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Computer Graphic

1) DIGITAL CREATIVITY
Per capire di cosa si tratta possiamo partire da una CITAZIONE di EINSTEIN “La creatività è contagiosa e innata”, e
oggi, grazie al digitale, sotto alcuni aspetti, può essere molto più SEMPLICE che in passato, e anche chi non sente di
essere particolarmente creativo, può essere contagiato dalle possibilità offerte dagli strumenti digitali.
Cos’è la digital creativity?
La DIGITAL CREATIVITY non è altro che la CAPACITÀ di CREARE e MODIFICARE NUOVI CONTENUTI
DIGITALI, integrando ed ELABORANDO anche CONOSCENZE PREGRESSE.
Possiamo prendere come esempio il TEAM MOZILLA, il quale ci dà un’IDEA di come vengono PROPOSTI e
STUDIATI alcuni PASSAGGI:
 REMIX: in questo caso si SPECIFICA, si OTTENGONO e si UTILIZZANO CONTENUTI con LICENZA
APERTA “ODOSOS”, ovvero l’ACRONIMO di OPEN DATA, OPEN SOURCE, OPEN
STANDARDS
 REVISE: in questo caso si AGGIUNGONO, si RIMUOVONO e RIPOSIZIONANO le COMPONENTI
 COMPOSE: si ORGANIZZANO le INFORMAZIONI e i CONTENUTI che verranno AGGIUNTI in una
PAGINA WEB
 DESIGN: è legata alla VISUALIZZAZIONE ESTETICA dei CONTENUTI, in questa fase parliamo di
MOCKUP. A sua volta questo aspetto si divide in:

 ASPETTO FORMALE
 ASPETTO TECNICO
 ASPETTO ESPRESSIVO

1.1 Il creativo
Cosa vuol dire essere creativi?
Quando parliamo di un UTENTE CREATIVO, parliamo di una persona che ha:
1. SINTESI
2. ENERGIA: una persona creativa tende ad essere attiva, aperta a qualsiasi possibilità
3. DINAMICITÀ
4. TENACIA: una persona creativa ha una DETERMINAZIONE INCROLLABILE e difficilmente si arrende
fino a quando non è soddisfatta di ciò che ha prodotto, e non si lascia abbattere da eventuali ostacoli
5. CURIOSITA’: senza la curiosità non esisterebbe la creatività, questa va però indirizzata a un fine preciso e
incanalata in un metodo per essere davvero produttiva
6. SEMPRE IN FERMENTO: il processo creativo NON può essere ACCESO e SPENTO come una lampadina,
ecco perché i creativi difficilmente riescono a distarsi o a interrompere un processo creativo mentre sta
accadendo
7. IMMAGINAZIONE: i sogni, la fantasia, l’immaginazione, sono fondamentali in un processo creativo
8. PROBLEM SOLVING: il creativo deve essere in grado di osservare e risolvere i problemi utilizzando un
punto di vista differente dal solito, cercando di applicare ciò che viene definito FUORI DAGLI SCHEMI
Il digitale ci pone nella condizione di poter essere estremamente creativi, più di quanto lo saremmo se utilizzassimo
strumenti non digitali. I TOOL a disposizione ci consentono di sperimentare, tentare strade nuove. E’ vero però, che di
pari passo con la facilità con cui è possibile PRODURRE NUOVI CONTENUTI DIGITALI, viaggia anche la
NECESSITA’ di TUTELARE l’origine di questi contenuti, e quindi, nonostante online sia estremamente facile di
appropriarsi di materiale altrui e di rielaborarlo grazie alla propria capacità creativa, va sempre fatto nel pieno rispetto
del DIRITTO D’AUTORE e della PRIVACY.

1.2 Hard Skills


Questa TRASFORMAZIONE DIGITALE ha IMPOSTO delle REGOLE nelle AZIENDE, trasformando i PROCESSI
PRODUTTIVI e MODIFICANDO i MODELLI di BUSINESS. Questo porterà all’individuazione di HARD SKILL e
SOFT SKILL, due elementi che andranno di PARI PASSO. Le HARD SKILL, non sono altro che delle
COMPETENZE TECNICHE e TANGIBILI, legate alla TRASFORMAZIONE DIGITALE, e possono essere
ACQUISITE solo con la FORMAZIONE e l’ESPERIENZA.
Vengono utilizzate maggiormente nell’AMBITO IT e sono:
1. DATA ANALYSIS: prendiamo in considerazione i BIG DATA, sono delle INDICAZIONI UTILI su come
INIZIARE ad INDIRIZZARE gli INVESTIMENTI
2. CLOUD COMPUTING: si parla della CONSERVAZIONE dei DATI, i quali devono essere sempre
REPERIBILI
3. SOFTWARE DEVELOPMENT: è la CAPACITÀ di SVILUPPO di un SOFTWARE, difatti bisogna
conoscere i LINGUAGGI di PROGRAMMAZIONE. Abbiamo BACK END, FRONT END e FULL
STACK DEVELOPER, tutti si occupano di SVILUPPO
4. SEO: (Search Engine Optimization) entriamo nel campo del DIGITAL MARKETING, si OTTIMIZZANO le
RICERCHE. Grazie all’utilizzo di KEYWORD, KEWPHRASE e specifiche TECNICHE di SCRITTURA, un
esperto di SEO è in grado di creare testi per siti web e scalare la Serp, e fornire maggiore visibilità all’azienda
di appartenenza.
5. SECURITY: in questo caso si PROTEGGONO i DATI, le figure che ne fanno parte sono CYBER SECURITY
ENGINEER, MALWARE ANALUST, i quali creano dei sistemi di CRITTOGRAFIA e delle LINEE GUIDA per
i COLLABORATORI

1.3 Soft Skills


Abbiamo affermato che le HARD SKILL da sole NON BASTANO, difatti vengono in aiuto le SOFT SKILL che si
dividono in altre CATEGORIE:
- SOFT SKILL DI BASE: sono fondamentali per il professionista che vuole mantenere la propria competitività a
livello personale, professionale e aziendale. Di questo gruppo ne fanno parte:
1. DIGITAL MINDSET: è la capacità che permette di utilizzare in modo corretto gli STRUMENTI per
REPERIRE NUOVE INFORMAZIONI, è legata al CAMBIAMENTO e all’INNOVAZIONE
2. DIGITAL LITERACY: è la capacità di utilizzare internet per ACCEDERE, INTEGRARE, GESTIRE e
VALUTARE tutte le INFORMAZIONI tramite svariati dispositivi tecnologici. Si è in grado di muoversi
CONSAPEVOLMENTE all’interno del MONDO DIGITALE
3. DIGITAL PRIVACY: è la capacità di attuare ACCORGIMENTI per proteggere i DATI e le
INFORMAZIONI. CONOSCE le MINACCE e sa come DIFENDERSI da esse
4. KNOWLEDGE NETWORKING: ha il compito di REPERIRE, ORGANIZZARE e CONDIVIDERE le
CONOSCENZE all’INTERNO del NETWORK
-SOFT SKILL COLLABORATION: di questo gruppo ne fanno parte:
1. VIRTUAL COMMUNICATION: la capacità di GESTIRE la COMUNICAZIONE sui canali digitali dove le
distanze SPAZIO-TEMPO si annullano, sia in modalità ONE TO ONE che ONE TO MANY. Un esempio è la
piattaforma Teams.
2. DIGITAL TEAM WORKING: la capacità di LAVORARE in TEAM in modo produttivo, sia FISICAMENTE
che da REMOTO
3. DIGITAL PROBLEM SOLVING: la capacità di risolvere problemi attraverso STRUMENTI e SOLUZIONI
DIGITALI
4. DIGITAL CREATIVITY: la capacità di CREARE e si MODIFICARE dei CONTENUTI DIGITALI
SOFT SKILL COMMUNICATION: in questo caso avremo:
1. DIGITAL LISTENING: attività di ASCOLTO del PASSAPAROLA ONLINE, che permette di comprendere e
misurare, QUANTO, QUANDO e COME gli utenti parlano di un determinato argomento.
2. DIGITAL INFLUENCE: è la capacità di INFLUENZARE il PENSIERO e il COMPORTAMENTO altrui
attraverso l’utilizzo dei CANALI DIGITALI. In questo modo è possibile costruire un forte PERSONAL
BRANDING sui canali digitali
3. DIGITAL SELLING: la capacità di sfruttare le reti sociali come proficui canali di VENDITA.

2) INTRODUZIONE ALLA COMPUTER GRAFICA


Definizione di Treccani: la computer grafica è l’insieme di tecniche e algoritmi informatici per la GENERAZIONE e
la modifica di immagini e video digitali.
La computer grafica può essere definita come la SCIENZA e l’ARTE della COMUNICAZIONE VISIVA per mezzo
di uno schermo del computer e dei suoi dispositivi di interazione
La computer grafica si serve di tante discipline, come la fisica, la matematica, l’elaborazione delle immagini, la
grafica e l’arte: la fisica serve per modellare la luce, la matematica per descrivere e creare forme. Il graphic design e
l’arte si combinano con l’interazione uomo-macchina per far si che la comunicazione tra computer e utente sia il più
efficace possibile
La Computer Grafica è anche l’insieme delle tecnologie che mi permettono di creare e manipolare le immagini. Può
essere anche identificata come un SOTTOCAMPO, una BRANCA dell’informatica, perché studia i metodi per ridurre,
manipolare, sintetizzare digitalmente le immagini e il trattamento di contenuti visivi delle informazioni.
E’ spesso abbreviata come CG, tuttavia a volte l’acronimo viene confuso con CGI, cioè computer-generated imagery,
ovvero le immagini generate al computer. E’ una SOTTOAREA della CG. Quindi CGI è un aspetto della CG.
Su cosa interviene la Computer Graphic?
Al giorno d’oggi la computer grafica è parte integrante di tantissimi ambiti professionali e industriali. La CG
interviene su DTP (desktop publishing), SIT o GIS (Sistemi informativi territoriali), progettazione grafica CAD,
visualizzazione di dati tecnico/medico/scientifici CAE, tv e pubblicità, design industriale, videogiochi, ritocco
fotografico e montaggio di filmati, industria cinematografica, film d’animazione digitale ed effetti speciali, indagini
mediche e procedure chirurgiche, previsione metereologiche.
Ci sono altri due acronimi: WYSIWYG e GUI.
WYSIWYG: What you see is what you get. Permette di vedere quello che verrà realizzato. Questo ragionamento è
utilizzato nell’ambito del web, perché deve tener conto dell’utente che lo andrà a vedeere.
GUI (interfacce grafiche utente): La GUI RIDUCE il passaggio fra l’UOMO e il COMPUTER. Esistono varie
interfacce, oggi usiamo quella touchscreen, o anche quella con la voce (VUI, tipo Siri).

C’è una continua ricerca per controllare le MACCHINE INDUSTRIALI con i computer. Quindi l’esigenza è
INDUSTRIALE. L’espressione computer graphics fu coniata nel 1960 dai ricercatori VERNE HUDSON e
WILLIAM FETTER.
Si ricorda maggiormente Fetter perchè ha ESPLORATO i fondamentali della prospettiva nell’animazione digitale
della figura umana dal 1960 ed è stato il primo a crearne una come modello 3D.
Nel 1959 lo chiama la BOEING, azienda produttrice di aeroplani, ingaggiandolo in qualità di ART DIRECTOR del
dipartimento CAD, per esplorare nuove idee creative per la produzione di disegni 3D. Egli creò un nuovo concetto per
disegnare prospettive per poter capire meglio i PILOTI e gli AEREI. Intuisce che i computer potevano essere a suo
servizio e che quindi i programmatori e gli ingegneri potevano essergli d’aiuto.
Viene a capo di un dipartimento tutto suo a Seattle. Successivamente si associa al movimento E.A.T (Experiments in
Art and Technology).
Fetter divenne conosciuto per la creazione della prima figura umana in una serie di grafiche computerizzate di un
PILOTA D’AEROPLANO. Il suo studio viene pubblicato sul Print magazine, dove descrisse lo sviluppo della
computer grafica e la HUMAN FIGURE perché lo scopo iniziale di questo gruppo era usare il pilota come
animazione nei film.
Il FirstMan è stato un pilota in una breve animazione digitale del 1964, anche conosciuto come BoeingMan e ora
come Boeman dalla compagnia Boeing. Fetter preferì il termine “HUMAN FIGURE” per il pilota.
Lui si chiede come far muovere il pilota dentro la cabina; ha un nuovo modo di concepire la prospettiva. Creò un
nuovo concetto di disegnare ed è il primo studio di computer grafica a tutti gli effetti.
C’è un altro personaggio che supporta Fetter e si chiama BERNARD. Implementa il ragionamento di Fetter attraverso
le formule matematiche. Il progetto fu mostrato come un’animazione in un film.
Le prime ANIMAZIONI furono fatte dagli SCIENZIATI, e l’immagine rappresentò direttamente gli ultimi SVILUPPI
TECNOLOGICI nel campo. Il primo film fu fatto da ZAJAC alla BELL LABS. Zajac stava conducendo uno studio
sul COMPORTAMENTO del SATELLITE attorno alla TERRA. Fa un filmato di 4 min in bianco e nero. Egli scoprì
che l’animazione era il modo più logico per rappresentare le sue scoperte. Trova un sistema di CG e lo traduce in un
sistema matematico.
Computer Nude, è la prima opera d’arte più diffusa realizzata utilizzando un computer. Dimostra la capacità unica
del cervello dello spettatore di
interpretare una composizione di
simboli astratti raggruppati come una
figura umana. LEON HARMON
(ricercatore in neuroscienze, quindi,
come il cervello percepisce le
immagini) e KEN KNOWLTON
(ingegnere informatico) hanno
reimmaginato una fotografia della ballerina DEBORAH HAY come un MOSAICO BITMAP utilizzando un
programma che hanno sviluppato.

2.1 La rappresentazione digitale delle informazioni. – Dal testo alle immagini


Nella forma DIGITALE una grandezza è rappresentata in modo discreto da una SEQUENZA di CAMPIONI. Un
campione può rappresentare il LIVELLO di COLORE di un pixel, l’ampiezza di un suono in un certo istante, un
carattere, un numero.
Si parla quindi di Campionamento: numeri chiari, interi, non deve dare ambiguità.
La struttura della grandezza digitale mi porta al LINGUAGGIO BINARIO (0 e 1).
La rappresentazione attraverso ‘0 e 1’ (sistema binario) ha un importante vantaggio: i dati binari sono facilmente
rappresentabili all’interno di un computer.
0 e 1 vengono detti BIT. L’u.m. è il BYTE.
. Il bit è l’UNITA’ PRIMORDIALE DIGITALE, tra due scelte (0 e 1).
La stringa di 8 cellette si chiama byte.
Una stringa = una sequenza. Una stringa è formata da una rappresentazione. I numeri di questa rappresentazione sono
digitale e binario.
Il testo, così come le immagini, hanno una codifica binaria. Nel caso dei numeri, non dobbiamo fare altro che passare
da una notazione all’altra. Codificare invece in formato binario un’informazione di tipo testuale risulta più complesso.
Per capire come tradurre in digitale un testo si utilizzerà una tabella di codifica dei caratteri. La codifica di
riferimento, per molto tempo, è stata la cosiddetta tabella ASCII
ASCII è un acronimo (American Standard Code for Information Interchange). La tabella permette di DISTINGUERE
i caratteri.
La codifica ASCII originaria, chiamata ASCII stretto, permetteva di distinguere 128 caratteri diversi. La tabella di
caratteri attualmente più usata, denominata Iso Latin 1, distingue 256 caratteri, i primi 128 dei quali sono ereditati
dall’ASCII stretta.
Ogni carattere ha una sua sequenza binaria.
Si è passati poi ad UNICODE, molto più ampia con l’invenzione di nuovi caratteri, si cerca di utilizzare 2 byte. Viene
soggetta a revisioni e viene indicata UTF con le tabelle di conversioni che possono essere a 8 a 16 a 32 byte.
Molte applicazioni consentono di rappresentare i caratteri secondo diverse font. Ad esempio la lettera A, scritta con
font differenti. Ciò NON significa che il carattere è stato codificato diversamente, è solo l’ASPETTO GRAFICO che
cambia.
Nelle immagini il discorso cambia. Il ragionamento è fatto sui pixel. Quel pixel, quella sfumatura di colore, è
codificato da dei bit. Più bit abbiamo, più colori abbiamo a disposizione
E’ importante anche la FORMA del pixel.
Nell’immagine, in generale, la forma del pixel (aspect ratio, il rapporto fra il numero digitale e le colonne) è
QUADRATA. Ma per essere performante, nei video ha la forma RETTANGOLARE. Il pixel può avere quindi un
RAPPORTO D’ASPETTO (aspect ratio) diverso.

In una qualunque immagine bisogna tener conto di questi parametri:

 Risoluzione di immagine: la QUANTITA’ di PIXEL all’interno dell’immagine in relazione alle RIGHE e alle
COLONNE.
Le unità di misura della risoluzione sono:
o DPI (dots per inch) : unità di misura della quantità di punti di inchiostro che una stampante può
depositare per ogni pollice. Nella stampa, la tipica risoluzione è di 300dpi
o PPI (pixel per inch) : unità di misura della quantità di pixel compresi in ogni pollice di dimensione
lineare dello schermo.
o LPI (lines per inch) : la frequenza di retino corrisponde al numero di punti di stampa o di celle
mezzetinte per pollice usato per stampare immagini in scala di grigio o selezioni colore. Detta anche
RETINATURA o LINEATURA, la frequenza di retino è misurata in linee per pollice.
 Dimensione delle immagini: 16:9
 Formato/dimensione file
 Profondità di colore: QUANTA MEMORIA viene inserita nei PIXEL e si misura con i BIT. Più bit metto
meglio descrivo il colore. Maggiore è la profondità, più colori abbiamo
Immagini al tratto: 1 bit: 2 colori
Mezzatinta e scala di colore: 8 bit: 2 alla 8: 256 colori/grigio
Elevato numero di colori: 16 bit: 2 alla 16: 65536 colori
Le immagini in RGB, quindi a video, ma anche scala di grigio o quadricromia hanno 8 bit per ogni canale di colore.
Quindi 8 bit per il rosso, 8 per il verde e 8 per il blu. Fa 2 elevato a 24 (2 elevato a 8x3), fra 16,7 milioni di colore.
Su canali CMYK, 32 bit: 2 elevato a 8x4: 2 elevato a 32: milioni di colori.

IL RICAMPIONAMENTO
In caso ci trovassimo davanti ad un’immagine a 72DPI possiamo attuare il RICAMPIONAMENTO, non è altro che
l’AGGIUNTA di INFORMAZIONI che ci permette di AGGIUNGERE dei PIXEL MANCANTI, i quali verranno
“INVENTATI” poiché NON APPARTENGONO alla nostra IMMAGINE.
Il RICAMPIONAMENTO di PS ha delle CARATTERISTICHE DIFFERENTI a seconda del TIPO di IMMAGINE,
quelle COMUNI sono BICUBICHE, più o meno MORBIDE, NITIDE o RAPIDE ecc. Per capire se il nostro
SCATTO presenta delle CARATTERISTICHE IDONEE, dobbiamo prendere il VALORE più ALTO dell’IMMAGINE
(3600px), DIVIDERLO per il VALORE più ALTO della STAMPA che si vuole fare [20X30(3600:30)], prendere il
RISULTATO (120), MOLTIPLICARLO per i POLLICI (120x2,54) e se il RISULTATO (304,8), si AVVICINA a 300,
allora possiamo UTILIZZARLA .

ISTOGRAMMA
È un GRAFICO inerente alle OMBRE e alle LUCI dell’IMMAGINE, che ci dà dei PIXEL per ogni GRADO di
INTENSITÀ di COLORE. Sulla SINISTRA possiamo trovare le OMBRE, a DESTRA le LUCI, mentre nel MEZZO
abbiamo i MEZZOTINTI, vi è anche un’ASSE VERTICALE che ci mostra la QUANTITÀ di PIXEL nell’IMMAGINE.

3) GRAFICA BITMAP E GRAFICA RASTER


GRAFICA VETTORIALE: queste immagini si BASANO su delle CURVE che sono MATEMATICAMENTE
DEFINITE, esse sono dette VETTORI. Vi sono anche degli ATTRIBUTI nonché delle FORME AGGIUNTIVE alla
stessa FORMULA MATEMATICA, come il COLORE, lo SPESSORE e la TRACCIA. Il VANTAGGIO di usare
questa GRAFICA è che possiamo SCALARE INFINITAMENTE gli ELEMENTI i quali possono essere MODIFICATI
e DEFORMATI, NON INTACCANDO la QUALITÀ. Prediligiamo l’USO di IMMAGINI VETTORIALI per,
MANIFESTI, LOGOTIPI, MARCHI ecc.
GRAFICA RASTER: in questo caso abbiamo un processo di RASTERIZZAZIONE dove gli ELEMENTI sono
COMPOSTI da PIXEL e hanno delle POSIZIONI DEFINITE, di conseguenza se MODIFICHIAMO un’IMMAGINE
RASTER, RIDIMENSIONANDOLA ecc, andiamo ad INTACCARE questi PIXEL che CAMBIANO POSIZIONE. Ma
se queste immagini vengono MODIFICATE in PROPORZIONE i PIXEL NON vengono INTACCATI.
I dati RASTER richiedono più spazio a livello di memoria, rispetto a un file VETTORIALE.

3.1 La digitalizzazione
Il PASSAGGIO da un’IMMAGINE VETTORIALE ad una RASTER è SEMPRE POSSIBILE, poiché si TRADUCE
l’OGGETTO in PUNTI LUMINOSI; mentre per quanto riguarda il PASSAGGIO INVERSO (da raster a vettoriale)
NON SEMPRE è POSSIBILE, poiché si PERDONO INFORMAZIONI, come COLORI e SFUMATURE.
Possiamo ricorrere però in questo caso alla DIGITALIZZAZIONE che si realizza attraverso DUE OPERAZIONI:
1. CAMPIONAMENTO SPAZIALE: in questo caso l’IMMAGINE viene SCANNERIZZATA o CAMPIONATA
in una GRIGLIA composta da PIXEL, questo RETICOLO prende il nome di BITMAP. Grazie alla
QUANTITÀ di PIXEL all’INTERNO di questo RETICOLO capisco la mia RISOLUZIONE
2. QUANTIZZAZIONE CROMATICA: in questo passaggio devo ATTRIBUIRE ad ogni PIXEL un VALORE
NUMERICO dettato dal SISTEMA BINARIO che è VERSATILE, ad esempio le IMMAGINI BIANCO e
NERO sono QUANTIZZATE “0-1”, quindi 1 BIT, quest’ultimo si DISTRIBUISCE su OGNI CANALE
Un altro CASO SIMILE potrebbe essere il PASSAGGIO da DIGITALE ad ANALOGICO, dove parliamo di
INTERPOLAZIONE piuttosto che di CAMPIONAMENTO, ma è sempre un’AZIONE COMPLESSA poiché il
SEGNALE ANALOGICO NON ‘è SEMPRE PRESENTE
3.2 Compressione delle immagini – Riduzione del formato
La COMPRESSIONE è una particolare operazione di CODIFICA, nella quale l’obbiettivo è quello di generare un file
di dimensione MINORE del file SORGENTE.
Le IMMAGINI vengono COMPRESSE e DECOMPRESSE, per RIDURRE i FILE utilizziamo DUE SISTEMI:

 LOSSY: è un SISTEMA DISTRUTTIVO poiché le INFORMAZIONI vengono ELIMINATE in MODO


TRASCURABILE e NON possono essere RIPRESE, difatti NON avremo più l’IMMAGINE
ORIGINALE con le sue INFORMAZIONI INIZIALI. Vi è però un VANTAGGIO, ovvero quello di avere
FILE più LEGGERI e poter SCEGLIERE quali INFORMAZIONI SUPERFLUE ELIMINARE. Se
AUMENTO il VALORE della COMPRESSIONE, vado a RIDURRE la RISOLUZIONE, viceversa se MENO
COMPRIMO ho PIÙ INFORMAZIONI.
L’ALGORITMO di COMPRESSIONE (metodo per la compressione) è il JPEG che viene UTILIZZATO nel
FORMATO GRAFICO JPG, e SEGUE diversi PASSAGGI:
- RICAMPIONATURA: dove l’IMMAGINE viene CAMBIATA in un ALTRO SPAZIO COLORE differente
dall’RGB, ed è l’YUV, uno SPAZIO COLORE che si BASA sul COLORE e sulla LUMINOSITÀ, e ha il
compito di ELIMINARE i DATI SUPERFLUI relativi al COLORE.
- SCOMPOSIZIONE: l’IMMAGINE viene SCOMPOSTA in FREQUENZE attraverso la DCT (trasformazione
discreta del coseno). Le ALTE FREQUENZE (dettagli più fini) NON vengono PERCEPITE dall’UOMO, di
conseguenza questo passaggio RISPARMIERÀ su QUEST’ULTIME.

 LOSSLESS: è un SISTEMA NON DISTRUTTIVO, dove le INFORMAZIONI vengono SOTTRATTE dai


FILE, ma NON in modo PERMANENTE, difatti le POSSIAMO RECUPERARE e ricostruire l’informazione
ORIGINALE. In questo SISTEMA abbiamo delle INFORMAZIONI PESANTI ma una COMPRESSIONE
BASSA. L’ALGORITMO di COMPRESSIONE in questo caso è vario, abbiamo 3 TIPOLOGIE:
 RLE: è una tecnica di compressione senza perdita supportata dai formati di file Photoshop e TIFF. E’
basato sulla RIPETIZIONE di elementi consecutivi. Solitamente si applica alle immagini con pochi
colori, ma può essere utilizzato su qualunque file dove si trovino lunghe sequenze dove lo stesso bit
viene ripetuto.
L’algoritmo di RLE cerca nei dati da comprimere una SERIE di ELEMENTI UGUALI, e la
SOSTITUISCE con un solo elemento, attribuendo un carattere speciale (CODICE R) e il numero di
volte che esso va ripetuto. Viene UTILIZZATO per i FUMETTI o per gli ELEMENTI GEOMETRICI.
 LZW: viene UTILIZZATO per i FORMATI GRAFICI come GIF, PDF o TIFF. E’ utile per
comprimere immagini contenenti ampie aree di un unico colore come le immagini di cattura dello
schermo o semplici immagini di tipo Paint. è SIMILE all’RLE ma PREDILIGE IMMAGINI
MONOCROMATICHE, in più viene UTILIZZATO anche per TESTI e SUONI
 ZIP: è una tecnica di compressione SENZA PERDITE supportata dal formato di file PDF. E’ efficace
per immagini contenenti ampie aree di un unico colore.
Esiste anche una forma di codifica JPEG senza perdita ma NON è usata

3.3 Formati raster


I PRINCIPALI FORMATI RASTER sono:

 BMP (bitmap): è una MAPPA di BIT, presenta un’ESTENSIONE composta da 3 CIFRE. È un FORMATO
VECCHIO che nasce intorno agli ANNI 90, viene INTRODOTTO da WINDOWS e permetteva di
UTILIZZARE NUMEROSE RISOLUZIONI CROMATICHE. Possiamo inserirlo sia nei FORMATI
COMPRESSI che NON, viene UTILIZZATO MAGGIORMENTE per IMMAGINI SENZA COMPRESSIONE.
Il suo ALGORITMO di COMPRESSIONE è l’RLE, che come abbiamo visto è LIMITATO. Una delle sue
PECULIARITÀ è quella di essere un FORMATO VELOCE, ma INGOMBRANTE, inoltre viene TUTELATO
da BREVETTI, NON prevede l’ANIMAZIONE ed è INDIPENDENTE dal DISPOSITIVO, quindi
MANTIENE la QUALITÀ
 TIFF: ha il compito di GESTIRE tutti gli SPAZI COLORE, inoltre CONTIENE i METADATI
dell’IMMAGINE. Inizialmente era di PROPRIETÀ dell’ALDUS CORPORATION, un’AZIENDA
AMERICANA che successivamente venne ASSORBITA da ADOBE. È un FILE CORPOSO dove
l’ALGORITMO di RIFERIMENTO è l’LZW, di tipo LOSSLESS, e potremmo utilizzarlo come FILE
DEFINITIVO da CONSEGNARE alle TIPOGRAFIE. Permette di SCAMBIARE file fra DIVERSE
applicazioni e piattaforme (RGB,CMYK, LAB) e permette una stampa di QUALITA’
 JPEG/JPG2000: JPEG è stato progettato per memorizzare immagini a colori o grigi di scene fotografiche
naturali in modo compresso. JPEG tratta immagini statiche, ma esiste un altro standard correlato, MPEG, per i
filmati. Vi è anche il JPEG2000. Vi sono delle MINIME DIFFERENZE tra questi due, il JPG2000 a
differenza del JPG normale LAVORA su MOLTI COLORI con TONI CONTINUI, tende ad OTTIMIZZARE
l’IMMAGINE SENZA DEGRADARLA e utilizza ENTRAMBE le COMPRESSIONI. Riesce a GESTIRE
IMMAGINI MOLTO GRANDI (65 mila pixel x 65 mila pixel). Una PECCA è il fatto che NON venga
RICONOSCIUTO SEMPRE come FORMATO GRAFICO e AFFATICA il PC, ma il VANTAGGIO è che
SCAMBIA IMMAGINI con il WEB.
 GIF: venne CREATO da un’AZIENDA “COMPUSERVE”, ha COLORI LIMITATI (256+grigi), però
TRASMETTE le IMMAGINI in MODO SEMPLICE. Sfrutta l’ALGORITMO LZW, con compressione
lossless. Solitamente NON viene CONSIGLIATO per le IMMAGINI con SFUMATURE, o IMMAGINI
FOTOGRAFICHE. SUPPORTA il CANALE ALPHA, quindi le TRASPARENZE, in più vi è anche
l’ANIMAZIONE. Il suo MASSIMO lo dà sul WEB poiché man mano che si CARICA AUMENTA anche la
sua RISOLUZIONE.
 PNG: è un formato di file per memorizzare immagini. Nacque per sostituire il GIF quando divenne a
pagamento. E’ una VIA di MEZZO tra JPG e GIF, difatti SUPPORTA le IMMAGINI FOTOGRAFICHE fino a
24 BIT. Il suo algoritmo di compressione è LZW.
 DICOM: è un FORMATO STANDARD che DEFINISCE la COMUNICAZIONE, la VISUALIZZAZIONE e
l’ARCHIVIAZIONE, nel CAMPO MEDICO. È ACCESSIBILE a TUTTI poiché NON è
PROTETTO e NON ha un suo ALGORITMO di COMPRESSIONE.
 RAW: Viene utilizzato per NON avere PERDITE di QUALITA’. L’immagine catturata dal SENSORE viene
registrata nella sua forma originaria, NUMERICA, dopo essere stata SOLO CONVERTITA da ANALOGICA
a DIGITALE. I file RAW vengono elaborati con appositi SOFTWARE o PLUG-IN specifici
 JPEG XR (HD PHOTO): Nativo per WINDOWS VISTA. Ha una compressione sia LOSSY che LOSSLESS.
Supporta SCALA di GRIGI, RBG e CMYK. Può includere profilo colore ICC per mantenere la resa dei colori
su diversi dispositivi, un canale alpha per la TRASPARENZA e METADATI. Questo formato permette di
rappresentare più immagini in un unico file, di decodificare solo parte di un’immagine e di ritagliare, ridurre
in qualità, ribaltare o ruotare senza dover decodificare il file. Esistono formati di base per la FOTOGRAFIA
DIGITALE e formati avanzati per la grafica 3D
 WEBP: si BASA sulla COMPRESSIONE di IMMAGINI SENZA PERDITA e viene UTILIZZATA per il WEB.
Le DIMENSIONI delle IMMAGINI sono PICCOLE e NON PERDONO QUALITÀ

3.4 Formati vettoriali


 SVG: è il PIÙ DIFFUSO e indica una tecnologia in grado di visualizzare oggetti di grafica VETTORIALE e,
pertanto, di gestire immagini scalabili dimensionalmente. Riesce a DESCRIVERE le FIGURE
BIDIMENSIONALI sia STATICHE che in MOVIMENTO, inoltre sfrutta il CLIPPING, ovvero quell’AZIONE
di TAGLIARE un ELEMENTO
 PS: (POST SCRIPT) nasce intorno all’85 ed è un FORMATO legato alla PROGRAMMAZIONE, diciamo che
è un FILE di TESTO che CONTIENE un PROGRAMMA che viene ESEGUITO su un PROCESSORE,
quest’ultimo CREA una LISTA di COSE da FARE
 EPS: Encapsulated Postscript, nasce nell’85. E’ un programma PS formattato con DSC. E’ uno STANDARD
per l’esportazione e l’importazione di file PostScript in qualunque ambiente. EPS può contenere anche
un’anteprima bitmap così che i programmi che non possono interpretare il PS possano comunque dare una
rappresentazione approssimata del contenuto del file su monitor e sulle stampanti non PostScript.
Normalmente EPS viene INCLUSO come ILLUSTRAZIONE in qualche altro lavoro.
 PDF: viene definito un FILE IBRIDO, poiché ha sia TESTO (vettoriale) che la FOTOGRAFIA (raster). È
INDIPENDENTE dal FILE OPERATIVO, possiamo PROTEGGERE il nostro FILE con delle PASSWORD o
FIRMANDOLO DIGITALMENTE.
Il formato è stato standardizzato in una serie di SOTTOFORMATI come PDF/H ambito medico, PDF/E
ingegneria, PDF/X grafica
 EMF: progettato per archiviare GRANDI quantità di DETTAGLI delle IMMAGINI per la STAMPA di ALTA
QUALITA’. E’ usato da molte APPLICAZIONI per Window come formato di SCAMBIO per l’esportazione
di DATI VETTORIALI. Può contenere INFORMAZIONI RASTER. I file di dati sono a 32 BIT e spesso
includono la versione CACHE di una RISORSA GRAFICA o di una FOTOGRAFIA pronta per la stampa
 SHP nasce negli anni 90, è un popolare formato vettoriale per sistemi informativi geografici.
 CAD/CAM/CAE
o DWG (drawing): è il formato CAD più DIFFUSO al mondo
o DXF : è un formato per file di tipo CAD, sviluppato per scambiare dati tra AUTOCAD e altri
programmi
o DWF: Utilizzato per la comunicazione e la condivisione di progetti. Permette di REVISIONARE o
STAMPARE file CAD
o DNG (design): utilizzato dalle applicazioni Bentley Microstation e Integraph IGDS (ingegneria
industriale e navale)

3.5 Formati innovativi


 WEBP: si BASA sulla COMPRESSIONE di IMMAGINI SENZA PERDITA e viene UTILIZZATA per il WEB.
Le DIMENSIONI delle IMMAGINI sono PICCOLE e NON PERDONO QUALITÀ
 XCF: CORRISPONDE al FORMATO PSD

4) METODI E SPAZI COLORIMETRICI


Il COLORE è una determinata LUNGHEZZA D’ONDA della luce percepita dal nostro occhio.
La percezione del colore è un processo PSICOFISICO complesso:

 Coinvolge i processi FISICI, legati alle caratteristiche spettrali del segnale luminoso
 Coinvolge i processi PSICO-BIOLOGICI che gestiscono il modo in cui il cervello interpreta il segnale
luminoso

Nei computer la riproduzione dei colori avviene tramite gli SPAZI COLORE.
Lo spazio, o MODELLO COLORE è un modello nel quale i colori vengono
SCOMPOSTI in SINGOLE COMPONENTI CROMATICHE, così da poterli
rappresentare attraverso dei gruppi di numeri.

- MODELLO RGB : è un modello che funziona per sintesi ADDITIVA, cioè sfrutta la
SOMMA dei tre colori primari: rosso (red) verde (green) e blu (blue), da cui
l’acronimo RGB. Ad ogni componente cromatica viene assegnato un valore che
rappresenta l’intensità luminosa di quel colore e che va da 0 a 255.
Il sistema RGB va dal nero al bianco. Il valore massimo è 255 ed ottengo il bianco. Il
valore minimo è 0, indicando l’assenza di quel componente, ottenendo il NERO.

Il passaggio RGB a QUADRICROMIA, si fa completando PRIMA il lavoro in RGB e


SOLO DOPO si passa in QUADRICROMIA.
DESCRIZIONE GEOMETRICA RGB: se disponiamo su ciascuno dei tre assi
cartesiani delle intensità crescenti di rosso, verde e blu, otterremo una
rappresentazione geometrica del modello RGB, ossia un cubo immaginario che
racchiude al suo interno tutte le possibili sfumature cromatiche. Nel punto di
origine degli assi (0,0,0) tutti e tre i colori avranno intensità pari a 0, cioè
l’assenza completa di colore (nero) e diametralmente opposto, avremo il punto in
cui l’intensità di ciascun colore è la massima possibile, dove si originerà al
contrario il bianco.
Per le sue caratteristiche, il modello RGB è particolarmente adatto nella
rappresentazione e visualizzazione di immagini in dispositivi elettronici .
-MODELLO CMYK: è un modello che funziona per
SINTESI SOTTRATTIVA. I tre colori principali sono il
ciano (cyan), il magenta ed il giallo (yellow), a cui viene
aggiunto anche il nero (key) per riuscire ad ottenere uno
spettro tonale completo. Ad ogni componente cromatica
viene assegnato un valore in percentuale.
Il NERO è un colore in più, che viene aggiunto per
migliorare la PROFONDITA’ del COLORE, per
definire le OMBRE e i CONTORNI, in quanto 3
componenti CROMATICHE NON sono SUFFICIENTI.
Il modello
CMYK è
legato da una
regola: RGB
(1,1,1) –
(C,M,Y)
La SINTESI

SOTTRATTIVA: ogni materia da noi conosciuta assorbe in maniera selettiva solo alcune
lunghezze d’onda della luce e ne riflette altre. Nel caso di corpi che non emettono luce, i colori che i nostri occhi,
percepiscono sono il risultato di tutte le lunghezze d’onda che i materiali non hanno assorbito.
In questo esempio, il nostro occhio vede come ‘giallo’ il cartoncino superiore poiché esso assorbe completamente le
lunghezze d’onda blu: la somma della due lunghezze d’onda rimanenti (rosso+verde) viene interpretata dal nostro
cervello come giallo.

La RAPPRESENTAZIONE GEOMETRICA DEL MODELLO CMYK è molto


simile a quella RGB, con alcune piccole differenze:

 I colori negli spigoli lungo i tre assi cartesiani saranno il ciano, il magenta e
il giallo
 Nel punto di origine degli assi, cioè dove tutti e tre i colori avranno intensità
pari a 0, sarà presente il colore bianco
 Nel punto in cui l’intensità di ciascun colore è la massima possibile sarà
presente un colore chiamato ‘bistro’, un blu-grigio molto scuro.

4.1 La visione cromatica


Il COLORE è una CARATTERISTICA SOGGETTIVA.
La VISIONE CROMATICA è affidata all’ASSORBIMENTO della LUCE da parte dei 3 TIPI di PIGMENTO dei
CONI: il rosso, il verde e il blu.
La luce penetra nell’occhio attraverso la PUPILLA, il foro nero che grazie al muscolo dell’iride si allarga e si restringe
per gestire la quantità di luce. Dopo aver attraversato la pupilla, la luce colpisce la RETINA, una membrana che
riveste la parete intera dell’occhio ricoperta da ELEMENTI FOTOSENSIBILI di DUE tipi:

 BASTONCELLI: usati per la visione NOTTURNA,


sono responsabili della visione degli oggetti in
MOVIMENTO. Sono di un UNICO TIPO e non
permettono la visione dei colori. I bastoncelli si
occupano quindi della LUMINOSITA’
 CONI: usati per la visione DIURNA, sono responsabili della visione dei COLORI. Sono di TRE TIPI,
ognuno dei quali è sensibile alla luce con una determinata lunghezza d’onda (rosso, verde, blu)
I coni del nostro occhio funzionano grazie alla SINTESI DEI COLORI. Gli stimoli dei tre colori principali si
MESCOLANO tra loro in proporzioni variabili per dar vita a tutte le SFUMATURE che PERCEPIAMO.
Questo particolare tipo di visione viene detta TRICROMIA.
I coni essendo SENSIBILI al colore elaborano le INFORMAZIONI in base alla lunghezza d’onda di questo colore.
Devono essere sensibili alla lunghezza d’onda CORTA, MEDIA, LUNGA. Una lunghezza d’onda LUNGA è quella
del ROSSO, media è del GIALLO/VERDE, mentre il BLU è corta.
Di questi recettori, anche la loro distribuzione NON è uguale per tutti nel nostro occhio ed è legata a PERCENTUALI
DIVERSE. Ad esempio il blu il 12%. I coni verdi sono di gran lunga superiori (circa 55%). I coni rossi 30/33%.
Nel nostro cervello, i dati vengono analizzati in modo BINARIO, formando i 6 PRIMATI PSICOLOGICI, in
quanto il cervello li ACCOPPIA, con i COLORI OPPOSTI, per organizzare meglio le informazioni. Al cervello viene
meglio ragionare con le DIFFERENZE
1. BIANCO e NERO: se c’è la luce non può esserci il buio
2. VERDE e ROSSO: se in un colore c’è il verde non può esserci mai il rosso in quel verde. Non può esserci un
verde che va verso il rosso
3. BLU e GIALLO: se c’è il blu non potrà mai esserci il giallo, il blu tendente al giallo.
Il giallo è un colore che si crea quando i coni sono sollecitati CONTEMPORANEAMENTE (verdi e rossi). Il giallo
infatti ha un peso non indifferente in una composizione. Il giallo stimola una grande quantità di coni nel nostro occhio
(33 e 55%)
Il nostro cervello analizza i dati creando la LUMINOSITA (Bianco e nero) e il COLORE (Verde-Rosso/Giallo-Blu).
I colori ci aiutano a distinguere la PROFONDITA’ degli oggetti, le sfumature, la loro distanza. Il colore è
fondamentale per tutti gli esseri viventi.
Il BLACKEST BLACK è una vernice inventata nel 2019, è il materiale più nero nel mondo in quanto ha il 99,995%
della luce assorbita. Passando questa vernice in un oggetto, gli tolgo la tridimensionalità.

4.2 Spettro visibile


Il nostro occhio riesce a percepire ALCUNE lunghezze d’onda. Il nostro
spettro visivo è SOLTANTO una PICCOLISSIMA PARTE, fra i 400 e i
700.
Nello spettro visibile, il MAGENTA NON esiste ed è dato dalla
SOVRAPPOSIZIONE di più lunghezze d’onda (blu e rosso).
Il blu ha la SOGLIA di SENSIBILITA’ più BASSA, mentre il rosso ha
quella più ALTA.

Nel 1931, la CIE decide di effettuare dei test su delle


persone per capire quali erano le CARATTERISTICHE
VISIVE di una persona media, nonché l’ASPETTO
della REAZIONE di un SINGOLO COLORE. Questo si
chiama OSSERVATORE STANDARD.
Nel 1978 l’osservatore standard è stato in parte
modificato. Questo sistema porta alla realizzazione di
un DIAGRAMMA di CROMATICITA’.

La SCALA SPETTRALE è quella VISIBILE, dal viola


al rosso.
La SCALA della LUMINOSITA’, dipende dal nostro
occhio, da come DETERMINATE quelle LUNGHEZZE
D’ONDA.
Partendo dall’osservatore si ricava il DIAGRAMMA di
CROMITICITA’, dove ci sono tutti i VALORI
CROMATICI VISIBILI, anche se trascura la
BRILLANTEZZA del colore. Serve per mettere ordine nel
RAGIONAMENTO COLORISTICO.
Sull’asse delle x c’è la parte del rosso. Mentre sulla parte
verticale ci sono le TONALITA’ del VERDE.
Esiste uno sviluppo lungo l’asse z, che va dal BIANCO al
NERO e permette di inserire il FATTORE di
LUMINANZA. Sul bordo della campagna, le TINTE sono
SPETTRALI quindi parliamo di COLORE PURO.
Man mano che ci si avvicina verso l’interno il colore cambia e vi sono colori che si ottengono dalla
SOVRAPPOSIZIONE tra LORO, combinandoli.
La LINEA della PORPORA PURA, è una linea che corrisponde a NESSUN COLORE, perché il color porpora non si
trova sulla CURVA in quanto non è un colore SPETTRALE.
Al centro c’è il punto di riferimento, detto PUNTO ACROMATICO o ILLUMINANTE e si indica con la lettera c.

Abbiamo diversi SPAZI COLORE

sRGB: creato da una collaborazione tra HP e Microsoft nel 1996. Utilizzabile su schermi,
stampanti e Internet.
La s sta per ‘STANDARD’ ma il pubblico ne sostituì il significato con ‘SMALL’
(piccolo).
Avendo un gamut ristretto, è riproducibile sulla maggior parte delle periferiche (ecco
perché è perfetto per il web).
E’ il profilo colore più utilizzato dai monitor ‘CASALINGHI’

ADOBE RGB (1998): sviluppato dalla Adobe System nel 1998. Viene utilizzato spesso in
ambito PROFESSIONALE. Molto più AMPIO dell’sRGB, soprattutto nella parte dei verdi.

E’ il profilo colore più utilizzato dalle fotocamere professionali (anche se spesso sono
preimpostate in sRGB)
Esistono monitor professionali che utilizzano questo profilo colore. Possono arrivare a
costare anche 2000 euro.

PROPHOTO RGB: è così GRANDE che circa il 12% dei suoi valori non rientrano nello
spettro visibile. Visto che la maggior parte delle periferiche usa profili colore minori, è utile
avere un profilo colore così grande. Anche se non visualizzo i colori fuori gamut, avere un
numero di colori più elevato torna sempre utile in fase di ritocco fotografico e successiva
stampa.
E’ molto più grande degli altri due, però ci sono colori immaginari, che NON esistono
4.3 Metodi colore in Photoshop
RGB: Nelle immagini a 8 bit per canale i valori di intensità sono compresi tra 0 (nero) e 255 (bianco) per ogni
componente RGB (rosso, verde, blu) di un’immagine a colori.
CMYK: Con il metodo CMYK, a ogni pixel viene assegnato un valore PERCENTUALE per ognuno degli inchiostri
di quadricromia.
Ai colori più CHIARI (luci) vengono assegnate percentuali BASSE dei colori degli inchiostri di quadricromia, mentre
ai colori più SCURI (ombre) vengono assegnate percentuali ALTE.

 Scala di grigio: usa diverse sfumature di grigio di un’immagine. Le immagini a 8 bit possono avere fino a 256
sfumature di grigio
 Bitmap: il metodo bitmap usa uno di due valori cromatici (bianco o nero) per rappresentare i pixel di
un’immagine
 Due tonalità: crea immagini in scala di grigio a una, due, tre e quattro tonalità (colori), usando da uno a
quattro inchiostri personali
 Scala di colore: produce file di immagini a 8 bit con al massimo 256 colori
 Multicanale: contengono 256 livelli di grigio in ogni canale e sono utili per la stampa specializzata

MODELLO LAB: mentre in RGB e CMYK i colori rappresentabili dipendono dal tipo di supporto utilizzato, il
modello colore LAB è INDIPENDENTE dalla PERIFERICA ed è in grado
di rappresentare tutti i colori percepiti da un essere umano. Viene inoltre
definito un MODELLO UNIFORME, perché le distanze uguali nel suo
diagramma di cromaticità continuano a rimanere uguali nella nostra
percezione visiva. In questo modello, il colore viene rappresentato tramite
combinazioni di LUMINOSITA’ (Luminance), e due componenti
cromatiche, definite “a” e “b”, che descrivono rispettivamente i COLORI
lungo l’ASSE ROSSO-VERDE e quelli lungo l’ASSE BLU-GIALLO.

 La LUMINOSITA’ verrà indicata con valori PERCENTUALI


 Le componenti cromatiche “a” e “b” verranno indicate con valori
che vanno da -128 a +127
La figura rappresenta geometricamente il modello Lab:

 La luminosità (L) si sviluppa lungo l’asse verticale e va da 0 (nero) a 100 (bianco)


 L’asse “a” va da -128 (verde) a +127 (rosso)
 L’asse “b” va da -128 (blu) a +127 (giallo).

MODELLO HSB: mentre le componenti cromatiche dei modelli


RGB e CMYK sono essenzialmente colori, nel modello HSB le cose
vanno diversamente. In questo modello, infatti, il colore è
rappresentato come combinazione di TONALITA’ (Hue),
SATURAZIONE (Saturation) e LUMINOSITA’ (Brightness).

 La TONALITA’ determina il colore ‘PURO’ percepito


dall’OCCHIO(rosso, giallo, blu, ecc)
 La SATURAZIONE determina la VIVIDEZZA del
COLORE: un colore molto saturo è vivido ed audace,
mentre un colore poco saturo si approssima a una
gradazione di grigio
 La LUMINOSITA’ determina la QUANTITA’ di LUCE che
il colore riesce a trasmettere. Se un colore poco saturo va
verso il bianco, un colore poco luminoso va invece verso il
nero.
Per capire come vengono scelti i valori di questo modello colore, è utile fare riferimento al CONO illustrato:

 La tonalità (H) è relazionata al ciano del cono ed è descritta da un numero compreso tra 0 e 360°
 La saturazione (S) è determinata in percentuale, secondo un
numero che va da 0 (centro del cono) a 100 (bordo del cono)
 La luminosità (B) è determinata in percentuale, secondo un
numero che va da 0 (vertice del cono) a 100 (piano del cono).

Ogni dispositivo ha il suo SPAZIO COLORE.


Il GAMUT indica l’INTERA GAMMA di COLORI che un
dispositivo è in grado di riprodurre.
Periferiche di modelli diversi hanno gamut DIVERSI.
Quelli di fascia più alta hanno quasi sempre un gamut più
ampio.
Se prendo in considerazione un verde puro nello spazio RGB
(0,255,0), ogni periferica restituirà la propria versione di colore
“più verde possibile”.
Probabilmente le periferiche migliori, con un gamut più ampio,
restituirebbero verdi più intensi delle periferiche più economiche (sia schermi che stampanti).
NON esiste un unico metodo di conversione dei colori adatto a tutti i tipi di grafica.
Il CMS (Color Management System) CONFRONTA lo spazio cromatico USATO per CREARE il COLORE con lo
spazio cromatico dell’OUTPUT dello STESSO COLORE. Il CMS si serve del CMM (Color Matching Module).
Il CMM è il SISTEMA di GESTIONE che CONVERTE i colori mediante i profili colore ICC.
Un PROFILO COLORE ICC è una DESCRIZIONE MATEMATICA dello SPAZIO CROMATICO di un
dispositivo
Per avere risultati coerenti tra le periferiche, il profilo
SORGENTE deve COINCIDERE col profilo
DESTINAZIONE.
Se durante la conversione ci sono differenze nei gamut
dei due profili, il CMM sfrutterà gli INTENTI DI
RENDERING

4.4 Gli intenti di rendering


Gli INTENTI DI RENDERING sono ALGORITMI
MATEMATICI che durante una conversione colore
consentono di portare all’INTERNO del GAMUT di
DESTINAZIONE eventuali colori fuori gamma.
I colori riproducibili vengono riprodotti così come sono, i
colori fuori gamma vengono approssimati al colore ‘più
VICINO, ossia al bordo del gamut di destinazione
(risulteranno perciò desaturati ed eventualmente schiariti o scuriti).

Intenti di rendering COLORIMETRICI:

 COLORIMETRICO ASSOLUTO: esegue l’algoritmo descritto e non effettua controlli sull’eventuale


differenza del punto di nero e del punto di bianco dei due profili. NON modifica la luminosità e il parametro
legato alla COLOMETRIA
 COLORIMETRICO RELATIVO: esegue l’algoritmo descritto ed adegua il punto di bianco a quello del
profilo di destinazione. E’ legato al bianco ,alla LUMINOSITA’

Intenti di rendering NON COLORIMETRICI: tutti i colori mantengono le loro posizioni relative. Vengono
ALTERATI sia i colori fuori gamma che quelli non fuori gamma
tramite un algoritmo che esegue una specie di ‘contrazione’ (o
‘espansione’) allo scopo di far rientrare tutti i colori nel gamut di
destinazione.
Intenti di rendering non colorimetrici:

 INTENTO PERCETTIVO: cerca di MANTENERE la TINTA del colore a discapito di luminosità e


saturazione
 INTENTO DI SATURAZIONE: cerca di MANTENERE la SATURAZIONE, a discapito di luminosità e
tinta

Differenze fra intenti


Intento colorimetrico

 Vantaggio: i colori non fuori gamma sono riprodotti fedelmente


 Svantaggio: possono apparire posterizzazioni, disuniformità di colori, zone tagliate
Intento non colorimetrico

 Vantaggio: i colori sono riprodotti uniformemente, con continuità, mantenendo per così dire, i rapporti
cromatici
 Svantaggio: nessun colore è riprodotto fedelmente.
5) COPYRIGHT
Copyright sulle immagini
Nell’uso COMUNE del COPYRIGHT, non si intende SOLO lo SFRUTTAMENTO ECONOMICO, ma spesso
diventa un SINONIMO di DIRITTO D’AUTORE, quindi un diritto morale, una paternità dell’opera.
Tutte le immagini sono tutelate da copyright? No.
Le immagini coperte da copyright e diritto d’autore rientrano nella definizione di “opera d’ingegno” e presentano
caratteri di novità, creatività ed originalità. L’immagine deve essere CREATIVA per essere tutelata da copyright. Chi
definisce se l’immagine è tutelata o meno è il giudice.

Come funziona il copyright


L’immagine deve essere sottoposta al DIRITTO D’AUTORE, che è un diritto INNATO. Il diritto d’autore segue due
binari:
1. DIRITTO DI PATERNITA’: dice chi ha realizzato l’immagine
2. DIRITTO DI SFRUTTAMENTO DELL’OPERA: quindi sfruttamento economico dell’immagine.
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 USO PRIVATO: in ambito privato le immagini si possono utilizzare


 USO COMMERCIALE: qui si usano delle licenze (Creative Commons)
 USO EDITORIALE: stock di immagini: da Adobe a Shutterstock.
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Shutterstock elenca per le ipotesi per cui queste immagini non possono essere utilizzate a scopo
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o Contengono le foto di personaggi famosi. Per i personaggi noti vige il principio per cui le immagini
possono essere utilizzate SOLO a FINE EDITORIALE e MAI COMMERCIALE
o Sono scattate in luoghi privati
o C’è un logo coperto dalla tutela del marchio registrato
o Sono riconoscibili i volti delle persone presenti

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INSEGNAMENTO, CRITICA
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o Si deve utilizzare solo un ESTRATTO dell’opera
o Si deve indicare il NOME dell’autore dell’opera e la fonte
o Deve essere chiaro il MOTIVO per cui l’opera viene citata
o Questo utilizzo non deve pregiudicare i diritti di sfruttamento dell’opera da parte del titolare del diritto di
copyright
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5.1 Licenze
Sono diverse in funzione del tipo di uso che si deve fare. Ci sono licenze più o meno restrittive.
La più COMUNE è la CC0/ATTRIBUZIONE: è una licenza BLANDA, dove possiamo fare TUTTO ed è
CONSIGLIATA per FINI EDUCATIVI.
ATTRIBUZIONE: È possibile diffondere l’opera, trasformarla e usarla anche a scopo commerciale. È necessario
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possibile distribuire e modificare l’opera, ma non ne è permesso l’uso commerciale. È necessario
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deve usare la licenza dell’originale.
ATTRIBUZIONE – NON COMMERCIALE – NON OPERE DERIVATE- È possibile distribuire
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rinunciando a tutti i diritti sulla sua opera. È possibile copiare, distribuire e modificare l’opera creativa
per qualsiasi scopo (anche quello commerciale) senza chiedere permessi.

6)TECNICHE DI ANIMAZIONE 2D
L’ANIMAZIONE è l’ARTE di CREARE il MOVIMENTO di personaggi, oggetti, creature, effetti speciali e sfondi
all’interno di uno spazio BIDIMENSIONALE.
In animazione tutto quello che si vede sullo schermo, NON esiste, arriva dalla creatività di qualcuno.
La prima forma di animazione sviluppata è stata quella 2D, in cui le immagini sono disegnate a mano.
2D sta per DUE DIMENSIONI, ossia bidimensionale. I personaggi, gli oggetti, si muovono in uno spazio a due
dimensioni: ALTEZZA e LARGHEZZA.
L’illusione del movimento viene poi generata montando i singoli disegni in sequenza.
Il tempo in animazione viene suddiviso in fotogrammi e solitamente un secondo contiene 24 fotogrammi. Per
realizzare 1 minuto di animazione servono 720 disegni.
Esistono diverse tecniche di animazione:
1. TECNICA TRADIZIONALE o ‘FRAME BY FRAME’ : è la prima tecnica di animazione e anche quella
più famosa. Questo metodo è stato il primo ad essere utilizzato per creare disegni in movimento. consiste nel
disegnare su fogli di carta trasparente in ACETATO di CELLULOSA, chiamato RODOVETRO (in inglese
CEL) che, impilati uno sull’altro e illuminati dal basso, permettono all’animatore di vedere i disegni
precedenti per poter così disegnare i successivi in maniera coerente. Questi fogli venivano poi fotografati con
una telecamera di animazione e infine montati in sequenza andando a creare quindi l’illusione del movimento.

Ad esempio Biancaneve e i sette nani è nato con questo sistema. Oggi questo processo non è più necessario.
Benchè si tratti sempre di animazione tradizionale, l’evoluzione digitale e tecnologica ha reso più semplice e
veloce il lavoro dell’animatore. Fino agli anni 90 il programma che si utilizzava era ADOBE FLASH, che
oggi è sostituito da ANIMATE.
Ritroviamo:
- Il TWEENING (interpolazione) ossia la creazione di immagini tra un fotogramma e il successivo.
- Il MORPHING: la trasformazione fluida di un disegno in quello successivo
- L’ONION SKINNING: la visualizzazione dei frame precedenti e successivi in contemporanea
Con l’animazione tradizionale digitale non si devono più disegnare gli stessi personaggi più e più volte
perché il movimento è controllato dai VETTORI. Questo vuol dire che è possibile avere lo stesso sfondo in
più scene senza doverlo ricreare ogni volta ed è più semplice spostare e muovere i personaggi.
Tra i cartoni e le serie tv più popolari che utilizzano l’animazione 2D tradizionale ci sono tutti i classici
Disney fino a Toy Story, i Simpson, passati negli anni dalla CEL ANIMATION a quella DIGITALE, ma
anche la più recente serie tv Rick and Morty.
Nei Simpson, l’utilizzo del colore ha una funzione particolare nell’animazione, oltre a quella di incuriosire,
ma da anche una funzione di RICHIAMO

2. ROTOSCOPING: è una tecnica utilizzata nell’animazione che risale, in realtà, a tantissimo tempo fa e
consiste nel disegnare fotogramma per fotogramma su un filmato live-action (ad esempio Superman o Betty
Boop, o Alice nel paese delle meraviglie, Pinocchio). Con l’evoluzione dei software si riuscì a realizzare film
di animazione come Waking Life e A scanner darkly, film del 2006 che vede il protagonista interamente
DISEGNATO. Un altro dei progetti più recenti è UNDONE, serie tv che sfrutta appieno la tecnologia
rotoscope.

3. STOP MOTION: consiste nel montare una serie di fotografie trasformandole in un video. Fotografando
oggetti inanimati e spostandoli poco a poco in ogni scatto si otterrà infatti l’illusione del movimento. Questa
tecnica è un’alternativa al disegno eseguito a mano, ma, come nella tecnica di animazione tradizionale, per
realizzare un SECONDO di filmato si ha bisogno di 24 fotografie.
La stop motion è nata insieme al CINEMA.
Il primo cortometraggio della storia realizzato con questa tecnica è The Humpty Dumpty Circus del 1898 di
Albert Smith e James Stuart Blackton. Ma sarà con il film King Kong del 1933 che la stop motion prenderà
piede nell’animazione rendendo possibile il movimento del gigantesco gorilla protagonista del film
In base ai materiali utilizzati la stop motion può essere suddivisa in alcune SOTTOCATEGORIE:
 CLAYMATION: l’animazione legata alla plastilina, alla modellazione. Si modellano i personaggi e
bisogna stare attenti che non si lascino le impronte (Pingu, Galline in fuga, Wallace&Gromit)
 PUPPET ANIMATION: basati su delle marionette e modellini che si muovono all’interno di un set
costruito ad hoc. Questi pupazzi hanno una struttura rigida all’interno per poterli muovere e fargli
assumere diverse posizioni. Possiamo vedere la Puppet Animation in alcuni dei film più famosi di
TIM BURTON come The Nightmare before Christmas, La sposa cadavere e Frankenweenie. Un altro
film degno di nota è CORALINE, basato sul racconto scritto da Neil Gaiman, il primo film in
animazione stop motion ad essere girato in stereoscopia con una DOPPIA FOTOCAMERA
DIGITALE che consente di vedere il film in 3D.
 MODEL ANIMATION: rende possibile l’animazione di personaggi INANIMATI all’interno del film.
Tecnica utilizzata per la creazione di effetti speciali che permette l’inserimento di elementi ANIMATI
in STOP MOTION all’interno delle scene girate dal vivo o in set appositamente costruiti. Ad esempio
uno degli episodi di Star Wars
 CUT-OUT: è un tipo di animazione in cui, utilizzando la carta e il cartone, si ritagliano delle parti di
personaggi e poi si assemblano insieme- (ad esempio South Park). Si divide in due sottocategorie:
 TECNICA CLASSICA: l’animatore sposta manualmente le parti e attraverso una telecamera
presente nel software riprende ogni fotogramma prima di passare alla posa successiva.
 TECNICA DIGITALE: le parti vengono spostate automaticamente tra un fotogramma e
l’altro. Questo vuol dire che l’animatore non ha bisogno di ridisegnarle su ogni fotogramma
ma può semplicemente spostarle o distorcerle per creare l’animazione.
Un esempio è SOUTH PARK. Con questo metodo è stato possibile realizzare anche i movimenti
della bocca dei personaggi creati uno alla volta e utilizzati più e più volte.
Uno dei vantaggi di questa tecnica è che l’animatore deve creare meno fotogrammi rispetto alla
tecnica tradizionale e questo è molto utile soprattutto quando si lavora con scadenze ristrette.

6.1 Chi è e cosa fa un animatore 2D?


Il compito PRINCIPALE di un animatore è quello di CREARE STORIE e TRASMETTERE MESSAGGI attraverso il
MOVIMENTO.
Questo lavoro è diviso in TRE fasi:
1. PRE-PRODUZIONE: il progetto è nella sua fase iniziale e il team è concentrato nello SVILUPPO della
storia, sui personaggi e sulla sceneggiatura. Ed è proprio dalla base della sceneggiatura che vengono realizzati
gli STORYBOARD, layout sui quali verrà costruita l’intera animazione e i dialoghi dei personaggi
2. PRODUZIONE: gli animatori si dedicano a dare VITA ai personaggi, a costruirne i movimenti, le transizioni
3. POST-PRODUZIONE: è la fase FINALE del progetto ed è qui che vengono aggiunti i SUONI e i dialoghi
dei personaggi affinchè tutto sia sincronizzato alla perfezione.
Ci sono diverse FIGURE PROFESSIONALI che partecipano alla creazione di un film di animazione:

 STORYBOARD ARTIST: aiuta il regista a visualizzare le scene espresse nella sceneggiatura


 CHARACTER DESIGNER: colui che crea i personaggi. Traduce in immagini quello che gli sceneggiatori
scrivono
 BACKGROUND DESIGNER: si occupa di creare le ambientazioni all’interno delle quali i personaggi si
muoveranno
 ANIMATORE: deve dare vita ai personaggi della storia avendo come linea guida lo storyboard e l’animatic.
Traduce in MOVIMENTI quello che gli autori hanno creato

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