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Prestazioni dell'Elicottero
SERGIO SOLOFRIA
solofriasergio@gmail.com
12/30/2020
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La finalità è quella di offrire agli Allievi Ingegneri una traccia utile per lo studio e la comprensione della
materia. La presentazione degli argomenti si articola in modo sintetico, illustrando i temi fondamentali
necessari per comprendere i principi che stanno alla base della meccanica e della dinamica del volo
dell’elicottero e delle sue prestazioni.
Bibliografia
INDICE
Capitolo 1 - pag 9
Capitolo 2 - pag 46
Capitolo 3 - pag 75
VIBRAZIONI ED ACUSTICA
3.1 Vibrazioni
3.2 Variazione Ciclica
3.3 Misura delle vibrazioni
3.4 Classificazione delle vibrazioni
3.5 Carte di Bilanciamento
3.6 Attività Sperimentale
3.7 Attenuazione delle vibrazioni
3.8 Dispositivi di riduzione delle vibrazioni
3.9 Dispositivo Passivo
3.10 Sistemi attivi
3.11 Regolazione dell’allineamento e del bilanciamento del rotore principale: Trim Tabs
3.12 Le vibrazioni del rotore di coda
3.13 Metodo della bandiera
3.14 Metodo del riflettore di luce
3.15 Metodo stroboscopico
3.16 Bilanciamento statico e dinamico del rotore
3.17 Bilanciamento statico del rotore
3.18 Bilanciamento dinamico del rotore
3.19 Bilanciamento dinamico elettronico
3.20 Distanziamento angolare delle pale
3.21 Le vibrazioni torsionali della trasmissione meccanica
3.22 Aeroacustica
3.23 Rumore Esterno
3.24 Rumore Interno
PRESTAZIONI ELICOTTERO
IL PROCESSO DI CERTIFICAZIONE
IMPIANTI ELETTROAVIONICI
Il disco attuatore seziona il tubo di flusso, che possiede un’estensione assiale complessiva infinita da
− ∞ a + ∞ assunto tuttavia perfettamente permeabile all’aria. Il disco attuatore è quindi un operatore
fisico-matematico e non un disco reale, perché se così fosse la distribuzione di pressione non si
potrebbe tradurre in un effetto integrale di forza data la permeabilità. Il disco inoltre, non ha spessore:
qualunque effetto legato allo spessore è trascurato e, poiché il disco è circolare e uniforme (con
solidità unitaria), è equivalente a un rotore fisico con un numero di pale infinito. Sul disco, e in
particolare attraverso la sezione superiore e inferiore (denominate rispettivamente con l’indice 1 e 2),
si presenta un salto di pressione statica imposto dall’esterno, che viene generato in maniera
indipendente dal flusso che attraversa il disco: quindi tale salto non è dovuto alle caratteristiche di
pressione statica, dinamica o totale delle linee di flusso, ma è assimilabile a un’azione esterna imposta.
Nel sistema fisico reale, tale discontinuità di pressione è originata dal sistema propulsivo che, fornendo
energia (con i dovuti rendimenti meccanici), si traduce nel salto di pressione al disco. Tale ∆p
rappresenta quindi, in linea teorica, il contributo dell’energia spesa per generare la trazione, non
andando tuttavia a considerare la resistenza di profilo e le altre perdite: si genera unicamente una
variazione di velocità tale per cui l’aria acceleri lungo la linea di flusso. Esposte tutte queste premesse,
e ricordando che si tratterà il fluido quale perfetto e incomprimibile, trascurando tutti gli effetti di
vorticità e le perdite in genere, è possibile scrivere le equazioni di conservazione lungo una linea di
flusso per arrivare prima al calcolo della trazione e poi della potenza indotta.
Dato che la pressione che insiste sui due lati del disco è diversa, dove p1 è la pressione che agisce sulla
parte superiore e p2 è la pressione che agisce sulla parte inferiore, chiamata A la superficie del disco,
si avrà:
T = A (p2 − p1) = · · ·
ossia la trazione è data dal salto di pressione che agisce sulla superficie del disco.
Tale valore si può calcolare anche considerando la variazione di quantità di moto dall’infinito a monte,
all’infinito a valle:
Le due velocità V ± ∞ non sono poste naturalmente nel caso pratico all’infinito ma a una distanza pari
a circa 4 ÷ 5 diametri del rotore, considerando quest’ultimo sempre fuori dall’effetto di interferenza a
parete (effetto suolo). Dato che la portata si conserva attraverso il disco, si avrà:
Seguendo ora una linea di flusso, si ha nel lungo di essa si conserva la pressione totale fino
all’interfaccia con il disco, dove si ha la discontinuità. Per questo motivo si può scrivere un’equazione
di continuità dall’infinito a monte fino al disco e dal disco all’infinito a valle:
Queste due equazioni, che rappresentano la continuità lungo una linea di flusso, possono essere
operate algebricamente tra di loro e nello specifico alla seconda viene sottratta la prima:
L’Equazione descrive quindi come la velocità all’interfaccia del disco sia la media tra le condizioni
all’infinito a monte e a valle. Questa relazione perciò colloca il disco a metà tra gli estremi di velocità
che caratterizzano il tubo di flusso. Ottenuti questi primi risultati, si andranno ora a considerare alcuni
esempi notevoli. Il primo caso in esame è quello con V −∞ = 0: questa velocità è nulla soltanto nel caso
di volo a punto fisso (in aria calma), caso in cui la V +∞ è esattamente il doppio di v1 al disco. Per
misurare v1 o v2 è difficile sfruttare un rilievo sperimentale di velocità indotta direttamente sul disco,
ma si utilizza tipicamente una misura in scia a valle del disco, in una condizione equivalente all’infinito
a valle. Il legame tra la velocità all’infinito a valle e la velocità al disco, nelle condizioni di volo a punto
fisso, è infatti una relazione matematica diretta. La semplificazione intrinseca in questa trattazione
risiede nel fatto che la velocità indotta al disco non varia lungo l’apertura e quindi si trascura l’effetto
del raggio della pala. Nel caso reale la circuitazione varia lungo l’apertura della pala, soprattutto vicino
all’estremità, andando a modificare in maniera sostanziale le caratteristiche del flusso sul profilo:
conseguentemente la velocità v1 non è costante e le stime fornite dalla teoria del disco attuatore
rappresentano valori medi e non puntuali. Questo è il limite della teoria, ma anche il suo punto di
forza perché permette di astrarre la coordinata radiale della pala semplificando la trattazione. Si
chiama velocità indotta la differenza fra la velocità locale misurata in una certa sezione del tubo di
flusso e la velocità a monte:
Se questa velocità viene calcolata al disco prende il nome di velocità di influsso o inflow, e rappresenta
l’offset di velocità riferita al disco, partendo dalla condizione di V − ∞ (la quale viene sottratta).
Nel caso di volo a punto fisso si ha V −∞ = 0 e perciò la velocità di influsso è pari alla velocità effettiva
lungo una linea di flusso. La velocità di inflow è un parametro importante, in quanto viene utilizzato
per il progetto aerodinamico del rotore. La velocità all’infinito a valle è ricavabile dall’equazione:
V −∞ velocità all’infinito a monte (sopra il rotore)
V +∞ velocità all’infinito a valle (sotto il rotore)
Tra il disco e l’infinito a valle, la velocità indotta raddoppia, ottenendo la velocità di scia w, cioè la
velocità di downwash che caratterizza le condizioni di scia della velocità indotta al disco rispetto
l’infinito a valle.
Questa teoria permette quindi di correlare i livelli di trazione all’intensità della velocità al disco
(formula di Glauert)
Conoscendo la velocità di influsso al disco e la portata in massa del tubo di flusso, è possibile ricavare
la trazione generata. Maggiore è il livello di trazione, più aumenta la velocità u: ciò significa che quando
il pilota agisce sul comando di collettivo, aumentando la trazione, aumenta sia la velocità di influsso
al disco, sia la velocità all’infinito a valle,
Il prodotto tra forza e velocità consente invece di ottenere il termine di potenza indotta:
Questa potenza viene detta anche potenza ideale, in quanto rappresenta la minima potenza
spendibile per ottenere la variazione di quantità di moto per un dato livello di spinta T.
La potenza necessaria può essere vista ugualmente in forma integrale, composta da due termini:
Angolo di Passo: La pala, a differenza dell'ala, può in volo variare l'angolo di calettamento (angolo che
la corda del profilo della pala forma con l'asse longitudinale dell'elicottero) e si definisce angolo di
passo. Inoltre, ha un’inclinazione rispetto al suo piano così quando ruota può fendere l’aria e spingerla
verso il basso con maggiore o minore spinta, tale inclinazione è detta angolo d’attacco ed è regolabile
con un controllo detto collettivo. Ovviamente ad ogni variazione di incidenza è variato anche l'angolo
di passo, il che comporta aumento o diminuzione della portanza e della resistenza della pala
medesima. È importante notare che un aumento del passo corrisponde, oltre che un aumento di
portanza, anche un aumento della resistenza della pala: la pala dunque resta più frenata e per
conservare la velocità di rotazione occorre aumentare gas-motore.
Svergolamento: in generale lungo l’apertura le pale risultano svergolate, cioè i profili in prossimità del
mozzo hanno un passo θ maggiore rispetto ai profili posti all’estremità. Essendo il carico aerodinamico
proporzionale al quadrato della velocità di influsso al disco, a parità di passo (angolo di incidenza) le
estremità delle pale tenderebbero a essere caricate in misura maggiore di quelle verso il mozzo. Lo
svergolamento, imponendo una diminuzione del passo verso l’estremità della pala, ne riduce
l’eccessivo carico strutturale nelle zone di estremità e ha un benefico effetto anche sulla velocità
indotta che tende ad assumere un andamento uniforme.
La variabile θ rappresenta il contributo di due termini, trascurando la componente ciclica:
θ (r) = θ0 + k · r/R
• Il comando di passo collettivo θ0;
• Lo svergolamento locale k · r/R della sezione alare, supposto lineare.
Coordinata Azimutale: se l’analisi si restringe invece al solo volo verticale, la coordinata azimutale ψ
non entra nei parametri di dipendenza delle caratteristiche della pala.
In volo traslato, la pala, per ogni posizione sul giro e per ogni coordinata azimutale ψ, a parità di
sezione portante, vedrà condizioni aerodinamiche variabili, perché la velocità di avanzamento si
combina in maniera diversa sul bordo d’attacco della pala e quindi del singolo segmento portante,
determinando non solo una variazione di pressione dinamica ma anche di incidenza locale.
Nel volo in avanzamento dell’elicottero, la velocità del flusso relativo risultante che investe il generico
elemento di pala è funzione sia della posizione radiale sia della posizione nel giro di rotazione
(posizione in azimuth) dell’elemento stesso; in altri termini, la velocità di traslazione si somma (o si
sottrae) alle velocità lineari dovute alla rotazione della pala. Ne scaturisce una condizione di
asimmetria che è non si riscontra nel volo puramente verticale e che comporta l’insorgere di problemi
di dinamica e di aerodinamica tipici soltanto degli aeromobili dotati di ala rotante.
Il raggio R e la corda c della pala determinano l’area della superficie portante ed il suo allungamento,
parametri che vengono raccolti in un fattore chiamato solidità del rotore.
Rappresentando il rapporto tra area delle pale e area del disco rotore.
Si deduce che per aumentare la trazione sviluppata dal rotore occorre avere un alto valore di solidità.
Peraltro, l’aumento della solidità, a parità di raggio R del disco e allungamento delle pale, è limitato
dal massimo numero N utilizzabile per la costruzione del rotore (solitamente N < 5 ÷ 6). Allo stesso
tempo, l’aumento della solidità σ limita la permeabilità del flusso attraverso il disco attuatore (effetto
di bloccaggio), che quindi perde efficacia nel generare trazione secondo i meccanismi che sono alla
base della suddetta teoria. Ne consegue una scelta della solidità quale compromesso tra
raggiungimento di livelli di trazione adeguati e contenimento della potenza necessaria.
Al crescere dei livelli di trazione aumenta la richiesta di coppia e di potenza
dove nella seconda equazione si dimostra la continuità tra la teoria del disco attuatore e quella
dell’elemento di pala, mostrando la coincidenza tra le due per quanto riguarda coppia e potenza
indotta. Si noti che l’espressione della potenza di profilo dipende dall’inverso dell’efficienza della pala.
Fino adesso abbiamo superato il limite della TDA per quanto riguarda il calcolo della resistenza di
profilo e della potenza necessaria perché le due Teorie convergono.
Ora cerchiamo di superare il primo limite cioè di trovare una relazione tra Trazione e angolo di
incidenza delle pale, combinazione di θ è l’incidenza geometrica e di φ l’incidenza indotta.
L’equazione può essere utilizzata per ricavare la trazione attraverso un integrale in cui si introduce la
coordinata adimensionale x.
Il parametro λi è il parametro di influsso, che divide la velocità indotta per la velocità ΩR. L’integrale
fornisce:
Uguagliando la relazione appena ricavata con quella ottenuta tramite la teoria del disco attuatore si
ricava un’equazione di secondo grado in λ i:
La relazione appena ottenuta permette di calcolare la velocità di influsso adimensionale al variare di
tutti i parametri di progetto in particolare il parametro σ, che intrinsecamente contiene la geometria
e il numero di pale N, il raggio del rotore R, il coefficiente CL α e quindi le caratteristiche aerodinamiche
del profilo adottato, il passo collettivo θ0 e la legge di svergolamento attraverso il parametro k.
L’equazione quadratica nella variabile λi fornisce due soluzioni di cui una è positiva e identifica la
situazione di rotore traente. Adesso anche il limite della TDA relativo all’incidenza delle pale è
superato.
Per quanto riguarda il terzo limite della TDA relativo alla distribuzione di velocità indotta lungo
l’apertura delle pale, che in generale non è uniforme si ricorre ad una teoria combinata con la TDA
con la TEP, in quanto le due teorie devono in qualche modo convergere nella Teoria Anulare. Secondo
la teoria Anulare il disco rotore è pensato come costituito da elementi anulari in corrispondenza dei
quali è possibile assumere la velocità indotta assume valori differenti.
È possibile utilizzare la teoria dell’elemento di pala per ricavare una legge di svergolamento ottimale,
tale da rendere uniforme la velocità di influsso u su tutto il disco. La soluzione che si ottiene per via
analitica è caratterizzata da andamento iperbolico, critico per la costruzione della pala: alla radice
sarebbe necessario aumentare il calettamento geometrico rendendo la pala sovra-svergolata, peraltro
nell’area della superficie portante meno efficace data la bassa pressione dinamica (incompatibile con
le altre fasi del volo, salita/discesa e volo avanzato). Si opta per una soluzione di approssimazione
dell’andamento ideale dello svergolamento, solitamente lineare a tratti.
1.6. Scostamenti dalle condizioni ideali per rotore in Hovering: Indice di Merito
Stabilito che in condizioni normali il rotore non opera nel caso ideale, è bene introdurre una grandezza
che esprima in qualche modo la distanza tra la condizione reale di funzionamento e quella ideale. A
questo scopo è stato introdotto l’indice di merito (FM, Figure of Merit) definito come:
Ricaviamo l’influenza dell’indice di merito FM sul carico al disco partendo dalla sua definizione e
legando la potenza indotta ideale in hovering (a punto fisso) e la potenza effettiva totale (potenza
indotta più potenza di profilo). L’indice è sempre minore di uno.
La potenza effettiva Peff è la potenza realmente assorbita dal rotore principale, composta dalla
potenza indotta (P id ≈ P i) e da quella di profilo (trascurando le perdite secondarie): questo calcolo
generalmente viene fatto a punto fisso. La figura di merito è unitaria soltanto nel caso ideale. In questo
caso si può rischiare di avere un basso carico di potenza e un elevato valore di trazione T/A con
conseguente carico strutturale sul disco.
In linea di principio sarebbe pensabile progettare un rotore con FM il più possibile vicina all’unità. Un
rotore con tale caratteristica è però svantaggioso in quanto generalmente si preferisce avere FM ≈ 0.
65 ÷ 0. 75. Infatti la figura di merito ha una dipendenza parametrica dai livelli di trazione e quindi di
potenza, ovvero dai rapporti di spinta e potenza in funzione del carico sul disco, come illustrato nel
Grafico 2. 9. Il carico di potenza è assegnato in seguito a considerazioni sul peso al decollo
dell’aeromobile e sulla potenza installata a bordo, ove tale valore si aggira intorno a 75 N/kW.
Utilizzando il Grafico 2. 9 ove si selezioni sull’asse verticale tale valore del carico di potenza e cercando
il rotore con FM = 1 si nota che il carico sul disco T/A è molto alto. Ciò significa che per avere
un’efficienza del rotore così elevata si dovrebbero progettare pale eccessivamente pesanti per
sopperire ai livelli di carico, quindi penalizzando le prestazioni del rotore. Per questo motivo, si
preferisce impostare un valore di FM inferiore all’unità, che riduca il carico sul disco T/A. Ovviamente
si evita un valore di FM troppo basso di carico sul disco equivale a sottoutilizzare il rotore dal punto di
vista aerodinamico. Inoltre
• Scelta di R, che non può assumere valori eccessivi (problemi di ingombro, velocità bassa di
rotazione), una volta fissato T/A
• Scelta del numero N di pale che scaturisce da considerazioni relative alle vibrazioni trasmesse
dal rotore alla struttura dell’elicottero e al peso massimo della macchina. Quindi
un’ottimizzazione del rotore in Hovering (FM alti) comporta un compromesso per non limitare
le prestazioni in volo avanzato.
La prima fase è per bassi ratei di discesa (Figura 2. 12 a), una fase sfruttata nel caso di atterraggio
verticale: il pilota dosa con progressione il valore del passo collettivo nelle fasi di discesa, evitando di
indurre brusche riduzioni di trazione.
Nelle condizioni di volo a punto fisso, la scia del rotore evolve dal disco verso l’infinito:
V + ∞ = V − ∞ + 2uh = 2uh (V − ∞ = 0) come predetto dalla teoria del disco attuatore. Quando si lascia
il volo a punto fisso e si inizia ad accentuare il rateo di discesa V d < 0, inizia ad essere confrontabile
(ma opposto in segno) con la velocità di influsso u d. Il flusso allora non segue più le linee di corrente
canoniche ma si forma una zona di ricircolo, che inizialmente è lontana dal disco e all’aumentare della
velocità di discesa si avvicina sempre più al rotore. Quando arriva a lambire la superficie inferiore del
disco, la zona di ricircolo viene ingerita dal rotore assumendo la classica conformazione toroidale o
anulare tipica del regime di anello vorticoso (vortex ring) fig.2.12b.
La propagazione della vorticità a valle del rotore viene così impedita, a causa proprio dell’intensità
della velocità di discesa Vd. Tale regime viene avvertito dal pilota, poiché l’anello vorticoso comporta
un incremento delle vibrazioni indotte dal rotore, determinando una componente non stazionaria dei
livelli di trazione, che si traduce in intense vibrazioni di tutta la struttura dell’elicottero.
Nella fase successiva, tale area di ricircolo supera il disco in corrispondenza dell’inversione del flusso.
Da qui in poi, al crescere del rateo di discesa, il flusso evolve a monte del disco, in verso opposto alla
velocità verticale dell’elicottero. Inizialmente tale regime è interessato dalla cosiddetta scia vorticosa
(Figura 2. 12 c).
Aumentando ancora di più il rateo di discesa, il flusso assume una forma strutturata, duale del caso
ottenuto con la teoria del disco attuatore con il rotore traente a punto fisso o in regime di salita. In
questa situazione il flusso restituisce una coppia all’albero che inizia a trascinare il rotore.
L’attraversamento per lo zero della coppia all’albero (e la successiva inversione di segno), identifica il
regime di autorotazione verticale, caratterizzato da ratei verticali non compatibili con le velocità di
atterraggio ammissibili. Nel caso di Figura 2. 12 d, ove Vd = Vd /uh < − 2, la teoria del disco attuatore
permette di ricavare nuovamente le caratteristiche aerodinamiche del rotore: si tratta tuttavia di un
caso con minimo interesse pratico dati i ratei di discesa troppo elevati.
La variazione del raggio del rotore è dell’ordine del due o tre percento. L’ultima parte del discorso
riguarda il problema della scia, che dobbiamo tenere in considerazione se ad esempio vogliamo
effettuare una migliore stima della velocità indotta. La cosa più semplice che si può fare è ipotizzare
una certa forma della scia intesa come superficie vorticosa, generata dalla pala e trasportata a valle
del rotore con una velocità corrispondente al valor medio della velocità indotta.
Questo approccio modellistico viene definito della scia rigida, ovvero la forma della scia è fissata a
priori.
L’evoluzione di questo approccio modellistico prevede sempre l’ipotesi di una scia definita a priori
sulla base di osservazioni sperimentali.
Questo modello viene detto “modello di scia prescritta” e in questo caso il livello di modellazione
aerodinamica è più approfondita. Dall’estremità della pala si distacca un vortice di notevole intensità
che viene trasportato a valle con una velocità pari al valor medio della velocità indotta. La presenza di
questo vortice ha dei notevoli effetti a livello aerodinamico sull’estremità della pala e questi fenomeni
sono notevolmente complessi. In questo modello, oltre al vortice di estremità concentrato appena
citato, si considera anche una superficie vorticosa che rappresenta la generazione di vorticità dalla
superficie della pala, la quale viene trasportata a valle con diverse velocità (ad esempio, la velocità è
più bassa nella regione centrale del rotore mentre è più alta nella regione di estremità, per cui
progressivamente la scia si va deformando. Se utilizziamo questo schema per il calcolo delle velocità
indotte si otterranno valori più accurati rispetto a quelli che si otterrebbero con il modello di scia
rigida. Nella figura si può anche notare come il carico sia concentrato nelle estremità alari. Quello che
abbiamo descritto è comunque il campo aerodinamico generato da una sola pala. Quando passa una
pala, il vortice che genera tende a permanere inizialmente nel piano del disco e tende a spostarsi
lievemente verso l’interno del disco. La pala successiva incontra il vortice che si stacca dalla pala
precedente. Siccome il vortice si è un po’ spostato verso l’interno del disco, nella regione di estremità
della pala successiva si ha prevalentemente un effetto di up - wash. Quindi la velocità indotta dal
vortice concentrato è prevalentemente diretta verso l’alto e ha l’effetto di incrementare l’angolo di
attacco nella regione di estremità della pala arrivando ad una variazione locale e dipendente dal
tempo della condizione aerodinamica della sezione, con possibilità di stallo all’estremità e vibrazioni
dovute alle sollecitazioni pulsate all’estremità della pala dovute ai campi vorticosi che generano.
L’approccio modellistico più completo è quello detto della scia libera, cioè, avendo accettato la
precedente configurazione del sistema vorticoso, costituito da un vortice di estremità concentrato e
una superficie vorticosa, la forma di questo sistema nel modello in esame non è determinata a priori
ma viene calcolata a ogni passo nel tempo sulla base del campo cinematico creato dalla scia stessa.
Anche qui la modellistica è già complicata per una pala sola mentre diventa estremamente complicata
per un rotore a punto fisso di più pale.
Un fenomeno da non trascurare è il Blade-Vortex Interaction o BVI, deriva dal fatto che l’estremità
della pala genera, al pari di qualunque superficie portante con allungamento finito, un vortice di
estremità che propaga a valle nella direzione del flusso, ove viene investito dalla pala successiva.
In conclusione, Il comportamento del rotore in volo assiale è stato ampiamente analizzato per via
sperimentale, ricostruendo l’andamento della velocità indotta e della potenza necessaria e i modelli
aerodinamici adottati nella teoria vorticosa si verificano con un’estensione della teoria del disco
attuatore, per la quale la vorticità si pensa distribuita sul rotore, che si assume costituito da un numero
di pale infinito, e all’interno di un volume che racchiude la scia.
1.9. Autorotazione
Prende il nome di autorotazione la condizione operativa del rotore principale nella quale esso è
mantenuto in rotazione per effetto della corrente d’aria che lo investe e non grazie all’applicazione
di una coppia fornita ai motori.
Il Grafico 2. 13 riporta la curva della velocità indotta u adimensionalizzata con uh al variare del rateo
di salita (V c > 0) o di discesa (V d = V c < 0). La coordinata V c /uh = 0 sull’asse delle ascisse corrisponde
alla condizione di volo a punto fisso e si ha l’intersezione sull’asse delle ordinate per il punto di valore
unitario u/uh = 1.
Aumentando ulteriormente il rateo e superando la condizione di scia vorticosa, si entra nel campo di
funzionamento a mulino o windmill. La retta condotta dall’origine che soddisfa la relazione V c + v i =
V c + u = 0, ovvero tale per cui la velocità di discesa è pari a quella di influsso al disco, identifica la
condizione di auto-rotazione ideale. In questa situazione si azzera la permeabilità del rotore e perciò
non si ha un flusso netto d’aria attraverso il disco. Come detto, l’intersezione con la curva sperimentale
identifica la condizione di autorotazione ideale, corrispondente a condizioni di discesa con ratei molto
sostenuti.
Si consideri una piantata motore mentre l’elicottero è in hovering, ma queste considerazioni valgono
anche nel caso di volo avanzato. Se il pilota blocca i comandi (quindi il passo delle pale), la perdita di
potenza fornita al rotore fa sì che esso rallenti: questo comporta una diminuzione di trazione (perdita
quota) e come effetto primario diminuendo troppo la velocità del rotore, si ha che esasperando il
fenomeno, la forza centrifuga non è più in grado di equilibrare la portanza. Divergendo il processo, si
ha un eccessivo flappeggio delle pale, sino a rotture strutturali e alla perdita dell’elicottero.
Per evitare l’innescarsi di questo processo, è necessario sfruttare opportunamente l’energia dell’aria
che investe il rotore, infatti se si diminuisce opportunamente il passo delle pale, diminuisce anche la
resistenza di profilo e si riesce a sfruttare l’energia cinetica di rotazione del rotore che è tenuto in
movimento dalla corrente che lo investe tale che possa vincere gli attriti della trasmissione e
mantenere in rotazione il rotore di coda. L’elicottero perde quota ma è in volo planato, quindi
controllabile, per cui il pilota può attuare un atterraggio in sicurezza.
Per comprendere come possa il rotore operare in autorotazione (C = 0 e P = 0) è necessario osservare
la Figura 2. 15 in cui il rotore risulta diviso in aree. La zona di radice o zona di stallo è una zona inefficace
dal punto di vista aerodinamico. La zona centrale, autorotativa, e la zona più esterna che genera azioni
sulla pala in opposizione all’autorotazione. Nella sezione A la risultante delle azioni aerodinamiche ha
una componente proiettata nel piano del mozzo nel verso di rotazione della pala sufficiente a generare
la coppia utile a mantenere in rotazione il rotore, vincendo le perdite.
Pertanto, il rotore non richiede coppia all’albero poiché la coppia di trascinamento viene ottenuta
attraverso la distribuzione delle risultanti aerodinamiche sul profilo nella zona centrale (sezione A). Il
comportamento della sezione B è diverso poiché la risultante ruota nella direzione resistente. Bisogna
quindi estendere al massimo l’area A e l’unica variabile di controllo è il passo collettivo facendo in
modo che la pala diventi poco resistente bisogna diminuire il passo delle pale.
La macchina è gestita da un sistema digitale che regola l'angolo d'attacco di ogni singola pala in modo
ciclico - fino a ridurre l'angolo di attacco vicino allo zero in prossimità di velocità molto elevate. In altre
parole, si tratta di un rotore dinamico, in grado di autoregolarsi in base alla velocità di traslazione, fino
a volare quasi completamente in autorotazione. Le pale del rotore principale assumono un angolo
minimo, poiché il disco rotore si comporta come un’ala circolare, sostenendo la macchina senza
problemi tranne che per le vibrazioni che si generano ad elevate velocità, ma a questo provvede un
sistema di smorzamento ad assorbirle con efficacia.
La manovra pratica prevede l’inizio della fase di autorotazione partendo da una condizione di volo
traslato in velocità. Il pilota riduce il passo collettivo (posizione di autorotazione) e porta la barra
longitudinale (ciclico longitudinale) in posizione avanzata, avviando una discesa a velocità e pendenza
controllata, mantenendo i giri del rotore principale praticamente costanti.
Al raggiungimento di una quota minima dal suolo, il pilota inizia a richiamare progressivamente la
barra longitudinale raccordando la traiettoria parallelamente alla superficie di atterraggio. A questo
punto, prima di portare il carrello a contatto con il campo, si applica un incremento del passo collettivo
che induce un aumento impulsivo della trazione, che attenua l’impatto, a cui fa seguito un rapido
scadimento della velocità angolare del rotore. La manovra non è ovviamente ripetibile. La differenza
per l’autorotazione traslata (Figura 2. 16) è che le aree non sono più distribuite simmetricamente
rispetto all’asse del mozzo, anche se le aree relative rimangono tali. Questa dissimmetria è dovuta al
fatto che la velocità di rotazione del rotore si compone sul giro con la velocità di avanzamento,
cambiando la velocità effettiva al bordo d’attacco in funzione della posizione azimutale della pala.
L’analisi dei regimi di autorotazione pratica è sempre combinata con lo studio del regime di anello
vorticoso. Il regime di anello vorticoso che innesca un meccanismo di ricircolo genera un campo di
moto di tipo toroidale. All’interno del manuale di volo è presente un diagramma simile a quello
riportato nel grafico 2.19 che rappresenta sull’asse delle ascisse le componenti di velocità orizzontale
e su quello delle ordinate il rateo di discesa, identificando le due aree all’interno delle quali si verifica
il fenomeno del vortex ring.
Aumentando il rateo, ad un certo punto, si entra in regime di anello vorticoso e successivamente in
quello di scia vorticosa. Nel diagramma viene anche riportato il regime autorotativo pratico. Variando
la pendenza della traiettoria di discesa è possibile attraversare aree in cui gli effetti dell’anello
vorticoso sono maggiormente visibili (area tratteggiata nel diagramma), campo che evitato: i livelli di
vibrazione caratteristici di questa condizione sono elevati e per questo motivo tale area risulta essere
limitante per quanto riguarda la pendenza delle traiettorie adottabile nelle procedure di atterraggio.
Inoltre, in alcuni casi la curva di potenza può presentare una singolarità come riportato nel grafico
2.20. La curva di potenza nel diagramma può presentare localmente un flesso, che porta ad un
aumento di potenza necessario e a una successiva diminuzione, al crescere del rateo di salita. Questa
singolarità prende il nome di power setting: in questo caso, quando il pilota si accorge di essere entrato
in regime di vortex ring, se agisce sul passo collettivo aumentando la potenza erogata per mitigare il
rateo di discesa, o addirittura guadagnare quota, potrebbe portare l’elicottero ancor di più nel regime
vorticoso. La manovra di uscita sfrutta invece l’azione della barra longitudinale che porta a utilizzare
in maniera coordinata collettivo e ciclico, accelerando il velivolo al di fuori del campo critico.
Per condurre l’analisi dei regimi aerodinamici del rotore (Figura 2. 21) è necessario tenere conto della
posizione della pala al variare dell’angolo di azimuth ψ. A punto fisso, la distribuzione di velocità è
simmetrica: la pala incontra velocità al bordo d’attacco crescenti con una legge radiale Ω · r. La
pressione dinamica cresce con variazione quadratica e la posizione azimutale è a tutti gli effetti
ininfluente dal punto di vista dei carichi aerodinamici sulla pala. Si potrebbe assumere che la trazione,
la resistenza e quindi la coppia richiesta dalla singola pala, siano indipendenti dalla posizione sul giro,
mantenendo un valore costante. Il valore del numero di Mach all’estremità della pala si aggira intorno
a M ≈ 0. 5 ÷ 0. 6, che nel caso di volo traslato si combina con la velocità di traslazione: questo
meccanismo è significativo in quanto stabilisce la velocità massima ammissibile a causa dei limiti di
compressibilità per la posizione ψ = 90 ◦ sulla pala avanzante (M ≈ M DR). Diversamente, nella
posizione ψ = 270 ◦ la velocità di avanzamento si sottrae. Il risultato è che si hanno valori di velocità
molto alti sulla pala avanzante, mentre sulla pala retrocedente si crea un campo dove il flusso investe
il profilo dal bordo di fuga: quest’area circolare è chiamata area di inversione e ha un diametro
adimensionale pari al rapporto di avanzamento µ. Maggiore è il rapporto di avanzamento, tanto più
l’area di inversione si estende. L’area è inefficace dal punto di vista della generazione di trazione ma
produce una forte dissipazione di origine aerodinamica. La fase di rotazione della pala intorno alla
posizione ψ = 270 ◦ è caratterizzata da una velocità effettiva ridotta: ciò combinato con i valori tipici
del passo ciclico applicato (minimo nella posizione 90 ◦ e massimo a 270 ◦) porta l’estremità della pala
retrocedente ad avvicinarsi al campo dello stallo dinamico. Di questa situazione si hanno conseguenze
90 ◦ dopo, quando la discontinuità di trazione della pala dovuta allo stallo dinamico, viene restituita
con un visibile effetto di vibrazione aeroelastica. Di tutti questi effetti (e non solo) occorre tener conto
in sede di progetto per definire la velocità periferica del rotore ΩR in funzione del rapporto di
avanzamento µ, come illustrato in Figura 2. 22.
Teoria del disco attuatore: La complessità del flusso aerodinamico del rotore in volo traslato preclude
l’applicazione diretta delle teorie utilizzate per il volo verticale. Tuttavia, è possibile estendere la teoria
del disco attuatore e dell’elemento di pala al volo traslato. In particolare, la prima teoria permette di
ottenere una stima della velocità di influsso al disco. La teoria del disco attuatore può approssimare il
comportamento reale in volo traslato facendo un’ipotesi: si assume che la componente di velocità di
influsso al disco u riporti una componente 2u nella velocità di scia all’infinito a valle, mantenendosi
parallela a sé stessa e perciò perpendicolare al piano del disco. Servendosi di tale ipotesi, è allora
possibile comporre la velocità di avanzamento dell’elicottero con quella di influsso per ottenere la
velocità risultante in funzione dell’incidenza del disco. Grazie a questa ipotesi semplificativa, si può
ricavare un’analogia utile per calcolare la velocità di influsso in funzione delle condizioni di volo a
punto fisso, al crescere della velocità di avanzamento. I termini di velocità parallelo e perpendicolare
al disco rotore (α TPP è l’angolo formato dalla direzione di V − ∞ con il Tip Path Plane), si possono
scrivere come segue:
Tale singolarità viene corretta da un modello più accurato di tubo di flusso che prevede una soluzione
quadratica (ove si è posto α TPP = 0),
Osservando il Grafico 2.24, si può vedere come all’aumentare della velocità di avanzamento, la
velocità indotta decresca: ciò è causato dalla composizione all’ingresso al disco dei vettori di velocità,
che dipendono dalla velocità di traslazione. Il disco è permeabile, ma a differenza del volo a punto
fisso dove tale caratteristica è dovuta alla sola velocità di influsso, nel volo traslato buona parte flusso
deriva dalla velocità traslazionale, ovvero dalla componente perpendicolare al piano del disco.
Durante la fase di flappeggio la pala produce un angolo formato dal piano perpendicolare all’asse del
mast con l’asse longitudinale della pala. In realtà la descrizione che la pala fa del disco virtuale non è
stabile poiché quando essa si solleva per effetto della combinazione tra Forza Centrifuga e Portanza
viene a formarsi una sorta di cono. Il piano di rotazione è in effetti inclinato verso l'alto e non
perfettamente piatto. Per cui il disco rotore è descritto dal raggio (pala) che ruota attorno al mast
(centro di rotazione) e la parte estrema della pala (Tip Path Plane) che descrive un cerchio con il suo
diametro massimo alla sua estremità. La rotazione in queste condizioni produce come effetto
geometrico visibile il fenomeno della conicità del rotore, questa deformazione è particolarmente
evidente in volo stazionario.
Il momento di rollio sul rotore principale è causato da una distribuzione asimmetrica del flusso d'aria
sulle pale, che viene ridotto dal fatto che la pala può muoversi verso l'alto e verso il basso
automaticamente. Momento di rollio generato dalla asimmetria di portanza in volo traslato:
In fase di volo traslato la pala avanzante e quella retrocedente sono in un costante conflitto tra loro,
infatti la pala avanzante produce molta più portanza tendendo a sollevarsi verso l'alto; perché il flusso
indotto aumenta su di essa riducendo l'angolo di attacco, mentre quella retrocedente compie il
movimento opposto dovuto ad una situazione di riduzione della portanza o stallo parziale.
Per compensare questo squilibrio è dunque necessario permettere ad entrambe le pale di potersi
muovere a seconda della loro posizione - durante la rivoluzione - verso l'alto o verso il basso; questa
condizione è chiamata Flappeggio. Il movimento di flappeggio è dato dunque dal fatto che la portanza
che si genera nella zona avanzante tende ad inclinare verso l’alto la pala.
1.16. Transizione
Quindi l’effetto della velocità relativa nel volo in transizione agisce determinando una variazione di
pressione dinamica: l’aumento della pressione dinamica corrisponde ad un aumento della portanza
media della pala e quindi ad un aumento del momento rispetto alla cerniera di flappeggio; quindi
l’aumento di pressione dinamica eccita il moto di flappeggio ad una frequenza pari a quella naturale
del sistema (la risposta in termini di velocità di flappeggio è in fase rispetto alla forzante).
Essendo la forza centrifuga costante sul giro, ma variando la portanza sulla pala per effetto delle
variazioni di velocità, l’angolo di equilibrio o di conicità formato dalla pala con il piano ortogonale
all’asse di rotazione (angolo di flappeggio) tra le due forze (portanza e centrifuga) varia nell’arco di
un giro. Il flappeggio (lo spostamento in direzione ortogonale al piano della pala) si manifesta con un
ritardo di 90° rispetto all’azione che lo ha indotto. Lo spostamento presenta un ritardo di fase di 90°:
questo è dovuto dal moto giroscopico, il cui fenomeno è assimilato dal comportamento del rotore
(precessione giroscopica).
La pala tende a sollevarsi dove la pressione dinamica è massima e tende ad abbassarsi dove la
pressione dinamica è minima (Δ è negativo rispetto al valor medio). Si verifica una variazione
dell’angolo di incidenza, come effetto compensatore rispetto alla variazione di pressione dinamica.
Laddove la pala sviluppa una velocità crescente (𝜓𝜓= 90°) l’effetto del flappeggio sarà quello di una
riduzione dell’angolo di attacco della pala che compenserà l’incremento della pressione dinamica.
Quando la pala flappeggia verso il basso (𝜓𝜓= 270°) si ha invece un incremento dell’angolo di attacco
e quindi si compenserà la riduzione della portanza dovuta alla bassa pressione.
La pala avanzante sperimenta un AUMENTO DI PORTANZA, flappeggia verso l’alto ma in tal modo è
soggetta ad una componente di velocità verticale verso il basso che ne riduce l’angolo di incidenza
(minima deflessione dell’angolo di incidenza in 𝜓𝜓= 90 ◦, flap up in corrispondenza del naso: massimo
angolo di flappeggio in 𝜓𝜓= 180 ◦);
La pala retrocedente sperimenta una DIMINUZIONE DI PORTANZA: flappeggia verso il basso ma in tal
modo è soggetta ad una velocità verticale verso l’alto che ne aumenta l’angolo di incidenza (massima
deflessione dell’angolo di incidenza in 𝜓𝜓=270 ◦, flap down in corrispondenza della coda minimo
angolo di flappeggio in 𝜓𝜓= 360 ◦);
Il pilota, agendo sul passo ciclico, varia l’angolo di attacco durante il giro e quindi riporta il piano
disco in una posizione ortogonale all’albero. Con l’azione sui comandi, in particolare sul comando
ciclico, il pilota gestisce, attraverso la dinamica di flappeggio, la giacitura del TPP e quindi sviluppa
momenti di controllo con l’obbiettivo di trimmare l’elicottero o di perturbare lo stesso equilibrio
nella situazione di volo manovrato.
Quindi se diamo ad esempio un comando ciclico longitudinale positivo, determineremo una riduzione
dell’angolo di attacco a 90° e un incremento dello stesso a 270°. Il sistema risponde in termini di
variazione dell’angolo di flappeggio con un ritardo di 90°. Il risultato è che il disco descritto dalla
estremità della pala (tip path plane) a valle dell’applicazione del comando e una volta esaurito un
certo transitorio, tende a ruotare in avanti, in particolare tende ad assumere una giacitura che in
prima approssimazione è parallela a quella del piatto oscillante.
L’effetto è quello di inclinare la trazione del rotore di qualche grado in avanti. Se immaginiamo che
il baricentro si trovi in corrispondenza dell’asse dell’albero, ruotando, ad esempio, in avanti il piano
disco, la retta di applicazione della trazione non passerà più nel baricentro. Il risultato sarà quello di
sviluppare un momento cabrante. Il comando ciclico gestisce quindi l’orientamento del vettore
trazione rispetto ad un riferimento solidale all’elicottero e permette di generare momenti di controllo
in beccheggio e rollio.
Per trimmare l’elicottero in rollio, si considera la distribuzione dell’angolo di incidenza sul disco rotore
in volo traslato. L’aumento di passo longitudinale delle pale avanzanti (il passo totale diminuisce
comunque perché diminuisce l’incidenza) e l’aumento di passo longitudinale di quelle retrocedenti
(aumenta anche il passo totale perché aumenta l’incidenza) deve essere limitato da un valore del
passo collettivo affinché non si verifichi lo stallo. Quindi il pilota deve impostare un passo collettivo
con diminuzione della trazione disponibile.
Si indica con TD la componente perpendicolare a tale piano e con HD la componente parallela allo
stesso.
Per consentire il volo avanzato è, quindi, necessario inclinare il TPP, detto anche disco attuatore, in
avanti generando così quella componente di forza idonea a creare un volo traslato. Ovviamente, per
consentire il volo avanzato la spinta deve essere in grado di bilanciare sia la resistenza sia il peso. Per
effettuare una traslazione verticale, invece, è importante aumentare (se si vuole salire) o diminuire
(se si vuole scendere) la TD: tale comando viene affidato alle pale che, attraverso un aumento o una
diminuzione dell’angolo di incidenza, agisce sulla forza portante. Infine, per effettuare un volo laterale
è necessario inclinare lateralmente il disco attuatore in maniera tale che, anche in questo caso, la
spinta bilanci sia la resistenza sia il peso.
• Il ciclico longitudinale perché il disco rotore tende a inclinarsi indietro per effetto del
flappeggio delle pale avanzanti rispetto a quelle retrocedenti
• Il collettivo perché l’inclinazione della trazione fa sì che la componente verticale che equilibra
il peso non è più sufficiente per garantire l’equilibrio in direzione verticale.
Inoltre, la traslazione diminuisce la potenza indotta necessaria, proporzionale al passo collettivo,
quindi la posizione del collettivo finale sarà un compromesso tra questi due effetti.
Nella potenza parassita rientrano diversi termini, primo tra tutti l’effetto della resistenza aerodinamica
della fusoliera. Rientrano anche le perdite legate al mozzo: nella condizione di volo a punto fisso
(perciò con velocità di traslazione nulla), questo componente meccanico trascina con sé una quota di
flusso che contribuisce a generare resistenza aerodinamica, traducendosi in un aumento di coppia
resistente al disco, e assorbendo quindi potenza. Tale termine risulta essere piccolo ma non
trascurabile. Un’ulteriore perdita è identificabile nell’interazione con la fusoliera e gli impennaggi
orizzontali (soprattutto in hover) poiché il tubo di flusso generato dal rotore principale, che accelera
l’aria dall’alto verso il basso, investe questi elementi creando quella che è chiamata resistenza
verticale della fusoliera, termine che nell’ala fissa non compare, e che implica nel computo della
potenza necessaria una penalizzazione conseguente alla trazione ridotta. Le curve della potenza
necessaria devono infine essere corrette per tenere conto dell’assorbimento del rotore di coda e delle
utenze meccaniche, che solitamente incidono per il 10 − 15 %.
Partendo sempre dalla Figura 2. 25 si possono ricavare quattro condizioni notevoli per una data quota
operativa:
• Il regime di volo a punto fisso (µ = 0), in condizioni di effetto suolo (IGE o In Ground Effect)
e non (OGE o Out of Ground Effect);
• La velocità C, corrispondente alla massima autonomia oraria;
• La velocità B, corrispondente alla massima autonomia chilometrica;
• La velocità A, corrispondente alla massima velocità ottenibile a una determinata quota.
Come mostrato nella Figura 2. 25, la potenza disponibile decresce all’aumentare della quota, facendo
sì che le intersezioni dei limiti propulsivi portino a impedire il volo livellato al di sotto di una certa
velocità minima e al di sopra della velocità massima. Tali velocità coincidono alla quota di tangenza
teorica, alla quale si annulla l’eccesso di potenza disponibile. Infine, è possibile risalire al valore del
rateo di salita in funzione della quota, della velocità e della regolazione della potenza disponibile P d
(manetta)
Sulla pala retrocedente si forma un’area di correnti aerodinamiche chiamata zona di flusso inverso.
A questa area si aggiunge una zona di stallo dovuta agli elementi meccanici del rotore, cosi come sopra
descritto. Ma gioca un ruolo sconveniente anche l'elevato angolo di incidenza proprio in quel punto
della pala retrocedente. Il flusso inverso è dunque un’area della pala retrocedente dove invece della
portanza si genera una deportanza poiché la pala attacca il vento relativo sul bordo di uscita e con
un angolo negativo.
La zona di stallo alle estremità della pala retrocedente si forma solo a velocità elevate di traslazione,
questa aumenta in larghezza e si sposta verso la parte periferica del rotore con l'aumentare della
velocità. Il centro aerodinamico di pressione si muove verso la periferia della pala man mano che
aumenta la velocità di traslazione. Mentre sulla pala avanzante le cose sono esattamente opposte ed
anzi la sua velocità rispetto al vento relativo sarà molto più elevata, poiché essa verrà a sommarsi alla
velocità dell'elicottero in traslazione.
Prendiamo in esame ancora una volta la fase di rotazione di una pala rispetto alla direzione del moto
di traslazione in avanti. La pala durante una rivoluzione completa si troverebbe ad attaccare il vento
relativo - che la investirebbe in differenti posizioni lungo l’intera circonferenza descritta dalla rotazione
- con una ovvia variazione del rendimento aerodinamico. Lo stallo della pala retrocedente non solo
esaspera lo squilibrio di portanza tra i due lati del rotore ma, aumentando la resistenza locale, produce
anche un improvviso aumento della potenza necessaria per il volo, oltre che vibrazioni indotte al
rotore ed alla fusoliera (a causa del flusso turbolento) ed a fenomeni di accoppiamento aerodinamico
(rollio e beccheggio dell’elicottero).
Per far sì che la pala retrocedente, pur avendo minore velocità, mantenga la portanza, in genere se ne
aumenta il passo. Questo mitiga in parte gli effetti di rollio legati alla dissimmetria di portanza. A
velocità elevate, però, l’alto angolo d’attacco, unito al passo elevato delle pale necessario per generare
la maggiore spinta rotorica, portano la pala retrocedente allo stallo.
Bisogna aggiungere però che l'elevata velocità di traslazione è possibile grazie ad un’elica spingente
che riduce moltissimo il carico del rotore principale, il quale è dotato di pale progettate per le alte
velocità aventi una pianta molto singolare. Rimane tuttavia il fatto che un rotore non potrà mai
superare un limite importante, che è quello causato della dissimmetria di portanza delle pale e la
velocità del suono che fustiga la zona periferica del rotore; fattori entrambi estremamente
penalizzanti.
Al presentarsi delle condizioni di flusso supersonico sulla pala si verifica:
- L’arretramento del centro di pressione sul profilo il quale causa un elevato aumento del
livello vibratorio;
-Pala soggetta a sollecitazioni cicliche di tipo torsionale che possono abbassarne la vita a
fatica e la resistenza strutturale.
Nel caso del velivolo ad ala fissa, in prossimità del suolo, il complesso ala e impennaggi si comporta
come se avesse un allungamento alare maggiore, con un conseguente aumento dell’efficienza legata
alla deflessione del flusso indotta dalla vicinanza della parete. Nel caso dell’elicottero, facendo
riferimento alla Figura 2. 28 a, ovvero nel caso di volo a punto fisso con una distanza dal suolo inferiore
al diametro del rotore, la velocità indotta al disco, da cui dipende la potenza indotta, diminuisce a
causa proprio della deflessione delle linee di flusso per la vicinanza con la parete (bloccaggio della scia
del rotore). L’effetto suolo può essere quindi visto come una riduzione della velocità indotta a trazione
costante o, in modo equivalente, come un aumento della trazione sviluppata dal rotore a potenza
costante, in funzione del rapporto z = z/R.
Il rotore di un elicottero, in prossimità del suolo, migliora le sue prestazioni in termini di portanza o
Trazione fornita (effetto suolo, Ground Effect).
Il risultato è che a parità del coefficiente di trazione c’è una notevole riduzione di potenza indotta
oppure a parità di potenza assorbita, il rotore sviluppa una trazione maggiore.
Nelle ipotesi della TDA di tubo di flusso che si estende all’infinito, dato che la velocità indotta deve
essere nulla al suolo, il suo valore sarà minore in corrispondenza del disco, rispetto al caso OGE.
Si deve a I.C. Cheeseman e W.E. Bennett lo sviluppo di un modello di tale effetto (incremento della
trazione a potenza costante), applicabile per z > 0. 25:
Al crescere del rapporto di avanzamento tende a formarsi una regione del flusso a monte del rotore
caratterizzata da vigoroso ricircolo (Figura 2. 28 b). Tale fenomeno non ha effetti sulle prestazioni ma
induce il trascinamento attraverso il rotore di detriti e pulviscolo. Aumentando ulteriormente la
velocità di avanzamento la zona soggetta a ricircolo si sposta tra il rotore e il suolo, provocando
inizialmente un aumento della velocità indotta e una crescita della potenza indotta che deve essere
compensata con una correzione del passo collettivo. Gli effetti dell’interazione con il suolo
scompaiono per µ 0. 1 quando il flusso a valle del rotore (scia) comincia a svilupparsi senza effetti di
ricircolo.
Nella configurazione del tipo a rotore principale singolo e rotore di coda con funzione anticoppia,
quest’ultimo fornisce la trazione per generare un momento attorno all’asse verticale dell’elicottero
per controbilanciare la coppia che si scarica sull’albero di rotazione e quindi svolgendo anche il ruolo
di controllo di imbardata dell’elicottero intorno all’asse verticale.
Il rotore di coda è soggetto in maniera più o meno intensa al campo aerodinamico turbolento e sulla
scia generata dal rotore principale. La funzione anticoppia è demandata in parte anche alla deriva
verticale (tramite una portanza) la quale aumenta l’efficienza ad alte velocità, scaricando cosi in parte
il rotore di coda della sua funzione anticoppia. Le prestazioni maggiori che gli si richiedono sono
trazione necessaria ad alte potenze e basse velocità: hovering e volo avanzato a bassa velocità, volo
traslato laterale. La superficie del disco è significatamente più piccola di quella del rotore principale.
La velocità di rotazione è superiore a quella del rotore principale, mentre la velocità all’estremità delle
pale è paragonabile.
In generale si cerca di porre il rotore di coda alla stessa altezza del rotore principale per non generare
coppie di rollio sull’elicottero.
Per un elicottero con il rotore principale che ruota in senso antiorario, il rotore di coda fornirà una
trazione a destra.
Nel caso di imbardata a destra (componente di velocità laterale da sinistra) la componente di velocità
di avanzamento che investe il rotore di coda ha lo stesso effetto di quello per il rotore principale in
caso di discesa: la potenza disponibile è maggiore di quella richiesta, e l’elicottero si porta nella
condizione allineata al volo traslato.
Nel caso di imbardata a sinistra (componente di velocità laterale da destra) la componente di velocità
di avanzamento che investe il rotore di coda ha lo stesso effetto di quello per il rotore principale in
caso di salita: la potenza disponibile è minore di quella richiesta, e l’elicottero si porta nella condizione
allineata al volo traslato.
Per contrastare tale coppia, nella maggior parte dei casi, vengono utilizzati rotori di coda in grado di
generare una forza che, moltiplicata per la distanza dal baricentro genera un momento capace di
annullare la reazione. Un ruolo importante lo svolgono gli ingranaggi che collegano il rotore principale
al rotore di coda alimentato dallo stesso motore del principale: infatti, la velocità angolare del rotore
di coda è funzione della velocità angolare del rotore principale. Il principio enunciato è mostrato nella
figura seguente.
• Il fatto che la pulsazione naturale sia circa uguale a Ω significa che la frequenza alla quale il
sistema tende a rispondere in oscillazione libera è prossima a Ω. Dato che la dinamica di
flappeggio viene regolata dal passo ciclico una volta al giro (1 /rev) con una pulsazione pari a
Ω, ne consegue che il sistema dinamico risulta accordato. Questo fatto è fondamentale perché
spiega come sia possibile regolare l’assetto del rotore (inclinazione del disco) in ragione di una
dinamica di flappeggio sincrona con la regolazione di passo
• Il numero di Lock γ, è uno dei parametri caratteristici per il progetto della pala, definito da un
numeratore che rappresenta la capacità della pala di generare portanza (che deriva dalle sue
caratteristiche aerodinamiche) e da un denominatore che contiene I y, ovvero il risultato della
distribuzione di massa della pala rispetto all’asse della cerniera di flappeggio. Si osservi che
due pale con la stessa massa possono avere momenti di inerzia molto diversi a seconda di
come questa sia distribuita lungo l’apertura. Il numero di Lock (γ = 6 ÷ 10) esprime la
prevalenza delle azioni aerodinamiche rispetto a quelle inerziali, rappresentando anche un
indicatore della snellezza inerziale e della reattività al comando in termini di variazione
dell’angolo di flappeggio. Tutte le pale del medesimo rotore dovrebbero possedere lo stesso
numero di Lock, ma ciò è possibile solo con una tolleranza a seguito delle alterazioni in
esercizio della massa e della forma della superficie portante.
La soluzione articolata prevede la presenza alla radice della pala di tre cerniere cinematiche che
consentono i gradi di libertà angolari di flappeggio, di brandeggio e di passo, ma soltanto quest’ultimo
è comandato dall’azione delle aste di comando, le quali impongono una legge di variazione del passo
attraverso l’inclinazione del piatto oscillante. Gli altri due gradi di libertà derivano dall’azione ciclica
di passo ma si manifestano come conseguenza della dinamica della pala (dinamica libera).
Ogni pala ha perciò una dinamica indipendente: è quindi libera di flappeggiare e brandeggiare in
maniera disgiunta dalle altre pale presenti nel rotore.
Dinamiche libere: le metodologie di controllo della singola pala verranno meglio trattate
successivamente, descrivendo le dinamiche di flappeggio e brandeggio attraverso le rispettive
equazioni differenziali, le quali contengono al loro interno gli effetti della variazione ciclica di passo
(correlate alla variazione di incidenza delle pale sul ciclo azimutale ovvero in funzione della posizione
della pala sul giro).
L’equazione del moto di flappeggio è un’equazione differenziale del secondo ordine, con una forzante
periodica di frequenza Ω.
Dobbiamo ora studiare questa dinamica libera, da cui potremo ricavare la risposta della pala in termini
di pulsazione e rapporto di smorzamento
Come secondo passo andremo a considerare la risposta forzata del sistema, ovvero cosa accade
quando diamo un comando ciclico eccitando la dinamica di flappeggio della pala. Per avere il controllo
dei momenti il pilota eccita la dinamica di flappeggio della pala; dopo un transitorio breve il piano
disco assume un'altra giacitura e a questo punto si ha un momento di controllo.
C’è un’equivalenza flappeggio-passo cioè ad un grado di ciclico imposto corrisponde un grado di
flappeggio. Lo sfasamento tra ciclico (forzante) e flappeggio (risposta) è di 90° perché il sistema è in
risonanza con la forzante a 1/rev.
Il rotore evidenzia due azioni:
1. Azione inerziale: nel momento in cui viene applicata una velocità angolare di beccheggio il
rotore risponde con un’inclinazione opposta a quella imposta dalla velocità angolare
medesima (effetto giroscopico).
2. Azione aerodinamica, nell’intorno delle posizioni ψ = 0 ◦ e ψ = 180 ◦ la velocità angolare di
beccheggio determina rispettivamente un aumento e una diminuzione di portanza a causa
della variazione di incidenza locale della superficie portante, alla quale la pala risponde
variando l’angolo di flappeggio 90 ◦ dopo. Questa azione ha effetti sull’angolo di flappeggio
indicativamente pari al 50 % dell’azione inerziale
La pala è caratterizzata da un moto nel piano del disco del rotore ritardo (drag o lead lag). Questo
moto di ritardo è dovuto alla variazione delle forze aerodinamiche nel piano del disco rotore e a forze
di coriolis alle quali la pala è soggetta sul giro. Se alla pala non fosse consentito il movimento di ritardo
queste forze si scaricherebbero sul rotore che sarebbe cosi soggetto a carichi notevoli, variabili
ciclicamente, causando un notevole livello vibratorio e costringendo il progettista a dimensionare
opportunamente (pale e mozzo) per evitare problemi strutturali, in particolare di fatica. Nella pratica
quindi alla pala è consentito il movimento in drag attraverso vere e proprie cerniere meccaniche
oppure per mezzo di cuscinetti elastomerici. Studiamo ora l’effetto dell’accoppiamento del moto di
ritardo con il moto di flappeggio.
La prima osservazione importante che facciamo è relativa al fatto che abbiamo anche un effetto
aerodinamico indotto dal flappeggio. La prima cosa da tenere presente, quindi, è il fatto che
l’accoppiamento non è solo a livello inerziale, ma è anche a livello aerodinamico. Il nostro scopo
principale è comunque dare un’interpretazione fisica a come si modifica il moto di ritardo per effetto
della forzante dovuta al flappeggio.
La dinamica di variazione del passo è una dinamica sempre forzata, nel senso che la variazione
dell’angolo di passo della pala è sempre comandato dal piatto oscillante (e quindi dal pilota), quindi
non esiste in questa situazione un problema di dinamica libera.
Si può pensare che l’angolo di passo non sia una variabile ma un parametro imposto dal pilota. Si
suppone la pala rigida e quando si parla di angolo di variazione passo, si intende un unico valore per
tutta la pala, trascurando la deformabilità lungo l’apertura.
Il piano così rappresentato, chiamato hub plane o piano del mozzo, è un piano ortogonale all’asse di
simmetria del mozzo (asse di rotazione) e coincide con la proiezione del cono tracciato dalle pale
(l’asse della pala agisce come una generatrice della superficie conica). Si può innanzitutto studiare
l’andamento dell’angolo θ, l’angolo di passo della pala, lungo il ciclo azimutale. Si identifica
solitamente una relazione del tipo:
Se il rotore è sincrono, ovvero ruota a velocità costante, allora si può anche scrivere ψ = Ωt, anche se
ci si riferisce tipicamente alla variabile indipendente ψ per identificare la posizione della pala. L’angolo
θ 0 identifica la quota di passo riferita al passo collettivo (termine costante), da cui dipende il modulo
della trazione, mentre θ 1 s e θ 1 c le quote dei passi ciclici rispettivamente longitudinale e laterale.
Data questa legge di governo del passo per la prima pala, si possono ricavare analoghe formulazioni
per le rimanenti N − 1, considerando uno sfasamento angolare di 2π/N, dove N è il numero di pale
installate sul rotore. Tutte le pale seguono questa legge ogni volta che riparte il ciclo azimutale. Il
rotore, in seguito a un comando di passo, risponde variando l’angolo di flappeggio con uno sfasamento
di 90 ◦ (in teoria): ciò è dovuto al fatto che esso ruota esattamente alla frequenza naturale che
caratterizza il moto di flappeggio ω n ≈ Ω. Pertanto, ogni perturbazione agente sulla pala viene
propagata al grado di libertà di flappeggio con un angolo di sfasamento sul giro ∆ψ ≈ 90 ◦. I valori
massimi sul giro dell’angolo di flappeggio β (ψ) si trovano 90 ◦ dopo quelli di θ (ψ), come illustrato
nella Figura 1. 61.
Nella posizione ψ = π la pala ha quindi un angolo di flappeggio positivo: se si considera la Figura 1. 62,
infatti, la pala si trova al di sopra del piano del mozzo. Al contrario nella posizione ψ = 2π = 0 la pala
ha un angolo di flappeggio negativo e per gli stessi motivi si troverà al di sotto del piano del mozzo. La
posizione della pala è ben deducibile dalla Figura 1. 62: il comando ciclico si traduce in un’inclinazione
del disco nel piano longitudinale.
Si può quindi supporre che β, nel caso di solo comando ciclico longitudinale, sia descritto dalla
relazione:
Si può dimostrare che ciò vale anche nel caso in cui θ 1 c = 0, ma inclinando questa volta il disco nel
piano laterale. Attraverso la ciclicità del passo si sfrutta la risposta in flappeggio per cambiare assetto
al disco senza inclinare l’asse del mozzo (tecnica utilizzata invece per l’autogiro): l’inclinazione del
disco porta quindi all’inclinazione della trazione, poiché quest’ultima è sempre a esso perpendicolare.
Considerando anche il termine β 0, che deriva direttamente dall’effetto del passo collettivo θ 0 e
definisce l’angolo di conicità, si ottiene complessivamente:
I carichi del rotore sono le componenti di forza e di momento riportate al centro del mozzo, ovvero
all’origine del sistema di riferimento del rotore, e sono determinanti per studiare gli equilibri
dell’elicottero. Per l’elicottero si prevede il calcolo dei carichi al rotore, la loro riduzione alla terna di
assi del mozzo rotante e non rotante, e infine agli assi corpo della fusoliera, siano essi carichi statici o
dinamici.
I carichi al mozzo sono ciclici perché è presente una componente di comando ciclico e per effetto del
moto di traslazione, portando a una periodicità dell’angolo di flappeggio e quindi della trazione della
singola pala. Pertanto, anche i carichi riportati dalla pala alla cerniera sono ciclici.
Le cerniere rappresentano il punto di sospensione dell’elicottero e della massa della fusoliera. Queste
non sono soggette ad azioni di momento ma ad azioni di taglio: poiché esse non sono coassiali al
mozzo per effetto dell’eccentricità, si traducono in azioni di taglio ma anche di momento che sono
funzione dell’angolo di azimuth ψ. I carichi che dalla cerniera sono riportati al mozzo sono la somma
dei contributi delle N pale, sfasate per posizione angolare sul giro in base al loro angolo di azimuth ψ.
Il sistema articolato nasce storicamente con cerniere indipendenti, non coincidenti e installate in serie,
con disposizioni variabili a seconda dell’utilizzo. Non essendo coincidenti i tre assi di rotazione dei tre
gradi di libertà angolari della pala, si determina un offset diverso a seconda della sequenza delle
cerniere. Il rotore articolato presenta una serie di vantaggi:
• Alla radice della pala si annullano (idealmente) i momenti flettenti garantendone l’integrità
strutturale: essa è infatti fortemente sollecitata a trazione dalle azioni centrifughe e a flessione
dai carichi distribuiti lungo l’apertura (sia inerziali che aerodinamici), ma la presenza delle
cerniere permette di ottenere un’azione attenuante alla radice in grado di mitigare la
sollecitazione in esercizio della pala.
• Le cerniere agiscono inoltre come disaccoppiatori per le vibrazioni: in ragione del fatto che
attraverso di esse non è possibile trasmettere coppie (ma solo azioni di taglio), i meccanismi
di accoppiamento delle vibrazioni tra rotore e corpo dell’elicottero sono fortemente attenuati
L’aumento dell’eccentricità eR fa crescere quindi le coppie trasmesse dal rotore al mozzo, utili a
controllare l’assetto e la manovra dell’aeromobile in quanto coppie di controllo. Il secondo effetto
sulle coppie deriva dal disassamento hR dell’origine del rotore rispetto agli assi corpo della fusoliera,
riferiti al baricentro: quando viene inclinato il disco la risultante della trazione produce un’azione di
momento dovuta alla proiezione nel piano del mozzo della trazione T (componenti di forza X e Y che
vengono moltiplicate per il disassamento hR).
Il fenomeno della stabilità a terra (ground resonance) è una condizione di instabilità tipica degli
elicotteri quando sono a terra. Il fenomeno della risonanza al suolo (ground resonance) consiste
nell’insorgere di un’instabilità aeromeccanica dovuta all’accoppiamento tra il moto di ritardo delle
pale del rotore e i moti del centro di gravità dell’intero velivolo. In questo caso, per rotori così detti
soft-in-plane o di tipo articolato, potrebbe innescarsi la risonanza al suolo a causa dell’interazione tra
i modi di oscillazione della fusoliera del velivolo messo a terra tramite il carrello di atterraggio e i modi
laterali e longitudinali generati dall’oscillazione nel piano del baricentro del rotore stesso.
Un modello semplice e intuitivo del fenomeno (Figura 3. 19) si deve a R.P. Coleman e A.M. Reinhold
[18], che per spiegare l’attivazione della risonanza utilizzarono la sovrapposizione dei modi elastici
della fusoliera e del carrello con il modo regressivo di brandeggio del rotore principale nel sistema non
rotante (diagramma di Coleman).
Poiché la frequenza di ritardo dipende dalla velocità di rotazione delle pale, è possibile andare a
definire un certo campo di velocità Ω critico, tipicamente collocato tra il 40 % e il 120 % del valore di
regime, ove sia ω L < 1/rev. In questo caso, per rotori così detti soft-in-plane o di tipo articolato,
potrebbe innescarsi la risonanza al suolo a causa dell’interazione tra i modi di oscillazione della
fusoliera del velivolo messo a terra tramite il carrello di atterraggio e i modi laterali e longitudinali
generati dall’oscillazione nel piano del baricentro del rotore stesso.
Solitamente il fenomeno viene attivato da un evento scatenante: impatto al suolo del carrello,
atterraggio asimmetrico, strisciamento al suolo dei pattini o del carrello in atterraggio o rullaggio
(presenza di buche o asperità del terreno), inefficienza degli smorzatori del rotore principale,
disallineamento del disco (problema legato al blade tracking), pressione degli pneumatici troppo bassa
(schiacciamento all’impatto), e infine sbilanciamento del rotore (problema legato al centraggio). Da
questo elenco si evince l’importanza degli interventi manutentivi quale strumento di prevenzione
della risonanza al suolo.
Dal momento che questa tipologia di instabilità aeromeccanica risulta essere potenzialmente molto
distruttiva (Figura 3. 20), è inevitabile che lo studio di tale fenomeno debba essere previsto in sede di
progetto sin dalle fasi iniziali, imponendo che la ground resonance rimanga al di fuori della vita
operativa dell’elicottero. A tal fine, poiché l’apporto di smorzamento strutturale non è sufficiente, è
necessario soprattutto per i rotori articolati, introdurre un componente associato a ciascuna pala in
grado di fornire rigidezza e smorzamento tali da prevenire l’insorgere di instabilità, ovvero lo
smorzatore di ritardo.
Lo sviluppo tecnologico associato alla progettazione di tali componenti ha portato a un passaggio da
dissipatori di tipo idraulico a smorzatori elastoviscosi di tipo elastomerico in grado di dissipare energia
tramite processi di isteresi dovuti alla particolare relazione costitutiva del materiale di cui sono
principalmente composti. Altre soluzioni si basano su sistemi passivi di mitigazione delle vibrazioni al
mozzo oppure sull’adozione di risonatori in cabina o a bordo dell’elicottero (oscillatori del secondo
ordine).
La corretta valutazione delle forze e dei momenti aerodinamici in tutte le fasi di volo è particolarmente
complessa in quanto l’aerodinamica associata al volo dell’elicottero ha un carattere fortemente
tridimensionale, turbolento e in alcuni casi anche comprimibile. Inoltre, il calcolo delle condizioni
trimmate risulta difficoltoso dal punto di vista matematico. Il bilancio equazioni -incognite non è
pareggiato, le incognite sono più delle equazioni disponibili e le equazioni di equilibrio sono non
lineari. Un ulteriore ostacolo da superare risiede nell’accoppiamento esistente tra l’equilibrio in
direzione longitudinale e latero-direzionale. In prima approssimazione è possibile risolvere il problema
del trimmaggio separando l’equilibrio longitudinale da quello latero-direzionale.
Il contributo dei piani di coda orizzontali alle forze e ai momenti nell’equazioni di trimmaggio si
considera composto da due semipianetti, sinistro e destro. La corrente che investe il pianetto non è
quella asintotica che investe l’elicottero, ma differisce in valore e in angolo di incidenza per effetto
delle scie indotte dalla fusoliera e dal rotore principale.
Quindi gli aspetti più importanti nel caricare un elicottero sono due: L'entità del peso o dei pesi, perché
bisogna considerare la capacità della macchina di sollevarli, oltre alla tenuta del pavimento e della
struttura del velivolo nell'insieme. Ed in secondo luogo la disposizione di esso rispetto al Baricentro
naturale dell'elicottero. Per esempio, ad ogni carico di carburante - e cioè per ogni quantitativo - si
ottiene un Braccio/Momento differente, anche per il fatto che i serbatoi si trovano in una posizione
specifica nella macchina aventi un proprio Centro di Gravità e quindi bisogna considerarli - carburante
incluso - come carichi a sé stanti aventi un proprio peso variabile, cioè dipendente dalla quantità di
combustibile e quindi dal progressivo consumo, e dalla loro posizione a bordo
Rientra nel campo di interesse anche lo studio della risposta al comando, sia in termini di
controllabilità delle condizioni di equilibrio sia di manovrabilità, ove la risposta alle azioni di governo
da parte del pilota viene analizzata nel dominio del tempo e della frequenza. Equilibrabilità, stabilità,
controllabilità e manovrabilità sono proprietà che confluiscono nella valutazione delle qualità di volo
dell’aeromobile, attraverso metodologie analitiche, numeriche e sperimentali. La proprietà di
controllabilità è associata alla capacità di far compiere all’elicottero le manovre secondo
caratteristiche ben definite.
La controllabilità dell’elicottero, ovvero la capacità di gestire le condizioni di equilibrio stazionario,
viene valutata stimando i margini di controllo (autorità di comando) esplicati dalle forze (trazione) e
dai momenti (momenti di rollio, beccheggio e imbardata) generati dal comando del pilota, che
producono le variazioni di stato richieste, in termini di angoli aerodinamici e di assetto, quota e
velocità. In generale la valutazione dell’autorità di comando si riferisce anche ad altri aspetti: la
robustezza dei margini di controllo agli effetti della posizione del baricentro, del peso al decollo, del
vento laterale e della raffica.
La manovrabilità rappresenta le caratteristiche del transitorio in risposta al comando del pilota, la
capacità di accelerare il moto e curvare la traiettoria dell’elicottero in regime non stazionario. Il
parametro che meglio descrive la manovrabilità dell’aeromobile è il rapporto tra incremento del
fattore di carico (o accelerazione verticale) e corsa di comando ciclico (o collettivo).
Esiste una sostanziale differenza tra aeroplano ed elicottero, che si riassume in una serie di aspetti
rilevanti per la meccanica del volo. Nell’aeroplano è l’ala l’elemento portante, che genera la forza
aerodinamica che in volo livellato equilibra il peso. Le forze propulsive, siano esse generate da un’elica
o da un motore a getto, sono separate, regolate indipendentemente dal comando di manetta. Le
azioni di controllo, ovvero i momenti che esplicano tale funzione, derivano dalla deflessione delle
superfici mobili presenti negli impennaggi (elevatore e timone direzionale) o nell’ala (alettoni).
Differentemente, per l’elicottero convenzionale, il rotore principale esplica la funzione di generare la
trazione che equilibra il peso dell’aeromobile. Tale forza T viene modulata agendo sia sui parametri
aerodinamici delle pale (passo collettivo) sia sull’erogazione di potenza del propulsore, che
mantiene in rotazione il rotore. In tal senso, il comando collettivo svolge una doppia funzione.
Di fatto, la gestione dei livelli di potenza erogata avviene in modalità automatica grazie al sistema
di governo del numero di giri del rotore. Le azioni di controllo di assetto sono miste, in quanto il
rotore principale genera i momenti di controllo di beccheggio e rollio attraverso l’effetto del passo
ciclico, mentre il momento di imbardata è prodotto dal rotore di coda, la cui trazione viene
modulata dal comando direzionale (pedale). Diversamente dall’aeroplano, il controllo di traiettoria
per l’elicottero è anche effettuato per mezzo della forza normale T, utilizzando quindi i livelli di
trazione combinati con le coppie di controllo per modificare l’evoluzione del moto dell’aeromobile.
Per gli elicotteri con diversa configurazione, le coppie di controllo vengono generate con meccanismi
differenti. Per esempio, negli elicotteri tandem il controllo in rollio si ottiene con la ciclica laterale
concorde dei due rotori, il controllo in beccheggio per collettivo differenziale, e il momento di
imbardata si genera per comando ciclico differenziale dei rotori. Negli elicotteri con rotori coassiali, le
coppie di rollio e beccheggio derivano dai passi ciclici dei due rotori sovrapposti, mentre il controllo
direzionale è ottenuto per collettivo differenziale (Differential Collective Pitch DCP).
Le azioni di controllo, nel caso dell’aeroplano, almeno nel volo a bassa incidenza, sono praticamente
disaccoppiate secondo assi indipendenti, in rollio, beccheggio e imbardata. Nel caso dell’elicottero,
ogni azione di comando (collettivo, ciclico longitudinale e laterale, pedale) produce effetti primari e
secondari (Tabella 5. 1), che accentuano l’accoppiamento tra gli assi dell’aeromobile.
1. Effetto del disassamento del baricentro rispetto all’asse del rotore principale.
2. Effetto del disassamento del baricentro rispetto all’asse del rotore principale.
3. Effetto della variazione della coppia del rotore principale.
4. Effetto del disassamento del rotore di coda.
5. Effetto dell’inclinazione laterale del rotore di coda (cant angle).
Le corse di comando sono progettate tenendo conto dei centraggi limite anteriore, posteriore e
laterale, in quanto dimensionanti della richiesta di deflessione di barra, producendo tra l’altro effetti
non simmetrici sugli equilibri. Per compensare le azioni secondarie si ricorre al miscelamento dei
comandi. La ricombinazione delle azioni di comando può avvenire per via meccanica (funzione
espletata dal mixer), direttamente sulla catena di comando, oppure per via digitale nel caso di
comandi fly-by-wire. Di questa ricombinazione occorre tener conto nelle analisi della risposta al
comando dell’elicottero.
Confrontando i dati, si nota che le costanti di tempo per rotore ed elicottero sono separate da un
ordine di grandezza, anche se sono fortemente influenzate dalla tipologia di rotore (semirigido,
articolato o elastico) nonchè dall’entità del momento di inerzia della fusoliera. Se quindi si assume che
il tempo di risposta del rotore sia trascurabile, ne consegue che si tratta di un sistema dinamico quasi
stazionario, che si adatta istantaneamente al comando applicato: la dinamica dell’elicottero si riduce
quindi alla sola risposta della fusoliera. Si potrà così utilizzare lo stesso approccio già adottato per
l’aeromobile ad ala fissa, ove i gradi di libertà della fusoliera rappresentano anche gli stati
dell’elicottero. Si noti che i carichi applicati dipendono anche dai rotori, principale e di coda. Tuttavia,
questo metodo consente ancora una volta di utilizzare le derivate aerodinamiche, ricavando una
formulazione equivalente a quella utilizzata per l’analisi lineare della dinamica del volo dell’aeroplano.
2.17 Stabilità
È possibile parlare di stabilità statica quando l’elicottero tende a ritornare nelle condizioni iniziali di
equilibrio nell’istante in cui cessa la perturbazione e stabilità dinamica, quando l’elicottero nel tempo,
tende a ritornare alle condizioni di equilibrio precedenti alla perturbazione.
La differenza tra le due definizioni risiede nel fatto che la stabilità statica si riferisce alla risposta del
sistema all’istante iniziale (immediatamente dopo la fine della perturbazione), mentre la stabilità
dinamica prende in esame la risposta del sistema nel tempo e la sua tendenza a ritornare alle
condizioni iniziali di equilibrio.
Un elicottero si definisce in stato di equilibrio quando la somma dei vettori di tutte le forze coinvolte
nel volo, sono uguali a zero e dunque non c'è accelerazione in alcuna direzione; in altre parole quando
la macchina è perfettamente livellata - in volo stazionario o volo rettilineo - trimmata ed in assetto. Se
questo equilibrio venisse disturbato un aeromobile stabile dovrebbe ritornare nella sua posizione
originale precedente all'interferenza. Il termine "trimmato" si riferisce al fatto che il pilota dovrebbe
essere in grado di volare senza le mani sul ciclico o senza effettuare particolari correzioni durante il
volo.
La prima caratteristica che andremo ad analizzare è la stabilità statica. Questa proprietà definisce il
comportamento dell’elicottero, in modo più specifico evidenzia il livello di stabilità di un elicottero
qualora avvenisse un'azione di disturbo tale da influenzarne l'assetto naturale, attraverso l'azione di
una causa esterna come:
• Una raffica di vento con variazione di incidenza del flusso sul rotore
• Uno spostamento improvviso di un peso al suo interno
• Un incremento di velocità con raffica di vento frontale improvvisa durante il volo in Hovering.
Se ad esempio l’elicottero solleva il muso con un assetto cabrato improvviso. Si stabilisce che
l’elicottero possieda più o meno determinate caratteristiche di stabilita statica a secondo della
reazione successiva al disturbo subito. Se infatti la macchina manifesterà un momento picchiato
successivo all’avvenimento della perturbazione, in modo tale che il muso ritorni verso il basso,
mantenendo di nuovo la sua posizione originale, allora l’elicottero sarà staticamente stabile.
Gli elicotteri odierni sono staticamente stabili a comandi bloccati. Con questo si intende cioè quella
condizione nella quale il pilota mantiene il comando del ciclico in una posizione fissa, possibilmente
bel trimmato al centro, senza esercitare alcuna pressione se non quella di trattenere la leva o applicare
piccolissime correzioni provocate dall'effetto suolo durante il volo in hovering.
Gli elicotteri sono in buona sostanza staticamente instabili a comando libero. Se il pilota non
esercitasse alcuna forma di bloccaggio verso il ciclico, ma piuttosto lasciasse la leva libera nella sua
posizione senza impugnarla, l'aeromobile comincerebbe a danzare lentamente in una sorta di balletto
aereo, come nell'animazione in basso. La stabilità statica di un elicottero è sempre influenzata da ciò
che avviene sul rotore, specie in termini di angolo di attacco delle pale, e poichè il disco rotore si
comporta come un giroscopio, il flusso che viene dal di sotto del rotore in forma di turbolenze rende
il sistema instabile creando tendenzialmente un movimento di beccheggio verso l'alto del muso della
macchina.
Durante il volo traslato però le cose cambiano, poiché il centro di gravità si sposta in avanti rispetto
alla sua posizione originale. Infatti, tanto maggiore è la velocità della macchina, altrettanto è lo
spostamento in avanti del CG, tuttavia la dissimmetria di portanza - che vede la pala avanzante
incrementare la portanza su di essa - produce per effetto della precessione giroscopica un flappeggio
ritardato di 90° sulla zona anteriore del rotore, con la tendenza di creare un beccheggio verso l'alto
dell'elicottero (flap-back).
Poiché la posizione del Centro di Gravità è estremamente influente sul corretto assetto dell'elicottero,
si preferisce uno spostamento leggermente in avanti di esso, perché favorisce la stabilità statica in
modo considerevole. Questo però mantiene l'elicottero durante tutto il volo in una posizione
leggermente picchiata ed è per questo che in alcune macchine come l'AW139, il mast del rotore è
naturalmente inclinato in avanti, in modo tale che ad alte velocità l'elicottero abbia un assetto più
orizzontale naturale. Questo però rende l'elicottero cabrato in hovering, ma evidentemente il gioco
vale la candela per i progettisti di Agusta-Westland.
In volo traslato l'elicottero viene influenzato anche dal comportamento aerodinamico del rotore
anticoppia, perché esso viene investito dal flusso indotto del rotore principale che non è più verticale,
ma ha un andamento inclinato all'indietro colpendolo durante tutto il corso del volo. In generale si
può dire che un elicottero è sempre progettato affinché questo fenomeno sia ridotto al minimo e si
impiegano degli stabilizzatori verticali per migliorare questa condizione, efficienti soprattutto in volo
traslato. Tuttavia, una raffica laterale potrebbe causare una rotazione o uno spostamento sul lato
spingente del rotore. L'effetto bandiera (Weather cook) e lo stabilizzatore orizzontale rimette sempre
in genere le cose a posto, permettendo all'elicottero di riguadagnare la sua stabilità originale.
Effetto della rigidezza (smorzamento) in risposta a velocità di rollio o beccheggio: Si immagini che
l’elicottero abbia una velocità di beccheggio positiva, l’effetto del moto di flappeggio è quello di far
ruotare il TPP in avanti, facendo variare la giacitura della retta di applicazione della trazione che
sviluppa un momento picchiante che si oppone alla rotazione. Questo comportamento è molto
influenzato dal numero di Lock, in particolare al crescere di 𝛾𝛾 questo effetto si riduce (senza azioni
aerodinamiche questo effetto non ci sarebbe proprio). Per quanto riguarda l’effetto della velocità di
rollio sul flappeggio si nota come la rigidezza modifichi in modo tutt’altro che trascurabile la
caratteristica di accoppiamento (ricordiamo che la rigidezza del mozzo è solo un modo attraverso il
quale rappresentiamo l’offset delle cerniere del rotore).
È possibile che un sistema staticamente stabile possa essere instabile dinamicamente e viceversa, un
sistema instabile dal punto di vista statico possa essere dinamicamente stabile.
Un sistema dinamicamente stabile deve necessariamente essere anche staticamente stabile, e non
avviene mai il contrario.
In volo stazionario gli elicotteri sono sempre dinamicamente instabili a comandi liberi.
Il periodo attraverso il quale il moto pendolare tipico di questa condizione di instabilità si ripete varia
tra i 14 ed i 20 secondi e la sua variazione nel tempo dipende strettamente dal diametro del rotore
della macchina. Un rotore più ampio infatti produce una oscillazione più lunga nel tempo, viceversa
un piccolo rotore risulta molto più instabile, oltre ad essere di per sé maggiormente suscettibile a
condizioni di perturbazione esterna.
Spesso le tipiche condizioni di instabilità dinamica sono provocate da una cattiva conduzione del
mezzo, con spostamenti improvvisi e troppo ampi, sia del ciclico che del collettivo, che esasperano la
condizione originale dell’elicottero in volo. Situazioni di instabilità dinamica sono inoltre
particolarmente evidenti in effetto suolo, poiché come si è già visto le perturbazioni riflesse dalla
superficie in riverbero verso il flusso del rotore, provocano turbolenze continue con andamento
casuale ed una costante presenza di vibrazioni caratteristiche.
È la proprietà di un aeromobile che in poche parole si riferisce all'abilità di questo di ritornare alla
posizione originale, prima che la forza perturbatrice agisca sulla sua aerodinamica.
L'elicottero è in buona sostanza governato dalla sua massa e dalla sua inerzia, che sono delle proprie
caratteristiche. Ogni macchina ha parametri diversi dalle altre. In altre parole, se le oscillazioni sono
bene assorbite dal sistema che costituisce l'elicottero esse diverranno sempre di minore ampiezza,
riducendosi nel tempo fino a scomparire in qualche secondo. Se invece l'ampiezza delle oscillazioni
aumenta, l'elicottero sarebbe sicuramente in una condizione di instabilità dinamica
Dunque, la stabilità Dinamica definisce il comportamento della macchina, laddove cessata la causa
perturbatrice che ne ha cambiato il comportamento iniziale, dopo un numero decrescente in ampiezza
ed oscillazioni, esso si riporterà in una posizione di assetto identico a quello originario; In questo caso
l’elicottero risulterà dinamicamente stabile.
Viceversa, se l’elicottero si allontana sempre più dalla posizione o dalla traiettoria iniziale con
oscillazioni aventi un'ampiezza sempre più crescente, esso verrà definito dinamicamente instabile.
Infine, se l’elicottero non smetterà di oscillare mantenendo comunque sia il grado di oscillazione, sia
l’ampiezza costante verrà definito dinamicamente indifferente.
Anche in questo caso si pone una distinzione precisa se questo avviene a comandi bloccati o viceversa
liberi.
Solitamente le macchine odierne sono in buona parte dinamicamente instabili a comandi liberi e
richiedono un costante intervento del pilota; fatta eccezione per quegli elicotteri che sono dotati di
sistema di stabilizzazione dinamico, poiché in quel caso il mantenimento della stabilità dinamica della
macchina viene garantito da un sistema elettronico mediante l’impiego di un giroscopio
appositamente progettato, come avviene su alcune macchine dotate di AFCS (Automatic Flight
Control System), un sistema di controllo dinamico della stabilità.
Faremo ora una rapida introduzione sulla stabilità dinamica dell’elicottero, in cui considereremo le
seguenti ipotesi semplificative:
- Disaccoppiamento dei gradi di libertà dell’elicottero da quelli del rotore attraverso l’ipotesi
di risposta istantanea del rotore, in particolare immagineremo che sia possibile considerare
sempre a livello stazionario la risposta del rotore. Questo dipende dal fatto che i moti di corpo
rigido dell’elicottero sono molto lenti rispetto ai tempi caratteristici della dinamica del rotore.
- Velocità angolare del rotore costante, ipotesi che peraltro è molto appropriata visto che in
situazioni operative il regime di rotazione del rotore è mantenuto costante tramite appositi
dispositivi di bordo. Questa ipotesi non sarebbe legittima se dovessimo affrontare un
problema di simulazione nel quale dobbiamo simulare la manovra di autorotazione.
- Sia possibile disaccoppiare la dinamica longitudinale dalla dinamica latero-direzionale.
Le espressioni delle derivate di stabilità dell’elicottero tengono conto degli effetti del rotore principale,
il quale dipende dalla rotazione del TPP, dall’effetto della velocità indotta, la quale è influenzata dalle
variabili di stato, dall’effetto delle fusoliere, dall’effetto del rotore di coda e dall’effetto delle superfici
di coda dell’elicottero. Non esiste un problema della stabilità statica longitudinale per l’elicottero così
come esiste per l’aeroplano perché non c’è un range di variazione della posizione del baricentro che
è così importante come accade per un aeroplano ad ala fissa. L’altra considerazione di carattere
generale è relativa all’importanza della stabilità a comandi liberi, che ancora nel caso dell’elicottero
non viene mai trattata principalmente per due motivi: il primo è che in molte situazioni di volo
l’elicottero è una macchina instabile e come il pilota toglie le mani dai comandi il moto diverge; il
secondo motivo è legato al fatto che per l’elicottero non esiste il problema dello sforzo di barra perché,
pur avendo una certa dipendenza dalle condizioni di volo, questo è molto influenzato dalle
caratteristiche inerziali.
Analizziamo adesso le derivate di stabilità più importanti per l’elicottero, analizzando il grafico
sottostante che riporta il loro andamento in funzione della velocità di volo (il problema della stabilità
dell’elicottero è fortemente influenzato dalla velocità di volo). Si ricordi che il modello utilizzato per
tracciare questi andamenti considera disaccoppiati i moti longitudinali da quelli latero-direzionali.
Se siamo nella situazione di volo a punto fisso un incremento dell’angolo di attacco produce una
variazione di portanza che è più o meno la stessa durante il giro della pala, e quindi non vi sono effetti
di rotazione del TPP, se invece siamo in traslazione l’incremento dell’angolo di attacco produce un
effetto maggiore dove è maggiore la pressione dinamica. Quindi un incremento dell’angolo di attacco
quando la velocità di transazione è diversa da zero, avrà un grosso effetto nella regione della pala
avanzante (𝜓𝜓= 90°) ed avrà un effetto molto modesto nelle regioni del disco dove la pressione
dinamica è bassa; il risultato è un flappeggio all’indietro del rotore. Si tenga presente che nel volo in
transazione vi sarà anche un contributo che è tipicamente stabilizzante del pianetto di coda.
Si immagini di trovarsi in una situazione di volo a punto fisso in cui una raffica (rappresentata da una
componente orizzontale della velocità) investe l’elicottero; il rotore tenderà a flappeggiare all’indietro
sviluppando una variazione di forza longitudinale negativa che darà luogo ad una traslazione
all’indietro dell’elicottero; la velocità di perturbazione cambia quindi segno e quindi anche i segni delle
risposte si invertiranno, quindi l’elicottero, a seguito di questa traslazione, vedrà il rotore sviluppare
un flappeggio verso avanti che genererà una variazione della forza in modo da ridurre la velocità verso
dietro fino al punto in cui l’elicottero inizierà a traslare in avanti. Come si può ben vedere in presenza
di tale superficie aerodinamica, all’aumentare della velocità di volo si ha un effetto stabilizzante e ne
risulta una dinamica oscillatoria stabile che ha delle caratteristiche abbastanza simili al modo di lungo
periodo dell’aeroplano, motivo per il quale viene spesso indicata come modo fugoide dell’elicottero.
Gli elicotteri sono dotati di diversi tipi di rotori, ed il controllo di assetto della macchina attraverso il
comando ciclico risulta differente tra i sistemi adottati, infatti a secondo della loro architettura essi
assorbono una parte delle turbolenze in maniera più o meno efficace, tuttavia poichè i tempi di
reazione dovuti a fattori di instabilità dinamica sono lunghi, dell'ordine di 20 sino a 60 secondi, il pilota
è in grado di correggere l'assetto molto tempo prima che se ne accorga. Stabilità e controllabilità
sono fattori opposti tra loro, in altre parole essi sono rispettivamente i lati opposti della stessa
medaglia, per cui se l'una aumenta, l'altra diminuisce. In breve, la stabilità Statica ha effetti immediati
sul comportamento della macchina, mentre quella Dinamica mostra i suoi effetti successivamente,
in un arco di tempo più ampio.
Il modello basato sulle derivate aerodinamiche permette di studiare la stabilità dinamica
dell’elicottero con l’analisi degli autovalori, disaccoppiando il piano longitudinale da quello latero-
direzionale. In realtà, per l’elicottero, tale ipotesi di separazione si adatta bene solo al volo a punto
fisso, e nel campo dei bassi rapporti di avanzamento. Al crescere del rapporto µ, i modi caratteristici
del piano longitudinale e latero-direzionale interagiscono, in modo da combinare le componenti degli
autovettori associati. Questo significa che gli stati del piano longitudinale dipendono da quelli del
piano latero-direzionale e viceversa. Inoltre, nello stesso campo di velocità, la stima delle derivate
aerodinamiche per via analitica non è sufficientemente accurata e deve essere affiancata da dati
ottenuti con i metodi di identificazione parametrica basati su prove di volo o in galleria del vento. Solo
in questo modo, considerando l’accoppiamento tra i piani del moto e utilizzando le derivate
aerodinamiche stimate sperimentalmente, i modelli lineari a stati possono essere utilizzati
efficacemente per il progetto dell’aeromobile, per lo studio delle qualità di volo, e per lo sviluppo dei
sistemi di controllo. Si tenga tuttavia presente che i dati ottenuti attraverso identificazione
parametrica valgono esclusivamente nell’intorno delle condizioni sperimentali di riferimento, e quindi
non possono essere estesi liberamente all’intero inviluppo di volo.
Al crescere del rapporto di avanzamento il livello di partecipazione dei modi della dinamica di corpo
rigido dell’elicottero aumenta tanto da combinare i piani e producendo risposte vettoriali accoppiate
tra i due piani. Peraltro, rientrerebbero tra gli stati anche quelli del rotore (angoli di flappeggio,
brandeggio): abbandonando l’ipotesi che la dinamica del rotore sia quasi stazionaria anche questi stati
collaborano alla coalescenza modale e gli stati del rotore si combinano con quelli della fusoliera e
viceversa. L’accoppiamento non è legato agli effetti aeroelastici ma alla dinamica di corpo rigido: un
esempio già analizzato sono gli effetti giroscopici dovuti alle velocità angolari p e q nella dinamica di
flappeggio. A basse velocità, caso trattato nel seguito, il piano longitudinale e latero-direzionale
possono comunque essere ragionevolmente considerati disaccoppiati.
Una raffica sul rotore di coda riduce per qualche secondo la spinta che esso produce costantemente,
provocando una rotazione del muso della macchina in direzione opposta, che dopo qualche
oscillazione riporterà l'elicottero in perfetto assetto longitudinale.
Il problema del controllo è relativo alla possibilità di comandare l’elicottero in tutte le fasi di volo per
effettuare le manovre desiderate secondo determinati requisiti. Quindi, lo studio della controllabilità
consiste nell’analisi della risposta nel tempo dell’elicottero in seguito all’applicazione di un comando,
e ciò va fatto in tutto l’inviluppo di volo (velocità, quota, pesi e centramenti, configurazione).
I parametri fondamentali che regolano le caratteristiche di controllo dell’elicottero sono, di solito,
distinti in parametri di maneggevolezza e parametri di controllabilità. I parametri di maneggevolezza
sono: la sensibilità di comando, la risposta al comando e la potenza di controllo. La controllabilità si
esprime attraverso il margine di controllo a disposizione del pilota, nell’operare i comandi di volo
durante la manovra ulteriormente l’elicottero. Il margine di controllo è limitato dal raggiungimento
del fondo corsa e dagli sforzi di comandi di volo.
Le normative impongono che l’elicottero sia controllabile con un adeguato compromesso in termini
di momenti di controllo (per una rapida risposta al comando) e di smorzamento (per contenere la
risposta).
Oltre all’area in cui si ritiene siano accettabili i valori di momento di controllo e di smorzamento, sono
indicate le zone relative a elicotteri con modesto smorzamento, caratterizzati da una risposta troppo
rapida, e le zone di scarsa sensibilità e smorzamento troppo elevato, corrispondenti a dinamiche
troppo lente. Si noti che gli elicotteri con rotore articolato sono caratterizzati dai momenti di controllo
modesti, mentre quelli con rotori bearingless hanno notevoli momenti di controllo, ma necessitano
anche di un adeguato smorzamento per limitare la risposta.
La verifica in volo di controllabilità, oltre che su aspetti qualitativi, si basa sulla registrazione
dell’andamento nel tempo (time histories) degli assetti in funzione dei comandi applicati.
che si riferisce a un sistema in cui è presente un effetto di inerzia (m ¨ x), un effetto di smorzamento
(c x) e una forza esterna (F 0), dove in quest’ultima è contenuta l’azione di comando.
La forma della soluzione è data da una formulazione analitica che verrà utilizzata per ricavare la
risposta al comando collettivo, in termini di variazione di quota, al comando direzionale come rateo
angolare in imbardata e, infine, al passo ciclico longitudinale per il rateo angolare di beccheggio. Si
rammenti che l’elicottero risponde ai comandi per ratei (rate command) ovvero per ogni azione di
comando si ottiene, a regime, un incremento delle derivate temporali degli angoli (velocità angolari)
e delle coordinate di posizione (ratei di traslazione).
Le qualità di volo sono le caratteristiche di un aeromobile che descrivono la facilità e l’efficacia con cui
esso risponde alle perturbazioni esterne e al comando, e il modo in cui il pilota riesce a completare le
operazioni di volo necessarie per portare a termine la missione (G.E. Cooper e R.P. Harper). In modo
simile, W.H. Phillips definisce le qualità di volo come segue: “ The stability and control characteristics
that have an important bearing on the safety of flight and on the pilots’ impressions of the ease of
flying an airplane in steady flight and in manoeuvres .” Le qualità di volo nel loro complesso non sono
banali da definire dato che rappresentano il grado di accettabilità e idoneità di un aeromobile. Le
qualità vengono espresse soggettivamente dal pilota che si aspetta un velivolo sicuro, stabile,
controllabile, efficiente e affidabile in funzione del tipo di missione. Si distingue tra qualità di volo
primarie (stabilità e controllabilità del velivolo, eventualmente dotato di sistemi automatici di
stabilizzazione e controllo) e secondarie (implicazioni del fattore umano, interfaccia uomo-macchina,
ergonomia, effetti del campo visivo, influenza della disposizione della strumentazione e dei comandi).
Le qualità vengono anche espresse oggettivamente attraverso parametri ingegneristici che
caratterizzano la risposta dell’aeromobile nel dominio del tempo e della frequenza, basati sui risultati
di prove di volo e simulazioni. Alcuni autori separano le qualità di volo propriamente dette (Flying
qualities) dalle Handling qualities. Le Flying qualities sono response oriented e si basano sull’analisi
della risposta dell’aeromobile nel corto periodo, sulle caratteristiche dei modi di corpo rigido
(autovalori, pulsazioni naturali e rapporti di smorzamento) e sull’entità degli sforzi di barra. Le
Handling qualities sono task oriented, ovvero sono metriche di valutazione correlate a una specifica
fase della missione, e considerano l’interazione tra pilota, aeromobile, avionica strumentale e leggi di
guida, navigazione e controllo (Flight Control System).
Si tiene anche conto di altri fattori: le condizioni meteorologiche e atmosferiche (per esempio la
presenza di venti e turbolenza), la visibilità, il livello di stress del pilota, e le tipologie di interfacce
utilizzate dal pilota (display e inceptor). Per stabilire cosa si intenda per Handling qualities può essere
utile la definizione fornita da I.L. Ashkenas: l’insieme delle caratteristiche statiche e dinamiche di un
velivolo che permettono al pilota di sfruttarne le prestazioni e il potenziale operativo in un ampio
spettro di missioni e condizioni di volo. In sostanza si tratta di verificare se un certo compito operativo
(mission task) può essere completato con successo o meno, visto soprattutto, ma non esclusivamente,
quale integrazione di un sistema con un operatore umano (pilota). La definizione dei requisiti per le
qualità di volo è sostanzialmente il risultato di un’analisi soggettiva che stabilisce un livello di
gradimento da parte del pilota (vedi Tabella 5. 6).
I piloti valutano il comportamento del velivolo attraverso i loro commenti e con l’uso di una scala di
giudizi. La scala più comunemente utilizzata oggi è la scala Cooper-Harper (riportata in Tabella 5. 7)
che usa come base per le valutazioni le prestazioni raggiunte nell’effettuare il compito, il pilot
workload (carico di lavoro del pilota) e la controllabilità. I parametri ingegneristici di riferimento e la
loro rappresentazione sono comunque cambiati nel corso degli anni. Infatti, l’introduzione dei
moderni sistemi automatici di stabilizzazione e controllo (augmented aircraft) ha consentito di
migliorare globalmente le qualità di volo in funzione delle condizioni operative previste, richiedendo
comunque una revisione sostanziale delle specifiche normative (per esempio il passaggio alla
rappresentazione del comportamento dinamico del sistema nel dominio della frequenza).
Si osservi che l’ultima generazione di aeromobili, basati sulla tecnologia Fly-by-Wire , ha beneficiato
dell’introduzione di sistemi di controllo digitale in grado di cambiare profondamente le caratteristiche
di stabilità e controllo dell’elicottero, in modo da consentire lo sfruttamento di nuove caratteristiche
particolarmente vantaggiose (stabilità statica variabile, riconfigurazione in funzione della missione o
di un malfunzionamento, alleviazione del carico in manovra, soppressione dei modi strutturali e
limitazione dei carichi di raffica). Conseguentemente, anche i metodi per la valutazione delle qualità
di volo si sono trasformati in funzione dell’evoluzione tecnologica, spostando parte dell’attività
sperimentale dalle prove di volo al simulatore a terra.
In questa sede si accennerà solo brevemente alle potenzialità offerte dai moderni simulatori di volo:
sicurezza, economia di esercizio, flessibilità, riconfigurabilità e limitato impatto ambientale. Il
simulatore di volo è costituito da una serie di sottosistemi che interagiscono per mezzo di una
complessa rete di segnali analogici e digitali. In particolare, il modello matematico del velivolo e
dell’ambiente sono implementati su uno o più calcolatori che ricevono ingressi dai comandi di volo e
rispondono con uscite verso dispositivi di rappresentazione (interfaccia sensoriale audio-video). Tra le
finalità dei simulatori, oltre al progetto del velivolo, rientra anche l’addestramento dei piloti. In tal
caso, la retroazione del simulatore può anche essere di tipo inerziale (acceleration feedback). A ogni
buon conto, lo studio delle qualità di volo si fonda sulla sperimentazione di volo quale strumento
indispensabile per la verifica ingegneristica.
Si definiscono quindi le procedure per determinare Usable Cue Environment (UCE) utilizzando gli aiuti
visivi previsti a bordo, da cui si deducono anche i livelli di stabilizzazione e le tipologie di risposta al
comando necessari (Rate Command RC, Rate Command Attitude Hold RCAH, Attitude Command
Attitude Hold ACAH). Si completa il quadro definendo anche i livelli di manovrabilità, agilità operativa
e prestazione prescritti per i vari casi. A questo punto, utilizzando la norma ADS- 33 E-PRF, si determina
il livello di soddisfacimento dei criteri di progetto e delle specifiche di sistema, all’interno degli
inviluppi, Operational e Service Flight Envelopes (OFE e SFE). Si accettano, in fase preliminare, anche
valutazioni analitiche e numeriche per definire, in funzione del modello dinamico utilizzato per il
progetto dell’aeromobile, tenendo conto delle modalità del Flight Control System, i livelli di qualità di
volo attesi per l’elicottero. Successivamente, quando il progetto prosegue con lo sviluppo di simulatori
validati e prototipi fisici, i piloti coinvolti nella sperimentazione eseguono MTE prescritti e assegnano
i livelli di qualità di volo sulla base dell’evidenza sperimentale (Assigned Level of Handling Qualities).
L’attività prosegue e si conclude con le fasi di espansione e verifica dell’inviluppo di volo OFE e SFE,
con le opportune cautele per la sicurezza dei piloti sperimentatori. Questa fase, denominata System
Verification Review permette di creare una base dati molto estesa, utilizzata anche per la
certificazione. Rientra in questa fase, l’analisi di affidabilità e la verifica degli effetti delle avarie Failure
Modes and Effects Analysis (FMEA). La sperimentazione in volo, se prescritto, viene anche condotta in
ambiente estremo (artico o desertico).
Si tratta di un Rate Command System, ossia di un sistema che risponde al comando generando un
rateo angolare proporzionale. Viceversa, un Attitude Command System genererebbe direttamente
comandi di assetto proporzionali al comando, peraltro ottenibile solo attraverso l’azione del Flight
Control System.
Si tratta di un Acceleration Command System, di un sistema che risponde al comando generando
un’accelerazione angolare proporzionale.
3. VIBRAZIONI ED ACUSTICA
Caratteristiche tipiche degli elicotteri come le vibrazioni ed il rumore hanno cause comuni. Esse si
possono ricondurre al campo aerodinamico indotto dal rotore principale e di coda, e alla presenza di
organi meccanici in movimento (aventi un moto rotatorio) quali i rotori, la trasmissione e altri
equipaggiamenti.
L’elicottero è soggetto a diverse tipologie di vibrazione meccanica, essenzialmente per effetto dei suoi
componenti rotanti. Il motore alimenta il rotore mediante un riduttore a ingranaggi. I componenti
meccanici ausiliari generano la potenza elettrica e idraulica per i controlli di volo e per i sistemi di
supporto, mentre le pompe di lubrificazione e del carburante provvedono al funzionamento del
propulsore. Tutti questi elementi generano vibrazioni, la maggior parte delle quali viene creata
meccanicamente. Le vibrazioni presenti a bordo dell’elicottero, in particolar modo quelle relative al
rotore principale, qualora non vengano valutate o monitorate attentamente, possono cagionare danni
alla struttura dell’aeromobile oltre a problemi all’equipaggio imbarcato. Risulta pertanto rilevante,
oltre alla comprensione dei fenomeni che stanno alla base della genesi delle vibrazioni a bordo
dell’elicottero, prendere anche in considerazione le tecniche utilizzate per monitorarle e soprattutto
mitigarne gli effetti.
Le metodologie d’indagine volte alla riduzione del livello vibratorio e di rumore sia interno che esterno
dell’elicottero sono sia di tipo sperimentale sia di tipo analitico.
3.1 Vibrazioni
Lo studio delle caratteristiche del contenimento del livello vibratorio riveste notevole importanza
perché un alto livello vibratorio comporta fenomeni di affaticamento strutturale, può causare il
malfunzionamento degli equipaggiamenti elettronici, rende difficili le operazioni di puntamento dei
sistemi d’arma, costringe il pilota ad un carico di lavoro elevato per la difficoltà di lettura della
strumentazione e per l’effetto vibratorio di parti del corpo e, infine non rende confortevole il volo
degli occupanti il velivolo.
La vibrazione è l’oscillazione o il movimento fisico di un componente meccanico rispetto a una
posizione di riferimento, attorno a un punto di equilibrio. Si ha quindi la presenza di vibrazioni quando
un corpo viene spostato dalla sua posizione di equilibrio e, nel riprendere la sua posizione iniziale,
compie una serie di oscillazioni intorno all’asse di equilibrio, accompagnate da scambio di energia
meccanica. L’oscillazione può essere periodica oppure casuale. Si considerano nella presente
trattazione solo vibrazioni caratterizzate da oscillazione periodica. Risulta quindi fondamentale
evitarne l’instaurarsi a bordo dell’elicottero per i seguenti effetti che possono scaturire:
1. stanchezza e disagio fisico (vertigini, nausea e visione offuscata) dell’equipaggio e dei
passeggeri, causati dalla vibrazione degli organi interni attraverso il diaframma, della colonna
vertebrale e della retina;
2. danni ai componenti meccanici e un aumento delle perdite per trafilamento di olio e
carburante;
3. un incremento nella frequenza dei guasti relativi alle apparecchiature elettroniche e di
radio-navigazione;
4. l’usura dei pannelli, sfregamento dei cavi elettrici, delle linee di comando e delle tubazioni
idrauliche;
5. riduzione della vita in esercizio dei componenti soggetti a fatica.
Di conseguenza, la diminuzione dei livelli vibratori è strettamente correlata ai costi di esercizio di un
aeromobile, e si può dimostrare che un decremento dei livelli di vibrazione riduce in ugual misura i
costi della manutenzione non pianificata. Un elicottero che viene mantenuto in esercizio
ottemperando alle istruzioni di manutenzione del produttore non dovrebbe essere soggetto a un
eccessivo livello di vibrazione. La disattenzione o l’inaccuratezza durante l’assemblaggio dei
componenti, nello svolgimento di un’attività manutentiva, può invece portare all’insorgere di
vibrazioni.
Anche il rotore di rotore di coda contribuisce in maniera sensibile al livello vibratorio totale, inducendo
sollecitazioni oscillatorie (torsione e flessione laterale) alla frequenza associata alla propria velocità di
rotazione, secondo gli stessi criteri visti per il rotore principale.
Infine, un significativo contributo al livello vibratorio globale del moto, entrambi composti da organi
meccanici rotanti.
L’importanza assunta dal rotore principale come fonte primaria di vibrazione, fa sì che si adotti la
frequenza associata alla velocità di rotazione del rotore come valore di riferimento e che tutte le altre
frequenze vengano adimensionalizzate rispetto ad essa. Se per esempio, il rotore principale ha una
velocità di rotazione di 300 rpm (giri al minuto, revolution per minute), la frequenza espressa è di 5hz
(f=w/60; 300/60). Ci si riferisce alla frequenza associata alla velocità di rotazione del rotore principale
come 1/rev (uno per giro). Tutte le altre frequenze sono espresse rispetto alla 1/rev. Ad esempio una
frequenza di 10 hz è indicata come 2/rev (due per giro).
La vibrazione indotta all’elicottero dal rotore deriva anche dalla risposta oscillatoria ai carichi
aerodinamici che variano periodicamente sulle pale del rotore medesimo (vibrazioni di origine
aerodinamica).
Mentre a punto fisso i carichi aerodinamici sulla pala sono praticamente stazionari, in ragione
dell’assialsimmetria del campo aerodinamico, il livello vibratorio generalmente aumenta con la
velocità di avanzamento, a causa dell’asimmetria aerodinamica del rotore e il corrispondente
incremento del flappeggio ciclico della pala.
A bassa velocità, con rapporto di avanzamento µ ≈ 0. 1, si raggiunge un picco nella vibrazione a causa
della scia indotta dal rotore, come mostra Figura 4.2.
L’intensità del livello delle vibrazioni è principalmente causata dai carichi indotti dall’interazione di
scia tra le pale (blade vortex interaction). Nel passaggio alla velocità di crociera, la condizione
precedentemente descritta si attenua, dal momento che il vortice di estremità delle pale tende a
essere trascinato verso valle dal flusso. Il livello di vibrazione indotta dal rotore cresce nuovamente
quando le pale si trovano a operare nel campo prossimo alla velocità massima, che induce alti carichi
periodici prodotti dallo stallo della pala retrocedente e dagli effetti della compressibilità sulla pala
avanzante.
Si deduce che i carichi aerodinamici della pala variano sul giro con frequenza 1/rev e 2/rev forzando
l’aumento dei livelli vibratori al crescere del rapporto di avanzamento µ. I livelli di vibrazione crescono
anche nelle condizioni di volo verticale per discesa in regime di anello vorticoso (vortex ring). In realtà,
le pale di un elicottero dovrebbero seguire un moto circolare ideale tracciato dal passaggio delle
estremità (rotor track), appartenente al piano del disco TPP, senza sdoppiamenti di traccia. Questo
avviene quando le pale di un rotore risultano tutte bilanciate ovvero quando producono gli stessi
effetti aerodinamici e inerziali sul ciclo azimutale. Una pala che segue un piano di rotazione diverso
non si trova in queste condizioni (out of track). Infatti, un rotore non è bilanciato quando i carichi non
sono ciclicamente uguali su tutte le pale. La rotazione induce in questo caso variazioni periodiche dei
carichi che si traducono in vibrazioni, il cui livello è funzione della differenza dei carichi sulle pale.
Se la portanza L generata da ciascuna pala non ha la medesima intensità, come mostra la Figura 4.3 a,
come conseguenza si instaurano vibrazioni di origine aerodinamica.
Nel caso in cui le forze centrifughe delle pale siano diverse, vedasi Figura 4.3 b, l’effetto è la
generazione di vibrazioni di origine massica.
Se le tutte le pale del rotore fossero perfettamente identiche dal punto di vista massico (massa,
posizione del centro di massa, momenti di inerzia) e aerodinamico (geometria del profilo e delle alette
se presenti), tenderebbero allora a comportarsi nella stessa maniera durante il loro normale
funzionamento in volo, esibendo in teoria le stesse azioni centrifughe, portanti e di resistenza, e
soprattutto seguendo il medesimo piano di rotazione. Nella pratica il moto delle pale viene comunque
influenzato dalla precisione geometrica dell’installazione e del fissaggio sul rotore nonché dalla
regolazione delle aste di comando. Tali errori sono il risultato delle procedure di manutenzione
imprecise o non corrette e dell’abrasione meccanica dei vincoli e dei fissaggi. Inoltre, i problemi di
allineamento del rotore (rotor tracking) possono anche derivare da un’errata posizione dell’aletta di
compensazione, dal consumo dei supporti della bielletta di comando del passo, dall’usura in esercizio
della pala o da eventuali riparazioni. Inoltre, la pala è soggetta a un significativo carico aerodinamico
portante (trazione) applicato a circa 2/3 R. Tale azione flettente tende a deformare permanentemente
la pala, che quindi a lungo termine si inarca in modo irreversibile, abbandonando durante la rotazione
la traiettoria ideale prescritta. Peraltro, la pala è sottoposta anche a impatti di piccola entità
(soprattutto durante le fasi di volo in prossimità del suolo) che producono un danno cumulativo che
altera la forma del profilo alare, determinando un effetto di scostamento dalla traccia ideale, di origine
aerodinamica. La risposta all’eccitazione aerodinamica della pala (termine forzante) determina anche
la sua deformazione elastica, rappresentabile attraverso una serie di armoniche flessionali come
mostra Figura 4.4. Poiché le pale non sono infinitamente rigide, la distribuzione della portanza,
variabile in funzione del tempo, stimola in vari modi flessionali, identificabili come moti fuori dal piano
di rotazione ideale, assimilabili al moto di flappeggio, che si sovrappongono alla risposta del corpo
rigido, pur mantenendosi sempre limitati in ampiezza, almeno nelle condizioni fisiologiche di
funzionamento del rotore. Si verificano di fatto varie forme armoniche flessionali delle pale che
rispondono in modo differente a seconda del tipo di mozzo. La Figura 4.4 (a) mostra quelle di un rotore
articolato (pale incernierate alla radice) e la Figura 4.4 (b) presenta l’andamento dei modi per rotori
hingeless e teetering, in cui i momenti flettenti possono passare da una pala all’altra.
La stabilità dei modi elastici della pala viene solitamente studiata utilizzando il diagramma di Campbell
(Figura 4.5), che combina l’andamento delle frequenze naturali dei modi flessionali e torsionali della
pala in funzione di Ω con le forzanti P · Ω nel sistema rotante, ove il parametro P rappresenta l’indice
dell’armonica, alfine di identificare le coalescenze che ricadono nel campo di velocità angolari di
funzionamento del rotore.
Va ricordato infine che le caratteristiche di vibrazione dipendono anche dalla tecnologia di costruzione
e dal materiale di cui è realizzato il singolo componente meccanico, per esempio metallico o
composito, oltre che dalle giunzioni e dai vincoli di fissaggio.
Per poter descrivere una vibrazione periodica, sono necessari i seguenti parametri: ampiezza
(intensità), fase e frequenza del ciclo di oscillazione. Per affrontare l’analisi delle vibrazioni è
importante conoscere l’ampiezza (intensità) attraverso una delle seguenti grandezze: spostamento,
velocità o accelerazione.
Quando si utilizza lo spostamento come misura della vibrazione è ovviamente necessario, per
stabilirne la severità, conoscerne anche la frequenza. La misura degli spostamenti ha particolare utilità
nelle vibrazioni di grande ampiezza e bassa frequenza. Le unità di misura possono essere mm o mils
(millesimo di pollice).
La velocità viene normalmente utilizzata per vibrazioni a media frequenza, la cui intensità è
direttamente associata con la severità della vibrazione indipendentemente dalla frequenza. Le unità
di misura possono essere mm/s o IPS (pollice/s). Per valutare l’intensità della vibrazione in funzione
delle misure di velocità si utilizza il valore di picco, il valor medio, e la radice quadrata dello scarto
quadratico (valore efficace o RMS) del segnale.
Un livello pari a 0.2 IPS può essere considerato accettabile per le vibrazioni riferite al rotore principale
e di coda. Valori superiori vengono solitamente associati a una riduzione della vita in esercizio dei
componenti interessati. L’ accelerazione è usata principalmente nell’analisi di vibrazioni ad alta
frequenza come quelle nelle parti rotanti ad alta velocità contenute nelle scatole a ingranaggi. Anche
con l’accelerazione, come per lo spostamento, per determinare la severità della vibrazione occorre
riferirla alla frequenza alla quale si è manifestata. Le unità di misura possono essere mm/s 2 o g’s.
La fase o posizione angolare espressa in ore e minuti o gradi, rappresenta la posizione del punto
materiale rispetto a un punto di riferimento per cui la vibrazione raggiunge la sua massima ampiezza,
ovvero la coordinata sul giro della massa eccentrica. Con queste informazioni di spostamento, velocità
e accelerazione si può localizzare la causa dello sbilanciamento inerziale (vibrazioni di origine massica)
e correggerlo, rimuovendo o aggiungendo opportune masse di compensazione. Generalmente il
contributo vibratorio di maggiore intensità è causato dalla frequenza 1 /rev, ossia si manifesta un picco
della grandezza cinematica per ogni giro completo del rotore, che viene pertanto detta frequenza di
bilanciamento.
Le vibrazioni tipiche degli elicotteri si distinguono in verticali e orizzontali, a seconda della loro
direzione rispetto al piano del mozzo. Le vibrazioni verticali diventano più intense al crescere della
velocità di volo, essendo influenzate prevalentemente dal comportamento aerodinamico della pala,
mentre le componenti orizzontali sono meno sensibili alla variazione del rapporto di avanzamento,
dipendendo in primo luogo dagli effetti della distribuzione di massa. Pertanto, è buona norma nelle
procedure manutentive eliminare o mitigare prima le componenti verticali e successivamente i termini
orizzontali. Le vibrazioni verticali vengono mitigate con le procedure di allineamento del rotore (blade
tracking). Le vibrazioni orizzontali sono invece eliminate con le procedure di bilanciamento
disponendo la corretta quantità di masse di bilanciamento nelle posizioni determinate dal costruttore,
di solito in punti prescritti vicino al mozzo. Le vibrazioni degli elicotteri sono classificate in base a tre
campi di frequenze caratteristici: bassa, media e alta frequenza.
Per la classificazione delle vibrazioni si adotta la frequenza associata alla velocità angolare di rotazione
del rotore come valore di riferimento e tutte le altre frequenze vengono adimensionalizzate rispetto
a Ω. In particolare, la frequenza associata alla velocità di rotazione del rotore principale viene come
consueto definita 1/rev. Tutte le altre frequenze sono espresse come multipli 2, 3, ... /rev.
Le vibrazioni a bassa frequenza ricadono nell’intervallo 0 ÷ 10 Hz (campo di frequenze caratteristiche
1 ÷ 2/rev), e sono sempre associate al rotore principale che ruota solitamente a una velocità angolare
Ω compresa nell’intervallo 300 ÷ 600 rpm. Le vibrazioni verticali a bassa frequenza sono indotte dal
disallineamento della traiettoria del rotore (rotore out of track) in ragione degli effetti aerodinamici,
e si concentrano nell’intorno della fondamentale 1/rev. Per contro, qualora non si abbia un’uniforme
distribuzione della massa del rotore, essa causa una vibrazione orizzontale alla frequenza 1/rev. Tale
asimmetria inerziale può derivare dal danno di una pala, da un’irregolare copertura di ghiaccio o di
polvere, da un distacco di vernice, o da un generico sbilanciamento nella distribuzione di massa della
pala. Le vibrazioni di bassa frequenza sono facilmente identificabili in quanto possono essere avvertite
attraverso la fusoliera (pianale della cabina) o sulla barra del ciclico. Se le vibrazioni sono avvertite
tramite la leva del comando ciclico, si percepirà un netto scuotimento sempre nello stesso punto nel
ciclo di rotazione. Una tipica causa di tale comportamento può essere l’avaria nel collegamento del
sistema di controllo tra la leva del ciclico e la testa del rotore. Qualora, invece, le vibrazioni vengano
percepite sia nella fusoliera che nella leva del ciclico, la causa si può far risalire al rotore principale. Le
vibrazioni 1/rev del rotore principale, sia verticali che orizzontali, creano disagio fisico all’equipaggio
e ai passeggeri, poiché alcuni organi del corpo umano hanno frequenze proprie che possono essere
comprese negli intervalli tipici di questi fenomeni vibratori. Per esempio, ωn = 7 Hz per il diaframma
e ωn = 10 Hz per la colonna vertebrale. In corrispondenza di queste pulsazioni si ritrova il minimo della
curva di tollerabilità da parte dell’uomo. Peraltro, l’effetto negativo della vibrazione sul corpo umano
è proporzionale alla sua ampiezza e frequenza, ma soprattutto alla durata dell’esposizione.
Ovviamente il giudizio espresso dai passeggeri in merito all’accettabilità del livello vibratorio, legate
anche alle modalità con le quali la struttura trasmette le forzanti agenti sulla macchina, è soggettivo.
E’ interessante ricordare che le parti del corpo umano hanno frequenze proprie che possono essere
comprese negli intervalli tipici dei fenomeni vibratori che si manifestano sugli elicotteri: Testa 25Hz,
Bulbi Oculari 30-50 Hz, spalle 4Hz, cassa toracica 60Hz, spina dorsale 12 Hz, stomaco 6hz, gambe flesse
e rilassate 2hz, gambe allungate e rigide 20hz
Le vibrazioni di media frequenza ricadono nel campo 10 ÷ 30 Hz (600 ÷ 2000 rpm) corrispondenti a
frequenze caratteristiche sul giro fino a 4 ÷ 6/rev. Si tratta di vibrazioni intrinseche associate alla
maggior parte dei rotori. Nei sistemi multipala, le vibrazioni a media frequenza sono anche associate
alle armoniche del rotore alla frequenza N/rev (multipla per giro). Le vibrazioni multiple per giro, le
cosiddette vibrazioni N/rev, sono classificate come vibrazioni a media frequenza e sono funzione del
numero di pale N. Per esempio, un rotore con N= 4 manifesta un’armonica 4/rev, un rotore con N= 5
presenta un’armonica 5/rev e così via. Tali vibrazioni vengono propagate dal rotore al mozzo e quindi
alla fusoliera, nonostante la presenza delle cerniere di flappeggio e brandeggio, che almeno in parte
mitigano la propagazione delle vibrazioni. La loro origine è legata all’andamento della portanza della
pala in volo traslato che risulta dalla somma di armoniche ben definite, con frequenza pari a quella di
rotazione 1 P e ai suoi multipli 2 P, 3 P, ... ove il parametro P rappresenta l’indice dell’armonica
multipla. La distribuzione di portanza sollecita la pala in flappeggio, e questa risponde in base alle
caratteristiche dinamiche in modo da non descrivere un cono perfetto in volo avanzato ma oscillando
rispetto al moto ideale a causa dell’effetto delle armoniche 2 P, 3 P, ... nel sistema rotante. Tali
oscillazioni trasmettono questi effetti al sistema non rotante coassiale con il mozzo, componente che
agisce come filtro dinamico. Un aumento nel livello delle vibrazioni in media frequenza può essere
anche causato da una variazione delle caratteristiche modali della fusoliera (apertura di sportelli o
modifiche della configurazione) oppure da un allentamento di un fissaggio a seguito dell’usura o
dell’abrasione di un componente della cellula, che vibra a quella frequenza (per esempio i pattini del
carrello fisso).
Le vibrazioni di alta frequenza sono superiori al valore di pulsazione 30 Hz e possono essere indotte
da componenti che ruotano a velocità angolare uguale o maggiore rispetto a quella del rotore di coda.
Tali vibrazioni sono distinguibili acusticamente come un ronzio e a volte vengono percepite dal pilota
attraverso la pedaliera. Oltre al rotore di coda, partecipano a queste tipologie di vibrazione i
componenti del motore e della trasmissione principale e di coda. Per esempio, i cuscinetti del motore,
della trasmissione o dell’albero del rotore di coda, possono causare vibrazioni ad alta frequenza. A
questo punto è interessante vedere come il numero delle pale N influisca sullo spettro delle vibrazioni
trasmesse dal sistema rotante al sistema non rotante attraverso il mozzo. Il presupposto di questa
analisi è che la dinamica di flappeggio (e brandeggio) della pala determini la componente oscillatoria
dei carichi che attraverso la cerniera vengono riportati al mozzo, costituendo la principale forzante
vibratoria dell’elicottero. Dalla Figura 4.10 a che descrive il comportamento della fondamentale di
flappeggio (1/rev) e della seconda armonica per un rotore bipala, si evince come le forme d’onda della
1/rev non sono in fase e pertanto si annullano, essendo le pale disposte a 180°.
A qualsiasi moto di una pala ne corrisponde uno opposto dell’altra con conseguente effetto di
cancellazione, senza produzione di alcuna vibrazione. La 1/rev, infatti, è la conseguenza
dell’inclinazione del disco rotore e non sorprende come il suo annullamento sia di fatto valido anche
per un qualsiasi numero di pale N 2. Un differente discorso vale per la seconda armonica 2P, in quanto
essendo in fase, il loro contributo si somma, evidenziando un termine di vibrazione alla frequenza
2/rev, una vibrazione verticale trasmessa al mozzo. La Figura 4. 10 b mostra, invece, la situazione per
la terza armonica 3P di flappeggio, ove essa ha un ciclo e mezzo nel tempo tra i passaggi della pala: è
chiaro che le componenti alla frequenza 3/rev sono in opposizione di fase tra le due pale e quindi si
annullano. Come conseguenza nelle vibrazioni verticali di un rotore bipala si manifestano solo le
armoniche pari mentre quelle dispari si annullano.
Si conclude come la più bassa frequenza di una vibrazione verticale è pari al numero delle pale N/rev
e che questa frequenza può essere moltiplicata per i suoi multipli per trovare i modi verticali maggiori
(Tabella 4.1).
Le forze periodiche in direzione longitudinale o laterale (forze orizzontali) trasmesse al mozzo derivano
invece dalla periodicità delle azioni di taglio (tangenziali e radiali) che agiscono nel piano della cerniera
di brandeggio. Attraverso l’analisi armonica è possibile dimostrare che queste azioni di taglio, espresse
nel sistema rotante, dipendono dalle frequenze (P · N + 1) /rev e (P · N − 1) /rev. Pertanto, le forze
orizzontali trasmesse dalla pala associate ai moti nel sistema rotante si ripercuotono sul mozzo nel
sistema fisso con una frequenza corrispondente al numero delle pale P · N, come mostra la tabella 4.2.
Quindi, quando si considerano forze nel piano, queste saranno modulate dalla velocità di rotazione
del rotore 1/rev in modo che il risultato sulla fusoliera abbia frequenza P · N/rev mentre nel sistema
rotante vibrerà a P · N − 1/rev e P · N + 1/rev dove la frequenza P · N/rev è assente.
La differenza tra la tabella 4.1 e la tabella 4.2 è che differenti frequenze alle pale sono responsabili per
le medesime frequenze riverberate al sistema non rotante (elicottero). Per esempio, un rotore con N
= 5 può indurre vibrazione verticale e orizzontale alla frequenza 5 P, ma la prima è causata dal moto
di flappeggio della pala a 5P mentre la seconda è causata dal moto di flappeggio a 4P.
In conclusione, pur supponendo che le pale siano tutte uguali e bilanciate staticamente e che il rotore
oltre a essere considerato infinitamente rigido e bilanciato dinamicamente, si può affermare che oltre
ai carichi indipendenti dalla frequenza, le sole armoniche dei carichi agenti sul mozzo sono quelle
corrispondenti a multipli P · N/rev , quindi il mozzo si può dire che agisce da filtro delle frequenze che
compongono l’intero spettro dei carichi agenti sulle pale del rotore principale nel sistema rotante
(Figura 4.12).
L’indagine volta alla definizione delle proprietà vibratorie di un elicottero può essere condotta
sperimentalmente e si articola in due fasi.
Nella prima fase si procede alla definizione di un modello analitico, da utilizzare nei modelli di calcolo
per la previsione dei livelli vibratori. Il modello analitico si basa sull’esperienza, oppure viene
sviluppato sulla base dei risultati di prove effettuate in laboratorio nelle quali l’elicottero vero e
proprio, allestito nella configurazione finale di volo (cioè con la struttura, gli impianti e gli
equipaggiamenti completi), viene sottoposto a sollecitazioni prestabilite. La determinazione della
risposta dell’elicottero consente di avere un quadro dei modi propri e delle frequenze proprie (risposta
in frequenza), ricostruite tramite l’acquisizione delle funzioni di trasferimento della struttura
dell’elicottero.
Il rilievo sperimentale dei modi e delle frequenze proprie della struttura avviene tramite il cosiddetto
shake test. In tale test l’elicottero viene sospeso dal suolo e lo shake test viene effettuato per
determinare le caratteristiche dinamiche della struttura in volo. Non potendo mantenere in volo il
rotore principale ed il rotore di coda durante la prova, ed essendo le caratteristiche dinamiche dei
rotori fermi diverse da quelle dei rotori in moto, essi sono rimossi dall’elicottero (in alcuni casi solo le
pale) e sostituiti da masse ridotte equivalenti, che ne simulino gli effetti dinamici. Lo shake test è
utilizzato anche con elicottero a terra, per verificarne la risposta dinamica in relazione alla ground
resonance.
Il carico (forza) viene applicato per mezzo di attuatori (shaker) elettromagnetici o idraulici, a seconda
della frequenza di interesse (la frequenza massima di applicazione del carico è dell’ordine del doppio,
o più, rispetto alla massima frequenza strutturale che si vuole determinare, che impongono una
determinata sollecitazione rilevata da una cella di carico applicata all’attuatore. Il carico è applicato
secondo una legge sinusoidale, che può essere a frequenza costante, variandone il valore a intervalli
definiti, oppure a frequenza variabile, cambiando in modo continuo la frequenza di eccitazione.
Il carico deve essere applicato in più punti, anche contemporaneamente con due o più shaker, scelti
in modo da poter garantire l’eccitazione di tutti i modi d’interesse. In generale si applica al mozzo del
rotore principale in direzione laterale e longitudinale, alla coda o deriva in direzione verticale, sul muso
e in altri punti della cabina.
La caratterizzazione dinamica (anche impulsiva) viene utilizzata quando è necessario determinare le
caratteristiche modali dell’elicottero in una particolare configurazione, oppure di suoi sottosistemi.
Sull’elicottero sono distribuiti una serie di sensori che rilevano la deformazione della struttura e le
accelerazioni. I dati (segnali) acquisiti dai sensori sono di tipo analogico e sono campionati,
effettuando cosi una trasformazione analogico/digitale. Infine, mediante algoritmi di calcolo per
l’analisi armonica, quali FFT (Fast Fourier Transform) è possibile calcolare le funzioni di trasferimento
che legano la forzante alla risposta dell’elicottero. L’uso di altri algoritmi di maggiore o minore
complessità consente di determinare la risposta modale (modi e frequenze corrispondenti)
dell’elicottero.
Quando la forzante sull’elicottero è di tipo impulsivi, per esempio applicata tramite un martelletto, la
prova prende il nome di RAP test (Response Analysis Pulse Test). Il rap test viene solitamente
effettuato quando si è interessati a identificare i modi di sottosistemi dell’elicottero. Dal punto di vista
dell’analisi modale, cioè rispetto al calcolo dei modi e delle frequenze proprie, l’applicazione di un
carico impulsivo durante il rap test equivale a sollecitare l’elicottero, o un suo sottosistema su tutto lo
spettro (teoricamente) infinito di frequenza.
L’analisi modale sperimentale e il rilievo delle vibrazioni in volo permettono di valutare il grado di
accettabilità del livello vibratorio dell’elicottero nel suo complesso.
Il giudizio può essere sia di tipo qualitativo, tramite le impressioni espresse dagli occupanti in merito
al livello di comfort generale percepito all’interno dell’elicottero sia di tipo quantitativo, definendo dei
limiti di ampiezza da non superare, e intervalli di frequenze da evitare. Quest’ultimo aspetto è legato
non solo al comfort dei passeggeri ma anche all’integrità degli equipaggiamenti installati a bordo
dell’elicottero.
Il progettista ha, in teoria, tutti gli strumenti per rendere ottimale il progetto dell’elicottero dal punto
di vista del contenimento del livello vibratorio, per esempio separando le frequenze proprie della
struttura, o di sue parti, dalle armoniche delle forzanti. In realtà il problema è estremamente
complesso da molteplici fattori, quali la differenza tra i risultati teorico-sperimentali ed il
comportamento effettivo della macchina in volo. Spesso il livello vibratorio in volo risulta troppo
elevato in rapporto a qualche requisito, sia esso in termini qualitativi che quantitativi, e devono essere
studiati dispositivi per ridurne l’entità.
Dato che le armoniche delle forzanti ad ampiezza maggiore sono quelle a frequenza minore, il livello
vibratorio si può teoricamente ridurre aumentando il numero delle pale del rotore principale. Però
oltre a comportare altri problemi di peso, ci sono problemi di tipo aerodinamico e strutturale.
Ogni componente dell’elicottero presenta una specifica caratterizzazione in termini di frequenze
naturali, che deriva dalla rigidezza e dalla distribuzione di massa. Tuttavia, se i componenti (per
esempio le pale, la fusoliera, gli impennaggi, il cruscotto, gli sportelli, i sedili ...) sono fatti vibrare
congiuntamente quali elementi connessi meccanicamente nella configurazione dell’elicottero,
risponderanno alle loro frequenze caratteristiche ma con un’ampiezza aumentata per effetto di
vicinanza o sovrapposizione modale. Infatti, talvolta si manifestano fenomeni di risonanza, non
sempre prevedibili in sede di progetto, vista la difficoltà di riuscire a calcolare la rigidezza e la
distribuzione delle masse dei vari elementi meccanici in modo da garantire un completo
disaccoppiamento dinamico. Il comportamento dinamico di una struttura può essere schematizzato
da una molla K e una massa M sospesa al rotore dal quale essa riceve un’eccitazione, carico dinamico
F 1 alla frequenza P · N/rev. La massa M risponde a questa eccitazione F 1 con la frequenza propria del
sistema ω n = K/M.
Adesso viene aggiunta una massa m alla massa M (con m < M) per mezzo di una molla k, si modificano
le caratteristiche di vibrazione del sistema complessivo: tale sistema viene detto assorbitore dinamico
o risonatore. La massa m, forzata dal moto della massa M, oscilla in opposizione di fase e tende a
scambiare un’azione che si sottrae alla forzante, mitigando consistentemente la vibrazione della
massa M se la frequenza propria ω n = k/m è prossima alla frequenza di eccitazione P · N/rev, ovvero
se la frequenza naturale dell’assorbitore è uguale alla frequenza di eccitazione (risonatore accordato).
In questo caso, la massa M smette di vibrare (nel caso ideale), dato che il risonatore assorbe parte
dell’energia che altrimenti avrebbe indotto la vibrazione principale.
3.11 Regolazione dell’allineamento e del bilanciamento del rotore principale: Trim Tabs
A seconda della casa costruttrice esistono varie tipologie di alette compensatrici che si differenziano
sostanzialmente per il loro numero e la loro localizzazione sulla pala. Facendo riferimento alla Figura
4. 16 l’aletta tipo A consiste in una striscia che si estende da circa metà della pala fino all’estremità
della medesima, mentre il tipo B è provvisto di un numero discreto di alette posizionate a circa 2 / 3
dell’apertura della pala, e infine il tipo C con alette distanziate le une dalle altre e rispettivamente
all’estremità, a 2 / 3 dell’apertura e alla radice. Le alette all’estremità vengono utilizzate per la
correzione iniziale di track a terra e costituiscono l’intervento principale per ridurre le vibrazioni
verticali alla frequenza 1/rev , mentre quelle intermedie hanno lo scopo di mantenere la traccia
corretta in volo traslato integrandosi con quelle d’estremità qualora fosse necessaria una
considerevole deflessione di quest’ultime, e infine si utilizzano le alette alla radice per gli interventi
correttivi alle alte velocità traslazionali dell’elicottero.
Differentemente, le biellette di variazione del passo si impegnano in un’asta a vite bilaterale, ruotando
la quale si regola la lunghezza producendo un cambiamento dell’angolo di passo dell’intera pala. Un
aumento di tale angolo ha come effetto un incremento di portanza della pala che quindi transita su
una traiettoria traslata verso l’alto. Viceversa, se si diminuisce l’angolo di passo ciò produce una
minore portanza e quindi un effetto opposto sulla traiettoria della pala.
Nella Figura 4.17 il costruttore ha posizionato l’asta di comando variazione passo oltre la pala, ciò
significa che se si allunga il tirante si trasla la traiettoria della pala più in alto e se si accorcia più in
basso. Qualora, invece, l’asta si trovasse sul retro della pala, si verificherà l’effetto contrario.
I sistemi per correggere lo sbilanciamento laterale sono l’aggiunta o la sottrazione di pesi, e la
regolazione dell’allineamento delle pale. I pesi localizzati in prossimità del mozzo, sono utilizzati per
ridurre le vibrazioni orizzontali a terra e in hover, a condizione che l’entità e la fase della vibrazione
per i due regimi sia simile. Si ricorre a una correzione di sbilanciamento laterale denominata product
balance quando la vibrazione laterale cambia fase tra la misurazione a terra e a punto fisso. Tale
operazione consiste nello spostamento nel senso della corda di pesi posti all’estremità delle pale in
modo da variare il centro di massa della pala nel senso della corda, rispetto quindi all’asse di
regolazione del passo. La posizione del centro di massa nel senso della corda determina come la pala
ruoterà in funzione dell’angolo di conicità β 0. Dato che la massima variazione di β 0 si rileva proprio
quando si passa dal suolo al volo a punto fisso, questa correzione permette di mantenere il rotore
sempre bilanciato.
Le vibrazioni del rotore di coda hanno una frequenza compresa tra 20 e 60 Hz. Le vibrazioni a queste
frequenze, rispetto a quelle del rotore principale, incidono modestamente sul comfort in volo se si
eccettua una possibile percezione di vibrazione alla pedaliera da parte del pilota, tipica dei piccoli
elicotteri. Diversamente, sugli elicotteri di maggiori dimensioni, i servocomandi idraulici filtrano
queste vibrazioni indirette. I danni derivanti dalle vibrazioni del rotore di coda si evidenziano con
cricche, allentamento dei rivetti, usura dei cuscinetti, delle biellette, delle articolazioni, delle
guarnizioni oltre alla sollecitazione a fatica dovuta all’alto numero di cicli a cui i componenti meccanici
sono soggetti. Le vibrazioni che si analizzano sui rotori di coda sono dovute prevalentemente a
sbilanciamento laterale, cioè a una vibrazione parallela al piano di rotazione, che si corregge con
l’aggiunta o la sottrazione di masse di bilanciamento.
La Figura 4. 20 mostra le tipiche immagini del metodo a riflettore di luce: l’immagine A è caratteristica
di un rotore allineato con la stessa quantità di luce riflessa da entrambi i riflettori, mentre
nell’immagine B il riflettore piano è più alto mentre nel caso C il riflettore con la striscia al centro
risulta più alto. Questo metodo, utilizzato prevalentemente per i rotori bipala, può essere impiegato
anche per il caso tripala, sebbene i riflettori vadano permutati per ogni coppia di pale, apportando, di
volta in volta, le opportune regolazioni necessarie.
ove i termini R 2k rappresentano le azioni di taglio tangenziali applicati nelle cerniere, che moltiplicate
per l’eccentricità eR determinano la coppia del rotore. B1 è lo smorzamento del sistema, derivante
dalla fluidodinamica interna del propulsore.
La soluzione agli autovalori delle equazioni differenziali porta a identificare due modi caratteristici: il
primo modo torsionale, a bassa frequenza (ω n ≈ 0. 65 /rev) poco smorzato, con accoppiamento tra
velocità angolare del propulsore e moto di brandeggio delle pale, e il secondo modo torsionale, in alta
frequenza (ω n ≈ 3 /rev), caratterizzato da accoppiamento tra vibrazioni torsionali del mozzo e
dinamica di ritardo delle pale. Una volta identificati i modi, è possibile configurare il sistema di
alimentazione del propulsore in modo da filtrare le pulsazioni naturali della trasmissione, soprattutto
il primo modo torsionale.
A tal fine, nei sistemi digitali, viene sempre implementato un filtro elimina banda specifico (notch
filter), fondamentale per proteggere il motore turboalbero, data la bassa inerzia delle giranti
confrontata con quella del rotore principale.
Per lo studio della risposta del propulsore alla regolazione del flusso del carburante w f e del comando
collettivo θ 0, si può utilizzare un modello lineare a stati comprensivo di sistema di governo del numero
di giri:
ve i parametri τwf, TQ, Twf, KP, KI, KD e K C vengono solitamente forniti dal costruttore del sistema
propulsivo oppure identificati da test al banco o in volo.
3.22 Aeroacustica
Insieme alle vibrazioni, la rumorosità è una caratteristica peculiare degli elicotteri. Il rumore esterno
e interno generato da un elicottero è dovuto a diversi fattori: effetto aerodinamico del rotore
principale e di coda e di tutto l’elicottero alle alte velocità; rumore generato dai motori, causato dagli
organi meccanici in movimento (trasmissioni, pompe.).
Il rumore prodotto dall’elicottero viene generato dai rotori (principale e di coda), dal sistema
propulsivo e dalla meccanica di trasmissione. Il campo di frequenze che caratterizza l’emissione
acustica del motore e della trasmissione è più alto rispetto a quello dei rotori, tenuto conto del fatto
che le loro parti rotanti operano a ratei angolari ampiamente superiori. Le curve di percezione
dell’orecchio umano attenuano i rumori ad alta frequenza e quindi con opportuni interventi di
isolamento acustico, il motore riverbera verso l’esterno in modo controllato, con livelli acustici
percepiti tollerabili. Un altro problema risiede nella direttività e nell’emissione degli scarichi del
propulsore. La soluzione risiede nel loro progetto aerodinamico e nell’isolamento acustico attraverso
l’adozione di materiali fono-assorbenti. Anche la trasmissione emette acusticamente per effetto
dell’ingranamento meccanico, nonostante si tratti di ingranaggi di alta precisione che operano in
condizioni di perfetta lubrificazione. Anche in questo caso, l’adozione di tecniche di isolamento
acustico permette di contenere il problema. Negli ultimi decenni, i progettisti hanno lavorato per
isolare acusticamente la cabina e l’area utilizzata dai passeggeri, soprattutto per applicazioni
executive, ove si pretende un livello di comfort a bordo molto elevato. Ciò non viene meno anche nel
caso di operazioni di lavoro aereo: basti pensare alle missioni di elisoccorso dove i sanitari a bordo
devono essere in grado di comunicare tra di loro senza dover alterare significativamente il tono di
voce.
Il contenimento della rumorosità esterna va posto in relazione al tipo di operazioni che deve svolgere
l’elicottero. In campo militare una bassa rumorosità permette all’equipaggio di non essere scoperto,
garantendo così un fattore sorpresa determinante tutte le volte in cui l’elicottero deve operare in
ambiente ostile. In campo civile, ma ormai vale anche per le macchine militari, è indispensabile
garantire un livello di rumore accettabile in tutti i casi in cui l’elicottero deve operare in corrispondenza
di zone densamente popolate per svolgere operazioni particolari, quali missioni di sorveglianza,
polizia, eliambulanza.
L’aeroacustica è uno degli aspetti tecnico-scientifici di maggior rilevanza ai fini della certificazione degli
elicotteri civili e militari.
In ambito civile, l’agenzia europea EASA, e in parallelo quella americana FAA, dedicano un grande
spazio alla valutazione dell’impatto acustico degli elicotteri. Da un lato l’opinione pubblica ha richiesto
un simile intervento, poiché l’utilizzo degli elicotteri in aree urbane viene tollerato solo nei casi in cui
sia presente una ricaduta per il bene pubblico, come nel caso del trasporto sanitario d’emergenza
(elisoccorso). Per quanto riguarda invece l’utilizzo privato, l’elicottero è oggetto di attenzione
mediatica per il disturbo che arreca alle persone che vivono nelle aree interessate. In questo senso la
normativa è diventata sempre più stringente nel definire i limiti del disturbo aeroacustico ammissibile
(Annesso 16 Environmental Protection- Volume 1 Aircraft Noise). I livelli di emissione acustica, in modo
simile agli aeroplani, sono valutati in termini di Effective Perceived Noise in decibels (EPNdB) attraverso
una misura integrata nel tempo in diverse postazioni a terra (acquisizione fonometrica) nelle fasi di
decollo, atterraggio e sorvolo (overflight). Tali rilievi vengono poi soggetti a valutazione da parte
dall’ente certificatore (si veda la Figura 2. 31) che valuta il margine rispetto al limite cumulativo
accettabile ai sensi della normativa ICAO.
Il rotore principale produce diverse categorie di emissioni acustiche (rumore aerodinamico) e queste
sono classificate nel modo seguente:
• Blade Slap, è il classico schioppettio regolare generato dal rotore. Esso si genera dall’interazione
delle pale con la vorticità rilasciata dal rotore stesso, creando un effetto di amplificazione dell’elevato
carattere di instabilità della corrente e delle condizioni di carico. Le fasi di volo tipiche in cui si
manifesta sono le flare, le discese a rateo moderato, le decelerazioni in virata ad angolo di bank
elevato e il volo avanzato a velocità modeste.
• Rotational Noise, è associato alla non stazionarietà delle forze aerodinamiche (portanza e resistenza)
che agiscono sulle pale, legata alla variazione della distribuzione di pressione sulle pale e allo
spostamento delle particelle d’aria dovuto allo spessore delle pale (thickness noise).
• Thickness noise, termine dovuto allo spessore del profilo. Questo tipo di emissione acustica si deve
alla conformazione geometrica del profilo e si azzererebbe teoricamente nel caso di profilo a spessore
nullo. Essa propaga nel piano del rotore secondo la direzione del moto.
• Loading noise, termine legato al flusso al disco: di fatto, il valore di trazione sulla pala non è mai
costante sul giro ma varia, sia per le regolazioni cicliche, sia per le asimmetrie del rotore nel volo
traslato. Di fatto, la circuitazione sul profilo (ed equivalentemente i livelli di trazione) non sono
uniformi e costanti in funzione dell’angolo di azimuth, producendo un riverbero acustico che è dovuto
a disturbi di pressione che seguono la direzione del tubo di flusso (disco attuatore). Questa tipologia
di emissione propaga ortogonalmente al disco secondo la scia del rotore (verso il basso).
• Blade-Vortex Interaction o BVI, deriva dal fatto che l’estremità della pala genera, al pari di qualunque
superficie portante con allungamento finito, un vortice di estremità che propaga a valle nella direzione
del flusso, ove viene investito dalla pala successiva. L’intersezione tra il vortice di estremità della pala
che precede e il bordo d’attacco della pala che segue sul ciclo di rotazione, produce un’emissione
acustica diretta verso il basso avanti nella direzione del moto o verso il basso indietro a seconda che
si consideri una pala avanzante oppure retrocedente sul giro. Questo tipo di interazione aeroacustica
è stata alla base della particolare tracciabilità acustica degli elicotteri bipala progettati negli anni
Cinquanta e Sessanta del secolo scorso (fenomeno noto come blade slap). Un intervento correttivo
passa anche attraverso il progetto della forma dell’estremità della pala che permetta di scomporre il
vortice di estremità: quando la pala che insegue, incontra invece di un unico vortice, due o più vortici
di dimensione ridotta, si ottiene una mitigazione dell’emissione acustica derivante dalla BVI.
• High Speed Impulsive Noise o HSI, deriva dalla formazione di onde d’urto legate al regime transonico
che si manifesta sulla pala avanzante nel volo ad alta velocità. Questa tipologia di emissione propaga
nel piano del rotore secondo la direzione del moto, e si somma al Thickness noise.
• Broadband noise o rumore a banda larga, emissione non direttiva, derivante da meccanismi diversi
legati alla turbolenza del flusso. Per valutare le emissioni acustiche degli elicotteri, si sfruttano i
cosiddetti diagrammi di Flyover, che riportano sull’asse delle ascisse la distanza temporale
dall’osservatore e la scala negativa indica il tempo per il raggiungimento della verticale
sull’osservatore stesso. Sull’asse delle ordinate, invece, è riportata la curva dei livelli acustici filtrati
dBA ovvero corretti con la curva di percezione dell’orecchio umano. Quando l’elicottero è lontano, i
livelli acustici sono bassi, ma non trascurabili in quanto il rotore di coda è particolarmente tracciabile
dall’osservatore, avendo una frequenza molto più alta rispetto a quella del rotore principale, che
quindi per effetto Doppler viene percepita maggiormente. Arrivati al sorvolo e poi al superamento
della verticale dell’osservatore a terra, il termine di loading noise diventa percepibile. I diagrammi
riportati nel Grafico 2. 33 sono ricavati per via sperimentale e servono per la certificazione
dell’elicottero per quanto concerne l’emissione acustica.
Tra le soluzioni adottate per mitigare la tracciabilità acustica del rotore di coda possiamo citare la
soluzione NOTAR (senza rotore di coda) oppure il rotore intubato tipo Fenestron.
In base alle considerazioni svolte, un significativo contributo alla riduzione del rumore aerodinamico
esterno generato dal rotore principale viene da ogni soluzione che consenta di allontanare il più
possibile la scia generata dal rotore stesso.
Fissata la trazione T, è fissata la velocità indotta. Pertanto, per allontanare la scia dal rotore, una
soluzione è quella di ridurre la velocità delle estremità delle pale. Ciò richiede un aumento del passo
collettivo delle pale, che comunque non può essere incrementato più di un certo valore per le
limitazioni dovute allo stallo delle pale retrocedenti. Per ritardare l’interazione delle pale con la scia si
può pensare di ridurre quanto possibile il numero delle pale, ma a questo punto subentrano altri
fattori limitanti (prestazioni, vibrazioni). Inoltre, la diminuzione della Vtip (velocità di estremità)
darebbe un contributo favorevole per ridurre quella parte di rumore associata agli effetti di
comprimibilità (il rumore è proporzionale alla Vtip).
Il rumore è proporzionale al carico sul disco T/A, per cui a parità di trazione sarebbe vantaggioso avere
un disco rotore di dimensioni maggiore per ridurre il carico sul disco.
Le considerazioni sopra si applicano anche al rotore di coda. Si deve ricordare che le frequenze tipiche
legate alla velocità di rotazione del rotore di coda sono generalmente superiori rispetto a quelle del
rotore principale perché la sua velocità di rotazione è normalmente più elevata. Un aiuto nella
previsione del rumore generato dagli elicotteri e nello studio per il suo contenimento deriva da metodi
numerici basati sull’uso della CFD (Computational Fluid Dynamics) che tramite modelli basati sulle
equazioni della fluidodinamica e della aeroacustica, consentono di riprodurre e studiare il campo di
moto fluidodinamico e aeroacustico del rotore e dell’elicottero.
Il livello interno del rumore influisce sulla qualità delle comunicazioni radio che avvengono tra il pilota
e gli altri aeromobili e gli enti di controllo del traffico aereo. La facilità di comunicazione garantisce un
adeguato livello di sicurezza e semplifica il lavoro del pilota. Inoltre, un ambiente rumoroso può
compromettere una pronta comprensione tra l’equipaggio e i passeggeri nel caso debbano essere
trasmessi messaggi relativi alla sicurezza in volo. Infine, un alto livello di rumorosità pregiudica il
raggiungimento di elevati standard di abitabilità e di comfort degli occupanti.
Il contenimento del rumore interno è un altro problema importante da studiare e risolvere, ma al
momento è più legato alla definizione degli standard di abitabilità accettabili piuttosto che a requisiti
certificativi
Le sorgenti di rumore interno sono molteplici: la trasmissione di moto, la struttura (che si deforma e
vibra) i motori, il rotore, i componenti idraulici, e altri equipaggiamenti accessori (impianto di
condizionamento). Come regola generale si può dire che il rumore interno è proporzionale alla
potenza installata.
Sinora il rumore interno in cabina è stato diminuito con l’uso di materiali fonoassorbenti, posti in
corrispondenza di pannelli che compongono le pareti della cabina piloti e passeggeri. L’uso di questo
materiale risolve solo in parte il problema e ormai è stato verificato che la riduzione del livello di
rumore in cabina si può ottenere solo a costo di un aggravio di peso notevole. Un aiuto può venire
dalla cura con la quale si allestiscono gli interni dell’elicottero prestando attenzione alle finiture e ai
collegamenti tra i pannelli che compongono l’allestimento degli interni cabina.
Una fonte significativa di rumore interno è la trasmissione, a causa del rumore generato dagli organi
meccanici in moto ed un contributo alla diminuzione del livello di rumore può venire dall’isolamento
meccanico della zona di installazione della trasmissione.
4. PRESTAZIONI ELICOTTERO
Di seguito i parametri che influenzano le prestazioni:
• motore (potenza e consumi)
• limiti del sistema di trasmissione
• caratteristiche aerodinamiche (rotore principale, rotore di coda, fusoliera).
Di questi, le prestazioni motori e i limiti del sistema di trasmissione del moto svolgono un ruolo
fondamentale. Il calcolo delle prestazioni dell’elicottero non è svolto in dettaglio ma sono descritti i
criteri fondamentali con i quali è possibile effettuare una prima valutazione. In molti casi come
l’hovering e nel volo livellato.
• Ç= 1.226 kg/m3
• Umidità = 0%
La temperatura esterna viene indicata con OAT e rappresenta la temperatura dell’aria alla quota in
cui l’elicottero si trova in un certo istante. Spesso si fa riferimento alle condizioni di temperatura
rispetto alle condizioni ISA + 20° per indicare che la temperatura T dell’aria è quella che si avrebbe a
quella quota in condizioni ISA aumentata di 20°.
Con il termine altitudine di pressione Hp, pressure altitude, si indica l’altitudine ISA corrispondente a
un determinato valore di pressione, cioè si traduce un valore di pressione in quota come se si operasse
in ISA. Il pilota in volo ha sempre a disposizione il dato di pressione e di temperatura, pertanto le
prestazioni sono indicate in funzione della OAT e della Hp. Il manuale di volo riporta i diagrammi di
prestazioni a diversi valori di OAT e Hp e il pilota è sempre in grado di riconoscere la sua prestazione
in ogni istante.
L’altitudine di densità Hd equivale alla definizione di altitudine di pressione ma riferita alla densità:
indica l’altitudine in ISA corrispondente a un determinato valore di densità., cioè si traduce un valore
di densità in quota come si operasse in ISA. L’importanza del valore di densità risiede nel fatto che
questa grandezza entra direttamente nelle espressioni per il calcolo delle prestazioni dell’elicottero
(portanza e resistenza, portata di massa del motore). Considerando l’aria un gas perfetto, si ricava la
densità tramite la legge di stato una volta note pressione e temperatura.
4.2 Velocità
Un valore di velocità alla quale si effettua una prestazione deve essere interpretato in funzione del
tipo di strumentazione che ne ricava il valore. Oltre a moderni sistemi elettronici di misura, si fa largo
uso delle sonde di pressione (tubo di Pitot) per la determinazione della velocità di volo. Il dato indicato
dallo strumento in cabina piloti deve essere corretto a causa di errori dovuti a diversi fattori, quali
errori legato all’installazione sull’aeromobile o gli effetti di comprimibilità. Anche le condizioni
ambientali, se diverse da quelle ISA alle quali si effettua la taratura della sonda di pressione,
introducono un errore nella lettura del valore di velocità ricavata dallo strumento rispetto all’effettiva
velocità relativa tra aeromobile e aria.
• IAS (indicated Air Speed) è la velocità cosi come è indicata dallo strumento in cabina a
disposizione del pilota
• CAS (Calibrated Air Speed) è la IAS corretta dell’errore di posizione sull’elicottero e dell’errore
strumentale della sonda di velocità. La CAS è uguale alla TAS in ISA, SL.
• EAS (Equivalent Air Speed) è la CAS corretta per gli effetti adiabatici di comprimibilità alla
quota considerata. La EAS è uguale alla CAS in ISA, SL.
• TAS (True Air Speed) è la velocità relativa effettiva tra aeromobile e aria. La TAS è pari alla EAS
moltiplicata per il rapporto delle densità
Si presenteranno le caratteristiche dei motori a turbina o turboalbero (turbo shaft – engines) per i
quali l’energia della miscela aria-combustibile che brucia nelle camere di combustione viene utilizzata
(quasi del tutto) per fornire energia a una turbina che, a sua volta, muove una presa di moto di potenza
in uscita dal motore. Da qui attraverso un albero motore e un opportuno sistema di trasmissione del
moto, la potenza erogata dal motore viene tramessa al rotore principale, al rotore di coda e,
eventualmente ad altri sistemi ausiliari per il loro funzionamento.
Uno dei parametri fondamentali che definisce le caratteristiche del motore è il regime di potenza
(rating). Un rating di potenza di un motore rappresenta un limite operativo di funzionamento. Tipici
rating di potenza di un motore sono elencati di seguito:
- Potenza Massima Continua (Maximum Continuous Power Rating, MCP Rating): è la massima
potenza erogabile, staticamente e in volo, in atmosfera standard, ad una specifica altitudine,
all’interno dei limiti operativi del motore (temperatura, numero di giri) senza limitazioni di
tempo. Per gli elicotteri plurimotore viene fatta distinzione nel caso in cui tutti i motori siano
funzionanti o meno. Si parla quindi di rating MCP in condizioni a motori operativi (AEO, All
Engines Operative) e con motore in Avaria (OEI, one engine inoperative), brevemente AEO
MCP e OEI Continuous rispettivamente. Nel caso OEI, il tempo di impiego del rimanente è
limitato a quello necessario per completare il volo dopo l’avaria di un motore.
- Rating di Decollo (Take-off Power Rating, TOP Rating, T/O): è la massima potenza erogabile
staticamente in condizioni ISA, SL, all’interno dei limiti operativi del motore (temperatura,
numero di giri) per operazioni di decollo, per un tempo on superiore a 5 minuti.
- Rating OEI 30 minuti, rating OEI 2,5 minuti: è la massima potenza erogabile staticamente, ad
una determinata altitudine e temperatura, all’interno dei limiti operativi del motore
(temperatura, numero di giri) per un periodo massimo di 30 min/2,5 min in condizioni OEI.
I rating motore si esprimono in potenza. In corrispondenza di ogni rating esistono determinati valori
di temperatura massima dei gas di scarico dalla camera di combustione e in ingresso in turbina e di
numero massimo di giri della turbina. Il motore deve essere utilizzato all’interno dei limiti di potenza
(coppia), numero di giri della turbina e temperatura massima dei gas di scarico: a seconda delle
condizioni operative, uno di questi limiti viene raggiunto prima degli altri e determina la potenza
massima erogabile dal motore. Per esempio, operando in ambienti caldi, per ottenere la stessa
potenza che si otterrebbe in condizioni più fredde, la turbina opera ad un numero di giri ed a una
temperatura più alti.
Il costruttore del motore definisce i rating del motore. I valori da esso dichiarati sono valori
termodinamici di potenza disponibile (all’albero di uscita) e si riferiscono al motore quando non è
installato (ISA, SL).
Una volta installato sull’elicottero, il motore fornisce una potenza inferiore rispetto a quella dichiarata
e misurata sul banco di prova. Con il termine perdite di installazione si intende la differenza di potenza
tra quanto viene misurato al banco prova del motore e il valore effettivamente disponibile all’albero
motore quando questo è installato sull’elicottero. Le perdite di installazione sono legate
all’installazione particolare del motore sull’elicottero, non operando in condizioni ideali come accade
quando è sul banco di prova. La potenza disponibile all’albero di uscita è inferiore al valore nominale,
anche del 10% e oltre e la perdita varia in funzione di velocità e quota. All’aumentare della velocità di
avanzamento si osserva un leggero incremento di potenza per effetto della pressione dinamica.
Nel calcolo e nella verifica in volo delle prestazioni dell’elicottero è necessario prendere in esame
l’inviluppo operativo e le limitazioni del sistema di trasmissione del moto che trasmette la potenza in
uscita dal motore ai rotori e ad altri componenti ausiliari.
Le limitazioni relative alla trasmissione dell’elicottero di esprimono in coppia (torque) massima
ammissibile ricevuta dall’albero motore in uscita dalla presa di moto del motore.
Anche per la trasmissione vengono definiti dei rating, che possono differire in valore di coppia rispetto
a quelli del motore, ma la loro definizione è la stessa di quella introdotta precedentemente a proposito
dei motori (MCP, OEI 2.5 minuti).
In generale l’inviluppo operativo del motore in termini di potenza risulta più ampio rispetto a quelli
della trasmissione. Questa scelta consente di sfruttare al massimo i rating trasmissione, non
utilizzando il motore al massimo delle sue disponibilità, preservandone cosi l’integrità meccanica.
Inoltre, il surplus di potenza del motore serve per compensarne la diminuzione di potenza
all’aumentare della quota e della temperatura.
Le limitazioni in coppia della trasmissione e in potenza del motore determinano la prestazione.
Affinché possa essere realizzata, una prestazione richiede un determinato valore di potenza, che in
alcuni casi può essere superiore ai limiti ammessi per il sistema trasmissione o per il motore, quale dei
due si raggiunge per primo. Al variare delle condizioni operative (per esempio all’aumentare della
quota e della temperatura) cambia la potenza disponibile del motore, mentre i limiti della trasmissione
sono sempre gli stessi. Tipicamente a bassa quota, se i limiti del motore sono maggiori dei limiti della
trasmissione, è quest’ultima che limita la prestazione in termini di potenza massima ammissibile.
Salendo in quota, invece, la potenza disponibile del motore diminuisce sino a diventare minore dei
rating della trasmissione, quindi sarà il motore che limiterà la prestazione.
Un altro aspetto relativo alla trasmissione che non bisogna trascurare è legato al fatto che essa è un
insieme di organi meccanici in movimento. Pertanto, alla trasmissione è necessario associare un
rendimento meccanico tale per cui parte della potenza in uscita dal motore viene perduta per attrito
tra gli ingranaggi o per effetto della lubrificazione. Un rendimento del 95% (rapporto tra la potenza
disponibile a valle del sistema di trasmissione e a monte, resa disponibile dai motori) può essere un
valore corretto di riferimento.
La potenza necessaria è la potenza richiesta per poter effettuare una determinata prestazione in certe
condizioni. La potenza necessaria o richiesta è espressa dalla seguente formula.
1. (PRP) la potenza richiesta del rotore principale = Potenza indotta + potenza di profilo +
potenza parassita
2. (Prc) la potenza richiesta del rotore di anticoppia di coda
3. (PAUX) la potenza richiesta dei sistemi ausiliari di bordo
4. (ηt) il coefficiente che introduce le perdite di trasmissione (essenzialmente perdite per
attrito tra ingranaggi; in genere, (ηt) assume valori compresi tra 1,03 e 1,04). L’inverso di (ηt)
si chiama rendimento meccanico della trasmissione che è minore di uno.
• Potenza Indotta: Potenza necessaria per generare la trazione del rotore principale
• Potenza di profilo: Potenza necessaria per vincere la resistenza delle pale
• Potenza parassita: Potenza necessaria per vincere la resistenza aerodinamica
(parassita) della struttura dell’elicottero (fusoliera, mozzo rotori principale e mozzo
rotore di coda, pattini, carichi esterni
La potenza indotta diminuisce all’aumentare della velocità in quanto il rotore principale beneficia
dell’influsso dovuto alla sua inclinazione. A basse velocità prevale il contributo della potenza di profilo,
mentre all’aumentare della velocità aumenta rapidamente il termine dovuto alla resistenza parassita.
Confrontando i valori di potenza necessaria con quelli di potenza disponibile e i limiti di trasmissione,
si determinano i limiti operativi della macchina.
La potenza necessaria per il volo livellato varia in funzione delle condizioni ambientali. Per avere il
quadro completo della potenza necessaria dell’elicottero nelle diverse condizioni ambientali. Per
avere il quadro completo della potenza necessaria (richiesta) dell’elicottero nelle diverse condizioni (e
per poterlo confrontare successivamente con le curve di potenza disponibile del motore alle stesse
condizioni) si costruisce il diagramma di potenza necessaria – velocità normalizzato.
I parametri di normalizzazione sono il rapporto della densità nelle condizioni non standard e la densità
standard (ISA) ed il rapporto tra numero di giri rotore effettivo e nominale.
Successivamente, fissato il peso, è possibile ricavare la potenza necessaria alla quota desiderata
dividendo il peso per valore del parametro di normalizzazione alla quota in esame.
4.7 Hovering
La prestazione in volo a punto fisso si esprime tipicamente in termini di peso massimo alla quale è
possibile effettuare l’hovering, al variare delle condizioni ambientali, in IGE e OGE.
Per ottenere il dato di prestazione in hovering è necessario confrontare la potenza necessaria
(richiesta) coi limiti motore e trasmissione (fissato il rating al quale operare), ricordando che la potenza
necessaria e disponibile variano in funzione delle condizioni ambientali.
Si osservi che sino a quando la potenza disponibile del motore è superiore ai limiti della trasmissione,
è quest’ultima determinare l’andamento della curva peso-quota: l’aumento della quota richiede
maggiore potenza e quindi il peso deve diminuire per poter operare in hovering.
Autonomia
Il concetto di autonomia (endurance) è legato a due aspetti diversi, la distanza e il tempo di volo.
Massima autonomia chilometrica (Best Range)
È una prestazione di notevole importanza che definisce la massima distanza percorribile una volta
fissato il peso e la quantità di combustibile imbarcato. Essa si ottiene per una certa velocità, indicata
Best Range Speed (BRS). Fissato il peso e le condizioni ambientali, la massima autonomia chilometrica
si ottiene in corrispondenza del valore minimo del rapporto potenza richiesta / velocità.
Massima Autonomia Oraria (Best Endurance)
Questa prestazione riveste notevole importanza per quelle missioni in cui è importante trascorrere il
massimo tempo possibile in volo su determinate aree, per esempio in missioni di ricerca, salvataggio
e sorveglianza. La prestazione di endurance in termini di tempo rappresenta il tempo massimo che si
può trascorrere in volo, e si ottiene per una certa velocità. La Best Endurance Speed (BES). Fissato il
peso e le condizioni ambientali, la massima autonomia oraria si ottiene in corrispondenza del valore
minimo di potenza richiesta.
Carico Pagante
Risulta di notevole interesse conoscere il legame tra l’autonomia chilometrica e il cosiddetto carico
pagante (payload), cioè il carico che può essere trasportato. È evidente che i due requisiti, cioè avere
una buona autonomia (che richiede di imbarcare la maggiore quantità di combustibile possibile) e un
carico pagante elevato sono in antitesi, e quindi si deve raggiungere un compromesso.
Per calcolare il carico pagante e la corrispondente autonomia si può procedere come segue:
• Fissare il peso massimo al decollo
• Fissare il minimo peso operativo per compiere la missione
Fase di volo Durata (min) Velocità Distanza Consumo Comb. Utilizzato Peso elicottero
(KTAS) (NM) comb- (kg/h) (kg) (kg)
WU & TO, SL 3 0 0 64 3 2660
Crociera @BRS, SL 38 125 80 188 120 2657
Ricognizione @BES 40 75 50 145 97 2537
Crociera @Vmax 32 158 80 216 117 2440
L con riserva 20 188 63 2323
Totale 40 2260
Si ricava che il tempo di ricognizione è 40 minuti.
4.10 Salita
All’aumentare della quota, la riduzione della potenza disponibile determina una riduzione
dell’intervallo della velocità di avanzamento possibile in volo livellato. Ciò vale anche per la velocità di
salita. Pertanto, da una certa quota in poi non è possibile più effettuare la salita.
Prende il nome di quota di tangenza (service ceiling) la quota alla quale la potenza disponibile non è
più sufficiente per salire. In questo caso si parla di quota di tangenza teorica. Si definisce quota di
tangenza teorica la quota, per un determinato peso, alla quale la velocità di salita è nulla, ovvero la
quota massima (teorica) raggiungibile per il peso fissato. Si definisce la quota di tangenza pratica la
quota, per un determinato peso, alla quale la massima velocità di salita è di 100 ft/min (nel senso che
la massima velocità di salita è‘ ridotta a 100 ft/min).
Conoscere la quota di tangenza, in funzione delle condizioni ambientali, del peso e del rating, è molto
importante perché è uno dei parametri che consentono di definire i limiti di quota dell’inviluppo
operativo dell’elicottero. Tracciando le curve di potenza necessaria e disponibile al variare delle
condizioni ambientali, il costruttore dell’elicottero fornisce le prestazioni di salita a un certo peso, in
tutto l’inviluppo di pressione e temperatura, fissando la velocità fi avanzamento durante la salita e
ottenendo un diagramma sottostante:
In generale, il valore della velocità di avanzamento da tenere sulla traiettoria di salita indicata dal
costruttore rappresenta un compromesso in termini di angolo di salita e velocità ascensionali ottimali.
Anche per l’analisi delle autonomie degli elicotteri viene determinato un diagramma Range – Payload
e per molti studi sulle prestazioni si definisce una missione tipo, come ad esempio quella
schematizzata nella seguente figura
4.12 Autorotazione
Come si vede la velocità di discesa ha un valore elevato in hovering che inizialmente decresce con la
velocità di volo fino ad un minimo corrispondente alla condizione di volo a minima potenza necessaria
per poi aumentare nuovamente con l’aumentare della velocità di transazione. Dal grafico si può subito
vedere come una discesa verticale in condizioni di autorotazione dia luogo a velocità troppo elevate
per renderla operativamente interessante. Avendo riportato la curva in funzione della componente
orizzontale della velocità di volo, ciascuna retta per l’origine che la intersecherà ci mostra l’angolo di
discesa relativo alla velocità corrispondente al punto di intersezione. Tracciando la tangente per
l’origine otteniamo la velocità in corrispondenza della quale è minimo l’angolo 𝜏𝜏𝜏𝜏 nel volo in
autorotazione. Questo parametro è importante perché indica la distanza a disposizione nella manovra
di autorotazione prima di toccare il suolo e quindi tanto più basso è questo angolo, maggiore sarà la
possibilità del pilota di poter scegliere un luogo idoneo per un eventuale atterraggio di emergenza
potendo coprire distanze maggiori. La regione evidenziata in rosso nel precedente grafico delimita una
condizione interdetta al volo poiché in essa si sviluppa il fenomeno del vortex ring state. La velocità 𝑉𝑉′
rappresenta la velocità di volo orizzontale alla quale si ottiene la massima distanza raggiungibile (𝜏𝜏𝜏𝜏
minimo), la velocità 𝑉𝑉′′ rappresenta la velocità di volo orizzontale per cui si ha il minor rateo di discesa.
Si tenga presente che le condizioni di autorotazione sono molto difficili da gestire a livello di
simulazione poiché siamo in condizioni di discesa a velocità elevata e quindi la teoria del disco
attuatore non è valida.
Nella condizione di autorotazione la risultante della forza aerodinamica 𝑑𝑑𝑑𝑑 deve essere ortogonale
all’asse albero; dal seguente grafico si può vedere come, rispetto ad una condizione di funzionamento
normale, l’angolo del collettivo debba essere ridotto per evitare di stallare il rotore.
In questa condizione il problema che interviene a livello di pilotaggio riguarda sia il mantenimento del
regime di rotazione, sia il fatto di non far stallare il rotore e quindi ridurre tempestivamente il passo
collettivo non appena si riscontra l’avaria del motore.
Questo perché quello che importa ai fini del mantenimento della condizione di autorotazione riguarda
la portata di fluido che interessa il rotore perché è proprio questo fluido che fornisce energia al
sistema; quindi dei due termini che vanno a costituire il coefficiente di trazione, quello relativo a 𝜃𝜃0
presenta una variazione molto modesta al variare della velocità di volo, sarà quindi prevalente il
contributo del secondo termine di tale relazione nel quale il parametro di influsso dovrà essere per
forza positivo. Per questo motivo il pilota deve essere molto pronto a ridurre il collettivo non appena
si voglia iniziare una manovra di autorotazione. Vediamo ora, con l’ausilio dei seguenti grafici, come
si effettua questa manovra.
Nella figura soprastante possiamo notare cinque diversi grafici il primo dei quali descrive ciò che
succede in autorotazione dal punto di vista qualitativo, mentre i successivi riportano le variazioni di
grandezze caratteristiche della manovra al variare della distanza percorsa. Supponiamo che il motore
dell’elicottero si sia fermato e che il pilota abbia agito tempestivamente sui comandi portando la barra
del collettivo al valore previsto e stabilendo una condizione di volo stazionario; agendo sia sul
collettivo che sul ciclico egli regolerà la discesa in modo tale da portarsi alla velocità prevista per
l’effettuazione corretta della manovra. Come si può vedere dal primo grafico riportato nella figura
precedente quando si arriva in prossimità del suolo bisogna effettuare la manovra di atterraggio
riducendo quanto possibile la velocità orizzontale e incrementando il collettivo per portare la velocità
verticale da un valore che non è troppo piccolo ad un valore che non dovrebbe superare i 2𝑚𝑚𝑚𝑚 ⁄ in
modo da non causare danni all’elicottero e soprattutto agli occupanti. Quest’ultima parte del volo non
è affatto semplice poiché si deve incrementare la trazione in una situazione in cui questo comporta
una brusca riduzione del numero di giri del rotore (in quanto si genera una coppia assorbita non più
nulla) con tempi caratteristici molto ridotti (per questo motivo si prediligono rotori con pale più
pesanti per effettuare la manovra di autorotazione, in quanto questi possono “immagazzinare” più
energia sottoforma di energia cinetica e quindi avere una riduzione del numero di giri più graduale).
Per questo motivo nel momento in cui ci si avvicina a terra, come si può vedere dal terzo grafico sopra
riportato, il pilota può determinare un incremento della velocità di rotazione del rotore per
immagazzinare energia da sfruttare nella fase terminale della manovra. Il problema di questa
situazione è che se si dà il comando collettivo a una distanza troppo elevata dal terreno si può portare
il rotore allo stallo oppure si può determinare una variazione del regime di rotazione che non
garantisce più la necessaria trazione; se invece si dà il comando troppo tardi non si avrà tempo
sufficiente a far incrementare sufficientemente la trazione. Gli ultimi due grafici rappresentano la
variazione di velocità di traslazione e la variazione della velocità verticale. Il discorso sull’autorotazione
fatto è tanto più importante tanto più che l’elicottero di cui parliamo è un elicottero mono motore,
infatti in un elicottero plurimotore la manovra di autorotazione ha un significato diverso in quanto la
potenza disponibile non viene completamente persa
Dal precedente grafico possiamo vedere come per un elicottero plurimotore l’avaria di un motore
comporti la limitazione a volare con determinate velocità di volo, in particolare possiamo vedere come
si possa volare minimo con una determinata velocità escludendo quindi la discesa verticale, in questo
caso si deve scegliere se effettuare l’atterraggio di autorotazione per ridurre ulteriormente la velocità
o atterrare con una velocità orizzontale non nulla.
Nella manovra di richiamata finale, il pilota non può far variare di tanto il regime di rotazione perché
deve rimanere sempre soddisfatta la seguente condizione di equilibrio
Da questa relazione possiamo ricavare il range ammissibile di variazione del numero di giri del rotore:
se deve essere garantito che l’elicottero rimanga in volo sostentato, riducendosi la velocità angolare
del rotore deve aumentare il coefficiente di trazione; in particolare semplificando tra i due membri
dell’equazione di equilibrio su scritta i termini comuni otteniamo la relazione che lega variazione del
regime di rotazione del rotore a variazione del coefficiente di spinta.
Si può ridurre la velocità angolare del rotore fintanto che il coefficiente di trazione è inferiore a quello
massimo poiché al di sopra di un determinato valore di quest’ultimo una riduzione della velocità
angolare del rotore manda in stallo l’elicottero; quindi l’intervallo di variazione ammissibile di Ω è
piuttosto limitato.
Dal punto di vista dei manuali di volo la condizione di autorotazione ha associato un importante
diagramma che viene detto diagramma ℎ−𝑉𝑉 (quota – velocità) o curva dell’uomo morto, il quale
identifica, in questo piano, alcune regioni che non sono ammissibili per il volo.
La cosa più strettamente legata a ciò che abbiamo detto fino a questo momento è la regione che viene
identificata da una curva caratteristica nella parte sinistra del grafico soprastante;
questa è una regione nella quale il volo non è ammesso ed è definita da certe quote e velocità
caratteristiche. Il punto superiore in cui la curva va ad intersecare l’asse delle ordinate è indicato con
ℎℎ𝑖𝑖 e prende il nome di High Hovering Height (in genere intorno ai 100−150 metri) ed è la minima
altezza alla quale è possibile effettuare in sicurezza la manovra di autorotazione a partire da una
condizione di volo a punto fisso.
Se il motore si dovesse rompere mentre l’elicottero è in hovering ad una quota inferiore a quella
appena descritta, non si avrà né l’energia né lo spazio necessario per permettere al pilota di atterrare
con successo.
Il punto inferiore in cui la curva a sinistra del grafico interseca l’asse delle ordinate è indicato con ℎ𝑙𝑙𝑙𝑙
e prende il nome di Low Hovering Height (in genere inferiore a 5 metri) ed è la quota massima alla
quale, a seguito di un’avaria al motore, l’elicottero riesce ad atterrare in sicurezza sfruttando l’energia
cinetica del rotore e la capacità del carrello di assorbire l’impatto col suolo. Come si può vedere il
grafico fa notare come la manovra di autorotazione sia effettuabile anche a quote minori di ℎℎ𝑖𝑖 ma in
presenza di una velocità di transazione.
Questo diagramma viene tipicamente completato riportandovi un’altra regione proibita per il volo,
che non è legata alla condizione di autorotazione bensì è una regione che limita la velocità di volo alle
basse quote (qualche metro di altezza dal suolo). La presenza di questa seconda limitazione è legata
all’evento di piantata del motore, in quanto in questa situazione l’elicottero arriverebbe a terra con
una velocità di traslazione troppo elevata con conseguenti danni a quest’ultimo ed ai suoi occupanti;
inoltre, conseguentemente ad un avaria del motore, la velocità di rotazione del rotore diminuirà
bruscamente mentre si avrà un aumento del parametro di avanzamento, allo stesso tempo il rotore
flappeggia all’indietro generando un momento cabrante che può non essere controllabile dal pilota e
che può portare ad un interferenza della coda dell’elicottero con il terreno. Nella fase di decollo,
relativamente ai parametri di volo quota e velocità, il pilota dovrà tenersi all’esterno delle regioni
proibite indicate in rosso nel grafico ℎ−𝑉𝑉.
Per operare con sicurezza il rotore deve sempre trovarsi in condizioni di velocità di traslazione e/o
quota tali da poter entrare in autorotazione e completare la manovra di richiamo senza danni.
Se a punto fisso o lento occorre che sia abbastanza alto, se invece ha raggiunto una velocità sufficiente
basta avere il minimo di quota per reagire ed eseguire la manovra di richiamo.
Il diagramma che si utilizza per rappresentare queste condizioni prende il pittoresco nome di "curva
dell'uomo morto" per ricordare che fuori dai limiti tracciati le possibilità di sopravvivenza in caso di
guasto sono molto molto basse.
• Qui l'area bianca D è quella entro la quale le caratteristiche di quota e velocità permettono di
eseguire la manovra di autorotazione e richiamata.
• Nella zona A la velocità è bassa e la quota non è sufficiente.
• Nella zona B seppure la velocità sia sufficiente la quota è troppo esigua per poter eseguire la
richiamata e soprattutto per "frenare" - il pilota si troverà a terra prima di aver avuto il tempo
di reagire.
• Nella zona C la velocità e la quota sono basse, l'elicottero non entrerà in autorotazione, ma il
carrello e la struttura sono in grado di assorbire l'energia dell'impatto senza danni ai
passeggeri.
A basse altezze con bassa velocità , come ad esempio un hover taxi, il pilota può semplicemente
attutire l'atterraggio con collettiva convertendo inerzia rotazionale in ascensore . Al contrario, una
completa perdita di potenza, e la conseguente atterraggio di fortuna, da un hover taxi, tre piedi a
passo d'uomo possono essere sopravvivere. Elicotteri plurimotore grado di volare e bilico con un solo
motore, non raffigurano questa seconda regione.
Poiché le velocità relativa aumenta senza un aumento in altezza, arriva un punto in cui il tempo di
reazione del pilota sarebbe insufficiente per avviare una svasatura , e impedire un impatto a terra ad
alta velocità. Ogni aumento in altezza, aumenta il tempo di reazione pilota. Questa è la ragione per la
parte in basso a destra della curva H-V ha un superficiale gradiente . Se sopra velocità autorotazione
ideale, un pilota può evitare la curva di uomo morto da flaring, convertendo velocità in altezza, e
aumentando RPM rotore.
Analogamente, un aumento in altezza senza un corrispondente aumento della velocità è pericolosa,
come un arresto a questa altezza non può essere resiliente. Airspeed deve aumentare oltre l'intervallo
40-80 nodo, consentendo l'apertura di sicurezza un'autorotazione. Così un profilo decollo di sicurezza,
l'avvio in avanti volo da un basso hover, coinvolge guadagnando altezza velocità si avvicina a una
velocità di autorotazione sicura.
4.14 CATEGORIA A
In generale la meccanica del volo ci insegna che in certe condizioni a seguito della perdita di potenza
(avaria motore) la macchina, aeroplano od elicottero che sia, può comunque effettuare delle
procedure di emergenza che, se eseguite nel modo e tempi corretti, sono in grado di garantire un
atterraggio sicuro per gli occupanti. La manovra tipica d’emergenza per gli elicotteri è l’autorotazione
(con parziale o totale perdita di potenza) che però può essere eseguita solo nelle condizioni fuori dalle
curve H-V (curve Height-Velocity, nel passato anche chiamate significativamente "curve dell’uomo
morto"). Dal punto di vista di un costruttore di elicotteri il requisito di Categoria A è sicuramente
quello più esigente da molti punti di vista: design, impiantistica, manutenzione e tutto ciò che riguarda
la sicurezza volo in generale (un elicottero in Categoria A deve essere in grado di proseguire e
completare la sua missione in sicurezza anche in caso di avaria totale di un motore). Per le prestazioni
delle macchine ad ala rotante, come per i velivoli ad ala fissa, l’atterraggio ma ancor di più il decollo
sono le fasi di volo più critiche e in particolar modo per questa categoria. Infatti, sebbene l’elicottero
sia una macchina capace di operare a velocità relativa nulla, le operazioni e le manovre a bassa velocità
e bassa distanza dal suolo hanno ridotti margini di sicurezza in caso di avaria motori e quindi
rappresentano delle condizioni critiche o pericolose.
Ad esempio, come noto nel parlare di Categoria-A ha poco senso parlare di diagramma “H-V”. Questo
perché per coerenza con la normativa, la macchina deve soddisfare sempre il vincolo di atterraggio
sicuro per le fasi critiche di bassa velocità e quota (generalmente atterraggio e decollo). Questo implica
che per i pesi massimi consentiti dalla procedura certificata la macchina deve dimostrare di non
trovarsi mai in una zona di rischio tipica dell’area descritta dal diagramma di H-V. Questo ovviamente
non significa che tale regione di rischio non esista anche perché altrimenti non vi sarebbe limite al
peso di decollo. Sarebbe interessante infatti indagare come l’aumento di peso possa influenzare
questo parametro di rischio mettendo in evidenza quei punti della procedura che divengono critici per
la riuscita della manovra in sicurezza. Punto o tratti della procedura che aumentano con l’aumentare
del peso.
La Categoria-A rappresenta un livello di prestazioni e sicurezza oggi necessario per un numero sempre
maggiore di operazioni di volo con elicotteri. Essa definisce i requisiti minimi di certificazione
riguardanti la sicurezza del volo in condizioni critiche e di avaria durante operazioni normali. Tali
requisiti devono, ovviamente, essere dimostrati agli enti certificatori preposti (ENAC, EASA, FAA, etc.)
attraverso delle prove reali in volo. Nonostante ciò, la necessità di soddisfare questi vincoli anche in
spazi ristretti ed aree critiche, prevede di portare l’elicottero vicino ai propri limiti, rendendo ancora
oggi queste prove pericolose e costose. L’idea di estendere la simulazione anche a questo frangente
è giustificata dal fatto di ridurre rischi e costi, proprio ai fini delle prove di certificazione e
caratterizzazione della macchina. La messa a punto di una procedura di decollo e atterraggio in
Categoria-A richiede infatti un numero di prove non indifferente: per fare un esempio, se pensiamo
ad una procedura già ben definita, per verificare e rilevare tutti i parametri che occorrono a
caratterizzarla (potenze, distanze, altezze etc.), la stessa condizione di prova deve essere ripetuta in
decollo e in maniera analoga per l’atterraggio. Questo deve essere ripetuto per tutta una serie di
combinazioni di peso, quota e temperatura significativi per l’inviluppo di certificazione. Naturalmente
bisogna aggiungere tutti i voli per mettere a punto la singola manovra e consentire al pilota di
familiarizzare con la stessa. Tutto questo deve essere ripetuto per i vari tipi di manovra, necessari a
sfruttare al meglio le capacità della macchina. Tipicamente quindi l’attività completa richiede più di
un centinaio di voli dedicati.
L'introduzione della simulazione nel processo di definizione e sviluppo di un'attività di questo tipo
può quindi portare ad una sensibile riduzione del numero di voli necessari e del livello di rischio
connesso. Oggi la simulazione ha trovato largo spazio nel settore aeronautico ed in particolare nelle
analisi strutturali, meccaniche ed impiantistiche. Per quanto riguarda nello specifico la meccanica del
volo, ha trovato impiego però principalmente a livello operativo per l’addestramento degli equipaggi.
5.6 Trasmissione
La velocità angolare di un rotore principale è di circa 180 ÷ 300 rpm (dato indicativo), mentre il rotore
di coda è circa 4 ÷ 5 volte più veloce. La velocità nominale all’albero per un propulsore turboalbero si
colloca intorno ai 6000 ÷ 7000 rpm a valle dello stadio di pre-riduzione (nel motore a scoppio 2500
rpm): nasce perciò l’esigenza di utilizzare un riduttore meccanico che porti la velocità angolare al
livello richiesto dai rotori principale e di coda. La trasmissione principale o main gearbox , composta
da ingranaggi a alte prestazioni (solitamente epicicloidali), presenta comunque difficoltà realizzative
combinate con problemi di affidabilità e rendimento che nascono dalle caratteristiche dei materiali
utilizzati, dalle tecnologie di lavorazione (e in particolare dalla precisione dimensionale dei
componenti e dalla finitura superficiale) e dalle tecniche di progettazione meccanica e termica dei
componenti (ingranaggi, cuscinetti, alberi, supporti, ...). Il rendimento della trasmissione di un
elicottero moderno è caratterizzato da valori molto elevati (Si noti che la trasmissione per essere
certificata deve anche poter operare per un periodo pari a 30 min senza lubrificazione (Oil Off
Condition). La realizzazione di un ingranaggio ad alta precisione, indispensabile per garantire un buon
rendimento meccanico alla trasmissione, prevede quindi l’utilizzo di: materiali specifici, cicli di
trattamento termico, controlli dimensionali tra una lavorazione e l’altra, e lavorazioni gestite da
macchine da taglio multiasse a controllo numerico. Un ulteriore aspetto critico è rappresentato dal
contenimento dei livelli di vibrazione, basato an che sull’adozione di supporti isolanti, e dalla
mitigazione delle emissioni acustiche della trasmissione.
6. IL PROCESSO DI CERTIFICAZIONE
L’introduzione del processo di certificazione per gli elicotteri nel settore civile (Per il settore militare
si applicano normative distinte redatte dagli enti tecnici a supporto delle forniture per la difesa) ha
condizionato favorevolmente lo sviluppo dell’elicottero moderno. La certificazione, e le associate
restrizioni normative, non sono volte a privilegiare un’azienda certificata ma piuttosto a garantire che
il velivolo e i suoi componenti siano conformi ai dettami di progetto a tutela dell’utente finale, che
può così avere una garanzia sulla qualità e sulla sicurezza del mezzo utilizzato. Per l’elicottero, l’iter è
in parte simile a quello per i velivoli ad ala fissa ma, per alcuni aspetti, data la complessità tecnica del
mezzo, si differenzia in modo specifico. Gli enti normativi del settore civile preposti sono
principalmente Federal Aviation Authority (FAA) negli Stati Uniti, European Aviation Safety Agency
(EASA) in Europa e l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) in Italia. In ambito europeo, per il
settore civile, ci si riferisce alle norme definite Certification Specification (CS) 27 e 29 a seconda che
l’elicottero abbia un peso massimo al decollo (Maximum Take-Off Weight, MTOW) rispettivamente
inferiore o superiore a 7000 lb (3175 kg).
Il processo di integrazione dei regolamenti validi nei singoli stati si concretizzano nella creazione di un
ente sovrannazionale, lo JAA (joint Aviation Authority) responsabile nella definizione delle norme di
certificazione da applicarsi nei singoli stati membri (JAR Joint Aviation Rules). Il processo di
integrazione delle norme di certificazione armonizza i requisiti in vigore nei diversi stati e semplifica
l’omologazione di un elicottero in un paese membro JAA proveniente da un altro stato membro in cui
l’omologazione di un elicottero è stata già conseguita con l’autorità locale.
Il processo di certificazione include la progettazione, la costruzione e l’autorizzazione al volo di un
elicottero. In ogni paese la progettazione, la costruzione di un elicottero, oppure l’introduzione di
modifiche sostanziali a elicotteri già certificati, sono oggetto di verifica da parte di un’organizzazione
esterna all’azienda costruttrice, la quale ha il compito di assicurare che le attività condotte dall’azienda
siano conformi ai regolamenti e agli standard di progettazione e costruzione in vigore in quel paese.
Il processo di certificazione è a oggi piuttosto complesso e si divide in fasi. Nella prima fase si procede
alla definizione della Base di Certificazione o Certification Basis, che a partire da regolamenti, norme
di certificazione e aeronavigabilità consente il passaggio alla fase successiva, avviando l’iter
certificativo per lo specifico Progetto di Tipo, o Type Design. È infatti necessario che le aziende
aeronautiche per poter progettare e costruire velivoli o componenti siano certificate (DOA o Design
Organisation Approval) ai sensi del Regolamento Europeo 748 / 2012, e nello specifico dell’Annesso 1
Certification of aircraft and related products, parts and appliances, and of design and production
organisations (Part 21).
1. In una fase iniziale si definisce il progetto di Tipo (Type Design). Il tipo di aeromobile è
identificato quando sono definiti tutti gli aspetti di progetto (disegni, specifiche di prodotto,
configurazione elicottero) di costruzione (materiali, processi produttivi e metodi di
costruzione) e quando sono definite tutte le informazioni necessarie per assicurare
l’aeronavigabilità dell’elicottero (manuali, ecc.). Nell’identificazione del Progetto di Tipo è
fondamentale la base di certificazione (Certification Basis) che rappresenta l’insieme di norme
e regolamenti applicabili che definiscono i requisiti minimi e inderogabili che devono essere
rispettati dal costruttore.
2. Nella seconda fase si procede alla definizione della Base di Certificazione o Certification Basis
(La squadra di certificazione definisce le regole che si applicheranno per la certificazione dello
specifico aeromobile (Base di Certificazione), che a partire da regolamenti, norme di
certificazione e aeronavigabilità consente il passaggio alla fase successiva, avviando l’iter
certificativo per lo specifico Progetto di Tipo, o Type Design. Viene stabilito il programma di
I regolamenti applicabili per la parte di progettazione degli elicotteri sono specificati nelle FAR (Federal
Aviation Rules), mentre una pubblicazione tipica di un ente aeronautico sono le AC, Advisory Circular,
documenti che supportano i regolamenti di certificazione e che indicano quali sono i criteri e le
modalità di dimostrazione di rispondenza ai requisiti di certificazione che l’autorità ritiene accettabili.
È possibile che l’autorità di un paese accetti un regolamento di un paese straniero una volta che queste
norme siano ritenute adeguate allo scopo e sulla base di accordi tra gli enti di certificazione dei due
paesi. Una volta definita la base di certificazione è possibile avviare la progettazione, la costruzione
delle parti e la sperimentazione, sia dei singoli sottosistemi sia di un prototipo dell’elicottero vero e
proprio.
Al termine dell’attività di verifica di conformità al regolamento applicabile dei risultati di analisi e
sperimentazione, l’autorità rilascia il certificato di omologazione del tipo TC (Type Certificate) che
attesta che per il progetto e la costruzione sono ritenuti accettabili e conformi ai regolamenti in vigore.
Il processo di certificazione e il rilascio del TC testimoniano che l’elicottero è aeronavigabile il che
significa affermare che svolge la funzione alla quale è destinato e che tutti gli aspetti di sicurezza sono
stati valutati con esito favorevole. Il Type Certificate definisce l’accettabilità del progetto sulla base
dei documenti (disegni di costruzione, relazioni di analisi e calcolo, prove di volo) presentati
dall’azienda a cui sono corrisposte delle verifiche di rispondenza. Il modello di elicottero viene
omologato e l’azienda può cominciare la produzione in serie. Al termine della fase di costruzione e
immediatamente prima della consegna di ogni elicottero al cliente finale, l’autorità approva il
certificato di aeronavigabilità che accompagna ogni singolo elicottero prodotto attestando che sia
conforme al tipo omologato.
Una parte importante delle verifiche sperimentali viene condotta sul cosiddetto Ground Test Vehicle
(GTV) ovvero su una versione prototipale dell’elicottero ancorata al suolo, spesso installata in un’area
protetta. Tali test risultano essenziali per verificare la stabilità aeromeccanica del rotore e
dell’elicottero, i livelli di vibrazione e il comportamento del sistema propulsivo. In separata sede, viene
anche verificato sperimentalmente il comportamento della trasmissione meccanica e di alcuni
componenti chiave quali le pale del rotore principale, queste ultime sollecitate sia staticamente (per
verificare le deformazioni sotto carico) sia dinamicamente (per testare il limite di vita a fatica). Un test
tipico dei velivoli ad ala rotante riguarda le prove di impatto della cellula, le verifiche di
crashworthiness, ossia la capacità dell’elicottero di resistere agli impatti, nel caso in cui il pilota si trovi
costretto a effettuare manovre di atterraggio con impatto al suolo (hard landing). La cabina e il
carrello, in questa situazione, devono il più possibile proteggere il personale e i passeggeri a bordo.
Per testare tale proprietà vengono condotti test in cui si lascia cadere da un’altezza specificata
l’elicottero completo (la cellula in particolare) valutando a posteriori le accelerazioni e i carichi
all’impatto, tramite accelerometri e sensori, sia sulla struttura che su manichini antropomorfi installati
a bordo. Si deduce da quanto riportato, che la messa in produzione di un elicottero risulta essere
molto dispendiosa in termini economici e temporali sia per la parte di prove di volo (Flight Test) che
per la parte di sperimentazione a terra.
Il massimo fattore di carico verticale è un parametro fondamentale nella definizione dei criteri di
progetto strutturale, e rappresenta il massimo carico ammissibile agente al baricentro rispetto al peso
massimo dell’elicottero.
Il massimo carico verticale agente sull’elicottero è funzione della trazione massima fornita dal rotore.
Per mantenere un certo margine di sicurezza, la struttura è dimensionata per un fattore di carico
verticale leggermente superiore rispetto a quello ottenibile tramite la massima trazione del rotore.
Normalmente un elicottero ha fattori di carico verticali positivi (inerzia si aggiunge al peso) compresi
tra 2 e 3. L’elicottero deve operare limitando il fattore di carico all’interno dell’area delimitata dalla
spezzata. Il BDC definisce i limiti operativi all’interno dei quali la struttura deve sostenere le condizioni
di carico specificate, dopo l’analisi della distribuzione delle masse, e questa si concretizza nella
definizione del cosiddetto inviluppo peso-baricentro, cioè l’inviluppo limite concesso alla variazione
del peso e alla posizione longitudinale e laterale del baricentro.
Oltre a interessare aspetti legati alla stabilità e alla controllabilità dell’elicottero in tutte le fasi di volo,
la variazione delle condizioni di peso e centramento influisce in maniera significativa sull’entità delle
sollecitazioni agenti sulla struttura, che possono essere anche differenti a parità di condizioni
operative. Solitamente si usa la convenzione di rappresentare il diagramma peso-centramenti come
se l’elicottero fosse visto da sinistra e da dietro.
• Inviluppo Laterale: per alcune operazioni speciali, come quelle con il verricello posto sulla
destra della cabina passeggeri, l’inviluppo laterale può non essere simmetrico rispetto al
mast.
Le condizioni di carico definite nel BDC consentono di definire i veri e propri carichi, o sollecitazioni,
agenti nei diversi punti della struttura. In pratica definita la condizione operativa (fase di volo, carichi
aerodinamici, carichi dovuti al peso e all’inerzia, potenza applicata, distribuzione di masse sulla
struttura, peso e centramento, condizioni di quota e temperatura), è possibile ricavare il quadro
completo delle sollecitazioni applicate nelle zone dell’elicottero che rivestono maggior interesse dal
punto di vista strutturale.
Le sollecitazioni agenti sulla struttura sono da intendersi come carichi statici e non sono considerate
variazioni nel tempo, mentre i carichi variabili con continuità, anche nelle condizioni di volo
stabilizzate, sono presi in esame nell’analisi a fatica.
Dalla definizione di Saunders, con il termine inglese creep si intende una deformazione plastica
prolungata fino alla rottura. Questo fenomeno cumulativo e irreversibile, si manifesta allorché si
applica una notevole sollecitazione per un tempo prolungato ed il materiale su trova in condizioni di
alta temperatura.
Prende il nome di carico limite il massimo carico che si prevede agirà su ogni elemento strutturale
nelle condizioni operative previste per l’elicottero.
Prende il nome di carico ultimo quello ottenuto dal carico limite moltiplicato per un fattore di sicurezza
(safety factor) prestabilito e maggiore di uno, variabile a seconda del tipo di materiale e del processo
tecnologico usato per ottenere il pezzo. Le normative impongono che gli elementi strutturali
dell’elicottero non devono raggiungere la condizione di snervamento sotto l’azione del carico limite e
che non devono giungere a rottura sotto l’azione del carico ultimo.
Il quadro completo dei carichi per le condizioni specificate in sede di definizione dei criteri generali del
progetto strutturale (BDC) costituisce l’insieme dei carichi di progetto, la cui raccolta è spesso indicata
con il termine Loads Book. Il loads book consente al progettista di effettuare il dimensionamento
statico della struttura e dei suoi elementi fondamentali. La verifica di correttezza del
dimensionamento della struttura si effettua analiticamente valutando il margine di sicurezza in cui
compare R che è la massima sollecitazione ammissibile (stress ratio) sia a carico limite che ultimo e fa
riferimento ad una sollecitazione combinata di sollecitazioni assiali, di taglio, flessione e torsione.
6.2 La Fatica
Con il termine Fatica si indica la tendenza del materiale a rompersi sotto l’azione di ripetuti cicli di
sollecitazione al di sotto del limite di snervamento. Il fenomeno della fatica può manifestarsi in tutti
gli organi meccanici che subiscono solo sollecitazioni dinamiche. Su un elicottero gli elementi che
devono essere valutati attentamente dal punto di vista della fatica sono quelli strutturali principali ed
i componenti dinamici (quelli meccanici rotanti) quali alberi di trasmissione del moto, mozzo e pale
dei rotori.
Prende il nome di endurance il massimo valore del carico sotto il quale il materiale può sopportare un
numero infinito di ciclo. In generale da un punto di vista pratico la resistenza a fatica per un numero
infinito di cicli corrisponde in realtà a una resistenza a fatica ad un numero prefissato N di cicli sotto il
quale non si manifestano rotture. Il diagramma S-N descrive le proprietà meccaniche del materiale
rispetto alla fatica, ed è equivalente al diagramma sforzi deformazioni nel caso statico. L’obiettivo del
progettista è quello di effettuare il dimensionamento del componente strutturale e definirne i limiti
operativi in termini di resistenza nel tempo una volta assegnati i carichi: prende il nome di Vita (life o
retirement life) del componente la sua resistenza nel tempo, espressa in ore di funzionamento (oppure
in cicli).
Noto l’inviluppo operativo dell’elicottero è quindi necessario effettuare il calcolo della vita di ogni
singolo componente critico. I carichi ai quali si fa riferimento nell’analisi a fatica sono quelli ad alta
frequenza (HF, High Frequency) associati alle manovre e al volo in condizioni stabilizzate.
• HF: espressione che si riferisce alla variazione ciclica dei carichi con frequenze nell’ordine di
1/rev del rotore principale e di coda per distinguere questo tipo di sollecitazione da quelle
cicliche legate a fasi transitorie come ad esempio avviamento-arresto del motore. I carichi ad
alta frequenza devono essere esaminati allorché l’elicottero svolge missioni particolari che,
con frequenza ciclica, inducono un significativo livello di sollecitazione. Il caso classico è quello
delle operazioni di soccorso e salvataggio mediante verricello, oppure operazioni al gancio di
carico. Il profilo di missione durante questo tipo di operazioni comporta la ripetizione ciclica
di condizioni di carico variabili (carico – scarico) ripetute con notevole frequenza in un breve
arco di tempo. Anche la ripetizione frequente delle condizioni di decollo-atterraggio, con
relativa variazione della potenza applicata e di carico sul carrello e sulla struttura al quale è
fissato presenta una certa criticità per la valutazione del comportamento a fatica della
struttura.
f CC
Quindi per definire la resistenza a fatica dei PSE è necessario esaminare lo spettro di impiego della
macchina. Lo spettro di impiego si esprime in percentuale di occorrenza delle varie fasi di volo
(caratterizzate dai relativi carichi) rispetto ad una quantità di ore totali equivalenti (esempio 100).
Pertanto, al variare delle missioni variano le occorrenze ed il relativo livello di carico. GAG= 4 cicli
(missioni) per ora per operazioni al verricello, GAG = 10 cicli per ora per operazioni al gancio, SS = 5
cicli per ora. SI inizia con il definire gli spettri di impiego dell’elicottero (influenza del perso e
centramento, dei limiti di impiego ambientali con quota e temperatura, ed il numero di giri del rotore
principale). Successivamente si effettua una campagna di prove con elicottero strumentato per
rilevare i carichi ad alta frequenza, GAG e start -stop (load survey).
visive condotte sull’elicottero. Negli ultimi anni ci si è concentrati su criteri di progettazione che
possano allungare i tempi di ispezione e manutenzione, possibilmente effettuando dei controlli visivi
e degli interventi minimi senza rimuovere il componente dall’elicottero, importante in relazione ai
costi di esercizio dell’elicottero.
Spettro di impiego
( missioni di trasporto,
recupero al verricello)
6.4 I materiali
La scelta di un materiale dipende da diversi fattori e viene fatta sulla base della funzione che dovrà
svolgere l’elemento strutturale e la sua importanza e criticità (ad esempio l’applicazione di un criterio
di progetto di tipo safe-life invece che fail-safe), il tipo di carico a cui sarà sottoposto (carichi statici o
dinamici) eventuali vincoli imposti alle deformazioni ammesse e le condizioni ambientali in cui si
troverà ad operare (temperatura, umidità). Non sono da trascurare altri aspetti quali i costi e la facilità
di approvvigionamento dei grezzi e i costi di produzione.
Gli acciai hanno:
Tutti questi aspetti hanno quindi portato al progetto della fusoliera non solo nell’intento di ricercare
l’efficienza aerodinamica, principio di progettazione di qualsiasi velivolo ad ala fissa, ma in primo luogo
per avere spazi imbarcati sfruttabili. Si noti che le prime fusoliere furono caratterizzate da efficienze
aerodinamiche molto basse e, nella crociera in velocità, dissipavano una quota significativa della
potenza erogata dal propulsore. Successivamente sono state migliorate dal punto di vista
aerodinamico, fino ad arrivare a quelle moderne, che peraltro presentano vani di carico integrati e
distribuiti lungo tutta la lunghezza della fusoliera, spesso accessibili tramite sportelli. L’elicottero civile
o militare può essere anche dotato di ganci di sospensione esterni, utilizzati per sospendere carichi
appesi (slung load) per finalità di trasporto o per lavoro aereo in aree impervie. All’esterno della
fusoliera vengono anche installati payload utilizzati per diverse finalità: sistemi di puntamento e
illuminazione, antenne, radar, video-camere stabilizzate, sensori ambientali, ... Tutti questi elementi,
benché protetti all’interno di una carenatura sagomata, penalizzano comunque le caratteristiche
aerodinamiche dell’aeromobile. Gli elicotteri sono spesso dotati di sistemi per il cesoiamento (wire
cutter) in caso di collisione in volo con un cavo. Si tratta di un evento purtroppo ancora molto
frequente e disastroso, dovuto a diversi aspetti: i cavi sono di fatto poco visibili in condizioni di scarsa
visibilità o di eccessivo irraggiamento solare, talvolta non sono segnalati adeguatamente (teleferiche,
impianti a fune, impianti telefonici, tiranti, ...), oppure non vengono percepiti dal pilota in tempo utile
per errore (fattore umano).
Non esiste una posizione univoca per collocare i serbatoi del carburante a bordo perché, a differenza
dell’ala fissa (dove genericamente vengono sfruttati come carico alleviante all’interno dell’ala),
nell’elicottero non si hanno volumi inutilizzati.
Per questo motivo alloggiare i serbatoi è sempre una criticità e in generale si cercherebbe di sfruttare
la prevalenza gravimetrica per favorire l’afflusso di carburante
al propulsore, se non fosse che i motori di un elicottero vengono spesso installati in alto (talvolta al di
sopra del vano della fusoliera). A complicare la situazione interviene un ulteriore vincolo: non è
auspicabile infatti alloggiare i serbatoi, per questioni di sicurezza, sotto il piano dell’elicottero, in
quanto in caso di atterraggio di emergenza potrebbero urtare il suolo con tutti i pericoli di incendio
correlati. Tutti questi fattori creano un problema progettuale che porta a posizionare i serbatoi nelle
posizioni interstiziali tra gli altri componenti e sistemi di bordo. Per gli elicotteri a turbina, un ulteriore
elemento di complessità è introdotto dall’alloggiamento delle prese d’aria e degli scarichi. La funzione
delle prese è quella di permettere il prelievo dell’aria che alimenta il compressore del motore
turboalbero. Si tenga presente che la quantità di aria necessaria per un motore a turbina è all’incirca
dieci volte maggiore di quella di cui ha bisogno un motore a pistoni di potenza comparabile.
Evidentemente, al crescere della sezione delle prese, si determina una penalizzazione aerodinamica
della configurazione. Peraltro, il funzionamento delle prese d’aria non dovrebbe essere influenzato
dalle interazioni con il rotore principale, creando un ulteriore problematica di alloggiamento. Inoltre,
il condotto di alimentazione tra presa e motore dovrebbe essere uniforme, senza irregolarità, in modo
che l’aria fluisca in maniera regolare. Nella realtà, tale condotto viene sagomato come meglio
possibile, secondo la posizione e gli ingombri dei sistemi di bordo, in particolare del motore e della
trasmissione principale, generando quindi perdite ed eventualmente emissioni acustiche. Infine, gli
scarichi devono essere integrati nella fusoliera e orientati in modo da non alterare il comportamento
aerodinamico e aeroacustico dell’elicottero.
Impennaggi: l’elicottero presenta impennaggi in coda con funzioni in parte simili a quelle del velivolo
ad ala fissa. Essi possono essere anche non simmetrici, con la superficie da un solo lato del velivolo:
ciò nasce dalla naturale asimmetria aerodinamica dell’elicottero, elemento che porta con sé condizioni
di equilibrio che non sono mai simmetriche. Differentemente dall’ala fissa, inoltre, il baricentro
dell’elicottero non è mai nel piano di simmetria, perché le distribuzioni di massa a bordo non sono mai
perfettamente simmetriche. Inoltre, le normali condizioni operative possono spostare
considerevolmente la posizione del baricentro. Questa escursione laterale del baricentro si accoppia
con un centro aerodinamico della fusoliera e con una risultante dei carichi del rotore non
necessariamente posizionati o applicati nel piano longitudinale. Pertanto, gli impennaggi possono non
essere simmetrici per bilanciare alcune delle asimmetrie aerodinamiche sia della fusoliera che del
rotore, o ancora per esigenze di design della configurazione. Gli impennaggi orizzontali hanno la stessa
funzione di stabilizzazione che hanno nel velivolo ad ala fissa, perché il rotore principale isolato ha una
derivata del momento di beccheggio rispetto all’incidenza M α positiva ovvero staticamente instabile,
come il velivolo parziale ad ala fissa (anche se la genesi delle azioni è completamente diversa). Quindi,
si aggiunge l’impennaggio orizzontale come stabilizzatore per compensare la naturale instabilità
statica longitudinale del rotore principale.
Nell’aeroplano la componente di vento che investe l’impennaggio è influenzata dalla scia dell’ala
(downwash) ma conserva a meno di piccole perdite la pressione dinamica della corrente indisturbata;
nell’elicottero ciò non è in generale vero, ma dipende dal regime di volo. A bassissime velocità la
pressione dinamica che genera portanza sull’impennaggio orizzontale è data dal rotore principale, che
però genera scia in un modo diverso: ecco allora che in alcuni elicotteri l’impennaggio orizzontale si
adatta automaticamente al regime di volo, cambiando il suo calettamento. Non è un controllo di
assetto (non si tratta di una deflessione equivalente all’equilibratore) ma di una variazione automatica
che consente di adattarsi ai diversi regimi di volo e sfruttare al meglio la componente di velocità che
deriva dal rotore principale e, ad alte velocità, dal moto di avanzamento.
L’impennaggio di coda orizzontale e quello verticale hanno effetti stabilizzante: infatti, il primo
stabilizza l’elicottero in beccheggio, mentre il secondo stabilizza l’elicottero in imbardata.
L’impennaggio verticale ha una funzione complementare rispetto al caso del velivolo ad ala fissa:
• Conferire stabilità direzionale, azione che avviene in realtà solo in regimi di volo in cui
l’impennaggio verticale è aerodinamicamente efficace, cioè a velocità medio-alte;
• Alleviare i livelli di trazione sul rotore di coda (anche questa azione si esplica a velocità
medio-alte) riducendo la potenza richiesta in crociera. Si tenga conto che in crociera la potenza
assorbita al rotore di coda incide circa per il 10 % di quella totale.
Per quanto riguarda il carrello esistono due soluzioni adottate: il carrello triciclo e il carrello a pattino.
La prima è tipicamente utilizzata negli elicotteri utility, nei militari e in tutti gli elicotteri ad alte
prestazioni, perché il carrello retrattile permette una riduzione della resistenza in volo (soprattutto
durante la crociera in velocità). D’altro canto, implica una complicazione meccanica che non è sempre
possibile implementare negli elicotteri medio-leggeri, dove normalmente viene utilizzata la soluzione
con architettura fissa. Un altro aspetto positivo della soluzione del carrello retrattile, per esempio nella
soluzione con tre ruote (due principali e un ruotino anteriore sterzante), risiede nella possibilità per
l’elicottero di rullare come un classico velivolo riducendo le richieste di potenza al decollo. l decollo
verticale, e analogamente l’atterraggio, è la procedura energeticamente più svantaggiosa: quando si
opera su una pista preparata, come in un aeroporto, si preferisce una manovra raccordata alla pista
piuttosto che la discesa (o la salita) verticale. Il pattino, al contrario, è invece svantaggioso dal punto
di vista della resistenza aerodinamica a causa della sua geometria: i tubi che costituiscono i telai sono
aerodinamicamente penalizzanti. Tale soluzione prevede però tutta una serie di vantaggi, tra cui il
fatto stesso di non avere parti meccaniche in movimento: quando si opera in ambiente ostile la
semplicità progettuale garantisce la massima affidabilità dal punto di vista dell’operatività.
Si definisce ambiente ostile la condizione che porta all’utilizzo di piste non preparate o il sorvolo di
aree inatterrabili, anche in sinergia con condizioni climatiche avverse. In particolare, un ambiente in
cui non può essere effettuato un atterraggio forzato in sicurezza a causa della superficie impraticabile
o perché gli occupanti dell’elicottero non sono adeguatamente protetti dagli elementi avversi, con un
inaccettabile danno alle persone in volo o al suolo.
Un altro vantaggio è che il carrello non è un vero e proprio corpo rigido dato che il telaio comprende
al suo interno degli elementi cedevoli, per cui (nell’eventualità di una manovra di emergenza) esso è
in grado di assorbire meglio i carichi di impatto, agendo come una gabbia deformante che cede
plasticamente e assorbe parte dell’energia cinetica. Spesso, vicino al pattino fisso, è alloggiato un
ruotino necessario per movimentare gli elicotteri a terra (come gli spostamenti in hangar).
Le leve di comando sono due, in aggiunta a una pedaliera. La barra ciclica è comandata dal pilota con
la mano destra e ha la stessa funzione della barra di un classico velivolo per il comando di rollio e
beccheggio: serve sostanzialmente per inclinare il rotore nella direzione in cui si vuole compiere la
manovra, andando a intervenire sul passo ciclico del rotore per mezzo del piatto oscillante. Sulla
sinistra il pilota opera sulla leva del collettivo (che viene impropriamente chiamato comando di
potenza) la quale svolge due funzioni:
• Agisce sul calettamento di tutte le pale della stessa quantità angolare θ 0;
• Agisce sulla manetta del motore in modo da mantenere costante il numero di giri del rotore;
Tutte le pale, in seguito all’azione di collettivo, aumentano il loro calettamento, perciò (a numero di
giri costante) aumenta la trazione ma conseguentemente anche la resistenza aerodinamica delle pale,
che viene vista dal sistema propulsivo come una maggiore richiesta di coppia. In alcuni casi questa
leva ha una presa a rotazione che consente di regolare la potenza erogata dal motore, mantenendo il
numero di giri del motore costante in funzione del collettivo applicato: oggi tale compensazione di
potenza avviene prevalentemente in modo automatico tramite sistemi di regolazione del propulsore.
In caso di necessità il pilota può comunque disaccoppiare la manetta dal comando collettivo in modo
da riprendere il controllo del propulsore. La pedaliera è il terzo asse di controllo e comanda il passo
collettivo del rotore di coda effettuandone il controllo di trazione. I tre comandi fondamentali
analizzati finora sono tra loro combinati da un sistema detto miscelatore o mixer: si tratta di un
sistema insito nella catena di comando o implementato a livello digitale nel caso di comandi Fly-by-
Wire. Si consideri il seguente esempio esplicativo: quando il pilota agisce sul passo collettivo
aumentano sia la trazione che la coppia di reazione, la quale deve essere compensata in maniera
istantanea dal motore ma deve essere bilanciata dal rotore di coda; ovvero il pilota dovrebbe dare un
comando di pedale a compensare questa variazione. Aumentando il collettivo del rotore principale si
fa in modo aumentare anche la trazione del rotore di coda così che il pilota debba compensare
soltanto una parte minima della coppia di reazione. Il pannello strumenti è generalmente molto simile
a quello presente sul velivolo ad ala fissa, con alcune peculiarità. Per esempio, nell’ala fissa l’orizzonte
artificiale è facilmente correlabile (tramite l’angolo di assetto θ) ai regimi di salita e discesa, perché i
primi sono generalmente mantenuti per assetti cabrati e gli altri per assetti picchiati. Nel caso
dell’elicottero la fusoliera è invece poco sensibile ai regimi di salita, discesa e alla velocità di
avanzamento mantenendosi generalmente nel campo ± 5 ◦.
Per illustrare la classificazione in base al tipo di articolazione presente alla radice della pala è utile
richiamare i gradi di libertà angolari della pala:
• Angolo di flappeggio β (flap), rotazione della pala che avviene fuori dal piano del mozzo;
• Angolo di brandeggio ζ (lag), rotazione della pala che avviene parallelamente al piano del mozzo;
• Angolo di passo θ (pitch o feather), ossia la rotazione della pala rispetto al suo asse longitudinale e
quindi la variazione del suo calettamento geometrico.
I rotori sono fondamentalmente classificati in funzione della tipologia di collegamento tra le pale ed il
mozzo. In base alla modalità con cui viene realizzata la combinazione dei gradi di libertà angolari della
pala si distinguono quindi quattro famiglie di rotori:
1. I rotori semirigidi, costituiti esclusivamente dai rotori bipala: essi rappresentano una categoria
peculiare anche in questa tassonomia perché impongono una continuità meccanica (semi-
rigida) tra le due pale al mozzo, elemento che le vincola dal punto di vista cinematico.
2. I rotori articolati, in cui i tre gradi di libertà sono garantiti attraverso cerniere cinematiche che
non trasmettono momenti alla radice.
3. I rotori hingeless, letteralmente senza cerniera: in questi rotori le cerniere di flappeggio e di
brandeggio sono in realtà sostituite da cerniere elastiche (crossflexure) che quindi
trasmettono un momento flettente all’asse di cerniera, nonostante la loro cedevolezza. I gradi
di libertà di passo sono invece garantiti da una cerniera tradizionale. Il vantaggio risiede in una
riduzione della complessità meccanica del rotore e in un aumento delle coppie di controllo al
mozzo, proprio in ragione del contributo delle azioni flettenti alla radice delle pale.
4. I rotori bearingless: tutto il corpo costituito dal mozzo e dalla radice delle pale è collaborante
nel concedere alle pale medesime i caratteristici gradi di libertà angolari, senza identificare
assi delle cerniere equivalenti. L’intero corpo del mozzo è quindi elasticamente cedevole e
collaborante nel concedere alle pale la possibilità di flappeggiare, brandeggiare e variare il
passo geometrico.
Al di sotto del corpo del mozzo è presente il dispositivo per la variazione del passo ciclico e collettivo,
anche detto piatto oscillante o swashplate, che accomuna tutte le tipologie di rotore di elicottero.
La distanza delle cerniere dall’asse di rotazione del rotore prende il nome di eccentricità. Per realizzare
le cerniere dei rotori articolati non vengono di solito utilizzati i cuscinetti a sfere in quanto progettati
per accoppiamenti che ruotano a velocità angolare costante. Infatti, nel caso dell’elicottero, i gradi di
libertà angolari della pala producono azioni di sollecitazione ciclica soltanto su alcune sfere del
cuscinetto. Differentemente, per realizzare le cerniere vengono sfruttate boccole o accoppiamenti
meccanici simili ma soprattutto soluzioni elastomeriche.
L’introduzione dei rotori articolati elastomerici e dei rotori elastici ha reso la dinamica della pala
indipendente dal posizionamento delle cerniere, che risultano quindi coincidenti: viceversa nel caso
articolato classico, ove la permutazione della sequenza delle cerniere cambia il posizionamento
angolare della pala. Le aziende elicotteristiche sposano solitamente una delle soluzioni sulle quali
decidono di specializzarsi: l’azienda Robinson, per esempio, ha selezionato la configurazione con
rotore bipala semirigido mentre per l’azienda Leonardo Elicotteri (già Agusta) la produzione si è
focalizzata soprattutto sui rotori articolati. L’azienda Airbus Helicopters (già Eurocopter, nata dalla
fusione di Aerospatiale e Deutsche Aerospace) privilegia da sempre le soluzioni a rotore elastico. Nel
mondo elicotteristico russo prevale invece l’utilizzo del rotore articolato.
La pala, elemento chiave del rotore principale, rappresenta uno dei maggiori aspetti di criticità
progettuale dell’elicottero e, in parte, lo rimane ancora oggi a causa delle forti sollecitazioni di origine
inerziale e aerodinamica, assiali, a taglio e flessionali. Peraltro, la pala acquisisce una rigidezza
flessionale effettiva molto alta, in ragione delle azioni centrifughe distribuite lungo lo sviluppo radiale
della superficie portante. Le pale venivano inizialmente realizzate in legno, materiale che presentava
una ridotta vita operativa anche a causa delle azioni abrasive dovute al ricircolo di pulviscolo, sabbia
e detriti che impattano al suolo sul bordo di attacco della pala per effetto della scia del rotore
principale. L’impatto, che avviene sempre ad altissime velocità, rappresenta un punto critico per il
mantenimento in esercizio della pala in quanto ne cambia la forma alterandone le caratteristiche
aerodinamiche: vengono allora previste verifiche periodiche sul suo stato di integrità.
Per limitare questi effetti, le pale vengono protette sul bordo d’attacco con strisce anti-abrasione
metalliche (erosion shield), solitamente integrate nel rivestimento della pala, e collegate anche dal
punto di vista elettrico con la struttura dell’elicottero. La pala viene oggi realizzata in vari materiali,
tra cui prevale la struttura composita (contenente fibra di vetro e carbonio), combinata con alluminio,
acciaio e titanio. L’evoluzione tecnologica nel tempo ha visto anche la produzione di pale estruse n
metallo: tuttavia questo tipo ha lo svantaggio di produrre una sezione costante per effetto del
procedimento di estrusione. La variazione della corda ha benefici aerodinamici perché consente di
migliorare l’efficienza della pala, anche se meno intensamente rispetto al caso dell’ala fissa. Le pale
prodotte fino agli anni Settanta sono prevalentemente a profilo simmetrico: pur non essendo troppo
efficienti erano più semplici da costruire.
Un ulteriore vantaggio dei profili simmetrici è il momento focale praticamente nullo: ciò permette di
dimensionare gli attuatori di comando del passo con carichi di attuazione bassi. Per questo motivo,
tenuto conto che fino agli anni Sessanta non si utilizzavano ancora in modo diffuso attuatori idraulici
per i comandi di passo, in passato risultava quasi obbligatorio utilizzare profili simmetrici.
Successivamente, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie produttive e all’introduzione dei comandi
potenziati, vennero finalmente sfruttati profili inarcati per il progetto della pala, assai più efficienti dal
punto di vista aerodinamico.
7.3 Cerniere
Il rotore articolato è una soluzione ampiamente utilizzata nel mercato elicotteristico mondiale e si può
applicare per un numero di pale superiore a tre.
La soluzione articolata prevede la presenza alla radice della pala di tre cerniere cinematiche che
consentono i gradi di libertà angolari di flappeggio, di brandeggio e di passo, ma soltanto quest’ultimo
è comandato dall’azione delle aste di comando, le quali impongono una legge di variazione del passo
attraverso l’inclinazione del piatto oscillante. Gli altri due gradi di libertà derivano dall’azione ciclica di
passo ma si manifestano come conseguenza della dinamica della pala (dinamica libera). Ogni pala ha
perciò una dinamica indipendente, a differenza del rotore semirigido bipala in cui le due pale erano
caratterizzate da una continuità meccanica attraverso il mozzo. Ogni pala è quindi libera di
flappeggiare e brandeggiare in maniera disgiunta dalle altre pale presenti nel rotore. Le metodologie
di controllo della singola pala verranno meglio trattate successivamente, descrivendo le dinamiche di
flappeggio e brandeggio attraverso le rispettive equazioni differenziali, le quali contengono al loro
interno gli effetti della variazione ciclica di passo (correlate alla variazione di incidenza delle pale sul
ciclo azimutale ovvero in funzione della posizione della pala sul giro). Il sistema articolato nasce
storicamente con cerniere indipendenti, non coincidenti e installate in serie, con disposizioni variabili
a seconda dell’utilizzo. Non essendo coincidenti i tre assi di rotazione dei tre gradi di libertà angolari
della pala, si determina un offset diverso a seconda della sequenza delle cerniere. Il rotore articolato
presenta una serie di vantaggi:
• Alla radice della pala si annullano (idealmente) i momenti flettenti garantendone l’integrità
strutturale: essa è infatti fortemente sollecitata a trazione dalle azioni centrifughe e a flessione dai
carichi distribuiti lungo l’apertura (sia inerziali che aerodinamici), ma la presenza delle cerniere
permette di ottenere un’azione attenuante alla radice in grado di mitigare la sollecitazione in esercizio
della pala.
• Le cerniere agiscono inoltre come disaccoppiatori per le vibrazioni: in ragione del fatto che
attraverso di esse non è possibile trasmettere coppie (ma solo azioni di taglio), i meccanismi di
accoppiamento delle vibrazioni tra rotore e corpo dell’elicottero sono fortemente attenuati.
Negli elicotteri più leggeri le leve di comando agiscono in presa diretta sul piatto oscillante attraverso
una linea meccanica a cavi o aste (eventualmente reversibile), mentre negli elicotteri di categoria
superiore il piatto oscillante è movimentato da attuatori, connessi con le aste di comando del piatto
inferiore. Nella configurazione tipica, l’assieme piatto oscillante è costituito, in riferimento alle
Figure 1. 57 e 1. 58, dai seguenti elementi:
1. Le aste di comando: si tratta di un sistema cinematico la cui funzione è di mettere in collegamento
il piatto superiore con la radice della pala attraverso una biella di passo. Variando la distanza tra il
mozzo e il piatto superiore, essendo fissatala lunghezza della biella di passo, si causa una
variazione di incidenza della pala in seguito alla traslazione e rotazione del sistema cinematico
associato.
2. Mediante le biellette o leve di passo (una per ogni pala del rotore), collegate ad una estremità al
piatto oscillante rotante ed all’altra estremità alla pala, si trasmettono alle pale stesse il passo
ciclico ed il passo collettivo imposto dal pilota.
3. Il piatto superiore: questo elemento è trascinato in rotazione a velocità angolare costante Ω dal
compasso (scissor), collegato all’albero motore. è posizionato su quello inferiore (mediante un
sistema di cuscinetti) dal quale riceve la stessa inclinazione e lo stesso spostamento verticale ed
è, inoltre, rotante solidalmente con il rotore dal quale riceve il moto rotatorio mediante un
collegamento meccanico con il mozzo (il collegamento è ottenuto con il componente detto
compasso rotante o scissore; per completezza, in alcune configurazioni il piatto oscillante rotante
riceve il moto rotatorio dall’albero rotore, tramite il compasso rotante collegato su una apposita
brocciatura dell’albero).
4. Il piatto inferiore: posto al di sotto del piatto superiore, è connesso con la struttura dell’elicottero,
e rimane fisso grazie al vincolo costituito dal compasso (scissor): è non rotante, è inclinabile in
tutte le direzioni (l’inclinazione viene imposta dal pilota mediante la barra di comando ciclico) ed
è movibile verticalmente scorrendo lungo l’albero rotore (il movimento verticale viene imposto
dal pilota mediante la barra di comando collettivo);
I due piatti inferiore e superiore, dovendo scorrere l’uno rispetto all’altro, sono separati da un sistema
a ricircolo di sfere che consente ai piatti di ruotare con un attrito interno bassissimo e di rimanere
allineati. I due piatti sono forati internamente per ospitare l’albero principale, dal quale non ricevono
direttamente coppia. Quando il piatto inferiore trasla si muove anche quello superiore in modo che
l’asta di comando della singola pala lo segua e vari in maniera collettiva il passo delle pale (azione
dovuta alla leva del comando collettivo). Il numero delle aste di comando deve quindi essere pari a
quello delle pale. La posizione del piatto inferiore è invece comandata da un sistema a tre aste spaziate
a 90 ◦ o 120 ◦: dato che per tre punti passa un solo piano è completamente definita la regione di
giacenza del piatto oscillante. Agendo sulla leva del collettivo le tre aste traslano verso l’alto, viceversa
verso il basso, come mostrato nella Figura 1. 58 b.
Diversamente, agendo sulla leva del comando ciclico si opera uno spostamento differenziale delle tre
aste che comporta un’inclinazione del piatto oscillante, come si osserva dalla Figura 1. 59.
Il comando ciclico, imponendo l’inclinazione dell’assieme piatto oscillante, comporta l’inclinazione del
disco rotore nel verso di avanzamento voluto (fig. 1-10) e la variazione, di conseguenza, del passo delle
pale in funzione della posizione lungo il giro di rotazione (passo ciclico). I due comandi, ciclico e
collettivo, durante le manovre possono essere impiegati in modo combinato e, pertanto, sono
miscelati mediante un cinematismo apposito.
7.5 Cinematismo
Il rotore è mantenuto in rotazione dal collegamento tra mast (albero di rotazione) e mozzo attraverso
una brocciatura. Al mozzo sono collegate le pale, che trasferiscono i carichi dovuti alle forze
centrifughe, carichi di taglio e i momenti nel piano e fuori dal piano di rotazione e i momenti torcenti
sulla pala. Il flappeggio deve essere limitato sia in alto che in basso, pertanto sul mozzo sono introdotti
gli stop di flappeggio.
Il piatto oscillante è il cuore del sistema di controllo del rotore: oscilla rispetto al mast ed è costituito
dal piatto rotante che ruota rispetto a quello fisso grazie ai cuscinetti. Il manicotto a sfera (spherical
pivot) è un assieme posto ortogonalmente al piatto e ne guida i movimenti per le variazioni di passo.
I Pitch Link o biella variazione passo sono fissati ad una estremità del piatto oscillante rotante e
consentono la variazione del passo delle pale.
I compassi rotanti mantengono il piatto in rotazione e assicurano una rigidezza torsionale. I compassi
fissi collegati al piatto e all’elicottero evitano che il piatto fisso sia trascinato sotto l’azione dei carichi
trasmessi. Il controllo delle pale e del rotore è assicurato dai comandi di volo, fissi e rotanti.
Muovendo la barra del collettivo si agisce il modo simmetrico sul piatto oscillante, che si muove
parallelamente a sé stesso grazie allo scorrimento del manicotto rispetto al mast. In questo modo,
tutte le pale variano il proprio passo della stessa quantità, e la conicità delle pale aumenta/diminuisce
a seconda dell’aumento/diminuzione del passo. Lo stesso accade per la variazione di passo del rotore
di coda.
L’imposizione di un comando ciclico longitudinale ottenuto variando la barra del comando ciclico
avanti/indietro consente la variazione del passo nella posizione 90-270. La variazione del passo delle
pale è possibile inclinando il piatto oscillante tramite una variazione intorno alla parte sferica del
manicotto. In merito alla dinamica della pala, essa flappeggia in variazione della portanza con uno
sfasamento dell’ordine dei 90 gradi. il risultato è un’inclinazione del disco rotore in avanti/indietro del
disco rotore in avanti/indietro in funzione del comando ciclico avanti/indietro imposto.
Le stesse considerazioni si possono fare per il ciclico laterale che si impone attraverso il movimento
della barra del comando ciclico a sinistra/destra. In questo caso l’inclinazione del piatto oscillante
consente la variazione del passo delle pale nella posizione 0-180, e il flappeggio della pala fa inclinare
il disco rotore a destra/sinistra in funzione del comando ciclico imposto a destra/sinistra. I comandi di
volo normalmente sono azionati in maniera combinata e quindi sono miscelati nel senso che la catena
cinematica del collettivo e del ciclico devono essere combinate mediante un opportuno cinematismo
per rendere possibile l’applicazione combinata di tutti i comandi nello stesso istante.
Il bilanciamento statico delle pale consiste in una verifica della loro distribuzione di massa lungo
l’apertura ed è effettuata attraverso una bilancia che consente di verificarne il valore in massa e
momento statico rispetto ad una pala presa come riferimento (master blade), si può effettuare
aggiungendo o rimuovendo delle piccole masse in particolari alloggiamenti appositamente predisposti
lungo la pala. È necessario che tutte le pale descrivano la stessa traiettoria quando installate
sull’elicottero. Le pale sono costruite secondo i criteri più precisi: tuttavia non sono tutte uguali in
termini di distribuzione di massa (apertura e corda), rigidezza (flessionale nel piano e fuori dal piano,
e torsionale), avendo influenza così sul comportamento aerodinamico e aeroelastico.
L’operazione di correzione della traiettoria delle pale prende il nome di blade tracking (rotor tracking).
Può essere fatta in diversi modi: chinese weights, variazione pitch control, e trim tabs.
• Chinese weights: applicazione di piccole masse poste vicino al bordo d’entrata e sul bordo
d’uscita (propeller moment descritto dall’equazione del moto di variazione passo, dovuto alla
forza centrifuga agente sulle masse lungo la corda).
• Biella di variazione passo: regolazione attraverso la filettatura che consente la variazione
dell’incidenza della pala alla radice.
• Trim Tabs (alette poste in corrispondenza del bordo di uscita) la cui deflessione equivale a
variare la curvatura del profilo con effetto della variazione del coefficiente di portanza nulla e
del coefficiente di momento e quindi del comportamento aerodinamico.
La verifica del tracking delle pale, a rotore in moto, può essere effettuata nelle verifiche a terra
utilizzando dei sistemi stroboscopici o una tracking tower. Nel primo caso si utilizza una luce puntata
all’estremità delle pale che hanno su degli elementi riflettenti. Nel secondo caso prima che venga
installata la pala essa viene posta su una torre di bilanciamento valutandone la traiettoria rispetto ad
una pala master.
La verifica del tracking si effettua a terra, in hovering, in volo avanzato e in autorotazione a un
determinato peso.
Rotore principale e rotore di coda devono essere bilanciati anche dinamicamente, al fine di ridurre al
minimo il livello vibratorio (utilizzando una serie di accelerometri). Il bilanciamento dinamico del
rotore si effettua a terra ed il risultato deve essere compatibile con l’operazione di tracking del rotore:
esso si effettua posizionando delle piccole masse (in forma di dischi) in modo eccentrico rispetto al
centro di rotazione del rotore, in modo da riportare il bilanciamento dinamico del rotore in posizione
neutra. Queste masse vengono installate sugli elementi di fissaggio delle pale al mozzo (in radice).
Il rotore Articolato è caratterizzato dall’impiego di cerniere che consentono alla pala di muoversi fuori
dal piano (cerniera di flappeggio) e nel piano (cerniera di ritardo), oltre alla possibilità di variare il
passo delle pale per mezzo di un’altra cerniera dedicata.
7.6 Servocomandi
• Passo ciclico laterale: tale comando permette l’inclinazione del disco su un lato in base al
comando imposto dal pilota;
• Passo ciclico longitudinale: tale comando permette l’inclinazione del disco in senso
longitudinale. Consente, in funzione del comando, una traslazione in avanti se il comando è
positivo, una traslazione indietro se il comando è negativo;
• Passo collettivo del rotore di coda: tale comando permette l’aumento o la diminuzione
d’incidenza di tutte le pale del rotore di coda.
Il controllo del passo delle pale e del rotore si effettua tramite i comandi di volo, attraverso una catena
cinematica che ha origine dai comandi disponibili al pilota, il collettivo, il ciclico e la pedaliera, con una
serie di aste che termina sulla biella comando passo e sulle pale del rotore.
Per imporre i comandi, il pilota deve compiere uno sforzo di barra per vincere le forze aerodinamiche
e centrifughe applicate alla pala e che si scaricano sulla biella comando passo. I carichi sulla pala e sulla
biella variazione passo nella maggioranza dei casi sono dell’ordine delle centinaia di chili. È necessario
quindi che la catena dei comandi demoltiplichi questo valore sino a valori di forza ragionevoli per far
sì che il pilota azioni il comando con sforzi di barra agevoli e che siano correttamente tarati per dare
una sensibilità al pilota dell’azione che sta compiendo. Le norme di certificazione stabiliscono infatti
gli sforzi di barra massimi.
Per ridurre il carico a valori accettabili, lungo la catena del cinematismo si adotta un sistema di
servoattuatori (servoactuators) detti anche servocomandi, subito prima del piatto oscillante.
In molti casi, però, i vincoli costruttivi e di spazio non consentono di ridurre a valori accettabili il carico
che la catena trasmette lungo il cinematismo. Per ovviare a questo problema si adotta un sistema di
servo-attuatori detti anche servo-comandi, lungo la catena cinematica, immediatamente prima del
piatto oscillante.
Un Servoattuatore è costituito da un corpo esterno, all’interno del quale è ricavata una camera piena
di un fluido idraulico (olio) che fluisce attraverso delle luci di trafilamento. L’olio è tenuto in pressione
e serve per muovere un pistone. Il sistema è collegato a un’estremità alla catena cinematica dei
comandi di volo, mentre all’altra estremità si trova il pistone che comanda il piatto oscillante.
Grazie all’azione del servocomando, il pilota risente solo degli sforzi di barra dovuti all’azionamento
della catena cinematica e al comando del servoattuatore, sforzo che non è paragonabile a quello che
sarebbe richiesto se dovesse comandare direttamente i movimenti della pala. La configurazione più
comune di un sistema di comandi di volo servoassistito si basa sull’uso dei tre servo-comandi,
coordinati nei movimenti della catena cinematica dei comandi di volo in odo da controllare i
movimenti del piatto oscillante e imporre la variazione desiderata del passo delle pale.
Un Circuito Idraulico dei comandi di volo serve a garantire l’alimentazione di olio idraulico al
servocomando e tenere in pressione le camere costituito da:
1. serbatoio dell’olio
2. una pompa a velocità costante azionata dal sistema di trasmissione
3. un insieme di filtri e accumulatori che possono essere raggruppati in uno stesso assieme
(accumulatori servono per smorzare eventuali oscillazioni di pressione lungo la linea di
mandata dell’olio)
4. Sensori di pressione (valore e allarme di bassa pressione) e di temperatura.
5. Linea di mandata e una linea di ritorno.
La pompa del circuito non riceve potenza per il suo funzionamento dal motore, bensì dal sistema di
trasmissione, questo per evitare che in caso di avaria del motore, l’impianto idraulico che serve a
controllare le pale ed il rotore non cessi di funzionare e non renda l’elicottero ingovernabile in
considerazione del fatto che il pilota dovrebbe far fronte a sforzi di barra elevatissimi per muovere i
comandi direttamente. Si trovano due sistemi idraulici per assicurare un’adeguata ridondanza della
funzione.
7.7 La pala
La pala è un elemento critico del progetto e rappresenta un compromesso tra le diverse esigenze:
1. Migliori prestazioni aerodinamiche (comprimibilità, stallo)
2. Definizione ottimale delle proprietà meccaniche (distribuzione di massa, di rigidezza)
3. Risoluzione problemi aeroelastici (accoppiamenti di aerodinamica, inerzia e deformabilità)
4. Contenimento del rumore
Le pale metalliche hanno superato le pale in legno caratterizzate da difficoltà di produrre forme
complesse, notevoli scarti di produzione, carichi a rottura modesti, anisotropia. Per comportamento
anisotropo di un materiale si intende il differente comportamento meccanico sotto sollecitazione in
funzione della direzione di applicazione del carico. Un materiale che, invece si comporta
indipendentemente dalla direzione di applicazione del carico si dice isotropo.
Purtroppo, le pale metalliche sono molto pesanti e ciò comporta delle sollecitazioni dovute alla forza
centrifuga molto elevate con affaticamento del materiale e un livello vibratorio dell’elicottero. La
risoluzione dei problemi sorti con le pale metalliche è stata possibile grazie all’uso dei materiali
compositi. Essi consentono la realizzazione di una pala leggera, di forma complessa, facilmente
lavorabile, resistente alle condizioni ambientali ed un buon comportamento a fatica. Normalmente si
realizza in composito l’elemento strutturale principale della pala (longherone) ed il rivestimento; la
parte meno sollecitata della pala (verso il bordo d’uscita) è sovente realizzata con un nido d’ape che
conferisce sufficiente resistenza strutturale ma a pesi contenuti. Infine, per proteggere la pala si può
applicare un sottile strato metallico in corrispondenza del bordo d’entrata.
7.8 Il Damper
Il rotore è soggetto a sollecitazioni notevoli nel piano di rotazione, a causa delle forze di coriolis (moto
di brandeggio della pala) associate al moto di rotazione attorno al mast e al moto di flappeggio fuori
dal piano. La presenza di questi carichi, con andamento ciclico sul giro, causa un movimento della pala
nel proprio piano di rotazione (moto di ritardo, lead-lag, oppure drag) che si sovrappone al moto di
rotazione della pala.
Non essendo presente uno smorzamento aerodinamico del moto di drag, come invece avviene per il
flappeggio, è necessario introdurre uno smorzamento meccanico che consenta di contenere il moto
di ritardo della pala. Inoltre, è necessario contenere la tendenza all’instabilità a terra (ground
resonance) dell’elicottero, che è dovuta alla risonanza tra le frequenze proprie del supporto del pilone
(cioè il mast, sostenuto dall’elicottero, il quale ha frequenza proprie in rollio, beccheggio e in direzione
verticale) e le frequenze di rotazione del baricentro del rotore (che rappresenta la forzante) che risulta
non centrato con il mast proprio a causa del movimento delle pale nel proprio piano di rotazione. Lo
smorzamento in drag è richiesto anche per contenere il moto della pala in tutte le fasi transitorie di
avvio e di arresto del rotore.
Il damper che ha trovato maggior impiego nel campo aeronautico è quello di tipo idraulico: esso è
costituito da un corpo esterno fissato sul mozzo del rotore, da un pistone fissato ad un’estremità della
pala, da un serbatoio che contiene l’olio idraulico, le camere di lavoro, un indicatore di carica, gli orifizi
calibrati e le valvole tarate.
Negli ultimi anni sono stati sperimentati gli smorzatori di tipo elastomerico, che hanno trovato
applicazioni in diversi progetti: essi non hanno un fluido di lavoro e la funzione smorzante è realizzata
tramite le proprietà intrinseche di un elemento elastomerico.
I livelli di trazione vengono regolati attraverso la variazione del calettamento delle pale (comando
collettivo) comandato dalla pedaliera: nel caso dell’elicottero è sempre presente una componente di
trazione laterale (carico strutturale che sollecita a flessione e torsione la coda). Solitamente la
trasmissione del rotore di coda presenta una serie di giunti di disaccoppiamento torsionale, sistemi
elastici che mitigano la trasmissione delle vibrazioni torsionali che derivano dalle fluttuazioni di coppia.
La Certificazione del rotore richiede in prima battuta la verifica di resistenza strutturale dei suoi
componenti, applicando i concetti già introdotti nella parte relativa alla struttura (dati di BDC e le
considerazioni a fatica). Il quadro dei carichi, degli sforzi e delle deformazioni sugli elementi del rotore
si può ricavare per mezzo di programmi di calcolo di aerodinamica e di analisi strutturale, oppure
mediante prove di volo effettuate da un elicottero prototipo opportunamente strumentato.
Successivamente, le giustificazioni strutturali per la rispondenza ai requisiti delle norme di
certificazione possono essere fornite per via analitica e per mezzo di prove sperimentali. Le prove
statiche e a fatica in laboratorio negli elementi del rotore sono effettuate normalmente, soprattutto
nel caso di nuovi progetti, a causa del sempre maggior impiego di materiali compositi o ti tipo
elastomerico, il cui comportamento non risulta così definito come nei materiali metallici.
Le norme di certificazione del rotore e del sistema di trasmissione del moto richiedono che essi siano
provati sull’elicottero, o su un banco prova, che sia il più possibile equivalente all’elicottero dal punto
di vista funzionale e dei carichi.
Si allestisce cosi il GTV (Ground Test Vehicle) costituito da una struttura che alloggia gli elementi
strutturali principali dell’elicottero, i motori, la trasmissione, il rotore completo, la coda e il rotore di
coda e i comandi di volo: il GTV deve essere completato con un pannello di controllo per comandare i
motori e i comandi di volo, potendo così condurre le prove previste dai requisiti di certificazione nel
modo migliore possibile.
A termine delle prove al banco GTV, i componenti del rotore principale e di coda sono controllati
(tramite controlli dimensionali e di integrità della struttura) per verificare della bontà del progetto e il
rispetto dei margini di resistenza strutturale imposti dalle norme di certificazione. Inoltre, nella
primissima fase dello sviluppo del rotore o dell’elicottero, le prove al banco possono essere utilizzate
per dare l’autorizzazione al volo dopo aver accumulato alcune ore di funzionamento senza aver
riscontrato problemi.
Durante il progetto e la certificazione, per la criticità della funzione svolta, si tiene nella massima
considerazione il rotore principale, di coda, cosi come la trasmissione e i componenti elettroavionici.
L’analisi della sicurezza è volta a verificare che “maggiore è la criticità del guasto, e la relativa perdita
di funzionalità del sistema, minore deve essere la probabilità che questo guasto si verifichi”.
Le condizioni di avaria sono classificate dal punto di vista funzionale in base alle definizioni nelle norme
JAR (hazard assessment):
• Minor (minore): quando l’avaria comporta da parte dei componenti dell’equipaggio azioni
correttive che rientrano nelle loro capacità operative e che possono richiedere modifiche al
piano di volo.
• Major (maggiore): quando l’avaria richiede un notevole carico di lavoro ai componenti
dell’equipaggio, riduce i margini di sicurezza se le condizioni operative sono sfavorevoli, e può
creare danni agli occupanti.
• Hazardous (pericolosa): quando l’avaria richiede un eccessivo carico di lavoro all’equipaggio,
i margini di sicurezza risultano significatamente ridotti, si verificano condizioni per cui una
parte minima degli occupanti dell’elicottero si può ferire in modo grave e la prosecuzione del
volo verso un luogo adatto all’atterraggio è seriamente pregiudicata.
• Catastrophic (catastrofica): quando l’avaria porta alla perdita dell’elicottero e dei suoi
occupanti.
L’analisi di sicurezza (safety assessment) nel caso di trasmissione e rotore si chiama design
assessment. Essa richiede un’analisi funzionale per la verifica delle avarie, valutando le
conseguenze nella conduzione del volo, e classificando la perdita della singola funzione nelle
diverse condizioni che sopra abbiamo spiegato. Successivamente si effettua un’analisi di dettaglio
volta a verificare che per ciascuna avaria funzionale, o combinate, in sede di progetto siano
adottate delle misure (risk reduction measures or compensating provisions) che rendano minima
la probabilità che si verifichi il guasto.
7.11 Il motore
La soluzione turboalbero è invece la più rilevante per gli elicotteri certificati destinati alla maggior
parte delle applicazioni civili e militari, e sarà pertanto analizzata in maggior dettaglio.
Il motore ha il compito di fornire la potenza al sistema di trasmissione del moto, che trasferisce ai
rotori e ad altri sistemi (pompe impianto idraulico, generatori di potenza elettrica). Nei motori turbo-
albero (turbo-shaft), la potenza erogata serve per muovere un albero (albero-motore) collegato al
sistema di trasmissione del moto.
Presa D’aria (Air Intake): l’aria che successivamente sarà miscelata con il combustibile, entra
attraverso una presa d’aria. L’ingresso dell’aria nel motore può avvenire sia attraverso una presa d’aria
statica (static air intake), nel senso che l’aria che entra nel motore è aspirata e non entra direttamente
per effetto della velocità di avanzamento dell’elicottero, sia una presa d’aria dinamica (dynamic air
intake) nella quale l’aria entra con una componente di velocità dovuta al moto dell’elicottero.
Compressore: Dalla presa d’aria, l’aria fluisce attraverso il compressore, che compie una compressione
riscaldando l’aria. Il compressore può essere di tipo assiale, cioè costituito da una serie di palette
attraverso cui l’aria fluisce assialmente rispetto all’asse longitudinale del motore. I compressori assiali
sono costituiti da più stadi, essendo ogni stadio composto da un rotore ed uno statore. I compressori
centrifughi sono caratterizzati dall’aria che entra attraverso una presa d’aria e viene raccolta da un
impeller (girante), è compressa per effetto della forza centrifuga associata al moto di rotazione del
compressore, per poi essere diretta con direzione e velocità opportune alla camera di combustione
attraverso un diffusore (diffuser). Nel caso del PT6c si realizzano soluzioni ibride nelle quali alcuni stadi
di compressione assiale sono accoppiati al compressore centrifugo. L’assieme compressore è
costituito da un involucro esterno (compressor casing) generalmente di alluminio o acciaio, mentre i
componenti rotanti sono generalmente in titanio.
Camera di Combustione: A valle del compressore si trova la camera di combustione. Qui l’aria è
miscelata al combustibile e la miscela viene bruciata, fornendo una notevole quantità di energia. L’aria
in arrivo dal diffusore del compressore entra nella camera di combustione nella quale è miscelata con
il combustibile. All’uscita della camera di combustione, la miscela aria-combustibile ha una
temperatura di 1200 gradi. Il combustibile entra nel tubo di fiamma attraverso una serie di iniettori
(injectors) a ognuno dei quali è spesso accoppiato un vaporizzatore che ha il compito di portare il
combustibile allo stato di vapore. C’è un igniter che è un dispositivo per l’accensione della miscela e
che avvia la combustione iniziale.
Turbina: All’uscita della camera di combustione, la miscela aria-combustibile passa attraverso la
turbina generatrice di gas (gas generator turbine) o turbina ad alta pressione (HP turbine). Questa
turbina è costituita da più stadi, ognuno dei quali costituito da uno statore ed un rotore ha il compito
di fornire potenza al compressore affinché questo possa svolgere il lavoro di compressione. Pertanto,
la turbina generatrice di gas ed il compressore sono meccanicamente collegati rigidamente. Lo statore
ha il compito di deflettere il flusso in arrivo dalla camera di combustione per garantire l’angolo di
incidenza ottimale per il rotore della turbina. A valle della Turbina generatrice di gas si trova la turbina
di potenza (power turbine), anch’essa a più stadi che estrae una parte di potenza dalla miscela per
mantenere in rotazione l’albero di potenza, il quale attraverso un albero-motore (engine shaft),
trasferisce la potenza al sistema di trasmissione e quindi ai rotori.
Essendo collegata al sistema di trasmissione e all’albero di rotazione del rotore principale (mast) e di
coda, la turbina di potenza mantiene il numero di giri previsto dall’inviluppo operativo. La potenza
richiesta all’albero varia e valori diversi della TP è possibile grazie alla variazione del numero di giri
della TG: In pratica all’aumentare della potenza richiesta all’albero dalla TP, la TG (e quindi il
compressore) aumenta il proprio numero di giri.
Le turbine estraggono energia dal fluido, il quale a valle ha diminuito temperatura e pressione. La
velocità delle turbine è di migliaia di giri (30 K – 60 K rpm). La Velocità della TG è N1 (NG) mentre la
velocità della TP è N2 (NF o NPT).
The PW210A engine consists of four sections
1. Reduction Gearbox (RGB) - a single-stage reduction gear train employing helical gears to
transform the power from the PT to the required output speed and torque
2. Compressor section - consisting of a radial inlet with Variable Inlet Guide Vanes (VIGV), a
dual-stage compressor comprising of a mixed flow stage and a centrifugal stage, separated
by a double row of compressor stators
3. Combustion section - featuring a compact reverse flow combustion chamber
4. Turbine section - consisting of the single-stage CT and a dual-stage PT.
• Air enters the engine through the radial inlet plenum chamber where it is directed rearwards
to the axial compressor. The air is pressurised as it passes through the axial compressor and
centrifugal compressor.
• The high-pressure air from the compressor passes through the diffusers, which changes the
air direction by 90° and converts the velocity to static pressure. The high pressure air
surrounds the combustion chamber liner.
• The combustion chamber liner has perforations of various sizes which allow the air to enter,
the flow of air changes direction through 180° and mixes with the fuel. The fuel/air mixture is
ignited, and the expanding gases are directed towards the CT and PT.
• The gases from the combustion chamber reverse direction in the exit duct and pass through
the CT stator. This ensures that the gases push on the single-stage CT at the correct angle with
a minimum loss of pressure.
• The gases continue rearwards through the PT stators and turbines. The PT rotate to drive the
output shaft through the two-stage RGB.
• These gases are then ejected through the exhaust plenum to the atmosphere.
4. Impianto d’aria
Il sistema di distribuzione dell’aria è alimentato dall’aria spillata dal compressor e poi inviata in
differenti punti del motore. Un’altra percentuale di aria è inviata alla FCU per il funzionamento del
sistema di controllo motore, per ottimizzare il funzionamento degli inettori della camera di
combustione e la distribuzione d’aria al sistema di riscaldamento/condizionamento dell’elicottero.
5. Altri Sistemi
Per avviare il motore è necessario mettere in moto il compressore per far sì che l’aria entri per la
combustione e per mettere in moto le pompe della FCU e far affluire il combustibile (e quindi eccitare
l’igniter). L’igniter può essere di tipo capacitivo o elettronico alimentato a corrente continua.
L’avvio del motore può essere effettuato attraverso uno starter o una turbina APU (Auxiliary Power
Unit. Lo starter è un motore elettrico alimentato a corrente continua dalla batteria dell’elicottero. Lo
starter mantiene in rotazione il compressore sino al punto in cui il motore ha raggiunto una velocità
sufficiente per sostenere in modo autonomo la combustione, dopodiché viene disattivato. In alcuni
casi si utilizza la configurazione starter – generatore (starter generator), cioè la stessa unità funge da
starter nelle fasi iniziali in cui il motore si avvia, per poi diventare un generatore di potenza elettrica
per le utenze dell’elicottero quando il motore gira normalmente.
L’APU è sostanzialmente una turbina, che è messa in movimento da un flusso d’aria esterno (per
esempio per mezzo di un compressore) una scatola di riduzione del moto ed un albero di uscita che si
accoppia al motore. La APU fornisce elevati valori di coppia rispetto ad uno starter generatore a parità
di motore da avviare.
Misurazione della velocità di rotazione del motore: durante il volo è indispensabile conoscere la
velocità di rotazione delle turbine, la temperatura all’interno del motore e la coppia fornita all’albero
motore.
Il generatore tachimetro è una soluzione per misurare la velocità di rotazione delle turbine, esso viene
guidato meccanicamente dall’elemento di cui si vuole misurare la velocità, che genera una corrente
elettrica alternata trifase grazie ad un magnete a tre fili. La corrente è direttamente proporzionale alla
velocità di rotazione dell’albero di potenza.
Le Termocoppie sono strumenti collegati in parallelo ad una Junction box per misurare la temperatura
del motore e presentarle in cabina piloti attraverso dati motore.
Un sistema idraulico può essere lo strumento per leggere la coppia torsiometrica dell’albero. Il valore
di pressione nel circuito è modulato dalla coppia applicata all’albero di uscita o da una ruota del
sistema di reduction gear box, combinando cosi la rotazione della ruota con un movimento lineare del
fluido di lavoro. La pressione viene poi trasformata in un segnale elettrico per la presentazione del
dato di coppia. Un altro metodo può essere un sensore elettromagnetico posto tra i denti di un albero
calettato sull’albero di coppia. Lo sfasamento dei denti dell’albero è proporzionale alla coppia
applicata all’albero di potenza.
Spesso gli elicotteri sono equipaggiati con l’estintore fuoco motore (engine fire extinguisher) che ha il
compito di spegnare un eventuale fuoco che si sviluppa all’interno dell’area nella quale è installato il
motore. Esso è costituito da un rilevatore antincendio e da una serie di bombole contenenti un agente
estinguente che viene sparato sul motore.
Un altro sistema è il separatore di particelle (EAPS Engine Air Particle Separator). È un sistema di
filtraggio dell’aria diretta alla presa d’aria del motore, posto in corrispondenza della presa d’aria
oppure integrato nella stessa presa d’aria, con l’obiettivo di separare l’aria dalle particelle (sabbia,
polvere) che potrebbero pregiudicarne il funzionamento.
2. IDLE, regime di riposo in corrispondenza del quale N2/NR è inferiore al numero di giri
nominale (60-70%), tipicamente utilizzato a terra (per esempio i controlli prevolo prima del
decollo) garantisce al motore un funzionamento stabile in condizioni di potenza modesta.
3. FLIGHT in corrispondenza del quale il numero di giri N2/NR è quello nominale 100%.
4. MAX è il regime nel quale si ha il massimo afflusso di carburante al motore
Durante il volo, il numero di giri del rotore principale NR deve rimanere costante al valore nominale
100% di progetto, tranne in alcuni casi di fasi operative, come gli atterraggi in categoria A, durante i
quali è ammesso lo scadimento del numero di giri NR in fase di atterraggio finale.
Dato che la turbina di potenza è collegata al rotore anche il valore N2 è pressoché costante.
Il sistema di controllo deve garantire il mantenimento del valore nominale N2/NR provvedendo a
regolare il flusso di carburante tramite il numero di giri N1 del sistema di compressore-turbina gas
generatrice di gas per rispondere alle variazioni di carico (coppia) alle quali è soggetto il sistema
meccanico rotore-trasmissione-turbina di potenza.
Se il pilota rimane all’interno degli inviluppi di coppia dell’elicottero, infatti, non deve preoccuparsi
della regolazione del numero di giri del rotore principale, in quanto essa viene compiuta in maniera
automatica.
Un’altra azione implementata negli elicotteri moderni è la funzione di anticipo del comando
collettivo. Si consideri la condizione in cui il pilota impone, attraverso una manovra scontrata (Ovvero
si porta a un livello di trazione maggiore per poi ridurlo, mantenendo comunque un eccesso di trazione
rispetto al peso dell’aeromobile), un comando di collettivo per guadagnare rateo verticale in salita.
L’aumento del passo delle pale aumenta inizialmente la coppia resistente, pertanto negli istanti che
seguono l’applicazione del comando, si ha una diminuzione del numero di giri N2/NR (nella Figura 1.77
è riportato l’andamento del comando collettivo θ0 , del numero di giri del generatore di gas N1 e della
velocità angolare della turbina libera di potenza N2 rispetto alla velocità NR del rotore, in funzione del
tempo): dall’illustrazione si nota una perdita di giri N2 (e conseguentemente NR ) a cui fa seguito una
risalita del regime a compensazione, perché il sistema percepisce questa perdita dei giri N2 e risponde
con un aumento del numero di giri N1 ( e di combustibile). L’elicottero si riporta cosi in una condizione
di equilibrio.
La curva riportata nella Figura 1.78 c descrive l’effetto dell’anticipo e cioè la variazione della curva del
droop statico del motore in funzione della posizione della leva del comando collettivo (CLP, Collective
lever Position). Legando la richiesta di potenza alla posizione della leva del collettivo, il sistema di
controllo riconosce più rapidamente le condizioni operative da mantenere, anticipando le regolazioni
di N1 in seguito a variazioni di N2.
La curva riportata nella Figura 1.78 d è indicativa invece dei consumi di carburante in funzione del
regime del motore. Esiste un legale di proporzionalità diretta tra la quantità di combustibile Q inviata
in camera di combustione e il valore N1.
La quantità di combustibile Q inviata in camera di combustione in condizioni operative normali è
comunque limitata inferiormente per evitare lo spegnimento del motore (flame out). Inoltre, esiste
un limite superiore per non portare il compressore oltre la condizione di saturazione nella quale la
quantità di aria elaborata dal compressore raggiunge il suo valore massimo, e un ulteriore afflusso di
carburante rischierebbe di portare il motore oltre i limiti di temperatura ammessi (surge). Essendo la
potenza proporzionale a N1, un transitorio di potenza significa una variazione N1 e quindi le variazioni
di potenza sono identificate con i termini di accelerazione e decelerazioni, nei casi di aumento e
diminuzione di flusso di carburante. Per garantire che non vengano superati i limiti di Q, si lega il suo
valore con il valore di pressione a valle del compressore.
Il sistema di controllo è responsabile anche del mantenimento del valore di N2 sotto il limite massimo
consentito, affinché non si manifestino cedimenti strutturali dovuti agli effetti della forza centrifuga.
Tale azione è fondamentale in particolare per il caso in cui il rotore ruoti a una velocità angolare
superiore a quella del regime nominale (overspeed). Ciò può avvenire durante brusche manovre che
comportino fattori di carico negativi (per esempio in seguito a una manovra combinata con una brusca
riduzione del passo collettivo). Viene perciò prevista una protezione utile a limitare l’escursione
massima della N1 (e indirettamente della N2), così da non indurre repentini salti di richiesta di coppia
e potenza, che potrebbero sollecitare eccessivamente il propulsore.
Un fattore di notevole importanza dal punto di vista della sicurezza dell’elicottero è il rispetto dei limiti
di coppia della RGB del motore e del sistema di trasmissione del moto dell’elicottero. Il superamento
dei limiti di coppia della RGB o della trasmissione dell’elicottero prende il nome di overtorque.
Nel corso degli anni si sono susseguiti diversi tipi di implementazione del sistema di regolazione del
motore: la filosofia adottata fino alla fine degli anni Settanta è di tipo meccanico, quella più recente è
invece elettronico-digitale. Ciò non toglie che la funzione sia la stessa, nonostante il differente modo
in cui viene espletata. I sistemi di controllo attualmente utilizzati sugli elicotteri si possono classificare
in meccanici (mechanical control system) oppure elettronici (EEC, Electronic, Engine Control).
All’ECS arrivano i valori di N1, N2, CLP e il regime del motore (OFFE, IDLE, FLIGHT):
La soluzione meccanica, denominata ECS (Engine Control System) di tipo meccanico, prevede la
regolazione dell’afflusso di carburante per laminazione attraverso una valvola a cassetto (FMM, Fuel
metering valve), che determina così la portata al combustore. In particolare, la valvola a cassetto viene
regolata attraverso comandi differenziali di pressione che fungono da segnali di pilotaggio della valvola
stessa, mantenendo il salto di pressione costante, in modo da garantire che la portata di carburante
dipenda solo dalla sezione regolata. Il sistema di regolazione è quindi un dispositivo fluidico-
pneumatico combinato che lamina il carburante e ne determina la portata al combustore.
Considerando il differenziale di pressione tra una posizione a valle della turbina e una all’ingresso del
compressore si può determinare, per esempio nel caso di una perdita di potenza (coppia), la
correzione da applicare sull’afflusso di carburante, che nel caso citato deve crescere. Il pilota controlla
direttamente la potenza erogata dal motore tramite la ECL (Engine control lever) detta anche manetta
motore, posta sul pannello in cabina piloti oppure tramite un controllo posto sul collettivo (twist grip).
Sia la ECL oppure il twist grip sono sistemi che possono agire direttamente sul governor del motore
per regolare il combustibile in modo manuale. In questo caso il pilota controlla direttamente la
potenza erogata dal motore e sarà responsabile del mantenimento di N2/NR nominale.
Un altro esempio riguarda l’azione del collettivo, che invia un comando meccanico al ECS tale da
variare la posizione del cassetto di laminazione (FMM) aumentando l’afflusso di carburante. Il
vantaggio di un sistema simile risiede nell’affidabilità e nella robustezza intrinseca di un modello privo
di elettronica, mentre lo svantaggio si trova proprio nella semplicità del sistema: non potendo avere
un infinito campo di regolazioni, la taratura viene effettuata solitamente a punto fisso e/o in crociera,
rendendo difficile l’estensione per tutto l’inviluppo di volo. Il pilota può regolare la configurazione del
sistema attraverso degli appositi selettori di regime: tuttavia, tale soluzione manca di flessibilità e
risulta essere poco graduale.
La sistema di regolazione del motore è protetto da un filtro per il carburante, che può essere aggirato
manualmente o automaticamente (bypass) in caso di occlusione. Nel ECS meccanico (Figura 1.79) è
anche incluso il sistema di controllo del regime del motore N1, basato per esempio su un regolatore
centrifugo (centrifugal governor).
L’evoluzione digitale (FADEC Full Authority Digital Engine Control) presenta al posto del ECS la
cosiddetta FCU (Fuel Control Unit) digitale che, tramite un motore passo-passo (stepper motor), regola
l’afflusso del carburante. Tale regolazione avviene in modo estremamente preciso permettendo così
una continuità nelle possibilità di regolazione e riducendo al minimo i transitori. Il motore passo-passo
(stepper motor) è comandato dal EDCU (Engine Digital Control Unit), un computer che riceve una
serie di input:
• fattori ambientali: pressione e temperatura esterne
• modalità di volo
• posizione del collettivo CPL
• modalità del motore – engine mode: OFF, IDLE, FLIGHT sia dalla manetta motore sia da un
pannello di controllo del motore (engine control Panel)
• di acquisire i parametri motore N1, N2, TOT, Tq, P3 (pressione a valle del compressore)
Se i dati alla EDCU arrivano in forma analogica dai sensori del motore, essa provvede alla conversione
digitale. La legge di controllo è codificata all’interno della EDCU tramite un software e dall’acquisizione
dei parametri motore e dell’elicottero il software di calcolo definisce la quantità di carburante
necessaria, essendo in grado di regolare l’afflusso di carburante in maniera molto accurata.
La EDCU traduce la richiesta di carburante in un valore di corrente elettrica che aziona lo stepper
motor nella FCU che opera nel circuito idraulico-meccanico della FCU e comanda il complesso sistema
di valvole per l’ammissione di carburante in camera di combustione.
Viene anche prevista la possibilità di intervenire in modo manuale sull’azione del governor tramite un
apposito selettore. Il vantaggio quindi risiede nella possibilità di mappare in modo dettagliato le curve
di funzionamento, vagliando l’intero inviluppo di volo, includendo anche le situazioni operative
anomale e di emergenza.
Il sistema di controllo è in grado di gestire in modo automatico, senza alcun intervento del pilota, tutte
le fasi operative di funzionamento, in base alla selezione della condizione operativa OFF/IDLE/FLIGHT
tramite il pannello di controllo del motore e garantendo il rispetto dei limiti operativi (N1, N2, TOT,
Tq) intervenendo direttamente sulla quantità di carburante.
In una configurazione plurimotore, integrando i dati dei differenti motori tramite un collegamento ed
una trasmissione dei dati delle EDCU di ognuno, è possibile effettuare un controllo ottimale della
potenza.
Si possono simulare condizioni reali di avaria (per esempio condizioni OEI) e condurre attività di
addestramento dei piloti in sicurezza.
È possibile fornire l’informazione digitale nella EDCU e di altri sistemi digitali di presentazione dei dati
del motore e dei sistemi dell’elicottero al pilota tramite i Display in Cockpit (IIDS Integrated Instrument
Display Systems) migliorando l’integrazione uomo-macchina.
In caso di avaria della EDCU, la regolazione di combustibile è possibile grazie ad un sistema manuale.
In alcuni casi è il pilota stesso che può decidere di operare in modo manuale e quindi si installa un
selettore (engine governor mode selector) per il passaggio automatico /manuale e viceversa.
I requisiti di certificazione richiedono la verifica di alcuni aspetti relativi alla installazione (meccanica,
elettrica, ecc.) del motore e al suo controllo all’interno dei limiti ben definiti. Si deve tener presente
che la rispondenza ai requisiti di certificazione per l’installazione del motore sull’elicottero devono
essere in armonia con quanto fa il costruttore del motore, che ha il compito di provvedere alla propria
certificazione considerando il motore non installato (ogni motore è corredato da un certificato di tipo;
per i regolamenti di certificazione dei motori si può far riferimento alle norme FAR 33 e JAR E).
Leggendo i requisiti espressi dalle norme di certificazione dell’installazione del motore, si deduce che
il costruttore dell’elicottero deve garantire il soddisfacimento di tutti gli aspetti di sicurezza in modo
tale da non pregiudicare l’integrità della macchina e l’incolumità degli occupanti.
Da un punto di vista strutturale, ciò comporta un’analisi strutturale statica e a fatica del sistema di
sostegno del motore (castello motore) sulla struttura dell’elicottero.
La verifica a fatica richiede che siano svolte delle attività di volo dedicate per il rilievo dei carichi (load
survey), attività svolta in concomitanza con il rilevo dei carichi a terra e in volo di tutta la struttura
dell’elicottero. Direttamente collegata a quest’attività c’è la verifica dei livelli vibratori del motor, in
particolare in quelle aree considerate vitali per il corretto funzionamento (FCU).
L’integrazione del sistema di controllo del motore con il sistema di trasmissione e i rotori
dell’elicottero richiede una verifica che si effettua sia modelli di calcolo numerici sia per mezzo di prove
a terra procedendo all’installazione di tutto il rotor drive system ( tutto il sistema di trasmissione del
moto nella sua configurazione completa, gli alberi di potenza, e tutti i sistemi accessori, quali i sistemi
di raffreddamento, il freno rotore), i motori e i rotori (completi di pale e del sistema dei comandi di
volo) sul GTV verificando il soddisfacimento dei requisiti di certificazione ( prove di durata, verifica dei
regimi transitori, variazione cicliche dei comandi di volo alle frequenze del rotor drive system), e in
volo.
L’attività di volo prevede anche la verifica di tutti i limiti e modi operativi del motore (variazioni di
potenza, condizioni AEO, OEI).
Inoltre, sono verificati i margini di raffreddamento (cooling margin) dell’olio motore rispetto ai limiti
imposti dal costruttore, in tutto l’inviluppo operativo previsto per l’elicottero (tipo di missione e al
variare della quota e della temperatura).
È necessario inquadrare l’attività di volo che ha lo scopo di caratterizzare aerodinamicamente la presa
d’aria dell’elicottero in quanto il campo aerodinamico in corrispondenza della presa d’aria è molto
diverso quando il motore si trova a terra su un banco di prova. Il motore e la presa d’aria sono
strumentati per il rilievo di pressione e temperatura.
Quando un motore è installato su un elicottero, la potenza disponibile è inferiore a quella dichiarata
dal costruttore del motore. Ciò è dovuta al fatto che il motore fornisce potenza a numerosi accessori
che sul banco di prova non sono installati. Oltre alle perdite di potenza dovute agli accessori, devono
essere valutate quelle associate al campo aerodinamico: questa perdita di potenza prende il nome di
perdita di installazione (power loss). Le perdite di installazione sono dovute alle perdite di pressione e
aumento di temperatura alla presa d’aria (inlet losses) e dalle perdite di pressione allo scarico (exaust
losses) per effetto delle distorsioni del flusso e della turbolenza della corrente. Le perdite di
installazione devono essere valutate mediante un programma dedicato di prove di volo, durante il
quale si rilevano pressione e temperatura all’ingresso della presa d’aria e la pressione totale allo
scarico, oppure la coppia, il numero di giri in tutto l’inviluppo di volo. L’elaborazione dei dati raccolti
in volo consente di tracciare le curve che esprimono la potenza disponibile W in funzione dell’inviluppo
di quota e di temperatura. È interesse del costruttore dell’elicottero avere i dati precisi relativi alle
perdite di potenza dovute all’installazione per conoscere le effettive prestazioni del motore e quindi
dell’elicottero in ogni fase operativa (rating motore, quota/ temperatura). La differenza tra i dati
rilevati al banco e quelli in volo fornisce la perdita di potenza. Note le perdite di installazione in tutto
l’inviluppo, il costruttore del motore può inserire questi valori nel proprio programma di simulazione
delle prestazioni del motore, ricavando il quadro completo delle potenze disponibili.
Le norme di certificazione richiedono che il pilota verifichi in volo se il motore fornisce una potenza
superiore alla minima dichiarata. In sostanza si tratta di un controllo della potenza disponibile (power
assurance check).
Il controllo della potenza si può verificare in hovering e in volo avanzato. In corrispondenza dei valori
di coppia e dell’altitudine di pressione si leggono i valori di TOT e N1 alla relativa OAT. Il rispetto dei
limiti massimi di TOT e N1 garantisce la disponibilità di un margine di potenza disponibile.
7.18 La Trasmissione
Qualunque sia il sistema propulsivo, la potenza prodotta dal motore viene resa disponibile grazie
all’ausilio di una trasmissione principale o main gear box. Facendo riferimento alla configurazione di
elicottero classica si ha solitamente un ridotto sviluppo verticale, in quanto l’albero del rotore è
perpendicolare all’asse longitudinale della fusoliera e cioè non permette di inserire tutto il sistema di
trasmissione all’interno di una gondola o in una carenatura esterna (come sull’ala fissa), ma al
contrario diventa un ingombro posizionato proprio al centro dello sviluppo longitudinale della
fusoliera. La soluzione consiste nel posizionare tutto il sistema propulsivo (comprensivo di
motorizzazione e trasmissione) al di sotto del rotore principale, compattando il più possibile la
trasmissione.
Il motore è legato alla trasmissione da una catena cinematica che trasmette potenza all’albero motore
e infine al rotore principale, primo utilizzatore della coppia motrice.
Nel caso dell’elicottero è quindi sempre presente un sistema meccanico complesso interposto tra il
motore, il rotore principale, il rotore di coda e le altre utenze che assorbono la coppia erogata dal
propulsore.
La trasmissione principale (main gearbox) costituisce anche un elemento con funzione strutturale
poiché il suo involucro esterno (case) è vincolato al corpo della fusoliera, a cui riporta carichi di forza
(trazione) e coppia (coppia di reazione). I cuscinetti reggispinta interni trasmettono la trazione del
rotore al corpo della trasmissione che riporta tramite ancoraggi il carico assiale al corpo della fusoliera.
Anche la coppia di reazione del rotore principale è sopportata dalla scatola esterna della trasmissione,
dotata di opportuni ancoraggi anti-coppia che la vincolano alla fusoliera.
La main gearbox ha quindi, oltre all’indispensabile funzione meccanica di trasmissione, una funzione
strutturale e deve essere opportunamente dimensionata per resistere ai carichi citati in precedenza.
La tipologia di meccanica che viene utilizzata per la trasmissione principale è ugualmente importante.
Poiché gli spazi a bordo sono estremamente limitati ci si riconduce solitamente all’utilizzo di riduttori
epicicloidali che richiedono un minimo ingombro verticale, grazie anche alla sovrapposizione di più
stadi di riduzione.
È necessario inoltre un innesto a frizione, non presente nell’ala fissa: mentre nel velivolo l’elica si avvia
in moto non appena acceso il motore, in quanto le inerzie in gioco sono molto ridotte, nell’elicottero
al contrario il motore va disaccoppiato dal rotore principale. L’elevata inerzia del rotore non
permetterebbe al motore la corretta accensione e l’avviamento da fermo: per questo motivo si
introduce una frizione che esclude la trasmissione principale dal motore stesso al di sotto di un
determinato regime. La frizione, nelle architetture più semplici, è ad azionamento centrifugo e, al di
sotto di un certo numero di giri, tiene separato il motore dalla trasmissione principale, e quindi dal
rotore principale e dalle altre utenze.
Una volta completata la fase di riscaldamento, il motore viene portato a un regime angolare superiore
e la frizione genera un transitorio che mette in rotazione il rotore principale. Quanto detto avviene
anche all’atterraggio: riducendo i giri del motore nel transitorio di rallentamento del rotore e,
raggiunto un certo valore di soglia, la frizione disaccoppia la trasmissione dal motore. Se così non fosse
l’elevata inerzia delle pale del rotore tenderebbe a trascinare con sé il motore in spegnimento. La
frizione è solitamente collegata a un dispositivo chiamato ruota libera il quale impedisce la
trasmissione di coppia dal rotore verso il motore. Risulta infatti necessario impedire che sia il rotore a
trascinare il motore: ciò viene realizzato da un dispositivo di disinnesto che risulta fondamentale nel
caso di motore in avaria.
In tal caso, l’inerzia del rotore consente infatti di mantenere minimi livelli di trazione: conviene
pertanto che l’energia cinetica associata al rotore non venga dissipata trascinando il motore ma
piuttosto venga spesa in minima parte per mantenere in funzione il rotore di coda e le utenze principali
(pompe, alternatori, ...). Questi elementi sono di vitale importanza per dare la possibilità al pilota di
tentare un atterraggio d’emergenza in autorotazione. Ciò è ancora più rilevante nei sistemi pluri-
motore, dove il dispositivo a ruota libera fa parte di un sistema meccanico chiamato combinatore di
coppia che ha la funzione di disaccoppiare soltanto il motore che perde giri o è in avaria, permettendo
al motore funzionante di sopperire alla richiesta di coppia dei rotori senza trascinare il motore passivo.
Il sistema ruota libera agisce anche come elemento cedevole della catena di trasmissione nel caso in
cui le estremità delle pale impattino con ostacoli o vegetazione (blade strike). In casi del genere, il
gruppo ruota libera - frizione viene smontato e inviato a un’officina specializzata per un’approfondita
ispezione.
Nei casi più gravi, qualora l’esito dell’ispezione riveli un serio danneggiamento del gruppo ruota libera-
frizione si procede allo sbarco dell’intero sistema propulsivo turboalbero e a una conseguente analisi
e revisione di ogni componente del motore, operazione che come ben si può intuire ha un notevole
impatto economico. Infine, sono presenti alcuni giunti elastici posizionati in punti specifici lungo la
trasmissione con lo scopo di mitigare le vibrazioni torsionali: per esempio se ne trovano sulla
trasmissione per il rotore di coda, tra il motore e la trasmissione principale e talvolta anche sulle prese
di coppia utili al funzionamento di altre utenze.
Essendo la trasmissione un organo vitale per il funzionamento dell’elicottero, è soggetta a controlli
periodici e molto specifici: una delle prime ispezioni riguarda per esempio lo stato dei tappi magnetici
che, se contengono tracce metalliche proveniente dall’abrasione degli ingranaggi, indicano una
carenza di lubrificazione. Il lubrificante circola normalmente all’interno della trasmissione, mantenuto
in pressione da una pompa esterna, e canalizzato in un circuito ottenuto per fusione nello spessore
della parete della scatola. Infatti, la trasmissione principale è contenuta in una scatola esterna
ottenuta per fusione, che presenta vincoli solidali al corpo fusoliera. Tali vincoli hanno diverse funzioni,
tra cui quella di mantenere la continuità di coppia, mediante fermi di tenuta. La trazione viene
trasmessa dal rotore principale ai cuscinetti reggispinta, passando così nuovamente alla scatola
esterna, che sopporta quindi sia la coppia che la trazione generate dal rotore principale. Il motore si
accoppia alla trasmissione attraverso il dispositivo frizione - ruota libera. La trasmissione fornisce
infine potenza, attraverso una presa di coppia secondaria, al rotore di coda, e attraverso prese distinte
alle altre utenze meccaniche.
Progetto di Dettaglio: in questa fase di passa all’analisi dei disegni delle parti ed effettuando le attività
di calcolo (statici e a fatica). Il requisito di progetto è di tipo fail-safe dell’assieme e dei suoi componenti
(specie per gli alberi di trasmissione). Il treno di ingranaggi ha una configurazione di tipo modulare per
rendere minime le attività di riparazione: è necessaria un0analisi per definire i possibili modi di avaria
e garantirne la sicurezza. Le attività di progetto comportano:
• Dimensionamento Ingranaggi (conici, cilindrici o elicoidali)
• Dimensionamento cuscinetti (a rulli, conici, a sfera) dipende dal carico e dalla velocità di
rotazione
• Dimensionamento ruote libere
• Dimensionamento Campana trasmissione e carter (housing) per alloggiamento componenti.
Tale struttura ha lo scopo di trasmettere all’elicottero i carichi di volo derivanti dal rotore. È
costituito da fusioni in lega di alluminio o magnesio
• Dimensionamento guarnizioni
• Dimensionamento alberi di collegamento (eg. Albero motore che collega uscita potenza
motore con ingresso della trasmissione)
• Scelta dei materiali, e dei trattamenti e dei metodi di ispezioni.
8. IMPIANTI ELETTROAVIONICI
Ci si soffermerà sugli impianti elettrici in corrente continua e alternata per la generazione di potenza
elettrica e sulle soluzioni tecniche adottate per l’acquisizione e la presentazione dei dati relativi ai
sistemi dell’elicottero e alla navigazione.
Le norme di certificazione prescrivono che la cabina piloti sia equipaggiata con una serie di strumenti
che consentano di ricavare le informazioni minime per la conduzione del volo e di verificare il
funzionamento dei principali sistemi dell’elicottero. Le possibili configurazioni della strumentazione
dell’elicottero sono così numerose e varie che in questo paragrafo si danno le linee generali relative
alla scelta della strumentazione e alle modalità di acquisizione e presentazione dei dati di volo e di
navigazione.
La strumentazione da installare a bordo dell’elicottero si può suddividere come segue:
• Indicatore di velocità
• Altimetro
• Indicatore di velocità verticale (variometro)
• Bussola magnetica
• Orologio
• Indicatore di assetto o orizzonte artificiale (attitude indicator)
• Indicatore del rateo di imbardata e di scivolata -derapata (Virosbandometro)
La quantità dei dati presentati al pilota per soddisfare i requisiti di certificazione varia in funzione del
tipo di elicottero. In linea di principio devono essere indicati:
• I parametri motore, quali i valori di N1, N2/NR, TOT (o la pressione di alimentazione e la
temperatura dei cilindri nel caso dei motori a pistoni), Tq, temperatura e pressione dell’olio di
lubrificazione.
• I dati di pressione del circuito idraulico dei comandi di volo e ausiliario.
• I dati di temperatura e pressione dell’olio di lubrificazione dell’assieme trasmissione.
• I dati di quantità del carburante e di pressione sulla linea dell’impianto combustibile.
• I dati relativi al funzionamento dell’impianto elettrico.
• I messaggi di allarme (warning, di colore rosso), di precauzione (caution, di colore ambra), e
ausiliari (advisory, di colore verde), elencati in ordine di importanza, relativi allo stato di
funzionamento dei sistemi (diminuzione dei numeri di giri del rotore principale, avaria del
motore, bassa pressione dell’olio di lubrificazione, attivazione del freno rotore).
Gli strumenti riportano i valori relativi allo stato di funzionamento dei sistemi; le scale (archi o barre
verticali/orizzontali) devono avere una parte di colore verde per indicare l’intervallo di funzionamento
normale, una gialla per le condizioni di funzionamento anormali in corrispondenza delle quali
l’operatività è consentita per un tempo limitato e, una rossa per indicare una zona proibita.
Agli strumenti convenzionali, di tipo elettro-meccanico, arrivano dei sistemi integrati di presentazione
dei dati (IIDS, Integrated Instrument Display System). Essi si basano su una tecnologia di tipo digitale,
in cui i segnali analogici in arrivo dai sensori sono convertiti in formato digitale in un computer, e inviati
ad un sistema di presentazione dei dati che si basa sull’uso di schermi AMLCD (al cui interno può essere
integrato il computer). La gestione e la presentazione dello stato di funzionamento degli impianti di
bordo per mezzo di sistemi digitale si sta affermando in misura sempre maggiore. Per esempio, una
modifica dei criteri di presentazione o dei limiti di una scala si può effettuare semplicemente
riprogrammando il software di gestione del sistema IIDS. Inoltre, questi sistemi, integrati ad altri
ancora, possono essere utilizzati per acquisire una serie di informazioni relative al funzionamento dei
sistemi di bordo dell’elicottero (quali i dati di vibrazione della trasmissione e dei motori, i dati necessari
per effettuare il power check del motore) che possono contribuire a migliorare le procedure di
manutenzione. I sistemi che consentono di effettuare queste funzioni prendono il nome di sistemi
HUMS (Health and Usage Monitoring System).
I sistemi che effettuano l’integrazione e la gestione di tutte le informazioni dei dati di volo, e di
navigazione, sono spesso indicati con la sigla FMS (Flight Management System).
Sapendo che dalle caratteristiche di stabilità di volo dell’elicottero attorno ad una posizione di
equilibrio (condizione trimmata), le condizioni di equilibrio possono risultare instabili in alcune fasi del
volo, e che in alcuni casi il carico di lavoro per garantire il controllo dell’elicottero può essere notevole,
per sollevare il pilota di parte del carico di lavoro associato al controllo, sono stati sviluppati i sistemi
di stabilizzazione attiva AFCS (Automatic Flight Control System).
Da un punto di vista funzionale, l’AFCS deve:
• Smorzare i disturbi di breve periodo dell’elicottero (per esempio i disturbi della condizione
trimmata dovute a raffiche); si indica questa funzione con SAS (Stability Augumentation
System).
• Smorzare i disturbi di lungo periodo.
Gli elementi fondamentali di un sistema AFCS sono i sensori, uno o più calcolatori e gli attuatori.
• I sensori rilevano l’assetto e le velocità angolari e le accelerazioni del baricentro dell’elicottero,
a seconda dell’architettura di sistema, e possono essere di tipo giroscopico oppure a
piattaforme inerziali.
• Le informazioni rilevate dai sensori sono inviate come segnale elettrico al calcolatore, in
genere più di uno, che elabora il segnale o lo traduce in un altro segnale elettrico da inviare
agli attuatori che operano sulla catena cinematica dei comandi di volo. I calcolatori possono
essere di tipo analogico o di tipo digitale. Quest’ultimi hanno il vantaggio di poter essere
programmati, effettuando in maniera più semplice, rispetto ai sistemi analogici, tutte le
modifiche del caso, qualora si volessero cambiare le caratteristiche del sistema.
• Gli attuatori effettuano il controllo vero e proprio di stabilità dell’elicottero. Essi possono
essere di tipo elettro-meccanico, oppure di tipo eletto-idraulico.
Il cuore di un attuatore elettro-meccanico è un motore che comanda la corsa di un
pistone. Un LVDT (Linear Variable Differential Transducer, trasduttore di posizione a legge
di variazione lineare) fornisce al sistema di controllo dell’autopilota la posizione del
pistone, e un frano magnetico blocca il pistone quando l’attuatore non è alimentato,
facendo sì che l’attuatore funzioni come un’asta rigida.
Negli attuatori elettro-idraulici il controllo avviene tramite un attuatore idraulico,
comandato da una valvola a solenoide che attiva e disattiva la pressione idraulica; una
servovalvola regola la velocità del pistone e un LVDT fornisce al sistema la posizione
dell’attuatore.
In alcune configurazioni il sistema di stabilizzazione automatica agisce direttamente sul servo-
comando della linea dei comandi di volo, comandando una valvola dedicata al servocomando, diversa
da quella azionata tramite i comandi di volo. Gli attuatori possono essere installati in serie o in
parallelo.
• Quando sono in parallelo essi sono posti direttamente sulla catena cinematica dei comandi di
volo, isolano la catena nel tratto che va dai comandi di volo, isolano la catena nel tratto che
va dai comandi sino all’attuatore, mentre comandano la restante parte che dall’attuatore va
al piatto oscillante e al rotore.
• Quando sono in serie muovono tutta la catena cinematica dei comandi ed effettuano una
funzione di riposizionamento dei comandi nella condizione trimmata. Questa funzione è detta
Autotrim.
SCAS (Stability and Command Augumentation System) sono sistemi che hanno una particolare
architettura: essendo il sistema sensibile alle variazioni di assetto esso si opporrebbe anche ai comandi
imposti dal pilota. Per ovviare a questo inconveniente, si installano dei sensori di posizione dei
comandi di volo (synchro transmitter), che inviano l’informazione relativa alla posizione dei comandi
di volo al computer, il quale integra questa informazione, consentendo in questo modo di effettuare
manovre e ottenere al contempo la funzione di stabilizzazione.
La percentuale della corsa totale impiegata per svolgere la sua funzione è indicata come autorità
dell’attuatore. In alcuni casi (componente di vento che richiede una correzione continua da parte
dell’AFCS) bisogna restituire la completa autorità dell’attuatore, riportandolo in posizione centrata
rispetto alla sua corsa totale. La funzione di ricentraggio dell’attuatore può essere svolta da:
Autotrim in modo automatico
Dal Pilota, disabilitando Autotrim. Questo sistema si basa sull’uso di un freno magnetico
(magnetic brake) per dare sensibilità di comando artificiale al pilota (sforzo di barra) e
mantenere la posizione dei comandi di volo. In questa procedura di centraggio il pilota deve
conoscere la posizione relativa dell’attuatore e l’autorità residua attraverso un pannello di
controllo.
Una possibile configurazione presenta il sistema di stabilizzazione interfacciato con il sistema direttore
di volo (F/D, Flight Director). È un computer che riceve i dati di volo e di navigazione. Tale computer
comunica con il sistema di stabilizzazione e gli attuatori azionano i comandi di volo per eseguire i
comandi del F/D.
Le architetture più moderne riuniscono in un unico sistema le funzioni di stabilizzazione e controllo
automatico dei parametri di volo e il termine AFCS ben si addice a questo tipo di sistema.
I requisiti di certificazione degli impianti elettroavionici sono contenuti nelle norme JAR/FAR 29
corrispondenti al sistema in esame.
Per quanto riguarda l’impianto elettrico, le normative prescrivono che sull’elicottero sia presente un
sistema di generazione e distribuzione di potenza elettrica, che deve operare garantendo:
• La regolazione della tensione del generatore per il rispetto dei limiti operativi
• Il controllo automatico del funzionamento in parallelo dei generatori, ripartendo il carico
dell’impianto quando uno dei due è in avaria.
elettromagnetici radiati e condotti (HIRF High Intensity Radiated Fields) affinché il progetto dei singoli
sistemi e la loro installazione sull’elicottero garantiscano un adeguato livello di sicurezza.
Gli impianti elettro-avionici devono anche essere protetti dagli effetti dovuti all’assorbimento di
energia (elettrica) di un fulmine che colpisce l’elicottero, cioè detti effetti indiretti del fulmine
(lightining indirect effects). Per definire un livello adeguato di protezione dagli effetti indiretti del
fulmine è necessario effettuare un’analisi dettagliata dei possibili punti di attacco e dei percorsi seguiti
lungo la struttura dell’elicottero dall’energia del fulmine, prestando attenzione a quanto succede nelle
zone nelle quali sono installati gli impianti elettroavionici.
Tipici punti di attacco del fulmine sono le pale del rotore principale e di coda, il muso, la deriva e tutte
le estremità appuntite. Se la struttura dell’elicottero garantisce la continuità metallica, l’energia del
fulmine attraversa l’elicottero e si scarica seguendo percorsi preferenziali.
Pertanto, scelto l’equipaggiamento e la sua collocazione sull’elicottero, è possibile sapere se
l’apparecchiatura risulti sufficientemente protetta, oppure quali contromisure occorre intraprendere
per garantire un adeguato livello di protezione e di sicurezza.
Negli ultimi decenni si è esteso l’uso di sistemi di tipo digitale, il cui funzionamento si basa su un codice
di calcolo (software) per la gestione e la presentazione dei dati di volo e di navigazione e di controllo
in generale dei sottosistemi. Ciò ha richiesto la definizione di criteri di progetto e di gestione del ciclo
di vita del software che rispondessero ai requisiti contenuti nelle norme di aeronavigabilità.
Il livello di severità delle prove alle quali i singoli componenti o i sistemi interi devono essere sottoposti
dipende dalla loro funzione, secondo gli stessi principi introdotti nella parte dedicata al rotore e
relativa al safety assessment.
Per i componenti e i sistemi elettroavionici il requisito di sicurezza si esprime affermando che le
condizioni di avaria che portano ad una situazione Hazardous devono essere improbabili e che le
condizioni che portano ad una situazione Catastrophic devono essere estremamente improbabili.