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VOLUME 1 I classici • Dante Alighieri

Le origini e il Duecento Commedia, Inferno, Canto II

Dante Alighieri
L’inizio del viaggio
Opera: Commedia, Inferno, canto II Metro: terzine incatenate dette dantesche

Punti chiave: L’invocazione alle Muse


L’esitazione di Dante
I precedenti di Enea e san Paolo
L’intervento delle tre donne

i è ormai fatta sera e tutti gli esseri viventi si ap-


S prestano a riposare; solo Dante è costretto ad af-
frontare un’impresa piena di difficoltà. Per questo mo-
SEL
VA COLLE
GERUSALEMME

DELL' INFERNO
PORTA
ANTINFERNO : ignavi
tivo il poeta chiede aiuto e sostegno alle Muse, le ACHERONTE
LIMBO
CHIO: morti se
divinità protettrici delle arti, e al proprio ingegno. I CER
II CER
CHIO:
IO:
lussurios
g
nza ba
i
ttesim
o
ER CH olosi
Dante espone a Virgilio i propri timori circa il viag- III C
IV CER
CH IO:
CHIO: iracondi e accidiosi
a vari e p
rodigh
i
V CER
gio nell’aldilà, in particolare il poeta non riesce a com- HIO:
CITTÀ DI DITE
ere tici
PALU
DE S
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VI CERC INCONTINENTI

prendere chi o che cosa autorizzi lui, che è ancora vi- CONTR
O I L P R
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OSSIMO: tiranni, omici
di, pred
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vo, a compiere un simile pellegrinaggio. Virgilio iron
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rimprovera Dante per la viltà che dimostra, poi gli rac- VII CERCHIO
2° g ne I V
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iro
RIPA SCOSC ESA

1a bolgia: ruffiani e seduttori


i, us
ura
i VIOLENTI

conta che è stata Beatrice, discesa dal Paradiso al Lim- 2a bolgia: lusingatori
3a bolgia: simoniaci

bo, a chiedergli di accompagnare Dante in questo 4a bolgia: indovini


5a bolgia: barattieri

viaggio. Virgilio infatti racconta che la Vergine, im- 6a bolgia: ipocriti


7a bolgia: ladri
VIII CERCHIO ieri fraudolent
gia: consigl
pietositasi per lo stato di smarrimento spirituale e di MALEBOLGE 8a bol
9a bolgia:
seminatori di discordia
i contro
chi non
si fida
10a bolgia: falsari
angoscia in cui si trovava Dante, aveva chiesto a san- P OZZ O DEI G IG ANT I
FRAUDOLENTI

ta Lucia di recarsi presso Beatrice affinché provvedes- C AI


N A:
traditori
dei parenti
A: traditori della patr
na E NO R ia
a zo ANT MEA: traditori degli os
se a soccorrere colui che in vita la amò tanto. Beatri- 1
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ce, sentite le parole di santa Lucia, decide quindi di IX CERCHIO 3
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a zo
na o ri chi
si fida

chiedere l’aiuto di Virgilio. Finito il racconto, Virgi-


lio incita Dante ad avere coraggio, visto che tre don-
LUCIFERO
ne benedette lo proteggono. Dante si sente rinfranca-
to e, dopo avere espresso riconoscenza nei confronti di
Beatrice, invita la sua guida a intraprendere il cam- natural
burella

mino: ora lo seguirà senza più tentennamenti.

LUOGO: selva oscura

Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno [1-3] Il giorno stava finendo e l’oscurità


toglieva li animai che sono in terra (aere bruno) sollevava gli esseri anima-
3 da le fatiche loro; e io sol uno ti che vivono sulla terra dalle loro occu-
pazioni (fatiche); solo io, unico tra tutti,

m’apparecchiava a sostener la guerra [4-6] mi apprestavo (apparecchiava) ad


sì del cammino e sì de la pietate, affrontare (sostener) la dura prova
(guerra) sia del viaggio, sia dell’angoscia
6 che ritrarrà la mente che non erra. (pietate), che la memoria (mente), che
non sbaglia, riferirà.

Schema metrico: terzine incatenate det- 3. e io sol uno: in chiara antitesi, Dante si della giornata.
te dantesche con schema di rime ABA, contrappone al resto degli esseri viventi 4. guerra: il termine sottolinea il travaglio
BCB, CDC, DED ecc. che si preparano al riposo dalle fatiche del viaggio al quale Dante si accinge.

G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta


letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori 1 Tutti i diritti riservati © Pearson Italia S.p.A.
VOLUME 1 I classici • Dante Alighieri
Le origini e il Duecento Commedia, Inferno, Canto II

O muse, o alto ingegno, or m’aiutate; [7-9] O Muse, o ingegno che ti sollevi


o mente che scrivesti ciò ch’io vidi, verso l’alto, aiutatemi; o memoria, che
9 qui si parrà la tua nobilitate. trascrivesti ciò che io vidi, ora (qui) si
mostrerà (si parrà) la tua perfezione
(nobilitate).
Io cominciai: «Poeta che mi guidi, [10-12] Cominciai: «Poeta che mi fai da
guarda la mia virtù s’ell’ è possente, guida, valuta (guarda) se il mio valore
(virtù) è adeguato, prima di ammetter-
12 prima ch’a l’alto passo tu mi fidi. mi (mi fidi) al difficile passaggio (alto
passo).
Tu dici che di Silvïo il parente, [13-15] Tu dici che il padre (parente) di
Silvio [Enea], mentre era ancora vivo
corruttibile ancora, ad immortale (corruttibile), andò nell’oltretomba (im-
15 secolo andò, e fu sensibilmente. mortale secolo), e lo fece fisicamente
(sensibilmente).
Però, se l’avversario d’ogne male [16-18] Perciò (Però) se Dio, nemico di
ogni male, fu generoso (cortese) con
cortese i fu, pensando l’alto effetto lui (i), pensando alle straordinarie con-
18 ch’uscir dovea di lui, e ’l chi e ’l quale seguenze (alto effetto) che da lui dove-
vano scaturire, la sua persona (’l chi) e
le sue qualità (’l quale)
non pare indegno ad omo d’intelletto; [19-21] non appaiono inadeguate a chi
ch’e’ fu de l’alma Roma e di suo impero abbia senno; perché Enea fu prescelto
21 ne l’empireo ciel per padre eletto: nell’alto dei cieli (empireo) come proge-
nitore della nobile (alma) Roma e del
suo impero:
la quale e ’l quale, a voler dir lo vero, [22-24] la quale Roma e il quale impe-
fu stabilita per lo loco santo ro, a voler dire la verità, furono destina-
ti per accogliere il luogo santo nel qua-
24 u’ siede il successor del maggior Piero. le risiede il successore del sommo
(maggior) Pietro [il papa].
Per quest’ andata onde li dai tu vanto, [25-27] Grazie a questo viaggio (andata),
intese cose che furon cagione per il quale tu, Virgilio, gli attribuisci
onore (vanto), [Enea] udì (intese) cose che
27 di sua vittoria e del papale ammanto. furono la causa (cagione) della sua vitto-
ria e dell’autorità (ammanto) del papato.
Andovvi poi lo Vas d’elezïone, [28-30] Nell’oltretomba (-vi) andò poi
per recarne conforto a quella fede san Paolo (lo Vas d’elezïone), per ri-
portare dal suo viaggio (-ne) sostegno a
30 ch’è principio a la via di salvazione. quella fede cristiana che è il fondamen-
to (principio) alla via per la salvezza.
Ma io, perché venirvi? o chi ’l concede? [31-33] Ma io, perché dovrei venire nel-
Io non Enëa, io non Paulo sono; l’aldilà? Chi lo permette? Io non sono
Enea, non sono Paolo; né io né nessun
33 me degno a ciò né io né altri ’l crede. altro crede che io possa essere degno di
questo.

7. muse: l’invocazione alle Muse, protet- smo) di Silvio, avuto dalla moglie Lavinia. se perché è “il più famoso” dei personag-
trici delle arti, era consueta nei poeti an- 15. sensibilmente: con tutti i suoi sensi gi che hanno quel nome.
tichi. Il primo canto dell’Inferno rappresen- (con il corpo), dunque non in sogno. 27. vittoria: sulle popolazioni del Lazio;
ta il prologo all’intera Commedia, e quindi 17. alto effetto: è la fondazione di Roma ammanto: letteralmente “manto”, come
il secondo canto si profila come il vero e del suo impero. simbolo del potere della Chiesa.
inizio dell’Inferno: per questo motivo nei 20. alma: latinismo che significa, letteral- 28. Vas d’elezïone: letteralmente “reci-
primi versi troviamo l’invocazione alle Mu- mente, “che dà vita”; in Dante spesso si- piente della scelta divina” (vas in latino si-
se, secondo quanto richiesto dalla tradi- gnifica “santa”. gnifica “vaso”). San Paolo è chiamato co-
zione poetica. (Vedi, più avanti la Scheda 21. empireo ciel: secondo le concezioni sì (vas electionis) negli Atti degli Apostoli
“L’invocazione alle Muse”). astronomiche medievali è il cielo più alto, 9, 15, e significa che egli è l’eletto di Dio,
8. scrivesti: valore metaforico del verbo, quello che racchiude tutti gli altri, sede di lo strumento che Dio ha scelto per inter-
che ricorda il libro della memoria che Dio. pretare la Sua volontà. Nella seconda let-
apre la Vita nova. 24. u’… Piero: Pietro è stato il primo pa- tera ai Corinzi (12, 2-4) san Paolo narra di
13. Tu dici: nel libro VI dell’Eneide, Virgi- pa, e Roma è la sede di ogni suo succes- essere stato rapito in paradiso (se con il
lio racconta il viaggio di Enea agli inferi; di sore; u’: deriva dal latino ubi (“dove”); qui corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio)
Silvïo il parente: perifrasi per indicare Pietro è detto maggior forse perché è “il e di avere sentito parole indicibili, che
Enea, che è il padre (parente è un latini- più importante” dei dodici apostoli, o for- non è lecito ad alcuno pronunciare.

G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta


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VOLUME 1 I classici • Dante Alighieri
Le origini e il Duecento Commedia, Inferno, Canto II

Per che, se del venire io m’abbandono, [34-36] Per questo (Per che), se io mi
temo che la venuta non sia folle. avventuro (m’abbandono) nel viaggio
36 Se’ savio; intendi me’ ch’i’ non ragiono». (del venire), temo che la mia venuta sia
un atto temerario (folle). Tu sei saggio
(savio); tu capisci (intendi) meglio (me’)
E qual è quei che disvuol ciò che volle di quanto io dica (ragiono)».
[37-39] E come colui che non vuole più
e per novi pensier cangia proposta, (disvuol) ciò che ha voluto e cambia pro-
39 sì che dal cominciar tutto si tolle, posito (proposta) a causa di pensieri di-
versi (novi), tanto che rinuncia (si tolle)
del tutto a ciò che stava per cominciare,
tal mi fec’ ïo ’n quella oscura costa, [40-42] così divenni io (mi fec’ïo) in quel
perché, pensando, consumai la ’mpresa luogo (costa) buio, perché, mettendomi a
42 che fu nel cominciar cotanto tosta. riflettere (pensando), esaurii dentro di
me (consumai) l’impresa che al suo inizio
(nel cominciar) fu così impulsiva (tosta).
«S’i’ ho ben la parola tua intesa», [43-45] «Se ho capito bene ciò che hai
rispuose del magnanimo quell’ombra, detto», rispose l’ombra di quell’uomo
nobile (magnanimo), «il tuo animo è in-
45 «l’anima tua è da viltade offesa; debolito (offesa) dalla viltà;

[46-48] essa ostacola (ingombra) mol-


la qual molte fïate l’omo ingombra te volte (fïate) l’uomo, tanto che lo disto-
sì che d’onrata impresa lo rivolve, glie (rivolve) da un’impresa degna di lo-
48 come falso veder bestia quand’ ombra. de ( onrata ), come una percezione
ingannevole (falso veder) ferma un’ani-
male quando si spaventa.
Da questa tema acciò che tu ti solve, [49-51] Affinché (acciò) tu ti liberi (sol-
ve) da questa paura (tema), ti racconte-
dirotti perch’ io venni e quel ch’io ’ntesi rò perché io venni da te e quello che sen-
51 nel primo punto che di te mi dolve. tii (’ntesi) nel primo momento (punto) in
cui provai dolore (mi dolve) per te.
[52-54] Io mi trovavo tra coloro che so-
Io era tra color che son sospesi, no sospesi [cioè fra le anime del Limbo],
e donna mi chiamò beata e bella, e una donna beata e bella mi chiamò,
54 tal che di comandare io la richiesi. tanto che io la pregai (la richiesi) di dar-
mi gli ordini che voleva (di comandare).
[55-57] I suoi occhi rilucevano più di una
Lucevan li occhi suoi più che la stella; stella; e cominciò dolcemente (soave) e
e cominciommi a dir soave e piana, pacatamente (piana), con voce angelica,
57 con angelica voce, in sua favella: a dirmi parlando (in sua favella):

[58-60] “O nobile anima mantovana, la


“O anima cortese mantoana, cui fama ancora permane (dura) nel
di cui la fama ancor nel mondo dura, mondo, e permarrà nel corso dei secoli
60 e durerà quanto ’l mondo lontana, (lontana) per tutta la durata del mondo,
[61-63] colui che è mio amico [amico
vero], e non di quelli che mutano pensie-
l’amico mio, e non de la ventura, ro (non de la ventura), è così ostacolato
ne la diserta piaggia è impedito (impedito) nel cammino sul pendio
63 sì nel cammin, che vòlt’ è per paura; (piaggia) deserto, che per paura è torna-
to indietro (volt’è);

35. temo che… non: costruzione latina, un’ombra improvvisa. Si noti la rima equi- 58-60. O anima… lontana: Beatrice inizia
corrisponde a “temo che”; folle: questo voca tra l’ombra di questo verso (verbo) e il suo discorso a Virgilio con la figura re-
aggettivo ha un significato molto forte, quella del v. 44 (sostantivo). torica della captatio benevolentiae (vedi
indica il superamento del limite, dunque 52. Io… sospesi: le anime del Limbo, luo- anche i vv. 113-114).
una violazione, un atto d’inaudito orgoglio. go nel quale si trova Virgilio, desiderano la 58. cortese: è un aggettivo dai molteplici
36. me’: forma apocopata per meglio. vista di Dio, che però è a loro preclusa; so- significati, nella lingua del Medioevo, ed è
40. ’n quella oscura costa: è sempre la no dunque sospese tra il desiderio e la sua difficile renderlo nella lingua moderna;
piaggia diserta di Inferno I, 29. insoddisfazione. non significa solo gentile nel modo di fare,
41. pensando… ’mpresa: Dante ha inizia- 53. beata e bella: Beatrice è bella in sé, ma educato nel comportamento esteriore, ma
to, senza pensarci, un’impresa che poi, a è anche beata, e questa sua condizione raf- anche, e soprattutto, di animo nobile e di
un’attenta riflessione, si rivela più difficile forza la sua bellezza, che non è (semplice- costumi eletti e raffinati, pieno di buone
di quanto sembrasse: i pericoli e gli ostaco- mente) esteriore, ma interiore (un’anima qualità; mantoana: mantovana; ricordiamo
li del viaggio che gli si presenta sono tali e beata non può che essere bella). che Virgilio era nato presso Mantova.
tanti che il poeta rimane sconcertato. 54. tal… richiesi: la forza della bellezza bea- 61. non de la ventura: altri intendono
48. come… ombra: probabilmente Dante ta di Beatrice non può che disporre Virgilio a “non della sorte”, quindi “sventurato”; ma
pensa al cavallo, che può spaventarsi per soddisfare ogni desiderio della donna. è interpretazione banalizzante.

G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta


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Le origini e il Duecento Commedia, Inferno, Canto II

e temo che non sia già sì smarrito, [64-66] e ho paura che si sia già tanto
ch’io mi sia tardi al soccorso levata, perso d’animo (sì smarrito), che io mi sia
66 per quel ch’i’ ho di lui nel cielo udito. mossa per andargli in aiuto (al soccor-
so levata) troppo tardi, per quello che ho
sentito dire (udito) su di lui in paradiso.
Or movi, e con la tua parola ornata [67-69] Ora va’ (movi), e con la tua paro-
e con ciò c’ha mestieri al suo campare, la eloquente (ornata), e con quello che ha
bisogno (c’ha mestieri) per salvarsi (al
69 l’aiuta sì ch’i’ ne sia consolata. suo campare), soccorrilo in modo tale
che io ne sia confortata (consolata).
I’ son Beatrice che ti faccio andare; [70-72] Io che ti spingo ad andare sono
vegno del loco ove tornar disio; Beatrice; vengo da un luogo nel quale
desidero (disio) tornare; mi spinse (mi
72 amor mi mosse, che mi fa parlare. mosse) l’amore, che mi fa parlare.

Quando sarò dinanzi al segnor mio, [73-75] Quando sarò al cospetto del
di te mi loderò sovente a lui”. mio signore, farò spesso le tue lodi da-
vanti a lui”. Quindi rimase in silenzio, e
75 Tacette allora, e poi comincia’ io: cominciai io a parlare:
[76-78] “O signora (donna) di quella
“O donna di virtù sola per cui virtù grazie alla quale (per cui) soltan-
to la specie umana è superiore (eccede)
l’umana spezie eccede ogne contento a tutto ciò che è compreso (ogne con-
78 di quel ciel c’ha minor li cerchi sui, tento) sotto il cielo che ha la circonferen-
za minore [cioè il cielo della Luna, quel-
lo più vicino alla terra],
tanto m’aggrada il tuo comandamento, [79-81] il tuo comando mi è tanto gradi-
che l’ubidir, se già fosse, m’è tardi; to che se anche stessi già ubbidendo
(l’ubidir, se già fosse), mi sembrerebbe co-
81 più non t’è uo’ ch’aprirmi il tuo talento. munque di aver tardato (m’è tardi); non ti
serve altro (più non t’è uo’) che manife-
Ma dimmi la cagion che non ti guardi starmi (aprirmi) il tuo desiderio (talento).
[82-84] Ma dimmi il motivo (cagion) per
de lo scender qua giuso in questo centro il quale non hai timore (non ti guardi) di
84 de l’ampio loco ove tornar tu ardi”. scendere quaggiù, al centro della terra,
dall’ampio cielo nel quale desideri ar-
dentemente (ardi) ritornare”.
“Da che tu vuo’ saver cotanto a dentro, [85-87] “Visto che (Da che) vuoi cono-
dirotti brievemente”, mi rispuose, scere le cose così in profondità (cotan-
to a dentro), ti dirò brevemente”, mi ri-
87 “perch’ i’ non temo di venir qua entro. spose, “perché non ho paura di venire
qui dentro.
Temer si dee di sole quelle cose [88-90] Si devono temere solamente
c’hanno potenza di fare altrui male; quelle cose che hanno la capacità (po-
tenza) di fare del male agli altri (altrui);
90 de l’altre no, ché non son paurose. le altre no, perché non generano paura
(non son paurose).
I’ son fatta da Dio, sua mercé, tale, [91-93] Io sono stata creata da Dio, per
che la vostra miseria non mi tange, grazia sua, in modo tale che non mi
tocca (tange) la vostra infelice condi-
93 né fiamma d’esto ’ncendio non m’assale. zione (miseria), né mi brucia (assale) la
fiamma di questo incendio.
Donna è gentil nel ciel che si compiange [94-96] In cielo c’è una nobile (gentil) si-
di questo ’mpedimento ov’ io ti mando, gnora che si duole (si compiange) per
questo ostacolo (’mpedimento) al qua-
96 sì che duro giudicio là sù frange. le (ov’) ti invio, tanto che lassù [in para-
diso] viene piegata (frange) la severa
sentenza divina (duro giudicio).

64. temo che non: vedi v. 35. va più vicino alla terra, è il cielo della Luna. l’atrocità delle pene infernali.
66. per quel… udito: si vedano i vv. 103-108. 81. uo’: forma apocopata di uopo, “biso- 94. Donna… gentil: Maria.
76. donna: è il latino domina, “signora”, gno”. 95. di questo ’mpedimento: si tratta de-
“padrona”. 83. centro: l’inferno al centro della terra. gli ostacoli che impediscono a Dante di
78. di quel… sui: sulla terra. Secondo la co- 84. ampio loco: è l’Empireo, il decimo proseguire il cammino intrapreso.
smogonia medievale, intorno alla terra gi- cielo, che racchiude tutti gli altri e dove ri- 96. sì che… frange: la misericordia prova-
rano nove cieli concentrici; quello che ha il siede Dio insieme alle anime beate. ta da Maria per Dante riesce a mitigare la
diametro minore, dunque quello che si tro- 93. esto ’ncendio: qui, genericamente, durezza della giustizia divina.

G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta


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Le origini e il Duecento Commedia, Inferno, Canto II

Questa chiese Lucia in suo dimando [97-99] Costei mandò a chiamare


e disse: – Or ha bisogno il tuo fedele (chiese… in suo dimando) Lucia e dis-
99 di te, e io a te lo raccomando –. se: ‘Colui che ti è devoto (il tuo fedele)
ha bisogno di te, ora, e io te lo affido
(raccomando)’.
Lucia, nimica di ciascun crudele, [100-102] Lucia, nemica di ogni crudel-
si mosse, e venne al loco dov’ i’ era, tà (crudele), si mosse e venne nel luogo
nel quale mi trovavo io, che ero seduta
102 che mi sedea con l’antica Rachele. (mi sedea) insieme all’antica Rachele.

Disse: – Beatrice, loda di Dio vera, [103-105] Lucia disse: ‘Beatrice, vera
ché non soccorri quei che t’amò tanto, gloria (loda) di Dio, perché non soccorri
colui che ti amò tanto, lui che, grazie a te
105 ch’uscì per te de la volgare schiera? (per te) si distinse (sollevò) dal volgo?

Non odi tu la pieta del suo pianto, [106-108] Non senti tu l’angoscia (pie-
non vedi tu la morte che ’l combatte ta) del suo pianto, non vedi che la mor-
te lo minaccia (combatte) sul gorgo (fiu-
108 su la fiumana ove ’l mar non ha vanto? –. mana) [il gorgo del peccato], rispetto
al quale (ove) il mare stesso non è peri-
coloso (non ha vanto)?’.
Al mondo non fur mai persone ratte [109-111] Non esistettero (non fur) al
a far lor pro o a fuggir lor danno, mondo persone così veloci (ratte) nel fare
111 com’ io, dopo cotai parole fatte, il proprio vantaggio o nel fuggire il loro
danno quanto fui veloce io, dopo che tali
(cotai) parole vennero pronunciate (fatte),
venni qua giù del mio beato scanno, [112-114] nel venire quaggiù dal mio
fidandomi del tuo parlare onesto, seggio (scanno) del paradiso (beato),
confidando nella tua eloquenza (parla-
114 ch’onora te e quei ch’udito l’hanno”. re) dignitosa (onesto), che fa onore a te
e a quanti l’hanno ascoltata”.
Poscia che m’ebbe ragionato questo, [115-117] Dopo (Poscia) avermi rac-
li occhi lucenti lagrimando volse, contato (ragionato) questo, volse verso
di me gli occhi lucidi di lacrime (lucen-
117 per che mi fece del venir più presto. ti lagrimando), tanto che mi rese più
sollecito (presto) a venire.
E venni a te così com’ ella volse: [118-120] E venni da te come ella vol-
d’inanzi a quella fiera ti levai le: ti sottrassi (levai) a quella fiera, che
ti impedì (tolse) di percorrere la via bre-
120 che del bel monte il corto andar ti tolse. ve (il corto andar) sul bel colle.

Dunque: che è? perché, perché restai, [121-123] E quindi: che cosa ti accade
perché tanta viltà nel core allette, (che è)? Perché, perchè ti arresti (restai),
perché coltivi (allette) tanta viltà nel tuo
123 perché ardire e franchezza non hai, cuore, perché non hai coraggio (ardire)
e sicurezza (fermezza),

97. Lucia: santa martire siracusana (IV bolo della vita contemplativa. aperto, luogo simbolo, nel Medioevo, del
secolo), che simboleggia la grazia illumi- 103. loda… vera: Beatrice rappresenta pericolo.
nante. la perfezione del Creato, e sul piano alle- 113-114. fidandomi… hanno: altra capta-
98. il tuo fedele: santa Lucia è la protet- gorico, simboleggiando la Teologia, è la fe- tio benevolentiae, come già ai vv. 58-60.
trice della vista, ma non è necessario pen- dele celebratrice di Dio. 118. volse: rima equivoca con il v. 116.
sare che Dante le sia devoto a causa di uno 105. ch’uscì… schiera: Beatrice, essere 119. fiera: la lupa.
specifico fatto biografico (in gioventù ave- perfetto, fu la fonte d’ispirazione di Dan- 121-126. Dunque… promette: si noti l’en-
va sofferto di una malattia agli occhi dovu- te fin dalla Vita nova: grazie a lei egli su- fasi di Virgilio nelle parole conclusive del
to ad affaticamento causato dagli ecces- però tutti gli altri esseri umani sia artisti- suo discorso volto a convincere Dante a fu-
si nel leggere: Dante ne parla nel camente, sia moralmente. gare tutti i suoi dubbi e a continuare il
Convivio). 106. pieta: dal nominativo latino pìetas, cammino. Il poeta latino dà qui un picco-
102. antica Rachele: si tratta della moglie con spostamento d’accento sulla e. lo esempio di quel parlare onesto (v. 113)
di Giacobbe (Genesi 29-35); la donna è 107. morte: si tratta di quella spirituale. che ha spinto Beatrice a rivolgersi proprio
detta antica perché è un personaggio del- 108. fiumana ove ’l mar… vanto: il gorgo a lui per salvare Dante dall’impedimento
l’Antico Testamento. Nel Medioevo è sim- del peccato è più pernicioso del mare della selva e delle tre fiere.

G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta


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Le origini e il Duecento Commedia, Inferno, Canto II

poscia che tai tre donne benedette [124-126] visto che (poscia che) tre
curan di te ne la corte del cielo, donne benedette di tale dignità (tai) si
126 e ’l mio parlar tanto ben ti promette?». occupano (curan) di te nel regno (corte)
dei cieli, e che le mie parole ti promet-
tono un tale premio (tanto ben)?».
Quali fioretti dal notturno gelo [127-129] Come i fiori (fioretti) piegati e
chinati e chiusi, poi che ’l sol li ’mbianca, chiusi dal gelo notturno, i quali, quando
(poi che) il sole li illumina (’mbianca), si
129 si drizzan tutti aperti in loro stelo, raddrizzano sul loro stelo aprendosi
completamente (tutti aperti),
tal mi fec’ io di mia virtude stanca, [130-132] tale divenni io rispetto alla mia
e tanto buono ardire al cor mi corse, volontà indebolita (virtude stanca), e al
cuore affluì (corse) un così energico (buo-
132 ch’i’ cominciai come persona franca: no) coraggio, che cominciai a parlare co-
me una persona libera da timore (franca):
«Oh pietosa colei che mi soccorse! [133-135] «Oh, quanto è piena di pietà
(pietosa) colei che mi corse in aiuto! E
e te cortese ch’ubidisti tosto quanto nobile (cortese) sei tu che hai ub-
135 a le vere parole che ti porse! bidito immediatamente (tosto) alle pa-
role sincere (vere) che ti disse (porse)!
Tu m’hai con disiderio il cor disposto [136-138] Tu, con le tue parole, infon-
dendomi il desiderio di salvezza (con
sì al venir con le parole tue, desiderio), hai fatto sì che il mio cuore
138 ch’i’ son tornato nel primo proposto. fosse disposto a seguirti (venir), a tal
punto (sì) che sono tornato al mio pre-
cedente proposito (primo proposto).
Or va, ch’un sol volere è d’ambedue: [139-141] Ora vai, perché entrambi ab-
tu duca, tu segnore e tu maestro». biamo un’unica volontà: tu sei la mia
guida (duca), il mio signore, il mio mae-
141 Così li dissi; e poi che mosso fue, stro». Gli dissi così; e, una volta che si fu
avviato (mosso fue),
intrai per lo cammino alto e silvestro. [142] entrai nel sentiero (cammino) ar-
duo e selvaggio (alto e silvestro).
D. Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, a cura di G. Petrocchi,
Società Dantesca Italiana, Le Lettere, Firenze 1994.

124. tre… benedette: Maria, Lucia, Bea- lingua antica, qui il diminutivo è solo for- 138. primo proposto: il proposito di segui-
trice, che si contrappongono alle tre fiere. male. re Virgilio nel viaggio attraverso l’oltre-
126. tanto ben: la salvezza (si veda il can- 128. ’mbianca: con la luce dell’alba. tomba.
to I, vv. 112 ss.). 132. franca: rinfrancata, ormai libera dal- 140. duca: in latino il dux è colui che gui-
127. fioretti: secondo un uso tipico della la paura. da, che conduce (ducere, “condurre”).

IN PRIMO PIANO
ANALISI DEL TESTO I temi e il livello simbolico
I dubbi di Dante La prima parte del canto, fino al v. 42, è oc- come san Paolo in paradiso. Non deve sorprendere il ricorso,
cupata dai dubbi che assillano Dante personaggio: il viaggio da parte di Dante, a un eroe pagano come Enea: l’esperienza
nell’aldilà che Virgilio gli ha prospettato nel canto preceden- oltremondana di Enea, infatti, viene interpretata in chiave cri-
te pare ora al pellegrino irto di pericoli; ciò che soprattutto fa stiana come come una missione provvidenziale, che ha avuto
dubitare Dante è l’apparente mancanza di motivazione: per- come esito la fondazione di Roma, futura sede del papato.
ché, si chiede il poeta, io che sono ancora vivo dovrei compie- Le tre forme della grazia divina Virgilio, allora, risponde a
re un percorso così ambizioso? Chi mi dà il permesso di farlo? Dante (non senza averlo prima rimproverato, come spesso
Due illustri precedenti: Enea e san Paolo Le incertezze so- succede nella Commedia), e gli dice che il suo viaggio è auto-
no aumentate dal ricordo di due illustri viaggiatori oltremonda- rizzato addirittura dalla Vergine, la quale, impietositasi per l’an-
ni: Enea e san Paolo. Il viaggio di Enea nell’aldilà è racconta- goscia di Dante che stava smarrendo il cammino spirituale, in-
to da Virgilio nell’Eneide, quello di san Paolo, da lui stesso via santa Lucia a Beatrice, che, a sua volta, chiede a Virgilio
nella seconda lettera ai Corinzi. Ma entrambi avevano alte mo- di aiutare Dante. Le tre donne rappresentano le tre forme del-
tivazioni: Enea incontra negli inferi il padre Anchise, che gli pre- la grazia divina: Maria è la grazia preveniente, che è un do-
annuncia la sua vittoria sul re dei Rutuli, Turno, e la conseguen- no di Dio all’uomo indipendentemente dai suoi meriti; Lucia è
te conquista del Lazio, nonché il destino glorioso di Roma nella la grazia illuminante, che infonde all’uomo le virtù benefiche
storia; Paolo racconta di essere stato rapito in cielo, esperienza (nel nome Lucia c’è il sostantivo “luce”, dal latino lux); Beatri-
che ha fortificato ancor più la sua fede, spingendolo a diffon- ce è la grazia operante, che guida l’uomo a bene operare. Que-
dere con maggiore impegno il cristianesimo. I due esempi pre- ste tre donne benedette agiscono gerarchicamente (da Maria
figurano così il futuro viaggio di Dante: come Enea all’inferno, a santa Lucia a Beatrice: quest’ultima va poi da Virgilio), e si con-

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Le origini e il Duecento Commedia, Inferno, Canto II

trappongono, allegoricamente, alle tre fiere incontrate da Dan- l’Antico Testamento (come ricordato nel IV canto dell’Inferno).
te nel primo canto. Il ritorno allo Stilnovo Il canto è percorso da motivi e stile-
La funzione della Vergine e di Beatrice Maria compare già mi che ricordano le movenze della poesia dello Stilnovo: essi
qui, all’inizio dell’Inferno, come un personaggio fondamen- emergono, e non è un caso, in concomitanza con l’appari-
tale del poema dantesco – il quale si chiuderà, nel canto zione di Beatrice nelle parole di Virgilio, e proseguono nelle
XXXIII del Paradiso, proprio con una splendida preghiera alla parole di Beatrice stessa. Accennando alla donna amata da Dan-
Vergine –. È lei che decide d’intervenire a favore di Dante, ad- te, infatti, il poeta latino usa espressioni tipicamente stilnovi-
dirittura forzando la mano alla Giustizia divina: sì che duro giu- ste: lucevan li occhi suoi più che la stella (v. 55), e li occhi lu-
dicio là sù frange (v. 96). centi lagrimando volse (v. 116). Beatrice parla soave e piana,
Beatrice, che svolgerà il ruolo di guida del pellegrino in para- / con angelica voce (vv. 56-57); la donna è mossa da amore in
diso, compare qui nella sua duplice veste di donna amata dal soccorso di Dante (v. 72: amor mi mosse, che mi fa parlare), e
poeta (si veda, per esempio, la dolcezza con la quale ella illu- si tratta di un amore che nulla ha a che fare con la passione,
stra a Virgilio la triste condizione di Dante: vv. 61-69), e di sim- e anzi rappresenta uno slancio dell’anima verso il bene: è
bolo di salvezza, che si muove dall’Empireo, dove stabilmen- dunque un sentimento che molto si avvicina a quello della poe-
te soggiorna, per dare il via al viaggio salvifico di Dante. Beatrice sia amorosa dello stesso Dante e dei suoi compagni poeti, in
rappresenta sia, come detto, la grazia operante, sia la Verità ri- particolare Cavalcanti. Infine Beatrice, chiamando in causa san-
velata, la Fede e la Teologia, e la sua discesa al Limbo richiama ta Lucia, usa un’espressione chiave della lirica stilnovista: Don-
la discesa di Cristo per portare in paradiso le anime dei giusti del- na è gentil nel ciel che si compiange (v. 94).

Per tornare al testo


COMPETENZE
SPAZIO
Comprensione
1. Qual è la perplessità che Dante evidenzia nella prima sezione del canto?
2. Quali sono gli attori che decidono di far compiere il viaggio oltremondano a Dante? Quali i motivi?
Analisi
3. Su quale antitesi fra il poeta e le altre creature viventi si fondano le prime terzine del canto?
4. Perché il viaggio di Enea nell’oltretomba viene interpretato da Dante come provvidenziale?
5. Parafrasa e spiega con parole tue la similitudine dei vv. 37-42.
6. Uno dei sentimenti chiave su cui si svolge il canto è la paura, il temer che prende Dante ma che, per Virgilio,
dovrebbe prendere anche Beatrice: qual è l’analisi di questo sentimento che viene proposta ai vv. 85-93?
7. Con quale similitudine viene descritto l’animo di Dante, quando viene confortato nella sua viltà dalle parole di
Virgilio, il quale gli dice che tre donne del cielo hanno ispirato il suo viaggio?
8. Quali sono le tre donne benedette di cui si parla nel canto? Che cosa rappresentano?
9. Come si deve intendere il termine virtù al v. 11? Come invece al v.76?
10. Perché San Paolo viene definito Vas d’elezïone al v. 28?
11. Perché Virgilio si definisce, al v. 52, tra color che son sospesi?
12. Spiega con parole tue l’espressione del v.139: un sol volere è d’ambedue.
13. Individua in questo canto gli elementi ricollegabili alla poesia stilnovista.
Approfondimenti
14. Al v.78 si fa riferimento al ciel c’ha minor li cerchi sui: a quale cielo allude? Più in generale qual è la concezio-
ne cosmologica di Dante? Quali le fonti di una simile visione?

Topoi letterari
L’invocazione alle Muse
Nel mondo greco Nella mitologia greca le Muse erano divinità connesse con tutte le manifestazioni della vita spi-
rituale, protettrici delle scienze e delle arti: della musica, della danza e in particolare della poesia, con la quale, mo-
strano fin da subito di avere un legame privilegiato. Secondo le antiche credenze, nel santuario delle Muse si can-
tavano, in forma poetica, le vittorie di Zeus sugli dei precedenti.
Le Muse erano, secondo alcune tradizioni, nove sorelle, figlie di Giove e Mnemosine (la memoria), e vivevano sul mon-
te Elicona e sul monte Parnaso, preferibilmente in boschetti o presso corsi d’acqua. Il poeta greco Esiodo (VIII-VII
secolo a.C.) ci ha tramandato i loro nomi – Calliope, Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Polimnia e
Urania –, ma l’immagine delle Muse è stata sempre vaga e, a seconda delle tradizioni, varia addirittura il loro nu-
mero, la loro sede, la loro funzione. L’unica divinità stabilmente legata alle Muse è Apollo, dio della poesia.
La consuetudine di aprire con un’invocazione alle Muse è presente in molti poemi antichi. Ecco quella che apre l’Ilia-
de di Omero, dove le Muse hanno il compito di ispirare il poeta epico, affinché riesca a narrare le vicende di cui l’ope-
ra è intessuta (il termine dea del primo verso è, nell’originale greco, esplicitamente Moùsa, da leggere “Mùsa”):

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Canta, o dea, l’ira d’Achille Pelide,


rovinosa, che infiniti dolori inflisse agli Achei,
gettò in preda all’Ade molte vite gagliarde
d’eroi, ne fece il bottino dei cani,
5 di tutti gli uccelli – consiglio di Zeus si compiva –
da quando prima si divisero contendendo
l’Atride signore d’eroi e Achille glorioso.
Omero, Iliade, trad. it. R. Calzecchi Onesti, Einaudi

Troviamo l’invocazione alle Muse anche nella Teogonia di Esiodo, dove ha più specificamente lo scopo di legittimare
il ruolo del poeta in quanto educatore:

Cominci il canto mio dalle Muse Eliconie, che sopra 1. cerula fonte: una delle sorgenti poste
l’eccelse d’Elicona santissime vette han soggiorno, sulle alte vette (cerula = “del colore del
e con i molli pie’ d’intorno alla cerula fonte1 cielo”) del monte Elicona.
2. figlio... Crono: si tratta di Zeus, re de-
danzano, intorno all’ara del figlio possente di Crono2. gli dei.
5 Esse, poiché nel Permesso lavate han le tenere membra, 3. Permesso... Ippocrène... Olmeo: fiumi
o d’Ippocrène nell’acque, oppur del santissimo Olmèo3, sacri alle Muse.
intreccian d’Elicona sui vertici sommi, carole4 4. carole: danze.
agili, grazïose: ch’è grande virtù nei lor piedi.
Esiodo, Teogonia, trad. it. E. Romagnoli, Zanichelli

Nel mondo latino e altomedievale Nell’Eneide di Virgilio l’invocazione alle Muse è un elemento stilistico dell’opera epi-
ca, e può essere ripetuta in varie parti del poema per ornare il racconto e innalzarne il tono. Ecco l’invocazione alle Mu-
se del proemio:

Musa, ricordami tu le ragioni di tanto


doloroso penare: ricordami l’offesa
e il rancore per cui la regina del cielo
costrinse un uomo famoso per la propria pietà
5 a soffrire così, ad affrontare tali
fatiche. Di tanta ira son capaci i Celesti?
Virgilio, Eneide, trad. it. C. Vivaldi, Garzanti

Successivamente, in altri poeti latini, l’invocazione alle Muse viene svalutata o sostituita con l’invocazione a personag-
gi diversi: Tibullo, per esempio, invoca un amico al posto delle Muse, mentre Ovidio, nell’Ars amandi, si rivolge alle di-
vinità in senso ironico.
Negli scrittori latini cristiani le Muse vengono rifiutate, e anzi tale rifiuto diventa a sua volta un topos. Solo con il re-
cupero delle opere classiche che avviene durante la cosiddetta “rinascita carolingia” (VIII-IX secolo) l’invocazione al-
le Muse ritorna in auge, ma solo nella poesia profana.

In Dante Nella Commedia di Dante, l’invocazione alle Muse torna con nuovi significati. Nel secondo canto dell’Infer-
no – che è il vero inizio della cantica, dato che il primo canto rappresenta il prologo dell’intera Commedia – Dante
apre con un’invocazione alle Muse, ma anche al proprio ingegno e alla propria memoria: un omaggio ai modelli clas-
sici (Virgilio innanzi tutto), ma anche un espediente per valorizzare il proprio lavoro intellettuale e sottolineare la ve-
ridicità di ciò che sta per narrare. Nel Purgatorio, poi, le Muse diventano sante (I, vv. 7-12), in una sorta di reinter-
pretazione in chiave cristiana della classicità che troveremo con più evidenza nel Paradiso (I, vv. 13-36). Anche nel
Paradiso, infatti, è presente un indiretto riferimento alle Muse (vv. 16-17) ma il loro aiuto è insufficiente, perché il com-
pito del poeta è più impegnativo; perciò troviamo anche l’invocazione ad Apollo, dio della poesia e simbolo della sa-
pienza e dell’ispirazione religiosa, quanto mai necessaria, dato l’argomento affrontato nel poema: Dante teme la sua
più grande nemica per quanto concerne l’attività poetica, cioè la superbia, e dunque si affida completamente a Dio,
che deve costantemente guidare il suo ingegno, altrimenti la sconfitta sarà inevitabile. Nel Purgatorio e più ancora
nel Paradiso, dunque, la rilettura figurale del mondo classico è assai più complessa che nell’Inferno.

Nel Quattrocento e nel Cinquecento La cultura umanistica e rinascimentale conduce verso una progressiva rivalu-
tazione del mondo terreno, e il rapporto tra classicismo e cristianesimo passa in secondo piano. Nell’Orlando furio-
so di Ludovico Ariosto (1474-1533) il tema dell’invocazione alla Musa compare solo in forma ironica: il poeta non chie-

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Le origini e il Duecento Commedia, Inferno, Canto II

de più ispirazione a una divinità, sia pur pagana, bensì alla propria donna, che potrebbe dargli quel po’ di ingegno ne-
cessario a portare a termine l’opera intrapresa:

Dirò d’Orlando in un medesmo tratto


cosa non detta in prosa mai né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d’uom che sì saggio era stimato prima;
5 se da colei che tal quasi m’ha fatto,
che ’l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà però tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.

In chiave fortemente parodistica l’invocazione alle Muse apre anche il Baldus, un poema in lingua maccheronica – scrit-
to cioè in un latino misto di molte parole in volgare italiano – opera dal mantovano Teofilo Folengo (1491-1544). Le Ca-
mene a cui si fa riferimento sono antiche divinità romane identificate con le Muse.

Phantasia mihi plus quam phantastica venit Parafrasi


historiam Baldi grassis cantare Camoenis, (Mi è venuta la fantasia – matta più che mai – di canta-
altisonam cuius phamam nomenque gaiardum re con le grasse Camene la storia di Baldo1. La sua fa-
ma altisonante, il suo nome gagliardo ammira tre-
terra tremat baratrumque metu sibi cagat adossum. mando la terra, e il baratro d’inferno per la paura si caca
5 Sed prius altorium vestrum chiamare bisognat, addosso. Ma prima bisogna invocare l’aiuto vostro, o Mu-
o macaronaeam Musae quae funditis artem. se che effondete con larghezza l’arte maccheronica. Po-
An poterit passare maris mea gundola scoios, trà mai la mia gondola superare gli scogli del mare, se
quam recomandatam non vester aiuttus habebit? il vostro aiuto non l’avrà raccomandata? No, i carmi non
Non mihi Melpomene, mihi non menchiona Thalia, mi dettino Melpomene, né quella minchiona di Talia, né
Febo2 che gratta la sua chitarrina; ché, se penso alle bu-
10 non Phoebus grattans chitarinum carmina dictent; della della mia pancia non si addicono alla mia piva le
panzae nanque meae quando ventralia penso, ciance di Parnaso. Ma soltanto le Muse pancifiche, le
non facit ad nostram Parnassi chiacchiara pivam. dotte sorelle, Gosa, Comina, Striazza, Mafelina, Togna,
Pancificae tantum Musae doctaeque sorellae, Pedrala, vengano a imboccare di gnocchi il loro poeta,
Gosa, Comina, Striax Mafelinaque, Togna, Pedrala, e mi rechino un cinque o un otto catini di polenta.)
15 imboccare suum veniant macarone poëtam,
dentque polentarum vel quinque vel octo cadinos. 1. Baldus: è l’eroe fittizio del poema di Folengo.
Hae sunt divae illae grassae nymphaeque colantes, 2. Febo: altro nome di Apollo.
albergum quarum, regio propriusque terenus
clauditur in quodam mundi cantone remosso,
20 quem Spagnolorum nondum garavella catavit
Grandis ibi ad scarpas Lunae montagna levatur,
quam smisurato si quis paragonat Olympo
collinam potius quam montem dicat Olympum.

Il tema dell’invocazione alla Musa come ispiratrice di poesia tornerà nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso
(1544-1595). Ma questo poeta è immerso nel clima inquieto della Controriforma, e dunque non può avere la sereni-
tà sincretistica di Dante: Tasso si sente in dovere di precisare esplicitamente che la Musa oggetto della sua invoca-
zione e dalla quale si aspetta non è quella dei poeti pagani antichi:

O Musa, tu che di caduchi allori


non circondi la fronte in Elicona,
ma su nel cielo infra i beati cori
hai di stelle immortali aurea corona,
5 tu spira al petto mio celesti ardori,
tu rischiara il mio canto, e tu perdona
s’intesso fregi al ver, s’adorno in parte
d’altri diletti, che de’ tuoi, le carte.

Pur rimanendo fortemente ancorato all’universo cristiano di cui fa parte, Dante ha la forza e la libertà, per esempio,
di collocare nell’oltretomba degli eroi e dei poeti pagani senza necessariamente condannarli, e si assume la respon-
sabilità di dannare alcune figure religiose importanti (si pensi ai papi collocati nell’inferno); Dante recupera senza pro-
blemi la tradizione greco-romana, e non si pone nemmeno il problema se sia lecito a un autore cristiano fare appel-
lo alle Muse. Tasso, al contrario, è costretto a prendere le distanze dalle figure della mitologia classica, e perfino a
giustificare moralmente il semplice fatto di esser poeta.

G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta


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