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Ed è proprio in tale prospettiva, si ritiene, che opera la previsione dell'art. 14 bis laddove questa mira ad
assicurare che l'attività di mediazione sia svolta da un soggetto che offra, appunto, garanzie, anche sul piano
dell'apparenza, indipendenza e terzietà. Le norme sull'incompatibilità, infatti sono espressioni degli
standard minimi indispensabili proprio a garanzia dell'imparzialità del mediatore, sicché il difensore del
chiamato in mediazione, iscritto come mediatore presso l'organismo prescelto dall'istante, così come
l'avvocato di fiducia della parte chiamata in mediazione, pure iscritto presso lo stesso Consiglio dell'Ordine
Forense che ha istituito l'Organismo di mediazione, versano tutti, compreso l'Organismo stesso espressione
diretta o indiretta dell' Ordine Forense, in una situazione di palese conflitto d'interesse per mancanza
dell'essenziale requisito della terzietà.
Non possono, infatti, valere in merito neanche gli accordi derogatori tra le parti, ossia la possibilità di
rimettere alla volontà privata delle parti chiamate in mediazione di derogare, consensualmente,
all'incompatibilità trattandosi di materia, in vista della sua finalità di fede pubblica, sottratta alla libera
disponibilità delle parti.
L' incompatibilità, poi, si estende anche a tutti quegli organismi pubblici e privati che agiscono, per
necessità di organizzazione territoriale delle sedi secondarie, avvalendosi delle strutture, del personale e dei
mediatori di altri organismi con i quali hanno raggiunto un accordo, anche per singoli affari di mediazione,
ex art.7, comma 2, lett. c), D.M. 180/2010.
In tali casi, infatti, l'organismo, "condividendo", tra l'altro, i mediatori di un altro organismo viene a
trovarsi nella medesima posizione dei mediatori iscritti presso l'organismo "delegante", di conseguenza,
anche al fine di evitare una facile elusione della norma, l'incompatibilità si estende anche ai mediatori
dell'organismo con cui si è concluso un accordo ai sensi dell'art.7, comma 2, lett. c), D.M. 180/2010.