pa, che Guglielmo Sirleto (1514-1585) riuscì ad allestire durante la sua
vita terrena, impegnando gran parte dei propri risparmi. Oggetto di studi
parziali, l’intera silloge attende ancora di essere studiata e approfondita
in tutti i suoi aspetti. In questa sede, tuttavia, mi limiterò a presentare un
primo saggio di ricostruzione relativo ai soli manoscritti in lingua greca,
saggio scaturito nell’ambito di una ricerca più ampia i cui primi risultati
saranno presto resi noti alla comunità scientifica1.
Come è noto, l’umanista calabrese lasciò ai propri eredi tutta la raccolta
libraria, eccetto gli scritti o i documenti che riguardavano la Santa Sede,

* Saranno citate in forma abbreviata le seguenti opere:


AGATI = M. L. AGATI, Giovanni Onorio da Maglie, copista greco (1535-1563), [Roma] 2001 (Ac-
cademia Nazionale dei Lincei, Suppl. nr. 20 al «Bollettino dei classici»).
DE GREGORIO = G. DE GREGORIO, Il copista greco Manouel Malaxos. Studio biografico e paleo-
grafico-codicologico, Città del Vaticano 1991 (Littera Antiqua, 8).
DEVREESSE = R. DEVREESSE, Le manuscrits grecs de Marcello Cervini, in Scriptorium 22 (1968),
pp. 250-270.
MERCATI = G. MERCATI, Codici latini Pico Grimani Pio e di altra biblioteca ignota del secolo XVI
esistenti nell’Ottoboniana e i codici greci Pio di Modena con una digressione per la storia dei
codici di S. Pietro in Vaticano, Città del Vaticano 1938 (Studi e testi, 75).
RGK 3 = Repertorium der griechischen Kopisten, 800-1600, Erstellt von E. GAMILLSCHEG, [H.
HUNGER] unter Mitarbeit von D. HARLFINGER und P. ELEUTERI, 3. Teil: Handschriften aus
Bibliotheken Roms mit dem Vatikan, Fasz. A-C, Wien 1997 (Österreichische Akademie der
Wissenschaften. Veröffentlichungen der Kommission für Byzantinistik, III/3).
RUSSO = F. RUSSO, La biblioteca del Card. Sirleto, in Il Card. Guglielmo Sirleto (1514-1585). Atti
del Convegno di studio nel IV Centenario della morte, Guardavalle – S. Marco Argentano –
Catanzaro – Squillace, 5-6-7 ottobre 1986, a cura di L. CALABRETTA – G. SINATORA, Catan-
zaro – Squillace 1989, pp. 219-227 (con note alle pp. 228-234) e pp. 235-239 (elenco ma-
noscritti greci) e 240-299 (elenco latini) e loro corrispondenza col numero dell’inventario
Santamaura).
Per le utili informazioni e per lo scambio proficuo di pareri sono grato agli amici e colle-
ghi Massimo Ceresa, Giuseppe De Gregorio e Sever J. Voicu.
1 S. LUCÀ, Guglielmo Sirleto e la Vaticana, in La Biblioteca Vaticana tra riforma cattolica,

crescita delle collezioni e nuovo edificio, a cura di M. CERESA, Città del Vaticano 2012 (Storia
della Biblioteca Vaticana, 2), pp. 145-188.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 317-355.

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318 SANTO LUCÀ

per i quali egli dispose che venissero allocati nella Biblioteca Vaticana2. Di
fatto, subito dopo la morte del cardinale (domenica 6 ottobre 1585), gli ese-
cutori testamentari provvidero a far redigere un inventario, ora custodito
tanto nel Vat. lat. 6937 (ff. 1r-124r, 125r-363r), quanto nell’attuale Ambr. D
184 inf., che reca la data del 20 ottobre dello stesso anno. Un elenco di libri
a stampa in lingua latina e di contenuto teologico occorre anche ai ff. 176r-
213r e 216r-281r del Vat. lat. 3970, nonché ai ff. 220r-226r (libri di teologia
e di storia ecclesiastica) e 226v-257r (libri con annotazioni autografe del
cardinale) del Vat. lat. 61633.
E tuttavia va ascritto al copista cipriota Giovanni Santamaura († 1614)
il merito di averci edotto sulla consistenza della silloge manoscritta greca
del cardinale calabrese. Scriptor della Libreria vaticana dal 1585 al 1612, il
cipriota ne redasse un inventario molto dettagliato che, databile tra il 6 ot-
tobre 1585 (decesso del cardinale) e il 4 giugno 1588 (data di acquisto della
collezione da parte di Ascanio Colonna)4, ora si conserva nei già menziona-
ti Vat. lat. 3970 (ff. 3r-175r: tav. I)5 e Vat. lat. 6163 (ff. 1r-219v). In partico-
lare, quest’ultimo cimelio (tav. II) registra ben 473 manoscritti greci, di cui
trecento sono di contenuto teologico (ff. 1r-171v), trentuno grammaticale
(ff. 172r-179v), venticinque matematico (ff. 180r-194v), quattro giuridico
(ff. 194v-195r), quarantatrè filosofico (ff. 195v-205r), cinquanta retorico e
2 Cfr. l’atto testamentario del primo ottobre 1585, pubblicato dal Barb. lat. 4760 presso F.

LO PARCO, Il cardinale Guglielmo Sirleto. Notizie bio-bibliografiche, con la pubblicazione del


suo testamento inedito (dal Cod. Vat. Barb. lat. 4760 [già LII, 36], ff. 43-46), in Bollettino del
bibliofilo 1 (1919), pp. 261-276: 270-276. Si veda anche E. COMMODARO, Il cardinale Guglielmo
Sirleto 1514-1585, in La Provincia di Catanzaro, anno II, nr. 4, 1985, pp. 210-235: 208-210; G.
DENZLER, Kardinal Guglielmo Sirleto (1514-1585). Leben und Werk. Ein Beitrag zur nachtri-
dentinischen Reform, München 1944, pp. 67-69. Una copia di esso è conservata anche in Arch.
Bibl. 11, ff. 80r-v e 83r.
3 Per tutto ciò si rinvia al mio Guglielmo Sirleto e la Biblioteca cit., avvertendo che alla

silloge manoscritta in lingua greca è in preparazione uno studio complessivo a cura di chi
scrive e di Giuseppe De Gregorio, che sarà accolto nella collana di «Studi e testi» della Biblio-
teca Apostolica Vaticana. Si veda anche A. CAMPANA, Il Vat. lat. 3370 e alcuni codici del Sirleto,
in Studi medievali, ser. III, 3 (1962), pp. 151-161; L. DOREZ, Recherches et documents sur la
bibliothèque du cardinal Sirleto, in Mélanges d’archéologie et d’histoire 11 (1891), pp. 457-491;
J. BIGNAMI ODIER, La bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XII. Recherches sur l’histoire des
collections des manuscrits, avec la collaboration de J. RUYSSCHAERT, Città del Vaticano 1973
(Studi e testi, 272), ad indicem s.v. «Sirleto Gugliemo». Quanto ai rapporti che il cardinale
instaurò con Federico Borromeo è utile consultare, oltre all’epistolario, C. MARCORA, Il Car-
dinale Sirleto nei documenti della Biblioteca Ambrosiana, in Il Card. Guglielmo Sirleto cit., pp.
183-194 (con note alle pp. 195-198) e pp. 199-216 (Appendice). Rammento, fra l’altro, che
l’Ambr. G 350 inf. conserva una biografia manoscritta del dotto calabrese e che l’Ambr. P 273
sup. (f. 126r) è latore di una breve lista di libri teologici sirletiani.
4 Cfr. già DE GREGORIO, pp. 133-134.
5 L’Index è stato segnalato per la prima volta in P. DE NOLHAC, La bibliothèque de Fulvio

Orsini, Paris 1887, p. 177 e n. 2.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 319

poetico (ff. 205r-212r), otto medico (ff. 212v-217r) e dodici di storia profa-
na (ff. 217v-219v)6.
Un ulteriore Index dei manoscritti greci, attribuibile su base paleografi-
ca al calamo dello stesso Santamaura, è custodito nell’attuale Vat. gr. 1207,
ff. 15r-184v (tav. III)7, che esibisce anche, accanto al numero del codice,
l’elenco, disposto alfabeticamente e suddiviso per argomento, degli autori
e delle opere: i cimeli teologici sono registrati ai ff. 1r-7r, gli autori di storia
ecclesiastica ai ff. 7r-7v; sinodi, canoni ed epistole conciliari ai ff. 7v-8r;
seguono gli autori di grammatica (ff. 8r-9r), di matematica (ff. 9r-10r), di
diritto (f. 10r: tav. IV), di filosofia (ff. 10r-14r), di medicina (f. 14r) e infine
di storia profana (f. 14v). Questa parte (ff. 1r-14v), però, appartiene al ca-
lamo di Pietro Devaris, come peraltro mi conferma Domenico Surace che
qui ringrazio8.
Per quanto ne sappia, altre tre copie, anch’esse assegnabili paleografica-
mente alla mano di Giovanni Santamaura, sono custodite nell’Ambr. A 21
inf. (ff. 1r-218r) e, relativamente ai soli codici Theologici sia nel Vallic. C 28
(ff. 1r-130v) che nel Barb. gr. 268 (ff. 1r-287v: tav. V)9. Sebbene incompleto,
quest’ultimo index è di grande utilità per stabilire la corrispondenza tra le
attuali segnature con quelle assegnate nell’inventario del Santamaura: lo
scriba infatti presenta gli autori e i testi in ordine alfabetico e aggiunge,
accanto al numero del cimelio, anche i fogli di riferimento di ogni singola
opera10.
Gli esemplari che conservano copia dell’inventario della collezione di
Sirleto mostrano che, a motivo della sua ricchezza, essa avrebbe avuto
molti potenziali acquirenti. Di fatto la silloge, che si era man mano arric-
chita di numerosi manoscritti appartenuti a Marcello Cervini (1501-1555),
il futuro papa Marcello II (9 aprile 1555 – 1° maggio 1555)11, suscitò ben
6 L’Ambr. D 184 inf., invece, annovera 476 unità giacché elenca trecentodue codici di

contenuto teologico (ff. 3r-131v) e cinquantuno di retorica e poesia (ff. 162r-168r) anziché
trecento e cinquanta.
7 Segnalato per primo da P. BATIFFOL, La Vaticane de Paul III à Paul V, Paris 1890, p. 51

n. 1, esso elenca 474 unità, di cui, rispetto a quello conservato nel Vat. lat. 6163, trecentouno
codici teologici anziché trecento.
8 Per utili confronti cfr. RGK 3, nr. 548, e soprattutto M. L. AGATI, Nuovi manoscritti di

Pietro Devaris, in Studi in onore di Giuseppe Spadaro, a cura di F. RIZZO NERVO – A. ZIMBONE,
Soveria Mannelli 2001, pp. 257-270 (con bibliografia). L’elenco presentato ai ff. 1r-14v occor-
re anche, ma di mano del Santamaura, ai ff. 218r-224v dell stesso cimelio. I ff. 185r-217v
custodiscono l’elenco degli stampati in greco.
9 Ad un primo sommario esame in tutti e tre i casi gli indici parrebbero copia eseguita

sul Vat. lat. 6163.


10 Il Vallic. CXCVII (fondo Allacci) conserva ai ff. 2v-168v una copia dell’index del Santa-

maura, eseguita nel secolo XVIII sul Vallic. C 28.


11 Pare oramai acquisizione certa che la biblioteca di Marcello Cervini, divisa tra Monte-

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320 SANTO LUCÀ

presto l’interesse dei bibliofili e dei mecenati del tempo, come peraltro
comprovano le varie relazioni sul valore venale dell’intera silloge, fra le
quali, qui si ricorda, oltre a quelle di Federico Ranaldi, di Domenico Basa,
di Giorgio Ferrari e Girolamo Franzini12, quella di Alonso Chacón († 1599)
del 1587 per Filippo II di Spagna, che avrebbe voluto acquisire per l’E-
scorial l’intero patrimonio librario del cardinale13. Gli inventari della bi-
blioteca Sirleto custoditi nei codici della Biblioteca Ambrosiana e della
Biblioteca Vallicelliana attestano analoghi interessi certamente da parte di
Federico Borromeo e probabilmente da parte di Filippo Neri (1515-1595)
o di Cesare Baronio (1538-1607).
La biblioteca venne venduta il 4 luglio 1588 al cardinale Ascanio Co-
lonna (1560-1608) e acquisita il 6 agosto 1611 dal duca Giovanni Angelo
d’Altemps († 1620). Risale grosso modo a questa epoca l’acquisto per la
somma di 800 scudi, compiuto probabilmente nel 1612 auspice papa Pao-
lo V Borghese (1552-1621) che si era avvalso dei suggerimenti di Antonio
Carafa cardinale negli anni 1568-1591, di trentasei manoscritti greci, gli
attuali Vat. gr. 1422-1457, e di quarantotto latini dell’ex silloge Sirleto per
la Biblioteca Vaticana. Tali manoscritti, quasi tutti ancora provvisti della
nota emptionis — «Emptum ex libris Cardinalis Sirleti» — sono stati tutti
individuati da Giovanni Mercati, al quale spetta il merito, come ha scritto
Salvatore Lilla, «di avere indicato sia la concordanza tra i numeri attuali
dei 36 codici greci e i numeri della lista da lui edita sulla base del f. 97rv
del tomo 33 dell’Archivio della Biblioteca, sia la corrispondenza tra i codici
stessi e quelli della biblioteca Sirleto, il cui catalogo si trova conservato nel
Vat. lat. 6163»14.
L’interesse della Libreria Vaticana per i manoscritti del Sirleto data ad
epoca più alta. In effetti, di un elenco di manoscritti greci, indicati con la
numerazione del Santamaura, è latore il tomo XI dell’Archivio della Bi-

pulciano e Roma, tra il settembre e l’ottobre 1574 passò al Sirleto, il quale aveva condotto per
la Vaticana la trattativa con l’erede Erennio Cervini († 1598), ma «a causa della mancanza di
spazio» essa fu trattenuta «nella sua biblioteca privata per il resto della sua vita»: S. LILLA,
Vaticani greci, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana,
I: Dipartimento Manoscritti, a cura di F. D’AIUTO e P. VIAN, Città del Vaticano 2011 (Studi e
testi, 466), pp. 584-615: 588-589. Si veda inoltre più sotto, alla nota 16.
12 Cfr. rispettivamente Arch. Bibl. 11, ff. 127r-v, 140r e 147r, 141r.
13 Lo Scor. X.I.15 è latore della documentazione sulle trattative d’acquisto, fallita giacché

il prezzo di 20.000 scudi venne giudicato esoso. La relazione di Alonso Chacón (1540-1599),
edita nel 1884 dal Reg. lat. 2023 (ff. 84r-86r), occorre anche ai ff. 9r-11v e 12r-14r del Barb. lat.
3203, ai ff. 279r-280 dell’Ambr. X 289 inf. e ai ff. 148r-149v (= ff. 151r-152r e 153r-154v) di
Arch. Bibl. 11: LUCÀ, Guglielmo Sirleto e la biblioteca cit.
14 S. LILLA, I manoscritti Vaticani greci. Lineamenti di una storia del fondo, Città del Va-

ticano 2004 (Studi e testi, 415), pp. 29-30.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 321

blioteca Vaticana: Arch. Bibl. 11, ff. 85r-126r, 128r-129v e 131r-135r (tavv.
VI-VII), per la cui datazione proporrei gli anni a cavaliere tra Cinquecento
e Seicento15. Lo stesso tomo conserva (ff. 155r-156r) un altro elenco di
codici sirletiani, che indica di volta in volta il numero delle carte di cui si
compone ogni singolo manoscritto (tav. VIII). Non solo.
Il tomo XV dello stesso Archivio della Biblioteca custodisce un fasci-
colo, gli attuali ff. 89r-108v, già 85r-104v, che contiene notizie varie sulla
biblioteca Sirleto col titolo «Varia de Libris a Bibliotheca Cardinalis Sir-
leti emptis» (f. 108v)16. In realtà si tratta di codici appartenuti al Cervini
che, acquistati per la Vaticana, rimasero nella collezione del Sirleto per
mancanza di spazio17. Più in particolare, si segnalano l’Index librorum la-
tinorum eorum tantummodo qui vulgati reperiuntur (ff. 89r-v, 93r-96r), che
elenca 145 libri pergamenacei e 130 cartacei (in papiro, sic!) per un totale
di 275, e l’Index Librorum Graecorum (ff. 101 ss.), che sono suddivisi in «Li-
bri antiqui non vulgati» in numero di 13, «libri non antiqua scriptura» in
numero di 80, «Libri antiqui vulgati» in numero di 19 e «Libri non antiqui
qui impressi reperiuntur» in numero di 24 per un totale complessivo di 136
manoscritti. Il redattore inoltre osserva: «Quidam et(iam) alii sunt qui non
scribunt(ur) in Indice eo quia sunt imperfecti» e soprattutto «Omnes huius
indicis libros contulimus cu(m) ipsis voluminib(us) in presentia D. Hie-
ronimi Sirleti, ut Amplitudo Sua iussit, singulos signavi linea in margine;
In huiusmodi collatione fuerunt reperti pleriq(ue) libri qui no(n) fuerant
animadversi, et quidam et(iam) male percepti ut in margine notavi. Fuit
et(iam) repertus error scriptoris qui septem libros vel novem collocaverat
in p(rim)o ordine et rursus et(iam) in secundo, ubi delevimus. Sed ex no-

15 La mano dell’ignoto redattore è databile grosso modo tra la fine del XVI e l’inizio del

XVII. Essa, infatti, esibisce analogie con quella che ha apposto la «nota emptionis» sui codici
Vaticani acquistati dalla silloge Sirleto.
16 Seguo la numerazione moderna apposta con numeratore meccanico in basso a destra

di ogni foglio. Secondo Mercati (G. MERCATI, Per la storia dei manoscritti greci di Genova, di
varie badie basiliane d’Italia e di Patmo, Città del Vaticano 1935, [Studi e testi, 68], p. 191) la
mano che ha vergato il titolo è quella di Lorenzo Alessandro Zaccagni (1652-1712), custode e
prefetto della Vaticana. L’Index invece è una copia dell’inventario redatto nel 1574, probabil-
mente da Fulvio Orsini: per tutta la questione anche in relazione ai rapporti intercorrenti con
un’altra copia dello stesso inventario (Vat. lat. 3958, ff. 176r-182r) si veda MERCATI, Per la
storia cit., 187-194. Annoto che i ff. 65r-71r dello stesso tomo XV custodiscono, invece, l’Index
dei manoscritti del cardinale Antonio Carafa, index che è attribuibile paleograficamente al
corfiota Francesco Arcudi di Soleto (1590-1641), vescovo di Nusco (1639-1641) e copista at-
tivo a Roma specialmente per il cardinale Francesco Barberini (1597-1679) e per papa Urba-
no VIII Barberini (1568-1644), e pertanto databile al secolo XVII.
17 RUSSO, p. 224, e già DEVREESSE, p. 258. Si tratta di 275 codici latini e di 136 greci,

passati al Sirleto prima del 1576. Cfr. anche sopra, n. 11.

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322 SANTO LUCÀ

viter repertis ne du(m) numerus iam datus supplet(ur), veru(m) et(iam)


auget(ur) ut in novo Indice apparet»18.
Se ne deduce che la revisione, eseguita certamente subito dopo il 1574
su commissione di Guglielmo Sirleto e in presenza di Girolamo Sirleto, fra-
tello del cardinale e custode della Biblioteca dal 1557 al 1576, fu condotta
direttamente sui manoscritti che, corrette alcune imprecisioni, ammonta-
no, se ho ben contato, complessivamente a 138 unità.
Poiché sul piano paleografico la mano dell’anonimo redattore a me pare
molto affine a quella che in genere verso la fine del Cinquecento appose,
di norma sul recto del primo foglio, un indice sommario del contenuto di
molti codici Ottoboniani greci, non è da escludere che possa trattarsi, in
attesa di ulteriori verifiche, della mano di Federico Ranaldi, custode della
Libreria vaticana negli anni 1557-1590, o di un suo collaboratore. Vale
inoltre la pena di sottolineare che l’ignoto redattore talvolta dà notizie cir-
costanziate circa l’amanuense di alcuni manoscritti. Ad esempio, tra i libri
greci manoscritti cartacei in folio, al nr. 24 (f. 106v» è segnalato un «Dio-
scorides de simplicibus medicinis lib. in 8° in corio deaurato a Io(anne)
Honorio scriptus purgatissime»19; mentre tra quelli il cui testo è già stato
dato alle stampe risultano elencati al nr. 6 un «Ptolomeei Mathematica
scriptus a Io(anne Honorio diligentissime» (f. 106v)20; al nr. 5 un «De musi-
ca plures authores» (f. 102v), anch’esso vergato da Onorio e legato «in corio
violaceo»21; al nr. 7 (f. 103r) un Teone Alessandrino, «scriptus à Jo(anne)

18 MERCATI, Per la storia cit., pp. 191-192. Si veda anche L. CANFORA, Il Fozio ritrovato.

Juan de Mariana e André Schott, Bari 2001, pp. 399-401 (a proposito del volume della Biblio-
theca di Fozio — «Photii Biblioteca in corio viridi» registrato in Arch. Bibl. 15, f. 105r sub
num. 78 — che corrisponde all’attuale Ott. gr. 19-20.
19 Si tratta con ogni verisimiglianza del codice repertoriato tra i libri sirletiani di medici-

na dal Santamaura: Vat. lat. 6163, f. 217r, cfr. M. CERESA – S. LUCÀ, Frammenti greci di Dio-
scoride Pedanio e Aezio Amideno in una edizione a stampa di Francesco Zanetti (Roma 1576),
in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae 15 (2008), pp. 191-229: 203 n. 28. Il codice
è da identificare con il Lond., British Museum, Sloane 804, sul quale cfr. AGATI, p. 259. – An-
noto che subito dopo il codice dioscorideo si legge: «additi sunt hi qui non erant in Indice .8.
libri. Liber sine nomine authoris / Oratio S. Jo(annis) Chrisostomi de officio episcopi / frag-
mentum diversorum / Apollonii pergei Mathematica / Jo(annis) Damasceni contra negantes
imagines (idest Contra Iconoclastas: CPG 8121); Calcularium secundum Indos». Quest’ultimo
è forse da identificare con l’attuale Ott. gr. 260, ff. 3-7.
20 Si tratta dell’attuale Ott. gr. 110, sul quale cfr. infra sub num.
21 Arch. Bibl. 15, f. 102v (sub num. 5). Tra gli autori sono segnalati Aristosseno, Tolomeo,

Armonio, Plutarco, Teone, Cleonide, Aristide. Trattasi dell’attuale Barb. gr. 265, già apparte-
nuto al Cervini (DEVREESSE, pp. 252 e 260; MERCATI, Per la storia cit., p. 199) e poi al Sirleto
(Theol. 270). Cfr. Codices Barberiniani Graeci, II: Codices 164-281, rec. I. MOGENET, enarratio-
nes compl. I. LEROY, Addenda et indices cur. P. CANART, in Bibliotheca Vaticana 1989, pp.
109-111; AGATI, 54, 281-282.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 323

Honorio ligatus in corio rubeo carte 304»22; al nr. 65 (f. 105r) «Aristarchi
περὶ μετεθη (lege: μεγέθη) καὶ ἀποστήματα ἡλίου καὶ σελένης à Jo(anne Hono-
rio scriptus de magnitudinibus solis et luna (lege: lunae) eclipsi»23.
Fra i numerosi altri, mi limito a menzionare il Clemente Alessandrino
(Stromata) e Atenagora24, gli Atti del Concilio di Efeso25 e il Niceforo Gre-
gora «Romanae historia libri undecim ligato in corio violaceo carte 225»26.
La parte restante dell’intera silloge Ottoboniana rientrò, come ampia-
mente noto, in Vaticana molto più tardi. Nel 1690 Alessandro VIII Ottoboni
(1610-1691) acquisì la biblioteca Altemps e solo nel 1748, molti anni dopo
la scomparsa del cardinale Pietro Ottoboni junior († 28 febbraio 1740), Be-
nedetto XIV Lambertini (1675-1758) comperò tutta la silloge manoscritta
Ottoboniana27.
Ma ritorniamo alla silloge greca del Sirleto.
Essa contava 473/476 manoscritti, per la maggior parte confluiti nel
fondo Ottoboniano, che quanto ai testi spaziano dalla letteratura religiosa
a quella profana. Per lo più confezionati su carta e databili al secolo XVI,
non mancano tuttavia manoscritti di pregio in pergamena che, datati o
databili dal secolo IX al secolo XVI, risultano prodotti a Costantinopoli
o nelle province greco-orientali, specialmente a Corfù, ma pure in Italia
meridionale. Dalle regioni ellenofone dell’Italia del Sud Guglielmo Sirleto
recuperò, sovente fra i cimeli del Cervini, un ricco lotto di codici prove-

22 Corrisponde all’attuale Ott. gr. 26, vergato da Giovanni Onorio in collaborazione con

Nicola Sophianos; cfr. AGATI, pp. 281-282


23 Trattasi verosimilmente del Vat. gr. 1055, già appartenuto al Cervini (DEVREESSE,

p. 263) piuttosto che del Vat. gr. 2488, entrambi esemplati dallo scriba di Maglie: AGATI,
pp. 297-298 e 274-275. Allo stesso Onorio viene attribuito (Arch. Bibl. 15, f. 105r sub num. 72)
un Giovanni Crisostomo (Ad Theodorum lapsum): «Io(annis) Chrisostomi ep(istu)lae in Theo-
dorum qui lapsus fuerat in (!) Io(anne) Honorio scriptus». Esso corrisponde all’attuale Par.
gr. 1027, che dunque fu in possesso di Cervini e poi di Sirleto. Sul Parigino cfr. AGATI, pp. 264-
265 e tav. 8. Anche il Barb. gr. 244 (II. 65), latore degli Elementa di Euclide e appartenuto
(f. IIr) a Bernardino Telesio (1509-1588), risulta attribuibile alla mano di Giovanni Onorio:
MOGENET, Codices Barberiniani cit., pp. 95-96. Altri codici ascrivibili al copista di Maglie, non
segnalati in AGATI e in RGK 3, presso F. D’AIUTO, Graeca in codici orientali della Biblioteca
Vaticana (con i resti di un manoscritto tardoantico delle commedie di Menandro), in Tra Orien-
te e Occidente. Scritture e libri greci fra le regioni orientali di Bisanzio e l’Italia, a cura di L. PER-
RIA, Roma 2003, pp. 227-296: 263 e n. 92.
24 Arch. Bibl. 15, f. 106v (nr. 3), che corrisponde all’attuale Ott. gr. 94, già Sirleto Theol.

216. Cfr. RUSSO, p. 238.


25 Ibid., f. 102v (nr. 2): «Synodus Ephesina, ligato in corio ceruleo, cart. 298». A me non

è nota la segnatura del ms. Si veda anche quanto osserva AGATI, pp. 52-53.
26 Ibidem, (nr. 3). Pubblicherò l’elenco completo dei manoscritti cerviniani, annoverati

in Arch. Bibl. 15, in un prossimo lavoro.


27 Circa le vicende storiche del fondo manoscritto Ottoboniano cfr. ora F. D’AIUTO, Otto-

boniani greci, in Guida ai fondi manoscritti cit., pp. 450-453 (con ampia bibliografia)

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324 SANTO LUCÀ

niente dal monastero rossanese di S. Maria del Patìr o da quello messinese


del S. Salvatore de lingua phari; numerosi altri provengono, fra l’altro, dalle
collezioni di Marcello Cervini, di Gaspare Viviani o di Arnoldo Arlenio28.
Nell’attesa di ultimare lo studio dell’intera silloge greca, è parso utile
proporre qui un primo elenco di codici appartenuti al Sirleto, proponendo
per ciascuno di essi una succinta scheda. Nel primo elenco sono presentati
i manoscritti da me esaminati autopticamente, nel secondo quelli identi-
ficati grazie all’inventario alfabetico del Barb. gr. 268 ma non ancora esa-
minati de visu, nel terzo infine quelli che non ho ancora identificato con la
segnatura Sirleto ma che conservano quella Cervini29.

Codici sirletiani e loro corrispondenza col numero, in grassetto, dell’in-


ventario di Giovanni Santamaura, posto fra parentesi quadre e talora se-
guito dalla indicazione del foglio nei casi in cui la numerazione, in genere
collocata nell’angolo superiore sinistro del primo foglio, sia ancora leggi-
bile sul cimelio. In questi ultimi casi i manufatti sono preceduti da aste-
risco30. Nei casi in cui la corrispondenza fra l’attuale segnatura e quella
dell’Index sia stata già segnalata, i manoscritti sono contrassegnati da °.
Fra parentesi caporali è segnalato di volta in volta il numero della silloge
greca del Cervini, che in genere si legge ancora sul margine superiore di
f. 1r in numeri arabi, posti talora fra due punti e sovente sormontati da un
tratto orizzontale. La bibliografia è limitata alle voci essenziali, rimandan-
do per ciascun manoscritto ai repertori bibliografici editi dalla Biblioteca
Vaticana nella collana di «Studi e testi» (nrr. 261, 318-319, 342, 426, 464).

28Si rinvia al mio Guglielmo Sirleto e la Biblioteca cit.


29Si rileva che non sempre ho tenuto conto dei codici già segnalati da altri studiosi come
appartenenti alla silloge di Sirleto; si veda, ad esempio, RUSSO, che segnala gli Ott. gr. 12
(= Theol. 12), 18 (= Theol. 29), 19 (= Theol. 30), 20 (= Theol. 31), 93 (= Theol. 208), 94 (= Theol.
216), 107 (= Theol. 3), 258 (= Theol. 107), 265 (= Theol. 181), e così via; AGATI, p. 230 (Ott. gr.
94 [= Theol. 216]); A. CATALDI PALAU, Il copista Ioannes Mauromates, in I manoscritti greci tra
riflessione e dibattito. Atti del V Colloquio di Paleografia greca (cremona, 4-10 ottobre 1998), I,
a cura di G. PRATO, Firenze 2000 (Papyrologica Florentina, 31), pp. 335-409: 362 n. 88.
30 Osservo che alcune corrispondenze, di cui si darà conto di volta in volta, erano state

segnalate presso MERCATI, pp. 116-122; RUSSO, pp. 235-299; DE GREGORIO, pp. 133-158; AGA-
TI, pp. 146 e n. 23 (Ott. gr. 168), 209 e n. 88 (Ott. gr. 189), 210 (Ott. gr. 74), 281-282 (Ott. gr.
26), 282 (Ott. gr. 108), 310 (Ott. gr. 109), 283 (Ott. gr. 110), in cui le corrispondenze tra la se-
gnatura attuale e quella della silloge Sirleto spettano, come del resto rileva la stessa studiosa,
a Paul Canart. Si osservi che ho adoperato queste abbreviazioni: «mrg.» per «margine» e
«marg.» per marginalia.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 325

Theologici
*Barb. gr. 556 [226, f. 1r]: cart., mm 327 × 234, ff. 363, sec. XVI (pri-
ma metà). – Origene (Comm. in Mt. et in Io). – Il ms. fu in possesso del
cardinale Pole (f. 1r: R. P. C.). – Cfr. MERCATI, p. 117, e RUSSO, p. 236 (col
numero «26»!).
Ott. gr. 3 [22]: membr., mm 331 × 254, ff. 248, sec. X. – Gregorio di
Nazianzo (Orazioni). – Possesso del convento di S. Marco in Firenze e già
del Niccoli.
*Ott. gr. 4 [4, f. <Ir>]: membr., mm 340 × 255, ff. 485, sec. X (Costantino-
poli, minuscola «bouletée»). – Gregorio di Nazianzo (Orazioni). – RUSSO,
p. 235.
*Ott. gr. 5I-II [45, f. <Ir>]: membr., mm 302 × 245, sec. XI in. – Gregorio
di Nazianzo (Orazioni).
Ott. gr. 10 [13]: membr., mm 370 × 250, ff. 237 (cart. or., ff. 4-46, 65-70,
73-78, 81-84), sec. XII. – Crisostomo (In Iohannem hom.). – Appartenne al
Bessarione (f. 1r, mrg. sup.).
Ott. gr. 11 [48]: membr., mm 352, sec. XI-XII; ff. 3-6, 19-22, 142, 149-
150, 186, 247, 287, 288, 301: cart. or., sec. XIV ante medium. Probabile
autore del restauro è il copista Pietro Papadopoulos (f. 283r). – Crisostomo
(De sacerdotio, etc.). – Altre probabili segnature cerviniane in DEVREESSE,
p. 259.
Ott. gr. 16 [32] (ex Cervini «10»?, f. IIIv): cart., mm 332 × 223, ff. 299,
sec. XVI. – Teodoreto (Εἰς τὰ ἄπορα τῆς θείας γραφῆς). – Postillato dal Sirle-
to, cfr., e.g., ff. 70r, 91r, 158r. – RUSSO, p. 236. Altre segnature cerviniane in
DEVREESSE, p. 260; cfr. anche Arch. Bibl. 15, f. 103r sub num. 10.
Ott. gr. 17 [28]: cart., mm 332 × 223, ff. 294, sec. XVI; copista Giorgio
Bembenes, cfr. RGK 3, nr. 95. – Teodoreto (comm. alle epistole di Paolo
apostolo). – Appartenne al Cervini (f. 122v). – Per le segnature cerviniane
cfr. DEVREESSE, p. 262; per quella sirletiana RUSSO, p. 236; cfr. anche MER-
CATI, Per la storia cit., p. 198 e n. 3.
*Ott. gr. 24 [33, f. <Ir>; (ex Cervini «n° 178»?, f. 1r)]: cart., mm 345 × 250,
ff. 250, an. 1553 (f. 250v; Venezia, 9 dicembre); copista: Francesco Kladios,
cfr. RKG 3, nr. 602. – Niceta di Eraclea (Catena a Giobbe). – RUSSO, p. 236;
per le altre segnature cerviniane cfr. DEVREESSE, p. 260; cfr. anche MERCA-
TI, Per la storia cit., p. 198 e n. 4. – Segnalo che è latore della stessa opera
anche l’Ott. gr. 9.
Ott. gr. 25 [38]: cart., mm 335 × 218, ff. 298, an. 1564/1565. – Nilo d’An-
cira. – RUSSO, p. 236.
Ott. gr. 27 [41]: cart., ff. 396, mm 325 × 214, sec. XVI; copisti: (Nicola
Παχύς (ff. 1r-218v) e Pietro Karnabakas (ff. 221r-291v, 317r-401r), cfr. RGK

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326 SANTO LUCÀ

3, nrr. 511 e 551. – Atti conciliari (Fozio, Niceno II). – Postille di Sirleto.
Cfr. RUSSO, p. 236; Concilium Universale Nicaenum Secundum. Concilii
actiones I-III, ed. E. LAMBERZ, Berolini – Novi Eboraci 2008 (Acta Conci-
liorm Oecumenicorum, Series II, 3/1), p. XXV (con bibliografia).
°Ott. gr. 30 [56, ff. <Ir> e 1r]: cart., mm 306 × 208, ff. 404, sec. XVI;
copista: Manuele Malaxos, cfr. RKG 3, nr. 415 (ff. 1r-86v, 143r-265r, 269r-
284v, 298v-341v, 365a, 397r-v, 404r-v). – Atti del Concilio di Firenze. – Per
l’identificazione della segnatura sirletiana cfr. DE GREGORIO, p. 139 (con
bibliografia).
Ott. gr. 31 [6 – (ex Cervini «94», f. 1r)]: membr., mm 378 × 258, ff. 181,
sec. XI (seconda metà). – Teodoreto ed Ecumenio (comm. alle Epistole di
Paolo apostolo).
Ott. gr. 34 [60]: cart., mm 352 × 242, ff. 363, sec. XVI. – Teodoreto
(comm. ai Salmi).
°Ott. gr. 36 [195]: cart., mm 346 × 230, ff. 310, sec. XVI; copisti: Camil-
lo Zanetti (ff. 1r-299r e, forse, 308r-319v), Arnoldo Arlenio (ff. 302r-307v,
marg. ff. 1r-299r, 308r-310r), cfr. RGK 3, nrr. 351 e 48. – Cirillo Alessandri-
no (Glaphyra in Pentateuchum, in Hypapantem), Anonym. (in Apocalypsim:
ff. 302r-307v). – RUSSO, p. 238.
*Ott. gr. 38, ff. 1r-276 [219, f. IIr] (ex Cervini «82»: ibid.): cart., mm 335
× 235, ff. 284, sec. XVI. – Teodoreto (Graecarum affectionum curatio, ff. 1r-
276v). – Postillato dal Sirleto. – Teofilatto di Bulgaria (comm. ai Vangeli,
ff. 277r-281r; i ff. 281v-284v sono vacui); copista: Giovanni Santamaura (ff.
277-281), cfr. RGK 3, nr. 299.
*Ott. gr. 43 [218, f. 2r] + Vat. gr. 197: membr., mm 308 × 245, ff. 107
(+ 75 bis), sec. X. – Lessico e sentenze in ordine alfabetico. – RUSSO, p. 238.
*Ott. gr. 54 [239, f. 1r]: membr., mm 293 × 213, ff. 75, sec. X in. (minu-
scola quadrata). – Raccolta agiografica (Martyr. s. Theodoti, s. Neophyti,
etc.). – Ff. 78-79: unità codicologica distinta, sec. X in.
Ott. gr. 56 [116, f. IIIr]: cart., mm 290 × 204, ff. 413, sec. XVI. – Proco-
pio (catena ai Proverbi); Gregorio di Nissa (Omelie al Cantico dei Cantici
e all’Ecclesiaste). – Appartenne ad Arsenio di Monenvasia (f. 1r), poi al
cardinale Reginald Pole (ibid., stemma con aquila bicipite con le lettere
R. P. C.) e a Giulio Poggiano (f. 413r). – MERCATI, p. 120, e RUSSO, p. 238.
Ott. gr. 59 [291] (ex Cervini «.91.», f. 1r): cart. or., mm 254 × 166, ff. 76,
sec. XIII. – Metodio d’Olimpo (Symposium). – Secondo MERCATI, p. 120
(sub num. 26) il manoscritto ebbe la numerazione «62» Cervini, mentre per
L. DOREZ, Antoine Eparque. Recherches sur le commerce des Mss. grecs en
Italie au XVIe siècle, in Mélanges d’archéologie et d’histoire 13 (1893), pp. 281-
364: 329-330, il nr. 84. – Altre segnature cerviniane in DEVREESSE, p. 259.
Ott. gr. 63 [57] (ex Cervini «.4.», f. <Ir>): membr., mm 276 × 205, ff. 283,

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 327

sec. XI ex. (ff. 56r-61v, 89r-91v, sec. XIII, restauro di due distinte mani). –
Gregorio di Nazianzo (Orazioni).
*Ott. gr. 66 [47, f. 1r]: membr., mm 294 × 198, ff. 393, sec. XII. – Tetra-
vangelo, Atti ed Epistole.
Ott. gr. 67 [68] (ex Cervini «167», f. 1r): cart., mm 299 × 210, ff. 333, an.
1435/1436 (f. 92r). – Nilo d’Ancira, Arriano, escerti bessarionei, Niceforo
Gregora. – RUSSO, p. 237.
Ott. gr. 71 [34] (ex Cervini «n° .167.», f. 1r): cart., mm 338 × 220, ff. 228
(226-228 vacui), sec. XVI; copista: Michele, cfr. RGK 3, nr. 475. – Niceforo
Gregora (Hist. I-XI). – Altre segnature cerviniane in DEVREESSE, p. 260.
L’appartenenza alla silloge Cervini è confermata in Arch. Bibl. 15, f. 102v
(sub num. 3): cfr. sopra, n. 26, e già MERCATI, Per la storia cit., p. 198 e n. 5.
Ott. gr. 74 [288] (ex Cervini «.21.», f. <Ir>): cart., mm 326 × 231, ff. 281,
sec. XVI; copisti: Giovanni Onorio (ff. 1r-63v), Giovanni Mauromates
(ff. 64r-66r), Emanuele Provataris (ff. 68r-71r, 200r-214v, 216r-247v), Gio-
vanni Santamaura (ff. 77r-199v), cfr. RKG 3, nrr. 286, 283, 418, 299. – Filo-
ne Alessandrino (1r-63v), lettere e note greco-latine (ff. 64r-66r), Teodoro
di Eraclea (In psalmos: ff. 77r-199v), Atanasio d’Alessandria (Vita Antonii
(ff. 216r-247v), Crisostomo (In psalmos: ff. 200r-214v), Teodoreto (comm.
alle Epistole di Paolo apostolo: ff. 266r-280v). – Cfr. anche AGATI, pp. 209-
210, 239-241, che attribuisce, invece, i ff. 1-63 ad un imitatore del copista
di Maglie.
*Ott. gr. 86 [23, f. 1r]: membr., mm 318 × 222, ff. I. 232, sec. IX. – Cirillo
(Catechesi). – Proviene dalla biblioteca del monastero rossanese de Patìr,
dove aveva la segnatura «Libro 62»: S. LUCÀ, Osservazioni codicologiche e
paleografiche sul Vaticano Ottoboniano greco 86, in Bollettino della Badia
greca di Grottaferrata, n.s. 37 (1983), pp. 102-161: 142-145 (con bibliogra-
fia). – RUSSO, p. 235.
Ott. gr. 95 [39? (ex Cervini «.173.», f. 1r]: cart., mm 327 × 227, ff. 435,
sec. XVI; copista Emanuele Kousios (RKG 3, nr. 190). – Crisostomo (In
psalmos).
*Ott. gr. 96 [108, f. 1r]: cart., mm 335 × 240, ff. 545 (543v-547 vacui),
sec. XVI. – Teodoro Balsamone (Nomocanone in 14 titoli). – Postillato dal
Sirleto, cfr., e.g., ff. 274r, 313v, 324r. Cfr. Repertorium der Handschriften
des byzantinischen Rechts, Teil II: Die Handschriften des kirchlichen Rechts
I (Nr. 328-427), hrsg. A. SCHMINCK – D. GETOV mit Unterstützung mehrerer
Fachkollegen, Frankfurt am Main 2010, nr. 407 (= pp. 195-196).
°Ott. gr. 97 [62]: cart., mm 322 × 215, ff. 547, sec. XVI; copista: Manuele
Malaxos, cfr. RGK 3, nr. 415; DE GREGORIO, ad indicem. – Nomocanone.
– Per l’identificazione della segnatura sirletiana, cfr. DE GREGORIO, p. 141.
Ott. gr. 99 [63] (ex Cervini «.103.», f. 1): cart., mm 322 × 228, ff. 260

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328 SANTO LUCÀ

(261 vacuo), sec. XVI. – Doroteo (Doctrinae), Timoteo presbitero della The-
otokos di Calcopratia, De re canonica, Contra Armenos, Giovanni Ciparis-
siota (Protheoria). – Altre probabili segnature cerviniane in DEVREESSE, p.
262. Per l’appartenenza alla silloge Cervini si veda anche Arch. Bibl. 15,
f. 104r (sub num. 29).
°Ott. gr. 100 [67]: cart., mm 327 × 225, ff. 105, sec. XVI; copista: Manuele
Malaxos, cfr. RGK 3, nr. 415. – Escerti patristici (Atanasio, Adv. Arianos, etc.).
– Per l’identificazione della segnatura sirletiana cfr. DE GREGORIO, p. 141.
Ott. gr. 104 [55]: cart., mm 321 × 225, ff. 167 (+ 25a), sec. XVI; copi-
sti: Giovanni Mauromates; Sirleto (marg. ff. 11r-12r, 14r, 20r-36v, 52v-53r,
154r-165v) e Antonio Eparco (marg. ff. 47v-48r), cfr. RGK 3, nrr. 283, 154,
36. – Massimo Confessore (scolii a Dionigi Areopagita).
Ott. gr. 106 [204] (ex Cervini «100»?, f. 1r): cart., mm 331 × 224, ff. 165,
sec. XVI; copista: Emanuele Provataris, cfr. RGK 3, nr. 418. – Gregorio di
Nissa (Vita di Macrina e ad Olimpio).
°Ott. gr. 112 [190]: cart., mm 345 × 230, ff. 172 (42v, 47r-48r, 78v-80v,
140v vacui), an. 1542 (24 gennaio, f. 78r); copisti: Giorgio Bembenes (ff. 1r-
78r), Manuele Malaxos (ff. 81r-172v), cfr. RGK 3, nrr. 95 e 415. – Taziano
(Contra gentiles), Ermia (Διασυρμός), Gregorio di Nissa (comm. al Cantico
dei Cantici). – Postille di Sirleto in tutto il manoscritto. – Per l’identifica-
zione della segnatura sirletiana cfr. DE GREGORIO, pp. 144-145.
Ott. gr. 115 [20] (ex Cervini «23»?, f. <Ir>): cart., mm 367 × 250, ff. 71, sec.
XVI; copista: Emanuele Embenes, cfr. RGK 3, nr. 188). – Giorgio Scolario
(ai partecipanti al concilio di Firenze), Nicola V (ep. a Costantino impe-
ratore), Bessarione (ai Greci). – Altre segnature cerviniane in DEVREESSE,
p. 261; si veda anche Arch. Bibl. 15, f. 103v sub num. 23.
Ott. gr. 138 [128]: cart., mm 277 × 203, ff. 100, sec. XVI (completato
il 25 marzo di anno imprecisato). – Vita del patriarca Ignazio di Niceta
Davide Paflagone.
*Ott. gr. 146 [83, p. 1] (ex Cervini «47»?: ibid.): cart., mm 240 × 170, pp.
263, sec. XVI; copista: Antonio Eparco (pp. 46-48 e 132-135), cfr. RGK 3,
nr. 36. – Gregorio di Nissa (Sermones; fra l’altro anche il De virginitate). –
Altre segnature cerviniane in DEVREESSE, p. 263; per quella sirletiana cfr.
MERCATI, p. 137 n. 3, e RUSSO, p. 237.
Ott. gr. 151, ff. 1r-119r [109] (ex Cervini 115?, f. 1r): cart., mm 213 ×
140, sec. XIV. – Vita di s. Teodoro di Edessa.
*Ott. gr. 167 [144, f. 1r] (ex Cervini «92»?: ibid.): cart., mm 250 × 130,
ff. 209, sec. XIV. – Gregorio di Nissa (De opificio hominis; in Exaemeron,
etc.), Isacco Siro.
*Ott. gr. 168 [249, f. <Ir>] (ex Cervini «121» o «64», ibid.): cart., mm 208
× 150, ff. 136, sec. XVI; copista: Emanuele Kousios, cfr. RGK 3, nr. 190. –

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 329

Teodoreto, Historia Philothea. – Postillato dal Sirleto: cfr., e.g., ff. 1r, 3v, 4r,
17r-v, 22r, 34r, 51r, 73r e così via. Cfr. anche DEVREESSE, p. 263, e AGATI,
p. 146 e n. 23. –
*Ott. gr. 171 [142, <f. Ir>]: cart. or., mm 216 × 134, ff. 308, sec. XV (se-
conda metà); copisti: Michele Lygizos (ff. 2r-16r, 24r-41v, 42v-43r, 43v
lin. 21-263r), Giorgio Alexandros (ff. 16v-23v), Giorgio Gregoropoulos
(ff. 266r-300v), cfr. RGK 3, nrr. 465, 89, 98. – Atti del Concilio di Ferrara-
Firenze. – Già appartenuto al Cervini: DEVREESSE, p. 261.
*Ott. gr. 176 [131, f. 1r]: cart., mm 234 × 172, ff. 188, sec. XVI. – Epistole
di Paolo apostolo. – Il codice fu in possesso del tedesco Giorgio Sauroma-
no, che nella prima metà del Cinquecento operò anche a Roma (f. 1).
*Ott. gr. 180 [138, f. 1r] (ex Cervini «.16.», ibid.): cart., mm 215 × 140,
ff. 135, sec. XV. – Lexeis.
Ott. gr. 189, ff. 1r-29v [82]: cart., mm 210 × 134, an. 1575 (12 ottobre),
f. 29v; copista: Giovambattista Villano (1r-4v, 6r-29v), cfr. RGK 3, nr. 287.
– Liturgia di s. Pietro e di s. Marco. – Proviene dal monastero rossanese
del Patìr, dove il copista fu monaco e poi priore (1587) ed è una copia del
Vat. gr. 1970. Cfr. anche A. JACOB, L’euchologe de Sainte-Marie du Patir et
ses sources, in Atti del Congresso internazionale su S. Nilo di Rossano, 28
settembre – 1° ottobre 1986, Rossano Grottaferrata 1989, pp. 75-118: 80-
81, in cui viene proposta l’identificazione col Theol. 284. – Il ms. nella sua
composizione attuale, ff. 66r-158v, comprende anche i mss. teologici 126
(ex Cervini «82», f. 66r) e 92 della silloge di Sirleto, latori del Contra Iu-
daeos di Atanasio Alessandrino, del De engastrimytho (= hom. in 1Reg. 28,
3-25) di Origene, nonché del «Contro Origene» di Eustazio di Antiochia. Si
veda AGATI, p. 209 e n. 88.
*Ott. gr. 195 [94, f. 1r]: cart., mm 214 × 145, ff. 183, an. 1357 (24 agosto,
f. 183r). – Isacco Siro.
*Ott. gr. 196 [84, f. <Ir>] (ex Cervini «.77.», f. 1): cart., mm 215 × 145,
ff. 207, sec. XVI. – Gennadio Scolario (Defensio Concilii Florentini). – Che
il cimelio sia stato in possesso del Cervini si evince anche da Arch. Bibl. 15,
f. 104v sub num. 53: «Gennadij Scholarij Sinodae Florentin(ae) defensio
legato in corio rubeo deaurato».
*Ott. gr. 213 [298?, f. 1r]: cart., mm 227 × 156, ff. 232, sec. XV. – Giovan-
ni Damasceno (De fide orthodoxa), Teodoreto, Manuele Files.
Ott. gr. 219 [12] (ex Cervini «290»?, f. 1r): cart., mm 328 × 222, ff. 103
(44a, 44b-44d, 50a-50b, 52a-52b vacui), sec. XVI; copisti: Giovanni Mauro-
mates (ff. 45r-50v), Giovanni Santamaura (marg. f. 45r), Costantino Rhesi-
nos (ff. 1r-40v), Manuele Glinzounios (ff. 99r-103v), Emanuele Provataris
(ff. 41r-44v, 51r-52v, 62r-72r, 73r-87v), Pietro Karnabakas (ff. 96r-97v), cfr.

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330 SANTO LUCÀ

RKG 3, nrr. 283, 299, 365, 409, 418, 551. – Marco Eugenico (De synodo
octava), Cirillo (miscellanea teologica).
Ott. gr. 221 [158] (ex Cervini «116»?, f. <Ir>): cart., mm 305 × 211, ff. 245,
sec. XVI; copista: Andrea Darmario (ff. 1r-157v), cfr. RGK 3, nr. 22. – Pro-
copio (catena ai Proverbi: ff. 1r-157v), Atanasio Alessandrino (ad Antio-
chum), ecc.
°Ott. gr. 223 [198]: cart., mm 328 × 236, ff. 221, sec. XVI; copista: Ema-
nuele Provataris, cfr. RGK 3, nr. 418. – Vita di Atanasio Alessandrino; Ata-
nasio (Contra gentiles, etc). – Postille di Sirleto o piuttosto di Francisco
Torres ? – RUSSO, p. 238.
°Ott. gr. 224 [61]: cart., mm 317 × 210, ff. III. 121, sec. XVI; copista: Ma-
nuele Malaxos. – Basilici. – Postille del Sirleto. – Per la segnatura sirletiana
cfr. DE GREGORIO, pp. 140-141. Cfr. anche Repertorium der Handschriften
des byzantinischen Rechts cit., nr. 408 (= p. 197).
° Ott. gr. 242 [231]: cart., mm 309 × 207, ff. 313, sec. XVI; copista: Ma-
nuele Malaxos (ff. 1r-196v, marg. ff. 197r-313r, f. <IIr> titolo, cfr. RGK 3,
nr. 415. – Michele Glica. – Postille del Sirleto. – Per l’identificazione della
segnatura sirletiana cfr. DE GREGORIO, pp. 145-153.
*Ott. gr. 249I-II [103, f. <Ir>] (ex Cervini «8»?, ibid.): cart. or., mm 256 ×
168, pp. 859, sec. XV. – Balsamone (Nomocanone). – Altre segnature cervi-
niane in DEVREESSE, p. 259.
*Ott. gr. 250 [123, f. IIr] (ex Cervini «79» o «54»?, ibid.): membr., mm
253 × 184, ff. 88, sec. X-XI (Italia meridionale, scuola niliana). – Nilo di An-
cira. – Proviene dalla silloge manoscritta di Montecassino. Si veda E. FOL-
LIERI, Due codici greci già cassinesi oggi alla Biblioteca Vaticana: gli Ottob.
gr. 250 e 251, in Palaeographica et Archivistica. Studi in onore di Giulio
Battelli, I, Roma 1979, pp. 159-221, ora rifluito in EAD., Byzantina et italo-
graeca. Studi di filologia e di paleografia, a cura di A. ACCONCIA LONGO – L.
PERRIA – A. LUZZI, Roma 1997, pp. 273-336: 311, e MERCATI, Per la storia
cit., pp. 200-201.
°Ott. gr. 251 [51, f. 1r] (ex Cervini «.21.», ibid.): membr., mm 260 × 188,
ff. 104, sec. X ex.; copista: Arsenio, cfr. RGK 3, nr. 49. – Teodoro Studita
(Piccole catechesi). – Proviene dalla silloge manoscritta di Montecassino.
Cfr. FOLLIERI, Due codici greci cit., p. 311. Per la segnatura sirletiana cfr.
MERCATI, Per la storia cit., p. 200-201.
Ott. gr. 255 [114] (ex Cervini «55», f. 1): cart., mm 258 × 174, ff. 253, sec.
XIII/XIV; copista: Charitonymos (f. 253v), cfr. RKG 3, nr. 611. – Giovanni
Zigabeno (commento ai Salmi).
*Ott. gr. 256 [111, f. 2r]: membr., mm 260 × 197, ff. 126, sec. XII (Italia
meridionale, Terra d’Otranto [stile rettangolare]). – Giovanni di Raithou,
Climaco. – F. Ir (sec. XV/XVI: elenco di libri liturgici e di suppellettili.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 331

°Ott. gr. 260 [284] (ex Cervini «177»?, f. 3r): cart., mm 285 × 206, ff. 217,
sec. XVI; copista: Nicola Sofiano (ff. 3r-8r), Manuele Malaxos (ff. 12r-
16v, 217r-v), Manuele Glynzounios (ff. 113r-206v), Giovanni Mauromates
(ff. 215r-216r), cfr. RGK 3, nrr. 517, 415, 409, 283. – <Giovanni Pizanos>
(Oracoli), Giovanni VIII Paleologo. – Per l’identificazione della segnatura
sirletiana cfr. DE GREGORIO, pp. 156-157. – Per quelle probabili cerviniane
DEVREESSE, p. 267.
*Ott. gr. 260, ff. 47r-107r [289, f. 47r]: Massimo Confessore (Mystago-
gia). – Cfr. anche MAXIMI CONFESSORIS Mystagogia una cum latina interpre-
tatione Anastasii Bibliothecarii, ed. Ch. BOUDIGNON, Turnhout 2011 (Cor-
pus Christanorum. Series Graeca, 69), pp. XLIV-XLV (con bibliografia).
– Sul ms. Genziano Hervet curò la traduzione latina (Venezia 1548).
°Ott. gr. 267 [150]: cart., del sec. XVI; copista: Manuele Malaxos (ff.
182v-241v, 286r-292r; 169r-182r e 245r-286r titoli), RGK 3, nr. 415. – Gri-
genzio di Tafar. – Per l’identificazione della segnatura sirletiana cfr. DE
GREGORIO, p. 142.
Ott. gr. 271 [187] (ex Cervini «47», o «41»?, f. <Ir>): cart., mm 235 × 165,
ff. 39, sec. XVI; copista: Giovanni Mauromates, cfr. RGK 3, nr. 283. – Cri-
sostomo (Contra eos qui subintroductas habent virgines; Quod regulares fe-
minae viris cohabitare non debeant). – Altre probabili segnature cerviniane
in DEVREESSE, p. 261; si veda inoltre Arch. Bibl. 15, f. 103v sub num. 24.
Ott. gr. 273 [93] (ex Cervini «.158.», f. 1r): cart., mm 233 × 162, ff. 158,
sec. XVI; copista: Emanuele Provataris, cfr. RGK 3, nr. 418. – Crisostomo
(Epistole). Cfr. anche P. CANART, Les manuscrits copiés par Emmanuel Pro-
vataris(1546-1570). Essai d’étude codicologique, in Mélanges Eugène Tisse-
rant, VI, Città del Vaticano 1964 (Studi e testi, 236), pp. 173-287: 240 [= ID.,
Études de paléographie et de codicologie, Reproduites avec la collaboration
de M. L. AGATI et M. D’AGOSTINO, I, Città del Vaticano 2008 (Studi e testi,
459), pp. 33-165: 100].
°Ott. gr. 274 [160] (ex Cervini «.18.», f. <Ir>): cart., mm 229 × 160, ff. 67
(2v-3v vacui), sec. XVI; copisti: Giovanni Onorio (ff. 1r-2r e marg. ai ff. 68r-
85r), Emanuele Provataris (ff. 4r-67r), cfr. RGK 3, nrr. 286 e 418. – Giusti-
no e Atenagora. – Per l’identificazione della segnatura sirletiana cfr. AGATI,
p. 284. – Altre segnature cerviniane in DEVREESSE, p. 267. – I ff. 68-85, a
stampa, contengono: «De mortuorum resurrectione, ed. Petrus Naunius
Alecmarianus interpres, MDXLI apud Christianum Wechelum, Lovanii
in Collegio Trilingui latinarum litterarum professore; i ff. 86-fine, invece
sono latori della versione in latino e della prefazione dedicata al cardinale
Antoine Perrenot di Granvelle (Lovanio, maggio 1541).
*Ott. gr. 295 [259, f. 1r]: membr. (ff. 1r-106v, palinsesti) + cart. (ff. 107r-
229v), mm 166 × 118, ff. 229, sec. XIII/XIV (Italia meridionale). – Antholo-

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332 SANTO LUCÀ

gium. – La copia dei ff. 9r-78r, 106r-137r, 224r-229v è attribuibile su base


paleografica al copista del Paracletikòn Crypt. Δ.γ.II (ora gr. 118), nonché
dei ff. 34r-35v del Crypt. Α.γ.VIII (Salterio, ora gr. 97). Circa i codici crip-
tensi cfr. S. LUCÀ, Manoscritti ‘rossanesi’ conservati a Grottaferrata, Grotta-
ferrata 1986, pp. 70-71, tav. XXVII – Proviene, come i due Criptensi (ibid.),
dalla silloge manoscritta del monastero rossanese del Patìr.
*Ott. gr. 297 [257, f. <Ir>)]: membr., mm 168 × 134, ff. 184 (183-184 va-
cui), sec. X/XI. – Tetravangelo. – Nel corso del sec. XII/XIII una mano ano-
nima aggiunse, verosimilmente in Italia meridionale, i kephalaia (ff. 6v,
33r, 55r-v, 86v-87v, 141v).
*Ott. gr. 298 [261, f. 1r]: membr., mm 171 × 123, ff. 265, sec. XIV in.
(Provincia greco-orientale; Cipro?) – Atti ed Epistole in redazione latino-
greca. – Sul ms. si rimanda a G. DE GREGORIO, Tardo medioevo greco-lati-
no: manoscritti bilingui d’Oriente e d’Occidente, in Libri, documenti, epigrafi
medievali: possibilità di studi comparativi. Atti del Convegno internazionale
di studio dell’Associazione Italiana dei Paleografi e Diplomatisti, Bari, 2-5
ottobre 2000, a cura di F. MAGISTRALE – C. DRAGO – P. FIORETTI, Spoleto
2002, pp. 17-135 (con XXVIII tavv.): 128-133.
*Ott. gr. 314 [297, f. <Ir>]: cart., mm 195 × 142, ff. 335, sec. XV; copista:
Giorgio Βιργοτεύς (f. 335r-v), cfr. RGK 3, nr. 96. – Giovanni Damasceno.
*Ott. gr. 323 [102, f. 1r]: cart., mm 213 × 145, ff. 61, sec. XV. – Nicola
Cabasila (In sanctam liturgiam).
*Ott. gr. 324 [110, f. 1r] (ex Cervini «.4.», ibid.): cart., mm 191 × 125,
ff. 323, sec. XV. – Giorgio Pisida. – Il ms. fu in possesso di tal Teofilatto
monaco (f. 280r).
Ott. gr. 326 [47?]: membr., mm 167 × 133, ff. 53, sec. XI (Italia me-
ridionale). – Vangeli delle dodici festività. – Il ms. fu acquistato a Roma
da Francesco Accida, protopapa di Messina, che lo donò al Sirleto il 16
settembre 1583 (ff. 52v-53r). Al copista anonimo si deve anche la copia del
Vat. gr. 1170: S. LUCÀ, Il Diodoro Siculo Neap. B. N. gr. 4* è italogreco?, in
Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 44 (1990), pp. 33-79: 68-69.
*Ott. gr. 332 [165, f. <Ir>] (ex Cervini «.19.», f. <Iv>): membr., mm 196
× 135, ff. 130, sec. XV (seconda metà); copista: Giovanni Scutariota, cfr.
RGK 3, nr. 302. – Basilio (Ad iuvenes: ff. 1r-14v), Platone (Apologia di So-
crate, Fedone, ecc.). – Il volume fu acquistato a Roma il 13 luglio 1537
(f. 130r). – Circa le altre segnature cerviniane cfr. DEVREESSE, p. 265.
*Ott. gr. 337 [252, f. <IIr>]: cart., mm 218 × 156, ff. 435, sec. XVI; copista:
Manuele Malaxos (ff. 5v-433r), cfr. RKG 3, nr. 415. – Antipatro di Bostra
(In s. Iohannem Baptistam), Crisostomo, Giuseppe Briennio, ecc. – Per l’i-
dentificazione della segnatura sirletiana cfr. già DE GREGORIO, pp. 153-
155.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 333

Ott. gr. 341 [89]: cart., mm 243 × 175, ff. 367, sec. XVI; copisti: Giovan-
ni Franciscus (ff. 1r-37r lin. 6); Emanuele Provataris (ff. 37r lin. 7-53r),
RGK 3, nrr. 312 e 418. – Isidoro di Pelusio (Epistole, lib. I). – Postillato dal
Sirleto. – Il ms. fu utilizzato dal Possevinus nella sua edizione isidoriana
(Roma 1670).
Ott. gr. 344 [73]: perg., mm 223 × 146, ff. 236, an. 1177 (29 gennaio);
copista: Galaction, prete e deuteropsaltes della Cattedrale di Otranto, cfr.
RGK 3, nr. 83. – Eucologio.
*Ott. gr. 348 [99, f. <IIr>] (ex Cervini «44», poi «43»; già Cervini «.162.»,
f. 1r): cart., mm 250 × 180, ff. 84, sec. XVI; copisti: Antonio Eparco (f. 1r:
titolo e marg.), Sirleto (marg. ff. 4r-62r), cfr. RGK 3, nrr. 36 e 154. – Ignazio
e Policarpo di Smirne. Postille di Sirleto in tutto il ms. – Per le altre segna-
ture cerviniane cfr. DEVREESSE, p. 262.
*Ott. gr. 352 [278, f. <IIr>]: cart., mm 227 × 170, ff. 118, sec. XVI; co-
pista: Giovanni Santamaura, cfr. RGK 3, nr. 299. – Geremia, patriarca di
Costantinopoli.
Ott. gr. 354 [170 (o 300?)]: cart., mm 230 × 159, ff. 80, sec. XVI; copista:
Manuele Malaxos, RGK 3, nr. 415. – Physiologus (attribuito ad Epifanio).
– Per l’identificazione della segnatura sirletiana cfr. DE GREGORIO, p. 143.
Ott. gr. 366 [201] (ex Cervini «.22.», poi «110», f. <Ir): cart., mm 335
× 232, ff. 131, sec. XVI; copisti: Bartolomeo Zanetti (ff. 1r-94v) e Nicola
Mourmouris (95r-131v), cfr. RKG 3, nrr. 56 e 507. – Eusebio di Cesarea (De
paeparatione evangelica) e Dexippo (commento alle Categoriae di Aristote-
le: ff. 95r-131v). – RUSSO, p. 238; altre segnature cerviniane in DEVREESSE,
p. 261. – Si tratta probabilmente, in relazione all’opera eusebiana, di copia
realizzata sul ms. cerviniano Vat. gr. 1303 (ex Cervini «.20», f. <Ir>) che Sir-
leto ricevette dall’Orsini nel luglio di un anno imprecisato (Reg. lat. 2023,
ff. 391r-392r). Il Vat. gr. 1303 risulta vergato nel secolo XV da Michele Apo-
stolio (RKG 3, nr. 454), è latore proprio del De praeparatione evangelica di
Eusebio, reca postille marginali di Giovanni Parrasio nonché l’ex libris di
Fulvio Orsini: DE NOLHAC, La bibliothèque cit., pp. 148, 423-424; LO PARCO,
Il cardinale Guglielmo Sirleto cit., p. 4 e n. 14.
*Ott. gr. 373 [74?, f. 1r] (ex Cervini «60»?, ibid.): membr., mm 245 × 175,
ff. 236, sec. X in. (Costantinopoli) – Vite di Santi. – Iniziali maggiori rifatte
in Italia meridionale nel corso del sec. XIII (ff. 14v, 60r). – RUSSO, p. 237.
*Ott. gr. 380 [78, f. 1r]: cart., mm 244 × 165, ff. 345, sec. XIII (ff. 4r-9v:
restauro più recente). – Sticherarion. – Ambito di produzione: palestino-
cipriota.
*Ott. gr. 381 [77, f. <Ir>]: membr., mm 220 × 161, ff. 336, an. 1281/1282
(f. 335v); copista: Teodoro Agiopetrites, cfr. RKG 3, nr. 209. – Atti, Epistole

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334 SANTO LUCÀ

cattoliche e paoline, Vangeli. – RUSSO, p. 237. – Ai ff. 335v-336r occorre


una annotazione su un terremoto avvenuto a Chio sabato 20 marzo 1389.
*Ott. gr. 383 [246, f. 1r] (ex Cervini «.155.», ibid.): cart., mm 228 × 163,
ff. 268, sec. XVI; copista: Emanuele Provataris (ff. 1r-112v), cfr. RKG 3, nr.
418. – Isidoro di Pelusio (Epistole, lib. II, epp. 1001-1998). – Il ms. conserva
postille di Sirleto. – Altre segnature cerviniane in DEVREESSE, p. 264.
Ott. gr. 387, ff. 1r-105r [53?] (ex Cervini «187»?, f. 1r): membr., mm 270
× 195, ff. 210, sec. XIII. – Efrem Siro. – Postille di Sirleto (ff. 46r, 71r, 84r,
ecc.).
°Vat. gr. 1422 [1]: membr., mm 392 × 297, ff. 259, sec. X/XI. – Epifanio
di Salamina (commento ai Salmi). – Segnatura sirletiana già individuata
da MERCATI, p. 117, e RUSSO, p. 235.
°Vat. gr. 1423 [17, f. <Ir>] (ex Cervini «68»?, ibid.): cart., mm 413 × 280,
ff. 221, sec. XVI. – Catena ai Vangeli. – Il ms. fu in possesso del cardinale
Pole (f. 1r: R. P. C.). – Per la segnatura sirletiana MERCATI, pp. 116-117, e
RUSSO, p. 235; per quelle cerviniane DEVREESSE, p. 264.
°Vat. gr. 1426 [214]: cart., mm 345 × 238, ff. 460, sec. XVI. – Nilo Doxo-
patres. Copia tratta da un codice del S. Salvatore «de lingua phari» di Mes-
sina. Cfr. P. BATIFFOL, L’Abbaye de Rossano. Contribution à l’histoire de la
Vaticane, Paris 1891, p. 93, MERCATI, Per la storia cit., pp. 64-70; ID., p. 117,
e RUSSO, p. 238.
°Vat. gr. 1428 [180, contropiatto anteriore e in alto sul dorso] (ex Cer-
vini «101»?, ff. Ir e IIr): cart., mm 335 × 248, ff. 302, sec. XVI; copista:
Emanuele Bembenes, cfr. RGK 3, nr. 188. – Bessarione (Δογματικὸς περὶ
ἑνώσεως), Planude (De processione Spiritus Sancti), Niceforo Gregora (Apo-
logia delle deliberazioni del concilio di Efeso), Marco Eugenico (Κεφάλαια
συλλογιστικὰ πρὸς Λατίνους). – Per l’identificazione della segnatura Sirleto
cfr. MERCATI, p. 116, e RUSSO, p. 237. Per la rilegatura CATALDI PALAU, Il
copista Ioannes cit., p. 380.
°Vat. gr. 1430 [9]: membr., mm 355 × 276, ff. 270, sec. X (ff. 49r-60v,
231r-238r sec. XII; ff. 1 e 8: sec. XIV/XV). – Catena alle Epistole cattoliche
e paoline. – Il ms. fu in possesso del sacerdote Giovanni Alouràs (?): f.
270v. – Per la segnatura sirletiana cfr. MERCATI, p. 121; RUSSO, p. 235; per
quelle cerviniane DEVREESSE, p. 266.
°Vat. gr. 1431 [52, f. 1r): membr., mm 315 × 245, ff. 370 (+ 47a, 231a,
292a, 360a), il f. 370 è vacuo, sec. XI. – Collezione monofisita. – Il ms. pro-
viene dalla collezione libraria di S. Maria Odigitria di Rossano Calabro,
dove era custodito con la segnatura «35», cfr. BATIFFOL, L’Abbaye de Ros-
sano cit., pp. 64-65; MERCATI, Per la storia cit., p. 310, e S. LUCÀ, Il Casan.
931 e il copista criptense Michele Minichelli (sec. XVI). Libri, testi ed eruditi
nella Roma di Gregorio XIII, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 335

41 (2004), pp. 181-259: 229-231. – Per la segnatura sirletiana cfr. MERCATI,


pp. 117-118, e RUSSO, p. 236.
°Vat. gr. 1432 [10]: membr., mm 345 × 235, ff. 193, sec. XII (corsiva
stilizzata). – Teodoro Studita. – Per la segnatura sirletiana cfr. MERCATI, p.
122, e RUSSO, p. 235.
°Vat. gr. 1433 [14]: membr., mm 340 × 265, sec. XII (ff. 445r-452v: re-
stauro sec. XIII/XIV in cart. or.). – Gregorio di Nissa. – Per la segnatura
sirletiana cfr. MERCATI, p. 118, e RUSSO, p. 235. Postille di Sirleto: e.g.,
ff. 106r-v, 107r-111r, 112a, 113v, 355r-v.
°Vat. gr. 1434 [49, f. 1r)]: membr. + cart. or., mm 290 × 213, ff. 315, sec.
XII. – Nilo d’Ancira (Ad Eulogium e Ad Agatium), Epitteto. – Al f. 1r il titolo
Πρὸς Εὐλόγιον μοναχόν è di mano di Giovanni Santamaura. – Identificazio-
ne della segnatura presso MERCATI, pp. 120-121, RUSSO, p. 236.
°Vat. gr. 1436 [235]: cart., sec. XVI. – Simeone Nuovo il Teologo. – Circa
la segnatura sirletiana cfr. MERCATI, p. 122, e RUSSO, p. 238.
°Vat. gr. 1437 [?]: cart., mm 295 × 204, ff. I-VII. 514, sec. XVI (seconda
metà); copista: Niceta Korogonas (ff. 1r-304v e 363r-410v), cfr. RKG 3, nr.
486. – Macario Crisocefalo. Nota emptionis (f. 1r, mrg. inf.): MERCATI, p.
120.
°Vat. gr. 1438 [50, f. <Ir>]: cart., mm 320 × 218, ff. 392, sec. XVI. – Anna
Comnena, Alessiade. – Per l’identificazione della segnatura sirletiana
cfr. MERCATI, p. 116, e RUSSO, p. 236; per quelle (ipotetiche) cerviniane
DEVREESSE, p. 261.
°Vat. gr. 1439 [196]: cart., mm 334 × 234, ff. 117, sec. XVI; copista:
Camillo Zanetti, cfr. RKG 3, nr. 351. – Giuseppe di Metone, Giovanni di
Antiochia. – Postille di mano del Sirleto (?). – Per l’identificazione della
segnatura Sirleto cfr. MERCATI, pp. 119-120, e RUSSO, p. 238.
°Vat. gr. 1441 [21] (ex Cervini «.174.», poi «67» f. <II>r): cart., mm 350
× 240, ff. 135, sec. XVI. – Procopio (catena in Genesim). – Nota emptionis
(f. <Ir>): MERCATI, pp. 121-122, RUSSO, p. 235. – Per la segnatura Cervini cfr.
DEVREESSE, p. 264.
°Vat. gr. 1443 [225]: cart., mm 300 × 210, ff. 278, sec. XVI; copista:
Massimo Glinzunio, cfr. RKG 3, nr. 409. – Michele Glica (Chronicon). Nota
emptionis (f. <Ir>): MERCATI, p. 120, e RUSSO, p. 238.
°Vat. gr. 1445 [197]: membr., mm 293 × 219, ff. 173, sec. XI ex. – Van-
geli con commento catenario dello Ps.-Pietro di Laodicea per i Vangeli di
Matteo, Luca e Giovanni, e di Vittore di Antiochia per il Vangelo di Marco.
– L’identificazione con la segnatura sirletiana spetta a MERCATI, p. 121, e
RUSSO, p. 238. – Sul ms., appartenuto alla collezione Cervini «nr. 2», cfr.
lo studio monografico di F. D’AIUTO – A. SIRINIAN, Un carme bizantino in
onore degli evangelisti e la sua versione armena nel Vat. gr. 1445, in Tra

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336 SANTO LUCÀ

Oriente e Occidente. Scritture e libri greci fra le regioni orientali di Bisanzio e


l’Italia, a cura di L. PERRIA, Roma 2003 (Testi e studi bizantino-neoellenici,
14), pp. 297-347: 309.
°Vat. gr. 1446 [79]: membr., 260 × 180, ff. 434, sec. XI in. (cart. or. ff. 33-
42, 245-258, 289-300, 339-366, 376-397 lin. 6, 399-434: sec. XV). – Gregorio
di Nazianzo (Orazioni). – Per l’identificazione della segnatura sirletiana cfr.
MERCATI, p. 118, e RUSSO, p. 236; per quelle cerviniane DEVREESSE, p. 264.
°Vat. gr. 1447 [86, f. <Ir>)]: cart., mm 220 × 160, ff. 288 (226v, 286r-288v
vacui), an. 1534 (f. 285v); copista: Pacomio monaco, cfr. RKG 3, nr. 543.
– Eutimio Zigabeno (Panoplia dogmatica), Melezio e vari scritti polemici
(contro Maometto, gli Armeni, i Latini). – Postille autografe di Sirleto (ff.
19r, 20v, 245r-v, 249r, 253r, 263r, 264v, 285r, ecc.). – Al ms. appartengono
anche i ff. 72r-73v, un tempo ff. 1r-2v, dell’attuale Vat. gr. 1862, anch’essi
vergati dal cardinale calabrese. – Per l’identificazione della segnatura sirle-
tiana cfr. MERCATI, p. 119, e RUSSO, p. 237.
°Vat. gr. 1449 [96, f. <Ir>]: cart., ff. 323, sec. XV. – Macario metropolita
di Filadelfia. – Per l’identificazione della segnatura sirletiana cfr. MERCATI,
p. 120, e RUSSO, p. 237.
°Vat. gr. 1450 [172]: membr., mm 230 × 183, ff. 41, sec. XV; copista: Isi-
doro, cfr. RGK 3, nr. 258 – Manuele II Paleologo. – Per la corrispondenza
con la numerazione Sirleto cfr. MERCATI, p. 120, e RUSSO, p. 237.
°Vat. gr. 1451 [211]: cart., mm 325 × 205, ff. 60, sec. XVI; copista: Nice-
foro Chartophylax, cfr. RGK 3, nr. 493. – Metodio d’Olimpo (Symposium).
– Segnatura sirletiana presso MERCATI, p. 120. Ne è copia altempsiana
l’Ott. gr. 135 (sec. XVII): S. LUCÀ, Il Vat. gr. 2020 e Metodio d’Olimpo (Sym-
pos. VIII. 13), in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 54 (2000),
pp. 157-191: 169-170, tav. 6.
°Vat. gr. 1452 [128]: cart., mm 245 × 174, ff. 62, sec. XVI. – Vita del pa-
triarca Ignazio scritta da Niceta Davide Paflagone. – Segnatura sirletiana
presso MERCATI, p. 121; RUSSO, p. 237.
°Vat. gr. 1454 [153]: cart., mm 230 × 170, ff. 216 (217 vacuo), sec. XVI.
– Origene (Philocalia). – Per l’identificazione della segnatura sirletiana cfr.
MERCATI, p. 122, e RUSSO, p. 238.
°Vat. gr. 1455I-II [117, f. 9r]: cart. or., mm 258 × 188, ff. 346, an. 1299 (12
marzo); copista Giovanni Geraci (ff. 25r-176r). – Atti conciliari (Laterano)
e miscellanea patristica. – Titoli delle opere e varie integrazioni (ff. 311r,
312r, 317r, 343r) sono di mano di Giovanni Santamaura. – Sul f. 292r-v
occorrono note in armeno, greco e arabo; sul f. 364r, invece, una nota di
eclisse del 6 novembre 1519. – Identificazione della segnatura sirletiana
presso MERCATI, p. 122; RUSSO, p. 237; cfr. anche GREGORII NYSSENI Epi-
stolae, ed. G. PASQUALI, Leiden 1959, pp. XLI-XLIII.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 337

Grammatici
Ott. gr. 52 [1]: cart., mm 291 × 209, ff. 130, sec. XV; copista: Giovanni
Rhosos (f. 130v). – Teodoro Gaza (Grammatica).
Ott. gr. 55 [2]: cart., mm 284 × 215, ff. 102, sec. XVI. – Teodoro Gaza
(Grammatica).
Ott. gr. 84 [5]: cart., mm 311 × 209, ff. 185, sec. XVI. – Cassiano Longino
(Lessico).
*Ott. gr. 158 [24, f. 1r]: cart., mm 145 × 94, ff. 133, sec. XV. – Grammatica.
*Ott. gr. 162 [14, f. <Ir>]: cart., mm 200 × 137, ff. 52, sec. XV. – Gramma-
tica; Filostrato. – Il cimelio, acquistato a Roma nel maggio 1509 dal «Ma-
gistro Jac.° Bibliopolo», era appartenuto a Bonifacio Bembo di Brescia,
che lo comprò a Milano nel giugno 1409, e successivamente al mantovano
Bartolomeo Porto (f. Ir).
*Ott. gr. 173 [25, f. <IIr> ] (ex Cervini «61»?, ibid., mrg. inf.): cart., mm
240 × 176, ff. 198, sec. XVI; copisti: Giovanni Mauromates (ff. 1r-30r), Zac-
caria Calliergi (ff. 31r-80v, 117r-126v, 146v-193v), Giovanni Paez de Castro
(ff. 81r-116v), Giovanni Severo di Lacedemonia (ff. 194r-198r), cfr. RGK 3,
nrr. 283, 197, 288, 300. – Nicola Sofiano (Grammatica); Apollonio Discolo
(Περὶ συντάξεως); Erodiano, ecc.
*Ott. gr. 182 [15, f. <Ir>]: cart., mm 198 × 130, ff. 30, sec. XVI. – Manuele
Crisolora (Grammatica).
Ott. gr. 277 [17]: cart., mm 235 × 165, ff. 53, sec. XVI. – Teodosio Gram-
matico e Giovanni Tzetze.
*Ott. gr. 321 [11, f. 1r]: membr., mm 215 × 140, ff. 122 (123 vacuo), sec.
XV; copista: Michele Apostolio (ff. 123v solo due righe, e marg. ai ff. 7v e
15r), cfr. RGK 3, nr. 454. – Moscopulo (Erotemata).
*Ott. gr. 331 [9, f. <IIr>, con scritta «IHS», ossia Compagnia di Gesù)]:
cart., mm 203 × 140, ff. 143, sec. XVI (seconda metà). – Teodoro Gaza
(Grammatica). – Postille marginali di Sirleto, cfr., e.g., ff. 10r-v, 45v, 59r.
*Ott. gr. 339, ff. 154r-156r [12, f. 154r] : cart., mm 225 × 175, sec. XVI.
– Erotemata.
°Vat. gr. 1456 [23] (ex Cervini «61», poi «12»): membr., mm 196 × 150,
ff. 185 (+ 94a), sec. X-XI (Italia meridionale: Reggio?). – Eusebio di Cesa-
rea (Onomasticon), Lessici vari, Fozio (lettera all’arcivescovo di Reggio).
– Per la corrispondenza cerviniana cfr. MERCATI, p. 118, e DEVREESSE, p.
259; quanto invece a quella sirletiana cfr. G. MERCATI, Appunti sul palin-
sesto Vat. gr. 1456, in Rheinisches Museum 65 (1910), pp. 331-338 [= ID.,
Opere minori, III, Città del Vaticano 1937 (Studi e testi, 78), pp. 186-193].
Si veda anche la scheda di P. CANART presso Codici greci dell’Italia meri-
dionale, a cura di P. CANART – S. LUCÀ, Roma 2002, nr. 11 (= pp. 54-55).

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338 SANTO LUCÀ

– Circa il possesso ‘cerviniano’ del cimelio cfr. anche Arch. Bibl. 15, f. 102r
sub num. 12.

Mathematici
Ott. gr. 21 [4]: cart., mm 335 × 216, ff. 393, an. 1541 (5 febbraio: f. 392r).
– Sesto Empirico. – Il ms. è appartenuto al Cervini: DEVREESSE, p. 260.
Ott. gr. 26 [3]: cart., mm 332 × 233, pp. 640, sec. XVI; copista: Giovanni
Onorio da Maglie. – Teone Alessandrino (In Ptolomaei mathem.). Ex Cervi-
ni «22». Cfr. DEVREESSE, p. 260; AGATI, pp. 281-282; per l’appartenenza al
Cervini cfr. anche Arch. Bibl. 15, f. 103r, sub num. 7: sopra, n. 22.
Ott. gr. 32 [2]: cart., mm 370 × 240, ff. 70, sec. XVI. – Giovanni Filopono,
Niceforo Callisto Xantopoulos, Aristea.
Ott. gr. 110 [8] (ex Cervini «118»): cart., mm 334 × 228, ff. 133, sec. XVI
(ante medium); copisti Giovanni Onorio e Zaccaria Calliergi, RGK 3, nrr.
286 e 197. – Claudio Tolomeo (Μαθηματικῆς σύνταξις). – Per la segnatura
Cervini cfr. DEVREESSE, p. 266; AGATI, p. 283. Cfr. anche circa l’apparte-
nenza al Cervini Arch. Bibl. 15, f. 106v, sub num. 7: sopra, n. 20.
Ott. gr. 231 [12]: cart., mm 285 × 207, ff. 191, sec. XVI. – Claudio Tolo-
meo (Apotelesmatici), Proclo (Paraphrasis).
Ott. gr. 238 [1]: cart., mm 424 × 265, pp. 34, sec. XVI; copista: Giovanni
Onorio, cfr. RGK 3, nr. 286. – Erone (Pneumatica). – Il ms. appartenne al
Cervini: AGATI, p. 283.
*Ott. gr. 310 [21, f. <Ir>] (ex Cervini «.145.», f. 1r): cart., mm 220 × 142,
ff. 160, sec. XVI in.; copista: Michele Rhosaitos (f. 105r-v), cfr. RGK 3, nr.
467. – Euclide (Geometria) e Nicomaco di Gerasa (Isagoge in arithmeti-
cam). – Altre segnature cerviniane in DEVREESSE, p. 265.
Ott. gr. 364 [15]: cart., mm 230 × 190, ff. 158, sec. XVI. – Polieno (Stra-
tegicon).
°Vat. gr. 1453 [13] (ex Cervini «26», poi «5»?, f. <IIr>): membr., mm 265
× 205, ff. 219, sec. IX/X (f. 216r-v: restauro recente). – Proclo (commento al
Tetrabiblon di Tolomeo). – Dono (gennaio 1554) a Cervini di Niccolò Ma-
jorano (f. 1r), dove occorre (mrg. sup.) la numerazione cerviniana «.163.».
– Cfr. MERCATI, p. 121, e RUSSO, p. 239; per le altre segnature cerviniane si
veda DEVREESSE, p. 259.

Iuridici (Τῶν νομίμων βιβλία)


Ott. gr. 15 [1] (ex Cervini «.22.», f. Iv): membr., mm 344 × 283, ff. 242,
sec. XII (Italia meridionale: ambito calabro-siculo). Basilici. – Altre segna-
ture cerviniane in DEVREESSE, p. 265.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 339

°Ott. gr. 243 [3]: cart., mm 344 × 142, ff. 619, sec. XVI; copista: Manuele
Malaxos, cfr. RGK 3, nr. 415. – Basilici, ecc. – Per l’identificazione della se-
gnatura sirletiana cfr. DE GREGORIO, p. 158.

Philosophici (Τῆς φιλοσοφίας)


Ott. gr. 45 [3]: cart., mm 347 × 245, ff. 237, sec. XVI; copisti: Valeriano
Albini, Arnoldo Arlenio, Pietro Karnabakas, Giovanni Mauromates, Gio-
vanni Santamaura, cfr. RGK 3, nrr. 530, 48, 551, 283, 299. – Teofrasto (Περὶ
αἰσθήσεων), Aristotele (Περὶ ἀτόμων γραμμῶν), Damascio (Παρεκβολαί), ecc.
Ott. gr. 70 [6]: cart., mm 335 × 233, ff. 132, an. 1546 (4 agosto, f. 132r).
Siriano.
Ott. gr. 76 [12]: cart., mm 318 × 185, ff. 256, sec. XVI. – Temistio, Sim-
plicio, Alessandro di Afrodisia, Asclepio.
*Ott. gr. 83 [13, f. 1r)]: membr., mm 298 × 217, ff. 136, sec. XVI; copista:
Bartolomeo Zanetti (RKG 3, nr. 56). I fascicoli cominciano col lato del
pelo. – Simplicio (comm. al De caelo di Aristotele). Il titolo di f. 1r è attri-
buibile alla mano di Giovanni Santamaura.
Ott. gr. 145 [35, f. 1r]: cart., mm 210 × 140, ff. 80, an. 1362 (f. 80r: 5 di-
cembre); copista: Pietro Telemaco, RGK 3, nr. 556. – Melezio monaco (De
natura hominis).
*Ott. gr. 151, ff. 201r-223v [34, f. 201r]: cart., mm 213 × 140, ff. 224,
sec. XIII/XIV. Liside, Aristotele (De virtutibus), Luciano, Cleone, Pitagora
(Versi aurei).
*Ott. gr. 152 [22, f. 1r]: cart., mm 221 × 150, ff. 155, sec. XIII (Cipro ?).
– Aristotele.
*Ott. gr. 153, ff. 96r-152r + 152bis [38, f. 96r)]: cart., mm 220 × 170,
ff. 281 (+ 282 vacuo), sec. XVI; copista: Costantino Mesobotes, cfr. RKG 3,
nr. 363. – Teofrasto (Μετὰ τὰ φυσικά).
* Ott. gr. 153 (ff. 43r-74r) [39, f. 43r]: idem – Aristotele (Categoriae).
Ott. gr. 177 [36]: cart., mm 210 × 135, ff. 243, sec. XVI. Ermete Trisme-
gisto (Ποιμάνδρης), Asclepio (Πρὸς Ἄμμον βασιλέα).
*Ott. gr. 188 [25, f. 1r)]: cart., mm 205 × 136, ff. 199, sec. XV. – Aristotele
(De caelo, Meteorologica, De mundo).
Ott. gr. 191 [19]: cart., mm 232 × 160, ff. 130, sec. XVI. – Ermia, Zacca-
ria Scolastico, ecc.
Ott. gr. 235 [2] (ex Cervini «6.», f. 1r; e già «.171.», f. <I>): cart., mm 353
× 245, ff. 69, sec. XVI; copisti: Antonio Eparco (marg. ff. 1r-69r) e Nicola
Murmuris (tutto), cfr. RGK 3, nrr. 36 e 507. – Rufo Efesino. – Altre segna-
ture cerviniane in DEVREESSE, p. 266. L’appartenena al Cervini è confer-
mata in Arch. Bibl. 15, f. 106v, nr. 7.

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340 SANTO LUCÀ

Ott. gr. 278 [20]: cart., mm 225 × 150, ff. 147, sec. XVI. – Teodoro Meto-
chites (sul De anima di Aristotele).
*Ott. gr. 286 [28, f. <Ir>): cart., mm 220 × 140, ff. 33, sec. XVI. – Plutarco.
Ott. gr. 302 [30]: cart., mm 206 × 142, ff. 55, sec. XVI; copista: Manuele
Malaxos, cfr. RGK 3, nr. 415. – Porfirio (commento alle Categorie di Ari-
stotele). Per l’identificazione della segnatura sirletiana cfr. DE GREGORIO,
p. 158.
Ott. gr. 304 [32]: cart., mm 221 × 157, ff. 46, sec. XVI. – Teofrasto (Ὑπὲρ
αἰσθήσεων).
Ott. gr. 322 [21]: cart., mm 220 × 147, ff. 72, sec. XVI. – Boezio (De con-
solatione philosophiae), Giovanni Damasceno (Περὶ θείων ὀνομάτων). Cfr.
AGATI, pp. 241-243.
Ott. gr. 329 [26] (ex Cervini «20»?, f. <Ir>): membr., mm 213 × 138, ff. 200,
sec. XVex.; copista: Demetrio Damilas, cfr. RGK 3, nr. 160. – Arriano. – Si
osservi che l’Index del Santamaura registra sotto al nr. Philos. 43 (Vat. lat.
6163, ff. 204v-205r) un’altra copia di Arriano.
Ott. gr. 371 [15]: cart., mm 280 × 202, ff. 313, sec. XV ex.; copisti: De-
metrio Mosco; Giorgio Valla (marg. + titolo), cfr. RGK 3, nrr. 165 e 91. –
Porfirio (De vita Plotini).
Ott. gr. 372 [20?] (ex Cervini «17»?, f. <Ir>): cart., mm 283 × 200, ff. 46,
sec. XVI. – Aristotele (Ethica Nicomachea), Zosimo (De armonia: ff. 39r-
46v), Euclide (Εἰσαγωγὴ ἀρμονική). – Il titolo di f. 39r è di mano di Giovan-
ni Santamaura. – Il nome del copista si legge sul f. 46v: Φραγκίσκος ὁ σὸς
φίλος.
Ott. gr. 374 [7]: cart., mm 270 × 177, ff. 224, sec. XVI. – Olimpio (comm.
all’Ethica di Aristotele)
°Vat. gr. 1425 [1]: cart., mm 357 × 249, ff. 239, sec. XVI. Alessandro
di Afrodisia (comm. ai Metaphysica di Aristotele). Postillato dal Sirleto:
cfr., e.g., ff. 2r, 14v, 236r, 237r, 238v. Per l’identificazione cfr. già MERCATI,
p. 116, e RUSSO, p. 239.
° Vat. gr. 1429 [4]: cart., mm 346 × 240, ff. 192, sec. XVI; copisti: Giovan-
ni Mauromates (ff. 137r-169r) e Camillo Zanetti (ff. 77r-113r, 115r-135v),
cfr. RGK 3, nrr. 283 e 351. – Giorgio Pachimere, Libanio, Giovanni Pediasi-
mo (ff. 115r-135v), Erone (Mechanica: ff. 137-169). – Circa la numerazione
sirletiana cfr. MERCATI, p. 118, e RUSSO, p. 239.
°Vat. gr. 1435 [14]: cart., mm 336 × 230, ff. 126, sec. XV. – Bessarione
(Defensio dogmatum platonicorum). – Postille autografe del cardinale Ni-
ceno: RGK 3, nr. 77. – Per la segnatura sirletiana cfr. MERCATI, p. 116, e
RUSSO, p. 239.
° Vat. gr. 1440 [11]: cart., mm 324 × 225, ff 418 (419 vacuo), sec. XVI.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 341

– Damascio. – Per la segnatura sirletiana cfr. MERCATI, p. 117, e RUSSO, p.


239.
°Vat. gr. 1442 [9]: cart., mm 320 × 216, ff. 295, sec. XVI; copista: Manue-
le Glynzounios (ff. 97r-295v lin. 3), cfr. RGK 3, nr. 409. – Erennio, Manuele
Caleca, Proclo. – Procopio (In Canticum canticorum, ff. 97r-295v). Circa
l’identificazione della segnatura sirletiana cfr. MERCATI, pp. 118-119, e
RUSSO, p. 239. – Cfr. anche Procopii Gazaei Epitome in Canticum Canti-
corum, ed. J.-M. AUWERS – M.-G. GUÉRARD, Turnhout 2011 (CCh. Series
Graeca, 67), pp. XLII-XLIV (con bibliografia).
°Vat. gr. 1444 [8]: cart., mm 314 × 227, ff. 287, sec. XVI; copisti: Pietro
Karnabakas e Giovanni Mauromates (ff. 92r-157r, 217r-287r), cfr. RGK 3,
nrr. 551 e 283. – Gregora, Giamblico, Ermete Trismegisto, Teofilo, Geopo-
nica. – Circa la segnatura sirletiana cfr. MERCATI, p. 120, e RUSSO, p. 239.
– Sul ms. cfr. M. SICHERL, Die Handschriften, Ausgaben und Überstzungen
von Iamblichos De mysteriis. Eine kritisch-historische Studie, Berlin 1957
(Texte und Untersuchungen, 62, 7), pp. 51-57.
° Vat. gr. 1457 [17]: cart., mm 250 × 185, ff. 269, sec. XVI; copista: Ca-
millo Zanetti, cfr. RGK 3, nr. 351. – Giovanni Italo. – Per la segnatura sir-
letiana cfr. MERCATI, p. 119, e RUSSO, p. 239.

Rhetorici et poetici (Ῥητορικῆς καὶ ποιητικῆς βιβλία)


Ott. gr. 22 [2]: cart., mm 336 × 223, ff. 247r, an. 1458 (f. 247r); copista
Giovanni Rhosos. – Ermogene (Περὶ ἰδεῶν).
Ott. gr. 65 [7]: cart., mm 304 × 210, ff. 139, sec. XV. – Giovanni Tzetze
(scolii a Licofrone).
Ott. gr. 69 [3]: cart., mm 343 × 237, ff. 200, sec. XVI. – Libanio (Apologia
di Socrate).
Ott. gr. 90 [5]: cart., mm 335 × 230, ff. 110, sec. XVI. – Dione Crisosto-
mo.
Ott. gr. 103 [6]: cart., mm 309 × 209, ff. 148, an. 1496 (Messina, 3 giu-
gno). – Costantino Lascaris (Περὶ Κοΐντου).
*Ott. gr. 150 [38, f. 1r)]: cart., mm 226 × 167, ff. 174, sec. XVI; copisti:
Giovanni Mauromates (ff. 95r-109r, 143r-144v), Nicola Sofiano (ff. 110r-
142r), Giovanni Santamaura (ff. 145r-147r), Giovanni Onorio (ff. 148r-
174r), cfr. rispettivamente RKG 3, nrr. 283, 517, 299, 286. – Agapeto Dia-
cono (Ἔκθεσις κεφαλαίων παρανειτικῶν a Giustiniano imperatore), Ippo-
crate (Aforismi), Portulano, Moscopulo (comm. alla Batracomiomachia: ff.
110r-142r), De aqua (f. 143r), corrispondenza tra Giuliano e Basilio Magno
(ff. 145r-147r), omelie di Crisostomo e di Proclo (ff. 148-174).
*Ott. gr. 161 [23 (f. <Ir>; Vat. lat. 6163: ΚΓ ΄, idest «33»]: membr., mm 211

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342 SANTO LUCÀ

× 138, ff. 146, sec. XV (ff. 2v-45v), sec. XVI (ff. 49r-146v); copista: Giorgio
Disypatos Galesiota (ff. 1r-8v, 17r-45v), cfr. RKG 3, nr. 99. – Aristofane
(Plutone, Nubi, Rane).
*Ott. gr. 166 [20, f. 1r)]: mm 211 × 150, ff. 117, sec. XV. – Aristofa-
ne (Plutone), Teognide, Museo, Focilide, Solone, Catone, Pitagora (Versi
aurei), Gregorio di Nazianzo. – Note interlineari in latino apposte dal 16
agosto 1494 (f. 34v) al 13 settembre dello stesso anno. Sul f. 116v occorre
la data del 4 settembre 1495.
*Ott. gr. 169 [40, f. 1r] (ex Cervini «169»: ibid): cart., mm 203 × 143,
ff. 89, sec. XIV. – Giovanni Filopono (scolii agli Analytica Priora di Aristo-
tele).
Ott. gr. 181 [18]: cart., mm 214 × 140, ff. 113, sec. XVI. – Aristofane,
Giuliano (Al re Elio), Bessarione (al vescovo Teodoro).
*Ott. gr. 183 [24, f. <Ir>] (ex Cervini «15.», ibid.): cart., mm 216 × 147, ff.
119, sec. XV. – Sofocle.
Ott. gr. 197 [34]: cart., mm 223 × 155, ff. 50, sec. XVI. – Callimaco.
*Ott. gr. 203 [13, f. 1r] (ex Cervini «n° 12»?, ibid.): cart., mm 218 × 157,
ff. 258, an. 1481 (14 febbraio); copista: Michele Suliardo, cfr. RGK 3, nr.
468. – Omero (Iliade).
*Ott. gr. 254 [33, f. 1r]: membr., mm 232 × 160, ff. 57 (56-57 vacui), sec.
XVI. – Demostene.
Ott. gr. 280 [4]: cart., mm 225 × 155, ff. 117, sec. XVI. – Teocrito.
*Ott. gr. 313 [21, f. 1r + scritta «Ihs»]: cart., mm 218 × 160, ff. 214, sec.
XVI (Terra d’Otranto). – Isacco Tzetze (scolii a Licofrone).
*Ott. gr. 316 [41, f. <Ir>): cart., mm 210 × 138, ff. 61, sec. XVI. – Teofra-
sto.
*Ott. gr. 330 [17, f. <Ir>]: cart., mm 210 × 138, ff. 60, sec. XVI. – Luciano
e Isocrate (Ad Demonicum).
Ott. gr. 338 [19]: cart., mm 205 × 137, ff. 312, sec. XVI; copisti: Co-
stantino Mesobotes (ff. 1r-40r, 53r-276v, 279r-312r), Giovanni Severo di
Lacedemonia (ff. 54r-63r), Zaccaria Calliergi (ff. 277r-278v), cfr. RGK 3,
nrr. 363, 300, 197. Spettano invece alla mano di Giovanni Santamaura i
titoli di alcuni scritti adespoti, cfr. ff. 24r, 41r, 63r, 64r, 150r. – Anonym.
(Sphera), Michele Psello (giambi a Michele Duca), Senofonte (De equorum
velocitate), nonché vari materiali grammaticali.
*Ott. gr. 339, ff. 158r-176r [43, f. 158r)]: cart., mm 225 × 175, sec. XVI;
copista: Michele Rhosaitos, cfr. RGK 3, nr. 467. – Scolii all’Andromaca di
Euripide.
*Ott. gr. 339, ff. 177r-186r [44, f. 177r)]: cart., mm 225 × 175, sec. XVI;
copista: Michele Rhosaitos, ibid. – Scolii all’Ecuba di Euripide.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 343

Ott. gr. 369 [9]: cart., mm 316 × 208, ff. 114, sec. XVI. – Licofrone (scho-
lia).
Ott. gr. 388 [12]: cart., mm 284 × 250, ff. 93, an. 1484 (Firenze, 10 set-
tembre); copista: Bartolomeo Comparino di Prato (f. 62r). – Antologia di
epigrammi.
°Vat. gr. 1448 [16, f. 1a] (ex Cervini «54», già «.174.», f. IIr): membr.,
mm 225 × 150, ff. 194, sec. XV ex.; copista: Demetrio Damilas, cfr. RGK
3, nr. 160. – Giuliano l’Apostata, Temistio, Isocrate. – Circa la segnatura
sirletiana cfr. MERCATI, p. 119, e RUSSO, p. 239; quanto a quelle Cervini cfr.
DEVREESSE, p. 263.

Medici (Τῆς ἰατρικῆς)


Ott. gr. 89 [2]: cart., mm 337 × 226, ff. 277, sec. XVI. – Alessandro di
Tralles, Artemidoro.
Ott. gr. 157A (?) [7]: cart., mm 131 × 61, sec. XVI. – Ippocrate (Aforismi
et alia), Giovanni Damasceno (Περὶ τῶν κενούντων φαρμάκων).
Ott. gr. 311 [5]: cart., mm 225 × 145, ff. 123, sec. XV/XVI; copista Co-
stantino Lascaris (ff. 1r, 117v-123v), cfr. RGK 3, nr. 362. – Costantino La-
scaris, Galeno, Stefano Ateniese, Aezio Amideno.
°Vat. gr. 1424 [1, f. <Iv>]: cart., mm 370 × 230, ff. 691, sec. XVI; copisti:
A) ff. 1r-436r, B) ff. 436v-690r). – Nicola Myrepsos (Antidotarium). – Al co-
pista «A» è ascrivibile anche il commento ai Salmi di Teodoreto Barb. gr.
548, relativamente ai ff. 1r-13v, 374r-515v. – Cfr. MERCATI, p. 116; RUSSO,
p. 239. Il ms. è appartenuto al Cervini: DEVREESSE, p. 261. Si veda an-
che, per l’appartenenza alla silloge cerviniana del Vaticano, Arch. Bibl. 15,
f. 203r sub num. 11.
°Vat. gr. 1427 [3, f. <Ir>]: cart., mm 360 × 250, ff. 126, sec. XVI; copisti:
Giovanni Mauromates (ff. 22r-25r), Bartolomeo Zanetti (ff. 94r-124r), cfr.
RGK 3, nrr. 283 e 56. – Raccolta per la preparazione di ricette terapeutiche.
– Cfr. MERCATI, p. 120; RUSSO, p. 239. Il cimelio conserva annotazioni di
mano di Sirleto.

Historici (Τῶν ἕξω ἱστοριῶν βιβλία)


*Ott. gr. 45, ff. 84r-139r [5, f. 84r)]: cart., mm 347/40 × 245/40, sec. XVI;
copista: Valeriano Albini, cfr. RKG 3, nr. 530. – Appiano.
*Ott. gr. 50 [2, f. 1r] (ex Cervini «10»: ibid.): cart., mm 308 × 207, ff. 159,
sec. XV. – Polibio (Hist., VII-X).
*Ott. gr. 82 [3, f. 1r]: cart., mm 314 × 210, ff. 145, sec. XIV ex.. – Agazia
(Hist., lib. I-V), Procopio (De bello vandalico, IV).
Ott. gr. 111 [1]: cart., mm 335 × 216, ff. 207, sec. XVI. – Giovanni Xili-
fino.

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344 SANTO LUCÀ

Ott. gr. 340 [10]: cart., mm 240 × 164, ff. 287, an. 1526 (Messina); copi-
sta Gioacchino Μβούτας: RGK 3, nr. 259. – Giovanni Scilitze.
Ott. gr. 361 [12]: cart., mm 233 × 163, ff. 262, sec. XV. – Giovanni Sci-
litze.
*Ott. gr. 365 [4, f. 1r]: cart., mm 302 × 206, ff. 159, sec. XV/XVI; copi-
sta: Pietro Ypsilas, cfr. RGK 3, nr. 558. – Dionigi di Alicarnasso (Περὶ τῶν
ἀρχαίων ῥητόρων) ed Efestione (Περὶ μέτρων).

II
Manoscritti sirletiani di contenuto teologico identificati grazie all’in-
ventario alfabetico del Barb. gr. 268 (ff. 1r-287v) che, come già detto, è
ascrivibile al calamo di Giovanni Santamaura, ma non ancora tutti esami-
nati de visu.

Barb. gr. 240 [Theol. 120]: cart. or., mm 310 × 220, ff. 153, sec. XIII. –
Michele Glica (Carmina), Costantino Stilbes, Michele Psello, vari scritti
retorici: MOGENET, Codices Barberiniani, II, cit., pp. 86-94. – Postille di
Sirleto. – I titoli delle opere sono di mano del Santamaura.
Ott. gr. 2 [24]: Lezionario degli Evangeli, membr., sec. X, (Costantino-
poli?, maiuscola ogivale diritta). – Annotazione di Giovanni Santamaura al
f. 343v: RKG 3, nr. 299. RUSSO, p. 235, propone invece la corrispondenza
con Theol. 2.
Ott. gr. 14 [15]: membr., mm 382 × 242, ff. 272, sec. X. Miscellanea
patristica. Sul codice in «bouletée» cfr. M. L. AGATI, La minuscola «boule-
tée», I-II, Città del Vaticano 1992 (Littera Atiqua, 9/1-2), pp. 41-42, tav. 22.
– Il codice proviene dal monastero femminile di S. Salvatore di Palermo:
S. LUCÀ – S. VENEZIA, Frustuli di manoscritti greci a Troina in Sicilia, in
Erytheia 31 (2010), pp. 75-132: 84.
Ott. gr. 28 [42]: Atti conciliari (Costantinopolitano III); sec. XVI; copi-
sta: Pietro Karnabakas (ff. 167-393), cfr. RGK 3, nr. 511.
Ott. gr. 37 [5]: Teofilatto di Bulgaria, sec. XII (Terra d’Otranto). Cfr.
A. JACOB, La réception de la littérature byzantine dans l’Italie méridionale
après la conquête normande. Les exemples de Théophylacte de Bulgarie et de
Michel Psellos, in Histoire et culture dans l’Italie byzantine, sous la direction
de A. JACOB – J.-M. MARTIN – G. NOYÉ, Rome 2006 (Collection de l’École
française de Rome, 363), pp. 21-67: 38-41 e n. 99.
Ott. gr. 48 [8]: Filone d’Alessandria. – Il ms. è appartenuto al Cervini:
DEVREESSE, p. 266.
Ott. gr. 60, ff. 187r-200v [282]: cart., an. 1573; copista: Giovanni Santa-
maura, cfr. RGK 3, nr. 299. – Angelo Calabrò (omelie).

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 345

Ott. gr. 77 [117]: epistole di Manuele patriarca riguardanti l’Armenia e


di papa Martino.
Ott. gr. 85 [11?]: raccolta omiletica.
Ott. gr. 108 [241]: Eusebio (Historia ecclesiastica). Cfr. DEVREESSE,
p. 266; AGATI, Giovanni Onorio cit., p. 282.
Ott. gr. 109 [242]: Teoriano
Ott. gr. 116 [72]: Costantino Manasse (Chronicon).
Ott. gr. 132 [96]: Macario Crisocefalo (Orationes).
Ott. gr. 134 + 133 [69]: Macario Crisocefalo (In quattuor Evangelia).
Ott. gr. 135 [82]: Metodio d’Olimpo (Convivium o Symposium), sec.
XVI.
Ott. gr. 159I-II [95]: Simeone Nuovo il Teologo, Nilo, Esichio, Talassio,
Massimo Confessore.
Ott. gr. 194 [130]: Didimo (Contra Manichaeos).
Ott. gr. 257 [125]: Crisostomo (Περὶ ὑπομονῆς) e Teodoro Magistro (In
s. Paulum).
Ott. gr. 272 ff. 53-76 [99 ?]: cart., mm 230 × 164, sec. XVI. – Ignazio di
Smirne. – I ff. 1-52, invece, sono vettori di una Grammatica. – Copista:
Emanuele Provataris, cfr. RGK, nr. 418.
Ott. gr. 275 [98]: Atenagora, Epifanio.
Ott. gr. 283 [97]: Andrea di Cesarea (Comm. all’Apocalisse), an. 1574
(novembre); copista: Giovanni Εὐριππιώτης, cfr. RGK 3, nr. 271.
Ott. gr. 285 [254]: Giovanni Crisostomo (Sermoni). – Cfr. AGATI, pp. 206,
284.
Ott. gr. 312 [137]: Michele Psello (Περὶ κτίσεως κόσμου).
Ott. gr. 360 [115]: cart., mm 230 × 165, ff. 268, sec. XVI; copista: Ema-
nuele Provataris (ff. 1-205, 222-268v), cfr. RGK 3, nr. 418. – Atanasio (Con-
tra gentes: ff. 1r-55v), omelie di Gregorio Antiocheno, Giovanni Tessalo-
nicese, ecc.; Atanasio (Contra omnes haereses: ff. 57-137), Leonzio Ciprio
(Contra Iudaeos: ff. 138-205), Teodoto Ancirano (Expositio symboli Nicae-
ni: ff. 222-244), omelie varie (ff. 250r-268v). – Postillato dal Sirleto (?).
Ott. gr. 453-455 [135]: Teofilatto di Bulgaria (commento ai Vangeli), an.
1542. – Il ms. è appartenuto al Cervini: DEVREESSE, p. 266.

III
Manoscritti Ottoboniani greci non ancora identificati con la segnatura
sirletiana dell’Index di Giovanni Santamaura, ma che conservano quella
della collezione Cervini.

Ott. gr. 39 (ex Cervini «17», f. 1r): cart., mm 337 × 232, ff. 130, an. 1528

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346 SANTO LUCÀ

(15 marzo); copista: Pietro Vergezio, cfr. RGK 3, nr. 547. – Teodoreto
(Ἐρανιστής). – Altre segnature cerviniane in DEVREESSE, p. 267.
Ott. gr. 61 (ex Cervini «<1>24», f. 1r): cart. or., mm 247 × 170, ff. 197
(+ f. 198 ma di unità codicologica distinta], sec. XIII/XIV. – Commento alle
Epistole di Paolo apostolo.
Ott. gr. 62 (ex Cervini «5», f. 1r): membr., mm 270 × 234, ff. 258, sec. XI.
– Giovanni Crisostomo (Omelie in Genesim). – Il titolo di f. 1r a me pare
attribuibile alla mano di Sirleto.
Ott. gr. 174 (ex Cervini «38», f. 1r): membr., mm 232 × 155, ff. 76, sec.
X/XI (Italia meridionale, scuola niliana). – Apoftegmi. – Al ms. apparten-
gono, come si mostrerà in altra sede, anche i ff. 299r-305v dell’Ott. gr. 339.
Ott. gr. 217 (ex Cervini «.149., f. 1r; poi «34», f. <Ir>): cart., mm 350 ×
243, ff. 101, sec. XVI. – Apollinare (comm. al Salterio), Giovanni Geometra
(comm. alle Odi). – f. <IIr>: «Al Re(verendissi)mo Car(dinale Santa Croce.
Quaderni tredici». – Altre segnature cerviniane in DEVREESSE, p. 267.
Ott. gr. 225 (ex Cervini «.12.», f. <Ir>, e «.3.», f. 1r): cart., mm 337 × 236,
ff. 160, sec. XVI. – Giovanni metropolita di Efeso (Collectio canonum), ma,
come annotò Angelo Mai (f. <I>r), Michele Glica (Quaestiones). – Altre se-
gnature cerviniane in DEVREESSE, p. 261.
Ott. gr. 233 (ex Cervini «13»?, f. <Ir>): cart., mm 318 × 215, ff. 119, sec.
XVI; copisti: Andronico Noukkios (ff. 59r-90v, 113r-114v, 117r-118v), Gior-
gio Bembenes (ff. 91r-100r, 119r-v), Pietro Karnabakas (ff. 1r-58r, 101r-
112v, 96r marg.). – Cirillo Alessandrino (comm. ai profeti Amos e Michea.
– Circa altre segnature cerviniane cfr. DEVREESSE, p. 261. L’appartenenza
del manufatto alla silloge di Marcello Cervini è ribadita in Arch. Bibl. 15,
f. 102r sub num. 13.
Ott. gr. 248 (ex Cervini «150»?, f. 1r): cart. or., mm 259 × 193, ff. 181,
sec. XIII ex. (Cipro?). Due copisti: A) ff. 1r-115r, B) ff. 115r lin. 2-fine. –
Teodoro Prodromo (invero Gregorio di Corinto), Comm. ai canoni di Co-
sma e di Giovanni Damasceno.
Ott. gr. 272, ff. 1-52 (ex Cervini «53»?, f. <Ir>): cart., mm 230 × 164, sec.
XVI; copista: Emanuele Provataris, cfr. RGK 3, nr. 418. – Grammatica.
Ott. gr. 315 (ex Cervini «6.»?, f. <Ir>): cart., mm 280 × 143, ff. 297, sec. XV
in. – Gregorio di Nazianzo (Orazioni).
Ott. gr. 339 (ff. 83r-117r) (ex Cervini «.119»?, f. 83r): cart., mm 225 × 175,
sec. XVI. – Nicola Cabasila. – Altre segnature cerviniane in DEVREESSE, p.
263.
Ott. gr. 372 (ex Cervini «17»?, f. <Ir>): cart., mm 283 × 200, ff. 46, sec.
XVI; vd. sopra, p. 340.
Ott. gr. 377 (ex Cervini «.97.», poi «28» f. <Ir>): cart., mm 240 × 170,
ff. 160, sec. XVI; copista: Emanuele Provataris, cfr. RGK 3, nr. 418. – Pal-

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 347

ladio (Historia Lausiaca). – Postille di Sirleto cfr., e.g., ff, 1r, 5v, 6r-8r, 10r-
11v, 13v-15r.
Ott. gr. 395 (ex Cervini «n° 15»?): cart., mm 296 × 210, ff. 233, an. 1466
(20 luglio, Costantinopoli); copista: Tommaso Prodromites (ff. 14r-173r),
cfr. RGK 3, nr. 237. – Gregorio di Nazianzo.– Sul f. 233r occorre memoria
del decesso di Marcello Cervini (2.9.1555): ἔτους ͵ζξδʹ ἐν μινὴ σεπτευρήω εἰς
τὰς βʹ ἐτελεύτησεν ὁ ἄρχων ὁ Μαρζέλος καὶ αἰωνία ἡ μνήμη αὐτοῦ. – I ff. 1r-13r,
invece, sono latori di una lettera di Demetrio Crisolora a Manuele II Pale-
ologo e dalle note di possesso (f. 13v) paiono riconducibili all’area di Chio.

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348 SANTO LUCÀ

Tav. I – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3970, f. 3r.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 349

Tav. II – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 6163, f. 194r.

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350 SANTO LUCÀ

Tav. III – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1207, f. 15r.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 351

Tav. IV – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1207, f. 10r.

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352 SANTO LUCÀ

Tav. V – Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. gr. 268, f. 1r.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 353

Tav. VI – Biblioteca Apostolica Vaticana, Arch. Bibl. 11, f. 85r.

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354 SANTO LUCÀ

Tav. VII – Biblioteca Apostolica Vaticana, Arch. Bibl. 11, f. 128r.

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LA SILLOGE MANOSCRITTA GRECA DI GUGLIELMO SIRLETO 355

Tav. VIII – Biblioteca Apostolica Vaticana, Arch. Bibl. 11, f. 155r.

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ANTONIO MANFREDI

LE CARTE DI AUGUSTO CAMPANA PER IL CATALOGO


DEI MANOSCRITTI LATINI DI FULVIO ORSINI
(VAT. LAT. 15321 [1-4])

Sono note e di recente studiate1 le vicende legate all’incarico affidato ad


Augusto Campana quando fu assunto in Vaticana2. Incarico di prestigio,
ma assai gravoso: per l’argomento in sé, ma anche per il metodo con cui lo
studioso allora intese affrontarlo. A Campana fu infatti commissionata la
descrizione dei 229 codici latini e 29 in lingue romanze (Vat. lat. 3195-3453)
che costituiscono la sezione manoscritta in scrittura latina della biblioteca
privata di Fulvio Orsini, giunta in Vaticana l’anno 16023. Biblioteca com-
plessa e ormai del tutto moderna, la raccolta orisiniana fu davvero il labo-
ratorio di uno dei più grandi eruditi del Cinquecento romano: i manoscritti
(greci, latini, romanzi), e gli stampati scelti con accuratezza4, si collegano
tra di loro nel segno di una attività erudita, evidentissima anche nel fitto
intrecciarsi dei marginalia. Unitaria quando entrò in Vaticana, la raccolta

1 M. BUONOCORE, Augusto Campana e la Biblioteca Apostolica Vaticana, in Rubiconia Ac-

cademia dei Filopatridi, Quaderno 18 (1996), pp. 21-47, I-XXXVII. Ringrazio Marco Buono-
core per i suggerimenti e Rino Avesani con cui per primo ho parlato dei nuovi ritrovamenti e
delle vecchie carte, ricevendone aiuti e conferme. Con la dovuta sobrietà, non posso non ri-
andare alla memoria del prof. Campana, figura decisiva per gli inizi dei miei studi. Ritengo
perciò un dono della Provvidenza aver recuperato e frequentato materiale suo, come a rian-
nodare una relazione: tamquam ille vivus.
2 Su Campana e la Vaticana si veda anche <C. DIONISOTTI>, In memoria di Augusto Cam-

pana, in Italia medioevale e umanistica 36 (1993), pp. 19-23. Un’anticipazione editoriale, forse
a penna dello stesso Campana, sul progetto, dichiarato in preparazione, del futuro catalogo
dei codici Orsiniani è ora pubblicata in A. CAMPANA, Scritti, a cura di R. AVESANI, M. FEO,
E. PRUCCOLI, Ricerche medievali e umanistiche, I, Roma 2008 (Storia e letteratura, 240),
pp. 77-78.
3 BUONOCORE, Augusto Campana cit., pp. 39-41. Sui manoscritti orsiniani da ultimo, con

riferimento anche al progetto di catalogo di Campana, F. D’AIUTO – P. VIAN, Guida ai fondi


manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, II, Città del Vaticano 2011 (Stu-
di e testi, 467), p. 1335 ad indices con dettagliati rimandi interni.
4 Meno nota e sistematicamente indagata, la sezione a stampa della biblioteca orsiniana

è stata oggetto di una recente tesi di laurea di V. E. BOSCH UUTTU, Tocchi di mano di huomini
dotti. Gli stampati latini di Fulvio Orsini nella Biblioteca Apostolica Vaticana, relatore G. DEL
BONO, Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2010-
2011, studio che speriamo, prima o poi, possa vedere la luce, dopo ulteriori approfondimenti.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 357-367.

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358 ANTONIO MANFREDI

ora giace inevitabilmente suddivisa nei tre fondi antichi: la sezione greca
tra i Vaticani graeci, la latina appunto tra i Vaticani latini, mentre i fondi
Incunaboli e Raccolta Prima conservano la gran parte la sezione a stampa.
I manoscritti risultano raggruppati in due segmenti paralleli, in prossimità
delle code cinquecentesche dei due fondi aperti5, gli stampati sono dispersi
nei fondi moderni e non compongono più un’unità tipologica, ma vanno
recuperati singolarmente, distinguendoli da volumi di altra provenienza.
Dopo gli studi del de Nohlac6, un nuovo tentativo di approfondimento
della raccolta manoscritta orsiniana fu dunque affidato a colui che già si
dimostrava come il migliore erudito italiano del Novecento. La sezione
latina è certamente la più consistente e ricca di tutta la raccolta: ci ha tra-
smesso tesori inestimabili, dal Terenzio Bembino agli autografi di Petrar-
ca, e costituisce di per sé un blocco significativo e unitario. Campana, an-
che un po’ forzando la sua natura e i suoi approcci di studio, vi si applicò7,
seguendo da vicino le leges vaticane per la catalogazione dei manoscritti
con di fronte «l’esempio di Mercati»8 e il desiderio di mettersi alla sequela
del più alto dei catalogatori della Vaticana del Novecento, André Wilmart.
Quando infatti Campana fu assunto alla Biblioteca Apostolica, Wilmart
stava portando a termine la pubblicazione dello straordinario catalogo del-
la prima serie dei primi Reginenses latini9: forse una delle vette cui giunse
l’applicazione delle leges vaticanae volute da Ehrle. Soprattutto egli dovette
davvero affrontare un bagaglio di erudizione amplissima: «Il solo fondo dei
manoscritti assegnati a Campana richiedeva una informazione di prima
mano della cultura letteraria romana, ossia italiana e d’ogni parte nella

5Sul concetto di fondo chiuso o aperto nella raccolta manoscritta vaticana si veda
P. VIAN, La sezione manoscritti, in Conoscere la Biblioteca Vaticana. Una storia aperta al futu-
ro, a cura di A. M. PIAZZONI E B. JATTA, Città del Vaticano 2010, pp. 35-36. Una scheda sul
fondo antico latino dei manoscritti della Vaticana è in Le origini della Biblioteca Vatiana tra
Umanesimo e Rinascimento, a cura di A. MANFREDI, Città del Vaticano 2010 (Storia della Bi-
blioteca Apostolica Vaticana, I), p. 312 scheda 2.
6 P. DE NOLHAC, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887.
7 È quanto lucidamente afferma <DIONISOTTI>, In memoria cit., p. 23: «In biblioteca il

compito specifico suo di catalogare una serie di manoscritti latini (italiani inclusi), fra i più
famosi e studiati, era affatto diverso dalla libera esplorazione e dalla concentrazione su sin-
goli autori e testi del suo noviziato romagnolo». Significativa mi sembra anche la definizione
che qui viene data del fondo orsiniano.
8 Ibid., «L’esempio di Mercati non soltanto imponeva estremo rigore nell’analisi codico-

logica, ma anche il riconoscimento, per quanto possibile, della storia del manoscritto, storia
di committenti e di copisti e di collezioni, di biblioteche private in tutto o in parte nella Vati-
cana».
9 A. WILMART, Codices reginenses latini, in Bibliotheca Vaticana 1937-1945 (Bibliothecae

Apostolicae Vaticanae codices manuscripti recensiti). Cfr. BUONOCORE, Augusto Campana


cit., p. 41.

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LE CARTE DI AUGUSTO CAMPANA 359

Roma dei Papi, dal Quattro al Seicento. Anche c’erano i recuperi, in quell’e-
tà, di manoscritti antichi e antichissimi, di monumenti e iscrizioni»10.
Campana affrontò la raccolta orsiniana latina soprattutto nei primi
anni di servizio: e, come è ben noto, non portò a compimento la cataloga-
zione. Tuttavia la campagna di scavo da lui operata è stata un’occasione
straordinaria per lui e per la Vaticana, ma anche per la storia degli studi,
soprattutto di quelli umanistici, per ciò che comunque è emerso, ma anche
per il metodo di lavoro applicato con rigore e acutezza11. Ne sono frutto e
testimonianza anche le carte di cui era noto il deposito presso la Biblioteca
Apostolica: «una voluminosa cartella contenente numerosi appunti e so-
prattutto la descrizione di non pochi manoscritti di questo fondo, del tutto
inediti e solo parzialmente sfruttati nei suoi [scil. di Campana] articoli,
che sono la migliore e più autorevole diretta testimonianza scritta della
sua permanenza vaticana (quanto prima essi saranno inseriti nei fondi
manoscritti della Biblioteca, tra i codici Vaticani Latini)»12. Dopo questa
prima descrizione le carte, ancora sciolte, furono collocate in coda al fondo
aperto latino, con la segnatura Vat. lat. 15321.
Un recente fortunato ritrovamento ha permesso di riprendere in mano
tutto il materiale finora noto e portarne a compimento la sistemazione13.
Il riordino di una sezione provvisoria d’archivio ha infatti portato alla luce
una cassetta contenente circa 1150 schede, quasi tutte in formato interna-
zionale, in massima parte autografe di Campana che si sono rivelate essere
lo schedario di base da lui allestito per lo studio della raccolta orsiniana
latina. Esse quindi sono strutturalmente connesse con gli abbozzi raccolti
del Vat. lat. 15321, in particolare le prime 824 schede, che sono il frutto
di uno spoglio sistematico dei manoscritti da catalogare, mentre una se-
conda serie contiene un incipitario dell’epistolario umanistico di Antonio
Beccadelli detto il Panormita, il cui principale manoscritto (Vat. lat. 3372)
è appunto nella raccolta orsiniana, insieme ad altri della biblioteca per-
sonale dell’umanista siciliano. E perciò Campana vi si applicò in modo
particolare14. Quanto al fondo orsiniano latino nel suo complesso le carte

10 Ancora <DIONISOTTI>, In memoria cit., p. 23.


11 Un panorama del suo approccio ci viene direttamente da una sua relazione sulla serie
che stava catalogando edita in BUONOCORE, Augusto Campana cit., pp. 40-41.
12 BUONOCORE, Augusto Campana cit., p. 40.
13 Ne devo la preziosa segnalazione al collega Delio Vania Proverbio, che lo ha rinvenuto

fra documenti del tutto diversi per indole e per tipologia; ringrazio anche la dott. Christine
Grafinger, presso il cui ufficio (L’Archivio della Biblioteca) il materiale era provvisoriamente
custodito, e che ne ha facilitato lo studio e l’accertamento.
14 L’epistolario del Panormita fu, pochi anni dopo, poi oggetto degli studi di G. RESTA,

L’epistolario del Panormita, studi per una edizione critica, Messina 1954 (Studi e testi diretti
da Michele Catalano, 3).

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360 ANTONIO MANFREDI

contengono descrizioni e abbozzi per circa sessanta manoscritti. Lo sche-


dario copre, con minimi vuoti, tutto il fondo.
*

Dopo un primo studio generale sul contenuto delle schede ci si è posti


il problema di come collegare anche materialmente lo schedario appena
ritrovato con gli abbozzi del catalogo orsiniano, già custoditi, ma in forma
di carte sciolte, nel Vat. lat. 15321.
Dal confronto con il Laboratorio di restauro15 è emersa la possibilità
di allestire tutto il complesso di carte secondo un sistema già ben noto e
largamente diffuso nella pratica di conservazione in Vaticana di piccole
porzioni di carte erudite. Tale sistema consiste nel fissaggio delle carte
sciolte su fogli adatti per formato e per tipo di supporto, riunendo poi in
forma di libro e rilegando assieme i supporti cartacei così confezionati.
Questa operazione può essere condotta con facilità se, indipendentemente
dal formato del materiale, esso risulta in gran parte scritto solo su una
facciata: ed è esattamente la condizione in cui si trovano sia gli abbozzi
del catalogo, che le schede di spoglio. Si è quindi proceduto a numerare
sistematicamente in modo progressivo le carte degli abbozzi e le schede di
spoglio, una volta accertata la coerenza dell’ordine in cui ci sono giunte.
Con notevole conforto, si è potuto subito constatare che le due serie di
carte e schede rispecchiavano una disposizione parallela per segnature. Le
carte erano raccolte in camicie per sezioni di singoli manoscritti o di grup-
pi contigui di descrizioni. Si è dunque proceduto al conteggio, rassicurati
che la disposizione non turbava la condizione originaria, che ritengo essere
d’autore e che è così ben fatta da permettere la facile consultazione, previo
l’allestimento di una descrizione analitica del contenuto.
Chiuso il conteggio e la verifica della disposizione, il materiale è stato
fissato sui fogli di sostegno, e i fogli sono stati rilegati in quattro tomi, che
ora compongono l’unità manoscritta Vat. lat. 15321 (1-4). Essa a sua volta
ha ricevuto una foliazione autonoma, tomo per tomo: i primi tre conten-
gono gli abbozzi del catalogo, l’ultimo lo schedario. In appendice a questo
testo il lettore troverà quattro schede catalografiche in italiano, pressap-
poco plasmate sulle leges vaticane: in esse si dà più dettagliatamente con-
to della suddivisone interna del materiale conservato. Una scorsa anche
15 Un ringraziamento davvero sentito per la costante e paziente disponibilità va ai re-

sponsabili del Laboratorio, la dott. Angela Nuñez Gaitan e il sig. Ezio Consoli, che anche in
questo caso si sono personalmente messi a disposizione: a Ezio Consoli va il merito di aver
individuato la soluzione e averla applicata con ordine e precisione, coinvolgendo da vicino il
sottoscritto, che ha avuto il gusto e la gioia di vedere e valutare sistematicamente l’intervento.
Paolo Vian, direttore del dipartimento dei manoscritti, ha quindi approvato l’operazione.

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LE CARTE DI AUGUSTO CAMPANA 361

rapida alle schede ne mostrerà il valore scientifico, non foss’altro per il


larghissimo numero di segnature manoscritte coinvolte, per così dire, in
prima persona e interrogate da uno studioso come Campana16.
Collocati nel fondo Vaticano latino, i quattro tomi saranno a disposi-
zione degli studiosi, seguendo una tradizione che la Vaticana ha applicato
anche ad altri ricercatori che, avendone fatto parte, vi lasciarono carte
inerenti alle loro ricerche17. Così una fonte diretta servirà a ulteriormen-
te documentare «quanto innanzi Campana andasse in questa amplissima
esplorazione di testi, del Quattroceno e del primo Cinquecento in ispece,
e nell’analisi codicologica di manoscritti antichi e copie di quelli, quanto
finalmente nell’epigrafia»: progressi notevolissimi finora solo documentati
«in parte dalle sue pubblicazioni, in parte da comunicazioni orali» oppure
solo «noti a quanti sono stati suoi amici e allievi»18.
Altro discorso sarebbe prendere in considerazione gli abbozzi e le sche-
de, per progettarne un recupero editoriale che davvero metta a disposizio-
ne di tutti i tantissimi dati inediti che tuttora vi sono celati. Ma un’opera-
zione del genere prevede ben altre riflessioni: una, di fondo, in particolare,
se cioè possa essere più opportuno pubblicare un lavoro altissimo per me-
todo e per risultati, ma collocato storicamente oltre sessant’anni fa, oppu-
re, proprio partendo dal materiale disponibile pensare ad una finalmente
sistematica e completa catalogazione della raccolta orsiniana latina, che
in questo caso metterebbe il nuovo o i nuovi catalogatori seduti como-
damente sulle spalle di un vero gigante. Ma si tratta appunto di un altro
discorso che deve necessariamente coinvolgere altri tempi di valutazione
e altri temi.
Qui basti per ora aver dato conto di un’operazione di recupero che per-
lomeno permetterà la salvaguardia ordinata delle carte autografe, da cui si
potrà partire non solo per minute ricerche personali, ma anche per una ri-
flessione globale su una collezione libraria così importante per la Vaticana.

Dopo questa rapida scorsa, ora resa più facile dall’allestimento dei ma-
teriali in forma di libro, non si può, pur in limine, non notare almeno un
aspetto, forse il più sorprendente, che emerge da queste carte: l’impressio-

16 E già una prima valutazione sistematica è stata data in BUONOCORE, Augusto Campana

cit., pp. 41-46.


17 A. MANFREDI, Autografi in Vaticana. Un excursus fra tipologie, in “Di mano propria”. Gli

autografi dei letterati italiani. Atti del convegno internazionale di Forlì, 24-28 novembre 2008, a
cura di G. BALDASSARRI, M. MOTOLESE, P. PROCACCIOLI, E. RUSSO, Roma 2010 (Pubblicazioni
del “Centro Pio Rajna”, I, Studi e saggi, 18), p. 709.
18 <DIONISOTTI>, In memoria cit., p. 23.

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362 ANTONIO MANFREDI

nante mole di lavoro condotta, unita alla tensione costante a una perfezio-
ne che si evidenzia anche semplicemente dall’ordine esterno dei materiali
conservati, cui fa da pendant l’ansia continua di aggiungere, aggiornare,
ripulire, senza però mai venire meno alla chiarezza del dettato che corri-
sponde alla pulita eleganza della stesura19. La scrittura di Campana — così
vicina per modulo e per cura a quella del suo “maestro” Giovanni Mercati
— si distende il più delle volte chiara e lineare, e anche laddove per l’in-
fittirsi delle correzioni e delle aggiunte risulta meno perspicua, mantiene
un’eleganza propria e diviene il corrispettivo esterno di una ricerca, non
sempre facile, di chiarezza nel dettato.
Ma vi sono pagine che dicono anche altro. In taluni momenti il lettore
prova la soddisfatta consolazione di trascorrere con gli occhi alcune sche-
de — alcune: e non necessariamente quelle brevi — che paion finite, per-
fette, pur se manoscritte; pronte per così dire al loro ingresso in tipografia
in tempi in cui, come mi ricordavano alcuni nostri predecessori, i tipografi
preferivano un manoscritto in pulito a dattiloscritti incerti e perigliosi.
Forse questa soddisfatta consolazione provò anche chi aveva composto
e accuratamente disteso sulla carta queste schede, dopo fatiche davvero
improbe per l’acribia cui tutto egli sottoponeva: un’acribia non puntiglio-
samente ostentata, ma sostanziale, consapevole della propria acutezza e
dell’occasione irrepetibile di applicarla a codici magnifici, parte di una col-
lezione speciale. Viene da ripetere ciò che felicemente di Campana ebbe a
dire — con il suo solito linguaggio perentorio e scintillante — uno dei suoi
più cari amici: «Campana era eccezionale per natura e per formazione.
Ma la Vaticana lo fece crescere presto e molto»20. La carte orsiniane sono
lì a darne evidente dimostrazione. L’incontro di Campana con l’Orsini fu
certamente un incontro fra due grandi eruditi di due epoche diverse che
ebbero modo e fortuna di intendersi e tra loro dialogare attraverso lo stru-
mento fondamentale dei libri, e in un luogo particolarissimo per entrambi,
la Vaticana.

19 Qualche immagine degli abbozzi di Campana — ma di qualità non eccelsa, soprattutto

di formato molto piccolo — è stata data in BUONOCORE, Augusto Campana cit., pp. I-XXXVII.
20 G. BILLANOVICH, Augusto Campana e don Giuseppe De Luca, in Testimonianze per un

maestro. Ricordo di Augusto Campana: Roma, 15-16 dicembre 1995, a cura di R. AVESANI,
Roma 1997 (Note e discussioni erudite, 21), p. 21. Si colgono qua e là nelle schede e nelle
carte per il fondo Orsini richiami e riferimenti di Campana all’amico Billanovich, siglato nel
diminutivo ben noto agli allievi: Billa.

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LE CARTE DI AUGUSTO CAMPANA 363

APPENDICE

CATALOGAZIONE DEL VAT. LAT. 15321 (1-4)

Si è scelto comunque di produrre una scheda per ciascun tomo, ritenendola più
perspicua per il lettore, soprattutto a livello di contenuto, anche se le quattro brevi
descrizioni materiali tra loro differiscono di poco.

Vat. lat. 15321(1): cart., mm 330 × 250, ff. I, 1-153: vuoti i ff. I, 27rv, 30v, 33v,
34v, 37v, 52v, 58rv, 62v, 63v, 67v, 95v, 96v, 110rv, 116rv, 153rv.

Augusto Campana, Carte per l’allestimento del catalogo dei manoscritti


Vat. lat. appartenuti a Fulvio Orsini: I, Vat. lat. 3227-3252.

Undici sezioni di originali, comprendenti descrizioni, abbozzi, appunti,


schede, in tutto 319 elementi cartacei di vario formato, numerati progres-
sivamente da 1 a 307 con l’aggiunta di 12 elementi in più (72a, 80a, 116a,
128a, 134a, 172a, 172b, 199a, 199b, 226a, 236a, 266a); gli elementi sono
disposti secondo l’ordine in cui sono stati ritrovati; segnature e eventuali
titoli autografi sono tratti dai contenitori cartacei originali e riportati in
corsivo:
1. (ff. 1r-26v, nrr. 1-72) Vat. lat. 3227.
2. (ff. 28r-30r, nrr. 72a-76) Vat. lat. 3228.
3. (ff. 31r-33r, nrr. 76a-80) Vat. lat. 3229.
4. (ff. 34r-37r, nrr. 80a-85) Vat. lat. 3230.
5. (ff. 38r-52r, nrr. 85a-116) Vat. lat. 3231.
6. (ff. 53r-57v, nrr. 116a-128) Vat. lat. 3232.
7. (ff. 59r-62r, nrr. 128a-134) Vat. lat. 3233.
8. (ff. 63r-67r, nrr. 134a-142) Vat. lat. 3234, 3235, 3236.
9. (ff. 68r-80r, nrr. 142a-172) Vat. lat. 3228, 3229, 3230, 3233, 3234,
3235, 3236: Carte di corredo.
10. (ff. 96r-95r, nrr. 172a, 172b-199a) Vat. lat. 3236-3246: vi sono de-
scritti i Vat. lat. 3237, 3238, 3239, 3240, 3241, 3242, 3243, 3244,
3245; del Vat. lat. 3246 manca la descrizione, qui al nr. 12.
11. (ff. 96r-109v, nrr. 199b-226) Vat. lat. 3237-3246 Minute delle descri-
zioni.
12. (ff. 111r-115v, nrr. 226a-236) Vat. lat. 3246.
13. (ff. 117r-131v, nrr. 236a-266) Vat. lat. 3237-3247 Carte di corredo.
14. (ff. 132r-152v, nrr. 266a-307) Vat. lat. 3247-3252.
Il materiale originario è cartaceo di vari formati, in prevalenza di mm 280 ×
215, vergati sul recto, meno frequentemente, sul verso. Il materiale di supporto è
cartaceo non acido.

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364 ANTONIO MANFREDI

La scrittura è pressoché tutta autografa di Campana.


Legatura su piatti cartone rivestiti in tela verde; dorso in pergamena bianca; sui
risvolti anteriori del dorso stemmi di papa Benedetto XVI e del card. Bibliotecario
Raffaele Farina; sul contropiatto inferiore etichetta del laboratorio interno di re-
stauro con data 14/5/2012; sul contropiatto anteriore è incollata la fotocopia della
relazione a firma di Marco Buonocore, scriptor latinus, in data 24. 2. 1997, con la
descrizione dello status del materiale prima della presente ristitemazione.

Vat. lat. 15321(2): cart., mm 330 × 250, ff. I, 1-147: vuoti i ff. I, 27rv, 15v, 16r,
17v, 39v, 44v, 84rv, 88rv, 99v, 106rv, 109rv, 116rv, 117rv, 132v, 147rv.

Augusto Campana, Carte per l’allestimento del catalogo dei manoscritti


Vat. lat. appartenuti a Fulvio Orsini: II, Vat. lat. 3247-3368.

Quindici sezioni comprendenti descrizioni, abbozzi, appunti e schede,


in tutto 289 elementi cartacei di vario formato, numerati progressivamente
da 308 a 589 con l’aggiunta di 8 elementi in più (396a, 404a, 480a, 485a,
508a, 521a, 565a, 577a); gli elementi sono disposti secondo l’ordine in cui
sono stati ritrovati; segnature e eventuali titoli autografi sono tratti dai
contenitori cartacei originali e riportati in corsivo:
1. (ff. 1r-29r, nrr. 308-377) Vat. lat. 3247-3252 (in realtà fino al Vat.
lat. 3251).
2. (ff. 30r-32r, nrr. 378-382) Vat. lat. 3255.
3. (ff. 32v-36r, nrr. 383-390) Vat. lat. 3267.
4. (ff. 36v-38v, nrr. 391-395) Vat. lat. 3269.
5. (f. 39r, nr. 396) Vat. lat. 3342.
6. (ff. 40r-44v, nrr. 396a-404) Vat. lat. 3349.
7. (ff. 45r-83v, nrr. 404a-480) Vat. lat. 3351.
8. (ff. 85r-87v, nrr. 480a-485) Vat. lat. 3353.
9. (ff. 89r-99r, nrr. 485a-508) Vat. lat. 3354-<3355>.
10. (ff. 100r-106r, nrr. 508a-521) Vat. lat. 3362.
11. (ff. 107r-108v, nrr. 521a-525) Vat. lat. 3363.
12. (ff. 110r-115v, nrr. 525a-536) Vat. lat. 3365.
13. (ff. 118r-132r, nrr. 537-565) Vat. lat. 3366.
14. (ff. 133r-139r, nrr. 565a-577) Vat. lat. 3367.
15. (ff. 140r-146r, nrr. 577a-589) Vat. lat. 3368.

Il materiale originario è cartaceo di vari formati, in prevalenza di mm 280 ×


215, vergati sul recto, meno frequentemente, sul verso. Il materiale di supporto è
cartaceo non acido.
La scrittura è tutta autografa di Campana.

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LE CARTE DI AUGUSTO CAMPANA 365

Legatura su piatti cartone rivestiti in tela verde; dorso in pergamena bianca; sui
risvolti anteriori del dorso stemmi di papa Benedetto XVI e del card. Bibliotecario
Raffaele Farina; sul contropiatto inferiore etichetta del laboratorio interno di re-
stauro con data 14/5/2012.

Vat. lat. 15321(3): cart., mm 330 × 250, ff. I, 1-145: vuoti i ff. I, 9rv, 41v, 47v, 51v,
58v, 64rv, 79rv, 88v, 97v, 141-145.

Augusto Campana, Carte per l’allestimento del catalogo dei manoscritti


Vat. lat. appartenuti a Fulvio Orsini: III, Vat. lat. 3369-3376; Inventario B;
Manoscritti Orsini, Descrizioni di manoscritti in corso.

Dodici sezioni comprendenti descrizioni, abbozzi, appunti e schede, in


tutto 283 elementi cartacei di vario formato, numerati progressivamente
da 589 a 862 con l’aggiunta di 10 in più (589a, 604a, 645a, 669a, 679a, 685a,
701a, 711a, 754a, 771a); gli elementi sono disposti secondo l’ordine in cui
sono stati ritrovati; segnature e eventuali titoli autografi sono tratti dai
contenitori cartacei originali e riportati in corsivo:
1. (ff. 1r-8v, nrr. 589a-604) Vat. lat. 3369;
2. (ff. 10r-28v, nrr. 604a-645) Vat. lat. 3370.
3. (ff. 29v-41r, nrr. 645a-669) Vat. lat. 3371.
4. (ff. 42r-47r, nrr. 669a-679) Vat. lat. 3372.
5. (ff. 48r-51r, nrr. 679a-685) Vat. lat. 3373.
6. (ff. 52r-58r, nrr. 685a-701) Vat. lat. 3374.
7. (ff. 59r-63v, nrr. 701a-711) Vat. lat. 3378 e i commenti umanistici
a Quintiliano.
8. (ff. 65r-78v, nrr. 711a-738) Vat. lat. 3379.
9. (ff. 80r-88r, nrr. 738a-754) Vat. lat. 3376.
10. (ff. 89r-97r, nrr. 754a-771) Inventario B.
11. (ff. 98r-128r, nrr. 771a-838) Manoscritti Orsini.
12. (ff. 128v-140v, nrr. 839-862) Descrizioni di manoscritti in corso
(sono contenuti appunti per i Vat. lat. 3251, 3252, 3253, 3254,
3255, 3269).
Il materiale originario è cartaceo di vari formati, in prevalenza di mm 280 × 215,
vergati sia sul recto che meno frequentemente sul verso. Il materiale di supporto è
cartaceo non acido.
La scrittura è tutta autografa di Campana.
Legatura su piatti cartone rivestiti in tela verde; dorso in pergamena bianca; sui
risvolti anteriori del dorso stemmi di papa Benedetto XVI e del card. Bibliotecario
Raffaele Farina; sul contro piatto inferiore etichetta del laboratorio interno di re-
stauro con data 14/5/2012.

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366 ANTONIO MANFREDI

Vat. lat. 15321(4): cart., mm 330 × 280, ff. I, 1-82, 73, 82 vuoti.

Augusto Campana, Schedario per la catalogazione dei manoscritti Vat.


lat. appartenuti a Fulvio Orsini.

In tutto 1144 schede, numerate progressivamente da 1 a 1132 con l’ag-


giunta di 12 elementi in più (45a, 50a, 51a, 81a, 107a, 188a, 551a, 559a,
768a, 782a, 826a, 835a). Suddivise in due sezioni: la prima è costituita dalle
schede nrr. 1-835; la seconda di nrr. 835a-1132.
1. (ff. 1r-53r, nrr. 1-835) Schedario per i manoscritti latini dell’Orsini; le
schede ci sono giunte ordinate per numero progressivo dei codici: nrr. 1-14
Vat. lat. 3195, nrr. 14-21 Vat. lat. 3196, nrr. 22-23 Vat. lat. 3197, nrr. 24-28
Vat. lat. 3198, nrr. 29-36 Vat. lat. 3199, nrr. 37-41 Vat. lat. 3200, nrr. 41-44
Vat. lat. 3201, nrr. 45-50 Vat. lat. 3202, nrr. 50a-51 Vat. lat. 3203, nrr. 51a-52
Vat. lat. 3204, nrr. 53-57 Vat. lat. 3207, nrr. 58-62 Vat. lat. 3211, nrr. 63-64
Vat. lat. 3212, nrr. 67-68 Vat. lat. 3213, nrr. 69-76 Vat. lat. 3214, nrr. 77-81a
Vat. lat. 3217, nrr. 82-83 Vat. lat. 3219, nrr. 84-85 Vat. lat. 3224, nrr. 86-94
Vat. lat. 3225, nrr. 95-106 Vat. lat. 3226, nrr. 107-159 Vat. lat. 3227, nrr.
158-169 Vat. lat. 3228, nrr. 170-172 Vat. lat. 3229, nrr. 173-174 Vat. lat.
3230, nrr. 175-179 Vat. lat. 3231, nr. 180 Vat. lat. 3232, nrr. 181-187 Vat. lat.
3233, nrr. 188-191 Vat. lat. 3234, nrr. 192-194 Vat. lat. 3235, nrr. 195-204
Vat. lat. 3236, nrr. 205-206 Vat. lat. 3237, nrr. 207-209 Vat. lat. 3238, nrr.
210-214 Vat. lat. 3239, nrr. 215-217 Vat. lat. 3240, nr. 218 Vat. lat. 3242, nrr.
219-221 Vat. lat. 3243, nr. 222 Vat. lat. 3244, nrr. 223-227 Vat. lat. 3246, nr.
228 Vat. lat. 3247, nrr. 229-230 Vat. lat. 3249, nrr. 231-233 Vat. lat. 3250,
nrr. 234-256 Vat. lat. 3251, nrr. 257-280 Vat. lat. 3252, nrr. 281-284 Vat. lat.
3253, nrr. 285-286 Vat. lat. 3254, nrr. 287-298 Vat. lat. 3255, nrr. 299-301
Vat. lat. 3256, nr. 302Vat. lat. 3260, nrr. 303-308 Vat. lat. 3262, nr. 309 Vat.
lat. 3265, nr. 310 Vat. lat. 3267, nr. 311 Vat. lat. 3268, nrr. 312-322 Vat. lat.
3269, nrr. 322-323 Vat. lat. 3270, nrr. 324-325 Vat. lat. 3272, nrr. 326-328
Vat. lat. 3274, nrr. 329-330 Vat. lat. 3276, nrr. 331-337, Vat. lat. 3277, nr.
338 Vat. lat. 3279, nr. 333 Vat. lat. 3281, nr. 340 Vat. lat. 3282, nrr. 341-342
Vat. lat. 3283, nr. 343 Vat. lat. 3286, nr. 344 Vat. lat. 3289, nr. 345 Vat. lat.
3291, nrr. 346-347 Vat. lat. 3293, nr. 348 Vat. lat. 3295, nr. 349 Vat. lat.
3296, nrr. 350-353 Vat. lat. 3297, nrr. 354-355 Vat. lat. 3298, nr. 356 Vat.
lat. 3299, nrr. 357-358 Vat. lat. 3302, nr. 359 Vat. lat. 3305, nr. 360 Vat. lat.
3307, nrr. 363-366 Vat. lat. 3311, nr. 367 Vat. lat. 3313, nrr. 368-374 Vat. lat.
3317, nr. 376 Vat. lat. 3320, nrr. 377-382 Vat. lat. 3321, nrr. 386-389 Vat. lat.
3324, nrr. 390-395 Vat. lat. 3325, nrr. 396-397 Vat. lat. 3326, nrr. 398-399
Vat. lat. 3329, nrr. 400-401 Vat. lat. 3331, nr. 402 Vat. lat. 3330-3331, nrr.
403-404 Vat. lat. 3334, nr. 405 Vat. lat. 3337, nrr. 406-407 Vat. lat. 3339,

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LE CARTE DI AUGUSTO CAMPANA 367

nrr. 408-409 Vat. lat. 3342, nrr. 410-412 Vat. lat. 3343, nrr. 413-416 Vat.
lat. 3344, nr. 417 Vat. lat. 3346, nr. 418 Vat. lat. 3348, nrr. 419-426 Vat. lat.
3349, nrr. 427-428 Vat. lat. 3350, nrr. 429-535 Vat. lat. 3351, nrr. 536-538
Vat. lat. 3352, nrr. 539-545, 549 Vat. lat. 3353, nrr. 546-548 Vat. lat. 3352,
nr. 550 Vat. lat. 3354, nr. 551 Vat. lat. 3355, nrr. 551a-555 Vat. lat. 3357,
nr. 556 Vat. lat. 3358, nr. 557 Vat. lat. 3359, nrr. 558-559 Vat. lat. 3360, nr.
559a Vat. lat. 3361, nrr. 560-572 Vat. lat. 3362, nrr. 573-580 Vat. lat. 3363,
nrr. 581-592 Vat. lat. 3365, nrr. 593-599 Vat. lat. 3366, nrr. 600-608 Vat. lat.
3367, nrr. 609-621 Vat. lat. 3368, nrr. 622-645 Vat. lat. 3369, nrr. 646-663
Vat. lat. 3370, nrr. 664-675 Vat. lat. 3371, nrr. 676-685 Vat. lat. 3372, nrr.
686-690 Vat. lat. 3373, nrr. 691-693 Vat. lat. 3374, nrr. 694-695 Vat. lat.
3375, nrr. 696-702 Vat. lat. 3376, nrr. 703-706 Vat. lat. 3377, nrr. 707-709
Vat. lat. 3378, nrr. 710-737 Vat. lat. 3379, nr. 738 Vat. lat. 3380, nr. 739 Vat.
lat. 3381, nr. 740 Vat. lat. 3382, nr. 741 Vat. lat. 3383, nrr. 742-745 Vat. lat.
3384, nrr. 746-747 Vat. lat. 3385, nr. 748 Vat. lat. 3388, nr. 749 Vat. lat.
3389, nr. 750 Vat. lat. 3391, nrr. 751-752 Vat. lat. 3393, nrr. 753-758 Vat. lat.
3394, nr. 759 Vat. lat. 3395, nr. 760 Vat. lat. 3396, nr. 761 Vat. lat. 3397, nr.
762 Vat. lat. 3401, nrr. 763-764 Vat. lat. 3413, nrr. 765-767 Vat. lat. 3414, nr.
768 Vat. lat. 3415, nrr. 768a-773 Vat. lat. 3419, nrr. 774-775 Vat. lat. 3421,
nrr. 776-777 Vat. lat. 3427, nrr. 778-779 Vat. lat. 3429, nr. 780 Vat. lat. 3431,
nrr. 781-782a Vat. lat. 3432, nrr. 783, 785-786 Vat. lat. 3433, nr. 784 Vat. lat.
3433-3435, nrr. 787-788 Vat. lat. 3434, nr. 789 Vat. lat. 3435, nrr. 790-797
Vat. lat. 3436, nrr. 798-799 Vat. lat. 3437, nr. 800 Vat. lat. 3438, nrr. 801-817
Vat. lat. 3439, nrr. 818-824 Vat. lat. 3441, nrr. 825-826 Vat. lat. 3442, nrr.
826a-827 Vat. lat. 3447, nrr. 828-829 Vat. lat. 3450, nr. 830 Vat. lat. 3452-
3453, nrr. 831-833 Vat. lat. 3452, nr. 834 Vat. lat. 3453.
2. (ff. 53v-72r, nrr. 835a-1132) Spoglio dell’Epistolario del Panormita
secondo gli incipit; si è conservato l’ordine che avevano le schede così come
ci sono giunte: nrr. 834-835a schede di passaggio dall’una all’altra raccolta,
nrr. 836-1132 spoglio dell’epistolario del Panormita.

Il materiale originario è cartaceo, in gran parte composto da schede nel co-


siddetto formato internazionale, vergato solo sul recto. Il materiale di supporto è
cartaceo non acido.
La scrittura è quasi tutta autografa di Campana, tolte pochissime schede d’altra
mano, tra cui una, la nr. 360, di cui Campana annota l’autografia di Jeanne Bigna-
mi Odier.
Legatura su piatti cartone rivestiti in tela verde; dorso in pergamena bianca; sui
risvolti anteriori del dorso stemmi di papa Benedetto XVI e del card. Bibliotecario
Raffaele Farina; sul contro piatto inferiore etichetta del laboratorio interno di re-
stauro con data 14/5/2012.

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CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA


BENEVENTANA NELLA BIBLIOTECA VATICANA
(ARCH. CAP. S. PIETRO, ABBAZIE)

All’interno della serie Abbazie del fondo Archivio del Capitolo di S. Pietro
presso la Biblioteca Apostolica Vaticana1, composta da 465 segnature2, si
trovano 50 frammenti usati come coperte o come rinforzo nell’indorsatura
dei manoscritti. I testi da essi tramandati sono per la maggior parte litur-
gici, tre dei quali vergati in scrittura beneventana.
Questi ultimi sono frammenti in pergamena che costituiscono le co-
perte di manoscritti cartacei segnati rispettivamente Arch. Cap. S. Pietro,
Abbazie 25; Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 27; Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33.
Il primo e il terzo (d’ora in poi frammento A e frammento C) sono due bi-
fogli che contengono parti di due messali in beneventana di tipo cassinese;
il secondo (frammento B) è invece un foglio che tramanda una parte della
Passione di Vincenzo diacono di Saragozza, santo e martire3, vergata in
una scrittura che può essere riferita alla tipizzazione barese.
I lacerti sono tuttora solidali con i rispettivi manoscritti e per questo
le dimensioni fornite nelle descrizioni possono presentare una certa ap-
prossimazione rispetto a quelle originali. Descriviamo di seguito prima
i frammenti A e C, accomunati dalla stessa tipologia di scrittura, e poi il
frammento B. I fogli sono indicati con f. 1 e f. 2 anche nei casi in cui tra
l’uno e l’altro il testo non sia consecutivo.

1
Un sincero ringraziamento a Marco Buonocore, Direttore della Sezione Archivi della
Biblioteca Apostolica Vaticana, che ci ha segnalato la presenza dei frammenti liturgici in
questo fondo, da lui descritto e inventariato in Fara S. Martino e l’abbazia di Fara S. Martino
in Valle: dalla serie Abbazie dell’Archivio del Capitolo di S. Pietro presso la Biblioteca Apostolica
Vaticana e Inventario: cfr. supra, pp. 7-187.
Siamo grati, inoltre, a Marco Palma per i preziosi suggerimenti.
2 Biblioteca Apostolica Vaticana, Archivio del Capitolo di S. Pietro. Inventario, a cura di

P. PECCHIAI, I, [Città del Vaticano] 1945-48, rivisto da L. FIORANI, [Città del Vaticano] 1987,
pp. 111-164bis.
3 Bibliotheca Sanctorum, XII, Roma 1969, coll. 1149-1155.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 369-402.

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370 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Descrizione dei frammenti4


Ciascun frammento è presentato con una descrizione sintetica iniziale
(datazione, tipo di supporto, dimensioni, colonne e righe di scrittura), a
cui segue lo spoglio dettagliato di tutti i testi, per i quali vengono trascritti
l’incipit e l’explicit, con i riferimenti ai repertori. Questi ultimi sono ripor-
tati nel seguente ordine:
— numero del formulario secondo J. MALLET – A. THIBAUT, Les Manuscrits en écri-
ture bénéventaine de la Bibliothèque Capitulaire de Bénévent, I-III, Paris-Tur-
nhout 1984-1997 (= M.-Th.);
— per le parti cantate: Antiphonale Missarum Sextuplex, édité par DOM R.-J. HE-
SBERT [...], Bruxelles 1935 (= AMS);
— per le orazioni:
J. DESHUSSES – B. DARRAGON, Concordances et tableaux pour l’étude des grands
sacramentaires, I, Concordance des pieces, Fribourg (Suisse) 1982 (Spicilegii
Friburgensis Subsidia, 9) (= DD);
E. E. MOELLER – J.-M. CLÉMENT – B. COPPIETERS ’T WALLANT, Corpus oratio-
num, Turnhout 1992-2004 (Corpus Christianorum. Series Latina, 160; 160
A-M) (= CO);
J. DESHUSSES, Le Sacramentaire Grégorien: ses principales formes d’après les plus
anciens manuscrits, Tome second, Textes complémentaires pour la messe, Fri-
bourg (Suisse) 1979 (Spicilegium Friburgense, 24) (= SGc);
— per le Letture vengono dati i riferimenti biblici.

Abbiamo usato il corsivo per le rubriche; le parentesi uncinate per le


integrazioni; le quadre per le parole che probabilmente sono nel testo ma
non sono leggibili; le tonde per lo scioglimento della formula finale delle
orazioni.

Frammento A: coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25 [tavv. I-IV]


Sec. XII-XIII, membr., mm 371 × 228, ff. 2, coll. 2, ll. 27 / 27.

<M i s s a l i s p a r s >

f. 1r, col. A
<In vigilia omnium Sanctorum> [M.-Th. M 398]
4Per descrivere i frammenti abbiamo fatto ricorso al confronto con alcuni repertori di
riferimento: E. A. LOEW, The Beneventan script. A history of the South Italian minuscule,
Roma 1914 (2a ed. 1980) (d’ora in poi LOEW, The Beneventan script); ID., Scriptura Beneven-
tana; facsimiles of South Italian and Dalmatian manuscripts from the sixth to the fourteenth
century, Oxford 1929 (d’ora in poi LOWE, Scriptura Beneventana). Abbiamo inoltre tratto ulte-
riori indicazioni bibliografiche per la comparazione da BMB. Bibliografia dei manoscritti be-
neventani, http://edu.let.unicas.it/bmb/ (d’ora in poi BMB).

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 371

<Altare tuum, Domine Deus…> sanctorum tuorum … ventura praecurrimus.


P(er Christum Dominum nostrum) [CO 245]
Communio. Dico autem vobis [AMS 138]
Postcommunio. Sacramentis Domine et gaudiis … recordationibus exhibentur.
P(er Christum Dominum nostrum) [SGc 3194]

Eodem die Cesarii martyris [M.-Th. M 398]


Deus qui nos beati martyris tui Cesarii ... etiam actus imitemur. P(er Christum
Dominum nostrum) [DD 11055]
Secreta. Hostias tibi Domine beati Cesarii … tribue provenire subsidium. P(er
Christum Dominum nostrum) [DD 1832]
Postcommunio. Quesumus omnipotens deus, ut qui caelestia alimenta … per
haec omnia adversa muniamur. P(er Christum Dominum nostrum) [DD 3001]

In die [M.-Th. M 399A]


<Introitus>. Gaudeamus omnes in Domino … et collaudant filium D<ei>6
Psalmus. Gaudete iusti in Domino [Ps 327]

f. 1r, col. B – f. 1v, col. A


Omnipotens sempiterne deus qui nos omnium sanctorum tuorum … interces-
sionibus largiaris. P(er Christum Dominum nostrum) [DD 2430]
Lectio libri Apocalypsis beati Iohannis apostoli. Ego Iohannis vidi alterum ange-
lum … honor, et virtus, et fortitudo Deo nostro [Ap 7, 2-12]
Graduale. Gloriosus deus in sanctis8
Alleluia V. Iusti fulgebunt
Secundum Matheum. Videns Iesus turbas ascendit in montem … Vos estis lux
mundi. Non potest civi<tas> [Mt 5, 1-14]

f. 2r, col. A-B – f. 2v, col. A


<Dominica II post Pentecosten>
<Sancti nominis tui … dilec>tionis instituis [M.-Th. M 137, 3; DD 3207]

5 Actiones invece di actus in M.-Th. M 398 e DD 1105.


6 Il brano si trova in AMS 30, ma non all’interno del formulario per Tutti i Santi.
7 Cfr. per esempio Benevento, Biblioteca Capitolare, 34, f. 237r.
8 Si trova in AMS, ma non all’interno del formulario per Tutti i Santi.

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372 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Ad Romanos. Cum adhuc infirmi [Rm 5, 6-11; M.-Th. 138, 29]


Graduale. Ad Dominum dum tribularer [M.-Th. M 135, 2; AMS 174]
Alleluia V. Domine Deus meus in te speravi [M.-Th. M 136, 210]
Secundum Lucam. Cum turbe irruerent [Lc 5, 1-11; M.-Th. M 138, 2]
Offertorium. Domine convertere [M.-Th. M 135, 2; AMS 174]
Secreta. Oblatio nos Domine … transferat actionem. P(er Christum Dominum
nostrum) [M.-Th. M 137, 3; DD 2194]
Communio. Cantabo Domino qui bona tribuit … Domini altissimi. [M.-Th. M
135, 2; AMS 174]
Postcommunio. Sumptis muneribus Domine … salutis effectus. P(er Christum
Dominum nostrum) [M.-Th. M 137, 3; DD 3348]

f. 2v, coll. A-B


Dominica III <post Pentecosten>
Introitus. Respice in me et miserere mei … omnia peccata mea [M.-Th. M 135,
3; AMS 175]
Psalmus. Ad te Domine levavi [Ps 24; M.-Th. M 135, 3; AMS 175]
Oratio. Da nobis Domine quesumus, ut et mundi cursus pacifico … devocione
letetur. P(er Christum Dominum nostrum) [M.-Th. M 137, 26; DD 581]
Ad Romanos. Sicut per unius hominis delictum [Rm 5, 18-21; M.-Th. M 138, 3]
Graduale. Iacta cogitatum [M.-Th. M 135, 3; AMS 175]
Alleluia V. Deus iudex iustus … per singulos dies [M.-Th. M 136, 311]
Secundum Lucam. Erant appropinquantes ad Iesum publicani [Lc 15, 1-4<…>;
M.-Th. M 138]

Il bifoglio è adattato alle dimensioni del volume attraverso la piegatura


dei margini superiore e inferiore verso l’interno. Originariamente non co-
stituiva il bifoglio centrale del fascicolo, dal momento che tra un foglio e
l’altro il testo non è consequenziale, ma era sicuramente piegato come è at-
tualmente. Infatti, la sequenza che prevede le domeniche dopo Pentecoste
di seguito agli ultimi formulari del Temporale (i.e. novembre) è attestata

9In M.-Th. M 138, 2: Rm 5, 6-15.


10Il brano è segnalato in AMS 199a, tra gli Alleluia per tutto l’anno.
11 Il brano è segnalato in AMS 189b per la XVII domenica dopo Pentecoste, e in 199a tra

gli Alleluia per tutto l’anno.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 373

in alcune fonti anteriori e coeve12. Tra i due fogli dovevano quindi esserci
uno o due bifogli, contenenti il testo rimanente delle feste di novembre e
della I domenica dopo Pentecoste.
RIGATURA: a secco sul lato carne. Scritto su due colonne, presenta il
seguente specchio scrittorio: mm 20 + 300 + 51 × 16 + 7 + 83 + 16 + 83 + 7
+ 16 [f. 1r], con rettrici estese da un margine all’altro del foglio, senza inter-
ruzione nell’intercolumnio; 27 linee per colonna, con interlinea di mm 12.

SCRITTURA: caratterizzata da una certa angolosità, presenta da un lato


caratteristiche proprie di un periodo piuttosto avanzato, dall’altro elementi
arcaicizzanti, come per esempio la c crestata in diverse posizioni nella pa-
rola, tipica della scrittura non canonizzata e che permane nella tipizzazio-
ne barese e in quella cassinese normalmente fino all’inizio del XII secolo13,

12 Cfr. per esempio Benevento, Biblioteca Capitolare, 33, ff. 124r-126v [M.-Th., II, p. 171].

Ringraziamo Giacomo Baroffio per la segnalazione di questo parallelo.


13 LOEW, The Beneventan script, p. 134.

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374 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

mentre è rara successivamente14, tranne che in posizione iniziale o davanti


a un’altra c. La sua presenza potrebbe essere indice di una zona periferica,
per esempio di un’area vicina alla Puglia. Tra le altre lettere, segnaliamo
r finale con asta discendente sotto il rigo; r a forma di 2 nei compendi
-or(um) (per es. f. 1r, col. A, rr. 5, 615; col. B, r. 1) e -ar(um) (f. 1v, col. A, r.
17), secondo l’uso che comincia a diffondersi nel sec. XII16; le aste della d
onciale e della q presentano una piccola coda che scende verso il basso a
sinistra, frequente dal sec. XI17, al contrario della p, la cui asta è priva di
questo elemento; si trova talvolta la a onciale, ma soltanto in fine di parola
(per es. f. 1v, col. B, r. 5; anche soprascritta: ibidem, ultima riga), dove è
normale anche prima del sec. XII18, o dopo un’iniziale miniata (f. 1r, col.
A, r. 3; f. 2v, col. A, r. 20). L’allineamento delle aste orizzontali non è molto
evidente. È presente l’accostamento delle curve contrapposte. Sono usati
sistematicamente gli apici sulla doppia i (per es. ff. 1v, col. B, r. 8; 2r, col.
A, r. 11)19 e l’accento tonico acuto20.
Sono presenti i nessi caratteristici della beneventana, tra i quali è da
notare ti per il suono dolce con gli occhielli non più allineati, frequente nei
secc. XII-XIII21, e fi con la f appena sotto il rigo e i alta. Peculiare è la mor-
fologia del nesso li [tavv. Va e Vb], con la i che scende sotto il rigo presen-
tandosi però come una sorta di prolungamento della i corta: infatti, invece
di scendere dritta, come di consueto in questo nesso, essa è costituita da un
tratto ondulato (frutto della spezzatura), terminante con una piccola coda
verso il basso. Tale caratteristica si riscontra, a quanto abbiamo visto, in
manoscritti databili ai secc. XII e XIII, come per esempio Napoli, Biblio-
teca Nazionale, VI.B.3, del 1145, prodotto a S. Lorenzo in Carmignano22;
Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott. lat. 576, databile al XII e XIII secolo
e scritto in parte in beneventana di tipo cassinese, in parte di tipo bare-
se, molto probabilmente di produzione abruzzese23; London – Oslo, The

14 P. CHERUBINI – A. PRATESI, Paleografia latina: l’avventura grafica del mondo occidentale,

Città del Vaticano 2010 (Littera antiqua, 16), p. 317.


15 Indichiamo le righe numerando quelle visibili nell’immagine, senza computare quelle

che sono nella piegatura.


16 CHERUBINI – PRATESI, Paleografia latina cit., p. 318.
17 Ibid., p. 317.
18 LOEW, The Beneventan script, p. 133.
19 Ibid., pp. 276-277, 317: dal sec. XI.
20 Ibid., pp. 275-276, 317; NEWTON, The scriptorium and library at Monte Cassino, 1058-

1105, Cambridge 1999, pp. 179-180: dalla seconda metà del sec. XI.
21 CHERUBINI – PRATESI, Paleografia latina cit., p. 313.
22 LOWE, Scriptura Beneventana, tav. LXXXVII.
23 V. BROWN, Il messale medievale e le “Missae votivae”: esempi di pratica monastica in area

beneventana, in Il monaco, il libro, la biblioteca. Atti del Convegno, Cassino – Montecassino, 5-8

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 375

Schøyen Collection, 71, del sec. XII, probabilmente prodotto in Abruzzo24.


Per quanto riguarda le abbreviazioni, si trovano quelle diffuse dal sec.
XI e alcune tipiche dei secc. XII-XIII. Tra le prime: la denasalizzazione di
alcune parole, come homo, nei vari casi25 (ho = homo: f. 2r, col. B, ultima
riga; hois = hominis, hoies = homines: f. 2v, col. A, r. 3, penultima e ultima
riga26), e noi = nomini (f. 2v, col. A, r. 7)27; per omnis (anche nei composti)
c’è invece un’oscillazione tra il sistema in uso prima (oms = omnes: per es.
ff. 1v, col. A, r. 11; 2v, col. A, ultima riga) e quello adottato dopo il sec. XI
(oia = omnia, oi = omni: per es. f. 1r, col. A, r. 21 e col. B, r. 18; oips = om-
nipotens: f. 1r, col. A, r. 18)28. Inoltre: 2 soprascritto per ur (per es. ff. 1v,
col. A, r. 3; 2r, col. B, r. 2), ma anche per er (f. 2r, col. B, r. 8) e, spesso, per
la semplice r (per es. ff. 1v, col. A, rr. 12 e 18, col. B, r. 5; 2v, col. B, r. 10); e
con tratto orizzontale soprascritto per est (per es. f. 1v, col. B, r. 17)29; let-
tere soprascritte (per es. a in quattuor: f. 1r, col. B, r. 17; ultra f. 1v, col. B,
ultima riga; i in tribu: per es. ff. 1r, col. B, ripetuto cinque volte nelle ultime
righe, e 1v, col. A, prime righe)30; an con tratto orizzontale soprascritto =
ante (f. 1v, col. B, terzultima riga)31. Tra le abbreviazioni in uso nei secc.
XII-XIII: ipi = ipsi (f. 1v, col. B, rr. 2, 4, 5, 7, 10-11), ipm = ipsum (f. 2r, col.

settembre 2000, a cura di O. PECERE, pp. 119-153: 136-137: il manoscritto è in parte del sec.
XIII (ff. 1r, 221r-377v), in parte del XII ex. (ff. 2r-220v): ff. 123v-195v in beneventana di tipo
barese. La vicinanza dell’Abruzzo alla Puglia o la migrazione dei copisti spiegherebbe la com-
presenza delle due tipizzazioni. Altri esempi di una morfologia simile del nesso li: Montecas-
sino, Archivio dell’Abbazia, 47, databile agli anni 1159-1173 (LOWE, Scriptura Beneventana,
tav. LXXXVIII), ma con un ductus abbastanza diverso dal nostro; Biblioteca Apostolica Vati-
cana, Vat. lat. 5949, Martirologio di S. Sofia di Benevento, del sec. XII (ibid., tav. LXXXIX);
Roma, Biblioteca Corsiniana, 777, in parte del sec. XII-XIII, in parte della metà del sec. XIII
e proveniente da Napoli (ibid., tav. XCIII); inoltre Biblioteca Apostolica Vaticana, Arch. Cap.
S. Pietro G 49, in particolare ff. 2r-61v, del sec. XII ex., localizzabile nella zona di Nola (V.
BROWN, Flores Psalmorum et Orationes Psalmodicae in Beneventan script, in Terra Sancti
Benedicti. Studies in the paleography, history and liturgy of Medieval Southern Italy, Roma
2005, pp. 549-603: 552-553). Un’ondulazione della i, sebbene meno pronunciata, è presente
anche nel manoscritto Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 1197, antecedente e prove-
niente da territorio abruzzese.
24 Cfr. Bookhands of the Middle Ages, IV, Beneventan Script, London (Quaritch Catalogue

1128), 1990, nr. 13.


25 F. NEWTON, The scriptorium cit., p. 171, ripreso da CHERUBINI – PRATESI, Paleografia

latina cit., p. 320.


26 LOEW, The Beneventan script, p. 182: sec. XI-XII.
27 Ibid., pp. 185-186.
28 Ibid., pp. 187, 210-213, 318; per omnipotens, esemplato su omnis: pp. 186-187.
29 Ibid., p. 180.
30 Ibid., pp. 174, 318.
31 Ibid., p. 176.

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376 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

A, r. 9), etc., attestato nei manoscritti del sec. XIII32; aialiu = animalium
(f. 1v, col. A, r. 13), non citato da Loew (p. 175), ma riconducibile all’abbre-
viazione aia = anima, dei sec. XII-XIII33.
Come segni di interpunzione sono utilizzati un sottile tratto obliquo per
la pausa breve, il punto per la distinctio media, e il comma sormontato da
due punti, uniti ma non a zig-zag, per la distinctio finalis. I segni usati per
l’interrogazione presentano una particolarità [tav. VI] su cui è opportuno
soffermarsi. Essa è regolarmente introdotta dal segno a forma di 2 orien-
tato verso destra in alto abbinato a due punti sormontati dallo stesso segno
alla fine della frase, come è normale dal sec. XI34, ma è anche sottolineata
con l’uso del colore: il primo segno è ripassato in rosso e quello finale è
racchiuso da una linea rossa in una sorta di triangolo inclinato a destra
(ff. 1v, col. B, ultima riga; 2r, col. A, prime righe; 2v, col. B, ultime righe).
Quest’ultima peculiarità, notata da Loew come eccezionale nella beneven-
tana e tipica dei copisti greci di testi latini in Italia meridionale per eviden-
ziare l’interrogazione e preparare chi legge al cambio di intonazione35, è
individuata da Newton in altri sei testimoni36. Newton cita Virginia Brown,
che aveva notato tale uso nei codici prodotti in area abruzzese, come nel
Vat. lat. 119737, donato alla Vaticana dalla cattedrale di Sulmona38, ma poi
non si pronuncia sull’origine dei paralleli da lui reperiti.
L’ipotesi di un’origine abruzzese del nostro frammento potrebbe essere
avvalorata anche dal confronto con un altro manoscritto, che secondo Vir-

32Ibid., p. 184.
33Ibid., p. 175.
34 LOEW, The Beneventan script, pp. 244-246, 317; CHERUBINI – PRATESI, Paleografia latina

cit., p. 321.
35 LOEW, ibid., p. 246 nt. 1 a proposito di Oxford, Bodleian Library, Canon. Lit. 342, della

fine del sec. XIII: messale di Ragusa, trascritto in Dalmazia; Vat. lat. 1197, sec. XI ex.
36 NEWTON, The scriptorium cit., p. 187 e nt. 329: cinque manoscritti dell’Archivio dell’Ab-

bazia di Montecassino, Archivio dell’Abbazia, 83 (p. 121), 105 (pp. 318, 319, 322), 108 (p. 12
et passim), 109 (p. 169), 146 (p. 12 et passim), e il Codex Benedictus della Vaticana, Vat. lat.
1202 (f. CCVIIr): alla fine della frase il segno interrogativo si trova all’interno di un triangolo
colorato in rosso, con effetto «watermellon seed». Il sistema è simile a quello usato nel nostro
frammento, ma graficamente differente perché il triangolo è colorato all’interno.
37 Non trovando in Newton la segnalazione esatta dei fogli di questo codice in cui si trova

il punto interrogativo di questo tipo, precisiamo che si tratta per esempio dei ff. XXXVr, col.
B, passim, dove si trovano segni ripassati o ritoccati in rosso; XXXVIIr, col. B, dove il primo
segno e quello finale sono ritoccati in rosso e quest’ultimo è anche circolettato in verde (per
es. r. 14), ma non solo esternamente; XXXXr, col. B passim, e LXIr, CXVIr, dove i segni sono
ritoccati in rosso; CXr, col. A e CXXXVv, di nuovo in verde (circolettato, quasi riempito).
38 Sulla sicura provenienza (e sulla molto probabile origine) abruzzese cfr. M.-H. LAU-

RENT, Codices Vaticani Latini. Codices 1135-1266, Città del Vaticano 1958 (Bybliothecae
Apostolicae Vaticanae Codices manu scripti recensiti, 32), pp. 122-123.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 377

ginia Brown sarebbe della stessa area geografica: il Vat. lat. 723139, della
seconda metà del sec. XIII. In questo codice abbiamo rilevato la stessa
peculiarità riguardante l’interrogazione: al f. 14r, penultimo rigo, i due
punti sormontati dal comma alla fine della frase sono circondati da una
linea rossa, con la variante di un segmento che divide gli uni dall’altro. Da
notare che la scrittura di questo codice, piuttosto angolosa, presenta al-
tre caratteristiche in comune con quella del nostro frammento: c crestate,
x con il secondo tratto prolungato, il nesso li con i che scende ondulata
piuttosto che dritta, apici verso il basso a sinistra dell’asta di q, presenza
di accenti tonici. Ancora, nel Barb. lat. 699, del sec. XII ex. e probabilmen-
te trascritto a Veroli40 (da cui provengono manoscritti paleograficamente
affini a quelli abruzzesi41), è usato un sistema simile ma più elementare: i
segni che denotano l’interrogazione sono ripassati in rosso (per es. ff. 100r-
102v). In un altro manoscritto ricondotto all’area abruzzese42, il Vat. lat.
7810, probabilmente della fine del sec. XI, si trova una forma più blanda
di sottolineatura dell’interrogazione: al f. 167v (col. A), per esempio, i segni
sono ripassati in rosso.
ORNAMENTAZIONE43: iniziali nastriformi grandi (8-13 righe) ai ff. 1r (più
semplice) e 2r (più articolate) [tavv. VII e VIII], in giallo, rosso e verde scu-
ro, con terminali a foglie lanceolate e ‘occhi’ (o ‘perline’) negli spazi creati
dagli intrecci, secondo una tipologia riconosciuta come tipica della Initial-
ornamentik barese (cfr. per es. Bari, Archivio del Capitolo metropolitano,
Exultet 1 e 2; Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott. lat. 296; Borg. lat. 339)44.
Al f. 2v iniziali piccole (2 righe), con gli stessi colori, compartimentate e
con terminazioni vegetali, simili, per esempio, ancora al già citato Vat. lat.
1197 (ff. 1r, XIXv). Altre iniziali piccole in rosso (ff. 1r, 2v) e in nero e rosso
(f. 2v) [tavv. IX, X e XI], talvolta terminanti con elementi floreali ripiegati
verso l’interno che occupano gli spazi creati dagli occhielli delle lettere,
diffuse dall’epoca desideriana in tutta l’area beneventana. Al f. 2v l’iniziale

39BROWN, Il Messale medievale e le “Missae votivae” cit., p. 137.


40BROWN, ibid., p. 137.
41 V. BROWN, In the Shadow of Montecassino, in Terra Sancti Benedicti cit., p. 33, nt. 34.
42 Cfr. Monumenti paleografici degli Abruzzi, a cura di E. CARUSI e V. DE BARTHOLOMAEIS,

I, Roma 1924, p. 6, e la bibliografia aggiornata in BMB.


43 Ringraziamo Giulia Orofino per le utili osservazioni relative alle iniziali miniate.
44 Cfr. per esempio LOEW, The Beneventan script, p. 150; G. CAVALLO – C. BERTELLI, Roto-

li di Exultet dell’Italia meridionale, Bari 1973, pp. 51-52, 100; sul Borg. lat. 339 cfr. anche
E. ELBA, Miniatura in Dalmazia. I codici in beneventana (XI-XIII secolo), Galatina 2011,
pp. 169-176, tavv. LXI-LXVIII; per altri codici vaticani che presentano la stessa tipologia di
iniziali: V. PACE, Studi sulla decorazione libraria in area grafica beneventana, in L’età dell’abate
Desiderio. La decorazione libraria, II, Atti della Tavola rotonda, a cura di G. CAVALLO, Monte-
cassino 1989 (Miscellanea Cassinese, 60), pp. 65-93.

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378 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

I (pertinente alla seconda colonna) [tav. XII] è costituita da un cane ram-


pante rivolto verso sinistra ma con la testa girata verso destra, che occupa
lo spazio dell’intercolumnio per l’ampiezza di 8 righe, i cui contorni sono
ripassati in marrone e rosso, non colorato all’interno (simile, per esempio,
a Ott. lat. 576, già citato, f. 6v). Maiuscole in parte riempite o ritoccate in
rosso; rubriche.
STATO DI CONSERVAZIONE: buono, con qualche lacuna (f. 1, al centro;
f. 2, col. A e sul margine esterno), soprattutto in coincidenza delle due
pieghe, verticale e orizzontale: il censuale sembra essere stato conservato,
almeno per un periodo, piegato in quattro. Al f. 1 è stata tagliata e aspor-
tata l’iniziale I, che apriva la pericope evangelica, come la corrispettiva al
f. 2r, dove si trova lo stesso incipit.

Frammento C: coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33 [tavv. XIII-XVI]


Sec. XII-XIII, membr., mm 216 × 147, ff. 2, col. 1, ll. 21 / 21.

<M i s s a l i s p a r s >

f. 1r
<Feria V, Hebd. III Quadragesimae> [M.-Th. M 62]
<Offertorium.> <Si ambulavero … inimi>corum meorum extendisti manum tuam
et salvum me fecit dextera tua [AMS 57a]
Secreta. Deus de cuius gratie rore descendit … competentes deferamus
obsequi<um> [DD 806]
Communio. Tu mandasti mandata tua … iustificationes tuas [AMS 57b]
Oratio [= Postcommunio]. Sacramenti tui veneranda … virtute defendat. P(er
Christum Dominum nostrum) [DD 3129]

f. 1r-2v
Feria VI <Hebd. III Quadragesimae> [M.-Th. M 63]
<Introitus.> Fac mecum Domine signum … consolatus es me [AMS 58]
Psalmus. Inclina Domine aurem tuam45 [Ps 85]
Oratio. Ieiunia nostra quaesumus Domine benigno favore … ieiunemus in men-
te. P(er Christum Dominum nostrum) [cfr. DD 1896]

45 L’incipit del salmo è stato integrato da mano successiva in minuscola carolina con il

primo versetto secondo il testo del Salterio romano: ad me et exaudi me <quoniam> egenus et
pauper sum. Cfr. R. WEBER, Le Psautier romain et les autres anciens psautiers latins, Città del
Vaticano 1953 (Collectanea Biblica Latina, 10), p. 211.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 379

Lectio libri Deuteronomii. [sic] Convenerunt filii Israhel [Nm 20, 2-3, 6-13]
Graduale. In Deo speravi cor meum … confitebor illi; V. Ad te Domine clamavi
… ne discedas a me [AMS 58]
Secundum Iohannem. Venit Iesus in civitatem Samarie … neque Ierusolimis
[sic] adorabi<tis> […] [Gv 4, 5-21]

Il testo è consequenziale: si tratta dunque del bifoglio che originaria-


mente si trovava al centro del fascicolo. L’adattamento al volume non ha
comportato piegature della pergamena, ma solo qualche taglio lungo i
margini, in base al quale si deduce che le dimensioni originarie dei fogli
fossero di poco maggiori rispetto a quelle attuali.
RIGATURA: a secco sul lato carne: mm 16 + 190 + 10 × 16 + 5 + 118 + 5 +
3 [f. 1r], con rettrici estese da un margine all’altro del foglio; 21 linee con
interlinea di mm 10.

SCRITTURA: nell’insieme appare meno accurata di quella del frammento


sopra descritto. Accanto alla tipica spezzatura delle aste corte, si nota an-
che una discreta frequenza di tratti sinuosi, esito anch’essi della spezzatu-
ra, come per esempio nella i del nesso li [tavv. XVIIa e XVIIb], che presenta
la stessa morfologia osservata nel frammento precedente; nelle aste della
b e talvolta della l; in quella della q [tav. XVIII], terminante con una sotti-
le coda verso sinistra, che spesso descrive una curva invece del consueto

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380 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

angolo; nell’occhiello inferiore, aperto, della g. Compare frequentemente


la a onciale in fine rigo (per es. ff. 1r, rr. 2, 3, 8, 11; 2r, rr. 2, 4, 18; 2v, rr.
4, 8) e sempre nei casi in cui la lettera è soprascritta (v. infra); l’asta di d
onciale, più alta rispetto a quella del frammento precedente, termina con
un sottile apice; la q oltre alla caratteristica sopra illustrata presenta anche
l’occhiello aperto, come talvolta quello superiore della g; si trova r a forma
di 2 nel compendio -or(um), -ur(um), ma anche, insolitamente e forse per
influenza della textualis, in -ir(um) (f. 2v, r. 12: virum) [tav. XIX] ed er(um)
(f. 2v, r. 8: iterum), e soprascritto per ur (per es. f. 1r, r. 7) o semplicemente
per r (per es. ff. 1v, r. 7, e 2r, r. 5). Tale uso, insieme alla frequenza delle
lettere soprascritte (a, i, quest’ultima sistematicamente per mihi e tibi; per
es. ff. 1v, r. 1; 2r, rr. 1, 2, 4, 15; 2v, rr. 2, 10, 20), denota un sistema abbre-
viativo avanzato46. Segnaliamo inoltre: anche qui, come nel frammento
precedente, il frequente uso di c crestata e r finale con asta al di sotto del
rigo; il tratto orizzontale di t in posizione finale di parola termina con una
piccola coda verso l’alto (per es. f. 2v, r. 13); x con un evidente prolunga-
mento orizzontale del tratto discendente verso sinistra (per es. f. 2v, r. 7); s
maiuscola soprascritta in fine parola (f. 1r, r. 8). È evidente l’accostamento
delle curve contrapposte.
Per i nessi, oltre a li, che abbiamo già descritto, rileviamo ti per suono
dolce con gli occhielli non allineati e fi con la f che poggia sul rigo e i molto
alta, come nella tipizzazione barese.
Per quanto riguarda le abbreviazioni, troviamo, oltre alle lettere so-
prascritte già menzionate, le stesse notate nel frammento precedente per
omnis e omnipotens nei vari casi, e inoltre: pp con m / i soprascritta per
populum / -i (f. 1v, rr. 5, 9), attestata a partire dal sec. XI47; e con tratto
orizzontale soprascritto per est (per es. f. 1v, r. 8), come nel frammento pre-
cedente; pra per praesta (f. 1r, r. 4) in analogia a nra per nostra, entrambe
con lineetta soprascritta48.
Come segni di interpunzione sono usati il punto sormontato da un sot-
tile tratto obliquo per la subdistinctio, equivalente a virgola o due punti
(dopo i verba dicendi), attestato dopo la seconda metà del sec. XI49, il punto
per la distinctio media e il comma sormontato da due punti uniti, ma tal-
volta anche separati, per la distinctio finalis. Per l’interrogazione è adottato
lo stesso sistema notato nel frammento precedente, per cui vale quanto già
esposto. In questo caso, però, con una lieve variante: nel segno finale la

46 LOEW, The Beneventan script, pp. 138, 174.


47 Ibid., p. 188, ma non contempla l’accusativo in questo tipo di abbreviazione.
48 Ibid., pp. 186, 206.
49 Ibid., pp. 233-234; NEWTON, The scriptorium cit., p. 177.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 381

linea rossa non passa soltanto all’esterno dei due punti e del comma sopra-
scritto, ma attorno a ciascuno di questi (ff. 1v, r. 18; 2r, r. 19; 2v, rr. 1, 4)
[tav. XX]. Gli accenti tonici acuti sono presenti, ma non sistematicamente
(più frequenti al f. 2r); qualche oscillazione anche nell’uso degli accenti su
due vocali consecutive (aaron al f. 1v, ultima riga, compare con entrambe
le a accentate, secondo l’uso attestato dalla fine del sec. XI e frequente nei
secc. XII e XIII50, mentre nello stesso foglio, r. 2, è senza accenti) e sui
monosillabi.
ORNAMENTAZIONE: iniziali di modulo maggiore (due righe) in rosso con
piccoli nodi o singoli occhi lungo le aste [tavv. XXI e XXII]; altre iniziali
dello stesso modulo della scrittura sono in nero e ripassate o riempite con
il rosso; rubriche.
STATO CONSERVATIVO: buono; il supporto è integro ad eccezione di due
tagli in prossimità del margine esterno del primo foglio; passim pieghe in
senso verticale.

Frammento B: coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 27 [tavv. XXIII-


XXV]
Sec. XI ex., mm 300 × 230, coll. 2, ll. 28 / 28.

<P a s s i o s a n c t i V i n c e n t i i d i a c o n i C a e s a r a u g u s t a n i > [Anal.


Boll. 1 (1882), pp. 267-269: Passio S. Vincentii ex codd. Vatic. 1196 et 5696,
12-17]

f. 1r [= coperta posteriore e anteriore esterna]


col. A [… Nihil timoris] in aspectu … testas [a]cu[tissimas] (Passio S. Vincentii,
12-13)
col. B [P]ost hec clausum reliquid in tenebris … obsequio ministra[ta oculis
hauri]te securi ubi r[eliqueratis] (Passio S. Vincentii, 13-15)

f. 1v [= risguardia anteriore e posteriore]


col. A [perfr]uar luce. Commentetur … obsequiis utitur (Passio S. Vincentii,
15-16)
col. B Non potui superare viventem … ad corpus a cervice (Passio S. Vincen-
tii, 17)

Il frammento è costituito da un foglio mutilo al margine inferiore: il

50 LOEW, ibid., p. 276.

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382 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

recto è costituito dalla coperta posteriore più la coperta anteriore, il verso


dalla risguardia anteriore più la risguardia posteriore.
RIGATURA: a secco sul recto; mm 30 + 270 × 100 + 20 + 110 [f. 1v]. Le
dimensioni dello specchio scrittorio non sono rilevabili con esattezza per-
ché il frammento è mutilo. Sono visibili 28 righe e si può ipotizzare che
originariamente fossero almeno 8 in più per foglio; interlinea di mm 10.

SCRITTURA: rotonda, con tratteggio non contrastato, leggermente incli-


nata a sinistra. Simile alla barese, mostra però alcune deroghe a questa ti-
pizzazione, come per esempio l’assenza di c crestata e dell’abbreviazione di
tipo insulare per est, e una diversa morfologia dei nessi con i. Quest’ultima
in legatura con l e t si presenta come un ibrido tra la tipizzazione cassinese
e quella barese: tondeggiante nell’attaccatura alla consonante alla quale si
lega, come nella barese, ma anche dritta verso il basso, con piccola coda
a sinistra, come nella cassinese [tavv. XXVIa e XXVIb]51. Le lettere sono
marcatamente separate, fatto che rende meno evidente la distinzione tra

51 Una analoga incertezza, sebbene sulla base di elementi differenti, è stata notata per

esempio da M. Inguanez in alcuni frammenti provenienti da S. Liberatore alla Maiella e da

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 383

le parole e potrebbe far pensare a una scrittura non matura, più antica, o
alla mano di un copista di area periferica. Si trovano la a e la t onciali, la
prima in fine rigo (per es. f. 1v, col. A, rr. 8, 18, 20), l’altra una volta, come
correzione soprascritta (f. 1v, col. A, r. 16). La r finale poggia sul rigo; la
g ha l’occhiello inferiore sollevato verso destra a ridosso del rigo (per es.
f. 1v, col. A, r. 11) [tav. XXVII]; la e si presenta con i due occhielli tondi e
di simili dimensioni, ma con una peculiarità: il tratto orizzontale tra i due
occhielli invece di essere parallelo al rigo è leggermente ondulato e non
perfettamente al centro (per es. f. 1v, rr. 6, 17, 26 et passim) [tav. XXVIII],
come per esempio anche nel manoscritto Ott. lat. 576 (per es. al f. 128v)
della Vaticana, anch’esso probabilmente di origine abruzzese52. Elementi
analoghi si trovano in alcuni codici della zona di Veroli-Alatri, che solita-
mente presentano caratteristiche simili a quelli abruzzesi53: il manoscritto
della Vallicelliana B 32, della seconda metà del sec. XI, e il Vat. lat. 3741
della Biblioteca Vaticana, della fine del sec. XI54. Oltre alla morfologia della
e, il nostro frammento ha in comune con i manoscritti di Veroli anche il
ductus, la suddetta forma dei nessi ti e li, quella di g, e infine l’inclinazione
a sinistra della scrittura.
Il nesso ti per suono dolce non è allineato in verticale; fi sembra, per
quanto visibile, alto sul rigo (f. 1r, col. A, r. 3) [tav. XXIX], come abbiamo
già evidenziato nei frammenti precedenti.
Sono presenti sporadicamente accenti acuti tonici (per es. f. 1v, col. B).
Troviamo soltanto due segni per l’interpunzione: il punto per una distinctio
minor e il comma sormontato da due punti, separati e non perfettamente
allineati, per la distinctio finalis.
STATO CONSERVATIVO: a differenza di quella interna, facilmente leggi-
bile, la parte esterna era molto imbrunita. In occasione di questo studio,
il Laboratorio di Restauro della Vaticana nel maggio 2012 ha effettuato
una pulizia non invasiva, a secco, che ha fatto parzialmente riemergere la
scrittura anche su questo lato [tav. XXIII]. Lacune nella parte superiore,
in corrispondenza del dorso e, alla stessa altezza, anche verso il margine
esterno.

* * *

S. Pietro Avellana: M. INGUANEZ, Frammenti di codici abruzzesi, in Miscellanea Giovanni Mer-


cati, VI, Città del Vaticano 1946 (Studi e testi, 126), pp. 272-281.
52 Cfr. supra, nt. 23.
53 Cfr. supra, nt. 41.
54 V. BROWN, in In the Shadow of Montecassino. Nuove ricerche dai frammenti di codice

dell’Archivio di Stato di Frosinone, Frosinone 1995, pp. 24-28, tavv. 2-5; pp. 28-29, tavv. 6-7.

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384 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

La tipologia dei testi dei frammenti rientra in quelle più frequentemen-


te rilevate nelle pergamene di riuso e, in particolare a proposito dei primi
due, non ci stupiamo affatto, ricordando che, come affermava Virginia
Brown55, la maggior parte dei messali beneventani superstiti è in condizio-
ni frammentarie.
Dal punto di vista paleografico e dell’ornamentazione, tutti e tre i fram-
menti — A e C per alcuni aspetti e B per altri — presentano elementi che
fanno pensare a un centro scrittorio periferico. Essi ricordano in parti-
colare manoscritti in qualche modo collegati con l’Abruzzo56 o, nel caso
della coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 27, con Veroli, due aree da
cui provengono manoscritti con caratteri simili. Se da un lato disponiamo
di pochissime sottoscrizioni che ci garantiscono un’origine abruzzese57,
dobbiamo però considerare che in questa zona vi erano diversi centri scrit-
tori attivi58, per cui sono attestati consistenti patrimoni librari, anche in
beneventana59, rispetto ai quali ciò che oggi è rimasto è ben poco. Inoltre,
molto stretto era il rapporto tra l’Abruzzo e Montecassino, e frequente la
migrazione di persone e di abati: basti pensare a Teobaldo, per quindici
anni priore di S. Liberatore (1007 circa – 1022) e poi preposito e abate di
Montecassino60.
I manoscritti rilegati con i frammenti sopra illustrati sono tutti censua-
li, documenti amministrativi in cui venivano registrati i beni e le pertinen-
ze dell’abbazia e ciò che era ad essa dovuto. Vediamo rapidamente il con-
tenuto di ciascun censuale, per poter comprendere meglio la tipologia dei
manoscritti e ipotizzare le modalità di redazione, confezionamento e rile-
gatura, in base alle quali ricostruire almeno la provenienza dei frammenti.
Il manoscritto Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25, che ha come coperta il

55V. BROWN, Il messale medievale e le “Missae votivae” cit., p. 133.


56Oltre all’osservazione relativa ai punti interrogativi, la Brown aveva cursoriamente de-
scritto alcune caratteristiche della beneventana abruzzese in Bookhands of the Middle Ages,
IV cit., ad nrr. 13 e (soprattutto) 18 (ora rispettivamente London – Oslo, The Schøyen Collec-
tion, 53 e 71), mentre altrove — nei contributi sopra citati — riconosce la localizzazione
senza descrivere singoli aspetti.
57 Tra i rari esempi di manoscritti con sottoscrizione di origine abruzzese è il Reg. lat.

1997, del sec. VIII-IX: cfr. Monumenti paleografici degli Abruzzi cit., p. 5 e tavv. 1-5.
58 Cfr. per esempio la testimonianza relativa ai 64 codici fatti scrivere a S. Salvatore alla

Maiella nella prima metà del sec. XI, riportata da R. AVESANI, in Nuove testimonianze di scrit-
tura beneventana in biblioteche romane, II, in Studi medievali s. 3, 8 (1967), p. 867 e nt. 4.
59 Cfr. per esempio la testimonianza di Flavio Biondo, che a metà del Quattrocento aveva

visto tanti pregevoli manoscritti «littera longobarda» a S. Liberatore alla Maiella, riportata da
M. DELL’OMO, Le carte di S. Liberatore alla Maiella conservate nell’Archivio di Montecassino, I,
Montecassino 2003 (Miscellanea Cassinese, 84), p. XLIX.
60 NEWTON, The scriptorium cit., pp. 240-247, che traccia la storia di questo rapporto e

deduce l’importanza rivestita dall’Abruzzo anche dai testi poetici di Alfano.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 385

frammento A, è composto da 16 fogli e datato 22 luglio 1494 (f. 1r). Si trat-


ta di un «Censuale Abb. S. Martini de fara 1494» (frammento A, f. 1r). Sul
f. 1r: «[…] Hoc est Inventarium sive Censuale Bonorum mobilium et stabi-
lium Venerande Abbatie S. Martini de fara inter montes Theatine diocesis
ordinis Sancti Benedicti Sacrosancte Basilice principis Apostolorum de
Urbe perpetuo unite […]». Fu redatto all’indomani della presa di possesso
dell’abbazia da parte del Capitolo (21 luglio 149461), per mano di Pietro
Demetrio Guazzelli62 (metà del sec. XV – 1511), Demetrius Lucensis (ff. 1r,
16r), come amava firmarsi anche dopo aver acquisito la cittadinanza roma-
na. La redazione è avvenuta in loco, come si evince dalla sottoscrizione al
f. 16r («Acta fuerunt hec in locis predictis […]»). Guazzelli dichiara di aver
copiato «ab illo exemplari [scil. Inventario]» (f. 1r), che potrebbe riferirsi
a un inventario conservato presso l’abbazia, esattamente come avviene in
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33. La tipologia stessa del documento, in cui
si registrano con esattezza beni e pertinenze, farebbe pensare che Guaz-
zelli si sia recato sul posto per redigerlo; tra l’altro, i dati biografici di cui
disponiamo sono compatibili con questa ricostruzione: nel 1491 egli fu in-
caricato di controllare i beneficiari, funzione che comportava viaggi nelle
varie sedi63.
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 27, la cui coperta è costituita dal frammen-
to B, è composto da 61 fogli ed è datato 23 novembre 1510. Si tratta di un
«Censuario de Sancto Martino de valle. In lo tempo del Magnifico et Reve-
rendo Abbate et perpetuo Comendatario Ioanni Alfonso de Valignano de la
Abbatia de Sancto Martino de valle Theatine diocesis» (f. 3r).
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33, la cui coperta è costituita dal frammen-
to C, è composto da 37 fogli e datato 20 giugno 1571. Contiene: «1571. Cen-
suario della Ab. di S. Martini [sic] della fara» (frammento C, f. 1r); «Cen-
suario, seu Nota delli censi seu, renditi della Venerabile Abbazia de Sancto
Martino inter montes prope faram, estratto e copiato dal suo originale per
me angelo de Leonibus de Caramanico arciprete in la fara predicta, per

61A. GAUVAIN, Il Capitolo di San Pietro in Vaticano dalle origini al XX secolo, II, Il Patrimo-
nio, Città del Vaticano 2011, p. 473 e nt. 13.
62 GAUVAIN, Il Capitolo di San Pietro in Vaticano cit., p. 474 lo indica come Guaselli, se-

condo un’altra grafia del nome. Egli fu, tra l’altro, anche Custos della Vaticana (1481-1511):
cfr. Chr. M. GRAFINGER, scheda Pietro Demetrio Guazzelli e Jean Chadel: i due primi Custodi
della Vaticana, con bibliografia, in Storia della Biblioteca Apostolica Vaticana, I, Le origini
della Biblioteca Vaticana. Tra Umanesimo e Rinascimento (1447-1534), a cura di A. MANFREDI,
Città del Vaticano 2010, p. 216.
63 E. RUSSO, Guazzelli, Demetrio (Pietro Demetrio), in Dizionario biografico degli Italiani,

LX, Roma 2003, pp. 520-523 lascia un margine di dubbio sul fatto che egli si fosse effettiva-
mente recato in missione nelle sedi da verificare; ma da GAUVAIN, Il Capitolo di San Pietro in
Vaticano cit., p. 452, si evince che Guazzelli si spostasse regolarmente.

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386 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

ordine del Reverendo Signore Philippo cocovagino, Camerlengo, e Visita-


tore generale del sacro Capitolo di San Pietro de Urbe. Sub die XX Iunii
anno Domini 1571» (f. 3r). Il redattore, arciprete di S. Martino di Fara, ha
dunque lavorato in loco.
In due casi la datazione topica attesta la redazione del manoscritto in
loco, che possiamo considerare molto probabile anche per il terzo. Non
abbiamo notizie precise delle modalità e dei tempi con cui tali documen-
ti venivano versati al Capitolo. Un’ipotesi plausibile è che questi volumi
siano stati rilegati presso l’abbazia stessa, e che siano giunti al Capitolo di
S. Pietro già protetti dalle coperte. La prassi di rilegare i censuali con per-
gamene di riuso sembra fosse consueta nelle abbazie, come testimoniano
per esempio il frammento di Avezzano, Archivio della Diocesi dei Marsi,
50/T, che costituisce la coperta di un censuale del sec. XVI64, e le legature di
Arch. Cap. S. Pietro, caps. LXXII, fasc. 53, provenienti da un’altra abbazia
abruzzese, S. Salvatore alla Maiella, descritte da R. Avesani65.
Se per la provenienza si può formulare un’ipotesi verosimile, più pro-
blematico è invece stabilire l’origine. Alcuni elementi paleografici, come
abbiamo visto, ci porterebbero a pensare all’area abruzzese. Presso l’ab-
bazia di S. Martino in Valle (Fara S. Martino), documentata fin dall’VIII
secolo66 (il documento di fondazione del 1044 oggi non è ritenuto auten-
tico; sicuramente lo è invece il privilegio del 111267), c’era una biblioteca,
come testimonia l’inventario dei libri contenuto proprio in Arch. Cap. S.
Pietro, Abbazie 25 («in domo curiae»: ff. 2r, 2v, e «in Monasterio S. Martini
inter montes»: f. 3v): all’epoca della redazione del documento (1494) la
biblioteca possedeva alcuni volumi, soprattutto liturgici, e anche fascicoli
sciolti (per es. «Unus Quinternus in Cantu ex membranis», menzionato al
f. 3v)68. Immaginare che ci fossero anche testi in beneventana non è af-
fatto peregrino, visto che tra i pochi libri elencati dall’inventario compare
anche un «Breviarium monasticum in littera longobarda ex membranis in
tabulis» (f. 2r). Dalla documentazione finora esaminata non risulta l’esi-
stenza di uno scriptorium a Fara, né ci sembra ipotizzabile, considerando

64
V. BROWN, A second new list of Beneventan manuscripts II, in Studi medievali 50 (1988),
p. 588 (ora in V. BROWN, Beneventan Discoveries. Collected Manuscript Catalogues, 1978-2008,
edited by R. E. REYNOLDS, Toronto 2012 [Monumenta Liturgica Beneventana, 6], p. 59).
65 Cfr. R. AVESANI, in Nuove testimonianze di scrittura beneventana cit., pp. 866-875.
66 Cfr. supra, BUONOCORE, Fara S. Martino e l’abbazia di Fara S. Martino in Valle, pp. 18-

20.
67 GAUVAIN, Il Capitolo di San Pietro cit., p. 471. Ad Alexis Gauvain un sincero ringrazia-

mento per l’utile confronto sui contenuti e sulle modalità di redazione dei censuali di Fara S.
Martino.
68 Cfr. anche l’inventario di circa trent’anni prima, contenuto in Arch. Cap. S. Pietro, Ab-

bazie 24, ff. 26v-27r, 28r.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 387

la consistenza dei libri che risultano dagli inventari; è facile però pensare
a centri scrittori attivi nelle vicinanze, per esempio quelli di S. Salvatore
o S. Liberatore alla Maiella69. Quest’ultimo era la più grande delle dipen-
denze cassinesi in tale zona e per questo considerata la «Montecassino
dell’Abruzzo»70. Le pergamene, poi, circolavano anche sciolte ed erano
dunque facilmente riutilizzabili.
Per apportare elementi decisivi, la valutazione dovrebbe essere effettua-
ta tenendo conto di tutti i frammenti usati per le legature di manoscritti
di questa serie, relativi a S. Martino di Fara e ad altre abbazie: l’esame
delle caratteristiche paleografiche e una comparazione sistematica, che
ci riserviamo di effettuare in altra sede, potrebbero fornire dati utili a tale
indagine.
Possiamo anticipare che tra le pergamene riusate come legature di
manoscritti della serie Abbazie si trovano anche atti notarili, dai quali si
possono ricavare dati certi: a differenza dei frammenti librari, infatti, essi
riportano anche una data topica e fanno riferimento a questioni e fatti
relativi a luoghi precisi. Da un primo esame si evince una inequivocabile
appartenenza delle pergamene all’abbazia a cui il manoscritto si riferisce71:
i fogli si trovavano dunque in loco e furono impiegati per rivestire i registri
amministrativi.
La presenza di alcune caratteristiche paleografiche peculiari assimilabi-
li a codici in beneventana di provenienza abruzzese, il tipo di decorazione
dei frammenti e l’attestazione documentaria di scriptoria attivi in questa
regione ci inducono a non escludere un’origine abruzzese dei frammenti e
ci invitano a un ulteriore approfondimento.

69 Molto utile il riepilogo degli studi relativi a manoscritti (e a inventari di manoscritti) e

a frammenti abruzzesi in DELL’OMO, Le carte di S. Liberatore alla Maiella cit., pp. XLIX ss.
70 M. INGUANEZ, Inventari medievali di prepositure cassinesi negli Abruzzi, in Convegno

storico abruzzese-molisano, 25-29 marzo 1931, Atti e memorie I, Casalbordino 1933, pp. 311-
317: 312. Questo lavoro dà anche un’idea della consistenza del patrimonio librario dei singo-
li monasteri di questa zona.
71 Per esempio le coperte di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 13 (di S. Martino a Viterbo), in

cui si dichiara esplicitamente la redazione presso S. Martino, e 84 (di S. Martino in Valle),


riguardante Fara.

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388 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Tav. I – Frammento A (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25), f. 1r.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 389

Tav. II – Frammento A (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25), f. 1v.

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390 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Tav. III – Frammento A (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25), f. 2r.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 391

Tav. IV – Frammento A (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25), f. 2v.

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392 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Tav. Va – Nessi fi e li del frammento A (coper- Tav. Vb – Nesso li del frammento A (coperta
ta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25), f. 1v di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25), f. 1r.

Tav. VI – Frase interrogativa del frammento A (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25),
f. 2r.

Tav. VII – Iniziale F (parte visibile) del fram- Tav. VIII – Iniziale I (parte visibile) del fram-
mento A (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, mento A (coperta di Arch. Cap. S. Pietro,
Abbazie 25), f. 2r. Abbazie 25), f. 2r.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 393

Tav. IX – Iniziale O del Tav. X – Iniziale S del Tav. XI – Iniziale R del


frammento A (coperta frammento A (coper- frammento A (coper-
di Arch. Cap. S. Pietro, ta di Arch. Cap. S. Pie- ta di Arch. Cap. S. Pie-
Abbazie 25), f. 2v. tro, Abbazie 25), f. 2v. tro, Abbazie 25), f. 2v.

Tav. XII – Iniziale I del frammento A (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25), f. 2v.

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394 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Tav. XIII – Frammento C (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33), f. 1r.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 395

Tav. XIV – Frammento C (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33), f. 1v.

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396 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Tav. XV – Frammento C (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33), f. 2r.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 397

Tav. XVI – Frammento C (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33), f. 2v.

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398 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Tav. XVIIa – Nessi fi e li del frammento C Tav. XVIIb – Nesso li del frammento C (co-
(coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie perta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie
33), f. 1r. 33), f. 2v.

Tav. XVIII – Lettera q del frammento C Tav. XIX – Compendio -irum in virum del
(coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abba- frammento C (coperta di Arch. Cap. S.
zie 33), f. 1v. Pietro, Abbazie 33), f. 2v.

Tav. XX – Frase interrogativa del frammento C (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33),
f. 1v.

Tav. XXI – Iniziale S del frammento C (co- Tav. XXII – Iniziale C del frammento C
perta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abba-
33), f. 1r. zie 33), f. 1r.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 399

Tav. XXIII – Frammento B (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 27), f. 1r.

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400 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Tav. XXIV – Frammento B (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 27), f. 1v, col. A.

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NUOVI FRAMMENTI LITURGICI IN SCRITTURA BENEVENTANA 401

Tav. XXV – Frammento B (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 27), f. 1v, col. B.

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402 CLAUDIA MONTUSCHI – NICOLA TANGARI

Tav. XXVIa – Nesso ti del frammento B Tav. XXVIb – Nesso li del frammento B
(coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abba- (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abba-
zie 27), f. 1v, col. A. zie 27), f. 1v, col. A.

Tav. XXVII – Lettera g del frammento B


(coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie
27), f. 1v, col. A.

Tav. XXVIII – Lettera e in meliores del frammento B (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie
27), f. 1v, col. A.

Tav. XXIX – Nesso fi del frammento B (coperta di Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 27), f. 1r, col. A:
foto con correzione del contrasto.

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LUIGI MUNZI

UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753

Il Vat. lat. 2753 appare a prima vista come un tipico codice gramma-
ticale del secolo XV: il modesto formato e la scrittura di modulo assai
ridotto — talora di non facile lettura — sembrano indicare un codicetto ‘di
lavoro’ destinato a un magister dell’epoca1 e costituito dall’unione delle due
canoniche artes di Donato con il De finalibus syllabis di Servio, mentre gli
appunti grammaticali che occupano gli ultimi fogli sono stati aggiunti pro-
babilmente in un momento successivo, ma pur sempre in età umanistica.
Ma se si osservano con attenzione le peculiari caratteristiche dell’ars Dona-
ti che qui ci viene tramandata, non è fuor di luogo ipotizzare che l’ignoto
copista abbia avuto a disposizione, come antigrafo, un corpus donatiano
ampiamente arricchito e rimaneggiato, risalente forse all’età carolingia, se
non addirittura a qualche scuola abbaziale dell’ottavo secolo2. In effetti,
nella articolata compilazione che occupa i ff. 1-43 (1r-11r Ars minor, 12r-
43v Ars maior) del codice vaticano, ben poco rimane ormai della rigorosa
concisione ‘telegrafica’ tipica del manuale di Donato, la cui ricercata brevi-
tas rendeva più agevole la memorizzazione dei discenti. Per venire invece
incontro alle necessità di un insegnamento ormai ‘cristianizzato’, e quindi
profondamente mutato sia nelle finalità educative, sia nella tipologia stes-
sa degli allievi, nel manuale grammaticale di Donato si inseriscono ora
sezioni e capitoli interamente nuovi: spiccano, quindi, non soltanto brevi
interpolazioni già ben note alla tradizione di Donato, ma soprattutto am-
plissime adiectiones di schemi di declinazione, di paradigmi verbali e in
generale di una esemplificazione specificamente allargata all’onomastica
ebraica, al lessico di interesse biblico e alla presenza di tropi e figure del
discorso nella Sacra Scrittura, in particolare nei salmi. D’altra parte, attira
l’attenzione dello studioso la presenza di una elaborata sezione introdutti-
va, costituita da un accessus a Donato già noto da altri manoscritti altome-

1 Il ridotto specchio di scrittura fu apparentemente scelto proprio allo scopo di facilitare

l’apposizione di note a margine, che si presentano in effetti abbondanti in gran parte del ma-
noscritto.
2 Anche alcune consuetudini grafiche — come ad esempio l’uso abbastanza frequente

della nota H per enim — potrebbero costituire un indizio di trascrizione da un antigrafo del-
l’VIII-IX secolo.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 403-421.

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404 LUIGI MUNZI

dievali e soprattutto da una vivace quanto inedita serie di inserti poetici in


cui ‘parlano’ sia lo stesso Donato, sia la persona stessa della Grammatica.
Entrambe le caratteristiche meritano un esame approfondito.

1. Il contenuto del codice


Al f. IIr è trascritto il seguente indice3: hortulus columellae. iuvenilia
virgi<lii?>. pli (?) de viris illustr. Rhemius Favinus grammaticus de ponderi-
bus. Donati editio prima. eiusdem editio secunda artigraphi. eiusdem de figu-
ris. eiusdem quaedam (?) de syllabis et pedibus. Servii honorati de syllabis ad
Aquilinum. Poiché la descrizione della seconda sezione (Donato e Servio)
corrisponde esattamente al contenuto del nostro codice, si potrebbe ipo-
tizzare che l’attuale Vat. lat. 2753 costituisca un membrum disiectum di un
manoscritto a suo tempo più voluminoso e successivamente smembrato in
due diverse unità; al f. IIIr segue la trascrizione di alcuni carmi di Ausonio,
Monosticha de XII Caesaribus, II, III, IV;
f. 1r: DONATI GRAMMATICI EDITIO PRIMA DE OCTO PARTIBUS ORA-
TIONIS. Octonas partes Donati [...] currere callem (carme di quattro esame-
tri). Discite prudentes [...] si scandere laeti (prologo poetico, quindici esame-
tri). Discipulos docet ecce Donatus [...] lege paganus (2 esametri). Donatus
loquitur: Discite, discipuli [...] quae Donatus ego demostro vitae sophia (2
esametri). A questa nutrita serie di brani poetici — per la cui edizione vedi
infra — segue un breve accessus all’ars di Donato, che qui trascrivo: DO-
NATUS ARTIGRAPHUS4 comprehenditur extitisse sub principibus romanis
Constantini et (f. 1v) Constantis (sic) anno s. XIIº imperii eorum : cuius sanc-
tus Hieronimus ita, in cronica quam Eusebius Caesariensis (sic) subiunxit,
meminit dicens ‘Victorinus rhetor et Donatus grammaticus praeceptor meus
Romae insignes habentur, e quibus Victorinus etiam statuam in foro Traiano
meruit’; quem dum praefato tempore memorat, eundem quoque ipso tempore
fuisse demonstrat. Questo accessus, che mostra notevole consonanza col

3 Completo, con maggiori dettagli e qualche modesta rettifica, l’ampia descrizione offerta

da Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane, cat. établi par É. PELLEGRIN et
alii, III, 1: Fonds Vatican latin 224-2900, Paris 1991, pp. 578-80.
4 Oltre che nel già menzionato indice, f. IIr, il peculiare vocabolo artigraphus è ripetuto

anche al f. 27v, alla fine dell’editio secunda Donati, ovvero di Ars maior II. Questa vox hybrida
è attestata solo in opere grammaticali, quali i manuali di Servio (GL IV 440, 10 e ad Aen. 1,
104 e 5, 522), Cledonio (GL V 49, 28), Pompeo (GL V 205, 7), Eutiche (GL V 448, 27), Isidoro
(Etym. II 9, 7), ed è spesso utilizzata dai grammatici dell’alto Medioevo. Proprio da una cor-
ruzione del termine artigraphus trae origine la ‘catena’ grammaticale databile tra VIII e IX
secolo e nota appunto come ‘Donatus ortigraphus’ (ed. CHITTENDEN, Corpus Christ. cont.
med., 40 D). Cita specificamente Donatum artigraphum il De ortographia di Cassiodoro (GL
VII 145, 31).

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UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753 405

secondo paragrafo di un breve testo scolastico noto come Sententia sancti


Hieronimi de utilitate grammaticae artis5, ha un sapore spiccatamente al-
tomedievale — significativa in particolare la citazione geronimiana in cui
Donato è solennemente ed orgogliosamente presentato come praeceptor
meus (Euseb-Hier. Chron. p. 239, 12-13 Helm) — e costituisce in effetti
una versione, ridotta ma del tutto identica, di un testo presente nel f. 42r
del Vat. Reg. lat. 9806 e a suo tempo pubblicato da É. Pellegrin7. La testimo-
nianza del Vat. lat. 2753 consente anzi di migliorare il testo stampato dalla
Pellegrin in almeno un punto, in cui il Reg. lat. 980 è di ardua decifrazione8;
f. 1v: GRBMMBTKiKB9. En ego sum Nomen [...] cernere septem. Questi
due esametri introducono il vero e proprio inizio dell’Ars minor: Partes
orationis quot sunt? Octo [...], ovvero i capitoli de nomine e de pronomine,
con ampie aggiunte;
f. 9v: Partibus ex aliis [...] caro cum Nomine fratre: ancora due esametri,
in funzione di breve prologo poetico alla trattazione sul verbo del manuale
donatiano. La mise en page del codice non evidenzia la presenza di questa
introduzione in versi, che graficamente non si distingue in alcun modo dal-
la successiva trattazione grammaticale ed è pertanto sfuggita al catalogo

5 Da me pubblicato in Testi grammaticali e renovatio studiorum carolingia, in Manuscripts


and Tradition of Grammatical Texts from Antiquity to the Renaissance. Proceedings of a Con-
ference held at Erice, 16-23 October 1997, as the XIth Course of International School for the
Study of Written Records, ed. by M. DE NONNO, P. DE PAOLIS and L. HOLTZ, Cassino 2000, I,
351-388.
6 Come molti altri del fondo Reginense, il codice — sul quale vedi Les manuscrits classi-

ques latins de la Bibliothèque Vaticane, cat. établi par É. PELLEGRIN et alii, II, 1, Paris 1984,
p. 136 — è costituito da un insieme di frammenti di età carolingia, per lo più provenienti
dall’abbazia di Saint-Benoît-de-Fleury, riuniti da Pierre Daniel: il 42r è un foglio isolato, da-
tabile al IX sec., su cui si era già appuntata l’attenzione di H. KEIL, Analecta grammatica,
Halle 1848, pp. 22-23; vi si riconosce il foglio iniziale di una edizione floriacense di Donato,
con accessus e ricco apparato esplicativo di note a margine: INCIPIT EDITIO PRIMA DONATI
GRAMMATICI URB<IS ROMAE>. Donatus artigraphus comprehenditur extitisse etc. Si tratta in
effetti del primo foglio del testo dell’ars Donati oggi conservato nel codice Orléans 295, come
dimostra Pellegrin nell’articolo citato alla nota seguente.
7 É. PELLEGRIN, Membra disiecta floriacensia, “Bibliothèque de l’École des Chartes” 117,

1959, p.45, ora in Bibliothèques retrouvées. Manuscrits, Bibliothèques et Bibliophiles du Moyen


Age et de la Renaissance. Recueil d’études publiées de 1938 à 1985 par É. PELLEGRIN, Paris
1988, p. 199. Si aggiunga che B. LOEFSTEDT, Der hibernolateinische Grammatiker Malsacha-
nus, Lund 1965, p. 22 n. 5, segnala l’esistenza dello stesso accessus nel codice Leidensis Voss.
lat. Q.33, f. 72r.
8 Laddove Pellegrin, sulla base del Reg. lat. 980, legge dubbiosamente q<uod praeceptor

tem>pore memorat eundem quoque ipso fuisse tempore demonstrat, la lezione del Vat. lat. 2753
quem dum praefato tempore memorat, eundem quoque etc. appare sicuramente preferibile.
9 Si tratta di una ‘scrittura segreta’ di facile decrittazione: ad ogni vocale viene sostituita

la consonante immediatamente seguente nell’alfabeto. Il vocabolo ‘nascosto’ è dunque Gram-


matica.

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406 LUIGI MUNZI

Pellegrin. Quella che segue non è però la trascrizione del capitolo de verbo
dell’Ars minor, ma solo una breve trattazione su alcuni verbi irregolari, con
esaurienti schemi di coniugazione di fio e memini (f. 10r: De verbis defecti-
vis. Verba defectiva seu inequalia vel impersonalia [...] f. 11r, et alia multa,
ut moneo, quaero, horto);
f. 11v, bianco;
f. 12r: EDITIO SECUNDA DE OCTO PARTIBUS ORATIONIS (una mano
diversa aggiunge Donati artigraphi). Partes orationis sunt octo [...] = Ars
maior, II;
f. 27v: [...] quas inconditas invenimus. DONATI ARTIGRAPHI editio se-
cunda explicit. INCIPIUNT EIUSDEM tropi schemata figure. Barbarismus
est una pars orationis [...] = Ars maior, III;
f. 39r: EXPLICIT DE FIGURIS. INCIPIT DE VOCE, littera, syllaba, pedibus
metrorum, accentibus [...] = Ars maior, I. Il capitolo finale de posituris ter-
mina con una breve adiectio, presente in vari codici di Donato e in Giuliano
di Toledo: partes sunt cola et commata, idest metra et c<a>esa;
f. 43v: [...] idest metra et c<a>esa. De colis et commatibus. Oratio, quando
integra est, periodos est, partes cuius cola et commata [...] ibi finit sensus, ubi
pes finit. τελος: l’integrazione all’insegnamento di Donato — che menziona
appena cola e commata, in quanto non costituiscono propriamente parti
del discorso, ma del periodo — è in questo caso assicurata da un breve
excerptum di Pompeo, GL V 133, 13-134, 2;
ff. 44r-47v, SERVII GRAMMATICI DE SYLLABIS. Servius Honoratus
Aquilino salutem. Ultimarum syllabarum naturas [ ... ] monosyllaba produ-
cenda sunt ut: nella tradizione grammaticale tardoantica il De finalibus di
Servio (GL IV 449, 1- 454, 22, qui mutilo delle ultime righe) è assai spesso
congiunto all’ars di Donato, cui fornisce un utile supplemento metrico10;
ff. 47v-49v, vergate da altra mano e precedute dall’indicazione M. Varro,
si susseguono brevi annotazioni grammaticali, spesso in forma di diffe-
rentiae verborum (murus urbium, paries domorum; alter de duobus, alius
de pluribus; ‘vocavi te prius’ ad tempus refertur, sed ‘prior’ ad personam)
e ‘curiosità’ comunque legate all’ambiente dell’insegnamento (Leontinus
Isocratis magister qui centum et VII annis vixit). Alcuni di questi ‘appunti’,
presumibilmente destinati a future lezioni, provengono forse dall’insegna-
mento di Lorenzo Valla11: <a>edes in hoc difert a templi (sic) quod oportet
semper ut sequatur adiectio: dicendo ‘ego fui in aede’ non bene dixeris, nisi

10 Spesso viene trascritto all’interno del testo stesso di Donato, inserendosi fra il capitolo

de syllaba e il de pedibus, come si può osservare in un noto corpus grammaticale quale il Ber-
nensis 207: lo stesso avviene — ad esempio nell’ars di Giuliano di Toledo — per il De finalibus
metrorum attribuito a Massimo Vittorino (GL VI 231-242).
11 Forse dalle Elegantiae, come ritiene il catalogo Pellegrin.

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UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753 407

sequatur adiectio s<cilicet> ‘Iovis (?), Mercurii’ et sunt (?) de singulari, teste
Laurentio; [ ... ] ‘habet tres liberos’: nomen singulari nom<inativo> caret, teste
Laurentio;
f. 50r, bianco;
f. 50v: una mano diversa — ma forse la stessa che trascrive l’ars Donati
— annota in maniera alquanto disordinata alcuni testi, fra i quali si rico-
noscono tre epigrammi di Marziale (11, 93; 12, 25;12, 23).

2. Un Donato ‘aggiornato’ e interpolato


Il testo del Donato ‘auctus’ — mi si consenta di chiamarlo così — che
ci è tramandato dal Vat. lat. 2753 è per molti versi di grande interesse: me-
riterebbe forse un’edizione completa. Ciò consentirebbe di esaminare in
dettaglio tutto il materiale didattico per mezzo del quale viene ‘aggiornato’
il manuale di Donato, e di analizzare più a fondo gli obbiettivi didattici di
una scuola — verosimilmente altomedievale, come già si è detto — che si
trova a ‘rifondare’ l’insegnamento del latino in una situazione politica e
linguistica profondamente mutata, ove all’educazione del perfetto orator e
alla enarratio poetarum, finalità canoniche dell’antica scuola pagana, si è
ormai sostituita la formazione dell’esegeta dei testi sacri e del predicatore
cristiano. Ma poiché lo spazio di questo articolo è inevitabilmente limitato,
presenterò qui di seguito soltanto alcuni specimina dell’opera: quelli che mi
sono apparsi più significativi, anche allo scopo di definire — per quanto
possibile — la cronologia del testo.
La necessità più stringente che sembra presentarsi all’ignoto compilato-
re è senza alcun dubbio quella di porre a disposizione dei suoi allievi, per
quanto riguarda le declinationes nominum, una trattazione ben più ampia
ed esaustiva di quella — invero scheletrica — offerta da Donato: ciò lo
induce ad arricchire la ‘sua’ Ars minor con svariate sezioni ‘nuove’, anche
di notevole estensione. Trascrivo qui alcuni brani sicuramente degni di
attenzione, relativi alla prima declinazione:

(f. 2v) Declinationes quinque sunt. Prima est declinatio quae gen. et dat.
casu[i] singulari ex diphtongo terminatur ut ‘<haec> Musa, huius Musae’ et est
producta. Secunda, quae ‘i’ littera terminatur ut ‘hic magister, huius magistri’
et est producta. Tertia, quae in ‘is’ littera finit ut ‘hic pater huius patris’ et est
correpta. Quarta est quae in ‘us’ littera desinit, ut ‘haec domus, huius domus’ et
est producta. Quinta est quae in ‘e’ et ‘i’ litteris exit, ut ‘hic dies, huius diei’ et est
semper producta.
Prima declinatio habet litteras terminales tres, idest ‘a’, ‘s’, ‘m’, terminationes
vero quattuor, idest ‘a’, ‘al’, ‘es’, ‘am’: a ut poeta, as ut Aeneas, es ut Priamides, am
ut Adam. In prima declinatione quattuor genera reperiuntur, masculinum ut hic

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poeta, fem. ut haec Musa, neutrale ut hoc Pasca, commune ut hic et haec collega.
Adiciunt quidam et commune <trium> generum ut hic et haec et hoc advena, pro-
miscuum ut aquila. Horum omnium declinationes subiungimus.
Poeta nomen est appellativae qualitatis, gen. masculini, num. singularis, for-
mae simplicis [...] quod declinatur sic [...] Sic declinatur praeterea navita, nauta,
auriga, satrapa, lixa, scurra, lanista, patriarcha, propheta, psalmista, baptista,
euangelista, esorcista, papa, et propria Tucca, Catilina, Galla, Nerua, Silla, Stella,
Aquila, Priscilla, Areta, Totila, Zalla12, Ormisda13 et similia. In ‘as’ gen. mascu-
lini, Aeneas nomen est propriae qualitatis num. sing. figurae simplicis [...] Sic
declinatur Elias, Esaias, Iuremias (sic), Ionas, Micheas, Abdias, Esdras, Andreas,
Lucas, Barnabas, Mathias, Ananias et multa similia [...] In ‘am’ gen. masc. hic
Adam [...] Sic declinantur Abram, Balaam, Barlaam et similia. Musa nomen est
appellativae qualitatis gen. feminini [...] Sic declinantur littera, aqua, pluvia, gla-
rea, poena, calumnia, uva, vinea [...] hasta, lorica, trabea, phalarica, framea, [...]
corda, cythara, lyra, bucina, tuba et similia; et propria Anna, Susanna, Maria,
Martha, Martia, Tullia, Iulia, Cornelia, Galla et multa milia. Generis neutralis
Pasca nomen propriae qualitatis [...] Sic declinantur manna, Mammona et multa
alia, si qua sunt similia. Communis generis hic et haec collega [...] Sic declinan-
tur perfuga, transfuga, caelicola, apollota (sic: an apologeta?), parricida, sylvico-
la, faunicola, deicola, christicola, angelicola, demonicola, graiugena, curricula
(sic), adsecula, nubigena et similia.

Come si può vedere, la classificazione delle cinque declinazioni sfrutta


la desinenza del genitivo14, in base a una regola che Donato — secondo il
suo commentatore Servio — non volle esplicitare propter compendium, in
omaggio alla ben nota concisione del suo manuale: omnia nomina, quae in
rerum natura sunt, quinque regulis continentur, quae regulae apud Donatum
quidem n o n s u n t propter compendium, tamen tenendae sunt. Colligun-
tur autem istae regulae de genetivo singulari: nam is casus quinque finibus
terminatur, aut ‘ae’ diphthongo ut Musa Musae, aut ‘i’ ut doctus docti, aut
‘is’ ut pater patris, aut ‘us’ ut hic fluctus huius fluctus, aut ‘ei’ ut hic vel haec
dies huius diei: ergo cum invenerimus aliquod nomen de cuius declinatione
dubitatur, quaerendus nobis erit praecipue genetivus (Serv. GL IV 408, 36-
409, 5). Nella successiva presentazione della prima declinazione, si noti in
particolare la vasta esemplificazione riservata a vocaboli ‘tecnici’ di ambito
ecclesiastico (psalmista baptista esorcista etc) e all’onomastica biblica: la
specifica citazione di condottieri goti (Totila, Zalla) e del pontefice Or-

12Goto come Totila e come lui ariano, fu convertito secondo la tradizione da S. Benedet-
to dopo aver a lungo infierito contro i cristiani.
13 Così ritengo di congetturare, in luogo del poco perspicuo unusda del codice vaticano:

il riferimento sarebbe dunque al pontefice romano (514-523), noto soprattutto per la compo-
sizione dello scisma d’Oriente.
14 Un testo assai simile si riscontra nella cosiddetta ars Bernensis (GL VIII 90, 29-91, 7).

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UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753 409

misda potrebbe indicare nel compilatore di questa sezione un particola-


re interesse per la storia della Chiesa nel VI secolo (diffusione dell’eresia
ariana e dominio goto in Italia). Questa ampia esemplificazione si estende
ovviamente anche alle altre declinazioni, soprattutto alla terza, ove in par-
ticolare appare cospicuo l’interesse per i nomi di origine greca.
Alla fine di questa sezione, un particolare interesse riveste la peculiare
trattazione riservata alla declinazione del nome Iesus, che anche a livello
grammaticale deve ribadire la sua intrinseca sacralità e diversità, mostran-
dosi libero dalle costrizioni delle regulae Donati: significativo esempio di
una riflessione linguistica che l’anonimo compilatore sembra condurre sub
specie aeternitatis15:

(f. 8r) Extra has declinationes declinabitur sanctum et venerabile nomen no-
strae redemptionis ‘Iesus’, quod ab hebraica lingua seruphim (sic) nostro sermo-
ne frequentatur, nec autem ut externa nomina his declinationum regulis com-
prehenditur: et merito, nam ita decuerat ut incomprehensibilis maiestas, quae
nostro nomine voluit appellari, humanorum non possit nominum regulari simi-
litudine comprehendi. Declinatur autem sic: nom. hic Iesus, gen. huius Iesu, dat.
huic Iesu, acc. hunc Iesum, voc. o Iesu, <abl.> ab hoc Iesu.

Segue una sorta di training grammaticale basato su una rinomata chria


che la tradizione latina attribuiva a Catone16, radices litterarum amarae,
fructus autem dulces17: L’intero passo è attinto ad litteram dal capitolo de
declinatione exercitationis chriarum dell’ars di Diomede, GL I 310, 1-17.

15 In un altro contributo, ho avuto occasione di notare come presso gli artigrafi altome-
dievali “la cristianizzazione dell’ars grammatica sembra talora cedere il passo a una vera e
propria ‘grammatica cristiana’, ove l’analisi del linguaggio articolato è condotta quasi esclu-
sivamente in funzione della esegesi religiosa”: Custos Latini sermonis. Testi grammaticali lati-
ni dell’Alto Medioevo. Saggi e note testuali di L. MUNZI, Pisa – Roma 2011 (Annali dell’Univer-
sità degli Studi di Napoli ‘L’Orientale’, Dipartim. di Studi del Mondo Classico e del
Mediterraneo antico, sez. filologico-letteraria: Quaderni, 16), p. 31.
16 Il retore Giulio Rufiniano la attribuiva invece a Cicerone, cf. HALM, Rhetores Latini

minores p. 43, 30, mentre la tradizione greca ne vedeva concordemente l’inventor in Isocrate,
come anche Prisciano nei suoi Praeexercitamina, GL III 432, 12-13.
17 La fortuna di questo aforisma è costante in età carolingia. Nel codice Firenze Laur. S.

Marco 190 — un Marziano Capella del XII sec., ma il cui programma iconografico risale for-
se al IX sec. — una gigantesca personificazione della Grammatica (f. 15v ), accompagnata dai
versi magna Donatus me solvit parte peritus / auctor Prescianus totam me scribit optimus,
siede su una ricca cathedra: fra la schiera dei discipuli, raffigurati ai ai piedi, uno dei perso-
naggi mostra un cartiglio su cui è scritto amara radix, dulcis fructus: la tavola è riprodotta in
Vedere i classici. L’illustrazione libraria dei testi antichi dall’età romana al tardo medioevo, a
cura di M. BUONOCORE, Roma 1996, p. 215; per i versi che accompagnano la figura della
Grammatica, vedi C. Leonardi, Nuove voci poetiche tra secolo IX e XI, in Studi Medievali s. III,
2 (1961), pp. 139-168, in particolare 145.

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410 LUIGI MUNZI

Questo peculiare esercizio — modificare una frase in maniera tale che il


soggetto possa essere declinato nei vari casi, mantenendo però il signifi-
cato iniziale dell’enunciato — viene trasmesso dalla scuola tardoantica a
quella dell’alto Medioevo: ne è attestato l’uso, ad esempio, nel trattatel-
lo sulle declinationes nominum18 che è presente nei codici Angers 493, ff.
122r-v, Amiens 426, f. 16v, Bern 522, f. 91v19 e Napoli IV.A.34, f. 145v-146r,
tutti manoscritti databili fra ottavo e nono secolo20:

(f. 8r) Item chriarum (cod. curiarum) exercitatio in casu sic variatur: no-
minativo casu numero singulari ‘Marcus Porcius Cato litterarum radices dixit
amaras esse, fructus vero iucundiores’; genitivo, Marci Porcii Catonis dictum
fertur litterarum radices etc.; dativo, Marco Porcio Catoni placuit dicere littera-
rum radices etc.; accusativo, Marcum Porcium Catonem dixisse ferunt litterarum
radices etc.; vocativo, o Marce Porcie Cato dixisti litterarum radices etc.; ablativo,
a Marco Porcio Catone dictum accepimus litterarum radices etc.; et plurali Marci
Porcii Catones dixerunt litterarum radices etc.; genitivo Marcorum Porciorum
Catonum dictum ferunt litterarum radices etc.; dativo, Marcis Porciis Catonibus
placuit dicere litterarum radices etc.; accusativo, Marcos Porcios Catones dixis-
se ferunt litterarum radices etc.; vocativo, o Marci Porcii Catones vos dixistis
litterarum radices etc.; ablativo, a Marcis Porciis Catonibus dictum accepimus
litterarum radices amaras esse, fructus vero iucundiores.

Nella seconda sezione dell’Ars maior, quella relativa alle octo partes ora-
tionis, l’esemplificazione tratta dal salterio ricompare di frequente a far
pendant ai canonici esempi donatiani: per la costruzione del comparativo
col genitivo plurale, ad esempio, al classico esempio addotto nella scuola
antica ‘Hector fortissimus Troianorum fuit’ (p. 619, 4 Holtz) si aggiungono
illud in Evangelio cata21 Iohannem (14, 12) ‘qui credit in me, opera quae ego

18 Rinvio a Multiplex Latinitas. Testi grammaticali latini dell’Alto Medioevo, a cura di L.

MUNZI, Napoli 2004 (Annali dell’Università degli Studi di Napoli ‘L’Orientale’, Dipartim. di
Studi del Mondo Classico e del Mediterraneo antico, sez. filologico-letteraria: Quaderni, 9),
pp. 67 nt. 3 e 68-70.
19 Il codice bernese tramanda esclusivamente le prime righe del trattatello, inc. declina-

tiones nominum sunt quinque, che proprio sulla scorta di questo manoscritto sono state pub-
blicate da H. HAGEN negli Anecdota Helvetica (GL VIII p. XLI).
20 Nel trattatello (VIII sec.?) la chria catoniana è citata, ma non utilizzata come esercizio:

gli esempi scelti mantengono inizialmente un certo sapore ‘classico’: hic Cicero dixit, huius
Ciceronis dictum fertur, huic Ciceroni placuit dicere etc., anche se nel procedere del tutto ‘mec-
canico’ dell’esercitazione appare a dir poco singolare che sia Cicerone che Elena di Troia —
come già in Diomede — si moltiplichino a dismisura (o Cicerones ne vos recte dixistis, ab his
Ciceronibus dictum accepimus etc.; hae Helenae dixerunt, harum Helenarum dicta feruntur, his
Helenis placuit dicere); del tutto sorprendente si rivela infine l’esempio scelto per la declina-
zione del genere neutro: hoc telum dixit, huius teli dictum fertur, huic telo placuit dicere etc.
21 Comunemente usata nell’intestazione dei Vangeli, questa preposizione mutuata diret-

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UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753 411

facio et ipse faciet et maiora horum faciet’ et illud in Marco (12, 31) ‘maius
horum aliud mandatum non est’.
Non mancano poi alcune interpolazioni brevi, già note nella tradizione
manoscritta donatiana: ad esempio (f. 12r), dove il testo dell’Ars maior leg-
ge omnia praenomina aut singulis litteris notantur, ut C. P., aut binis, ut Cn.,
aut ternis, ut Sex. (p. 614, 9 Holtz), il Vat. lat. 2753 aggiunge aut quaternis
litteris praenotantur ut SEMP hoc est Sempronius Roscius: questa adiectio,
di probabile origine insulare, è attestata ad litteram nel cosiddetto ‘Donato
ortigrafo’ (CC cont. med. 40 D, p. 72, 196) e nell’ars Bernensis22, con minime
varianti nell’ars Ambrosiana (CC ser. lat. 133 C, p. 14, 2 e nell’anonymus ad
Cuimnanum (CC ser. lat. 133 D, p. 28, 27); poco dopo (f. 15v), dove il testo
dell’Ars maior legge nomen in o vocalem [...] aut masculinum est, ut Scipio,
aut femininum, ut Iuno, aut commune, ut pomilio (p. 622, 6 Holtz), il Vat.
lat. 2753 aggiunge aut epikenon ut papirio, come avviene — con inevitabili
oscillazioni papirio/ papilio — nell’ars Laureshamensis (CC cont. med. 40 D,
p. 72, 196) e nel commento a Donato di Sedulio Scoto (CC cont. med. 40 B,
p. 74, 38). Questa inserzione è definita da L. Holtz, Donat p. 557 “add. con-
tinentale ancienne (I d) qui semble s’être infiltrée chez certains insulaires
moyens ou italo-insulaires”.
Nella terza sezione dell’Ars maior, quella dedicata alle figure del discor-
so, l’ars di Donato viene arricchita soprattutto con una serie particolar-
mente robusta di exempla tratti dalle sacre Scritture. Grandi autori cri-
stiani, come Agostino e Cassiodoro, avevano da tempo iniziato la ricerca
sistematica, nel linguaggio biblico, delle tropicae locutiones e degli schema-
ta, che la tradizione grammaticale antica aveva canonizzato in un sistema
ampio e ben strutturato, ma il cui monopolio non doveva in alcun modo
rimanere riservato alla scuola pagana: di quelle riflessioni e classificazioni
linguistiche anche l’esegeta cristiano doveva saper fare buon uso, proprio
come Mosè — per rifarsi a un notissimo passo del De doctrina christiana
di Agostino, II 60 — aveva saputo mettere a frutto l’oro e le ricchezze degli
Egiziani.
La lista stessa degli schemata orationis appare ampliata rispetto al testo
di Donato: dopo la menzione del dialyton (663, 9 Holtz) sono annoverati
asintheton, ypalage, climax, enargia, emphaticos. Nel paragrafo dedicato

tamente dal greco è di frequente uso anche nei testi grammaticali, ad esempio in espressioni
come cata triton trochaeon e cata antiphrasin: vi si sofferma Remigio di Auxerre nel suo com-
mento all’ars minor di Donato (GL VIII 216,1).
22 Cf. GL VIII 65, 17, ove la lacuna già postulata dall’editore Hagen — un classico saut du

même au même — si potrà colmare exempli gratia come segue: aut ternis litteris praenotantur
<ut Sex., aut quaternis litteris praenotantur,> ut Semp., hoc est Sempronius Roscius.

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412 LUIGI MUNZI

alla prolemsis23, dopo la definizione (f. 31r) praesumptio rei, ubi ea quae
sequi debent anteponuntur24, ai consueti esametri virgiliani vengono acco-
stati due esempi biblici: ‘fundamenta eius in montibus sanctis’ (PsG 86, 1):
hic propheta et pronomen in loco nominis posuit, nam confuso ordine ‘fun-
damenta Sion in montibus sanctis’ poterat dici [...] ‘Lavinaque venit litora’
(Verg. Aen. 1, 2-3), nec tum Lavina litora dicebantur, quippe cum ab uxore
Aeneae Lavinia sic appellata sunt. Tale est illud in Psalmo (PsG 21, 17) ‘fode-
runt manus meas et pedes meos et dederunt vestimenta mea’: sed hoc enim
per anticipationem dictum est, cum adhuc factum non esset. Ancora i salmi
sono citati per esemplificare lo zeugma (f. 31v): ‘Domine, quis habitabit in
tabernaculo tuo aut quis requiescet in monte sacro tuo, qui ingreditur sine
macula et operatur iustitiam, qui loquitur veritatem in corde suo’ (PsG 14,
1-3). Parimenti, come esempio di syllemsis, si legge: pro uno multi, ut in
Evangelio ‘latrones qui crucifixi erant cum eo improperabant eum’ (Mt 27,
38-39): ubi pro uno, uterque inducitur blasfemasse25; simile est in psalmo
‘Attendite populum meum, legem meam’ (PsG 77, 1); come esempio di ana-
diplosis dopo sit Tityrus Orpheus, Orpheus in silvis, inter delphinas Arion
(Verg. Buc. 8, 55-56) vengono citati ‘stantes erant pedes nostri in atriis tuis,
Hierusalem, Hierusalem quae aedificaris ut civitas’ (PsG 121, 2-3) et illud ‘in
die mala liberabit eum Dominus, Dominus conservet eum’ (PsG 40, 2); come
esempio di anaphora, ai consueti versi virgiliani nate, meae vires, mea ma-
gna potentia solus / nate patris summi, qui tela Typhoea temnis (Verg. Aen.
1, 664-5) si fa seguire ancora un versetto dei salmi, ‘Dominus illuminatio
mea et salus mea’ (PsG 26, 10); come esempio di epanaphora, non trattata
da Donato, ‘laudate Dominum in sanctis eius, laudate eum in firmamento
virtutis eius’ (PsG 150, 1); per la epizeuxis, l’esemplificazione è in psalmo
‘benedicat nos Deus, deus noster, benedicat nos Deus’ (PsG 66, 7-8) et in
propheta ‘consolamini, consolamini, populus meus, dicit Deus vester’ (Is 40,
1) ‘et consurge, consurge, induere fortitudinem’ (Is 51, 9); per la epanalemsis,
è citato ancora un versetto dei salmi: ‘Deus quis similis erit tibi ne taceas
neque compescaris Deus’ (PsG 82, 2).
La trattazione della schesis onomaton (f. 33r) è invece fortemente debi-
trice delle Etymologiae isidoriane: manca infatti il classico esempio addot-
to da Donato e dalla gran parte dei manuali tardoantichi, il verso enniano

23
Per le denominazioni dei vari schemata, mantengo le grafie del codice.
24
La classica definizione donatiana praesumptio rerum ordine secuturarum si ispira
come di consueto all’ideale della massima brevitas, non senza rischiare qualche potenziale
oscurità: l’enunciato del Vat. lat. 2753 si sforza invece di raggiungere la massima chiarezza e
comprensibilità con parole e concetti più semplici.
25 Il passo sembra attinto ad litteram da Isid. Etym. I 36, 6, che lo cita sempre come esem-

pio di syllemsis.

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UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753 413

Mars manus, Paeligna cohors, Vestina virum vis (Ann. 276 Vahl.2), sostitui-
to da nubila nix grando procellae flumina (sic) venti, addotto appunto da
Isidoro, Etym. I 36, 13 e poi da Giuliano di Toledo, ars gramm. 200, 122 Ma-
estre26. Interessante anche il successivo paragrafo dedicato al paromeon,
così definito: multitudo verborum ex una littera incipientium, quale est apud
Ennium ‘O Tite tute Tati, tibi tanta, tyranne, tulisti’ (Ann. 109 Vahl.2). Sed
Virgilius bene hoc temperat, dum non toto versu utitur hac figura, ut Ennius,
sed nunc in principio versus, nunc in principio, ut est ‘saeva sedens super
arma’ (Verg. Aen. 1,295), nunc in fine, ut est ‘sola mihi tales casus Cassandra
canebat’ (Verg. Aen. 3,183)27: segue l’esempio biblico benediximus vobis de
domo Domini, Deus Dominus (PsG 117, 226-27). Nella trattazione delle
tre specie di omeosis, all’esempio donatiano (p. 653, 9 Holtz) di parabole,
ovvero al verso virgiliano qualis mugitus fugit cum saucius aram / taurus
(Aen. 2, 223-24) si unisce tale est in evangelio ‘simile est regnum caelorum
grano sinapis’ (Mt 13, 31) et ‘sagenae missae in mare’ (Mt 13, 47). Si può no-
tare infine che, nel presentare i barbarismi per adiectionem litterae, laddove
il testo genuino di Donato (p. 653, 9 Holtz) citava l’emistichio virgiliano
‘Nos abiisse rati’ pro abisse (Aen. 2, 25), alcuni commentatori di Donato di
cultura insulare (Murethac, ars Laureshamensis, Sedulio Scoto) preferisco-
no allontanarsi dalla concisione cara a Donato per citare anche le parole
conclusive del verso virgiliano, et vento petiisse Micenas, che racchiudono
una seconda attestazione del fenomeno trattato. Lo stesso avviene nel testo
tramandatoci dal Vat. lat. 2753, f. 28r: secondo Holtz, Donat p. 561, l’inter-
polazione mostrerebbe “trace d’une relecture insulaire de Virgile”.
Nel Vat. lat. 2753 l’Ars maior si presenta nell’ordine II, III, I; a chiusura
del manuale vingono quindi trascritti i capitoli de voce, de littera, de syllaba,
de pedibus, de tonis, de posituris. Nessuna adiectio è qui imposta da impel-
lenti necessità di aggiornamento didattico: si può notare soltanto come il
capitolo noto nella tradizione manoscritta come de tonis mostri qui il titolo
de accentibus, testimoniato solo in pochi codici di Donato, tra i quali spic-
cano il Sangallensis 876 — caratterizzato, secondo L. Holtz, da consuetu-
dini grafiche dell’Italia meridionale — e il Sangallensis 878, ove B. Bischoff
ha riconosciuto la mano di Walafrido Strabone. Nel de accentibus si rileva

26 Vi si riconosce, mutato ordine, Lucr. 5, 1192: ma ai numerosi artigrafi tardoantichi e

alromedievali che continuano a utilizzare questo exemplum, l’autore del verso risulta ormai
ignoto. Quanto alla corruzione di fulmina in flumina, è precocemente attestata nella tradizio-
ne manoscritta di Lucrezio.
27 Corrisponde ad litteram alla trattazione di Isid. Etym. I 36, 14, presente anche nel co-

siddetto ‘Isidorus iunior’ (214, 204-210 Schindel) e nell’ars attribuita a Giuliano di Toledo
(200, 126-131 Maestre).

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414 LUIGI MUNZI

anche l’uso tardoantico di sottotitoli: De monosyllabis (p. 609, 9 Holtz), de


disyllabis (609, 14), de trisyllabis (610,1), de tonis accentuum (610,16).

3. I prologhi in versi
Come si è già detto, caratteristica saliente del corpus donatiano presente
nel Vat. lat. 2753 è di essere arricchito da una serie di brevi componimenti
poetici, che esaltano l’ars Donati come strumento imprescindibile per con-
seguire la sapientia e invitano i discepoli a seguire con tenacia l’angusto ma
proficuo ‘calle’ dell’insegnamento grammaticale, che consente di divenire,
attraverso lo studio e la riflessione linguistica, sommi sophistae ed egregii
doctores. Nessuno di questi componimenti è menzionato nei classici inci-
pitari Walther e Schaller-Könsgen: ne fornisco qui una edizione, numeran-
doli in progressione da I a VI. Si noterà come gli ultimi due carmi siano
stati specificamente composti per evidenziare con una qualche solennità i
capitoli grammaticali che trattano delle due principali partes orationis, il
nome e il verbo.

I. (f. 1r) Octonas partes Donati perspice prudens28


optime quas retinet mater praecelsa sophiae,
si cupiens quaeris praeclarus doctor haberi,
dogmatis excelsum prudenter currere callem29.

II. (f. 1r) Grammatica loquitur:


1 Discite prudentes nostrum penetrare secretum,
vivere si cupitis sine mundi felle sagaces.
Qui cupis insignis sophiae penetrare secretum
inter sophistas sapiens quo vivere possis,
5 disce demum primum Nomen rimari decenter,
deinde sequens alios securus dirige gressus:
nam sine lege mea non quivit prodere doctus,
immo fies balbus errando, mutus, elinguis.
Ergo virtute meam doctrinam sumite cuncti,
10 qui docte cupitis sapientem ducere vitam.
En ego summum sophiae sine † labe proradi †30

28Nel primo verso del componimento si può cogliere una consonanza con l’incipit dei
versus de terminis quadragesimalibus di Walafrido Strabone: Octonas Martis coepit lex quin-
que librorum (carm. 89, 4, 1: MGH Poet. II 423).
29 Il catalogo Pellegrin legge collem, forse per refuso tipografico; ma il contesto richiede

currere callem, clausola peraltro testimoniata anche nell’anonimo carme di età ottoniana edi-
to in MGH Poet. 5, 454, sulla base del codice Wolfenbuttel 4144, olim Weissenburg. 60, IX-X
sec., f. 77r.
30 Le parole finali del verso sono scarsamente leggibili.

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UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753 415

me quicumque sapit, sapientum tecta subibit


et sine mendoso percurrit carmine callem.
Ne dubitetis enim pro me portare laborem,
15 aethereas gazas cupitis si scandere laeti.

III. Discipulos docet ecce Donatus, dogmate factus


Hieronimi sancti praeceptor, lege paganus.

IV. Donatus loquitur:


Discite, discipuli, doctrinae grammata pulcra
quae Donatus ego demostro vitae sophia.

V. GRBMMBTKiKB:31
En ego sum Nomen, octo de partibus una,
discipulis alias quae monstro cernere septem.

VI. Partibus ex aliis, me Verbum amplectere discens:


nam princeps ego sum, caro cum Nomine fratre.

L’abitudine di premettere una introduzione in prosa ad opere squisita-


mente tecniche quali manuali di grammatica, di prosodia e di metrica è
già ben attestata per il mondo latino nella tarda antichità: in questo spazio
l’autore — che le caratteristiche stesse dell’ars grammatica sospingono fa-
talmente a vivere in un anonimato, talora metaforico, ma assai più spesso
reale — può invece dar prova della propria abilità retorica, e perfino mo-
strarsi elegante, ricercato, sofisticato. Un tour de force di ancor più marcata
letterarietà può in tal caso essere costituito da una prefazione in versi, qua-
le appare ad esempio nel De ultimis syllabis dell’anonymus ad Caelestinum
(GL IV 219)32 ovvero nell’Ars de nomine et verbo di Foca, artigrafo attivo
attorno alla metà del V secolo33. Il ricorso al prologo in versi per opere di
carattere didascalico — in particolare per scritti di argomento grammati-
cale — riscuoterà poi buon successo in età carolingia, in particolare per

31 È dunque la Grammatica in persona a pronunciare i due versi seguenti? Non ne sono


pienamente convinto: stricto sensu, a declamare il componimento V dovrebbe infatti essere
non la Grammatica, ma una delle octo partes orationis, ossia il nomen. Queste lettere ‘miste-
riose’ potrebbero costituire piuttosto un fantasioso esempio dei grammata pulchra citati nel
componimento IV.
32 Il trattatello è datato “um die Mitte des 4. Jh.” nel Handbuch der lateinischen Literatur

der Antike, her. von R. HERZOG – P. L. SCHMIDT, V, München 1989, p. 120; più tarda la data-
zione proposta, con valide argomentazioni, da M. DE NONNO, L’Auctor ad Caelestinum (GL IV
219-264 Keil): contributi al testo e alla caratterizzazione, in Dicti studiosus. Scritti di filologia
offerti a S. Mariotti dai suoi allievi, Urbino 1990, pp. 244-246.
33 Il prologo in versi di Foca conoscerà duraturo successo, tanto da essere riutilizzato da

Cassiodoro nella prefazione al De orthographia (GL VII 146, 20-34).

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416 LUIGI MUNZI

impulso di Alcuino, un autore la cui ricca vena poetica ci è testimoniata


dalla variegata raccolta dei Carmina34. Raccolgo qui una serie di brevi pre-
fazioni poetiche databili fra VIII e IX secolo, che mi sembra possano offrire
qualche utile elemento di confronto per analizzare lessico e tecnica poetica
dell’ignoto compositore dei carmi presenti nel Vat. lat. 2753, e forse per
determinarne provenienza e cronologia:

1) Alcuino, distico premesso al De orthographia, noto in due varianti che


corrispondono alle redazioni a e b del testo35:

(redazione a) Me legat antiquas cupiat qui scire loquelas,


me spernens loquitur mox sine lege patrum.
(redazione b) Me legat antiquas vult qui proferre loquelas,
me qui non sequitur, vult sine lege loqui.

Di questo distico introduttivo, la redazione a è considerata genuina-


mente alcuiniana da H. Keil (GL VII 295) e da S. Bruni, recente editrice
del De orthographia (Firenze 1997, p. XXIII). Pur senza ricorrere al concetto
un po’ inafferrabile di ‘variante d’autore’, credo tuttavia che non manchino
buoni motivi perché anche la redazione b, ovvero Anth. lat. 737 Riese (ove
si annota in apparato dubitatur num vetus sit), possa aspirare alla pater-
nità alcuiniana36: è in effetti annoverata fra i carmina di Alcuino in MGH
Poet. VI, 186 e relegata invece in apparato dal Keil37. R. Wright ritiene che
proprio il distico b sarebbe stato posta da Alcuino in testa al suo manua-
le per ribadire lo scopo fondamentale del suo trattato, che consisterebbe,
prima ancora che nella correctio nello scrivere, nella stringente necessità di
ripristinare una corretta pronuncia del latino: di qui l’insistenza sul loqui

34 Su questa tematica rinvio a due miei contributi specifici: per le prefazioni in prosa, Il

ruolo della prefazione nei testi grammaticali latini, in Problemi di edizione e di interpretazione
nei testi grammaticali latini. Atti del Colloquio internazionale Napoli 10-11 dicembre 1991, a
cura di L. MUNZI, Napoli 1994: Annali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli, Diparti-
mento di Studi del Mondo Classico e del Mediterraneo antico, sezione filolologico-letteraria 14
(1992), pp. 103-126; per quelle in versi, Prologhi poetici latini di età carolingia, in Les prologues
médiévaux, Actes du Colloque international organisé par l’Academia Belgica et l’École Fran-
çaise de Rome avec le concours de la F.I.D.E.M. (Rome 26-28 mars 1998), éd. par J. HAMESSE,
Turnhout 2000, Brepols, pp. 87-111.
35 Delle due redazioni del testo alcuiniano tratta diffusamente la recente edizione critica

del De orthographia, a cura di S. BRUNI, Firenze 1997, pp. XII-XXV.


36 Qualche osservazione in proposito nel mio Prologhi poetici latini di età carolingia, pp.

97-98, già citato supra (n. 33).


37 Non mi è chiaro su quali dati di fatto si appoggi la recisa affermazione di S. Bruni che

questo distico ”non può essere opera di Alcuino” (p. XXIII).

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UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753 417

e sulle loquelae antiquae38. Lo studioso inglese ipotizza anche che il titolo


De orthographia possa non risalire ad Alcuino39. A partire dal IX secolo,
peraltro, la redazione b del distico conduce anche una esistenza parallela,
forse per impulso dello stesso Alcuino: in numerosi codici appare infatti
premessa all’Ars grammatica di Prisciano40;

2) Alcuino, introduzione in versi al De dialectica (PL 101, 951; MGH,


Poet. I 298):
Me lege, qui veterum cupias cognoscere sensus,
me quicumque capit, rusticitate caret.
Nolo meus lector segnis sit, nolo superbus,
devoti et humilis pectoris antra colo.
Has, rogo, divitias sophiae non temnat amator,
navita quas pelagi portat ab orbe suo.

I tre distici che introducono il De dialectica alcuiniano insistono su un


motivo caro ai magistri carolingi: la virtù compiutamente cristiana della
humilitas si rivela particolarmente necessaria anche per l’allievo deside-
roso di incrementare le proprie conoscenze. Il rifiuto del lettore superbus
è d’altra parte teorizzato in un’altra nota prefazione in versi, quella pre-
messa da Pietro da Pisa al suo manuale grammaticale: sumere nam flores
si torva fronte superbus41 / de his expectet, fessus ad ima ruat! (GL VIII 159,
vv. 17-18). Si noti come la movenza iniziale del v. 2 me quicumque capit,
rusticitate caret abbia forti consonanze col v. 12 del componimento II: me
quicumque sapit, sapientum tecta subibit;

3) Anth. Lat. 676 Riese

Me legat, annales cupiat qui noscere menses


tempora dinumerans aevi vitaeque caducae.

38 Diversa la posizione di A. C. DIONISOTTI, On Bede, Grammars and Greek, in Revue Bé-

nédictine 92 (1982), pp. 111-141, in particolare 122: “Orthographia was intended not as a text-
book for the classroom, but as a reference work for the library, or scriptorium, or the desk of
studious monk”.
39 R. WRIGHT, Late Latin and Early Romance: Alcuin’s De orthographia and the Council of

Tours (AD 813), in F. CAIRNS (ed.), Papers of the Liverpool Latin Seminar 3 (1981), p. 346, ora
ripreso in R. WRIGHT, A Sociophilological Study of Late Latin, Turnhout 2002, pp. 127-146, in
particolare pp. 129-30.
40 Vedi in proposito DIONISOTTI, On Bede cit., p. 131, e M. PASSALACQUA, I codici di Priscia-

no, Roma 1978 (Sussidi eruditi, 29), p. 407 s. v. ‘Anth. Lat. 737’.
41 Hagen stampa superbos: ma preferisco affidarmi alla lezione tràdita superbus, che ga-

rantisce un senso più coerente e mi sembra garantita dalla contrapposizione che si istituisce
col lettore pacificus del distico precedente (vv. 15-16): pacificus servet, quae textus littera mon-
strat / rex quoniam Christus pacifer ipse fuit.

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418 LUIGI MUNZI

Omnia tempus agit, cum tempore cuncta trahuntur:


alternant elementa vices et tempora mutant,
accipiunt augmenta dies noctesque vicissim.
Tempora sunt florum, retinet sua tempora messis,
sic iterum spisso vestitur gramine campus.
Tempora gaudendi, sunt tempora certa dolendi.
Tempora sunt vitae, sunt tristia tempora mortis.
Tempus et hora volat, momentis labitur aetas:
omnia dat, tollit, minuitque volatile tempus.
Ver, aestas, autumnus, hiems, redit annus in annum:
omnia cum redeant, homini sua non redit aetas.

La vicenda storica di questo anonimo poemetto di tredici esametri,


comunemente datato al IX secolo, non è priva di interesse. Chi ne legga
l’incipit, non può non avvertire una evidente dissonanza: il primo verso,
infatti, sembra introdurre un componimento sulle suddivisioni del tempo
e in particolare sui nomi dei mesi42, mentre già a partire dal v. 2 — peral-
tro costruito sulla iunctura virgiliana tempora dinumerans (Aen. 6, 691) —
l’accento si sposta, con qualche retrogusto oraziano, sul rapido volgere del
tempo e sulla caducità dell’esistenza umana: argomento ribadito nell’ex-
plicit dal verso omnia cum redeant, homini sua non redit aetas, cui l’amara
quanto universale constatazione dell’inesorabile scorrere del volatile tem-
pus assicurerà una diffusione ‘popolare’ e di lungo respiro. D’altra parte,
sappiamo che alcuni versi del componimento circolano sicuramente già in
età tardoantica: è dubbio se sia proprio il v. 12 di questo carme ad essere
parzialmente citato da Gerolamo, Comm. in Ezech. 1, 7, ma otto di questi
esametri sono sicuramente inseriti nella Satisfactio di Dracontio (vv. 219
sgg.), mentre più tardi i vv. 2-9 e 11-13 saranno ripresi da un Colombano —
non sicuramente identificabile col fondatore dell’abbazia di Bobbio — che
con la formula pulchre veridici cecinit vox talia vatis li introduce nei suoi
Versus ad Sethum, 61-7043. È possibile dunque che l’ignoto compilatore di
Anth. Lat. 676 Riese abbia premesso a versi già noti un incipit divenuto
ormai quasi formulare per opere di carattere didascalico — il prototipo
‘classico’ sembra da individuare in Ovid. Amores II 1, 5 me legat in sponsi
facie non frigida virgo — e abbastanza diffuso da dar già luogo a varianti (in
alcuni codici compare la forma Me legat, annales cupiat qui noscere menses,
in altri vult qui cognoscere menses): in tal modo il carme poteva prestarsi
anche a costituire un prologo poetico specificamente adeguato a manuali

42
Nel Reg. lat. 438, f. 31r, il carme reca in effetti il titolo de mensibus et diebus anni.
43
Vedi in proposito L. BIELER, Adversaria zu Anthologia Latina 676, in Antidosis. Fest-
schrift für W. Krause zum 70. Geburtstag, her. R. HANSLIK – A. LESKY – H. SCHWABL, Wien
1972 (Wiener Studien Beihefte, 5), pp. 41-48.

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UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753 419

di computo e di divisione del tempo, quali quelli che caratterizzano l’opera


multiforme del venerabile Beda;

4) Versus de causis anni, premessi ad opere computistiche;

Me legat annales vult qui cognoscere cyclos,


tempora qui varia, qui simul astra poli.

La fortunata formula incipitaria Me legat annales qui vult ... riappare


in questo distico, che nel Pal. lat. 1448, f.1v, introduce una versione rima-
neggiata del De temporibus di Beda44 e nel codice Einsidlensis 29, p. 174, il
testo del cosiddetto Computus Helperici45; il distico è edito da K. Strecker
in MGH Poet. VI, 1,186 — che stampa però qui vult — nella presentazione
di un rimaneggiamento in versi ritmici del De temporum ratione di Beda,
tràdito sempre dal Vatic. Pal. lat. 1448, ff. 116-122;

5) Distico premesso all’Ars metrica di Cruindmelo (ed. Huemer 1883, p. 1):


Discite me, pueri, versus si scribere vultis,
nam veterum rite carmina prisca sequor.

Anche in questo caso, il manuale ‘parla’ in prima persona, invitando gli


allievi allo studio: evidenti le consonanze fra la formula incipitaria Discite
me, pueri, che introduce l’ars metrica di Cruindmelo, e alcune delle prefa-
zioni in versi del Vat. lat. 2753: II, 1 Discite prudentes nostrum penetrare
secretum e IV, 1 Discite, discipuli, doctrinae grammata pulcra.

È dunque a questa variegata tradizione di succinte introduzioni in versi


specificamente destinate ad opere didascaliche — consolidatasi soprattut-
to fra VIII e IX secolo, nell’età di Alcuino — che sembra attingere anche il
versidicus che ha ideato il caratteristico insieme di inserti poetici destinati
a impreziosire la editio Donati trasmessaci dal Vat. lat. 2753.
Si tratta di un verseggiatore di discrete capacità tecniche46 ma, forse, di
limitata ispirazione: si può notare infatti che, così come la costante esor-
44 L’incipit del testo, che procede per interrogationes et responsiones, è di sapore ‘insulare’,
e mostra fin dalle prime righe l’utilizzazione di Isidoro di Siviglia: IN DEI NOMINE PAUCA
INCIPIUNT DE TEMPORIBUS ET DE VARIIS TEMPORIS SCAN<SIONIBUS ?> AMEN. Tempora
unde dicta sunt? A temperamento etiam nomen acceperunt, ut Isidorus in V Ethimologiarum
libro testatur etc.
45 Altri manoscritti sono segnalati da A. CORDOLIANI, Contributions à la littérature du com-

put ecclésiastique, in Studi Medievali s. III, 2 (1961), p. 195.


46 L’allitterazione sembra costituire un suo ‘cavallo di battaglia’: si veda I, 1 perspice pru-

dens; II, 6 sequens alios securus; II, 12 me quicumque sapit, sapientum tecta subibit; III, 1 Di-
scipulos docet ecce Donatus, dogmate factus; IV, 1 Discite, discipuli, doctrinae grammata pul-

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420 LUIGI MUNZI

tazione al discere si esprime spesso in formule assai simili (II, 1 discite


prudentes nostrum penetrare secretum; IV, 1 discite, discipuli, doctrinae
grammata pulcra), altrettanto avviene per il pressante invito a liberarsi del-
le cupidigie terrene, al fine di ‘concupire’ piuttosto le ricchezze celesti (II,
2 vivere si cupitis sine mundi felle sagaces; II, 15 aethereas gazas cupitis si
scandere laeti), nonché per l’onnipresente aspirazione alla sophia (I, 3 si
cupiens quaeris praeclarus doctor haberi; II, 10 qui docte cupitis sapientem
ducere vitam). Un po’ ripetitivo appare anche l’uso sia del lessico (prudens,
prudenter nel carme I), sia di alcune metafore poetiche, come quella ben
attestata del ‘sentiero della saggezza’ (I, 4 dogmatis excelsum prudenter cur-
rere callem; II, 13 sine mendoso percurrit carmine callem).
Al di là dei risultati stilistici, si può notare tuttavia come movenze e
colores poetici siano perfettamente adeguate all’ambiente culturale delle
scholae carolinge, in cui l’insegnamento delle sette arti liberali — e in pri-
mo luogo della grammatica, custode del testo scritto — assume un rilievo
fondamentale. L’inserzione in questa editio Donati47 di un apparato poetico
non è soltanto una testimonianza preziosa delle pratiche ‘editoriali’ degli
eruditi del tempo: mi sembra vi si possa cogliere anche una qualche ‘au-
tocelebrazione’, o quanto meno una volontà di autocoscienza di una fitta
schiera di magistri, il cui nome è per noi obliterato, ma che non si nascon-
dono di svolgere un’attività di elevato valore etico, non dissimile in sostan-
za da quella che impegna missionari ed evangelizzatori in terre pagane: e
sono ben coscienti di operare, col loro impegno quotidiano, un mutamento
concreto nel processo stesso di formazione della cultura, e con esso una
altrettanto profonda evoluzione di costumi e di ideali. Nella Disputatio
de vera philosophia premessa alla Grammatica di Alcuino, è a magistri di
questa levatura che i due adolescenti desiderosi di apprendere — nei loro
nomi, Franco e Saxo, è simboleggiata l’intera estensione dell’impero di Car-
lomagno — rivolgono pressanti quanto reiterati inviti: da dexteram, magis-
ter, et nos ab humo imperitiae eleva, et in g r a d u s s o p h i a e nos tecum
constitue, in quibus te ex morum dignitate, ex verborum veritate saepius
consistere agnovimus [...] duc etiam, duc et tandem aliquando de nidulo
ignaviae in ramos tibi a Deo datae sapentiae compone, unde aliquod veritatis
lumen cernere valeamus (PL 101, 853).
All’età di Alcuino mi sembra ricondurre anche — nel componimento VI,
2 — l’immaginosa analisi dei rapporti che si istituiscono fra le partes oratio-
nis: in effetti, le due partes più rilevanti, il nomen e il verbum, sono fanta-

cra. Da notare anche il sapore virgiliano di alcune clausole, come II, 6 dirige gressus (cf. Aen.
5, 162).
47 Anche la peculiare denominazione editio prima per l’Ars minor, editio secunda per l’Ars

maior è tipica dei manoscritti di VIII-IX secolo.

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UN DONATO AUCTUS NEL VAT. LAT. 2753 421

siosamente presentate come una coppia di fratelli di elevato lignaggio: due


nobili principes, sicuramente destinati a restare impressi nell’immagina-
zione degli allievi. Nel Liber in partibus Donati di Smaragdo di Saint-Mihiel
— caratterizzato da prologhi poetici che fungono da introduzione a ciascu-
na delle parti del discorso — la distribuzione dei ruoli fra le partes orationis
assume piuttosto il sapore di una precisa gerarchia: il verbum è definito
come un dominus dalle insegne regali, l’adverbium come un supplex as-
secula, se non addirittura come famula docta tergere pedes (CC cont. med.
68, p. 174). Ma il primo a mettere a frutto questa pittoresca metafora era
stato un auctor cui spesso attingono gli artigrafi carolingi, l’enigmatico e
imprevedibile Virgilio grammatico: verbum simile esse debet regi, cuius ani-
mi status multi et diversi sunt: non enim in sedatu et bello uno modo regnat
neque in gaudio et tristitia, aliquoties enim rigidum esse, aliquoties mitem,
modo fortitudinem regiae potestatis ostendere, modo clementiam et infirmam
quodammodo proferre lenitatem ... (Epist. III 2, p. 232, 68-74 Polara); sicut
usque ad regis sententiam auctoritatemque nulla populus pope uti potest [...]
ita etiam universae orationis partes, licet numerosae sint et clarae, nisi tamen
verbum adfuerit, infirmantur et nullificantur (Epist. III 2, p. 234, 104-109);
hac ergo ratione pronomen a nomine secernere noluerunt, sicut nec socios
a rege (Epit. VI 1, p. 68, 15-16); adverbium verbi quasi ex obliquo famulum
est (Epit. IX 1, p. 112, 5-6). Nella imagerie gerarchico-militare di Virgilio
grammatico, nomen e verbum sono veri monarchi, potenti e aggressivi: nel
nostro anonimo, il verbo afferma invece di voler dividere pacificamente
il suo potere caro cum Nomine fratre (VI, 2). Potrebbe essere suggestivo
ipotizzare che proprio le tormentate vicende dinastiche della dinastia ca-
rolingia abbiano suggerito all’anonimo grammaticus, a suggello delle sue
inserzioni poetiche, questa singolare immagine di serena concordia.
È proprio fra VIII e IX secolo, infine, che Donato si avvia ad assumere i
connotati del sommo erudito che sovrintende all’intero sistema linguistico
latino: la sua figura di docente — fondamentale per una corretta e univoca
interpretazione delle sacre scritture, il ‘Libro’ per eccellenza — si carica
così di valenze sacrali e salvifiche al contempo. Anche nel nostro testo
appare estremamente rilevante la completa ‘cristianizzazione’ di Donato48,
che grazie al fondamentale valore del suo insegnamento merita di essere
consacrato praeceptor di Gerolamo: dogmate factus / Hieronimi sancti pra-
eceptor, lege paganus. Proprio come i santi dei racconti agiografici, anche
il pagano magister Donatus può dunque aspirare a mostrare i ‘dolci frutti’
dell’insegnamento grammaticale attraverso l’esempio stesso della sua vita:
quae Donatus ego demostro vitae sophia.

48 Ne ho trattato nel mio Custos latini sermonis, già citato supra (n. 14), pp. 15-18.

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ANNA MARIA NIEDDU

GIOVANNI BATTISTA DE ROSSI E LE ANTICHITÀ


CRISTIANE DELL’AFRICA: NOTE PRELIMINARI
ALL’EDIZIONE DEI CODICI VAT. LAT. 10534-10538*

Fin dalle fasi di progettazione, il Corpus Inscriptionum Latinarum vide


pienamente coinvolto, come è noto, Giovanni Battista de Rossi (1822-
1894), che già nel 1853 l’Accademia delle Scienze di Berlino aveva desi-
gnato alla direzione dell’opera accanto a Theodor Mommsen e a Wilhelm
Henzen1. Nelle intenzioni di Mommsen, de Rossi avrebbe dovuto occu-
parsi, in particolare, oltre che della cura, insieme ad Henzen, del volume
relativo alle iscrizioni di Roma2 e dello spoglio sistematico dei manoscritti

* Devo la possibilità di condurre questo lavoro alla generosità del Dott. Marco Buonoco-
re, che ha individuato fra le carte di de Rossi questi cinque codici “africani” e li ha messi a
completa disposizione del Prof. Attilio Mastino, che me ne ha affidato lo studio, condotto
nell’ambito di un assegno di ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Sassa-
ri. Ad entrambi vada il mio più sincero ringraziamento: in innumerevoli circostanze mi sono
potuta avvalere dei suggerimenti da “africanista” del Prof. Mastino e della profonda compe-
tenza del Dott. Buonocore, che mi ha guidata in un terreno per me non sempre agevole, inco-
raggiando in ogni modo e seguendo la realizzazione di questo contributo. Ringrazio inoltre il
collega François Michel per aver riletto e corretto le trascrizioni delle lettere in francese.
1 Per il profilo di de Rossi si veda in sintesi N. PARISE, De Rossi, Giovanni Battista, in Di-
zionario Biografico degli Italiani 39 (1991), pp. 201-204. Le tappe del suo coinvolgimento nel-
l’impresa del Corpus (per cui v. anche CIL I, p. 1 e P. M. BAUMGARTEN, Giovanni Battista de
Rossi fondatore della Scienza di Archeologia Cristiana. Versione dalla lingua tedesca per Giusep-
pe Bonavenia, Roma 1892, pp. 65-66), per volontà specialmente di Mommsen, sono ripercor-
se, soprattutto sulla base del carteggio con lo studioso tedesco, da M. BUONOCORE, Theodor
Mommsen e gli studi sul mondo antico. Dalle sue lettere conservate nella Biblioteca Apostolica
Vaticana, Napoli 2003 (Università di Roma «La Sapienza». Pubblicazioni dell’Istituto di Di-
ritto Romano e dei Diritti dell’Oriente Mediterraneo, 79), in particolare pp. 8-10, 105-107
(lettera n. 22), 119-121 (lettera n. 31). La lettera d’invito “ufficiale” firmata dai segretari della
Regia Accademia di Berlino Aug(ust) Boeckh e Adolph Trendelenburg, datata 22 gennaio
1854, con la risposta del de Rossi, venne edita nell’Albo dei sottoscrittori per la medaglia d’oro:
in onore del commendatore Gio. Batt. de Rossi e relazione della solennità nel presentarla in La-
terano il dì XI Decembre MDCCCLXXXII, Roma 1882, pp. 78-81.
Nel corso del lavoro si farà uso delle seguenti sigle: CLE (= F. BÜCHELER, A. RIESE,
E. LOMMATZSCH, Carmina Latina Epigraphica, Leipzig 1895-1925); ILAlg (= S. GSELL, Inscrip-
tions latines de l’Algérie, Paris 1922); ILCV (= E. DIEHL, Inscriptiones Latinae Christianae Vete-
res, Berlin 1927).
2 Si tratta del volume VI del CIL: Inscriptiones urbis Romae Latinae, I, Collegerunt G.

HENZEN ET I. B. DE ROSSI, Berolini 1876.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 423-455.

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424 ANNA MARIA NIEDDU

delle biblioteche romane referenti testi epigrafici, anche della supervisione


sulle iscrizioni cristiane di tutte le province3. A motivo di questo preciso
incarico egli divenne, dunque, obbligato punto di riferimento per quanti
andavano collaborando alla raccolta delle iscrizioni per il CIL, come docu-
mentano, soprattutto, le lettere di vari corrispondenti stranieri conservate
nel suo epistolario (codici Vat. lat. 14238-14295), nelle quali spesso veniva
data notizia del ritrovamento di iscrizioni4. I dati raccolti attraverso le se-
gnalazioni — dati dei quali non di rado de Rossi dava pronta notizia nel
suo Bullettino5 — furono particolarmente abbondanti in relazione alle an-

3«Le cristiane delle altre parti dell’impero non ponno staccarsi dalle loro province…. Ma
ben volentieri a Lei si darà la revisione e la redazione di tutte queste iscrizioni …»: così
Mommsen in una lettera a de Rossi del 6 agosto 1853: cfr. BUONOCORE, Theodor Mommsen
cit., pp. 105-107 (n. 22). Si veda inoltre M. BUONOCORE, Giovanni Battista de Rossi e l’Istituto
Archeologico Germanico di Roma (Codici Vaticani Latini 14238-14295), in Mitteilungen des
Deutschen archäologischen Instituts, Römische Abteilung 103 (1996), pp. 304-305.
4 Ancora B UONOCORE , Giovanni Battista de Rossi cit. pp. 295-312 (con ampia bibliografia

in proposito); ID., Theodor Mommsen cit., pp. 8-10. Le potenzialità dell’epistolario di de Rossi
ai fini degli approfondimenti scientifici sui più svariati argomenti di antichistica sono state
più volte fruttuosamente saggiate negli ultimi anni: oltre ai due studi citati in apertura di
nota, si rimanda a M. BUONOCORE, Miscellanea epigrafica e Codicibus Bibliothecae Vaticanae.
VIII, in Epigraphica 55 (1993), pp. 162-164; P. SAINT-ROCH, Correspondance de Giovanni Bat-
tista de Rossi et de Louis Duchesne (1873-1894), Rome 1995 (Collection de l’École Française
de Rome, 205); M. BUONOCORE, Le lettere di A. Noël des Vergers a G. B. de Rossi nei codici
della Biblioteca apostolica Vaticana, in Adolphe Noël des Vergers (1804-1867). Un classicista
eclettico e la sua dimora a Rimini, Rimini 1996, pp. 401-416; L. CALVELLI, Il carteggio Giovan-
ni Battista de Rossi-Giuseppe Valentinelli (1853-1872), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae
Vaticanae 14 (2007), pp. 127-213; M. BUONOCORE, Le lettere di Hermann Dessau conservate
nella Biblioteca Apostolica Vaticana, in Hermann Dessau (1856-1931). Zum 150. Geburstag des
Berliner Althistorikers und Epigraphikers. Beitrage eines Kolloquiums und wissenschaftliche
Korrespondenz des Jubilars, herausgegeben von M. G. SCHMIDT, Berlin – New York 2009, pp.
125-143.
5 Cfr. ad esempio G. B. DE ROSSI, Vienna di Francia. Iscrizioni cristiane, in Bullettino di

Archeologia Cristiana (d’ora in poi: BAC) 1 (1863), pp. 47-48 (iscrizione da Civaux comunica-
tagli dall’abate Martigny: il testo è CIL XIII, 1161); ID., Comares (Spagna) – Iscrizione metrica,
in BAC 1 (1863), p. 88 (iscrizione spagnola comunicatagli da M. de Berlanga e A. Hübner; per
il testo v. A. HÜBNER, Inscriptiones Hispaniae Christianae, Berolini 1871, n. 214). Sebbene
spesso impedito a soffermarsi sulle scoperte che si andavano facendo in altre regioni dalla
necessità di rendere conto dei ritrovamenti di Roma (a proposito delle antichità cristiane
nella reggenza di Tunisi scriveva ad esempio, in BAC 1 (1863), p. 16: «Ne renderò conto nel
mio bullettino, appena l’abbondanza delle scoperte romane, me ne lascerà il campo»), era
comunque nelle intenzioni “programmatiche” del Bullettino quella di occuparsi anche di mo-
numenti di altre province: cfr. quanto scrive l’autore nella Prefazione, in BAC 1 (1863), p. I e
BAC s. III, 3 (1878), pp. 83-84. Alla sollecitudine nel divulgare notizie relative ai monumenti
di altre regioni sono contenuti cenni in V. SAXER, Zwei christliche Archäologen in Rom: Das
Werk von Giovanni Battista de Rossi und Joseph Wilpert, in Römische Quartalschrift 89 (1994),
part. p. 166; V. FIOCCHI NICOLAI, G. B. de Rossi e le catacombe romane, in Acta XIII Congressus
Internationalis Archaelogiae Christianae, I, Città del Vaticano – Split, 1998 (Studi di antichità

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 425

tichità cristiane dell’Africa, come attesta il materiale conservato fra le sue


carte, accorpato nei codici Vat. lat. 10534-10538. Nei più di 900 fogli che li
compongono, i cinque codici includono, insieme a numerosissime schede
bibliografiche e appunti di vario tipo che de Rossi raccolse nell’arco di
circa trent’anni attraverso lo spoglio delle pubblicazioni inerenti iscrizioni
e monumenti delle province africane, anche un centinaio di biglietti e let-
tere, accompagnate spesso da schizzi, fotografie, apografi, trascrizioni di
testi epigrafici e calchi su carta velina, inviategli da diversi corrispondenti,
per lo più religiosi francesi che esigenze pastorali avevano portato a risie-
dere in Tunisia o, soprattutto, in Algeria dopo l’istituzione della colonia.
Se le notizie così raccolte egli rese note e commentò spesso nel Bullettino
di Archeologia Cristiana6, questo materiale si rivelò quanto mai prezioso
quando si procedette alla redazione degli Additamenta all’VIII volume del

cristiana, 54), pp. 210-211 (con la menzione del lusinghiero giudizio di TH. MOMMSEN, Reden
und Aufsätze, Berlin 1905, p. 464: «... auf diese Weise hat die in Rom aufgehende Sonne der
christlichen Archäologie ihr Licht über den gesamten Orbis Romanus ausgegossen»). Piutto-
sto ingeneroso, anche alla luce di quanto si andrà esponendo in questo studio, appare dunque
il giudizio di F. W. Deichmann, che sottolineava di de Rossi il taglio prettamente “romano-
centrico” (F. W. DEICHMANN, Archeologia Cristiana, Roma 1993, p. 33).
6 Si fornisce di seguito l’elenco dei contributi relativi a monumenti e iscrizioni africane

pubblicati da de Rossi nel Bullettino (per brevità, dopo il titolo del contributo,viene omessa
la sigla BAC): Dei sepolcreti cristiani non sotterranei durante l’età delle persecuzioni (2, 1864,
pp. 28-29); Lampadario di bronzo trovato in Africa della forma d’una basilica (4, 1866, p. 16);
Secchia di piombo trovata nella Reggenza di Tunisi (5, 1867, pp. 77-86); Scoperte di insigni
storiche epigrafi di martiri di Milevi (Milah), di Sitifi (Sétif) e di luogo incerto tra Kalama (Ghel-
ma) e Cirta (Constantine) (s. II, 6, 1875, pp. 162-174); Notizie più precise intorno all’insigne
epigrafe sui martiri di Milevi sotto il preside Floro (s. III, 1, 1876, pp. 59-63); Memorie degli
Apostoli Pietro e Paolo e di ignoti martiri in Africa (s. III, 2, 1877, pp. 97-107); Nuove scoperte
africane (s. III, 3, 1878, pp. 7-36); Notizie-Aïn-Sultan, presso Mediana Zabuinorum nell’Africa.
Arco d’un ciborio (s. III, 3, 1878, pp. 115-117); Notizie-Africa. Iscrizioni di basiliche e oratorii
cristiani (s. III, 4, 1879, pp. 161-164); Vaso fittile con simboli ed epigrafe abecedaria trovato in
Cartagine presso un battistero (s. III, 6, 1881, pp. 125-146); Area cimiteriale con portici ed an-
nessa basilica scoperta in Cartagine (s. IV, 3, pp. 44-54); Pisside eburnea Cartaginese sulla
quale è effigiato Gesù Cristo distribuente i pani moltiplicati (s. V, 2, 1891, pp. 47-54); Arco
marmoreo di tabernacolo rinvenuto nella Mauritania adorno dell’immagine di Daniele fra i leo-
ni e di altri simboli cristiani (s. V, 2, 1891, pp. 67-72); Iscrizione di Guelma (Calama) in Africa
(s. V, 4, 1894, pp. 39-40); Basilica ed insigni iscrizioni in musaico scoperte in Tipasa di Mauri-
tania (s. V, 4, 1894, pp. 90-94). Numerosi, e di non poco interesse, sono anche i riferimenti
contenuti nei resoconti delle Conferenze di archeologia cristiana, editi nello stesso Bullettino,
dove de Rossi dà conto dei più svariati ritrovamenti africani: in BAC s. V, 2 (1891), pp. 9, 17-
18, si presentano ad esempio un pesce in terracotta e una lucerna donategli da uno dei suoi
corrispondenti in Africa (il vescovo Robert; la lucerna venne donata da de Rossi al Museo
Sacro della Biblioteca Vaticana, dove attualmente si trova); alle pp. 24-25 si illustra, ancora,
la scoperta dell’iscrizione menzionante la martire Salsa a Tipasa. Fra gli studi inerenti ogget-
ti africani si ricordi inoltre DE ROSSI, La capsella argentea Africana, offerta al sommo pontefice
Leone XIII dall’em.o Sig. Card. Lavigerie arcivescovo di Cartagine. Memoria del Comm. Gio.
Batt. de Rossi, Roma 1889.

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CIL7, in quanto diede modo di integrare o correggere letture precedenti e,


soprattutto, di arricchire di nuovi testi la raccolta8. L’apporto di de Rossi al
volume delle iscrizioni africane dovette peraltro essere ben più significati-
vo di quanto traspare dai pur numerosi riferimenti contenuti nell’apparato
critico che accompagna i testi degli Additamenta al CIL VIII; dopo la morte
di Gustav Wilmanns (1845-1878)9, il giovane allievo di Mommsen che per
incarico dell’Accademia delle Scienze di Berlino aveva intrapreso, fin dal
1872, la raccolta delle iscrizioni dell’Africa, Mommsen stesso si assunse
l’onere di completare l’opera con l’aiuto di Hermann Dessau (1856-1931),
quem inter discipulos Wilmannsius ipse singulariter dilexerat10, ma confidò
grandemente anche nella collaborazione di de Rossi, affinché il volume,
dopo una gestazione in tanti modi travagliata11, potesse vedere la luce.
L’apprensione legata alla pubblicazione del “povero volume orfanello” e
7 CIL VIII, pp. 921-983.
8 Ad esempio, CIL VIII, pp. 926, 927, 929-930, 948, 970-975; cenni alle letture proposte
da de Rossi si trovano, naturalmente, anche nella parte del volume che precede gli Addita-
menta: cfr. ad esempio CIL VIII, 6700, 8630; 9271 (supplevit Rossius egregie).
9 Cfr. C. BARDT, Wilmanns, Gustav, in Allgemeine Deutsche Biographie 43, Leipzig 1898,
pp. 304-306.
10 Le tappe della costruzione del volume sono sinteticamente delineate, insieme al ricor-
do di Wilmanns, dallo stesso Mommsen nella Praefatio dell’opera (CIL VIII, p. V, dove fra
l’altro ricorda, con parole di profonda commozione, l’eredità che gli è toccata in sorte: «Infe-
licis iuvenis tristem hereditatem ego senex adii curavique, ne cum ipso labores eius perirent.»),
base per lo studio di J. IRMSCHER, Genesi del CIL VIII: Inscriptiones Africae Latinae, in L’Afri-
ca romana. Atti del IV convegno di studio, Sassari, 12-14 dicembre 1986, a cura di A. MASTINO,
Ozieri 1987, pp. 323-328; si veda anche BUONOCORE, Theodor Mommsen cit., pp. 157-158,
nota 455, e pp. 182-183, nota 550. Il riferimento alla collaborazione di Dessau nella revisione
della raccolta africana lo si ritrova anche in una lettera di Mommsen a de Rossi: ibid.., pp.
165-166 (lettera n. 76).
11 In CIL VIII, p. XXXI, ritornando su Wilmanns nell’Auctorum recensus, Mommsen ren-
de conto delle difficoltà incontrate dal giovane studioso durante i viaggi compiuti in Africa
tra il 1873 e il 1876, «colluctatus non solum cum incepti vastitate unius viri viribus vix exupe-
rabilis caelique inclementia, sed etiam cum hominum animis infestis non Arabum, sed Gallo-
rum». In tutto il brano, dove viene denunciata l’ostilità con la quale Wilmanns fu accolto in
particolare a Cartagine, a Tébessa e a Timgad, si intravedono le ripercussioni che sull’attività
scientifica dei tedeschi in Africa ebbe la situazione politica venutasi a creare in seguito so-
prattutto alla guerra franco-prussiana (1870-1871). A tale situazione Mommsen allude anche
in una lettera scritta a de Rossi nel novembre del 1880: «Penso al povero Wilmanns, non
perché credo che l’Africa l’abbia ammazzato; ma so quanto ha dovuto subire. Vestigia terrent»
(v. BUONOCORE, Theodor Mommsen cit., pp. 182-183, lettera n. 87). D’altra parte, i primi osta-
coli, latamente originati dalla tesa situazione internazionale dell’epoca, si presentarono a
Wilmanns, al tempo già professore a Strasburgo, durante le fasi preparatorie del suo viaggio
in Africa, quando chiese il supporto degli epigrafisti francesi in origine coinvolti nella reda-
zione del CIL VIII: questo complesso frangente, che vede intrecciarsi ragioni scientifiche e
politiche, è ripercorso da È. GRAN-AYMERICH, Theodor Mommsen (1817-1903) et ses corre-
spondants français: La «fabrique» internationale de la science, in Journal des Savants (Janvier-
Juin 2007), in particolare pp. 196-200; da ultimo, si rimanda inoltre a È. GRAN-AYMERICH,

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 427

la fiducia riposta in de Rossi per la buona riuscita dell’impresa più volte


ritornano nelle lettere inviate da Mommsen al collega romano negli anni
1878-1880, dove allo sconforto determinato dalla morte di Wilmanns si
alterna l’ottimismo derivante dal generoso aiuto di de Rossi, verso il quale
più volte lo studioso tedesco si esprime con parole di sincera gratitudine12.
Se già i riferimenti contenuti nelle lettere di Mommsen, così come i con-
tributi sui temi africani pubblicati da de Rossi e le annotazioni nelle pagine
del CIL VIII testimoniano, dunque, l’ampia conoscenza che egli acquisì
intorno alle antichità cristiane dell’Africa, sono gli appunti conservati fra
le sue carte che, più di tutti, permettono di apprezzare quale lungo e co-
stante lavorio lo impegnò nella raccolta dei dati sull’Africa cristiana, quale
fosse la rete di contatti che gli assicurò la possibilità di avere informazioni
di prima mano sui monumenti che allora si andavano mettendo in luce in
diverse località e quanto importante fu il suo ruolo nell’ispirare la ricerca
sulle manifestazioni materiali del cristianesimo nell’Africa antica. E se in
una lettera degli inizi del 1880, quando più fervida era la fase di revisione
del CIL VIII in vista della stampa, Mommsen aveva «l’impudenza» — così
egli si espime — di chiedere a de Rossi di «esaminare ad una ad una tutte
le vostre carte africane, e mettere sulle giunte del vol<ume> VIII ciò che
non vi si trova»13, ancora oggi il vaglio di questo materiale, che egli con-
tinuò a raccogliere fino a poco prima della sua morte, può arricchire di
dati interessanti la conoscenza di alcuni contesti e monumenti (e non solo
delle iscrizioni) del nord Africa, come anche dimostrano studi che si sono
avvalsi di questi appunti in anni abbastanza recenti14.

In via preliminare all’edizione completa del materiale, dove sarà possi-


bile reperire gli esatti riferimenti alle località, ai monumenti, alle iscrizioni

J. VON UNGERN-STERNBERG, L’Antiquité partagée. Correspondances franco-allemandes (1823-


1861), Paris 2012 (Mémoires de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, 47).
12 Per tutti i riferimenti si veda ancora BUONOCORE, Theodor Mommsen cit., pp. 9, 157-

166, 172-173, 178-186 (lettere 73, 74, 76, 82, 84-89).


13 BUONOCORE, Theodor Mommsen cit., p. 173 (lettera n. 82).
14 Al dossier degli scavi eseguiti nel 1876 dal vescovo di Algeri Charles Lavigerie nella

necropoli occidentale di Caesarea, l’odierna Cherchel (dossier trasmesso dallo stesso Lavige-
rie a de Rossi e conservato in Vat. lat. 10537, ff. 2r-25v: v. anche infra, nota 25) attinge ampia-
mente PH. LEVEAU, Fouilles anciennes sur les nécropoles antiques de Cherchel, in Antiquités
Africaines 12 (1978), pp. 89-95. Alcuni appunti del parroco di Tébessa Henri Delapard (con-
servati in Vat. lat. 10536, ff. 125r-133r) sono citati, a proposito della “cappella vandala” di
Ammaedara (odierna Haïdra), da N. DUVAL, F. PRÉVOT, Recherches archéologiques à Haïdra. I:
Les inscriptions chrétiennes, Rome 1975, pp. 245-246, 2521-252, 275. I “papier de Rossi”, sen-
za indicazione della segnatura, sono più volte citati da Y. DUVAL, Loca Sanctorum Africae. Le
culte des martyrs en Afrique du IVe au VIIe siècle, I, Rome 1982 (Collection de l’École Française
de Rome, 58), pp. 146, 151-152, 164-165, 188, 209, 211, 248, 448.

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428 ANNA MARIA NIEDDU

e, lato sensu, a tutti gli argomenti di cui si tratta in queste carte, e dove si
renderà conto nel dettaglio delle numerose lettere sparse all’interno dei co-
dici, pare qui utile metterne in luce alcuni aspetti e dare intanto una prima
illustrazione di quanto questi contengono partendo, in primo luogo, dalla
rassegna degli argomenti indicati, in ogni codice, dal titolo scritto nel fo-
glio che apre ciascuna delle sezioni (più o meno ampie) in cui il materiale
venne suddiviso dallo stesso de Rossi15:
Vat. lat. 10534 – Sul dorso della copertina: Iscrizioni cristiane Africane.
Basilica di S. Salsa (ff. 1r-2r); Musaico di Setif (ff. 3r-4v); Iscrizioni di
Guetna (Oran) (ff. 5r-10r); Iscrizioni di Altava (ff. 10bisr-21v); Iscrizioni in
musaico di Tabarca (ff. 22r-24r); Schede piccole di iscrizioni africane (ff. 5r-
35r); Codice Sessoriano contenente un carme di S. Agostino sul martire S.
Nabore (ff. 37r-39v); Mosaici africani con figure e nomi di cavalli (ff. 40r-
44v); Mattoni con ornati e lettere a rilievo trovati presso l’antica Cillium
(Africa) (ff. 45r-48v); Basilica della martire S. Degna (scoperta a Philippeville
l’antica Rusicade) (ff. 49r-56v); Necropoli di Sfax (ff. 57r-61v); Iscrizioni
africane di località diverse (ff. 62r-139r).
Vat. lat. 10535 – Sul dorso della copertina: Iscrizioni Africane.
Basilica di Damus el-karita presso Cartagine (ff. 1r-5v); il codice contiene
per il resto numerosi estratti di riviste contenenti articoli di Delattre sugli
scavi di Cartagine (ff. 6r-284v).
Vat. lat. 10536 – Sul dorso della copertina: Iscrizioni dell’Africa.
Iscrizioni delle provincie dell’Africa proconsolare (ff. 1r-41v); Iscrizioni
della Numidia (ff. 42r-123r); Iscrizioni della provincia Bizacena (ff. 124r-
135v); Iscrizioni Libico-Berbere (136r-163r); Iscrizioni servite per la disser-
tazione “De titulis Carthaginiensibus” (ff. 164r-186v).
Vat. lat. 10537 – Sul dorso della copertina: Iscrizioni della Mauritania.
Mauritania Caesariensis (f. 1r); Area di Evelpio in Cesarea di Mauritania
(ff. 2r-46r); Iscrizioni della Mauritania Sitifensis (ff. 47r-72v); Altre basiliche
cristiane dell’Africa (eccettuata quella di Tebessa) ed altri edifici africani (ff.
73r-88bisv); Iscrizioni pagane e geografiche dell’Africa (ff. 89r-104v).
Vat. lat. 10538 – Sul dorso della copertina: Iscrizioni africane.
Iscrizioni di diverse località africane (ed appunti diversi) (ff. 1r-85r); Iscri-
zioni di Maktar (ff. 85r-92r); Iscrizioni di Aïn-Kebira (ff. 93r-96r); Schede in-

15
Una prima descrizione del materiale si ha in M. VATTASSO – H. CARUSI, Biblioteca Apo-
stolica Vaticana. Codices Vaticani Latini. Codices 10301-10700, Città del Vaticano 1920, pp.
282-285; pare opportuno riproporla in questa sede con rettifiche in merito all’indicazione di
alcune località e alla numerazione di alcuni fogli, mentre si rimanda infra, pp. 431-449 per
notizie intorno alle lettere che i diversi codici contengono.

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 429

torno ai sacerdozi provinciali ed alle assemblee provinciali (ff. 97r-106v); Ba-


silica di Tebessa (ff. 108r-121v); Iscrizioni di Altava (Mauritania Caesarien-
se) (ff. 122r-128r); Iscrizioni di Souama (Provincia di Oran) (ff. 129r-131v);
Iscrizione del martire punico Miggine scoperta in Numidia (ff. 132r-133r);
Iscrizione del martire Calendione trovata a Okkous a circa 20 chilometri da
Tebessa (ff. 134r-136r); Iscrizione del martire giureconsulto (ff. 137r-143v);
Iscrizione dei martiri Rogati e compagni trovata a Medioune (Dahra) (ff.
144r-147r); Sarcofagi cristiani dell’Africa (ff. 148r-151v); Fotografie di piccoli
monumenti di varie località ed appunti sulle lucerne africane (ff. 152r-171v);
Corrispondenze e relazioni intorno agli scavi di Cartagine (ff. 173r-191r).

Sui vari argomenti, ciascuna sezione accorpa, come si è prima accen-


nato, sia schede e appunti di mano di de Rossi tratti da pubblicazioni a
stampa, che diverso materiale inviatogli da quanti, in vario modo e a va-
rio titolo, si andavano interessando alle antichità cristiane dell’Africa: ol-
tre che alcuni opuscoli ed estratti riguardanti rinvenimenti di iscrizioni
o monumenti16, all’archeologo romano furono indirizzate dai suoi corri-

16 In particolare, il Vat. lat. 10535 è costituito quasi interamente da estratti di Louis De-
lattre (v. infra, pp. 445-447), relativi alle indagini effettuate a Cartagine fra il 1878 e il 1889,
tratti da riviste quali Bulletin des Antiquités africaines; Bibliothèque illustrée des Missions ca-
tholiques; Recueil des Notices et Mémoires de la Société archéologique de Constantine; Cosmos-
Revue des Sciences et de leurs applications; Le missioni cattoliche-Bullettino settimanale illus-
trato dell’opera La propagazione della fede; Les missions catholiques-Bulletin hebdomadaire
illustré de l’œuvre de la Propagation de la foi. Estratti, opuscoli e fascicoletti a stampa (in
qualche caso pubblicazioni strettamente locali e non specialistiche) si ritrovano sparsi anche
negli altri codici; la rassegna che qui sinteticamente se ne propone contribuisce ad arricchire
il quadro dei variegati (e a volte impensabili) canali di informazione dei quali de Rossi poté
giovarsi per la raccolta, quanto mai capillare, dei dati sulle antichità africane. In Vat. lat.
10536, ff. 77bisr-77terv: settimanale Journal de Bone del 24 dicembre 1878, dove si tratta
dell’iscrizione CIL VIII, 10701 (= CIL VIII, 17617 = ILCV 1978); ff. 147r-158v: mensile Journal
scolaire de l’Algérie del 15 dicembre 1873, con il resoconto di una delle sedute della Société
archéologique de Constantine; ff. 180r-186v: opuscoletto di E. DE L’HERVILLIERS, Étude sur
quelques inscriptions chrétiennes carthaginoises, da Annales de philosophie chrétienne, s. V, t.
VIII, n. 43 (1963), pp. 44-57 (con dedica autografa: «hommage respecteux / Edmond de l’Her-
villiers»). In Vat. lat. 10538, ff. 18r-25v: parte della rivista Cosmos-Revue des Sciences et de
leurs applications (17 aprile 1888), con un articolo di Delattre sulle tombe ipogee della necro-
poli di Gamart a Cartagine; ff. 113r-119v: estratto di M. DE LAURIER, Notice sur la Basilique de
Tébessa (Algérie), da Congrès Archéologique de France, XL session. Séances générales tenues à
Châteauroux en 1873 par la Société française d’Archéologie, Paris 1874, pp. 344-355; ff. 162r-
172v: opuscolo di H. DE VILLEFOSSE, Lampes chrétiennes inédites. Extrait du Musée archéolo-
gique, Paris 1875; ff. 192r-204v: estratto dal Bulletin de la Société des Antiquaires de France
(1880) con diverse comunicazioni di H. de Villefosse su varie iscrizioni; ff. 205r-244v due
numeri del Bulletin des Musées del 1890; l’ultima parte di questo codice è costituita dalla
pubblicazione di A. BERBRUGGER, Bibliothèque-Musée d’Alger – Livret explicatif des collections
diverses de ces deux établissements, Alger 1860 (f. 245; le pagine dell’opuscolo hanno una nu-
merazione propria), donata dallo stesso autore a de Rossi, come si legge nella pagina che

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spondenti “africanisti” soprattutto numerose lettere e biglietti, che rappre-


sentano indubbiamente l’aspetto di maggior interesse di quanto raccolto
in questi codici, dal momento che vi si registrano, come in una sorta di
giornale di scavo scritto a più mani, numerosissime notizie intorno alle
principali scoperte di monumenti cristiani effettuate in diversi centri del
Maghreb nella seconda metà dell’Ottocento.
Si tratta di più di 80 lettere e stralci di lettere da lui ricevute fra il 1865
e il 1894 e divise, all’interno dei diversi codici, non in ordine cronologico
ma grosso modo “per argomento”, trovandosi ciascuna di norma inserita
— ma comunque con diverse eccezioni — nella sezione corrispondente
al tema di cui si occupa. A queste lettere erano spesso allegati, in origine,
calchi di iscrizioni, fotografie, biglietti con appunti vari, spesso anche con
apografi e schizzi di oggetti o di monumenti, che non sempre all’interno
dei codici sono stati sistemati, per ragioni spesso difficili da definire, in-
sieme alle stesse lettere; in alcuni casi questo materiale è stato “stralciato”
anche da lettere non presenti in questi codici ma confluite in quelli (Vat.
lat. 14238-14295) deputati in maniera specifica a raccogliere il carteggio di
de Rossi17 e alle quali è quasi sempre possibile risalire grazie alle annota-
zioni con nome del mittente e data apposte dallo stesso de Rossi su questo
materiale “allegato”.
Se la scelta, fatta già dallo studioso romano, di estrapolare questa parte
della corrispondenza (sia intere lettere che i soli “allegati”) dal resto del
carteggio si lega, evidentemente, alla volontà di tenere insieme quanto più
possibile il materiale contenente notizie sulle antichità dell’Africa, è tut-
tavia certo, come si vedrà anche meglio in seguito, che numerose lettere
di argomento “africano” si ritrovano anche nei Vat. lat. 14238-14295, che
andranno dunque vagliati attentamente per raccogliere nella maniera più
completa possibile il gettito di informazioni trasmesse a de Rossi su mo-
numenti e iscrizioni africane.

Sebbene il primo nucleo di dati raccolti nei nostri codici risalga almeno
all’epoca della pubblicazione del De christianis titulis Carthaginiensibus,
del 185818, è solo diversi anni dopo, quando comincia a entrare nel vivo
il progetto di realizzazione dell’VIII volume del CIL, che de Rossi comin-

precede il frontespizio: «Hommage à de Rossi / A. Berbrugger / L’auteur regrette que le temps


lui manque pour corriger les fautes typographiques qui se trouvent dans ce livre. Alger 27
juillet 1865».
17 Si vedano ancora i riferimenti citati supra, nota 4.
18 G. B. DE ROSSI, De christianis titulis Carthaginiensibus, in Spicilegium Solesmense 4

(1858), pp. 497-538; su tale raccolta di testi si rimanda anche a CIL VIII, pp. XXVI-XXVII e
L. ENNABLI, Les inscriptions funéraires chrétiennes de Carthage, III: Carthage intra et extra
muros, Rome 1991 (Collection de l’École Française de Rome, 151), pp. 45-46. Gli apografi

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 431

cia ad avvalersi in maniera sistematica delle informazioni trasmessegli da


coloro che, in diverse zone del Maghreb, avevano in qualche modo la pos-
sibilità o l’occasione di compiere ricerche o acquisire dati su monumenti
cristiani.
I primi e più importanti canali di informazione furono, come si è anti-
cipato, alcuni religiosi francesi che, destinati alla guida di importanti dio-
cesi dell’Algeria, affiancarono all’impegno pastorale una fervida attività di
recupero e studio delle antichità cristiane. Fra questi, un posto di primo
piano riveste Charles Martial Allemand Lavigerie (1825-1892)19, che, già
vescovo di Nancy, dopo essere stato nominato, nel 1868, arcivescovo di Al-
geri, e ancora, durante il periodo in cui fu arcivescovo di Cartagine (1884-
1892), ebbe fra le sue preoccupazioni anche quella di valorizzare le origini
cristiane dell’Africa attraverso la ricerca e la salvaguardia delle antichità
del territorio della sua diocesi20. A tal scopo, egli dovette presto mettersi in
contatto con de Rossi, come si evince da una lettera del 1870, della quale
conserviamo la minuta, a lui indirizzata dallo stesso de Rossi in risposta
ad una precedente richiesta fatta dal vescovo circa possibili ricerche da
eseguirsi in Algeria sui monumenti cristiani21:

Pour correspondre aux désirs de Votre Grandeur je m’empresse de Lui sou-


mettre quelques indications sur les monuments chrétiens d’Afrique, qui me
semblent mériter plus promptement que les autres des mesures de conservation et
même des travaux d’excavations et de découvertes.
I. Le centre le plus important {centre} des monuments chrétiens, que je con-
naisse en Afrique, est le cimetière de Julia Caesarea, datant sans aucun doute du

delle iscrizioni commentate in questo primo contributo di de Rossi si trovano in Vat. lat.
10536, ff. 166r-177v.
19 Per l’attività del prelato tracciata da un contemporaneo si rimanda a F. KLEIN, Le Car-

dinal Lavigerie et ses oeuvres d’Afrique, Tours 1897; v. inoltre J.-C. CEILLIER, Histoire des Mis-
sionnaires d’Afrique (Pères Blancs). De la fondation par Mgr Lavigerie à la mort du fondateur
(1868-1892), Paris 2008, in particolare pp. 27-82 per il periodo dell’episcopato algerino.
20 Così si esprime nella prima lettera pastorale scritta dopo la sua nomina ad arcivescovo

di Algeri: «Quelle est, en effet, dans le passé, l’histoire de l’Afrique du Nord? Interrogez les
ruines qui couvrent votre sol. Vous y trouverez les traces superposées de trois grandes races
historiques, les débris des civilisations les plus hautes et les plus diverses; vous y découvrirez
les tombes, les monuments, la mémoire des hommes les plus illustres, les restes épars des
cités les plus fameuses»: Lettre pastorale pour la prise de possession du diocèse d’Alger (5 mai
1867), in Recueil de lettres publiées par Mgr l’Archevêque d’Alger, délégué apostolique du Sahara
et du Soudan sur les Oeuvres et Missions Africaines, Paris 1869, p. 8.
21 Vat. lat. 10537, f. 88bisrv (lettera del 24 marzo 1870, da Roma). Ancorché riportato

parzialmente, il testo di questa e delle altre lettere citate è riprodotto tenendo fede all’origina-
le per quanto attiene la punteggiatura, le maiuscole, le sottolineature; si sono integrate fra
parentesi tonde le abbreviazioni e inserite tra parentesi graffe le cancellature; alcuni piccoli
errori di accentuazione presenti nelle lettere sono stati normalizzati.

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432 ANNA MARIA NIEDDU

temps de persécutions et peut-être {même} remontant aux origines mêmes du


christianisme en Afrique. Les inscriptions les plus charactéristiques de ce cime-
tière portent les numéros 165, 166 dans le livret explicatif des collections diverses
du bibliothèque-musée d’Alger22. Je les ai plus d’une fois citées et illustrées dans
ma Roma Sotterranea23 et dans mon Bullettino d’Arch(eologia) Crist(iana)24. Elles
ont été trouvées par le colon Luc Gérard, dans sa concession, rive droite de l’oued
Rassoul, route de Novi. Ce cimetière avait une cella (c’est à dire un oratoire) bâtie à
l’époque même des persécutions et mentionnée dans une des inscriptions précitées.
Il semble que les vestiges de ce sanctuaire existaient encore il y a quelques années25.
II. La basilique d’Orléansville est la seule, dont il nous reste le plan et le pavé
tout entier de la première époque de la paix donnée à l’église par Constantin26. Une
des inscriptions en mosaïque de / son pavé indique de la manière la plus précise que
ses fondements ont été placés en l’année de la province 280, c’est à dire en 319 de
notre ère27. {Ce sera un grand mérite de Votre Grandeur vis à vis de l’archéologie}.
Votre Grandeur aura les applaudissements de tous les {amateurs de l} archéologues
chrétiens, lorsqu’Elle aura mis au jour et levé de l’oubli ce monument unique des
origines de nos basiliques28.
III. L’inscription en mosaïque ornée du symbole des deux poissons a été trou-
vée, selon la Revue Africaine Sept(embre) 1868 p. 400, non pas dans la basilique
de Tipasa, mais à l’ouest de Ténès à côté {d’un} du champ-de-manœuvres dans une
vigne. Sa date, que M(onsieur) Berbrugger n’a pas su lire, est de l’année de la pro-
vince 318 {c’est à dire} (an 357 de notre ère)29.
J’espère que ces laconiques indications seront suffisantes au noble but, que se
propose Votre Grandeur. Je recevrai toujours {très} avec la plus grande reconnais-
sance les communications que V(otre) Grand(eur) voudra bien me donner sus ses
découvertes archéologiques en Afrique.

22
BERBRUGGER, Bibliothèque-Musée d’Alger cit., nn. 165, 166.
23
G. B. DE ROSSI, La Roma Sotterranea Cristiana, I, Roma 1864, pp. 96-97, 105-106.
24 DE ROSSI, Dei sepolcreti cit., pp. 28-29.
25 Per questo settore della necropoli, il cui assetto è ricostruibile proprio grazie alle infor-

mazioni trasmesse da Lavigerie a de Rossi, si veda LEVEAU, Fouilles anciennes cit., pp. 89-95;
una sintesi anche in PH. LEVEAU, Caesarea de Maurétanie, une ville romaine et ses campagnes,
Rome 1984 (Collection de l’École Française de Rome, 70), pp. 28-29.
26 GSELL, Atlas Archéologique de l’Algérie, Alger-Paris 1911, f. 12, n. 174.
27 Si tratta di CIL VIII, 9708 = ILCV 1821; la citazione della data è qui imprecisa, dal

momento che l’iscrizione reca l’anno della provincia 285 (= 324 d.C.).
28 Messa in luce nel 1843, non risulta che la basilica di Orléansville (odierna Chlef) sia

stata sottoposta ad indagini di alcun tipo ispirate da Lavigerie; la storia delle ricerche e le
vicende monumentali dell’edificio sono ripercorse da J.-P. CAILLET, Le dossier de la basilique
chrétienne de Chlef (anciennement El Asnam, ou Orléansville), in Karthago 21 (1987), pp. 135-
161.
29 A. BERBRUGGER, Inscription latine sur mosaïque près de Ténès, in Revue Africaine 12

(1868), p. 400; l’iscrizione è in CIL VIII, 9693 (e revisione proposta da de Rossi in merito alla
datazione, a p. 975) = ILCV 614.

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 433

È seguendo il suggerimento di de Rossi, dunque, che qualche anno


dopo, nel 1876 e 1877, Charles Lavigerie si farà promotore di alcune inda-
gini a Cherchel (l’antica Caesarea)30, nella necropoli occidentale della città,
dove due importanti iscrizioni — una delle quali recante la dedica di una
memoria funeraria legata a un non meglio noto Evelpius — erano state
recuperate una ventina di anni prima da Adrien Berbrugger, conservatore
del Museo di Algeri31. Di tali indagini Lavigerie informò de Rossi per mez-
zo di cinque circostanziate lettere corredate da disegni, quattro delle quali
scritte da lui stesso e una da M. Fillou, parroco del vicino centro di Novi,
che era stato incaricato dal vescovo di curare i rapporti con il proprietario
dell’area sulla quale si estendeva parte della necropoli32.
Con una di queste lettere (14 agosto 1877), inoltre, a de Rossi veniva an-
che comunicato il testo di due iscrizioni rinvenute durante alcune ricerche
fatte eseguire da Lavigerie nell’area ritenuta essere l’antica Tigava33:

Nous faisons aussi fouiller Tigava, ou au moins ce que nous croyons éte cette
ville. Nous avons dejà découvert plusieurs édifices considérables, parmi lesquels
une basilique, des bains et une autre grande construction dont la destination nous
est encore inconnue, mais qui pourrait bien être une église ou un monastère, car
nous avons trouvé sur le linteau d’une porte cette inscription chrétienne:
HIC PAX XP(ISTI) AETERNA MORETVR34.

30 GSELL, Atlas Archéologique cit., f. 4, n. 16.


31 L’iscrizione di Evelpius corrisponde a CIL VIII, 9585 (e p. 974 per alcuni aggiornamen-
ti esegetici di de Rossi) = CIL VIII, 20958 = CLE 115 = ILCV 1583; per una analisi del pezzo si
rimanda anche a DUVAL, Loca Sanctorum cit., pp. 380-383. L’altra iscrizione è CIL VIII, 9586
(p. 1984) = ILCV 1179. I due manufatti erano ben noti a de Rossi (si vedano i contributi cita-
ti supra, nota 6), dal momento che fra le sue carte si ritrovano i calchi su carta velina esegui-
ti da Adrien Berbrugger nel 1865, e una relazione dello stesso Berbrugger dove si indicano le
circostanze in cui le due lastre erano state recuperate (Vat. lat. 10537, ff. 6r, 7r, 11bisr-11terr).
32 Vat. lat. 10534, ff. 112r-113r e 10537, ff. 12r-25v; la lettera del parroco Fillou è in Vat.

lat. 10537, ff. 9r-10v. De Rossi diede un primo resoconto della scoperta nelle Adunanze di ar-
cheologia cristiana in BAC s. III, 3 (1878), pp. 73-74. Sul materiale conservato da de Rossi si
sono in parte basati gli studi sulle necropoli di Cherchell realizzati negli anni Settanta da Ph.
Leveau, che si è avvalso anche di altri appunti di Lavigerie che si conservano all’arcivescova-
do di Algeri: cfr. PH. LEVEAU, Les Hypogées de la rive gauche de l’Oued Nsare et la nécropole
orientale de Caesarea (Cherchel) d’après des fouilles et des dessins anciens, in Antiquités Afri-
caines 11 (1977), pp. 209-214; ID., Fouilles anciennes cit., pp. 89-108.
33 Vat. lat. 10534, ff. 112r-113r; l’area indagata da Lavigerie è illustrata da E. REISSER, Un

coin de la Maurétanie Césarienne, in Bulletin de la Société de Géographie et d’Archéologie de la


province d’Oran 20 (1898), pp. 207-211. Sulla localizzazione di questo centro cfr. Gsell, Atlas
Archéologique, cit., f. 13, n. 34. Dello stesso Lavigerie si conservano altre quattro lettere, com-
prese fra il 1862 e il 1892, nei Vat. lat. 14238-14295 contenenti il carteggio di de Rossi.
34 CIL VIII, 10947 = CIL VIII, 21498 = CLE 2144 = ILCV 2293; sulla formula contenuta nel

testo, che parrebbe essere una peculiarità esclusivamente africana, si veda da ultimo P. CU-
GUSI, Note su alcuni casi di doppioni epigrafici, in Epigraphica 70 (2008), pp. 248-250.

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434 ANNA MARIA NIEDDU

Nous y avons aussi trouvé plusieurs belles lampes chrétiennes avec la croix,
la colombe etc. / et dans les pièces qu’entourent l’enceinte centrale une quantité
considérable de dolia et d’orcea parfaitement conservés et dans une desquelles,
chose rare, se trouve une longue inscription libyque ou punique que nous n’avons
pas encore fait déchiffrer.
Dans les thermes nous avons aussi trouvé plusieurs mosaïques, dont l’une porte
cette inscription:
Tu modo, Frumenti, domito virtute rebelli respicis ac reparas dumis contecta
lavacra35,
quel est ce frumentice, quels sont ces rebelles, rien ne nous le dit encore. Mais
ce qu’il y a de certain c’est que la ville a été détruite plusieurs fois et, en dernier
lieu, brûlée.

La sollecitudine del vescovo Lavigerie verso le antichità cristiane coin-


volgerà, in questi stessi anni, anche la Société des Missionnaires d’Afrique
(missionari meglio noti come Pères Blancs) da lui fondata nel 186836, alla
quale si lega, come vedremo, l’attività a Cartagine di Antoine Louis De-
lattre, che nel 1878 scriveva a de Rossi:

Le désir de notre père Monseigneur Lavigerie est que les Missionnaires de Car-
thage s’occupent activement de la recherche des antiquités chrétiennes, et c’est moi
qu’il a spécialement chargé de ce travail ...37.

Sulla scia del vescovo di Algeri si pone un altro religioso francese, Jo-
seph-Jean-Louis Robert (1819-1900)38 che, già in contatto con de Rossi
almeno sin dal 185139, divenne, a partire dal momento in cui fu nominato
vescovo di Costantina e Ippona nel 1872, il suo più assiduo informatore in
merito ai monumenti e alle iscrizioni cristiane del territorio della diocesi,
come documentano le circa 25 lettere sparse fra questo materiale africa-
no e le numerose altre — circa 160, che occorrerà esaminare in maniera
sistematica —, confluite nei codici contenenti il carteggio (Vat. lat. 14238-
14295), alle quali è più volte contenuto riferimento in margine a disegni e
appunti di de Rossi estratti da tale corrispondenza40. Come troviamo pro-

35 CIL VIII, 10946 = CIL VIII, 21497 = CLE 28; un commento di questo e di testi analoghi,

da ultimo, in S. BUSCH, Versus balnearum. Die antike Dichtung über Bäder und Baden im
Römischen Reich, Stuttgart, Leipzig 1999, pp. 219-265.
36 Cfr. J. CUSSAC, Un géant de l’Apostolat, le cardinal Lavigerie, Paris 1940.
37 Vat. lat. 10536, f. 12v. Per l’attività di Delattre si veda infra, pp. 445-447.
38 Cenni biografici su questo personaggio in J. H. ALBANÉS, Armorial et sigillographie des

Évêques de Marseille avec des notices historiques sur chacun de ces Prélats, Marseille 1884,
pp.190-192.
39 Cfr. Vat. lat. 14238 (nn. 12, 14).
40 Sull’abbondanza del materiale inviatogli da Robert così scriveva de Rossi (Memorie

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 435

grammaticamente dichiarato nella lettera del 28 luglio 1872 con la quale


Robert dava a de Rossi la notizia della nuova nomina41, egli volle inoltre
quanto più possibile coinvolgere il clero locale nell’attività di ricerca sul
territorio:

... J’ai été nommé récemment à l’évêché de Constantine (Algérie). ... La province
de Constantine est un sol / classique pour l’archéologie. J’ai la confiance que vous
voudrez bien me donner des conseils, pour éveiller dans l’esprit de mon clergé le
goût de l’archéologie chrétienne,

come anche ribadiva qualche anno dopo42:

J’ai la pensée d’adresser une lettre pastorale à mon clergé pour les exciter à
l’étude de l’archéologie. Mon but est de leur donner des conseils pratiques; c’est à
dire, leur indiquer les moyens de prendre les connaissances préliminaires, et puis
/ leur apprendre les procédés pratiques pour lire et relever les inscriptions, distin-
guer les épigraphes païennes des chrétiennes, etc.
Je vous serai bien reconnaissant si dans un moment de loisir vous ayez la bonté
de me fournir des renseignements. Je ne voudrais pas occuper vos moments si
précieux, mais quelques mots indiquant le cadre que j’aurais à suivre, mots que si
vous dicteriez me seraient infiniment utiles.

Tale proposito egli realizzò pienamente, se di frequente nelle lettere


trasmesse allo studioso romano troviamo menzionati, come fonte delle
notizie, i parroci di diversi centri della diocesi: Moregel «curé de Duvivier,
paroisse située sur la route de Bone à Souk-Haras», Delapard «M(onsieur)
le curé de Tébessa (Theveste)», «M(onsieur) le curé de Milah», «le bon curé
de Lambèse».
Fra questi, il più zelante nella ricerca dei monumenti antichi fu indub-
biamente il parroco di Tébessa, Henri Delapard, il cui nome troviamo spes-
so citato in relazione ai monumenti dell’antica Theveste43 e, fra l’altro, alle
ricerche nella “cappella vandala” ad Ammaedara44.

degli Apostoli Pietro e Paolo cit., p. 97): «L’Africa romana ricchissima di monumenti cristiani
e l’indefessa cura e costante cortesia di monsignor Robert vescovo di Costantina nell’inviar-
mene accurate e pronte notizie mi fornirebbero materia quasi sufficiente ad uno speciale
Bullettino tutto africano».
41 Vat. lat. 14251 (n. 274).
42 Vat. lat. 10536, ff. 68r-69v (lettera del 24 gennaio 1876, da Costantina).
43 Es. M. M. ROSTOWSEF, Fragment d’un relief représentant l’intérieur d’un amphithéâtre, in

Mélanges d’archéologie et d’histoire 18 (1898), p. 199. Sul mutato atteggiamento di Delapard


nei confronti del vescovo Robert dopo il suo trasferimento a Marsiglia si veda infra, nota 80.
44 Si veda in particolare N. DUVAL, J. MALLON, Les inscriptions de la «chapelle vandale» à

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436 ANNA MARIA NIEDDU

Solo alcuni mesi dopo il suo trasferimento a Costantina il vescovo Louis


Robert scriveva, in proposito, a de Rossi45:

Dans votre lettre du 4 août vous avez bien voulu me promettre de m’envoyer
quelques instructions propres à nous diriger dans les recherches archéologiques.
Ces instructions nous seraient fort utiles. J’ai trouvé dans mon clergé quelques
prêtres qui s’occuperaient volontiers d’archéologie, mais ils auraient besoin d’être
dirigés.

Dopo aver brevemente illustrato le considerazioni di un altro dei suoi


“referenti di zona” — il parroco di Duvivier — relative all’evoluzione del
segno della croce nelle iscrizioni di quella regione («classement un peu
conjectural»), prosegue:

Travaux de m(onsieur) le curé de Tebessa (Theveste).


-Découverte du tombeau de Palladius46, évêque d’Idicra47, exilé par Hunéric en
484, et que Morcelli, Africa Christiana, t. I, p. 190, dit être mort en chemin48. La
découverte a été faite vers la fin de 1870 dans la basilique de Tebessa.
Dans le cas où vous n’auriez pas le tome 14e de la Société archéologique de
Constantine, je joins ici l’inscription tumulaire49. /
M(onsieur) le curé de Tebessa vient de découvrir aussi près de la basilique une
médaille en cuivre dont je donne le dessin et dont l’empreinte en cire cachète la
présente lettre. Il croit que c’est un sigillum: les lettres s’y trouvent gravées en croix
et à rebours; de plus il existe une cannelure autour du cachet, qui doit servir à le
prendre plus aisément. L’initiale P a porté M(onsieur) le curé à conjecturer que ce
serait peut-être le sceau de Palladius, la forme des lettres pouvant convenir au 5e
siècle (480 à 490).

La necessità di sensibilizzare il clero locale e la solerzia nel riferire a


de Rossi anche le minime informazioni circa i contesti più svariati sono
indubbiamente due preoccupazioni costanti del vescovo di Costantina, che
in un’altra lettera annota50:

Haïdra d’après l’abbé Delapard, in Bulletin de la Société Nationale des Antiquaires de France,
1969, pp. 99-121; DUVAL, PRÉVOT, Recherches archéologiques cit., pp. 243-286.
45 Vat. lat. 10536, ff. 142bisr-142terv (lettera del 1 dicembre 1872, da Costantina).
46 CIL VIII, 2009 (p. 2731) = ILAlg, I, 3420 = ILCV 1100.
47 GSELL, Atlas archéologique cit., f. 17, n. 214; si tratta dell’odierna Ain-Aziz-Ben-Tellis.
48 S. A. MORCELLI, Africa Christiana, I, Brescia 1816, p. 190.
49 Cfr. Rapport sur les fouilles faites à la basilique de Tébessa pendant l’année 1870 par le

commandant Clarinval, in Recueil des Notices et Mémoires de la Société Archéologique de la


province de Constantine 14 (1870), pp. 605-611; le tavole inviate a de Rossi (edite nel contri-
buto ora citato) sono in Vat. lat. 10536, f. 47rv.
50 Vat. lat. 10538, ff. 158bisr-158terv (lettera del 18 febbraio 1873, da Costantina).

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 437

Il y aurait ici des recherches fort intéressantes à faire. Si le clergé était / plus
nombreux et qu’il pût avoir une direction archéologique, nous pourrions arriver à
des résultats sérieux.
M(onsieur) le curé de Tébessa, qui a du reste beaucoup de goût pour cette étude
est très bien placé pour la satisfaire. Outre que le territoire de Tébessa est un des
champs les plus riches, il est en relation avec les Arabes du Sud de la Tunisie, placés
à plus de 60 lieues plus au Sud, et qui viennent fréquenter le marché de Tébessa. Ils
lui ont apporté récemment quelques antiquités chrétiennes recueillies sur les bords
du grand lac du Djérid / le (Lybia Salus des anciens), dans une localité appelée par
les Arabes Taguious (l’oppidum Tigense de Pline).
Ce sont surtout des “lucernes” chrétiennes portant en relief le monogramme du
Christ, le cœur et le poisson.
Ces Arabes prétendent qu’il y en a beaucoup du même genre portant des figures
d’arbres et d’oiseaux (la palme et la colombe?). Ils ont découvert ces objets dans
des tombeaux. Ils prétendent qu’il existe dans cette contrée de longs souterrains
ayant à l’intérieur un revêtement de pierres de taille qui portent des inscriptions.
M(onsieur) le curé de Tébessa les a initiés tant bien que mal au procédé de l’estam-
page, pour obtenir ces inscriptions.

In altri casi Louis Robert inoltra a de Rossi direttamente le lettere e i


disegni a lui inviati da Delapard, relativi a ritrovamenti in varie località
della regione di Tébessa; sebbene le notizie, in particolare quelle relative
ad Ammaedara e al meno noto centro di Aïn-Kemellel, a circa 40 chilometri
da Tébessa51, vengano prontamente rese note nel Bullettino di Archeologia
Cristiana52, l’attento vaglio delle relazioni del Delapard permette ancora
di recuperare alcuni dati, passati sotto silenzio, che possono arricchire la
conoscenza dei monumenti: è il caso, ad esempio, riguardo ai materiali re-
cuperati a Kemellel, nell’area dell’oratorio dal quale provengono le diverse
iscrizioni già edite da de Rossi53, di un elemento architettonico che viene
così descritto:

pierre que j’ai trouvée au fond du rectangle (l’oratoire en question) contre le


mur, en face de la porte d’entrée, à la place habituelle de l’autel. Tout me porte à
croire que c’est là l’ALTARE de l’oratoire; une ouverture carrée a été pratiquée sur
la partie supérieure et a pu être destinée à recevoir des reliques. Au centre, rosace
bien conservée [tav. I]54.

51 Vat. lat. 10534, ff. 124r-126v; 10536, f. 133rv; 10538, f. 135r. Per la localizzazione di

Aïn-Kemellel v. GSELL, Atlas archéologique cit., f. 28, n. 163.


52 Su Ammaedara v. DE ROSSI, Memorie degli Apostoli cit., pp. 101-113 e tav. IX, 2; ID.,

Nuove scoperte africane cit., pp. 25-36 e tav. VI. Su Aïn-Kemellel: ID., Notizie-Africa. Iscrizioni
di basiliche cit., pp. 161-163; ID., Notizie-Numidia. Monumenti architettonici cit., pp. 75-76.
53 CIL VIII, 10713-10715; v. anche i contributi citati alla nota precedente.
54 Vat. lat. 10534, f. 130r.

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438 ANNA MARIA NIEDDU

Tramite Louis Robert a de Rossi fu possibile avere notizie di prima


mano in merito alle ricerche eseguite non solo dai parroci della diocesi, ma
anche da altri indagatori delle antichità del Maghreb, con i quali talvolta lo
stesso studioso romano entrò anche direttamente in contatto.
Più volte il vescovo di Algeri menziona, ad esempio, V. Reboud, medico
militare, «chercheur infatigable» — come lui stesso lo definisce — e capa-
ce di «rendre de grands services à la science archéologique à cause de la
spécialité dans les inscriptions lybico-berbères55». Fra le informazioni da
lui trasmesse a Robert — e da questi “girate” a de Rossi — interessante è,
ad esempio quella, in una lettera del 1875, che dà indicazioni sul contesto
di provenienza di alcuni frammenti di cornice con iscrizione monumen-
tale, letti in una località «inter Biskra et Batna» (verosimilmente Henchir
Fegousia)56, presso un fortino del quale vengono fornite le dimensioni e la
schematica pianta [tav. II]57:

M(onsieur) Reboud m’a remis d’autres fragments d’inscr(iptions) trouvées près


d’un camp retranché romain, qui mesure environ 35 m sur 49, est situé à 150 kilo-
mètres sud de Constantine
Inscriptions:
LIVIDEN QVIDDVC58 grandeur lettres: 0m,1
Les pierres dans le mur d’enceinte portent ces lettres, de 0,1 de hauteur:
MP ORIS MA AS59

Ancora qualche giorno dopo Robert comunicava, fra le altre cose, il


testo di una iscrizione rinvenuta a Sétif (l’antica Sitifis), menzionante i

55 Di questo studioso è noto soprattutto il contributo: V. REBOUD, Recueil d’inscriptions

libyco-berbères: inscriptions des environs de Milah et de Souk-Ahras, Paris 1878; oltre che in
questi codici, un’altra lettera di Reboud a de Rossi del 1888 si conserva in Vat. lat. 14281,
n. 980.
56 GSELL, Atlas archéologique cit., f. 27, n. 115.
57 Vat. lat. 10536, f. 76rv (lettera del 14 dicembre 1875, da Costantina). Le dimensioni del

monumento (35 x 49 m) permettono di riconoscervi un forte o quadriburgium, di un tipo ben


documentato altrove in Africa: cfr. N. DUVAL, L’état actuel des recherches sur les fortifications
de Justinien en Afrique, in XXX Corso di Cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina-Seminario
giustinianeo (Ravenna, 6-14 marzo 1983), Ravenna 1983, pp. 190-191.
58 CIL VIII, 2524. Sulla lettura di questa iscrizione e il contesto di provenienza si veda D.

PRINGLE, The Defence of Byzantine Africa: an account of the military history and archaeology of
the African provinces in the sixth and seventh centuries, Oxford 1981 (British Archaeological
Reports, International series 99), p. 330 e, da ultimo, P. MORIZOT, X. DUPUIS, Moenia quisque
facit famae eternae studet ille. La dédicace versifiée des praedia d’un clarissime à Henchir Fe-
gousia (Numidie méridionale), in Comptes-rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et
Belles-Lettres 145 (2001), in particolare p. 910.
59 CIL VIII, 2525 (p. 953).

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 439

martiri Iustus e Decurius60, alla quale de Rossi dedicherà tempestivamente


un commento nel Bullettino di Archeologia Cristiana61:

M(onsieur) le docteur Reboud me communique une inscription que lui a adres-


sé de Sétif l’un de ses amis. Je vous enverrai l’estampage, reproduit plusieurs fois,
1e une fois sur papier rose, 2. sur papier blanc 3. sur papier blanc pour la pre-
mière moitié verticale. Je la reproduis ici comme je l’ai lu avec M(onsieur) Reboud.
Quelques mots, un surtout, nous paraissent douteux.
MARTIRIBSANCTISPRoMISSACoLoNICVSINSoNS
SOLVITVOTASVALAETVSCVMCoNIVCECARA
HICSITVSESTIVSTVSHICATQDECVRIVSVNA[VNA?]
QVIBENECoNCESSIVICERVNTARMAMALIGNA
PRAEMIAVICToRESCRISTIMERVERECORONAM
Le mot qui m’a paru le plus difficile est à la 4e ligne: Concessi. A la 3e est-ce
bien Decurius? Que seraient-ce ces noms, Iustus et Decurius? Des martyrs? Qu’est
ce nom Colonius ou Colonicus?
Une note descriptive de M(onsieur) Goyt qui à trouvé l’inscription donnera tous
les détails sur la pierre et sur l’emplacement62. Je crois que ce devait être une Église.
Serions-nous tombés sur le nom de nouveaux martyrs?

Fra la corrispondenza indirizzata al vescovo e da questi poi inviata a


de Rossi ritroviamo, ancora, alcune lettere scritte fra il 1877 e il 1882 da
Joseph Alexandre Poulle († 1903)63, all’epoca presidente della Société ar-
chéologique du Département de Constantine, il cui organo divulgativo (la
rivista Recueil de notices et mémoires de la Société archéologique du Dépar-
tement de Constantine) più volte registra contributi di questo studioso.
Le informazioni così comunicate a de Rossi, che occorrerà integrare
anche con quelle presenti in altre lettere che Poulle indirizzò direttamente
allo studioso romano64, contengono soprattutto dati relativi alla lettura e
60 Vat. lat. 10537, ff. 69rv (lettera del 27 dicembre 1875, da Costantina); l’iscrizione corri-
sponde a CIL VIII, 8631 (p. 1920). Per un completo studio del testo, con bibliografia di riferi-
mento, si veda DUVAL, Loca Sanctorum cit., pp. 312-315.
61 DE ROSSI, Scoperte di insigni storiche epigrafi di martiri di Milevi cit., pp. 171-174; ID.,

Notizie più precise intorno all’insigne epigrafe sui martiri di Milevi cit., p. 59 e tav. III,1.
62 M. GOYT, Inscriptions relevées aux environs de Khenchela et de Sétif, in Recueil des No-

tices et Mémoires de la Société archéologique de Constantine s. II, 8 (1876-1877), pp. 346-347.


63 Si vedano su questo personaggio alcuni cenni in Éloge funèbre de M. J.-A. Poulle, cor-

respondant français de l’Académie, prononcé par le Président, in Comptes-rendus des séances de


l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres 47 (1903), pp. 41-42. Le lettere di Poulle sono in
Vat. lat. 10534, ff. 116bisr-116terv; 10536, ff. 64r-65v, 83r-84v; 10537, ff. 64r-67r, 70r-72v.
64 Se ne ritrovano cinque, riferite al periodo fra il 1876 e il 1890, nei codici Vat. lat. 14238-

14295. In merito alle iscrizioni dell’Africa egli fu in qualche modo anche in contatto con
Mommsen, come si apprende da riferimenti contenuti nelle lettere di questi a de Rossi: cfr.
BUONOCORE, Theodor Mommsen cit., pp. 219-220, 223-226 (lettere n. 114-116). A motivo dei

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440 ANNA MARIA NIEDDU

ai contesti di ritrovamento di iscrizioni, e forniscono in qualche caso utili


complementi alle notizie edite (ad esempio, vengono forniti i disegni, som-
mari ma eloquenti in merito al tipo di decorazione, di due lastre inscritte
dalla regione di Costantina, delle quali era fino ad ora noto solo il testo)65.

Oltre che “portavoce” di informazioni trasmessegli da altri, il vescovo


Robert fu, egli stesso, comunque, piuttosto attivo nel rilevare personalmen-
te dati sulle antichità nel territorio della sua diocesi e nel proporre ipotesi
di lettura sulle evidenze. Così, ad esempio, in una lettera del 1876 scritta
dopo un visita pastorale66, comunicava a de Rossi, fra le altre cose:

3° Announa (l’ancienne Tibilis). J’ai voulu revoir ces ruines qui sont fort impor-
tantes, et parmi lesquelles se trouvent les débris d’une église67. Le nom de Tibilis
ne souffre aucune objection. Il a été déterminé / il y a plus de vingt ans par la
découverte d’une inscription qui a fixé toute incertitude à cet égard68. A quelques
kilomètres de là sont des eaux chaudes, très considérables, qui étaient les Aquae
tibilitane. Ces deux localités avaient un siège épiscopal (Morcelli)69. S(aint) Augus-
tin parle de Tibilis, Script(um) ad Donat.70 et des Aquae tibilitane en plusieurs
endroits de la cité de Dieu.

personali contatti fra de Rossi e Poulle, Hermann Dessau alla vigilia del suo viaggio in Africa
per i Supplementa al CIL VIII, nel 1887, chiedeva l’interessamento di de Rossi perché gli fosse
garantita una buona accoglienza presso Poulle (« ... è a lei, in gran parte, che debbo la buona
accoglienza che ho trovata, tanto a Constantine quanto nella provincia», scriverà a de Rossi
una volta rientrato dal viaggio): cfr. M. BUONOCORE, Le lettere di Hermann Dessau conservate
nella Biblioteca Apostolica Vaticana, in Hermann Dessau (1856-1931). Zum 150. Geburtstag
des Berliner Althistorikers und Epigraphikers. Beitrage eines Kolloquiums und wissenschaftli-
che Korrespondenz der Jubilars, hsg. von M. J. SCHMIDT, Berlin – New York 2009 (CIL Aucta-
rium, Series Nova, Volume tertium), pp. 137-138, lettere R18 3 R19.
65 Per la prima: Vat. lat. 10536, ff. 64r-65v (si tratta di CIL VIII, 10787 = CIL VIII, 18705

= ILCV 2443, da Aïn Fakrun; per una parziale revisione del testo v. A. BERTHIER, Les vestiges
du christianisme antique dans la Numidie centrale, Alger 1943, p. 78). Per la seconda: Vat. lat.
10536, ff. 83r-84v (CIL VIII, 2309 e p. 950 = CIL VIII, 17759 = ILCV 2475, dai pressi di Aïn
Beïda).
66 Vat. lat. 10537, ff. 79r-80v (lettera dell’11 novembre 1876, da Costantina).
67 GSELL, Atlas archéologique cit., f. 18, n. 107.13; N. DUVAL, I. GUI, J.-P. CAILLET, Basi-

liques chrétiennes d’Afrique du nord, I: Inventaire de l’Algérie, Paris 1992, pp. 337-340.
68 A giudicare dalla data del recupero, l’iscrizione alla quale si riferisce è probabilmente

CIL VIII, 5525, menzionante i Thibilitani (a. 1855 repperit Creully, registra il CIL).
69 MORCELLI, Africa Christiana, I, cit., p. 79.
70 Si riferisce, verosimilmente, al Contra Cresconium grammaticum partis Donati, III, 27.

30, dove viene citato il vescovo Marinus ab Aquis Tibilitanis (Patrologiae cursus completus.
Series Latina, accurante J.-P. MIGNE, 43, Lutetiae Parisiorum 1841, col. 511).

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 441

Toutes les pierres qui ont servi à la construction de cet édifice proviennent de
débris d’une construction antérieure païenne. On y voit des inscriptions funéraires
et les pierres n’ont pas été taillées pour cette seconde construction. On les (a) ajus-
tées aussi bien qu’on a pu. Mais on voit qu’elles avaient servi d’abord à una autre
destination. Il n’y a que les pierres qui forment le cintre de l’imposte qui ont été
taillées exprès. La clef du cintre porte à l’extérieur une croix dont je vous envoie à
part le fac-simile. En voici la forme.

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442 ANNA MARIA NIEDDU

Cette pierre se trouve à la clef du cintre, sur la porte d’entrée (façade exterieure). /
Le sol est amoncelé de ruines, ce qui rend les fouilles très difficiles. J’ai voulu sur
deux points faire creuser jusqu’au sol, qui se trouve à plus d’un mètre au dessous
du sol actuel. J’ai n’ai pas pu constater si le sol primitif était formé d’une mosaïque
ou d’une dallage en pierres. J’ai seulement la certitude que l’église avait été détruite
par un incendie, car on trouve au sol primitif beaucoup de morceaux de bois car-
bonisés par le feu. On suit assez bien la distinction en trois nefs: on voit même la
naissance des murs qui formaient les nefs latérales. Mais ces murs ne devaient pas
trop s’élever au dessus du sol. Ils devaient servir d’appui aux colonnes, destinées
à établir et distinguer les nefs. On trouve en effet dans les ruines des tronçons de
fort belles colonnes. Du reste, les pilastres de la façade intérieure avec leurs beaux
chapiteaux en marbre, de l’ordre composite, montrent évidemment qu’il y avait
dans leur direction une double rangé de colonnes, c(est)-à-d(ire) de chaque côté.
Il est très probable que l’abside était circulaire et correspondait à la nef centrale.
Mais à cause de l’amoncellement des ruines, il est difficile d’en avoir la certitude.
Les ruines de l’église de Tibilis sont connues depuis très longtemps.
M(onsei)g(neu)r Dupuch les a visitées, il y a plus de trente ans. Mais je crois
qu’on n’en a jamais fait l’objet d’une étude spéciale.
Ainsi que je le dis plus haut, j’adresse par la poste dans un pli séparé le fac-simile
de la croix71. Elle est une reproduction exacte de l’original: j’ai pris un estampage
du croisillon inférieur et de l’ A et de l’ω. Et m’aidant de ces estampages et au
moyen des mesures prises sur le lieu, j’ai reconstitué la croix. Les parties teintées
en bleu sont creusées par la taille. L’extrémité inférieure manque de régularité par
suite ou de la précipitation ou de l’instabilité de l’ouvrier.
On voit dans les parties subsistantes de la construction, qu’elle / a été faite non
seulement des débris appartenant à des ruines de monuments païens, mais qu’elle a
été faite avec une certaine négligence. Ainsi on voit les pierres d’appareil assez mal
ajustées et souvent formées par des briques et du mortier. Cette forme de construc-
tion accusait-elle l’époque byzantine? Y voit-on bien le caractère byzantin? Du reste
il y a eu dans nos villes africaines bien des dévastations avant que les troupes de
Belisaire ne péussent faire des édifices sur les débris des Vandales.

Ancora, in un’altra lettera del 1877, a proposito di alcune indagini che


si andavano compiendo in quegli anni nell’area dell’antica Satafis (attual-
mente Aïn El Kebira, la Périgotville coloniale) scriveva a de Rossi72:

J’ai l’honneur de vous adresser les croquis de diverses fouilles faites à l’ancienne
Satafi73. C’est là qu’a été découverte la tabula lusoria PATRIS ET FILI etc.74. On

71
Si trova in Vat. lat. 10537, f. 78v.
72
Vat. lat. 10537, ff. 84r-85v (lettera del 18 ottobre 1877, da Costantina).
73 GSELL, Atlas archéologique cit., f. 16, n. 177.
74 CIL VIII, 8407 e p. 970; edita da ultimo in A. FERRUA, Tavole lusorie epigrafiche. Catalo-

go delle schede manoscritte, introduzione e indici a cura di M. BUSIA, Città del Vaticano 2011
(Sussidi allo Studio delle Antichità Cristiane, 14), p. 149, n. 118.

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 443

y a aussi relevé l’inscription qui donne le nom de Satafi: CENIO MV=NICIPI


SA=TAFENSIS=EX TESTAMENTO=G. STATVLE=NI MARTIA=LIS FL PP=C
STATVLENI=VS VITALIS HE=RES=75
M(onsieur) Poulle doit faire une dissertation sur cette édifice, qui paraîtra dans
le prochain numéro du recueil de la société de Constantine76. C’est lui qui a le plus
étudié ces ruines. J’ai cru néanmoins vous envoyer ces dessins faits tant bien que
mal. J’ignore si le travail de M(onsieur) Poulle donnera des dessins. Il prétend que
cet édifice a été une église. J’ignore sur quoi il se fonde, ou prétend avoir vu des
croix çà et là.

I preziosi disegni che corredano la lettera [tav. III] consentono di avere


una più chiara idea del contesto di cui si tratta — senza dubbio una basili-
ca, oggi scomparsa77 — e di quale fosse l’esatta ubicazione di una iscrizione
menzionante un curator et dispunctor, letta, all’interno di questo edificio,
sul fusto di una colonna probabilmente di reimpiego78.

L’autorevolezza maturata dal vescovo durante gli anni in cui fu alla gui-
da della diocesi africana fece sì che anche dopo il suo trasferimento a Mar-
siglia, nel 1878, egli continuasse a rimanere punto di riferimento per molti
di coloro che, in Africa, si occupavano di antichità cristiane; gli scambi
epistolari fra lui e de Rossi, protrattisi fino alla morte dello studioso ro-
mano (l’ultima lettera conservata fra la corrispondenza di de Rossi si data
appunto al 189479), vertono spesso su scoperte (soprattutto di iscrizioni)
effettuate in Algeria, comunicate a Robert da coloro con i quali era ancora
rimasto in contatto; fra questi vi erano alcuni militari francesi di stanza
in Algeria, quali il medico Reboud, del quale già si è detto, e il capitano di

75 CIL VIII, 8389 e p. 1909.


76 A. POULLE, Inscriptions de la Mauritanie Setifienne et de la Numidie, in Recueil des no-
tices et mémoires de la Société archéologique de Constantine s. II, 8 (1876-1877), pp. 574-576;
le indagini all’interno dell’edificio, condotte da M. E. Vincent, luogotenente militare, sono da
questi illustrate: M. E. VINCENT, Découverte d’inscriptions à Ain-Kebira, in Bulletin de l’Acadé-
mie d’Hippone 12 (1876), pp. 117-118, 123-124; ID., Fouilles exécutées a Aïn-Kebira (province
de Constantine), in Revue Africaine 21 (1877), pp. 320-323.
77 I dati sull’edificio sono raccolti da DUVAL, GUI, CAILLET, Basiliques chrétiennes cit., pp.

90-91, dove viene proposta la pianta già edita da St. GSELL, Satafis (Périgotville) et Thamalla
(Tocqueville), in Mélanges d’archéologie et d’histoire 15 (1895), p. 38; questa basilica era già
distrutta nel primo decennio del XX secolo (così GSELL, Atlas archéologique cit., f. 16, n. 177).
78 CIL VIII, 8396 (p. 970) = CIL VIII, 20240; per l’iscrizione v. POULLE, Inscriptions de la

Mauritanie cit., pp. 584-594; A. AUDOLLENT, Mission épigraphique en Algérie de MM. Aug. Au-
dollent et J. Letaille (Octobre 1889 et Février 1890), in Mélanges d’archéologie et d’histoire 10
(1890), pp. 485-486.
79 Vat. lat. 14295, n. 138.

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444 ANNA MARIA NIEDDU

fanteria Abel Farges, più volte ricordato come fonte delle informazioni, e
del quale a de Rossi vengono inoltrate dal vescovo alcune lettere80.
Anche uno degli immediati successori di Robert nella sede di Costan-
tina, Barthélemy Clément Combes (1839-1922), in Africa fra il 1881 e il
1893, si mette sporadicamente in contatto con de Rossi, al quale comu-
nica, sia direttamente, attraverso alcune lettere conservate nel carteggio
de Rossi81, che tramite il suo vicario generale, Claude Pavy82, le principali
scoperte effettuate nel territorio della diocesi. Nel 1883 il vescovo scrive,
ad esempio83: «M(onsieur) le curé de Biskra vient de m’envoyer un rapport
intéressant sur des découvertes qui viennent d’être faites dans l’intérieur du
désert. Je vous serais reconnaissant de vouloir bien me retourner la pièce
ci-jointe avec vos appréciations ...».
Qualche tempo dopo, nel 1886, è il suo vicario che comunica a de Rossi
la scoperta della tomba della martire Digna a Philippeville (l’antica Rusi-
cade, ora Skikda)84:

Sa Grandeur Monseigneur l’Évêque de Constantine vient de me charger de vous


communiquer certains détails de la découverte du sarcophage.
“À côté de l’inscription, on a trouvé une mosaïque dont les dessins étaient dispo-
sés en forme de losanges. On l’a enlevée et l’on a trouvé au-dessous un sarcophage
recouvert d’une longue pierre plate, à / revêtement intérieur de briques assez dislo-
quées. Parmi ces débris de briques et de chaux vive se trouvait un squelette, dont
la tête se relevait un peu sur une brique disposée en forme d’oreiller. La tête est du
côté du couchant.
Dans l’intérieur du sarcophage, on a trouvé 4 clous d’environ dix centimètres
de longueur.

80Vat. lat. 10538, ff. 68r e 140r-141v (lettere del 15 dicembre 1885, e del 27 giugno 1884,
da Khenchela); Vat. lat. 10534, ff. 122quaterr-122quinquiesv (lettera del 17 maggio 1886, da
Khenchela, indirizzata a René de La Blanchère, all’epoca direttore del Service des Antiquités
et Beaux Arts a Tunisi). In qualche caso, peraltro, Robert si trova anche a constatare con di-
spiacere l’ostinato silenzio di qualcuno dei suoi vecchi informatori; più volte, in particolare,
lamenta le mancate risposte del parroco di Tébessa, Delapard: così, ad esempio, scrive in una
lettera del 1883, dopo aver espresso il desiderio di inviare all’amico romano qualche nuova
iscrizione dell’Africa: «Mais je ne suis plus en Algérie, et M(onsieur) Delapard se montre plus
sourd que jamais à toutes mes sollicitations» (Vat. lat. 14269, n. 239).
81 Vat. lat. 14238-14295: si tratta di sette lettere comprese fra gli anni 1883-1889.
82 Vat. lat. 10534, ff. 52r-53r (lettera del 4 aprile 1886, da Costantina); altre due lettere

sono in Vat. lat. 14269, n. 352 (a. 1883); 14282, n. 410 (a. 1889).
83 Vat. lat. 14269, n. 276 (lettera del 20 maggio 1883, da Costantina).
84 Vat. lat. 10534, ff. 52r-53r (lettera del 14 aprile 1886, da Costantina); de Rossi ne diede

immediata notizia nel corso di una delle Conferenze di Archeologia Cristiana, in BAC s. IV, 4
(1886), pp. 26-28. Sull’iscrizione menzionante la martire (CIL VIII, 19913) cfr. DUVAL, Loca
Sanctorum cit., pp. 184-186.

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 445

M(onsieur) le Docteur Ricoux prétend que ce sont les restes d’une jeune fille
d’environ 18 ans”.
Voilà, Monsieur, quelques renseignements qui vous permettront peut-être de
vous prononcer.

Insieme al vescovo Robert, uno dei più generosi informatori di de Rossi


in merito alle scoperte africane fu Alfred Louis Delattre (1850-1932)85, dal
1874 membro della Société des Missionnaires d’Afrique fondata da Charles
Lavigerie86; stabilitosi a Cartagine in qualità di cappellano della basilica
di San Luigi, in questa città intraprese una intensa attività di ricerca, che
lo portò ad indagare i principali complessi paleocristiani87. Il ritmo delle
scoperte, puntualmente edite soprattutto nelle riviste Missions catholiques
e Cosmos — Revue des Sciences et de leurs applications, può seguirsi anche
attraverso le lettere e le relazioni inviate a de Rossi a partire dal 1877, anno
in cui Delattre intraprende lo scavo dell’area funeraria circostante la basi-
lica di Damous el Karita, e fino al 1894, quando, ancora pochi mesi prima
della morte di de Rossi, lo informa su scoperte varie e tentativi di lettura;
in un biglietto datato al 9 marzo 1894 il Delattre scriveva88.

Toutefois je signalerai ici un essai de lecture tenté par un des mes confrères89:
AVe Sancta Crux, Nostra Lux. Quant à l’incription explicitée, elle me paraît de-
voir se lire ainsi: fac nobiscum, Domine, signum .... ut videant qui me oderunt et
confundantur.
La première partie de l’inscription rappelle le commencement du 17e verset du
psaume LXXXV: Fac mecum signum in bonum. La version italique dont se servait
saint Augustin porte in bono au lieu de in bonum et, comme dans notre texte ode-
runt au lieu de oderant me de la Vulgate.

L’esame sistematico della corrispondenza con Delattre, conservata in


parte in questi codici “africani”, in parte in quelli che raccolgono il car-
teggio di de Rossi90, se permette, dunque, di ricucire le fila delle numerose
scoperte fatte a Cartagine nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, potrà con-

85 Si veda: E. MICHON, Éloge funèbre du R. P. Delattre, correspondant de l’Académie, in

Comptes-rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres 76 (1932), pp. 25-31.
86 Supra, p. 434.
87 Cfr. L. ENNABLI, Carthage. Une métropole chrétienne du IVe à la fin du VIIe siècle, Paris

1997, pp. 56, 113-120 (basilica di San Cipriano o Bir el Knissia), 121-129 (Damous el Karita),
132-135 (basilica Maiorum o di Mcidfa), 135-141 (Bir Ftouha).
88 Vat. lat. 10534, f. 26v (biglietto del 9 marzo 1894).
89 L’iscrizione in oggetto è CIL VIII, 25043 (vedi anche ENNABLI, Les inscriptions funérai-

res cit., n. 380).


90 Vat. lat. 14238-14295; si tratta di 32 lettere comprese fra il 1880 e il 1894.

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446 ANNA MARIA NIEDDU

sentire anche il recupero di alcuni elementi sfuggiti agli studi che in epo-
che più recenti si sono occupati dei monumenti da lui indagati. Si riporta,
come esempio, il passo di una lettera nella quale, comunicando a de Rossi
l’avanzamento delle indagini nel complesso paleocristiano extraurbano di
Bir Ftouha, a nord della città91, Delattre traccia lo schizzo di un settore, at-
tiguo al battistero, non segnalato nella pianta complessiva dell’area redatta
diversi anni dopo e pubblicata da Liliane Ennabli92:

Les fouilles sur l’emplacement de la piscine octogonale dont je vous ai parlé,


ont dû cesser, à cause de l’absence de la personne qui a entrepris les travaux sur
le terrain. J’ai assisté à l’ouverture du tombeau qui est marqué sur le plan qui je
vous ai envoyé. Cette tombe large de 1m 03 et profonde de 0m 40, était remplie
de terre. Au fond nous avons trouvé plusieurs ossements qui me paraissent être
les restes de deux cadavres. La longueur du tombeau permet d’ailleurs de croire
qu’il a dû recevoir plus d’un corps. La longueur du tombeau n’a pu être prise d’une
manière exacte parce-que une partie avait été enlevé dans les prémiers travaux de
la tranchée qui a conduit à la découverte du baptistère. Par rapport à cette piscine
le tombeau était ainsi disposé:

91 Vat. lat. 10534, ff. 116sexiesr-116septiesv (lettera del 26 ottobre 1880, da Cartagine).

Della struttura della quale si tratta, indagata nel 1880 da Delattre, nel 1895-1897 da Paul
Gaukler e di nuovo da Delattre nel 1928-1929 (cfr. ENNABLI, Carthage cit., pp. 136-141) fu de
Rossi a dare le prime notizie (DE ROSSI, Vaso fittile cit., pp. 125-127).
92 ENNABLI, Carthage cit., pp. 138-139.

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 447

Je pourrai dans quelques jours vous adresser le complément de la partie au-


jourd’hui découverte. Près de la piscine (A) on a trouvé un bassin tapissé à l’inté-
rieur même verticalement d’une mosaïque à chevrons [schizzo] de diverses cou-
leurs.
Au premier abord, je me suis demandé si ce n’aurait pas été la place de l’évêque
administrant le baptême. Mais on y a découvert la trace d’un tuyau de plomb pour
l’arrivée ou l’issue de l’eau et je n’ai plus su à quel sentiment m’arrêter. Cette partie a
1m 43 de longueur et 1,24 de largeur. Le mur a 0,90 d’épaisseur. la hauteur actuelle
de cette construction est semblable à celle du baptistère. En déblayant l’intérieur
de ce second bassin on a trouvé un fragment d’inscription qui me semble avoir une
grande importance, si petit qu’il soit. Je vous en envoie un estampage (n. 1)93. Il est
facile de reconnaitre sur le débris la formule ... HIC SVNT ... mais malheureuse-
ment le sujet du verbe a disparu, et nous laisse dans l’inconnu.
Près de cette construction, a peu près en B, M(onsieur) Cesana, qui fait lui-
même fouiller, a trouvé un fragment d’inscription hébraïque, sur lequel on lit treize,
quatorze, quinze, seize. Je vous en envoie aussi l’estampage (n. 2). Les caractères
sont hébreux, mais la forme des mots est arabe. Je ne crois pas que ce débris puisse
tirer à conséquence.

Ancora diversi altri nomi di archeologi ed epigrafisti, studiosi di anti-


chità africane annovera la corrispondenza di de Rossi: nei cinque codici
che si sono qui voluti presentare brevemente, così come in quelli che con-
tengono la gran parte del carteggio dello studioso, si ritrovano, inerenti ad
argomenti africani, lettere di Theodor Mommsen (1817-1903)94, di Joseph
Alexandre Martigny (1808-1880)95, di Antoine-Marie-Albert Héron de Vil-

93 I calchi di questa iscrizione (CIL VIII, 14237; cfr. anche ENNABLI, Les inscriptions
funéraires cit., n. 596) e di quella menzionata di seguito si trovano in questo stesso codice,
Vat. lat. 10534, f. 107v.
94 Vat. lat. 10536 f. 73r; v. anche BUONOCORE, Theodor Mommsen cit., pp. 185-186 (lettera

n. 89) e pp. 157-158 per il riferimento ad altri appunti e schede epigrafiche inviate a de Rossi.
95 Vat. lat. 10537, ff. 86r-87v; 10538, ff. 149r-150v (lettere del 6 dicembre 1875 e del 20

giugno 1879, entrambe da Belley). Numerose lettere di Martigny, che fu in stretto contatto
con de Rossi anche per la redazione del Dictionnaire des Antiquités chrétiennes e per la tradu-
zione in francese del Bullettino di Archeologia Cristiana, si conservano, per il periodo compre-
so fra il 1854 e il 1878, nel carteggio di de Rossi (Vat. lat. 14238-14295); nel Lascito G. B. de
Rossi, contenitori 17, 19 e 34 si custodiscono invece le copie delle delle lettere che de Rossi
inviò a Martigny: in proposito v. M. BUONOCORE, Miscellanea epigrafica e Codicibus Bibliothe-
cae Vaticanae. XV, in Epigraphica 63 (2001), p. 133. Per un approfondimento in merito al
rapporto fra i due studiosi si rimanda, oltre che al necrologio pubblicato dallo studioso roma-
no in BAC, s. III, 5 (1880), pp. 79-80, a D. GOUREVITCH, L’histoire du Dictionnaire des Anti-
quités Chrétiennes de l’abbé Martigny, émule de G. B. de Rossi, in Acta XIII Congressus interna-
tionalis archaeologiae christianae (Split-Porec 25 settembre-1 ottobre 1994), a cura di N. CAMBI
e E. MARIN, Città del Vaticano 1998, pp. 363-372.

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448 ANNA MARIA NIEDDU

lefosse (1845-1919)96, di Louis Demaeght, (1831-1898)97; e ancora, di René


Moulin Ducoudray de la Blanchère (1853-1896)98, al quale si deve, fra l’al-
tro, la scoperta di una delle poche catacombe dell’Africa, quella dell’antica
Sullechtum, attualmente Salakta («À propos de catacombes, nous venons
d’en découvrir une grande sur la côte Orientale de la Régence; le Bulletin
du Comité des Travaux Historiques ne tardera pas trop, je l’espére, à vous
en donner le plan et la description que je lui en ai envoyée»99), e di Anatole
Toulotte (1852-1907), missionario e, a partire dal 1891, vescovo di Thaga-
ste, che molto materiale raccolse per la realizzazione della sua Géographie
de l’Afrique Chrétienne100. Fra le varie “novità epigrafiche” da Toulotte co-
municate a de Rossi, di particolare interesse sono soprattutto quelle relati-
ve alle iscrizioni di Altava, nell’Algeria occidentale, a proposito delle quali
in una lettera del 1888 aveva modo di scrivere101.

Puisque j’ai de nouveau l’honneur de vous écrire, vous me permettrez, Monsieur


le Commandeur, de joindre à ma lettre le fac-simile d’une douzaine d’inscriptions
que j’ai dernièrement relevées, (avec trente ou quarante autres aussi intéressantes
pur leurs dessins variés), à Hadjar er Roum (Pierre des Romains) qui est l’antique
ville épiscopale d’Altava, au fond de la Maurétanie Césarienne102.
L’une de ces inscriptions, et il y en a trois autres semblables, / porte la formula
DIM (Diis Inferis Manibus?103) –

96 Vat. lat. 10538, ff. 7r-10r (lettera del 18 dicembre 1880, da Parigi). Per sintetici dati

biografici si rimanda a E. LEFÈVRE-PONTALIS, L. HAVET, P. GIRARD, Nécrologie-Antoine Héron


de Villefosse, in Bibliothèque de l’école des chartes 80 (1919), pp. 358-363.
97 Vat. lat. 10538, ff. 147bisr-147terr (lettera del 29 dicembre 1882, da Oran). Per una

sintetica biografia di questo personaggio, militare e archeologo, si rimanda alla Nécrologie, in


Bulletin de la Société de Géographie et d’Archéologie de la Province d’Oran 14 (1898), pp. XXIV-
XXVII.
98 Vat. lat. 10534, ff. 122bisr-122terv (lettera del 10 agosto 1886, da Tunisi). Sul profilo

di questo personaggio si veda, da ultimo, A. TEATINI, René Moulin Ducoudray de La Blanchère,


in Personenlexikon zur christlichen Archäologie. Forscher und Persönlichkeiten vom 16. bis 21.
Jahrhundert, hrsg. von S. HEID, M. DONNERT, Regensburg 2012, pp. 382-383.
99 Vat. lat. 10534, ff. 122terv; M. R. DE LA BLANCHÈRE, Note sur la catacombe d’Arch-

Zarra près Salakta, in Bulletin archéologique du Comité des travaux historiques et scientifiques,
1889, pp. 107-109.
100 A. TOULOTTE, Géographie de l’Afrique Chrétienne, Montreuil sur Mere 1892-1894; cfr.

anche J. MESNAGE, L’Afrique chrétienne: évêchés et ruines antiques d’après les manuscrits de
Mgr Toulotte, et les découvertes archéologiques les plus recentes, Paris 1912.
101 Vat. lat. 10538, ff. 74r, 123r-124r (lettere del 26 luglio 1888 e del 18 agosto 1888, da

Maison-Carrée, presso Algeri). Altre sei lettere di Toulotte, comprese fra il 1888 e il 1890, si
conservano fra la corrispondenza di de Rossi (Vat. lat. 14238-14295).
102 GSELL, Atlas archéologique cit., f. 31, n. 68.
103 Si tratta, in realtà, più semplicemente della notoria sigla DI(s) M(anibus) abbreviata

in maniera inconsueta, che si trova, nelle iscrizioni di Altava, in CIL VIII, 1748 (J. MARCILLET-
JAUBERT, Les inscriptions d’Altava, Aix-en-Provence 1968, n. 71); CIL VIII, 21751 (MARCILLET-

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 449

Pour expliquer le DMS j’avais pensé à Domus? Il faut observer, en effet, que
presque toutes les inscriptions chrétiennes qui ont cette formule manquent du
terme Memoria.
L’inscription posui a été publiée, mais sans le dessin104. Faut-il voir dans le Y
une croix potencée?
La date CXXXLG m’intrigue quelque peu105. En lisant CLXXXVI nous obtenons
l’an 225 qui fait remonter assez haut l’établissement de la foi chrétienne dans l’inté-
rieur de la Maurétanie.
Je n’ai pu déchiffrer le INfDEB ni le lettres ERV/VL-
Je lis CAPSARI PR(es)B(yteri) – Le reste est facile106.
Les inscripions sont gravées sur des dalles en calcaire rougeâtre, et quelquefois
en grès, peu épaisses.
Les dessins, à mon avis, représentent les monuments que les / citoyens fortunés
faisaient élever à grand frais pour leur sépulture.
J’éprouverai un nouveau contentement, Monsieur le Commandeur, si ces des-
sins peuvent vous être agréables et je vous prie de vouloir bien agréer l’hommage du
très profond respect avec lequel j’ai l’honneur d’être votre humble et reconnaissant
serviteur.

Le due tavole allegate a questa lettera, nelle quali sono delineate 47


iscrizioni [Tavv. IV e V]107, rivestono indubbiamente un notevole valore
documentario, dal momento che molte delle lapidi che vi compaiono risul-
tano oggi scomparse108; per alcune di queste iscrizioni i disegni di Toulotte
rappresentano, inoltre, l’unica riproduzione grafica, che arricchisce il dos-
sier di queste originali lastre funerarie tardoantiche caratterizzate, molto
spesso, da un interessante apparato decorativo costituito dalla riproduzio-
ne stilizzata di elementi architettonici associati a elementi vegetali.

La breve rassegna che si è voluta proporre in merito ai cinque codici

JAUBERT, Les inscriptions cit., n. 79); CIL VIII, 21726 (MARCILLET-JAUBERT, Les inscriptions
cit., n. 144); CIL VIII, 21760 (MARCILLET-JAUBERT, Les inscriptions cit., n. 74).
104 Si riferisce all’iscrizione CIL VIII, 9840 (MARCILLET-JAUBERT, Les inscriptions cit.,

n. 46).
105 Secondo gli editori di CIL VIII, 21742 (e così MARCILLET-JAUBERT, Les inscriptions cit.,

n. 190), la data sarebbe in realtà CCCCLG.


106 Il riferimento è ancora a CIL VIII, 21742 (MARCILLET-JAUBERT, Les inscriptions cit.,

n. 190).
107 Vat. lat. 10538, ff. 125v-127r. Erroneamente in testa alla prima delle tavole è segnata

da de Rossi la data del 21 ottobre 1889.


108 Al momento dell’edizione del lavoro di MARCILLET-JAUBERT, Les inscriptions cit., risul-

tavano scomparse 32 lastre (nn. 39, 42, 43, 65, 69, 74, 75, 84, 88, 89, 90, 99, 107, 112, 120, 136,
137, 143, 144, 150, 151, 161, 165, 166, 167, 168, 171, 184, 219, 223, 302, 303). Di queste, ben
22 (nn. 42, 43, 69, 74, 84, 88, 90, 99, 107, 112, 120, 143, 144, 150, 151, 161, 166, 168, 184, 219,
223, 302) compaiono nelle tavole inviate da Toulotte a de Rossi.

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450 ANNA MARIA NIEDDU

“africani” custoditi fra le carte di de Rossi rappresenta, è evidente, solo una


ridottissima esemplificazione di quanto questi contengono e delle prospet-
tive che offrono, sotto diversi aspetti, agli studiosi dell’Africa antica; e se
vagliare questo materiale (e il materiale “esterno” al quale questi rimanda-
no di continuo) può gettare nuova luce su monumenti e contesti antichi,
non vi è dubbio che un’attenta lettura, soprattutto delle lettere, fornisce an-
che innumerevoli spunti per tracciare un quadro di storia “locale” — quella
dell’Algeria del secondo Ottocento — nella quale, spesso, si intravedono i
riflessi della generale delicata situazione internazionale dell’epoca.
Ma queste preziose carte, più di tutto, contribuiscono a mettere in luce
un aspetto, fino ad ora non valutato abbastanza, dello studioso de Rossi
che, instaurando solidi legami con i pionieri delle ricerche sui monumenti
cristiani dell’Africa, seppe, da Roma, far sentire oltremare la sua voce au-
torevole, diventando, nella seconda metà dell’Ottocento, uno dei più illumi-
nati protagonisti della “fabbrica internazionale della scienza”109.

109 L’efficace espressione è tratta dal contributo di GRAN-AYMERICH, Theodor Mommsen

cit., p. 177.

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 451

Tav. I – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 10534, f. 130r: Elemento architettonico dall’oratorio di Aïn-Kemellel, nella regione di Tébes-
sa (schizzo di Henri Delapard).

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452 ANNA MARIA NIEDDU

Tav. II – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 10536, f. 76r: Frammenti di cornici con iscri-
zione e pianta del fortino di Henchir Fegousia, in Algeria (Louis Robert, da uno schizzo
di V. Reboud).

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 453

Tav. III – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 10537, ff. 84v-85r: Veduta della chiesa e di una colonna con iscrizione dell’antica Satafis,
in Algeria (schizzo di Louis Robert).

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454 ANNA MARIA NIEDDU

Tav. IV – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 10538, ff. 125v-126r: Iscrizioni di Altava (schizzo di Anatole Toulotte).

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DE ROSSI E LE ANTICHITÀ CRISTIANE DELL’AFRICA 455

Tav. V – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 10538, f. 127r: Iscrizioni di Altava (schizzo di Anatole Toulotte).

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PASQUALE ORSINI

UN FOGLIO PALINSESTO NEL CODICE VAT. GR. 772*

Robert Devreesse nel catalogo dei codici Vaticani graeci 604-866 ha se-
gnalato la presenza di un foglio palinsesto (f. 120) nel Vaticanus graecus
7721, senza, tuttavia, fornire dati materiali e precise informazioni sul con-
tenuto delle scritture inferiore e superiore. Dopo la notizia di Devreesse
questo foglio non è stato preso ulteriormente in esame da altri studiosi,
e la sola citazione bibliografica rinvenibile per gli anni successivi è quella
fornita da Paul Canart in un suo lavoro del 20042 sui palinsesti del fondo

* Il presente lavoro è stato condotto nell’ambito del progetto FIRB – Futuro in Ricerca
2008, “Codices Graeci Antiquiores. A Palaeographical Guide to Greek Manuscripts to the
Year 900”. Desidero esprimere un particolare ringraziamento a Sever J. Voicu per i preziosi
consigli che mi ha fornito durante lo studio del manoscritto. Si avverte che la trascrizione dei
testi greci è normalizzata, e solo in alcuni casi, opportunamente segnalati, si è proceduto alla
trascrizione diplomatica. Saranno citate in forma abbreviata le seguenti opere:
BHG = F. Halkin, Bibliotheca Hagiographica Graeca. 3ème éd., Bruxelles 1957 (Subsidia Hagio-
graphica, 8a).
CPG = Clavis patrum graecorum, cura et studio M GEERARD, I-V, Turnhout 1974-2003 (Cor-
pus Christianorum); Supplementum, cura et studio M. GEERARD et J. NORET, Turnhout
1998 (Corpus Christianorum).
LAKE = K. LAKE – S. LAKE, Dated Greek Minuscule Manuscripts to the Year 1200, I-X, Boston
1934-1939; Indices, Boston 1945; vd. ora la versione digitale (sia del testo sia delle tavole)
in: http://www.pyle.unicas.it/10_Lake_index.html.
PG = J.-P. Migne, Patrologiae cursus completus. Series graeca, Parisiis 1857-1866.
RGK I-III = Repertorium der griechischen Kopisten 800-1600, I. Handschriften aus Bibliothek-
en Großbritanniens, A. Verzeichnis der Kopisten, erst. von E. GAMILLSCHEG – D. HARLFIN-
GER, B. Paläographische Charakteristika, erst. von H. HUNGER, C. Tafeln, Wien 1981; II.
Handschriften aus Bibliotheken Frankreichs und Nachträge zu den Bibliotheken Großbri-
tanniens, A. Verzeichnis der Kopisten, erst. von E. GAMILLSCHEG – D. HARLFINGER, B.
Paläographische Charakteristika, erst. von H. HUNGER, C. Tafeln, Wien 1989; III. Hand-
schriften aus Bibliotheken Roms mit dem Vatikan, A. Verzeichnis der Kopisten, erst. von E.
GAMILLSCHEG unter Mitarbeit von D. HARLFINGER – P. ELEUTERI, B. Paläographische
Charakteristika, erst. von H. HUNGER, C. Tafeln, Wien 1997 (Österreichische Akademie der
Wissenschaften. Veröffentlichungen der Kommission für Byzantinistik, I-III/1-3 A-C).
VG = M. VOGEL – V. GARDTHAUSEN, Die griechischen Schreiber des Mittelalters und der Re-
naissance, Leipzig 1909.
1 Cfr. R. DEVREESSE, Codices Vaticani Graeci, III, Codices 604-866, In Bibliotheca Vatica-

na 1950, pp. 287-288: 288 «f. 120r-v ex codice litteris semi-uncialibus saec. IX moduli amplio-
ris desumptum et rescriptum, fragmentum continet passionis, ni fallor, sanctarum Agapes,
Irenes et Chioniae».
2 Cfr. P. CANART, Les palimpsestes des fonds grecs de la Bibliothèque Vaticane. Une liste

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 457-473.

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458 PASQUALE ORSINI

greco della Biblioteca Vaticana. Manca, invece, un riferimento a questo


palinsesto sia in un successivo elenco (2008), fatto dallo stesso Canart3, dei
palinsesti vaticani greci con scriptio inferior in maiuscola sia nell’ultimo
elenco disponibile dei palinsesti vaticani pubblicato da Sever J. Voicu nel
20094. Con il presente lavoro, pertanto, si vogliono pubblicare i risultati di
un nuovo esame di questo foglio, che ha permesso, tra l’altro, l’identifica-
zione dei testi della scriptio inferior e superior.
Passiamo a descrivere il codice Vat. gr. 7725. Questo è costituito di 121

sommaire et quelques précisions, in Philomathestatos. Studies in Greek and Byzantine Texts


Presented to Jacques Noret for his Sixty-Fifth Birthday, ed. by B. JANSSENS – B. ROOSEN –
P. VAN DEUN, Leuven – Paris – Dudley Ma. 2004, pp. 45-56: 46 (ristampato in P. CANART,
Études de paléographie et de codicologie, Reproduites avec la collaboration de M.-L. AGATI et
M. D’AGOSTINO, II, Città del Vaticano 2008 [Studi e testi, 451], pp. 1311-1321: 1312), dove il
Vat. gr. 772 è citato all’interno di un elenco dei palinsesti greci della Biblioteca Vaticana.
3 Cfr. P. CANART, Les palimpsestes en écriture majuscule des fonds grecs de la Bibliothèque

Vaticane, in Libri palinsesti greci: conservazione, restauro digitale, studio. Atti del Convegno
internazionale, Villa Mondragone – Monte Porzio Catone – Università di Roma “Tor Vergata”
– Biblioteca del Monumento Nazionale di Grottaferrata, 21-24 aprile 2004, a c. di S. LUCÀ,
Roma 2008, pp. 71-84.
4 S. J. VOICU, Note sui palinsesti conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana, in Miscel-

lanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XVI, Città del Vaticano 2009 (Studi e testi, 458), pp.
445-454.
5 La principale bibliografia sul manoscritto (oltre al catalogo di Devreesse ricordato poco

sopra) è la seguente: I. B. PITRA, Iuris ecclesiastici graecorum historia et monumenta, I, Romae


1864, p. X; K. STAAB, Die griechischen Katenenkommentare zu den Katholischen Briefen, in
Biblica 5 (1924), pp. 296-353: 349 n. 2; R. DEVREESSE, Introduction à l’étude des manuscrits
grecs, Paris 1954, pp. 17, 195 n. 1; ID., Les manuscrits grecs de l’Italie méridionale, Città del
Vaticano 1955 (Studi e testi, 183), p. 41; M.-H. LAURENT – A. GUILLOU, Le ‘Liber Visitationis’
d’Athanase Chalkéopoulos (1457-1458). Contribution à l’histoire du monachisme grec en Italie
méridionale, Città del Vaticano 1960 (Studi e testi, 206), p. 334; A. TURYN, Codices graeci Va-
ticani saeculis XIII et XIV scripti annorumque notis instructi, In Civitate Vaticana 1964 (Codi-
ces e Vaticanis selecti quam simillime expressi, 28), p. 25, Pll. 4 (= f. 32r), 159b (= f. 115v); R.
DEVREESSE, Le fonds grec de la Bibliothèque Vaticane des origines à Paul V, Città del Vaticano
1965 (Studi e testi, 244), p. 393; H. FOLLIERI, Codices graeci Bibliothecae Vaticanae selecti
temporum locorumque ordine digesti commentariis et transcriptionibus instructi, Apud
Bibliothecam Vaticanam 1969 (Exempla scripturarum, IV), pp. 80-81, tav. 59 (= f. 52v); K.
TREU, Griechische Schreibernotizen als Quelle für politische, soziale und kulturelle Verhältnisse
ihrer Zeit, in Griechische Kodikologie und Textüberlieferung, hrsg. von D. HARLFINGER,
Darmstadt 1980, pp. 310-336: 332 (testo già edito in Byzantinobulgarica 2 [1966], pp. 127-
143); G. CAVALLO, Mezzogiorno medievale e cultura greca. Materiali per una messa a punto, in
Byzantinische Zeitschrift 84 (1991), pp. 430-440: 431; ID., La cultura italo-greca nella produzi-
one libraria, in I Bizantini in Italia, con saggi di G. CAVALLO, V. VON VALKENHAUSEN, R. FARI-
OLI CAMPANATI, M. GIGANTE, V. PACE, F. PANVINI ROSATI, Milano 1982, pp. 497-612: 583; S.
LUCÀ, Lo scriba e il committente dell’Addit. 28270 (ancora sullo stile “rossanese”), in Bollettino
della Badia greca di Grottaferrata 47 (1993) [= Miscellanea di studi in onore di P. Marco Petta
per il LXX compleanno, V, a c. di A. ACCONCIA LONGO – S. LUCÀ – L. PERRIA], pp. 165-225: 189,
191; P. CANART – S. DI ZIO – L. POLISTENA – D. SCIALANGA, Une enquête sur le papier de type
“arabe occidental” ou “espagnol non filigrané”, in Ancient and medieval book materials and

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UN FOGLIO PALINSESTO NEL VAT. GR. 772 459

fogli, di cui i ff. 2-119 sono di carta6 ed i ff. 1, 120-121 sono di pergamena7.
I fogli membranacei — qui riutilizzati con la specifica funzione di fogli di
guardia — provengono da due differenti manoscritti: 1 e 121 da un mano-
scritto attribuibile ad un periodo tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo,
mentre il f. 120 da un altro manoscritto databile tra la seconda metà dell’XI
e la prima metà del XII secolo.
Il corpo principale del codice è costituito dai ff. 2-119, la cui struttura
fascicolare è la seguente: 16 (2-7), 210 (8-17), 310 (18-27), 410 (28-37), 510 (38-
47), 610 (48-57), 710 (58-67), 810 (68-77), 910 (78-87), 1010 (88-97), 112 (98-99:
questi due fogli sono stati resi solidali in fase di restauro, ma in origine il
f. 98 si trovava tra gli attuali ff. 7 e 8), 128 (100-107), 1312 (108-119). La
segnatura dei fascicoli è stata eseguita con inchiostro nero (lo stesso usato
per il testo), in numerali greci, e collocata nell’angolo superiore esterno del
recto del primo foglio dei fascicoli; in alcuni casi, a causa della rifilatura
subìta, la segnatura è stata parzialmente danneggiata o del tutto eliminata,
ed i numeri superstiti sono i seguenti: Γ (18r), Δ (28r), Ε (38r), S (48r), Η
(68r), Θ (78r: si vede solo la parte inferiore del numerale, mentre la parte
superiore è andata persa), Ι (88r).
Le dimensioni del codice sono di mm 247 × 165 (misure rilevate su
f. 3r). Il margine superiore misura mm 16, quello inferiore mm 36, quello
esterno mm 21, e quello interno mm 18; la superficie scritta misura mm
195 × 126. L’impaginazione presenta una sola colonna di scrittura, con un
numero di righe tracciate che oscilla tra 24 e 27. La rigatura è stata ese-
guita a secco, secondo il sistema 3 Sautel – Leroy ed i tipi: P2 20D1 Sautel
– Leroy (= 2-2/0/1-1/J Muzerelle) nei fascicoli 2, 3, 7; P2 10D1m Sautel –
Leroy (= 2-1/0/1-1/J Muzerelle) nei fascicoli 4 e 9; P2 00D1 Sautel – Leroy
(= 1-1/0/1-1/J Muzerelle) nei fascicoli 1, 5, 6, 7, 8, 10, 11, 12, 13. In tutto
il codice non è visibile la foratura, eliminata con la rifilatura. La legatura
presenta assi di cartone e coperta in pelle di colore bianco, con il dorso
liscio, sul quale si trovano un talloncino incollato con su scritto il numero
“772” e gli stemmi — impressi in oro — di papa Pio IX (1846-1878) e del

techniques (Erice, 18-25 september 1992), ed. by M. MANIACI and P. MUNAFÒ, I, Città del Va-
ticano 1993 (Studi e testi, 357), pp. 313-393: 323, 370-372 (ristampato in CANART, Études de
paléographie cit., II, pp. 1001-1081: 1011, 1058-1060); CANART, Les palimpsestes des fonds grecs
cit., p. 46.
6 Secondo CANART – DI ZIO – POLISTENA – SCIALANGA, Une enquête sur le papier de type

“arabe occidental” cit., pp. 323, 370-372, i ff. 2-47, 98 sono di carta araba orientale ed i ff. 48-
97, 99-119 sono, invece, di carta occidentale non filigranata.
7 La numerazione delle carte è stata eseguita ad inchiostro, in numeri arabi, e collocata

nel margine superiore esterno, da 1 a 121. Si hanno due fogli di guardia iniziali ed uno finale,
tutti di carta: delle due guardie anteriori la prima è moderna di restauro e la seconda è antica
(vd. infra); la guardia posteriore è moderna di restauro.

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460 PASQUALE ORSINI

cardinale bibliotecario Giovanni Battista Pitra (1869-1889). Sul f. IIr si


trovano (dall’alto in basso): 1. una antica segnatura, “N° 39 3 Plu”, vergata
con inchiostro nero; 2. un cartoncino incollato con su scritto “Horologium
.806.”, che forse apparteneva — come suggerisce Devreesse8 — al codice
Vat. gr. 770; 3. l’attuale segnatura, vergata con inchiostro marrone, “772 –
Vat. gr.”; 4. un cartoncino incollato con su scritto “Horologium Graecum
218”, con il numerale 218 cancellato e corretto da altra mano in “805”; 5.
un cartoncino incollato con su scritto “Horologium .805.”9. Lo stato attuale
di conservazione del codice è buono, tuttavia bisogna segnalare che i ff. 58-
79, 86-87, 108-119 sono più spessi e rigidi degli altri e la loro superficie
risulta accentuatamente imbrunita.
La scrittura dei ff. 2r-119v è stata eseguita — come documenta la
sottoscrizione a f. 115v, ll. 15-21 — nel periodo che va dal 22 novembre
1220 (giorno di incoronazione di Federico II) al 31 agosto 1221, da un
prete di nome Martino: Ἐτελειώθ(η) τὸ παρ(ὸν) βίβλ(ον) τ(ῶν) η´ ἠχ(ῶν),
διὰ χει|ρὸς Μαρτίνου ϊερέος ἀμαρτ(ω)λ(οῦ) κ(αὶ) καλλιγρ(άφου) | ἐπὶ ετ(ους)
͵ϛψκθ´ ἰνδ(ικτιώνος) θ´: ημ(έρᾳ) δ´ ωρ(ᾳ) δ´. | οἱ ἁναγινώσκοντες εὕχεσθ(αι)
υπ(ὲ)ρ αὐτ(οὺ) διὰ τὸν κ(ὺριο)ν |5 ἐν τῶ α´ ἔτει [τῆς βασι eras.] ὅτε ἐστεφάνωσεν
ὁ μέγ(ας) | ἐν βασιλεῦσιμ Φρενδερίκου βασιλέως · καὶ εἰς | πολλη χρ(ονι)α ὦ
Χ(ριστ)ὲ δίδου τοῖς ἐμοῖς πόνοις χάριν10. Inoltre, a f. 118v, subito dopo il testo,
questo scriba ha aggiunto una invocazione al Signore a favore del proprio
committente, un sacerdote di nome Andrea: + Μνήσθ(η)τ(ι) τοῦ δούλου σου
Ἀνδρέου ἱερέως· τὸν κτίσαντ(α) [corretto da κτήσαντ(α)] τὸν | βίβλον τοῦτον +11.
Questa minuscola12 — con connotazioni salentine (secondo Santo Lucà)13
o di tradizione calabrese (secondo Guglielmo Cavallo e Paul Canart)14 —

8 Cfr. DEVREESSE, Codices Vaticani Graeci, III, cit., p. 288.


9 Cfr. DEVREESSE, Le fonds grec cit., p. 393: nell’inventario fatto da Guglielmo Sirleto,
datato 13 novembre 1548, sotto il nr. 165 (ex 124) si trova descritto un “Horologium, in papi-
ro in albo”, identificato con il codice Vat. gr. 772.
10 Trascrizione diplomatica; cfr. DEVREESSE, Codices Vaticani Graeci, III, cit., p. 288;

TURYN, Codices graeci Vaticani cit., p. 25, Pl. 159b; FOLLIERI, Codices graeci Bibliothecae Vati-
canae selecti cit., p. 80. Apparato critico: 1 βιβλίον | 2 ἱερέως ἁμαρτωλοῦ | 3 ἔτους ἰνδικτιῶνος
ἡμέρᾳ ὥρᾳ | 4 εὔχεσθε αὐτοῦ κύριον | 5 τῷ ἐστεφάνωσεν per ἐστεφανώθη | 6 βασιλεῦσιν Φρενδε-
ρίκου βασιλέως per Φρεδερίκος βασιλεύς | 7 πολλὴ per πολλὰ χρόνια ὦ. Per il copista cfr. RGK
III, nr. 439, Taf. 244; in VG, p. 29 il manoscritto si trova erroneamente segnalato sotto il nome
di Ἀνδρέας ἱερεύς (cfr. RGK III, nr. 26e), con la datazione ai secoli XIII-XIV.
11 Trascrizione diplomatica; cfr. LUCÀ, Lo scriba e il committente, p. 89. Apparato critico:

τὸν κτίσαντα per τοῦ κτησαμένου.


12 Vd. TURYN, Codices graeci Vaticani cit., Pl. 4 (= f. 32r); FOLLIERI, Codices graeci Biblio-

thecae Vaticanae selecti cit., tav. 59 (= f. 52v).


13 Cfr. LUCÀ, Lo scriba e il committente, p. 189.
14 Cfr. CAVALLO, La cultura italo-greca cit., p. 583; CANART – DI ZIO – POLISTENA – SCIALAN-

GA, Une enquête sur le papier de type “arabe occidental” cit., pp. 323, 370-372.

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UN FOGLIO PALINSESTO NEL VAT. GR. 772 461

presenta asse diritto, contrasto modulare irregolare, corpo rotondo delle


lettere, ductus fluido ed a volte tendente al corsivo, contenuto sviluppo
delle aste. Alpha maiuscolo ha il tratto obliquo discendente da sinistra
a destra prolungato in alto e l’occhiello di forma ovale; beta maiuscolo
presenta l’asse inclinato a destra ed è stato tracciato o in due movimenti
(prima il tratto verticale e poi le due curve) o in un unico movimento (in
senso orario), assumendo a volte la forma “a cuore”; epsilon maiuscolo
ha il modulo ingrandito ed il disegno tondeggiante; zeta minuscolo ha la
curva inferiore più sviluppata di quella superiore; theta è presente nelle
forme maiuscola (sia stretta e compressa lateralmente sia tondeggiante
ed ingrandita15) e minuscola (aperta a sinistra); lambda minuscolo a volte
è tracciato in due tempi (un tratto verticale ed uno orizzontale); lambda
maiuscolo (più frequente della forma minuscola) ha il tratto discendente
da sinistra a destra prolungato sotto il rigo di base ed a volte terminante
con un andamento curvilineo; csi minuscolo ha le due curve superiori
tondeggianti e strette, e quella inferiore (prolungata sotto il rigo di base)
che risale verso l’alto; il rho ha il tratto verticale corto e terminante con
un uncino orientato a destra verso l’alto; phi è presente sia nella forma
minuscola sia nella forma maiuscola, con occhiello tondeggiante ma
schiacciato; psi è presente nelle forme “a croce” ed “a candelabro”. Epsilon
è nella forma spezzata in legatura con alcune lettere come kappa, lambda
e rho. La legatura di epsilon + csi è presente sia nella forma con epsilon a
cresta ascendente sia nella forma con accostamento delle due lettere; il
doppio lambda maiuscolo presenta le due consonanti incrociate; il doppio
tau presenta la seconda lettera ingrandita e più alta della prima; nelle
legature di alpha o ypsilon + rho l’occhiello del rho è aperto a sinistra; rho
lega spesso, ma non sempre, con le vocali successive. Le lettere iniziali, a
doppia linea, sono tracciate con lo stesso inchiostro del testo, e su di esse
in diversi casi si osserva una patina di colore giallo.
Confronti paleografici si possono istituire con la scrittura del Crypt.
Β.β.III (ufficiature in onore di s. Bartolomeo il Giovane), vergato a Grotta-
ferrata nell’anno 1229-1230 da Giovanni di Rossano16, con quella del Crypt.
Δ.α.IV (Meneo per il mese di dicembre), scritto (probabilmente a Grottafer-

15 Quando è tondeggiante ed ingrandito, theta ha sul tratto orizzontale centrale un picco-

lo trattino verticale a scopo ornamentale.


16 Cfr. A. TURYN, Dated Greek Manuscripts of the Thirteenth and Fourthenth Centuries in

the Libraries of Italy, Urbana – Chicago – London 1972, I, pp. 6-11; II, Pl. 3; VG, p. 193; RGK
III, nr. 326; cfr. anche A. EHRHARD, Überlieferung und Bestand der hagiographischen und ho-
miletischen Literatur der griechischen Kirche von den Anfängen bis zum Ende des 16. Jahrhun-
derts, III, Leipzig 1939-1952, p. 992.

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462 PASQUALE ORSINI

rata) nell’anno 1265 dal monaco Macario di Reggio Calabria17, e con quella
del Marc. gr. 362 (= coll. 817) (Panegirico per le feste dei santi), scritto forse
a Messina nell’anno 1278-1279 da Nicola Dameno monaco del monastero
di S. Salvatore de Lingua Phari a Messina18.
I ff. 2r-119v contengono il testo della Paracletica, con molte varianti ri-
spetto all’edizione romana del 188519: ff. 2r-7v, 98rv, 8r-13r l. 7: tono primo
(inc. mut. Ποίαν σοι ἐπάξιον ᾠδὴν ἡ ἡμετέρα προσοίσει, cfr. Παρακλητικὴ cit.,
p. 12; ultimo testo: Συλλαβοῦσα ἀφλέκτως, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 63); 13r
l. 8-25v l. 25: tono secondo (primo testo: Τὸν πρὸ αἰώνων ἐκ Πατρὸς γεννη-
θέντα, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 100; ultimo testo: Μῆτερ ἁγία ἡ τοῦ ἀφράστου
φωτός, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 175); 25v l. 26-38v l. 14: tono terzo (primo
testo: Τῷ σῷ Σταυρῷ Χριστὲ Σωτήρ, θανάτου, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 186; ul-
timo testo: Ἕκαστος ὅπου σῴζεται, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 215); 38v l. 15-52v
l. 17: tono quarto (primo testo: Τὸν ζωοποιόν σου Σταυρὸν, cfr. Παρακλητικὴ
cit., p. 272; ultimo testo: Ἀπεστάλη Γαβριὴλ πρὸς τὴν Παρθένον, cfr. Μηναῖα
τοῦ ὅλου ἐνιαυτοῦ, IV, ᾽Εν Ῥώμῃ 1898, p. 175); 52v l. 18-68r: tono primo obli-
quo (primo testo: Διὰ τοῦ τιμίου σου Σταυροῦ, Χριστέ, cfr. Παρακλητικὴ cit.,
p. 362; ultimo testo: Μῆτερ Θεοῦ Παναγία, τὸ τεῖχος, cfr. Παρακλητικὴ cit.,
p. 393); 68v-81v l. 1: tono secondo obliquo (primo testo: Νίκην ἔχων Χριστέ,
cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 450; ultimo testo: Παναγία Θεοτόκε, τὸν χρόνον,
cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 513); 81v l. 2-93v: tono grave (primo testo: Δεῦτε,
ἀγαλλιασώμεθα τῷ Κυρίῳ τῷ συντρίψαντι, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 534; ultimo
testo: Χαῖρε, κεχαριτωμένη Θεοτόκε Παρθένε, λιμὴν, cfr. Παρακλητικὴ cit.,
p. 540); 94r-97v, 99r-110v l. 4: tono quarto obliquo (primo testo: Ἑσπερινὸν
ὕμνον καὶ λογικὴν, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 616; ultimo testo: Σὲ καὶ τεῖχος
καὶ λιμένα, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 696); 110v l. 5-115v l. 14: exapostilaria e
anastasima mattutini20; 115v. ll. 15-21: sottoscrizione del copista (vd. su-
pra); 115v l. 22-116v l. 16: altri exapostilaria τῆς ὅλης ἑβδομάδος, τῇ β´ τῶν
ἀσωμάτων – τῷ σαββάτῳ21; 116v l. 17-118v: canone paracletico della Beata

17 Cfr. TURYN, Dated Greek Manuscripts cit, I, pp. 20-22; II, pl. 10; VG, pp. 60, 271; RGK

III, nr. 396.


18 Cfr. TURYN, Dated Greek Manuscripts cit., I, pp. 25-27; II, Pll. 14-15; RGK, I, nr. 327;

RGK II, nr. 445; RGK III, nr. 525; cfr. anche EHRHARD, Überlieferung und Bestand cit., III, pp.
484-486.
19 Cfr. Παρακλητικὴ ἤτοι Ὀκτώηχος ἡ μεγάλη, Ἐν ῾Ρώμῃ 1885.
20 Primo testo: Τοῖς Μαθηταῖς συνέλθωμεν, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 706; ultimo testo: Φανε­
ρῶν ἑαυτὸν τοῖς Μαθηταῖς σου, Σωτήρ, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 712.
21 Primo testo: τὴν ἄναρχον καὶ ἄϋλον· φύσιν τὴν τρισυπόστατον· αἱ τῶν ἀγγέλων χορεῖαι· τῶν
ἀσωμάτων αἱ τάξεις· θρόνοι ἑξαπτερύγων τε περικυκλοῦσιν ᾄδοντες· τὸν θρόνον τοῦ παντάνακτος·
καὶ τὸν τρισάγιον ὕμνον, μεγα<λο>φώνως βοῶσι (non identificato); ultimo testo: Ὁ οὐρανὸν τοῖς
ἄστροις κατακοσμήσας, cfr. Παρακλητικὴ cit., p. 718.

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UN FOGLIO PALINSESTO NEL VAT. GR. 772 463

Vergine Maria22; 119r ll. 1-14: indice breve degli στιχηρῶν; 119r ll. 15-22:
due preghiere23; 119v: canone per i defunti24.

Fogli aggiunti 1 e 121


I fogli aggiunti 1 e 121, come si è già ricordato, sono di pergamena (1r =
lato pelo, 1v = lato carne; 121r = lato carne, 121v = lato pelo) e provengono
da un manoscritto attribuibile ad un periodo tra la fine del X e l’inizio del-
l’XI secolo. In fase di restauro il f. 1 è stato reso solidale al f. 2 ed il f. 121 al
f. 120. Il f. 121 presenta nell’angolo superiore esterno del recto la segnatura
del fascicolo Λ, eseguita con inchiostro nero.
Le dimensioni sono di mm 235 × 162 (rilevate su f. 1r). Il margine su-
periore misura mm 24, quello inferiore mm 52, quello esterno mm 35, e
quello interno mm 10; la superficie scritta misura mm 159 × 117, con in-
terlinea di mm 18. L’impaginazione è ad una colonna di scrittura, con 22
righe tracciate. La rigatura è stata eseguita a secco, con incisione diretta
sul lato pelo, secondo il tipo 20C1 Sautel – Leroy (= 2-2/0/0/C Muzerelle).
Non è osservabile la foratura, a causa della rifilatura subìta. La scrittura è
appesa al rigo di base.
La scrittura è una minuscola informale, con asse inclinato a destra25. Il
ductus è veloce e prevale il gusto rotondo del disegno delle lettere. Epsilon
risulta spezzato quando è in legatura con ny o con rho; il kappa maiuscolo
ha i tratti obliqui staccati dal tratto verticale; psi ha la forma “a croce”,
a volte con il raddoppiamento del tratto verticale nella parte superiore;
la legatura epsilon + csi presenta sia la forma con epsilon a cresta ascen-
dente, sia il semplice accostamento delle due lettere; la legatura epsilon +
pi maiuscolo in alcuni casi presenta la cresta di epsilon ascendente, che,
dopo aver formato in alto un piccolo occhiello, ridiscende fino a toccare il
tratto orizzontale di pi; il doppio lambda (con le due lettere sia maiuscole
sia minuscole) è presente con il semplice accostamente delle due conso-
nanti; rho lega con le vocali successive. Le lettere iniziali, a doppia linea,

22 Inc. Σὲ τὸν πανάγαθον Λόγον ἐκδυσωπῶ, cfr. Παρακλητικὸν σὺν Θεῷ ἁγίῳ τῆς ὑπεραγίας Θεο-
τόκου, [curante Ph. VITALI], Ἐν Ῥώμῃ 1738, pp. ρπγ´­ρπη´, con alcune lacune.
23 Le due preghiere sono le seguenti: 1. Σήμερον σωτηρία τῷ κόσμῳ γέγονεν, cfr. Εὐχολόγιον
τὸ μέγα, Ἐν Ῥώμῃ 1873, p. 27; 2. Ἀναστὰς ἐκ τοῦ μνήματος, καὶ τὰ δεσμὰ, cfr. Εὐχολόγιον cit., p. 27.
24 Inc. Ὑγρὰν διοδεύσας ὡσεὶ ξηράν, cfr. Παρακλητικὴ cit., pp. 696-697.
25 Per le minuscole informali sia sufficiente rinviare a G. CAVALLO, Scritture informali,

cambio grafico e pratiche librarie a Bisanzio tra i secoli XI e XII, in I manoscritti greci tra rifles-
sione e dibattito (Atti del V Colloquio internazionale di Paleografia Greca, Cremona 4-10 ot-
tobre 1998), a c. di G. PRATO, I, Firenze 2000 (Papyrologica Florentina, XXXI), pp. 219-238;
P. ORSINI, Γράφειν οὐκ εἰς κάλλος. Minuscole greche informali del X secolo, in Studi Medievali 47
(2006), pp. 549-588.

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464 PASQUALE ORSINI

sono eseguite con lo stesso inchiostro del testo. Confronti paleografici si


possono istituire con le scritture del Paris. gr. 668 (Giovanni Crisostomo)
vergato nell’anno 954 da Giovanni presbitero26, del Patm. 192 (Massimo
Confessore) attribuibile al periodo tra fine del X ed inizio dell’XI secolo27,
dell’Ott. gr. 422 (Omelie e vite di santi) scritto nell’anno 1004 dal monaco
Teofane di Iviron28, del Vat. gr. 414 (Basilio di Cesarea) scritto nell’anno
1020-1021 dal prete Elia29, e del Paris. gr. 973 (Basilio di Cesarea) copiato
nell’anno 1044-104530. Sulla scorta di questi confronti si può proporre una
datazione tra la seconda metà del X e la prima metà dell’XI secolo.
Questi due fogli contengono parte di un Meneo31, e specificamente l’offi-
cio della dormizione della Beata Vergine Maria (per il 15 agosto): f. 121r: 1.
inc. mut. Σεραφίμ, Ἀγάλλονται γηγενεῖς ἐπί τῇ θείᾳ σου δόξῃ κοσμούμενοι fino
a μέλπουσι· Κεχαριτωμένη (cfr. Μηναῖα VI, cit., p. 407); 2. Δεῦτε ἀνυμνήσομεν,
λαοί, τὴν Παναγίαν (cfr. Μηναῖα VI, cit., p. 410); 3. Τὴν πάνσεπτόν σου Κοίμη-
σιν, Παναγία (cfr. Μηναῖα VI, cit., p. 410); f. 121v: 1. Δαυϊτικὴν ᾠδὴν σήμερον,
λαοί (cfr. Μηναῖα VI, cit., p. 410); 2. Ἡ τῶν οὐρανῶν ὑψηλοτέρα ὑπάρχουσα
fino a πληροῦται τὰ σύμπαντα (continua a f. 1r; cfr. Μηναῖα cit., p. 409); f. 1r:
χαρὰς καὶ ἡμῖν δωρεῖται τὸ μέγα ἔλεος (fine del testo nr. 2 iniziato a f. 121v;
cfr. Μηναῖα VI, cit., p. 409); 1. Ἡ πανάμωμος νύμφη (cfr. Μηναῖα VI, cit., p.
409); 2. Συντρέχει χορὸς τῶν Ἀποστόλων (cfr. Ἀνθολόγιον σὺν Θεῷ ἁγίῳ, [curan-
te Ph. VITALI], III, [Romae] 1738, p. σγ´)32; f. 1v: Ὅτε ἐξεδήμησας, Θεοτόκε
fino a Πανύμνητε χριστιανῶν (cfr. Μηναῖα VI, cit., pp. 410-411).

26Vd. LAKE IV, ms. 139, pll. 236-238; L.TH. LEFORT – J. COCHEZ, Palaeographisch Album.
Album palaeographicum codicum graecorum minusculis litteris saec. IX et X certo tempore
scriptorum. Accedunt quaedam exempla codicum saec. XI-XVI, Leuven 1932-1934, Pl. 33. Cfr.
VG, p. 204; RGK II, nr. 256; M. MENCHELLI, Per la fortuna di Diodoro nel secolo X (note sul
Marciano gr. 375, il Vaticano gr. 130, il Neapolitano B.N. suppl. gr. 4), in Bollettino dei Classici
S. III, 13 (1992), pp. 45-58: 48-54, tavv. VIIIb-X, XII, la quale attribuisce alla mano di Giovan-
ni presbitero anche la scrittura del Vat. gr. 130 (Diodoro Siculo).
27 Vd. LAKE I, nr. 25, Pl. 46: la datazione al 1082 presente nella raccolta dei LAKE in real-

tà si riferisce solo alle note marginali, mentre la scrittura del testo è attribuible, su base pale-
ografica, tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo.
28 Vd. LAKE VII, nr. 269, Pll. 477-478. Cfr. VG, p. 145; RGK I, nr. 136; RGK II, nr. 180;

RGK III, nr. 230; cfr. anche EHRHARD, Überlieferung und Bestand cit., III, pp. 793-794.
29 Vd. LAKE VII, nr. 276, Pll. 497, 505a. Cfr. VG, p. 128; RGK III, nr. 198; per la datazione

cfr. P. CANART – L. PERRIA, Les écritures livresques des XIe et XIIe siècles, in Paleografia e codi-
cologia greca. Atti del II Colloquio internazionale (Berlino – Wolfenbüttel, 17-21 ottobre
1983), a c. di D. HARLFINGER e G. PRATO, con la collaborazione di M. D’AGOSTINO e A. DODA,
I, Alessandria 1991 (Biblioteca di Scrittura e civiltà, 3), pp. 67-116: 75 n. 35.
30 Vd. LAKE IV, nr. 158, Pl. 270.
31 Cfr. Μηναῖα τοῦ ὅλου ἐνιαυτοῦ, VI, ᾽Εν Ῥώμῃ 1901.
32 Il testo del manoscritto presenta alcune varianti rispetto all’edizione del 1738.

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UN FOGLIO PALINSESTO NEL VAT. GR. 772 465

Foglio aggiunto palinsesto 120


Il foglio 120 è di pergamena (120r = lato carne; 120v = lato pelo) ed è
stato reso solidale al f. 121 in fase di restauro. Le sue dimensioni sono di
mm 245 × 162 (rilevate su f. 120r).

Scriptio inferior
L’impaginazione della scriptio inferior presenta una colonna di scrittu-
ra, con 29 righe tracciate superstiti: nella parte superiore manca una riga
di scrittura. La rigatura è stata eseguita a secco, con incisione diretta sul
lato pelo, ed attualmente il tipo di rigatura osservabile è 00C1 Sautel –
Leroy (= 1-1/0/0/C Muzerelle). Il margine inferiore misura mm 29, quello
esterno mm 21, quello interno mm 27. Non è osservabile la foratura. La
superficie scritta superstite — considerata la lacuna materiale all’inizio —
misura mm 216 × 114, l’interlinea mm 18. La scrittura è posizionata sul
rigo di base.
La scrittura (vd. tav. I) è una maiuscola ogivale inclinata, con un grado
di inclinazione che oscilla tra 97° e 103°. Il chiaroscuro è accentuato e
sono presenti ingrossamenti decorativi alla fine dei tratti sottili. Tipiche
risultano le lettere: delta con il tratto orizzontale che sporge sia a destra
sia a sinistra oltre l’incrocio con i tratti obliqui; zeta e csi che rompono il
bilinearismo in basso; theta con il tratto orizzontale prolungato oltre il
corpo ovale della lettera; kappa con i tratti obliqui staccati dal tratto verti-
cale; my con i tratti mediani fusi in una curva, che a volte tocca il rigo di
base e a volte scende leggermente al di sotto di esso; inoltre, nel my è da
segnalare il legamento “a ponte” tra i tratti verticali e quelli obliqui; rho con
l’occhiello tondeggiante e piccolo; ypsilon con il tratto obliquo discendente
da destra a sinistra del minimo spessore e nella parte superiore un vistoso
elemento ornamentale di forma triangolare; chi con la metà inferiore della
lettera che scende sotto il rigo di base; omega con le curve spezzate (a volte
la seconda curva risulta più piccola e più stretta della prima), ed in alcuni
casi con il legamento “a ponte” nella parte centrale. Nelle righe 1-3 del recto
è stata usata, come scrittura distintiva, la maiuscola ogivale diritta. All’i-
nizio della riga 24 si trova una lettera iniziale (Μ della parola ἠκούο|μεν),
eseguita con lo stesso inchiostro del testo, ingrandita di modulo e spostata
nel margine sinistro. Le caratteristiche grafiche descritte non permetto-
no di attribuire questa maiuscola ogivale inclinata ad un’area geografica
specifica. Tuttavia, se si prende in considerazione il grado di inclinazione
della scrittura — elemento di valutazione utilizzato per questa tipologia
grafica da Guglielmo Cavallo nel 1977 per le attribuzioni geografiche33 e
33 Cfr. G. CAVALLO, Funzione e strutture della maiuscola greca tra i secoli VIII-XI, in La

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466 PASQUALE ORSINI

mai verificato statisticamente da altri sudiosi — questa ogivale inclinata


potrebbe essere ipoteticamente ricondotta all’Italia meridionale.
Per quanto riguarda la datazione, l’impression d’ensemble della scrittura
suggerisce confronti paleografici con il Par. gr. 510 (Giovanni Crisostomo),
copiato probabilmente a Costantinopoli tra gli anni 879-882 per l’impera-
tore Basilio I e la sua famiglia34, e con il Par. gr. 437 (Dionigi l’Areopagita),
trascritto prima dell’anno 827 molto probabilmente a Costantinopoli35.
Sulla scorta di questi confronti, pertanto, si può attribuire la maiuscola
ogivale inclinata del nostro foglio palinsesto al secolo IX.
Il testo della scriptio inferior risulta visibile sul recto, mentre sul verso si
possono scorgere solo poche tracce di alcune lettere, che non permettono
di ricostruire con certezza i confini delle singole righe. Il testo corrisponde
alla parte iniziale di una omelia pseudo-crisostomica, In illud: Exeuntes
Pharisaei consilium inierunt (CPG 4640): sul recto si conserva la sezione di
testo PG 61, coll. 705 l. 75 – 707 l. 17; sul verso, in base alle poche sequen-
ze di lettere individuabili, si può ricostruire la sezione di testo PG 61, col.
707 ll. 18-3636. Tuttavia, in questa sede — considerata l’impossibilità di
una lettura articolata sul verso — si presenta la trascrizione diplomatica e
l’edizione37 del solo testo leggibile sul recto (vd. tav. I):

paléographie grecque et byzantine (Paris, 21-25 octobre 1974), Paris 1977 (Colloques Interna-
tionaux du CNRS, 559), pp. 95-137: 96-103.
34 Vd. H. OMONT, Fac-similés des plus anciens manuscrits grecs en onciale et en minuscule

de la Bibliothèque nationale, Paris 1892, tav. XI-XII; EHRHARD, Überlieferung und Bestand cit.,
III, pp. 1007-1008; L. BRUBAKER, Vision and Meaning in Ninth-Century Byzantium. Image as
Exegesis in the Homilies of Gregory of Nazianzum, Cambridge 1999 (Cambridge Studies in
Palaeography and Codicology), pp. 1-18, Fig. 47.
35 Vd. OMONT, Fac-similés cit., tav. XIV; per una riproduzione digitale del manoscritto vd.

http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b6000953x. Il manoscritto fu mandato in dono dall’impe-


ratore bizantino Michele II a Luigi il Pio in occasione di una ambasciata inviata a Campiègne
nell’827: cfr. H. OMONT, Manuscrit des œuvres de s. Denys l’Aréopagite envoyé de Constanti-
nople à Louis le Débonnaire en 827, in Revue des études grecques 17 (1904), pp. 230-236, Pl.
dopo p. 236. Vd. J. DURAND (ed.), Byzance. L’art byzantin dans les collection publiques fran-
çaises (Musée du Louvre, 3 novembre 1992-1er fevrier 1993), Paris 1992, nr. 126.
36 Sul verso si riesce a leggere con una certa sicurezza il seguente testo: 5. λου και

ξηραν[θεῖσαν τῇ παραβάσει, ταύτην] | 6. παλιν υπο του ιδιου κερ[αμέως ἀναπλασθῆ] | 7. ναι [ἢ ὅτι
ἔδει τὴν ὑπὸ τοῦ διαβόλου διὰ τὴν τῶν] | 8. αθεων ειδω[λων αἱμοχυσίαν δεξιὰν ...] (= PG 61, col.
707, ll. 20-22) | [...] 29. [... στερεὸ]ν εχον[τας ...] (= PG 61, col. 707, l. 36).
37 Per la trascrizione e l’edizione del testo — in maniera particolare per le zone poco visi-

bili e per la comprensione delle lezioni discordanti rispetto al testo edito in Migne — mi sono
avvalso di una collazione eseguita da Sever J. Voicu (che qui ringrazio ulteriormente per
averla messa a mia disposizione) della parte iniziale della omelia CPG 4640 tramandata dai
seguenti manoscritti conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana: Ott. gr. 85, ff. 178v-
182v (sec. XI); Vat. gr. 564, ff. 35r-38v (sec. XII); Ott. gr. 14, ff. 123r-126v (sec. X); Ott. gr. 179,
ff. 125r-131r (sec. XV). Per un’analisi critica di quanto emerso da tale collazione si rinvia alla
nota dello stesso Voicu pubblicata nel presente volume (Varianti per l’omelia In illud: Exeun-

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UN FOGLIO PALINSESTO NEL VAT. GR. 772 467

1 [-------------------------]
2 ..]ν̣τε̣ς̣ ο̣ι ̣ φαρισ̣̣α̣ιο̣ ̣ι ̣ συμβουλιον ελαβ̣ο̣ν̣ κατα του ι(ησο)υ
3 .]π̣ως̣ αυτ̣ο̣ν̣ α̣πολεσωσιν
4 ο̣σ̣ο̣ι ̣ του ηλια μ̣α̣θ̣η̣τα̣ ̣ι ̣ τυγχανετε· του την
5 π̣ε̣νιχραν τραπ̣ε̣ζαν της χειρας μη εξουθε
6 νησαντος παρ ημιν α̣υ̣τῶ αυλισθητε· τοι
7 αυτη γαρ και παρ ημιν λογων μετρια ητοι
8 μασται τραπεζα· ενα αρτον εχουσα ἐπ αυτῆς
9 ουχ ον μυλος ε̣λ̣ε̣πτυνεν· και χειρες ἐμα
10 λαξαν. και πυρ ετελεωσεν· αλλ’ ον παρθενος
11 ανευ αροτρου και σπερματος ηνθησεν. και
12 σταυρος ορημασεν. και π(ατ)ηρ ετελιωσεν. και
13 δεκαδυο κοφην ̣ οι των αποσ̣τ̣ολων ετρυ
14 γησαν· τουτον τον α̣ρτ̣ ̣ο̣ν̣ μαρια ε̣γε̣ ̣ννη
15 σεν και ἡ εκκλησια υπεδεξατο· κ̣α̣ι ̣ κ̣α̣θ’ ε
16 κ̣α̣σ̣τ ̣ην ημ ̣ ε̣ ̣ρα̣ν̣ υ̣φ̣ ημ ̣ ω̣ ̣ν̣ εσθιεται· και αδα
17 π̣α̣ν̣η̣το̣ς̣ μ̣ε̣ν̣ε̣ι̣ τ̣ο̣υ̣τ̣ο̣ν̣ υ̣μ̣ιν̣ ̣ τον αρτον
18 επι της μετριας μου τραπεζης ε̣π̣ιθ̣ ̣ε̣ις̣ ̣
19 ηβουλομην τ̣η̣ σ̣ιω ̣ ̣ π̣η̣ το της γλωττης
20 μου οργανον περισ̣φ̣ιγ̣ ξαι· αλλ’ η των
21 θεομαχον ιουδαιων κατα του σ(ωτη)ρ(ο)ς̣ [ε]ξα ̣ πτο
22 μενη επιβουλ̣ο̣ς̣ ενεδρα· και τους λιθους
23 λαλειν α̣ν̣α̣γκ ̣ ̣α̣ζει· τ̣ι ̣ γα ̣ ̣ρ̣ ηκουσα
24 Μεν αρτιως α̣ν̣α̣γιν̣ ̣ω̣σ̣κ̣ο̣με̣ ̣ν̣ο̣υ̣ και εξελ̣
25 θ̣ο̣ν̣τ ̣ε̣ς̣ φ̣η̣σ̣ιν̣ ̣ ο̣ι ̣ Φ̣α̣ρ̣ισ̣ ̣α̣ιο̣ι ̣ συμβουλιον
26 ελαβον κατ̣α̣ του Ι(ησο)υ οπως αυτον απολε
27 σωσιν· και τις η̣ α̣ιτ̣ ̣ια̣ ̣· δι ῆς̣ ε̣β̣ουλοντο̣ αυ
28 τον απωλεσαι· οτι εν ημερα σαββατω
29 αν(θρωπ)ον εθεραπευσεν· και την αργην και

[εἰς τὸ ἐξελ]|θόντες οἱ Φαρισαῖοι συμβούλιον ἔλαβον κατὰ τοῦ Ἰησοῦ | ὅπως


αὐτὸν ἀπολέσωσιν. | Ὅσοι τοῦ Ἠλία μαθηταὶ τυγχάνετε, τοῦ τὴν |5 πενιχρὰν
τράπεζαν τῆς χήρας μὴ ἐξουθε|νήσαντος, παρ’ ἡμῖν αὐτῷ αὐλίσθητε. Τοι|αύτη
γὰρ καὶ παρ’ ἡμῖν λόγων μετρία ἡτοί|μασται τράπεζα, ἕνα ἄρτον ἔχουσα ἐπ’
αὐτῆς· | οὐχ ὃν μύλος ἐλέπτυνεν, καὶ χεῖρες ἐμά|10λαξαν καὶ πῦρ ἐτελε<ί>ωσεν,
ἀλλ’ ὃν παρθένος | ἄνευ ἀρότρου καὶ σπέρματος ἤνθησεν, καὶ | σταυρὸς
ὡρίμασεν, καὶ Πατὴρ ἐτελ<ε>ίωσεν, καὶ | δεκαδύο κόφινοι τῶν ἀποστόλων

tes pharisaei [CPG 4640], pp. 639-648). Nel mio apparato critico sono registrate le discordan-
ze rispetto all’edizione del Migne: prima della parentesi quadra si trova il testo del palinsesto
e dopo tale parentesi è riportato il testo del Migne.

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468 PASQUALE ORSINI

ἐτρύ|γησαν. Τοῦτον τὸν ἄρτον Μαρία ἐγέννη|15σεν καὶ ἡ Ἐκκλησία ὑπεδέξατο,


καὶ καθ’ ἑ|κάστην ἡμέραν ὑφ’ ἡμῶν ἐσθίεται, καὶ ἀδα|πάνητος μένει. Τοῦτον
ὑμῖν τὸν ἄρτον | ἐπὶ τῆς μετρίας μου τραπέζης ἐπιθεὶς, | ἠβουλόμην τῇ σιωπῇ
τὸ τῆς γλώττης |20 μου ὄργανον περισφίγξαι· ἀλλ’ ἡ τῶν | θεομάχων Ἰουδαίων
κατὰ τοῦ Σωτῆρος ἐξαπτο|μένη ἐπίβουλος ἔνεδρα καὶ τοὺς λίθους | λαλεῖν
ἀναγκάζει. Τί γὰρ ἠκούσα|μεν ἀρτίως ἀναγινωσκoμένου; καὶ ἐξελ|25θόντες,
φησὶν, οἱ Φαρισαῖοι, συμβούλιον | ἔλαβον κατὰ τοῦ Ἰησοῦ, ὅπως αὐτὸν
ἀπολέ|σωσιν. Καὶ τίς ἡ αἰτία, δι’ ἧς ἐβούλοντο αὐ|τὸν ἀπολέσαι; Ὅτι ἐν ἡμέρᾳ
σαββάτῳ | ἄνθρωπον ἐθεράπευσεν, καὶ τὴν ἀργὴν καὶ
1-3 εἰς τὸ ἐξελθόντες οἱ Φαρισαῖοι συμβούλιον ἔλαβον κατὰ τοῦ Ἰησοῦ ὅπως αὐτὸν ἀπολέσωσιν] εἰς
τὸ Ἐξελθόντες οἱ Φαρισαῖοι συμβούλιον ἔλαβον | 6 παρ’ ἡμῖν αὐτῷ αὐλίσθητε] παρ’ ἡμῖν αὐλίσθητε
| 9 οὐχ ὃν μύλος ἐλέπτυνεν] οὐχ ὃν ὁ μύλος ἐλέπτυνε | 10 ἐτελε<ί>ωσεν] ἐτελείωσεν | 10-11 παρ-
θένος ἄνευ ἀρότρου] παρθένος ἄρουρα ἄνευ ἀρότρου ἤνθησεν] ἤνθησε | 12 ὡρίμασεν] ὡρίμασε
ἐτελ<ε>ίωσεν] ἐτελείωσε | 13 δεκαδύο] δώδεκα κόφινοι] οἱ κόφινοι | 14-15 Μαρία ἐγέννησεν] Μα-
ρία μὲν ἐγέννησεν | 15 καὶ ἡ Ἐκκλησία ὑπεδέξατο] ἡ Ἐκκλησία δὲ ὑπεδέξατο | 21-22 ἐξαπτομένη]
ῥαπτομένη | 22 ἔνεδρα] ἐνέδρα] (cfr. VOICU, Varianti per l’omelia cit., pp. 644-645, 646-647 | 23-24
ἠκούσαμεν] ἠκούομεν | 24 ἀναγινωσκoμένου] ἀναγινωσκόμενον | 26-27 ἀπολέσωσιν] ἀπολέσωσι
| 27-28 δι’ ἧς ἐβούλοντο αὐτὸν ἀπολέσαι] δι’ ἣν βουλεύονται ἀπολέσαι τὸν Κύριον | 28 ἐν ἡμέρᾳ
σαββάτῳ] ἐν ἡμέρᾳ σαββάτων | 29 ἐθεράπευσεν] ἐθεράπευσε

Questo testo fa parte di un cospicuo numero di spuri (in massima parte


omelie) che sono stati tramandati — accanto al corpus di opere autentiche
— sotto il nome di Giovanni Crisostomo. Circa la metà di queste opere apo-
crife è costituita di centoni, estratti, rimaneggiamenti e volgarizzamenti
di opere più antiche. Gli altri spuri si suddividono in due gruppi: il primo
è costituito di opere la cui attribuzione a Crisostomo è comparsa in una
fase tardiva della tradizione manoscritta, mentre in precedenza circola-
vano sotto altri nomi, non necessariamente i loro veri autori; il secondo è
formato da opere che sono state “pubblicate” sotto il nome di Crisostomo
e che non hanno una tradizione precedente38.

38
Sulla questione dei testi pseudo-crisostomici cfr. J. A. DE ALDAMA, Repertorium pseudo-
chrysostomicum, Paris 1965 (Documents, études et répertoires, publiés par l’IRHT, 10); ID.,
Historia y balance de la investigación sobre homilías pseudocrisostómicas impresas, in Studia
Patristica 7, Berlin 1966 (TU, 92), pp. 117-132; S. J. VOICU, Le corpus pseudo-chysostomien:
questions préliminaires et état des recherches, in E. A. LIVINGSTONE (ed.), Studia Patristica,
XVIII, Oxford-New York 1982, pp. 1198-1205; ID., Trentatré omelie pseudocrisostomiche e il
loro autore, in Lexicon Philosophicum 2 (1986), pp. 73-141: 73-75; ID., Pseudo-Giovanni Criso-
stomo: i confini del corpus, in Jahrbuch für Antike und Christentum 39 (1996), pp. 105-115; ID.,
«Furono chiamati Giovanniti...». Un’ipotesi sulla nascita del corpus pseudocrisostomico, in
Philomathestatos cit., pp. 701-711; ID., La volontà e il caso: la tipologia dei primi spuri di Criso-
stomo, in Giovanni Crisostomo. Oriente e Occidente tra IV e V secolo (XXXIII Incontro di
studiosi dell’antichità cristiana – Roma, 6-8 maggio 2008), Roma 2005 (Studia Ephemeridis
Augustinianum, 93), pp. 101-118.

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UN FOGLIO PALINSESTO NEL VAT. GR. 772 469

Benedikt Marx39 ha ricondotto l’omelia In illud: Exeuntes Pharisaei con-


silium inierunt al giovane Proclo e ne ha messo in evidenza i legami con
altre due omelie, In Rachelem et in infantes (CPG 4637) e In Herodem et
infantes (CPG 4638). Francesco Scorza Barcellona40, studiando le relazio-
ni tra questa ed altre due omelie (In Rachelem et in infantes [CPG 4637] e
l’omelia 26 di Proclo, De caede innocentium et de vidua [CPG 5825]), ha so-
stenuto l’unità compositiva di questi tre testi, i quali avrebbero una stessa
tradizione letteraria, anche se non si possono considerare prodotti di una
stessa scuola.
Bisogna aggiungere che, secondo José Antonio de Aldama, questa ome-
lia, in almeno un manoscritto, sarebbe attribuita ad Anfilochio di Iconio41,
tuttavia questa notizia non ha finora trovato conferma e sembra, quindi,
essere errata.
Infine, in una serie di studi Sever J. Voicu, basandosi su criteri stilistici,
ha isolato — nell’ambito del cospicuo numero delle omelie pseudo-criso-
stomiche — un gruppo di 37 omelie, a cui appartiene anche quella (CPG
4640) tramandata dal nostro palinsesto42. Voicu sostiene che questi testi

39 B. MARX, Procliana. Untersuchung über den homiletischen Nachlass des Patriarchen

Proklos von Konstantinopel, Münster 1940 (Münsterische Beiträge zur Theologie, 23), pp. 22-
24, n. 10.
40 F. SCORZA BARCELLONA, La celebrazione dei santi innocenti nell’omiletica greca, in Bol-

lettino della Badia greca di Grottaferrata 30 (1976), pp. 73-101: 92-101, con analisi letteraria
dei principali topoi delle omelie CPG 4637, 4638, 5075, 4640.
41 Cfr. DE ALDAMA, Repertorium pseudochrysostomicum cit., p. 122, nr. 333. L’attribuzio-

ne ad Amphilochio è stata negata, sulla base di criteri esclusivamente interni, da G. FICKER,


Amphilochiana, Leipzig 1906, pp. 16-17. Cfr. anche l’edizione di C. DATEMA, Amphilochii Ico-
niensis opera: Orationes pluraque alia quae supersunt, nonnulla etiam spuria, Turnhout-Leu-
ven 1978 (Corpus Christianorum. Series Graeca, 3).
42 Cfr. S. J. VOICU, “Giovanni di Gerusalemme” e pseudo-Crisostomo. Saggio di critica di

stile, in Euntes docete 24 (1971), pp. 66-111; ID., Trentatré omelie pseudocrisostomiche cit., pp.
73-141; ID., Uno pseudocrisostomo (Cappadoce?) lettore di Origene alla fine del sec. IV, in Au-
gustinianum 26 (1986) [= XIV incontro di studiosi dell’antichità cristiana. L’origenismo: Apolo-
gie e polemiche intorno a Origene, 9-11 maggio 1985], pp. 281-293; ID., Ancora due omelie
pseudocrisostomiche di matrice Cappadoce (CPG 4669 e 4966), in Augustinianum 33 (1993) [=
Ricerche patristiche in onore di Dom Basil Studer OSB], pp. 467-497; ID., Due nuove omelie
pseudocrisostomiche cappadoci (CPG 4768 e 4969), in Orpheus N.S. 21 (2000), pp. 164-174;
ID., Tracce origeniane in un pseudocrisostomo cappadoce, in Origene e l’alessandrinismo cappa-
doce (III-IV secolo), Atti del V Convegno del Gruppo Italiano di ricerca su “Origene e la tradi-
zione alessandrina” (Bari, 20-22 settembre 2000), a c. di M. GIRARDI e M. MARIN, Bari 2002
(Quaderni di “Vetera Christianorum”), pp. 333-346. Le 37 omelie a lui attribuite da Voicu
sono, allo stato attuale della ricerca, le seguenti: CPG 4546, 4547, 4553, 4566, 4567, 4570,
4571, 4578, 4588, 4589, 4590, 4619, 4629, 4630, 4631, 4632, 4637, 4640, 4651, 4657, 4658,
4660, 4661, 4669, 4695, 4699, 4700 (tutte pubblicate in PG); CPG 3228, 4757, 4738, 4917,
4768, 4966, 4969, 5003, 5059 (pubblicate al di fuori di PG); CPG 5092 (inedita; si trova nel
codice Ott. gr. 13, ff. 188r-190r, inc. Πᾶσα μὲν ἐντολὴ καθαρά).

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470 PASQUALE ORSINI

siano opera di uno stesso autore anonimo, la cui attività letteraria va col-
locata tra gli anni 381 e gli inizi del V secolo. Anche se la sua predicazione
può essere ricondotta alla capitale Costantinopoli, sotto il profilo ideolo-
gico, invece, l’autore anonimo mostra forti affinità con il mondo cappado-
ce, legami molto stretti con Basilio Magno (forse di discepolato?) ed una
conoscenza diretta delle opere di Origene, a cui la sua riflessione sembra
ispirarsi liberamente.
Inoltre, lo stesso Voicu ha dimostrato che l’omelia CPG 4640 è la princi-
pale fonte testuale di un’altra omelia pseudo-crisostomica, In Ilud: College-
runt Iudaei (CPG 4579; PG 59, coll. 525-528)43, che è stata da lui attribuita
ad un altro autore anonimo, denominato “Pseudocrisostomo 15”44, la cui
attività sarebbe da collocare nella prima metà del VI secolo.
Per quanto riguarda la tradizione manoscritta dell’omelia CPG 4640,
i manoscritti più antichi fino ad ora censiti sono il Vindob. Theol. gr. 5
(ff. 215r-216r), vergato nell’anno 938 in minuscola bouletée con inclina-
zione dell’asse a sinistra45, l’Ott. gr. 14 (ff. 123r-126v) vergato in minuscola
bouletée intorno alla metà del X secolo46, ed il manoscritto Hierosol. S. Saba
1 (ff. 78v-81v) vergato nella seconda metà del X secolo in una minuscola
appartenente alla fase iniziale di sviluppo della Perlschrift47. Pertanto, allo

43 Cfr. VOICU, “Giovanni di Gerusalemme” cit., pp. 98-99; ID., Rifacimenti pseudocrisosto-

mici di omelie basiliane, in Augustinianum 16 (1976), pp. 499-504: 502 n. 12; ID., Trentatré
omelie cit., pp. 75, 97-98.
44 Cfr. S. J. VOICU, Une nomenclature pour les anonymes du corpus pseudo-chrisostomien,

in Byzantion 51 (1981), pp. 297-305: al “Pseudocrisostomo 15” Voicu ha attribuito le omelie


CPG 4579, 4654, 4669, 4969; sull’omelia CPG 4669 cfr. ID., Ancora due omelie pseudocrisosto-
miche, pp. 467-497.
45 Cfr. A. EHRHARD, Überlieferung und Bestand der hagiographischen und homiletischen

Literatur der griechischen Kirche von den Anfängen bis zum Ende des 16. Jahrhunderts, II,
Leipzig 1938, pp. 278-280; H. HUNGER – O. KRESTEN, Katalog der griechischen Handschriften
der Österreichischen Nationalbibliothek, III.1, Codices Theologici 1-100, Wien 1976 (Museion.
N.F. 4,1), pp. 9-12; Codices Chrysostomici Graeci, IV, Codices Austriae, descripsit W. LACKNER,
Paris 1981 (Documents, études, et répertoires, publiés par l’IRHT), pp. 3-5; M. L. AGATI, La
minuscola «bouletée», Città del Vaticano 1992 (Littera Antiqua, 9,1), pp. 187-188, tav. 129:
alla stessa mano del codice di Vienna è attribuita anche la scrittura del Vat. gr. 423 (excerpta
dai Padri della Chiesa).
46 Cfr. E. FERON – F. BATTAGLINI, Codices manuscripti Graeci Ottoboniani Bibliothecae

Vaticanae, Romae 1893 (Bibliothecae Apostoliae Vaticanae codices manuscripti recensiti),


pp. 16-18; A. EHRHARD, Überlieferung und Bestand der hagiographischen und homiletischen
Literatur der griechischen Kirche von den Anfängen bis zum Ende des 16. Jahrhunderts, I, Leip-
zig 1937, pp. 213-218, 228 n. 3; AGATI, La minuscola «bouletée» cit., pp. 41-42, tav. 22: alla
mano di questo copista sono state attribuite anche le scritture dei codici Paris. gr. 654 (com-
menti di Teodoreto di Cirro, Asterio Sofista, Giovanni Crisostomo e Esichio di Gerusalemme
ai Salmi) e Marc. gr. II, 179 (= coll. 1052; Giovanni Crisostomo, Omelie).
47 Cfr. A. PAPADOPOULOS-KERAMEUS, Ἱεροσολυμιτικὴ Βιβλιοθήκη, II, Πετρούπολις 1894, pp.

1-8; EHRHARD, Überlieferung und Bestand cit., II, pp. 102-103; J. LEROY, L’homilétique de Pro-

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UN FOGLIO PALINSESTO NEL VAT. GR. 772 471

stato attuale delle conoscenze, il foglio palinsesto 120 del Vat. gr. 772 risul-
ta il più antico testimone dell’omelia In illud: Exeuntes Pharisaei consilium
inierunt.

Scriptio superior
Questa scrittura ha riutilizzato lo schema di rigatura della scriptio in-
ferior, ma con una certa libertà per quanto riguarda la posizione del testo
all’interno dello specchio rigato: infatti, le linee di scrittura si trovano col-
locate tra le due righe rettrici, sopra il rigo di base, a cavaliere del rigo, o
appese ad esso. Il numero delle linee di scrittura è di 27 sul recto e 26 sul
verso. Nella parte superiore manca il margine e parte della prima riga. Le
dimensioni dello specchio di scrittura sono di mm 220 × 124; il margine
inferiore misura mm 25, quello esterno mm 22, quello interno mm 16;
l’interlinea misura mm 18.
La scrittura (vd. tav. I) è una minuscola che presenta irregolarità e di-
somogeneità modulari, con contrasto tra lettere inscrivibili in un quadrato
(alpha, beta, epsilon, theta maiuscolo, kappa maiuscolo, omicron) e lettere
inscrivibili in un rettangolo stretto (eta maiuscolo, theta maiuscolo [altra
forma], ny), asse diritto — anche se a volte risulta lievemente inclinato a
destra — e gusto del disegno prevalentemente tondeggiante. Nell’ultima
riga della pagina i tratti di alcune lettere (phi, lambda, kappa, rho) vengono
prolungati nel margine inferiore ed ornati con piccoli segni a forma di “x”
o di foglietta cuoriforme. Caratteristiche degne di rilievo sono: alpha ma-
iuscolo con il tratto obliquo discendente da sinistra a destra prolungato in
alto e l’occhiello ora tondeggiante ora stretto e schiacciato; theta maiuscolo
di modulo ingrandito e tondeggiante; lambda maiuscolo a volte ingrandito
e con i tratti obliqui divaricati e prolungati in basso; ny a volte è presente
nella forma maiuscola, con asse inclinato a destra; omicron di modulo sia
rimpicciolito sia ingrandito; phi nelle forme sia maiuscola sia minuscola,
con nucleo centrale tondeggiante; omega presenta spesso il modulo ingran-
dito. Il rho, quando lega con alpha precedente, ha l’occhiello aperto ed
ingrandito; a volte il rho lega con le vocali successive; le legature di pi (ma-
iuscolo) e tau con omega presentano il tratto orizzontale di queste conso-
nanti incurvato verso il basso, fino a toccare il rigo di base, e poi ricondotto
verso l’alto fino a toccare la parte inferiore della curva centrale di omega; in
un solo caso, il kappa di καί è inscritto all’interno di un cerchio (120v, l. 5).

clus de Constantinople. Tradition manuscrite, inédits, études connexes, Città del Vaticano 1967
(Studi e testi, 247), pp. 87, 109, 236, 266, 292; vd. HÉSYCHIUS DE JÉRUSALEM, BASILE DE
SÉLEUCIE, JEAN DE BÉRYTE, PSEUDO-CHRYSOSTOME, LÉONCE DE CONSTANTINOPLE, Homélies
Pascales (cinq homélies inédites), introduction texte critique, traduction, commentaire et in-
dex de M. AUBINEAU, Paris 1972 (Sources Chrétiennes, 187), p. 176, Pl. II.

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472 PASQUALE ORSINI

Confronti paleografici si possono istituire con le scritture dei codici


London. Arundel 549 (Gregorio Nazianzeno) vergato nella seconda metà
dell’XI secolo dal βασιλικὸς νοτάριος Michele48, Vindob. Theol. gr. 63 (Gio-
vanni Crisostomo) copiato nell’anno 1061 dal monaco Diomede49, Vat. gr.
1231 (Giobbe) vergato nella prima metà del XII secolo dal prete Giovanni
Tarsites50, Hierosol. S. Crucis 43 (Lezionario dei Vangeli) copiato nell’anno
1122 dal monaco Basilio Agiopolita51, Oxon. Rawl. G 199 (= Misc. gr. 178)
(Simeone Stilita) copiato nell’anno 1141 dal monaco Bartolomeo di Reggio
Calabria52. Sulla base di questi confronti si può proporre una datazione di
questa scrittura tra la seconda metà dell’XI e la prima metà del XII secolo53.
Secondo Devreesse il testo della scriptio superior sarebbe un «fragmen-
tum ... passionis, ni fallor, sanctarum Agapes, Irenes et Chioniae». In re-
altà, la sezione di testo del nostro foglio non corrisponde alla passione di
queste tre sante (BHG 34)54, bensì ad un’altra passione, quella della ve-
dova Anastasia (BHG 82), nella versione di Simeone Metafrasta (PG 116,
coll. 573-609), dove tra l’altro vengono fornite anche alcune notizie rela-
tive alle sorelle Agape, Irene e Chionia: f. 120r (vd. tav. I) = PG 116, col.
584, ll. 10-31; inc. τὰ ε]ἰωθ[ότα καὶ ἔτι ποιεῖν οὐκ ἔληγε, λόγοις] μὲν πρὸς τὸν
ἀγὼνα διαθερμαίνουσα; expl. τυφλώττων τυφλὸς ἐξάπινα καὶ τὰς ὄ-; f. 120v =
PG 116, col. 584, ll. 31-54; inc. [-ψεις ἦν, μᾶλλον δὲ] βλέπειν δοκῶν καὶ τοὺς
ὀφθαλμοὺς ἔχων ἀκλείστους; expl. ὑπολαβόντες εἶναι, πρὸς φυγὴν ἐχώρουν. Il
testo risulta piuttosto scorretto, con numerosi fenomeni di itacismo ed
errori di accentazione delle parole.

48 Cfr. VG, p. 317; RGK I, nr. 288; CAVALLO, Scritture informali, cambio grafico cit.,

pp. 228, 231, tav. 12c.


49 Cfr. VG, p. 109; LAKE V, nr. 205, Pl. 353.
50 Cfr. RGK III, nr. 308, Taf. 164; I. SPATHARAKIS, Corpus of Dated Illuminated Greek Ma-

nuscripts to the Year 1453, Leiden 1981, vol. I, p. 37 nr. 114; vol. II, Figg. 216-218.
51 Vd. LAKE I, nr. 10, Pll. 15-16; cfr. VG, p. 53.
52 Vd. LAKE II, nr. 63, Pll. 114-115; cfr. VG, p. 51; RGK I, nr. 33; cfr. anche EHRHARD,

Überlieferung und Bestand cit., III, p. 959.


53 Per le caratteristiche delle scritture di questo periodo si rinvia al già citato lavoro di

CANART – PERRIA, Les écritures livresque cit.


54 Cfr. le edizioni: P. FRANCHI DE’ CAVALIERI, Nuove note agiografiche, Roma 1902 (Studi

e testi, 2), pp. 1-19; R. KNOPF, Ausgewählte Märtyrerakten, Tübingen 19654, pp. 95-100; H. A.
MUSURILLO, The Acts of the Christian Martyrs, Oxford 1972 (Oxford Early Christian Texts),
pp. 280-292; G. LANATA, Gli Atti dei martiri come documenti processuali, Milano 1973 (Studi e
testi per un Corpus Iudiciorum, 1), pp. 209-217.

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UN FOGLIO PALINSESTO NEL VAT. GR. 772 473

Tav. I – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 772, f. 120r (foto con luce ultravioletta).

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VALERIO SANZOTTA

SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI (VAT. LAT. 3134).


TESTI E FLORILEGI A MANTOVA TRA
MEDIOEVO E UMANESIMO

1. Il Vat. lat. 3134 è una corposa miscellanea, ormai nota come Pandetta
di Ramo Ramedelli, nella quale, tra la fine del XIV e i primi decenni del XV
secolo, il modesto funzionario gonzaghesco ha raccolto un larghissimo nu-
mero di estratti di testi classici e medievali insieme con molte testimonian-
ze del primo umanesimo. Il codice è assurto a qualche notorietà nel mondo
degli studi grazie alla scoperta che Augusto Campana, sul finire degli anni
’50 del secolo scorso, vi fece di una sconosciuta e bellissima lettera del Boc-
caccio a Donato Albanzani. La miscellanea è stata in seguito variamente
utilizzata da più di uno studioso e su di essa non mancano ormai vari con-
tributi1, ma il suo contenuto non è stato ancora compiutamente descritto:
a ciò attende ora chi scrive, e in servizio degli studi sull’umanesimo sarà
presto pubblicata una tavola del codice. Tanto più perché, oltre a nuove
testimonianze di testi già noti, la miscellanea ne contiene altri certamente
sconosciuti, non sarà inutile, al di là del recupero di gemme e di altre non
meno preziose trouvailles, riesaminare il ruolo testimoniale che la Pan-
detta riveste nei riguardi di quella civiltà di transizione che nel volgere di
pochi decenni si schiude ai cambiamenti culturali e approda all’umanesi-
mo. L’arrivo a Mantova di Vittorino da Feltre, chiamato da Gianfrancesco

1 Sul Vat. lat. 3134 vd. A. CAMPANA, Poesie umanistiche sul castello di Gradara, in Studi
Romagnoli 20 (1969) [ma 1970], pp. 501-520; R. AVESANI, Uguccione della Faggiola a Vicenza
in una iscrizione sconosciuta di Antonio da Legnago, in Uguccione della Faggiola nelle vicende
storiche fra Due e Trecento. Atti del convegno. Casteldelci, 6-7 settembre 1986, San Leo 1995,
(= Studi montefeltrani 18 [1995], pp. 5-64), pp. 47-64: 51-55; S. GENTILE – S. RIZZO, Per una
tipologia delle miscellanee umanistiche, in Il codice miscellaneo: tipologie e funzioni. Atti del
convegno internazionale, Cassino 14-17 maggio 2003, a cura di E. CRISCI – O. PECERE, Cassi-
no 2003) (= Segno e testo 2 [2004]), pp. 379-407: 388-89, 400-401, 404; R. AVESANI, La «Pan-
detta» di Ramo Ramedelli. Livelli di cultura a Mantova fra Tre e Quattrocento, in Filologia,
Papirologia, Storia dei Testi. Giornate di studio in onore di Antonio Carlini. Udine, 9-10 di-
cembre 2005, Pisa – Roma 2008, pp. 131-173. Mi permetto di rimandare anche ai miei Per
Battista di Montefeltro Malatesti e Giovanni Quirini, in Archivio Italiano per la Storia della
Pietà 23 (2010), pp. 73-83 e Preumanesimo malatestiano nella Pandetta di Ramo Ramedelli, in
Per Gabriella: studi in ricordo di Gabriella Braga, a cura di M. PALMA e C. VISMARA, Cassino, in
corso di stampa.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 475-499.

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476 VALERIO SANZOTTA

Gonzaga come precettore dei figli, risale al 1423 e viene considerato sim-
bolicamente come l’ingresso della cultura umanistica a Mantova. Ma va
d’altra parte riconosciuto che l’apporto di Vittorino trovò un terreno già
in parte dissodato dalla politica culturale dei primi Gonzaga, che ebbero
il merito di formare, anche mantenendo una presenza stabile di copisti e
miniatori, una raccolta libraria che già alla fine del XIV secolo rendeva la
corte di Mantova un grande centro culturale dell’Italia padana: alla biblio-
teca signorile ricorrevano normalmente amici dei signori, studiosi, mae-
stri, funzionari e cortigiani, e nota è la liberalità, talora persino eccessiva,
con cui i Gonzaga mettevano a disposizione i libri della loro biblioteca, il
che contribuì non poco alla sua dispersione. Prima dell’esperienza della Ca’
Zoiosa, insomma, si dispiega attorno alla corte dei Gonzaga un variegato
ambiente, forgiato nella tradizione della cancelleria e dell’insegnamento
pubblico, che trova nell’eredità petrarchesca e nello studio dei classici il
proprio segno distintivo2.
Di tale vivacità culturale Ramedelli dovette in qualche misura essere
partecipe, tanto più che, in qualità di funzionario gonzaghesco, egli aveva

2 Vd. l’imminente P. PELLEGRINI, Vecchie e nuove schede sull’umanesimo mantovano, in

Res Publica Litterarum 35 (2012), in corso di stampa. Si dirà presto dell’ipotesi che vuole
Pietro da Parma insegnare per un periodo nella città dei Gonzaga; e sempre a Mantova, come
ricorda S. DAVARI, Notizie storiche intorno allo Studio pubblico ed ai maestri del secolo XV e
XVI che tennero scuola in Mantova tratte dall’Archivio Storico Gonzaga in Mantova, Mantova
1876, p. 4, nell’anno 1398 un grammatico di nome Venturino leggeva pubblicamente Virgilio
nei giorni festivi: come è stato osservato, si tratta assai verosimilmente dello stesso Venturi-
nus che commentava Seneca nel 1401, secondo quanto si ricava da una nota al f. 274r
dell’Harl. 2481 della British Library di Londra («1401, VIII iunii magister Venturinus comple-
vit hanc le<cturam>»). Il codice, contenente le tragedie di Seneca, è scritto in ambiente lom-
bardo in quello stesso 1401 da un certo Nicolaus; le postille che corredano il codice lascereb-
bero pensare a un ambiente di scuola, e che tale scuola fosse a Mantova si può dedurre dalla
presenza di una nota al f. 274r, relativa alla morte di Giovanni Galeazzo Sforza, apposta nel
1402 proprio nella città lombarda (M. CORTESI, Libri e vicende di Vittorino da Feltre, in Italia
medioevale e umanistica 23 [1980], pp. 77-114: 100; PELLEGRINI, Vecchie e nuove schede).
Andrea Canova mi segnala il ms. 31 della biblioteca di Poppi, contenente le Heroides di Ovidio
e il Geta di Vitale di Blois, copiato a Mantova nel 1399 da Pietro Butini (o Vutini) di Lucera,
il quale ha aggiunto alla fine un carmen dedicato alla fortuna, un epitafio per Pietro da Man-
tova e un’orazione metrica (sul codice vd. almeno P. STOPPACCI in I manoscritti datati della
provincia di Arezzo, a cura di M. C. PARIGI, P. STOPPACCI, Firenze 2007, pp. 58-59, scheda nr.
51 [Manoscritti datati d’Italia, 15]). Tra le figure minime di grammatici si può infine menzio-
nare quel Bartolomeo Alboini da Volta, che DAVARI, Notizie, p. 5 (e di seguito E. FACCIOLI,
Mantova. Le lettere, II, Mantova 1962, p. 32) vuole collaboratore di Vittorino da Feltre: di lui
sappiamo che nel 1397 scrisse nove esametri celebrativi della fondazione a Mantova della
chiesa di S. Barnaba, versi che Ramedelli trasse forse dall’epigrafe stessa e che registrò al f.
292va del suo codice. Sull’epigrafe vd. G. SCHIZZEROTTO, L’epigrafe metrica di Bartolomeo degli
Alboini da Volta, in Palazzo del Capitano. Medioevo e Rinascimento: riapertura di un percorso
museale [Catalogo della mostra tenuta a Mantova nel 1986], Canneto sull’Oglio 1986, p. 20.

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 477

certamente adito alla biblioteca di corte, e si dovrà pensare che a essa,


come anche alle biblioteche di privati e a quella delle istituzioni religiose,
abbia più volte fatto ricorso per allestire gran parte della sua straordinaria
antologia3. Non mi è stato possibile individuare i singoli esemplari utilizzati
da Ramedelli, sia per la dispersione delle raccolte gonzaghesche, sia per la
scarsità di identificazioni; tuttavia è possibile riconoscere negli inventa-
ri — e segnatamente in quello celeberrimo della collezione di Francesco
Gonzaga redatto nel 14074 — numerose e significative coincidenze con i
testi raccolti nel Vat. lat. 3134. Poiché poi Ramedelli sopravvisse sette anni
all’arrivo di Vittorino da Feltre a Mantova, non si potrà trascurare neanche,
forse non per i libri, ma almeno per qualche sollecitazione culturale, un
fugace sguardo alla biblioteca del maestro, oggi meglio conosciuta grazie
agli studi di Mariarosa Cortesi5.
È subito evidente, anche con una rapida rassegna del contenuto del
codice, come l’interesse di Ramedelli sia prevalentemente rivolto a testi
latini, ma quelli volgari sono presenti nella Pandetta in numero non esiguo
e alcuni di essi sono anche di qualche importanza6. La pattuglia di testi
italiani raccolta nel Vat. lat. 3134 sembra attestare a Mantova l’esistenza di
una dialettica latino-volgare piuttosto precoce, che meriterebbe senz’altro
di essere indagata più a fondo e più a largo raggio. Del tutto assenti sono
invece le opere della tradizione francoveneta che pure era assai viva nella
città dei Gonzaga, tanto da essere largamente rappresentata nell’inventario
della biblioteca signorile (ben 67 manoscritti su 292). In questa scelta di
campo, piuttosto radicale, la Pandetta di Ramedelli si inscrive in una linea
che, come si vedrà, è dichiaratamente umanistica e petrarchesca.

2. È stato più volte osservato come le corti dell’Italia settentrionale ab-

3 AVESANI, «Pandetta», p. 144.


4 P. GIROLLA, La biblioteca di Francesco Gonzaga secondo l’inventario del 1407, in Atti e
memorie della R. Accademia virgiliana di Mantova. R. Deputazione di storia patria per l’antico
ducato, n. s. 14-16 [1921-1923], pp. 30-72: 40-72; sull’inventario si aggiunga V. BERTOLINI,
Preliminari a un’edizione degli “Inventari” della Biblioteca gonzaghesca del 1407, in Quaderni di
lingue e letterature 14 (1989), pp. 67-73. Sulla biblioteca dei Gonzaga vd. anche A. CANOVA, Le
biblioteche dei Gonzaga nella seconda metà del Quattrocento, in Principi e signori. Le bibliote-
che nella seconda metà del Quattrocento. Atti del Convegno di Urbino, 5-6 giugno 2008, a cura
di G. ARBIZZONI, C. BIANCA, M. PERUZZI, Urbino 2010, pp. 39-66.
5 Vd. almeno CORTESI, Libri e vicende; EAD., Libri di lettura e libri di grammatica alla scuo-

la di Vittorino da Feltre, in Libri di scuola e pratiche didattiche dall’Antichità al Rinascimento.


Atti del Convegno Internazionale di Studi, Cassino, 7-10 maggio 2008, a cura di L. DEL CORSO
e O. PECERE, II, Cassino 2010, pp. 607-35.
6 Si vedano per esempio le rime di Malatesta Malatesti o il canzoniere di Giovanni Quiri-

ni, sulla cui presenza nella Pandetta cfr. rispettivamente MALATESTA MALATESTI, Rime, Edi-
zione critica a cura di D. TROLLI, Parma 1982, pp. 46-47 e SANZOTTA, Per Battista, pp. 76-83.

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478 VALERIO SANZOTTA

biano costituito all’inizio dell’umanesimo i principali centri propulsori di


un modello di intellettuale-burocrate, che condivide i contenuti ideologici
dei suoi signori e collabora attivamente con loro alla gestione e all’organiz-
zazione del potere7: un modello che sembra bene attagliarsi a una figura
come quella di Ramo Ramedelli, che presso la corte dei Gonzaga svolse la
propria attività di funzionario, coltivò rapporti di amicizia e, lungo il perio-
do di una vita intera, raccolse le proprie letture nella Pandetta. Il poco che
sappiamo di lui si ricava in larga parte dal materiale archivistico dell’Ar-
chivio Gonzaga, conservato presso l’Archivio di Stato di Mantova, da cui si
può desumere che Ramedelli fu a servizio della famiglia Gonzaga dall’ul-
timo decennio del XIV secolo fino al 1430, data presunta della sua morte:
di Ramo non vi sono notizie oltre quell’anno e, anzi, si sa che nel luglio
del 1430 suo figlio Alessandro ricevette una casa in dono da Gianfrancesco
Gonzaga in memoria dei servizi resi a suo padre dal padre di Alessandro8.
Ampie e documentate notizie sulle tappe della carriera di Ramedelli
sono già state pubblicate a stampa e non occorrerà dilungarsi9. Mette qui
conto indagare la consuetudine di Ramo con illustri personaggi manto-
vani o legati alla città dei Gonzaga: già noti sono quelli, diretti o indiretti,
con Vittorino da Feltre o con Pietro Alboini, il quale anche scrisse versi in
favore di Ramo10; i loro nomi non dovranno però far velo a quelli di altri
ragguardevoli esponenti della corte e della cultura come Galeazzo Buzoni,
Filippo della Molza e Donato De Pretis.
A Galeazzo Buzoni, vicario di corte e referendario, Francesco Gonzaga

7 G. FERRAÙ, Valla e gli Aragonesi, in Valla e Napoli. Il dibattito filologico in età umanistica.

Atti del convegno internazionale, Ravello, Villa Rufolo, 22-23 settembre 2005, a cura di M.
SANTORO, Pisa – Roma 2007, pp. 3-29: 8. Per considerazioni di carattere generale cfr. R. WITT,
In the Footsteps of the Ancients: The Origins of Humanism from Lovato to Bruni, Leiden 2000
(Studies in Medieval and Reformation Thought, 74) [ora in trad. it: Sulle tracce degli antichi:
Padova, Firenze e le origini dell’umanesimo. Trad. di D. DE ROSA; con un saggio introduttivo
di G. PEDULLÀ, Padova 2005 (Saggi. Arti e lettere)].
8 C. MOZZARELLI, Nota storica, in Mantova 1430. Pareri a Gianfrancesco Gonzaga per il

governo, a cura di M. A. GRIGNANI – A. M. LORENZONI – A. MORTARI – C. MOZZARELLI, Manto-


va 1990, pp. 13-49: 41; SANZOTTA, Preumanesimo, n. 2.
9 AVESANI, «Pandetta», pp. 148-53. Sia lecito aggiungere soltanto che prima del 1416 Ra-

medelli aveva ricoperto la carica di officialis ad bulletas: al f. 56r del Laur. Strozzi 157, accan-
to a un passo del commento di Benvenuto da Imola a Inf. XVII, 21, dove il Rambaldi, a propo-
sito dei ‘bìveri’ (castori), che Dante nomina al verso successivo, scrive che essi «abundant in
Alamannia iuxta ripas Danubii, imo apud Pontum […], licet non oporteat ire ita a longe, quia
inveniuntur hic non longe a Feraria in territorio marchionum Estensium», Ramo annota di
averne visto uno nel cestello di un cursor del marchese di Ferrara, «dum essem officialis ad
buletas», cioè, se intendo bene, una sorta di impiegato del registro (CH. DU FRESNE DU CAN-
GE, Glossarium mediae et infimae Latinitatis, editio nova aucta pluribus verbis aliorum scrip-
torum a L. FAVRE, I, Paris 1937, p. 777, s. v. ‘Bulleta’). Sul codice vd. infra, pp. 481-82, n. 24.
10 Vd. AVESANI, «Pandetta», pp. 145, 156-65.

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 479

indirizzava le sue lettere comunicando direttive di governo, e fu ancora il


Buzoni a occuparsi, insieme con la moglie del Gonzaga Margherita Ma-
latesti, della gestione dello Stato allorché, nell’estate del 1398, Francesco
Gonzaga intraprese un viaggio in Terrasanta che lo tenne lontano da Man-
tova fino al principio del 139911. Il Buzoni doveva anche saper maneggiare
bene il calamo e i colori, se verso la fine dello stesso 1398 ricevette da
Margherita l’incarico di miniare un breviario sul modello di un «libellus
officii gloriose Virginis», che la Signora gli spediva insieme con il breviario
stesso12. Delle sette lettere a lui inviate dal Ramedelli, tre (del 5 luglio 1399,
dell’8 dicembre 1399 e del 26 gennaio 1400) sono già state illustrate13. Delle
altre quattro, tutte della fine del 1398, è importante quella del 29 ottobre14:
in essa, dopo aver domandato al Buzoni di ricordare a un certo Caterino
di Venezia di inviargli chiarimenti riguardo a una vendita di gioielli, Ramo
menziona il nome del celebre scultore Jacobello Dalle Masegne a proposito
di un’opera, sulla quale gravava un giudizio di stima, già realizzata dal ma-
estro in capella domine, da identificare probabilmente con quella di Santa
Maria Capodibove nella cattedrale, eretta a compensazione dell’omonima
chiesa fatta abbattere nel 1395 da Francesco Gonzaga per far posto ai lavo-
ri del castello15. Ne fornisco qui una trascrizione interpretativa, sciogliendo
le abbreviazioni e adattando la punteggiatura all’uso moderno:

Egregie et moratissime pater mayor, habeo dubium cum calculatoribus


rationum mearum de quadam emptione iocalium; ad quod dubium declaran-
dum plenissime scribo Chatherino de Venetiis, qui vendidit, ut rescribat. Vos
autem instanter rogo quatinus libeat facere memorare dicto Chatherino quo
respondeat indillate; preterea par [?] esset opus quo fieret existimatio laborerii
quod fecit magister Iacomellus tayapeter in capella domine, quam invite fieri
facerem sine ipso. Si libet potestis ipsum avisare de isto, qui vel veniat, vel mit-
tat. Vester Ramus, Mantue XXVIIII octobris 1398 (ASM, Archivio Gonzaga, b.
2389, f. 88r).

Un altro referendario, contemporaneo e in stretta relazione con il Buzo-

11 I. LAZZARINI, Gonzaga, Francesco, in Dizionario biografico degli Italiani 57 (2001), pp.

751-56: 750.
12 R. ZUCCHI, Ottonello Descalzi e la fortuna del «De viris illustribus», in Italia medioevale

e umanistica 17 (1974), pp. 469-90: 486; S. L’OCCASO, Fonti archivistiche per le arti a Mantova
tra Medioevo e Rinascimento (1382-1459), Mantova 2005, pp. 191-92.
13 AVESANI, «Pandetta», pp. 151-54.
14 È una delle cinque lettere segnalate da ZUCCHI, Ottonello, p. 488 n. 2.
15 S. L’OCCASO, Studi sul Palazzo Ducale di Mantova nel Trecento, in Atti e memorie dell’Ac-

cademia virgiliana di scienze, lettere ed arti 70 (2002), pp. 135-67: 136-37 n. 8; ID., Fonti, p. 245
e n. 90, entrambi con bibliografia precedente.

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480 VALERIO SANZOTTA

ni, è Filippo della Molza, un nobile cavaliere che ricorre più volte nella
corrispondenza gonzaghesca16: fu spesso inviato da Francesco Gonzaga in
delicate missioni diplomatiche, delle quali scrisse per il suo signore detta-
gliati resoconti, e altri documenti lo pongono in relazione con il pittore Ste-
fano da Verona, che lavorò per lui insieme con Alberto d’Alemagna, forse
entro il 1394, quando il della Molza era ambasciatore dei Gonzaga presso
i Visconti17. Le fonti non ci dicono se con lui Ramo avesse rapporti diretti,
né di che natura eventualmente fossero; il suo nome tuttavia compare più
di una volta nel Vat. lat. 3134, e tra le testimonianze che lo riguardano si
potrà qui mettere in rilievo l’epitafio in distici elegiaci (f. 293rb), compo-
sto ante diem in occasione della costruzione della tomba del cavaliere e
di sua moglie nella cappella di famiglia dedicata a s. Longino nella chiesa
di S. Andrea, nel 1407, un anno dopo che il della Molza aveva fatto testa-
mento e sei anni prima della sua morte, avvenuta a Firenze il 7 dicembre
141318. Il carme è inedito e nel codice è attribuito a un certo Donato De
Freitis19; poiché però un personaggio con questo nome, se ho visto bene,
non è noto, mentre ben conosciuto nell’ambiente mantovano è Donato De
Pretis, legum doctor e membro del Consiglio maggiore del Comune di Man-
tova20, si potrà forse riconoscere in ‘Donatus De Freitis’ una corruttela di
‘Donatus De Pretis’ e attribuire dunque a lui la paternità dell’epitafio di
Filippo della Molza. Dato il riguardo tanto dell’autore quanto del destina-
tario, vale la pena di riportare il testo del carme:

Quo iaceant cursu vite feliciter acto,


coniugis atque suum condidit ante locum
Filipus miles de Molza splendidus et qui
rectus consilio pol<l>uit atque fide.
5 Mabiliam hac secum voluit requiescere petra,
ut quos vita comes, sic tenet arca duos.
Mille quadringentos septem sol volverat annos
cum situs hic lapis est, conditus ante diem.

16 Un breve profilo biografico di Filippo della Molza traccia, a partire dai documenti

mantovani, G. B. BORGOGNO, La lingua dei dispacci di Filippo della Molza diplomatico manto-
vano della 2a metà del sec. XIV, in Studi di grammatica italiana 9 (1980), pp. 19-171: 20-25;
notizie su di lui anche in R. NAVARRINI, Lo Statuto del Consorzio di Santa Maria della Cornetta,
Mantova 1996, p. 78 e in L’OCCASO, Fonti, passim.
17 Le pitture eseguite in casa di Filippo della Molza furono motivo di un contenzioso tra

i due artisti che si protrasse fino al 1397 (ibid., pp. 11-12).


18 Nella Pandetta, al f. 395r-v, si trova anche l’orazione funebre per il della Molza, forse

pronunciata da Guglielmo da Casale (infra, p. 497).


19 Così anche in L’OCCASO, Fonti, p. 191 n. 126.
20 V. FERA, Antichi editori e lettori dell’«Africa», Messina 1984, pp. 106-107 n. 2 e AVESANI,

«Pandetta», p. 155 n. 1.

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 481

Se Donato De Pretis è figura di qualche peso nell’amministrazione man-


tovana, non è del tutto sconosciuto nella storia della cultura: a lui si devono
infatti alcune annotazioni sul Laur. Acq. e doni 441, il memorabile codice
dell’Africa petrarchesca che tramanda, accanto al testo, un corpus di po-
stille risalenti allo scrittoio del Petrarca e al Salutati, e che poi divenne
il laboratorio editoriale del maestro Pietro da Parma21. Poiché almeno la
presenza del Laur. Acq. e doni 441 a Mantova negli ultimi anni del XIV se-
colo lascia senz’altro immaginare un qualche tipo di contatto di Pietro da
Parma con la città dei Gonzaga22, non sembra irragionevole la possibilità
che Ramedelli sia stato scolaro del maestro parmense23. Fu da un esempla-
re dell’edizione di Pietro da Parma che Ramo trascrisse nel 1398 il Laur.
Ashb. 1014, il suo primo e più importante codice24, ed è certo possibile che
21 V. FERA, Annotazioni inedite del Petrarca al testo dell’«Africa», in Italia medioevale e

umanistica 23 (1980), pp. 1-25; ID., Antichi editori, pp. 105-89; ID., La revisione petrarchesca
dell’«Africa», Messina 1984, in part. le pp. 11-43; ID. in Codici latini del Petrarca nelle bibliote-
che fiorentine. Mostra 19 maggio – 30 giugno 1991. Catalogo a cura di M. FEO, Firenze 1991,
pp. 39-41; A. PIACENTINI, Salutati e il progetto di edizione dell’Africa. Firenze, Biblioteca Medi-
cea Laurenziana, Acquisti e Doni 441, in Coluccio Salutati e l’invenzione dell’Umanesimo. Fi-
renze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 2 novembre 2008 – 30 gennaio 2009. [Catalogo della
mostra] a cura di T. DE ROBERTIS – G. TANTURLI – S. ZAMPONI, Firenze 2008, pp. 65-68. Su
Pietro da Parma si veda in particolare G. BILLANOVICH, Terenzio, Ildemaro, Petrarca, in Italia
medioevale e umanistica 17 (1974), pp. 1-60: 28-35; ID., L’insegnamento della grammatica e
della retorica nelle Università italiane tra Petrarca e Guarino, in The Universities in the Late
Middle Ages, ed. by J. IJSEWIJN – J. PAQUET, Leuven 1978, pp. 365-80: 378-79; ID., Petrarca,
Pietro da Moglio e Pietro da Parma, in ID. e C. M. MONTI, Una nuova fonte per la storia della
scuola di grammatica e retorica nell’Italia del Trecento, in Italia medioevale e umanistica 22
(1979), pp. 367-412: 367-95: 383-85; C. M. MONTI, Un carme di Pietro da Parma, in G. BILLA-
NOVICH e EAD., Un carme ignoto del Petrarca e un carme connesso di Pietro da Parma, in Studi
Petrarcheschi, n.s., 5 (1988), pp. 101-53: 126-53; EAD., Petrarca «auctoritas» nel commento ai
classici: il «Preambulum» a Lucano di Pietro da Parma, in Studi Petrarcheschi, n. s. 11 (1994),
pp. 239-82.
22 Ibid., p. 243; PIACENTINI, Salutati e il progetto, p. 67. Annoto qui la presenza a Mantova

di un Pietro di Enrico de Recordatis da Parma, documentato tra il 1384 e il 1394 come scriba
e officiale del vescovo: G. GARDONI, Notai di curia del Trecento. Appunti sul campione manto-
vani, in Atti e memorie della Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze, Lettere ed Arti, n.s., 74
(2006), pp. 51-107: 88-89 nr. 39; ma non si tratterà certamente del nostro Pietro da Parma.
23 Cfr. MONTI, Petrarca, p. 243.
24 Sul Laur. Ashb. 1014 vd. almeno FERA, Antichi editori, pp. 174-190; ID., La revisione,

p. 40; ID. in Codici latini del Petrarca, pp. 41-44. Qualche riserva sulla data del 1398, «scritta
in inchiostro diverso rispetto alla sottoscrizione e rispetto al testo», esprime T. DE ROBERTIS,
Salutati tra scrittura gotica e littera antiqua, in Coluccio Salutati e l’invenzione dell’Umanesi-
mo. Atti del convegno internazionale di studi, Firenze, 29-31 ottobre 2008, a cura di C. BIAN-
CA, Roma 2010, pp. 369-99: 381 n. 42 (Libri, carte, immagini, 3). Di seguito, nella stessa nota,
vi è la condivisibile affermazione che dei tre codici Laur. Strozzi 157-159, contenenti il Com-
mento di Benvenuto da Imola alla Commedia e tradizionalmente ritenuti autografi di Rame-
delli, da attribuire a Ramo siano i soli ff. 1r-31v dello Strozzi 157 e, nel ciclo completo, le note
di possesso, le iniziali a penna e l’apparato delle postille. Contro l’autografia dei tre codici si

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482 VALERIO SANZOTTA

Donato De Pretis fosse in qualche contatto con Ramedelli e che sia stato
proprio lui a fornire a quest’ultimo una copia dell’edizione dell’Africa alle-
stita dal maestro parmense. Suggestiva è la possibilità che Ramo e Donato
abbiano seguito insieme le sue lezioni25: va però riconosciuto che se Rame-
delli avesse avuto tanta familiarità con Donato (posto, come è ovvio, che
il De Freitis sia davvero tutt’uno con il De Pretis), difficilmente si sarebbe
astenuto dall’intervenire su una corruttela così evidente del nome del suo
condiscepolo.

3. Per Ramedelli, il manoscritto che egli andava compilando era, sin


dalle origini, una Pandetta, cioè un codice contenente una pluralità di te-
sti di differente natura26. Il termine Pandetta ricorre per la prima volta,
nel Vat. lat. 3134, in una nota di rinvio al f. 23rb, alla fine degli estratti
dell’Africa del Petrarca — che come si vedrà, rimontano probabilmente
al 139827 — a testimoniare che a quell’altezza Ramo aveva già concepito
almeno l’idea di un codice antologico: «ab illo versu pandectis pagine quod
incipit tuque o certissima usque huc cadunt premissi flores in primo libro
sub [seq. tali del.] signo appositis∗28». Dignità di titolo il termine Pandetta
avrà nell’intestazione dell’indice al f. 1r, che però è molto più tarda e la
pregnanza dell’esplicazione presuppone certamente in Ramedelli il fatto
di aver concluso la compilazione, ormai definita nei suoi dettagli e nella
sua natura29.
Seppure la mole del Vat. lat. 3134 e almeno due diverse risistemazioni

è espressa recentemente anche R. BALATRESI in Censimento dei commenti danteschi. 1. I com-


menti di tradizione manoscritta (fino al 1480), a cura di E. MALATO e A. MAZZUCCHI, II, Roma
2011, pp. 641-43, schede nrr. 230-32, la quale sembrerebbe togliere a Ramedelli anche i tren-
ta fogli dello Strozzi 157 a lui attribuiti dalla De Robertis. Per la famiglia Gonzaga Ramedelli
miniò anche un Salterio tra il 1416 e il 1417, nel 1417 scrisse un Donato, che è più probabil-
mente una Ianua, e nel 1418 copiò un Breviario e un Calendario da premettere a un messale,
ma nessuno di questi codici è stato identificato (AVESANI, «Pandetta», p. 149).
25 MONTI, Petrarca, p. 243.
26 AVESANI, «Pandetta», p. 131 n. 1 allega la definizione che Uguccione da Pisa fornisce

del termine s. v. ‘Pan’, e opportunamente ricorda che due copie delle Derivationes si trovava-
no nella biblioteca Gonzaga (GIROLLA, Biblioteca, p. 65 nrr. 2-3). Un’altra copia era presente
nella biblioteca del convento dei Domenicani di S. Luca a Mantova (T. KÄPPELI, Antiche bi-
blioteche domenicane in Italia, in Archivum Fratrum Praedicatorum 36 [1966], pp. 5-80: 27 nr.
111). Ho già notato come Ramedelli potesse forse avere a mente anche un passo di Gellio (13,
9, 3) in cui si ricorda Tirone, schiavo di Cicerone poi affrancato e divenuto suo segretario, il
quale intitolò i suoi libri «πανδεκτας (…), tamquam omne rerum atque doctrinarum genus
continentis» (SANZOTTA, Preumanesimo, n. 3).
27 Infra, p. 491.
28 L’asterisco è costituito da quattro linee incrociate diagonalmente, con quattro puntini

sui rispettivi lati.


29 Il titolo, già più volte riportato a stampa, così recita: «Tabula continentium seu conten-

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 483

dei fascicoli ad opera dello stesso Ramedelli abbiano reso non sempre evi-
denti i criteri sottesi alla costruzione della miscellanea, si potrà comunque
dire che per la sua parte più antica la silloge appare come una raccolta di
estratti che hanno nell’exemplum morale e nel detto memorabile il proprio
elemento caratterizzante. Nella primitiva concezione del Vat. lat. 3134 agi-
va l’idea di un grande florilegio di citazioni bibliche, di testi patristici, di
sentenze di autori in uso nelle scuole di retorica, di questioni giuridiche,
dottrinali e spirituali, probabilmente sul modello dei florilegi tardomedie-
vali: esempi celebri sono la raccolta di flores del 1329, recentemente attri-
buita, in via ipotetica, a Guglielmo da Pastrengo30; il Manipulus florum di
Tommaso di Hibernia, un chierico di origine irlandese che visse a Parigi
tra XIII e XIV secolo, autore di un florilegio di circa 6000 estratti da autori
classici, Padri e Dottori della Chiesa, ripartiti in 266 lemmi ordinati alfa-
beticamente; o ancora il Compendium moralium notabilium di Geremia
da Montagnone, giurista padovano vissuto anch’egli a cavaliere dei secoli
XIII e XIV, che compilò una ricca silloge di varia cultura organizzata per
soggetti31; altri modelli potevano essere i florilegi filosofici e in particola-
re quelli di Aristotele32. Nel medesimo orizzonte intellettuale si trovavano
anche le piccole enciclopedie destinate al pubblico dei professionisti (mer-
canti, medici, giuristi), che, pur senza essere specialisti, erano in grado di

torum in hoc libro qui ex diversitate multiplicitateque rerum digne pandetta meruit nuncu-
pari».
30 G. BOTTARI, Fili della cultura veronese del Trecento, Verona 2010 (Gli umanisti, 1), il

quale ha riportato all’attenzione degli studiosi il codice CCXXXI (394) della biblioteca Capito-
lare di Verona, già noto come testimone del florilegio, ma non oggetto finora di studi specifi-
ci. Alla bibliografia su Guglielmo da Pastrengo citata dal Bottari si può aggiungere ora il
contributo di A. M. MORELLI, Guglielmo da Pastrengo e i codices Catulliani antiquiores: un
riesame, in Per Gabriella, in corso di stampa.
31 Sul Manipulus florum di Tommaso di Hibernia è fondamentale R. H. ROUSE – M. A.

ROUSE, Preachers, Florilegia and Sermons: Studies on the Manipulus Florum of Thomas of
Ireland, Toronto, Pontifical Institute of Mediaeval Studies, 1979; si aggiunga da ultimo A.
TROINA, Il Manipulus florum della Biblioteca centrale della Regione siciliana, in Schede medie-
vali 43 (2005), pp. 321-32, sul nuovo codice ms. XII B 24; un’edizione critica del testo sta
curando in rete Chris Nighman della Wilfrid Lauriel University di Toronto (http://info.wlu.
ca/~wwwhist/faculty/cnighman/index.html). Su Geremia da Montagnone e sul suo florilegio
vd. soprattutto R. WEISS, Il primo secolo dell’umanesimo: studi e testi, Roma 1949, pp. 15-50;
B. L ULLMAN, Hieremias de Montagnone and His Citations From Catullus, in Classical Philo-
logy 5 (1910), pp. 66-82, poi ristampato, con aggiunte e correzioni, in ID., Studies in the Italian
Renaissance, Roma 19732, pp. 79-112 (Storia e Letteratura, 51); G. BOTTARI in GUGLIELMO DA
PASTRENGO, De viris illustribus et de originibus, Padova 1991, pp. XI-XVII (Studi sul Petrarca,
21); ID., Fili, p. 12. Ramedelli poteva leggere il florilegio di Geremia da Montagnone nella bi-
blioteca Gonzaga (GIROLLA, Biblioteca, p. 63 nr. 34).
32 Per i florilegi aristotelici è d’obbligo il rinvio a J. HAMESSE, Les ‘Auctoritates Aristotelis’.

Un florilège médiéval. Étude historique et édition critique, Louvain – Paris 1974 (Philosophes
Médiévaux, 17).

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484 VALERIO SANZOTTA

comprendere il latino e avevano frequentato i corsi universitari elementari,


e la letteratura degli specula, vaste sillogi del sapere medievale articolate
per citazioni, tra le fonti privilegiate di Ramedelli: tra esse spicca lo Specu-
lum historiale di Vincenzo di Beauvais, di cui una copia, divisa in quattro
tomi, era nella biblioteca Gonzaga33. Per la storia romana, Ramedelli ri-
corre al Romuleon di Benvenuto da Imola, da cui Ramedelli copia estratti
ai ff. 7va-18vb, 43ra-46vb, 60va-62vb34.
L’atteggiamento nei confronti di questo tipo di letteratura certo riflette
le resistenze di una formazione molto tradizionale. A tale affidamento pas-
sivo ai compendi e alle enciclopedie corrisponde del resto l’inerzia di tanta
cultura trecentesca, che, aperta per larghi tratti al magistero del Petrarca,
conserva altrove tenaci eredità. Le ragioni dell’utilizzo dello Speculum hi-
storiale da parte di Ramedelli sono le stesse che hanno garantito all’enci-
clopedia di Vincenzo una robusta fortuna finché la cultura umanistica non
ne prese le distanze: da una parte lo Speculum historiale veniva incontro al
gusto per le gnomai e alla tendenza, tipica dell’età, di affastellare sentenze
e citazioni; dall’altra permetteva di avere a disposizione un prontuario di
cultura, cui attingere per notizie storiche e biografiche. I testi che Rame-
delli trae da Vincenzo di Beauvais sono per la maggior parte di argomento
morale e religioso, e fra gli autori spiccano Agostino, Girolamo, Bernardo,
ai quali si aggiunge la teologia di Ugo e Riccardo di San Vittore e il De
claustro animae, trattato di perfezione monastica di Ugo di Fouilloy35. Par-
ticolarmente significativa è quell’amplissima serie tratta dallo Speculum
historiale che va, con poche interruzioni, dal f. 182ra al f. 248rb, e segue

33GIROLLA, Biblioteca, pp. 30-72: 56 nrr. 33-36.


34Sul Romuleon, oltre alla bibliografia raccolta da V. LUNARDINI in CALMA. Compendium
Auctorum Latinorum Medii Aevi (500-1500), curantibus Cantabrigiae M. LAPIDGE, Florentiae
G. C. GARFAGNINI et C. LEONARDI, II, 2, Firenze 2004, p. 253, vd. anche L. SARASINI, Per
un’edizione critica del Romuleon di Benvenuto da Imola: la tradizione manoscritta, tesi di
dottorato dell’Università Ca’ Foscari, Venezia, a. a. 2005/2006 e ID., La tradizione manoscritta
del «Romuleon» di Benvenuto da Imola, in Acme 59/3 (2006), pp. 301-315. Un codice del Ro-
muleon appartenne alla biblioteca del cardinale Francesco Gonzaga, ma non è stato identifi-
cato: D. S. CHAMBERS, A Renaissance Cardinal and his Worldly Goods: the Will and Inventore
of Francesco Gonzaga (1444-1483), London 1992, p. 176 nr. 809 (Warburg Institute Surveys
and Texts, 20).
35 Ugo di Fouilloy è stato spesso confuso con Ugo di San Vittore: non è strana dunque

l’oscillazione di Ramedelli nell’attribuire l’opera ora a Ugo di Fouilloy ora al maestro vittori-
no, in particolare alle ll. 15-16 della seconda colonna di f. 80r, dove il De claustro anime è
detto di «Ugo de Folieto sive de Sancto Vittore». Nello Speculum historiale, tuttavia, non si fa
menzione di Ugo di San Vittore a proposito del De claustro animae, ma esso viene attribuito
senza incertezza a Ugo di Fouilloy. Sulla questione della paternità del De claustro animae vd.
F. NEGRI, Il De claustro animae di Ugo di Fouilloy: vicende testuali, in Aevum 80 (2006), pp.
389-421: 397.

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 485

l’ordine dei libri 25, 17-24 e 7-15 di Vincenzo di Beauvais. Dalla varietà
degli argomenti si ha l’impressione che Ramedelli abbia voluto approntare
dallo Speculum historiale una silloge di varia cultura, il che spiega anche
l’estensione del capitolo e la scelta di seguire piuttosto pedissequamente
l’enciclopedia del bellovacense: oltre agli attesi estratti di Ambrogio, Gio-
vanni Crisostomo e ancora di Agostino e Girolamo, si leggono varie notizie
di santi, del tempo di Leone IV, di Carlo Magno, excerpta relativi a Pilato,
Tiberio e Caligola. Non mancano neppure estratti dai classici, tra cui si
ricordano l’Institutio oratoria di Quintiliano, le Naturales quaestiones di
Seneca, le Declamationes di Seneca il Vecchio, il perduto Liber de immatura
morte di Seneca36, Giovenale e le epistole di Plinio il Giovane, tutti di una
certa rilevanza perché testimoniano opere apparentemente note a Rame-
delli solo attraverso Vincenzo di Beauvais37.
Per quanto riguarda i testi cristiani e della tradizione medievale non
provenienti dallo Speculum historiale, se è normale la presenza di excerpta
biblici, patristici, delle versioni latine di Aristotele38, delle Sententiae di Pie-
tro Lombardo e dello Scriptum super Sententiis magistri Petri Lombardi di
Tommaso d’Aquino39, uno spazio considerevole è concesso alla letteratura
giuridica e canonistica: il Vat. lat. 3134 si apre significativamente al f. 3a
ra con la lettera di Gregorio IX scritta da Spoleto il 5 settembre 1234, in
cui si annuncia agli studenti parigini la pubblicazione delle Decretali, com-

36 Si tratta di un’opera conosciuta in modo frammentario e solo per tradizione indiretta

attraverso Lattanzio e Tertulliano: cfr. M. LAUSBERG, Untersuchungen zu Senecas Fragmenten,


Berlin 1970, pp. 153-167 (Untersuchungen zur antiken Literatur und Geschichte, 7); D. VOT-
TERO, Introduzione, in LUCIO ANNEO SENECA, I frammenti, a cura di D. VOTTERO, Bologna
1998, pp. 41-47 (Università degli Studi di Torino. Pubblicazioni del Dipartimento di Filologia,
linguistica e tradizione classica, 10), con edizione dei frammenti del De immatura morte alle
pp. 176-179. Il frammento riportato da Vincenzo di Beauvais e di seguito dal Ramedelli è F
62 [F 27 Haase], in LACT. inst. 3, 12, 11.
37 Altri classici sono ai ff. 150vb-152rb, dove si leggono excerpta di Cicerone, Orazio e

Ovidio, desunti tutti dal sesto libro dello Speculum historiale.


38 Un codice dell’Ethica Nicomachea in latino (forse la traduzione di Roberto Grossate-

sta) e uno della Rhetorica nella redazione di Guglielmo di Moerbeke erano nella biblioteca
Gonzaga: GIROLLA, Biblioteca, pp. 61 nr. 1 e 64 nr. 35; un altro ve n’era inoltre delle Questio-
nes sull’Ethica aristotelica compilate da Michele Aguani da Bologna: ivi, p. 64 nr. 36. Ma è
forse più probabile che a monte degli estratti copiati da Ramedelli vi fosse un florilegio ari-
stotelico.
39 Un codice delle Sententiae era nella biblioteca Gonzaga: GIROLLA, Biblioteca, p. 47 nr.

68; un altro era anche, prima del 1425, nella biblioteca del monastero di Polirone, ma anch’es-
so non è stato identificato: C. CORRADINI, Gli inventari e le catalogazioni medievali dei mano-
scritti polironiani (secc. XIII-XIV), in Catalogo dei manoscritti polironiani. I. Biblioteca Comu-
nale di Mantova (mss. 1-100), a cura di C. CORRADINI – P. GOLINELLI – G. Z. ZANICHELLI,
Bologna 1998: pp. XXIII-XCIV: XLIII nr. 29.

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486 VALERIO SANZOTTA

pilate da Raimondo di Peñafort su richiesta del pontefice40; analogamente


si potranno notare l’elenco delle Regulae Iuris pubblicate alla fine del Liber
Sextus Decretalium di Bonifacio VIII, trascritto da Ramo ai ff. 52va-53ra e
al f. 125va-b, o ancora gli excerpta dai Casus breves di Giovanni d’Andrea
relativi alle Decretali, copiati da Ramo ai ff. 126ra-129vb. Ci si può chiedere
se la presenza nel Vat. lat. 3134 di molto materiale giuridico si debba alla
formazione di Ramedelli — il quale, si ricordi, intitolò Pandetta la sua mi-
scellanea —, al contributo di persone come il sacerdote mantovano Anto-
nio Orlandi, in iure canonico peritissimus, che sappiamo amico di Ramo41,
oppure se non rifletta piuttosto uno specifico interesse della corte, come
lascerebbe pensare anche il fatto che un’intera sezione della biblioteca di
Francesco Gonzaga sia stata dedicata alle Decretali e ad altro materiale
giuridico42.
Discretamente rappresentati sono nella Pandetta i testi tecnico-scien-
tifici, tra i quali mette conto ricordare almeno gli estratti dal De natura
rerum di Tommaso di Cantimpré (ff. 95ra-98rb; 417ra-418rb e 420ra-b)43,
gli aforismi di Ippocrate (ff. 120va-125rb)44 e le varie indicazioni terapeu-

40
AVESANI, «Pandetta», p. 145 n. 2.
41
Ibid., p. 159; SANZOTTA, Preumanesimo.
42 GIROLLA, Biblioteca, pp. 49-50. In questa sezione troviamo, fra l’altro, due codici delle

Decretali, il primo cominciante con la lettera introduttiva e l’altro con la prima distinctio del
Decreto; uno del Liber Sextus, terminante con le Regulae iuris, due delle Novelle di Giovanni
d’Andrea e uno dei Casus breves dei primi tre libri delle Decretali. Si sa inoltre che Ludovico
Gonzaga, padre di Francesco, era in relazione, per lo scambio di codici, con Aldobrandino
d’Este, come dimostrano tre lettere, purtroppo prive di indicazione dell’anno, conservate
nell’Archivio Gonzaga (ASM, Archivio Gonzaga, b. 1288): in una di esse, datata 14 novembre,
Aldobrandino risponde al Gonzaga di non possedere copie di Cicerone, ma codici di diritto
canonico e tra di essi le Decretali (ZUCCHI, Ottonello, p. 483; vd. anche G. FRASSO, Petrarca,
Andrea da Mantova e il canzoniere provenzale N, in Italia medioevale e umanistica 17 [1974],
pp. 185-205: 198); è forse possibile che sia stato Aldobrandino a fornire ai Gonzaga almeno
uno dei due codici delle Decretali registrati nell’inventario. Un codice del Liber Sextus appar-
teneva, fino al 1461, ai Domenicani di S. Luca: in quella data Francesco Gonzaga, non anco-
ra cardinale, corrisponde con la madre Barbara di Pavia pregandola di interessarsi di un
«bello Sexto e Clementine» che aveva visto nella biblioteca del convento (G. SCHIZZEROTTO,
Biblioteche monastiche mantovane, in Tesori d’arte nella terra dei Gonzaga, Mantova, Palazzo
Ducale, 7 settembre – 15 novembre 1974 [Catalogo della mostra], Milano 1974, pp. 29-44: 36);
tre codici di Giovanni d’Andrea sulle Decretali compaiono tra i libri appartenuti a Carlo Gon-
zaga (CORTESI, Libri, p. 102), ma non è per ora possibile stabilire se qualcuno di essi corri-
sponda alla notizia dell’inventario del 1407.
43 Ed.: THOMAS CANTIPRATENSIS, Liber de natura rerum. Editio princeps secundum codi-

ces manuscriptos, [hrsg. H. Boese], 2 v., Berlin – New York 1973.


44 Gli aforismi di Ippocrate furono divulgati a partire dal XII secolo in una sorta di ma-

nuale per l’uso professionale chiamato Articella, dove compaiono accanto a un gruppo di
traduzioni, tra le quali è fondamentale quella del Prognosticon ippocrateo: basti qui il rinvio
a P. KIBRE, Hippocrates Latinus: Repertorium of Hippocratic Writings in the Latin Middle Ages

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 487

tiche desunte dalle Medicationis parabole di Arnaldo da Villanova, copiate


pressoché integralmente ai ff. 446va-449rb45. Nella Pandetta erano inoltre
trascritte in origine numerosissime ricette, molte delle quali sono state
asportate dal codice e sono ora perdute46: una parte di ciò che rimane, ai ff.
375vb-378vb, deriva dalle Kyranides, una compilazione magico-alchemica
tradotta in latino nel 1169 da Pascalis Romanus, piuttosto diffusa nel me-
dioevo47. È possibile, e forse probabile, che Ramedelli trovasse raccolti
questi testi già in un florilegio di farmacopea; ai libri naturales e di medici-
na erano destinate inoltre specifiche sezioni della biblioteca di Francesco
Gonzaga, come si ricava dall’inventario del 1407, dove si incontrano le
opere di Arnaldo di Villanova, svariate compilazioni alchemiche e alcuni
libri de natura lapidum et metallorum48.

4. Per quanto riguarda la letteratura classica, il canone ramedelliano dei


auctores maiores attinge quasi esclusivamente al mondo della scuola ‘goti-
ca’, ma è assai cospicuo49; e pur resistendo a tentazioni autoschediastiche
intessendo rapporti non documentati, non si potrà non rilevare la presen-
za nel codice di molto materiale connesso con i maestri di area veneta ed
emiliano-romagnola della seconda metà del Trecento, la cui peculiarità è la
relazione, diretta o indiretta, con il Petrarca: Donato Albanzani, Benvenuto
da Imola, Pietro da Moglio, Pietro da Parma, Giacomino Robazzi o Moggio
Moggi50. I testi classici nella Pandetta presentano uno statuto ambiguo,

(rev. ed. with additions and corrections), New York 1985, p. 32 e a T. PESENTI, Marsilio San-
tasofia tra corti e università. La carriera di un «monarcha medicinae» del Trecento, Padova
2003, pp. 151-164, 439-571 (Contributi alla storia dell’Università di Padova, 35), in part. per
il commento di Marsilio Santasofia agli aforismi.
45 ARNALDI DE VILLANOVA Opera Medica Omnia, 6, 1. Medicationis parabole, ed. J. A. PA-

NIAGUA, Barcelona 1990.


46 AVESANI, «Pandetta», pp. 143 n. 1 e 146 n. 1.
47 Vd. Textes latins et vieux français relatifs aux Cyranides, ed. L. DELATTE, Paris 1942 (Bi-

bliothèque de la Faculté de Philosophie et Lettres de l’Université de Liège, 93).


48 GIROLLA, Biblioteca, pp. 64-67.
49 Sugli auctores letti nella scuola trecentesca, in particolare di area padana, è fondamen-

tale L. GARGAN, La lettura dei classici a Bologna, Padova e Pavia fra Tre e Quattrocento, in I
classici e l’università umanistica. Atti del Convegno di Pavia, 22-24 Novembre 2001, a cura di
L. GARGAN – M. P. MUSSINI SACCHI, Messina 2006, pp. 459-485 (Percorsi dei classici, 10); altri
importanti lavori del Gargan sul medesimo argomento si possono ora leggere raccolti in vo-
lume: Libri e maestri tra medioevo e umanesimo, Messina 2011 (Biblioteca umanistica, 17).
Per gli aspetti più generali vd. R. BLACK, Humanism and Education in Medieval and Re-
naissance Italy. Tradition and Innovation in Latin Schools from the Twelfth to the Fiftheenth
Century, Cambridge 2001 (in part. pp. 173-274); utili considerazioni e ulteriore bibliografia in
S. RIZZO, Ricerche sul latino umanistico, I, Roma 2002, pp. 125-143 (Storia e Letteratura,
213).
50 Resta da verificare se ed eventualmente in quale misura gli estratti dei classici copiati

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488 VALERIO SANZOTTA

costituendo un ulteriore aspetto di quella dialettica tra persistenza di tra-


dizioni medievali e innovazioni umanistiche che connota fortemente il Vat.
lat. 3134: se Ramo sembra considerare ancora le opere degli antichi come
sola riserva di citazioni, sentenze e insegnamenti morali, va pure ricono-
sciuto che il suo interesse riflette, almeno in parte, le novità della scuola e
forse anche la maggiore disponibilità di manoscritti attestata a Mantova a
partire dalla fine del Trecento51. Il che mi indurrebbe a ritenere possibile, o
almeno non irragionevole, che Ramedelli si sia servito non solo di florilegi,
ma anche di codici integri.
Tra gli autori copiati nella Pandetta spicca, come c’era da attendersi,
Seneca, in particolare quello tragico, che nel Vat. lat. 3134 è rappresen-
tato in una misura che esclude la provenienza da Vincenzo di Beauvais52.
Ramedelli copia inoltre estratti da Terenzio, già lettura tradizionale nella
scuola medievale53, dalle opere di Virgilio (tranne che dall’Appendix)54, da
Lucano55, da tutte le opere di Orazio, da Marziale, mentre di Ovidio si

da Ramedelli conservino lezioni riconducibili alle tradizioni nate da codici petrarcheschi: è


un fatto ormai acclarato che la lezione accolta e corretta dal Petrarca influenzi le tradizioni
dei classici all’inizio del Rinascimento e anzi caratterizzi spesso la famiglia vulgata negli
umanisti successivi (S. RIZZO, Per una tipologia delle tradizioni manoscritte di classici latini in
età umanistica, in Formative Stages of Classical Traditions: Latin Texts from Antiquity to the
Renaissance. Proceedings of a Conference Held at Erice, 16-22 October 1993, as the 6th
Course of International School for the Study of Written Records, ed. by M. REEVE – O.
PECERE, Spoleto 1995, pp. 371-407: 372-375 [Biblioteca del Centro per il collegamento degli
studi medievali e umanistici in Umbria]).
51 U. MERONI, Mostra dei codici gonzagheschi: la biblioteca dei Gonzaga da Luigi I ad Isa-

bella, Biblioteca Comunale, 18 settembre – 10 ottobre, Mantova, 1966, p. 42; PELLEGRINI, Vec-
chie e nuove schede.
52 Tali estratti non provengono neppure dal codice gonzaghesco che compare al nr. 7

della sezione dei poeti dell’inventario del 1407 (GIROLLA, Biblioteca, p. 59 nr. 7), già identifi-
cato con il ms. 75 della Biblioteca Comunale di Mantova, dandosi tra i due testi irriducibili
varianti (sul codice vd. SCHIZZEROTTO, Biblioteche, p. 41).
53 La mole di estratti di Terenzio basta da sola a escludere la loro provenienza dallo Spe-

culum historiale, dove dedicato ai flores terenziani vi è solo un breve capitolo (SH 5, 73), e si
può pensare che essi siano stati copiati direttamente da un manoscritto. A un codice ricon-
ducono forse gli estratti di Persio copiati al f. 181v subito dopo altri excerpta delle commedie
terenziane: non provenendo neppure essi dallo Speculum historiale, è possibile che Ramedel-
li li trovasse in un codice di Terenzio di seguito alle commedie, cui spesso Persio si accompa-
gna nella tradizione manoscritta (cfr. C. VILLA, La «Lectura Terentii». I. Da Ildemaro a France-
sco Petrarca, Padova, Antenore, 1984, p. 35 n. 108 [Studi sul Petrarca, 17). Un codice cartaceo
di Terenzio fu promesso in dono da Jacobo di Santa Croce a Ludovico Gonzaga, ma il codice
non figura nell’inventario del 1407 (GIROLLA, Biblioteca, pp. 35-36 n. 5).
54 Tre codici di Virgilio, di cui uno glossato, erano presenti nella biblioteca Gonzaga

(ibid., p. 58 nrr. 1-3).


55 L’inventario del 1407 conosce due codici di Lucano, di cui il solo primo, del 1373, è

stato identificato: Milano, Biblioteca Trivulziana, ms. 691; un altro Lucano della Trivulziana
è il ms. 692, scritto nel 1456 da Raffaello Buti (o Berti) per Ludovico Gonzaga (vd. ora M.

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 489

leggono excerpta solo dalle Metamorfosi56. Assenti del tutto sono Catullo,
Properzio, Tibullo e Stazio. Tra gli storici ben rappresentati sono Valerio
Massimo57 e Sallustio58; non stupisce l’assenza di Livio, di cui pure due
codici erano nella biblioteca Gonzaga59, ma la cui lettura fu introdotta
nella pratica scolastica solo da Vittorino da Feltre60, ed è assai probabile
che Ramedelli non avesse familiari neppure le allora conosciute otto com-
medie di Plauto. Normale è l’assenza di Tacito e di Cesare, meno quella di

PONTONE, I manoscritti datati dell’Archivio storico civico e Biblioteca Trivulziana di Milano,


Firenze 2011, pp. 46-47 (Manoscritti datati d’Italia, 22) e PELLEGRINI, Vecchie e nuove schede).
Agli estratti di Lucano, copiati ai ff. 441va-444vb della Pandetta, seguono, al f. 445r-v, excerp-
ta di argumenta esametrici sull’intero poema e su ogni singolo libro, questi ultimi tratti da
Anth. lat. 808 e assai diffusi; quelli relativi a tutta l’opera (inc.: «Disperatur elatos regni com-
munio. Regna»; expl. «Mors semiplenum stare coegit opus» trovo invece, se ho visto bene,
solo nel ms. Marston 29 della Beineke Rare Book and Manuscript Library di Yale, copiato nel
1402 nell’Italia settentrionale da Nicolaus de Florinis e in seguito appartenuto a Gian France-
sco Capilupi, membro di una celebre famiglia mantovana (B. A. SHAILOR, Catalogue of Medie-
val and Renaissance Manuscripts in the Beinecke Rare Book and Manuscript Library Yale Uni-
versity, III. Marston Manuscripts, Binghamton, New York 1992, pp. 47-49 [Medieval and
Renaissance Texts and Studies, 100]). Nel manoscritto di Yale, come nel Vat. lat. 3134, gli
argumenta metrici sono trascritti dopo il poema e quelli relativi all’intera opera precedono
quelli ai singoli libri: ma quale sia il rapporto tra il Marston 29 e il Vat. lat. 3134 resta da
stabilire.
56 Nella biblioteca Gonzaga vi era almeno un codice delle Metamorfosi: GIROLLA, Biblio-

teca, p. 59 nr. 8, cui si deve aggiungere il manoscritto registrato poco più avanti (Item multi
Ovidii in uno volumine: ivi, p. 59 nr. 10). Un codice delle Metamorfosi ovidiane è registrato
anche nella lista dei libri di Carlo Gonzaga (CORTESI, Libri e vicende, pp. 101-102).
57 Due codici di Valerio Massimo erano nella biblioteca Gonzaga, ai quali va aggiunto

uno del commento di Dionigi da Borgo San Sepolcro (GIROLLA, Biblioteca, p. 53 nrr. 5-7). Uno
dei codici di Valerio era stato richiesto in prestito nel 1382 da Giberto da Correggio a suo zio
Ludovico Gonzaga (F. NOVATI, I codici francesi de’ Gonzaga secondo nuovi documenti, in Ro-
mania 19 [1890], pp. 161-200: 189); un codice di Valerio Massimo Ludovico inviava anche ad
Aldobrandino d’Este, al quale fu prestato poi anche l’esemplare del commento di Dionigi
(ZUCCHI, Ottonello, p. 483).
58 Nella biblioteca Gonzaga vi erano ben cinque codici di Sallustio, contenenti tutti sia il

Catilina che il Giugurta (GIROLLA, Biblioteca, pp. 54-55 nrr. 21-25). In una lettera del 21 set-
tembre 1374 Leone Leoni, vicario di Goito, restituisce un Sallustio a Ludovico Gonzaga, il
quale l’aveva affidato al Leoni perché ne traesse una copia, ma il lavoro tuttavia non fu ese-
guito «propter maximas febras tercianas, quas passus fui» (ibid., p. 36 n. 3); non sappiamo se
la copia sia stata trascritta in seguito, come prometteva Leone Leoni nel prosieguo della let-
tera. Un Catilina era, prima del 1417, anche nella biblioteca dei Domenicani di S. Luca
(SCHIZZEROTTO, Biblioteche, p. 36).
59 GIROLLA, Biblioteca, p. 52 nrr. 3-4.
60 GARGAN, Lettura, p. 468. CORTESI, Libri di lettura, p. 634 ricorda la testimonianza di

Andrea Bussi, il quale, introducendo nel 1469 la princeps delle Historiae di Livio, celebrava
Vittorino come il «pater pauperum studiosorum» che «Livium primus ut intactum pelagus
atque inespertum noster Tiphys aperuit et Patavinos thesauros Hesperidum hortis clusiores
patefecit».

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490 VALERIO SANZOTTA

Svetonio e di Giustino; del tutto assenti sono anche Gellio e Apuleio. Tra i
libri naturales Ramo copia excerpta di Plinio il Vecchio61 e l’intero VI libro
del De agricultura di Palladio. Gli epistolari di Cicerone rappresentano un
capitolo fondamentale delle scoperte umanistiche, ed è significativo che,
oltre ai vari excerpta ciceroniani, si incontri nella Pandetta la prima lettera
al fratello Quinto (ff. 388ra-391rb), che è il solo testo classico del Vat. lat.
3134 trascritto per intero, forse da ricondurre alle suggestioni dell’inse-
gnamento di Vittorino da Feltre62; non sarà neppure inutile osservare che
la lettera si trova trascritta su cinque fogli (un ternione privo dell’ultimo
foglio) aggiunti a un’unità codicologica costituita per gran parte da epi-
stole e orazioni umanistiche63. Tra gli autori tardoantichi, nella Pandetta
compaiono infine Simmaco, Sidonio Apollinare, Claudiano64, Macrobio e
Cassiodoro.

5. Nel Vat. lat. 3134 si individuano almeno due nuclei di interesse: il pri-
mo ancora in parte legato alle tradizioni medievali e scolastiche; il secondo
più sensibile allo spirito dei tempi nuovi. Con l’acquisto di testi umanistici,
non solo i più noti e quelli cui aveva più facile accesso, ma anche molti
rari, dei quali oggi il Vat. lat. 3134 è unico testimone, Ramedelli segna
un sostanziale scarto rispetto al resto della Pandetta. E si dovrà notare
sin da subito come, a differenza di quanto avviene per i classici (ma con

61 Sappiamo che nel 1376 una Naturalis historia di Plinio fu chiesta in prestito da Giber-

to da Correggio a Ludovico Gonzaga e che tre mesi dopo, restituito il Plinio, Giberto prese in
prestito un Solino (NOVATI, Codici, p. 185): i due codici sono da identificarsi rispettivamente
con GIROLLA, Biblioteca, p. 64 nrr. 1 o 2 [Plinio] e 3 [Solino]); vd. anche CANOVA, Biblioteche,
p. 56.
62 AVESANI, «Pandetta», p. 165. Dopo la scoperta dell’epistolario ciceroniano al fratello

Quinto da parte del Petrarca nella Capitolare di Verona, la lettera godette di vasta fortuna
nella scuola umanistica e fu diffusa anche autonomamente in varie miscellanee quattrocen-
tesche. Sappiamo che nella biblioteca Gonzaga, posteriormente al 1407, vi era un codice, ora
identificato in Trento, Biblioteca Comunale, ms. 3565, contenente la lettera insieme con il
Somnium Scipionis e la Pro Marcello, scritto nella prima metà del secolo XV e recante le ini-
ziali di Ludovico (CORTESI, Libri di lettura, p. 621 e PELLEGRINI, Vecchie e nuove schede).
Sulla presenza delle lettere ciceroniane nelle miscellanee scolastiche vd. RIZZO, Ricerche,
pp. 156-58.
63 Vd. infra, pp. 496-99. I ff. 391v-392v sono bianchi: è pensabile che Ramedelli intendes-

se tornare nuovamente su queste pagine, se nell’indice al f. 3rb, di seguito alla menzione


della lettera di Cicerone, ha lasciato un’ampio spazio vuoto contrassegnato da quattro punti-
ni, che dovevano servire senza dubbio a indicare altri titoli.
64 Gli estratti dei carmina maiora, ai ff. 296ra-300rb, si susseguono in un ordine che non

è quello tradizionale, poiché cominciano con la praefatio dell’Invectiva in Rufinum e termina-


no con il Bellum Gethicum: un riscontro sembrerebbe trovarsi nel ms. al n. 21 dei libri poeta-
rum dell’inventario di Francesco Gonzaga (cfr. GIROLLA, Biblioteca, p. 60). Una miscellanea
poetica di Ovidio e Claudiano si trovava prima del 1427 nella biblioteca degli Agostiniani di
S. Agnese, ma il codice non è stato identificato (SCHIZZEROTTO, Biblioteche, p. 32).

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 491

la significativa eccezione della lettera ciceroniana) e per i testi medievali,


quasi tutti quelli preumanistici e umanistici siano trascritti per intero, in
accordo con il nuovo spirito che privilegia i testi integri e nutre diffidenza
per il linguaggio della sentenza.
Già poco tempo dopo la scoperta del Vat. lat. 3134, Campana notava
l’ampia messe di materiale petrarchesco o legato ad amici, corrispondenti
ed epigoni del Petrarca65, tanto che, per certi aspetti, si può legittimamente
considerare la Pandetta come una pagina della fortuna del Petrarca tra Tre
e Quattrocento: non si dimentichi che Ramedelli era stato copista dell’A-
frica petrarchesca nel Laur. Ashb. 1014 e che tra i due secoli non pochi
furono i grammatici che postillarono il testo del poema66, sancendo di fatto
il momento più alto della sua fortuna, che, come è noto, andò declinando
presso le successive generazioni umanistiche67. La dimestichezza con i te-
sti petrarcheschi e con quelli degli amici del poeta non può essere casuale:
è indubbio che in Ramo agiva un interesse precipuo per l’opera latina del
Petrarca e dei suoi continuatori.
Dal Laur. Ashb. 1014, oppure direttamente dal suo modello, Ramo ha
tratto — probabilmente intorno al 1398, quando fu vergato il codice lauren-
ziano — gli estratti dell’Africa che si leggono nella Pandetta ai ff. 22ra-23ra,
intitolati Moralia quedam ex dictis Petrarce in libro suo Affrice: gli estratti
della Pandetta seguono sempre il Laur. Ashb. 1014 nelle sue lezioni pecu-
liari e moltissimi passi dell’Africa copiati dal Ramedelli nel Vat. lat. 3134,
nel Laur. Ashb. 1014 si trovano contrassegnati nei margini da maniculae
indicatrici. Ma del Laur. Ashb. 1014 importano anche le note di lettura, in
particolare per i riscontri che si possono stabilire con altri estratti copiati
nella Pandetta68. Si consideri, al f. 16v, in margine ad Afr. 2, 94, la postilla
«Descriptio Fame, quam plenius ponit Maro in Eneide [Verg. Aen. IV, 173-
188]»69: il passo virgiliano, contrassegnato da un segno di nota, è riportato
integralmente nel Vat. lat. 3134 ai ff. 66vb-67ra; ancora, al f. 44r, la postilla
in margine ad Afr. 4, 388: «Iuvenile vicium est non posse ferre impetum /

65 Si veda la sua memoria conservata a Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio, Carte

Campana, cass. 27, 5, ff. 1-4, e in particolare il paragrafo 4, pubblicato ora da AVESANI, «Pan-
detta», pp. 133-134. GENTILE – RIZZO, Miscellanee, p. 399 fanno notare come la connotazione
‘umanistica’ dei codici miscellanei sia affidata per larga parte proprio alla presenza di testi
petrarcheschi.
66 FERA, Lettori, p. 35.
67 Ibid., p. 33.
68 Le più importanti di esse sono già state illustrate da FERA in Codici latini del Petrarca,

p. 43.
69 Ivi.

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492 VALERIO SANZOTTA

etatis. Seneca in proverbiis [SEN. Tro. 250-251]»70: il verso senecano, corre-


dato da una manicula, sarà copiato da Ramo tra gli estratti dalle Troades al
f. 284vb. L’interesse didattico-moralistico sotteso alla scelta degli estratti
è di tutta evidenza71.
Del Petrarca compaiono inoltre, nella prima parte della Pandetta,
excerpta del De vita solitaria (ff. 23va-27rb) e l’Itinerarium completo, for-
se in una redazione intermedia (ff. 47ra-50va)72; vi è poi la Fam. 22, 6 a
Zanobi da Strada, con alcune lezioni di γ (f. 50vb)73, che forma assieme
all’Itinerarium e a due lettere di Pietro di Blois una piccola raccolta epi-
stolare74. Per il resto, tutto il materiale connesso con il Petrarca, i suoi
amici e corrispondenti, si concentra in una sola unità codicologica, che
va dal f. 316 al f. 355 (ma scritta solo fino al f. 353v), comprendente per
larghissima parte testi umanistici, tra cui moltissimi sono appunto quel-
li di derivazione petrarchesca, inframmezzati ad altri di origine veneta e
toscana. Poiché in essa compare anche un’epistola del Bruni al Niccoli

70 Cfr. anche N. FESTA in F. PETRARCA, L’Africa, ediz. crit. per cura di N. FESTA, Firenze

1926, p. 99 (Edizione Nazionale delle opere di Francesco Petrarca).


71 Forse non è un caso che il lamento di Magone (Afr. 6, 885-918), con tutto il suo portato

esemplare di morte cristiana, sia stato trascritto da Ramo per due volte: la prima, per intero,
escerpito dal capitolo 6, 19 del Romuleon di Benvenuto da Imola (f. 7va-b); la seconda, con i
soli vv. 889-911, direttamente dall’Africa petrarchesca (f. 23rb). A quanto mi consta, il lamen-
to di Magone è contenuto solo in due codici del Romuleon, il Vat. lat. 1948, f. 104r, scritto tra
la fine del sec. XIV e l’inizio del XV, e l’Urb. lat. 505, ff. 106v-107v, vergato nel 1421, mentre
il resto della tradizione ne è privo (F. DUVAL, La traduction du Romuleon par Sébastien Mame-
rot. Étude sur la diffusion de l’histoire romaine en langue vernaculaire à la fin du Moyen Âge,
Genève 2001, pp. 142-146).
72 Considerati i loci critici segnalati da M. FEO, Inquietudini filologiche del Petrarca. Il

luogo della discesa agli Inferi (Storia di una citazione), in Italia medioevale e umanistica 17
(1974), pp. 115-185: 183, risulta che il Vat. lat. 3134 si allinea al ms. Cremona, Biblioteca
Statale, Fondo Libreria civica, BB 1.2.5, latore della redazione precanonica, solo nei casi alle
linee 51-53, 54, 304 e 340 dell’edizione del Lumbroso, mentre per gli altri segue la tradizione
seriore. Anche il titolo è accostabile a quello della redazione γ: Itinerarium Francisci Petrarce
ad Sepulcrum Dei viam docens (Vat. lat. 3134); Itinerarium ad sepulcrum Domini nostri Yesu
Christi (γ); Itinerarium breve de Ianua usque ad Ierusalem et Terram Sanctam (α). Sulle due
redazioni dell’Itinerarium vd. almeno S. GENTILE, La redazione precanonica della seconda let-
tera a Urbano V e dell’Itinerarium in un codice del secondo ’400, in Codici latini del Petrarca,
pp. 283-285: 284-85. ID., Itinerarium breve de Ianua usque ad Ierusalem et Terram Sanctam, in
Petrarca nel tempo. Tradizione lettori immagini delle opere. Catalogo della mostra. Arezzo,
Sottochiesa di San Francesco, 22 novembre 2003 – 27 gennaio 2004, a cura di M. FEO, [Pon-
tedera] 2003, p. 445 fa rilevare come non abbia alcun fondamento nella tradizione manoscrit-
ta il titolo di Itinerarium Syriacum con cui l’opera è stata a lungo chiamata.
73 AVESANI, «Pandetta», p. 133 n. 4.
74 Ibid., pp. 146-147. La trascrizione è datata al 1392 (f. 52ra): si tratta della nota sotto-

scrizione nella quale Ramedelli si definisce massarius camere di Margherita Malatesti (ibid.,
p. 135).

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 493

datata 20 febbraio 1409, a dopo quella data si potrà far risalire l’intera se-
zione. Essa comprende l’epistola di Petrarca a Giovanni Fedolfi da Parma
(Disp. 30 = Var. 50); la traduzione petrarchesca di Griselda (Sen. 17, 3);
una pagina di sonetti di Giovanni Quirini cui segue la canzone Quando’l
pensiero l’animo conduce, tratta dalla Summa artis rithimici del padovano
Antonio Da Tempo; la lettera del Boccaccio a Donato Albanzani scoperta
da Campana; la lettera proemiale del Petrarca al Boccaccio che precede
la traduzione di Griselda; la Sen. 2, 6 del Petrarca a Roberto di Battifolle
nella redazione γ e la risposta di lui al Petrarca, parzialmente edita dal
Mehus75; una lettera alla regina Sancia di Maiorca in cui i suoi sudditi le
manifestano il loro dolore per la morte del re Roberto d’Angiò76; la Lu-
cretia del Salutati; la Fam. 18, 13 del Petrarca con un nuovo indirizzo a
Pietro da Moglio, ché normalmente è inviata Ad Crotum grammaticum
Pergamensem, vale a dire il grammatico Iacopo Domenico de Apibus, che
con il soprannome di Crottus compare in alcuni atti notarili, tra i quali il
Foresti ricorda in particolare uno strumento del 3 ottobre 136177. Si in-
contra poi una congerie di carmi anonimi e di vari autori, molti dei quali
in qualche modo in relazione con il Petrarca e alcuni riconducibili all’area
veronese e vicentina: si richiamano rapidamente i sette versi in lode di
Gian Galeazzo Visconti (il Conte di Virtù) sulla cacciata degli Scaligeri78; i

75 L. MEHUS, Historia litteraria florentina ab anno MCXCII usque ad annum MCCCCXL

(pref. a Ambrosii Traversarii Generalis Camaldulensis… epistolae a Domino Petro Canneto… in


libros XXV tributae. Accedit eiusdem Ambrosii vita… deducta a Laurentio Mehus), I, Florentiae,
ex Typographio Caesareo, 1759, p. CCXXVI [rist. anast. Bologna, Forni, 1968]; in traduzione
italiana si legge in C. BENNI, Ricordi del Petrarca nel Casentino, in Atti della Società Colombaria
di Firenze (1931-1932), pp. 279-305: 291-292; vd. anche E. H. WILKINS, Petrarch’s Correspon-
dance, Padova 1960, p. 128 nr. 78 (Medioevo e Umanesimo, 3). L’edizione completa, promes-
sa da Giuseppe Billanovich, non ha mai visto la luce.
76 Ritengo assai probabile che la lettera contenuta nel Vat. lat. 3134, della quale spero di

approntare presto l’edizione critica, sia in qualche modo da collegare a una lettera inviata da
Sancia ai suoi sudditi, nella quale la regina annuncia la morte di re Roberto, contenuta al f.
14r-v dell’Ambr. C 141 e studiata da M. GAGLIONE, Sancia d’Aragona-Maiorca tra impegno di
governo e «attivismo» francescano, in Studi storici 4 (2008), pp. 931-985: 932-936 (con l’edizio-
ne della lettera alle pp. 979-980; a p. 985 si discute l’ipotesi che si tratti non di una sola lette-
ra, ma di due distinte). Quanto alla lettera del Vat. lat. 3134, essa è attribuita al Petrarca
nell’indice del codice, ma, come ha già notato AVESANI, «Pandetta», p. 134 n. 2, non compare
tra le opere apocrife petrarchesche, né sembrerebbe tramandata altrove. Si tratterà forse di
un errore del Ramedelli, condizionato dalla circostanza che nel codice la lettera segue imme-
diatamente la Sen. 2, 6, ma è anche possibile che essa si trovasse associata a materiale petrar-
chesco già nell’antigrafo.
77 A. FORESTI, Aneddoti della vita del Petrarca, Padova 19772, pp. 394-396 (Studi sul Pe-

trarca, 1). Per la presenza della lettera nel Vat. lat. 3134 e per questo nuovo indirizzo vd. an-
che AVESANI, «Pandetta», p. 134.
78 Ibid., p. 134 n. 5.

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494 VALERIO SANZOTTA

carmi inediti di Fino da Vicenza e di Checco di Meletto Rossi79; di Ferreto


Ferreti i carmi in morte di Benvenuto Campesani80; i carmi e le epistole
del periodo veronese e vicentino di Moggio Moggi, che come ha spiegato il
Garbini, risalgono certamente a una raccolta epistolare di redazione pre-
canonica81; e infine uno scambio in versi, che credo del tutto sconosciuto
e inedito, tra Pietro da Moglio e un magister Marsilius del quale piacereb-
be conoscere l’identità. Riporto qui titolo, incipit ed explicit di entrambi i
carmi, a beneficio dell’identificazione: «Magister Marsilius ad magistrum
Petrum de Muglio: Rhetor Petre, tuis sacris de fontibus acti … crescat et
insueto vincant sub milite Muse». «Responsio […] magistri Petri predicti
ad magistrum Marsilium: Extorques tandem, fateor, superasque tepentem
… unde viri apprime Parnasi rore pudico» (f. 341vb). Completano infine la
sezione lunghi excerpta del De casibus virorum illustrium del Boccaccio e
la già ricordata lettera 3, 12 Luiso (3, 9 Mehus) che Leonardo Bruni scrisse
da Rimini a Niccolò Niccoli, il 20 febbraio 140982.

Sembra probabile che tra il materiale utilizzato dal Ramedelli per l’inte-
ra sezione dei ff. 316r-353v vi fossero un manoscritto di testi petrarcheschi
e una silloge di area veneta. Il fatto che molti testi del Petrarca risalgano a
una redazione γ suggerisce che Ramedelli abbia potuto accedere a una rac-
colta precanonica, analogamente a quanto avvenne per la silloge di lettere
petrarchesche raccolta da Donato Albanzani a partire dalla tradizione dei
destinatari, oggi ms. 79 della Biblioteca Palatina di Parma, che contiene,

79 Come corrispondente del Moggi Fino da Vicenza è ricordato in L. GARGAN, Il preuma-

nesimo a Vicenza, Treviso e Venezia, in Storia della cultura veneta, II, Vicenza 1976, pp. 142-
170: 150 e da P. GARBINI, in M. MOGGI, Carmi ed epistole, a cura di P. GARBINI, Padova 1996,
passim (Studi sul Petrarca, 24); per i rapporti con il Petrarca si aggiunga G. MANTESE, Incon-
tri vicentini con il Petrarca, in Petrarca, Venezia e il Veneto, a cura di G. PADOAN, Firenze 1976,
pp. 179-208: 191-192. Su Checco di Meletto Rossi vd. ora La corrispondenza bucolica tra
Giovanni Boccaccio e Checco di Meletto Rossi | L’egloga di Giovanni del Virgilio ad Albertino
Mussato, edizione critica, commento e introduzione a cura di S. Lorenzini, Firenze 2001
(Quaderni di Rinascimento, 49), con bibl. Dei testi del Rossi contenuti nel Vat. lat. 3134 par-
lerà in un prossimo contributo Michele Feo.
80 Le opere di Ferreto de’ Ferreti vicentino, a cura di C. CIPOLLA, III, Roma 1920, pp. 103-111

(Fonti per la storia d’Italia, 43) [rist. anast.: Torino, Bottega d’Erasmo, 1972].
81 P. GARBINI, Dai destinatari ai posteri. Le lettere di Moggio Moggi, in L’antiche e le moder-

ne carte. Studi in memoria di Giuseppe Billanovich, a cura di A. MANFREDI e C. M. MONTI,


Roma – Padova 2007, pp. 247-262: 253-257 (Medioevo e Umanesimo, 112); ma si veda anche
l’edizione critica: MOGGI, Carmi.
82 Per le presenza nel Vat. lat. 3134 della lettera del Bruni mi permetto di richiamare

SANZOTTA, Preumanesimo; in AVESANI, «Pandetta», p. 134 n. 7 l’ipotesi che Ramedelli possa


aver ricevuto una copia della lettera dalle mani del Bruni stesso.

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 495

oltre alla Sen 2, 6 nel testo γ e alla traduzione di Griselda, anche l’Itinera-
rium83.
Il Compendium del De viris illustribus del Petrarca con il supplementum
di Lombardo della Seta, che segue poco dopo ai ff. 356ra-365vb, non andrà
messo in conto a questo gruppo di testi, dal momento che appartiene a
un’altra unità codicologica e qualche relazione deve avere con due codici
del Compendium, uno in pergamena e uno in carta, posseduti della biblio-
teca Gonzaga84. La scrittura visibilmente più posata rispetto al resto della
Pandetta, il testo preceduto da una tavola del contenuto, i titoli rubricati e
le iniziali denotano una certa cura nell’allestimento del testo: si può pen-
sare che anche in questo caso, così come era probabilmente avvenuto con
la piccola raccolta epistolare ai ff. 47r-52r che inizia con l’Itinerarium85,
Ramedelli intendesse allestire un codice in pulito del Compendium, che
occupa, non a caso, quasi l’intero fascicolo. In un articolo del 1974 Ri-
ziero Zucchi ha fatto conoscere una lettera di Ottonello Descalzi, impor-
tante figura di collegamento tra Padova e l’ambiente mantovano, scritta
nel 1392, probabilmente da Bologna, a Galeazzo Buzoni86: nella lettera,
tra l’altro, il giurista padovano chiede indietro un «librum originallem Vi-
rorum illustrium scriptum manu propria Lombardi a Seta» che egli ave-
va consegnato a Giovanni Zambrini, inviato di Francesco Gonzaga, nel
novembre del 1388, per conto di Pellegrino, figlio dello stesso Lombardo
della Seta che aveva concesso il volume. Pare indubbio che si tratti di un
esemplare del De viris illustribus del Petrarca proveniente dal cenacolo di
Lombardo della Seta, mentre resta da stabilire se sia l’opera completa op-
pure il Compendium. Ma è veramente molto probabile che abbia ragione
lo Zucchi quando inclina verso il Compendium, ritenendo che una copia
del riassunto fosse stato inviata da Padova a Mantova non solo per essere
83 Sul codice palatino vd. soprattutto A. SOTTILI, Donato Albanzani e la tradizione delle

lettere del Petrarca, in Italia medioevale e umanistica 6 (1963), pp. 185-201. Interessante, sotto
questo rispetto, è anche il già citato ms. C 141 inf. dell’Ambrosiana, un codice composito del
sec. XV che contiene, tra la sua vasta materia, soprattutto modelli epistolari: la lettera della
regina Sancia di cui si è detto; la Senile 13, 7 del Petrarca a Francesco da Fiano nel testo γ; la
traduzione petrarchesca di Griselda, cui fa subito seguito la Lucretia del Salutati; l’epitafio di
Giovanni Visconti scritto da Gabrio Zamorei; epistole e carmi di letterati dell’età di Gianga-
leazzo, tra cui Moggio Moggi. Il codice è stato studiato da C. M. MONTI, Umanesimo visconteo
e lettere di cancelleria in codici miscellanei dell’Ambrosiana, in Nuove ricerche su codici in
scrittura latina dell’Ambrosiana. Atti del Convegno, Milano, 6-7 ottobre 2005, a cura di M.
FERRARI e M. NAVONI, Milano 2007, pp. 153-216: 155-170 (Bibliotheca erudita. Studi e docu-
menti di storia e filologia, 31). Si noti in margine che l’epitafio per Giovanni Visconti è anche
nel Vat. lat. 3134, al f. 290vb.
84 GIROLLA, Biblioteca, p. 54 nrr. 20-21.
85 Vedi supra, p. 492.
86 ZUCCHI, Ottonello, pp. 479-81.

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496 VALERIO SANZOTTA

letta, ma per essere copiata. Si spiegherebbe così la presenza di due codici


del Compendium nella biblioteca Gonzaga, dove in quello membranaceo
andrà riconosciuto l’esemplare autografo di Lombardo della Seta, eviden-
temente mai più restituito, mentre in quello cartaceo una copia allestita
a partire da esso. Poiché Lombardo aveva concesso il volume per un solo
mese, la copia cartacea sarà stata rapidamente allestita da un funzionario
gonzaghesco87. Verrebbe da pensare a Ramedelli, ma è un’illazione che
non ha per ora alcun conforto documentario: però è probabile che uno dei
due codici gonzagheschi, l’originale membranaceo o la copia cartacea, sia
stato il modello della trascrizione di Ramedelli confluita nella Pandetta.
Alcune testimonianze minori e più rare copiate nel Vat. lat. 3134 devono
essere state conosciute da Ramo nelle sue funzioni professionali di can-
celliere e segretario, dunque con qualche relazione con magistrati e fun-
zionari stranieri88. Ai principali testi connessi con gli ambienti delle corti
malatestiane ho dedicato un contributo specifico e su essi non occorrerà
qui ritornare89; tra i testi che si collocano più in generale in un contesto
antivisconteo, va qui dato rilievo all’Invectiva contro Firenze del cancellie-

87 Ibid., pp. 485-488. L’intera vicenda riassume rapidamente AVESANI, «Pandetta», p. 151
n. 2.
88 È questo anche il caso dei molti testi di origine veronese, tra i quali vanno ricordati il

gruppo degli epigrammi di Antonio da Legnago, trascritti ai ff. 92ra-93rb (su cui R. AVESANI,
Il preumanesimo veronese, in Storia della cultura veneta, II, pp. 111-141: 131-136; ID., Uguccio-
ne, pp. 49-51; ID., «Pandetta», p. 141 n. 2), e la lettera, da poco pubblicata a stampa, che
Guarino da Verona scrisse all’amico Galesio Nichesola, giureconsulto veronese vicepodestà
di Mantova nel 1420, nel 1421 e nel 1425, che è l’ep. 293 A dell’Epistolario guariniano (ID.,
Guarino Veronese a Galesio della Nichesola e Angelo Lapi a Guarino: due integrazioni all’Epi-
stolario guariniano avviate da Augusto Campana, in Virtute et labore. Studi offerti a Giuseppe
Avarucci per i suoi settan’anni, a cura di R. M. BORRACCINI e G. G. BORRI, Spoleto 2008, pp.
1049-1071: 1052-1053). È possibile che Ramedelli conoscesse personalmente Galesio, ma
non si può escludere che la lettera di Guarino nella Pandetta si debba ricondurre al magistero
mantovano di Vittorino da Feltre, che di Guarino era stato allevo. Come ha ben rilevato G. P.
MARCHI, Un nuovo documento su Vittorino da Feltre, in Italia medioevale e umanistica, 8
(1965), pp. 341-350: 347, nel più vasto ambito degli scambi politici e culturali tra Mantova e
Verona si collocano anche quelli tra gli scolari di Guarino e gli scolari di Vittorino. Tra i testi
di provenienza veronese, si potranno aggiungere ancora, al f. 295ra, due epigrafi relative
all’edificazione di una cappella della Vergine e di un altare in onore di s. Michele Arcangelo
nella chiesa agostiniana di S. Eufemia a Verona (e non in quella francescana di S. Fermo,
come intende, erroneamente, il Ramedelli), voluta da Iacopo dal Verme, figlio del più noto
Luchino: vd. R. AVESANI, Minuzie su Luchino e Iacopo Dal Verme e su Cia Ubaldini. Le epigra-
fi di Iacopo nella chiesa veronese di Sant’Eufemia, in Magna Verona vale: studi in onore di
Pierpaolo Brugnoli, a cura di A. BRUGNOLI e G. M. VARANINI, Verona 2008, pp. 85-100: 89.
89 SANZOTTA, Preumanesimo. Alle referenze fornite ibid., n. 15 a proposito della cultura

letteraria di Carlo Malatesti posso ancora aggiungere la lunga nota bibliografica di M. PETO-
LETTI, Vicende, lettori e tradizioni di storici latini in codici Ambrosiani, in Nuove ricerche, pp.
281-305: 301 n. 60.

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 497

re Antonio Loschi, trascritta ai ff. 395v-397r, e alla risposta che Coluccio


Salutati fece pervenire a Pietro Turchi, accompagnata dall’epistola 13, 10
[Novati, III, pp. 634-640], scritta da Firenze l’11 settembre 1403 (ff. 397r-
411v). Non sarà inutile notare che il Vat. lat. 3134 è l’unico codice in cui
il testo del Loschi sia immediatamente seguito dalla replica del Salutati90.
L’invettiva del Loschi e la risposta del Salutati si leggono in un’unità co-
dicologica che si apre al f. 388r con la lettera ciceroniana a Quinto, trascrit-
ta su fogli aggiunti, e che si estende fino al f. 416, anch’esso aggiunto. La
sezione è occupata per gran parte da lettere e orazioni umanistiche, alcune
delle quali sono già note, mentre molte altre sono senz’altro sconosciute.
Segnalo qui, ai ff. 393r-394r, un discorso sull’arte oratoria tenuto dal pro-
tonotario apostolico e poi abate commendatario di S. Benedetto Polirone
Guido Gonzaga, figlio illegittimo di Francesco91; all’orazione del Gonzaga
fa subito seguito, al f. 394r-v, un’orazione giovanile di Pietro Donà recitata
in occasione del passaggio a Padova, nel gennaio del 1414, di Tommaso
Mocenigo, neoeletto doge di Venezia92. Si potrà poi ricordare un’orazio-
ne funebre per Filippo della Molza (f. 395r-v), che nell’indice al f. 3rb si
dice pronunciata da un francescano Gulielmus de Casal Selvazo, ma poi-
ché un personaggio con questo nome non è noto agli annali letterari, né il
toponimo sembrerebbe attestato altrove, si potrebbe più verosimilmente
attribuire al francescano Guglielmo da Casale Monferrato, cioè da Casale

90 S. U. BALDASSARRI, Prime ricerche per un’edizione critica della Invectiva in Antonium


Luscum, in Novità su Coluccio Salutati. Seminario a 600 anni dalla morte (Firenze, 4 dicem-
bre 2006) (= Medioevo e Rinascimento 22 / n.s. 19 [2008]), pp. 105-129: 110-111; ID., Contra
maledicum et obiurgatiorem, in Coluccio Salutati e l’invenzione dell’Umanesimo [Catalogo del-
la mostra], pp. 171-173: 171; ID., La «Invectiva in Florentinos» di Antonio Loschi, in Esperien-
ze Letterarie 35 (2010), pp. 3-28: 7, dove a fronte di un impegnato e meritorio contributo lo
studioso ignora il nome di Ramedelli e giudica il nostro manoscritto di origine romagnola;
ibid., pp. 20-28, l’edizione critica e traduzione italiana dell’invectiva del Loschi.
91 A Guido Gonzaga si attribuiscono già un trattato, tre epistole e altrettante orazioni in

latino, e la riscrittura, dedicata a Cecilia Gonzaga, di una redazione volgare del capitolo
CLXVI della Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, a testimonianza di una produzione lettera-
ria attiva anche sul versante italiano: L. BARONCINI, Un caso di agiografia umanistica: la ‘Isto-
ria di San Clemente’ attribuita a Guido Gonzaga, in Lettere Italiane 60 (2008), pp. 236-255, alla
quale si rimanda per le coordinate biografiche e culturali del Gonzaga. Andrea Canova ha
gentilmente richiamato la mia attenzione sul Vat. lat. 2960, un codice membranaceo della
prima metà del sec. XV, appartenuto al cardinale Francesco e poi a Gian Pietro Arrivabene,
contenente un Mantuane Urbis gestorum liber che piacerebbe poter attribuire a Guido Gonza-
ga: CHAMBERS, Renaissance Cardinal, p. 176 nr. 812; qualche dubbio sulle possibilità dell’at-
tribuzione in BARONCINI, Un caso, pp. 246-247.
92 Su Pietro Donà vd. almeno A. MENNITI IPPOLITO, Donà (Donati, Donato), Pietro, in Di-

zionario biografico degli Italiani, 40, Roma 1991, pp. 789-794). Su Tommaso Mocenigo vd. G.
GULLINO, Mocenigo, Tommaso, in Dizionario biografico degli Italiani 75 (2011), pp. 150-153.

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498 VALERIO SANZOTTA

S. Evasio, di cui Casal Selvazo sarà una corruttela93. Infine, ai ff. 411v-412r,
si noterà ancora un’amichevole lettera, datata 22 ottobre 1406, indirizzata
dai guelfi fiorentini a Malatesta di Pandolfo Malatesta. Già segnalati, ma
importanti perché noti esclusivamente dal Vat. lat. 3134, sono l’elogio di
Carlo Malatesti, dal Ramedelli attribuito a Pietro Turchi (ff. 412r-413r)94,
e la lettera di Carlo Malatesti datata «Arimini, 4° octobris 1427, manu pro-
pria» in cui il signore di Rimini annuncia la morte del fratello Pandolfo III
(f. 416ra)95.
Il Vat. lat. 3134, f. 413r-v, va poi ad aggiungersi ai numerosissimi testi-
moni della finta perorazione di Demostene ad Alessandro Magno in difesa
di Atene, accusata di essere complice dei rivoltosi tebani, un testo che,
assieme alle altre finte orazioni di Eschine e di Demade sul medesimo ar-
gomento, si incontra assai frequentemente nelle miscellanee umanistiche.
In un contributo del 1915, Remigio Sabbadini ha riconosciuto come priva
di fondamento la tradizionale attribuzione delle orazioni a Leonardo Bruni
quali vere traduzioni dal greco, proponendo cautamente di riconoscervi
l’autore in Pietro Marcello vescovo di Ceneda, il quale nel 1403 le inviava
in dono, nel Vat. lat. 5233, all’umanista feltrino Antonio da Romagno96; tale
ipotesi è però caduta in seguito alla pubblicazione, da parte di Edmé Smits,
del cosiddetto supplemento all’Historia Alexandri di Curzio Rufo97, compi-
lazione di autore ignoto forse risalente al XII secolo, nella quale si legge
anche la nostra orazione, probabilmente composta dallo stesso autore del
supplementum. La tradizione umanistica conosce almeno due redazioni,
la prima ancora piuttosto fedele al testo del supplemento; la seconda, ve-
rosimilmente più tarda, è quella attestata dal codice di Pietro Marcello ed
è dunque anteriore al 140398. Il Vat. lat. 3134 sembrerebbe testimoniare
proprio questa seconda redazione.

93 Su Guglielmo da Casale basti qui il rinvio a T. CALIÒ, Guglielmo da Casale, in Dizionario

biografico degli Italiani 60 (2003), pp. 800-802.


94 Vd. anche SANZOTTA, Preumanesimo.
95 AVESANI, «Pandetta», p. 145. Si noti il curioso titolo riportato da Ramedelli nell’indice

al f. 3rb: «Epistola Karoli Malateste Arimini consolatoria de eius convalescentia».


96 R. SABBADINI, Antonio da Romagno e Pietro Marcello, in Nuovo Archivio Veneto 30

(1915), pp. 207-246.


97 E. SMITS, A Medieval Supplement to the Beginning of Curtius Rufus’s Historia Alexandri.

An Edition with Introduction, in Viator 18 (1987), pp. 89-124.


98 Sulla finta orazione di Demostene si veda almeno S. BERTI, L’orazione pseudo-demoste-

nica Ad Alexandrum dal XII al XV secolo: tra latino e volgare, in Aevum 75 (2001), pp. 477-493
e L. SILVANO, Pseudo-Demostene Ad Alexandrum o la forza del falso, in Vestigia Notitiai. Scrit-
ti in memoria di Michelangelo Giusta, a cura di E. BONA, C. LÉVY, G. MAGNALDI, Alessandria
2012, pp. 485-518, con l’edizione del testo critico della prima redazione alle pp. 504-505. Per
la redazione tardiva si ricorra a SABBADINI, Antonio da Romagno, pp. 243-244.

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SULLA PANDETTA DI RAMO RAMEDELLI 499

Per concludere, segnalo al f. 416ra-b, nello stesso foglio dove è la lettera


di Carlo Malatesti, un divertente iocum di scuola, ovvero una preghiera
in cui capponi, galline e altri volatili si rivolgono alla Quaresima perché
vendichi le stragi di animali che si intensificano durante il carnevale. L’epi-
stola è stata già pubblicata dal Feo sulla base del Par. lat. 864099, ma vale
la pena di rilevarne la presenza nella Pandetta, poiché Ramedelli sembre-
rebbe attestare una redazione differente, utile, tra l’altro, a confermare
alcune emendazioni al testo dell’epistola100. La curiosa lettera appartiene a
un genere letterario, quello del contrasto tra Carnevale e Quaresima, par-
ticolarmente diffuso in Italia centro-settentrionale e proprio delle lingue
volgari. La tradizione latina è un’eccezione, come scrive il Feo, e come
eccezione è tanto più significativo trovarla nella Pandetta, a conferma, se
ce ne fosse ancora bisogno, della varietà di interessi e della vastità delle let-
ture di Ramedelli, personalissimo testimone, nello specifico mantovano, di
un importante momento di transizione tra l’età gotica e la nuova stagione
dell’Umanesimo101.

99 M. FEO, Il carnevale dell’umanista, in Tradizione classica e letteratura umanistica. Per

Alessandro Perosa, a cura di R. CARDINI, E. GARIN, L. CESARINI MARTINELLI, G. PASCUCCI, I,


Roma 1985, pp. 25-93: 73-75.
100 È il caso della lettura humectati congetturalmente proposta dal Feo, contro la lezione

del Parigino che ha humiditati e la lettura di Perosa, che voleva humidati, nella frase «Hinc et
volemi succo [acriori] humectati parumper saleque aspersi acriori pena torquentur, donec
ventris lurchonum clauduntur ergastulo» (FEO, Il carnevale, p. 74 ll. 23-26); il Vat. lat. 3134
ha: «Hincque acriore udemi succo humectati, parumperque sale respersi, acutiori preca tor-
quentur, donec ventris volvuntur ergastulo».
101 A Rino Avesani, che per primo ha ispirato questa ricerca, e che è sempre stato prodigo

di consigli e di sostegno, va la mia più affettuosa riconoscenza. Nel corso delle mie indagini
sul Vat. lat. 3134 mi sono state preziose le osservazioni di Maurizio Campanelli, Andrea Ca-
nova, Fabio Forner, Antonio Manfredi e Silvia Rizzo; ringrazio inoltre Paolo Pellegrini per
avermi amichevolmente concesso di leggere un suo lavoro in corso di stampa. Un grande
debito di gratitudine ho contratto con Sebastiano Gentile, che ha guidato il mio lavoro di tesi
di dottorato sul Vat. lat. 3134 presso l’Università di Cassino e che mai mi ha fatto mancare i
suoi suggerimenti. Resta inteso che la responsabilità di errori e omissioni è soltanto mia.

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RUDOLF S. STEFEC

ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER


HANDSCHRIFTEN*

Die Lokalisierung von Textzeugen aufgrund paläographischer oder ko-


dikologischer Merkmale gehört zu den primären Aufgaben der Handschrif-
tenforschung. So wurden in den letzten Dezennien unter anderem Kriteri-
en für die Bestimmung einiger Gruppen byzantinischer Einbände (Kreta,
Zypern, Konstantinopel) herausgearbeitet1. Die praktische Bedeutung der

* Abgekürzt zitierte Literatur: FEDERICI – HOULIS, Legature = C. FEDERICI – K. HOULIS,


Legature bizantine vaticane. Rom 1988; RGK I = E. GAMILLSCHEG – D. HARLFINGER – H. HUN-
GER, Repertorium der griechischen Kopisten 800-1600. 1. Teil. Handschriften aus Bibliotheken
Großbritanniens. Wien 1981 (ÖAW, Veröffentlichungen der Kommission für Byzantinistik,
III/1); RGK II = E. GAMILLSCHEG – D. HARLFINGER – H. HUNGER, Repertorium der griechischen
Kopisten 800-600. 2. Teil. Handschriften aus Bibliotheken Frankreichs und Nachträge zu den
Bibliotheken Großbritanniens. Wien 1989 (ÖAW, Veröffentlichungen der Kommission für By-
zantinistik, III/2); RGK III = E. GAMILLSCHEG – D. HARLFINGER – P. ELEUTERI – H. HUNGER,
Repertorium der griechischen Kopisten 800-600. 3. Teil. Handschriften aus Bibliotheken Roms
mit dem Vatikan. Wien 1997 (ÖAW, Veröffentlichungen der Kommission für Byzantinistik,
III/3).
1 Dies kann nicht der Ort sein, die inzwischen beträchtlich angewachsene Literatur zu

den byzantinischen Einbänden zusammenzutragen. Erwähnt seien indes wenigstens die


wichtigsten Beiträge zur Bestimmung von distinkten Herkunftsgruppen. Zum allgemeinen
Rahmen siehe P. CANART – D. GROSDIDIER DE MATONS – Ph. HOFFMANN, L’analyse technique
des reliures byzantines et la détermination de leur origine géographique (Constantinople, Crète,
Chypre, Grèce), in Scritture, libri e testi nelle aree provinciali di Bisanzio. Atti del seminario di
Erice (18-25 settembre 1988), a cura di G. CAVALLO – G. DE GREGORIO – M. MANIACI. Spoleto
1991 (Biblioteca del «Centro per il collegamento degli studi medievali e umanistici nell’Uni-
versità di Perugia», 5), S. 751-768. — Speziell zu Zypern: D. GROSDIDIER DE MATONS – Ph.
HOFFMANN, Reliures chypriotes à la Bibliothèque nationale de Paris, in Ἐπετηρὶς τοῦ Κέντρου
Ἐπιστημονικῶν Ἐρευνῶν 17 (1988/1989), S. 209-259. — K o n s t a n t i n o p e l : J. IRIGOIN, Un
groupe de reliures byzantines au monogramme des Paléologues, in Revue Française d’Histoire
du Livre n. s. 36 (1982), S. 273-285; Ph. HOFFMANN, Une nouvelle reliure byzantine au mono-
gramme des Paléologues (Ambrosianus M 46 sup. = gr. 512), in Scriptorium 39 (1985), S. 274-
281; J.-M. OLIVIER, Encore une reliure au monogramme des Paléologues, in Scriptorium 56
(2002), S. 323-331; P. CANART, Les reliures au monogramme des Paléologues. État de la ques-
tion, in La reliure médiévale. Pour une description normalisée. Actes du colloque international
(Paris, 22-24 mai 2003), éd. G. LANOË avec la collaboration de G. GRAND. Turnhout 2008, S.
155-181; A. CATALDI PALAU, Legature costantinopolitane del monastero di Prodromo Petra tra i
manoscritti di Giovanni di Ragusa (†1443), in Codices Manuscripti 37/38 (2001) 11-50 [= EAD.,
Studies in Greek Manuscripts I. Spoleto 2008 (Testi, Studi, Strumenti, 24), S. 235-280]. —
Kreta: J. IRIGOIN, Un groupe de reliures crétoises (XVe siècle), in Κρητικὰ Χρονικά 15/16 (1963)
[= Πεπραγμένα τοῦ Α΄ Διεθνοῦς Κρητολογικοῦ Συνεδρίου II], S. 102-112; Ph. HOFFMANN, Reliures

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 501-533.

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502 RUDOLF S. STEFEC

hierbei gewonnenen Erkenntnisse für die philologische und paläographi-


sche Recherche wird allerdings dadurch gemindert, dass die überwiegen-
de Mehrheit der in westeuropäischen Bibliotheken aufbewahrten griechi-
schen Handschriften über keinen byzantinischen Original- oder Sekun-
däreinband verfügt2. Umso willkommener ist daher ein neues Kriterium
für die Lokalisierung von Handschriften, das sich auch dann als nützlich
erweisen kann, wenn der Original- oder Sekundäreinband fehlt, der Kopist
anonym bleibt und keine aussagekräftigen Daten überlieferungsgeschicht-
licher Art vorliegen: die Schnittdekoration.
Der Codex Vind. hist. gr. 119 (geschrieben um 1500) besteht aus zwei
kodikologischen Einheiten, die von zwei anonymen Händen stammen: A
(ff. 1-115) und B (116-125). Während der erste Teil des Codex theologische
Schriften in Prosa enthält, überliefert der zweite ein längeres anonymes
Gedicht in Fünfzehnsilbern über das Jüngste Gericht3. Die Handschrift
weist den typischen Pergamenteinband der Wiener Hofbibliothek (Gerard
van Swieten 1754) auf; keine der beteiligten Hände ist identifizierbar, auch
wenn der zerfahrene Duktus und die auffallend schlechte Orthographie
des zweiten Kopisten am ehesten an einen griechischen Notar aus den
lateinisch beherrschten Gebieten Griechenlands erinnert4. Auch über die

crétoises et vénitiennes provenant de la bibliothèque de Francesco Maturanzio et conservées à


Pérouse, in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge – Temps modernes 94 (1982), S.
729-746; D. GROSDIDIER DE MATONS, Nouvelles perspectives de recherche sur la reliure byzan-
tine, in Paleografia e codicologia greca. Atti del II Colloquio internazionale (Berlino – Wolfenbüt-
tel, 17-21 ottobre 1983), a cura di D. HARLFINGER – G. PRATO, Alessandria 1991 (Biblioteca di
Scrittura e Civiltà, 3), S. 409-430, hier S. 426-427; K. HOULIS, A Research on Structural Ele-
ments of Byzantine Bookbindings, in Ancient and Medieval Book Materials and Techniques
(Erice, 18-25 September 1992), ed. M. MANIACI – P. F. MUNAFÒ, Vatikan 1993 (Ndr. 2009)
(Studi e Testi, 358) II, S. 239-268, hier S. 255-257.
2 So finden sich etwa dank der Initiative des Präfekten Gerard van Swieten unter den

Handschriften der Österreichischen Nationalbibliothek byzantinische Einbände praktisch


ausschließlich im so genannten Supplementum graecum (einzige Ausnahmen: Vind. med. gr.
1 [heute getrennt aufbewahrt], Vind. theol. gr. 221 [?] und Vind. theol. gr. 223), und auch der
unlängst vorgenommene Zensus aller byzantinischen Einbände der Vatikanischen Biblio-
thek, die bekanntlich ähnliche Kampagnen erlebt hat, fiel angesichts der Zahl von über 4000
griechischen Handschriften eher bescheiden aus; siehe die Übersicht bei FEDERICI – HOULIS,
Legature 69-70 (von getrennt aufgestellten Einbänden abgesehen lediglich 94 [ + 1, vgl. das
Addendum ebd.] Einträge).
3 Siehe die Beschreibung bei H. HUNGER, Katalog der griechischen Handschriften der

Österreichischen Nationalbibliothek. Teil 1: Codices historici, Codices philosophici et philolo-


gici. Wien 1961 (Museion, N. F., IV/1,1), S. 122-123.
4 Aussagekräftige Parallelen lassen sich schwer finden; typologisch verwandt etwa die

Schrift des Notars Ioannes Gunares in einer Privaturkunde des Jahres 1398 aus Kerkyra
(Athen, Privatbesitz); vgl. E. K. LITSAS, Παλαιογραφία τῶν ἐγγράφων. Πίνακες μεταβυζαντινῶν
ἐγγράφων μὲ σχόλια. Thessalonike 2006, Tf. 25 [= ID., Εἰσαγωγὴ στὴ μελέτη τῶν μεταβυζαντινῶν
ἐγγράφων. Πανομοιότυπα ἐγγράφων μὲ σχόλια. Thessalonike 2011, Nr. 25]; ein analoger Fall wäre

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 503

Vorbesitzer der Handschrift (Stefano Neri aus Padua, Johannes Sambu-


cus) führt kein Weg zur sicheren Herkunftsbestimmung der Handschrift.
Über die Texte der ersten kodikologischen Einheit liegen keine überliefe-
rungsgeschichtlichen Daten vor5; das Gedicht der zweiten kodikologischen
Einheit scheint nur hier überliefert zu sein. Der letzte und bisher einzige
Herausgeber dieses volkssprachlichen Textes zögerte bei seiner Zuschrei-
bung zwischen Kreta und Zypern6; das von ihm zusammengetragene Ma-
terial scheint für eine sichere Entscheidung auf rein philologischer Basis
nicht auszureichen7. Somit kommt man bei der Frage nach der Herkunft
der im Vind. hist. gr. 119 enthaltenen Texte nicht umhin, die Schnittdeko-
ration heranzuziehen. Autoptische Untersuchung der Handschrift ergab,
dass jeder Schnitt je zwei rot kolorierte Kreisringe aufweist, die durch ein
(teilweise ebenfalls koloriertes) Zopfband verbunden sind.
Diese spezielle Schnittdekoration8 ist als Merkmal kretischer Hand-

der Kopist des Monac. gr. 246, vgl. K. HAJDÚ, Joannes Zonaras’ Kommentar zu den Canones
anastasimi in Cod. Monac. gr. 246 und dessen Kopist, der Tabullarios Gregorios Katelos. Ein
bisher unbekannter Handschriftenschreiber und sein familiärer Umkreis (einschließlich des Ko-
pisten Joannes Katelos), in Codices Manuscripti 50/51 (2005), S. 45-68.
5 Zu der Paraphrase zum Alten Testament (Zuschreibung an Michael Psellos von späterer

Hand) siehe P. MOORE, Iter Psellianum. A detailed listing of manuscript sources for all works
attributed to Michael Psellos, including a comprehensive bibliography.Toronto 2005 (Subsidia
Mediaevalia 26), S. 458-459 (wohl codex unicus).
6 B. SCHARTAU, Δευτέρα Παρουσία διὰ στίχου — ein bisher unedierter Verstext aus der Hand-

schrift Hist. gr. 119, Ö. N. B., Wien, in Epsilon. Modern Greek and Balkan Studies 1 (1987), S.
69-81; Text bei B. SCHARTAU, Δευτέρα Παρουσία διὰ στίχου — The Second Coming of Christ in
rhyme. The text of Cod. Vind. Hist. gr. 119, ff. 116-125 edited with an introduction, English
translation, and index verborum, in Scandinavian Journal of Modern Greek Studies 3 (2005), S.
7-75 (mit vollständigem Facsimile).
7 Auch wenn einiges eher für Kreta spricht, siehe SCHARTAU, Verstext (wie Anm. 6), S. 74-

80. Im Gedicht wurden spezifisch dialektale Formen eher gemieden, möglicherweise in dem
Bestreben, den Text damit einem breiteren Publikum zugänglich zu machen. Hinzu kommt,
dass viele Sondererscheinungen in der Formenlehre sowie Teile des Vokabulars den kreti-
schen und den zypriotischen Dialekten gemeinsam sind, so dass die Aufstellung von ‘Sonder-
fehlern’ schwierig ist. Da markante, ausschließlich zypriotische Elemente fehlen, gewinnen
die schwachen, aber doch zahlreichen Indizien (etwa V. 74 δουμάκι, V. 259 κουράδι, V. 302
ὄχλητα) in Richtung Kreta an Gewicht. — Nachstehend einige Coniectanea, die aus einer
kursorischen Lektüre des Textes resultieren: V. 329 lies καπνὸν καὶ βρόμον, V. 353 lies ἄλλο
oder ἄλλω (sc. ἄλλων: keine Emendatio, da Dialektform); V. 367-368 sind in der Reihenfolge
368-367 zu drucken (so auch überliefert). Die Lesung des letzten Wortes in V. 368 ist schwie-
rig: Die Handschrift hat συν(ται)ληώται, was zu συντελειώται führt, doch könnte man auch an
συνθλιβᾶται denken.
8 Allgemeine Bemerkungen zur Schnittdekoration bei B. VAN REGEMORTER, La reliure

byzantine, in Revue belge d’archéologie et d’histoire de l’art 36 (1967), S. 99-142, hier S. 126,
Abbildungen auf Tf. III; J. IRIGOIN, La reliure byzantine, in E. BARAS – J. IRIGOIN – J. VEZIN, La
reliure médiévale. Trois conférences d’initiation. Paris 1978 (21981), S. 23-35, hier S. 30 (Er-
wähnung der speziellen Schnittdekoration kretischer Handschriften, doch ohne Hinweis auf

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504 RUDOLF S. STEFEC

schriften des späten 15. Jahrhunderts bereits bekannt9; systematisch stu-

deren Herkunft); M. L. AGATI, Il libro manoscritto da Oriente a Occidente. Per una codicologia
comparata. Rom 22009 (Studia Archaeologica 166), S. 380 (erwähnt); La scrittura greca dal-
l’antichità all’epoca della stampa. Una introduzione, a cura di E. CRISCI – P. DEGNI. Rom 2011
(Beni culturali 35), S. 277 (erwähnt).
9 J. IRIGOIN, Histoire du texte de Pindare. Paris 1952, S. 373 mit Anm. 4 (Urb. gr. 144; zu

dieser Handschrift vgl. weiter unten). — M. WITTEK, Manuscrits et codicologie 2. Le manuscrit


de Sophocle Bruxelles 11343, in Scriptorium 7 (1953), S. 281-289, hier S. 286 mit Anm. 37
(Erwähnung der Schnittdekoration der Codices Bruxell. 18967 [eine Schriftprobe bei: M.
WITTEK, Album de paléographie grecque. Specimens d’écritures livresques du IIIe siècle avant
J. C. au XVIIIe siècle, conservés dans des collections belges. Gent 1967, S. 23-24 mit Tf. 31: ar-
chaisierende Minuskel der frühen Paläologenzeit. Witteks Identifizierung des anonymen Ko-
pisten mit Leon Padiates, der den Vind. theol. gr. 88 schrieb, wohl mit Recht zurückgewiesen
von H. HUNGER – O. KRESTEN, Katalog der griechischen Handschriften der Österreichischen
Nationalbibliothek. Teil 3/1: Codices theologici 1-100. Wien 1976 (Museion, N. F., IV/3,1), S.
162], Bruxell. 3529 [kopiert von <Emanuel Zacharides>, vgl. WITTEK, Album (wie oben), S. 27
mit Tf. 47], Bruxell. 11290 [kopiert von <Michael Lygizos>, vgl. WITTEK, Manuscrits (wie
oben), S. 282 und weiter unten zum Bruxell. 11343], Bruxell. 11294-95 [kopiert von <Thomas
Bitzimanos>, vgl. WITTEK, Album (wie oben), S. 25-26 mit Tf. 41], Bruxell. 11343 [kopiert von
<Michael Lygizos>, vgl. WITTEK, Manuscrits (wie oben), Tf. 30-32; WITTEK, Album (wie oben),
S. 24-25, Tf. 36] ohne expliziten Hinweis auf deren kretische Herkunft). — IRIGOIN, Un grou-
pe (wie Anm. 1), S. 107 Anm. 15. — P. CANART, Les Vaticani graeci 1487-1962. Notes et docu-
ments pour l’histoire d’un fonds de manuscrits de la Bibliothèque Vaticane. Vatikan 1979 (Stu-
di e Testi, 284), S. 147 (Vat. gr. 1585; zu dieser Handschrift vgl. weiter unten) sowie S. 149
(Vat. gr. 1616; zu diesem Codex vgl. weiter unten). — HOFFMANN, Reliures (wie Anm. 1), S. 731
(Perus. 51, geschrieben von <Michael Apostoles> und dem <Anonymus Harvardianus>, vgl. Ph.
HOFFMANN, La collection de manuscrits grecs de Francesco Maturanzio, érudit pérugin [ca.
1443-1518], in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge – Temps modernes 95 [1983],
S. 89-147, hier S. 105-110 mit Tf. 4-5; Perus. 714, geschrieben von mehreren Händen, darun-
ter <Michael Apostoles>, vgl. ebd., S. 129-130). — J.-M. OLIVIER – M.-A. MONÉGIER DU SOR-
BIER, Catalogue des manuscrits grecs de Tchécoslovaquie. Paris 1983 (Documents, études et
répertoires publiés par l’Institut de Recherche et d’Histoire des Textes), S. 135 (Raudnitz. VI
Fe 4, kopiert teilweise von <Thomas Bitzimanos>), S. 149 (Raudnitz. VI Fg 61, kopiert von ei-
ner Hand aus dem Umfeld der Gregoropuloi [vgl. ebd., Tf. X]). — HOFFMANN, La collection
(wie oben), S. 101 mit Anm. 43 (Perus. 713), S. 107-108 mit Anm. 65 (Ambr. C. 120 inf., ko-
piert von Michael Apostoles; Vat. gr. 1333 [zu diesem Codex vgl. weiter unten]; Par. gr.
2033 + 2035 [geschrieben von <Michael Apostoles>; vgl. RGK II, S. 143-144, Nr. 379], Par. gr.
2173, Par. gr. 3061 und Par. suppl. gr. 204 [geschrieben von Michael Apostoles, vgl. RGK II, S.
143-144, Nr. 379]). — A. CATALDI PALAU, Un gruppo di manoscritti greci del primo quarto del
XVI secolo appartenenti alla collezione di Filippo Sauli, in Codices Manuscripti 12 (1986), S.
93-124, hier S. 101-102 (Genuens. Urbani 8, Genuens. Urbani 26; zu diesen Hss. vgl. ausführ-
lich ebd.) mit Anm. 21 (Lond. Arundel 522, kopiert u. a. von <Emanuel Zacharides> [RGK I, S.
76-77, Nr. 114] und <Aristobulos Apostoles> [RGK I, S. 41, Nr. 27]; Oxon. Can. 30, kopiert von
<Christophoros Kontoleon> [RGK I, S. 188-189, Nr. 383]). — A. CATALDI PALAU, La biblioteca
di Marco Mamuna, in: Scritture, libri e testi (wie Anm. 1), S. 521-575, hier S. 542 (Vind. theol.
gr. 76, Vind. theol. gr. 260; zu diesen Handschriften sowie zu weiteren Codices mit kretischer
Schnittdekoration aus den Beständen der Österreichischen Nationalbibliothek vgl. jetzt R. S.
STEFEC, Weitere Beispiele kretischer Schnittdekoration, in Codices Manuscripti (2013) [im
Druck]). — V. TIFTIXOGLU, Katalog der griechischen Handschriften der Bayerischen Staatsbi-
bliothek München. Band 1, Codices graeci Monacenses 1-55. Wiesbaden 2004 (Catalogus codi-

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 505

diert wurde sie jedoch nicht. Auch fehlt es an einer ausreichenden Zahl
entsprechender Abbildungen10. Ob die Schnittdekoration irgendeine prak-
tische Funktion erfüllt hat, lässt sich nicht sagen11; immerhin dürfte sie

cum manu scriptorum Bibliothecae Monacensis, II/1), S. 40-43, hier S. 43 (Monac. gr. 4,
kretischer Sekundäreinband: Ioannes Chrysostomos, 11. Jh.). — E. LAMBERZ, Katalog der
griechischen Handschriften des Athosklosters Vatopedi. Band 1. Codices 1-102. Thessalonike
2006 (Κατάλογοι ἑλληνικῶν χειρογράφων Ἁγίου Ὄρους 2), S. 231-235 (Vatop. 52, Basileios der
Große, 11./12. Jh. [freundlicher Hinweis von E. Lamberz]). — K. HAJDÚ, Mit glücklicher Hand
errettet? Zur Provenienzgeschichte der griechischen Corvinen in München, in Ex Bibliotheca
Corviniana. Die acht Münchener Handschriften aus dem Besitz von König Matthias Corvinus,
hrsg. Cl. FABIAN – E. ZSUPÁN. Budapest 2008 (Bavarica et Hungarica 1), S. 29-67, hier S. 32-33
und insbesondere S. 41 mit Anm. 60 (kretische Provenienz der Schnittdekoration nicht er-
kannt) und Tf. 9-10 (Monac. gr. 449, geschrieben 1464/65 in Gortyn [= Candia] von Demetrios
Triboles und <Michael Lygizos>). — S. PUGLIESE, Byzantine Bindings in the Marciana National
Library, in: N. TSIRONE – Mp. LENGAS – An. LAZARIDU, Τὸ βιβλίο στὸ Βυζάντιο. Βυζαντινὴ καὶ
μεταβυζαντινὴ βιβλιοδεσία. Πρακτικὰ Διεθνοῦς Συνεδρίου, Ἀθῆνα, 13-16 Ὀκτωβρίου 2005. Athen 2008
(Βιβλιοαμφιάστης 3), S. 219-252, hier S. 222 mit Anm. 11 (Marc. gr. VII. 50, kopiert von <Tho-
mas Bitzimanos>, vgl. E. MIONI, Bibliothecae Divi Marci Venetiarum Codices Graeci Manu-
scripti. Indices omnium codicum graecorum. Praefatio supplementa addenda. Rom o. J. [Indici
e Cataloghi n. s., VI], S. 58; Marc. gr. I. 22: Evangeliar, kopiert im Jahre 1356, vgl. E. MIONI,
Bibliothecae Divi Marci Venetiarum Codices Graeci Manuscripti I. Codices in classes a prima
usque ad quintam inclusi 1. Rom 1967 [Indici e Cataloghi n. s. VI/1], S. 28-30). — I. PÉREZ
MARTÍN, Encuadernaciones bizantinas en los manuscritos griegos de España, in TSIRONE –
LENGAS – LAZARIDU, Τὸ βιβλίο στὸ Βυζάντιο (wie oben), S. 125-162, hier S. 134-137 (Esc. R. I. 6,
kopiert von Michael Apostoles, vgl. A. REVILLA, Catálogo de los códices griegos de la Biblioteca
de El Escorial. Madrid 1936, S. 6-7), S. 146-149 (Esc. Y. II. 3: Homiliar, 13. Jh., vgl. ebd., S.
146) S. 151-153 (Esc. X. II. 15: Theodoretos von Kyrrhos, 9. Jh.), S. 158-160 (Esc. Ω. Ι. 4, ko-
piert im Oktober 1517 von <Aristobulos Apostoles>, vgl. ebd., S. 158). — R. STEFEC, Rezension
zu: La scrittura greca (wie Anm. 8), in Jahrbuch der österrechischen Byzantinistik 61 (2011), S.
248-251, hier S. 250 mit Anm. 13 (Ott. gr. 206, Pal. gr. 254, Pal. gr. 289, Vat. gr. 1008, Vat. gr.
1585, Angel. gr. 24; zu diesen Handschriften vgl. weiter unten).
10 Abbildungen bei VAN REGEMORTER, La reliure (wie Anm. 8), Tf. 3d (Bruxell. 11343; zu

diesem Codex vgl. oben Anm. 9); HOFFMANN, La collection (wie Anm. 9), Tf. 5 (Perus. 51; zu
diesem Codex vgl. oben Anm. 9); FEDERICI – HOULIS, Legature, Tf. 37c und 37e auf S. 152 (Vat.
gr. 1585, Vat. gr. 1333; zu diesen Handschriften vgl. weiter unten); Legature bizantine Vaticane
e Marciane. Storia dei materiali e delle techniche di manifattura. Biblioteca Nazionale Marciana,
Venezia, 9 settembre – 30 ottobre 1989. A cura di A. DI FEBO – K. HOULIS – G. MAZZUCCO – S. J.
VOICU. Rom 1989, S. 31 (Vat. gr. 1585); PUGLIESE, Byzantine Bindings (wie Anm. 9), Abb. 3
(Marc. gr. VII. 50; zu diesem Codex vgl. Anm. 9); PÉREZ MARTÍN, Encuadernaciones (wie Anm.
9), Abb. 5 auf S. 137 (Esc. R. I. 6; zu diesem Codex vgl. Anm. 9).
11 Der Typ 2 mit Autorentitel auf dem Vorderschnitt (vgl. weiter unten) könnte die Ver-

mutung aufkommen lassen, dass die Bände mit dem Vorderschnitt dem Betrachter zuge-
kehrt gelagert wurden und dass der Autorentitel die Funktion der heutigen Titelangabe auf
dem Rücken übernahm; diese Praxis ist durch bildliche Darstellungen in byzantinischen Mi-
niaturen belegt, siehe etwa die Miniatur des Evangelisten Ioannes auf fol. 267v des Codex
Princeton, Garrett 2, vgl. S. KOZABASSI – N. PATTERSON ŠEVÇENKO, Greek Manuscripts at Prin-
ceton, Sixth to Nineteenth Century. A Descriptive Catalogue. Princeton 2010, Tf. 31. Dagegen
spräche allerdings, dass die Schrift des Autorentitels bei liegendem Codex senkrecht und
nicht wie zu erwarten waagerecht zur anzunehmenden Leserichtung verläuft.

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506 RUDOLF S. STEFEC

recht wirkungsvoll gewesen sein, weil die Bände im Gegensatz zur heutigen
Bibliothekspraxis liegend gelagert wurden. Da die Schnittdekoration erst
nach der Bindung des Codex angebracht wurde12, schien es ratsam, dieses
Phänomen nach Möglichkeit im Zusammenhang mit den erhaltenen Origi-
naleinbänden zu untersuchen13. Trotz der relativ geringen Zahl erhaltener
kretischer Original- oder Sekundäreinbände boten die Bestände der BAV
eine ausreichende Basis für die intendierte Studie; das Material wurde um
jene Codices erweitert, die zwar einen modernen Bibliothekseinband auf-
weisen, dafür aber ihre ursprüngliche Schnittdekoration bewahrt haben14.

Typ 1: Kolorierte Schnittdekoration ohne Autorenangabe


Dies ist die am meisten verbreitete Variante, attestiert bei Einbänden
aus dem Atelier I (Vat. gr. 1333, Vat. gr. 1585, Vat. gr. 2362) und III (Vat.
gr. 1616)15. Die Anbringung war in beiden Werkstätten optional, da einige
Handschriften aus Atelier I (Barb. gr. 249 und Barb. gr. 578)16 sowie III

12Die scharfen Konturen der Schnittdekoration setzen einen bereits kompakten Buch-
block voraus.
13 Ein selbständiger Beitrag zur byzantinischen Einbandtechnik war nicht Gegenstand

der vorliegenden Untersuchung, so dass sich Angaben zu den Einbänden darauf beschrän-
ken, den jeweiligen Kenntnisstand zu referieren.
14 An dieser Stelle scheint es notwendig, den heuristischen Hintergrund des hier präsen-

tierten Materials zu erläutern. Zunächst wurden alle Handschriften bearbeitet, deren Schnitt-
dekoration bereits aus früheren Studien bekannt war (vgl. hier Anm. 9); hinzu kamen Hand-
schriften, deren Original- oder Sekundäreinband in einschlägigen Spezialuntersuchungen als
kretisch identifiziert wurde (siehe insbesondere FEDERICI – HOULIS, Legature S. 10 [Vorwort
von P. CANART] und S. 69-70; GROSDIDIER DE MATONS, Perspectives [wie Anm. 1], S. 426-427;
HOULIS, A Research [wie Anm. 1], S. 255-257). Ergänzt wurde diese Ausgangsbasis durch (a)
unsystematische Untersuchung einer größeren Anzahl von Handschriften aus allen Fonds
der BAV, die nach Angaben im RGK III aus dem Umfeld kretischer Kopisten der 2. Hälfte des
15. Jh. stammen; (b) vollständige Durchsicht aller Codices Urbinates graeci; (c) nahezu voll-
ständige Durchsicht der Codices Palatini graeci.
15 Zur Einteilung in Werkstätten vgl. die in Anm. 1 zitierte Literatur; eine zeitliche Ein-

ordnung derselben findet sich lediglich bei GROSDIDIER DE MATONS, Perspectives (wie Anm.
1), S. 426-427.
16 Zum Barb. gr. 249 vgl. J. MOGENET†, Codices Barberiniani Graeci II. Codices 164-281.

Vatikan 1989, 98-99 (Lykophron, geschrieben am 11. 3. 1481 in Kreta von Antonios Damilas).
— Barb. gr. 578 (summarische Inhaltsangabe bei S. DE RICCI, Liste sommaire des manuscrits
grecs de la Bibliotheca Barberina, in Revue des Bibliothèques 17 [1907], S. 81-125, hier S. 124
[Basiliken]). Der Codex wurde im frühen 12. Jahrhundert auf Pergament von zwei Kopisten
geschrieben, die in der Tradition der Perlschrift stehen (A: ff. 1r-229r, 230r-256r; B: ff. 256v-
261v). Der Einband weicht von der Gruppe etwas stärker ab, das Kapital ist weiß; Reste von
Schließen. Der kretische Konnex wird bestätigt durch (a) einen Besitzvermerk des Metochi-
ons des sinaitischen Katharinenklosters <in Candia> (fol. 261v) und (b) Marginalien (fol. 26r)
von der Hand des <Aristobulos Apostoles> (RGK III, S. 39-40, Nr. 46, wo unser Codex nicht

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 507

(Vat. gr. 2129)17, die ihren Originaleinband bewahrt haben, keine Schnitt-
dekoration aufweisen. Letztere besteht aus je 2 oder 3 Kreisringen auf
jedem Schnitt, die mit Zopfbandmuster verbunden sind; das Innere der
Kreisringe und jeweils ein Strang des Zopfbandes sind rot oder hellrot
koloriert. Abstand und Breite der Kreisringe variieren je nach Größe und
Breite des Codex.
Von den drei Handschriften aus Atelier I, die ihren Originaleinband be-
wahrt haben (allerdings stark beschädigt) und den ersten Typ der Schnitt-
dekoration aufweisen (vgl. Tf. I, a-c, aufgrund von Wasserschäden schlecht
erkennbar), kann nur der Vat. gr. 2362 einwandfrei als Produkt aus dem
Umkreis des Michael Apostoles nachgewiesen werden18. Da dieser Codex

angeführt ist) sowie von einer weiteren Hand aus kretischem Milieu (vgl. z. B. die Notiz auf
fol. 149v: σημειώσατε οἱ τῆς Κρήτης ἱερεῖς τὸ φίλερι ἀπορρίψαντες). Der Codex gehörte später
Carlo Strozzi (teilweise ausradierter Besitzvermerk auf fol. 1r: Caroli Strozzae Thome Filij;
Rest auch mit UV-Lampe nicht lesbar; zu dessen Sammlung vgl. A. JACOB, Carlo Strozzi et sa
collection de manuscrits grecs. Contribution à l’étude du fonds Barberini de la Bibliothèque
Vaticane, in Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata n. s. 54 [2000], S. 401-414; Hs. er-
wähnt auf S. 411 mit Anm. 86 [irrtümliche Angabe zur Provenienz: Sinai-Kloster]). Auf dem
Vorderschnitt in Majuskeln der horizontal angebrachte Titel τίτλοι βασιλεικοί (!), oberhalb
und unterhalb des Titels Zierrauten. Der Einband dürfte ins letzte Jahrzehnt des 15. Jhs. zu
datieren sein, da Vor- und Nachsatzblatt (Foliofaltung) die Marke Glocke, ähnlich Likhachev
1240 (a. 1495) aufweisen. Zuweisung beider Codices an Atelier I bei FEDERICI – HOULIS, Lega-
ture, S. 10 (Canart), und HOULIS, A Research (wie Anm. 1), S. 256.
17 Bisher nicht beschrieben (Evangeliar [K. ALAND, Kurzgefasste Liste der griechischen

Handschriften des Neuen Testaments. Berlin 21994 (Arbeiten zur neutestamentlichen Textfor-
schung 1), S. 165, Nr. 2064]). Der Codex ist paginiert; geschrieben von drei Händen: A (pp.
1-10, 13-14, 17-158, 161-327, 337-369, 377-523, 529-672), B (pp. 525, 527) und C (pp. 673-
701): <Manuel Gregoropulos> (RGK III, S. 152-153, Nr. 411, wo unser Codex nicht angeführt
wird). Die Marke des Spiegelblattes auf dem Hinterdeckel ist identisch mit jener, die in dem
von <Manuel Gregoropulos> geschriebenen Teil (2 × 10, letztes Blatt der 2. Lage als Spiegel-
blatt verwendet) vorkommt (Ochsenkopf, Foliofaltung; ähnlich Piccard, Ochsenkopf XIII 252
[1450/1453], doch die Handschrift muss jünger sein). Der Codex stammt aus dem Besitz des
Markos Mamunas (Besitzvermerke S. 16 und 701; vgl. CATALDI PALAU, La biblioteca [wie
Anm. 9], S. 551 mit Anm. 159 [Nachweis weiterer Filigrane]) und des Georgios Komes ὁ
Κορίνθιος (vgl. D. PINGREE, The Library of George, Count of Corinth, in Studia codicologica,
hrsg. K. TREU. Berlin 1977 [Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen
Literatur, 124], S. 351-362, hier S. 358). Das Kapital ist rot, grün und weiß; Reste von Be-
schlag.
18 Der Ausdruck ‘Skriptorium des Michael Apostoles’ wird hier bewusst gemieden, auch

deswegen, weil eine auf die byzantinisch-venezianischen Verhältnisse angepasste Definition


des Begriffs ‘Skriptorium’ bisher fehlt. Abzulehnen sind sowohl die maximalistischen und in
der Sekundärliteratur häufig wiederholten Ausführungen von Wittek (vgl. M. WITTEK, Pour
une étude du scriptorium de Michel Apostolès et consorts, in Scriptorium 7 [1953], S. 290-297)
und Irigoin (IRIGOIN, Un groupe [wie Anm. 1], S. 111: «centre dirigé par Michel Apostolis:
maison d’édition et atelier de reliure, centre de diffusion et librairie d’occassion») als auch die
übertrieben skeptische Haltung von Liakou-Kropp (V. LIAKOU-KROPP, Georgios Tribizias. Ein
griechischer Schreiber kretischer Herkunft im 15. Jh. Diss. Hamburg 2002, S. 23 mit Anm. 46),

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508 RUDOLF S. STEFEC

noch in keinem gedruckten Katalog erfasst ist, scheint es nicht abwegig, an


dieser Stelle eine Kurzbeschreibung zu liefern.
Vat. gr. 2362 15. Jh. 3. Viertel. Pap. 290 × 210 mm. IV. 178 Bl. (gezählt 1-177; IV
= V; <178> = Spiegelblatt). 30 Z. — Inhalt: <DEMOSTHENES> (ohne Titel Cod.). (1r-4r)
1. (4r-7v) 2 (mit Hypothesis). (7v-12r) 3 (mit Hypothesis). (12r-18r) 4. (18r-21v) 5.
(21v-25v) 6. (25v-30v) 7. (30v-39v) 8. (39v-47r) 9. (47r-55r) 10. (55r-59r) 15. (59r-
99v) 18 (mit Hypothesis Nr. 1). (99v-136r, 137v-141v) 19 (Lücke zwischen 19, 300
ὠνεῖσθαι und 19, 309 παῖδας). (142r-v) <De Aeschine> (ohne Titel Cod.) (ed. Eschine,
Discours. Tome I: Contre Timarque – Sur l’ambassade infidèle. Texte établi et tra-
duit par V. MARTIN – G. DE BUDÉ. Paris 1927 [Collection des universités de France],
S. 6-7). (142v-176v) <AISCHINES> 3. Dazwischen (ff. 136v-137r) und danach (f. 177r-
v) leer. — Mat: Dünnes, mattes, weißliches Papier. — Erh: Mäßig; stark wasser-
fleckig, stellenweise verschmutzt und leicht wurmstichig. — L: 17 × 10 (170) 1 × 8
(<178>). — K: Griechische Kustoden von erster Hand auf dem jeweils ersten Recto
jeder Lage im unteren Freirand rechts auf der Schriftspiegellinie; erhalten von αον
(f. 1r) bis ιη´ (f. 171r). — Ls: D13D1dn, Typ 13. Schriftspiegel 190 × 130 mm. — Wz
(durchgehend Foliof.): A (ff. I-IV): Krone mit Buchstaben S, ähnlich Harlfinger,
couronne 31 (1463). B (ff. 1-64, 67-178): Waage im Kreis, Typ Piccard, Waage V 473
(1484). C (ff. 65 + 66): Dreiberg, Typ Harlfinger, monts 66 (1480/1481), ohne nähere
Entsprechung bei Piccard. — S: A (ff. 1r-136r, 137v-176r): <Anonymus MA>, vgl. die
Tafel bei K. HAJDÚ, Katalog der griechischen Handschriften der Bayerischen Staatsbi-
bliothek München, Bd. 3. Codices graeci Monacenses 110-180. Wiesbaden 2003 (Ca-
talogus codicum manu scriptorum Bibliothecae Monacensis, II/3), Abb. 22 (nicht
identisch mit Georgios Tribizias). Von ihm stammen ferner die Handschriften Pal.
gr. 156, f. 125r (Exzerpte), Laur. plut. 10.25, ff. 47r-54r (Michael Apostoles), Ambr.
M 41 sup., ff. 98r-104r, 114r-118r (Michael Apostoles), Bodl. Barocc. 76, ff. 63r-68v
(Michael Apostoles), Monac. gr. 137, ff. 1r-105r (Aristophanes), Vind. suppl. gr. 88
(Manuel Moschopulos) sowie Vind. phil. gr. 50, Rubra und Titel auf ff. 1r, 9r und
26r. B (f. Iv; Marginalien ff. 1r, 3r, 4v, 7r; Titel auf f. 4r): <Michael Apostoles> (RGK
III, S. 169, Nr. 454, wo unser Codex nicht angeführt ist). C (f. IIv). D (Titel und

die von einem ‘angeblichen’ Skriptorium spricht. Das Hauptargument gegen die Existenz ei-
nes ununterbrochen funktionierenden ‘Unternehmens’ ist die notorisch schlechte finanzielle
Lage des Michael Apostoles (so ist etwa auch unter Berücksichtigung der Notlage — Aus-
bruch einer Pestepidemie — kaum vorstellbar, dass Apostoles als Leiter eines ‘Skriptoriums’
in einem so unterwürfigen Ton um einen kleinen Kopierauftrag angesucht hätte, wie er es in
seinem Brief Nr. 89 tut, vgl. H. NOIRET, Lettres inédites de Michel Apostolis publiées d’après les
manuscrits du Vatican. Paris 1889 [Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome,
54], S. 109-110, hier S. 110, 19-21). Vielmehr scheint es, dass er als Lehrer und Privatgelehr-
ter über wertvolle Kontakte verfügte, die es ihm ermöglichten, unter gelegentlicher Heranzie-
hung befreundeter Kopisten — vor allem aus dem Umkreis der unierten Priester der Patriar-
chatsstiftung — auf Anfrage recht zuverlässige (und daher wohl geschätzte) Abschriften für
verschiedene Privatkunden (darunter beispielsweise Lauro Quirini oder Angelo Vadio) her-
zustellen. Bisher unterschätzt wurde hingegen Apostoles’ Rolle bei der Auffindung neuer Tex-
te oder wenigstens besonders wertvoller Handschriften klassischer Autoren; einige Hinweise
zuletzt bei R. S. STEFEC, Die griechische Bibliothek des Angelo Vadio da Rimini, in Römische
Historische Mitteilungen 54 (2012) 95-184.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 509

Initialen auf ff. 47r-v): <Georgios Gregoropulos> (RGK III, S. 56, Nr. 98, wo unser
Codex nicht angeführt ist). E (Marginalie f. 29r, Notiz f. 177v): <Aristobulos Aposto-
les> (RGK III, S. 39-40, Nr. 46, wo unser Codex nicht angeführt ist). F (Marginalie f.
73r): <Antonios Damilas> (RGK III, S. 36-37, Nr. 34, wo unser Codex nicht angeführt
ist). G (Marginalien f. 39r): <Markos Mamunas> (zu seiner Hand vgl. CATALDI PALAU,
La biblioteca [wie Anm. 9] mit Tf. 1, 4-8, wo unser Codex fehlt). Griechische und
lateinische Marginalien sowie maniculae einer lateinischen Hand (ff. 2r-v, 3v-4v,
6r, 7r, 15r, 17v, 18v-19r, 21r-v, 23v-24r, 25r, 27v, 31v-32r, 33r, 142v-143r, 144r,
171r, <188r>). — Not: Auf dem Rücken und auf fol. Iv ein Bibliotheksetikett mit
der aktuellen Signatur; auf der Außenseite des Vorderdeckels ein altes Etikett mit
dem Titel Demosthenes. Auf der Innenseite des Vorderdeckels mit Bleistift die Si-
gnatur Vat. gr. | 2362. Auf fol. Ir der Stempel Dono di Pio X. Mit roter Tinte: κόσμος
ὅλος ἑορτάζει | ὁρατὸς (καὶ) ἀόρατος, möglicherweise von der Haupthand. Auf fol. Iv
von der Hand des <Michael Apostoles>: †τῶν λόγων οἱ μέν, εἰσὶ συμβουλευτικοί· οἱ δέ,
δικανικοὶ· | οἱ δὲ, πανηγυρικοί. Auf fol. IIv Liste attischer Monatsnamen. Stempel der
BAV (ff. 1r [älterer Typ], 41r, 177v). Auf fol. 1r im unteren Rand die Initialen B. S.
(zu ihrer Deutung siehe MERCATI, Note [vgl. unter Lit], S. 28). Im oberen Rand ein
ausradierter und überklebter Besitzvermerk, lesbar [Μάρκου τοῦ Μαμου]νᾶ καὶ τῶν
[φίλων]. — V: Markos Mamunas (vgl. oben zu Not; fehlt bei CATALDI PALAU, La bi-
blioteca [wie Anm. 9]). Collegio Romano dei Gesuiti, aufgelöst im Jahre 1773; Papst
Pius X [Sarto] (1903-1914, vgl. oben zu Not) schenkt den Codex im Jahre 1912 der
Biblioteca Apostolica Vaticana (vgl. J. BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane
de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des collections de manuscrits. Vatikan
1973 [Studi e Testi, 272], S. 256-257; S. LILLA, I manoscritti Vaticani greci. Linea-
menti di una storia del fondo. Vatikan 2004 [Studi e Testi, 415], S. 110 mit Anm.
73 [dort auch die ältere Literatur]). — Ill: Initialen, Titel, Zwischentitel teilweise
nicht ausgeführt. Initialen und Zwischentitel in Hellrot (f. 47r-v) von der Hand des
<Georgios Gregoropulos>. Initialen und Zwischentitel in Rot von der Haupthand
(ff. 55r-141v). Auf fol. 1r eine ungewöhnliche, wohl erst sekundäre (italienische)
figürliche Initiale A (Engel), die an die Skizzen des Malers Markos Bathas erinnert
(zu diesem vgl. H. HUNGER, Markos Bathas, ein griechischer Maler des Cinquecento
in Venedig, in Jahrbuch der österreichischen Byzantinistik 21 [1972], S. 131-137 mit
Abb. 1-25). — E: Stark beschädigter Originaleinband (Kreta) in braunem Leder;
Vorderdeckel gebrochen, Lederbezug stark lädiert. Reste von Schnittdekoration
(vgl. Tf. I, a-c), Kreisdurchmesser (gemessen auf dem oberen Schnitt, da nur dort
gut erhalten: 15 mm). Auf dem unteren Schnitt der (sekundäre) Titel DEMOSTH. Ka-
pital grün, rot und weiß; dieselben Farben weisen auch zwei erhaltene Merkzeichen
auf (zu beiden Merkmalen vgl. HOFFMANN, Reliures [wie Anm. 1], S. 731 sowie ID.,
La collection [wie Anm. 9], S. 108 mit Anm. 66; siehe ferner PÉREZ MARTÍN, Encu-
dernaciones [wie Anm. 9], S. 135 und 151). — Lit: G. MERCATI, Note per la storia
di alcune biblioteche romane nei secoli XVI-XIX. Vatikan 1952 (Studi e Testi, 164),
S. 28 (erwähnt); L. CANFORA, Inventario dei manoscritti greci di Demostene. Padua
1968 (Προαγῶνες. Studi, 9), S. 60; R. RONCALLI, Lista dei manoscritti di Eschine,
Licurgo, Lisia, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia. Università degli Studi di
Bari 14 (1969), S. 381-399, hier S. 388 (erwähnt); D. IRMER, Zur Genealogie der jün-

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510 RUDOLF S. STEFEC

geren Demostheneshandschriften. Untersuchungen an den Reden 8 und 9. Hamburg


1972, S. 22 (erwähnt); A. DILLER, The Manuscript Tradition of Aeschines’ Orations,
in Illinois Classical Studies 4 (1979), S. 34-64, hier S. 43 und 60 [= ID., Studies in
Greek Manuscript Tradition. Amsterdam 1983, S. 219-258, hier S. 228 und 245];
FEDERICI – HOULIS, Legature S. 70 und S. 84; HOULIS, A Research (wie Anm. 1), S.
247, Anm. 19; S. 256 sowie S. 263.
Die Handschrift stammt aus dem 3. Viertel des 15. Jahrhunderts19; als
fester terminus ante quem gilt der 18. Juli 1478, das Todesdatum des Mi-
chael Apostoles20, von dem einige Eintragungen im Codex stammen.
Eine Schwesterhandschrift des Vat. gr. 2362 für den gesamten Textbe-
stand (Demosthenes, Aischines)21 ist der Codex Vat. gr. 1585, der am 25.
Dezember 1490 von <Emanuel Zacharides> subskribiert und von <Aristo-
bulos Apostoles> annotiert wurde22. Sein gut erhaltener Originaleinband

19 Als aussagekräftig ist vor allem das Filigran A zu betrachten (vgl. oben); bei den Mar-

ken B und C, die eher in die 80er Jahre weisen würden, handelt es sich nur um eine approxi-
mative Bestimmung (Typ).
20 Vgl. J. AALBERTS, Νέα στοιχεῖα γιὰ τὸν Μιχαὴλ Ἀποστόλη καὶ τὸν Γεώργιο Γρηγορόπουλο στὴν

Κρήτη, in Θησαυρίσματα 25 (1995), S. 143-159, hier S. 158; diesbezügliche Angaben im RGK I,


S. 149-150, Nr. 278; II, S. 143-144, Nr. 379; III, S. 169, Nr. 454, sind dementsprechend zu
korrigieren.
21 Da der Vat. gr. 2362 älter ist als der Vat. gr. 1585 (vgl. weiter oben sowie weiter unten

im Text), kann er nur seine Vorlage oder Schwesterhandschrift, nicht aber seine Abschrift
sein; weil der Vat. gr. 2362 aber ein Textminus gegenüber dem Vat. gr. 1585 aufweist (so ist
beispielsweise der Umfang der Lücke in der Rede De falsa legatione [Demosthenes, or. 19], die
auf eine mechanische Beschädigung des Antigraphons zurückzuführen ist, im Vat. gr. 2362
um wenige Worte größer als im Vat. gr. 1585), kann er nur seine Schwesterhandschrift sein.
Beide Codices gehören zu einer Gruppe von Handschriften, deren Vorlage der Codex Raud-
nitz. VI Fe 3 zu sein scheint (vgl. IRMER, Zur Geneaologie [wie oben], S. 72-79 mit Stemma auf
S. 118). Der ältere Raudnitz. (14. Jh. 3. Viertel) weist einen kretischen Einband auf, vgl. OLI-
VIER – MONÉGIER DU SORBIER, Catalogue (wie Anm. 9), S. 130-133 mit Tf. 27; von ihm stam-
men die Codices Vat. gr. 1585 (zu diesem vgl. gleich im Folgenden), Par. gr. 2938 (kopiert im
Jahre 1491 von Antonios Damilas [die Identifizierung der Hand des 1478 (vgl. oben) verstor-
benen Michael Apostoles auf fol. 183r-v des Par. durch D. Harlfinger (RGK II, S. 143-144, Nr.
379) ist nur schwer erklärlich; entweder handelt es sich um eine Fehlidentifizierung, oder
aber es wurde ein Einzelblatt einer älteren Handschrift eingefügt, was indes kaum plausibel
ist]) und Vind. phil. gr. 101 ab (letzterer wurde von einem anonymen Kopisten geschrieben
[Autopsie; dieselbe Hand auch im Vind. phil. gr. 94]; der kretische Konnex des Vind. ist im-
merhin durch einen Besitzvermerk des Theodosios Korinthios verbürgt, vgl. HUNGER, Kata-
log [wie Anm. 3], S. 209).
22 C. GIANNELLI, Codices Vaticani Graeci. Codices 1485-1683. Vatikan 1950, S. 197-198;

RGK III, S. 80-81, Nr. 189 (so bereits CANART, Notes [wie oben], S. 147-148); RGK III, S. 39-
40, Nr. 46, wo unser Codex fehlt. Die Handschrift stammt möglicherweise aus dem Besitz des
Francesco Maturanzio, vgl. HOFFMANN, La collection (wie Anm. 9), S. 146. — Nachstehend
einige Präzisierungen gegenüber GIANNELLI, Codices, und CANART, Notes (wie oben). Es tre-
ten zwei Wasserzeichen auf (durchgehend Quartfaltung): A (ff. 1-16, 57-162, 167-178, 183-
185, 187-190, 192-<291>): Armbrust, identisch Harlfinger, arbalète 52 (1489/1490: Kreta, Ema-
nuel Zacharides, Antonios Damilas); B (ff. 17-56, 163-166, 179-182, 186 + 191): Waage mit

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 511

stammt aus dem Atelier I; die Schnittdekoration entspricht dem Typ 1 (vgl.
Tf. II, a-c)23. Aus der Datierung beider Codices ergibt sich die wichtige Be-
obachtung, dass Atelier I sowohl zu Lebzeiten als auch nach dem Tode des
Michael Apostoles in Betrieb war und daher prinzipiell unabhängig von
den Aktivitäten des gelehrten Kopisten funktioniert haben dürfte24.

Beizeichen Kreuz, Typ Piccard, Waage VII 12 (1490). Die Kopisten sind: A (ff. 1r-26r, Z. 20;
26v-288r): <Emanuel Zacharides>; B (f. 26r, Z. 20-23): <Aristobulos Apostoles> (?) (RGK III
39-40, Nr. 46, wo unsere Handschrift nicht angeführt wird). Auf jeden Fall von der Hand des
<Aristobulos Apostoles> stammen eine Notiz auf fol. Ir sowie Marginalien auf ff. 6v-7r, 8v-10v,
14v-17v, 25r-v, 27r, 78v, 89v-91r, 101r, 117v. Weitere Marginalien (namentlich auf ff. IIIr, 3v,
8r, 9r, 10v-11v, 24v-25r, 38v, 40r, 42v-44v, 45v-46r, 47r, 50r, 52r-v, 60r-v, 61v, 63r-65r, 67r,
116v-117r, 118r, 229v) stammen nach CANART, Notes (wie oben), S. 148, von der Hand des
<Ianos Laskaris> (RGK III, S. 95-96, Nr. 245, wo unser Codex nicht angeführt wird; siehe auch
A. PONTANI, Per la biografia, le lettere, i codici, le versioni di Giano Lascaris, in Dotti bizantini
e libri greci nell’Italia del secolo XV. Atti del Convegno internazionale Trento 22-23 ottobre 1990,
a cura di M. CORTESI – E. V. MALTESE. Neapel 1992, S. 363-433, hier S. 429), doch scheint eine
Zuweisung derselben an <Markos Musuros> etwas wahrscheinlicher zu sein. Für eine noch-
malige Kontrolle am Original sei an dieser Stelle G. De Gregorio (Rom) herzlicher Dank
ausgesprochen.
23 Eine ausführliche verbale Beschreibung des Einbands bei CANART, Notes (wie oben), S.

147-148. Eine Farbabbildung des Vorderdeckels und eine Schwarz-Weiß-Abbildung der


Schnittdekoration bei FEDERICI – HOULIS, Legature, S. 120 und S. 152. Die Zuordnung zu
Atelier I bei HOULIS, A Research (wie Anm. 1), S. 256.
24 Vgl. oben Anm. 18. Die These Irigoins, das ‘Skriptorium’ sei zugleich ein «atelier de

reliure» gewesen, kann also nicht stimmen. Diese Behauptung ließe sich vielleicht dadurch
retten, wenn man annähme, dass das ‘Unternehmen’ nach dem Tode des Michael Apostoles
von dessen Sohn Aristobulos übernommen wurde; doch dies ist kaum vorstellbar, war doch
Aristobulos, der im Jahre 1466 geboren sein dürfte, zum Zeitpunkt des Todes seines Vaters
(vgl. oben Anm. 20) gerade 12 Jahre alt. Das bisher verschiedentlich angesetzte Geburtsda-
tum des Aristobulos Apostoles geht aus der Subskription des Codex Sin. gr. 1194 (Apollonios
Rhodios) hervor, der am 4. Dezember 1491 vollendet wurde (Text bei V. BENEŠEVIÇ – P. US-
PENSKIJ, Catalogus codicum manuscriptorum graecorum qui in monasterio Sanctae Catharinae
in monte Sina asservantur I. St. Petersburg 1911 [Ndr. Hildesheim 1965], S. 519); dort nennt
sich Aristobulos ἱεροδιάκονος θείᾳ χάριτι. Da aber für die Diakonweihe ein Mindestalter von
25 Jahren vorgesehen war (vgl. etwa den Kanon No. 14 des Concilium Trullanum [691/92] bei
P. P. JOANNOU, Les canons des conciles oecuméniques [IIe-IXe s.]. Rom 1962 [Pontificia com-
missione per la redazione del codice di diritto canonico orientale. Fonti, fasc. 9 t. I, 1ère par-
tie], S. 143-144; jetzt auch The Oecumenical Councils. From Nicaea I to Nicaea II [325-787],
ed. G. ALBERIGO – A. M. RITTER [et al.]. Turnhout 2006 [Corpus Christianorum, Conciliorum
oecumenicorum generaliumque decreta I], S. 240-241), muss Aristobulos spätestens im De-
zember 1466 geboren sein (in seiner ersten datierten Subskription vom 31. März 1489 [Bru-
xell. 18170-73, ebenfalls Apollonios Rhodios] nennt sich Aristobulos zwar mit denselben Wor-
ten auch Diakon, doch die Wendung scheint in margine hinzugefügt zu sein [vgl. H. OMONT,
Catalogue des manuscrits grecs de la Bibliothèque royale de Bruxelles et des autres bibliothèques
publiques de Belgique. Gent 1885, S. 26]). — Es dürfte daher vielmehr davon auszugehen sein,
dass Michael Apostoles (oder erst seine Kunden?) die Handschriften in einem externen Ate-
lier in Candia (heute Herakleion), das offenbar noch sehr lange nach 1478 in Betrieb war
(dazu siehe unten Anm. 41), binden ließ.

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512 RUDOLF S. STEFEC

Im Atelier I wurde auch eine ältere Handschrift neu gebunden, die ne-
ben dem typischen Einband25 auch den ersten Typ der Schnittdekoration
aufweist (vgl. Tf. III, a-c). Es handelt sich um den Vat. gr. 1333, (Pindar,
Sophokles), der aus dem frühen 14. Jh. datiert26 und wahrscheinlich aus
Thessalonike stammt27; später bildete er einen Teil der Bibliothek des Pa-
triarchats von Konstantinopel28. Wie der Codex nach Kreta kam, lässt sich
nicht mit Sicherheit ermitteln29; seinen Aufenthalt auf der Insel bezeugt der
Umstand, dass die Abschrift des Vat. gr. 1333 für einen Teil des Sophokles-
Textes, der Codex Flor. Riccardianus 77, am 22. Januar 1496 von Aristobu-
los Apostoles für Pietro <Candido> in Candia geschrieben wurde30. Neben
Aristobulos (Marginalie auf fol. 136v)31 hinterließ auch <Markos Musuros>
Spuren im Vat. gr. 133332. Über die weiteren Schicksale der Handschrift
sind wir nicht unterrichtet; sie scheint erstmals als Nr. 38 des Inventars des

25 Die Zuordnung zum Atelier I bei FEDERICI – HOULIS, Legature, S. 10 (Canart), und bei

HOULIS, A Research (wie Anm. 1), S. 256. Der Einband des Vat. gr. 1333 kann in die Zeit um
1500 datiert werden, da Vor- und Nachsatzblätter (I-III = V; 180-182 = N) ein Wasserzeichen
aufweisen (Quartfaltung), das mit der Marke Harlfinger, balance 15 (1506, Manuel Gregoro-
pulos) fast identisch ist.
26 Nachweis der Wasserzeichen mit älterer Bibliographie bei O. L. SMITH, A Note on the

Sophocles MS Vat. gr. 1333, in Classica et Mediaevalia 32 (1971/1980), S. 35-43; siehe auch I.
PÉREZ MARTÍN, La „escuela de Planudes“: notas paleográficas a una publicación reciente sobre
los escolios euripideos, in Byzantinische Zeitschrift 90 (1997), S. 73-96, hier S. 80 mit Anm. 43,
sowie N. GAUL, The Twitching Shroud. Collective Construction of Paideia in the Circle of Thom-
as Magistros, in Segno e Testo 5 (2007), S. 263-340, hier S. 276-277 mit Tf. 1; eine weitere
Abbildung bei A. TURYN, Studies in the Manuscript Tradition of the Tragedies of Sophocles.
Urbana 1952 (Ndr. Rom 1970) (Illinois Studies in Language and Literature, 36), Tf. 12.
27 Vgl. I. PÉREZ MARTÍN, El ‘estilo salonicense’: un modo de escribir en la Salónica del siglo

XIV, in I manoscritti greci tra riflessione e dibattito. Atti del V Colloquio Internazionale di Paleo-
grafia Greca (Cremona, 4-10 ottobre 1998), a cura di G. PRATO. Florenz 2000 (Papyrologica
Florentina, 31), I, S. 311-331, hier S. 322-323.
28 N. G. WILSON, The Libraries of the Byzantine World, in: Greek, Roman and Byzantine

Studies 8 (1967), S. 53-80, hier S. 59 [= D. HARLFINGER (Hrsg.), Griechische Kodikologie und


Textüberlieferung. Darmstadt 1980, S. 276-309, hier S. 282]; aktualisierte ital. Fassung in: G.
CAVALLO (Hrsg.), Le biblioteche nel mondo antico e medievale. Rom 1988 (82008) (Biblioteca
Universale Laterza, 250), S. 81-111, hier S. 87.
29 Immerhin ist als Vorbesitzer des Codex ein Notar namens Georgios bekannt (Besitz-

vermerk auf fol. 158v; von dieser Hand ferner ein ausradierter Besitzvermerk auf fol. 180v).
30 Siehe D. SPERANZI, Tra Creta e Firenze. Aristobulo Apostolis, Marco Musuro e il Riccar-

diano 77, in Segno e Testo 4 (2006), S. 191-210, hier S. 194-196 (mit der dort genannten Lite-
ratur).
31 SPERANZI, Tra Creta e Firenze (wie Anm. 30), S. 209.
32 Notizen auf ff. Ir und 182v; von SPERANZI, Tra Creta e Firenze (wie Anm. 30), nicht er-

wähnt. Es fällt auf, dass Musuros auch für Teile des Ricc. 77 zuständig war, vgl. SPERANZI, Tra
Creta e Firenze (wie Anm. 30), S. 205-206 mit Tf. 2. Das Antigraphon scheint jedoch ein ande-
rer Codex als der Vat. gr. 1333 gewesen zu sein, nämlich der Laur. Plut. 32. 9 (siehe SPERANZI,
Tra Creta e Firenze [wie Anm. 30], S. 201-202, mit der dort genannten älteren Literatur).

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 513

Fulvio Orsini (†1600) wieder auf; nach Orsinis Tod kam sie zusammen mit
seiner Bibliothek an die Vaticana33. Dieses Beispiel veranschaulicht, wie
ältere Codices anderwärtiger Provenienz auf Kreta neu gebunden und als
Vorlagen von den kretischen Kopisten benutzt wurden34.
Der erste Typ der Schnittdekoration war auch in Atelier III beliebt, in
welchem die Codices Vat. gr. 1616 und Casanat. 1528 gebunden wurden35.
Der Vat. gr. 1616 (Ioannes Chrysostomos) wurde wohl im späten 12. Jh.
von zwei Kopisten geschrieben, von denen der erste dem zypro-palästi-
nensischen ‘stile epsilon’ verpflichtet ist36. Den Aufenthalt des Codex auf
Kreta bezeugt neben dem um 1500 zu datierenden Einband in Rot und
der Schnittdekoration (Tf. IV, a-c) auch eine Marginalie von der Hand des
<Aristobulos Apostoles> (fol. 42r)37. Da die Kontakte zwischen Zypern und
Kreta auch in Bezug auf den Transfer von Handschriften inzwischen re-
lativ gut dokumentiert sind38, spricht nichts gegen die Annahme, dass der
Codex im 15. Jh. auf Zypern erworben und um 1500 in Candia neu gebun-
den wurde. Über den Kardinal Reginald Pole gelangte die Handschrift an
das Collegium Anglicum in Rom und wurde schließlich 1614 der Vaticana
einverleibt39.
Im Atelier III wurde ferner der Codex Casanat. 1528 (Apollinarios von
Laodikeia, Ioannes Geometres) gebunden, geschrieben um oder kurz nach

33 P. DE NOLHAC, La bibliothèque de Fulvio Orsini. Contributions à l’histoire des collections


d’Italie et à l’étude de la Renaissance. Paris 1887 (Ndr. Genf 1976) (Bibliothèque de l’École des
Hautes Études, Sciences philologiques et historiques 74), S. 338; LILLA, I manoscritti (wie
oben), S. 26-28.
34 Diesen Aspekt betont zu Recht bereits IRIGOIN, Un groupe (wie Anm. 1), S. 104, 109-110

(mit Beispielen).
35 Zur zeitlichen Fixierung dieses Ateliers vgl. GROSDIDIER DE MATONS, Perspectives (wie

Anm. 1), S. 426-427; zur Zuweisung des Vat. gr. 1616 an Atelier III vgl. ebd., S. 427 sowie
FEDERICI – HOULIS, Legature, S. 10 (Canart); zum Casanat. 1528 vgl. HOULIS, A Research (wie
Anm. 1), S. 256.
36 C. GIANNELLI, Codices Vaticani Graeci. Codices 1485-1683. Vatikan 1950, S. 281-283.

Von der Hand A stammen die ff. 1r-291r, Kol. 2, Z. 4; 295r-312v; von der Hand B (ohne aus-
geprägte provinzielle Merkmale) die ff. 291r, Kol. 2, Z. 4-294v; siehe die Bemerkungen von P.
CANART, Les écritures livresques chypriotes du milieu du XIe siècle au milieu du XIIIe et le style
palestino-chypriote «epsilon», in Scrittura e Civiltà 5 (1981), S. 17-76, hier S. 66 [= ID., Études
de paléographie et de codicologie reproduites avec la collaboration de M. L. AGATI – M. D’AGOS-
TINO. Vatikan 2008 (Studi e Testi, 450), I, S. 677-747, hier S. 726].
37 Die Vor- und Nachsatzblätter (I-III; 313-315) weisen das Wasserzeichen Halbmond,

entfernt ähnlich Briquet 5257 (1501, ohne nähere Entsprechung in anderen Repertorien),
auf. Das Kapital ist weiß. Zu Aristobulos siehe RGK III, S. 39-40, Nr. 46, wo unser Codex
nicht angeführt ist.
38 Siehe STEFEC, Die griechische Bibliothek (wie Anm. 18) (mit der dort genannten Litera-

tur).
39 CANART, Les Vaticani Graeci (wie oben), S. 35 mit Anm. 5.

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514 RUDOLF S. STEFEC

1500 von einer anonymen Hand40. Der Originaleinband (in Braun) ist re-
lativ gut erhalten; der Rücken ist restauriert (das Kapital ist weiß und of-
fenbar nicht mehr ursprünglich), Schließen fehlen. Auf Ober-, Unter- und
Vorderschnitt wurde die für Typ 1 charakteristische Schnittdekoration
angebracht.

Weitaus zahlreicher als die bisher angeführten Codices sind jedoch


Handschriften, die zwar ihren präsumtiven kretischen Einband nicht be-
wahrt haben, aber dennoch über die ursprüngliche Schnittdekoration des
Typs 1 verfügen. Da Schnittdekoration aus Atelier II und IV bisher nicht
bekannt ist, wird man wohl annehmen dürfen, dass diese Handschriften
ursprünglich mit einem Einband aus Atelier I oder III versehen waren41.

40 F. BANCALARI, Index codicum graecorum Bibliothecae Casanatensis, in Studi Italiani di

Filologia Classica 2 (1894), S. 161-207, hier S. 197-198 [= Catalogi codicum graecorum qui in
minoribus bibliothecis Italicis asservantur in duo volumina collati et novissimis additamentis
aucti. Accuravit et indices adiecit Ch. SAMBERGER. Leipzig 1968 (Catalogi codicum graeco-
rum lucis ope reimpressi), II, S. 203-249, hier S. 239-240]. Der Codex (<I>-<III> = V; <I ´>-<III ´> =
N; 16 × 8 [136] 1 × 6 [142]; griechische Kustoden von erster Hand auf dem jeweils ersten
Recto jeder Lage im unteren Freirand mittig, teilweise weggeschnitten; senkrechte Rekla-
manten von erster Hand) ist aufgrund der Wasserzeichen (durchgehend Quartfaltung) in die
Zeit um oder kurz nach 1500 datierbar (zur Verfügung stand nur das Repertorium von
Briquet): A (ff. <III> und <I ´>): Ochsenkopf, Typ Briquet 14733 (1494, var. simil. 1497); B (ff.
1-8, 89-96, 137-142): Krone, Typ Briquet 4902 (1520); C (ff. 9-72): Hut, Typ Briquet 3471
(1519); D (ff. 73-88): Anker im Kreis mit Stern, Typ Briquet 490 (1511/1516); E (ff. 97-136):
Waage, Typ Briquet 2541 (1498). Für den Text des Apollinarios von Laodikeia und jenen des
Ioannes Geometres gehört der Codex zu einer ‘kretischen’ Familie (vgl. M. DE GROOTE, The
Manuscript Tradition of John Geometres’ Metaphrasis of the Odes, in Revue d’Histoire des Tex-
tes n. s. 2 [2007], S. 1-20, Stemma auf S. 20). Die Handschrift ist eng verwandt mit dem Angel.
gr. 50 (kopiert von einer anonymen kretischen Hand, die dem so genannten Ps.-Hieronymos
nahe steht; Autopsie) und dem Neapol. II A. 11, der aus dem Besitz des Georgios Komes ὁ
Κορίνθιος (vgl. PINGREE, The Library [wie Anm. 17], S. 355) und möglicherweise auch des
Markos Mamunas stammt (vgl. E. MIONI, Catalogus codicum graecorum Bibliothecae nationa-
lis Neapolitanae I,1. Rom 1992 [Indici e Cataloghi, n. s. VIII/1,1], S. 48-49; nicht angeführt bei
CATALDI PALAU, La biblioteca [wie Anm. 9]).
41 Von den Handschriften aus dem Atelier II, die von GROSDIDIER DE MATONS, Perspecti-

ves (wie Anm. 1), S. 426 und von HOULIS, A Research (wie Anm. 1), S. 256, zitiert werden, war
dem Verf. keine direkt zugänglich. Der Marc. gr. IX. 7 jedenfalls verfügt heute über einen
Goldschnitt, vgl. E. MIONI, Bibliothecae Divi Marci Venetiarum codices graeci manuscripti III.
Rom 1973 (Indici e Cataloghi n. s. VI/3), S. 10-11. – Atelier IV war in der 2. Hälfte des 16.
Jahrhunderts aktiv, was von erstaunlicher Kontinuität zeugt, vgl. GROSDIDIER DE MATONS,
Perspectives (wie Anm. 1), S. 427, sowie FEDERICI – HOULIS, Legature, S. 10 (Canart), und
HOULIS, A Research (wie Anm. 1), S. 256. Lediglich zwei von den dort zitierten Handschriften
waren dem Verf. direkt zugänglich: Der Vat. gr. 1509, der heute mit einem modernen Biblio-
thekseinband in weißem Pergament versehen ist (vgl. GIANNELLI, Codices [wie Anm. 36], S.
48-49; der Hauptkopist ist Demetrios <Triklinios>, vgl. RGK III, S. 76, 170; der Originalein-
band heute als Leg. Vat. gr. 1509 separat aufgestellt, vgl. FEDERICI – HOULIS, Legature, S. 70)
und der im Jahre 1577 von Ioasaph Doryanos (RGK III, S. 132, Nr. 342) subskribierte Vat. gr.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 515

Eine Erweiterung der Ausgangsbasis könnte jedoch unter Umständen zu


einer Modifizierung dieser Vermutung führen42.
Als erster sei der Codex Angel. gr. 24 genannt (Ovid, Heroides und Me-
tamorphosen in der Übersetzung des Maximos Planudes), an dem (zu-
mindest punktuell) auch <Aristobulos Apostoles> beteiligt war und der aus
dem Besitz des <Markos Mamunas> stammt43. Ein weiteres Beispiel ist der
Codex Pal. gr. 289 (Aristophanes), geschrieben im ausgehenden 15. Jh.
von <Georgios Gregoropulos>44. Die Handschrift, heute mit dem typischen
modernen Bibliothekseinband der Codices Palatini versehen45, stammt
möglicherweise aus dem Besitz des Henry Scrimger46 und weist auf jedem

2341 (Nomokanon; Subskription f. 219r: †ἐγρά(φη) ἡ παροῦσα βίβλος, θ(εο)ῦ συνεργούντος, | διὰ
χειρὸς ἰωάσαφ εὐτελοῦς ἱερομονάχου τοῦ δορυανοῦ· κ(αὶ) οἱ ἀναγινώσκοντες, εὔχε|σθέ μοι διὰ τὸν
κ(ύριο)ν. 1577); keine der beiden Handschriften weist Schnittdekoration auf. Über den
Schnitt des Marc. gr. II. 59 (kopiert 1579 von Ioasaph Doryanos) macht E. MIONI, Bibliothecae
Divi Marci Venetiarum codices graeci manuscripti I. Rom 1967 (Indici e Cataloghi n. s., VI/1,1),
S. 176-178, keine Angaben; keine Angaben zur Schnittdekoration des Athen. EBE 2359 bei L.
POLITES, Κατάλογος χειρογράφων τῆς Ἐθνικῆς Βιβλιοθήκης τῆς Ἑλλάδος ἀρ. 1857-2500. Athen 1991
(Πραγματεῖαι τῆς Ἀκαδημίας Ἀθηνῶν, 54), S. 360. Der Beschreibung bei Polites ist immerhin
das nicht uninteressante Detail zu entnehmen, dass der Buchbinder ein Priester namens
Manuel Misinas war (Vermerk auf fol. 167v mit deutlichen Spuren des kretischen Dialekts);
vielleicht war Misinas sogar der (bisher anonyme) Leiter des Ateliers IV.
42 Für viele Handschriften kommt aus bibliotheksgeschichtlichen Gründen das späte Ate-

lier IV (vgl. Anm. 41) allerdings ohnehin kaum in Frage.


43 P. FRANCHI DE’ CAVALIERI – G. MUCCIO, Index codicum graecorum Bibliothecae Angeli-

cae, in Studi italiani di filologia classica 4 (1896), S. 33-184, hier S. 52 [= Catalogi (wie Anm.
24), S. 47-189, hier S. 66]. Im Codex sind sieben verschiedene Hände nachweisbar: A (ff. 1r-
2v, 233r-234v), B (Inhaltsangabe f. 4v): <Markos Mamunas> (der Codex fehlt bei CATALDI PA-
LAU, La biblioteca [wie Anm. 1]), C (ff. 5r-26v, 28r-82r, Z. 7), D (f. 82r, Z. 8-9): <Aristobulos
Apostoles>, E (ff. 83r-119r, 162r, Z. 5-228r), F (ff. 123r-158v, Z. 10), G (ff. 158v, Z. 10-162r, Z.
5). Der alte italienische Einband wurde am 22. 12. 1959 restauriert (Eintrag auf der Innensei-
te des Hinterdeckels).
44 H. STEVENSON, Codices manuscripti Palatini graeci Bibliothecae Vaticanae. Rom 1885

(Ndr. Vatikan 1975), S. 163. Zu Georgios Gregoropulos vgl. RGK III, S. 56, Nr. 98, wo unser
Codex nicht angeführt ist. Es handelt sich um ein Oktavband (152 × 101 mm.), bestehend aus
elf Quaternionen (11 × 8 [88]); die Kustoden sind von erster Hand auf dem jeweils ersten
Recto jeder Lage im unteren Freirand rechts auf der Schriftspiegellinie angebracht; erhalten
von αον (f. 1r) bis ιαον (f. 81r). Das Wasserzeichen Kreis (Oktavfaltung) entspricht dem Typ
Briquet 3056 (1492/93); ohne näheres Pendant in anderen Repertorien. Von <Georgios Grego-
ropulos> stammen die ff. 1r-35v, 41r-85r; der Rest (ff. 36r-40v) ist leer.
45 Gebunden am Ende des 18. Jh. unter Papst Pius VI. [Braschi] (1775-1799) und dem

Kardinalbibliothekar Francesco Saverio de Zelada (1779-1801) in hochrotem Leder auf


Pappdeckeln; Rücken erneuert um 1853/54 und versehen mit den Wappenstempeln des Pap-
stes Pius IX. [Mastai Ferretti] (1846-1878) und des Kardinalbibliothekars Angelo Mai (1853-
1854), vgl. I. SCHUNKE, Die Einbände der Palatina in der Vatikanischen Bibliothek. Vatikan
1962 (Studi e Testi, 218), II, S. 909.
46 Vermerk 289 Hen. auf fol. Ir. Zur Deutung dieser Sigle vgl. zuletzt A. BIEDL, Beiträge

zur Geschichte der Codices Palatini Graeci, in Byzantinische Zeitschrift 37 (1937), S. 18-41, hier

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516 RUDOLF S. STEFEC

Schnitt abweichend von dem einheitlichen Muster lediglich je einen kolo-


rierten Kreisring auf (vgl. Tf. V, a-c). Ein analoger Fall ist der Pal. gr. 254
(Hermogenes, Theophrast, Dionysios von Halikarnass), geschrieben wohl
in den 70er Jahren des 15. Jh. von <Michael Lygizos>47. Auch diese Hand-
schrift, die aus der Bibliothek des Giovanni Battista Cipelli (Egnazio; ca.
1478-1553) stammt48, weist den typischen modernen Bibliothekseinband
der Palatina auf49; die Schnittdekoration (je zwei kolorierte Kreisringe auf
dem Ober- und Unterschnitt sowie drei kolorierte Kreisringe auf dem Vor-
derschnitt) ist gut erhalten (vgl. Tf. VI, a-c).
Etwas weniger eindeutig ist der kretische Konnex beim Codex Vat. gr.
592 (Kyrillos von Alexandreia, Anastasios von Antiocheia), der von einem
anonymen Kopisten etwa im 3. Viertel des 15. Jh. geschrieben wurde. Die
Handschrift ist heute mit einem modernen Bibliothekseinband versehen
und weist die für Typ 1 charakteristische Schnittdekoration auf, allerdings
ist diese nicht koloriert (vgl. Tf. VII, a-c)50.
Stärker abweichend von Typ 1 ist ferner die Schnittdekoration des Palat.
gr. 251 (je zwei kolorierte Kreisringe auf dem Ober- und Unterschnitt sowie
drei Kreisringe auf dem Vorderschnitt mit eingeschriebenen Rosetten, vgl.
Tf. VIII, a-c); der Oberschnitt trägt zusätzlich den (wohl sekundär ange-
brachten) Titel GALENUS. Der Codex, versehen mit dem typischen moder-

S. 28-30; die ältere Identifizierung mit Henry Scrimger akzeptiert von D’Aiuto in: F. D’AIUTO
– P. VIAN, Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana. Vatikan
2011 (Studi e Testi, 466), I, S. 463-466. Auf fol. <IV>v trägt der Codex das berühmte Exlibris
des Maximilian von Bayern (Typ 1623; zu diesem vgl. W. BERSCHIN, Die Palatina in der Vati-
cana. Eine deutsche Bibliothek in Rom. Stuttgart – Zürich 1992, S. 162, Abb. 130).
47 Vgl. STEVENSON, Codices (wie Anm. 44), S. 139; zu Michael Lygizos vgl. RGK III, S.

172, Nr. 465. Der Codex (6 × 8 [53] 1 × 8 [-1 nach f. 57: 60] 3 × 8 [84] 1 × 10 [94] 8 × 8 [158]
1 × 6 [164] 4 × 8 [196] 1 × 6 [202] 6 × 8 [242] 1 × 8 [-1 nach f. 248: 249] 5 × 8 [290] 1 × 4 [294])
stammt zur Gänze (ff. 6r-293v) von <Michael Lygizos>; von anderer Hand (vielleicht Georgios
Gregoropulos) stammen hingegen Teile der Illumination (ff. 6r, 8r, 10r, 12r, 14r). Die Datie-
rung ergibt sich aus der Bestimmung der Wasserzeichen; neben zahlreichen anderen Moti-
ven kommen die Marken Hund, identisch Harlfinger, chien 22 (1473 und 1476, Antonios
Damilas und Georgios Gregoropulos; hier ff. 103 + 110) und Kreuz, sehr ähnlich Harlfinger,
croix 27 (<1461>, Michael Apostoles; hier ff. 77-102) vor.
48 Vermerk 254 eg. auf fol. Ir. Zur Deutung der Sigle vgl. zuletzt D’AIUTO – VIAN, Guida

(wie Anm. 46), S. 463-464. Das Exlibris des Maximilian von Bayern (Typ 1622; zu diesem vgl.
BERSCHIN, Die Palatina [wie Anm. 46], S. 162, Abb. 129) befindet sich auf fol. 5v.
49 Vgl. Anm. 45.
50 R. DEVREESSE, Codices Vaticani graeci III. Codices 330-603. Vatikan 1937, S. 518-519.

Der Codex ist von einer einzigen anonymen Hand geschrieben (ff. 1r-189r, 193r-355v, 361r-
388v), von der auch eine Invokation auf fol. 1r stammt: †κ(ύρι)ε ἰ(ησο)ῦ χ(ριστ)ὲ βοήθη μοι
[……] τῶ ἁμαρτωλῶ. Im Codex kommt ein einziges Wasserzeichen vor (durchgehend Foliofal-
tung): Schere, ähnlich Piccard, Werkzeug und Waffen III 875 (1456). Der Einband trägt auf
dem Rücken das Wappen des Papstes Pius IX. [Mastai Ferretti] (1846-1878).

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 517

nen Einband der Palatina, enthält Galen (De usu partium) und wurde von
einem anonymen Kopisten geschrieben, der als Mitarbeiter des <Demetrios
Moschos> im Ambr. C 80 inf. belegt ist51, vermutlich kurz vor 150052. Über
die Provenienz des Bandes ist nichts bekannt53. Da Demetrios Moschos
höchstwahrscheinlich nie Kreta aufgesucht hat, müsste angenommen wer-
den, dass der Anonymus wenige Jahre vor seiner Zusammenarbeit mit De-
metrios Moschos am Ambr. C 80 inf. auf der Insel Kreta tätig war oder —
was ebenfalls möglich ist — dass der Palatinus entweder bald nach seiner
Entstehung von Italien nach Kreta exportiert oder bereits in Italien kopiert
und gebunden wurde; in letzterem Fall könnte von einem ‘Nachleben’ der
kretischen Dekoration auf italienischem Boden gesprochen werden.

Typ 2: Kolorierte Schnittdekoration mit Autorenangabe


Eine kleine Gruppe von Handschriften weist zusätzlich zum Typ 1 auf
dem Vorderschnitt eine Autorenangabe in Majuskeln auf, welche in der
Regel auf alle drei (falls vorhanden) Kreisringe verteilt ist. Da keine der bis-
her ermittelten Handschriften dieser Gruppe über einen Originaleinband
verfügt, ist eine sichere Zuweisung an eine der drei Werkstätten (I-III)54
kaum möglich, auch wenn die Datierung der betreffenden Handschriften
eher für die früheste Phase (Atelier I) spricht55.

51 Zu diesem Codex siehe zuletzt R. S. STEFEC, Eine unedierte Deklamation des Demetrios
Moschos, in Byzantion 83 (2013) 397-414. Konkret sehen die Handgrenzen im Ambrosianus
folgendermaßen aus: A (ff. 1r-126v, 240r, Z. 4-19), B (ff. 170r, 171r-221v, 222v-236r, 240r, Z.
1-3, 240r, Z. 19-256r): <Demetrios Moschos>. Von den eng verwandten Handschriften (vgl. St.
BERLIER, John Caius et le De usu partium. Contribution à l’histoire du texte de Galien, in Revue
d’Histoire des Textes n. s. 6 [2011], S. 1-14, hier 3 mit Anm. 6) stammt auf den ersten Blick nur
der Marc. gr. 287 (subskribiert im Jahre 1469 von Ioannes Rhosos) aus dem Umfeld kreti-
scher Kopisten, vgl. E. MIONI, Bibliothecae Divi Marci Venetiarum codices graeci manuscripti
I. Thesaurus antiquus, codices 1-299. Rom 1981 (Indici e Cataloghi n. s., VI/1), 410-411.
52 Vgl. STEVENSON, Codices (wie Anm. 44), S. 138. Der Codex (310 × 200/203 mm.) setzt

sich aus Quinionen zusammen: 1 × 10 (9; fol. I gehört zur 1. Lage) 9 × 10 (99) 1 × 10 (-1 nach
f. 108 ohne Textverlust: 108) 1 × 10 (208) 1 × 10 (-1 nach f. 217 ohne Textverlust: 217) 9 × 10
(307) 1 × 10 (317; Bindfaden nach f. 313!) 2 × 10 (337) 1 × 8 (-2 nach f. 343: 343). Die Wasser-
zeichen (durchgehend Foliofaltung) sind wie folgt verteilt: A (ff. 1-99, 328-343): Blume, ähn-
lich Piccard, Blatt III 1728 (a. 1499); B (ff. 100-217, 228-327): Blume, ähnlich Briquet 6706
(a. 1496, ohne nähere Entsprechung in anderen Repertorien); C (ff. 218-277): Blume, ähnlich
Briquet 6705 (a. 1496, ohne nähere Entsprechung in anderen Repertorien). Neben der Haupt-
hand (ff. 1r-343v) begegnen Marginalien einer Hand aus dem Umfeld der Gregoropuloi (f. 1r)
sowie einer weiteren griechischen Hand (ff. 41v-43v, 44v-46r), sehr ähnlich Emanuel Zacha-
rides oder Nikolaos (RGK I, S. 170-171, Nr. 330).
53 Ein Provenienzvermerk scheint im Codex heute zu fehlen.
54 Vgl. oben Anm. 15.
55 Dass hierbei der Kundenwunsch ausschlaggebend gewesen sein soll, wie es IRIGOIN,

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518 RUDOLF S. STEFEC

Als erstes Beispiel sei der Codex Urb. gr. 62 (Porphyrios, Plotin) ge-
nannt, der im Juli 1460 von dem Priestermönch Daniel subskribiert und
von <Michael Apostoles> annotiert wurde56; er weist auf jedem Schnitt ei-
nen ursprünglich hellrot kolorierten Kreisring auf; auf dem Vorderschnitt
steht in e i n e m Kreisring der Autorenname in Majuskeln (vgl. Tf. IX, a-c).
Ob Daniel zu den kretischen Kopisten zu zählen ist, bleibt einstweilen of-
fen; die Handschrift könnte auch aus Konstantinopel stammen57. Sie kam
höchstwahrscheinlich über Angelo Vadio da Rimini in die fürstliche Bi-
bliothek von Urbino und teilte auch deren weitere Schicksale58.
Mit Sicherheit aus dem Besitz des Angelo Vadio stammt hingegen ein
weiterer Codex mit Schnittdekoration in ähnlicher Ausführung (vgl. Tf. X,
a-c), der Urb. gr. 144 (Pindar). Dieser Codex wurde von Michael Apostoles
(vor 1478, vgl. oben) kopiert und extensiv von <Angelo Vadio> annotiert59.
Hingewiesen sei ferner auf den Codex Vat. gr. 1008 (Plutarch, Parallel-
viten), der je zwei Kreisringe auf dem Ober- und Unterschnitt sowie drei
Kreisringe mit Autorenangabe auf dem Vorderschnitt aufweist (vgl. Tf. XI,
a-c). Auch er kann ins 3. Viertel des 15. Jh. datiert und aufgrund der Betei-
ligung kretischer Kopisten auf der Insel lokalisiert werden. Da diese Hand-
schrift noch in keinem gedruckten Katalog erfasst ist, sei nachstehend eine
Kurzbeschreibung präsentiert.
Vat. gr. 1008 15. Jh. 3. Viertel. Pap. 290 × 198/207 mm. 294 Bl. (gezählt 1-294).
28 Z. — Inhalt: (1r-294v) PLUTARCH, Vitae parallelae. (1r-17r) Phocio. (17r-49v)
Cato. (49v-74r) Dio. (74r-98v) Brutus. (98v-117v) Aemilius. (118r-137r) Timoleo.
(137r-150v) Sertorius. (150v-162r) Eumenes. (162v-174r) Philopoemen. (174r-187r)
Titus. (187r-206v) Pelopidas. (206v-225v) Marcellus. (225v-264v) Alexander. (265r-
294v) Caesar. — Mat: Dünnes, mattes, weißliches Papier. — Erh: gut, stellenweise

Un groupe (wie Anm. 1), S. 107, Anm. 15, will, ist eine mögliche Hypothese, die jedoch schwer
zu beweisen (oder zu widerlegen) ist.
56 C. STORNAIOLO, Codices Urbinates graeci Bibliothecae Vaticanae. Rom 1895 (Ndr. Vati-

kan 1988), S. 68-69. Zu dem Kopisten Daniel vgl. RGK III, S. 72, Nr. 157. Marginalien auf ff.
33v, 35v, 72r, 73v, 91r, 119r, 121v, 129v, 141v, 148v, 159v, 160v, 161v, 290r, 316r, 357r, 358r,
388v, 437r von der Hand des <Michael Apostoles> (RGK III, S. 169, Nr. 454, wo unser Codex
nicht angeführt ist). Der Codex weist nur zwei Marken auf (durchgehend Quartf.): A (ff. 1-118,
135-441): Wagen, identisch Harlfinger, char 11 (a. 1460, aus dieser Handschrift); B (ff. 119-
134): Wagen, ohne nähere Entsprechung in den Repertorien. Typischer Bibliothekseinband
in hochrotem Leder auf Pappe; auf dem Rücken Wappenstempel des Papstes Pius IX. [Mastai
Ferretti] (1846/78) und des Kardinalbibliothekars Angelo Mai (1853/54).
57 Diese Frage wurde bei STEFEC, Die griechische Bibliothek (wie Anm. 18), S. 127-129 mit

Anm. 146, ausführlich diskutiert und braucht daher nicht an dieser Stelle wiederholt zu wer-
den.
58 Zur Bibliothek des Angelo Vadio, die den Kern der heutigen Codices Urbinates graeci

bildet, siehe die ausführliche Studie von STEFEC, Die griechische Bibliothek (wie Anm. 18).
59 Zum Codex vgl. STORNAIOLO, Codices (wie Anm. 56), S. 276-280, sowie die Bemerkun-

gen bei STEFEC, Die griechische Bibliothek (wie Anm. 18), S. 127, Anm. 143.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 519

leicht wasserfleckig. — L: 36 × 8 (388) 1 × 6 (394). — K: Griechische Kustoden von


erster Hand auf dem jeweils ersten Recto jeder Lage im unteren Freirand rechts
und auf dem jeweils letzten Verso jeder Lage im unteren Freirand rechts, von α´
(f. 1r, 8v) bis λστ´ (f. 288v) bzw. λζ´ (f. 289r). — Ls: D02D1, Typ 13. Schriftspiegel
125 × 205 mm. — Wz (durchgehend Quartfaltung): A (ff. 1-194, 196 + 197, 199-250,
252 + 253, 255-264, 265 + 272, 267-270, 274-279, 281-294): Amboß, identisch oder
fast identisch Harlfinger, enclume 6 (Demetrios Triboles, 1456). B (ff. 195 + 198,
251 + 254, 266 + 271, 273 + 280): Wagen, ähnlich Harlfinger, char 13 (1467). — S: A
(ff. 1r-2v, Z. 6; 3r-84v, Z. 9; 85r, Z. 1-9; 102r, Z. 4-106r; 110r-112v, Z. 7; 114v-116r,
Z. 26; 119v-145r; 153v-156r, Z. 8; 160r, Z. 8-163r; 172v-173r, Z. 5; 174v-175r, Z.
25; 178v-179r; 181v, Z. 1-15; 185r-186r, Z. 20; 189r, Z. 1-21; 189v, Z. 13-190r, Z.
13; 191v; 193r; 194v-196r; 197r; 197v, Z. 12-28; 198v, Z. 1-10; 200r-201r, Z. 11;
222r-225r, Z. 5; 246r): <Georgios Kalophrenas> (RGK III, S. 57, Nr. 103, wo unsere
Handschrift fehlt). B (f. 2v, l. 6-28); dieselbe Hand im Vat. gr. 677, ff. 1r-96v (RGK
III, S. 63, Nr. 123, wohl unzutreffende Identifizierung mit Georgios Tribizias) und
im Ambr. C 47 sup., ff. 57r-142v. C (ff. 84v, Z. 9-28; 85r, Z. 10-102r, Z. 3; 106v-109v;
112v, Z. 7-114r; 116r, Z. 26-119r; 145v-153r; 156r, Z. 9-160r, Z. 8; 163v-172r; 173r, Z.
5-174r; 175r, Z. 26-178r; 179v-181r; 181v, Z. 15-184v; 186r, Z. 21-188v; 189r, Z. 22-
189v, Z. 13; 190r, Z. 14-191r; 192r-v; 193v-194r; 196v; 198r; 198v, Z. 11-199v; 201r,
Z. 11-221v; 225r, Z. 5-245v; 246v-294v): <Ioannes Rhosos> (?) (RGK III, S. 115-116,
Nr. 298, wo ihm fälschlich der ganze Codex zugewiesen wird), kursiverer Duktus.
D (f. 197v, Z. 1-11). — Not: Bibliotheksetikett mit der aktuellen Signatur auf dem
Rücken. Stempel der BAV (ff. 1r, 294v). Auf fol. 1r die Signatur 1008. Marginalien
einer späteren griechischen (?) Hand (ff. 244r, 245r, 246r, 246v, 247v, 248r, 249r,
262v). — Ill: Bescheiden. Titel in epigraphischer Auszeichnungsmajuskel, Initialen,
stichometrische Angaben und Zählung der Viten in Rot; auf fol. 1r Titelband in Rot.
— V: Der Codex ist möglicherweise bereits im Inventar des Jahres 1475 verzeichnet,
vgl. R. DEVREESSE, Le fonds grec de la Bibliothèque Vaticane des origines à Paul V.
Vatikan 1965 (Ndr. 2009) (Studi e Testi, 244), S. 49, Nr. 105; ferner scheint er in den
Inventaren der Jahre 1481 (ebd., S. 97, Nr. 335), 1484 (ebd., S. 133, Nr. 339)60, 1518
(vgl. M. L. SOSOWER – D. F. JACKSON – A. MANFREDI, Index seu inventarium Biblio-
thecae Vaticanae divi Leonis pontificis optimi. Vatikan 2006 [Studi e Testi, 427], S.
46, Nr. 374) und 1533 (vgl. M. R. DILTS – M. L. SOSOWER – A. MANFREDI, Librorum
graecorum Bibliothecae Vaticanae index a Nicolao De Maioranis compositus et Fau-
sto Saboeo collatus anno 1533. Vatikan 1998 [Studi e Testi, 384], S. 41, Nr. 321)
auf. — E: Moderner Bibliothekseinband in hochrotem Leder auf Pappe, auf dem
Rücken in Goldprägung die Wappenstempel des Papstes Pius IX. [Mastai Ferretti]
(1846/78) und des Kardinalbibliothekars Angelo Mai (1853/54). Schnittdekoration
(vgl. oben). — Lit: K. ZIEGLER, Die Überlieferungsgeschichte der vergleichenden Le-
bensbeschreibungen Plutarchs. Leipzig 1907 (Ndr. Aalen 1975), S. 8, 149, 193-194;
M. MANFREDINI, Nuove osservazioni su codici plutarchei, in Annali della Scuola Nor-
male Superiore di Pisa s. III. 23 (1993), S. 999-1040, hier S. 1029, Anm. 79; ID., Altre

60Entgegen DEVREESSE, Le fonds (wie oben), S. 159, kann er nicht mit der Nr. 85 des
Inventars von Fabio Vigili (nach 1481) identisch sein, da diese Handschrift 28 Viten enthalten
haben soll.

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520 RUDOLF S. STEFEC

osservazioni su codici plutarchei, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa


s. IV. 1 (1996), S. 653-709, insbesondere S. 673-674 und passim; ID., La recensio
Constantiniana di Plutarco, in I manoscritti greci tra riflessione e dibattito. Atti del V
Colloquio Internazionale di Paleografia Greca (Cremona, 4-10 ottobre 1998), a cura
di G. PRATO. Florenz 2000 (Papyrologica Florentina, 31), S. 655-663, hier S. 661,
Anm. 37, S. 662 mit Anm. 43, S. 663.

Typ 3: Schnittdekoration in Schwarz


Eine von den oben präsentierten Typen 1 und 2 abweichende Schnittde-
koration (Flechtbande in Schwarz oder Braun auf Ober-, Unter- und Vor-
derschnitt) weisen zwei Handschriften auf, an denen als Kopist Michael
Lygizos beteiligt war und die auffälligerweise auch inhaltlich miteinander
korrespondieren. Es handelt sich um den Codex Ott. gr. 206 (Donatus, Di-
sticha Catonis, Theodoros Gazes, Manuel Moschopulos), subskribiert am
4. Mai 1475 von <Michael Lygizos>61, und den Codex Angel. gr. 5 (Donatus,
Manuel Moschopulos, Theodoros Gazes), kopiert teilweise ebenfalls von
<Michael Lygizos> (vgl. Tf. XII, a-c)62. Keine der beiden Handschriften hat
ihren Originaleinband bewahrt63. Da Michael Lygizos zeitweise auch in
Italien tätig war — dies zeigt beispielweise seine mehrfach belegte Zusam-
menarbeit mit Andronikos Kallistos —, bleibt einstweilen offen, ob dieser
Typ der Schnittdekoration in einer kretischen Werkstatt angebracht wurde
oder nicht64.

61 E. FERON – F. BATTAGLINI, Codices manuscripti graeci Ottoboniani Bibliothecae Vatica-

nae. Rom 1893, S. 120-121 (dort auch Text der Subskription). Der Codex wurde als Schul-
buch konzipiert; bei Donat und Cato wurden zwei Kolumnen angelegt, wobei die jeweils
rechte Spalte für den lateinischen Text (der nur auf ff. 7r-8v eingetragen wurde) reserviert
blieb. Ein Teil der zahlreichen lateinischen Marginalien stammt von derselben Hand, die
auch den lateinischen Vermerk auf fol. 6v (datiert 1510; Text bei FERON – BATTAGLINI, Codices
[wie oben], S. 120) schrieb.
62 FRANCHI DE’ CAVALIERI – MUCCIO, Index (wie Anm. 43), S. 35-36 (Ndr. S. 49-50). Von

Michael Lygizos stammen die ff. 1r-133v; die ff. 134r-153v wurden hingegen von einer anony-
men Hand geschrieben. Auf ff. 16r und 29r begegnen Marginalien von der Hand des <Aristo-
bulos Apostoles> (RGK III, S. 39-40, Nr. 46, wo unser Codex nicht angeführt ist). Auch ohne
Untersuchung der Wasserzeichen des Angelicanus drängt sich der Schluss auf, dass beide
Handschriften zeitlich eng beieinander liegen dürften.
63 Der Ott. gr. 206 weist einen typischen Bibliothekseinband der Vaticana aus der Zeit

zwischen 1869 und 1878 auf (weißes Pergament auf Pappe, auf dem Rücken in Goldprägung
die Wappenstempel des Papstes Pius IX. [Mastai Ferretti, 1846/78] und des Kardinalbiblio-
thekars Jean-Baptiste Pitra [1869/89]). Der Angelicanus hat einen alten italienischen Einband
bewahrt (restauriert am 19. 12. 1955; Eintrag auf der Innenseite des Hinterdeckels).
64 Unter den bei VAN REGEMORTER, La reliure (wie Anm. 18), Tf. 3, und FEDERICI – HOULIS,

Legature, S. 152, abgebildeten Typen der Schnittdekoration findet sich keine genauere Ent-
sprechung.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 521

Halten wir die Ergebnisse dieser Studie kurz fest. Es ist möglich, drei
distinkte Formen der Schnittdekoration für Handschriften aus dem Um-
kreis kretischer Kopisten der 2. Hälfte des 15. und des frühen 16. Jh. zu
definieren. Bei Typ 1 (kolorierte Kreisringe ohne Autorenangabe) und 2
(kolorierte Kreisringe mit Autorenangabe) ist deren kretische Herkunft
gesichert, bei Typ 3 (einfaches Flechtbandmuster in Schwarz) immerhin
wahrscheinlich. Eine Zuweisung an bestimmte Ateliers alleine aufgrund
der Schnittdekoration scheint ob der beschränkten Ausgangsbasis nicht
möglich zu sein, doch fällt auf, dass Handschriften mit dem zweiten Typ
der Schnittdekoration etwas älter (15. Jh. 3. Viertel), Handschriften mit
dem ersten Typ hingegen auch jünger (bis zum Anfang des 16. Jh.) sind.
Die Ateliers I und III jedenfalls verwenden beide Schnittdekoration des
ersten Typs, Atelier I möglicherweise auch Typ 2.
Unbestreitbar ist indes nur die Herkunft der Schnittdekoration, nicht
aber jene der auf Kreta gebundenen Handschriften selbst; wie oben vorge-
führt, kann es sich durchaus um ältere Bände handeln, deren ursprüngli-
che Provenienz in Wirklichkeit eine ganz andere ist (z. B. Konstantinopel
oder Zypern).
Doch kehren wir noch einmal zu unserem Ausgangspunkt zurück. Die
Schnittdekoration des Vind. hist. gr. 119, die dem Typ 1 entspricht, zeigt,
dass der Codex bald nach seiner Entstehung auf Kreta gebunden wurde.
Damit ist zwar nicht gänzlich auszuschließen, dass das dort enthaltene
volkssprachliche Gedicht auf Zypern entstanden ist und dort auch kopiert
wurde, doch die von Schartau zurückhaltend geäußerte Hypothese, dass
es sich in Wirklichkeit um ein weiteres Stück kretischer Literatur handelt,
gewinnt an Wahrscheinlichkeit.

Addendum
Nach dem Abschluss dieser Studie wurde der Verf. noch auf den Codex Barb. gr.
291 aufmerksam, der neben einem relativ gut erhaltenen byzantinischen Einband
unbekannter Provenienz (vgl. FEDERICI – HOULIS, Legature, S. 70 und 85) auch
Schnittdekoration aufweist, die ursprünglich möglicherweise koloriert war und
dem Typ 1 nahesteht; in die Kreisringe sind als zusätzliche Verzierung Knoten
eingeschrieben.

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522 RUDOLF S. STEFEC

Tf. Ia-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 2362, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 523

Tf. IIa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1585, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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524 RUDOLF S. STEFEC

Tf. IIIa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1333, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 525

Tf. IVa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1616, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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526 RUDOLF S. STEFEC

Tf. Va-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. gr. 289, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 527

Tf. VIa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. gr. 254, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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528 RUDOLF S. STEFEC

Tf. VIIa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 592, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 529

Tf. VIIIa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. gr. 251, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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530 RUDOLF S. STEFEC

Tf. IXa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. gr. 62, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 531

Tf. Xa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. gr. 144, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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532 RUDOLF S. STEFEC

Tf. XIa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1008, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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ZUR SCHNITTDEKORATION KRETISCHER HANDSCHRIFTEN 533

Tf. XIIa-c – Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott. gr. 206, Ober-, Unter- und Vorderschnitt.

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PAOLO VIAN

UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE.


LA LETTERA DI JOHANN BOLLIG A LEONE XIII
SULLA BIBLIOTECA VATICANA
(8 NOVEMBRE 1879)

1. Un gesuita nell’antica roccaforte filogiansenista – 2. Dalla Germania a Roma: una bio-


grafia internazionale. – 3. La lettera a Leone XIII (8 novembre 1879). – 4. Il battistrada di
Ehrle.

1. Dopo Angelo Mai e prima di Franz Ehrle, Johann Bollig (1821-1895)


fu il secondo gesuita ad assurgere a un ruolo di rilievo nella Biblioteca Va-
ticana ottocentesca, in quella che nell’ultimo scorcio del XVIII secolo sem-
brava divenuta un’imprendibile roccaforte del filogiansenismo e dell’an-
tigesuitismo, da Giovanni Bottari a Pier Francesco Foggini, sino al card.
Francesco Saverio de Zelada che, dello scioglimento della Compagnia di
Gesù a Roma, fu il protagonista. Orientalista, dal 1865 scrittore per l’arabo,
poi secondo custode dal 13 luglio 1876 alla morte, Bollig non sembra però
avere lasciato una consistente traccia nella storia della Vaticana, al punto
che le scarne notizie biografiche nei dizionari e nelle enciclopedie (peraltro
in via di estinzione, visto che talvolta la «voce» a lui relativa scompare nei
repertori da un’edizione all’altra) spesso sbagliano date e ruoli da lui rico-
perti all’interno dell’istituzione1. Eppure Bollig è una figura preziosa, per

1 Per la biografia di Bollig, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus […], Nouvelle édition

par C. SOMMERVOGEL, Bibliographie: VIII, Bruxelles – Paris 1898, coll. 1860-1861. Dal Som-
mervogel dipendono largamente le «voci» successive, che talvolta modificano un dato (non si
sa se per errore o sulla base di nuove fonti): B. GULDNER, Bollig, Johann, in The Catholic
Encyclopedia, II, New York 1907, p. 639; G. CAS. [= G. Castellani], Bollig, Johann, in Enciclo-
pedia italiana di scienze, lettere ed arti, VII, Roma 1930, p. 325; R. KÖBERT, Bollig, Johann, in
Lexikon für Theologie und Kirche […], II, Freiburg 19582, col. 572; L. KOCH, Jesuiten-Lexikon.
Die Gesellschaft Jesu einst und jetzt (Paderborn 1934), I, Löwen – Heverlee 1962, col. 229; C. H.
PICKAR, Bollig, Johann, in New Catholic Encyclopedia, II, Washington 1967, p. 649; Bio-
graphisch-Bibliographisches Kirchenlexikon, bearbeitet und herausgegeben von F. W. BAUTZ,
I, Hann 1975, col. 676; R. S. GERLICH, Bollig, Johann, in Diccionario histórico de la Compañía
de Jesús. Biográfico-temático, dir. Ch. E. O’NEILL – J. M. DOMÍNGUEZ, I, Roma – Madrid 2001,
p. 484. La «voce» relativa a Bollig è scomparsa nella seconda edizione della New Catholic
Encyclopedia e nella terza edizione del Lexikon für Theologie und Kirche. Non ho potuto rag-
giungere W. KOSCH, Das katholische Deutschland: Biographisch-bibliographisches Lexikon [A-
Rehbach], I, Augsburg 1933, p. 210.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 535-568.

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536 PAOLO VIAN

certi versi unica, per comprendere la situazione della Vaticana alla vigilia
delle grandi novità che Leone XIII vi avrebbe introdotto. Appunto come un
contributo alla delineazione della geografia interna della Vaticana di fine
Ottocento va inteso questo articolo il cui fine principale è l’edizione di un
singolare documento che verrà alla fine analizzato e commentato.

2. Nato a Kels, nella Prussia renana, il 23 agosto 1821, Bollig studiò te-
ologia e lingue semitiche a Roma prima di essere ammesso nella provincia
romana della Compagnia di Gesù, essendo già sacerdote, il 13 novembre
1853. Tutte le ricostruzioni biografiche tacciono sui primi trent’anni di
vita di Bollig, che si direbbe quasi abbia incominciato a vivere a Roma.
Solo di recente Maria Rosaria Di Simone, probabilmente sulla scorta di
documenti archivistici, ha evocato una formazione progressivamente in-
ternazionale, prima nel seminario di Colonia, poi nell’accademia di Mün-
ster, all’università di Bonn, con successivi perfezionamenti alla Sorbona
e all’Institut de France di Parigi. In Germania Bollig accumulò una vasta
esperienza didattica, insegnando matematica, storia, geografia e inglese2.
Entrato a Roma nella Compagnia, Bollig insegnò le lingue orientali dal
1855 nel Collegio Romano (in seguito nell’Università Gregoriana)3, nel col-
legio filologico dell’Apollinare (dal 1877) e per un breve periodo fu anche
prefetto degli studi nel Collegio Germanico, appena prima di un soggiorno
biennale nel seminario di Ghazir in Libano, ove insegnò teologia4. Al suo
ritorno a Roma tenne anche corsi di arabo e sanscrito alla Sapienza5, di-

2 M. R. DI SIMONE, La Facoltà umanistica dalla restaurazione alla caduta dello Stato ponti-

ficio, in Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia de «La Sapienza», a cura di L. CAPO e M. R. DI
SIMONE […], Roma 2000, pp. 359-400: 388-389, 392. La Di Simone cita tra le sue fonti il fa-
scicolo relativo a Bollig all’Archivio di Stato di Roma, Università, b. 305, che potrebbe essere
l’origine delle notizie ignorate dagli altri biografi.
3 Fra gli alunni di Bollig dal 1880 vi fu anche René Graffin, cfr. V. POGGI, Per la storia del

Pontificio Istituto Orientale. Saggi sull’istituzione, i suoi uomini e l’Oriente Cristiano, Roma
2000 (Orientalia Christiana Analecta, 263), p. 57.
4 Bibliothèque de la Compagnie de Jésus cit., col. 1860, indica per il soggiorno a Ghazir gli

anni 1862-1864, mentre GERLICH, Bollig, Johann cit., lo colloca nel biennio 1861-1863. Per
l’insegnamento all’Apollinare, cfr. La Pontificia Università Lateranense. Profilo della sua storia,
dei suoi maestri e dei suoi discepoli, Roma 1963, pp. 9-10. L’insegnamento delle lingue orien-
tali all’Apollinare era stato richiesto dalla Congregazione di Propaganda Fide con lo scopo di
formare tra i chierici romani «buoni traduttori di lingue orientali» che sarebbero stati prezio-
si nel lavoro della Congregazione. Bollig (che vi insegnava la lingua araba e aveva per colleghi
Paolo Scapaticci per il siriaco e Luigi Vincenzi per l’ebraico) ebbe, fra gli altri, quali alunni
Vincenzo Bugarini e Mariano Ugolini.
5 N. SPANO, L’Università di Roma, Roma 1935, pp. 111, 125, 126, 340; J. VERNACCHIA-

GALLI, Il Consiglio accademico della Regia Università di Roma (1870-1924), Roma 1989 (Fonti
e studi per la storia dell’Università di Roma, 12), pp. 18, 249 nt. 22; DI SIMONE, La Facoltà
umanistica cit., pp. 388-389, 392. Spano e Vernacchia-Galli fanno incominciare l’insegna-

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 537

venne (1864) consultore della Congregazione di Propaganda Fide (e in tali


vesti si occupò della revisione dei libri liturgici di diverse chiese orientali6),
sino ad approdare alla Biblioteca Vaticana nella quale, come si è accenna-
to, divenne scrittore per l’arabo (4 luglio 1865) succedendo al benedettino
Pio Zingerle7.
Ferdinand Gregorovius incontrò allora, nel fatidico 1870, padre Bollig
e ne lasciò una non lusinghiera ma probabilmente parziale memoria nei
suoi Tagebücher, ove anche il nome del nostro scrittore viene graficamente
alterato:

Il 28 marzo [1870] mi hanno rifiutato certi manoscritti in Vaticano, vi è là un ge-


suita, un certo padre Bollich; ho visto il suo malizioso sorriso e ho compreso che la
mia ora è suonata. È probabilmente l’ultima volta che sono stato alla Vaticana; ma
posso sorridere anch’io, ora che la mia opera è quasi compiuta. Monsignor Marti-
nucci è stato scortese e grossolano. Io gli ho voltato le spalle e me ne sono andato8.

Undici anni dopo l’entrata in Vaticana, il 13 luglio 1876, Bollig diven-


ne secondo custode, succedendo a Pio Martinucci, contemporaneamente
divenuto primo custode9. Un ruolo ormai ufficiale, questo in Biblioteca

mento nel 1867, Di Simone nel 1865. Il 5 ottobre 1871 Bollig non si presentò a prestare giu-
ramento al nuovo governo (cfr. anche infra). Da notare che all’arrivo dei Piemontesi, nel
1870, i tre insegnamenti orientalistici alla Sapienza erano tutti tenuti da figure della Vatica-
na: «[…] quello di Ebraico, impartito da Luigi Vincenzi, quello di Siriaco, da Paolo Scapatic-
ci, e quello di Arabo, da Johann Bollig, che poi insegnò per qualche tempo anche Sanscrito»,
R. GNOLI, La scuola di studi orientali, in Le grandi scuole della Facoltà, Roma 1994, pp. 382-
389: 382.
6 Nel 1879 Bollig era consultore della Congregazione per la sezione «per gli affari del rito

orientale»; con lui, della Biblioteca Vaticana, svolgevano lo stesso ruolo Agostino Ciasca e
Giuseppe Cozza Luzi, La gerarchia cattolica e la famiglia pontificia per l’anno 1879 […], Roma
1879, p. 526.
7 La lettera del card. Giacomo Antonelli, segretario di Stato, al primo custode della Vati-

cana Alessandro Asinari di San Marzano, con la nomina di Bollig a «scrittore in lingua ara-
ba», Dalla Segreteria di Stato, 4 luglio 1865, è in Biblioteca Vaticana, Arch. Bibl. 5, f. 249r.
8 F. GREGOROVIUS, Diari Romani, 1852-1874, a cura di A. M. ARPINO, Roma 1982 (Storia

e tradizioni, 3), p. 499. Per l’edizione tedesca, F. GREGOROVIUS, Römische Tagebücher, 1852-
1889 […], hrsg. und kommentiert von H.-W. KRUFT und M. VÖLKEL, München 1991, pp. 280,
519 nt. 52. Cfr. anche Ch. M. GRAFINGER, Gregorovius versus Grisar. Hartmann Grisar SJ und
die Entstehung seiner Geschichte Roms und der Päpste im Mittelalter, in Dall‘Archivio Segreto
Vaticano. Miscellanea di testi, saggi e inventari, IV, Città del Vaticano 2009 (Collectanea Archi-
vi Vaticani, 70), pp. 265-278: 266-267.
9 La lettera del card. Giacomo Antonelli al card. Bibliotecario Jean-Baptiste Pitra, con la

nomina di Bollig a secondo custode, Dalla Segreteria di Stato, 13 luglio 1876, è in Arch. Bibl.
5, f. 306r. L’8 agosto 1876 a Bollig subentrò come scrittore Agostino Ciasca, ibid., ff. 308r,
309r. Per il ruolo in Biblioteca Vaticana, J. BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane de Sixte
IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des collections de manuscrits, avec la collaboration de J.
RUYSSCHAERT, Città del Vaticano 1973 (Studi e testi, 272), pp. 248 nt. 67, 234, 236-237, 343.

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538 PAOLO VIAN

Vaticana, che Bollig non sembra avere cercato e che anzi pare subire attri-
buendogli il continuo intralcio nei suoi studi prediletti, con la frustrazione
e l’infelicità che ne derivano; ma un ruolo che spiega la presenza di Bollig,
che aveva emesso il quarto voto nella Compagnia il 2 febbraio 1868, nella
commissione preparatoria per le Chiese orientali e per le missioni (agosto
1867) del concilio Vaticano I, al quale partecipò come teologo pontificio10,
mai però interrompendo anche negli anni successivi la sua attività didat-
tica all’Apollinare (ove aveva sede il Seminario Romano) e nel Collegio
Germanico. La sua bibliografia (in realtà anche per il periodo antecedente
l’assunzione di responsabilità in Vaticana) non è vasta e annovera, accanto
a una Brevis chrestomathia arabica, «in usum scholarum», pubblicata a
Roma da Loescher nel 188211, la collaborazione all’edizione degli scritti di
Giovanni Mauropode nel Vat. gr. 67612, un breve articolo sul manoscritto
etiopico donato da Menelik a Leone XIII13 e l’edizione, peraltro uscita po-
stuma nell’anno stesso della sua morte, della traduzione siriaca dei carmi-
na di Gregorio di Nazianzo sulla base del Vat. gr. 10514.
Forse in ragione di un ufficio accettato per ubbidienza ma «in una cosa

10 TH. GRANDERATH, Geschichte des Vatikanischen Konzils von seiner ersten Ankündigung

bis zu seiner Vertagung, hrsg. von K. KIRCH, I: Vorgeschichte, Freiburg im Breisgau 1903, p.
79; C. G. PATELOS, Vatican I et les évêques uniates. Une étape éclairante de la politique romaine
à l‘égard des Orientaux (1867-1870), Louvain-la-Neuve – Louvain 1981 (Bibliothèque de la
Revue d’histoire ecclésiastique, 65), pp. 87, 100-101, 132, 136, 178, 186-187, 189, 212, 213,
542-543; K. SCHATZ, Vaticanum I, 1869-1870, I: Vor der Eröffnung, Paderborn – München –
Wien – Zürich 1992 (Konziliengeschichte. A. Darstellungen), pp. 186-187 nt. 204. Secondo
Patelos (che riferisce un giudizio di J. HAJJAR, Les chrétiens uniates du Proche-Orient, Paris
1962, p. 293), durante i lavori della Commissione preparatoria, Bollig si segnalò più di una
volta per alcuni interventi intempestivi, seguendo fedelmente la linea del card. Alessandro
Barnabò, prefetto di Propaganda Fide.
11 Brevis chrestomathia arabica, in usum scholarum, Romae, E. Loescher, 1882.
12 JOHANNIS, EUCHAITORUM METROPOLITAE, quae in codice Vaticano graeco 676 supersunt

J. BOLLIG S.J. descripsit, P. de LAGARDE edidit, Gottingae, Dieterich, 1882. L’edizione di La-
garde aveva preso le mosse da una trascrizione di Bollig riveduta da Wilhelm Studemund.
13 De codice aethiopico quem Leo XIII P. a Menelik rege Abyssiniae acceptum dono dedit

Bibl. Apost. Vatic., in Al Sommo Pontefice Leone XIII. Omaggio giubilare della Biblioteca Vati-
cana, Roma 1888, con paginazione propria. In realtà l’articolo, molto breve (in tutto cinque
pagine), è solo un cenno al soggetto, il manoscritto Vat. et. 73, che, per mancanza di tempo,
Bollig, da poco tornato «ex itinere longiori, ipsius Summi Pontificis iussu ad scientiae perve-
stigationem suscepto» (p. 3), non ebbe tempo di sviluppare, annunciando però una futura
edizione del testo conservato nel Vat. et. 73. Il lavoro fu subito segnalato da S. NAVRATIL,
Nachklänge zum Papstjubiläum Leo XIII., in Studien und Mittheilungen aus dem Benedictiner-
und dem Cistercienser-Orden 9 (1888), pp. 657-668: 664-668 (II. Der äthiopische Codex, ein
Geschenk des Königs Menelik an Leo XIII). Cfr. anche infra.
14 Sancti GREGORII liber carminum iambicorum. Versio syriaca antiquissima e Cod. Vat. G.

CV, Pars prima, edidit P. J. BOLLIG S.I., Beryti, ex typographia catholica, 1895. La prefazione
è di Enrico Gismondi, l’analisi di Louis Cheikho.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 539

— spiegherà lui stesso — cosi antipatica al mio carattere, ai miei studii ed


alle mie tendenze», in Biblioteca il ruolo di Bollig sembra piuttosto appar-
tato e defilato, se di lui si ricordano solo la partecipazione (peraltro, come
vedremo, piuttosto passiva e poco convinta) alla commissione istituita da
Leone XIII per seguire il completamento e la pubblicazione dei catalo-
ghi dei fondi manoscritti15 e soprattutto la lettera che, l’8 novembre 1879,
scrisse al Papa (che lo aveva sollecitato a farlo) per illustrargli la situazione
della Biblioteca sulla quale il pontefice andava meditando i decisivi inter-
venti che avrebbe compiuto16. E la lettera di Bollig ebbe sicuramente un
ruolo nella maturazione delle decisioni che confluirono nel nuovo Regola-
mento della Biblioteca Vaticana del 21 marzo 1885 (divenuto definitivo il
1° ottobre 1888), il primo, decisivo passo nella modernizzazione dell’antica
istituzione palatina17. Questa lettera, insieme ai memoriali di Martinucci
e ai rapporti di Stefano Ciccolini, costituisce uno dei documenti essenzia-
li per comprendere la storia ottocentesca della Biblioteca Vaticana e per
valutare l’impatto su di essa delle decisioni leonine; ma è anche un testo
prezioso per individuare gruppi e correnti che animavano la Biblioteca
Vaticana in quegli anni.

3. Ma diamo subito la parola al gesuita, il cui testo ci è giunto in una


stesura sicuramente autografa18:

15 La lettera del card. Lorenzo Nina, segretario di Stato, al card. Bibliotecario Jean-Bap-

tiste Pitra, Dalla Segreteria di Stato, 19 dicembre 1879, con la nomina di Bollig nella commis-
sione «per il riordinamento dei cataloghi», è in Arch. Bibl. 5, ff. 346r, 347r.
16 BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit., p. 248 nt. 67; R. FARINA, «Splendore Veri-

tatis gaudet Ecclesia». Leone XIII e la Biblioteca Apostolica Vaticana, in Miscellanea Bibliothecae
Apostolicae Vaticanae, XI, Città del Vaticano 2004 (Studi e testi, 423), pp. 285-370: 292 nt. 24.
17 FARINA, «Splendore Veritatis» cit., pp. 292-298. L’adesione del gesuita al «motu pro-

prio» pontificio fu sincera e completa. Indirizzando a un «Eminentissimo Principe» (forse


Pitra) delle osservazioni sul «nuovo Motu proprio pontificio» Bollig notava: «[…] questo Mo-
tuproprio mi piace assai per molte ragioni che non occorre enumerare, anzi posso assicurare
che fin qui non ne ho veduto migliore o piu bello», Arch. Bibl. 14, ff. 14r-24v: 14r.
18 La lettera di Bollig è conservata in Arch. Bibl. 7, ff. 308r-325v. Essa è costituita da 18

ff., mm 275 × 225, scritti nel recto e nel verso (con inchiostro oggi lievemente sbiadito), pagi-
nati dallo stesso Bollig con numerazione romana (I-XXXVI) nel margine superiore destro
delle pagine. La scrittura occupa solo metà delle pagine e i ff. mostrano ancora una piegatura
centrale in senso verticale. Nell’angolo superiore sinistro del f. 308r, a matita blu, è indicato:
Sulla Biblioteca Vaticana. In calce ai ff. 310r, 311r sono indicati le prime lettere o il numero
con cui incomincia la p. successiva. La trascrizione rispetta la grafia dell’originale (scritto,
non si dimentichi, da un tedesco), limitandosi a modificare in acuti alcuni accenti gravi (per
esempio, benchè è trasformato in benché; perchè è trasformato in perché; giacchè è trasforma-
to in giacché e così via); è conservato l’uso di Bollig di porre l’accento sul che dichiarativo e le
oscillazioni nell’accentuazione di alcune parole (più, già, così, talvolta con accento, talvolta
senza). Solo in pochissimi casi si è corretto un lapsus pennae, ma avvertendo dell’intervento
compiuto. Per agevolare la lettura ed eliminare incertezze, le abbreviazioni per troncamento

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540 PAOLO VIAN

Roma, 8 novembre 1879


Beatissimo Padre!
Nell’ultima Udienza che ebbi, V[ostra]. S[antità]. espresse, dietro a certe mie
parole, il suo desiderio di avere da me una relazione minuta e conscienziosa sull’in-
tero andamento della Pontificia Biblioteca Vaticana. E quando io allora, pensando,
quanti guai tali relazioni sogliano talvolta produrre a chi le ha scritte, stava esitan-
do un poco, V. S., per farmi coraggio, mi disse, la faccia con tutta la franchezza ed
io le prometto di bruciarla subito dopo averla letta19.
Eccomi dunque all’opera, B[eatissimo]. P[adre]., ed aggiungo qui soltanto, ché
essa sarà fatta in istilo non uffiziale, ma piuttosto filiale, cioè, con tutta quella
fiducia ed apertura di cuore, della quale mi sento sempre animato, ogniqualvolta
che debbo o parlare o scrivere a V. S. che amo, come il figlio suo padre, che vene-
ro, come il discepolo suo maestro e che rispetto finalmente, come il suddito suo
Superiore.
E se a V. S. facesse meraviglia, ché in questa relazione i miei proprii difetti non
spicchino abbastanza (perché ne avrò certamente), o meno di quei degli altri, La
prego di volersi far fare sullo stesso argumento relazioni esatte anche da altri che
sono occupati nella stessa Biblioteca Vaticana, affinché essi veggano e dicano quello
che io su di me non posso dire, perché, forse per amor proprio, non posso vederlo.
Premesso dunque tutto questo, comincio in nomine Domini.
1. La Pontificia Biblioteca Vaticana è senza dubbio la più grandiosa, la più bella
e la più ricca di tutte le biblioteche dell’Europa e dunque del mondo, benché più
comode sieno quella di Londra e di Monaco in Baviera. Essa è la più grandiosa per
le sue strutture, la più bella per i suoi ornamenti e la più ricca per i suoi tesori scien-
tifici e letterarii. Queste sue ricchezze spiccano il più nei suoi immensi Codici MSS
in fatto di classici antichi e medievali latini e greci sacri e profani ed anche in fatto
di classici orientali: ebraici, siriaci, arabi, copti, ma più per la letteratura ecclesia-
stica che profana. Meno spicca la sua ricchezza in classici persiani, turchi, armeni,
etiopici, amharici, georgiani, samaritani, e quasi niente possiede la B[iblioteca].
V[aticana]. in fatto di lingue indiane, come sarebbe il Sanscrito, Bengalico, Maha-
rallico, Hindostanoa, e niente affatto possiede di cose cuniformee e geroglifiche,
a Dopo Hindostano, segue, nell’originale, una x o due parentesi contrapposte accostate, di
non evidente significato; il segno, che compare un’altra volta in seguito (al nr. 25), indica
presumibilmente l’et cetera.

come V. S. [= Vostra Santità], B. P. [= Beatissimo Padre], B. V. [= Biblioteca Vaticana], e così


via, sono sciolte alla prima occorrenza ma sono conservate nelle successive.
19 La presenza dell’originale nell’Archivio della Biblioteca suscita naturalmente diversi

interrogativi e stimola alcune possibili risposte. Accantonando l’ipotesi che Bollig non abbia
inviato il testo al Papa (lo escluderebbe l’appunto nell’angolo superiore sinistro del f. 308r, a
matita blu, cfr. supra nt. 18, apposto chiaramente dal destinatario o nel suo entourage), si
potrebbe pensare che Leone XIII, proprio per tranquillizzare il gesuita, gli abbia restituito il
testo dopo averlo letto; e che esso, dopo la morte del secondo custode, sia confluito nell’Ar-
chivio della Biblioteca. La piegatura verticale dei ff. potrebbe essere la traccia della trasmis-
sione manuale del documento, senza particolari formalità. Il capoverso suggerisce inoltre
una certa consuetudine di Bollig col Papa, che prima della stesura della lettera deve aver in-
contrato il gesuita in diverse udienze.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 541

benché di quest’ultime c’è qualchecosa nel museo egiziano. Dove dunque la B. V. è


ricchissima, ivi le altre biblioteche tutte sono meno ricche, e dove queste coll’andar
del tempo sono divenute ricchissime, ivi la B. V. è rimasta stazionaria e quindi è
meno ricca assai o anche povera.
2. Per metterla dunque al livello delle altre biblioteche, si dovrebbono comprare
immensa parte di quelle cose che mancano; ma questo per adesso e forse per sem-
pre è impossibile, perché i migliori monumenti e documenti, a mesura che si scuo-
prono, sia in Egitto, sia a Ninive, sia in Africa centrale, ossia in Grecia, vengono
subito a grandi spese comprati dai diversi governi per le loro biblioteche principali,
e cosi sono perduti per la B. V.
3. Ma di quando in quando dovrebbe comprarsi qualchecosa per rianimare,
coll’arrivo di tali cose, la fama della B. V. E questa cosa anche non sarà di troppe
spese per la S. Sede, se l’affare si eseguirà nel modo che io qui voglio proporre. La
S. Sede cioè ha per mezzo della Propaganda20 i suoi Missionari in tutte le parti del
mondo, i quali sono presenti ai luoghi dove o si scavano antichità di ogni genere
o si trovano MSS di diverse lingue antiche. Or bene, questi manuscritti e quelle
antichità si comprano in quei paesi talvolta per poco danaro, parte per l’ignoranza
di quei che li tengono, e parte per la loro povertà ed il gran bisogno di danaro, in
cui si trovano. Se dunque V. Santità per mezzo della Propaganda o in altro modo
diretto o indiretto, se credesse, si scegliesse in ciascun luogo, dove sono missionari,
segretamente uno di essi che avesse sufficente capacità di distinguere almeno le
cose antiche della stazione dove dimora, quello certamente potrebbe acquistare
con poco danaro moltissime cose preziose, sia di monumenti, ossia di documenti
linguistici. Dico segretamente; perché, se il tale in quel paese fosse conosciuto per
mezzano della S. Sede, non potrebbe più a si buon prezzo comprare tali cose, spe-
cialmente da scismatici, musulmanni o pagani, i quali allora vorrebbono avere più
dalla S. Sede, per la gran fama in cui essa sta presso di loro, che dai diversi governi.
In questo modo si servono dei ministri protestanti i respettivi governi dell’Europa;
ma in questo medesimo modo anche fu acquistato poco a poco il piccolo, ben pre-
zioso, Museo Borgiano nella Propaganda, quando ivi era Prefetto il famoso Card.
Borgia21.
4. Anche potrebbono o dovrebbono tutti i Missionari che stampano nell’Oriente
ed anche nell’Occidente, per il loro amore alla S[anta]. S[ede]., esser tenuti a man-
dare di tutte le loro opere ivi stampate almeno una copia alla B. V. che è la biblio-
teca del S. Padre. Ed io sono certo, ché, se una volta fosse introdotta questa cosa,

20 La Congregazione di Propaganda Fide, istituita da Gregorio XV nel 1622. Nel 1879 era

guidata da Giovanni Simeoni quale prefetto generale e da Enea Sbarretti quale prefetto dell’e-
conomia, La gerarchia cattolica cit., p. 520.
21 Stefano Borgia (1731-1804), segretario (1770-1789) e in seguito prefetto della Congre-

gazione di Propaganda Fide, cardinale dal 1789. Sulla genesi della sua raccolta di oggetti
antichi, manoscritti e stampati, uniti dopo la sua morte alle collezioni preesistenti della Con-
gregazione di Propaganda Fide, cfr. P. ORSATTI, [Borgiani], in Guida ai fondi manoscritti,
numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, a cura di F. D’AIUTO e P. VIAN, I: Dipartimen-
to Manoscritti, Città del Vaticano 2011 (Studi e testi, 466), pp. 356-360 (con numerose indica-
zioni bibliografiche).

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542 PAOLO VIAN

tutti i missionari si farebbono un vero piacere di secondarla. Ora, per istradarla, ci


vorrebbe soltanto una parola di V. S. ai respettivi generali dei diversi ordini religio-
si che mandano i loro missionari.
5. Mettendosi in pratica questa proposta, la B. V. crescerebbe sempre più di
giusta fama presso le altre nazioni, specialmente, se non si trascurasse, come pur
troppo spesso in Roma avviene, di darne notizia al publico per mezzo dei giorna-
li. E cosi, almeno in parte, si torrebbe via una ben brutta taccia che danno alla
S. Sede, particolarmente in Germania, Inghilterra e Russia. La taccia stessa che
io medesimo ho sentita nei due primi paesi, si trova generalmente formolata in
queste parole: «Dopo ché Gregorio XVI nel Cardinal Mezzofanti22 ha mostrato che
stimava e volea rimunerare lo studio delle lingue, nel lungo regno di Pio IX non si
è fatto più niente, per incoraggiare il medesimo studio delle lingue, specialmente
orientali che appunto da 30 anni aprono un nuovo orizonte alle diverse scienze di
storia ed archeologia sacra e profana. Pare proprio, ché i papi di Roma non stimino
altra scienza che filosofia, teologia e diritto canonico, e mentre tutti gli altri governi
vanno avanti, la S. Sede rimane ostinatamente addietro».
6. Dopo aver cosi dimostrato in brevi cenni, come e perché la B. V., almeno
in qualche parte, possa e debba poco a poco arricchirsi, rimane ora a dimostrare,
come possa meglio dispensare gli attuali immensi tesori che possiede, e questo è
metter discorso sull’interna organisazione di essa.
7. In tutte le grandi biblioteche dell’Europa, che io almeno ho visitate, i libri da
esse posseduti sono, per dirlo cosi, uniformi, cioè, tutti possono essere domandati
dal dotto forestiere che vuol studiarli, e debbono essere dati (particolari casi eccet-
tuati) a chi li domanda, perché sono ivi messi appunto pell’uso del publico dotto.
Per ciò i prefetti di tali biblioteche hanno la faccenda ben facile. Essi si fanno porta-
re i libri dai loro serventi, da noi chiamati scopatori, per vedere, in che stato esterno
ed interno ciascun Codice si trovi, prime di passarlo nelle mani dello studente che
ha l’obbligo di conservarli bene; e cosi anche, quando i libri si ristituiscono; ma
d’un esame interno in quanto alla materia di cui tratta il libro non vi è questione,
perché si sa una volta per sempre, ché tutti i libri della Biblioteca possono essere
concessi a chi li domanda.
8. Al contrario va la cosa nella B. V. Ivi c’è una grande quantità di Codici com-
promettenti la stessa S. Sede, poiché trattano di cose delicatissime p[er]. e[sempio].
di legazioni non con ottimo spirito fatte, di nunziature piuttosto un po’ macchiavel-
lesche, di ben crudeli processi contro gli eretici ed altre cose non prudentemente da
pubblicarsi almeno nei tempi tristi in cui viviamo. Talvolta un tal Codice è pieno di
questa sorte di cose; e talvolta egli è un collectaneo che contiene l’un o l’altro foglio
pericoloso soltanto. Tutti questi Codici sono i più ricercati dai Protestanti o altri

22 Giuseppe Mezzofanti (1774-1849), celebre orientalista bolognese, fu primo custode

della Vaticana dal 1833 al 1838; noto per la cortesia nei confronti degli studiosi stranieri, coi
quali parlava nelle loro lingue materne, fu creato cardinale nel 1838 e fu successivamente
prefetto delle Congregazioni per la correzione dei libri orientali, per gli studi, per la correzio-
ne dei libri liturgici dei riti orientali; per le sue prodigiose conoscenze linguistiche, noto come
una «Pentecoste vivente», N. DEL RE, Mezzofanti, Giuseppe, in Enciclopedia cattolica, VIII,
Città del Vaticano 1952, coll. 927-928; BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit., pp. 213,
215, 223 nt. 55, 224 nt. 62, 226 nt. 84, 341.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 543

nemici della S. Chiesa; perché, quando possono averne qualcuno dalle mani del
Prefetto, sia per la sua incapacità di decifrare presto la paleografia in cui si trovano
scritti, ossia per la sua trascuraggine o anche pel troppo afollamento di Codici,
quando è solo, allora stampano dopo sotto quel più o meno gran brano: «ex Codice
Vaticano» tale, e l’incantesimo pel gran publico è fatto23.
9. Il mio povero consiglio dunque sarebbe di ricusare già sinb dall’anno di stu-
dio, che va ai 12. di questo mese di Novembre24 cominciare, tutti i tali Codici ai
forastieri e di farli esaminare esattamente prima da Mg. Sottobibliotecario25 che
b sin: aggiunto nell’interlineo.

23 Le valutazioni di Bollig sono sostanzialmente coerenti con quanto, qualche mese prima
(aprile-giugno 1879), aveva scritto un anonimo a proposito della consultabilità dei documen-
ti dell’Archivio Vaticano, con un tono forse ancora più istituzionale di quello del gesuita: «Non
s’intende già con questo che i documenti dell’Archivio Vaticano debbano essere comunicati
tutti indistintamente ed a chiunque ne faccia dimanda. Mai no. Anzi qui si farebbe luogo
all’uso della discrezione, prudenza ed intelligenza dell’archivista, il quale dovrebbe negare agli
immeritevoli ed indiscreti quei documenti che quantunque non disonorevoli ai papi, che non
hanno mai emanato responsi, né decreti dei quali si debbono vergognare, tuttavia o per le
circostanze dei tempi, o per la natura stessa del documento di sua natura geloso, o che vuol’es-
sere tenuto segreto, o per altra qualsiasi ragione potrebbero, se pubblicati, muover scandalo
ai pusilli ed inesperti», L. PÁSZTOR, Per la storia dell’Archivio Segreto Vaticano nei secoli XIX-
XX. La carica di Archivista della Santa Sede, 1870-1920. La prefettura di Francesco Rosi Bernar-
dini, 1877-1879, in Archivum historiae pontificiae 17 (1979), pp. 367-423: 419. Cfr. anche ibid.,
p. 397, l’accenno (1878) di Pietro Wenzel ai «documenti non ostensibili» nel suo parere a
proposito della richiesta di consultazione avanzata dal conte ungherese Alessandro Erdödy.
24 Secondo l’Index dierum quibus a Bibliothecae Vaticanane muneribus vacatio datur, pro-
mulgato dal cardinale Bibliotecario (1730-1755) Angelo Maria Querini (esemplari a stampa
dell’Index, di epoche successive, in Arch. Bibl. 7, ff. 1r, 2r, 476r), la Biblioteca era chiusa dal
16 giugno al 5 novembre; ma in novembre era poi chiusa anche nei giorni 9 (dedicazione
della basilica Lateranense), 11 (festa di s. Martino), 18 (dedicazione della basilica di S. Pie-
tro), 21 (Presentazione della Vergine Maria), 25 (festa di s. Caterina) e 30 (festa di s. Andrea).
Leone XIII aveva confermato il «calendario consueto promulgato già dal Cardinal Angelo
Quirini Bibliotecario, ed inculcato ne’ Chirografi de’ prelodati Nostri Predecessori [scil.: gli
interventi relativi alla Vaticana di Clemente XII, 24 agosto 1739; Clemente XIII, 4 agosto
1761; Pio IX, 20 ottobre 1851]», LEONE XIII, «motu proprio» Quanto grandi e provvide (9
settembre 1878), art. 44, in LEONIS XIII Pontificis Maximi Acta, I, Romae 1881, pp. 112-138:
130. Venivano però anche recepite le aggiunte di «quei giorni e quelle ore che recentemente
per le provvide cure di Pio IX di gl[oriosa]. me[moria]. furono aumentate a vantaggio degli
Studianti», art. 58, ibid., pp. 133-134. Nel dicembre 1877 Pio IX aveva infatti abolito «molte
vacanze» previste dal calendario quiriniano e aveva esteso da tre a quattro ore quelle quoti-
dianamente disponibili per le consultazioni degli studiosi, cfr. la «memoria» del primo custo-
de Stefano Ciccolini, Intorno allo Stato ed ai Bisogni della Biblioteca Apostolica Vaticana, 24
novembre 1883, Arch. Bibl. 7, ff. 340r-425v: 344v, 346r (versione a stampa); ff. 426r-467v:
436r (stesura manoscritta).
25 Sotto-Bibliotecario, dal 7 luglio 1879, era (e lo sarebbe stato sino al 20 agosto 1880)
Alfonso Capecelatro di Castelpagano (1824-1912), oratoriano, poi (1880) arcivescovo di Ca-
pua, cardinale (1885) e Bibliotecario di S.R.C., dal 1890 alla morte; cfr. FARINA, «Splendore
veritatis» cit., p. 309 e nt. 96 e passim; F. MALGERI, Capecelatro, Alfonso, in Dizionario biogra-
fico degli italiani, XVIII, Roma 1975, pp. 435-439. Forse non è priva di ironica, sottile polemi-
ca la notazione a suo riguardo che segue: «[…] che non ha altro da fare […]».

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544 PAOLO VIAN

non ha altro da fare e da uno dei due Prefetti26 e poi da uno degli adetti dell’Archi-
vio segreto, per conferire così seriamente sul pericolo o non-pericolo del Codice.
Questo triplice esame maturo mi par essere tanto più necessario, ché molti di quei
Codici sono di un pericolo dubbioso, cioè, a una forse parrà, ché possano darsi
senza pericolo, ed a un altro parrà il contrario. Toccherebbe per se questo lavoro
ai respettivi Scrittori; ma prevedendo, ché allora niente si conchiuderà per anni e
anni, ho messo uno dei Prefetti ed il Sottobibliotecario dal lato della B. V., a cui i
Codici fin adesso apartengono, e ho messo uno dell’Archivio, perché sono persuaso,
ché tali Codici, secondo la natura loro, debbono essere incorporati all’Archivio e
non rimanere più oltre nella Biblioteca. Molti di essi si conoscono presto; perché
io almeno ho, ogni qual volta dovetti ricusarne uno, fatto una piccola croce sopra
di lui, per riconoscerloc un altra volta subito27. Ma certamente fra tante migliaje
non tutti mi sono capitati in mano, e per ciò ci vuol quell’esame. Quel Prefetto però
che deve fare questo lungo e tedioso lavoro paleografico dovrebbe esser dispensa-
to dalla sua presenza nella sala di studio, potendosi fare l’esame nella prima sala
dell’Archivio segreto28, per non esser inutilmente o anche curiosamente da altri
al posto suo nello Studio impedito. Ai forestieri che tali Codici domandassero si
potrebbe dire, che per adesso non si danno per motivo di riorganizazione d’una
grande parte della B. V. allo scopo della confezione dei catalogi da stamparsi, il che
è la brama di tutti i forestieri29.
10. In fatto, la preparazione dei Cataloghi per la stampa è una cosa di somma
importanza, ed io vorrei, per l’ardente brama che ho di vedere il già glorioso pon-
tificato di V. S. sempre più glorificato, ché sotto gli auspizi di Essa un si bel lavoro
scientifico fosse condotto a fine. Tutto il mondo dotto lo desidera, e questo tanto di
più, ché tutte le altre biblioteche dell’Europa hanno i loro catalogi stampati. Ed in
quanto alle spese da farsi per la stampa, non è da pensarvi; perché sono certissimo,
ché tutte le biblioteche di Universitàd, Academie, Archivi, Istituti ed un immenso
numero di Dotti debbono comprarsegli, e cosi, dopo le spese fatte, rimarrà anche

c riconoscerlo: ri- aggiunto in un secondo momento.


d Nell’originale, la parola Università è a cavallo tra il f. 312r e il f. 312v [= pp. IX-X]; le sue
prime lettere Uni- sono poi ripetute al f. 312v con la parola intera.
26I due prefetti erano Pio Martinucci (cfr. infra) e lo stesso Bollig.
27Queste piccole croci apposte da Bollig sui codici (presumibilmente sul dorso, sul piat-
to anteriore della legatura o nei primi fogli) per segnalarne la delicatezza del contenuto e in-
dicarne dunque la non consultabilità vanno identificate.
28 La «prima sala» potrebbe essere quella che viene segnalata come «Antica sala da studio
dell’Archivio» e contrassegnata dalla lettera P nella pianta della biblioteca Leonina pubblica-
ta da A. Sacco nel 1893 e ripubblicata in FARINA, «Splendore Veritatis» cit., p. 313 (e ora in A.
RITA, La Biblioteca Vaticana nelle sue architetture. Un disegno storico […], in Biblioteca Apo-
stolica Vaticana. Libri e luoghi all’inizio del terzo millennio […], Città del Vaticano 2011, pp.
71-124: 100); era parallela alla «Nuova sala da studio», nella pianta contrassegnata con la
lettera Q. Questa «Antica sala da studio dell’Archivio» potrebbe essere quella allestita nel
1880 ma ufficialmente inaugurata solo nel gennaio 1881, cfr. PÁSZTOR, Per la storia dell’Archi-
vio Segreto Vaticano cit., pp. 372-374.
29 Si noterà l’accortezza maliziosa della scusa che, sottraendo alcuni codici alla consulta-
zione pubblica, adduceva una motivazione che non poteva non essere gradita ai delusi.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 545

un bell’avanzo di danaro per la B. V. Soltanto dovrebbe cominciarsi dai catalogi


latini, che sono naturalmente i più ricercati, poi passare ai greci e finire cogli orien-
tali30. Ed in quest’occasione della stampa si farebbe quella sudetta purga dei Codici
periculosi senza il minimo strepito. Il vantaggio che da tale lavoro risulterebbe per
i Prefetti sarebbe incalcolabilee; perché, non essendo essi più obbligati, come è il
caso adesso, di cercare per ogni forestiere, che si presenta piu di una volta la mat-
tina, nei catalogi scritti, potrebbono con assai più facilità ed esattezza survegliare
lo Studio e forse anche fare qualchecosa per i proprii studii.
11. Ma i catalogi attuali della B. Vat. non possono mica stamparsi tali quali
sono; perché in parte sono troppo ampii per i grandi brani che portano secondo
l’antico sistema, ormai del tutto abandonato, ed in parte sono troppo magri di
notizie per la superficialità e leggerezza colle quali furono fatti e specialmente gli
ultimi che ha fatti, dietro ad antiche schedule, il Sg De Rossi31. Tutti e singoli
Codici debbono essere confrontati coi Cataloghi attuali, affinché non stia poi nel
catalogo nuovo quello che non c’è in biblioteca, sapendosi già, ché non tutti i Codici
ritornarono da Parigi32, benché forse stieno notati nei cataloghi33. Per fare bene poi

e Orig. incalcalabile.

30 Dunque seguendo un procedimento inverso a quello adottato dagli Assemani che, col

loro Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codicum Manuscriptorum Catalogus (1756-1759),


avevano incominciato con i manoscritti orientali senza però andare oltre.
31 Da registrare la puntata polemica contro Giovanni Battista De Rossi (1822-1894), che

dal 1851 era scriptor latino (soprannumerario dal 1844), direttore del Museo Sacro (dal 1878)
e nel 1880 sarebbe divenuto segretario della Commissione per la pubblicazione dei cataloghi;
dagli inizi degli anni Cinquanta De Rossi aveva diretto il lavoro che avrebbe condotto, nel giro
di pochi anni (1856-1882), al rifacimento o alla compilazione dei tomi VIII, X-XIII dell’Inven-
tarium dei Vaticani latini (per i Vat. lat. 6459-7058, 7245-9851), e alla preparazione dei rela-
tivi indici; cfr. BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit., pp. 217, 229 nt. 109, 231, 234,
236, 237, 238, 243 nt. 10, 250 nt. 81 e s.v. in indice; A. MANFREDI, Vaticani latini, in Guida ai
fondi cit., I, pp. 623-640: 638-639. A dimostrazione di una scarsa confidenza fra i due, non vi
sono messaggi di Bollig nei Carteggi di De Rossi (Vat. lat. 14238-14298). Una valutazione
decisamente positiva dell’operato di De Rossi diede invece il primo custode Stefano Ciccolini
nella memoria del 24 novembre 1883, cfr. P. VIAN, «Una sede conveniente, commoda, definiti-
va degli stampati». Un progetto di Giovanni Battista De Rossi per l’ampliamento della Biblioteca
Vaticana (7 maggio 1885), in Vaticana et medievalia. Études en l’honneur de Louis Duval-Ar-
nould, réunies par J. M. MARTIN, B. MARTIN-HISARD et A. PARAVICINI BAGLIANI, Firenze 2008
(Millennio medievale, 71; Strumenti e studi, n.s., 16), pp. 473-486: 478 nt. 17.
32 Per stime numeriche sui manoscritti non rientrati da Parigi, cfr. BIGNAMI ODIER, La

Bibliothèque Vaticane cit., p. 189; P. VIAN, «Per le cose della patria nostra». Lettere inedite di
Luigi Angeloni e Marino Marini sul recupero dei manoscritti vaticani a Parigi (1816-1819), in
Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2011 (Studi e testi,
469), pp. 693-799: 745 nt. 222.
33 In effetti nell’inventario manoscritto dei Vaticani latini si trovano talvolta note margi-

nali che indicano la consegna ai Francesi di alcuni manoscritti e talvolta la loro restituzione
o mancata restituzione. Cfr., per esempio, nel quarto tomo dell’inventario, relativo ai Vat. lat.
2142-3915, le indicazioni accanto alle descrizioni dei Vat. lat. 3003 (Dato ai Francesi / ricupe-
rato), 3027 (Dato ai Francesi), 3096 (Dato ai Francesi), 3101 (Dato ai Francesi), 3102 (Dato ai
Francesi), 3198 (Dato ai Francesi), 3202 (Dato ai Francesi / ricuperato), 3203 (Dato ai Francesi

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546 PAOLO VIAN

questi nuovi catalogi, bisogna farli, come adesso il mondo dotto, che ha anche la
sua moda, li desidera, e come in realtà la più gran parte delle biblioteche Europee,
chi con più e chi con meno perfezione e buona riuscita, li ha fatto fare. Il più per-
fetto di tutti i catalogi si stima quello di Monaco in Baviera34 che fu fatto sotto la
direzione del celebre Dr Halm35, mio amico, che fu nel principio di quest’anno qui
in Roma e mi regalò, dietro a un mio cenno, tutti i 6 o 7 voll. dei loro cataloghi ric-
camente legati per la nostra Bibl. Vat.36 Questi catalogi sarebbono il vero modello
per i nostri da farsi.
12. Ma il prepararli per la stampa non è mica l’opera di uno, ce ne vogliono più,
benché uno ne dev’essere il direttore che ordina e sorveglia il tutto, giacché una cosi
detta com[m]issione di molti imbroglia il lavoro e non gli da la disiderata uniformi-
tà37. In quanto ai singoli collaboratori che ci vorrebbono, corre il primo pensiero

/ ricuperato), 3204 (Dato ai Francesi /, e non più ricuperato. Oggi reca il numero 12473 nella
Bibliot. Nazion. di Parigi. I. Carini), Vat. lat. 15349 (4), pp. 248, 253, 273, 275, 277, 297, 298.
34 Dal 1868 era stato pubblicato il Catalogus codicum Latinorum Bibliothecae regiae Mo-

nacensis (complessivamente sette volumi, usciti sino al 1881, paralleli alla catalogazione dei
manoscritti greci, orientali e in lingue germaniche e neolatine) per impulso e sotto la direzio-
ne di Karl Felix Halm, «basandosi sulle descrizioni precedenti, ma rivedendo i codici, preci-
sando alcuni dati ed aggiungendone altri, e soprattutto abbondando negli indici, fra i quali
quello delle “res” è assai riccamente articolato. Nella breve premessa dell’opera, lo Halm
giustificava con la mancanza di tempo sufficiente a descrivere convenientemente i circa
15.000 codici della raccolta a lui affidata la scelta della formula inventariale, criticando aper-
tamente il catalogatore che “vanae gloriolae cupiditate inflatus” desidera effondere la sua
erudizione in ampie descrizioni», A. PETRUCCI, La descrizione del manoscritto. Storia, proble-
mi, modelli, Roma 20012 (Beni culturali, 24), p. 30.
35 Karl Felix Halm (1809-1882), filologo classico, dal 1856 direttore della Hof- und

Staatsbibliothek di Monaco di Baviera e docente in quella università. Con Johann Georg


Baiter rifece, per le Orationes, la grande edizione ciceroniana di Orelli. Ma fu anche attivissi-
mo editore di testi di età imperiale, cfr. W. CHRIST – G. LAUBMANN, Halm, Karl Felix, in Allge-
meine Deutsche Biographie, XLIX, Leipzig 1904, pp. 723-731; M. PAUER, Halm, Karl Felix
Ritter v., in Neue Deutsche Biographie, VII, Berlin 1966, pp. 570-571.
36 Halm dovette donare a Bollig, nel 1879, tutti i cataloghi (o buona parte di essi) della

Bayerische Staatsbibliothek sino allora pubblicati, in tutto quattordici volumi usciti fra il
1866 e il 1879 che recano oggi legature piuttosto ordinarie, probabilmente vaticane [Catal.
Germania. II. München 3]. Su un f. di guardia dell’esemplare vaticano della prima parte del
primo tomo, relativo ai manoscritti ebraici descritti da Moritz Steinschneider (München
1875), vi è la dedica autografa di Halm: «Bibliothecae Vaticanae / hoc exemplum sacrum esse
voluit / Carolus Halm bibliothecae Monacensis praefectus / Romae in Capitolio die XVIII. m.
April. a. 1879».
37 Anche quest’accenno è palesemente polemico. Bollig contesta dunque l’utilità di una

commissione per lo studio della questione dei cataloghi, istituita però poco dopo da Leone
XIII, e attiva dal 1880, chiamandovi a farvi parte Giovanni Battista De Rossi, lo stesso Bollig,
Giuseppe Cozza Luzi, Stefano Ciccolini, Agostino Ciasca ed Henry Stevenson senior. La Com-
missione operò sino al 1897 e quindi Bollig vi partecipò per quindici anni ma, a giudicare da
quanto scritto nella lettera, con poca convinzione. Sulla Commissione, BIGNAMI ODIER, La
Bibliothèque cit., p. 237; FARINA, «Splendore Veritatis» cit., pp. 320-321. Come si è visto (cfr.
supra e nt. 15), poco dopo la lettera, il 19 dicembre 1879, Bollig fu nominato membro della
Commissione «per il riordinamento dei cataloghi».

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 547

ai nostri Scrittori, ma, per dirlo schiettamente, mi troverei molto impicciato, se


dovessi, senz’avervi maturamente pensato, nominarnef ig più adattati. Comunque
sia, un lavoro di tanta lena non si può esigere da loro gratuitamente, perché ci
vuole molto tempo e molta fatica. Però questo danaro si troverebbe dai non più
rimpiazzati Scrittori Vaticani, come lo spiegherò dopo. Se io poi potrò servire o
al Direttore che si sceglierà, o ai Collaboratori, che si destineranno, lo farò con
molto piacere, giacché dal Dr Halm mi sono fatto spiegare ogni cosa minutamente.
Qui però credo inopportuno di spiegarmi di piu, per non annoiare V. S. con lunga
scrittura inutilmente. –
13. A me pare, ché io, dopo avere fin qui a sufficenza parlato delle cose della
B. V., ora debba anche parlare delle persone che ivi dalla S. V. sono impiegate.
E questo certamente un capitolo molto delicato, e per verità, se io, senza nuoce-
re all’integrità della relazione, ne potessi far meno, sarei contento assai. Ma non
potendosi fare questo, cercherò almeno del mio meglio di essere cauto nelle mie
parole e di regolarmi in tutto quel che dirò esattamente secondo la mia conoscenza
e coscienza, affinché non faccia male a nessuno che non l’ha meritato. La verità
però deve starmi sopra ogni cosa.
14. Il Sign. Cardinal Bibliotecario38 è, come tutti sanno, un uomo di eccellente
cuore, di ottima volontà ed anche di molta mente per certi suoi studii, per quanto
ho sempre sentito dire. Di propria sperienza non posso dirlo. Ma come Biblioteca-
rio non produrrà mai un’epoca d’oro o d’argento per la B. V. per molte ragioni delle
quali ne dirò alcune. Prima di tutto egli non ha mente organisatrice; vorrebbe fare e
non sa che cosa fare; vorrebbe dare slancio e non sa, dove spingere; non sa trovare
i veri difetti che esistono e prende piccoli, insignificanti per grandi ed importanti;
molto meno dunque sa scegliere i veri mezzi per correggerli. Poi è, secondo me, uno
di quei Dotti che non hanno sperienza di vita, e per questo sbaglia facilissimamente
nel discernere i veri caratteri di coloro che vengono da lui, per essere raccomandati
alla Bibl. o nella Bibl., il che produce non piccoli sconci nella sala di studio, quando
i Prefetti credono di non poter dare un Codice ad uno che loro è stato caldissima-
mente raccomandato dal Sig. Bibliotecario. Pel terzo, egli non ha un carattere fer-
mo, stabile, sempre uguale, e cosi confonde le teste ed i cuori di quei che debbono
trattare con lui; perché oggi p. e. mostra ad uno dei sudditi un’affabilità, una dol-
cezza di cui non si capisce il perché, e domani gli mostra un muso cosi duro ed una
severità cosi acerba che molto meno se ne capisce la ragione. Pel quarto finalmente
riferisce troppo tutte le cose alla sua propria persona; ama perciò molto certi com-
plimenti banali ed anche adulazioncelle a se fatte; desidera assai dai diversi sudditi
relazioni superflue sopra gli altri, cosa che un carattere leale e legitimamente inde-
pendente non può fare, senza avilir se stesso. Quando perciò uno gli ha servito per
f nominarne: la seconda n è aggiunta nell’interlineo.
g L’articolo, che si trova in fondo al f. 313r [= p. XI], è ripetuto all’inizio del f. 313v
[= p. XII].
38 Su Jean-Baptiste Pitra (1812-1889), cardinale Bibliotecario dal 19 gennaio 1869 al 9

febbraio 1889, sul suo problematico rapporto con Leone XIII e sulle motivazioni profonde
dei dissensi fra i due, cfr. FARINA, «Splendore Veritatis» cit., pp. 298-303 e passim, con nume-
rose indicazioni bibliografiche.

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548 PAOLO VIAN

qualche tempo con quelle e somiglianti cosette, allora egli prende per un tale fuoco
d’amore, gli vuol bene alla cieca, lo loda sperticatamente, lo raccomanda dovunque
può e lo preferisce a tutti gli altri. Ma chi non lo serve in quel modo, sta male con
lui davvero, lo trova contra di se quasi sempre, non può più fargli niente bene ed a
occasione si vede vendicato da lui benino. Della prima classe p. e. è il Sig. De Rossi
e Stevenson39 e della seconda Mg. Martinucci40 ed io. E tanto basti sul carattere
personale ed officiale dell’E(minentissi)mo Sig. Bibliotecario.
15. In quanto poi al di lui modo di agire da Bibliotecario, si può dire ché fin
adesso il tutto si restringe al suo congresso mensile41 col Sottobibliotecario ed il

39 Henry Stevenson senior (1818-1890), anglicano convertito al cattolicesimo nel 1854,


trasferitosi nel 1865 a Roma ove conobbe Pitra al quale rimase sempre molto legato; scriptor
greco dal 22 novembre 1879, fu autore dei cataloghi dei manoscritti Palatini greci (1885), dei
Reginensi greci e di Pio II (1888) e degli Urbinati greci (poi rifatto da Cosimo Stornajolo,
1895); padre di Henry Stevenson iunior (1854-1898), che fu anche lui scriptor greco, BIGNAMI
ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit., p. 249 nt. 70 e s.v. in indice. L’amicizia di De Rossi con
Pitra, monaco di Solesmes, era di antica data e risaliva almeno agli inizi degli anni Cinquan-
ta, nell’ambito del profondo legame dell’archeologo romano con l’abbazia francese e con l’a-
bate Prosper Guéranger. De Rossi era fra i sottoscrittori dello Spicilegium Solesmense di Pi-
tra. Il 17 agosto 1856, in lettera a Guéranger, De Rossi definì Pitra «votre incomparable Pitra»
[C. JOHNSON, Liturgie et archéologie. Deux fondateurs: Prosper Guéranger OSB et G.B. De Rossi.
Documents inédits, Roma 2003 (Bibliotheca «Ephemerides Liturgicae». Subsidia, 124), p.
99]. E Pitra sarà, per questioni erudite e non, il personaggio più frequentemente citato nella
corrispondenza fra De Rossi e Guéranger, cfr. ibid., s.v. in indice, p. 256.
40 Pio Martinucci († 1884 ca.), nipote di Giuseppe Baldi (che fu secondo custode della
Vaticana fra il 1818 e il 1831), figlio dell’architetto dei Sacri Palazzi Apostolici, maestro delle
cerimonie pontificie, fu secondo custode dal 17 dicembre 1850 e primo custode dal 13 luglio
1876 al 23 marzo 1880. «Uomo bizzarro e di temperamento collerico», fu per un trentennio
una figura determinante in Vaticana, soprattutto durante il pontificato di Pio IX (di cui ispi-
rò e stese il «motu proprio» del 20 ottobre 1851 relativo alla Biblioteca), in concomitanza con
l’apatica protocustodia di Alessandro Asinari di San Marzano (cfr. infra); ebbe difficili rap-
porti, prima che con Pitra, con Angelo Mai; cfr. N. VIAN, Bibliotecari della Vaticana, un secolo
fa, in Almanacco dei bibliotecari italiani, [III], Roma 1954, pp. 165-171 [ristampato in N. VIAN,
Figure della Vaticana e altri scritti. Uomini, libri e biblioteche, a cura di P. VIAN, Città del Vati-
cano 2005 (Studi e testi, 424), pp. 41-47]: 169-170 [45-46]; ID., Biblioteche romane prima del
‘70, in Almanacco dei bibliotecari italiani, [XXI], Roma 1972, pp. 135-143 [ristampato in VIAN,
Figure della Vaticana cit., pp. 59-67]: 143 [67]; BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit.,
pp. 212, 214, 225 nt. 70, 231-232, 236, 243 nt. 11, 343, e s.v. in indice. In seguito Bollig si ri-
ferirà spesso al primo custode con la sola iniziale o con le prime lettere del cognome, acco-
state alle iniziali del titolo, che può comparire anche da solo (M, Mg. M. / Mg. M, Mg. Mart. /
Mg Mart., Mg.). Martinucci è spesso ricordato in corrispondenze e diari di visitatori della
Vaticana. Il 6 dicembre 1851 l’allora secondo custode mostrò all’abate di Solesmes Guéran-
ger, in visita alla Vaticana, i manoscritti più celebri. Guéranger incontrò nuovamente Marti-
nucci il 16 gennaio 1852 in Vaticana, ove si era recato per consultare i manoscritti di Pier
Luigi Galletti a proposito di S. Cecilia, cfr. JOHNSON, Liturgie et archéologie cit., pp. 16-17, 20.
Cfr. anche C. GUASTI, Roma, aprile 1869. Diario di viaggio, a cura di N. VIAN, Roma 1970 (Col-
lectanea urbana, 8), pp. 56-57, 74.
41 Il «motu proprio» di Leone XIII non prescriveva lo svolgimento di un «congresso men-
sile» del cardinale Bibliotecario col sotto-Bibliotecario e i due custodi; ma all’art. 24 si accen-
nava a una sinergia istituzionale fra le diverse figure: «Il Sotto-Bibliotecario interverrà sem-

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 549

primo e secondo prefetto. Ma il modo in che lo tiene a me non piace. Egli in esso
parla quasi sempre solo, proponendo ogni volta 3, 4 o 5 punti nuovi che sviluppa,
senza entrare in discussione cogli altri, come si suole in ogni congresso42. Quei
punti si notano nella loro quintessenza da me che sono il segretario, si raccoman-
dano a Mg Mart. come al 1. Prefetto per l’esecuzione ed ecco il congresso in so-
stanza è fatto, perché per appendice s’iscrivano ancora dal Sottobibliotecario i libri
ricevuti in dono43. Dopo il congresso io do il protocollo a Sua Eminenza che lo fa
copiare, non so perché e con che diritto, dal suo domestico francese44, lo mette ad
acta nell’Archivio, e Mg. Mart. non ne eseguisce nulla, il Sig. Card. dopo non se ne
informa più e le cose della B. V. rimangono nel loro medesimo stadio, come prima,
quando non si faceano congressi. Alcune di quelle cose proposte in congresso dal
Sg. Card. sono giuste e dovrebbono veramente eseguirsi dal 1. Prefetto e non da
me che sono il 2., da lui dependente. Ma il male è, ché la maggior parte delle cose
che propone non sono o ragionevoli o opportune. Irragionevole p. e. ed inoppor-
tuno insieme era, quando propose, ché noi Prefetti passassimo per tutta la Bibl.
ad esaminare le migliaia di MSS per vedere, quali di essi avessero delle noterelle
marginali45. Mg.46 allora, come del solito, stava zitto e lo lasciavah dire, ma io gli

h Orig. lasciave.

pre negli atti o consultazioni, a cui col Cardinal Bibliotecario intervengono i Custodi»,
Quanto grandi e provvide cit., p. 123. Sarà il Regolamento del 1885 a istituire il «Congresso»,
che si sarebbe riunito il primo lunedì di ogni mese e al quale avrebbero partecipato, sotto
l’«alta presidenza» del cardinale Bibliotecario, i sotto-Bibliotecari (per la parte economica e
disciplinare e per quella scientifica e monumentale), i due prefetti, due membri nominati dal
Papa fra gli scrittori ordinari ed emeriti e il segretario, FARINA, «Splendore Veritatis» cit.,
p. 295 e nt. 36. Ma evidentemente la prassi, come di frequente accade, precedeva la regola.
42 L’indicazione corrisponde alla concezione che del ruolo del Bibliotecario in Vaticana
aveva Pitra, che lo sentiva minacciato e ridimensionato dalle riforme leonine, cfr. FARINA,
«Splendore Veritatis» cit., pp. 302-303.
43 La lista dei libri ricevuti in dono serviva probabilmente per la preparazione delle lette-
re di ringraziamento che il cardinale Bibliotecario doveva spedire; sull’argomento Bollig si
soffermò subito dopo.
44 Probabilmente da non identificare con Albert Battandier, che di Pitra fu segretario e
biografo.
45 L’accenno, apparentemente assurdo, diviene comprensibile alla luce di un passo della
memoria di Giovanni Battista De Rossi che suggeriva, fra i compiti più urgenti da eseguire,
quello di identificare, fra i manoscritti ma anche e soprattutto fra gli stampati, i «postillati»
di uomini dotti («segnatamente dei preziosissimi raccolti da Fulvio Orsini» per costituire un
«fondo speciale da porre in seguito a quello dei codici»), una straordinaria risorsa per la
storia dell’erudizione e della tradizione dei testi, VIAN, «Una sede conveniente, commoda, de-
finitiva degli stampati» cit., pp. 480, 482. Si aggiunga che «nelle prime settimane dell’occupa-
zione piemontese di Roma, Martinucci aveva promosso una vendita a librai romani di stam-
pati posseduti dalla Vaticana in duplice copia ma anche di un certo numero di volumi con
postille di dotti»; venuto a conoscenza del fatto Pitra aveva aperto un’inchiesta, bloccato la
vendita e recuperato i volumi, FARINA, «Splendore Veritatis» cit., p. 291. Insomma, la sensibi-
lità al problema dei postillati in Biblioteca Vaticana, fra gli anni Settanta e Ottanta del XIX
secolo, era molto viva.
46 Si tratta, come si è anticipato, di Martinucci.

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dissi, ché tal cosa non potea farsi in nessuna mattina a cagione dello studio al quale
dovessimo assistere. E quando ci disse, ché lo dovevamo fare il dopopranzo, io gli
risposi, ché io ogni dopopranzo avea scuola; e lui conchiuse, ché io come secondo
prefetto della Bibl. Vat. dovessi lasciare la scuola e nell’Apollinare e nel Collegio
Germanico47. Sentito questo, mi tacqui anch’io. Tutte quelle proposte fatte con
mancanza di senso pratico rovinano la stima di quello che propone ed allettano
pur troppo anche a trascurare le poche altre che sarebbono buone. La sua smania
è di voler adossare tutto ai due prefetti che già da se hanno sulle spalle e la più
grande fatica e la più grande responsabilità. Quando io gli dissi una volta, ché tali
cose sarebbono piuttosto il penso dei respettivi Sgg. Scrittori, cominciò a scusarli
quasi tutti di fila chi per un e chi per un altro motivo. Bene, in fine, sarebbe anco-
ra, ché l’E(minentissi)mo Sg Bibliotecario ci desse un buon esempio nell’eseguire
fedelmente gli ordini del Superiore. Ma in questo egli manca non di rado, e, per
provarlo, addurrò qui soltanto due cose che mi vengono appunto in mente. Pel
primo dunque sta nel Motu proprio di V. Santità, ché il Sg Bibliotecario dovrebbe
darci per mezzo del Sottobibliotecario la lista dei Codici che tiene per uso proprio
in camera sua, affinché noi nello Studio non fossimo in perplessità avanti i fore-
stieri, quando, dopo lungo cercare un Codice inutilmente, non sappiamo più dove
volgere la testa per trovarlo, mentre S. Em. lo tiene chiuso nel suo armario48. Ora
fin adesso non ci ha data mai quella lista di una quasi quarantina di Codd. che tie-
ne, con tutto quello ché il Sottobibliotecario passato, l’E(minentissi)mo Sg. fratello
di V. S.49, dietro alle mie istanze gliela abbia domandata ben tre volte. E due volte
ché io gli mandai lo scopatore per domandare, se avesse il tal Codice si è inquieta-

47Nel 1879 dunque Bollig teneva ancora dei corsi nel Seminario Romano, che aveva sede
nel palazzo accanto alla chiesa di S. Apollinare (nei pressi di piazza Navona), e al Collegio
Germanico; quest’ultimo dal 1853 al 1886 (dunque nel momento in cui Bollig scriveva) aveva
sede nel Palazzo Gabrielli-Borromeo, in Via del Seminario (fra il Pantheon e Piazza S. Igna-
zio), quindi a non molta distanza dal Palazzo dell’Apollinare (ove aveva avuto sede nel Sette-
cento).
48 L’art. 5 del «motu proprio» leonino prevedeva che dei codici estratti dagli armadi «per

uso degli Studianti estranei […] ovvero per uso degli Scrittori e di altri Officiali della Biblio-
teca» i custodi tenessero «accurato apposito registro», con l’indicazione del titolo e della se-
gnatura del manoscritto, il nome di colui che lo prendeva in consegna e la data. «Il Cardinal
Bibliotecario darà esso stesso la nota di quelli che ritenga per uso proprio al Sotto-Bibliote-
cario, affinché serva di norma ai Custodi», Quanto grandi e provvide cit., p. 117.
49 Giuseppe Pecci (1807-1890), fratello maggiore di Gioacchino, gesuita nel 1842, sacer-

dote secolare dopo il 1848, cardinale dal 12 maggio 1879, rientrò nella Compagnia di Gesù «nel
1889 con ovvia gioia del papa», G. MARTINA, Storia della Compagnia di Gesù in Italia (1814-
1983), Brescia 2003 (Storia, 1), pp. 85-86. Insegnante di teologia nel seminario perugino
(1849-1859), dal 1860 si trasferì a Roma, ove proseguì l’insegnamento teologico e divenne fra
l’altro membro (come Bollig) della commissione preparatoria del Vaticano I; fu esponente del
rilancio teologico del tomismo nelle scuole cattoliche (avendo un ruolo nella stesura dell’en-
ciclica Aeterni Patris, 4 agosto 1879); il 9 settembre 1878 Leone XIII lo nominò vice-Bibliote-
cario o sotto-Bibliotecario, incarico però ricoperto solo per alcuni mesi perché il 7 luglio 1879
(quindi pochi mesi prima della lettera di Bollig) fu sostituito da Alfonso Capecelatro, BIGNAMI
ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit., pp. 235, 246 nt. 50; M. DE CAMILLIS – C. TESTORE, Pecci,
Giuseppe, in Enciclopedia cattolica, IX, Città del Vaticano 1952, coll. 1041-1042.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 551

to contro di me per la seccatura che gli facessi, ma mandò il Codice cercato. Cosi
ancora, e questo è il secondo che voleva dire, dovrebbe il Sg. Bibliot. ringraziare a
quelle Università o Academie o Istituti o persone private ma distinte, che donano
libri alla B. V.50 Or bene, questo da lui non si fà, se non sono mandati insieme con
una lettera a lui stesso. Di la viene, ché moltissimi libri, anzi la maggiore parte di
essi, vengono, senza una tal lettera, in dono alla Bibl. V. generalmente sotto l’indi-
rizzo di «amministrazione» o «direzione», e nessuno di noi tutti scrive al donatore
anche una parola di ringraziamento, perché nessuno fuori del Sig. Card. Bibl. crede
di averne un’obbligo. Ed in questa maniera la B. V. non solo fa la più triste figura
del mondo colla sua inurbanità ed ingratitudine, ma anche, in conseguenza di essa,
diminuisce di giorno in giorno il numero di quei che vogliono mandare tali doni
che sono generalmente di gran valore alla B. Vat. –
16. Di Mg. Capecelatro che è il nuovo Sottobibliotecario non posso dire niente,
perché fin adesso non ho parlato con lui che di passaggio. Alla mia visita personale
che gli ho fatta senza trovarlo in casa egli ha creduto bene di rispondere con un
viglietto di visita che mi mandò colla posta51.
17. Il primo Prefetto, Mg. Martinucci è un ottimo uomo e buonissimo sacerdote
che ha meritato sempre la mia sincera stima. Egli nondimeno ha il carattere tutto
suo, piuttosto cupo e calcolante, con certe sue pretenzioni, che generalmente si
tengonoi nascoste, ma vengono fuori al tempo loro. Adesso, sotto il Pontificato di
V. S. egli mi par esser abachiato o avilito, e non di rado sento da lui, ché egli in
alto non è più appoggiato. Ma questo me lo spiego facilmente, perché prima era
forse un po’ troppo appoggiato52. Allora era quasi independente in Biblioteca, fa-
cea quel che volea, giacché nessuno era sopra di lui, o almeno lo lasciavano fare,
come se fosse così. Ed appunto in questa sua antica abitudine di agire da se, senza
badare molto agli altri, consiste per Mg. Mart. l’immensa difficoltà che sente di
accomodarsi col Cardinal Bibliotecario. Quello che era prima in lui virtù è dive-
nuto adesso vizio. Perché non si può negare, ed io, allora Scrittore, l’ho ammirato
molte volte, sotto il 1. Prefetto Mg. Di Sanmerzano53, che non facea propriamente
i tengono: -no aggiunto in un secondo momento.

50 «Appartiene al Cardinal Bibliotecario il rispondere ai Principi ed alle Accademie che

mandino lettere o facciano doni alla Biblioteca. La risposta però n’è riservata al Cardinal
Segretario di Stato, se le lettere siano state indirizzate al Cardinale medesimo, o i doni siano
stati fatti per mezzo di lui», Quanto grandi e provvide cit., p. 122 (art. 19).
51 La valutazione di Bollig a proposito del «nuovo Sottobibliotecario» sembra molto cau-

ta e prudente, indizio di una mancanza di conoscenza personale. Ma cfr. anche la notazione


a suo riguardo, forse non priva di ironica polemica, all’inizio del paragrafo 9.
52 Ben noti sono gli stretti e frequenti rapporti fra Martinucci, Pio IX e il suo segretario

di Stato, Giacomo Antonelli, ai quali furono indirizzati numerosi memoriali (all’inizio contro
le improprie abitudini del card. Angelo Mai), BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit.,
pp. 214, 225 nt. 70, 232, 236.
53 Il conte Alessandro Asinari di San Marzano (1795-1876), della grande famiglia pie-

montese, nunzio alla corte del Belgio fra il 1846 e il 1850 (ma in realtà a disposizione della
Santa Sede a Roma dal 19 ottobre 1848), fu primo custode della Vaticana dal 27 giugno 1853
alla morte, lasciando per testamento la sua biblioteca e diversi oggetti alla Vaticana, VIAN,
Bibliotecari della Vaticana cit., pp. 168-170 [44-46]; BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane

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552 PAOLO VIAN

nullak per la B. V., Mg. Mart. facea tutto, e guail se egli allora non avesse mostrata
una si grande attività; e questo era quello che io chiamava virtù. Ma adesso, ché ha
sopra di se il Sg. Cardinale come Bibliotecario effettivo, e non di solo nome, come
prima, egli non vorrebbe più far niente fuori del sommamente necessario, e niente
che se gli ordina gli va bene, perché non l’ha ordinato lui; e questo è quello che io
chiamava vizio. Il carattere di Mg. M. è un po’ troppo assoluto, se di natura, o per
l’abitudine divenuto cosi, non lo so. Il suo principio attuale mi pare, che sia questo:
lasciare cantare gli altri e fare intanto quello che crede lui. Cosi, come credo di aver
già accennato di sopra, nel Congresso che teniamo col Sg. Card. Bibl., egli sente
in apparenza umilissimamente tutto quello che l’E(minentissi)mo vuol e desidera,
ma poi con me stringe sogghignando le spalle e non ne fa niente. Qualche volta io
gli dissi: questo o quello dei Desiderata potrebbe da noi farsi facilmente, ma lui mi
disse allora o, vedremo un po’, o, non facciamo nulla, ed infatto non ne fa nulla.
18. In quanto alla custodia materiale della B. V., alle cose pratiche da farsi o
da farsi fare, all’ordine dello Studio egli è secondo me un uomo prezioso, perché
conscienzioso. Se egli avesse troppa tendenza agli studii privati, alle ricerche dot-
te, credo, ché sarebbe meno da raccomandarsi per un tal posto. Molto versato in
varie e gravi scienze mi pare che egli non sia; ma è accorto tanto, ché con nessuno
dei forestieri si metta mai a discorrere sopra tali cose, e così non si compromette
mai. Egli prende il suo offizio di prefetto come un semplice affare, e l’affarista egli
fa bene. Ed in verità, in quasi tutte le biblioteche che ho visitate, ho veduto, ché i
prefetti di loro tutte prendono la cosa nel medesimo modo. Vero però è, ché egli
nel suo carattere e nel suo modo di trattare con altri non ha quella soave e pru-
dente pieghevolezza e quel belm garbo che è tanto ricercato da tutti, specialmente
forestieri; ma bisogna dire, ché se ne è emendato molto dagli ultimi anni e va
emendandosene ogni giorno di più. –
19. Il secondo Prefetto della B. V. sono io. Questo è un posto che mi fu dato
senza ogni mia saputa, anzi a mia più grande sorpresa. L’ho accettato contra la
mia volontà, quando vedea ché non potea schivarlo in modon alcuno. Egli mi ha
procacciato allora immense congratulazioni degli uni ed una incredibile gelosia
negli altri. Anzi, posso dire di più, questo è il posto che mi ha rovinato tutti i miei
studii e mi rende infelice anche adesso. Ma per far capire questo a V. Santità, debbo
sufficientemente spiegarmi, e cosi domando mille perdoni, se in quest’occasione
parlerò forse un po’ troppo di me stesso. Ma credo la modestia cessa, quando la
necessità l’impedisce; e per me è una vera necessità di effundere totum cor meum
avanti i piedi di V. S.; perché, dopo averlo fatto con filiale fiducia, ma, senza la
loro colpa, inutilmente, avanti i miei Superiori di Religione, non mi rimane altro
che di farlo anche nel cospetto di Colui che è il Superiore dei miei stessi Superiori,
k nulla: aggiunto nell’interlineo.
l guai: la u è aggiunta nell’interlineo.
m Prima di bel, una g cancellata.
n Orig. nodo.

cit., pp. 231, 233, 245 ntt. 27 e 32, 343, 351 nt. 66 e s.v. in indice; G. DE MARCHI, Le nunziatu-
re apostoliche dal 1800 al 1956, Roma 1957 (Sussidi eruditi, 13), p. 62; VIAN, Biblioteche roma-
ne cit., pp. 140, 142 [64, 66].

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 553

perché il vero Vicario di N[ostro]. S[ignore]. G[esù]. C[risto]. in terra. E questa ef-
fusione del mio cuor oppresso non la farei con schiettezza e filiale libertà avanti
V. Santità che mi è stata, anche umanamente parlando, tanto simpatica sin dal
primo momento che la conobbi, e che mi ha dato in tante occasioni i più chiari se-
gni della sua benevolenza veramente paterna? Anzi, parlerò colla massima fiducia,
schiettezza e filiale libertà.
20. Dissi dunque, ché il posto di secondo prefetto della B. V. mi rende infelice
anche adesso. Chi mi vedesse ogni giorno in essa biblioteca fare le mie cose di
Prefetto con dolce gravità e ben misurata disinvoltura, che altri opinano di tro-
vare allora in me, non mi crederebbe davvero infelice; anzi giudicherebbe, ché
io ivi mi sentissi sopra modo felice come nella propria sfera. Eppure, tant’è, mi
sento ivi infelice, benché non possa negare, ché quella mia anzidetta maniera di
disimpegnarmi nel mio uffizio sia riconosciuta anche da me stesso come un frutto
dell’ubbidienza prestata in una cosa cosi antipatica al mio carattere, ai miei studii
ed alle mie tendenze.
21. Il mio carattere è di natura sua portato ad agire con una prudente energia
ed una legitima independenza. Ed ora mi trovo messo sotto un carattere del tutto
opposto al mio, qual è quello di Mg. Martinucci che lascia andare le cose, come an-
davano prima, non vuol niente riformare e migliorare, e vuol, ché tutto quel poco o
molto che si fa per necessità provenga da lui, abbia l’iniziativa da lui e non si faccia
niente senza di lui. Ed io, vincendo me stesso quasi in ogni momento, fo, come lui
lo vuole, mi adatto al suo modo di vedere, non principio niente senza di lui, e tutto
questo, per esser ubbidiente nel mio posto dipendente dal suo, per non disturbare
la sua pace e la mia, e per preservare la B. V. almeno dalla taccia, ché i due Prefetti,
che stanno ogni ora in conspectu omnium54, non vadano d’accordo. Ed in fatto, fin
qui non ho avuto mai il minimo disgusto con Mg. M. Se io però, in questo modo
facendo, sto bene con lui, non possoo star bene col Sig. Cardinale; e, se cercassi di
star bene con questo, non potrei più star bene con Mg. M; sono dunque per neces-
sità una povera vittima o nell’un o nell’altro caso. Di più, se io fossi libero e potessi
agire secondo l’intrinseca energia del mio carattere, quante cose non potrei fare
che adesso, legato cosi, non posso mai fare; ed anche l’ubbidienza che presto per
motivi più alti non può impedire, ché su certe cose della B. V. sento continuamente
un inutile si, ma anche ben amaro ramarico. Vedere avanti di se il piu buono, il piu
bello, il piu utile, in una parola, il piu perfetto che potesse facilmente effettuarsi,
e vedere insieme, ché di tutto quello nulla debba farsi, è una cosa, almeno pel mio
carattere, ben dura. Ma tutto questo forse non sarebbe nulla per me, e lo supporte-
rei, per mezzo dell’ubbidienza, come fin qui, così anche d’ora inanzi, con una certa
facilità, se io fossi un uomo che pensasse soltanto a passare i suoi giorni in santa
pace, come si dice in Roma, senza curarsi affatto di cose maggiori e specialmente
di studii che sono stati la delizia e quasi l’anima di tutta la sua vita passata.
22. Ed infatti, ci sono i miei studii che mi rendono infelice nel mio posto di

o Dopo posso è stato depennato per.

54 Il primo e il secondo custode erano sempre nella sala di studio, per sorvegliare la con-

sultazione dei manoscritti.

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554 PAOLO VIAN

secondo prefetto della B. V. (e peggio assai sarebbe in quello di un primo); perché


mi sento a mala voglia sforzatop a trascurarli, ad abbandonarli come antichi amici
carissimi. Ma come è ciò possibile in mezzo a tanti bei libri e MSS? Appunto per
questo, non avendo io più il tempo materiale per studiarli né in Biblioteca, né in
casa. La prova ne sia questa. Ogni mattina (eccettuata la Domenica ed il Giovedì55)
dopo un ora di meditazione spirituale e la S. Messa mi reco alle 71/2, per esser esat-
to, alla Bibl. V., dove mi fermo fino a mezzo giorno in punto. Ed in tutto questo
tempo non ho mai la testa quieta, per pensare e riflettere maturamente sopra qual-
che cosa di studio; perché, come un vero affarista, debbo ora a un forastiero dare
notizie storiche sopra un Codice o autore, ora ajutar un altro a decifrare un luogo
difficile di paleografia, ora debbo parlare con forestieri che non sanno l’Italiano in
Francese, o Tedesco, o Ollandese, o Inglese, o altre lingue, seconde la nazione, di
cui ciascuno è, per spiegargli p. e., come deve fare, per esser ammesso allo Studio
della B. V.56 Talvolta anche debbo fargli per gentilezza in italiano la stessa petizio-
ne a V. S. che egli allora copia e manda per ottener il desiderato permesso. Non
di rado poi viene uno dei Sgg. Studenti al mio posto, per parlare con me sopra un
qualche punto di scienze che gli è oscuro nel suo codice, ed in tutta questa sorta
di cose vengono come di comune accordo da me e non vanno mai da Mg. M. E nel
tempo di mezzo a quelle continue tribulazioni dotte o non dotte debbo cercare non
so quante volte nella mattinata ora con questo ed ora con quello nei cataloghi, per
vedere, se e quali Codd. abbiamo di tal o tal autore nell’una o l’altra delle nostre
diverse biblioteche che compongono la Vaticana57. Fatti poi venire i Codici, debbo
esaminarli, prima di darli in mano, e questo non solamente in latino e greco, ma
anche in tutte le lingue orientali senza alcuna eccezione, perché fuor del Latino e
un po’ di greco Mg. M. non può ajutarmi58. E non sono mica pochi quei Codici da
esaminarsi, perché ne ho avuto in mano in una sola mattinata verso 60 di diversissi-

p Dopo sforzato è stato depennato di.

55 Secondo il ricordato Index dierum (cfr. supra), la Vaticana era chiusa «omnibus diebus
Dominicis et festis de praecepto» e «omnibus diebus Jovis totius anni», Arch. Bibl. 7, ff. 2r,
476r.
56 Secondo il «motu proprio» leonino del 9 settembre 1878, art. 16, per essere ammessi
«allo studio de’ codici» andava indirizzata una supplica al Papa che, per mezzo del segretario
di Stato, la trasmetteva al cardinale Bibliotecario; quest’ultimo, «col consiglio del Sotto-Bi-
bliotecario e de’ Custodi», esaminava le richieste pervenute e ne dava una valutazione al
Pontefice che, per mezzo del segretario di Stato, comunicava le «opportune disposizioni»,
Quanto grandi e provvide cit., p. 121 (ma cfr. anche l’art. 54, ibid., p. 133).
57 Interessante questo accenno che mostra la consapevolezza della natura “plurale” della
Biblioteca Vaticana, divenuta, soprattutto dal Seicento in poi, un’autentica «bibliotheca bi-
bliothecarum», ove le diverse biblioteche disponevano di inventari, indici e strumenti catalo-
grafici particolari, talvolta precedenti l’ingresso delle collezioni in Vaticana. Non è forse un
caso che nelle prime pagine del Moby Dick (1851) di Herman Melville si accenni al sotto-bi-
bliotecario che perlustra le «interminabili Vaticane» alla ricerca nelle letterature mondiali di
indicazioni su cetacei.
58 Il «motu proprio» del 1878 confermava le severe regole già vigenti: la consegna dei
manoscritti agli studiosi doveva avvenire personalmente da parte dei custodi (e in loro assen-
za i codici non potevano essere consegnati, se non quelli già precedentemente prelevati e de-

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 555

me lingue59. Queste sono cose che in altre biblioteche fanno i rispettivi Assistenti e
da noi dovrebbono farlo i Sgg. Scrittori, quello pell’Arabo i Codici arabi, quello per
Siriaco i Codici siriaci e cosi avanti; ma essi o presenti o assenti non se ne curano,
e cosi cade anche questo peso sulle mie sole spalle. Anche il parlare coi forestieri
nelle respettive loro lingue non sarebbe una cosa necessaria, perché nelle altre
biblioteche dell’Europa si parla coi Prefetti o nella lingua del paese o nel France-
se; ma qui si è introdotto questo costume, quando Mezzofanti era Prefetto60, e né
prima né dopo di lui sotto Mai61, Laureani62, Molza63, Sammerzani64 se lo fece. Il
fatto però è adesso, ché tutti quei forestieri vengano da me e non vanno mai da Mg.
M., il quale non ha per questa ed altre ragioni neppure la metà dell’afollamento di
forastieri che ho io. In questa maniera dunque perdo il mio bel tempo fin a mezzo
giorno. Ritornato poi una mezz’ora dopo, tutto fatigato e stanco, a casa, pranzo
con fretta pel po’ di tempo che ho, e non posso neppure far un po’ di ricreazione
coi miei confratelli che lo fanno nel tempo del mio pranzo. Già una mezz’ora dopo
questo ho nei mesi d’inverno ogni giorno un’ora intera di scuola sia in S. Apollina-
re, ossia nel Colleg. Germanico, in nessuna delle quali scuole imparo cose nuove,
soltanto le comunico ad altri. Dopo la scuola rare volte prendo un po’ di passeggio
che però per la mia corporatura sarebbe, come tutti i medici mi hanno detto, molto

positati «negli Armarii dello studio», art. 56); i custodi dovevano poi assistere alla consultazio-
ne (art. 57) e, coadiuvati eventualmente da scrittori appositamente designati, verificare le
trascrizioni fatte e controllare lo stato dei manoscritti restituiti (artt. 59-60), Quanto grandi e
provvide cit., pp. 133-135. È comprensibile che in un situazione simile Bollig si sentisse obe-
rato da un peso quasi insopportabile, tanto più che non trovava particolare aiuto nel suo su-
periore immediato (Martinucci) e negli scrittori (coi quali non doveva correre buon sangue).
59 Il numero indicato è interessante perché mostra che anche prima delle decisioni di

Leone XIII la Vaticana, pur essendo di non sempre facile accesso, non era chiusa alle consul-
tazioni, che potevano provocare in una mattina la richiesta di addirittura 60 manoscritti. Cfr.
anche supra, al nr. 8, l’accenno al «troppo afollamento di Codici».
60 Giuseppe Mezzofanti (cfr. supra) fu primo custode dal 16 aprile 1833 al 12 febbraio

1838, BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit., p. 341.


61 Angelo Mai (1782-1854) fu primo custode dal 20 ottobre 1819 al 15 aprile 1833, ibid.
62 Gabriele Laureani (1788-1849), latinista e custode generale dell’Arcadia, fu secondo

custode della Vaticana dal 19 agosto 1831 e primo custode dal 12 febbraio 1838 alla morte,
avvenuta il 14 ottobre 1849, VIAN, Bibliotecari della Vaticana cit., pp. 165-166 [41-42]; ID., Un
giuramento mancato alla Repubblica Romana del 1849, in Strenna dei Romanisti, [LX], Roma
1999, pp. 587-596 [ristampato in VIAN, Figure della Vaticana cit., pp. 49-58]; BIGNAMI ODIER,
La Bibliothèque Vaticane cit., pp. 215, 227 nt. 87, 351 ntt. 52 e 54 e s.v. in indice.
63 Andrea Molza (1783-1851), antico scolopio (lasciò la congregazione al momento della

sua soppressione nel 1810), scrittore latino della Vaticana dal 1° maggio 1821 (ma con l’ob-
bligo di prestarsi anche per l’ebraico), secondo custode dal 12 febbraio 1838 (da quell’anno
anche con l’incarico di conservatore del Gabinetto delle medaglie), professore di ebraico
all’Archiginnasio, fu primo custode dall’11 giugno 1850 e morì suicida poco più di un anno
dopo, il 7 luglio 1851. La sua biblioteca è in gran parte alla Vaticana, VIAN, Bibliotecari della
Vaticana cit., pp. 166-168 [42-44]; ID., Biblioteche romane cit., p. 142 [66]; BIGNAMI ODIER, La
Bibliothèque Vaticane cit., pp. 227 nt. 88, 233, 244 nt. 15, 311, 343, 351 nt. 55 e s.v. in indice.
64 Alessandro Asinari di San Marzano (cfr. supra) fu primo custode dal 27 giugno 1853 al

2 luglio 1876, ibid., p. 343.

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556 PAOLO VIAN

necessario, ma ritorno a casa, per dir il mio offizio, recitare la mia corona e fare la
lettura spirituale. E questo lo fo, per aver almeno la sera un po di tempo libero per
gli studii amati e pure tanto trascurati per forza, il che mi riesce però rare volte,
come lo vorrei; perché anche in quell’unico tempo che ho di tutta la giornata mi
vengono ora delle visite che tutto il giorno nonq mi hanno potuto trovare in casa, ed
ora debbo scrivere le mie lettere o private o del mio uffizio di prefetto su domande
dotte che ormai mi vengono indirizzate da tutte le parti del mondo. E con questa
razza di vita un uomo amantissimo di studii, come io, per grazia di Dio, lo sono,
non deve sentirsi infelice, ed infelice assai? –
23. Le mie tendenze finalmente sono quelle che danno il cumulo a questa infeli-
cità mia. Esse non vanno mica, Iddio lo sa, ad avere dei posti che producono danari
in grande quantità, perché, quando posso viver onestamente e ho i libri necessarii
per lo studio, sono contento, né vanno ad avere delle dignità più o meno alte, ma
vanno soltanto a vivere da buon Religioso ed a far buon uso del qualsiasi talento,
che il Signore nella sua misericordia mi ha dato, pel bene degli altri e per la gloria
della sua santa Chiesa. Ma, se io duro anche qualche tempo nelle mie occupazioni
attuali in Biblioteca e nelle scuole, sento in me, ché dopo non potrò più far niente
di tutto quello, dove miravano le immense fatiche di studio della mia vita passata.
Ho già in questo mese di Novembre compita l’età di 58 anni, ed appunto, perché
sono ancora in vigore di corpo e di mente, vorrei almeno fare quel molto o poco
che potrò. Gli occhi che mi sono già molto indeboliti, specialmente per le lunghe
veglie notturne sopra difficilissimi manuscritti orientali, mi ammoniscono, come
pare, ché per me è sommo tempo di fare e non di aspettare ancora, affinché dopo
non sia troppo tardi. Ma chi mi dà il tempo materiale per fare? Io stesso, per dirlo
schiettamente, l’ho cercato, dovunque ho potuto, ma sempre indarno. Dalla scuola
in S. Apollinare ho cercato di liberarmi, e mi dicono, ché ivi sono indispensabile,
benché io per me creda, ché nessun uomo in questo mondo sia indispensabile,
molto meno io. Ai miei Superiori ho domandato di essere levato dalla scuola del
Collegio Germanico, e mi rispondono, ché non hanno un altro, per rimpiazzarmi
in quel posto, benché, secondo il mio parere, potessero mettere un altro in quella
carriera. Di più, perché mi premea assai di aver il bel tempo della mattina libero,
ben due volte ho domandato ai miei Superiori il permesso di dar la mia rinunzia al
posto di secondo Prefetto della Vaticana. Ma essi mi rispondono sempre, ché que-
sto non debba farsi da me, giacché quel posto fosse un onore per la Compagnia, e,
se io rinunziassi da me, farei con ciò un disdoro alla medesima, perché i più, che
non conoscono la mia buona intenzione, crederebbero, ché io in quel posto avessi
fatta una grossa e fossi stato obbligato a dar la mia rinunzia. E cosi io sto fermo
e non so più, dove volgere la testa. Frattanto mi sento dentro di me spinto, in un
modo particolarer e di giorno in giorno più, a riprendere, coltivare, ed utilizare i
miei studii o gia fatti o ancora meglio da farsi. I gia fatti sono le moltissime lingue
occidentali ed orientali finora da me studiate ed il numero delle quali a V. Santità
sola è noto. Queste tutte vogliono almeno di quando in quando esser ripetute o

q non: aggiunto nell’interlineo.


r Orig. particalare.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 557

rinfrescate con qualche lettura, giacché io non le ho imparates coll’uso volgare, ma


con molta fatica, collo studio scientifico e da me solo, senza maestro, se 5 o 6 se ne
eccettuano. Fra quei studii che sarebbono meglio ancora da farsi sono fuori della
Dommatica, che ho coltivata continuamente, dacchét ne sono stato il ripetitore
nel Collegio Germanico, specialmente il Diritto canonico e la Filosofia scolastica.
Queste scienze ambedue, ciascuna al tempo suo, erano per anni a me una vera
delizia, quando voleva distrarmi un poco dalle lingue ed arricchirmiu di nuove idee
invece di forme antiche. Ma adesso, dopo che V. S. colla sua immortale Enciclica
«Aeterni Patris»65 ha dato verso quest’ultima, la filosofia di S. Tommaso, a tutto il
mundo dotto uno slancio incredibile e non mai più perituro, io mi sento propria-
mente bruciare dall’ardentissimo desiderio che ho di perfezionarmi sempre più in
questo nobilissimo studio, per poter contribuire cosi anch’io almeno una pietruccia
a quell’eccelso edifizio di scienze, al quale V. S. nel modo anzidetto testè ha messa
la prima pietra fondamentale. Ma come farò io poveretto per soddisfare a questa
mia tendenza, mentre ché a cio non ho il tempo materiale? — Di più, in quei anni,
in cui io era Scrittore della B. V., sono stato, per la grazia di Dio, veramente dili-
gente; perché mi sono allora dai Codici del Vaticano, in più di 20 lingue orientali,
di propria mano copiati tanti MSS preziosi, ché essi in istampa mi fermerebbono
ben 30 volumi in gr. 8 secondo il calcolo che ne ho fatto66. Non è dunque giusta la
mia tendenza di vederli tutti o in parte anche da me pel bene della S. Chiesa stam-
pati? O debbono tutte quelle belle cose, perché io non ho il tempo e dopo la mia
morte forse nessun altro ne avrà il potere, esser condannate a rimaner morte di
nuovo, come prima, ché io le suscitassi, giacevano morte nei Codd. della Vaticana
Biblioteca? — Finalmente la Propaganda mi ha per mezzo di Mg. Rampolla67 inca-
ricato di completare e ripublicare la grand’opera dell’Assemanni: «Codex liturgicus
s Dopo imparate e depennato un p.
t dacché: la prima c è stata aggiunta in un secondo momento.
u arricchirmi: la prima c è stata aggiunta in un secondo momento.

65 La celebre enciclica (4 agosto 1879) per il rilancio nelle scuole cattoliche della filosofia
tomista; alla sua stesura collaborò il fratello del Papa, Giuseppe (cfr. supra).
66 Di queste copiose carte erudite raccolte da Bollig nulla è rimasto in Biblioteca Vatica-
na; esse andranno forse cercate nell’Archivio Romano della Compagnia di Gesù. Ma questo
problema per Bollig doveva essere quasi un’ossessione, un cruccio continuo; ne parlò, per
esempio, con Lagarde, cf. JOHANNIS, EUCHAITORUM METROPOLITAE, quae in codice Vaticano
graeco supersunt cit., p. III. Alle opere incompiute di Bollig dedicano un accenno GULDNER,
Bollig, Johann cit. e GERLICH, Bollig, Johann cit.
67 Mariano Rampolla del Tindaro (1843-1913), sacerdote dal 1866 e cardinale dal 1887;
dopo il primo impegno presso la nunziatura di Madrid (1875-1877), il futuro nunzio in Spa-
gna (1882-1887) e segretario di Stato di Leone XIII (1887-1903) era allora segretario della
Congregazione di Propaganda Fide «per gli affari del rito orientale» (1877-1882), La gerarchia
cattolica cit., p. 525. Personalmente cultore di studi storici, negli ultimi anni dell’Ottocento e
nei primi del Novecento seguì le vicende della Biblioteca Vaticana in assenza del cardinale
Bibliotecario Alfonso Capecelatro, stabilendo un fecondo rapporto con il prefetto Franz Ehr-
le; divenne effettivamente cardinale Bibliotecario il 26 novembre 1912 e lo rimase sino alla
morte (16 dicembre 1913), S. FURLANI, Rampolla del Tindaro, Mariano, in Enciclopedia catto-
lica, X, Città del Vaticano 1953, coll. 517-518; BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit.,
pp. 238, 239, 261, 344.

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558 PAOLO VIAN

Ecclesiae universae Orientis et Occidentis»68, che consiste nello stato attuale di 13


voll. in 4., costa, perché rarissima e da Cattolici e Protestanti ricercatissima, non
meno di 800 Lire, e consisterà, quando saràv finita, di 24 voll. abbracciando tutte
quante lew lingue liturgiche del mondo. E tutto quest’enorme lavoro debbo far io
solo senza alcun ajuto affatto; perché chi potrà copiarmi, criticamente corregger-
mi o tradurmi i tanto difficili testi orientali, se non conosce assai bene le diverse
lingue? Già una piccola parte del lavoro si è fatta, ma veggo di giorno in giorno più
chiaramente, ché, per la sola mancanza del tempo materiale, tanto necessario per
tali lavori di copie, collazioni, correzioni, traduzioni e cure critiche, io non potrò
mai arrivare al fine di essi. Ed ecco, perché mi sento continuamente infelice nel
mio posto di Prefetto e di Professore. Quello che mi rattrista il più, si è, che tanti
e tanti, che non hanno idea né di tali lavori, né delle mie immense distrazioni ed
occupazioni, mi domandano spesse volte: ebbene, quando stamperà i suoi MSS?
o, quando comincerà la stampa dell’Assemanni? Ed io poverino perdo tutto il mio
tempo col fare l’affarista nella B. V. o il maestro più o meno elementare nelle scuo-
le, e nessuno vuol credermi o almeno ajutarmi, quando mi lagno di mancanza di
tempo! –
24. Vengo ora ai Sigg. Scrittori della B. V. Ne abbiamo nove69; ma se in ogni
giorno, con poche eccezioni, si considerano i loro posti vuoti, pare, ché non ne
abbiamo nessuno. Tutti, quando divengono Scrittori, contemplano quel posto giu-
stamente come un posto di onore, dato dal S[anto]. P[adre]. o, per ricompensare
nobilmente studii già fatti, o, per incoraggiare efficacemente a studii da farsi anco-
ra ed anche ai 18 Sc., che ricevranno pel mese, pensano con una certa tenerezza,
non come a un vile salario, ma bensi, come a un grazioso ajuto, per comprarsi i
libri necessarii allo studio. Però poi, quando l’onore ed il danaro s’intendono da
se, essi non si veggono quasi più in B. E quando io con buone maniere ora all’uno
ed ora all’altro facea capire, ché sarebbe bene che venissero un po’ più spesso,
mi diceano: se io credessi, ché quella fosse una paga, per venir ogni giorno 4 ore;
anzi non di rado si ridono di me, ché io per 30 Sc. dovessi stare chiodato 4 ore del

v sarà: nell’originale, le prime due lettere della parola sono in fondo al f. 322v [= p. XXX]
ma al f. 323r [= p. XXXI] la parola è ripetuta interamente.
w le: aggiunto nell’interlineo.

68 Codex Liturgicus Ecclesiae universae in XV libros distributus in quo continentur libri

Rituales, Missales, Pontificales, Officia, Dyptica, & c. Ecclesiae Occidentis et Orientis […] latina
versione, praefationibus commentariis et variationibus illustratus, opera principale di Giusep-
pe Luigi Assemani (1710-1782), nipote di Giuseppe Simonio, docente di siriaco e liturgia alla
Sapienza e nel Collegio di Propaganda Fide. Dei quindici libri programmati ne uscirono sol-
tanto i primi quattro e l’ottavo, fra il 1749 e il 1766; il completamento e la ripubblicazione
dell’opera commissionati a Bollig non videro la luce ma la sua utilità è dimostrata dalla pre-
cedente pubblicazione di un’epitome in quattro tomi a Lipsia (1847-1853), a cura di Her-
mann Adalbert Daniel (1812-1871), e di un successivo facsimile nel 1902, P. SFAIR, Assemani,
Giuseppe Luigi, in Enciclopedia cattolica, II, Città del Vaticano 1949, col. 161.
69 I nove scrittori nel 1879 erano: Francesco Massi, Giovanni Battista De Rossi e Luigi

Zappelli per la lingua latina; Augusto della Porta Rodiani e Giuseppe Cozza Luzi per la lingua
greca; Luigi Vincenzi e Paolo Scapaticci per la lingua ebraica; Agostino Ciasca «per le diverse
lingue orientali»; «scrittore aggiunto» era Egisto Ceccucci, La gerarchia cattolica cit., p. 500.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 559

giorno al mio posto, senza poter far nulla per me, mentre che Mg. M. con 60 Sc. e
gratuita abitazione facesse il commodo suo70. Non nego io, ché la paga degli Scrit-
tori, come tale, in paragone di altre biblioteche non è gran che; ma per quello che
fanno per la B. V. ed anche per lo studio loro privato mi pare, ché sia anche troppo.
In breve, a me pare, ché questo istituto degli Scrittori, quale è adesso, non sia per
niente utile, molto meno necessario alla B. V., perché, in genere parlando, non fan-
no assolutamente nulla per essa e neppure le danno un certo decoro col lavorare
per se stessi. Ed anche in nessuna biblioteca dell’Europa lo ho trovato ordinato
cosi. Ivi hanno fuori dei Prefetti 4 o 5 Assistenti, come li chiamano, che debbono
regularmente ajutare quei in lavori scientifici che s’intraprendono per l’onore della
biblioteca; e se non vengono, o non lavorano, come i Prefetti lo vogliono, non sono
pagati al fine del mese. Di la grand’ordine e bei lavori. Forse sarebbe bene nella B.
V. di non rimpiazzare più i posti degli Scrittori, quando divengonox vacanti nell’un
o l’altro modo. Il danaro, che cosi si risparmia, potrebbe servire in piccola parte
a procurare una livrea decorosa agli Scopatori, ed il resto, a dividersi fra quei che
debbono preparare la stampa dei cataloghi, per farli con più energia dalla parte
degli Scrittori e con meno spese da parte della Biblioteca. Frattanto sarebbe per
quei scrittori, che ai cataloghi non si adoperebbono, uno stimolo buono di venir più
regularmente, l’intimare officialmente a loro, che V. S. al principio dell’anno nuo-
vo volesse sapere il tema, sul quale vorrebbono comporre qualche scritto durante
l’anno, coll’obbligo però di farlo vedere al fine dell’anno71. Anche dovrebbe questo
tema essere materia di quella lingua, per la quale sono scrittori e presa dalla B. V.
stessa; se no, mostreranno uno scrittarello vecchio e non vengono neppure. Qui mi
veniva quasi spontaneamente nella penna una fedele caratteristica scientifica di
ciascuno dei nostri Scrittori fundata sulla mia personale osservazione di essi; ma
mi sono rattenuto, per non far torto a nessuno, giacché anch’io posso errare. Molto
meno lo credo necessario di parlare dei loro caratteri personali, non entrando loro
per nulla nel governo della B. V.72.
25. Le ultime persone adoperate da V. S. in Bibl. sono gli Scopatori. Ne abbiamo
tre soltanto73. Essi sono veramente buona gente, fedeli, laboriosi, offiziosi, accorti,

x Dopo divengono è depennata una m.

70 Il passo è un’ulteriore conferma dei pessimi rapporti allora intercorrenti fra il primo

custode e gli scrittori; il risentimento si colorava anche di motivazioni economiche.


71 Ci si può domandare se la frase di Bollig posa essere una spiegazione dei volumi Al

Sommo Pontefice Leone XIII. Omaggio giubilare della Biblioteca Vaticana (1888) e Nel giubileo
episcopale di Leone XIII. Omaggio della Biblioteca Vaticana, XIX febbraio anno M DCCC XCIII
(1893), nei quali gli scrittori fecero la parte del leone, presentando i loro lavori. Ma di mezzo
vi era stata la riforma leonina del collegio con la crisi del 1885, cfr. VIAN, «Una sede conve-
niente, commoda, definitiva degli stampati» cit., pp. 475-479.
72 Quanto Bollig non si sentì di fare (una delineazione dei caratteri personali e scientifici

degli scrittori) fu invece tentato meno di quattro anni dopo dal successore di Martinucci, il
primo custode Stefano Ciccolini, al quale dobbiamo note sui singoli scrittori, cfr. VIAN, «Una
sede conveniente, commoda, definitiva degli stampati» cit., pp. 475 nt. 7-477 nt. 12.
73 L’importanza degli «scopatori», ai quali erano affidati il «servigio esterno della Biblio-

teca» e la «nettezza e custodia materiale della medesima», può essere rappresentata dal fatto

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560 PAOLO VIAN

ma poveri. Per quest’ultimo Mg. M. che regola il tutto intorno a loro, permette
nel tempo dello Studio a due di essi di andare nella sala grande74, per condurre
i forestieri, che entrano dal cancello del giardino75, a vedere la Biblioteca, e così
si guadagnano colle mancie, che dividono fra di se, qualche cosa, giacché colla
meschina loro paga mensile non potrebbono vivere. Egli è questo certamente un
bene per loro; ma non è un bene pel mantenimento dello Studio; perché quell’unico
Scopatore che rimane, per ajutare i Prefetti, va p. e. nel gran vano o le ultime sale76
della B. per cercarvi durante 5 o 10 e talvolta più minuti nei diversi siti i varii Co-
dici che deve procurare. In questo tempo vengono forse due, tre e talvolta quattro
altri Signori coi numeri dei Codici che vorrebbono avere. Il Prefetto che dovrebbe,
secondo l’uso di tutte le biblioteche, servirli presto, deve consolarli col dire: quan-
do ritornerà lo scopatore, Ella sarà servito. Frattanto un tale aspetta ed aspetta, e
talvolta perde la pazienza e comincia a mormorare fra se solo o con altri sul cattivo
servizio della B. V.77. Ma il Prefetto che cosa può fare? Tanto meno, ché egli sa bene,
o deve saper bene, che per chi sta p. e., come accade spesse volte, due soli giorni in
Roma e vuol in prescia confrontare o esaminare alcuni passi in un Codice greco,
latino,y dieci e più minuti perduti sono molto. Il rimedio più semplice sarebbe o di

y Dopo la virgola, segue, nell’originale, un segno che sembra una x o due parentesi con-
trapposte accostate, di non chiaro significato (è identico a quello già segnalato al nr. 1);
probabilmente indica l’et cetera.

che il «motu proprio» del 1878 dedicava a essi altrettanti articoli (artt. 48-53) che agli scritto-
ri (artt. 42-47), Quanto grandi e provvide cit., pp. 131-132. Nel vicino Archivio Vaticano, du-
rante la prefettura (1877-1879) di Francesco Rosi Bernardini, non vi era invece «nessun su-
balterno per i lavori manuali e per i servizi di pulizia», PÁSZTOR, Per la storia dell’Archivio
Segreto Vaticano cit., p. 389; cfr. anche ibid., pp. 393-394, 414.
74 Si tratta del Salone Sistino, attiguo al vestibolo (o «Sala degli scrittori») ove avvenivano
le consultazioni dei manoscritti e degli stampati, Quanto grandi e provvide cit., p. 133 (art. 57).
75 Si deve pensare a un accesso dalla parte dell’attuale Stradone dei Musei (o dei Giar-

dini), che era ed è contiguo alle gallerie e al Salone Sistino. Bollig precisa che i forestieri
condotti nel Salone Sistino erano quelli che accedevano dal «cancello del giardino»; l’accesso
e il percorso per gli studiosi erano invece piuttosto all’interno del Palazzo, come viene de-
scritto da Pierre de Nolhac poco dopo, cfr. P. DE NOLHAC, Souvenirs de la Bibliothèque vatica-
ne, in La Revue de Paris, 28 année, t. 1, janvier-février 1921, pp. 113-121; già ripreso in ID.,
Souvenirs d’un vieux romain, Paris 1930, pp. 7-25, è ora ripubblicato in «À l’école de toute
l’Italie». Pour une histoire de l’École française de Rome, […] Textes réunis par M. GRAS, intro-
duction et notes de J.-F. CHAUVARD, R. ÉTIENNE, M. GRAS, O. GUYOTJEANNIN, R. MULLER,
G. PÉCOUT, O. PONCET, S. REY, J. SCHEID, avec le concours de T. BOESPFLUG, Rome 2010 (Col-
lection de l’École française de Rome, 431), pp. 149-158: 151-152.
76 Il «gran vano» è ancora il Salone Sistino, «le ultime sale» sono molto probabilmente

ambienti delle gallerie perpendicolari al Salone, sino all’Appartamento Borgia, ove erano
conservati in armadi chiusi i manoscritti e gli stampati della Biblioteca.
77 Anche questo quadretto (gli «scopatori» assenti, il prefetto che cerca di calmare le ri-

mostranze degli studiosi in attesa, le mormorazioni dei ricercatori spazientiti) mostra quanto
siano da sfumare e relativizzare le ricostruzioni di una Vaticana impermeabilmente chiusa,
prima delle decisioni di Leone XIII, alle consultazioni degli studiosi. Le frasi di Bollig, più
ancora delle richieste di consultazione (cfr. Ch. M. GRAFINGER, Die Ausleihe vatikanischer
Handschriften und Druckwerke (1563-1700); EAD., Die Ausleihe vatikanischer Handschriften

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 561

aggiungere ai tre scopatori un quarto78, affinché almeno due stiano al servizio del
Prefetto, o di dare a loro una paga più grande e prohibir loro di condurre i forastieri
durante lo Studio nella Biblioteca79. Ma questo di nuovo farebbe mormorare tanti
altri forastieri che non potrebbono vedere la B. la mattina in nessun giorno; perché
il giovedi mattina, che non c’è studio, si fa la pulizia80, e Domenica mattina la B. è
chiusa. E però facilitare ai forestieri la visita di essa è anche una cosa che fa parlar-
ne fuori e ridonda in gloria della S. S.81 — I tre detti scopatori stanno in Bibl. nelle
loro vesti solite e talvolta ben meschine, perché non hanno una livrea particolare,
come quei più fortunati Scopatori delle gallerie82. A me pare, ché le spese da farsi
per tal livrea non possano esser stragrandi; ma grande sarebbe il decoro che porte-
rebbe una tal cosa alla B. V. ed anche l’utile ai poveri giovani che risparmierebbono
cosi per qualche ora del giorno le proprie vesticciule.
Ho fatto dunque, Beatissimo Padre, quanto colle mie deboli forze ho potuto, per
soddisfare al Suo augusto desiderio intorno alla Biblioteca Vaticana; ed ora non
mi rimane altro che di domandare colla più grande umiltà del mio cuore la Sua

und Druckwerke: 18. Jahrhundert, I: Biblioteca Vaticana; II: Archivio Segreto Vaticano, Città
del Vaticano 1993-2002 (Studi e testi, 360, 406-407), mostrano una realtà diversa.
78 Il suggerimento di Bollig fu probabilmente accolto. Nella già ricordata «memoria» del

primo custode Stefano Ciccolini, Intorno allo Stato ed ai Bisogni della Biblioteca Apostolica
Vaticana, 24 novembre 1883, ai tre custodi probabilmente già in servizio nel 1879 (Virginio
Mariani, Antonio Brugiotti e Angelo Mazzoni) se ne aggiunge un quarto, col titolo di «aggiun-
to», cioè Agostino Perugini, Arch. Bibl. 7, f. 344v (versione a stampa); f. 433r (stesura mano-
scritta).
79 In realtà il «motu proprio» del 1878 aveva espressamente vietato la visita della Biblio-

teca da parte di estranei «nei giorni festivi», «nelle ore di studio» e «quando si abbia a fare
nella Biblioteca qualche lavoro straordinario per officio o per volontà dei Custodi, per cui
siano occupati gli Scopatori o sia necessaria la libertà di azione […]. Per le ore poi si starà alle
consuete introdotte recentemente, purché non siano quelle nelle quali qui vietiamo la visita»,
Quanto grandi e provvide cit., p. 135 (art. 61). Pio IX, nel suo «motu proprio» del 20 ottobre
1851, aveva infatti permesso «l’ingresso per osservare la Biblioteca» «dal mezzogiorno alle
ore 3 pomeridiane [scil.: quando dunque lo studio dei codici era terminato]. Scorso quel
tempo non si ammetterà più alcuno. Nei giorni di vacanza sarà in arbitrio dei Custodi il per-
mettere l’ingresso nelle ore che crederanno più convenienti, senza però oltrepassare le tre
pomeridiane», Moto proprio della Santità di Nostro Signore Papa Pio IX De’ 20 ottobre 1851 col
quale si prescrive il Regolamento per la Biblioteca Apostolica Vaticana, Roma 1851, art. 33,
p. 10; Arch. Bibl. 7, ff. 221r-226v: 225v. Il documento piano è pubblicato da D. ZANELLI, La
Biblioteca Vaticana dalla sua origine fino al presente, Roma 1857, pp. 118-122: 121.
80 Il giovedì mattina, dunque, nel giorno di chiusura feriale della Biblioteca, avvenivano

le pulizie; come precisato dal «motu proprio» del 1878, art. 50, Quanto grandi e provvide cit.,
pp. 131-132.
81 Questa disponibilità di Bollig nei confronti degli studiosi e visitatori, manifestata an-

che nella precedente riflessione sui «dieci e più minuti perduti» che agli occhi di studiosi di
passaggio «sono molto», sembra smentire l’arcigna e maliziosa immagine del gesuita tra-
smessa nella ricordata affermazione diaristica di Gregorovius; e pare piuttosto confermare
quanto Ehrle scriverà, a proposito di Bollig, nel 1916, cfr. infra.
82 Vi erano dunque «scopatori» in servizio presso la Biblioteca e «scopatori» in servizio

nelle gallerie, i primi senza divisa ma con i loro abiti privati, i secondi dotati di una divisa
particolare.

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562 PAOLO VIAN

Benedizione Apostolica, affinché io, avvalorato da essa, faccia sempre ed in tutto la


Santissima Volontà di Dio, e, baciandole devotamente i sacri piedi, sono e rimango

di Vostra Santità
ubb(iedientissi)mo, gratissimo ed aff(ezionatissi)mo
figlio in Cristo

Giovanni Bollig, S.J.

4. Quello di Bollig è un documento singolare, quasi strano. Può sembra-


re nella sua parte centrale (nrr. 19-23) uno sfogo accorato, il lamento quasi
incontrollato di un uomo che vede il tempo fuggire, la porta chiudersi e il
giorno ineluttabilmente tramontare per sempre; che osserva mille progetti
di lavoro, a lungo sognati e accarezzati, sfumare, inghiottiti da una quoti-
dianità fatta di piccole e misere cose. Ma a ben vedere il testo non è solo
l’auto-analisi di una «povera vittima», fra «tribulazioni dotte o non dotte»,
capro espiatorio anche della Compagnia che non vuole rinunciare a un ruo-
lo importante nello scacchiere ecclesiale, romano e non. La lettera appare
infatti costruita con cura e sapienza. Dopo la cautela iniziale, che dimostra
la piena consapevolezza da parte di Bollig del quadro conflittuale e arro-
ventato in cui si inserisce (è interessante che il gesuita preveda i problemi
che il suo scritto gli potrebbe causare e che anche il Papa per tranquilliz-
zarlo gli assicuri la distruzione del documento, cfr. anche nr. 13), dopo la
professione del primato della Biblioteca su tutte le altre (nr. 1), Bollig passa
a indicazioni concretamente operative. Il settore da coltivare è quello delle
lingue e letterature orientali o, più specificamente, di alcuni ambiti al loro
interno: in quel campo, solo in quel campo la Vaticana può vedere minac-
ciato il suo primato dalle altre biblioteche europee che si alimentano grazie
alle risorse coloniali. La strada individuata per raggiungere l’obiettivo è
quella della Congregazione di Propaganda Fide e della sua rete di missio-
nari. Bollig quindi propone a Leone XIII una politica culturale orientale
che inverta l’indirizzo di inerzia e passività prevalso in questo ambito sotto
Pio IX, quando i papi sembravano stimare solo filosofia, teologia e diritto
canonico (si noti l’abilità di Bollig che mette in bocca le accuse ai giornali
protestanti ma, riferendole, in realtà le fa sue) (nrr. 1-5)83.
Dopo aver indicato le strade da perseguire per il necessario accresci-
mento, Bollig passa a esaminare l’organizzazione interna della Biblioteca
83
Nell’abbondante letteratura sulla politica orientale di Leone XIII cfr. almeno R. F.
ESPOSITO, Leone XIII e l’Oriente cristiano, Roma 1961; C. PRUDHOMME, Stratégie missionnaire
du Saint-Siège sous Léon XIII (1878-1903). Centralisation romaine et défis culturels, Rome
1994 (Collection de l’École française de Rome, 186); G. DEL ZANNA, Roma e l’Oriente. Leone
XIII e l’Impero Ottomano (1878-1903), Milano 2003.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 563

(nrr. 6-12). Il primo obiettivo è l’esame preventivo e multiplo (cioè da


parte di diverse persone, coinvolgendo anche officiali dell’Archivio Vati-
cano) di tutti i manoscritti, per evitare che testi compromettenti (cfr. nr.
8) possano finire sotto occhi non benevoli verso la Chiesa di Roma (ed è
interessante rilevare la situazione di conflitto, di vero e proprio «Kultur-
kampf» nella quale la Santa Sede si sente immersa in questo scorcio di
XIX secolo, quasi una cittadella assediata). Si potrà e dovrà anche pensare
al passaggio (nr. 9) di manoscritti dalla Biblioteca all’Archivio: un feno-
meno che puntualmente si realizzerà (anche con consistenti trasferimenti
nel senso opposto, cioè dall’Archivio alla Biblioteca), soprattutto a partire
dagli anni Venti del XX secolo, con la nomina del card. Aidan Gasquet e
l’avvento di un Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa, cioè di
una figura unica che riunisce in sé la responsabilità delle due istituzioni, e
con le prefetture parallele, in Biblioteca e in Archivio, di Giovanni (1919-
1936) e Angelo Mercati (1925-1955)84. Ma nella previsione di tutte queste
operazioni appare evidentissima la sfiducia di Bollig nei confronti del col-
legio degli scrittori, dal quale pure lui proveniva: non combinano nulla o
ben poco (cfr. nrr. 12, 24) e da loro poco ci si può attendere di positivo
e costruttivo. Altro obiettivo prioritario per Bollig è la redazione di cata-
loghi a stampa, che si potrebbero finanziare con le vendite (nrr. 10-12).
Insistendo sulla necessità di cataloghi all’altezza del modello ormai affer-
matosi in Europa, Bollig, grazie alle sue conoscenze ed esperienze inter-
nazionali85, sembra introdurre aria nuova nella Vaticana, troppo chiusa e
asfittica sotto il pontificato di Pio IX. Dopo aver parlato delle «cose» della
Vaticana (nrr. 1-12), Bollig passa ad esaminare le «persone» (nrr. 13-25).
Severo, forse troppo, è il giudizio su Pitra, che non è un organizzatore, ma
è fondamentalmente un ingenuo e un incostante che pecca di autoreferen-
zialismo vanaglorioso (tali valutazioni non hanno sicuramente agevolato i
84 Già Francesco Rosi Bernardini nella sua memoria al card. segretario di Stato Giovanni

Simeoni, del settembre 1877, aveva ipotizzato che, dopo il ritorno da Parigi dei documenti
dell’Archivio, «molti volumi e manoscritti una volta degli Archivi Vaticani» fossero rimasti in
Biblioteca Vaticana, PÁSZTOR, Per la storia dell’Archivio Segreto Vaticano cit., p. 410.
85 Il 12 ottobre 1871 Bollig scrisse da Londra a Martinucci, informandolo sui suoi lavori

al British Museum e chiedendo quindi «un po’ più di vacanza per la Vaticana»; oltre alla co-
municazione di notizie su Londra e alla richiesta di denaro per far fronte al pagamento anti-
cipato dell’affitto, Bollig informava il superiore di aver lasciato l’Università di Roma l’8 otto-
bre 1871, avendo rifiutato di prestare giuramento al nuovo governo (cfr. supra), Arch. Bibl. 5,
ff. 289r-290v. Proprio in ragione della sua esperienza internazionale Bollig fu chiamato spes-
so a svolgere un ruolo di mediazione e rappresentanza con studiosi non italiani e ambasciate;
cfr., per esempio, la vicenda della consegna dalla Legazione di Prussia alla Vaticana (16
gennaio 1894) e della riconsegna (19 maggio 1894) di un manoscritto dell’Imitatio Christi
della biblioteca di Stuttgart, prestato dal governo di Württemberg per essere consultato in
Vaticana da Pierre Édouard Puyol, Arch. Bibl. 46, ff. 308r, 309r.

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rapporti fra Leone XIII e il suo cardinale Bibliotecario). Rispetto a Pitra si


polarizzano tutte le forze in campo: De Rossi e Stevenson senior (dunque
due scrittori) a lui vicini, Martinucci e Bollig (i due custodi) a lui estranei.
Ma non si deve peraltro pensare che fra Martinucci e Bollig, certo uniti
dall’insofferenza per Pitra, i rapporti fossero idilliaci. Il gesuita accenna
esplicitamente a difficoltà nelle relazioni col suo superiore immediato,
soprattutto in ragione del suo carattere infelice e difficile (nrr. 17-18, 21);
ma al tempo stesso ha per lui parole di stima, tanto più ora che gli pare
«abachiato e avilito» perché non sente più, col nuovo pontificato, l’ap-
poggio del palazzo che lo sosteneva sotto Pio IX (nr. 17). Paradossale ma
non banale è il motivo più profondo dell’apprezzamento nei confronti di
Martinucci: la sua mancanza di propensione per gli studi personali lo in-
duce a occuparsi di più della Biblioteca Vaticana (nr. 18). Il testo a tratti
è gustoso, a volte veramente spassoso, nel rivelare senza infingimenti di
sorta il backstage della Biblioteca, il «dietro le quinte» della Vaticana. Ma
il testo presenta alcune idee che avrebbero avuto fortuna, come per esem-
pio quella degli assistenti (nrr. 22, 24), che sarebbero stati la vera, grande
novità del Regolamento del 1885.
Non sappiamo se, dopo la lettera dell’8 novembre 1879, la situazione
di Bollig sia sostanzialmente mutata; si può anzi ipotizzare che così non
sia stato. Martinucci era alla vigilia della sua giubilazione-promozione (23
marzo 1880) e negli ultimi anni Bollig dovette aiutarlo e in qualche caso
sostituirlo86. Ignoriamo anche come Bollig si sia trovato accanto prima a
Stefano Ciccolini (primo custode dal 23 aprile 1880), e poi a Isidoro Carini
(primo custode del 28 novembre 1892)87, in una fase segnata anche per
lui progressivamente dalla diminuzione delle forze e dall’aumento delle

86 Il 18 gennaio 1880 il card. Lorenzo Nina, segretario di Stato, scrisse a Bollig revocando

le facilitazioni concesse nel 1878, «attesa la malferma salute» del primo custode, a Vincenzo
Forcella. Nina afferma che Bollig era spesso chiamato «a far le veci di Monsignor Primo Cu-
stode», Arch. Bibl. 79A, f. 445r.
87 Elementi potrebbero emergere da ricerche in Archivio Vaticano e nell’Archivio Roma-

no della Compagnia di Gesù. Lusinghiero è comunque il giudizio che Ciccolini diede di Bollig
nella «memoria» del 24 novembre 1883: «È membro della Compagnia di Gesù. Appartiene
alla Biblioteca dall’anno 1866, e prima di occupare il presente grado, fu per un decennio
Scrittore di Arabo. Versatissimo nello studio delle lingue orientali, fornito ancora della cogni-
zione dei linguaggi viventi parlati dalle più colte nazioni, è di grande decoro alla Vaticana, ed
è in grado di prestare rilevanti servigi agli studiosi che vi concorrono dai paesi esteri, prestan-
dosi con puntualità scrupolosa all’assistenza della sala di studio, in tutti i giorni nei quali è
aperta, dalle ore otto della mattina fino al mezzogiorno. Il suo onorario è di Lire annue 1932,
mensili Lire 161», Arch. Bibl. 7, f. 356r-v (versione a stampa); f. 443r (stesura manoscritta). In
questo passo le due versioni differiscono per minimi particolari (nella punteggiatura e nella
grafia di alcune parole); nella trascrizione si è privilegiata la versione a stampa (che in realtà
omette altrove alcune sezioni), perché ritenuta tappa definitiva del testo.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 565

infermità88. Come abbiamo visto, Bollig approvò con soddisfazione le ri-


forme leonine che almeno su due punti determinanti (riqualificazione del
ruolo degli scrittori e totale rinnovamento del collegio; introduzione della
figura degli assistenti) applicarono puntualmente i suggerimenti di Bol-
lig. I grandi lavori sperati e annunciati però non vennero e forse l’infelice
frustrazione si prolungò sino alla fine89. Né sappiamo (almeno sulla base
dei documenti sinora individuati e consultati) quali furono i rapporti di
Bollig col suo confratello e connazionale Franz Ehrle, che, dopo la pub-
blicazione del primo volume dell’Historia bibliothecae Romanorum ponti-
ficum (1890), proprio nel 1890 entrò nel Congresso della Biblioteca quale
«membro straordinario» e che negli anni 1891-1892 fu il protagonista del-
la grande operazione del trasferimento degli stampati dall’Appartamento
Borgia al grande spazio sottostante al Salone Sistino e dell’allestimento e
dell’apertura della nuova Sala Leonina. A più di vent’anni dalla morte, nel
1916, Ehrle scrisse parole di cordiale riconoscimento del valore di Bollig,
della sua disponibilità e del suo impegno in Vaticana, che vanno citate an-
che per correggere quelle non particolarmente lusinghiere di Gregorovius.
E si noti come Ehrle, con longanime superiorità, ponga tutti (Leone XIII,
Pitra, De Rossi, Ciccolini, Carini, Bollig) nella stessa linea di progressiva
disponibilità verso l’esterno (anche se in realtà le diverse «dramatis perso-
nae» potevano aver combattuto fieramente fra loro). In profondità aveva
ragione proprio Ehrle accomunando tutti «in derselben Richtung», quella
determinata dalle decisioni leonine:

Ein weiterer, nicht gering einzuschätzender Fortschritt, den wir dem Einfluss Pi-
tras und De Rossis in den ersten Jahren Leo XIII. verdanken, war ein gewisses
grösseres Entgegenkommen, das nun die sich allmählich mehrenden Besucher
fanden. In derselben Richtung lagen auch die in diesen Jahren erfolgten Präfekten-
Ernennungen des Mgr. Ciccolini (1880) und Mgr. Carini (1889). Ersterer stand als
ehemaliger Journalist der öffentlichen Meinung mit Verständnis gegenüber, letze-
rer war als Gelehrter und Forscher mit angenehmen Umgangsformen stets hilfsbe-

88 Il 24 novembre 1890 il card. Mariano Rampolla, segretario di Stato, comunicò ad Aga-

pito Panici, sotto-Bibliotecario per l’economia e disciplina, che, in considerazione della «mal-
ferma salute» di Bollig che lo costringeva a prendere un mezzo di trasporto per recarsi in
Vaticano, il gesuita avrebbe potuto disporre di lire 50 al mese «fino a che perduri la sua infer-
mità», Arch. Bibl. 6, f. 277r. Il 22 gennaio 1894 Rampolla comunicò a Giuseppe Cozza Luzi,
sotto-Bibliotecario, che, «cessata la causa per la quale veniva accordato un assegno per vet-
ture» al Bollig, dal 1° gennaio 1894, esso veniva a cessare, ibid., f. 302r.
89 Il 9 dicembre 1887 Federico Melandri, della Tipografia Poliglotta della Congregazione

di Propaganda Fide, scrisse a Bollig a proposito di una pubblicazione (dal titolo «Organum
musicum B.M. Virginis», in etiopico, con versione latina), che poi non vide la luce, Arch. Bibl.
50, f. 200r-v. Si tratta dell’edizione del testo etiopico contenuto nel Vat. et. 73, che Bollig
avrebbe annunciato nell’articolo del 1888 (cfr. supra).

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566 PAOLO VIAN

reit innerhalb der ihm gezogenen Grenzen. In derselben Richtung wirkte auch sehr
wohltätig der angesehene Orientalist Johann Bollig S.J. als zweiter Präfekt. Ein
echtes Kind des mitteilsamen Rheinlandes erlaubte er sich gern eine kurze Plau-
derei voll herzlicher Gemütlichkeit und war stets bereit sich zu opfern, um eiligen
Gelehrten eine weitere Arbeitsstunde zu ermöglichen90.

D’altra parte la figura di Bollig compare di frequente nei diari e nei


ricordi di molti studiosi che trovarono in Bollig sempre un interlocutore,
spesso un aiuto cortese e disponibile, da Theodor von Sickel91 a Ludwig
von Pastor92, a Franz Xaver Kraus93. Certo è che, dopo l’improvvisa e ina-
spettata morte di Carini (25 gennaio 1895), la nomina provvisoria di Ehrle
a primo custode (29 gennaio 1895) precedette di poco più di un mese la
morte di Bollig (9 marzo 1895)94. E se la prima — la nomina provvisoria
di Ehrle — sembra essere un passo precipitoso compiuto per occupare
rapidamente una casella prima che altri interessi se ne impadronissero, la
seconda — la morte di Bollig — pare essere la circostanza favorevole e libe-
ratoria che permise la nomina definitiva di Ehrle (22 giugno 1895)95: quasi
che la presenza contemporanea di due gesuiti al vertice della Biblioteca
Vaticana potesse infrangere degli equilibri che nella Roma ecclesiastica
vanno sempre rispettati, anche in un pontificato come quello di Leone XIII
simpatizzante per la Compagnia nella quale era rientrato, come si è visto,
90 F. EHRLE, Bibliothektecnisches aus der Vatikana, in Zentralblatt für Bibliothekswesen 33

(1916), pp. 197-227: 199-200. Per una testimonianza dell‘attività e dell‘impegno di Bollig in
Biblioteca, cfr. Ch. M. GRAFINGER, Die Musikhandschriften des Archivs der Cappella Pontificia
und ihre Entlehnung im 19. Jahrhundert, in Nuovi annali della Scuola Speciale per Archivisti e
Bibliotecari 9 (1995), pp. 45-54: 52
91 Th. von SICKEL, Römische Erinnerungen, nebst ergänzenden Briefe und Aktenstücken,

hrsg. von L. SANTIFALLER, Wien 1947 (Veröffentlichungen des Instituts für Österreichische
Geschichtsforschung, 3), pp. 40 e nt. 1, 98, 117, 132-133, 136, 301, 337.
92 L. von PASTOR, Tagebücher – Briefe – Erinnerungen, hrsg. von W. WUHR, Heidelberg

1950, pp. 80, 93, 119, 123, 178. Giunto a Roma il 10 gennaio 1879, Pastor fu accolto benevol-
mente il giorno dopo da Pitra che «gli assicurò il suo appoggio, ma solo per consultare il
materiale dell‘Archivio Vaticano presso la Biblioteca, sotto la sorveglianza del p. Bollig, se-
condo custode», PÁSZTOR, Per la storia dell’Archivio Segreto Vaticano cit., p. 399. Sulle consul-
tazioni di documenti dell’Archivio in Biblioteca cfr. EHRLE, Bibliothektecnisches aus der Vati-
kana cit., p. 200.
93 F. X. KRAUS, Tagebücher, hrsg. von H. SCHIEL, Köln 1957, p. 587. L‘annotazione di

Kraus è del 10 aprile 1892. Attraverso Bollig Kraus conobbe Guido Maria Dreves e Stephan
Beissel.
94 Un laconico annuncio della morte, a Roma, in Polybiblion. Revue bibliographique uni-

verselle. Partie littéraire 73 (1895) [ser. II, 41], p. 464.


95 Il 13 febbraio 1891 la Segreteria di Stato aveva annunciato al Generale della Compa-

gnia di Gesù l’intenzione di nominare Ehrle Archivista della Santa Sede; ma pochi giorni
dopo, il 28 febbraio, la procedura venne sospesa, per motivi ancora non del tutto chiari,
PÁSZTOR, Per la storia dell’Archivio Segreto Vaticano cit., pp. 376-377.

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UN APRIPISTA DI FRANZ EHRLE 567

un fratello del Papa, Giuseppe. Di fatto Ehrle non avrà un secondo custode
per quasi vent’anni, sino alla nomina di Achille Ratti a viceprefetto con di-
ritto di successione il 20 febbraio 1912, vivendo una situazione a tratti per
lui pesantissima. È un’ipotesi, questa del rapporto fra la doppia nomina
(provvisoria e definitiva) di Ehrle e la figura di Bollig, che si avanza som-
messamente, in attesa di conferme o smentite documentarie.
Quale, dunque, il significato della presenza di Bollig in Biblioteca Va-
ticana e della sua lettera del novembre 1879? Bollig, il primo non italiano
nella dirigenza della Vaticana ottocentesca prima di Ehrle, ha avuto con
la sua lettera l’indiscutibile merito di sottolineare la necessità di elevare
la Biblioteca al livello dei modelli delle altre grandi biblioteche europee.
In un mondo della cultura che lentamente si andava globalizzando, Bollig
comprese che il primato della Biblioteca Vaticana — un’idea che nutre
e percorre la coscienza istituzionale almeno da Muzio Pansa, passando
per gli Assemani e giungendo sino all’Ottocento e al Regolamento del 1851
steso da Martinucci — non può rimanere una petizione di principio né
esprimersi in uno splendido e singolare isolamento, ma deve concretamen-
te realizzarsi in un aggiornamento che parifichi la biblioteca dei papi alle
prassi e ai costumi delle altre biblioteche europee. Significativo, come si è
visto, è il riferimento di Bollig ad Halm e al suo catalogo dei manoscritti
di Monaco di Baviera. La Vaticana, sino ad allora soddisfatta e quasi paga
di sé, ora guarda al di là delle Alpi e idealmente incomincia un viaggio
che la porterà lontano, fra qualche decennio anche al di là dell’Oceano.
Più specificamente, Bollig suggerì di potenziare l’ambito dei manoscritti
orientali che, nonostante la fervida stagione settecentesca degli Assemani,
non gli sembrava all’altezza del patrimonio manoscritto greco-latino. Per
raggiungere l’obiettivo, Bollig indicò la strada della rete missionaria. Poco
più di vent’anni dopo, con l’accessione (1902) della biblioteca manoscritta
e a stampa della Congregazione di Propaganda Fide (con i tesori accumu-
lati da Stefano Borgia), accadrà in qualche modo quanto il gesuita aveva
auspicato.
Ma, come si è accennato e ora conviene ribadire, su altri due punti
importanti la lettera di Bollig sembra aprire la strada alle risoluzioni di
papa Leone: la riqualificazione e il rinnovamento del collegio degli scrit-
tori, davvero impiegati nell’ardua e difficile catalogazione dei manoscritti
(la nuova frontiera della Vaticana leonina); l’invenzione del ruolo degli as-
sistenti che, proprio sull’esempio dei modelli europei, finalmente colmano
lo iato fra custodi e scrittori da una parte e «scopatori» dall’altra; uno iato
imbarazzante e paradossale che conferiva alla Biblioteca Apostolica un
profilo singolare nel quale l’assenza di un corpo intermedio provocava in-
numerevoli danni, in una curiosa situazione sempre in bilico fra l’aulicità

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568 PAOLO VIAN

dei vertici e la prosaicità quasi greve del personale esecutivo che alla fine,
nella latitanza degli scrittori e nel sovraccarico di impegni dei custodi, era
quello che di fatto gestiva molti aspetti e procedure della Vaticana96. Bol-
lig dunque intuì la strada da battere; in questo senso ci può apparire un
apripista, un precursore, del confratello e connazionale Ehrle, che della
prima modernizzazione della Vaticana fu il protagonista. E forse di fronte
a un nome simile Bollig sarebbe lieto di essere considerato anche solo un
battistrada. Illum oportet crescere, me autem minui (Gv 3, 30).

Addendum
La presenza di Bollig negli epistolari, nei carteggi, nelle memorie della secon-
da metà dell’Ottocento romano è ampia. In aggiunta a quanto già ricordato (cfr.
supra, p. 566), cfr.: Correspondance de Giovanni Battista De Rossi et de Louis Du-
chesne (1873-1894), établie et annotée par P. SAINT-ROCH, Rome 1995 (Collection
de l’École française de Rome, 205), pp. 488 (Duchesne a De Rossi, Paris, 23 ottobre
1886: Bollig sembra caduto in disgrazia, a favore di Stefano Ciccolini), 490 (De
Rossi a Duchesne, Roma, 5 novembre 1886: conferma un «heureux changement»
avvenuto, negli equilibri interni alla Biblioteca Vaticana, a favore di Pitra e Cicco-
lini; Bollig dovrebbe essere colui che nel testo viene definito «cerbère»; perché si
soggiunge che, impegnato in un viaggio di ricerca [come effettivamente fu Bollig
prima del 1888, cfr. supra, nt. 13], rimane comunque al suo posto e non sembra
debba mutare il suo umore); M. BUONOCORE, Theodor Mommsen e gli studi sul
mondo antico. Dalle sue lettere conservate nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Na-
poli 2003 (Università di Roma «La Sapienza». Pubblicazioni dell’Istituto di Diritto
Romano e dei diritti dell’Oriente mediterraneo, 79), p. 213 (Mommsen a De Rossi,
domenica [ma 1882-1883]: il mittente prega De Rossi di consegnare a Bollig dei
manoscritti che poi il gesuita mostrerà a Mommsen).
Dagli accenni di Duchesne e di De Rossi si direbbe dunque che fra il primo
custode Ciccolini e il secondo custode Bollig, almeno nella seconda metà degli
anni Ottanta (cioè dopo l’entrata in vigore del Regolamento del 1885), vi sia stata in
realtà una seria tensione (cfr. supra, p. 564).

96La valutazione di Bollig sarà condivisa, tre anni dopo, da Stefano Ciccolini nella Me-
moria sullo stato della Biblioteca Vaticana (18 marzo 1882), ove afferma: «Dall’esposto si ar-
guisce quanto sia difettosa in questa parte l’assistenza alla Biblioteca. Gli Ufficiali alti sono
forse soverchi e sopra il bisogno delle attribuzioni proprie del loro impiego; gli Ufficiali infi-
mi sono pochi, e non rispondenti ai bisogni di uno stabilimento così vasto e fornito di tanta
copia di oggetti svariati e tutti preziosi. Ma il difetto maggiore sotto il rispetto degli addetti ai
servigi della Biblioteca sta in questo, che fra gli alti e gl’infimi ufficiali non avvi una classe
media dei quali valersi per tener registri, formare indici, occuparsi della corrispondenza, e di
altri servigi ai quali gli alti non si presterebbero, e gl’infimi nol potrebbero, sia per incapacità,
sia per difetto di tempo», Arch. Bibl. 7, ff. 330r-338v: 336v. Si sarebbe quasi tentati di dire che
Bollig (e Ciccolini nella sua linea) auspichino, quasi a specchio dell’evoluzione della società,
una Vaticana più «borghese», maggiormente fondata su una «classe media» in grado final-
mente di superare il dominante bipolarismo ancien régime di nobiltà e plebe.

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PAOLO VIAN

GIUSEPPE TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA


ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI.
I RAPPORTI CON GLI ERUDITI AMBROSIANI
E VATICANI (EHRLE, MERCATI, RATTI: 1897-1900)

a Paolo Pecorari

1. La Società Cattolica Italiana per gli Studi Scientifici. – 2. I documenti dei Carteggi
Mercati e dei Carteggi Toniolo. – 3. I «raccomandati» di Toniolo: i diversi destini di Ercole
Attuoni, Francesco Mari e Girolamo Zattoni. – 4. Conclusioni: la logica dei piccoli passi e la
militanza del cattolicesimo intellettuale.

1. Dopo aver costituito (1889) l’Unione Cattolica per gli Studi Sociali,
fra il 1894 e il 1899 Giuseppe Toniolo si adoperò per dare vita a un organi-
smo che animasse e coordinasse gli studi scientifici dei cattolici italiani1.
Venuta alla luce nel settembre 1894, perfezionata con i suggerimenti di
ecclesiastici e amici di Toniolo, l’idea prese progressivamente forma e il 7
gennaio 1895 fu così enunciata dal professore pisano al segretario di Stato
di Leone XIII, il card. Mariano Rampolla del Tindaro:

Converrebbe all’uopo coordinare le forze isolate degli studiosi cattolici d’Italia, in


tre o forse quattro grandi associazioni scientifiche: l’una per gli studi sociali che già

1 Per una prima informazione sulla Società, cfr. A. GEMELLI, Giuseppe Toniolo animatore

e anticipatore della Università dei cattolici italiani, in Vita e pensiero 28 (1942), pp. 327-334:
330-332; G. DALLA TORRE, Il card. Giuseppe Callegari, vescovo di Padova. Discorso commemo-
rativo nel centenario della nascita, Padova 1942, pp. 25-26; P. PALAZZINI, s.v. Società Cattolica
Italiana per gli Studi Scientifici, in Enciclopedia cattolica, XI, Roma 1953, col. 850. Ma la rico-
struzione più ampia rimane ancora quella di A. GAMBASIN, Origini, caratteri e finalità della
Società cattolica italiana per gli studi scientifici, in Aspetti della cultura cattolica nell’età di Le-
one XIII. Atti del convegno tenuto a Bologna il 27, 28, 29 dicembre 1960, a cura di G. ROSSINI,
Roma 1961, pp. 535-568 [ripubblicato col titolo La Società cattolica italiana per gli studi scien-
tifici e la crisi culturale di fine Ottocento, in ID., Religione e società dalle riforme napoleoniche
all’età liberale. Clero, sinodi e laicato cattolico in Italia, Padova 1974, pp. 217-247; le nostre
citazioni sono dalla prima edizione]. Alla Società dedicano naturalmente spazio tutti i bio-
grafi di Toniolo; cfr., fra gli altri, E. DA PERSICO, La vita di Giuseppe Toniolo, con prefazione
di P. MAFFI, Mantova-Milano 1927, pp. 168-179; F. VISTALLI, Giuseppe Toniolo, Roma 1954,
pp. 469-480; D. SORRENTINO, Giuseppe Toniolo. Una Chiesa nella storia, Cinisello Balsamo
1987 (Dimensioni dello Spirito), pp. 170-177; ID., Giuseppe Toniolo. Una biografia, Cinisello
Balsamo 1988 (Tempi e figure), pp. 88-92; ID., L’economista di Dio. Giuseppe Toniolo, Roma
2001 (Testimoni, 32), pp. 81-84, 217-221.

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 569-637.

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570 PAOLO VIAN

esiste; una seconda per gli studi filosofici; e una terza per gli studi fisico-naturali
ed una quarta per gli studi storici e discipline ausiliari. Forse le quattro società
potrebbero metter capo all’Accademia dei nuovi Lincei, opportunamente ampliata
nei suoi ordinamenti; e questa poi tenersi in comunicazione con tutte le società
scientifiche di altri Stati. Inoltre come questa Unione per gli studi sociali ha la pro-
pria rivista, ciascuna delle altre sezioni o società potrebbe scegliersi un periodico
che divenga l’organo speciale delle rispettive pubblicazioni. E finalmente potreb-
bero le quattro società rinvenire modo nuovo di coordinamento centrale in quattro
cattedre, in Roma stessa, per la storia delle dottrine filosofiche, per la storia delle
dottrine sociali, per quella delle scienze fisico-naturali nonché della storia e delle
discipline ausiliari; di modo che apparisse, nel suo compiuto svolgimento storico,
dimostrato il cammino del sapere universale sotto l’influsso del cristianesimo e del
pontificato. […] [Tale società] gioverebbe non solo a scemare l’attuale disgrega-
mento degli studiosi cattolici di ogni scienza fra noi, non solo ad aggiungere vigore
e sicurezza di indirizzo cattolico agli studi, ciò che per alcuni rami di scienza lascia
molto a desiderare; ma ancora a rappresentare onorevolmente l’Italia nel seno di
un congresso internazionale scientifico, che si aprisse fra noi2.

Gli anni successivi furono dedicati — fra incontri, circolari, convegni


nazionali e internazionali — al perfezionamento del progetto dell’associa-
zione, giunta alla definitiva costituzione a Como, nel corso di un convegno
commemorativo (13-15 settembre 1899) del centenario della morte di Ales-
sandro Volta, che dell’armonia fra la scienza vera e la fede era stato pratico
esempio e vivente modello. All’insegna appunto dell’affermata compatibili-
tà fra scienza e fede, e dunque in funzione dichiaratamente antipositivista,
si ponevano gli scopi della Società Cattolica Italiana per gli Studi Scienti-
fici che, nel programma provvisorio diramato nella primavera 1899, veni-
vano riassunti in quattro punti: «promuovere le scienze in armonia con la
fede»; «collegare con mutue relazioni di studi per ogni ordine di discipline
i cultori cattolici d’Italia»; «avviare e mantenere utili corrispondenze con
altre Società scientifiche italiane ed estere»; «promuovere in ogni modo la
più larga diffusione della cultura».
Gli obiettivi della Società (presieduta dallo stesso Toniolo, con Salva-
tore Talamo quale vicepresidente e Angelo Mauri come segretario gene-
rale) erano dunque ambiziosamente molteplici, sia ad intra che ad extra.
Se opponendosi al positivismo dominante, che proclamava esaurita ogni
credenza religiosa col progresso della scienza, la Società riaffermava che
«tra la Rivelazione custodita e interpretata dalla Chiesa e i risultati del-
la scienza non può esistere contraddizione» (Statuto, art. 1), all’interno

2
G. TONIOLO, Lettere, I: 1871-1895, raccolte da G. ANICHINI, ordinate e annotate da N.
VIAN, Città del Vaticano 1952 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo. Serie VI, Epistolario, I), pp.
354-355; cit. in GAMBASIN, Origini cit., p. 536.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 571

del mondo cattolico italiano si proponeva uno strumento per coordinare


e consolidare, in un quadro di respiro europeo, l’impegno per gli studi
sino a quel momento talmente provinciale, debole e scarso da provocare
nel medievista belga Godefroid Kurth, al congresso scientifico cattolico
internazionale di Friburgo (agosto 1897), la provocatoria domanda se mai
esistesse una scienza cattolica italiana3. Al tempo stesso la Società doveva
dare unità e sicurezza di indirizzo agli studi cattolici italiani, arginando e
correggendo quelle tendenze razionaliste e ipercritiche che molto preoccu-
pavano Toniolo4. Non a caso, come spiegherà lo stesso Toniolo scrivendo
il 24 agosto 1899 a Giuseppe Callegari, «io non invitai a far parte della
società e ad intervenire a Como taluni che so di certo, o sospetto con fon-
damento, [sostenitori] di quell’indirizzo troppo ardito», come per esempio
Giovanni Semeria5. Il barnabita, con altri esponenti dell’«indirizzo troppo
ardito» come Francesco Faberi e Salvatore Minocchi, vennero recuperati
in un secondo momento alla Società6 ma solo a patto di uniformarsi con
chiarezza alla sua linea pienamente ortodossa garantita dal sostegno di
cardinali, come il gesuita neotomista Camillo Mazzella, il segretario di Sta-
to Rampolla, il prefetto della Congregazione degli studi Francesco Satolli,
e vescovi (a loro volta futuri cardinali), come Giuseppe Callegari, di Pado-
va, e Agostino Gaetano Riboldi, di Pavia.
Le difficoltà che Toniolo dovette superare per arrivare al convegno di

3 VISTALLI, Giuseppe Toniolo cit., p. 435.


4 Su questo aspetto insiste, a ragione, GAMBASIN, Origini cit., pp. 546-553. Ma anche Sor-
rentino constata che «è sintomatico che i suoi [scil.: di Toniolo] primi cenni all’urgenza di un
nuovo strumento per la cultura dei cattolici italiani si registrino in connessione con lo “scan-
dalo” provocato negli ambienti cattolici da una conferenza di Antonio Fogazzaro in tema di
evoluzionismo», SORRENTINO, Giuseppe Toniolo. Una biografia cit., p. 89. Molto esplicita l’in-
tenzione di Toniolo appare in una sua lettera al card. Francesco Satolli, Pisa, 1° giugno 1899:
«[…] fu pensiero unanime […] non solo di stringere in fascio gli studiosi cattolici fra noi, a
somiglianza di analoghe e prosperose società dell’estero, ma ancora di reagire con più corret-
ta osservanza dei rapporti fra scienza e fede, a certa ipercritica razionalistica, che sembra
insinuarsi fra i cattolici studiosi d’Europa e di America, compromettendo ad un tempo l’inte-
grità della fede e la serietà della scienza», G. TONIOLO, Lettere, II: 1896-1903, raccolte da G.
ANICHINI, ordinate e annotate da N. VIAN, Città del Vaticano 1953 (Opera omnia di Giuseppe
Toniolo. Serie VI, Epistolario, II), p. 157.
5 TONIOLO, Lettere, II, cit., pp. 171-172.
6 Cfr. la lettera di Toniolo a Giuseppe Alessi, Pisa, 14 dicembre 1899, cit. in GAMBASIN,

Origini cit., pp. 552-553. I loro nomi compaiono infatti nell’Elenco dei membri delle sezioni
della Società Cattolica Italiana per gli studi scientifici, conservato nel fondo Giuseppe Callega-
ri dell’archivio del Seminario di Padova, pubblicato da GAMBASIN, Origini cit., pp. 558-567:
559 (Faberi, nella sezione per gli studi religiosi, filosofici, apologetici), 560 (Minocchi e Se-
meria, nella stessa sezione). Fra gli aderenti compariva anche Romolo Murri (ibid., p. 566).
L’Elenco, che non comprende la sezione per gli studi filosofici e letterari, è privo di datazione
ma risale probabilmente alla primissima fase della Società.

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Como furono innumerevoli. «Ci ho poca fede di riuscita — gli scriveva


Giuseppe Alessi il 17 novembre 1896 —. C’è indolenza nell’agire e non c’è
molto amore alla scienza», esprimendo il timore che «per queste associa-
zioni scientifiche succeda lo stesso che per le società d’azione. Siccome
avviene che s’incontrano le stesse persone nell’Opera dei Congressi, nei
Circoli di gioventù cattolica, nei Comitati antimassonici, nei Comitati an-
tischiavisti, nelle Leghe del Riposo festivo ecc., così mi pare che dovremo
incontrare le medesime persone nella sezione studi sociali, nella sezione
studi storici, nella sezione studi filosofici e poi trovarle tutte riunite nella
sezione studi apologetici, cui confluiscono tutti i diversi rami del sapere
cristiano»7. Alessi rivelava così il difetto e il limite di molteplici iniziative,
alla fine animate sempre dalle stesse persone. Secondo i propositi antici-
pati a Rampolla nella lettera del gennaio 1895, la Società nel 1899 si era
infatti articolata in cinque sezioni: per gli studi religiosi, filosofici, apologe-
tici (presidente Giuseppe Alessi, di Padova); per gli studi sociali-economici
e giuridici-politici (presidente Toniolo; si trattava in sostanza dell’Unione
Cattolica per gli Studi Sociali, inclusa nel nuovo organismo); per gli studi
fisici, naturali e matematici (presidente Pietro Maffi, di Pisa); per gli studi
storici e affini (presidente Franz Ehrle); per gli studi filologici, letterari e
artistici (presidente Giacomo Poletto, di Vicenza).
Il modello al quale Toniolo guardava, costituendo la Società, era chia-
ramente rappresentato dall’esempio tedesco della «Görres-Gesellschaft
zur Pflege der Wissenschaft im katholischen Deutschland», nata il 25 gen-
naio 1876. A differenza di quanto era avvenuto in Belgio (con la nascita
dell’Università Cattolica di Lovanio, 1835), in Francia (con le fondazioni
degli istituti cattolici di Parigi, 1875, e di Lille, 1875), e negli Stati Uniti
(Catholic University of America, 1887), i cattolici tedeschi, nella bufera del
«Kulturkampf», avevano più realisticamente optato per la costituzione di
una società, in grado di promuovere studi, curare pubblicazioni, dare aiuto
agli studiosi, tenere vive le relazioni fra i dotti con periodiche riunioni. La
situazione italiana, dominata da un forte indirizzo politico anticlericale,
con una legislazione scolastica decisamente orientata verso il monopolio
di Stato e con intellettuali cattolici «disconosciuti, isolati, od operanti in
angusta cerchia, deficienti del sussidio di mutui legami e discussioni, e non
poco ancora remoti da quella unità di intendimenti finali che sotto la guida
della Chiesa risponda alla dignità e alla tradizione del sapere cristiano»8,

7 Giuseppe Alessi a Toniolo, Padova, 17 novembre 1896; in Biblioteca Vaticana, Carteggi

Toniolo 1788; cit. in SORRENTINO, Giuseppe Toniolo. Una biografia cit., pp. 89-90.
8 Il giudizio è di Toniolo nella lettera circolare sottoposta a Riboldi che doveva firmarla

insieme a Callegari, ottobre 1895; in TONIOLO, Lettere, I, cit., p. 375; cit. in GAMBASIN, Origini
cit., p. 542.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 573

spingeva Toniolo nella stessa direzione. Ma le gravi carenze e i radicati osta-


coli che avevano indotto il professore pisano alla scelta «leggera», meno
impegnativa e onerosa, di una società accompagnarono sempre il cammi-
no della nuova creatura minandone i risultati. Costretta a confrontarsi con
l’ostilità del pensiero dominante, sempre alla ricerca di conferme e appoggi
da parte della Santa Sede e della gerarchia, fra il malcontento dell’Opera
dei Congressi (che non tollerava l’autonomismo dell’esperienza di Toniolo)
e le tendenze particolaristiche e sino campanilistiche dei vari gruppi (come
quello romano facente capo ad Antonio Malvezzi Campeggi ed Edoardo
Soderini, che avrebbero voluto la sede a Roma, scelta che Toniolo voleva
evitare per non compromettere la Santa Sede e forse per garantire meglio
gli equilibri interni dell’associazione)9, la Società fece pochi passi avanti.
Sin dagli inizi — scrive Angelo Gambasin — «il funzionamento di alcune
sezioni riuscì piuttosto debole e fiacco» e «sulla vitalità della Società dal
1900 al 1912 ci sono pochi indizi»10. La nascita nel suo ambito di alcune
riviste (come la Rivista di scienze fisiche, naturali e matematiche, animata a
Pisa dal Maffi, e la Rivista di scienze storiche, promossa a Pavia da Rodolfo
Maiocchi) fu più l’espressione di un’esigenza che la capacità durevole di
soddisfarla11. Nel 1903 Toniolo pensò a un riordinamento della decadente
società «in forma regionale»12, ma anche questa volta senza grandi risulta-
ti. Fra il 1904 e il 1906 venne alla luce, a Pisa (non a caso uno dei centri più
vivaci, per la presenza dell’arcivescovo Maffi), un Bollettino mensile della
Società Cattolica Italiana per gli Studi Scientifici, mentre già nei primi anni
di vita col sussidio della Società erano stati finanziati alcuni volumi13. Con
l’intento di riproporre in Italia l’esperienza della «Görres-Gesellschaft» ma
nello spirito rinnovato del neotomismo lovaniense14, nel quadro dello sfor-
zo dei cattolici italiani per recuperare sul piano sociale e culturale quella
9 SORRENTINO, Giuseppe Toniolo. Una biografia cit., p. 91. Sulle polemiche fra Toniolo e il

gruppo romano sulla questione della sede, cfr. M. CASELLA, Il cardinale Domenico Maria Ja-
cobini (1837-1900) [1971], ora ripreso in ID., Cattolici a Roma dopo l’Unità d’Italia (1869-
1900), Battipaglia 2011, pp. 13-81: 71-77.
10 GAMBASIN, Origini cit., pp. 538, 539. Non diverso è il giudizio di SORRENTINO, Giuseppe

Toniolo. Una biografia cit., p. 92: «[…] la Società non riuscirà mai ad avere una grande vitali-
tà».
11 Sulle riviste sorte nell’ambito delle diverse sezioni, ma con breve vita, cfr. GAMBASIN,

Origini cit., pp. 538-539.


12 GAMBASIN, Origini cit., pp. 539-540.
13 S. PINTUS, Sardinia Sacra. Nuovo elenco storico-critico degli arcivescovi e vescovi di

Sardegna con copiose notizie storico biografiche compilato colla scorta dei documenti dell’Ar-
chivio Vaticano e di altri archivi. Opera benedetta da S.S. Leone XIII, pubblicata a spese dell’au-
tore e della Società Cattol. Italiana per gli Studi Scientifici, Iglesias s.d. [ma evidentemente
entro il pontificato di papa Pecci, dunque prima del luglio 1903].
14 P. PECORARI, Toniolo, Giuseppe, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia,

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presenza che era stata loro negata nell’ambito politico, la Società promosse
inoltre la costituzione di biblioteche di cultura scientifica e favorì lavori
e ricerche, istituendo borse di studio per corsi di perfezionamento. Ma
il bilancio appare tutto sommato modesto e scarso, anche alla luce delle
grandi ambizioni che si coltivavano di formare un pensiero storico cattoli-
co in grado di contrastare in questo campo l’offensiva laicista. Non appare
allora casuale che nel Progetto per una rivista di storia della Chiesa in Italia
(23 ottobre 1944), alle origini del periodico che vedrà la luce nel 1947, si
ricordino la rivista, poi non realizzata, di Isidoro Carini, la Miscellanea di
storia ecclesiastica e studi ausiliari fondata e diretta da Umberto Benigni e
la Rivista di Maiocchi ma non si accenni minimamente alla Società, che
pure dell’ultima era stata levatrice15; quasi che essa non avesse lasciato una
traccia veramente seria e durevole e non potesse così ambire alla natura
di precedente16.
Fallimento della Società, dunque? Agostino Gemelli, che con l’Univer-
sità Cattolica del Sacro Cuore volle proprio sotto l’egida del professore pi-
sano riprendere e portare a compimento i suoi progetti, non sembra avere
dubbi: «inerzia di alcune categorie di uomini, malvolere di altri; opposizio-
ni ingiustificate e sorde; difficoltà dei tempi, povertà dei mezzi, tutto con-
giurò ad impedire che il Toniolo vedesse fiorire in opere attive l’organismo
da lui pensato con sì nobile e vasto ingegno ed amato con tanto fervore»17.
Eppure — scriveva Giuseppe Vistalli agli inizi degli anni Cinquanta del se-
colo scorso — «gli anziani d’oggi possono benissimo ricordare il risveglio
che in quel tempo portò fra noi la Società Cattolica Italiana per gli Stu-
di Scientifici»18, che comunque riscosse e animò energie, con adesioni di
vecchi e giovani che nel tempo avrebbero lasciato un segno, da Francesco
Acri a Romolo Murri, da Filippo Meda a Luigi Sturzo, da Carlo Cipolla a
Gaetano De Sanctis19. E l’obiettivo perseguito fu tanto caro al Toniolo da

1860-1980, diretto da F. TRANIELLO – G. CAMPANINI, II: I protagonisti, Casale Monferrato


1982, pp. 636-644: 642-643.
15 Il Progetto è pubblicato in P. VIAN, Le origini e il programma della «Rivista di storia

della Chiesa in Italia» (1938-1947), in Cinquant’anni di vita della «Rivista di storia della Chiesa
in Italia». Atti del Convegno di Studio (Roma, 8-10 settembre 1999), a cura di P. ZERBI, Roma
2003 (Italia sacra. Studi e documenti di storia ecclesiastica, 71), pp. 15-99: 81-85.
16 È indicativo che nessun documento fra quelli, numerosi e ricollegabili a personaggi

diversi (Paolo Guerrini, Pio Paschini, Giovanni Battista Montini, Giovanni Mercati, Pietro
Fedele, Amato Pietro Frutaz, Giovanni Battista Borino, Michele Maccarrone, 1938-1947),
pubblicati in VIAN, Le origini e il programma cit., pp. 61-99, ricordi mai Toniolo e la Società
da lui creata.
17 GEMELLI, Giuseppe Toniolo animatore cit., p. 332; cit. in GAMBASIN, Origini cit., p. 541.
18 VISTALLI, Giuseppe Toniolo cit., p. 477.
19 I nomi compaiono nel già ricordato Elenco dei membri delle sezioni della Società Catto-

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 575

riproporlo nuovamente, questa volta su scala internazionale, pochi anni


dopo, nel 1907, con quell’associazione cattolica per il progresso degli studi
scientifici che peraltro, nel clima arroventato della Pascendi, finì per mo-
rire ancora prima di nascere: ma anche allora le persone coinvolte furono
in parte le stesse, quasi a riprovare l’esperienza già tentata, ribadendone
la validità20.
Per costruire la Società, fra il 1894 e il 1899, Toniolo dovette paziente-
mente tessere una tela, ramificata e complessa21, per individuare disponi-
bilità, stimolare e raccogliere energie, chiedere consigli e aiuti. Di questa
opera, lunga e faticosa, abbiamo numerose testimonianze (in parte pubbli-
cate nell’edizione delle sue Lettere22) dispiegate in molteplici direzioni. Fra
queste vi erano naturalmente gli ambienti eruditi gravitanti intorno alla
Biblioteca Ambrosiana a Milano e alla Biblioteca Vaticana a Roma23, fra
loro storicamente collegate. Fra gli ecclesiastici che risposero all’appello
di Toniolo vi furono così anche Achille Ratti e i fratelli Giovanni e Angelo
Mercati. Lo testimonia un manipolo di lettere scambiate col professore
pisano fra il 1897 e il 1899, presenti nei fondi Carteggi Mercati e Carteggi
Toniolo della Biblioteca Vaticana, sin qui trascurate e invece preziose per
comprendere spirito, ideali e progetti dei tre sacerdoti, in momenti diver-
si del loro cammino24. Curiosamente sia i biografi di Pio XI che quelli,
naturalmente meno numerosi, dei fratelli Mercati tacciono o accennano

lica Italiana per gli studi scientifici (cfr. supra nt. 6), pubblicato da GAMBASIN, Origini cit.,
pp. 558-567: 559 (Acri, nella sezione per gli studi religiosi, filosofici, apologetici), 560-561
(Sturzo, nella sezione per gli studi religiosi, filosofici, apologetici e in quella per gli studi so-
ciali-economici e giuridici-politici), 561 (De Sanctis, nella sezione per gli studi sociali-econo-
mici e giuridici-politici), 565 (Cipolla, in sezione non precisata), 566 (Meda e Murri, in sezio-
ne non precisata).
20 R. AUBERT, Un projet avorté d’une association scientifique internationale catholique au

temps du modernisme, in Archivum historiae pontificiae 16 (1978), pp. 223-312; P. PECORARI,


Giuseppe Toniolo e il socialismo. Saggio sulla cultura cattolica tra ’800 e ’900, Bologna 1981 (Il
mondo moderno e contemporaneo. Studi di storia e storiografia, 1), pp. 60-70; SORRENTINO,
L’economista di Dio cit., pp. 102-103.
21 «[…] i suoi rapporti epistolari in questi anni sono come la tessitura di una tela», SOR-

RENTINO, Giuseppe Toniolo. Una biografia cit., p. 91.


22 Cfr. G. TONIOLO, Lettere, III: 1904-1918, raccolte da G. ANICHINI, ordinate e annotate da

N. VIAN, Città del Vaticano 1953 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo. Serie VI, Epistolario,
III), s.v. «Società scientifica generale fra i cattolici italiani» in indice, p. 563.
23 Già nel febbraio 1892, Toniolo aveva invitato Giovanni Battista De Rossi a partecipare

al primo congresso degli studiosi cattolici di scienze sociali programmato per l’autunno 1892
a Genova, per celebrare il quarto centenario della scoperta dell’America, Vat. lat. 14291,
ff. 363r-366r.
24 Preciso che obiettivo di questo articolo non è valorizzare tutti i documenti presenti nei

due fondi relativi alla Società ma solo mostrare il modus procedendi di Toniolo nel caso con-
creto della sezione per gli studi storici e dei rapporti con l’erudizione ambrosiana e vaticana.

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576 PAOLO VIAN

appena di sfuggita al loro impegno nella Società promossa da Toniolo25.


Forse perché la breve esperienza lasciò pochi segni, presto inghiottita dalle
successive, ben più importanti tappe e realizzazioni nella vita dei tre. Ma
l’episodio merita di essere riscattato dall’oblio, non solo perché documen-
ta, si direbbe statu nascenti, intendimenti e programmi di lavoro dei tre
ecclesiastici destinati ad alte mete ma anche perché esprime lo spirito del
cattolicesimo italiano colto quasi alla fine del pontificato di papa Pecci, nel
momento in cui, sotto la guida di Franz Ehrle (anche lui, come si è visto,
coinvolto nella Società), la Biblioteca Vaticana viveva la prima, fervida
stagione della sua modernizzazione. Proprio il decisivo coinvolgimento in
essa dei tre sacerdoti, insieme al più maturo Ehrle, aderenti ai progetti di
Toniolo si rivela allora utile per comprendere appieno lo stesso senso e
significato del rinnovamento della Biblioteca Vaticana tra la fine del XIX
e gli inizi del XX secolo.

2. Il primo messaggio del manipolo di documenti vaticani è di Achille


Ratti a Toniolo e fa seguito alla partecipazione di Ratti al congresso scien-
tifico internazionale dei cattolici svoltosi a Friburgo in Svizzera dal 16 al
20 agosto 1897:

Milano, 9 settembre 1897


Illustre e gentilis. Signore,
Ella mi ha prevenuto posso dire di pochi istanti; perché mi giunse la sua car-
tolina quando proprio ero sul punto di scriverle. Ed era per dirle che mi trovo non
poco impicciato stante il voto emesso e l’iniziativa presa nel Congresso Cattolico
per l’istituzione di una Università Cattolica26. Secondo quello che fu l’avviso co-

25 Solo alcune esemplificazioni. Per Achille Ratti, nessun cenno alla partecipazione alla

Società e ai rapporti con Toniolo nel pur completissimo Papa Pio XI evocato da Giovanni
Galbiati prefetto dell’Ambrosiana, Milano [et alibi] 1939 (Le grandi figure della storia). Per
Giovanni Mercati, nessun cenno in Appunti biografici, in Gli scritti del cardinale Mercati. Arti-
colo apparso su «L’osservatore romano» preceduto da «Appunti biografici», Biblioteca Aposto-
lica Vaticana 1957, pp. 5-14. Per Franz Ehrle, nessun cenno alla partecipazione alla Società
nei «Cenni biografici» e nell’elenco degli «Istituti scientifici a cui fu ascritto il card. Ehrle
nell’ordine cronologico della nomina» in Miscellanea Francesco Ehrle. Album, Roma 1924
(Studi e testi, 42), pp. 12-17. Solo per Angelo Mercati si ricorda la sua partecipazione come
socio corrispondente della Società in Curriculum vitae di Mons. Angelo Mercati, in Miscella-
nea Archivistica Angelo Mercati, Città del Vaticano 1952 (Studi e testi, 165), pp. VII-VIII: VII. Ma
per l’impegno sia di Giovanni che di Angelo nella Società cfr. il cenno in G. BATTELLI, Ricordo
di mons. Angelo Mercati, in Card. Giovanni – Mons. Angelo Mercati […]. XXV anniversario
della morte del Cardinale. Commemorazioni tenute il 23 ottobre 1982, Reggio Emilia 1985, pp.
35-49: 42.
26 Di questo voto per una Università Cattolica, evidentemente da fondarsi in Italia, Tonio-

lo non fa cenno nella lettera al card. Mariano Rampolla, Follina, 19 settembre 1897, nella
quale informa il segretario di Stato di Leone XIII sullo svolgimento del congresso, cfr. TONIO-
LO, Lettere, II, cit., pp. 80-81.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 577

mune a Friburgo, dovrei fare dei riflessi che facilmente dispiaceranno e potranno
suscitare sterili battibecchi — dai quali rifuggo non so dirle quanto27. Più che mai
mi persuado che l’articolo per la Rivista lo deve scrivere Lei28. E come laico, e come
Lei, sarà meglio ascoltato dopo aver avuto maggior libertà e maggiore autorità di
parola — Creda che non faccio complimenti: non ne faccio mai. Mi pare invece ne
faccia Lei a me con espressioni che mi confondono. Ma son sì gentili e buone che
non posso non ringraziarne29.
Devotissimo Suo
Sac. A. Ratti
[A]ll’Illustrissimo Signore
Sig. Prof. Toniolo
Follina
(Provincia di Treviso)30

Ratti ricusava quindi l’impegno che incombeva su di lui dopo il con-


gresso di Friburgo, ove era stato formulato un voto «per l’istituzione di
una Università Cattolica»: proprio questo voto rendeva problematica, agli

27 L’idea dell’Università Cattolica nasceva in Italia dalle correnti più intransigenti (le pri-

me proposte risalivano al 1874), che protestavano contro il monopolio statale nell’istruzione


universitaria. Di qui le diverse prospettive sul soggetto fra le differenti anime del movimento
cattolico, all’origine di contrasti dai quali Ratti voleva evidentemente prendere le distanze.
Sullo sviluppo dell’idea di Università Cattolica nel movimento cattolico italiano, cfr. N. RAPO-
NI, Università Cattolica, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, 1860-1980, I/1:
I fatti e le idee, Torino 1981, pp. 264-272: 264-265.
28 La «Rivista» è la Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie, nata nel

1893 quale emanazione e organo dell’Unione Cattolica per gli Studi Sociali [d’ora in poi sarà
citata semplicemente: Rivista internazionale di scienze sociali].
29 Il 19 agosto, nella quarta seduta del congresso di Friburgo, Ratti lesse una comunica-

zione «Notice sur quelques lettres papales adressées au Cardinal Matthieu Schirner et qu’on
croyait perdues à la Bibliothèque Ambrosiana» (il testo fu pubblicato nel Compte-rendu del
congresso). Nella cittadina svizzera Ratti si recò insieme ai sacerdoti Luigi Grasselli e Ales-
sandro Bianchi, «dottore» dell’Ambrosiana. A ricordare la presenza di Ratti, nel 1933 fu col-
locata, nell’atrio della vecchia Università, una lapide con epigrafe latina dettata da Giovanni
Galbiati, cfr. Papa Pio XI evocato da Giovanni Galbiati cit., pp. 273-274. Nei giornali si era
lamentata la scarsa partecipazione degli italiani al precedente congresso di Bruxelles (1894).
Toniolo si adoperò dunque lungamente per preparare la partecipazione della delegazione
italiana, con incontri e piccoli convegni su scala nazionale; e dell’esito del congresso riferirà,
come si è detto, a Rampolla nella già ricordata lettera da Follina, 19 settembre 1897, cfr. TO-
NIOLO, Lettere, I, cit., p. 352; II, cit., pp. 18, 41, 74, 75, 80, 81. Sui congressi scientifici interna-
zionali (il primo dei quali si era svolto a Parigi nel 1888), cfr. A. PELZER, Congressi scientifici
internazionali dei cattolici, in Enciclopedia cattolica, IV, Città del Vaticano 1950, coll. 352-353.
30 Carteggi Toniolo 2178. Cartolina postale. Nel margine superiore del recto i numeri 52

(a matita rossa) e 59 (a matita); e, sempre a matita, l’indicazione di Milano?, che riprende un


segno di richiamo accanto alle parole Congresso Cattolico; nel verso, i numeri 59 (a matita) e
4348 (a matita; le ultime due cifre correggono, con matita viola, precedente indicazione). Nel
testo: sono sottolineate a matita le parole di una Università Cattolica; davanti alla parola Ri-
vista è depennata altra parola.

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578 PAOLO VIAN

occhi di Ratti, la stesura di un articolo di resoconto dei lavori per la Rivista


internazionale di scienze sociali, emanazione dell’Unione Cattolica per gli
Studi Sociali. Sul tema si confrontavano prospettive diverse e lo scritto del
sacerdote milanese avrebbe potuto provocare «dispiaceri» e «battibecchi».
Ma sul punto Ratti ebbe un ripensamento se, due mesi dopo, annunciò
a Toniolo che lo «scrittarello» per la Rivista era pronto, riassumendone i
contenuti:

Rho, 10 novembre 1897


Ottimo Signor Professore,
Sono quì per gli esercizii spir. … Non si scandalizzi se mi rimetto in commer-
cio col mondo — Lei non è del mondo31. Pensi che sia un principio di conversione
— o meglio che approfitto del primo respiro dalle occupazioni d’ufficio e urgenti
che fino ad ora mi hanno proprio tenuto per la gola. Se Ella lo crede ancora utile
e conveniente, dentro la ventura settimana Le manderei il mio scrittarello32. Per
dirgliene la sostanza, mi limito a tre ricordi e a tre riflessioni — il titolo sarebbe:
«Ricordi e riflessioni di un italiano al 4° Congr. scient. internaz. dei Catt. a Fribur-
go». I Ricordi: 1° di doverosa riconoscenza per l’accoglienza ecc. — 2° di legitima
compiacenza pel cresciuto numero ecc. 3° di vera consolazione per la concordia tra
i là presenti. — Le riflessioni: 1a. Sul movimento scientifico nel movimento cattoli-
co italiano. 2a. Sull’intervento di Italiani a’ congressi scient. catt. 3a. Sulla concordia
in casa. S’Ella ha aggiunte da suggerirmi, saranno le benvenute: se invece crede
che convenga cestinare, lo farò io stesso subito — Dirigo ancora alla Follina33, non
sapendo il di Lei nuovo indirizzo, se è mutato. Sabbato sarò a Milano — intanto
preghi per me e mi creda
il devotissimo suo
Sac. Achille Ratti34

Con un leggero ritardo sulla data annunciata Ratti inviò finalmente l’ar-

31 La frase colpì Elena da Persico che la citò, da «carteggio inedito», nella sua biografia,

cfr. DA PERSICO, La vita di Giuseppe Toniolo cit., p. 97.


32 A. RATTI, Ricordi e riflessioni di un italiano sul IV congresso internazionale scientifico dei

cattolici a Friburgo, in Rivista internazionale di scienze sociali 5 (1897), vol. XV, fasc. LX, pp.
490-497 (nel testo non vi è alcun cenno al voto per l’Università Cattolica). L’articolo di Ratti
era seguito dal testo dell’intervento a Friburgo del barone Georg von Hertling, V’ha una scien-
za cristiana?, ibid., pp. 498-504. Ampie sezioni dello scritto (non ricordato in Papa Pio XI
evocato da Giovanni Galbiati), che corrisponde nella struttura e nei contenuti a quanto an-
nunciato da Ratti nella lettera a Toniolo, in VISTALLI, Giuseppe Toniolo cit., pp. 434-437.
33 Follina, in provincia di Treviso, a poca distanza da Pieve di Soligo, luogo natale della

moglie di Toniolo, Maria Schiratti. La famiglia Toniolo trascorreva le vacanze in Veneto, a


Pieve di Soligo soprattutto, ma evidentemente anche in altri centri vicini, cfr. DA PERSICO, La
vita di Giuseppe Toniolo cit., p. 62.
34 Carteggi Toniolo 2211. Biglietto, scritto nel recto e nel verso. Nel recto, i numeri 60 (a

matita) e 5 (a matita rossa); nel verso, 4378 (a matita viola). Nel testo: prima di ad ora, due
lettere depennate; là presenti: là è aggiunto nell’interlineo.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 579

ticolo a Toniolo. Nell’occasione il sacerdote coglieva l’occasione per repli-


care alla proposta del professore pisano di coinvolgimento nella Società
Cattolica Italiana per gli Studi Scientifici, che andava progressivamente
prendendo forma. Anche in questo caso Ratti si schermì, dichiarandosi
non ancora pronto a un intervento in un convegno programmato, ma al
tempo stesso suggerì a Toniolo alcuni nomi che effettivamente sarebbero
poi stati inclusi nel progetto:

Milano, 22 novembre 1897


Carissimo Signore ed amico,
poiché Ella ha la grande bontà di permettermi di chiamarla così, eccole fi-
nalmente il mio povero manoscritto messo insieme, impaginato e scompaginato,
come vedrà, in vera angustia temporis e tanta da meritarmi davvero compassione.
Dico la compassione sua, non del publico, perché se Ella la vedesse anche solo
possibile, La prego di distruggere senza alcuna pietà il manoscritto stesso. L’onore
della Rassegna Internazionale35 non può star a cuore a nessuno più che a Lei, e
Lei vi provederà come deve. Se l’articolo si stampa, vedrei volontieri una volta le
bozze. E del ms. basterebbe, se non mi restasse da domandarle mille volte scuse
pel ritardo e per le noje procuratele; ma gliel dicevo a Friburgo che Lei capitava
male, molto male. Ora ne dovrebb’essere persuasa. E con questo mi par già di ri-
spondere qualche cosa all’altra proposta che mi faceva nell’ultima sua carissima.
Sento, caro Signore, proprio fuor d’ogni complimento, io non so come ringraziarla
della sua bontà di cuore — e di pensiero per me, ma se Lei vedesse e sentisse, come
vedo e sento io quanto sono disadatto e adirittura inetto a quel che mi propone, si
guarderebbe bene dallo insistere e proprio nell’interesse della cosa. E mi rincresce
proprio davvero che Lei mi parli di tanto autorevoli desiderii, trattandosi di per-
sone alle quali io vorrei poter rendere ogni utile servigio con qualunque sacrificio
mio36. Certo darò e ben volontieri il mio povero nome alla Società della quale
mi parla: crederei di mancare alla coerenza ed alla coscienza facendo altrimenti;
ma il discorso o meglio la lettura ch’Ella mi propone, mi spaventa davvero37. Mi
ci vorrebbe almeno un certo tempo di preparazione e non ne ho punto, o la mia
pochezza non mi permette di trovarmelo, anche lavorando di tutta lena, e prevedo
che sarà così ancora per un bel poco. E poi penso a quelli che potrebbero farlo tan-
to bene! Lei dispera proprio di poter mai avere il Cipolla38? Che acquisto sarebbe!

35 Il titolo esatto del periodico, come si è detto, è in realtà Rivista internazionale di scienze

sociali e discipline ausiliarie.


36 Toniolo aveva evidentemente riferito a Ratti degli autorevoli auspici, laici ed ecclesia-

stici, che accompagnavano gli sforzi per la Società Cattolica Italiana per gli Studi Scientifici;
e forse anche di specifiche approvazioni a proposito di un coinvolgimento di Ratti.
37 Non sappiamo quale soggetto Toniolo avesse proposto a Ratti per «il discorso o meglio

la lettura».
38 Carlo Cipolla (1845-1917), docente nelle università di Torino (dal 1882) e di Firenze

(dal 1906); dal 1896 socio nazionale dell’Accademia dei Lincei. Fra le sue opere più celebri,
Storia delle Signorie italiane dal 1313 al 1530 (1881), Per la storia d’Italia e dei suoi conquista-
tori nel Medioevo più antico (1895), La supposta fusione degli Italiani coi Germani nei primi

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580 PAOLO VIAN

Conosce l’ab. Vatasso39 della Biblioteca Vaticana? o il Dottor Angelo Mercati40 di


Reggio? Sarebbero eccellenti acquisti essi pure e indicatissimi, credo, pella lettura
in discorso. Ma Ella mi promette di venir presto a Milano, ed io L’aspetto con vero
desiderio e con la fiducia che os ad os finiremo di pienamente intenderci. Mi voglia
bene, mi scusi l’orribile scrittura — qui e nel manoscritto — e mi creda
il devotissimo suo
S A. Ratti
Avevo alla mano gli articoli da Lei indirizzatimi41 così gentilmente, grazie!42

Toniolo seguì puntualmente il suggerimento di Ratti. Ne abbiamo prova


dalla risposta che Angelo Mercati scrisse all’invito di Toniolo di partecipare
alla Società:

Reggio Emilia, Seminario, 12 aprile 1898


Illustrissimo Chiarissimo Signor Professore,
Mi onora troppo, contro ogni mio merito, la circolare speditami in data 7 cor-
rente. Sono dolentissimo che le mie ordinarie occupazioni43 mi impediscano di

secoli del Medioevo (1900-1901), cfr. R. MANSELLI, Cipolla, Carlo, in Dizionario biografico degli
italiani, XXV, Roma 1981, pp. 713-716.
39 Marco Vattasso (1869-1925), dal 1899 scrittore latino della Biblioteca Vaticana (ma nel

1897 era già scrittore «aggiunto»), autore di ben tre cataloghi di manoscritti Vaticani latini e
attivo collaboratore della collana «Studi e testi», J. BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane
de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des collections de manuscrits, avec la collabora-
tion de J. RUYSSCHAERT, Città del Vaticano 1973 (Studi e testi, 272), pp. 257, 268 nt. 10 e
passim (cfr. s.v. in indice, p. 469).
40 Da notare che Ratti non indica a Toniolo, fra i possibili aderenti alla Società, il nome

di Giovanni Mercati. Per difenderlo e proteggerlo da impegni e distrazioni o forse perché


Toniolo si era già rivolto al sacerdote reggiano e Ratti lo sapeva? Sembra più plausibile la
prima ipotesi perché nella lettera di Giovanni Mercati a Toniolo, s.d., ma dei primi di maggio
del 1898 (cfr. infra), la lettera di Toniolo a Mercati del 29 aprile 1898 (cfr. infra) è definita la
«prima e così gentile lettera che Ella ha la bontà di dirigermi».
41 Probabilmente Toniolo aveva inviato a Ratti una serie di rendiconti pubblicati sul

congresso di Friburgo, per aiutarlo nella stesura dell’articolo per la Rivista internazionale di
scienze sociali.
42 Carteggi Toniolo 2225. Lettera; un bifoglio, di cui sono scritte le quattro pagine. Nel

margine superiore della prima pagina, i numeri 55 (a matita), 48 (a matita rossa) e 4389 (a
matita viola); nel margine esterno della quarta pagina, il numero 55 (a matita). Nel testo:
dopo Dico, la è aggiunto nell’interlineo; non ne ho punto: ne è aggiunto nell’interlineo; prima
di discorso, una parola depennata.
43 Dopo l’ordinazione (1893), Angelo Mercati insegnava, dal 1896, nel seminario di Reg-

gio Emilia, cfr. P. VIAN, Mercati, Angelo, in Dizionario biografico degli italiani, LXXII, Roma
2009, pp. 596-599: 597. Di Reggio Emilia facevano parte della Società anche Ambrogio Colli,
Antonio Colli e Giovanni Saccani, che era stato fra i maestri di Giovanni Mercati (P. VIAN,
«Non tam ferro quam calamo, non tam sanguine quam atramento». Un ricordo del card. Gio-
vanni Mercati, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, VII, Città del Vaticano 2000
(Studi e testi, 396), pp. 393-459: 408), cfr. GAMBASIN, Origini cit., pp. 559, 564, 565.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 581

intervenire a codesta riunione ma con tutta l’anima, con tutto il cuore plaudo alla
nobile iniziativa, mi associo ai voti, auguro che il 13 e 14 Aprile del ’9844 segnino la
nascita d’una Görresgesellschaft per l’Italia. Assente di persona sono costì col de-
siderio, colla speranza fiduciosa che si riuscirà a porre un solido fondamento per
la scienza cattolica italiana.
E con tale speranza, obbligatissimo a Lei, che s’è degnato concedermi la sua am-
bita relazione, La prego di aggradire i sensi della mia migliore stima e devozione.
Sac. Dottor Prof. Angelo Mercati45

L’invito di Toniolo a partecipare alle attività della Società, formulato il


7 aprile 1898 ad Angelo Mercati, era stato preceduto nei mesi precedenti
da qualcosa di analogo nei confronti del fratello maggiore di Angelo, Gio-
vanni, che da cinque anni era «dottore» dell’Ambrosiana e che il professore
pisano aveva raggiunto insieme al suo collega ambrosiano più anziano,
Achille Ratti. Due settimane dopo la risposta di Angelo, Toniolo infatti
scrisse a Giovanni Mercati:

Pisa, 29 aprile 1898


Illustre Dottore,
Io Le sono gratissimo dello zelo, che ha posto all’iniziativa presa per la Società
generale di studi, specialmente per le discipline storiche, di cui Ella e il professore
Dott. Ratti sono veramente per noi cattolici lustro ed onore. Io sarei impaziente di
dimostrare che qualche cosa si tenta di fare e che si vuole in qualche modo affer-
marsi davanti al pubblico. Io scrivo dunque a Lei, perché voglia riferirne anche al
Ratti.
Mons. Giovannini46, che ora è presso l’Internunziatura all’Aia, uomo di qualche
coltura negli studi storico-biblici mi avverte che in Agosto o Settembre di quest’an-
no si terrà colà il Congresso storico internazionale47. So che Lei e certo il Ratti non

44 Nell’aprile 1898 si tenne a Milano, alla presenza del card. Andrea Carlo Ferrari, un’a-

dunanza che segnò la costituzione provvisoria della Società. La presidenza, anch’essa provvi-
soria, fu assunta da mons. Federico Sala, di Milano, da mons. Pietro Maffi, di Pisa, e dallo
stesso Toniolo, cfr. TONIOLO, Lettere, II, cit., p. 156.
45 Carteggi Toniolo 2368. Lettera; un foglio scritto nel recto.
46 Rodolfo Giovannini, uditore presso l’internunziatura in Olanda e nel Granducato di

Lussemburgo, cfr. 1898. La Gerarchia Cattolica. La Famiglia e la Cappella Pontificia con ap-
pendice. Pubblicata il 23 dicembre 1897, Roma 1897, p. 746; 1899. La Gerarchia Cattolica. La
Famiglia e la Cappella Pontificia con appendice. Edizione ufficiale pubblicata il 23 dicembre
1898, Roma 1898, p. 751. Internunzio apostolico era Francesco Tarnassi (1850-1902), cfr. G.
DE MARCHI, Le nunziature apostoliche dal 1800 al 1956, prefazione di A. SAMORÈ, Roma 1957
(Sussidi eruditi, 13), p. 186.
47 Il primo congresso internazionale di scienze storiche si tenne all’Aia dal 1° al 4 settem-

bre 1898, cfr. K. D. ERDMANN, Die Ökumene der Historiker. Geschichte der Internationalen
Historikerkongresse und des Comité International des Sciences Historiques, Göttingen 1987
(Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften in Göttingen, Philologisch-Historische
Klasse. Dritte Folge, 158), pp. 18-25.

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582 PAOLO VIAN

sono alieni da qualche viaggio nell’Autunno ed oso fin d’ora propor Loro e pregarli
di volere rappresentare a quel Congresso, oltre che sé stessi e l’Ambrosiana, anco
il nascente Sodalizio cattolico di studi. So di chiedere cosa ardita, ma so puranco
che non potremmo fare così miglior comparsa in sulla scena del mondo erudito.
Vogliano ambedue non togliermi con troppa fretta questa fiducia, che già molto mi
lusinga e mi diano in proposito altri consigli utili.
Ma è vero che Ella passa all’Archivio vaticano48? Intanto a Roma entro il Mag-
gio con taluni valenti uomini, che già aderirono tratterò per vedere se in qualche
guisa si potesse darne qualche maggiore avvio agli studi storici seri fra noi49. Anco
il Marucchi Orazio50 mi porga sopra di ciò pure i Suoi consigli.
Di tutto La ringrazio e mi creda
Devotissimo
Prof. G. Toniolo
Illustrissimo Signore
Dott. Giovanni Mercati
Presso la Biblioteca Ambrosiana
Milano51

Toniolo invitava quindi Ratti e Mercati a partecipare in rappresentanza


della Società (peraltro ancora non costituita e quindi definita «nascente»)
al primo congresso internazionale di scienze storiche previsto per l’autun-
no all’Aia. Ai primi di maggio Mercati, di cui sarà in seguito nota la scarsa
propensione ai viaggi, rispose, naturalmente non accogliendo l’invito, an-

48 La nomina di Mercati a scrittore greco della Biblioteca Vaticana risale al 14 aprile 1898

(BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit., p. 259; VIAN, «Non tam ferro quam calamo»
cit., p. 411) ma il suo effettivo trasferimento a Roma avvenne solo nell’autunno, cfr. P. VIAN,
Un «Lebenslauf» del card. Giovanni Mercati per l’Accademia Austriaca delle Scienze di Vienna
(agosto 1947), ibid., pp. 461-479: 469.
49 Toniolo annunciava dunque a Mercati di voler convocare una riunione a Roma entro

il mese di maggio per promuovere le attività della Società. Per l’iniziativa contava evidente-
mente su alcune personalità romane, fra le quali, come vedremo, anche qualche studioso
vaticano.
50 Orazio Marucchi (1852-1931), archeologo, discepolo di Giovanni Battista De Rossi, fu

scrittore latino della Biblioteca Vaticana dal 1885 al 1922, e diresse il Museo Egizio Vaticano
e il Museo Lateranense; si occupò dei papiri egizi e latini della Vaticana, cfr. G. MANCINI,
Marucchi, Orazio, in Enciclopedia cattolica, VIII, Città del Vaticano 1952, coll. 259-260; BI-
GNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit., p. 251 nt. 87 (e s.v. in indice, p. 433). Marucchi fu
un altro interlocutore «vaticano» di Toniolo; e ricoprì l’incarico di vicepresidente della sezio-
ne per gli studi storici della Società (GAMBASIN, Origini cit., p. 563). Scrivendo da Pisa il 29
novembre 1899 Toniolo informò Antonio Malvezzi Campeggi: «Col Marucchi si dispose per-
ché al congresso archeologico di Roma (del prossimo aprile) la Società sia rappresentata»,
TONIOLO, Lettere, II, cit., p. 182.
51 Biblioteca Vaticana, Carteggi Mercati, ff. 1143r-1144r, 1145r-v (f. 1145r-v: busta, con

timbro postale che reca la stessa data della lettera). Lettera; un bifoglio di cui sono scritte le
prime tre pagine. Sotto la firma, forse Mercati ha indicato: S. Martino 49.1. Nel testo: e il
professore: il aggiunto nell’interlineo; fin d’ora: d’ su correzione.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 583

che perché in quel momento si stava consumando il suo passaggio dall’Am-


brosiana alla Vaticana, come aveva accennato Toniolo (peraltro sbagliando
l’indicazione dell’istituzione vaticana alla quale il «dottore» ambrosiano
stava per trasferirsi):

Chiarissimo Signor Professore,


mi spiace proprio di dover rispondere un no alla prima e così gentile lettera che
Ella ha la bontà di dirigermi. Oramai, essendo dal S. Padre stabilito che il 1° Otto-
bre pross. futuro mi trovi alla Vaticana, non mi è possibile allontanarmi da questa
nostra Biblioteca Ambrosiana durante i pochi mesi concessimi per terminare o
mettere a buon punto i lavori cominciati qui. Appena farà una scappatina a casa
per rivedere la mia vecchia madre52 e salutare i miei fratelli53 e parenti. Non mi
scuso più oltre, perché credo non occorra.
Nemmeno il mio collega Ratti, a cui ho comunicato la lettera di Lei, spera di
ritrovarsi in grado di prender parte al Congresso dell’Haye. Oltre una ragione com-
mune ad entrambi e che qui non è oportuno esporre54, la mia stessa partenza è
d’impiccio per lui, restando solo col Prefetto55 nella Biblioteca aperta anche duran-
te le vacanze. Perocché nel settembre dovremo fare per turno gli esercizii spirituali,
e poi mi si dovrà lasciare una certa libertà affinché io possa disporre delle cose mie.
Desidero anch’io vivamente, che la Società nostra sia là rappresentata, d’una
maniera degna; ma al presente non ho sott’occhio chi lo possa fare.
Della Società mi occupo il poco che posso. Ieri sera ho dato al Prof. Gorla56 una

52 Giuseppina Montipò non era poi così «vecchia» (almeno secondo i criteri attuali), es-

sendo nata nel 1839 e dunque non avendo nemmeno sessant’anni; nel 1897 era rimasta vedo-
va del marito, il veterinario Domenico (1831-1897); sarebbe morta nell’aprile 1900, cfr. VIAN,
«Non tam ferro quam calamo» cit., p. 407 e nt. 25; ID., Un «Lebenslauf» cit., p. 464; P. VIAN,
Mercati, Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani, LXXII, cit., pp. 599-603: 599.
53 Fratelli maggiori di Mercati erano Anna (1862-1899), poi sposata Cantoni, e Nicola

(1864-1914), sacerdote; fratelli minori erano Angelo (1870-1955), Marianna (1873-1957), poi
sposata Davoli, Silvio Giuseppe (1877-1963) e Celestina Cleonice (1880-1908), che visse nubi-
le col fratello Nicola, cfr. VIAN, «Non tam ferro quam calamo» cit., pp. 406-408; ID., Un «Le-
benslauf» cit., p. 464; ID., Mercati, Giovanni cit., p. 599.
54 Non si può escludere che la «ragione commune ad entrambi» che Mercati, sempre

prudente, non espone per lettera sia da collegarsi con la situazione di tensione che andava
maturando a Milano e sarebbe sfociata nei moti comunardi che coinvolsero anche Ratti e lo
stesso Toniolo, cfr. infra.
55 Antonio Maria Ceriani (1828-1907), sacerdote e orientalista, dal 1870 prefetto della

Biblioteca Ambrosiana; si occupò di filologia classica ma anche di critica biblica, acquisendo


particolari competenze nel siriaco, cfr. E. GALBIATI, Ceriani, Antonio Maria, in Enciclopedia
cattolica, III, Città del Vaticano 1949, col. 1316; F. PARENTE, Ceriani, Antonio Maria, in Dizio-
nario biografico degli italiani, XXIII, Roma 1979, pp. 737-743.
56 Il sacerdote Carlo Gorla, penitenziere maggiore del Duomo di Milano. Il 4 maggio 1898

Toniolo avvertì Callegari che Gorla aveva steso una relazione, con lo Statuto della Società,
per il Papa, da presentare tramite Rampolla. Ma il 30 novembre 1898 Toniolo scrisse ad An-
gelo Mauri: «Ma a Milano, il caro e buon Gorla, mi abbandona … anche lei? Nemmeno un
consiglio?». Gorla divenne poi segretario per la sezione per le scienze filosofiche, religiose e

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584 PAOLO VIAN

prima lista di nomi da mettere nella nostra Società: ed ora ne vo preparando una 2a.
Penso anche alla Rivista57; e penserò di più giunto a Roma. Prima però concerterò
tutte le cose più essenziali col P. Savio58, col Conte Cipolla e con Minocchi59 e con
chi inoltre mi sovverrà.
Raccomando l’Istituto Storico futuro60. Attenzione alle nomine e alla direzione!
Non c’è da illudersi: converrà scegliere giovani già un poco preparati ed avvezzi alle
discipline storiche. Pigliarli dal banco di teologia, perché ivi si sono segnalati come
teologi, e crederli per ciò solo atti sarebbe grave errore. Purtroppo non vi si coltiva
molto la cultura.
Segnalo ancora una cosa, a cui Lei, Signor Presidente nostro, potrebbe rivolgere
la sua attenzione. Ed è che la Società nostra cercasse di ottenere dai librai nostri
ed esteri per tutti i soci nostri uno sconto sui libri affine di rendere ai nostri soci
facile l’acquisto dei mezzi di coltura. Questa sarebbe una grande agevolezza appe-
tibilissima per i socî ed utilissima a procurarne dei nuovi senza carico alcuno della

apologetiche della Società (Toniolo a Giuseppe Alessi, Pieve di Soligo, 12 ottobre [1899]); e
Toniolo lo coinvolse anche in seguito nell’impegno per la «cultura cristiana», cfr. TONIOLO,
Lettere, II, cit., pp. 107, 132, 180, 390; id., Lettere, III, cit., p. 161.
57 Accanto alla Società, come si vedrà in seguito, si pensava anche alla fondazione di una

rivista, che della Società sarebbe stata organo, così come la Rivista internazionale di scienze
sociali era l’organo dell’Unione Cattolica per le Scienze Sociali.
58 Fedele Savio (1848-1916), entrato già sacerdote nel 1873 nella Compagnia di Gesù,

insegnò (dal 1906) Storia ecclesiastica nell’Università Gregoriana. La sua opera più nota è Gli
antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni (1898-1913; completata, postu-
ma, negli anni 1929-1932), cfr. C. TESTORE, Savio, Fedele, in Enciclopedia cattolica, X, Città
del Vaticano 1953, coll. 1975-1976. Di Savio Toniolo aveva recensito nel 1894, nella Rivista
internazionale di scienze sociali, il Corso di storia a uso dei Licei, cfr. F. MANZALINI, Scritti di
Giuseppe Toniolo, in EAD., Elementi di economia politica in Giuseppe Toniolo, Siena 2009, pp.
211-284: 232 (sub nr. 87).
59 Salvatore Minocchi (1869-1943), sacerdote (1892) e biblista; con la rivista Studi religio-

si (1901-1907) dette un notevole impulso al rinnovamento degli studi storico-religiosi in Ita-


lia. Sospeso a divinis (1907), lasciò nel 1908 il sacerdozio. Traduttore e divulgatore di molti
libri biblici, fu in rapporto con Giovanni Mercati soprattutto nella stagione del comune im-
pegno nella Rivista bibliografica italiana, cfr. VIAN, «Non tam ferro quam calamo» cit., pp.
396-403; F. ACCROCCA, «Buono scrittor di parole». Salvatore Minocchi, Giovanni Mercati e una
recensione di Giuseppe Maria Zampini, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XV,
Città del Vaticano 2008 (Studi e testi, 453), pp. 7-48.
60 L’obiettivo più ambizioso, al di là della formula «leggera» della Società e della sua rivi-

sta, era dunque la fondazione di un Istituto storico cattolico, che in qualche modo si contrap-
ponesse all’Istituto Storico Italiano, nato nel 1883 (cfr. A. FORNI, L’Istituto Storico Italiano, in
Speculum mundi. Roma centro internazionale di ricerche umanistiche, introduzione di M. PAL-
LOTTINO, a cura di P. VIAN, Roma 19932, pp. 599-654). L’idea di un Istituto storico promosso
dalla Santa Sede, in qualche modo ventilata già negli anni Ottanta dell’Ottocento in margine
ai progetti della Commissione cardinalizia per gli studi storici [cfr. C. SEMERARO, La Commis-
sione cardinalizia per gli studi storici, in Leone XIII e gli studi storici. Atti del Convegno Inter-
nazionale Commemorativo, Città del Vaticano, 30-31 ottobre 2003, a cura di C. SEMERARO,
Città del Vaticano 2004 (Pontificio Comitato di Scienze Storiche. Atti e documenti, 21), pp.
109-145: 131], tornerà in seguito, come mostrano i progetti rievocati in VIAN, Le origini e il
programma cit.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 585

Società, e senza danno, anzi con guadagno dei librai stessi. In Germania funziona
egregiamente la Società di S. Carlo Borromeo61, che ottiene il ribasso medio del
30% su tutti i libri dai più serî ad altri come la Conciliengeschichte dell’Hefele62 ai
più popolari come i racconti dello Stolz63. Credo di poterLe garantire che Herder
e Pustet64 daranno senza fatica il 25% almeno. Io e mio fratello fin da studenti di
teologia per noi e per i nostri condiscepoli ci mettemmo in relazione con loro, e non
saprei dire quanti eccellenti volumi abbiamo così introdotti in Italia con grande
vantaggio dei nostri poveri confratelli. Ricordo sempre, che quando i librai faceva-
no pagare la teologia morale del Lehmkuhl65 £ 28, noi l’avevamo per 19 (in una sola
volta così ce ne fu commessa una decina di copie benché non fosse adottata per
testo), e così l’Hurter grande66 per 12 invece di 24 lire. Se la presidenza riuscisse ad
organizzare senza dir nulla quest’utilissimo servizio e ne avvertisse i socî, son sicu-
ro che molti più entrerebbero e più volontieri pagherebbero il contributo sociale,
che non sarebbe infruttifero. Molti seminarii ed istituti stessi diverebber socî per
godere di questi sconti, i quali metterebbero al debito segno certe pretese eccessive
dei librai. Basta: se ne potrà parlare a voce.
Con tutta l’osservanza Le sono
devotissimo servo
Sac. Giovanni Mercati
P.S. Se mai ha occasione di vedere quella santa e coltissima persona del Prof. Pie-
tro Dotti67, favorisca riverirmela tanto tanto. Per l’Istituto Stor. converrà sentire i

61 Fondata nel 1844, la Borromäusverein svolse un ruolo importante nello sviluppo dello

studio e della lettura in ambito cattolico, cfr. M. S. DALTON, The Borromäus Verein: Catholic
Public Librarianship in Germany 1845-1933, in Libraries & Culture 31 (1996), pp. 409-421; E.
HODICK, Borromäusverein, in Lexikon für Theologie und Kirche, II, Freiburg-Basel-Rom-Wien
19943, coll. 600-601.
62 La Conciliengeschichte dello storico della Chiesa e vescovo Karl Joseph von Hefele

(1809-1893) fu pubblicata in sette volumi, fra il 1855 e il 1874; incompiuta, fu continuata per
i volumi VIII-IX da Joseph Hergenröther, cfr. S. FURLANI, Hefele, Karl Joseph von, in Enciclo-
pedia cattolica, VI, Città del Vaticano 1951, coll. 1385-1386.
63 Alban Stolz (1808-1883), sacerdote (1833), autore di scritti di teologia pastorale ma

soprattutto noto quale scrittore religioso popolare; tra le sue opere più celebri e diffuse, Ka-
lender für Zeit und Ewigkeit (1843-1883), Lebensbeschreibungen di diversi santi, Legende oder
der christliche Sternhimmel (1851-1860), Der Mensch und sein Engel (1868), cfr. L. BOPP, Stolz,
Alban, in Enciclopedia cattolica, XI, cit., col. 1374.
64 I celebri librai ed editori tedeschi, con succursali e ramificazioni italiane.
65 La Theologia moralis, in due volumi, del gesuita August Lehmkuhl (1834-1918), «contò

numerose edizioni e diventò […] l’opera modello dei corsi di morale […]», C. TESTORE,
Lehmkuhl, August, in Enciclopedia cattolica, VII, Città del Vaticano 1951, coll. 1083-1084.
66 Il Nomenclator literarius theologiae catholicae theologos exhibens aetate, natione, disci-

plinis distinctus, opera del gesuita Hugo Hurter (1832-1914), uscì nella prima edizione, in tre
volumi, fra il 1871 e il 1886; e nella seconda edizione, in quattro volumi, fra il 1891 e il 1892
(ne sarebbe poi uscita una terza, in cinque volumi, fra il 1903 e il 1913), cfr. C. TESTORE,
Hurter, Hugo Adalbert, in Enciclopedia cattolica, VI, cit., col. 1513.
67 Pietro Dotti fu figura importante nella giovinezza di Mercati, del quale comprese il

valore e di cui favorì il cammino; dopo essere stato direttore della R. Scuola Normale Maschi-

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consigli del P. Ehrle, del Conte Cipolla, di Monsignor Fraknoj68 (capo dell’Istituto
Ungarico) di Ehses69 e del bollandista Van Ortroy70. Più si sente di uomini periti, e
meglio è. Mettiamo da un canto i faticoni, e i fannulloni veri impedimenta viae, e se
saremo anche pochi, faremo molto71.

Mercati ricusava quindi l’invito a rappresentare la Società all’Aia ma


assicurava suggerimenti per i futuri membri, non lesinava consigli (per la
possibile opportunità di ottenere per gli associati sconti dai librai per l’ac-
quisto di volumi) e soprattutto assicurava una partecipazione seria all’as-
sociazione, che doveva essere in qualche modo solo una prima tappa verso
la costituzione di un istituto storico. Per la costituzione di questo «istituto
storico» Mercati raccomandava la selezione accurata di candidati, che non
fossero solo formati in discipline teologiche ma avessero anche una prepa-
razione nelle discipline storiche, e proponeva quindi di sollecitare e ascol-
tare i suggerimenti di un gruppo di «advisors», dei quali quattro su cinque

le Superiore di Reggio Emilia, nel 1898 si era trasferito a Pisa, passando poi (1900) a Verona,
ove divenne direttore della R. Scuola Normale Femminile Carlo Montanari; e infine, all’inizio
del secolo, a Milano; fu in corrispondenza con Mercati dal 1893 (data del trasferimento di
Mercati a Milano) al 1908. Ma Mercati intrattenne cordiale corrispondenza anche con i suoi
familiari, la moglie Giulia, la figlia Angiolina (citata da Toniolo, come collaboratrice del pe-
riodico femminile Pensiero ed azione, in lettera a Gian Domenico Pini, Pieve di Soligo, 29 lu-
glio 1904; TONIOLO, Lettere, III, cit., p. 24) e altri; per i vari corrispondenti della famiglia
Dotti, cfr. Carteggi del card. Giovanni Mercati, I: 1889-1936, introduzione, inventario e indici
a cura di P. VIAN, Città del Vaticano 2003 (Studi e testi, 413), s.vv. «Dotti» in indice, p. 630.
68 Vilmos Fraknói (1843-1924), vescovo titolare di Arbe (1892), fondò l’Istituto storico

magiaro di Roma; pubblicò i Monumenta Vaticana historiam regni Hungariae illustrantia


(1881-1891) e un’opera sulle relazioni ecclesiastiche e diplomatiche della Curia romana con
l’Ungheria.
69 Stephan Ehses (1855-1926), sacerdote (1883), svolse ricerche nell’Archivio Segreto Va-

ticano; rientrato in Germania, fu parroco; tornato a Roma, fu segretario dell’Istituto romano


della Görres-Gesellschaft; curò, fra l’altro, l’edizione dei Nuntiaturberichte aus Deutschland
per gli anni 1585-1590 (1895-1899) e di alcuni volumi degli atti del Concilio di Trento nella
serie «Concilium Tridentinum» edita dalla Görres-Gesellschaft, cfr. S. FURLANI, Ehses,
Stephan, in Enciclopedia cattolica, V, Città del Vaticano 1950, coll. 187-188.
70 Il bollandista François van Ortroy (1854-1917), particolarmente legato ad ambienti

milanesi (sono note le sue relazioni con Achille Ratti e Tommaso Gallarati Scotti) ma cono-
sciuto e apprezzato anche in Biblioteca Vaticana; cfr. N. RAPONI, Francesco van Ortroy e la
cultura italiana fra Ottocento e Novecento; con documenti inediti, Brescia 1965 (Studi e docu-
menti di storia religiosa); ID., Achille Ratti e Francesco Van Ortroy: un’amicizia spirituale e di
studi nel nome di San Carlo, in Pio XI e il suo tempo. Atti del convegno, Desio, 9-10 Febbraio
2002, Besana Brianza 2002 (I Quaderni della Brianza), pp. 89-106.
71 Carteggi Toniolo 2420. Lettera; un bifoglio di cui sono scritte le quattro pagine. Nel

margine superiore della prima pagina, oltre alla datazione presunta indicata a matita da
Nello Vian ([c. maggio 1898]), è indicato, sempre a matita, ma da altra mano il numero 4552.
Nel testo: prima di d’una maniera, alcune lettere depennate; in relazione con loro: con loro
aggiunto nell’interlineo; non sarebbe infruttifero: dopo sarebbe due lettere depennate.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 587

non erano italiani. Evidentemente miele per le orecchie di Toniolo e per


il suo sforzo di sprovincializzare la cultura cattolica italiana72. Così, con
qualche giorno di ritardo (si erano consumati nel frattempo i gravissimi
fatti di Milano che avevano coinvolto anche Ratti e turbato profondamente
i già faticosi rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica), Toniolo
rispose a Giovanni Mercati:

Pisa, 25 maggio 1898


Ill. Professore,
Le disgrazie pubbliche73 interruppero la corrispondenza ed anche le mie gite a
Milano, e ne sono dolente. Gratissimo alla Sua Lettera, rispondo che un pochino mi
occupai delle Sue saggie e zelanti proposte. Intanto mi congratulo con Lei, che testè
a Roma intesi al Suo indirizzo elogi unanimi ed autorevolissimi, e precisamente
anche in Vaticano, a cui Ella può ben credere aggiunsi la mia modesta, ma sincera
conferma. Incontrai fortunatamente colà il Card. Capecelatro74, già da me per Let-

72 Il 4 maggio 1898 Toniolo comunicò l’adesione di Mercati a Callegari (ripetendo l’erro-


re a proposito dell’istituzione nella quale il sacerdote reggiano stava per trasferirsi): «Il Mer-
cati, valentissimo storico (dell’Ambrosiana), il quale fu chiamato per il 1° ottobre a Roma
all’Archivio di Stato dal pontefice, scrisse lettere promettendo di cooperare alla nascente so-
cietà con ogni zelo», Toniolo a Callegari, Pisa, 4 maggio 1898; in TONIOLO, Lettere, II, cit., p.
107.
73 Come è noto, nelle «disgrazie pubbliche» del maggio 1898 era stato coinvolto anche

Ratti: «Il Ratti, nei moti comunardi a Milano, insieme col Generale Genova Thaon di Revel e
il marchese Carlo Ottavio Cornaggia fa opera di persuasione presso il commissario militare
Generale Bava Beccaris favorendo la posizione del card. arciv. Ferrari e ottenendo la libera-
zione dei Cappuccini di via Monforte arrestati sotto l’accusa di rivoltosi», Pio XI evocato da
Giovanni Galbiati cit., p. 275. D’altronde, anche Toniolo fu coinvolto negli eventi e depose nel
processo a carico di don Davide Albertario (1846-1902), cfr. MANZALINI, Scritti di Giuseppe
Toniolo cit., p. 242 (sub nr. 132). Cfr. anche DA PERSICO, La vita di Giuseppe Toniolo cit., pp.
183-189.
74 Alfonso Capecelatro di Castelpagano (1824-1912), oratoriano, autore di una celebre

vita di s. Filippo Neri (1879). Fra il 1879 e il 1880 fu vice-Bibliotecario; cardinale dal 1885,
divenne cardinale Bibliotecario nel 1890 e lo rimase sino alla morte; ma essendo sempre
impegnato nella diocesi di Capua, di cui era arcivescovo dall’agosto 1880, fu supplito nell’in-
carico dal card. Mariano Rampolla del Tindaro, cfr. BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane
cit., pp. 246 nt. 51, 344 e passim (cfr. s.v. in indice, pp. 399-400). Formazione e relazioni di
Capecelatro sono efficacemente descritte da L. BEDESCHI, La Curia romana durante la crisi
modernista. Episodi e metodi di governo, Bologna 1968, pp. 16-17: «Capecelatro aveva avuto
la formazione ecclesiastica nella tradizione oratoriana di Napoli, liberale in politica ed ecu-
menica in religione. Era stato accanto a Newman. Grande influenza su di lui avevano eserci-
tato, durante gli anni successivi, i cassinesi padre Tosti, abate Krug e altri esponenti dell’in-
telligenza meridionale come Alfonso Di Casanova, Enrico Cenni, Gaetano Bernardi, che
facevano capo al convento dei Gerolamini. Sinceri erano i suoi sentimenti italiani di cui non
faceva mistero difendendo apertamente la “libera Chiesa con libero Stato” correggendo in tal
modo la formula cavouriana. Mons. Dupanloup e Montalembert erano stati i modelli a cui
s’era ispirato nel pensiero e nell’azione politica. Al suo attivo aveva una cospicua produzione
letteraria di carattere storico e religioso dove ad un inconsueto rigore critico si accoppiava

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588 PAOLO VIAN

tera e poi indirettamente per mezzo di Cozza Luzzi75 informato del desiderio della
Società nascente di dare qualche maggior impulso agli studi storici. Egli si mostrò
favorevole concordando col pensiero espresso a me stesso poche ore più tardi da S.
Santità medesima, che la Commissione cardinalizia per gli studi storici76 non dette
i frutti aspettati, e facendo voti che maggior slancio riprendano d’ora innanzi fra
noi, giusta l’incoraggiamento che a me pure esplicito e caloroso dette il Pontefice
in questa occasione. Dunque Deus adiuvet.
Il Cardinale di Capua mi consigliò, per attuare comunque un primo nucleo di
Istituto storico di far conto massimamente di Ehrle77, ed io sarei stato disposto
ad avviare trattative con Lui, se non avessi dovuto ripartire subito per le lezioni78;
ed anco di mettermi in relazione almeno epistolare con gli altri, che Ella mi sug-

una elegante forma stilistica lodata dallo stesso Carducci. Fogazzaro non s’era peritato di
definirlo in una celebre intervista “il maggior letterato nell’alta gerarchia cattolica”; il cardi-
nale belga Mercier lo considerava addirittura l’esponente più in vista “nel mondo cattolico
attuale che sintetizza gli interessi vitali della Chiesa”; Rampolla gli era molto amico e nutriva
per lui una profonda stima». In una parola, «nella cultura cattolica ottocentesca [Capecela-
tro] rappresentò la storiografia moderna, nella religione la corrente più spirituale e liberale»,
ibid., p. 15 nt. 28. Cfr. anche ibid., s.v. in indice, p. 376; e T. GALLARATI SCOTTI, La vita di An-
tonio Fogazzaro, a cura di C. CREVENNA, premessa di G. RAVASI, Brescia 2011 (Storia, 46), pp.
177-178, 183-186, 306, 308, 352-356, 361, 373, 398-400.
75 Giuseppe Cozza Luzi (1837-1905), dal 1860 monaco basiliano nell’abbazia di Grottafe-

rata (di cui divenne abate nel 1870), dal 1882 vice-bibliotecario; M. GORDILLO, Cozza-Luzi,
Giuseppe, in Enciclopedia cattolica, IV, cit., col. 797; BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane
cit., p. 247 nt. 66 e passim (cfr. s.v. in indice, p. 409); L’abate Giuseppe Cozza Luzi: archeologo,
liturgista, filologo, a cura di S. PARENTI – E. VELKOVSKA, Grottaferrata 1998 (Analekta Krypto-
pherres, 1).
76 Fondata da Leone XIII «senza una data precisa e senza annuncio ufficiale», nel 1898

era composta dai cardinali Lucido Maria Parocchi, Camillo Mazzella, Alfonso Capecelatro e
Francesco Segna, mentre ne era segretario Luigi Tripepi; consultori erano Giacomo Poletto,
Anton De Waal, Heinrich Denifle, Marcellino da Civezza, Giuseppe Bertocci, Hartmann Gri-
sar, Giuseppe Cozza Luzi, Franz Ehrle, Alessandro Cinti, cfr. 1898. La Gerarchia cattolica cit.,
p. 726; 1899. La Gerarchia Cattolica cit., p. 732. Sulla Commissione, cfr. M. MACCARRONE, Leo
XIII. und die Geschichtswissenschaft. Die Kardinalkommission für historische Studien, in Ge-
schichte und Geschichtswissenschaft in der Kultur Italiens und Deutschlands. Wissenschaftli-
ches Kolloquium zum hundertjährigen Bestehen des Deutschen Historischen Instituts in
Rom (24.-25. Mai 1988), hrsg. von A. ESCH – J. PETERSEN, Tübingen 1989 (Bibliothek des
Deutschen Historischen Instituts in Rom, 71), pp. 192-223; SEMERARO, La Commissione car-
dinalizia cit.; ID., La Commission cardinalice pour les études historiques, in Le pontificat de
Léon XIII. Renaissances du Saint-Siège? Études réunies par Ph. LEVILLAIN et J.-M. TICCHI,
Rome 2006 (Collection de l’École française de Rome, 368), pp. 317-349.
77 Come si è visto, già Mercati, nella lettera approssimativamente datata al maggio 1898,

aveva fatto a Toniolo il nome di Ehrle, come possibile sostegno per il programmato istituto
storico. Toniolo ricorda subito dopo gli altri suggerimenti.
78 Era noto lo scrupolo col quale Toniolo cercava di non mancare mai alle lezioni univer-

sitarie, a costo anche di defatiganti viaggi ferroviari notturni. Al processo per la beatificazio-
ne testimoniò in proposito Lorenzo Gioli: «[…] non mancava mai di fare la lezione anche con
scomodo suo, viaggiando di notte, quando era lontano per tornare in tempo a fare la lezione
la mattina, e diceva: non voglio prendere la paga del Governo a ufo», Pisana. Beatificationis

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 589

gerisce, se le agitazioni pubbliche non avessero troppo distratto le menti. Era ed


è tuttora mio pensiero di convocare appunto in Roma quelle poche, ma valenti
persone, che Ella mi suggerisce (a cui aggiungerei anco il Tomassetti79, il quale
aderì alla Società con gran calore80) per discutere fra competenti il disegno con-
creto; ma io ormai crederei necessario di differire il ritrovo a Ottobre o Novembre,
perché in Roma ci sia Lei stesso. Ma frattanto io La pregherei per via epistolare di
avviare in nome della Società queste prime trattative colle persone suddette, il P.
Savio, Cipolla, Minocchi e gli altri stranieri, che mi nomina, cui aggiungerei il P.
Denifle81, sia per il Suo valore, sia perché il Generale dei Domenicani si profferse
con grande zelo82.

et canonizationis Servi Dei Josephi Toniolo viri laici. Positio super causae introductione, Ro-
mae [1950], [3], p. 16. Cfr. anche DA PERSICO, La vita di Giuseppe Toniolo cit., pp. 69, 89-90.
79 Giuseppe Tomassetti (1848-1911), padre di Francesco (1880-1954); dopo la laurea in

legge (1869), si dedicò agli studi di archeologia, alla scuola di Giovanni Battista De Rossi e
Carlo Ludovico Visconti; riordinatore di archivi gentilizi, come quelli delle famiglie Orsini e
Colonna, è noto soprattutto per La Campagna Romana, antica medioevale e moderna (1910-
1926).
80 Tomassetti compare infatti nell’Elenco dei membri delle sezioni della Società Cattolica

Italiana per gli studi scientifici (cfr. supra nt. 6), senza indicazione di appartenenza a una se-
zione specifica, GAMBASIN, Origini cit., p. 567.
81 Heinrich Denifle (1844-1905); entrato nell’Ordine domenicano nel 1861, sacerdote nel

1866, dopo un periodo di insegnamento in Austria, nel 1880 si trasferì a Roma; collaboratore
dell’edizione leonina delle opere di s. Tommaso, studioso della mistica tedesca e delle univer-
sità medievali, diresse con padre Ehrle l’Archiv für Litteratur- und Kirchengeschichte des Mit-
telalters (1885-1900) e con É. Chatelain pubblicò il Chartularium Universitatis Parisiensis
(1889-1897). Su proposta del card. Joseph Hergenröther divenne, nel 1883, sotto-Archivista
della Santa Sede e fu consultore della Commissione cardinalizia per gli studi storici. Fra le
sue opere Luther und Luthertum (1903-1909), cfr. A. WALZ, Denifle, Heinrich, in Enciclopedia
cattolica, IV, cit., coll. 1430-1431. Scrivendo il 28 dicembre 1905 da Pisa ad Angelo Mercati
(che aveva da poco tradotto Luther und Luthertum), Toniolo affermò: «Io conosceva il Deni-
fle, e ci vedevamo spesso ed io ammirava in lui sì alta dottrina accoppiata a tanta semplicità
tirolese e pietà medioevale. Dio sa perché abbia voluto troncare vita sì preziosa; e sia bene-
detto», TONIOLO, Lettere, III, cit., p. 60.
82 Il maestro generale dei Domenicani era allora Andreas Frühwirth (1845-1933), nell’Or-

dine dal 1863, sacerdote nel 1868, maestro generale nel 1891, poi nunzio apostolico a Mona-
co di Baviera (1907) e dal 1915 cardinale, A. WALZ, Frühwirth, Andreas, in Enciclopedia catto-
lica, V, cit., coll. 1786-1787. Frühwirth aveva espresso a Toniolo la sua disponibilità a
collaborare ai progetti della Società scrivendogli da Roma il 9 aprile 1898: «[…] Son io che
debbo benedire il Signore, come di fatti lo benedico e ben di cuore, per avermi dato d’incon-
trare la S.V. Illustrissima […]». Nella lettera Frühwirth poi ricordava a Toniolo «l’impegno
che io avevo di secondare il grandioso progetto di una “Società generale per gli Studiosi
Cattolici Italiani”». A tale scopo il maestro generale intendeva inviare una circolare ai provin-
ciali delle sette province italiane, con una copia dello Statuto. Difficoltà pratiche avevano poi
ostacolato la realizzazione dell’intenzione ma un recente incontro in Vaticano con Toniolo
aveva rialimentato il primitivo impegno; nell’occasione Frühwirth inviava a Toniolo «l’elenco
de’ nostri religiosi che possono far parte di quell’Unione o Società scientifica e lavorare alcun
poco al nobile scopo di essa», Carteggi Toniolo 2337. Fra i religiosi segnalati vi era evidente-
mente anche Denifle.

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590 PAOLO VIAN

Momentaneamente, fino a che cioè si possa fondare una Rivista storica, Mons.
Talamo83 direttore della Rivista internazionale84 (senza che questa esca dal suo
programma, che comprende anco le discipline sociali affini e quindi anche le stori-
che) accetta in massima di aprire in ogni Fascicolo una rubrica speciale di ricerche
storiche, ovvero ogni tre mesi di dedicare un fascicolo apposito alle medesime85.
Ma ciò pure si potrà attuare senza un accordo più concreto a voce? Temo che anche
ciò andrà differito a Novembre. Tutto al più questi disegni risguardanti gli studi
storici potrebbero essere in breve preannunziati nella Rivista, o almeno si dovreb-
be predisporre l’opinione pubblica con un articolo sulla convenienza di dare per
parte della Società nascente un impulso particolare agli studi storici dei Cattolici
in Italia. Di questo articolo prego Lei fin d’ora. Non mi si rifiuti; faccia pure con
comodo e breve.
Benissimo riguardo all’accordo coi Librai. Attendo l’Agliardi86, che è andato a
Vienna, (ma che era già accalorato per quanto fece la Società di S. Carlo Borromeo)
per incaricarlo di alcune trattative. Ma Ella in ciò, come nelle cose sopra dette, mi
consigli in tutto, dopo avere inteso ancora il Prof. Ratti, che mi riverirà. E di ogni
cosa Li ringrazio[.]
Del carissimo Prof. Dotti doveva in persona recarle lettera e un ritratto; ma la
restituii alla Famiglia in seguito alla sospesa mia gita.
Devotissimo
Prof. G. Toniolo
Mi raccomando di suggerirmi chi si potesse incaricare per il Congresso storico
dell’Aja.
All’illustre Prof. Mercati Giovanni
dell’Ambrosiana

83 Salvatore Talamo (1854-1932), esponente del neotomismo leonino; dal 1880, e per ol-

tre mezzo secolo, segretario dell’Accademia Romana di S. Tommaso; stretto collaboratore di


Toniolo, cfr. A. PIOLANTI, Talamo, Salvatore, in Enciclopedia cattolica, XI, cit., coll. 1709-1710.
84 Si tratta della più volte ricordata Rivista internazionale di scienze sociali.
85 In realtà la Rivista internazionale di scienze sociali aveva sempre ospitato ricerche di

carattere squisitamente storico, come per esempio gli articoli di Filippo Ermini su Michele
Cerulario e lo scisma d’Oriente (1897) e sul giubileo di Bonifacio VIII e l’ispirazione del poe-
ma di Dante (1900) e di Carlo Calisse su Paolo Diacono (1900). Ma non fu istituita una rubri-
ca speciale per le ricerche storiche, mentre a partire dal 1899 vennero pubblicate periodiche
notizie sulle attività della Società (dal 1900 col titolo di «Bollettino»).
86 Il conte Ercole Agliardi, nipote del cardinale Antonio (1832-1915), fu per lunghi anni

in relazione con Toniolo, collaborando ai suoi piani scientifici e sociali e alla Rivista interna-
zionale di scienze sociali. Nei fascicoli 67, 69, 70 e 71 della sesta annata (1898) della Rivista,
Agliardi aveva pubblicato un articolo sulla Görres-Gesellschaft dal titolo I cattolici della Ger-
mania nel campo scientifico; la direzione della rivista nella prima puntata aveva dichiarato di
pubblicarlo «per preparare la fondazione di una Società generale scientifica fra gli studiosi
cattolici d’Italia», cfr. TONIOLO, Lettere, II, cit., pp. 132, 226, 333. Agliardi fu segretario della
sezione per gli studi storici della Società, cfr. GAMBASIN, Origini cit., p. 563; C. MOCHI, Lettere
di Romolo Murri a Giuseppe Toniolo, in Rassegna di politica e di storia 16 (1970), nr. 185, lug.-
set., pp. 111-142: 131 nt. 1.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 591

Milano87

Toniolo, che si compiaceva delle «saggie e zelanti proposte» di Merca-


ti, si era dunque nel frattempo mosso anche in Vaticano: attraverso Giu-
seppe Cozza Luzi aveva avvicinato il card. Alfonso Capecelatro, per farlo
partecipe del disegno della Società, e, più in su, aveva incontrato Leone
XIII dal quale aveva ricevuto l’autorevole riconoscimento del sostanziale
fallimento della Commissione cardinalizia per gli studi storici (già affer-
mato da Capecelatro). La Società doveva riuscire proprio là dove la Com-
missione aveva mancato, riprendendone il testimone e perfezionandone
gli sforzi. Per l’istituto storico (che sarebbe dovuto nascere dalla Società)
Capecelatro suggeriva di puntare su Ehrle. Intanto Toniolo cercava nuova-
mente di coinvolgere Mercati chiedendogli (in attesa della nascita di una
rivista, emanazione della Società e dell’istituto) un articolo per la Rivista
internazionale di scienze sociali (che avrebbe potuto ospitare una rubrica
fissa) sulla convenienza per i cattolici italiani di coltivare gli studi storici.
Mercati, che sin dall’inizio del suo cammino rifuggiva da discorsi generici e
programmatici preferendo ancorarsi alla concretezza della pratica erudita,
non rispose immediatamente e Toniolo sollecitò allora la replica:

Pisa, 6 giugno [1898]


Ill. Signore,
Ha ricevuto una lunga mia lettera?
Il mio programma è sempre quello vecchio: Quod differtur non aufertur.
Ma intanto io mi riprometto un cenno di risposta da V.S.
Con grande stima ed affetto

G.T.
[A]ll’illustre Prof. Mercati
dell’Ambrosiana
Milano88

87 Carteggi Mercati, ff. 1169r-1170v. Lettera; un bifoglio di cui sono scritte le quattro pa-

gine. Nel testo: prima di colà, il depennato; espresso a me stesso: prima espressomi, con — mi
depennato, e a me stesso aggiunto nell’interlineo; lezioni: prima elezioni; Tomassetti: prima
seguito dalla chiusura della parentesi tonda, poi depennata; affini: con tre sottolineature;
dovrebbe: aggiunto nell’interlineo; Mi raccomando (…) Aja: aggiunto trasversalmente nel mar-
gine laterale sinistro della quarta pagina.
88 Carteggi Mercati, f. 1185r-v. Cartolina postale. Nella data l’indicazione dell’anno è rica-

vata dai timbri postali; mano recente, nel margine superiore del recto, ha ripreso a matita per
intero la data del timbro postale: 7.6.98; nel margine sinistro del recto, trasversalmente, forse
lo stesso Mercati ha indicato a matita: È di Toniolo, evidentemente a scioglimento della firma
che reca solo le iniziali.

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592 PAOLO VIAN

Di fronte al sollecito di Toniolo Mercati non poté più ritardare ulterior-


mente la risposta:

Milano, 8 [o 9] giugno 1898


Chiarissimo Signor Professore,
Ho indugiato a risponderle perché distratto da molte apprensioni e faccende
alle quali tutti oggidì siamo soggetti.
Credo anch’io meglio ritardare fino all’Ottobre o Novembre le conferenze per la
fondazione dell’Istituto storico nostro. P. Ehrle sarebbe adattissimo, e se anche non
potesse che dare consigli, sarebbe già molto, molto. Le altre persone, che indicai,
si trovano tutte a Roma; e quindi le riuscirà facile di consultarle. Col Conte Cipolla
io mi troverò nel futuro mese, se altro non succede e allora discuterò a lungo sulla
Riv. e sull’Istit. Io aborro dal trattare per lettera faccende così complesse, in cui lo
sviluppo stesso della discussione suscita nuove idee, che altrimenti forse sfuggire-
bero89.
Certo: l’attenzione principale ora deve essere rivolta all’organamento vitale e so-
lido dell’Istituto. Però fin d’ora conviene cercare attentamente gli individui capaci
di iniziare bene come studiosi l’istituto. Poveri noi se s’imbatte male!
La mia proposta libraria, come qualsiasi altra, è pienamente rimessa alla discre-
zione di Lei, che ne farà quanto crederà o potrà di meglio. Sarà mio difetto: ma io
sono, se non all’istante, molto remissivo.
A Roma in Ottobre mi troverò anch’io, se nulla sopravviene in contrario. Ag-
giungo la condizionale perché io spero ancora in un cangiamento di volontà nei
superiori90. Se sapesse come l’animo mio è diviso, e quanto poco coraggio io abbia
d’andarvi! Mi raccomandi al Signore!
Per il Congresso dell’Haye non potrebbe P. Ehrle, che nell’estate torna in Ger-
mania col P. Grisar91, farvi una scappata e rappresentare la nostra Società? Chi
meglio lo potrebbe?

89
L’osservazione di Mercati è intelligente e acuta; certi argomenti conviene trattarli a
voce perché il confronto diretto alimenta la discussione e suscita nuove idee.
90 Come in tutti i momenti più seri, impegnativi e delicati della sua vita, Mercati al mo-

mento del trasferimento a Roma fu interiormente combattuto fra le ragioni che lo spingeva-
no al trasferimento in una ricchissima biblioteca come la Vaticana e quelle che lo inducevano
a non lasciare Milano per l’Ambrosiana. Nel «Lebenslauf» per l’Accademia Austriaca delle
Scienze (1947) non a caso il cardinale utilizzerà a proposito del trasferimento a Roma un
verbo che indica totale passività: «Trasportato alla Biblioteca Vaticana nell’autunno 1898 per
attendervi al catalogo dei codici […]», VIAN, Un «Lebenslauf» cit., p. 469.
91 Hartmann Grisar (1845-1932). Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1868, docente di

Storia ecclesiastica nella Facoltà teologica di Innsbruck, dedicò la vita a una «storia civile del
papato nel Medioevo sullo sfondo della storia di Roma», a correzione dell’opera di Ferdinand
Gregorovius; ma dell’imponente progetto, che doveva collegarsi all’opera di Ludwig von Pa-
stor, uscì solo la prima parte del primo volume, dedicata a Roma sul finire del mondo antico.
Chiamato a Roma dal card. Joseph Hergenröther, fu attivo collaboratore di riviste e istituti,
accademie e società, con numerosi contributi sulle chiese e sulla liturgia di Roma. Come
Denifle, si dedicò anche allo studio della figura di Lutero, E. JOSI, Grisar, Hartmann, in Enci-
clopedia cattolica, VI, cit., coll. 1171-1173. In lettera a Giuseppe Alessi, Pisa, 12 giugno 1899,

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 593

Riverendola a nome eziandio del collega del Dottor Ratti, me le professo


devotissimo servo
Sac. Giovanni Mercati92

Nella risposta a Toniolo Mercati tornava su diversi punti (la Società,


l’istituto storico, che sembrava stargli quasi più a cuore della prima, la
necessità di coinvolgere nelle diverse iniziative Ehrle, che intanto avrebbe
potuto rappresentare la Società all’Aia), ma non disse una parola sul richie-
sto articolo sulla convenienza degli studi storici per i cattolici italiani. Un
elegante ma chiaro fin de non recevoir che probabilmente Toniolo compre-
se perfettamente. A Mercati si potevano chiedere orientamenti di fondo,
suggerimenti su persone e temi, impegni specifici su particolari questioni
ma certo non interventi e articoli programmatici. Di fatto il resto della
corrispondenza mostra che Toniolo chiese a Mercati l’aiuto concreto per
creare le condizioni per fare studiare a Roma alcuni sacerdoti di diocesi
italiane. Sarebbe stato evidentemente quello, nei suoi disegni, un nucleo su
cui contare non solo per preparare un personale ecclesiastico in grado di
amministrare venerabili e ricchissimi archivi e biblioteche ecclesiastiche
nelle rispettive diocesi ma potenzialmente anche per costituire il nucleo
originale del futuro istituto storico, che insieme alla Società e alla rivista
avrebbe tenuto alto l’onore degli studi storici cattolici italiani. In questo
istituto i giovani sacerdoti si sarebbero dovuti formare alle ricerche, goden-
do delle straordinarie risorse fornite dall’Archivio Segreto, dalla Biblioteca
Apostolica e dagli uomini che allora vi lavoravano. Così, dopo il trasferi-
mento in Vaticana di Mercati, il sacerdote reggiano informò Toniolo degli
sforzi compiuti per un giovane sacerdote ravennate:

Roma, 7 novembre 1898


Chiarissimo Signor Professore,
Exortum est in tenebris lumen rectis93? S[ua].S[antità]. ha accordato a Zattoni94
tutti i permessi occorrenti, sì che restando al S. Pio95 possa prepararsi ad essere in

Toniolo definì Grisar e il suo confratello Emil Michael «gesuiti di primo ordine», TONIOLO,
Lettere, II, cit., p. 163.
92 Carteggi Toniolo 2427. Lettera; un foglio scritto nel recto e nel verso. Nel margine supe-

riore del recto, il numero 4566 (a matita); il giorno del mese nella datazione appare di incer-
ta lettura: può essere un 9 corretto in 8 o viceversa.
93 Ps 111, 4.
94 Girolamo Zattoni, di Castiglione di Ravenna (Ravenna), a proposito del quale si torne-

rà in seguito.
95 Il Seminario Pio (o Pio-Romano), fondato nel 1853 da Pio IX per accogliere i chierici

delle 68 diocesi dello Stato pontificio, aveva sede nel Palazzo di S. Apollinare, accanto al Se-
minario Romano. «I due seminari, però, erano indipendenti l’uno dall’altro, con regolamenti,
superiori e orari propri. Avevano in comune solo la chiesa di S. Apollinare e le scuole», F.

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594 PAOLO VIAN

seguito l’Archiv. di Rav. Ora si chiederà altrettanto d’un suo condiscepolo anche più
valente, e si spera d’ottenerlo. Così l’Istituto precederà la Società, che avrebbe do-
vuto esserne madre, e non è male. Non est impossibile apud Deum omne verbum96.
Tanti ossequi.
Suo
G. Mercati
[A]l chiarissimo Signore
Prof. Giuseppe Toniolo
dell’Università di
Pisa97

E dopo Ravenna si pensò anche a Lucca e Pisa, tutti hauts lieux della
cultura ecclesiastica il cui patrimonio archivistico e librario non doveva
cadere in mano dello Stato laicista e delle sue pretese di confisca98. Così
Mercati scrisse una diecina di giorni dopo a Toniolo:

Roma (Via Cola di Rienzi 265, 3), 18 novembre 1898


Professore amatissimo,
Egregiamente! anche Lucca e Pisa!
Communicai tosto all’Eminentissimo Parocchi99 la Lettera di Lei. Egli l’aggradì
vivamente e disse che i giovani potevano collocarsi al Convitto S. Giuseppe (Via

IOZZELLI, Roma religiosa all’inizio del Novecento, Roma 1985 (Biblioteca di storia sociale, 22),
p. 140 nt. 136. Ricordi del Seminario Pio in F. LANZONI, Le memorie, Faenza 1930, pp. 25-49.
96 «[…] quia non erit impossibile apud Deum omne verbum», Lc 1, 37. Sono le parole

dell’arcangelo Gabriele nell’annunciazione a Maria.


97 Carteggi Toniolo 2514. Cartolina postale. Sul verso, il numero 4645 (a matita); la data è

quella del timbro postale.


98 Solo qualche anno prima, il 7 febbraio 1878, Hartmann Grisar aveva riferito al card.

Johannes Baptista Franzelin le insofferenze di Karl Friedrich Stumpf-Brentano e degli stu-


diosi dei Monumenta Germaniae Historica di fronte alle difficoltà di accesso all’Archivio
Vaticano, a proposito del quale si auspicava una prova di forza dei governanti italiani che
avrebbero dovuto assumerne l’amministrazione, L. PÁSZTOR, Per la storia dell’Archivio Segreto
Vaticano nei secoli XIX-XX. La carica di Archivista della Santa Sede, 1870-1920. La prefettura
di Francesco Rosi Bernardini, 1877-1879, in Archivum historiae pontificiae 17 (1979), pp. 367-
423: 401, 416.
99 Lucido Maria Parocchi (1833-1903), vescovo prima di Pavia (1871), poi arcivescovo di

Bologna (1877), dal 1877 cardinale e dal 1884 vicario della città di Roma; fondatore (1871)
della rivista La scuola cattolica. Già Isidoro Carini lo aveva segnalato a Toniolo come possibi-
le sostegno al «movimento scientifico»; e in lettera a Giuseppe Callegari, Pisa, 3 maggio 1892,
Toniolo lo definisce «uomo fra quanti mai di larghe vedute», TONIOLO, Lettere, I, cit., p. 267.
Agli inizi degli anni Novanta era stato coinvolto nelle iniziative per il XIV centenario dell’ini-
zio del pontificato di Gregorio Magno. Spesso ricordato nelle Lettere di Toniolo, anche come
riferimento per le iniziative dell’Unione e della Società (Lettere, I, pp. 150, 185 nt. 1, 218, 219,
232, 267, 333, 334; II, pp. 56, 61, 221 nt. 1). Gli succedette come vicario di Roma, nel 1899,
Domenico Maria Jacobini, M. DE CAMILLIS, Parocchi, Lucido Maria, in Enciclopedia cattolica,
IX, Città del Vaticano 1952, col. 853. «Uomo di grande apertura sociale, amico dei giovani

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 595

delle Zoccolette 17)100 oppure presso il R. S. Don Valentini101 via … A me pare


preferibile il primo convitto per posizione, aria, e libertà di studio.
Nello stesso tempo veniva chiamato il P. Ehrle dall’Eminentissimo Capecelatro,
il quale gli raccomandò l’impresa e gli diede tutte le facoltà di potersi occupare Lui
e dipendenti di detti giovani, pronto all’occorrenza di darle in iscritto se così desi-
dera l’Eminentissimo Parrocchi (sic). — In seguito alla chiamata del P. Ehrle, cre-
detti inutile, anzi non conveniente una visita mia all’Eminentissimo Capecelatro.
P. Ehrle ama molto la cosa, e per ciò ci raccomanda d’organizzarla bene. Egli
trova commendevole, anzi necessario, che 1° i giovani da scegliere abbiano da parte
dell’Autorità eccl. una destinazione conveniente fin da principio (come s’ha per tre
dei nostri), affinché ad essa convergano i loro studî, ed anche affinché non si creino
degli spostati; che però 2° nello stesso tempo si faccia sentire agli eletti come essi si
allevino in prova, non riuscendo bene la quale l’Aut. eccl. resti libera di richiamarli
e destinarli ad altro, e ciò affine di tenerli desti e renderli più solleciti del progetto.
Egli pensa inoltre, che convenga separare nettamente la direzione disciplinare
(per dir così) o d’insegnamento da quella di governo. Quest’ultima egli pensa sareb-
be bene fosse assunta dallo stesso Eminentissimo Parrocchi (sic) per più motivi; e
la prima invece restasse presso il corpo della Vaticana stessa. Quanto più blanda
sarebbe questa, altrettanto più attenta dovrebbe essere la prima. Noi della Bibliote-
ca non potremo procedere che da fratelli maggiori. Naturalmente le due direzioni
debbono procedere d’accordo pieno; ma non è possibile riunirle, perché dove c’è la
competenza professionale, manca l’autorità di giurisdizione o almeno di preminen-
za e di grado, e viceversa. Il programma lo si esporrebbe minutamente, una volta
conosciuto il grado di capacità e di coltura dei giovani.
P. Ehrle raccomanda che si scelgano solo giovani solidi i quali abbiano già
compito assai bene il loro corso teologico e siano bene fondati nella loro fede,
perché si dovrà loro dare a leggere anche libri e riviste dove fra tante cose buone si
nascondono errori etc.
Sentii, che Lei doveva tornare in Novembre: allora farà ottima occasione di
concretare qualche cosa.
Debbo avvertirla però delle difficoltà frapposte dal Rettore del Seminario Pio102,
una testa durissima, che non capisce nulla fuori della nuda lettera dei regolamenti,
e quindi crede impossibile che i due alunni Mari103 e Zattoni si diano agli studî

contro i tradizionalisti e protettore degli studi universitari. Anche lui [scil.: come Satolli] di-
fese Genocchi nel 1897 di fronte a Leone XIII», BEDESCHI, La Curia romana cit., p. 25 nt. 54.
100 Via delle Zoccolette, a pochi metri da Ponte Sisto (oggi è una parallela di Lungotevere

dei Vallati); in zona centralissima, e dunque sede favorevole per raggiungere sia il Vaticano
che la Gregoriana e altri luoghi della Roma ecclesiastica.
101 Filippo Valentini, della Congregazione della Missione, fondatore nel 1886 della Scuo-

la apostolica, cfr. infra.


102 Rettore del Seminario Pio era mons. Tito Maria Cucchi, cfr. 1898. La Gerarchia Catto-

lica cit., p. 773; 1899. La Gerarchia Cattolica cit., p. 779. A correzione delle valutazioni, forse
esagerate, di Mercati, si tenga conto che anche Cucchi risulta fra gli aderenti alla Società, cfr.
GAMBASIN, Origini cit., p. 566.
103 Francesco Mari, di Nocera Umbra (Perugia), a proposito del quale si tornerà in seguito.

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nostri, non ostante le autorizzazioni superiori. È un uomo impersuabile (sic per


impersuasibile), a cui non resta che di far piegare il capo per forza.
Ehrle raccomanda infine il silenzio e ora e poi, e ricorda inoltre un fatto che
dovrebbe rendere almeno per interesse solleciti i Vescovi dell’impresa: cioè che v’è
pericolo siano rubati dallo Stato gli Archivi capitolari in seguito alle lagnanze degli
studiosi per la loro inaccessibilità e mala conservazione. E se non si comincia qui,
al Seminario Romano104 e al Sem. Pio, dove s’allevano i futuri professori e Vescovi,
com’è da sperare un provvedimento? Basta. Io la riverisco.
Suo devotissimo
G. Mercati105

Il disegno appare chiaro. Il Vicario del papa per la diocesi di Roma, il


card. Lucido Parocchi, doveva garantire per la presenza a Roma dei giovani
sacerdoti, assicurando le condizioni pratiche e concrete del loro soggiorno
e sorvegliandone lo svolgimento; il cardinale Bibliotecario e, più concre-
tamente, il prefetto della Vaticana e il suo corpo scientifico avrebbero in-
vece seguito la formazione storico-erudita dei giovani sacerdoti agli studi,
guidandoli come «fratelli maggiori»106. Si creava così una sinergia, fra il
governo pratico e disciplinare e quello scientifico, secondo una bipartizio-
ne che il Regolamento del 1885 aveva introdotto anche in Biblioteca107. Ma
le difficoltà insorsero nel reclutamento dei giovani e nella disponibilità dei
loro vescovi. Se l’arcivescovo di Pisa manifestò disponibilità a concedere
il coinvolgimento di un suo sacerdote, renitenze e problemi emersero con
l’arcivescovo di Lucca. Il 2 dicembre 1898 Toniolo scrisse dunque a Mercati:

Pisa, 2 dicembre 1898


Illustre e caro Amico!
La Sua lettera del 18 Nov. mi recò grande consolazione. Ringrazio Dio e poi

104 Fondato nel 1565 da Pio IV, il Seminario Romano aveva sede nel Palazzo dell’Apolli-

nare, accanto alla chiesa di S. Apollinare, cfr. IOZZELLI, Roma religiosa cit., pp. 111-147. Il
Rettore era allora Vincenzo Bugarini, 1898. La Gerarchia Cattolica cit., p. 773; 1899. La Gerar-
chia Cattolica cit., p. 779.
105 Carteggi Toniolo 2524. Lettera; un bifoglio di cui sono scritte le quattro facciate. Nel

margine superiore della prima pagina, il numero 4660 (a matita). Nel testo: da parte dell’au-
torità eccl.: aggiunto nell’interlineo inferiore; tenerli: su correzione; Sentii: su correzione; do-
veva: aggiunto nell’interlineo; si diano: si su correzione; prima di capitolari, vescovili e, depen-
nato.
106 Il 30 novembre 1898 Toniolo espresse ad Angelo Mauri la sua soddisfazione per la

collaborazione di Mercati: «Intanto per gli studi storici (un primissimo nucleo di istituto
storico) spero di conchiudere subito qualche cosa. Mi aiutò molto il Mercati», Toniolo ad
Angelo Mauri, Pisa, 30 novembre 1898; in TONIOLO, Lettere, II, cit., p. 132.
107 R. FARINA, «Splendore Veritatis gaudet Ecclesia». Leone XIII e la Biblioteca Apostolica

Vaticana, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XI, Città del Vaticano 2004 (Stu-
di e testi, 423), pp. 285-370: 294.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 597

Lei; e La incarico di presentare le mie vive grazie al P. Ehrle, del vivo interesse che
apporta alla cosa. Gli dica che i Suoi criteri mi piacciono, e che del resto proceda
liberamente a que’ regolamenti di studio, che crederà più adatti; e tutto andrà be-
nissimo. — Posteriormente mi scrivono i due Eminentissimi Capecelatro e Paroc-
chi, lieti e concordi nella speranza che la cosa sia ormai assicurata.
Mi prestai nell’intervallo presso l’Arcivescovo di Pisa108; il quale oggi deve aver
scritto al Card. Vicario, dichiarando di accettare formalmente e con riconoscenza
la proposta; accogliendo quelle condizioni suggerite dal P. Ehrle (contenute nella
Sua lettera a me diretta) e impegnandosi di inviare il giovane Attuoni109 ai primi di
Gennajo. Io stesso mi assicurai, che è giovane distintissimo per pietà solida e per
doti di mente, superiori. —
Non procedette così liscia la proposta di Lucca. Io mi permisi scriverne al Card.
Vicario; il quale mi rispose ma in modo da sospettare un equivoco.
Abbia Ella dunque la bontà senza indugio di chiedere udienza al Card. Vicario,
cui presenterà i miei profondi ossequi; e riferirà quanto sopra, pregandolo inoltre
dei seguenti schiarimenti.
Io mi permisi di scrivere a S. Em. il Card. Vicario, che l’Arcivescovo di Lucca110,
non credeva opportuno di proporre un suo giovane per gli studi storici in Roma.
Ma soggiunsi che il Vescovo Suo coadiutore Mons. G. Volpi111, uomo di molta

108 Ferdinando Capponi, arcivescovo di Pisa dal 1883 sino alla sua morte (1903); gli suc-

cedette (1903) un grande amico di Toniolo, Pietro Maffi (per il quale Toniolo si impegnò per
ottenere l’exequatur e alla cui nomina potrebbe non essere stato estraneo), cfr. R. RITZLER – P.
SEFRIN, Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi (…), VIII (…), Patavii 1978, p. 455. Nato
a Firenze nel 1835, prete nel 1858, Capponi prima vescovo di Volterra (1873), poi arcivescovo
titolare di Tessalonica e ausiliare di Pisa (1881). «Sfumato ma ben preciso giudizio» di Tonio-
lo a proposito di Capponi in alcune lettere del professore pisano alla moglie, cfr. A. SPICCIANI,
Mons. Giulio Matteoli e Giuseppe Toniolo, in Rivista di archeologia, storia e costume 17 (1989),
nr. 4, ott.-dic. [= Atti del convegno «Chiesa e movimenti cattolici a Pescia (1888-1988)». Gior-
nata di studio tenuta a Pescia il 22 ottobre 1988], pp. 47-72: 57 nt. 36, 58 nt. 38 (cfr. anche
infra, nt. 111).
109 Ercole Attuoni, di Stazzema (Lucca), a proposito del quale si tornerà in seguito.
110 Nicolò Ghilardi, arcivescovo di Lucca dal 1875 alla morte (1904), SEFRIN-RITZLER,

Hierarchia catholica, VIII, cit., p. 350. Nato nel 1827 a Castiglione di Garfagnana, prete nel
1850, per lunghi anni docente di diritto canonico nel seminario arcivescovile lucchese. Sui
rapporti di Toniolo con Ghilardi cfr. SPICCIANI, Mons. Giulio Matteoli e Giuseppe Toniolo cit.,
p. 67 nt. 6.
111 Giovanni Volpi (1860-1931), di Lucca, vescovo titolare di Dionisiade e ausiliare

dell’arcivescovo di Lucca nel 1897, quindi trasferito alla sede di Arezzo nel 1904 e infine alla
sede titolare arcivescovile di Antiochia di Pisidia nel 1919, SEFRIN-RITZLER, Hierarchia catho-
lica, VIII, cit., p. 247. Volpi era cultore di ricerche storiche, cfr. il suo articolo Nell’VIII cente-
nario della prima Crociata (15 luglio 1099-1899), in Rivista internazionale di scienze sociali 7
(1899), vol. XXI, pp. 48-56. A proposito del rapporto di Toniolo con l’episcopato toscano e con
Volpi nota SPICCIANI, Mons. Giulio Matteoli e Giuseppe Toniolo cit., pp. 57, 58: «Il Toniolo non
suscitò molta personale simpatia nell’episcopato toscano: a parte la familiarità con Giovanni
Volpi, che fu vescovo ausiliare di Lucca sulla fine del secolo e poi, dal 1904 al 1919 vescovo
di Arezzo. […] Il professore pisano non ci ha lasciato alcun giudizio sui vescovi toscani di
allora, e neanche — da buon cattolico qual era — si sarebbe permesso di esprimere un pub-

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598 PAOLO VIAN

mente e zelo (che già fu Insegnante di Storia al Seminario), che è Decano di S. Mi-
chele e che ha Seminario Suo proprio, manderebbe con gran piacere uno dei Suoi
giovani più valenti. Egli tanto più volentieri lo farebbe in quanto è già conscio delle
insidie che si tendono per avocare allo Stato, quell’Archivio capitolare, che è uno
dei più importanti d’Italia. — Solamente Egli avrebbe desiderio di ricevere da S.
Emz. il Card. Vicario un Viglietto di eccitamento. Ciò per delicatezza facile a com-
prendersi. Inoltre nel giorno in cui ebbimo assieme l’onore di visitare il Cardinale,
questi disse, che la spesa per il mantenimento di questi studiosi non doveva essere
d’ostacolo; in qualche guisa Egli avrebbe cercato di combinare la cosa. Ora il nostro
Arcivescovo di Pisa (che già mantiene di suo talun altro al Capranica112) non crede
di potersi impegnare per la spesa in pro’ dell’Attuoni. — Ciò pure va definito in
modo esplicito; e la prego di parlarne al Card. Vicario; e su questo e sull’altro tema
di riferirmene quanto prima.
Ne la ringrazio fin d’ora. Memento mei; e affidiamo a Dio il compimento del-
l’impresa. Non desista dall’adoprarsi e dal pregare.
Suo affez.
Toniolo
L’Arcivesc. di Pisa preferirebbe per il Suo raccomandato l’Istituto in Via delle Zuc-
colette113.

Mercati si mosse allora a Roma per ottenere un sussidio in grado di ga-


rantire ai due giovani sacerdoti, il ravennate114 e il pisano, la permanenza a

blico giudizio sull’episcopato. Tuttavia in alcune lettere privatissime e familiari (dirette — ad


esempio — alla moglie) traspare una certa delusione per il mancato sostegno pubblico che
egli pensava dover rimproverare all’episcopato toscano del tempo. […] Uomo che aveva faci-
le accesso in Vaticano e che saliva spesso nelle stanze private del papa, il Toniolo non si face-
va scrupolo di scrivere al cardinale Segretario di Stato puntuali resoconti delle diverse inizia-
tive del movimento cattolico, anche toscano. Pure per questo credo che fosse più temuto che
amato dai vescovi». A proposito del rapporto di Toniolo con Volpi, cfr. anche ibid., p. 66 nt. 4.
112 Fondato nel 1456 dal card. Domenico Capranica per gli studenti poveri, romani di

nascita, aspiranti al sacerdozio, fu soppresso nel 1798, durante la Repubblica Romana, e ria-
perto nel 1807 da Pio VII; nel 1904 gli alunni frequentavano l’Università Gregoriana; non fu
unito al Seminario Romano dalla riforma centralizzatrice di Pio X del 1913 per l’opposizione
— si dice — del card. Rampolla, cfr. IOZZELLI, Roma religiosa cit., p. 140 nt. 137.
113 Carteggi Mercati, ff. 1358r-1359v. Lettera; un bifoglio scritto sulle quattro pagine. Nel-

la datazione la data indicata sostituisce quella precedente (28 Nov.) depennata. Nel testo: la
frase L’Arcivesc. di Pisa (…) Zuccolette è vergata nel margine sinistro del f. 1359v, trasversal-
mente. Probabilmente di mano di Mercati sono i doppi tratti di penna che affiancano le frasi
Egli avrebbe desiderio (…) di eccitamento; e su questo e sull’altro tema di riferirmene quanto
prima; riconoscenza: prima riconoscimento, corretto con depennamento delle ultime cinque
lettere e scrittura delle nuove quattro al di sopra della parola.
114 Arcivescovo di Ravenna dal 1887 al 1901 era Sebastiano Galeati (1822-1901), di Imo-

la, prima vescovo di Macerata-Tolentino (1881), dal 1887 a Ravenna, cardinale dal 1890; gli
succedette per poco tempo (1901-1902) Agostino Riboldi e in seguito Guido Maria Conforti,
cfr. Hierarchia Catholica, VIII, cit., p. 477.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 599

Roma; e dopo un incontro col card. Francesco Satolli, presidente dell’Acca-


demia di S. Tommaso d’Aquino, riferì a Toniolo i risultati della sua visita:

18 dicembre 1898
Chiarissimo e carissimo Signor Professore,
Esco or ora dall’Eminentissimo Satolli115, da cui invano mi recai lo scorso gio-
vedì.
Adunque, senza tante storie, dica ai due giovani che immediatamente dirigano
all’Eminentissimo Preside della Società o Academia di S. Tommaso116, cioè all’E-
minentissimo Satolli, la domanda di un sussidio per poter recarsi e restare a Roma
affine di perfezionarsi negli studî ecclesiastici frequentando gl’Istituti scientifici ad
hoc, e specialmente l’Academia di S. Tommaso (una volta la settimana per alcuni
mesi!). Aggiungano la commendatizia dei propri Ordinarii.
Ella nello stesso tempo scriva all’Eminentissimo ringraziando delle premure di
Lui ed indichi i nomi dei due giovani.
L’Eminentissimo ha dato la Sua parola di mettere per primi nella lista i nostri
due raccomandati, che avranno senza fallo il sussidio: e di più ci promette di fare
altrettanto in futuro per giovani raccomandati ed avviati da noi agli studî storici e
archiviali, purché sia a tempo prevenuto. Credo che di più non si poteva desiderare
da chi in fine in fine era estraneo finora alla cosa.
Il sussidio durerà due anni, in capo ai quali i giovani daranno un esamino al-
l’Academia, ma questo esame è un non nulla, tanto poche essendo le lezioni, e poi
(credo) è anche buona cosa, affinché i nostri giovani non dimentichino affatto gli
studî teologici.
Credo che basti quanto ho detto, e non aggiungo altro affine di spedire all’istan-
te questa mia.
Auguro ottime feste a Lei e al buon Dotti e Famiglia.
Tanti saluti dal
Suo devotissimo
G. Mercati

115 Francesco Satolli (1839-1910), presidente (1886) dell’Accademia dei Nobili Ecclesia-

stici, dal 1895 cardinale, «uno dei rappresentanti più autorevoli del pensiero filosofico e teo-
logico di Leone XIII» (TONIOLO, Lettere, I, p. 193 nt. 1); poi delegato apostolico negli Stati
Uniti d’America. Destinatario di messaggi di Toniolo, che lo cita di frequente nelle sue lettere
e lo coinvolse spesso nelle sue iniziative (TONIOLO, Lettere, I, cit., pp. 188, 193, 199-202, 203,
204, 206, 221, 232, 236, 240; II, cit., pp. 212-217). Quale «degnissimo prefetto degli studi in
Roma» (dal 1897), Toniolo gli scrisse da Pisa, 1° giugno 1899, un’importante lettera di pre-
sentazione della Società (ibid., pp. 156-158). «P. Semeria […] lo chiama “fonte non sospetta
di liberalismo”. Fu un intrepido difensore di Genocchi dall’accusa di demolitore di Mosè nel
1897», BEDESCHI, La Curia romana cit., p. 25 nt. 54; cfr. anche ibid., s.v. in indice, p. 382.
116 L’Accademia Romana di S. Tommaso d’Aquino, fondata da Leone XIII per promuo-

vere lo studio e la conoscenza delle opere dell’Aquinate; era presieduta dal card. Camillo
Mazzella (al quale succedette nel corso del 1898 Francesco Satolli), mentre ne era segretario
dagli inizi Salvatore Talamo; aveva sede presso l’Accademia dei Nobili Ecclesiastici in Piazza
della Minerva, 1898. La Gerarchia Cattolica cit., p. 769; 1899. La Gerarchia Cattolica cit., p.
775.

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Non passo nemmeno dal Card. Vicario, perché non gioverebbe a nulla il riferirgli
quanto sopra. Il Card. Vicario almeno almeno raccomanderà a qualche Rettore i
due giovani affinché siano provvisti di elemosine: al che possono provvedere anche
i propri ordinari coi legati giacenti. Del resto non credo ci dobbiamo perdere per la
differenza di uno scudo o due al mese. Si troverà, non dubito117.

Finalmente nel gennaio 1899 Toniolo programmò una venuta a Roma e


prese quindi preventivamente contatto con Mercati per incontrarlo:

Pisa, 11 [gennaio] 1899, mercoledì


Illustre Amico!
Chiedo mille scuse del mio silenzio; ma li faccio mille auguri e la ringrazio delle
sue prestazioni. Io mi adoperai qui, sollecitando in ogni guisa la cosa.
Sabato sera io vengo a Roma. Oso pregarla di un favore. Potrebbe ella dome-
nica alle 81/2 ant. lasciarsi vedere al Collegio lomb? (Prati Castello. Via Gioacchino
Belli)118. —

Tutto Suo
Toniolo
[A]ll’illustre Prof. Mercati
della Biblioteca Vaticana
Roma119

Un’indisposizione costrinse Toniolo a rinviare il viaggio a Roma e l’in-


contro con Mercati ma nel frattempo il professore pisano tornò sulla pre-
parazione del soggiorno romano dei due giovani sacerdoti:

Pisa, 17 gennaio 1899


Illustrissimo Professore:
Fui dolentissimo di mancare alla mia parola Domenica, sia per ringraziarLa di

117 Carteggi Toniolo 2540. Lettera; due bifogli di piccolo formato di cui sono scritte le

prime sette pagine. Nel margine superiore della prima pagina, il numero 4674 (a matita). Nel
testo: una volta: una con doppia sottolineatura; per primi: primi con doppia sottolineatura;
Rettore i due giovani: giovani corretto da giovanni.
118 Il Seminario dei Ss. Ambrogio e Carlo per le diocesi dell’alta Italia, aperto presso la

chiesa di S. Carlo al Corso nel 1878, era stato trasferito nel 1887 in un nuovo edificio ai Prati
di Castello; gli alunni frequentavano la Gregoriana, IOZZELLI, Roma religiosa cit., p. 141 nt.
139. Rettore era il milanese Alessandro Lualdi (1858-1927), dal 1904 arcivescovo di Palermo
e dal 1907 cardinale, anch’egli membro della Società e in relazione con Toniolo, cfr. 1898. La
Gerarchia Cattolica cit., p. 774; 1899. La Gerarchia Cattolica cit., p. 780; GAMBASIN, Origini cit.,
p. 566.
119 Carteggi Mercati, f. 1406r-v. Cartolina postale. Accanto alla frase domenica (…) lomb?,

Mercati ha vergato un tratto di penna affiancandola con l’indicazione 15 corr.; sul recto, so-
pra la datazione, Nello Vian ha indicato a matita [genn]; sul verso altra mano ha invece indi-
cato a matita 11.1.? 1899].

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 601

tante Sue premure per la nota causa, sia per informarla dello stato attuale. Ma oggi
mi alzo dopo qualche giorno di incomodo a letto, né sarò in caso probabilmente di
venire a Roma che sulla fine di mese.
Quì pervenne in Curia l’atto, che conferisce il sussidio di S. Tommaso di Aquino
al giovane Attuoni, che per la fine di mese passerebbe a Roma per gli studi d’Archi-
vio; e certamente questi non mancherà al Suo posto. Ma il Rettore del Seminario
di Pisa120, ove il bravo giovane riceverà fra tre giorni gli ordini sacri, mi prega di
scriverle per chiederle nuovi schiarimenti ed interposizioni, del resto io credo ab-
bastanza facili.
1° — Il sussidio di S. Tommaso è lievissimo (una lira al giorno). Questo forse
basterebbe per la retta presso la Scuola Apostolica121, ove però il giovane starebbe
a disagio; ma non già presumibilmente per l’Istituto S. Giuseppe, (Via delle Zucco-
lette) molto più adatto. Converrebbe che Ella rispondesse se quest’ultimo Istituto
lo accoglierebbe e a quali patti. —
2° — In qualunque caso e specialmente nel secondo, bisogna che Ella, compien-
do le Sue prestazioni, si adopri presso il Cardinale Vicario per assicurare al giovane
le elemosine di un maggior numero possibile di messe, perché con esse provvedasi
a indispensabili accessori di vesti, libri etc., nonché al supplemento della retta pres-
so l’Istituto S. Giuseppe. Se ciò si ottiene, la cosa è matura; e il giovane attende l’in-
vito del giorno, in cui deve trovarsi a Roma. Ma è certo che occorre una benevola,
ma definitiva risposta del Cardinale Vicario, la quale indubbiamente sarà conforme
alle Sue promesse ed al Suo zelo dispiegato in questo affare.
Il Rettore del Seminario NON CREDE ormai necessaria una corrispondenza uffi-
ciale in proposito con l’Arcivescovo di quì. Basterebbe che V.S., dopo aver parlato
col Rettore dell’Istituto di S. Giuseppe intorno alla retta necessaria, si recasse da S.
Em. il Cardinale Vicario per ottenere dalla Sua bontà anche un semplice viglietto,
che assicurasse al giovane sacerdote le messe, di cui sopra; viglietto che rimesso
al Can. Zucchelli, Rettore del Seminario Pisano, darebbe senz’altro il suggello alla
cosa.
Abbia la cortesia di prestarsi a ciò e di riferirmene quanto prima.
L’Arcivescovo di Lucca, per mezzo di Mons. Volpi, invero tardivamente, si in-
dusse a proporre al Cardinale un proprio giovane Sacerdote122. Ma sarà in tempo

120 Come precisato subito dopo, rettore del seminario di Pisa era il canonico Nicola Zuc-
chelli, autore di varie pubblicazioni, fra le quali alcuni Appunti e documenti per la storia del
seminario vescovile di Pisa (1906), La b. Chiara Gambacorta: la chiesa ed il convento di S. Do-
menico in Pisa (1914) e una Vita di san Ranieri, patrono della città e della diocesi di Pisa (1924).
121 La Scuola Apostolica era sorta nel 1886 per iniziativa di Filippo Valentini, della Con-

gregazione della Missione, «allo scopo di accogliere i chierici che venivano a Roma per com-
piere gli studi e non potevano, per motivi economici, entrare in altri istituti. Con motu proprio
del 31 agosto 1901, Leone XIII stabilì che l’istituto, chiamato col nuovo titolo di Collegio
apostolico leoniano (in via Pompeo Magno), oltre al predetto scopo, curasse anche l’educa-
zione superiore del clero. In tal modo il collegio, oltre ai chierici che frequentavano la Grego-
riana e l’Apollinare, accoglieva anche alcuni sacerdoti per i quali vi erano corsi interni di
ascetica, teologia pastorale, pedagogia, sociologia e diritto», IOZZELLI, Roma religiosa cit., p.
141 nt. 140.
122 Non è precisato chi fosse questo giovane sacerdote che l’arcivescovo di Lucca si era

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ormai per ottenere esso pure i mezzi economici conferiti all’Attuoni di Pisa? Se sì,
egli pure verrebbe quanto prima — Mi scusi e accetti le mie grazie anticipate[.]
Tutto Suo
G. Toniolo123

Di fronte alla mancata risposta di Mercati Toniolo ribadì l’invito a inter-


venire presso il cardinale Vicario di Roma, annunciando anche il viaggio a
Roma precedentemente rinviato per l’indisposizione:

Pisa, 28 [gennaio 1899?], venerdì


Illustre Professore ed Amico,
Ella non mi rispose alla lettera, che Le indirizzai con preghiera di un ultima
visita al Card. Vic. — Forse andò smarrita? ed io fui indiscreto?
Domattina Ella riceverà la presente (almeno se il Suo indirizzo non è sbaglia-
to). Vorrebbe aver tanta bontà lunedì mattina per tempo (71/2 – 8 ant.) di venirmi a
prendere al Collegio Lombardo (Prati Castello, Via Gioacchino Belli 21) per andare
assieme dal Card. Vic.? Ovvero — mandarmi al Collegio tosto un Viglietto, perche
io venga da Lei? —
Vediamo per carità di condurre a maturità questa faccenda.
Tutto Suo
Toniolo
[A]ll’illustre Prof. A. [sic] Mercati
della Biblioteca Vaticana
(Via Cola di Rienzi 205)
ROMA124

deciso tardivamente a inviare a Roma. Certo è che da Lucca provennero figure che ebbero un
ruolo nelle vicende vaticane, da Ermenegildo Pellegrinetti (1876-1943, che fu segretario di
Achille Ratti durante la missione in Polonia, poi nunzio in Jugoslavia e dal 1937 cardinale) a
Pietro Guidi (1872-1949, archivista vaticano).
123 Carteggi Mercati, ff. 1414r-1415v. Lettera; un bifoglio di cui sono scritte le quattro

pagine. Nel testo: , del resto: precedentemente, . Del resto, corretto con depennamento e ri-
scrittura nell’interlineo; ed al suo zelo: preceduto da ed e, depennato; Zucchelli: il cognome è
ripetuto nell’interlineo.
124 Carteggi Mercati, f. 1424r-v. Cartolina postale. Nel margine superiore del recto, sopra

l’appellativo, Nello Vian ha indicato a matita: genn. 1899? Sul verso, a penna, le parole Inco-
gnito (?) a Via Cola di Rienzo 285 – e 205; sotto il numero civico dell’indirizzo, 205, è indicato
a matita blu 285. Probabilmente Toniolo aveva sbagliato l’indicazione del numero civico; di
mano recente, a matita: 28.1.1899. Nel testo, le parole Tutto suo e la firma sono vergate nel
margine sinistro, trasversalmente; lunedì: preceduto da domenic, depennato. Toniolo allog-
giava spesso al Seminario Lombardo «ove faceva l’ammirazione degli studenti», cfr. la testi-
monianza di Francesco Marchesani, «ex processu rogatoriali Ianuensi annis 1938-1940 ex-
tructo», Pisana. Beatificationis et canonizationis Servi Dei Josephi Toniolo viri laici cit., [3],
p. 195.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 603

Finalmente a Roma, Toniolo cercò di organizzare la visita al cardinale


Vicario Parocchi insieme a Mercati:

Roma, [1° febbraio 1899] martedì sera


Illustre Professore e Amico,
Sono dolente che Ella siasi disturbato invano stamane. Volea ritentare con Lei
la prova questa sera; ma veggo che sono impedito. La prego domani mattina alle 81/2
di venirmi a prendere all’Albergo Santa Chiara125, per andare dal Card. Vicario. È
indispensabile. Scusi.
Devotissimo
Pf G. Toniolo
Illustre Prof. Mercati
S.R.M.126

Il 14 febbraio 1899 Toniolo poté inviare a Mercati la lettera di accompa-


gnamento del giovane sacerdote pisano Ercole Attuoni. Alla soddisfazione
del risultato raggiunto si accompagnò però l’espressione del disappunto
per la mancata adesione della diocesi lucchese al progetto:

Pisa, 14 febbraio 1899


Illustre Professore ed Amico!
Colla presente godo di accompagnarle quel giovane sacerdote di Pisa, che passa
a Roma per gli studi storici. È uno e non due pur troppo. L’Arcivescovo di Lucca,
in onta alle sollecitudini di Mons. Volpi suo coadiutore, già secondava il ritegno
con certa ritrosia; e bastò che io gli accennassi di risolvere presto, perché buona
parte dell’anno è già trascorsa, perche [sic] risolvesse appunto di non farne più
nulla. — Allora io di ricambio mi infervorai, d’accordo col Signor Rettore di questo
Seminario pisano, per affrettare la venuta dell’Attuoni; affinché la dilazione non
mettesse anche per lui in pericolo la combinazione già conchiusa. Cosa fatta, capo
ha127, ripetei. Ed ecco il giovane, disposto a fare tutto il possibile per usufruire di
questa parte di anno scolastico, nella peggiore ipotesi con studii suoi privati pre-
paratori sotto la direzione Sua e del P. Ehrle. Ella lo presenti a quest’ultimo colle
mie più vive raccomandazioni; come pure io lo affido a Lei, perché gli sia amico e
guida paziente. So che è pio, umile, docilissimo; ella lo diriga, che sarà secondato.
Gli prescrivano minutamente programma di studi, libri, esercizii ecc. — E per le

125 L’Albergo S. Chiara (a un passo da Piazza Argentina e da Piazza Navona, accanto al


luogo del transito di s. Caterina da Siena), legato alla memoria dell’appello di don Luigi Stur-
zo «ai liberi e ai forti» (18 gennaio 1919), era sede dei soggiorni romani di Toniolo, cfr. TO-
NIOLO, Lettere, I, cit., p. 333.
126 Carteggi Mercati, ff. 1428r, 1430r. Lettera; un bifoglio di piccolo formato del quale è

scritta solo la prima pagina; al f. 1430, busta. Nel margine superiore destro del f. 1428r, mano
recente ha indicato a matita: Gennaio 1899? Sopra l’indirizzo, nella busta, Toniolo ha indica-
to: Prem. [Premura?]. Nel testo: questa sera: preceduto da dom, depennato.
127 Espressione proverbiale toscana, che anche Dante mette in bocca a Mosca dei Lam-

berti (Inf. XXVIII, 107); indica che una cosa fatta non può essere disfatta.

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lingue straniere vegga se gli può suggerire modo di apprenderle almeno da sé. So
che è ancora tenace di volontà. E poi Iddio, da cui il nosse e il velle, assisterà tutti
i volonterosi. E lui pure.
Così cominciamo intanto. Per l’anno venturo speriamo di procedere meglio per
lui e per altri che sopravverranno.
Il giovane Attuoni alloggia all’Ospizio ecclesiastico (già Istituto S. Giuseppe) Via
delle Zuccolette. —
Mi voglia bene; mi raccomandi a Gesù. — Accetti ogni grazia.
Suo Affez.
Toniolo
P.S. — Quel giovane Manacorda della Scuola Normale Sup. di Pisa, Le racco-
manda la promessa ricerca intorno all’Angelio di Barga128 .

Il giovane Attuoni veniva quindi affidato alle cure di Ehrle e di Merca-


ti perché lo guidassero nell’apprendistato delle ricerche storiche. Toniolo
continuava però a sperare che quello di Attuoni fosse solo il primo caso di
una serie ben più numerosa; e intanto, in occasione di un nuovo viaggio a
Roma, cercò ancora Mercati per parlargli nuovamente del giovane sacer-
dote pisano:

26 febbraio [1899], domenica


Illustre Amico Mercati!
Sono qui fino domani sera. Ma mi sarebbe gradito e urgente vederla —
Io la pregherei, giacché abita non distante dal Collegio Lombardo (Via Gioac-
chino Belli —) di venire da me domattina prima di andare alla Vaticana. —
Vorrei parlarle anche del giovane Attuoni.
Scusi. Io la attendo al Collegio. Mi faccia questo favore —
Tutto Suo
Toniolo129

128 Carteggi Mercati, ff. 1441r-1442v. Lettera; un bifoglio, di cui sono scritte le quattro

pagine. Nel testo: appunto di: per il cambiamento di pagina, la preposizione è ripetuta; tutto
il possibile: preceduto da un segno, depennato; affido a Lei: seguito da un segno, depennato.
Guido Manacorda (1879-1965) pubblicò nel XVIII volume (1905) degli Annali della R. Scuola
Normale Superiore di Pisa un ampio articolo su Petrus Angelius Bargaeus (Piero Angeli da
Barga). Bibliotecario e poi direttore nelle biblioteche universitarie di Catania e di Pisa, fonda-
tore nel 1908 della rivista Studi di filologia moderna, diresse per Laterza la collana «Scrittori
stranieri» (1912-1914); dal 1913 intraprese l’insegnamento universitario di Letteratura tede-
sca; dopo l’attiva partecipazione alla guerra, diresse la collana «Biblioteca Sansoniana Stra-
niera» (1920-1927) e pubblicò numerose traduzioni di opere di Wolfgang Goethe e Richard
Wagner. Convertitosi al cattolicesimo nel 1927, fu collaboratore del Frontespizio e diresse per
la Libreria Editrice Fiorentina la collana «Testi cristiani». Antidealista e oppositore di Croce,
aderì al fascismo e fu interprete e mediatore nei rapporti col nazismo tedesco; B. GARZARELLI,
Manacorda, Guido, in Dizionario biografico degli italiani, LXVIII, Roma 2007, pp. 404-407.
129 Carteggi Mercati, f. 1456r. Lettera; un foglio di cui è scritta la prima pagina. Nel mar-

gine superiore destro del recto, Nello Vian a matita ha indicato: 1899?

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 605

Ma l’impegno di Toniolo e di Mercati non si esaurì con l’aiuto ad At-


tuoni. Con un messaggio che potrebbe essere datato al 31 marzo 1899 il
professore pisano chiese una consulenza a Mercati per un sacerdote sardo
cultore della storia ecclesiastica dell’isola:

Pisa, venerdì santo130


Mille auguri di SS. Feste. Scusi se la disturbo. Faccia la carità di scrivere al
Don Sacerdote Sebastiano Pintus131 (Sardegna – IGLESIAS) — dato che documenti
originali probabilmente non esistono nelle Bibl. e Arch. di Roma — almeno quelle
fonti mediate che egli dovrebbe consultare per la Storia della Chiesa di Sardegna
dal VII al XII secolo, come studio generale preparatorio. Forse egli verrebbe poi a
Roma in Aprile o Maggio, per studiarle qualora non Le trovasse nella Sua isola. —
Mille scuse e grazie.
E la Rivista del Minocchi132? Io sono sempre sospeso. Sto a vedere come piega.
Suo affez.
Pf. G. Toniolo
Illustre Prof. Sac. G. Mercati. —133

L’impegno per i casi concreti non distolse però Toniolo dalla prepa-
razione della Società, per la quale si doveva ancora procedere alla costi-
tuzione ufficiale. A tale scopo Toniolo inviò a Ratti lo statuto provvisorio
chiedendo pareri e osservazioni che il «dottore» ambrosiano puntualmente
inviò l’11 maggio 1899:

Milano, 11 maggio 1899


Riverito e carissimo Signore,
La ringrazio del cortese invio-invito. Ella non aveva davvero bisogno di farme-
ne una preghiera; ma Ella ha ormai fatto Suo solito di una straordinaria bontà e
modestia. La circolare mi è giunta tanto più gradita, in quanto che mi credevo già
all’indice, od al bando che si voglia dire. Forse non faccio agli occhi di alcuno (non
dico di Lei, che conosco troppo bene) che mostrare ancora una volta di meritarlo
permettendomi un’osservazione sul numero 4 dello Statuto Provvisorio Con quel

130 Privo di data, il messaggio può essere con plausibilità datato all’ultimo anno di vita

del periodico sotto la direzione di Minocchi, al quale si accenna nel testo; in questo caso il
messaggio va datato al 31 marzo 1899 poiché la Pasqua, nell’anno, cadde il 2 aprile.
131 Sebastiano Pintus, storico della Chiesa sarda, autore di numerose ricerche sui vescovi

sardi, pubblicati nel primo decennio del Novecento. La sua opera forse maggiore è Sardinia
sacra (cfr. supra nt. 13), pubblicata con il sussidio della Società Cattolica Italiana per gli
Studi Scientifici.
132 La Rivista bibliografica italiana, alla quale Giovanni Mercati collaborò intensamente

fra il 1896 e il 1898; ma nell’ultimo anno di vita del periodico sotto la direzione di Minocchi,
il 1899, Mercati, non condividendone la linea, ne prese le distanze, VIAN, «Non tam ferro
quam calamo» cit., pp. 396-403. Le perplessità e i dubbi di Toniolo erano dunque condivisi.
133 Carteggi Mercati, f. 1395r-v. Lettera; un foglietto scritto nel recto e nel verso; nel mar-

gine superiore destro del recto, Nello Vian ha indicato a matita: s.d.; d. 1898.

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606 PAOLO VIAN

«… si ispira alle più sicure dottrine cattoliche …» mi pare che si torni daccapo con
mettere od insinuare nelle basi stesse della Associazione un tuziorismo, che già da
tempo esula dai confini delle stesse scienze teologiche. Ed anche senza questo, Le
confesso che di quelle parole non so darmi un senso chiaro e soddisfacente. Se sono
dottrine cattoliche, come non sarebbero sicure? E se meno sicure, come sarebbero
cattoliche e dottrine? E se in un certo senso si ponno intendere diversi gradi di
sicurezza pur trattandosi di dottrine, e dottrine cattoliche, come vi ponno essere
gradi di certezza e di evidenza; perché non accontentarsi — nel caso concreto — di
quello che pur basta, ed appunto per questo è cio che solo può esigersi da tutti? Se
nonche tutto quel numero dello Statuto mi par dica e troppo e troppo poco134. Ma
né queste, né le altre osservazioni che possano per avventura esser fatte, devono o
possono ritardare d’un sol momento la mia povera ma cordiale adesione ad un’o-
pera, che è delle più desiderabili e che del resto, vita comite, non può mancare di
venire acquistando una sempre più chiara ed esatta coscienza del suo essere e del
suo altissimo mandato. Sono lieto di aggiungere alla mia scheda ed ai miei rispetti
cordialissimi la scheda ed i rispetti del mio carissimo amico Prof. Luigi Grasselli135.
Con tutta l’osservanza sono
il devotissimo obbligatissimo suo
Sac. A. Ratti136

134 Lo Statuto della Società è pubblicato in Rivista internazionale di scienze sociali 8

(1900), vol. XXII, fasc. LXXXV, pp. 154-159. Le osservazioni di Ratti furono recepite; l’art. 1,
in una stesura evidentemente semplificata, recitava: «La Società convinta, che tra la rivela-
zione custodita ed interpretata dalla Chiesa ed i risultati della scienza non può mai esistere
contraddizione, mentre dichiara di seguire nelle trattazioni delle singole discipline metodi
strettamente scientifici, professa docile dipendenza dalla Santa Chiesa e in modo speciale si
propone d’ispirarsi costantemente agl’indirizzi contenuti negli Atti della Santa Sede riguar-
danti gli studi», ibid., p. 154.
135 Luigi Grasselli (1847-1912), «distinto cultore di scienze geografiche […] anche impe-

gnato al riordinamento del medagliere dell’Ambrosiana», fu amico di Ratti e compagno di lui


nelle escursioni alpinistiche. «Con questo suo indimenticabile compagno di “errori” alpini
fece l’ascensione al Monte Bianco ed al Monte Rosa, per ridiscendere da questa vetta dalla
parte di Macugnaga, riuscendo, così, egregiamente i primi tentativi italiani di scalata per quel
versante», Pio XI evocato da Giovanni Galbiati cit., p. 42. Con Ratti Grasselli si recò a Fribur-
go nel 1897 (cfr. supra); e dell’amico Ratti scrisse il necrologio, non firmato, nella Rivista
mensile della Sezione Centrale del Club Alpino Italiano del 1912, ibid., pp. 48, 204, 210, 264,
266, 274, 276. Grasselli, come Ratti e Giovanni Mercati, apparteneva alla IV sezione della
Società, «per gli studi storici e affini», cfr. GAMBASIN, Origini cit., p. 563. Sul Grasselli cfr.
anche D. F. RONZONI, Achille Ratti. Il prete alpinista che diventò papa, Missaglia 2009, pp. 111-
118 (alle pp. 115-116 è ripubblicato il necrologio scritto da Ratti, già ripreso da Bobba e
Mauro nel 1923 negli Scritti alpinistici di Ratti).
136 Carteggi Toniolo 2682. Lettera; un bifoglio del quale sono scritte le prime tre pagine.

Nel margine superiore della prima pagina, i numeri 85 (a matita) e 75 (a matita rossa); al
centro della quarta pagina, trasversalmente, il numero 85 (a matita). Sotto la datazione, a
matita, forse Toniolo ha indicato alcuni nomi: Ratti <…> – Riboldi – Cipolla – Poletto – Bianchi
Cagliesi. Nel testo: E se meno sicure: dopo se, sono depennato; solo può esigersi: dopo può, una
o due parole depennata/e.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 607

Ottenuta l’adesione di Ratti e dell’amico Luigi Grasselli, Toniolo scrisse


da Annecy a Mercati per assicurarsi della sua presenza all’adunanza costi-
tutiva di Como, programmata nei giorni fra il 13 e il 15 settembre 1899.
Nella lettera Toniolo mostrò di avere ormai ben compreso il carattere di
Mercati, pour cause non invitato a «discussioni irritanti Statutarie» ma
piuttosto chiamato al confronto per discutere «di modi con cui promuove-
re gli studii e di comunicazioni scientifiche». Toniolo proponeva anche a
Mercati di raccogliere le indicazioni di Ehrle sugli studi storici, sulla neces-
sità di distinguere la pubblicazione delle fonti dall’elaborazione storica, e
rinnovava al sacerdote reggiano l’esortazione a scrivere qualcosa in merito
o almeno a esporre le sue ricerche compiute e in itinere:

Annecy, 1° settembre [1899]


Illustre Professore Mercati ed Amico,
Sono qui, ma rientro in Italia — per l’Adunanza scientifica di Como, 13.14.15.
Guai a Lei, se non mi fa la parte di consigliere e coadiutore come mi aspetto dal suo
sapere e dalla sua amicizia. Non tema discussioni irritanti Statutarie. E se vuole,
venga il secondo e terzo giorno ove si parlerà soltanto di modi con cui promuovere
gli studii e di comunicazioni scientifiche.
Si proponga di fermare il concetto del P. Ehrle negli studi storici: della necessi-
tà cioè di tener distinta: a) la pubblicazione delle fonti b) e la elaborazione storica.
Scriva due, tre pagine sopra di questo concetto; e dei modi di promuovere in ispecie
le prime ricerche sulle fonti in Roma.
Comunichi in una pagina la notizia delle pubblicazioni che fece e sta facendo,
colle osservazioni che crederà più opportune.
Grazie — a rivederci (Que’ scrittarelli a me, in Como presso R. Tessari137, S.
Agostino, prima del 12 corr.).
Tutto Suo G. Toniolo138

Come prevedibile, Mercati a Como non andò; ma non vi andò nemmeno


Ratti che, per motivi geografici, avrebbe avuto minori difficoltà a farlo.
L’11 settembre 1899 Ratti giustificò con Toniolo la sua assenza, non senza
qualche spiritosa battuta sulle molte difficoltà da superare nell’imminente
riunione, non minori di quelle alpinistiche cari a entrambe:

Milano, 11 settembre 1899


Illustrissimo Sig. Professore,
La ringrazio della carissima Sua da Intra139: Ella mi usa una bontà che mi con-

137 Nome di persona non meglio individuata. Ma la lettura è incerta [Ferrari?].


138 Carteggi Mercati, f. 1605r-v. Lettera; foglietto scritto nel recto e nel verso. Accanto alla
datazione, Nello Vian ha indicato a matita [1899].
139 Intra, località sul Lago Maggiore, oggi frazione del comune di Verbania, nella provin-

cia del Verbano Cusio Ossola. Di lì Toniolo doveva aver compiuto alcune escursioni alpinisti-

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608 PAOLO VIAN

fonde. … Massime in questo momento, nel quale devo dirle che proprio a Como
non ho modo di venire. Ragioni d’ufficio irreducibili mi obligano a rimanere quì.
Seguirò in ispirito le discussioni, che voglio sperare siano per essere feconde.
Mi congratulo del Suo alpinismo … di buon augurio anche per la riunione, che
può di leggeri presentare più di un passo arduo e difficile.
Mi scusi, ottimo Signore, e mi creda
il Suo devotissimo obbligatissimo
Sac. A Ratti140

A Como, come si è già precedentemente accennato, la neonata Società


fu articolata in cinque sezioni, che dovevano in qualche modo svolgere la
funzione di facoltà universitarie. Alla sezione per gli studi storici fu pre-
posto padre Ehrle, al quale Toniolo scrisse presumibilmente subito dopo
la riunione per comunicargli l’avvenuta elezione. La risposta del gesuita
tedesco si fece attendere diverse settimane ma alla fine giunse e fu positiva:

24 novembre 1899
Illustrissimo Signor Professore,
Scusi, Lo prego, il ritardo della mia risposta.
Ho preso tutte le informazioni necessarie ed in conseguenze di esse lo considero
il mio dovere di fare tutto ciò che Lei desidera e di accettare provvisoriamente la
carica, finche si trovera qualchedun altro.
Il più necessario: formare i futuri soci della Sezione storica. Lo faciamo. Ancor
ieri abbiamo fatto una seduta d’una ora coi tre Suoi raccomandati.
Parlerò con S. Em. il Card. Satolli al principio del Decembre.
Tante altre cose le rimetto alla Sua prossima venuta a Roma, la quale spero, che
avra luogo fra poco.
Augurandoli di cuore per i Suoi, per tutte le Sue imprese tanto importanti tutte
le benedizioni del Signore, rimango — sempre a Sua disposizione.
Suo devotissimo
F. Ehrle SJ141

Il 29 novembre 1899 Toniolo comunicò ad Antonio Malvezzi Campeg-


gi l’adesione di Ehrle142; e qualche settimana dopo incontrò il gesuita col

che che erano una delle sue passioni (cfr. la testimonianza del figlio, Antonio Renato, in Pi-
sana. Beatificationis et canonizationis cit., [3], p. 35).
140 Carteggi Toniolo 2950. Lettera; un bifoglio di cui è scritta solo la prima pagina. Nella

parte superiore della prima pagina, i numeri 85 (a matita rossa) e 95 (a matita); al centro
dell’ultima pagina, trasversalmente, il numero 95 (a penna).
141 Carteggi Toniolo 3101. Lettera; un foglietto scritto nel recto e nel verso; su carta inte-

stata con stemma pontificio: Biblioteca Apostolica Vaticana. Nel margine superiore del recto:
106 (a matita), 96 (a matita rossa); nel margine superiore del verso: 106 (a penna).
142 «Potrebbe frattanto ella favorirmi lo statuto colle modificazioni introdotte a Como,

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 609

quale si intrattenne a proposito di progetti editoriali143. Più di sette mesi


dopo, il 22 giugno 1900, Toniolo chiese a Ehrle di rappresentare la Società
al congresso scientifico internazionale dei cattolici che si sarebbe svolto a
Monaco di Baviera verso la fine di settembre. Ne ottenne, il 5 agosto, un
garbato e giustificato rifiuto (stava maturando l’accessione della Biblioteca
Barberiniana e tutte le energie del prefetto della Vaticana erano rivolte in
quella direzione). Ma il gesuita tedesco non mancò di dare alcuni consigli
sui prossimi passi da fare, con indicazioni su programmi editoriali:

5 agosto 1900
Illustrissimo e Chiarissimo Signor Presidente,
Non mi è stato possibile prima di partire da Roma di rispondere alla Sua pre-
giatissimo del 22 Giugno ed essendo dopo per una settimana in continuo moto e
poi per una altra ammalato, trovo perciò soltanto oggi il primo momento libero.
In risposta alle Sue domande mi permetto di esporre 1) sarò di ritorno a Roma
al più tardi il 23 agosto;
2) Benche invitato dal Chiarissimo Prof. G. Hüffer144, segretario del Congresso
di Monaco145, per una lettera pressantissima a prendere parte alla riunione come

per confrontarle? L’Ehrle accettò e si adopra alla costituzione della sezione», Toniolo ad
Antonio Malvezzi Campeggi, Pisa, 29 novembre 1899, in TONIOLO, Lettere, II, cit., p. 182.
143 Scrivendo ad Antonino Ciardi, il 19 dicembre 1899, Toniolo invitava il figlio, Giusep-

pe Ciardi Dupré (1875-1953, poi professore di lingue classiche e glottologia nelle università
di Padova e Catania), a inviargli qualche studio filologico ben elaborato: «Parlai ieri col p.
Ehrle, dottissimo direttore della Biblioteca vaticana; ed egli faceva voti di fare la pubblicazio-
ne di simili serie [di] monografie», Toniolo ad Antonino Ciardi, Pisa, 19 dicembre 1899; in
TONIOLO, Lettere, II, cit., p. 184.
144 Georg Hüffer (1851-1922), figura di spicco della Görres-Gesellschaft, studioso fra l’al-

tro della Santa Casa di Loreto (con due volumi, 1913-1921, che suscitarono polemiche) e di
Bernardo di Chiaravalle.
145 Il quinto congresso scientifico cattolico internazionale si svolse a Monaco di Baviera

dal 24 al 28 settembre 1900, sotto la presidenza di Albert de Lapparent, dell’Institut Catholi-


que di Parigi, e fu l’ultimo della serie. Numericamente fu il più frequentato dei cinque con-
gressi, con 3.367 aderenti (a Friburgo erano stati 3.007) e con 260 interventi riprodotti negli
Akten (a Friburgo erano stati 200), PELZER, Congressi scientifici internazionali cit., col. 353.
Toniolo vi presentò la relazione su «I progressi delle scienze sociali alla fine del secolo XIX»,
cfr. TONIOLO, Lettere, I, cit., p. 353; Lettere, II, cit., pp. 75, 81, 182, 206. Dopo la prima parte-
cipazione italiana al congresso di Friburgo del 1897, Toniolo ottenne che la lingua italiana
fosse considerata fra quelle ufficiali del congresso, «nella speranza accennata espressamente
che la recente società italiana possa così intervenire più numerosa», Toniolo ad Antonio Mal-
vezzi Campeggi, Pisa, 29 novembre 1899; in TONIOLO, Lettere, II, cit., p. 182. Al congresso
tenne un importante discorso il gesuita Hartmann Grisar, sostenendo, in linea con l’indirizzo
di Leone XIII, le ragioni e la necessità della ricerca contro le opposte tendenze dell’ipercritica
e della difesa ottusa di tradizioni anche infondate, cfr. JOSI, Grisar, Hartmann cit., col. 1172.
Al congresso di Friburgo si era proposta come sede del futuro congresso Roma; fu Toniolo a
evitarlo e a proporre in alternativa Monaco: «L’esclusione di Roma parve suggerita da ragio-
ni di maggiore delicatezza verso il Vaticano, per non compromettere in alcun modo colle di-

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610 PAOLO VIAN

uno dei Vicepresidenti della Sezione Storica, mi sara impossibile di lasciare Roma
di nuovo verso la fine del Settembre, quando occorrono gli ultimi, urgentissimi
lavori per la riapertura del 1. Ottobre146; e ciò tanto di piu che Mgr. Ugolini147 lo
scrittore più anziano è da parecchio tempo gravemente amalato. Finalmente è in
corso un affare importantissimo della Biblioteca, il quale secondo la piega, che
prendera al mio ritorno, puo tenermi occupatissimo per parecchio tempo148. Del
resto non mancherò di dare al Congresso la mia adesione e, se mi sara possibile, di
mandarvi una mia comunicazione.
3) La convocazione di una assemblea ai primi del Settembre mi sembra pre-
matura e poco opportuna a causa dell’assenza di tanti soci; più facile credo sara la
realizzazione nel Novembre o Decembre.
4) Mi sembra molto dubio se si possa sperare da questa assemblea la constitu-
zione definitiva; sara forse meglio di preparare con diligente cura tutto per ottenere
una piena armonia intorno ai punti principali.
5) A ciò mi sembra necessario che almeno un mese prima dell’adunanza l’elenco
dei punti da discutersi sia comunicato a soci. Questo elenco dovrebbe essere gia
prima combinato coi presidenti, secretari e membri piu influenti ed aver ottenuto
la loro piena adesione.
In questi giorni sta per uscire il n 3° dei nostri «Studi e testi» ed il 4° è già in
corso di stampa da parecchio tempo. La stampa del n°. 6 sara cominciato nell’Ot-
tobre149.

scussioni di un congresso immediatamente presente l’autorità della Santa Sede», Toniolo a


Rampolla, Follina, 19 settembre 1897; in TONIOLO, Lettere, II, cit., p. 81. E non ebbe luogo
nemmeno il sesto convegno, previsto a Roma per il 1903 (nell’aprile di quell’anno si svolse
invece nell’Urbe il terzo congresso internazionale di scienze storiche).
146 Secondo il calendario dell’epoca, la Biblioteca Vaticana riapriva i battenti agli studio-

si agli inizi di ottobre, leggermente più tardi di quanto accade oggi. Era comunque un pro-
gresso rispetto al calendario stabilito dal card. Bibliotecario (1730-1755) Angelo M. Querini,
ancora in vigore al principio del pontificato di Leone XIII, secondo il quale la riapertura dopo
l’estate avveniva ai primi di novembre, cfr. l’Index dierum quibus a Bibliothecae Vaticanae
muneribus vacatio datur, Biblioteca Vaticana, Arch. Bibl. 7, ff. 1r, 2r, 476r.
147 Mariano Ugolini (1854-1932), dal 1883 in Biblioteca Vaticana come scrittore per l’e-

braico e per le lingue orientali, poi nel 1909 sotto-Archivista e dal 1920 al 1929 prefetto del-
l’Archivio Vaticano, BIGNAMI ODIER, La Bibliothèque Vaticane cit., pp. 236-239, 249 nt. 77, 254
nt. 103.
148 Andava maturando in quei mesi l’acquisto da parte della Santa Sede della Biblioteca

e dell’Archivio Barberini (compiuto nel 1902), per il quale molto si impegnò Ehrle, come
aveva precedentemente fatto con successo per la Biblioteca e per l’Archivio Borghese (acqui-
siti nel 1891) e successivamente, ma invano, per la Biblioteca Chigi, cfr. F. D’AIUTO, [Barberi-
niani], in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, a cura
di F. D’AIUTO e P. VIAN, I: Dipartimento Manoscritti, Città del Vaticano 2011 (Studi e testi,
466), pp. 337-340: 338-339; P. VIAN, Il Papa e il suo bibliotecario. Pio X, Franz Ehrle e la Chi-
giana, in Strenna dei Romanisti 72 (2011), pp. 715-729.
149 P. FRANCHI DE’ CAVALIERI, La Passio ss. Mariani et Iacobi, Roma 1900 (Studi e testi, 3);

M. VATTASSO, Aneddoti in dialetto romanesco del sec. XIV, tratti dal cod. Vat. 7654, Roma 1901
(Studi e testi, 4); P. FRANCHI DE’ CAVALIERI, I martirii di s. Teodoto e di s. Ariadne, con un’ap-
pendice sul testo originale del martirio di s. Eleuterio, Roma 1901 (Studi e testi, 6).

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 611

Il Signor Dott. Sorbelli150 mi ha mandato oltre il Suo egregio lavoro gia stam-
pato sulle cronache Bolognesi151 il suo «tractatus» di S. Vincenzo Ferrer152. Questo
ultimo, mi pare, mostra piu che le «Cronache» quella tendenza dei principianti ai
voler nell’introduzione e nelle note illustrative mettere tutto ciò, che lo scrivente
ha dovuto ricercare e studiare avanti gli occhi dei lettori. Credo dunque che prima
della stampa sia necessario di rivedere e comprimere ed abbreviare l’introduzione
e le note. Appena tornato a Roma rimanderò il ms. all’autore, indicandoli i parti-
colari di una tale revisione. Del resto spero, che anche uno studio piu esatto, che
quello che io ho potuto fare prima di partire, mi confermera nell’opinione, che il
lavoro possa essere stampato, possibilmente come il n° 1 di «Testi e studi della Soc.
cat. ital.»153.
Tengo con me la minuta del programma della «Sezione storica». Voglia Dio che
lo possa mandarli presto.
Raccomandando Lei, i Suoi cari ed i Suoi importanti lavori al N. Signore, sono
con tutta stima dovuta — sempre alla Sua disposizione
Suo devotissimo
F. Ehrle SJ
Verso il 18 partirò da qui ad Innsbruck, il 20 mattina sarò a Firenze, dove lavo-
rerò uno o due o tre giorni alla Riccardiana154.

3. Almeno dal novembre 1898 (la prima menzione è nella lettera di


Mercati a Toniolo del 7 novembre 1898 ma il piano appare già in itinere
da qualche tempo), il progetto della Società Cattolica Italiana per gli Studi

150 L’emiliano Albano Sorbelli (1875-1944), poi direttore (1903-1943) della Biblioteca
dell’Archiginnasio di Bologna, ha dedicato numerosi scritti alla storia della sua regione e
della città di Bologna. Oltre alla monumentale edizione del Corpus chronicorum Bononien-
sium (dal 1905), vanno ricordati la Storia della stampa in Bologna (1929) e la Storia di Bologna
dalle origini del cristianesimo agli albori del Comune (1938); fu anche autore di cataloghi dei
manoscritti di Ulisse Aldrovandi (1907) e di Giosue Carducci (1921-1923), delle cui opere ha
anche curato l’edizione nazionale.
151 A. SORBELLI, Le croniche bolognesi del secolo XIV […], Bologna 1900 (Biblioteca stori-

ca bolognese, 3).
152 De moderno schismate. Trattato di Vincenzo Ferrer, introduzione, note e appendici per

cura di A. SORBELLI, Roma s.d. [ma 1900]. L’edizione ebbe una seconda edizione nel 1906 (e
il fatto darebbe ragione a quanto Ehrle afferma subito dopo, se Sorbelli dopo appena sei anni
dalla prima edizione sentì il bisogno di una seconda): A. SORBELLI, Il trattato di s. Vincenzo
Ferrer intorno al Grande scisma d’Occidente, in Atti e memorie della R. Deputazione di Storia
Patria per le provincie di Romagna, ser. III, 23 (1904-1905), pp. 301-455.
153 La Società prevedeva dunque la possibilità di pubblicare una sua collana di ricerche

storiche che avrebbe accompagnato la collana vaticana degli «Studi e testi», nata proprio nel
1900, dalla quale in qualche modo riprendeva il titolo invertendo i termini costitutivi. Il pro-
getto non fu realizzato.
154 Carteggi Toniolo 3485. Lettera; un bifoglio, scritto nelle quattro pagine; su carta inte-

stata con incisioni: Feldkirch Vorarlberg. Stella Matutina. Nel testo: soltanto oggi: aggiunto
nell’interlineo; sia comunicato a soci: aggiunto nell’interlineo; avanti gli occhi dei lettori: ag-
giunto nell’interlineo.

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612 PAOLO VIAN

Scientifici, e più in particolare della sezione per gli studi storici, a Roma
si intreccia, anzi quasi si incarna nell’idea di accogliere nella città alcuni
giovani sacerdoti provenienti da diverse diocesi per agevolarne la forma-
zione nelle ricerche con la frequenza di scuole e istituti ma soprattutto
con la pratica erudita in Biblioteca Vaticana, accanto a Ehrle, a Mercati
e al collegio scientifico degli «scrittori». Abbiamo visto come la Società,
sull’esempio della Görres-Gesellschaft, promuovesse con flessibilità una
molteplicità di iniziative; quella dello stage formativo in Biblioteca Vatica-
na era una di queste. I giovani studiosi dovevano, da una parte, garantire
in futuro la presenza nelle diocesi di un personale ecclesiastico in grado di
amministrare archivi e biblioteche capitolari e, più genericamente, eccle-
siastici che altrimenti correvano il serio rischio di essere rivendicati dalle
autorità governative italiane col pretesto della loro inagibilità; dall’altra, i
giovani sacerdoti avrebbero costituito il primo nucleo di quell’istituto sto-
rico che, insieme alla rivista, doveva rappresentare il frutto ulteriore e più
maturo della Società. Le lettere pubblicate permettono anche di precisare
chi fossero i tre sacerdoti — quelli che Ehrle nella lettera a Toniolo del 24
novembre 1899 definì i «tre Suoi raccomandati»155 — che effettivamente si
trasferirono a Roma (dopo un precedente periodo di formazione nel Semi-
nario Pio-Romano) e vi vissero per un certo periodo, al tramonto dell’Ot-
tocento e agli inizi del Novecento: Ercole Attuoni, della diocesi di Pisa;
Francesco Mari, della diocesi di Nocera Umbra; Girolamo Zattoni, della
diocesi di Ravenna. Conviene a questo punto percorrere sommariamente
le tre biografie per valutare anche in questo ambito successi e fallimenti
della Società.
Dei tre chierici inviati a Roma per iniziativa di Toniolo, Attuoni è si-
curamente quello che meno ha realizzato nell’ambito delle ricerche stori-
che156. Nato il 18 aprile 1875 a Stazzema, in provincia di Lucca, ordinato
sacerdote il 16 gennaio 1899, a Roma frequentò la Scuola Vaticana di Pa-
leografia (nella quale, unico dei tre, conseguì il diploma157) e si laureò in

155 Già Mercati, nella lettera a Toniolo del 18 dicembre 1898, aveva fatto riferimento ai
«nostri due raccomandati», cfr. supra.
156 A proposito di Attuoni, cfr. Cenni biografici. Dall’elogio funebre del prof. Don Luigi

Marconi, in Il magistero di mons. Ercole Attuoni, [a cura di R. DI MATTIA], I: Lettere pastorali,


s.l., s.d. [ma 1991]; L. MARCONI, In memoria di S.E. mons. Ercole Attuoni, arcivescovo e prin-
cipe di Fermo, Fermo 1941; E. TASSI, Gli arcivescovi di Fermo nei secoli XIX e XX, Fermo 2006
(Biblioteca storica del fermano, 4), pp. 173-187. Ringrazio don Giacomo Cardinali per l’aiuto
nella raccolta di notizie su Attuoni.
157 Attuoni conseguì il diploma nel 1900 (unico italiano dell’anno); la commissione giu-

dicatrice era composta dal card. Francesco Segna (presidente), Generoso Calenzio, Franz
Ehrle, Angelo Melampo, Cosimo Stornajolo e Pietro Wenzel, cfr. Cento anni di cammino.
Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica (1884-1984). Atti delle manifestazio-

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 613

diritto canonico (nella facoltà giuridica dell’Apollinare) e in filosofia (nella


Pontificia Accademia di S. Tommaso). Tornato in diocesi proseguì gli studi
laureandosi in giurisprudenza nell’università pisana e assumendo diversi
insegnamenti in Seminario; ma per lui divenne presto prevalente l’impe-
gno pastorale: cappellano nella parrocchia di S. Caterina e poi nelle carce-
ri, assistente ecclesiastico di diversi rami dell’Azione Cattolica, pro-vicario
(1908) e quindi vicario generale della diocesi. Diventò vescovo ausiliare
di Pisa il 15 luglio 1929, essendo consacrato vescovo titolare di Cesarea
di Filippi l’11 agosto 1929. Meno di quattro anni dopo, il 16 marzo 1933,
fu trasferito alla sede arcivescovile di Fermo, ove rimase sino alla morte,
avvenuta il 31 maggio 1941. Di lui sono pubblicate diverse lettere pastorali
per l’arcidiocesi fermana158 e alcuni scritti agiografici e spirituali, in par-
te risalenti al periodo pre-episcopale159. Il numericamente modestissimo
epistolario conservato di Attuoni con Mercati non permette di intuire la
natura del rapporto dei due160; è invece probabile che Attuoni, anche in
ragione della provenienza da Pisa, avesse una maggiore confidenza con
Toniolo, al quale indirizzò alcune lettere (Attuoni è l’unico dei tre sacerdoti
di cui siano conservate lettere al professore pisano)161, anche in un periodo
posteriore all’esperienza della Società162.
Rispetto ad Attuoni, Francesco Mari è di gran lunga figura più nota, con
profilo netto e determinato, sempre presente nelle ricostruzioni del moder-

ni per il Centenario della Scuola con documentazione relativa alla sua storia, a cura di T. NATA-
LINI, Città del Vaticano 1986, p. 247.
158 Le lettere sono state infine raccolte: Il magistero di mons. Ercole Attuoni, I, cit.; II: Let-

tere ai sacerdoti, s.l., s.d. [ma 1991].


159 E. ATTUONI, Don Paolo Albera. Elogio funebre letto ai solenni funerali di trigesima nella

chiesa parrocchiale di S. Sisto in Pisa il 29 novembre 1921, Pisa 1922; ID., Il santo Natale [ver-
si], Fermo 1936; ID., Christus Rex. La regalità di N.S. Gesù Cristo e le sue caratteristiche illustra-
te negli episodi del Vangelo, Torino 1941; ID., Lacrime, ricordo, sorriso nella vita umile e santa
della c.ssa Maria Teresa Ledochowska, fondatrice del Sodalizio claveriano, Roma s.d. Del 1927
è la prefazione a un volumetto di STANISLAO DI S. TERESA, La piccola Teresa di Lisieux, 1873-
1897, con prefazione di E. ATTUONI, Milano 19272.
160 Il 30 marzo 1899 Attuoni scrisse da Roma a Mercati scusandosi per non aver recapi-

tato a Palazzo Farnese, all’École Française, un volume (in quel periodo dunque Attuoni stava
lavorando in Vaticana), Carteggi Mercati, f. 1487r. Quasi quarant’anni dopo, il 15 giugno
1936, Attuoni inviò a Mercati un telegramma in occasione della sua creazione cardinalizia:
«Dolci ricordi gratitudine antica fanno balzare cuore commosso per voi», ibid., f. 13191r-v.
161 Il 2 agosto 1899 Attuoni comunicò da Stazzema a Toniolo alcune notizie familiari,

scusandosi per non aver «potuto ultimare la redazione bibliografica dei due libri che mi det-
te quando passai da Pisa e che avevo promesso pel Luglio decorso», Carteggi Toniolo 2807. Si
trattava forse di una recensione per la Rivista internazionale di scienze sociali.
162 Il 1° settembre 1914, al momento dello scoppio della prima guerra mondiale, Attuoni

scrisse da Pisa a Toniolo alcune considerazioni («Si scrive in questi giorni la pagina più san-
guinosa della storia») e sul conclave dopo la morte di Pio X, Carteggi Toniolo 6583.

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614 PAOLO VIAN

nismo italiano163 ma oggetto anche di ricerche e approfondimenti specifici,


a opera in particolare di Francesco Di Pilla cui si devono la riscoperta e
gli studi più accurati sul personaggio164. Se, come vedremo, Zattoni si im-
pegnò nella storia ecclesiastica della sua diocesi ravennate, la formazione
e gli interessi di Mari ne fecero presto un biblista, frequentatore ideale di
quella sezione biblica nella biblioteca di consultazione della Sala Leoni-
na che, nel giudizio di Ehrle, finiva per essere disertata perché in Italia
poche persone erano preparate per utilizzarla165. Nato a Nocera Umbra il
4 ottobre 1873, nel variegato panorama del modernismo umbro Mari fu
esponente, secondo Lorenzo Bedeschi, del «gruppo nocerino», formato dal
canonico Alessandro Alfieri, da don Felice Bruschelli e dallo stesso Mari,
tutti cresciuti nel Seminario Pio-Romano (dal quale proveniva, come ve-

163 BEDESCHI, La Curia romana durante la crisi modernista cit., pp. 22, 77, 255, 257; Il

murrismo come rinnovamento culturale, a cura di L. BEDESCHI, in Fonti e documenti [del]


Centro Studi per la Storia del Modernismo, 18-19, Rimini 1992 (Istituto di Storia dell’Univer-
sità di Urbino 1989-1990), pp. 7-309: 81-147 (Il gruppo nocerino e le sue caratteristiche), con
l’edizione di lettere di Mari: quattro a Romolo Murri (1904-1907; pp. 105-110), tre a Paul
Sabatier (1907-1910; pp. 111-116), tre ad Albert Houtin (1907-1911; pp. 117-124), dodici a
Canzio Pizzoni (1910-1915; pp. 125-147); L. BEDESCHI, Il modernismo italiano. Voci e volti,
Cinisello Balsamo 1995, pp. 13, 56, 64, 68; M. GUASCO, Il modernismo. I fatti, le idee, i perso-
naggi, Cinisello Balsamo 1995, pp. 66, 155, 167; D. CESARINI, Saggio bibliografico su Francesco
Mari modernista umbro, in Convivium Assisiense, n.s. 6 (2004), nr. 2, pp. 79-135; ID., L’apofa-
si di Francesco Mari, in ID., Tra storia e mistica. Studi e documenti sul modernismo cattolico,
Assisi 2008 (Convivium Assisiense. Studia, 6), pp. 79-102. Importanti sono poi i riferimenti in
E. BUONAIUTI, Pellegrino di Roma. La generazione dell’esodo, a cura di M. NICCOLI, introduzio-
ne di A. C. JEMOLO, Bari 1964 (Biblioteca di cultura moderna, 604), pp. 72, 83, 116, 521 nt.
45, 523 nt. 17, 525 nt. 27, 527 nt. 54, 528 nt. 59. Ringrazio il professor Francesco Di Pilla e la
dottoressa Alessandra Di Pilla per la squisita cortesia con cui hanno agevolato le mie ricerche
su Mari.
164 F. DI PILLA, Francesi e italiani nel cuore di una crisi (Lettere inedite di Alfred Loisy, Paul

Sabatier, Albert Houtin, Ernesto Buonaiuti, Romolo Murri, Francesco Mari e altri), in Annali
della Facoltà di Lettere e Filosofia della Università degli Studi di Perugia 14 (1976-1977), pp.
1-100 (ripubblicato in ID., Tra Francia e Italia. Studi, documenti, Napoli 1986 (Università degli
studi di Perugia. Studi e testi dell’area romanza e slava, 1), pp. 3-98; ID., Pagine inedite dalla
temperie modernista, tra influssi francesi e inglesi. La relazione di Mari al convegno di Molveno,
in Lingua, cultura e testo. Miscellanea di studi francesi in onore di Sergio Cigada, a cura di E.
GALAZZI e G. BERNARDELLI, II, Milano 2003 (Scienze linguistiche e letterature straniere. Ri-
cerche), pp. 409-432; ID., Tra Harnack e Loisy, dai manoscritti inediti di Francesco Mari: corsi
di Sacra Scrittura negli anni della crisi modernista, testi a cura di A. DI PILLA, in Annali della
Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Perugia 41 [n.s. 27] (2003-2004), pp. 41-140; ID.,
Gli umbri nella crisi modernista. Con documenti inediti, Perugia 2012 (Classici umbri della
letteratura dalle origini al Novecento), pp. 10-14 e passim (alle pp. xiii-xiv una ampia biblio-
grafia su Mari); ID., Figure e vicende del modernismo in Umbria (con documenti inediti), in Gli
umbri e la crisi modernista. Atti del convegno di Perugia, Istituto Conestabile della Staffa e Lui-
gi Piastrelli, 25-26 novembre 2011, a cura di F. DI PILLA, Perugia 2012, pp. 77-107: 79-80 e
passim.
165 FARINA, «Splendore Veritatis gaudet Ecclesia» cit., p. 316 nt. 112.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 615

dremo, anche Zattoni), vero «laboratorio di fenomeni novatori»166. In un


ambito meno particolare e in considerazione della disciplina coltivata, fra
i modernisti umbri Mari viene invece in genere affiancato, «nella rigorosa
applicazione del metodo storico-critico alle Sacre Scritture», al biblista
perugino Umberto Fracassini (1862-1950), per quanto — come nota Di
Pilla — «nel quadro più vasto del pensiero religioso Mari si spinse, in certe
idee di fondo, a posizioni più avanzate rispetto a Fracassini, avvicinando-
si almeno per un certo periodo (in particolare nel 1907, dal Lamentabili
all’enciclica Pascendi) alla linea radicale del Buonaiuti»167. Di fatto «[…] in
lui non esisteva quel divario, tra filosofia e conclusioni tratte dalla critica
biblica, che sembrò ad alcuni tipico del suo collega perugino […]. A chi vo-
lesse approfondire in una sintesi comparativa le varie posizioni verificatesi
nel gruppo umbro, apparirebbe che il Mari, sebbene con alcune perigliose
deduzioni sia nella critica biblica sia nella sua concezione della religione,
risulta essere la personalità più unitaria che dall’Umbria si protendesse al
rinnovamento proposto dal modernismo»168.
Dopo l’ordinazione e un breve ritorno in diocesi, Mari tornò a Roma e
per un certo periodo lavorò in Biblioteca Vaticana, apparentemente pro-
prio a partire dalle suggestioni di Toniolo. Poi, nel 1903, nell’anno di pub-
blicazione di un suo volume sul Codice di Hammurabi e la Bibbia169, si
verificò il brusco richiamo a tornare in diocesi, «cioè all’indomani — scrive
Bedeschi nella sua prosa vivace e palesemente di parte — della morte di
Leone XIII quando le sue idee progressiste soprattutto in materia biblica —
respirate in parte in Germania dove s’era recato per studio — lo rendevano
nella Biblioteca Vaticana ormai sospetto all’ambiente sanfedista che col
nuovo pontefice si stava consolidando»170.
Su questo delicato passaggio della sua vita disponiamo della ricostru-
zione che lo stesso Mari presentò a Paul Sabatier, in lettera del 13 ottobre
1910:

166 BEDESCHI, Il modernismo italiano cit., p. 68. S. MINOCCHI, Memorie di un modernista,

a cura di A. AGNOLETTO, introduzione di M. RANCHETTI, Firenze 1974 (Saggi Vallecchi, 13), p.


69, definisce Mari «il mio primo discepolo spirituale del Pontificio Seminario Pio».
167 DI PILLA, Gli umbri nella crisi modernista cit., p. 12.
168 Ibid.
169 F. MARI, Il Codice di Hammurabi e la Bibbia, introduzione, versione italiana del Codi-

ce, note ed una tavola fuori testo, Roma 1903. L’introduzione al volume fu letta da Mari il 28
maggio 1903 all’Accademia di Religione Cattolica di Roma, alla presenza del card. Parocchi
e di padre Genocchi. Il volume si inseriva nella questione assiriologica, suscitata dai docu-
menti scoperti a Babilonia e dalla conferenza di Friedrich Delitzsch su «Babel und Bibel»
(1902), DI PILLA, Gli umbri nella crisi modernista cit., p. 10.
170 Il murrismo come rinnovamento culturale cit., p. 83.

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616 PAOLO VIAN

I miei studi, come sa, sono stati fatti in istituti ecclesiastici e versano nel campo
quasi esclusivamente ecclesiastico. Nacqui qui a Nocera nel 1873 — 4 ottobre,
giorno di s. Francesco — feci in questo seminario gli studi fino alla Teologia. Quin-
di, avendo vinto il concorso per il Seminario Pio di Roma, studiai qui Teologia e
Diritto Canonico e Civile conseguendo le rispettive lauree oltre al Diploma in lette-
ratura italiana latina e greca nell’Istituto fondato da Leone XIII. Tornato in patria
nel 1902 fui subito richiamato da Leone XIII a Roma, alla Biblioteca Vaticana, che
mi destinava a scrittore della Vaticana per la letteratura semitica.
A tale scopo frequentai due anni l’Università di Roma: ma coll’avvento al trono
di Pio X fui richiamato a Nocera dal vescovo, e Pio X pare che volentieri annuisse
ai desideri del mio vescovo. Così dietro vive insistenze del card. Merry del Val e poi
di Respighi me ne tornai in diocesi171.

Sull’improvviso ritorno in diocesi di Mari siamo informati anche da


una lettera di padre Giovanni Genocchi all’amico Umberto Fracassini del
28 novembre 1903:

L’udienza fatale fu ritardata fino a iersera. I due segretari si aspettavano che Pio X
non avrebbe fatta nessuna difficoltà al voto insistente dei Cardinali e dei consul-
tori. Rimasero maravigliati a sentirsi dire che era meglio che tu restassi a Perugia.
Fleming non si arrese; ma il Papa stette fermo nella sua decisione, dicendo che
aveva esaminato la cosa, che tu facevi bene dove eri e non occorreva spostarti. Però,
sebbene non portasse affatto come una delle ragioni anche la questione finanziaria,
ne parlò poco dopo, mostrandosene molto preoccupato e dicendo che non sa dove
trovare i denari per le spese ordinarie. Sai che a Mari, che stava da due anni alla
Vaticana con grande simpatia di Padre Ehrle, ha dato ordine di tornare a Nocera,
perché voleva fare economia: e Mari non era ancora in ruolo ma ci sarebbe entrato
solo quest’anno. Di istituto biblico non si parla più neppure da lontano. Ecco quan-
to mi ha detto stamattina Vigouroux consigliandomi lui di scriverti subito perché
forse Padre Fleming avrebbe tardato172.

171 Mari a Sabatier, Nocera Umbra, 13 ottobre 1910; in Il murrismo come rinnovamento

culturale cit., pp. 114-116; il passo citato è a p. 115. L’«Istituto fondato da Leone XIII» potreb-
be essere l’Accademia Romana di S. Tommaso d’Aquino (cfr. supra); Rafael Merry del Val
(1865-1930), segretario di Stato di Pio X; Pietro Respighi (1843-1913), allora cardinale Vica-
rio di Roma. Una rivisitazione della sua vita anche nella lettera di Mari ad Houtin, Nocera
Umbra, 19 ottobre 1911; in Il murrismo come rinnovamento culturale cit., pp. 120-123. La
notizia della destinazione a «scrittore della Vaticana per la lingua semitica» appare plausibi-
le; si preparava forse una successione a Ugolini, che il 5 agosto 1900 Ehrle nella lettera a
Toniolo aveva definito «da parecchio tempo gravemente amalato» (cfr. supra) e che pochi
anni dopo sarebbe passato in Archivio Vaticano (cfr. supra), mentre non era ancora arrivato
a Roma Eugène Tisserant (vi sarebbe giunto nel 1908). Toniolo era in frequenti relazioni con
Respighi. Giulio Belvederi ricorda di avere conosciuto il professore pisano nel 1900 «nel pa-
lazzo del Vicariato, quando egli veniva dall’Eminentissimo Card. Respighi», «ex processu
rogatoriali romano annis 1937-1940 extructo», Pisana. Beatificationis et canonizationis Servi
Dei Josephi Toniolo viri laici cit., [3], p. 175.
172 P. SCOPPOLA Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia (…), Bologna 1961

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 617

Tornato a Nocera173 per insegnare, nel locale Seminario, Sacra Scrittura


e Storia ecclesiastica174, Mari incontrò le prevedibili opposizioni (condivise
dal vescovo Rocco Anselmini) di un ambiente ostile alle sue «aperture».
Di fatto «rispetto ai due del gruppo [scil.: Alfieri e Bruschelli] le sue com-
petenze lo ponevano abbastanza lontano dal campo organizzativo vero e
proprio, ma la comune ansia di rinnovamento, che allora attraversava tutti
i settori dell’attività cattolica, lo aveva fatto automaticamente approdare al
movimento d[emocratico] c[ristiano] murriano che rappresentava allora
la sola novità con qualche radicamento fra i giovani nocerini e dei dintor-
ni. Con Murri anzi il giovane Mari si metteva subito in comunicazione e
incominciava a collaborare alle sue riviste nel settore a lui connaturale,
vale a dire di recensione di testi»175. Non a caso Bruschelli definì Mari «un
democratico cristiano zelante»176.
Durante l’insegnamento in Seminario, nel 1905, si colloca un episodio
significativo: quattordici chierici nocerini, che alla scuola di Mari aveva-
no preso gusto al metodo storico-critico e non accettavano più sistemi e
procedure tradizionali, si rifiutarono di sottoporsi all’esame di teologia
dogmatica secondo il vecchio manualismo. Con Mari, accanto ai chierici
vi era Bruschelli177. Di poco successivi sono i lamenti di Mari di fronte
all’enciclica Pieni l’animo (28 luglio 1906) di Pio X, contro la murriana
Lega Democratica Nazionale: «Oggi la Chiesa cattolica avrà perduto altre
centomila anime che non torneranno più all’ovile»; «Di questo andazzo
al Vaticano fra poco non solo non sarà necessario il temporale, ma gli
basterà la cupola di San Pietro per raccogliervi i suoi cento seguaci …
e dall’alto non potrà, no, benedire né San Pietro né Cristo»178. Sempre

(Saggi, 31), p. 120 nt. 126. Era in discussione un trasferimento di Fracassini da Perugia a
Roma. Il francescano David Fleming e il sulpiziano Fulcran-Grégoire Vigouroux (1837-1915)
erano consultori della Pontificia Commissione per gli Studi Biblici (Vigouroux ne era anche
primo segretario).
173 Va dunque collocato al 1903, cioè al momento della partenza di Mari da Roma, l’epi-

sodio che Buonaiuti, Pellegrino di Roma cit., pp. 82-83, probabilmente per un errore della
memoria a distanza di anni, colloca dopo l’enciclica Pascendi (1907): «Ricordo ancora oggi,
con una stretta al cuore, le lacrime con cui un uomo come Francesco Mari, così prometten-
temente iniziato alle indagini critico-letterarie intorno al vecchio mondo religioso del Vicino
Oriente, mi annunciò l’ordine impartitogli di tornare alla sua diocesi di origine, da dove non
sarebbe più uscito, fino al giorno del suo lacrimato trapasso».
174 A questo periodo risalgono gli appunti dei corsi editi da DI PILLA, Tra Harnack e Loisy

cit.
175 Il murrismo come rinnovamento culturale cit., p. 84.
176 Ibid., p. 83.
177 Ibid., pp. 88-89.
178 La frase è in lettera di Mari a Murri, Nocera Umbra, 31 luglio 1906; ibid., pp. 92, 109

(testo integrale della lettera).

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618 PAOLO VIAN

di questi anni, nei quali prosegue alacremente la sua produzione scien-


tifica179, sono espressioni di Mari che mostrano la sua diffidenza per le
formulazioni dogmatiche e la sua sfiducia nella possibilità di un’autori-
forma della Chiesa romana senza cambiare il suo statuto più intimo180.
Mari percepì allora l’abisso crescente fra la «cultura vecchia che passa»
e la «nuova che penetra irresistibilmente ovunque»181; e di fatto pensò a
un progressivo superamento della Chiesa romana: «Vorrei che nessuno
uscisse dalla Chiesa, ma che allato della Chiesa romana piccola e gretta si
venisse fabbricando da noi tutti una nuova Chiesa più grande, più vasta,
più bella, più corrispondente ai nostri bisogni, lo splendore della quale
facesse quasi inavvertitamente dileguare la prima»182. Con questo spirito,
fra il 27 e il 30 agosto 1907, Mari fu uno dei dieci partecipanti al conve-
gno di Molveno, con una relazione — tenuta il 28 agosto, nella seconda
giornata dell’incontro — sul concetto di Rivelazione183. Nella lettera di
adesione all’incontro, del 13 maggio 1907, il sacerdote umbro pose con
forza «l’esigenza di un riesame approfondito delle basi della fede e di una
scelta sul problema della divinità di Cristo»:

179 F. MARI, Il canone biblico e gli apocrifi del Nuovo Testamento, Roma 1906 (Fede e

scienza, ser. V, 47); Il Libro dei Salmi. Traduzione italiana con note a cura del sac. F. MARI,
Città di Castello 1907 (con diverse edizioni: 1910, 1924, 1925); F. MARI, Le idee escatologiche
del libro di Enoch, Roma 1910. Dopo aver collaborato agli Studi religiosi (1903-1907) di Mi-
nocchi, nella Rivista storico-critica delle scienze teologiche (che incominciò a uscire nel 1905 e
alla quale collaborò anche Giovanni Mercati), Mari curò il «Bollettino biblico», cfr. SCOPPO-
LA, Crisi modernista cit., p. 108.
180 «La Chiesa romana ha i suoi cerchi di ferro — le formule dogmatiche — con tutto ciò

che queste materialmente, fisicamente significano, e tutto il lavoro che si fa per rompere e
allargare questi cerchi, per me, si fa extra ecclesiam catholicam; essa ha ben delimitati i suoi
confini. Fuori di là non si è più nel cattolicismo romano. […] Le formule dogmatiche hanno
oggettivato troppo la fede compromettendola. La molteplicità degli oggetti della fede mi sem-
bra che abbia sciupato l’energia religiosa e in mezzo ad essi noi non ritroviamo più l’oggetto
autentico della fede. Va bene che la fede sia qualche cosa di assoluto e d’immutabile, che
costituisca una categoria a sé, ma come si fa a concepire una fede e una rivelazione a sé di-
stinta dagli uomini, se la fede e la rivelazione sono fatte per gli uomini? Se la fede è sostanza
di cose sperate, perché non sarà questa speranza relativa, come la speranza è sempre relativa
e oscillante?», Mari a Murri, Nocera Umbra, 1° luglio 1906; il testo integrale della lettera è
edito in Il murrismo come rinnovamento culturale cit., pp. 106-108; il passo citato è a p. 107.
181 Mari a Sabatier, Nocera Umbra, 20 marzo 1907; in Il murrismo come rinnovamento

culturale cit., pp. 111-112; il passo citato è a p. 111.


182 Mari a Houtin, Nocera Umbra, 9 agosto 1907; in Il murrismo come rinnovamento

culturale cit., pp. 118-120; il passo citato è a p. 120.


183 GUASCO, Il modernismo cit., p. 155. Sull’intervento di Mari a Molveno, cfr. I veri pro-

motori del convegno di Molveno, a cura di N. RAPONI, in Fonti e documenti [del] Centro Studi
per la Storia del Modernismo, 16-17, Rimini 1990, pp. 348-449: 393-394 (cfr. anche ibid., pp.
363, 365-366, 368, 372, 379); ed è ora fondamentale DI PILLA, Pagine inedite cit. Ma cfr. anche
ID., Gli umbri nella crisi modernista cit., pp. 21-25; ID., Figure e vicende cit., pp. 82-83.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 619

Caro signore, approvo ed abbraccio con tutto l’animo l’idea di un convegno e di


un’intesa fra coloro che stando alla testa del movimento religioso possono meglio
tracciare le linee di un nuovo e ineluttabilmente necessario orientamento di cose.
Le difficoltà tuttavia credo siano insormontabili. Difficoltà teoriche, difficoltà pra-
tiche. Noi siamo ormai alle strette: avvinghiati in una catena di ferro, non ci rimane
altro che fare un supremo sforzo e spezzarla, oppure dimandare ossequienti un
rallentamento, uccidendo così il nostro intelletto e la nostra volontà che crediamo
libera. Noi ci dovremmo imporre la soluzione di problemi terribili, soluzione che
in un senso o nell’altro dovrebbe decidere della nostra fede e del nostro avvenire.
Noi ci dovremmo porre finalmente il problema della divinità di Cristo. Se Egli è
Dio, la Chiesa cattolica (tolto qua e là qualche abuso e difetto) può andare con tutte
le sue fedi e tutti i suoi sacramenti anche se col tempo il S. Padre vi volesse fare
qualche aggiunta. Se poi non è Dio, una crisi profonda, radicale, è inevitabile. In
conclusione: noi non possiamo muoverci più coscientemente se prima non abbia-
mo il coraggio di riesaminare le basi della nostra fede. In quanto alla deficienza di
sintesi e di lavori organici non ne faccio alcuna meraviglia. Il lavoro analitico di
crica negativa, specie in Italia, non è stato mi pare molto abbondante e penso che
sia ancora necessario.
Per noi che siamo un po’ infarinati di cultura straniera va bene, ma in Italia per
il movimento che cerchiamo favorire noi, non è stato fatto molto davvero. Non ab-
biamo ancora una storia critica dei dogmi né un lavoro poderoso di critica biblica
di carattere generale. Pensi lei, dopo quanti anni di analisi è venuto fuori l’Essenza
del cristianesimo dell’Harnack e altri lavori congeneri. Per la questione di metodo
siamo pure pienamente d’accordo, che è una vera Babele. Tutta colpa del resto del
non esserci voluti acclimatizzare con l’Italia nuova dopo il ’70. Io di questa colpa
non sono responsabile: non ero nato. Il programma teorico va bene, perché abbrac-
cia le questioni fondamentali. Per qualcuna siamo alquanto illuminati dall’articolo
del Tyrrell che leggiamo nel «Rinnovamento». Opuscoli di volgarizzamento! Na-
turalmente senza l’approvazione dell’autorità ecclesiastica, altrimenti siamo dac-
capo. In quanto a me potrei riferire qualche cosa sul concetto di Rivelazione (per
quanto può risultare dalla studio critico dell’Antico Testamento) purché non sia
terreno preoccupato da altri184.

Di Pilla ha dimostrato che (contrariamente a quanto da taluni afferma-


to), subito dopo Molveno, Mari non partecipò alla stesura del Programma
dei modernisti (pubblicato il 28 ottobre 1907, in risposta alla Pascendi),
opera di Buonaiuti e Fracassini: quando Buonaiuti gli chiese di inviargli
gli appunti della sua relazione sulla Rivelazione, Mari non aderì all’invito,
probabilmente perché l’oltranzismo estremista del prete romano, manife-
stato con evidenza nell’incontro trentino, aveva innescato in lui un ripensa-

184 SCOPPOLA, Crisi modernista cit., pp. 239-240, 242. La lettera di adesione di Mari al
convegno di Molveno, indirizzata il 13 maggio 1907 a un «Caro signore», è pubblicata ibid.,
p. 240 nt. 50.

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mento complessivo delle posizioni sino a quel momento assunte185. La si-


tuazione stava comunque arrivando all’inevitabile punto di rottura. Il 31
agosto 1910, in occasione della chiusura del seminario di Perugia, Mari
scrisse al sacerdote amico Canzio Pizzoni:

Dunque Perugia non avrà più seminario! Di chi la vittoria? Degli intransigenti e
di Pio X? Forse che no: non ti pare? Queste misure draconiane non possono non
contribuire allo sgretolamento del blocco vaticanesco. Pensano di fondare in Assisi
la cittadella del medievalismo, ma, ahimè, è troppo tardi186.

E a proposito della nomina (26 agosto 1910) del nuovo vescovo nella
sua diocesi, Nicola Cola, Mari commentò:

Dicono che sia dotto e caritatevole assai. Ai fatti vedremo se si tratta di réclame.
Ad ogni modo non so cosa dobbiamo più sperare da un Vescovo più o meno saggio
con questi sistemi di accentramento. V’è un solo Vescovo ormai nel mondo, ed è
Pio X187.

Il 7 settembre 1910 un decreto del S. Uffizio condannò la Rivista storico-


critica delle scienze teologiche e tre volumi della collana buonaiutiana dei
«Manuali di scienze religiose», fra i quali quello di Mari su Il quarto Vange-
lo188, la sua prova forse più matura e consapevole. La reazione di ribellione
di Mari fu espressa in una lettera del 23 settembre 1910, ancora a Pizzoni:

Purtroppo si esige una sottomissione e pronta. Qui sta tutto il guaio di questa fac-
cenda. Sono stati condannati i primi tre volumi della collezione e nominatamente.
In verità questa sottomissione mi secca infinitamente e mi ripugna, non tanto per
il prestigio che con ciò si viene a togliere al libro — cosa a cui nessuno crede —
quanto perché mi sembra commettere un grande atto d’insincerità e di viltà. E
poi credo che non si fermeranno qui; ma ci toglieranno ogni libertà d’azione per

185 DI PILLA, Gli umbri nella crisi modernista cit., pp. 25-27, 39; ID., Figure e vicende cit.,

pp. 83-85. Sostengono invece una partecipazione di Mari alla stesura del Programma Mario
Niccoli in BUONAIUTI, Pellegrino di Roma cit., p. 525 nt. 27, e GUASCO, Il modernismo cit., p.
167.
186 Mari a Canzio Pizzoni, Nocera Umbra, 31 agosto 1910; in Il murrismo come rinnova-

mento culturale cit., p. 129 (tutta la lettera è alle pp. 128-130). Il passo era stato già citato da
SCOPPOLA, Crisi modernista cit., p. 327 nt. 3, ma senza l’indicazione del destinatario.
187 Il murrismo come rinnovamento culturale cit., p. 129; SCOPPOLA, Crisi modernista cit.,

p. 327 nt. 3. Nella stessa lettera Mari ancora notava: «Ormai si viaggia in acque troppo diver-
se: un vescovo non potrà essere moderno, rimanendo tale»; in Il murrismo come rinnovamen-
to culturale cit., p. 129.
188 F. MARI, Il quarto Vangelo, Roma 1910 (Manuali di scienze religiose, 3). Il volume è

dedicato «alla pia memoria di mia madre». L’esemplare vaticano del volume, che non reca
segni di lettura, appartenne al card. Rafael Merry del Val [Merry del Val V.110].

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 621

l’avvenire imbavagliandoci con infinità d’insensati giuramenti. Si dice bene che la


Chiesa non è il Vaticano, che il cattolicesimo non è il Sant’Uffizio; chi è più profon-
damente convinto di noi? Eppure, eccoci sottostare come tanti schiavi al Vaticano,
al Sant’Uffizio, all’Indice, a Rampolla, a Merry del Val, a De Lai, ai Benigni, ai
Marzolini, ai Mignini, a tutti. Oh, che commedia! Non uccidono l’anima, ma, oh,
non fanno parte dell’anima le nostre più intime convinzioni, la nostra libertà, la
nostra azione per la ricerca della verità? Sottomettendoci non lediamo gravemente
l’anima nostra, non commettiamo una gran debolezza?189.

Poco prima, sugli stessi toni, Mari aveva scritto a Sabatier:

Questa condanna mi viene a mettere in un serio imbarazzo, anzi in un doppio im-


barazzo: quello della condanna e quello economico.
Come conseguenza immediata della condanna viene la sottomissione, alla quale
io non mi sento disposto, precisamente perché non potrei emettere un atto sincero
e di coscienza. Continuare così la commedia dell’insincerità e degli equivoci mi
sembra commettere un’azione vile indegna d’uno spirito che si professa cristiano.
Di più una sottomissione e una ritrattazione implicherebbe tutto un orientamento
diverso per l’avvenire equivalente a un vero suicidio morale […].
Economicamente mi verrò pure a trovare male venendomi meno un mezzo di
lavorare, perché certo la Rivista storico-critica non potrà continuare. Spero che
a lei non mancherà modo di trovarmi un qualche lavoro dovunque siasi, anche
all’estero, o collaborando a qualche rivista o traducendo libri o anche qualche oc-
cupazione fissa […].
Pare che il Vaticano voglia farla addirittura finita con «questi modernisti» e che
prepari delle misure gravissime come già si può giudicare dagli ultimi provvedi-
menti draconiani di questi giorni. Pio X prosegue nella sua logica spietata come se
la scienza, la cultura, la critica e il mondo moderno non avessero alcuna ragione
d’esistere. A Roma si vive sotto un terribile incubo, quasi in attesa del regno del
terrore. Le curie locali obbediscono pecorilmente e sottopongono a nefandi giura-
menti tutti i preti che esercitano una qualche funzione.
La personalità umana e la coscienza individuale non esistono più per la Chiesa
di Roma. Non rimane che distaccarsi o morire. Speriamo che lo spirito di Dio e del

189 Mari a Pizzoni, Nocera Umbra, 23 settembre 1910; in Il murrismo come rinnovamento

culturale cit., pp. 130-131. Il passo era stato già citato da SCOPPOLA, Crisi modernista cit., p.
357 nt. 76, ma senza l’indicazione del destinatario. Cfr. anche DI PILLA, Gli umbri nella crisi
modernista cit., p. 69. Gaetano De Lai (1853-1928), allora segretario della Congregazione
Concistoriale e acceso antimodernista; il perugino Umberto Benigni (1862-1934), allora sot-
tosegretario della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, organizzatore del
«Sodalitium Pianum»; Nazareno Marzolini, canonico della basilica Vaticana, vicepresidente
dell’Economato dei Dicasteri Ecclesiastici (di cui De Lai era presidente) e segretario della
Commissione Cardinalizia Amministratrice dei Beni della Santa Sede; Alfredo Mignini, sa-
cerdote (1887), dagli inizi del pontificato di Pio X direttore di Paese (settimanale ideato nel
1876 dall’allora arcivescovo di Perugia Gioacchino Pecci) che dal 1892, con l’assorbimento
della rivista intransigente Il monitore umbro, ne aveva adottato la linea.

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622 PAOLO VIAN

suo Cristo aleggi anche fuori di lei, anzi principalmente fuori di lei; e confortati da
Lui possiamo continuare la nostra vita nella grande chiesa universale190.

Nonostante le intenzioni annunciate, il 31 dicembre 1910, nell’ultimo


giorno possibile, Mari sottoscrisse il giuramento antimodernista (richiesto
il 1° settembre a tutto il clero e ai docenti di università e istituti pontifici);
ma in una lettera di poco successiva, ancora a Pizzoni, il sacerdote umbro
rivelò le motivazioni, anche tattiche, che lo avevano indotto al passo:

Io recitai il mio giuramento il 31, l’ultimo giorno, scrivendo una lettera in cui
facevo intendere che attribuivo al giuramento un valore puramente esterno e di-
sciplinare, mi obbligavo ad una onesta osservanza del medesimo purché entro il
termine di un mese io venissi decorosamente provveduto. Come vedi nessuna ade-
sione intima a tutto il fardello dei decreti e dei sillabi riassunti in quella formula,
ma nel medesimo tempo un sacrificio tale promettevo, che mi costò giorni di indi-
cibile amarezza. Ebbi una risposta evasiva, una promessa vaga, ma siccome non è
solo il pizzicagnolo che mi attende, ho dovuto fare un altro sacrificio ancora. Sono
andato dal sindaco, ho chiesto una scuola elementare rurale, mi è stata accordata.
Forse lunedì prossimo comincerò la nuova missione a circa 9 chilometri di qui, sui
monti, in mezzo alla neve gelata, in mezzo al freddo desolante d’un ambiente anal-
fabeta. Del resto chissà che in mezzo a una turba di rozzi e semplici fanciulli non
trovi maggiore conforto che … altrove? La missione in ogni modo è cristiana191.

Perso già nel 1908 l’insegnamento in Seminario192, Mari tentò (come si


è visto), attraverso Paul Sabatier, di trovare «un qualche lavoro dovunque
siasi, anche all’estero, o collaborando a qualche rivista o traducendo libri

190Mari a Sabatier, Nocera Umbra, 20 settembre 1910; in Il murrismo come rinnovamen-


to culturale cit., pp. 112-114; il passo citato è alle pp. 113-114. La data della lettera nell’edizio-
ne (20 aprile 1910) è evidentemente frutto di un errore o dell’originale o, più probabilmente,
dell’editore. Il riferimento agli «ultimi provvedimenti draconiani di questi giorni» induce a
credere che la lettera non sia di molto posteriore alla condanna del 7 settembre; il 20 settem-
bre è dunque una data plausibile.
191 Mari a Pizzoni, [Nocera Umbra, 11 gennaio 1911]; in Il murrismo come rinnovamento

culturale cit., pp. 132-133. Data topica e cronica si ricavano dal timbro postale sulla busta. Il
passo è citato anche da SCOPPOLA, Crisi modernista cit., pp. 357-358, ma senza precisare data
e destinatario della lettera. Dalla lettera si deduce che le iniziali intenzioni di Mari di resiste-
re erano state fiaccate dalla capitolazione di Buonaiuti; ma il giuramento veniva compiuto
con precise riserve mentali. Sulle diverse reazioni al giuramento, cfr. DI PILLA, Gli umbri
nella crisi modernista cit., pp. 69-72; ID., Figure e vicende cit., pp. 103-106.
192 Il 29 settembre 1907 (dunque fra il congresso di Molveno e la replica del Programma

dei modernisti) Mari rinunciò di sua iniziativa all’insegnamento di Sacra Scrittura e Storia
ecclesiastica nel Seminario di Nocera Umbra, conservando nell’anno scolastico 1907-1908
solo l’insegnamento del greco e del francese, DI PILLA, Gli umbri nella crisi modernista cit.,
p. 27.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 623

o anche qualche occupazione fissa»193. Ma alla fine, conseguito non senza


difficoltà, un diploma statale194, Mari si dedicò, come annunciato nell’ul-
tima lettera citata, all’insegnamento nelle scuole in piccoli centri umbri.
Rimase sacerdote, forse anche per motivi pratici195, ma le sue aspirazioni,
almeno a tratti, sembrano ormai dirette, come si è visto, al di fuori del-
la Chiesa istituzionale per «continuare la nostra vita nella grande Chiesa
universale». Certo è che il Visitatore Apostolico, dopo l’ispezione alla dio-
cesi nocerina del 1909, lo aveva definito «modernista recuperabile»196. E
la fedeltà perseverante, sino alla fine (Mari morì il 2 novembre 1934), alla
disciplina ecclesiastica fu sottolineata anche da Ernesto Buonaiuti nel ne-
crologio dedicato a Mari pubblicato su Religio nel 1935, nel quale il prete
umbro era definito «obbediente e docile»197. Come avviene in altri casi e
figure di questi drammatici anni (si pensi, per esempio, a don Primo Van-
nutelli), la personalità dolente del prete umbro rimane in parte avvolta nel

193 Mari a Sabatier, 20 aprile [ma probabilmente per errore dell’editore che ha alterato la

data più plausibile: 20 settembre] 1910; in Il murrismo come rinnovamento culturale cit.,
p. 113 (cfr. supra nt. 190). Cfr. anche la lettera successiva a Sabatier, 13 ottobre 1910, ibid.,
pp. 115-116.
194 Sulle difficoltà e umiliazioni del momento cfr. le lettere di Mari a Houtin, Nocera

Umbra, 19 ottobre 1911, e a Pizzoni, Nocera Umbra, 18 agosto 1911; in Il murrismo come
rinnovamento culturale cit., pp. 122, 133-134. Nelle lettere appare evidente l’incertezza di
Mari sul suo futuro sacerdotale unita a un forte rancore verso la gerarchia e a una grande
amarezza. Poco dopo Mari vendette le annate della Revue biblique per acquistare opere di
pedagogia, Mari a Pizzoni, Nocera Umbra, 7 ottobre 1912; in Il murrismo come rinnovamen-
to culturale cit., p. 145. Come accennato, ottenuto un titolo statale per sopravvivere, Mari fece
richiesta di un insegnamento al sindaco di Nocera Umbra; gli fu assegnata una scuola ele-
mentare a Mosciano, fra i monti, a nove chilometri da Nocera; dopo dieci anni di servizio,
divenne direttore didattico (1925), prima a Montefalco e poi a Nocera, DI PILLA, Gli umbri
nella crisi modernista cit., p. 74 nt. 189.
195 «Io ho mantenuto sempre la veste perché non si sono presentati motivi seri per abban-

donarla. Dovendo vivere qui nell’Umbria, mi si sarebbero presentate troppe difficoltà nella
vita pratica», Mari a Pizzoni, 24 dicembre 1918; cit. in Il murrismo come rinnovamento cul-
turale cit., p. 86. Il successore del vescovo Anselmini, il già ricordato Nicola Cola (1869-1940),
fu affettuosamente vicino a Mari, che divenne negli ultimi anni «proposto» della cattedrale,
DI PILLA, Gli umbri nella crisi modernista cit., p. 74 nt. 189.
196 Il murrismo come rinnovamento culturale cit., p. 87.
197 «Tutte le nostre vecchie reminiscenze del primo ecclesiastico lavoro sul terreno degli

studi religiosi in Italia hanno ripullulato sul fondo dell’anima ridestando sofferenze non pla-
cate e speranze spente […] I medesimi indirizzi culturali relegarono l’obbediente e docile
Mari in un minuscolo centro di provincia. Il modernismo ha avuto anch’esso il suo martiro-
logio […] Mari è rimasto prete, fedele perseverante alla disciplina, alimentando nella propria
anima fine e schiva una eccezionale esperienza di pietà e di meditazione. Ogni sua visita per
me era un corroborante acquisto di luce e di fede», Francesco Mari, in Religio 1 (1935), p. 96;
cit. in Il murrismo come rinnovamento culturale cit., pp. 87-88.

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mistero della sua coscienza, nel silenzio assoluto degli ultimi venticinque
anni della sua vita198.
Le lettere conservate di Mari a Mercati non ci illuminano su questa
ultima fase della vita del prete umbro né offrono molte indicazioni sul suo
soggiorno romano. Ma Mercati, insieme a Mari, Brizio Casciola, Murri,
Giuseppe Clementi, padre Giuseppe Bonaccorsi, Faberi e Giovanni Pioli,
sembra abbia frequentato (non sappiamo per quanto) il villino romano di
Ferdinand von Hügel a Via Ludovisi199. Il non cospicuo epistolario di Mari
con Mercati (sei documenti, fra il 1898 e il 1903) si apre proprio a proposi-
to della programmata formazione erudita in Vaticana. Il 1° dicembre 1898
il giovane prete umbro scrisse allo scrittore della Vaticana: «Io e Zattoni
stiamo sempre in aspettativa, sperando che le cose procedano bene e che
presto eliminati tutti gli ostacoli che certo non sono lievi per noi, possiamo
darci con tutta alacrità ai propostici studi»200. Ma quasi due anni dopo la
situazione non apparve chiarita se il 15 ottobre 1900 Mari chiese ancora
a Mercati indicazioni per il suo avvenire, per prendere le decisioni con-
seguenti; nell’anno successivo avrebbe voluto frequentare all’Apollinare il
secondo anno dei corsi di arabo e di siriaco, per poi seguire seriamente i
corsi di Ignazio Guidi. Con i saluti a padre Genocchi, la preghiera a Mer-
cati fu quella, accorata, di creare le condizioni per permettergli di lasciare
Nocera Umbra ove sentiva inevitabile la fine di ogni proposito di studio:
«Mi raccomando sempre: io qui a Nocera sarei rovinato; non avendo mezzi
perderei la voglia di studiare, non avendo persone a modo e intendenti
diventerei volgare, e chi sa che anche io non mi dessi ai pettecolezzi e alla
vita dei ripicchi come in uso in questi piccoli paesi, anche tra i preti. Crede
Lei ch’io qui abbia buona compagnia? Un prete o due così, così, ed ecco
tutto»201. Il disegno di trarlo fuori dal piccolo centro umbro poco dopo
sembrò definitivamente fallito; ma Mari si dichiarò comunque «eterna-
198 «Sulla via più dolorosa e difficile si incamminava in solitudine Francesco Mari, che

decise d’interrompere totalmente il suo lavoro di biblista, considerandolo incompatibile con


i divieti e le prescrizioni del giuramento prestato. A 37 anni, nel pieno della sua maturità, il
sacerdote di Nocera Umbra sospese ogni attività scientifica, dopo una mezza dozzina di libri
e una fitta serie di saggi ed articoli che gli avevano valso notorietà su [un] piano non solo
nazionale. Negli anni dal giuramento antimodernista alla morte (2 novembre 1934) non c’è
traccia alcuna di alcun contributo ulteriore dopo il Quarto Vangelo edito e messo all’Indice
nel 1910», DI PILLA, Gli umbri nella crisi modernista cit., p. 74; cfr. anche ID., Figure e vicende
cit., pp. 106-107.
199 BEDESCHI, Il modernismo italiano cit., p. 64; R. DE MATTEI, Modernismo e antimoder-

nismo nell’epoca di Pio X, con alcune riflessioni su don Orione, in M. BUSI, R. DE MATTEI, A.
LANZA, F. PELOSO, Don Orione negli anni del modernismo, introduzione di A. ZAMBARBIERI,
Milano 2002, pp. 29-86: 45.
200 Mari a Mercati, 1° dicembre 1898; Carteggi Mercati, f. 1357r.
201 Mari a Mercati, Nocera Umbra, 15 ottobre 1900; Carteggi Mercati, ff. 1873r-1874v.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 625

mente riconoscente [scil.: a Mercati] di quanto ha fatto per me», inviando


ringraziamenti anche a Ehrle202. Le cose, come abbiamo visto, andarono
poi diversamente e fra il 1902 e il 1903 Mari effettivamente lavorò in Va-
ticana, accanto a Ehrle, ma probabilmente più vicino a Mercati che, per
il genere di studi coltivato, era più adatto a seguire Mari203. Gli ultimi due
messaggi a Mercati Mari li scrisse nell’agosto 1903, da Parigi, pochi giorni
dopo l’elezione di Pio X (4 agosto 1903), durante un viaggio di studi che
nelle intenzioni lo avrebbe poi condotto a Londra, in Germania, in Svizze-
ra e a Milano, ove avrebbe voluto conoscere Ceriani204. Siamo ormai alla
vigilia della svolta nella vita di Mari, segnata dal ritorno in diocesi. Dei tra-
vagliati anni fra il 1903 e il 1910, quando Mari entrò nel silenzio osservato
sino alla morte, non vi è traccia nelle lettere ricevute (o almeno fra quelle
conservate) da Giovanni Mercati.
Più simile a Mari di quanto non appaia Attuoni, Girolamo Zattoni dei
tre «raccomandati» di Toniolo fu quello che maggiormente corrispose ai
voti originari di quanti lo avevano inviato a Roma205. Nato a Castiglione di
Ravenna il 27 dicembre 1874, Zattoni fu alunno del Seminario Pio-Roma-
no dal 1894 al 1899206, alcuni anni dopo il passaggio di un sacerdote faen-
tino che sarebbe divenuto ben noto nelle ricerche storiche, quel Francesco

202 Mari a Mercati, s.d.; ma comunque posteriore alla precedente, cfr. Carteggi del card.

Giovanni Mercati, I: 1889-1936, introduzione, inventario e indici a cura di P. VIAN, Città del
Vaticano 2003 (Studi e testi, 413; Cataloghi sommari e inventari dei fondi manoscritti, 7), p.
75, nr. 1201; Carteggi Mercati, ff. 1875r-1876v.
203 A questo periodo «vaticano» di Mari risale la sua lettera a Mercati da Nocera Umbra,

del 1° settembre 1902; Carteggi Mercati, f. 2228r-v.


204 Mari a Mercati, Paris, 17 agosto 1903; Paris, 25 agosto 1903; Carteggi Mercati, ff.

2373r-v; 2381r-v. Nel secondo messaggio, con alcuni ragguagli sulle sue ricerche orientalisti-
che, Mari espresse perplessità su Minocchi.
205 G. MONTANARI, Don Girolamo Zattoni, in La Pontificia Università Lateranense. Profilo

della sua storia, dei suoi maestri e dei suoi discepoli, Roma 1963, p. 519; A. ALBERTAZZI, Zatto-
ni, Girolamo, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, 1860-1980, diretto da F.
TRANIELLO – G. CAMPANINI, Le figure rappresentative, III/2: M-Z, Torino 1984, pp. 909-910, con
indicazioni bibliografiche di ricerche di L. Bedeschi, D. Sgubbi, P. Grassi, E. Tramontani. Più
divulgativo è l’articolo di L. BEDESCHI, Don Girolamo Zattoni (1874-1905). Un’intelligenza
fertile e innovatrice, in Vita pastorale, 1° giugno 1905. Il 12 dicembre 2005, a Castiglione di
Ravenna, nel centenario della morte di Zattoni si è svolto un incontro: «Nel centesimo anni-
versario della morte: don Girolamo Zattoni (1874-1905), prete castiglionese all’avanguardia
tra impegno democratico e ricerca storica», con interventi di E. Tramontani e G. Montanari.
206 «[…] i pionieri romagnoli del rinnovamento nel clero e negli studi ecclesiastici della

regione provengono tutti dal Seminario Pio di Roma […]: Francesco Lanzoni di Faenza, Gi-
rolamo Zattoni e padre Genocchi di Ravenna, Girolamo Mauri di Rimini, Adamo Pasini di
Forlì, Giovanni Ravaglia di Cesena, Luigi Tonetti di Montefeltro, Giuseppe Fabbri di Sarsina,
Alpinolo Lasi di Bertinoro. Gli è che a Roma questi giovani intelligenti avevano ricevuto gli
strumenti scientifici, quali la conoscenza delle lingue straniere, la nozione di fermenti cultu-
rali magari combattuti dai maestri e il gusto per lo studio», L. BEDESCHI, Introduzione, in F.

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Lanzoni che proprio di Zattoni nel 1906 avrebbe tenuto l’elogio funebre207.
Ordinato sacerdote nel 1898, laureato in teologia nello stesso anno e dive-
nuto baccelliere «in utroque iure» nel 1899, Zattoni rientrò quindi, nell’e-
state 1900, in diocesi ove il card. Sebastiano Galeati lo nominò docente
di teologia dogmatica in Seminario (ma tenne l’insegnamento solo per un
anno) e poi custode dell’Archivio Arcivescovile (1901). Ma a Roma Zattoni
aveva seguito le conferenze di Toniolo ed era stato così conquistato, fin
dal 1895, alla causa della democrazia cristiana. All’inizio del 1901 con don
Giovanni Bosio costituì il primo circolo democratico-cristiano di Ravenna
e durante il breve episcopato ravennate (15 aprile 1901-25 aprile 1902) del
card. Agostino Gaetano Riboldi (che abbiamo già incontrato come amico
e collaboratore di Toniolo, anche nel progetto della Società) si dedicò a
un’intensa attività di rinnovamento politico-sociale della diocesi, parteci-
pando al convegno di Imola (7 ottobre 1901) e facendosi attivo promoto-
re delle risoluzioni lì prese. Tra la fine del 1901 e l’estate del 1902 venne
nuovamente inviato a Roma per diplomarsi in archivistica all’Archivio di
Stato; al rientro in diocesi accompagnò Romolo Murri nella villa di Pian-
gipane ove il sacerdote marchigiano si rivolse ai seminaristi (l’episodio gli
provocò i rimproveri di mons. Pietro Maffi, divenuto amministratore apo-
stolico della diocesi dopo la morte di Riboldi, avvenuta il 25 aprile 1902).
Ma Zattoni difese sempre Murri dalle «stupide calunnie» dei preti «ai quali
la sinecura dell’ufficio o della parrocchia lascia tutto il tempo di sparlare
della democrazia cristiana, della stampa nostra, di Murri, ecc.». Quella
democratico-cristiana era per Zattoni, incline come altri preti suoi conter-
ranei alla politica militante208, una «grande causa», convinto com’era che
«in seno al cristianesimo» stesse maturando «qualche cosa di eccezional-
mente serio». Esplicita e chiara la sua adesione alla prospettiva murriana:
«La nostra fede democratica — affermò — o è quella della Cultura sociale
[scil.: la rivista fondata da Murri nel 1898] o non è».
Direttore de L’eco di Ravenna (1902-1903), collaboratore de L’avvenire
d’Italia, impegnato nel gruppo regionale dell’Opera dei congressi, Zattoni
incontrò naturalmente non lievi opposizioni in diocesi. Certo rafforzate
dalle pubblicazioni di alcune ricerche, come quella sulla Passio sancti Apol-

LANZONI, Scritti politici (1899-1929), a cura e con introduzione di L. BEDESCHI, I, Brescia


1964 (Biblioteca di storia contemporanea), p. 68 nt. 90.
207 F. LANZONI, In memoria del Sac. Dott. Girolamo Zattoni custode dell’Archivio Arcivesco-

vile di Ravenna (27 dic. 1874-10 dic. 1905). Elogio funebre […], Faenza 1906; ibid., pp. 23-24,
elenco delle Pubblicazioni del sac. dott. G. Zattoni. Gli Scritti storici e ravennati di Zattoni sono
stati raccolti in volume, a cura di M. Mazzotti, nel 1975.
208 Inclinazione che invece lo distingueva da Lanzoni, fondamentalmente insensibile alla

dimensione politica (almeno in forma organizzata), cfr. BEDESCHI, Introduzione cit., p. 9.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 627

linaris, che urtarono le sensibilità più tradizionaliste209. Le altre ricerche


pubblicate — inaugurate da una cronotassi dei vescovi di Cervia210 — si
concentrano negli anni 1903-1905 e vertono sulla storia antica e sulla li-
turgia della diocesi di Ravenna e vennero in buona parte alla luce proprio
nella Rivista di scienze storiche, fondata a Pavia dal Maiocchi, già ricordata
come frutto della sezione per gli studi storici della Società creata da To-
niolo211. Ma il grande impegno di Zattoni ruotò tutto intorno all’Archivio
Arcivescovile (aveva preso definitivamente possesso del suo ufficio il 10
settembre 1902). In un grande sforzo di riordinamento dei fondi212, maturò
il progetto di un’edizione di tutte le pergamene ravennati anteriori al Mille
«secondo le giuste esigenze della critica moderna»213. Avanzata nell’ambito
209 G. ZATTONI, La data della «Passio S. Apollinaris» di Ravenna, in Atti della R. Accademia

delle Scienze di Torino 39 (1903-1904), pp. 364-378 [contributo presentato nell’adunanza del
24 gennaio 1904]. Nello studiare il documento agiografico e nel datarlo al secolo VII (proba-
bilmente all’episcopato dell’arcivescovo Mauro, 642-671) Zattoni «non si lasciò condurre da
un malinteso amore del proprio paese e delle sue glorie, non da un timore superstizioso di
offendere delle tradizioni umane, originate il più delle volte dallo spirito municipalistico del
medioevo, così fertile in invenzioni e così tenace (direi quasi, feroce) nel mantenerle e nel
difenderle; ma dall’unico desiderio di scoprire la verità», LANZONI, In memoria cit., p. 18.
L’articolo fu seguito da G. ZATTONI, Il valore storico della «Passio» di S. Apollinare e la fonda-
zione dell’episcopato a Ravenna e in Romagna, in Rivista storico-critica delle scienze teologiche
1 (1905), pp. 662-677; 2 (1906), pp. 179-200, 677-691 (l’articolo uscì parzialmente postumo e
la rivista dedicò a Zattoni un commosso necrologio a firma «La direzione», ibid. 1 (1905), p.
869). Nell’ultimo suo lavoro appaiono più che altrove «l’acutezza della critica, la nitidezza e
l’ordine dei pensieri, la netta sobrietà dell’esposizione, la dignità della forma, la sicura e vasta
cognizione delle memorie ravennati e romagnole», LANZONI, In memoria cit., p. 20. L’analisi,
apprezzata dai Bollandisti, apparve particolarmente importante a proposito di tutta l’Italia
sacra: «perché probabilmente la Passione di s. Apollinare è il più antico documento ecclesia-
stico, in cui hanno preso forma concreta vaghe tradizioni di un’origine immediata delle dio-
cesi italiane da s. Pietro apostolo», ibid.
210 G. ZATTONI, La cronotassi dei vescovi di Cervia (dall’origine alla fine del XIV secolo)

compilata sui documenti, Ravenna 1903.


211 G. ZATTONI, Il diritto storico degli arcivescovi ravennati di sedere alla destra del Papa

(Secolo XI) e la bolla di Clemente II, Ravenna 1904; ID., Origine e giurisdizione della metropoli
ecclesiastica di Ravenna, in Rivista di scienze storiche 1 (1904), vol. 1, pp. 343-351, 469-480
[con replica di Zattoni alle osservazioni di Carlo Cipolla: Due risposte al Prof. Conte Carlo Ci-
polla, ibid., vol. 2, pp. 274-277]; ID., Indipendenza del vescovado di Bobbio dalla giurisdizione
metropolitica di Ravenna, ibid. 2 (1905), vol. 1, pp. 345-351; ID., Un frammento dell’antico Of-
ficio Ravennate, ibid., vol. 1, pp. 217-223, 337-344. Postumo uscì l’articolo Bolle pontificie
inedite dell’Archivio Arcivescovile di Ravenna. Da Lucio III (1181-1185) a Bonifacio VIII (1294-
1303), in Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna, ser.
III, 25 (1907), pp. 378-412 (a proposito del quale cfr. la lettera di Zattoni a Mercati, s.d. [ma
prima del maggio 1905]; Carteggi Mercati, f. 3000r-v (per la datazione cfr. Carteggi del card.
Giovanni Mercati, I, cit., p. 117, nr. 1894).
212 Descritto da LANZONI, In memoria cit., pp. 8-9.
213 LANZONI, In memoria cit., p. 11. A proposito dell’edizione dei documenti ravennati

Zattoni informò Mercati che Carlo Cipolla avrebbe voluto che vi fossero inclusi anche i pa-

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della Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna, l’idea di


questo «Corpus cartarum ravennatensium» sarebbe andata di pari passo
con il progetto di una cronotassi episcopale per l’intera regione romagnola,
da realizzare con l’amico Lanzoni214. La linea era quella dei lavori di Savio
e poi, appunto, di Lanzoni che ne espresse lo spirito nell’elogio funebre di
Zattoni:

Noi ci confidavamo di compire un lavoro, se non definitivo, almeno rispondente


alle odierne esigenze del pensiero critico; un lavoro che attirasse verso di sé l’atten-
zione dei cultori delle scienze storiche. Noi osavamo sperare che tale ricostruzione
scientifica delle origini delle nostre chiese e delle successioni episcopali, operata
con schietto amore del vero, mentre sarebbe tornata di onore alla chiesa nostra
madre, avrebbe contribuito ad accrescere per essa le simpatie di molti nostri fra-
telli, da noi separati piuttosto per inveterati pregiudizi che per animo malvagio; e,
col diffondere sempre più nella grande maggiornza dei cattolici italiani le legittime
conclusioni della critica storica ecclesiastica, a far tacere le rampogne dei prote-
stanti e degli eruditi di professione215.

Oltre al lavoro per la sede di Cervia, Zattoni approfondì le ricerche per


le diocesi di Ferrara, Comacchio, Forlimpopoli, Sarsina e Rimini. Ma l’at-
tenzione principale fu, come si è visto, per la sede di Ravenna, con rico-
struzioni che se da una parte confermavano le vedute di Noris e Tillemont
(assegnando il principio del diritto metropolitico al V secolo, all’episcopato
di Pier Crisologo, 425-451 ca.) al tempo stesso se ne distanziavano negando
— anche in polemica con Carlo Cipolla — che Ravenna precedentemente
fosse soggetta a Milano (opinione, questa di Zattoni, che ebbe il sostegno
di Duchesne)216.
Zattoni morì prematuramente, appena trentunenne, il 10 dicembre
1905, all’inizio di un’attività che si annunciava particolarmente promet-
tente, fra il compianto dei molti che lo avevano apprezzato217. Fu sepolto

piri; ma il sacerdote ravennate si diceva incerto perché non credeva di poter fare meglio di
Gaetano Marini, cfr. Zattoni a Mercati, Ravenna, 22 dicembre 1904; Carteggi Mercati,
f. 2627r-v.
214 Lanzoni si disse legato a Zattoni «da intima amicizia, e con lui unito in comunanza di

studi», LANZONI, In memoria cit., p. 3. Il sacerdote faentino, nato nel 1862, era più anziano di
dodici anni del prete ravennate.
215 LANZONI, In memoria cit., p. 15.
216 LANZONI, In memoria cit., p. 17.
217 Interessante l’elenco, molto vario, di quanti apprezzarono Zattoni: «I cattolici più

competenti nella conoscenza del cristianesimo primitivo, mons. Duchesne, il p. Ehrle, il


p. Savio, i Bollandisti di Bruxelles, il p. Semeria, il p. Genocchi e il prof. Mercati, e gli eruditi
più eminenti della nostra regione, l’on. [Luigi] Rava, Corrado Ricci e il Carducci lo onoravano
di loro amicizia e paterna benevolenza, accoglievano con ammirazione i suoi lavori, lo inco-

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 629

nel cimitero di Castiglione di Ravenna, sotto un’epigrafe da lui stesso com-


posta: «D. Girolamo Zattoni non ambì onori / Si dedicò agli studi sperando
di ricavarne onesto sostentamento / Gli atti suoi comunque interpretati
furono diretti a Dio per la diffusione del cristianesimo». Non diverso fu
il bilancio stilato dall’amico Lanzoni: Zattoni «consacrò tutte le sue forze
all’illustrazione razionale della religione cattolica» e così «incarnò nella
sua persona quel felice accoppiamento della virtù e della scienza per cui il
sacerdote cattolico diventa tra i suoi prossimi l’imagine più fedele di Dio,
santità e sapienza»; «innamorato degli splendori della scienza e della fede,
si sentiva ferito nel più vivo dell’anima dal grido burbanzoso di coloro, che
si vantano d’aver dimostrato l’assoluta incompatibilità dei risultati della
critica odierna coi dogmi cristiani». Dunque «indarno […] si accusano ta-
lora i seguaci della buona e giusta critica, come era il Zattoni, di demolire
per sistema. No, essi non vogliono distruggere se non ciò che è falso, ed ab-
battere ciò che è stato costruito male da una critica bambina o imperfetta:
essi cercano il vero per consolidarlo, e quando non si possa raggiungerlo
con certezza, per riprodurlo con congetture ragionevoli»218.
L’epistolario di Zattoni con Mercati è il più ricco e cospicuo di quelli
dei tre «raccomandati» di Toniolo (17 documenti, fra il 1898 e il 1905); e
in esso si percepisce immediatamente la maturità del giovane sacerdote
ravennate che in tema di soggetti eruditi si rivolge a Mercati con sicurezza,
da pari a pari, e a lui confessa intenzioni e propositi. Il dialogo epistolare
ebbe inizio nel maggio 1898. L’alunno del Seminario Pio scrisse una lunga
lettera a proposito di Pietro Peccatore (Pd. XXI, 121-123), soggetto caro
a Mercati che lo aveva affrontato in un articolo nella Rivista bibliografica
italiana219; e sull’argomento tornò a breve distanza220. Ma già il 31 maggio
1898 il giovane ventiquattrenne si rivolse al poco più anziano «dottore»
dell’Ambrosiana (allora trentaduenne) con una franchezza e un’informali-
tà quasi sorprendenti:

Carissimo mio Mercati, mi spiace che a Ravenna l’abbiano stigmatizzato un mas-


sone o di simile genia (quel parroco lo conosco bene, s’intende di rettorica, ma di
critica storica, oibò) da gente che vede le cose attraverso le lenti del pregiudizio e

raggiavano, lo appoggiavano, e dal suo riconosciuto valore s’impromettevano l’illustrazione


scientifica definitiva delle nostre memorie», LANZONI, In memoria cit., pp. 20-21.
218 LANZONI, In memoria cit., pp. 3, 5, 18-19.
219 Zattoni a Mercati, Roma, 6 maggio 1898; Carteggi Mercati, ff. 1147r-1148v. Per gli in-

terventi di Mercati su Pietro Peccatore (nel 1895, per tre volte nel 1897, nel 1898 e infine nel
1911), cfr. Bibliografia degli scritti del cardinale Giovanni Mercati (1890-1956), a cura di A.
CAMPANA, Città del Vaticano 1957, pp. 8, 14-15, 17, 40 (sub nrr. 9, 44, 50, 53, 68, 233).
220 Zattoni a Mercati, Roma, 21 maggio 1898; Roma, 28 maggio 1898; Carteggi Mercati,

ff. 1167r-v; 1173r-1175v.

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delle tradizioni infallibili: del resto, si consoli, qui in Roma si bolla di razionalista
o peggio chi non ammette che il Pentateuco è uscito tutto d’un blocco dalle mani
di Mosè, o chi nega la giovanninità del comma jovanneo (I Johan. 5/8), informino
P. Lagrange denunziato al S. Officio e il mio concittadino P. G. Genocchi profess.
d’eseg. biblica all’Apollinare. Non pertanto sono risoluto d’andare a fondo sulle
origini oscure della M[adonna]. Gr[eca]. con prudenza s’intende. Ho sotto esame
un’altra tradizione ravennate sulla quale debbo conferire con Duchesne. Che ne fa
la nostra Religione Catt. delle devozioni spurie e leggendarie? gettiamole a mare se
sono veramente tali221.

Nel frattempo si andavano concretizzando i disegni di Toniolo e Mer-


cati per gli studi dei tre sacerdoti e il 26 dicembre 1898 Zattoni, pieno di
entusiasmo e di speranza, ne scrisse a Mercati: «A proposito degli studi
di paleografia le cose stanno ancora allo statu quo che è poi tabula rasa;
Ella ha scritto al mio collega Mari che si lavora alacremente per ottenere
lo scopo e questo mi fa piacere, possano gli sforzi di anime volenterose
trionfare di un ambiente troppo refrattario a secondare i bisogni dell’ora
presente»222.
Il ritorno di Zattoni a Ravenna dopo l’ultimo soggiorno romano (tra la
fine del 1901 e l’estate del 1902) segnò l’inizio di una fase nuova nella vita
del sacerdote ravennate in cui l’esperienza vaticana rimase solo un ricor-
do consacrato dai frequenti saluti a padre Ehrle e a Marco Vattasso223. Il
18 luglio 1902 Zattoni, ringraziando Mercati per averlo messo in contat-
to con padre Savio, espresse la convinzione che fosse possibile «un’intesa
per un lavoro comune»224. Poco più di un mese dopo, il 20 agosto 1902, a
seguito di un incontro col gesuita a Ravenna, l’accordo fu raggiunto: «Per
la pubblicazione sui Vescovi dell’Emilia ci siamo intesi di fare un lavoro
collettivo al quale concorrono quei veri studiosi della regione emiliana i
quali attendono a ricerche del genere»225. E il lavoro sulla cronotassi dei
vescovi di Cervia apparve allora «come il nucleo d’un lavoro collettivo sui
Vescovi dell’Emilia fatto di concerto con altri amici sotto la direzione del
p. Savio»226. Ma Savio consigliò a Zattoni di pubblicare presto lo studio
221 Zattoni a Mercati, Roma, 31 maggio 1898; Carteggi Mercati, f. 1177r-v. La «M[adonna].

Gr[eca].», patrona di Ravenna, è un bassorilievo marmoreo, conservato nella chiesa ravenna-


te di S. Maria in Porto, che raffigura la Vergine Maria in atteggiamento orante. Secondo la
tradizione, giunse sulla spiaggia di Ravenna la domenica «in Albis» del 1100 accolta dal bea-
to Pietro degli Onesti.
222 Zattoni a Mercati, 26 dicembre 1898; Carteggi Mercati, ff. 1380r-1381r.
223 Cfr. Zattoni a Mercati, Roma, 8 aprile 1904; Carteggi Mercati, f. 2537r-v; ma saluti a

Ehrle e a Vattasso anche in messaggi precedenti e successivi.


224 Zattoni a Mercati, Ravenna, 18 luglio 1902; Carteggi Mercati, f. 2192r-v.
225 Zattoni a Mercati, Ravenna, 20 agosto 1902; Carteggi Mercati, f. 2215r-v.
226 Zattoni a Mercati, Ravenna, 7 febbraio 1904; Carteggi Mercati, f. 2490r.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 631

sugli atti di s. Apollinare, evidentemente consapevole del grave fardello che


l’impegno nell’Archivio Arcivescovile comportava per il giovane sacerdote:
«Per ragione dell’Archivio mi piovono richieste e commissioni da parti di-
verse e perfino di Pietroburgo, ma l’Archivio è tuttora sigillato e se non ot-
tengo di aprirlo — come spero — non potrò dar corso alle domande se non
ad autunno inoltrato»227. E, una volta riaperto l’Archivio, Zattoni dovette
talvolta fronteggiare anche le prepotenze e le ingerenze esterne: «Il prof.
Gaudenzi di Bologna l’altro ieri è venuto a Ravenna col proposito di met-
termi sottosopra tutto l’Archivio per completare non so quali sue ricerche.
Ma io ho difeso garbatamente e energicamente i miei diritti di archivista e
di studioso. Ne informi p. Ehrle»228.
A Mercati Zattoni annunciò i suoi progetti per la pubblicazione di al-
cune Memorie portuensi229, comunicò con soddisfazione la nomina di lui,
prete, a socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria di Bolo-
gna230, ma soprattutto cercò e trovò in lui riferimento e aiuto per uscire
dall’isolamento della provincia. Quando, per i suoi studi sull’antica liturgia
ravennate, Zattoni chiese informazioni, il 20 maggio 1904, sulla traduzio-
ne italiana dell’opera di Anton Baumstark sulla liturgia romana, confessò:
«Ma qui in provincia è una pazzia mettersi attorno a certi argomenti!»231.
Poco dopo Zattoni chiese a Mercati se fosse stata stampata l’opera di Du-
chesne su Les origines chrétiennes e se fosse vero che lo storico francese
stesse preparando una Storia della Chiesa232. In data non precisata (ma
prima del maggio 1905) Zattoni assicurò l’interlocutore romano della sua
227 Zattoni a Mercati, Ravenna, 20 agosto 1902; Carteggi Mercati, f. 2215r-v. Nella prima-

vera 1904 Zattoni si impegnò anche per una mostra di arte sacra: «Sono ingolfato nella pre-
parazione, d’una Mostra d’Arte Sacra», Zattoni a Mercati, Ravenna, 29 aprile 1904; Carteggi
Mercati, f. 2552r. Cfr. anche LANZONI, In memoria cit., p. 13.
228 Zattoni a Mercati, Ravenna, 20 maggio 1904 (data del timbro postale); Carteggi Mer-

cati, f. 2558r. Augusto Gaudenzi (1857-1916), storico del diritto e docente (dal 1886) nell’Uni-
versità di Bologna. Le ricerche nell’Archivio ravennate erano forse finalizzate al lavoro su Lo
svolgimento parallelo del diritto romano e del diritto longobardo a Ravenna, che vide la luce nel
1908.
229 Cfr. le lettere di Zattoni a Mercati, Ravenna, 29 aprile 1904; Ravenna, 2 maggio 1904;

Ravenna, 20 maggio 1904 (data del timbro postale); Carteggi Mercati, ff. 2552r-v; 2553r-v;
2558r-v. Il progetto non fu realizzato.
230 Cfr. Zattoni a Mercati, Ravenna, 20 maggio 1904 (data del timbro postale); Carteggi

Mercati, f. 2558r-v.
231 Zattoni a Mercati, Ravenna, 20 maggio 1904 (data del timbro postale); Carteggi Mer-

cati, f. 2558r. La traduzione dell’opera di Baumstark alla quale si fa riferimento uscì nel 1904:
Liturgia romana e liturgia dell’esarcato. Il rito detto in seguito patriarchino e le origini del «Ca-
non missae» romano. Ricerche storiche, Roma 1904.
232 Cfr. Zattoni a Mercati, Ravenna, 22 gennaio 1905; Carteggi Mercati, f. 2639r-v. Le le-

zioni tenute da Duchesne all’Institut Catholique di Parigi, più volte litografate a partire dal
1880 col titolo Les origines chrétiennes, completate e rimaneggiate divennero l’Histoire an-

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intenzione di inviare al liturgista inglese Edmund Bishop l’estratto dell’ar-


ticolo sull’epiclesi e lo informò dei contatti avuti con Paul Fridolin Kehr233.
Ma verso la fine anche in Zattoni sembra balenare una certa stanchezza
e un esplicito scetticismo verso le autorità ecclesiastiche diocesane e il loro
interessamento nei confronti del suo lavoro storico ed erudito: «Io sono
diventato estremamente scettico verso le nostre Autorità e non aspetto più
da loro una parola d’incoraggiamento e d’aiuto. Penso che è meglio sperare
molto dal proprio lavoro e nulla dalla giustizia distributiva degli uomini.
Ho provato tante volte la tentazione di seguire la sorte dei miei colleghi,
meno affaticati di me, i quali trovano contento la esistenza in qualche re-
moto angolo di pianura. Mi scusi questa uscita amara (…)»234.
Quali conclusioni trarre da questa rapida carrellata sui destini dei tre
«raccomandati» di Toniolo? Gli itinerari dei tre sacerdoti — Attuoni, Mari
e Zattoni — appaiono alla fine diversissimi e tradiscono nelle differenze
degli esiti l’informalità, senza regole e costrizioni, della loro esperienza for-
mativa in Biblioteca Vaticana. Su di essa in sostanza sappiamo pochissimo
perché non vi è documentazione interna che la testimoni235 e le lettere dei
tre a Mercati non offrono particolare aiuto. Quanto durò, come si svolse,
che efficacia ebbe? Per ora possiamo solo formulare domande senza pre-
sentare delle risposte. Certo Toniolo ideò e pensò questo soggiorno dei
tre sacerdoti in Vaticana come una pratica e concreta realizzazione della
Società, come un primo nucleo di un istituto storico cattolico e al tempo
stesso come uno stage per preparare sacerdoti in grado di amministrare i
patrimoni documentari delle loro diocesi.
Il progetto di Toniolo può apparire alla fine velleitario nell’ambizione
degli obiettivi e al tempo stesso modesto nella realizzazione. Eppure fu
almeno un concreto passo avanti rispetto a quanto compiuto dalla Com-
missione cardinalizia per gli studi storici, il cui operato aveva riscosso
aperta insoddisfazione da parte del Papa. D’altra parte, la ricerca di un
rapporto proficuo e fecondo fra cattolicesimo e ricerca storica moderna
non era facile e, come s’è visto, non privo di pericoli e mortali insidie. Tali

cienne de l’Église (I-III, 1906-1910), cfr. A. P. FRUTAZ, Duchesne, Louis-Marie-Olivier, in Enci-


clopedia cattolica, IV, cit., coll. 1960-1965: 1964-1965.
233 Zattoni a Mercati, s.d., ma prima del maggio 1905 (per le motivazioni espresse in

Carteggi del card. Giovanni Mercati, I, cit., p. 117, sub nr. 1894); Carteggi Mercati, f. 3000r-v.
L’articolo di Zattoni al quale si fa riferimento, L’epiclesi nell’antica liturgia romana e il suo
valore consecratorio, fu pubblicato nella Rivista storico-critica delle scienze teologiche 1 (1905),
pp. 241-254. Bishop e Kehr erano in relazione con Mercati ed è facile supporre che sia stato
proprio Mercati a metterli in contatto con Zattoni.
234 Zattoni a Mercati, Ravenna, 22 dicembre 1904; Carteggi Mercati, f. 2627r.
235 Nessun documento su di essi è stato rinvenuto nell’Archivio della Biblioteca, come mi

assicura Christine M. Grafinger che di cuore ringrazio.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 633

difficoltà erano particolarmente serie nell’Italia cattolica ove la ricchezza


del patrimonio storico-archivistico conviveva con frequenti situazioni di
arretratezza culturale, di arroccamento su posizioni di tradizionalistico
rifiuto di ogni novità del metodo storico-critico, di dispersione e isolamen-
to degli studiosi più consapevoli della necessità di un’apologetica più al
passo coi tempi. Toniolo era comunque il personaggio più adatto a com-
piere il tentativo, almeno per tre ragioni: perché era un intellettuale e un
accademico al corrente di quanto accadeva anche in altri paesi europei;
perché, in ragione della sua militanza nel campo cattolico, era come pochi
a conoscenza del tessuto concreto degli studi nelle diverse diocesi, delle
situazioni locali, delle persone, dei vescovi e dei sacerdoti; perché infine, a
motivo della sua autorevolezza, aveva facilità di relazioni con personalità
della Curia romana che istituzionalmente andavano coinvolti (Capecela-
tro, Parocchi, Rampolla, Satolli non vennero interessati all’iniziativa da
Toniolo in quanto esponenti di un’ala liberale del collegio cardinalizio ma
per i loro ruoli istituzionali, rispettivamente quelli di cardinale Biblioteca-
rio, cardinale Vicario per la diocesi di Roma, segretario di Stato e prefetto
della Congregazione degli Studi).
Un’ultima considerazione in margine ai tre «raccomandati» di Toniolo
e ai loro diversi destini: dagli anni Ottanta-Novanta del secolo XIX nasce
tutto, dalla stagione leonina, dall’entusiasmo per le sue aperture culturali,
politiche e sociali partono insieme itinerari che avranno poi sbocchi pro-
fondamente diversi, nella Chiesa ma anche al di fuori di essa. L’origine,
rievocata efficacemente nelle prime pagine delle Memorie di un moderni-
sta di Minocchi quando rievoca il clima del giubileo sacerdotale di Leone
XIII (1888) e le reazioni all’enciclica Providentissimus Deus (1893)236, è
però comune; e la Biblioteca Vaticana fu naturaliter un luogo in cui alcuni
protagonisti di questi diversi itinerari si incontrarono. Lanzoni (1862), i
due Mercati (1866, 1870), Minocchi (1869), Mari (1873), Zattoni (1874),
Paschini (1878), Buonaiuti (1881) hanno, con tutte le differenze dei casi
particolari, le loro radici comuni in quella stagione e in quell’humus (Ehr-
le, 1845, e Toniolo, 1845, appartengono invece a un’altra generazione). Poi
verrà la drammatica fase del modernismo e dell’antimodernismo, con una
brusca polarizzazione delle diverse personalità e forze in campo. Le strade
allora si divaricheranno ma questo non dovrà far perdere di vista la scatu-
rigine comune di molte vocazioni alle ricerche e agli studi storici. Si può
parlare di stigma comune di una generazione; e questo va tenuto presente
anche quando si considera storicamente una figura come quella di Giovan-
ni Mercati (un discorso che interessa più direttamente e specificamente la

236 MINOCCHI, Memorie di un modernista cit., pp. 3-5, 41.

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Biblioteca Vaticana). Tutta la sua vita può essere intesa come una risposta
ai problemi posti dalla sfida della ricerca storico-critica alla fede. Il suo
accanito attaccamento allo studio ci appare la prova vissuta in lui della non
contraddizione tra fede e scienza, tra fede e ricerca. Al tempo stesso, per
salvarsi dalla deriva di un certo modernismo (i casi di Minocchi e di Mari
e di tanti altri dovettero essere sempre silenziosamente presenti nelle sue
solitarie riflessioni), Mercati percepì e sottolineò presto la relatività della
scienza, ne mostrò i limiti e le fragilità che dunque non le davano titolo per
attentare alle certezze della fede, dotate di altre fondamenta che la ricerca
storico-critica non può né dimostrare né scalfire237.

4. La lettera di Ehrle a Toniolo del 5 agosto 1900 è cronologicamen-


te l’ultimo documento del rapporto del professore pisano con gli eruditi
ambrosiani e vaticani a proposito della Società Cattolica Italiana per gli
Studi Scientifici. Nei fondi Carteggi Mercati e Carteggi Toniolo non sono
conservate altre lettere intercorse fra Toniolo, Ehrle, i Mercati e Ratti. Se
esse vi furono (ne abbiamo la certezza per Angelo Mercati, destinatario di
una lettera di Toniolo del 28 dicembre 1905, già pubblicata nel 1953238),
dovette riflettere la parabola discendente della Società239. Nata per ripren-
237Cfr. il passo dell’indirizzo letto da Mercati il 17 giugno 1936 al momento dell’imposi-
zione della berretta cardinalizia: «[…] la stima più alta e l’amore più puro della Verità intera,
anche nelle minime cose, e la persuasione che la ricerca sincera e profonda di essa in qualun-
que campo e in qualunque direzione è educativa per eccellenza convincendoci ogni giorno di
più (se non siamo proprio ciechi o vanesii) della nostra sconfinata ignoranza e somma debo-
lezza e fallibilità e così preservandoci o guarendoci dalla superbia e dalla temerità e leggerez-
za, che sono le disposizioni d’animo meno favorevoli al ritrovamento e riconoscimento della
verità e gli ostacoli più forti all’atto del tutto ragionevole e doveroso di assoggettare l’intellet-
to alla Sapienza infinita e di inginocchiarci con docilità riverente sulla soglia dei Misteri», P.
SIMONELLI, Profilo biografico del card. Giovanni Mercati, in Card. Giovanni – Mons. Angelo
Mercati [..]. XXV anniversario della morte del Cardinale. Commemorazioni tenute il 23 ottobre
1982, Reggio Emilia 1985, pp. 75-117: 109.
238 Nella lettera ad Angelo Mercati, Pisa, 28 dicembre 1905, Toniolo lo ringrazia per aver

accettato di realizzare la traduzione italiana del Lutero di Heinrich Denifle; ma non fa alcun
cenno alla Società, TONIOLO, Lettere, III, cit., pp. 59-60.
239 Ma il 3 gennaio 1901 Toniolo metteva al corrente Giuseppe Ballerini dell’esito di

un’«adunanza» svoltasi a Roma per la Società, «che ormai […] ha l’avvenire assicurato».
Dopo aver annunciato la prossima uscita del Bollettino e commentato l’insoddisfacente esito
delle elezioni interne, Toniolo scriveva: «A lungo si trattò dei periodici; tutto desio fu di am-
pliarli. All’ultimo il consiglio amministratore, in ciò preparato dalle idee del resto pratiche del
p. Ehrle, sostenne esser prima necessario accrescere i soci oblatori (come in Germania ove si
contano a migliaia) da noi chiamati aderenti, ed educarci gli studiosi nuovi; ma di dover as-
solutamente differire ogni spesa e rischio di altre riviste (oltre quella di scienze sociali e di
scienze fisiche) finché i mezzi economici non sieno cresciuti; salvo bene inteso che si trovas-
se un editore, che assuma ogni cosa a proprio conto e pericolo. Il programma del resto da lei
dettato per la specializzazione della Scuola cattolica venne accolto con plauso. Ma così … mi

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 635

dere il testimone della Commissione cardinalizia per gli studi storici (ma
con la profonda e decisiva differenza di essere caratterizzata da un’azione
dal basso, dal tessuto concreto delle ricerche storiche condotte dai catto-
lici italiani), la Società ne condivise infatti il sostanziale insuccesso. Ma
Toniolo non si diede per vinto e, come si è visto, qualche anno dopo ri-
lanciò nuovamente l’idea, ma questa volta su un piano internazionale, di
una associazione scientifica cattolica per gli studi; e, in parte, si rivolse
nuovamente alle persone già coinvolte nella Società. Questa però è un’altra
storia, già parzialmente ricostruita. Nel caso della Società Italiana per gli
Studi Scientifici l’impressione è che gli eruditi ambrosiano-vaticani abbia-
no in qualche modo esitato a scendere nell’agone240. Fondamentalmente
assorbiti dall’impegno nelle loro biblioteche, hanno forse pensato inop-
portuno aprire con leggerezza nuovi fronti di lavoro. Ma non ricusarono
del tutto il loro aiuto a Toniolo del quale condividevano lo spirito di fondo
e non esitarono a impegnarsi (in particolare Ehrle e Mercati), soprattutto
nell’accoglienza in Biblioteca Vaticana e nella direzione dei giovani sacer-
doti che Toniolo intendeva preparare agli studi storici. Da questi sforzi non
vennero apparentemente frutti copiosi e significativi: i tre «raccomandati»
di Toniolo si mossero, negli anni accidentati e difficili dell’esplosione della
crisi modernista e della sua repressione, lungo linee diverse da quelle pre-
viste all’inizio. Forse solo Zattoni corrispose al profilo ideale del sacerdo-
te formato nella «scuola» vaticana; ma morì troppo presto per realizzare
compiutamente i voti di quanti lo avevano inviato a Roma. Sarebbe però
un errore giudicare l’iniziativa di Toniolo solo alla luce del suo parziale fal-
limento. Più importante sembra cogliere nelle fatiche di Toniolo la lucida
consapevolezza della necessità improrogabile anche nel campo degli studi
storici di sprovincializzare il cattolicesimo italiano e di metterlo finalmen-
te all’altezza di un confronto con la storiografia internazionale sui temi nei
quali più acceso e aspro era il dibattito.
I documenti pubblicati sembrano dunque utili per la comprensione di
due situazioni diverse. Da una parte, essi offrono il profilo concreto degli
sforzi di Toniolo per dare vita alla nuova creatura. Anche se il proposito
di fondo era grandioso, il «rinnovamento globale della cultura cattolica

pare che ci rimangono ben poche speranze per ora. In ogni modo ci ripensi e veda se vi aves-
se una via di uscita», Toniolo a Giuseppe Ballerini, Pisa, 3 gennaio 1901; in Toniolo, Lettere,
II, cit., pp. 224-225.
240 Cfr. il secondo punto del Memento steso da Giovanni Mercati durante il periodo mila-

nese (1893-1898): «di essere difficilissimo ad accettare commissioni di studio e fuori, attesa
la soverchia facilità di accollarti in servizio altrui impegni che poi ti schiacciano», G. MERCA-
TI, Tre documenti, in Card. Giovanni – Mons. Angelo Mercati cit., pp. 30-33: 30.

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italiana»241, i mezzi erano scarsi, le forze deboli e disperse; ma il profes-


sore pisano non si stancò mai di battere alle porte di vescovi il più delle
volte distratti e non disprezzò i mezzi poveri e semplici, senza esaltazio-
ni e fanfaronate. Educare agli studi storici preti di diocesi con patrimoni
storico-archivistici ricchissimi, come Lucca, Pisa e Ravenna, significava
certo preparare un personale in grado di amministrare biblioteche e archi-
vi ricchissimi che lo Stato laico minacciava altrimenti di incamerare ma
significava anche incominciare a diffondere nel clero una cultura storica
sprovincializzata, aggiornata e pronta al confronto e al dibattito, anche con
quelle ricostruzioni storiche faziose che inondavano le scuole, le universi-
tà, i giornali e la pubblicistica della nuova Italia. A fronte di progetti così
ambiziosi e di impegni così seri, i prescelti erano ben pochi, due o tre: la
logica di Toniolo non appare essere quella dei grandi numeri ma piuttosto
quella della «poca favilla che gran fiamma seconda» (Pd. I, 34). Non si può
dimenticare che quanto Toniolo provava a costruire tra la fine dell’Otto-
cento e gli inizi del Novecento, con umile e paziente tenacia, sarà esatta-
mente quanto più di mezzo secolo dopo don Giuseppe De Luca sognerà di
edificare col convitto ecclesiastico a S. Maria della Pace («un pensionato
di preti, da 10 a 15, che studiano per tre anni archivistica presso l’Archivio
Vaticano»), proposto nel 1959 a Giovanni XXIII e mai realizzato242. Ma su
un altro fronte i documenti presentati si rivelano utili. Toniolo, da buon
intenditore, si rivolse ai milieux che sapeva essere i migliori in quel mo-
mento in Italia, la Biblioteca Ambrosiana di Milano e la Biblioteca Vatica-
na a Roma. E la disponibilità e l’adesione che in esse trovò mostrano quale

241
SORRENTINO, Giuseppe Toniolo. Una biografia cit., p. 88.
242
Il progetto di De Luca è espresso nella lettera a Giovanni XXIII, Roma, 24 giugno
1959, in L. F. CAPOVILLA – G. DE LUCA – A. G. RONCALLI, Carteggio, 1933-1962, a cura di M.
RONCALLI, Roma 2006, pp. 65-76: 71-73. Impressionante la coincidenza, quasi sessant’anni
dopo, con le parole di Mercati a Toniolo nella lettera del maggio 1898 quando sottolinea la
necessità di una preparazione storica e non solo teologica: «Se ogni vescovo ha da avere l’ar-
chivista così come ha il giudice, per la semplice ragione che l’archivio diocesano non è una
cava oziosa di documenti per i professori a caccia di titoli, è invece organo essenziale del
governo, essenziale quanto delicato, non meno della memoria del nostro intendere e giudica-
re; se codesto è vero, a capo d’un archivio nostro non può stare oggi se non chi abbia oltre la
laurea in teologia, oltre la laurea in diritto, una licenza di paleografia e diplomatica. E che sia,
di fondo, un buon prete». Sulla «Scuola Giovanni XXIII» ideata da De Luca cfr. L. MANGONI,
In partibus infidelium. Don Giuseppe De Luca: il mondo cattolico e la cultura italiana del No-
vecento, Torino 1989 (Biblioteca di cultura storica, 178), p. 396; R. GUARNIERI, Don Giuseppe
De Luca. Tra cronaca e storia, Cinisello Balsamo 1991 (Tempi e figure), pp. 195-200; G. ANTO-
NAZZI, Don Giuseppe De Luca uomo cristiano e prete (1898-1962), Brescia 1992, pp. 274, 300
nt. 436, 373; P. VIAN, Tra i fratelli Mercati e don Giuseppe De Luca. Note sull’Archivio Segreto e
sulla Biblioteca Apostolica durante il pontificato di Giovanni XXIII (1958-1963), in L’ora che il
mondo sta attraversando. Giovanni XXIII di fronte alla storia. Atti del Convegno, Bergamo, 20-
21 novembre 2008, a cura di G.G. MERLO e F. MORES, Roma 2009, pp. 165-211: 198.

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TONIOLO E LA SOCIETÀ CATTOLICA ITALIANA PER GLI STUDI SCIENTIFICI 637

fosse il mondo ideale degli eruditi che allora le animavano. Ehrle, Ratti, i
Mercati: tutti gli artefici del rinnovamento e della modernizzazione leoni-
na della Biblioteca Vaticana erano imbevuti di questa concezione che non
si esita a definire «militante» della loro professione di eruditi, di filologi,
di storici. Senza sbavature e forzature apologetiche, anzi con un rispetto
scrupoloso e quasi un culto sommo della neutralità, della «laicità» secolare
degli strumenti del lavoro storico ed erudito (condizione indispensabile
per essere all’altezza del confronto con gli storici laicisti e per entrare in
comunicazione con essi), tutti gli artefici della modernizzazione della Vati-
cana hanno sempre avuto ben presente il loro essere preti e la loro attività,
la più intensa e feconda possibile, doveva essere una testimonianza silen-
ziosa di quell’armonia fra scienza e fede che la Società Cattolica Italiana
per gli Studi Scientifici proclamava nel suo Statuto. Lungi dall’essere solo
una particolare espressione all’interno di una secolare serie di mecenatismi
papali, il rinnovamento della Vaticana tra la fine dell’Ottocento e i primi
decenni del Novecento è dunque anche un capitolo di questa storia di mi-
litanza del cattolicesimo intellettuale. Dimenticarlo significa fraintendere
clima, intenti e sostanza di quella stagione243.

243 La vicenda del «tutoraggio» svolto da figure della Biblioteca Vaticana nell’ambito
dell’impegno della Società Cattolica Italiana per gli Studi Scientifici potrebbe indurre se non
a modificare, almeno a sfumare il giudizio espresso da Michele Maccarrone nel suo interven-
to in Aspetti della cultura cattolica cit., pp. 127-128, ripreso (e forse troppo irrigidito) da
SCOPPOLA, Crisi modernista e rinnovamento cattolico cit., p. 30, a proposito dell’influsso, rite-
nuto «non […] costante e profondo», della Biblioteca Apostolica e dell’Archivio Segreto sulla
cultura cattolica italiana in età leonina. Almeno in questo caso la Vaticana si rivelò un riferi-
mento ideale e pratico non trascurabile. Confermando quanto giustamente afferma nello
stesso intervento Maccarrone quando identifica nell’ambiente leoniano l’intenzione domi-
nante di «studiare per affermarsi in quanto cattolici. Del resto, la scuola stessa dell’Ehrle,
quella disciplina tremenda che egli si imponeva, non era soltanto per un abito di religioso o
per un metodo scientifico appreso nel suo paese tedesco, ma proveniva […] da questa preoc-
cupazione: vogliamo affermarci, vogliamo contribuire, con le loro stesse armi, nello stesso
metodo, con severità scientifica, contribuire ad affermare la cultura cattolica. Furono questi
uomini che operarono nell’età di Leone XIII con profonda trasformazione e fecero sì che la
Biblioteca e l’Archivio Vaticano, dalla tradizione settecentesca-ottocentesca, diventassero dei
centri internazionali di ricerche storiche. Ma la loro opera fu frutto del movimento, dell’azio-
ne positiva di Leone XIII, in particolare dell’apertura dell’Archivio Vaticano», Aspetti della
cultura cattolica cit., p. 127.

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SEVER J. VOICU

VARIANTI PER L’OMELIA


IN ILLUD: EXEUNTES PHARISAEI (CPG 4640)

La presente nota è stata concepita come uno strumento al servizio


dell’articolo di Pasquale Orsini, per la parte in cui analizza il foglio 120r-v
del Vat. gr. 7721. Si tratta della guardia posteriore del codice, palinsesta, la
cui scrittura inferiore maiuscola trasmette la parte iniziale dell’antica ome-
lia pseudocrisostomica In illud: Exeuntes pharisaei (d’ora in poi Exeuntes)2.
Poiché la parziale trascrizione del foglio, la cui leggibilità è insoddisfacen-
te, ha rivelato divergenze significative rispetto al testo pubblicato in PG 61,
705-712, si è pensato che una campionatura delle varianti trasmesse dalla
tradizione manoscritta avrebbe facilitato il lavoro di decifrazione.
A tal fine il testo di PG è stato collazionato con i quattro testimoni dell’o-
melia che sono stati individuati nei fondi greci della Biblioteca Apostolica
Vaticana3. La collazione si è limitata alla porzione conservata dal recto del
foglio, vale a dire il titolo dell’omelia e una ventina di linee iniziali (PG 61,
705, lin. 3 ab imo – 709, lin. 17). Infatti, il verso del foglio è in condizioni
tali che a malapena vi si leggono poche lettere, persino sotto la lampada di
Wood e nelle fotografie UV realizzate con la macchina Toppan.
Il testo edito in PG è una ristampa fedele dell’editio princeps di Savile4,
la quale si fonda, come spesso succede con gli spuri di Crisostomo, soltanto

1 P. ORSINI, Un foglio palinsesto nel codice Vat. gr. 772, in Miscellanea Bibliothecae Aposto-

licae Vaticanae. XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 457-473, in part. pp. 465-473.
2 È stato dimostrato altrove che l’omelia Exeuntes appartiene a un predicatore di forma-

zione cappadoce, ma attivo a Costantinopoli verso la fine del IV secolo, le cui opere sono
passate sotto il nome di Giovanni Crisostomo nei primi anni del V secolo. Cf. S. J. VOICU, La
volontà e il caso: la tipologia dei primi spuri di Crisostomo, in Giovanni Crisostomo: Oriente e
Occidente tra IV e V secolo. XXXIII Incontro di studiosi dell’antichità cristiana, Roma, 6-8 mag-
gio 2004, Roma 2005 (Studia ephemeridis Augustinianum, 93), pp. 101-118, in part. p. 114
(con la bibliografia precedente).
3 La lista dei testimoni vaticani di Exeuntes, con le loro date, è stata stabilita con l’aiuto

della base Pinakes, consultata nel sito pinakes.irht.cnrs.fr/rech_oeuvre. Exeuntes vi appare


come un testo non molto diffuso, di cui vengono elencati 20 esemplari, alcuni dei quali sono
molto tardivi.
4 Ma in corrispondenza di PG 61, 707, lin. 3, invece di ὡρίμασε, Savile ha la strana lezione

ὡρίμησε (derivata forse da una forma verbale non altrimenti attestata *ὡριμάω).

Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 639-648.

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640 SEVER J. VOICU

su un manoscritto: «Ex Ms. Regio Lut.»5, forse da identificare con l’unico


testimone che, secondo Pinakes, è conservato a Parigi, l’A. f. grec 1186,
ff. 41v-44v (a. 1306).
I quattro testimoni vaticani sono:
O5 = Ott. gr. 85 (s. XI), ff. 178v-182v;
V4 = Vat. gr. 564 (s. XII), ff. 35r-38v;
O4 = Ott. gr. 14 (s. IX-X), ff. 123r-126v;
O9 = Ott. gr. 179 (s. XV), ff. 125r-131r.

Trascrizione diplomatica
Qui di seguito presentiamo una trascrizione diplomatica in righe pa-
rallele, più o meno per kola et kommata, del testo pubblicato in PG e dei
quattro testimoni vaticani. Tuttavia l’attribuzione a Giovanni Crisostomo
viene ignorata per due ragioni: sia perché manca nelle edizioni, sia perché,
presumibilmente, nei manoscritti è di natura redazionale6.
Un problema che si è rivelato abbastanza complesso è quello della rap-
presentazione dei segni di punteggiatura e delle convenzioni ortografiche
che vengono utilizzati da ciascun testimone. Anche se nel campione non
sempre hanno il valore delle edizioni moderne, il punto alto (·), il punto
basso (.), la virgola (,) e il punto e virgola (;) sono rappresentabili da qual-
siasi font greco.
Invece, è necessario ricorrere a segni convenzionali per rappresentare
i seguenti fenomeni:
÷: punto medio
%: «chiodo Follieri»
_ (sottolinea): hyphen
§: lettera sporgente, indicante l’inizio di una nuova sezione del testo:
#: spazio bianco intenzionale, che indica una pausa:

5
Cf. Savile 5, 326.
6
In età bizantina, l’intestazione più diffusa sembra essere τοῦ ἐν ἁγίοις πατρὸς ἡμῶν
Ἰωάννου ἀρχιεπισκόπου Κωνσταντινουπόλεως τοῦ Χρυσοστόμου, sia pure con variazioni nell’or-
dine degli elementi e con l’aggiunta occasionale di epiteti come καὶ μεγάλου φωστῆρος. Tutta-
via, si tratta di una formulazione relativamente tardiva, poiché colui che in origine veniva
designato semplicemente come «Giovanni arcivescovo di Costantinopoli», secondo quanto
attestano ampiamente i florilegi del V secolo, diventa «Crisostomo», soltanto nel secondo
quarto del VI secolo, probabilmente perché subentra l’esigenza di distinguerlo dal suo omo-
nimo successore Giovanni (II) Cappadoce (518-520); cf. S. J. VOICU, Per una lista delle opere
trasmesse in copto sotto il nome di Giovanni Crisostomo, in Christianity in Egypt: Literary
Production and Intellectual Trends in Late Antiquity. Studies in honor of Tito Orlandi. Edited
by Paola BUZI and Alberto CAMPLANI, Roma 2011 (Studia Ephemeridis Augustinianum, 125),
pp. 575-610, in part. pp. 597-598.

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VARIANTI PER L’OMELIA IN ILLUD: EXEUNTES PHARISAEI 641

Nel caso dei nomina sacra si è preferito trascriverne l’abbreviazione,


che non sempre è corredata da accenti (e spiriti), e rendere conto dell’uso
di ciascun copista.
Per καὶ, la forma κ(αὶ) indica il kappa corredato dall’abbreviazione per
αι, mentre (καὶ) rappresenta il segno tachigrafico.
PG 61, 705-706, lin. 3 ab imo
PG Εἰς τὸ, «Ἐξελθόντες οἱ Φαρισαῖοι συμβούλιον ἔλαβον.»
O5 εἰς τὸ ἐξελθόντες οἱ φαρισαίοι συμβούλιον ἔλαβον κατὰ τοῦ ιυ ὅπως αὐτὸν
ἀπολέσωσιν7
V4 ὁμιλία εἰς τὸ εὐαγγελικὸν ῥητὸν· ἐξελθόντες οἱ φαρισσαῖοι8 συμβούλ(ιον)
ἔλα(βον) κτ τ(οῦ) ιυ9
O4 εἰς τὸ καὶ ἐξελθόντες οἱ φαρισαῖοι συμβούλιον ἔλαβον, κατὰ τοῦ ιυ ὅπως
αὐτὸν ἀπολέσωσιν·10
O9 <λ>όγος εἰς τὸ ῥητὸν τοῦ εὐαγγελίου ἐξελθόντες οἱ φαρισαῖοι11
PG 61, 705, lin. 2 ab imo
PG Ὅσοι τοῦ Ἠλία μαθηταὶ τυγχάνετε,
O5 ὅσοι τοῦ ἡλία μαθηταὶ τυγχάνεται.
V4 ὅσοι τοῦ ἠλία μαθηταὶ τυγχάνετε
O4 οσοι τοῦ ἡλία μαθηταὶ τυγχάνετε·
O9 ὅσοι τοῦ ἡλία μαθηταὶ τυγχάνεται·
PG 61, 705, linn. 2 ab imo-ult.
PG τοῦ τὴν πενιχρὰν τράπεζαν τῆς χήρας μὴ ἐξουθενήσαντος,
O5 τοῦ τὴν πενηχρὰν τράπεζαν τῆς χήρας μὴ ἐξουθενήσαντος.
V4 τοῦ τὴν πενιχρὰν τράπεζαν τῆς χήρας μὴ ἐξουθενήσαντος.
O4 τοῦ τὴν πενηχρὰν τράπεζαν τῆς χήρας μὴ ἐξουθενήσαντος÷
O9 τοῦ τὴν πενηχρὰν τράπεζαν τῆς χείρας μὴ ἐξουθενήσαντος·
PG 61, 705, ult. lin.-706, lin. 2 ab imo
PG παρ᾿ ἡμῖν αὐλίσθητε.
O5 παρ᾽ ἡμῖν αὐλισθήσεται·
V4 παρ᾽ ἡμῖν αὐλίσθητε σήμερον·

7 Il titolo di O5 è in maiuscole corredate da spiriti e accenti; di seguito aggiunge la rubri-

ca τῆ αγία μεγά(λη) γʹ.


8 Lettura problematica; vedi, sotto, PG 61, 707, linn. 12-13.
9 Il titolo di V4 è in maiuscole corredate da spiriti e accenti; in margine aggiunge la ru-

brica τῇ αὐτῇ ἡμέρᾳ.


10 Il titolo di O4 è in maiuscole corredate da spiriti e accenti; di seguito aggiunge, in ma-

iuscola, la rubrica τῆ μεγάλη δευτέρα.


11 O9 aggiunge la rubrica εὐλόγησον π(ατ)ερ.

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642 SEVER J. VOICU

O4 παρ᾽ ἡμῖν αὐλίσθητε·


O9 παρ ἡμῖν αὐτω αὐλίσθητε·
PG 61, 706, linn. 2 ab imo-ult.
PG Τοιαύτη γὰρ καὶ παρ᾽ ἡμῖν λόγων μετρία ἡτοίμασται τράπεζα,
O5 τοιαὕ[178vb]τη γὰρ καὶ παρημῖν λόγων μετρία ἡτοίμασται τράπεζα.
V4 τοιαύτη γὰρ (καὶ) παρ᾽ ἡμῖν λόγων μετρία ἡτοίμασται τράπεζα·
O4 τοιαύτη γὰρ καὶ παρ᾽ ἡμῖν λόγων μετρία ἡτοίμασται τράπεζα·
O9 τοιαύτη γὰρ καὶ παρ᾽ ἡμῶν λόγων, μετρία ἡτοίμασται τράπεζα·
PG 61, 706, ult. lin.
PG ἕνα ἄρτον ἔχουσα ἐπ᾽ αὐτῆς·
O5 ἕνα ἄρτον ἔχουσα ἐπαυτῆς·
V4 ἕνα ἄρτον ἔχουσα ἐπ᾽αὐτῆς÷
O4 ἕνα ἄρτον ἔχουσα ἐπ᾽ αὐτῆς·
O9 ἕνα ἄρτον ἔχουσα ἐπ᾽ αὐτῆς12·
PG 61, 706, ult. lin.-707, lin. 1
PG οὐχ ὃν ὁ μύλος ἐλέπτυνε,
O5 οὐχὸν μύλος ἐλέπτυνεν÷
V4 οὐχ᾽ὃν μῦλος ἐλέπτυνε÷
O4 οὐχ᾽ὃν μύλος ἐλέπτυνεν
O9 οὐχ᾽ὁ μύλος ἐλέπτυνεν·
PG 61, 707, lin. 1
PG καὶ χεῖρες ἐμάλαξαν
O5 καὶ χεῖρες ἐμάλαξαν÷
V4 (καὶ) χεῖρες ἐμάλαξαν.
O4 καὶ χεῖρες ἐμάλαξαν
O9 καὶ χείρες ἐμάλαξαν·
PG 61, 707, linn. 1-2
PG καὶ πῦρ ἐτελείωσεν,
O5 καὶ πῦρ ἐτελείωσεν%
V4 καὶ πῦρ ἐτελείωσεν÷
O4 καὶ πῦρ ἐτελείωσεν·
O9 καὶ πῦρ ἐτελείωσε·13

12 In O9, correzione di prima mano, su un precedente αὐτοῖς.


13 Sic, senza ny efelcistico.

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VARIANTI PER L’OMELIA IN ILLUD: EXEUNTES PHARISAEI 643

PG 61, 707, lin. 2


PG ἀλλ᾽ ὃν παρθένος ἄρουρα
O5 ἀλλ᾽ ὃν παρθένος ἀρουρα÷14
V4 ἀλλ᾽ ὃν παρθένος
O4 ἀλλ᾽ ὃν παρθένος
O9 ἀλλ᾽ ὁν παρθένος
PG 61, 707, linn. 2-3
PG ἄνευ ἀρότρου καὶ σπέρματος ἤνθησε,
O5 ἄνευ ἀρότρου καὶ σπέρματος ἤνθησεν÷
V4 ἄνευ ἀρότρου (καὶ) σπέρματος ἤνθησε·
O4 ἄνευ [123rb] ἀρότρου καὶ σπέρματος ἤνθισεν·
O9 ἄνευ ἀρώτρου (καὶ) σπέρματος ἤνθησεν;
PG 61, 707, lin. 3
PG καὶ σταυρὸς ὡρίμασε,
O5 καὶ σταυρὸς ὡρίμασεν·
V4 (καὶ) στρὸς ὡρίμασε·
O4 καὶ σταυρὸς ὠρίμασεν·
O9 (καὶ) στρς ὡρήμασεν·
PG 61, 707, linn. 3-4
PG καὶ Πατὴρ ἐτελείωσε,
O5 καὶ πηρ ἐτελείωσεν·
V4 (καὶ) πὴρ ἐτελείωσε·
O4 καὶ πηρ ἐτελείωσεν·
O9 (καὶ) πηρ ἐτελείωσεν·
PG 61, 707, linn. 4-5
PG καὶ δώδεκα κόφινοι τῶν ἀποστόλων ἐτρύγησαν.
O5 καὶ δώδεκα κώφηνοι τῶν ἀποστόλων ἐτρύγησαν·
V4 καὶ δεκαδύο κόφινοι τῶν ἀποστόλων ἐτρύγησαν·
O4 καὶ δεκαδύο κόφινοι τῶν ἀποστόλων ἐτρύγησαν·
O9 καὶ δέκα δύο κόφινοι; τῶν ἀποστόλων ἐτρύγησαν·
PG 61, 707, lin. 5
PG Τοῦτον τὸν ἄρτον Μαρία μὲν ἐγέννησεν,
O5 τοῦτον §τὸν ἄρτον. μαρία ἐγέννησεν·
V4 # τοῦτον §τὸν ἄρτον. μαρία ἐγέννησε,
O4 τοῦτον τὸν ἄρτον μαρία ἐγέννησεν
O9 τοῦτον τὸν ἄρτον μαρία ἐγέννησεν·
14 Sic in O5, come se l’accento della parola fosse problematico.

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644 SEVER J. VOICU

PG 61, 707, linn. 5-6


PG ἡ Ἐκκλησία δὲ ὑπεδέξατο,
O5 ἡ ἐκκλησία δὲ ὑπεδέξατο,
V4 (καὶ) ἡ ἐκκλησία ὑπεδέξατο·
O4 καὶ ἡ ἐκκλησία ὑπεδέξατο·
O9 καὶ ἡ ἐκκλησία ὑπεδέξατο·
PG 61, 707, linn. 6-7
PG καὶ καθ᾽ ἑκάστην ἡμέραν ὑφ᾽ ἡμῶν ἐσθίεται,
O5 καὶ καθεκάστην ἡμέραν ὑφ ἡμῶν ἐσθίεται
V4 (καὶ) καθ᾽ ἑκάστην ἡμέραν ὑφ᾽ ἡμῶν ἐσθίεται,
O4 καὶ καθεκάστην ἡμέραν ὑφ᾽ ἡμῶν ἐσθίεται
O9 καὶ καθ᾽ ἑκάστην ἡμέραν· ὑφ᾽ ἡμῶν15 ἐσθίεται·
PG 61, 707, lin. 7
PG καὶ ἀδαπάνητος μένει.
O5 καὶ ἀδαπάνητος μένει·
V4 (καὶ) ἀδαπάνητος μένει·
O4 καὶ ἀδαπάνητος μένει·
O9 (καὶ) ἀδαπάνητος μένει·
PG 61, 707, linn. 7-8
PG Τοῦτον ὑμῖν τὸν ἄρτον ἐπὶ τῆς μετρίας μου τραπέζης ἐπιθεὶς,
O5 τοῦτον ὑμῖν τὸν ἄρτον ἐπὶ τῆς μετρίας μου τραπέζης ἐπιθῆς,
V4 #16 τοῦτον ὑμῖν τὸν ἄρτον ἐπὶ τῆς μετρίας μου [35rb] §τραπέζης ἐπιθεὶς,
O4 #17 τοῦτον ὑμῖν τὸν ἄρτον ἐπὶ τῆς μετρίας μου τραπέζης ἐπιθεὶς·
O9 τοῦτον ὑμῖν τὸν ἄρτον ἐπὶ τῆς μετρίας μου τραπέζης ἐπιθεὶς·
PG 61, 707, linn. 8-9
PG ἠβουλόμην τῇ σιωπῇ τὸ τῆς γλώττης μου ὄργανον περισφίγξαι·
O5 ἠβουλήμην τῆ σιωπῆ τὸ τῆς γλώττης μου ὄργανον περισφίγξαι%
V4 ἐβουλόμην τῆ σιωπῆ τὸ τῆς ἐμῆς γλώττης ὄργανον περισφίγξαι·
O4 ἠβουλόμην τῆ σιωπῆ τὸ τῆς γλῶττης μου ὄργανον περισφίγξαι·
O9 ἠβουλόμην τῆ σιωπῆ τὸ τῆς γλώττης μου ὄργανον περὶσφήξαι·
PG 61, 707, linn. 9-11
PG ἀλλ᾽ ἡ τῶν θεομάχων Ἰουδαίων κατὰ τοῦ Σωτῆρος ἡμῶν ῥαπτομένη
ἐπίβουλος ἐνέδρα

15
O9: l’abbreviazione ha forma irregolare e la lettura è congetturale.
16
V4: uno spazio bianco intenzionale indica l’inizio di un nuovo periodo. Ma la lettera
sporgente è posta due righe dopo, ciò indica una ripresa automatica dall’esemplare di V4.
17 O4: lo spazio bianco è dubbio.

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VARIANTI PER L’OMELIA IN ILLUD: EXEUNTES PHARISAEI 645

O5 ἀλλ ἡ τῶν θεομάχων ιουδαιων κατὰ τοῦ σρς ἡμῶν ῥαπτωμένη ἐπίβουλος
ἔνεδρα.
V4 ἀλλ᾽ ἡ τῶν θεο_μάχων18 ἰουδαίων κατὰ τοῦ σρος ἐξαπτομένη ἔνεδρα,
O4 # ἀλλ᾽ ἡ τῶν θεομάχων ϊουδαίων κατὰ τοῦ σρς ἐξαπτομένη ἐπίβουλος
ἔνεδρα·
O9 ἀλλ᾽ ἡ τῶν θεομάχων ιουδαίων ἐπίβουλος ἔνεδρα·
PG 61, 707, linn. 11-12
PG καὶ τοὺς λίθους λαλεῖν ἀναγκάζει.
O5 καὶ τοὺς λίθους λαλεῖν ἀναγκάζει·
V4 καὶ τοὺς λίθους λαλεῖν ἀναγκάζει·
O4 καὶ τοὺς λίθους λαλεῖν ἀναγκάζει·
O9 καὶ τοὺς λίθους λαλεῖν ἀ[f. 125v]ναγκάζει·
PG 61, 707, lin. 12
PG Τί γὰρ ἠκούομεν ἀρτίως ἀναγινωσκόμενον;
O5 # τί γὰρ ἠκούομεν §ἀρτίως ἀναγινωσκόμενον
V4 τί γὰρ ἠκούσαμεν ἀρτίως ἀναγινωσκομένου·
O4 # τί γὰρ ἠκούσαμεν ἀρτίως ἀναγινωσκομένου·
O9 τί γὰρ ἠκοῦσαμεν ἀρτίως ἀναγινωσκομένου·
PG 61, 707, linn. 12-13
PG Καὶ ἐξελθόντες, φησὶν, οἱ Φαρισαῖοι,
O5 καὶ ἐξελθόντες φησὶν οἱ φαρισαίοι
V4 (καὶ) ἐξελθόντες φησὶν οἱ φαρισσαῖοι,19
O4 # καὶ ἐξελθόντες φησιν οἱ φαρισαῖοι·
O9 καὶ ἐξελθόντες φησὶν οἱ φαρισαίοι·
PG 61, 707, linn. 13-14
PG συμβούλιον ἔλαβον κατὰ τοῦ Ἰησοῦ,
O5 συμβούλιον ἔλαβον κατὰ τοῦ ιυ.
V4 συμβούλιον ἔλαβον κατὰ τοῦ ἰῦ,
O4 συμβούλιον ἔλαβον κατὰ τοῦ ιυ·
O9 συμβούλιον ἔλαβον κατὰ τοῦ ἰυ,
PG 61, 707, lin. 14
PG ὅπως αὐτὸν ἀπολέσωσι.
O5 ὅπως αὐτὸν ἀπωλέσωσιν·
V4 ὅπως αὐτὸν ἀπολέσωσι·
O4 ὅπως αὐτὸν ἀπολέσωσιν·
18 V4 aggiunge un hyphen.
19 Lettura problematica; vedi, sopra, PG 61, 705-706, lin. 3 ab imo.

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646 SEVER J. VOICU

O9 ὅπως αὐτὸν ἀπολέσωσιν·


PG 61, 707, linn. 14-15
PG Καὶ τίς ἡ αἰτία, δι᾽ ἣν βουλεύονται ἀπολέσαι τὸν Κύριον;
O5 καὶ τίς [179ra] §ἡ αἰτία διἣν βουλεύονται ἀπωλέσαι τὸν κν%
V4 (καὶ) τίς ἡ αἰτία δι᾽ ἣν ἐβούλοντο αὐτὸν ἀπολέσαι·
O4 καὶ τίς ἡ αἰτία δι᾽ ἧς ἠβούλοντο αὐτὸν ἀπολέσαι;
O9 καὶ τίς ἡ αἰτία, δι᾽ ἧς ἐβούλοντο αὐτὸν ἀπολέσαι·
PG 61, 707, linn. 15-16
PG Ὅτι ἐν ἡμέρᾳ σαββάτων ἄνθρωπον ἐθεράπευσε,
O5 ὅτι ἐν ἡμέρα σαββάτω ἀνον ἐθεράπευσεν.
V4 ὅτι ἐν ἡμέρᾳ σαββάτῳ ἄνον ἐθεράπευσε·
O4 # ὄτι ἐν ἡμέρα σαββάτω ανον ἐθεράπευσεν·
O9 ὅτι ἐν ἡμέρα σαββάτου, ἄνον ἐθεράπευσεν·
PG 61, 707, linn. 16-17
PG καὶ τὴν ἀργὴν καὶ ξηρὰν χεῖρα ἐν ἡμέρᾳ ἀργίας πρὸς ἔργον ἐξέτεινεν.
O5 καὶ τὴν ἀργὴν καὶ ξηρὰν χεῖραν20 ἐν ἡμέρα ἀργίας προς ἔργον ἐξέτεινεν·
V4 καὶ τὴν ἀργὴν (καὶ) ξηρὰν χεῖρα, ἐν ἡμέρᾳ ἀργῇ, πρὸς ἐργασίαν ἐξέτεινεν·
O4 καὶ τὴν ἀργὴν (καὶ) ξηρὰν χεῖρα· ἐν ἡμέρα ἀργῆ πρὸς ἐργασίαν ἐξέτεινεν·
O9 καὶ τὴν ἀργὴν καὶ ξηρὰν χεῖρα ἐν ἡμέρα ἀργὴ, πρὸς ἔργασίαν ἐξέτεινεν·

Considerazioni sul testo


Nonostante l’esiguità del brano preso in considerazione, la compara-
zione fra i quattro manoscritti suscita qualche riflessione non priva di in-
teresse.
È evidente che, accanto a qualche divergenza sul testo, i quattro testi-
moni si differenziano in misura notevole riguardo ai sistemi di punteg-
giatura utilizzati (iniziali sporgenti comprese), alla rappresentazione dei
nomina sacra e nella misura in cui indicano le citazioni scritturistiche.
Per quanto riguarda il tenore del testo, qualche indizio si può dedurre
dai paralleli con altre opere dello stesso autore: l’assenza di ἄρουρα (cf.
PG 61, 707, lin. 2) non sembra primitiva, a giudicare da un passo inedito
dell’omelia In Zacchaeum publicanum: τὸν ἐκ παρθένου χώρας ἄνευ ἀρότρου
καὶ σπέρματος βλαστήσαντα στάχυν (in corrispondenza di PG 767, 56).
Il passo ἀλλ᾽ ἡ τῶν θεομάχων Ἰουδαίων κατὰ τοῦ Σωτῆρος ἡμῶν ῥαπτομένη
ἐπίβουλος ἐνέδρα (cf. PG 61, 707, linn. 9-11) pone due problemi distinti.
Anzitutto, i quattro testimoni sono unanimi nel presentare la forma ἔνεδρα,

20 Sic.

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VARIANTI PER L’OMELIA IN ILLUD: EXEUNTES PHARISAEI 647

ma come sostantivo femminile, il cui accento sembra derivato da una com-


mistione con il ben attestato plurale di ἔνεδρον, parola che però, almeno
nei Settanta, spesso è priva di articolo. Un’indagine sommaria nel TLG
sembra indicare che il femminile proparossitono è abbastanza frequente e
ci si può chiedere quante volte sarà stato, come in questo caso, obliterato
nelle edizioni.
In secondo luogo, l’alternanza fra ῥαπτωμένη ed ἐξαπτομένη sembra ri-
solversi a favore dell’anteriorità della prima lezione. Infatti, l’omelia In il-
lud, Collegerunt Iudaei (PG 59, 525-528), che è un rifacimento non molto
tardivo di Exeuntes, trasforma la frase in ἴδωμεν τὴν κατὰ τοῦ Κυρίου παρὰ
τῶν Ἰουδαίων πραττομένην ἐπίβουλον ἐνέδραν (PG 59, 525, 1 sgg.)21.
In PG 61, 707, linn. 4-5, il testo primitivo è probabilmente δεκαδύο
κόφινοι, mentre la variante δώδεκα κόφινοι sembra un adattamento al rit-
mo bizantino.

I sistemi di punteggiatura e i segni diacritici


Riassumiamo qui hanno le caratteristiche della punteggiatura e dei se-
gni diacritici usati dai quattro testimoni, sempre limitatamente al passo
collazionato.
Per i nomina sacra i quattro codici adottano strategie differenti: so-
pralinea senza accenti né spiriti (O5 e O4) oppure sopralinea con accenti
e spiriti (V4 e O9). Si noti l’incertezza di V4 riguardo all’abbreviazione di
σωτῆρος, poiché scrive σρος (cf. PG 61, 707, linn. 9-11), rispetto agli altri
manoscritti, dove compare σρς.
Le citazioni bibliche (qui trascritte in corsivo) non vengono messe in
risalto dal tardivo O9; gli altri manoscritti ricorrono a segni marginali.
Il punto medio (÷) non viene usato da O9. Le sue occorrenze in O5, V4
e O4 non sempre sono distinguibili con sicurezza dal punto alto (·). In V4
il punto basso sembra assumere la forma di una virgola.
Le iniziali sporgenti (§) sono presenti in O5 e V4. In O4 si osservano
sporadicamente in altri testi. Lo spazio intenzionale (#) compare soprat-
tutto in O4, ma manca soltanto in O9. La sua distribuzione rispetto a § è
irregolare.
Tre codici (V4, O4 e O9) sembrano usare l’apostrofo per separare
οὐχ᾽ὃ(ν) (cf. PG 61, 706, ult. lin.-707, lin. 1), mentre O5 preferisce scrivere
in una sola parola οὐχὸν.
21 Cf. S. J. VOICU, “Giovanni di Gerusalemme” e Pseudo-Crisostomo: Saggio di critica di

stile, in Euntes Docete 24 (1971), pp. 66-111, in part. pp. 98-99. L’omelia Collegerunt non è
databile direttamente, ma appartiene sicuramente di un autore che predilige i rifacimenti (cf.
ibid., pp. 90-100) e che è attestato in armeno agli inizi del VII secolo.

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648 SEVER J. VOICU

In O5, spiriti e accenti vengono scritti tendenzialmente sulla prima let-


tera dei dittonghi; a cavallo tra due lettere in O4.
Limitatamente al brano trascritto di Exeuntes, ogni manoscritto presen-
ta altre caratteristiche degne di nota.
L’Ott. gr. 85 (O5), ff. 178v-182v: è l’unico manoscritto che utilizza il
chiodo Follieri (%); gli spiriti vi hanno una forma arcaica, come metà di un
H; omette l’apostrofo in caso di elisione e tende a scrivere le preposizioni
attaccate alla parola che segue. Omette l’accento su ἀρουρα.
Il Vat. gr. 564 (V4), ff. 35r-38v: è l’unico che per il ny efelcistico segue le
regole classiche, e aggiunge, sia pure in maniera irregolare, uno iota ascrit-
to (qui rappresentato da iota sottoscritto); inoltre presenta l’unico hyphen
(_) del campione. Si contrasti però l’ortografia μῦλος, non altrimenti atte-
stata (cf. PG 61, 706, ult. lin.-707, lin. 1).
L’Ott. gr. 14 (O4), ff. 123-126v: presenta l’unico interrogativo (;) con fun-
zione interrogativa nel campione.
L’Ott. gr. 179 (O9), ff. 125-131 presenta un’ortografia abbastanza trascu-
rata; utilizza il punto e virgola (;) non in funzione interrogativa, bensì in
posizioni dove ci aspetterebbe piuttosto un altro segno di punteggiatura.
In definitiva, in poche righe, i quattro codici lasciano intravedere storie
trasmissionali e abitudini grafiche abbastanza diverse.

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INDICE DEI MANOSCRITTI E DELLE FONTI ARCHIVISTICHE

Amiens, Bibliothèque de la ville Arch. Bibl. 46 563


426 410 Arch. Bibl. 50 565
Arch. Bibl. 79A 564
Angers, Bibliothèque municipale
Arch. Cap. S. Pietro G 49 375
493 410
Arch. Cap. S. Pietro K 1 8, 26
Athenai, ἘθνικὴΒιβλιοθήκητῆςἙλλάδος Arch. Cap. S. Pietro K 2 8
ms. 2359 515 Arch. Cap. S. Pietro K 3 (2) 26
Arch. Cap. S. Pietro K 3 (3) 26
Athos, ἹερὰΜεγίστηΜονὴΒατοπαιδίου
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 13 387
52 505
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 22 54,
Avezzano, Archivio della Diocesi dei Marsi 55 n. 1
50/T 386 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 23 54,
55 n. 2
Bari, Archivio del Capitolo metropolitano
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 23A 54,
Exultet 1 377
55-56 n. 3
Exultet 2 377
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 24 20,
Benevento, Biblioteca Capitolare 56 n. 4, 386
33 373 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 25 20, 54,
34 371 56-57 n. 5, 369, 370-378, 384-385,
386, 388 tav. I, 389 tav. II, 390
Bern, Bürgerbibliothek
tav. III, 391 tav. IV, 392 tavv. Va,
522 410
Vb, VI-VIII, 393 tavv. IX-XII
Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 26 20,
3529 504 57 n. 6
11290 504 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 27 54,
11294-11295 504 57 n. 7, 369, 381-383,
11343 504, 505 384-385, 399 tav. XXIII;
18170-18173 511 400 tav. XXIV, 401 tav. XXV,
18967 504 402 tavv. XXVIa, XXVIb,
XXVII-XXIX
Chieti, Biblioteca Provinciale “A. C. De Meis”
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 28 54,
III.39 21
57 n. 8
III.42 29
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 29 58 n. 9
LXXX.30 29
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 30 58 n. 10
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 31 54,
Vaticana 58 n. 11
Arch. Bibl. 5 537, 539, 563 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 32 54,
Arch. Bibl. 6 565 58 n. 12
Arch. Bibl. 7 539, 543, 554, 561, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 32bis 54,
564, 568, 610 58 n. 13
Arch. Bibl. 11 320, 321, 322, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 33 54,
353-355 tavv. VI-VIII 59 n. 14, 369, 378-381,
Arch. Bibl. 14 539 385-386, 394 tav. XIII,
Arch. Bibl. 15 321, 322, 323, 325, 327, 395 tav. XIV, 396 tav. XV,
328, 329, 331, 338, 339, 397 tav. XVI, 398 tavv. XVIIa,
343, 346 XVIIb, XVIII-XXII

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650 INDICE DEI MANOSCRITTI

Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 34 59 n. 15 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 70 33,


Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 35 59 n. 16 68 n. 51
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 36 59-60 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 71 68 n. 52
n. 17 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 72 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 37 60 n. 18 68 n. 53
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 38 60 n. 19 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 73 68 n. 54
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 39 60 n. 20 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 74 68-69
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 40 60 n. 21 n. 55
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 41 60-61 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 75 69 n. 56
n. 22 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 76 69 n. 57
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 42 61 n. 23 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 77 69 n. 58
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 43 61-62 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 78 33,
n. 24 70 n. 59
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 44 62 n. 25 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 79 70 n. 60
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 45 62 n. 26 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 80 54,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 46 62 n. 27 70 n. 61
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 47 62 n. 28 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 81 70 n. 62
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 48 62-63 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 82 54,
n. 29 70-71 n. 63
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 49 63 n. 30 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 83 71 n. 64
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 50 63 n. 31 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 84 54, 71
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 51 63 n. 32
n. 65, 387
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 52 54,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 85 71 n. 66
63-64 n. 33
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 86 33, 54,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 53 64 n. 34
71-72 n. 67
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 54 54,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 87 72 n. 68
64 n. 35
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 88 33, 72
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 55 64 n. 36
n. 69
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 56 64 n. 37
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 89 72 n. 70
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 57 54,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 90 33,
64-65 n. 38
72-73 n. 71
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 58 54,
65 n. 39 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 91 73 n. 72
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 59 65 n. 40 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 92 33, 54,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 60 65 n. 41 73 n. 73
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 61 54, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 93 73 n. 74
65 n. 42 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 94 54,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 62 65-66 73-74 n. 75
n. 43 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 95 54,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 63 54, 74 n. 76
66 n. 44 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 96 74 n. 77
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 64 54, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 97 74 n. 78
66 n. 45 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 98 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 65 54, 74-75 n. 79
66-67 n. 46 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 99 75 n. 80
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 66 54, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 100 33,
67 n. 47 75 n. 81
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 67 67 n. 48 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 101 75-76
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 68 54, n. 82
67 n. 49 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 102 76 n. 83
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 69 67 n. 50 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 103 76 n. 84

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INDICE DEI MANOSCRITTI 651

Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 104 33, 54, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 134 84
76 n. 85 n. 115
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 105 76-77 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 135 84
n. 86 n. 116
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 106 33, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 136 33, 84
77 n. 87 n. 117
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 107 77 n. 88 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 136A 84
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 108 77-78 n. 118
n. 89 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 137 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 109 78 n. 90 84-85 n. 119
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 110 33, 54, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 138 85
78 n. 91 n. 120
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 111 78 n. 92 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 139 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 112 78 n. 93 85 n. 121
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 113 79 n. 94 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 140 85
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 114 79 n. 95 n. 122
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 115 79 n. 96 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 141 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 116 33, 85-86 n. 123
79 n. 97 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 142 86
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 117 80 n. 98 n. 124
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 118 80 n. 99 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 143 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 119 80
86 n. 125
n. 100
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 144 86
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 120 33,
n. 126
80 n. 101
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 145 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 121 81
86 n. 127
n. 102
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 146 87
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 122 81
n. 128
n. 103
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 147 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 123 81
87 n. 129
n. 104
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 148 87
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 124 81
n. 105 n. 130
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 125 81-82 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 149 33, 54,
n. 106 87 n. 131
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 126 82 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 150 87
n. 107 n. 132
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 127 82 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 151 33, 54,
n. 108 88 n. 133
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 128 33, 54, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 152 88
82 n. 109 n. 134
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 129 82 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 153 88
n. 110 n. 135
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 130 10, 33, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 153bis 33,
54, 83 n. 111 88-91 n. 136
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 131 83 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 154 91
n. 112 n. 137
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 132 33, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 155 21,
83 n. 113 91 n. 138
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 133 39, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 156 91
83 n. 114 n. 139

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652 INDICE DEI MANOSCRITTI

Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 157 91 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 259 100-101
n. 140 n. 164
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 158 27, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 260 101
91-92 n. 141 n. 165
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 159 92 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 260A 40-41,
n. 142 42, 101-102 n. 166
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 160 27, 28, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 261 29,
92 n. 143 42, 102 n. 167
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 161 92 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 262 42-43,
n. 144 102-103 n. 168
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 161A 27, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 263 43,
92-93 n. 145 103-104 n. 169
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 162 27, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 264 104-105
93 n. 146 n. 170
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 162A 54, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 291A 38-39,
93 n. 147 105-106 n. 171
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 163 20, 27, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 292 106
93-94 n. 148 n. 172
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 164 27, 43, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 293 106-107
94 n. 149 n. 173
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 165 27, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 294 10, 45,
94 n. 150 107-108 n. 174
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 166 27, 28, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 295 14-15,
43, 95 n. 151 46, 108-109 n. 175
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 167 28-29, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 296 46,
96 n. 152 109-110 n. 176
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 168 28, 33, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 297 10,
96 n. 153 110-111 n. 177
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 169 96-97 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 298 31-32,
n. 154 111-112 n. 178
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 208 97 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 299 45-46,
n. 155 112-113 n. 179
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 219-224 8 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 300 113
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 224-231 8 n. 180
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 233-237 8 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 301 10-11,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 252 97 113-114 n. 181
n. 156 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 301-320 45
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 253 49-50, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 302 114-115
97-98 n. 157 n. 182
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 254 98 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 303 115-116
n. 158 n. 183
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 255 98 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 304 116-117
n. 159 n. 184
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 256 99 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 305 117
n. 160 n. 185
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 257 99 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 306 46-47,
n. 161 118 n. 186
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 258 50, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 307 15,
99-100 n. 162 118-119 n. 187
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 258A 100 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 308 11, 44,
n. 163 119-120 n. 188

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INDICE DEI MANOSCRITTI 653

Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 309 11, 44, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 337 15, 50,
120-121 n. 189 138-130 n. 214
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 310 46, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 338 15,
121-122 n. 190 139-140 n. 215
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 311 122-123 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 339 51-52,
n. 191 140 n. 216
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 312 123-124 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 344 8
n. 192 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 344A 22-23
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 313 124-125 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 350 43,
n. 193 140-141 n. 217
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 314 33-35, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 375 54,
125 n. 194 141 n. 218
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 315 35-38, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 380 51,
125-126 n. 195 141-142 n. 219
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 316 44, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 380A 51,
126-127 n. 196 142-143 n. 220
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 317 127-128 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 381 143
n. 197 n. 221
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 318 15, 39, Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 383 9
128-129 n. 198 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 384 39,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 319 47-49, 143 n. 222
129-130 n. 199 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 385 28,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 320 21, 144 n. 223
130-131 n. 200 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 386 33, 39,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 323 131 144-145 n. 224
n. 201 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 387 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 324 45, 145-146 n. 225
131-132 n. 202 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 388 33,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 325 45, 146-149 n. 226
132 n. 203 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 389 39,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 326 45, 50, 149-153 n. 227
132-133 n. 204 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 390 51,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 327 45, 52-53, 154-155 n. 228
133 n. 205 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 391 155
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 328 10, 45, n. 229
51, 133-135 n. 206 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 392 155-156
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 329 135-136 n. 230
n. 207 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 393 26-27,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 330 11, 136 156-158 n. 231
n. 208 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 394 9, 10,
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 331 21, 54, 12-14, 27, 28, 29, 41, 43,
136 n. 209 158-159 n. 232
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 331-334 11 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 394-395 11
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 334 136-137 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 395 15, 19,
n. 210 21, 27, 32, 44, 159-161 n. 233
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 334A 137- Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 396 21,
138 n. 211 23-28, 161-162 n. 234
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 335 138 Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 402 8, 26,
n. 212 162-163 n. 235
Arch. Cap. S. Pietro, Abbazie 336 138 Arch. Cap. S. Pietro, Censuali 15 11
n. 213 Arch. Cap. S. Pietro, Inventari 1 18-19

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654 INDICE DEI MANOSCRITTI

Arch. Cap. S. Pietro, Inventari 32 21 Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene,


Arch. Cap. S. Pietro, Mappe dei be- caps. 72, fasc. 53 386
ni rustici 32 15-16, 176-178 tavv. III-V Arch. Cap. S. Pietro, Privilegi e atti
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, notarili 2 23
caps. 19, fasc. 34 15 Arch. Cap. S. Pietro, Privilegi e atti
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, notarili 3 24
caps. 19, fasc. 244 15, 16, 44, Arch. Cap. S. Pietro, Privilegi e atti
179 tav. VI notarili 4 21
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Arch. Cap. S. Pietro, Privilegi e atti
caps. 21, fasc. 127 19 notarili 5 23
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Arch. Cap. S. Pietro, Ufficio degli
caps. 21, fasc. 242 19 eccetti. Documenti 3 26
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Barb. gr. 240 344
caps. 21, fasc. 242 n. 6 19 Barb. gr. 244 323
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Barb. gr. 249 506
caps. 69, fasc. 21 11-12, 19 Barb. gr. 265 322
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Barb. gr. 268 319, 324, 352 tav. V
caps. 69, fasc. 21 n. 1 19 Barb. gr. 291 521
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Barb. gr. 548 343
caps. 69, fasc. 21 n. 9 19 Barb. gr. 556 325
Barb. gr. 578 506
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene,
Barb. lat. 65 205-214 tavv. I-IIIb, Va,
caps. 69, fasc. 232 19
VIa, VIIa, VIIIa, IXa, Xa, Xb
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene,
Barb. lat. 699 377
caps. 69, fasc. 279-281 19
Barb. lat. 3185 191
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene,
Barb. lat. 3203 320
caps. 70, fasc. 34 (1) 15, 174 tav. I
Barb. lat. 4760 318
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene,
Borg. lat. 339 377
caps. 70, fasc. 34 (2) 15-16, 175 tav. II
Carteggi Mercati, ff. 1143r-1144r,
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene,
1145r-v 582
caps. 70, fasc. 234-238 19
Carteggi Mercati, ff. 1147r-1148v 629
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, f. 1167r-v 629
caps. 70, fasc. 235 12 Carteggi Mercati, ff. 1169r-1170v 591
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, ff. 1173r-1175v 629
caps. 70, fasc. 236 12 Carteggi Mercati, f. 1177r-v 630
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, f. 1185r-v 591
caps. 70, fasc. 237 12 Carteggi Mercati, f. 1357r 624
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, ff. 1358r-1359v 598
caps. 70, fasc. 238, n. 13 12 Carteggi Mercati, ff. 1380r-1381r 630
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, f. 1395r-v 605
caps. 71, fasc. 21 n. 1 10 Carteggi Mercati, f. 1406r-v 600
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, ff. 1414r-1415v 602
caps. 71, fasc. 21 n. 2 26 Carteggi Mercati, f. 1424r-v 602
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, ff. 1428r, 1430r 603
caps. 71, fasc. 21 n. 3 26 Carteggi Mercati, ff. 1441r-1442v 604
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, f. 1456r 604
caps. 71, fasc. 21 n. 5 27 Carteggi Mercati, f. 1487r 613
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, f. 1605r-v 607
caps. 71, fasc. 241 19 Carteggi Mercati, ff. 1873r-1874v 624
Arch. Cap. S. Pietro, Pergamene, Carteggi Mercati, ff. 1875r-1876v 625
caps. 71, fasc. 241 n. 4 43-44 Carteggi Mercati, f. 2192r-v 630

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INDICE DEI MANOSCRITTI 655

Carteggi Mercati, f. 2215r-v 630, 631 Ott. gr. 26 323, 324, 338
Carteggi Mercati, f. 2228r-v 625 Ott. gr. 27 325
Carteggi Mercati, f. 2373r-v 625 Ott. gr. 28 344
Carteggi Mercati, f. 2381r-v 625 Ott. gr. 30 326
Carteggi Mercati, f. 2490r 630 Ott. gr. 31 326
Carteggi Mercati, f. 2537r-v 630 Ott. gr. 32 338
Carteggi Mercati, f. 2552r-v 631 Ott. gr. 34 326
Carteggi Mercati, f. 2553r-v 631 Ott. gr. 36 326
Carteggi Mercati, f. 2558r-v 631 Ott. gr. 37 344
Carteggi Mercati, f. 2627r-v 628, 632 Ott. gr. 38 326
Carteggi Mercati, f. 2639r-v 631 Ott. gr. 39 345
Carteggi Mercati, f. 3000r-v 627, 632 Ott. gr. 43 326
Carteggi Mercati, f. 13191r-v 613 Ott. gr. 45 339, 343
Carteggi Toniolo 1788 572 Ott. gr. 48 344
Carteggi Toniolo 2178 577 Ott. gr. 50 343
Carteggi Toniolo 2211 578 Ott. gr. 52 337
Carteggi Toniolo 2225 580 Ott. gr. 54 326
Carteggi Toniolo 2337 589 Ott. gr. 55 337
Carteggi Toniolo 2368 581 Ott. gr. 56 326
Carteggi Toniolo 2420 586 Ott. gr. 59 326
Carteggi Toniolo 2427 593 Ott. gr. 60 344
Carteggi Toniolo 2514 594 Ott. gr. 61 346
Carteggi Toniolo 2524 596 Ott. gr. 62 346
Carteggi Toniolo 2540 600 Ott. gr. 63 326
Carteggi Toniolo 2682 606 Ott. gr. 65 341
Carteggi Toniolo 2807 613 Ott. gr. 66 327
Carteggi Toniolo 2950 608 Ott. gr. 67 327
Carteggi Toniolo 3101 608 Ott. gr. 69 341
Carteggi Toniolo 3485 611 Ott. gr. 70 339
Carteggi Toniolo 6583 613 Ott. gr. 71 327
Lascito G. B. de Rossi 447 Ott. gr. 74 324, 327
Ott. gr. 2 344 Ott. gr. 76 339
Ott. gr. 3 325 Ott. gr. 77 345
Ott. gr. 4 325 Ott. gr. 82 343
Ott. gr. 5 325 Ott. gr. 83 339
Ott. gr. 9 325 Ott. gr. 84 337
Ott. gr. 10 325 Ott. gr. 85 345, 466, 638-649
Ott. gr. 11 325 Ott. gr. 86 327
Ott. gr. 12 324 Ott. gr. 89 343
Ott. gr. 13 469 Ott. gr. 90 341
Ott. gr. 14 344, 466, 470, 638-649 Ott. gr. 93 324
Ott. gr. 15 338 Ott. gr. 94 323, 324
Ott. gr. 16 325 Ott. gr. 95 327
Ott. gr. 17 325 Ott. gr. 96 327
Ott. gr. 18 324 Ott. gr. 97 327
Ott. gr. 19 322, 324 Ott. gr. 99 327
Ott. gr. 20 322, 324 Ott. gr. 100 328
Ott. gr. 21 338 Ott. gr. 103 341
Ott. gr. 22 341 Ott. gr. 104 328
Ott. gr. 24 325 Ott. gr. 106 328
Ott. gr. 25 325 Ott. gr. 107 324

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656 INDICE DEI MANOSCRITTI

Ott. gr. 108 324, 345 Ott. gr. 224 330


Ott. gr. 109 324, 345 Ott. gr. 225 346
Ott. gr. 110 322, 324, 338 Ott. gr. 231 338
Ott. gr. 111 343 Ott. gr. 233 346
Ott. gr. 112 328 Ott. gr. 235 339
Ott. gr. 115 328 Ott. gr. 238 338
Ott. gr. 116 345 Ott. gr. 242 330
Ott. gr. 132 345 Ott. gr. 243 339
Ott. gr. 133 345 Ott. gr. 248 346
Ott. gr. 134 345 Ott. gr. 249 330
Ott. gr. 135 336, 345 Ott. gr. 250 330
Ott. gr. 138 328 Ott. gr. 251 330
Ott. gr. 145 339 Ott. gr. 254 342
Ott. gr. 146 328 Ott. gr. 255 330
Ott. gr. 150 341 Ott. gr. 256 330
Ott. gr. 151 328, 339 Ott. gr. 257 345
Ott. gr. 152 339 Ott. gr. 258 324
Ott. gr. 153 339 Ott. gr. 260 322, 331
Ott. gr. 157 343 Ott. gr. 265 324
Ott. gr. 158 337 Ott. gr. 267 331
Ott. gr. 159 345 Ott. gr. 271 331
Ott. gr. 161 341 Ott. gr. 272 345, 346
Ott. gr. 162 337 Ott. gr. 273 331
Ott. gr. 166 342 Ott. gr. 274 331
Ott. gr. 167 328 Ott. gr. 275 345
Ott. gr. 168 324, 328 Ott. gr. 277 337
Ott. gr. 169 342 Ott. gr. 278 340
Ott. gr. 171 329 Ott. gr. 280 342
Ott. gr. 173 337 Ott. gr. 283 345
Ott. gr. 174 346 Ott. gr. 285 345
Ott. gr. 176 329 Ott. gr. 286 340
Ott. gr. 177 339 Ott. gr. 295 331
Ott. gr. 179 466, 638-649 Ott. gr. 297 332
Ott. gr. 180 329 Ott. gr. 298 332
Ott. gr. 181 342 Ott. gr. 302 340
Ott. gr. 182 337 Ott. gr. 304 340
Ott. gr. 183 342 Ott. gr. 310 338
Ott. gr. 188 339 Ott. gr. 311 343
Ott. gr. 189 324, 329 Ott. gr. 312 345
Ott. gr. 191 339 Ott. gr. 313 342
Ott. gr. 194 345 Ott. gr. 314 332
Ott. gr. 195 329 Ott. gr. 315 346
Ott. gr. 196 329 Ott. gr. 316 342
Ott. gr. 197 342 Ott. gr. 321 337
Ott. gr. 203 342 Ott. gr. 322 340
Ott. gr. 206 505, 520, 533 tav. XII Ott. gr. 323 332
Ott. gr. 213 329 Ott. gr. 324 332
Ott. gr. 217 346 Ott. gr. 326 332
Ott. gr. 219 329 Ott. gr. 329 340
Ott. gr. 221 330 Ott. gr. 330 342
Ott. gr. 223 330 Ott. gr. 331 337

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INDICE DEI MANOSCRITTI 657

Ott. gr. 332 332 Vat. gr. 197 326


Ott. gr. 337 332 Vat. gr. 289 192
Ott. gr. 338 340 Vat. gr. 414 464
Ott. gr. 339 337, 342, 346 Vat. gr. 423 470
Ott. gr. 340 344 Vat. gr. 564 466, 638-649
Ott. gr. 341 333 Vat. gr. 592 516, 528 tav. VII
Ott. gr. 344 333 Vat. gr. 604-866 457
Ott. gr. 348 333 Vat. gr. 676 538
Ott. gr. 352 333 Vat. gr. 677 519
Ott. gr. 354 333 Vat. gr. 770 460
Ott. gr. 360 345 Vat. gr. 772 637, 457-472, 473 tav. I,
Ott. gr. 361 344 638-648
Ott. gr. 364 338 Vat. gr. 1008 505, 518-520, 532 tav. XI
Ott. gr. 365 344 Vat. gr. 1055 323
Ott. gr. 366 333 Vat. gr. 1170 332
Ott. gr. 369 343 Vat. gr. 1207 319, 350-351 tavv. III-IV
Ott. gr. 371 340 Vat. gr. 1209 190
Ott. gr. 372 340, 346 Vat. gr. 1231 472
Ott. gr. 373 333 Vat. gr. 1303 333
Ott. gr. 374 340 Vat. gr. 1333 504, 505, 506, 512,
Ott. gr. 377 346 524 tav. III
Ott. gr. 380 333 Vat. gr. 1402 193
Ott. gr. 381 334 Vat. gr. 1405 193
Ott. gr. 383 334 Vat. gr. 1422 334
Ott. gr. 387 334 Vat. gr. 1423 344
Ott. gr. 388 343 Vat. gr. 1424 343
Ott. gr. 395 347 Vat. gr. 1425 340
Ott. gr. 422 464 Vat. gr. 1426 334
Ott. gr. 453-455 345 Vat. gr. 1427 343
Ott. gr. 564 638-646 Vat. gr. 1428 334
Ott. lat. 296 377 Vat. gr. 1429 340
Ott. lat. 576 374, 378, 383 Vat. gr. 1430 334
Pal. gr. 156 508 Vat. gr. 1431 334
Pal. gr. 251 516, 529 tav. VIII Vat. gr. 1432 335
Pal. gr. 254 505, 516, 527 tav. VI Vat. gr. 1433 335
Pal. gr. 289 505, 515, 526 tav. V Vat. gr. 1434 335
Pal. lat. 1448 419 Vat. gr. 1435 340
Pal. lat. 1659 206 Vat. gr. 1436 335
Reg. lat. 980 405 Vat. gr. 1437 335
Reg. lat. 1997 384 Vat. gr. 1438 335
Reg. lat. 2023 320 Vat. gr. 1439 335
Sala Cons. Mss., 401 rosso 8 Vat. gr. 1440 341
Sala Cons. Mss., 402 rosso 8 Vat. gr. 1441 335
Sala Cons. Mss., 407-410 rosso 7 Vat. gr. 1442 341
Urb. gr. 62 518, 530 tav. IX Vat. gr. 1443 335
Urb. gr. 144 504, 518, 531 tav. X Vat. gr. 1444 341
Urb. lat. 505 492 Vat. gr. 1445 335
Urb. lat. 1699 40 Vat. gr. 1446 336
Vat. et. 73 538, 565 Vat. gr. 1447 336
Vat. gr. 105 538 Vat. gr. 1448 343
Vat. gr. 130 464 Vat. gr. 1449 336

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658 INDICE DEI MANOSCRITTI

Vat. gr. 1450 336 Vat. lat. 3226 366


Vat. gr. 1451 336 Vat. lat. 3227 363, 366
Vat. gr. 1452 336 Vat. lat. 3227-3252 363
Vat. gr. 1453 338 Vat. lat. 3228 363, 366
Vat. gr. 1454 336 Vat. lat. 3229 363, 366
Vat. gr. 1455 336 Vat. lat. 3230 363, 366
Vat. gr. 1456 337 Vat. lat. 3231 363, 366
Vat. gr. 1457 341 Vat. lat. 3232 363, 366
Vat. gr. 1509 514 Vat. lat. 3233 363, 366
Vat. gr. 1585 504, 505, 506, 510, Vat. lat. 3234 363, 366
523 tav. II Vat. lat. 3235 363, 366
Vat. gr. 1616 504, 506, 513, 525 tav. IV Vat. lat. 3236 363, 366
Vat. gr. 1862 336 Vat. lat. 3236-3246 363
Vat. lat. 1948 492 Vat. lat. 3237 363, 366
Vat. gr. 1970 329 Vat. lat. 3237-3246 363
Vat. gr. 2129 507 Vat. lat. 3237-3247 363
Vat. lat. 2142-3915 545 Vat. lat. 3238 363, 363
Vat. gr. 2341 515 Vat. lat. 3239 366
Vat. gr. 2362 506, 507, 508-510, Vat. lat. 3240 363, 366
522 tav. I Vat. lat. 3241 363
Vat. gr. 2488 323 Vat. lat. 3242 363, 366
Vat. lat. 1197 375, 376, 377 Vat. lat. 3243 363, 366
Vat. lat. 1202 376 Vat. lat. 3244 363, 366
Vat. lat. 2056 214 Vat. lat. 3245 363
Vat. lat. 2753 403-421 Vat. lat. 3246 363, 366
Vat. lat. 2960 497 Vat. lat. 3247 366
Vat. lat. 3027 545 Vat. lat. 3247-3252 363, 364
Vat. lat. 3096 545 Vat. lat. 3247-3368 364
Vat. lat. 3101 545 Vat. lat. 3249 366
Vat. lat. 3102 545 Vat. lat. 3250 366
Vat. lat. 3134 475-499 Vat. lat. 3251 364, 365, 366
Vat. lat. 3195 366 Vat. lat. 3252 365, 366
Vat. lat. 3195-3453 357 Vat. lat. 3253 365, 366
Vat. lat. 3196 366 Vat. lat. 3254 365, 366
Vat. lat. 3197 366 Vat. lat. 3255 365, 366
Vat. lat. 3198 366, 545 Vat. lat. 3256 366
Vat. lat. 3199 366 Vat. lat. 3260 366
Vat. lat. 3200 366 Vat. lat. 3262 366
Vat. lat. 3201 366 Vat. lat. 3265 366
Vat. lat. 3202 366, 545 Vat. lat. 3267 364, 366
Vat. lat. 3203 366, 545 Vat. lat. 3268 366
Vat. lat. 3204 366, 545 Vat. lat. 3269 364, 365, 366
Vat. lat. 3207 366 Vat. lat. 3270 366
Vat. lat. 3211 366 Vat. lat. 3272 366
Vat. lat. 3212 366 Vat. lat. 3274 366
Vat. lat. 3213 366 Vat. lat. 3276 366
Vat. lat. 3214 366 Vat. lat. 3277 366
Vat. lat. 3217 366 Vat. lat. 3279 366
Vat. lat. 3219 366 Vat. lat. 3281 366
Vat. lat. 3224 366 Vat. lat. 3282 366
Vat. lat. 3225 366 Vat. lat. 3283 366

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INDICE DEI MANOSCRITTI 659

Vat. lat. 3286 366 Vat. lat. 3369-3376 365


Vat. lat. 3289 366 Vat. lat. 3370 365, 367
Vat. lat. 3291 366 Vat. lat. 3371 365, 367
Vat. lat. 3293 366 Vat. lat. 3372 359, 365, 367
Vat. lat. 3295 366 Vat. lat. 3373 365, 367
Vat. lat. 3296 366 Vat. lat. 3374 365, 367
Vat. lat. 3297 366 Vat. lat. 3375 367
Vat. lat. 3298 366 Vat. lat. 3376 365, 367
Vat. lat. 3299 366 Vat. lat. 3377 367
Vat. lat. 3302 366 Vat. lat. 3378 365, 367
Vat. lat. 3305 366 Vat. lat. 3379 365, 367
Vat. lat. 3307 366 Vat. lat. 3380 367
Vat. lat. 3311 366 Vat. lat. 3381 367
Vat. lat. 3313 366 Vat. lat. 3382 367
Vat. lat. 3317 366 Vat. lat. 3383 367
Vat. lat. 3320 366 Vat. lat. 3384 367
Vat. lat. 3321 366 Vat. lat. 3385 367
Vat. lat. 3324 366 Vat. lat. 3388 367
Vat. lat. 3325 366 Vat. lat. 3389 367
Vat. lat. 3326 366 Vat. lat. 3391 367
Vat. lat. 3329 366 Vat. lat. 3393 367
Vat. lat. 3330-3331 366 Vat. lat. 3394 367
Vat. lat. 3331 366 Vat. lat. 3395 367
Vat. lat. 3334 366 Vat. lat. 3396 367
Vat. lat. 3337 366 Vat. lat. 3397 367
Vat. lat. 3339 366 Vat. lat. 3401 367
Vat. lat. 3342 364, 367 Vat. lat. 3413 367
Vat. lat. 3343 367 Vat. lat. 3414 367
Vat. lat. 3344 367 Vat. lat. 3415 367
Vat. lat. 3346 367 Vat. lat. 3419 367
Vat. lat. 3348 367 Vat. lat. 3421 367
Vat. lat. 3349 364, 367 Vat. lat. 3427 367
Vat. lat. 3350 367 Vat. lat. 3429 367
Vat. lat. 3351 364, 367 Vat. lat. 3431 367
Vat. lat. 3352 367 Vat. lat. 3432 367
Vat. lat. 3353 364, 367 Vat. lat. 3433 367
Vat. lat. 3354 367 Vat. lat. 3433-3435 367
Vat. lat. 3354-3355 364 Vat. lat. 3434 367
Vat. lat. 3355 367 Vat. lat. 3435 367
Vat. lat. 3357 367 Vat. lat. 3436 367
Vat. lat. 3358 367 Vat. lat. 3437 367
Vat. lat. 3359 367 Vat. lat. 3438 367
Vat. lat. 3360 367 Vat. lat. 3439 367
Vat. lat. 3361 367 Vat. lat. 3441 367
Vat. lat. 3362 364, 367 Vat. lat. 3442 367
Vat. lat. 3363 364, 367 Vat. lat. 3447 367
Vat. lat. 3365 364, 367 Vat. lat. 3450 367
Vat. lat. 3366 364, 367 Vat. lat. 3452 367
Vat. lat. 3367 364, 367 Vat. lat. 3452-3453 367
Vat. lat. 3368 364, 367 Vat. lat. 3453 367
Vat. lat. 3369 365, 367 Vat. lat. 3741 383

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660 INDICE DEI MANOSCRITTI

Vat. lat. 3958 321 Firenze, Archivio di Stato


Vat. lat. 3960 189-200, 201-202 tavv. I-II Catasto 17 207
Vat. lat. 3964 192
Vat. lat. 3966 192 – Biblioteca Medicea Laurenziana
Vat. lat. 3970 318, 348 tav. I Acq. e doni 441 481
Vat. lat. 4103 193 Ashb. 1014 481, 491
Vat. lat. 5233 498 plut. 10.25 508
Vat. lat. 5949 375 plut. 32.9 512
Vat. lat. 6163 318, 319, 320, 322, plut. 86.3 199, 200
340, 349 tav. II San Marco 230 207
Vat. lat. 6459-7058 545 San Marco 635 212
Vat. lat. 6845 193, 203-204 tavv. III-IV Strozzi 96
Vat. lat. 6937 318 209, 210-212 tavv. IV, Vb, VIb,
Vat. lat. 7134 191 VIIb, VIIIb, IXb,
Vat. lat. 7135 190, 199 Strozzi 157 478, 481-482
Vat. lat. 7231 377 Strozzi 158 481-482
Vat. lat. 7245-9851 545 Strozzi 159 481-482
Vat. lat. 7810 377
Vat. lat. 10534 428, 437, 439, 444, 455 – Biblioteca Riccardiana
446, 447, 448, 451 tav. I 77 512
Vat. lat. 10534-10538 423, 425
Genova, Biblioteca Franzoniana
Vat. lat. 10535 428, 429
Vat. lat. 10536 427-430, 434-440, Urbani 8 504
447, 452 tav. II Urbani 26 504
Vat. lat. 10537 427-428, 431, 433, Grottaferrata, Biblioteca del Monumento
439-440, 442, 447, 453 tav. III Nazionale
Vat. lat. 10538 428-429, 436-437, 444, Crypt. Α.γ.VIII (= gr. 97) 332
447-449, 454-455 tav. IV-V Crypt. Β.β.III (= gr. 143) 461
Vat. lat. 11276 206 Crypt. Δ.α.IV (= gr. 365) 461
Vat. lat. 14238 434
Crypt. Δ.γ.II (= gr. 118) 332
Vat. lat. 14238-14295 424, 430, 434,
439, 444, 445, 447, 448, 545 Holkham Hall, Earl of Leicester Library
Vat. lat. 14251 435 303 207, 208, 213, 214 tavv. XI, XII
Vat. lat. 14269 444
Vat. lat. 14281 438 Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit
Vat. lat. 14282 444 Voss. lat. Q.33 405
Vat. lat. 14291 575
London, British Library
Vat. lat. 14295 443
Arundel 522 504
Vat. lat. 15321 (1-4) 357-367
Arundel 549 472
Vat. lat. 15349 (4) 545
Harl. 2481 476
Cremona, Biblioteca Statale Sloane 804 322
Fondo Lib. Civica, BB 1.2.5 492
London – Oslo, The Schøyen Collection
Einsiedeln, Stiftsbibliothek 53 384
29 419 71 375, 384
El Escorial, Real Biblioteca del Monasterio Madrid, Archivo Historico Nacional
R.I.6 505 Fondo Estao, b. 2109 (fasc. non nu-
Y.II.3 505 merato) 40
X.I.15 320
X.II.15 505 Mantova, Biblioteca Comunale Teresiana
Ω.1.4 505 75 488

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INDICE DEI MANOSCRITTI 661

Milano, Biblioteca Ambrosiana Paris, Bibliothèque nationale de France


A 21 inf. 319 gr. 437 466
C 80 inf. 517 gr. 510 466
C 120 inf. 504 gr. 654 470
C 141 inf. 493, 494-495 gr. 668 464
D 184 inf. 318, 319 gr. 973 464
G 350 inf. 318 gr. 1027
X 289 inf. 320 323
C 47 sup. 519 gr. 1186 638
M 41 sup. 508 gr. 2033 504
P 273 sup. 318 gr. 2035 504
gr. 2173 504
– Biblioteva Trivulziana gr. 2938 510
691 488 gr. 3061 504
692 488-489 lat. 7942 214
lat. 8640 499
Montecassino, Archivio dell’Abbazia
suppl. gr. 204 504
47 375
83 376 Parma, Biblioteca Palatina
105 376 79 494
108 376
Patmos, Μονὴ τοῦ Ἁγίου Ἰωάννου τοῦ Θεο­
109 376
λόγου
146 376
192 464
München, Bayerische Staatsbibliothek
Perugia, Biblioteca Comunale Augusta
gr. 4 505
51 504, 505
gr. 137 508
713 504
gr. 246 503 714 504
gr. 449 505
Pistoia, Biblioteca Comunale Forteguerria-
Napoli, Biblioteca Nazionale “Vittorio Ema- na
nuele III” A 31 214
II.A.11 514
IV.A.34 410 Poppi, Biblioteca Comunale Rilliana
VI.B.3 374 31 476

Nelahozeves, Roudnická Lobkowiczská kni- Princeton, Princeton University Library


hovna Garrett 2 505
Raudnitz. VI Fe 3 510
Rimini, Fondazione Cassa di Risparmio
Raudnitz. VI Fe 4 504
Carte Campana, cass. 27, 5 ff. 1-4 491
Raudnitz. VI Fg 61 504
Roma, Archivio di Stato
Orléans, Bibliothèque municipale
Università, b. 305 536
295 405
– Biblioteca Angelica
Oxford, Bodleian Library
gr. 5 520
Barocci 76 508
gr. 24 505, 515
Canon. 30 504 gr. 50 514
Canon. 342 376
Rawlinson G 199 (= Misc. gr. 178) 472 – Biblioteca Casanatense
1528 513
Palermo, Biblioteca Centrale della Regione
Siciliana – Biblioteca Corsiniana
XII B 24 483 777 375

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662 INDICE DEI MANOSCRITTI

– Biblioteca Vallicelliana Yale, Beineke Rare Book and Manuscript


B 32 383 Library
C 28 319 Marston 29 489
CXCVII (Allacci) 319
Yerushalayim, ΠατριαρχικὴΒιβλιοθήκη
Sinai, ΜονὴτῆςἉγίαςΑἰκατερίνης ἉγίουΣάββα 1 470
gr. 1194 511 ΤιμίουΣταυροῦ 43 472

Trento, Biblioteca Comunale Wien, Österreichische Nationalbibliothek


3565 490 hist. gr. 119 502, 503, 521
med. gr. 1 502
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana phil. gr. 50 508
Marc. gr. 287 (= coll. 709) 517 phil. gr. 94 510
Marc. gr. 362 (= coll. 817) 462 phil. gr. 101 510
Marc. gr. I.22 (= coll. 1417) 505 suppl. gr. 88 508
Marc. gr. II.59 (= coll. 1149) 515 theol. gr. 5 470
Marc. gr. II.179 (= coll. 1052) 470 theol. gr. 63 472
Marc. gr. VII.50 (= coll. 1100) 505 theol. gr. 76 504
Marc. gr. IX.7 (= coll. 1195) 514 theol. gr. 88 504
theol. gr. 221 502
Verona, Biblioteca Capitolare theol. gr. 223 502
CCXXXI (394) 483 theol. gr. 260 504

INDICE DEGLI ESEMPLARI A STAMPA

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Gismondi.Disegni. 1-242 245-315,


Vaticana tavv. I-XIV
Catal. Germania. II. München 3 546 Merry del Val V.110 620

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TIPOGRAFIA VATICANA

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