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SMART WORKing

Smart worker

Smart working: un modo diverso di percepire il lavoro


I benefici dello smart working
I “contro” dello smart working
Aspetti applicativi dello smart working
Essere uno smart worker
Salute e sicurezza in smart working
Smart working e infortuni
SMART WORKing
Smart worker

Smart working: i rischi correlati


Rischi di natura psicosociale
Tecnostress
L’iperconnettività
Diritto alla disconnessione
Rischi di natura ergonomica
Ergonomia e smart working
Igiene posturale
INDICE

Smart working:
un modo diverso di percepire il lavoro

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un nuovo sviluppo del concetto di


flessibilità organizzativa: lo smart working definito come un ambiente
di lavoro che elimina i vecchi concetti di postazione di lavoro fissa, ma è
dinamico in funzione di quelli di cui si ha bisogno in quel momento.

Lo smart working diventa una vera e propria prassi lavorativa che consente
di decidere quando lavorare a distanza e con quali strumenti, prevedendo
anche delle occasioni di incontro con colleghi, responsabili, clienti e fornitori.
In quest’ottica lo smart working porta a considerare il lavoro dal punto di vista
del risultato e della prestazione lavorativa.

Il lavoro agile può essere una soluzione alla difficoltà di conciliare esigenze
di vita e di lavoro da parte dei dipendenti. In questo senso possiamo
considerare lo smart working come un’azione migliorativa volta a ridurre il
rischio di stress lavoro-correlato.

Allo smart worker viene richiesto:


• un maggior contributo di partecipazione alla realizzazione degli obiettivi
aziendali;
• una maggiore propensione a mettersi in gioco e a conciliare gli obiettivi
personali con gli obiettivi lavorativi.

È importante che il lavoratore venga accompagnato in questo percorso poiché


gli verrà richiesto di utilizzare tecnologie e modalità organizzative con le quali
potrebbe non avere dimestichezza.

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INDICE

Lo smart worker deve avvertire di non essere isolato, deve sapere che ha Invece i benefici per l’organizzazione saranno:
a disposizione i colleghi e gli strumenti che lo aiuteranno a superare le • diminuzione dei costi e delle dimensioni aziendali;
incertezze, infatti tramite ausili informatici si può realizzare una vicinanza • minori spese per l’affitto degli immobili;
virtuale che consente di svolgere la normale attività produttiva. • miglioramento della produttività;
• diminuzione del turnover e riduzione dell’assenteismo.
L’introduzione dello smart working dovrebbe sempre essere preceduto da
una buona comunicazione e da attività formative propedeutiche. È bene sottolineare che l’introduzione dello smart working ha un impatto
anche ambientale.
Le attività formative devono interessare tre aspetti:
• tecnico-operativo: finalizzato all’utilizzo delle apparecchiature e al rispetto I principali vantaggi per l’ambiente sono:
delle procedure; • riduzione dell’inquinamento;
• organizzativo: con enfasi sul gruppo; • riduzione del consumo energetico;
• giuridico-contrattuale: centrato sulle disposizioni di Legge e le Policy • riduzione dell’impatto ambientale causato dal consumo di cibo fuori casa.
aziendali vigenti, ivi compresa l’illustrazione degli specifici rischi lavorativi
(D.Lgs. n. 81/08).

La formazione è un’opportunità di aggiornamento e crescita per tutti i


dipendenti e uno strumento per intervenire sulle competenze professionali e
personali.

I benefici dello smart working


Le caratteristiche dello smart working portano con sé inevitabilmente dei
vantaggi sia per il lavoratore sia per l’organizzazione stessa.

Con una gestione del proprio lavoro più agile, il lavoratore avrà:
• una riduzione della rigidità degli orari di lavoro;
• un miglioramento del work-life balance tra vita lavorativa e gestione perso-
nale;
• un aumento della motivazione e della soddisfazione;
• una riduzione del tempo e dei costi dedicati agli spostamenti.

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I “contro” dello smart working


Le difficoltà e le resistenze dello smart working riguardano sia il lavoratore sia
l’azienda e sono riferibili soprattutto:
• alla scarsa prevedibilità e possibilità di pianificazione delle attività;
• allo scarso coinvolgimento nelle decisioni;
• alla limitata autonomia nella definizione degli orari.

Inoltre:
• la mancanza di interazione “faccia a faccia” potrebbe penalizzare alcuni
Aspetti applicativi dello smart working
risultati lavorativi raggiungibili mediante l’interazione di gruppo.
• l’idea, da parte di molte aziende, che un lavoratore che aderisce allo smart L’adozione dello smart working necessita di un accordo scritto tra le parti.
working debba essere sempre operativo e disponibile in ogni situazione,
potrebbe portare a situazioni di dipendenza da internet. L’accordo, di norma, avviene tra l’azienda e le Rappresentanze Sindacali
Unitarie (RSU). Oltre a questo accordo sindacale valevole per la generalità dei
Gli svantaggi per il lavoratore sono: lavoratori che saranno coinvolti, appare utile realizzare anche accordi indivi-
• minore visibilità e minori possibilità di carriera; duali con ciascun lavoratore che verrà coinvolto.
• maggiore isolamento;
• riduzione della vita relazionale; Inizialmente occorre decidere:
• meno possibilità di essere guidati e aiutati; • le posizioni lavorative alle quali si può proporre lo smart working;
• riduzione della distinzione spaziale tra casa e ufficio. • i giorni della settimana, del mese o dell’anno e gli orari della giornata che
possono essere impegnati per lo smart working;
Gli svantaggi per l’azienda sono: • le modalità di accesso e di recesso da tale opportunità;
• difficoltà nella gestione dei lavoratori distanti; • possibili procedure per autorizzare o escludere gli straordinari durante tale
• necessità di riorganizzazione dei processi aziendali; modalità di lavoro.
• esistenza di diversi contratti di lavoro da gestire;
• maggiore conflittualità con i capi intermedi; L’ammissione al contratto di smart working deve avvenire esclusivamente su
• maggiori spese per le telecomunicazioni e la formazione base volontaria. L’azienda mantiene una discrezionalità nell’accoglimento o
• necessità di ridiscutere l’organizzazione aziendale. rifiuto delle richieste.

Il lavoratore ammesso al lavoro agile:


• dovrà utilizzare la strumentazione in conformità con le disposizioni di Leg-
ge e le Policy aziendali vigenti;
• sarà tenuto a custodire con diligenza e riservatezza i dati e le informazioni
aziendali in suo possesso.

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Essere uno smart worker Alcuni consigli per lavorare in smart working:
• Creare un’area dedicata al lavoro
Cosa spinge una persona a scegliere di lavorare in modalità smart working? L’ideale sarebbe una stanza che abbia una porta che possa essere chiusa per
i momenti che richiedono maggiore concentrazione. La postazione di lavoro
Le principali ragioni possono essere: deve essere composta da un piano stabile, una sedia ergonomica e, possi-
• 1. Gestione dei propri tempi e dei propri spazi bilmente, un retro composto da uno sfondo neutro (ad esempio una parete
• 2. Miglioramento del work-life balance tra vita lavorativa e gestione perso- bianca oppure una libreria). La strumentazione tecnica generalmente com-
nale prendere: PC, connessione a internet, specifici software e telefono/smartpho-
• 3. Aumento della motivazione e della soddisfazione ne.
• 4. Risparmio • Vestirsi in modo adeguato
• 5. Migliore produttività L’abbigliamento deve essere adeguato, non obbligatoriamente elegante, ma
• 6. Comodità presentabile. Oltre a evitare spiacevoli inconveniente, in caso di videochiama-
te, è importante anche per il proprio atteggiamento mentale.
Essere uno smart worker non vuol dire lavorare da solo. È bene ricordarsi che • Darsi delle regole
si sta lavorando e che quindi si hanno delle responsabilità nei confronti di Stabilire delle pause o dei premi che servano a rispettare la propria agenda di
altri soggetti: datore di lavoro, responsabili d’area, colleghi, clienti, ecc. Per lavoro: al termine di un lavoro concedersi una pausa caffè, una pausa per fare
questo motivo sarebbe buona abitudine trasferire alcuni comportamenti e attività fisica oppure una pausa per stare insieme ai propri familiari.
pratiche tipiche dell’ufficio nel luogo in cui si svolge lo smart working. In parole povere bisogna essere responsabili dei propri obiettivi lavorativi.
• Sfruttare la flessibilità
Per lavorare in modalità smart working è opportuno tenere in considerazione La situazione ci consente, attraverso una buona organizzazione, di migliore il
due aspetti: bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata. È bene sfruttare tale vantaggio
per prendersi cura della propria casa, per dedicare tempo ai propri cari oppu-
1. Auto-motivazione re ai propri interessi personali.
I colleghi e/o i clienti, non essendo presenti fisicamente, non possono
rappresentare una fonte di stimolo. È importante trovare il modo di auto-
motivarsi e imporsi un certo rigore e disciplina nella gestione del lavoro.

2. Condivisione
Lo smart worker non essendo in ufficio può sentirsi poco coinvolto. Al
contrario anche i colleghi non sono a conoscenza di quello che lo smart
worker stia facendo, a meno che non si interfaccino appositamente con lui.
È fondamentale trovare momenti di condivisione tra lo smart worker e gli altri
(colleghi, responsabili, clienti, ecc.).

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Salute e sicurezza in smart working


Come verrà tutelato il diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro degli smart
worker? Quali incombenze ricadranno sul lavoratore e quali rimarranno in
capo all’azienda?

In ottemperanza al D.Lgs. n. 81/08 l’azienda deve valutare e dare


informazione ai lavoratori coinvolti dei rischi legati alla specifica prestazione
lavorativa. Il lavoratore è tenuto a prendersi cura della propria sicurezza e
salute nonché di quella delle altre persone in prossimità del luogo in cui si
svolge la prestazione, conformemente all’informativa e alle istruzioni ricevute. Smart working e infortuni
Oltre agli obblighi previsti dall’art. 20 del D.Lgs. n. 81/2008, lo smart worker
Gli smart worker sono assicurati contro gli infortuni applicando i criteri di
deve:
carattere generale validi per tutti gli altri lavoratori, col solo limite del rischio
• cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione predi-
elettivo.
sposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione
della prestazione in ambienti indoor e outdoor diversi da quelli di lavoro
Per “rischio elettivo” si intende un comportamento, contrario al buon senso,
abituali;
adottato dal lavoratore in conseguenza del quale si è verificato un infortu-
• individuare i luoghi di lavoro per l’esecuzione della prestazione lavorativa
nio sul lavoro. Nello specifico l’infortunio è causato da un’azione volontaria,
in smart working rispettando le indicazioni previste dal datore di lavoro;
palesemente abnorme e svincolata da qualsiasi forza maggiore o necessitata
• evitare luoghi, ambienti, situazioni e circostanze da cui possa derivare un
attuata dal lavoratore.
pericolo per la propria salute e sicurezza o per quella di altri.
Quali infortuni sono tutelati?

Gli infortuni occorsi:


• mentre il lavoratore presta la propria attività lavorativa all’esterno dei loca-
li aziendali e nel luogo prescelto dal lavoratore stesso, se causati da un rischio
connesso con la prestazione lavorativa;
• durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a
quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno
dei locali aziendali, quando il fatto di affrontare il suddetto percorso è con-
nesso a esigenze legate alla prestazione stessa o alla necessità del lavoratore
di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e se risponde a criteri di
ragionevolezza.

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I rischi di natura ergonomica riguardano diversi aspetti che spaziano dal


comfort termico al sovraccarico biomeccanico dell’apparato muscolo-
scheletrico.

Rischi di natura psicosociale


Come anticipato, lo smart working non è esente da rischi connessi alla salute
e sicurezza dei lavoratori.

Ai fattori di rischio tradizionali e derivanti da elementi concreti riscontrabili


nel lavoro, si accostano i rischi di natura psicosociale, non sempre così eviden-
ti ma non per questo meno rilevanti.
I principali sono legati e derivano dall’utilizzo delle tecnologie, dal profondo
senso di solitudine e dalla difficoltà a scindere il tempo da dedicare all’attività
lavorativa e quello da dedicare alla vita privata.

Smart working: i rischi correlati


Nella percezione comune esiste una gerarchia d’importanza tra i fattori
di rischio immediatamente percepibili (rischi fisici, chimici, infortunistici)
e i fattori di rischio meno percepibili (rischi psicosociali, ergonomici,
organizzativi).

In questo nuovo scenario moderno, legato all’innovazione tecnologica e


alla digitalizzazione, assumono maggiore rilevanza i fattori di rischio legati
all’organizzazione del lavoro.
I rischi connessi allo smart working possono essere suddivisi principalmente
in due gruppi:
• Rischi di natura psicosociale
• Rischi di natura ergonomica

I fattori di rischio psicosociale riguardano quegli aspetti di progettazione,


organizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti ambientali e
sociali, che potenzialmente possono arrecare danni alla salute psico-fisica del
lavoratore.

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Tecnostress I 5 fattori che alimentano il tecnostress sono:

Lo sviluppo della tecnologia ha permesso, nel corso degli anni, di agevolare e • Techno-overload: i lavoratori devono gestire simultaneamente flussi di
migliorare le attività quotidiane. informazione da fonti diverse, spesso al di sopra di quelle che sono le loro
Quando il suo utilizzo diventa però eccessivo, soprattutto in ambito lavorativo, capacità; in questo modo si sentono “sovraccaricati”
possono scaturire problemi che influenzano il proprio benessere psicofisico: si • Techno-invasion: grazie alla tecnologia moderna la persona può essere
parla in questo caso di tecnostress. sempre reperibile e questo impedisce di separare il lavoro dalla vita privata;
ciò porta ad un’invasione della tecnologia nella vita privata;
Il termine è stato utilizzato per la prima volta dallo psicologo americano • Techno-complexity: i continui aggiornamenti e sviluppi delle ICT obbligano
Craig Broad nel 1984 che lo ha definito come “un disagio moderno causato i lavoratori a impiegare gran parte del proprio tempo nel tentativo di imparare
dall’incapacità di coabitare con le nuove tecnologie del computer”. ad utilizzarle; questo può far scaturire nei lavoratori un senso di avversione,
paura ed ansia;
Il termine è stato, poi, ampliato da due psicologi Weil e Rosen nel 1998, • Techno-insecurity: i continui aggiornamenti tecnologici e informatici pos-
che lo hanno definito come “ogni impatto o attitudine negativa, pensieri, sono portare i lavoratori a sentirsi insicuri rispetto al proprio posto di lavoro,
comportamenti o disagi fisici o psicologici causati direttamente o in quanto temono di poter essere sostituiti dalle nuove ICT o da colleghi che
indirettamente dalla tecnologia”. In Italia il tecnostress è riconosciuto come ne hanno una maggiore padronanza;
malattia professionale dal 2007. • Techno-uncertainty: i continui cambiamenti delle ICT, inoltre, possono
creare nei lavoratori insicurezza e stress dovuti ai continui aggiornamenti di
Un’importante aspetto da considerare è che il tecnostress non è legato software e sostituzioni di hardware.
esclusivamente all’oggetto tecnologico e al suo continuo utilizzo, ma può
essere anche correlato alla gestione del flusso di informazioni con cui
l’utente si interfaccia e alla errata ergonomia dei luoghi e delle attività di
lavoro (come per esempio l’utilizzo eccessivo di internet e della telefonia).

Gli effetti del tecnostress possono essere riscontrabili concretamente in


disturbi quali ansia, nervosismo, depressione, disturbi della memoria, ma
anche problemi gastrointestinali, cardiocircolatori e dolori muscolo-tensivi.

Ma quali sono i fattori che creano tecnostress?

Ragu-Nathan e colleghi hanno identificato alcuni technostress creators


(tecnostressori), che influenzerebbero la soddisfazione lavorativa,
l’organizational commitment e la continuance commitment del lavoratore.

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Accanto a questi, sono stati identificati anche alcuni inhibitors (moderatori e Non è importante con chi l’interlocutore stia comunicando, è importante il
inibitori), che possono ridurre (e in alcuni casi limitare) il tecnostress laddove fatto stesso che lo faccia e questo porta alla distruzione della comunicazione
l’esposizione ai creators è inevitabile. e della relazione.

Tra questi troviamo: Di fronte al phubbing, nascono sentimenti di frustrazione, di trascuratezza,


• Supporto organizzativo e tecnico di delusione, di tristezza e di solitudine. Se parliamo di conseguenze negati-
• Alfabetizzazione informatica ve che la tecnologia e i servizi informatici hanno sulla vita e soprattutto sulle
• Formazione sul tecnostress relazioni delle persone, non possiamo non citare una nuova forma di ansia e
• Coinvolgimento attivo dei dipendenti durante le fasi di implementazione paura sociale, dilagata con l’avvento dei social network.

Possono infine essere individuate e attivate delle strategie individuali. Questo timore viene chiamato FOMO, acronimo di Fear Of Missing Out,
Ne sono esempi: letteralmente “Paura di restare tagliati fuori”.
• Rispettare le pause e i parametri ergonomici
• Ricercare sostegno sociale e tecnico Grazie ai social network tutti hanno l’opportunità di controllare cosa fanno gli
• Cercare di eliminare eventuali pensieri irrazionali altri e questo può generare un stato d’ansia e di paura che porta la persona
• Dedicare tempo a sé stessi a pensare di perdersi qualcosa di piacevole o interessante, o addirittura di
• Usare tecniche di rilassamento muscolare ed oculare (strategie attive per essere dimenticati quando si è offline. La conseguenza diretta è la necessità di
contrastare affaticamento ed ansia connessi all’uso delle tecnologie) rimanere ininterrottamente connessi al mondo online.
• Investire nelle relazioni
• Limitare l’uso della tecnologia quando possibile

L’iperconnettività
La modalità di lavoro in smart working, oltre a generare tecnostress, po-
trebbero portare i lavoratori ad essere sempre connessi (always on) a causa
dell’assenza di limiti di tempo e di spazio. Per molte persone risulta complica-
to trascorrere più di un’ora consecutiva senza guardare il cellulare o il tablet e
questo porta conseguenze soprattutto a livello di relazioni interpersonali.

A tal proposito, è possibile citare il rischio da phubbing, ovvero la mania com-


pulsiva di controllare e guardare il proprio telefonino. Leggere le notifiche,
rispondere, chattare anche quando si è in situazioni inadatte (ad esempio al
bar con gli amici, a cena con il partner o durante una riunione di lavoro).

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Diritto alla disconnessione


Al rischio di essere sempre connessi si associa il tema del diritto alla
disconnessione.

L’eccesso di reperibilità da parte del lavoratore e il numero di ore trascorse


davanti ad uno schermo rischiano di portare alla mancanza di un confine
netto tra lavoro e vita privata, ad un affaticamento mentale e ad un aumento
di patologie da stress tali da ledere il benessere psico-fisico.
La FOMO può avere ripercussioni psicologiche, emotive e fisiche, come: I principali effetti sono:
• un aumento della sudorazione; • l’insonnia;
• un aumento delle distrazioni in situazioni inappropriate (ad esempio alla • la perdita di lucidità durante la giornata lavorativa;
guida); • il calo della concentrazione;
• la diminuzione nella capacità dell’individuo di instaurare interazioni sociali, • il mal di testa;
• la sensazione di ritenere che le esperienze che si stanno vivendo non siano • l’ipertensione;
sufficientemente appaganti (come invece quelle sperimentate dagli altri); • la stanchezza cronica.
• angoscia, ansia e sentimenti di inadeguatezza.
Si è sentita quindi l’esigenza, soprattutto negli ultimi anni, di tutelare il di-
Un altro aspetto dell’iperconnessione da considerare è maggiormente legato pendente e di prevedere espressamente la possibilità per lo stesso di poter
alla sfera lavorativa. “staccare la spina” dal proprio lavoro.
È necessario che il lavoratore abbia un tempo di riposo durante il quale po-
Uno studio condotto da ricercatori universitari statunitensi ha evidenziato che tersi rendere irreperibile. Una possibile strada è l’introduzione delle “pause
una persona dipendente dall’iperconnessione può arrivare a lavorare fino a digitali”, in analogia alle pause previste per coloro che lavorano ai videotermi-
240 ore in più all’anno. nali, o alle interruzioni di contatti telematici, oltre l’orario di lavoro.

Molti manager hanno a disposizione smartphone e tablet forniti dalle proprie


aziende. Questo consente di accedere alla propria posta elettronica tutto il
giorno e di essere raggiunti in ogni momento.

Per questo motivo in alcune persone emerge la preoccupazione di rimanere


sempre connessi e, dunque, di essere soggetti a un eccesso di disponibilità.

Consapevoli dell’importanza di tutelare la salute del personale dall’eccessivo


utilizzo della tecnologia digitale, alcune aziende hanno lanciato l’iniziativa
del “detox aziendale” ossia specifiche ore durante la settimana in cui c’è
un’astensione dalla connessione anche per chi svolge lavoro da casa.

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Ergonomia e smart working


Si tratta di programmare alcuni periodi in un anno o un giorno alla settimana, Per uno smart worker i rischi associati all’ergonomia e all’organizzazione della
oppure brevi periodi durante la giornata lavorativa nei quali escludere l’uso di postazione di lavoro sono più rilevanti rispetto a quelli a cui sono esposti i
tecnologie informatiche. lavoratori che svolgono la stessa attività all’interno dei locali aziendali.
Da questo potrebbero trarne beneficio, oltre la salute delle persone, anche la
qualità del lavoro e l’organizzazione aziendale. Una postazione di lavoro non configurata in base ai principi ergonomici può
compromettere la salute e il benessere dello smart worker.
Il diritto alla disconnessione trova il primo riconoscimento normativo in Fran- I principali disturbi che possono insorgere sono quelli tipici dei videotermina-
cia. In Italia, il diritto alla disconnessione è un istituto dai confini non ancora listi:
ben definiti. È la legge sul lavoro agile (Legge n. 81/2017) che tratta questo • Disturbi muscolo-scheletrici, soprattutto a carico della zona cervicale e
tema prevedendo, al co. 1 dell’art. 19, che l’accordo individuale relativo alle dorsale;
modalità di lavoro agile stabilisca “i tempi di riposo del lavoratore nonché le • Disturbi visivi;
misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione • Affaticamento eccessivo.
del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. • Nell’allestire una postazione è necessario considerare i seguenti aspetti:
• Disposizione delle attrezzature di lavoro (piano di lavoro, sedia, ecc.)
• Facilità di utilizzo delle apparecchiature d’ufficio
Rischi di natura ergonomica • Fattori ambientali (aerazione, illuminazione, rumore)

La definizione della parola “ergonomia”, inserita la prima volta nel vocabolario È importante anche tenere in considerazione le caratteristiche antropometri-
Zingarelli nel 1965 e finora non modificata, è “disciplina che studia le condi- che del lavoratore (altezza, peso, ecc.).
zioni e l’ambiente di lavoro per adattarli alle esigenze psico-fisiche del lavora-
tore”.

Si tratta, quindi, di un settore interdisciplinare che riguarda l’ingegneria, l’ana-


tomia, la fisiologia, la biomeccanica, ecc.
Diverse normative in ambito di salute e sicurezza sul lavoro hanno sottoline-
ato l’esigenza di progettare situazioni e strumenti di lavoro rispondenti ai
principi ergonomici.

Nello specifico l’art. 15 del D.Lgs. n. 81/08 introduce l’obbligo del rispetto dei
principi ergonomici e ne definisce i campi di applicazione in merito a:
• progettazione e organizzazione dei posti di lavoro;
• scelta delle attrezzature;
• definizione dei metodi di lavoro e produzione.

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Igiene posturale
Oltre al corretto allestimento della postazione di lavoro, è bene attuare
interventi di sensibilizzazione per prevenire l’insorgenza di disturbi
muscolo-scheletrici del rachide.

Lo smart worker, attraverso questi interventi, impara a:


• conoscere la colonna vertebrale;
• usare correttamente il rachide;
• gestire fenomeni quali ansia, tensione e stress;
• assumere stili di vita corretti (alimentazione, attività fisica, riposo not-
turno, ecc.).

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