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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).
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Riccardo Pagano – Il ruolo della scuola
La parola greca scholé (da cui il latino schola) indicava in origine il momento dedicato allo
svago e all’attività ricreativa, che i Romani denomineranno lusus, studium e anche otium,
“debito” e “opportuno” della scholé era quello riservato all’esercizio della politica, al thaumázein e
Da qui, il termine scholé è passato a indicare il luogo preposto alla formazione del giovane nobile,
sempre coadiuvato dalla figura del maestro: questa, dunque, è la radice ineliminabile della scuola
dipendente proprio dalla crisi del suo paradigma ideale: a cosa serve la scuola del XXI secolo, se
non riesce a intercettare i segni del proprio tempo e a rispondere fattivamente alle richieste
sempre più esigenti della società, della politica, del lavoro? Ma chi l’ha detto, che la scuola debba
servire a qualcosa? Chi l’ha detto, che debba obbedire supinamente ai Diktat dell’economia e
del capitale? Le sue origini non sono forse da rintracciare in quello spirito paideutico che
promuoveva l’armonia formativa del discente, come garanzia del suo corretto inserimento nel
tessuto sociale della polis? Ma che ne è, si obietta, dell’orizzonte della polis nel tempo della
Non è semplice, per lo studioso, esprimere una risposta coerente e conciliante di fronte a
domande tanto radicali: in ognuna di esse, a prescindere dalle convinzioni di ciascuno al riguardo,
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knowledge societies del XXI secolo, nonostante l’accorato richiamo da parte di intellettuali di varia
assente dal dibattito pubblico e mediatico. Eppure, la questione della formazione dei cittadini
dovrebbe costituire una delle esigenze prioritarie per la tenuta e per la stessa sopravvivenza della
nazione, insieme alla corretta gestione del sistema sanitario e di quello giudiziario. Non basta lo
stanziamento dei fondi pubblici e delle risorse europee in programmi e azioni per il
dell’educazione formalizzata (di cui spesso, troppo spesso, si tende a sottolineare la pluralità della
didattica e dei suoi metodi, senza ricondurla a unità); parimenti, il rapidissimo susseguirsi delle
riforme in quest’ambito (che spaziano, assecondando una terminologia assai discutibile, dalla
soprattutto a partire dagli anni Settanta e Ottanta del Novecento, non ha sortito gli effetti sperati,
coinvolti (in primis insegnanti e alunni). La complessificazione della società ha prodotto, come
riflesso naturale, una scuola “complessa”: ma questa “complessità” si è sino ad oggi tradotta
dei suoi quadri a livello professionale e amministrativo, operando al contempo una decisa
semplificazione dei passaggi che il discente deve compiere per accedere ai gradi superiori
dell’istruzione, una marcata squalificazione del principio di selettività e la riduzione dello spazio
riservato all’insegnamento delle discipline tradizionali (a scapito della cultura generale degli alunni,
La teoria pedagogica che abbiamo delucidato nel nostro corso, come sappiamo, incentiva
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fondamentali della società o evitare di entrare in dialogo con il mercato del lavoro e le sue
richieste, anzi è vero l’opposto: solo la formazione di una personalità libera e armonica può
consentire al soggetto di interpretare nel modo migliore il proprio ruolo e trovare poi posto in un
mondo dinamico e vorticoso che, come Crono, è pronto a divorare i suoi stessi figli.
Ora, la formazione di una siffatta personalità è condizionata da una duplice “attività”, tanto
del docente quanto del discente. Dopo aver chiarito il nostro paradigma di riferimento, dobbiamo
soffermarci sulla relazione educativa tra maestro e allievo, che nei dialoghi platonici ha dato
corpo ad alcune delle pagine più dense e significative della cultura umana.
provenienza familiare, etnica, sociale, religiosa) dei suoi allievi: questa “ricognizione” ermeneutica,
nel cui circolo la formulazione di ipotesi rimanda inevitabilmente alla prassi relazionale e viceversa,
equivale a esperire per quanto possibile il carattere dell’educando e le sue potenzialità, che
Se l’attività del docente, come sappiamo, non deve risolversi nell’indottrinamento di nozioni
spurie e inanimate, non dovrebbe neanche abdicare al principio di realtà, sostituendosi al posto
limite fondamentale, l’equilibrio che l’insegnante deve rispettare per non venir meno al suo ruolo:
un limite e un equilibrio anzitutto deontologici, che incarnano il senso e la dignità della sua
professione.
Il docente deve ri-scoprirsi vero Maestro, ispirandosi alla lezione di Socrate: suo obiettivo è di
volere, e tentare di fare, il meglio per la corretta formazione della personalità dell’educando.
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Affinché questo avvenga, è necessario considerarlo non come una monade in sé conchiusa,
ma come parte di un universo più ampio, che si esprime anche nelle relazioni interpersonali con i
compagni di classe e di scuola. Attraverso il dialogo e il rispetto del punto di vista altrui, il docente
dovrà coordinarsi con i colleghi, cercando di “fondere” i propri “orizzonti di comprensione” con i
loro, e confrontarsi con le famiglie, senza lasciare però che queste dettino i margini di azione e la
responsabilità sociale suggeriscono che la collettività degli insegnanti debba favorire un clima
scolastico.
del limite.
Egli dovrà impegnarsi nello sviluppo integrato delle conoscenze e della capacità critica
sufficiente a orientarsi non soltanto nello studio e nel lavoro, ma anche nella relazione con l’altro e
Per questo obiettivo, risulta essenziale la funzione della scuola come luogo formalizzato
specificamente indirizzato all’educazione del fanciullo, che può così padroneggiare uno spazio di
familiare […].
dovrebbe sottolineare l’unità del sapere e delle sue sfaccettate articolazioni (valorizzando proprio
quegli elementi di base della cultura umanistica e scientifica di cui oggi riscontriamo la paurosa
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linguaggi delle nuove tecnologie interattive tra le discipline di insegnamento. È fondamentale che
l’educando individualizzi, facendoli propri, i contenuti appresi in classe, lasciando che mettano
In chiusura, ricordiamo che la scuola non può esimere i ragazzi dall’acquisizione del senso del
dovere, soprattutto in considerazione della “funzione più alta” della pedagogia, quella politica,
finalizzata alla formazione del cittadino del XXI secolo. Essere cittadini, infatti, “non è prerequisito o
condizione ontologica di uno Stato, ma è una dimensione dell’identità del soggetto tutta da
costruire, attraverso un itinerario educativo molto impegnativo, che favorisce il suo ingresso in una
cultura che lo precede ed è a disposizione di tutti sotto forma di patrimonio” 1. Un itinerario che vale
1
Schiedi A., Un modo diverso di pensare l’azione volontaria? Il capability approach per una formazione al
volontariato consapevole, in A. Panico, A. Salvini, A. Schiedi, M. Sibilla, I giovani e il volontariato, Studium, Roma
2020, p. 191.
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Riccardo Pagano – Il ruolo della scuola
Bibliografia
• Cavallera Hervé Antonio, Storia della scuola italiana, Le Lettere, Firenze 2015;
• De Giorgi Fulvio, Gaudio Angelo, Pruneri Fabio (a cura di), Manuale di Storia
della scuola italiana. Dal Risorgimento al XXI secolo, Scholé, Brescia 2019;
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