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GIOVE

Giove è il più grande dei pianeti del sistema solare; la sua elevatissima
pressione genera un calore che provoca nell’atmosfera tempeste lunghe e
molto violente, con emissione di una gran quantità di fulmini (ecco già un
primo riferimento a Giove –Zeus, re degli dèi e padrone delle saette);ha tanti
satelliti, tra i quali Callisto, Io, Europa, Ganimede, scoperti da Galileo Galilei. I
latini chiamavano il pianeta Juppiter e dal genitivo Iovis del nome proviene
Giove. Zeus significa “padre” e rispecchia nel nome il cielo luminoso; il
Sagittario è il domicilio diurno di questo pianeta che ne é il governatore, il
segno dei Pesci quello notturno; esso ha un periodo di rivoluzione lento
(11 anni e 86 giorni).

IL MITO DI GIOVE

Fin dalla più remota antichità fu data al re degli dèi una disposizione di
luminosità e di benevolenza, per cui ebbe una fama di bontà tale che Giulio
Firmico scrisse che Giove è così favorevole ai mortali che se fosse l’unico
pianeta celeste e stesse nel cielo da solo, gli uomini avrebbero il dono
dell’immortalità. Platone ne fece l’anima del mondo e gli diede la consistenza
del principio ordinatore del cosmo; perfino Plotino annotava che aveva anima e
intelligenza regali; e il poeta romano Virgilio scriveva “del sommo Giove
l’Universo è pieno”. Zeus nella tradizione statuaria e nelle raffigurazioni delle
antiche pitture vascolari è rappresentato con le sembianze di un uomo maturo
con la barba e le saette fra le mani, ai suoi piedi c’è l’aquila: l’unico uccello
capace di fissare il sole senza riportare danni alla vista; i simboli di Zeus sono
le stelle e il tridente, a significare che egli regnava su cielo, mare e terra:
quando agitava la sua famosa egida scoppiavano le tempeste. Figlio di Cronos
e di Gea, era scampato alla sua crudele sorte (Cronos infatti divorava i suoi
figli, essendogli stato predetto che uno di questi lo avrebbe spodestato)
soltanto perché sua madre Rea lo aveva partorito nascostamente nell’isola di
Creta, dove era stato poi allevato da due ninfe; Rea poi, avvolta nei pannolini
una pietra, la porse al marito Cronos che non si accorse dell’inganno e la ingoiò
come inghiottiva tutti i suoi figli. Sul monte Ida il piccolo Zeus fu cresciuto
dalle ninfe Melissa e Adamantea che lo nutrivano con il latte della capra
Amaltea, mentre i Coreti coprivano il pianto del bambino con le loro danze
rumorose, durante le quali percuotevano i pesanti scudi bronzei perché Cronos
non ne udisse i vagiti. Divenuto adulto Zeus costrinse suo padre a restituire
tutti i figli che aveva ingoiato facendogli bere con un inganno una bevanda
speciale preparata da Metis, la sua prima moglie; dopo aver costretto Cronos
con questa astuzia a rigettare i figli, lo detronizzò, sconfiggendo anche tutti i
Titani che lo sostenevano e divise il suo potere con i fratelli: ad Ade assegnò gli
Inferi e a Poseidone il mare, tenendo per sé il dominio del cielo. Pose come
sede di tutti gli dèi l’Olimpo e fu chiamato re degli dèi e degli uomini. Zeus era
sommo regolatore della giustizia, interprete di ogni destino e capo di tutti gli
oracoli; puniva la malvagità umana e anche le ribellioni degli dèi; regnava
sedendo nell’alto Olimpo su un trono fatto d’oro e di avorio; la sua sposa
legittima fu Era che era anche sua sorella e regnò con lui ma, prima di unirsi a
lei, Zeus ebbe per mogli molte altre dee e successivamente si unì anche a ninfe
e a semplici donne mortali; ebbe perciò moltissimi figli. Dalla prima moglie
Metis ebbe Pallade Atena, che uscì dal suo cranio già vestita da guerriera dopo
avergli procurato un bel mal di testa; da Leto ebbe Apollo e sua sorella
Artemide; da Maia ebbe Ermete; da Elettra Giasone; da Mnemosine le nove
Muse; da Temi ebbe le Ore e le Moire; da Alcmenea Eracle; da Eurinome le
Grazie; da Semele Dionisio; da Danae Perseo; da Demetra Persefone; da
europa Minasse, Radamente e Sarpedonte; da Lena, infine, ebbe Polluce, uno
dei Dioscuri, ed Elena. Era gli partorì Ares, Efesto, Ebe ed Eris; era una sposa
fedelissima ma molto gelosa e particolarmente crudele nelle sue vendette;
infatti a Zeus erano attribuiti innumerevoli tradimenti durante i quali il dio
assumeva le forme più diverse per congiungersi con le ninfe o con le mortali:
con Europa assunse la forma del Toro, con Leda quella del cigno, con
Persefone quella del serpente, mentre per Danae si tramutò addirittura in una
pioggia d’oro. Altre metamorfosi ancora compì, come ci narra la mitologia
greca, per possedere le sue donne. Il culto più antico di Zeus era a Dodona,
dove sorgeva anche un suo famosissimo oracolo. Le feste in suo onore si
svolgevano ad Olimpia, dove sorgeva il tempio più bello dedicato al dio, con
una statua meravigliosa di avorio e oro, opera del celeberrimo scultore Fidia. A
lui erano sacri anche l’ulivo e la quercia; fu venerato con tanti epiteti, tra cui
Zeus, Xenios, Zeus, Soter, Zeus Efestios, Zeus Gamelius ecc. quindi Zeus nel
mito è l’ordinatore del mondo, arbitro e contemporaneamente giudice degli
uomini e degli dèi; però era anche colui che possedeva il fulmine: con esso
quindi poteva folgorare chi voleva e, come sterminatore, puniva l’empietà,
l’ingiustizia e la ribellione degli altri dèi.

Il pianeta della fortuna maior dell’antica tradizione astrologica indica nel tema
astrale il punto di maggiore fortuna dell’individuo; la dove è situato esistono
per il soggetto le possibilità di maggiore successo, soprattutto perché si riesce
graditi agli altri. Giove simboleggia una persona matura, autorevole (giudice,
avvocato, uomo politico, oppure un parente importante); il suo elemento è il
fuoco; protegge, come già si è detto, i nativi del Sagittario e dei Pesci, il suo
metallo è lo stagno, il suo colore il rosso porpora; secondo una antica
tradizione astrologica, dal punto di vista fisico è collegato alle cosce, alle
ginocchia, al fegato, al flusso sanguigno. Quando è positivo il pianeta dona
cordialità, fortuna nei contatti sociali, favorisce con la buona sorte e più di ogni
altra cosa conferisce una simpatia davvero eccezionale al nativo se è ben
collocato nel suo tema astrale; se invece il pianeta è negativo può segnalare la
presunzione, la mania di credersi superiore al prossimo, una spiacevole
tendenza allo sperpero e una fortuna molto alterna, ma soprattutto per colpa
del soggetto, che non fa niente per rendersi gradito agli altri e riesce
facilmente antipatico.

Assai complicato è il segno grafico di Giove; in esso c’è una croce sormontata a
sinistra da un’iperbole; l’iperbole di Giove ha lo stesso significato della freccia
del Centauro che si indirizza verso l’alto; questa curva iperbolica ritrova anche
in Saturno, ma in Giove è sul braccio sinistro della croce (mentre in Saturno è
collocata a destra) e stabilisce un’immagine di tensione verso l’infinito, il
trascendente. Inoltre il segno grafico di Giove possiamo riconoscere il numero
4 e quattro sono gli elementi fondamentali naturali dello Zodiaco, cioè il Fuoco,
la Terra, l’Aria e l’Acqua; sembra quindi che questo pianeta meta d’accordo
tutti e quattro gli elementi fondamentali della natura umana favorendo uno
slancio di simpatia, d’umanità e di calore vitale verso tutti e dodici i segni
astrologici che sono sede dei quattro elementi principali; è come se il pianeta
indicasse che solo nell’accordo tra tutti i segni e nella generale armonia che si
instaura tra di essi e di conseguenza tra tutti gli uomini, a qualsiasi
costellazione appartengono, si può avere una coesione trascendente, capace di
trasportare gli individui verso Dio. Nel paradiso di Dante, Giove è inserito nel
Canto XVIII (vv,52-69). Tuttavia nella seconda parte del canto è dedicata a
rappresentare il Sesto Cielo – quello di Giove – dove il poeta incontra gli spiriti
che in terra operano secondo giustizia. Questa rappresentazione è scissa in
due momenti solenni: uno descrittivo e l’altro di meditazione. Anche in questo
cielo la luce dei beati si dispone secondo un disegno preciso: dice il poeta, che
come gli uccelli si levano in volo da un rivolo d’acqua dopo essersi dissetati e si
raccolgono volando in schiere che prendono diverse forme, di circoli, triangoli
ecc., qui le anime sante, fasciate di luce, volano di qua e di là e al ritmo del
loro stesso canto si ordinano in modo da formare precise lettere dell’alfabeto.
Quando ne hanno disegnate una, per un poco si arrestano e tacciono perché
chi guarda sappia imprimersi nella mente il disegno; poi però riprendono la
danza e il canto e compongono un altro disegno e un’altra lettera. Le lettere si
sovrappongono e costituiscono nella mente del contemplante una serie di
parole e precisamente una frase del primo versetto del Libro della Sapienza
nella Bibbia: “Diligite iusdicatus terram (Amate la giustizia voi che governate il
mondo). Dante vede poi il vertice dell’asta della M gonfiarsi e piano- piano
trasformarsi nella testa e nel collo di un’Aquila; successivamente le curve di
lato diventano ali e l’asse dell’asta si muta nel corpo e nelle zampe dell’uccello,
finché tutto si fissa nel disegno di un’aquila araldica. Quindi, sia il momento
iniziale della metamorfosi della M (lettera di Monarchia), sia al momento finale,
quando l’aquila è completata come segno imperiale, c’è un significato molto
evidente: l ’effige luminosa di Giove rappresenta la Giustizia che in terra ha la
sua attuazione nell’Impero: quest’aquila è collegata all’ordinamento terreno e
quindi tutto l’ideale, etico e politico, del sommo sacerdote.

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