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Irina Ermakoa
da Lo specchio di bronzo
I
II
III
1
Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci.
22
Idem.
33
Idem.
Dario Bellezza che Pasolini disse
il meglio poeta di una generazione
e che nei versi del reprobo maestro
andò a stanare la prefigurazione
della sua efferata morte; Labriola,
che tu hai ben studiato e meditato;
Gregory Corso, il tenero sporcaccione
ultimo beat, e Amelia Rosselli,
la libellula che scuoteva le ali
come una lingua dentro la sua bocca4.
Ma “acattolico” è, alla lettera, non universale:
e se la rosa primigenia non esiste
che nel nome, e il suo nome nudo è quello,
e solo quello, che noi possediamo,
e di una rosa che abbiamo toccato e odorato
ora non resta che un’assenza nel sacello
vuoto di un ricordo prima o dopo abbandonato5;
dove sei tu, ch’era prima di noi,
dove sono le nevi dell’anno?6. L’avello
e l’iscrizione col refuso, tu morto
confinato nell’umido giardino7,
un nome impresso su una pietra
che visita qualcuno per pietà,
altri per ardore, altri ancora per diporto:
questo nome negletto è l’eredità,
la rosa che in esso ormai solo risiede,
la rosa un giorno recisa che non profumerà.
IV
VI
VII
1313
L’artista è Emilio Isgrò, e Il Cristo cancellatore è una delle sue cancellature più famose, conservata al Centre
Pompidou di Parigi.
1414
Cfr. la lettera di Gramsci del 1937 al figlio Delio – n. 418, senza data, nella mia edizione delle Lettere, quella del
1965 curata da Sergio Caprioglio e Elsa Fubini per Einaudi.
il poeta è come incastrato
in un tempo indeciso: è taciturna
la sua osservazione non tanto in virtù
del fatto che è lì solo e atteggiato
per il clic; la sua è contemplazione
che in modo ineccepibile s’attaglia
al pieno senso del vocabolo;
sulla piccola arca taglia una porzione
immaginaria del cielo di bave1515
e come un augure vi rintraccia auspici.
Tra cielo e terra s’apre il templum
della struggente sua contraddizione,
“dell’essere con te e contro te;
con te nel cuore, in luce, contro
te nelle buie viscere”1616, dell’amare
il popolo per la sua allegria più che
per la sua lotta, dell’aver rimpianto
la scomparsa delle lucciole sapendo
che con esse si sarebbe diradata
dalle campagne anche un po’ di fame
e che lo spegnersi della bioluminescenza
non era probabilmente il più cattivo
tra gli effetti collaterali del progresso
(che egli chiama sviluppo, non progresso).
E poi l’altra incoerenza, il possesso,
“il più esaltante dei possessi borghesi”,
il possesso della storia che a sua volta
lo possiede e lo illumina: “Ma a che
serve la luce?”1717. Accanto a un magro cipresso,
a qualche erbetta stenta1818, la risposta
è ben nel vento che promette bufera
quando il poeta si abbandona nella sera,
s’incammina nel suo corpo snello
e lascia che s’attardi un po’ presso l’avello
la sua coscienza stordita, grata, fiera.
VIII
1515
Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci.
1616
Idem.
1717
Idem.
1818
Idem.
come piaceva a me alla tua età”,
scrivevi augurandotelo a Delio,
“perché riguarda tutti gli uomini viventi,
tutti gli uomini del mondo
in quanto si uniscono tra loro
e lottano e migliorano se stessi:
non può non piacerti più
di ogni altra cosa. Ma è così?”19.
Mi domando, Nino, se anche tu
sentivi lo spossante ristoro
di possedere la storia posseduto
da essa, e illuminato: ossimoro
apparente, poiché può padroneggiare
la storia soltanto chi gli eventi
attraversa abbagliato dal baleno
che, nel presente, impreveduto
sfolgora dal passato; è un batter d’occhi,
e vederne il fantasma è già possessione,
e non chiuderli, gli occhi, è già liberazione;
è l’attimo del risveglio che consegna
ogni miraggio, ogni utopia, alla ragione.
Non poteva non piacerti, Nino, in quei dì,
stanco, ammalato (ma non sfibrato),
la storia ancora e nonostante tutto,
quando infine chiedevi al figlioletto
- con un filo di voce, sembra di sentirti – Ma è così?
IX
19
Vedi nota 14.
X
XII
XIII
27
Michele Pistillo, Gramsci in carcere. Le difficili verità d’un lento assassinio, Roma-Bari-Manduria, Piero Lacaita
Editore, 2001.
28
Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci.
29
Idem.
30
Ovvero “cento case e più”; Antonio Gramsci, lettera dal carcere alla madre, 26 febbraio 1927.
tra le vecchie muraglie”31;
la vestale dei tuoi ricordini
confessa che presso la tomba
trova una pace che non trova altrove.
La pace, checché si pretenda
dall’esile parola, pare incomba
come un angelo astuto32 sul silenzio
che al camposanto ti è dovuto.
Ma se la tua cenere instaura tale tregua
è bene ricordare che anche i morti
non sono al sicuro dal nemico,
se egli vince, e che non basta morire
e che i defunti hanno un tempo ulteriore
in cui, benché inconsapevoli, soffrire33.
E quale sarebbe, Nino, il tuo nemico?
Quello che ha vinto ha più o meno un nome
e gesta enumerate, benché il computo
non torni ancora esatto; ve n’è un altro
che continua a vincere, e a umiliarti
e il suo nome è in verità un’anagrafe,
un ventaglio che s’agita tra l’adulazione
e la calunnia, ravvedimento scaltro
e schiaffi in faccia al senso del pudore:
così tu sei stato o un sommo italiano
o più o meno uno scribacchino stalinista34.
Tuo nemico è anche chi non può dir altro
che “Gramsci, bè, è uno che è esistito
e ha avuto qualcosa pur da dire”,
o chi, se un dito indica la luna
fosse pure solo il quarto di Paul Sartre35,
“È da Gramsci che dobbiamo ripartire”
sbraita, il che è come confessare
di non essere, da Gramsci, mai partito.
XIV
31
Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci.
32
Angelo astuto è il titolo di un’installazione di Ettore Spalletti datata 2003.
33
Ho qui messo insieme il Walter Benjamin della sesta delle Tesi di filosofia della storia e il Vincenzo Cardarelli della
lirica Non basta morire.
34
I due riferimenti sono quelli ai quali si ricorre di norma per contrassegnare la polarizzazione dei giudizi su Gramsci, il
primo dovuto a Palmiro Togliatti, il secondo a A. L. Buick.
35
Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla.
“Qui Antonio Gramsci” e via dicendo –
hanno risposto “C’è un busillis,
si rischierebbe di creare un precedente
e non potremmo appendere un’insegna
per ogni persona illustre transitata
tra queste mura in veste di paziente”.
Allora, irritati dai cavilli,
si sono mossi il sindaco e un ministro,
si sono raccolte firme, qualcheduno
ha lanciato la sua alternativa:
incastonare al marciapiedi esterno
al nosocomio una pietra d’inciampo.
Occhi su un muro o sul selciato,
casomai una lacrima furtiva,
grappoli di alibi pronti a essere colti
nel pigro inverno della storia;
l’uva gradita dai guardiani di memoria36.
XV
XVI
38
L’edizione è Milano, Garzanti, 2023.
39
Antonio Gramsci, “Il popolo delle scimmie”, in L’ordine nuovo, 12 giugno 1921.
nell’aria impura che non è di maggio40
sulle ossa di Pier Paolo Pasolini,
sulle ceneri di Antonio Gramsci
40
Cfr. l’incipit di Le ceneri di Gramsci.