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ASSOCIAZIONE MICOLOGICA ECOLOGICA

VITERBESE

CENNI DI MICOLOGIA

DISPENSA DEL CORSO DI FORMAZIONE MICOLOGICA


Art. 4 L. R. LAZIO 5 AGOSTO 1998, N° 32 E SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI.

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L’AMEVIT (Associazione Micologica Ecologica Viterbese) è un’associazione no profit


impegnata nel promuovere una cultura ecologica, lo studio dei funghi e dei problemi
connessi alla micologia, con particolare riferimento alla tutela dell’ambiente ed alla ricerca
scientifica, nonché l’educazione sanitaria relativa alla micologia anche presso i giovani e
nelle scuole, collaborando con ogni opportuna iniziativa con Enti, Istituzioni e Associazioni
che perseguono finalità analoghe al fine di costruire una coscienza ecologica e micologica
nella popolazione.
Nata nel 2012 dalla scissione dal GEMAL (Gruppo Ecologico Micologico Alto Lazio) ogni
anno organizza una serie di attività, tra cui le mostre micologiche di Bracciano, Castiglione
in Teverina (VT) e Viterbo, anche con il patrocinio degli Enti Comunali e Provinciali.
Vengono organizzate attività didattiche di formazione micologica ai soci, ai privati ed alle
scuole, escursioni calendarizzate in ambiente boschivo a scopo formativo per i soci e corsi
su erbe e costruzione di cesti.

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Premessa

In questo opuscolo troverete le notizie basilari che ogni raccoglitore di funghi dovrebbe
ben conoscere. Si tratta di un agevole strumento di supporto al breve corso di formazione
micologica necessario per l'ottenimento dell'autorizzazione alla raccolta dei funghi epigei
come previsto dalla Legge Regionale del Lazio 5 agosto 1998, n° 32.

Come Associazione Micologica Ecologica Viterbese siamo convinti che in così poche
lezioni non sia possibile far conoscere e riconoscere la realtà micologica dei nostri
ambienti, ma tale corso può diventare un'ottima occasione per illustrare la metodologia
corretta per il riconoscimento dei macrofunghi e soprattutto chiarire quelle poche regole
comportamentali che possono aiutare a conservare e rispettare gli ambienti naturali a noi
così cari e magari invogliare chiunque ad associarsi per condividere questa comune
passione.

Il Presidente della delegazione di Viterbo


Dott. Micologo Claudio Celestini

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I funghi erano classificati, fino a poco tempo fa, come un gruppo appartenente al regno
vegetale, mentre attualmente sono stati collocati in un gruppo separato, il Regno dei
FUNGHI. La micologia, cioè lo studio e la classificazione di questi organismi, ha sempre
creato non poche difficoltà e disaccordi tra gli studiosi, sin da tempi remoti: a tal proposito
si ricorda l'interpretazione che fece di questo gruppo il grande Linneo, inventore della
tassonomia binomia (classificazione di ciascun organismo vivente secondo genere e
specie) ancora oggi in uso per classificare il mondo vivente; Linneo, nella difficoltà di
inserire i funghi nel suo sistema tassonomico, istituì nel 1767 il genere Chaos, cui attribuì
natura animale, per comprendere i funghi allora conosciuti. Dopo Linneo molti scienziati
hanno continuato a studiare e ad approfondire le conoscenze su questi organismi, ma solo
nel '900 si è consolidata la micologia, e solo in questi ultimi decenni si stanno acquisendo
informazioni più profonde a riguardo.
Ciò che si raccoglie nel bosco e che generalmente chiamiamo fungo, non è altro che il
frutto di un organismo microscopico che cresce sotto terra a cui é stato dato il nome di
micelio. Il micelio è formato da un groviglio di tanti filamenti ramificati costituiti da cellule
filiformi e sottilissime dette ife. Quando le condizioni ambientali ed atmosferiche sono
ideali, questo fruttifica e da vita al fungo (tipico per ogni specie) detto carpoforo che
produce le spore per la riproduzione.

I carpofori che si possono osservare ad occhio nudo vengono anche chiamati


macromiceti. Ad essi appartengono i due gruppi più evoluti del regno dei miceti che sono

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i basidiomiceti e gli ascomiceti, i quali si differenziano tra loro per la formazione di


particolari organi riproduttivi detti basidi e aschi.

Con il termine epigeo si indicano tutte quelle specie in cui il carpoforo si sviluppa sopra il
livello del terreno e che rappresentano la buona parte dei funghi noti ai raccoglitori. Le
specie in cui il carpoforo si sviluppa sotto il livello del terreno sono chiamate ipogee; a
questo gruppo appartengono i famosi tartufi. Vengono definite poi semiipogee le specie
che crescono sotto terra, ma con la parte superiore che fuoriesce appena dal terreno a
maturità per favorire così la dispersione delle spore.

Ora cercheremo di capire quanto sia importante conoscere e, soprattutto, rispettare questi
organismi che sono stati creati per "mangiare" e non per essere mangiati e che quindi
rivestono principalmente un ruolo fondamentale nell'ambito delle relazioni tra gli organismi,
vegetali ed animali, che costituiscono un ecosistema.
Un ecosistema può essere considerato come una macchina che produce sostanza
vivente, utilizzando l’energia solare partendo da sostanze inorganiche (anidride carbonica,
acqua, sali minerali). Ogni macchina ha bisogno di energia, gli ecosistemi utilizzano quella
del Sole, che nel nostro pianeta ne è la fonte primaria, e la trasformano in energia chimica,
che è l’energia della vita. Le piante verdi infatti, grazie alla clorofilla, immagazzinano

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energia nelle sostanze organiche che costruiscono, come i carboidrati, dei quali si nutrono
esse stesse o gli animali.

Nell’ecosistema le piante sono chiamate produttori o autotrofi, perché producono


sostanza organica di cui si nutrono, nella quale è immagazzinata l’energia chimica, e gli
animali sono i consumatori o eterotrofi. Gli animali erbivori sono detti consumatori di
primo ordine, i carnivori di secondo ordine, e così via. Nell’ecosistema forestale c’è un
terzo gruppo di viventi, gli eterotrofi saprofagi, che per vivere utilizzano l’energia chimica
contenuta nei resti e nei rifiuti degli altri viventi della comunità. Così facendo essi
demoliscono questi residui e restituiscono all’ambiente le sostanze inorganiche, che
costituiscono i mattoni della vita, e il ciclo ricomincia. Per questo motivo i saprofagi
vengono chiamati demolitori o decompositori. Esempi di demolitori sono i batteri e i
funghi saprofiti. E’ evidente che i funghi, occupando l’ultimo anello della catena alimentare,
sono i responsabili della totale demolizione delle molecole organiche e della loro riduzione
a molecole piccole e povere di energia che, nuovamente assunte dalle piante verdi,
andranno a costituire i mattoni per nuove grandi molecole organiche. Per certi versi quindi
i funghi sono più simili agli animali che alle piante, in quanto eterotrofi (incapaci di produrre
zuccheri e dipendenti dalle piante per l'approvvigionamento di queste sostanze) e quindi
funghi dipendono dalle piante stesse per procurarsi la sostanza organica di cui

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abbisognano per crescere e, in relazione al tipo di nutrizione, si possono suddividere in tre


gruppi principali:
Funghi saprofiti, che si nutrono e vivono su sostanza organica morta, d'origine vegetale o
animale, che viene da questi decomposta fino a fornire loro i nutrienti di cui hanno
bisogno;
Funghi parassiti, che si nutrono e vivono su sostanza organica viva, cioè su organismi
viventi, vegetali o animali, sui quali provocano stati patologici più o meno gravi, che
possono anche portare alla morte dell'ospite;
Funghi simbionti, che ricavano sostanza organica dalle piante attraverso un delicato
rapporto di simbiosi, cioè di scambio reciproco; i funghi contraccambiano la pianta
fornendole una serie di vantaggi, tra cui soprattutto un migliore e più efficiente
assorbimento dell'acqua e dei sali in soluzione dal terreno.

Con il termine "micorrizia" s'intende la simbiosi mutualistica tra fungo e pianta, ci si


riferisce a quelle particolari strutture che derivano dall'unione delle ife fungine con le radici
delle piante
Da questo semplice inquadramento si può comprendere il ruolo complesso e
fondamentale che i funghi svolgono nell'ambiente in cui vivono.
I funghi saprofiti sono indispensabili nel processo di decomposizione della sostanza
organica morta, che permette il ritorno al terreno delle sostanze elementari e dei sali
minerali, necessari alla sopravvivenza delle piante. Si pensi, in proposito, alla formazione
dell'humus a partire dal legno e dalle foglie caduti a terra.
I funghi simbionti permettono alle piante ospiti, principalmente alberi, un migliore
sviluppo grazie alle micorrize, che consentono alle radici capillari un più efficace
assorbimento e una maggiore resistenza alla siccità.

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I funghi parassiti svolgono invece un benefico ruolo sull'ecosistema creando malattia ed


eventualmente morte sugli individui più deboli assecondando così la selezione naturale a
favore degli organismi più forti.
I funghi, così come le piante e gli animali, hanno delle caratteristiche specifiche proprie,
per cui sono stati separati dal regno vegetale in cui un tempo erano compresi, ed oggi
appartengono ad un regno a parte: Regno dei funghi o Mycota.
Per attribuire il nome ai funghi (nomenclatura) si è adottato, come già accennato, il
sistema binomio (genere e specie), che é un po’ come l’anagrafe o meglio l’albero
genealogico del fungo, che ci permette di conoscere e classificare ogni specie. Questo
sistema è suddiviso in vari raggruppamenti, che racchiudono delle caratteristiche tipiche,
via via sempre più selettivi indicati con: la divisione (-mycota), la classe (-mycetes),
l’ordine (-ales), la famiglia (-aceae), ed infine si arriva al genere e alla specie.
Questo sistema è paragonabile, volendo usare come esempio la descrizione di
appartenenza di un italiano, con la seguente sequenza: la divisione il continente, la classe
la nazione, l’ordine la regione, la famiglia il comune di appartenenza, il genere il cognome,
la specie il nome.
In definitiva, il nome completo di un fungo viene dato da un binomio che è rappresentato
dal genere (cognome) scritto col primo carattere maiuscolo e dalla specie (nome) col
primo carattere minuscolo, di solito seguita o dalla varietà o dell'autore che ha pubblicato
per primo la specie, talvolta seguito ancora da successivi autori che ne hanno modificato
la tassonomia (es. il porcino nero si chiama Boletus aereus Bulliard: Fries). Il
riconoscimento di una specie avviene alla fine di un’attenta osservazione di tutti i suoi
caratteri morfologici, ecologici ed organolettici, e a volte (come per i professionisti)
anche da osservazioni microscopiche di alcune parti significative (come le spore, ecc.).
L'osservazione dei caratteri organolettici, quando è possibile ci permette di valutare
caratteristiche come l’odore e il sapore; ma per una corretta determinazione è importante
anche un’attenta e scrupolosa osservazione della morfologia del fungo come: il cappello,
l’imenio, il gambo, i veli, la carne, ecc.

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Non meno importante è ancora l'ecologia o meglio dire l’osservazione dell’ambiente


circostante al luogo di ritrovamento del fungo, al fine di tenere presente tutte le piante ed
ogni altro elemento che si trovano in un raggio di almeno 20 metri, che possono risultare
importanti per una più corretta identificazione.

Caratteri organolettici
Il sapore é importante per identificare le specie dei diversi generi, specialmente riferito al
lattice dei lattari, oppure alla carne dei boleti. Può essere dolce, amaro, acre, pepato, di
farina, di ravanello, legnoso, di pesce, ecc. Questo si può percepire subito o dopo una
adeguata masticazione. L’odore è importante per determinare il genere che si vuole
analizzare, basandosi sugli odori delle specie note e farne il confronto.

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Morfologia
Vi proponiamo nella figura 1 i disegni schematici di alcuni funghi, riproducendo le forme e
le famiglie più comuni e più note con la rispettive denominazioni principali. Ogni specie ha
delle caratteristiche specifiche che vanno osservate, specialmente quelle che rendono
possibile la differenza rispetto al sosia pericoloso. Di seguito saranno evidenziate le
principali caratteristiche morfologiche delle diverse parti di cui è costituito il carpoforo
(cappello, imenio, gambo, veli, carne).

Cappello

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Gli elementi importanti da osservare, alcuni rappresentati nella figura 2 con disegni
schematici, sono: le dimensioni del diametro; il colore nei diversi stadi di crescita e
condizioni atmosferiche; l'aspetto morfologico. Quest'ultimo può essere: convesso,
depresso, pianeggiante, globoso, ecc.; il disco (la parte centrale) può risultare: umbonato,
ombelicato; il margine (la parte periferica) può essere: liscio, striato, involuto; il
rivestimento può essere: viscido, asciutto, igrofano, verrucoso, squamato, fibrilloso,
zonato, ecc.

Imenio
L'imenio costituisce la parte fertile del carpoforo, cioè dove si trovano le spore; nel nostro
caso è costituito da lamelle, da tubuli oppure da aculei. È un particolare di grande aiuto

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per la determinazione. Nel caso delle lamelle possono essere rispetto al gambo: distanti,
smarginate, adnate o decorrenti. Delle lamelle va anche osservato il colore ed il loro
portamento. Rispetto a quest’ultimo aspetto le lamelle si posso presentare: rade, fitte, con
lamellule, biforcate.
Sui tubuli va osservato: colore e presenza di viraggio. Nei pori (estremità dei tubuli) va
osservato: il colore, se concolore ai tubuli oppure differente, nonché la loro forma.
Sugli aculei vanno osservati: il colore e l'inserzione sul gambo.

Gambo
Importanti da osservare sono: le dimensioni in proporzione al diametro del cappello; si
dice corto se la sua lunghezza é molto inferiore, medio se é all'incirca uguale, grande se é
più lungo; la posizione rispetto all’inserzione sul cappello: centrale, eccentrico, laterale; la
sua forma risulta: cilindrica, obesa, claviforme; la base: normale, attenuata, bulbosa,
radicata, volvata; la struttura: omogenea, eterogenea, piena, cava; se la superficie é
concolore al cappello oppure diversa; l'ornamentazione può essere, reticolata, granulosa,
fibrillosa, squamata; la presenza di veli.

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Veli
Alcuni generi appena nati, per proteggere il carpoforo, sono avvolti da un velo generale,
detto anche universale, che lo copre interamente (ad esempio nello stato di ovulo delle
amanite); alcuni altri generi da giovani sono muniti di veli parziali, i cosiddetti anelli, a
protezione dell'imenio.

Carne
Va distinta la carne del cappello da quella del gambo; accertare la presenza di lattice o
meno; la consistenza può essere: compatta, molle, fibrosa, cassante, il colore iniziale e la
possibile presenza di viraggio (cambiamento di colore).

CARATTERISTICHE ECOLOGICHE
L'ecologia di un fungo, detta anche habitat, riguarda l'ambiente di crescita in relazione
anche alle piante con cui convive. Le caratteristiche ecologiche sono anche aspetti di
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crescita che ogni specie manifesta; in particolarmente si dice: solitario quando cresce
singolo, gregario quando diversi esemplari crescono vicini, cespitoso quando diversi
esemplari sono uniti alla base, allineati che crescono in fila, a circolo crescenti a forma di
cerchio; oppure, terricolo che cresce sulla terra e lignicolo sul legno .

LA RACCOLTA
Il modo corretto per la raccolta del fungo è raccoglierlo intero, esercitando sul gambo, ove
possibile, una breve e delicata torsione.
Per quanto riguarda l’abbigliamento del raccoglitore, pur non essendoci regole precise, si
consiglia di utilizzare:
- vestiti a strati in modo da potersi spogliare o rivestire a seconda delle necessità;
- coprire gambe e braccia per evitare graffi, punture di insetti o morsi velenosi;
- calzature comode ed adatte alle caratteristiche del terreno ed alle condizioni
meteorologiche;
- coltello per la sommaria pulizia dei funghi raccolti e cesto forato per il loro trasporto.

MICOTOSSICOLOGIA
Generalità e contaminazione dei funghi
Per quanto riguarda il potere nutritivo dei funghi, si deve ricordare che questi non possono
essere considerati a tavola un alimento indispensabile all'alimentazione umana. E' vero
che possono essere eccellenti dal punto di vista organolettico e che contengono anche

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sostanze con alto valore nutritivo, ma in quantità così ridotte, se paragonati ad altri
alimenti, da rendere inaccettabile un'alimentazione solo a base di funghi. Si calcola che
l'equivalente di un chilo di carne bovina sia di qualche decina di chili di canterelli!
La composizione media di un fungo è per il 90% d'acqua, per il 3% di proteine, per il 3,5%
di carboidrati e per il resto di grassi, di sostanze minerali, di fibre grezze, di vitamine e di
aromi. In paragone ad altri alimenti, l'apporto nutritivo più rilevante è in sostanze minerali
(soprattutto potassio e acido fosforico).

Purtroppo a volte però possono causare spiacevoli conseguenze. Non tutte le persone
riescono a digerire i funghi, indipendentemente dal loro grado di commestibilità, ciò si può
verificare sia con i funghi che con altri alimenti. Esistono anche allergie individuali per una
o più specie fungine. Non sempre gli avvelenamenti che si verificano dopo aver
consumato funghi sono da imputare alla loro tossicità. Infatti si rischia un'intossicazione
alimentare se:
● i funghi sono stati tenuti in buste di plastica;
● il fungo secco viene messo a bagno in contenitori non idonei;

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● alla raccolta il fungo risultava congelato e scongelato più volte;


● ne viene consumata una grande quantità (l'O.M.S raccomanda di non superare 250
grammi di funghi freschi o 25 grammi secchi, alla settimana);
● il fungo è ipermaturo (cioè vecchio e in fase di decomposizione);
Si calcola che circa un terzo degli avvelenamenti da funghi sia solo di origine psichica;
spesso i funghi vengono consumati con superficialità e soltanto dopo si inizia a riflettere
sulla loro commestibilità, ecco perché è importante rivolgersi a micologi esperti o agli
Ispettorati Micologici presenti in ogni A.S.L. (in questo caso i carpofori devono essere
raccolti interi per facilitarne l’identificazione).
La commestibilità deve essere riferita, in ogni caso, a funghi sani e in buono stato. I funghi
dal precario stato di conservazione, dovuta alla degradazione temporale o ambientale,
possono essere oltre che poco appetibili anche decisamente pericolosi.
L’ambiente nel quale il fungo cresce può produrre effetti negativi sulla sua commestibilità.
Sono da eludere, in proposito, le credenze popolari come il chiodo arrugginito e il morso
della vipera. Considerare invece importanti gli effetti che gli elementi inquinanti hanno sui
funghi, come l’uso di pesticidi in agricoltura che producono una sorta di tossicità indiretta,
oppure la vicinanza dei funghi ad arterie stradali ad alto scorrimento di traffico o a zone
industriali e minerarie. Alcune specie di funghi infatti hanno la capacita di assorbire metalli
pesanti e isotopi radioattivi. Tra le sostanze più pericolose assorbite dai funghi spontanei
vi possono essere: cesio, mercurio, piombo e cadmio.

Avvelenamento da Funghi
Fatte queste ultime note di attenzione possiamo incominciare il ragionamento sulla
tossicità come elemento caratteristico dividendo i principi tossici in due grandi categorie:
 principi termolabili (eliminabili);
 principi termostabili (ineliminabili).
Per le tossine termolabili cioè eliminabili col calore è necessario cuocere i funghi ad una
temperatura di 70 °C circa. Siamo in presenza di principi tossici la cui intensità è molto
variabile così come lo è il grado di disturbo causato; la pericolosità è però relativa essendo
sufficiente una cottura completa (minimo 15 minuti) per scongiurare pericoli. Tra i funghi
che sono portatori di tali principi ricordiamo: Amanita junquillea, Amanita rubescens, le

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Amanita del gruppo vaginata (sottogenere Amanitopsis), Armillaria mellea s.l., Lepista
nuda, Clitocybe nebularis, Russula olivacea (e verosimilmente altre congeneri del
medesimo gruppo), i Boletus del gruppo del luridus, le Morchella, le Helvella, le Peziza,
etc.
Ben più pericolosi sono i principi tossici della seconda categoria; infatti qualsiasi intervento
operiamo sul fungo (bollitura, essiccamento, etc)i non modificano le sue caratteristiche di
tossicità. Anche in questo caso abbiamo varie gradazioni di tossicità che vanno da lievi
dolenzie a gravi e gravissimi avvelenamenti che possono culminare con la morte.
Certamente in molte sindromi la gravità è commisurata alla quantità ingerita, ma in molti
casi i principi tossici sono così nocivi che bastano pochi grammi di fungo per produrre esiti
disastrosi. I principi termostabili, ovvero ineliminabili anche con prolungata cottura, che
risiedendo nei funghi possono dare adito a due tipi di sindrome: a lunga o a breve latenza.
Al di là dell’intensità dell’avvelenamento è del tutto ovvio che le forme più pericolose sono
quelle a lunga latenza perché l’insorgenza ritardata della sintomatologia fa sì che gli
interventi curativi si possono praticare quando ormai i principi tossici sono saldamente
instaurati e il materiale ingerito è in buona misura già assimilato. Invece la precocità del
sintomo rende possibile, da un lato gli interventi curativi tempestivi e dall’altro la rimozione
indotta dell’ingerito non ancora del tutto assimilato. Da quanto detto emerge un concetto
importante: la diagnosi precoce è, comunque, un mezzo decisivo per una cura il più
possibile efficace. La capacità, da parte dell’intossicato, di descrivere appropriatamente il
fungo colpevole dell’avvelenamento è un utile strumento per la cura, così come lo è il
recupero di qualsiasi residuo fungino, sia esso crudo, cotto o emesso con vomito che,
tempestivamente inviato a un micologo, consentirà di risalire alla/e specie in questione e
permetterà di intraprendere l’iter curativo più idoneo.
La complessità della tossicologia non consente di consigliare un rimedio di pronto
soccorso valido per ogni tipo di sindrome; occorre che, ai primi sintomi, si contatti un
medico o meglio se si raggiunge al più presto un pronto soccorso ospedaliero. E’
comunque buona norma non cibarsi di funghi sconosciuti o dubbi.

Sindrome falloidea: è il caso più pericoloso e ad esso sono riferibili la maggior parte dei
decessi. Specie responsabili: Amanita phalloides , A. verna, A. virosa, Galerina marginata,

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Conocybe filaris, Lepiota helveola, L. josserandii e sicuramente numerose altre piccole


Lepiota. La latenza va dalle 7 alle 24-30 ore (quando non ingerita in commistione con altre
specie). I principali sintomi si distinguono in:
I fase, disturbi gastrointestinali (nausea, vomito alimentare poi biliare, diarrea coleriforme),
disidratazione con conseguente ipotensione, sete intensa, dolori addominali;
II fase, apparente miglioramento;
III fase, insufficienza epatica acuta e comparsa di ittero, coagulopatia, talvolta grave
disidratazione con insufficienza renale funzionale, sopore, coma e possibile decesso. In
ogni caso, in conseguenza dell’insufficienza epatica acuta, il fegato potrà essere
irreversibilmente compromesso, fino a necessitare di trapianto.

Sindrome orellanica: specie responsabili: Cortinarius orellanus, C. speciosissimus, loro


varietà e specie affini (Cortinari dalle colorazioni rosse, rosso mattone, fulvastre, arancioni,
giallo-verdastre). La latenza: varia dalle 4-48 ore, fino a 20 giorni, eccezionalmente anche
di più. I principali sintomi:
I fase (quando presente), disturbi gastrointestinali (nausea, vomito alimentare, diarrea,
dolori epigastrici), disidratazione con conseguente ipotensione, sete intensa, dolori
addominali;
II fase, silente da 3-4 a 20 giorni e più; III fase, insufficienza renale acuta caratterizzata da
dolori lombari, sete, crampi muscolari, tremore, aumento e diminuzione della secrezione di
urina, nausea, vomito biliare, iperazotemia, uremia, coma e possibile decesso. In ogni
caso, in conseguenza dell’insufficienza renale acuta, può essere necessario il trattamento
emodialico (spesso permanente) o trapianto del rene.

Sindrome giromitrica: specie responsabili: Gyromitra esculenta e altre congeneri. La


latenza varia da 5-6 a 24 ore e più. I principali sintomi sono disturbi gastrointestinali
(nausea, vomito alimentare poi biliare, diarrea), cefalea, disidratazione, dispnea;
successivamente interessamento epato-renale con lesioni al fegato e ai reni, comparsa di
ittero e insufficienza epatica. Possono inoltre presentarsi emolisi, disturbi neuropsichici
(irrequietezza, agitazione psicomotoria, delirio), disturbi visivi, arresto cardiaco e morte.

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Sindrome paxillica: specie responsabili: Paxillus involutus e, verosimilmente,


filamentosus). La latenzava da 1 a 9 ore e più, talvolta soltanto a seguito di ingestioni
successive ravvicinate. I principali sintomi:
I ingestione: manifestazione gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea, dolori intestinali);
II ingestione e successive: crisi emolitica, sensibilizzazione anticorpale solo emopoietica,
responsabile di una forma anafilattica e enterica, ittero, emoglobinuria, oliguria, grave
anemia, collasso shock e possibile morte. A Paxillus involutus veniva attribuita in passato
una grave tossicità allo stato crudo, ma veniva accreditata una buona commestibilità da
cotto.
Le sindromi a breve latenza si distinguono in:
Sindrome muscarinica: specie responsabili: Clitocybe "gruppo bianche" tra cui, Clitocybe
cerussata, C. dealbata, C. rivulosa, e numerose Inocybe, (I. rimosa o I. fastigiata). La
latenza va da 15-30 minuti a 4 ore circa. I principali sintomi sono disturbi gastrointestinali
(nausea, vomito alimentare, diarrea, dolori epigastrici), sudorazione profusa con
ipersecrezione di liquidi da naso, bocca e bronchi, disidratazione, tremori, brividi,
restringimento della pupilla e rallentamento del ritmo cardiaco (miosi e bradicardia),
ipotensione e, talvolta, collasso cardio-circolatorio.

Sindrome panterinica: specie responsabili: Amanita pantherina e A. muscaria , loro


varietà e forme. La latenza: da 15-30 minuti a 4 ore circa. I principali sintomi sono disturbi
neuropsichici (euforia, ebbrezza, collera, stato confusionale), dilatazione e restringimento
della pupilla a fasi alterne, incoordinazione dei movimenti volontari, eccitazione o
depressione del sistema nervoso centrale, possibili convulsioni, raramente morte.

Sindrome psilocibinica e psicotropa: specie responsabili: Pluteus salicinus, Inocybe


aeruginascens, numerose specie dei generi Panaeolus e Psilocybe; sono sospette
Gymnopilus spectabilis, Mycena pura, sue varietà e specie affini, alcune Stropharia,
Conocybe. La latenza varia da 15 minuti a 2 ore circa. I principali sintomi sono disturbi
gastrointestinali, formicolio, delirio, allucinazioni visive e olfattive, depersonalizzazione,

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sensazione di sognare (stato onirico), depressione, talvolta agitazione psicomotoria e


mania suicida.

Sindrome coprinica: specie responsabili: Coprinus atramentarius e specie affini. La


latenza varia da 2-6 a 48 ore e più, in concomitanza con l’assunzione di bevande
alcoliche. I principali sintomi sono analoghi a quelli prodotti da antabuse: arrossamento
della cute (eritema) prevalentemente di viso, collo e cuoio capelluto, tachicardia,
ipotensione, vertigini, perdita delle forze, sudorazione e stordimento.

Sindrome gastroenterica e lassativa: si tratta di intossicazioni di solito passeggere e a


conclusione benigna, la cui gravità varia dai banali fatti lassativi a situazioni ben più
virulente e gravi; responsabili sono una lunga serie di funghi dichiarati "tossici".
Specie responsabili: Entoloma sinuatum, Tricholoma pardinum, T. sulphureum,
Omphalotus olearius; Macrolepiota venenata; Boletus satanas; Hypholoma fasciculare e
H. sublateritium; Hebeloma sinapizans, H. crustuliniforme e altre congeneri; gli Agaricus
del gruppo A. xanthodermus; Russula e Lactarius acri; Ramaria pallida e R. formosa; tutti
gli Scleroderma e i Choiromyces; Sarcosphaera crassa. Molte altre specie sono quanto
meno sospette. Intossicazioni analoghe si sono riscontrate anche in seguito al consumo di
specie normalmente dichiarate "commestibili": in particolare, Clitocybe nebularis, Armillaria
mellea s.l., Macrolepiota del gruppo rhacodes, Leucoagaricus leucothites e persino i
Boletus del gruppo dell’edulis. Mentre per le prime è ormai accertata almeno una tossicità
di tipo termolabile, per L. leucothites pare si possa asserire che il fungo, abitudinario di
parchi e giardini anche urbani, sia veicolo di una tossicità indotta e assorbita da terreni
inquinati. Sconcertano, ma occorre prenderne atto, le problematiche insorte relativamente
al consumo dei porcini. La latenza è veloce, a volte già alla fine del pasto, di norma entro
6-8 ore, ma per A. mellea s.l. e C. nebularis, la latenza può raggiungere le 10-12 ore. La
sintomatologia può variare notevolmente: da semplice dissenteria a coinvolgimento di tutto
l’apparato gastrointestinale con nausea, vomito, cefalea, vertigini, sudorazione, dolori
epigastrici, etc. Per quanto concerne le intossicazioni da A. mellea s.l. e da C. nebularis la
sintomatologia prevede prevalentemente: vomito, diarrea, dolori e crampi addominali a
volte con frequenza e intensità tali da simulare una sindrome falloidea che impone un

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trattamento aggressivo in attesa e/o in mancanza di riconoscimento micologico.

Infine ribadiamo: limitate il consumo di funghi e, soprattutto, sottoponeteli a opportuna


cottura.
Cenni di legislazione
Oltre alla Legislazione Nazionale, Legge 23 agosto 1993 n° 352 e D.P.R. 14 luglio 1995 n°
376, la Regione Lazio ha promulgato una Legge che di seguito si pubblica in estratto:
Legge Regionale. 5 agosto 1998, n. 32.
Disciplina della raccolta e della commercializzazione dei funghi epigei spontanei e di altri prodotti del sottobosco.
IL CONSIGLIO REGIONALE
HA APPROVATO
IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE
PROMULGA
la seguente legge:
RACCOLTA DEI FUNGHI EPIGEI SPONTANEI E DI ALTRI PRODOTTI DEL SOTTOBOSCO
1. (Finalità)
1 Con la presente legge la Regione disciplina la raccolta e la commercializzazione dei funghi epigei spontanei, nel rispetto dei principi
fondamentali stabiliti dalla legge 23 agosto 1993, n. 352 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché, in conformità con quanto
previsto dall'articolo 10, quarto comma, della legge 27 dicembre 1977, n. 984, di altri prodotti del sottobosco, al fine di tutelare la
conservazione e l'incremento del patrimonio naturale regionale e la salute pubblica.
2. (Ambito di applicazione)
1. I prodotti del sottobosco disciplinati dalla presente legge sono:
a) funghi epigei spontanei;
3. (Limiti di raccolta)
1.La raccolta giornaliera procapite di funghi epigei spontanei commestibili è determinata complessivamente in tre chilogrammi, salvo
che il raccolto sia costituito da un unico esemplare o da un solo cespo di funghi concresciuti.
2. Al fine di impedire la raccolta di esemplari fungini immaturi o troppo piccoli sono stabilite le seguenti dimensioni minime del diametro
del carpoforo:
a) Amanita caesarea (ovolo buono) cm. 4;
b) Boletus edulis e relativo gruppo (porcino) cm. 4;
c) Clitocybe geotropa (agarico geotropo) cm. 4;
d) Macrolepiota procera e simili (mazza di tamburo) cm. 5;
e) Agaricus campestris (prataiolo) cm. 4;
f) Russula virescens (verdone) cm. 4.
Per tutte le altre specie la dimensione minima è determinata in cm. 3.
3. I limiti di cui al comma 2 possono essere superati se il raccolto è costituito da un solo cespo di funghi concresciuti.
4. Per ragioni di ordine ecologico e sanitario è vietata la raccolta della Amanita caesarea allo stato di ovolo chiuso, vale a dire con velo
universale privo di lacerazione naturale e spontanea.
5. La raccolta di funghi epigei spontanei non commestibili è consentita solo per scopi didattici e scientifici nel limite giornaliero di cinque
esemplari per singola specie o varietà.
4. (Autorizzazione alla raccolta dei funghi epigei spontanei)
1. La raccolta dei funghi epigei spontanei è subordinata al possesso di un apposito tesserino regionale di autorizzazione, rilasciato dalla
Provincia, che abilita a tale attività sull'intero territorio regionale. La Provincia può delegare il rilascio del tesserino ai Comuni.
4. Il tesserino è personale e non cedibile e può essere rilasciato a persone non minori di anni quattordici. Chiunque sia in possesso di
più di un tesserino è perseguibile ai sensi di legge. In caso di sottrazione, smarrimento o deterioramento, il titolare, per ottenere il
duplicato del tesserino, deve rivolgersi all'ente competente, dimostrando di aver provveduto alla denuncia dell'avvenuta perdita alla
autorità di pubblica sicurezza.
5. La domanda di rilascio del tesserino, presentata all'ente competente su apposito modulo, deve essere corredata di:
a) attestazione di frequenza di un corso di formazione micologica della durata minima di dodici ore svolto dalle Aziende Unità Sanitarie
Locali (USL), dagli enti locali, dalle associazioni micologiche di rilevanza nazionale o regionale e da enti pubblici o privati, sulla base di
uno schema unico di programma approvato dal Presidente della Giunta regionale, su proposta degli Assessori regionali competenti;
8. Il tesserino è rinnovabile alla scadenza a mezzo di del contributo annuale di cui all'articolo 5, salvo quanto disposto dall'articolo 6.
10. Ciascuna Provincia determina annualmente, con provvedimento da pubblicarsi sul Bollettino Ufficiale della Regione (BUR), i quattro
giorni della settimana in cui è possibile effettuare la raccolta, salvo quanto disposto dall'articolo 6
11. Ai minori di anni quattordici è consentita la raccolta, purché accompagnati da persona munita di tesserino. I funghi raccolti dal
minore concorrono a formare il quantitativo procapite giornaliero di raccolta consentito.
12. Il tesserino e la ricevuta di versamento del contributo annuale di cui all'articolo 5 devono essere esibiti, su richiesta, agli organi
preposti alla vigilanza.
5. (Contributo annuale per la raccolta dei funghi epigei spontanei)
1. I raccoglitori di funghi epigei spontanei sono tenuti al versamento, su conto corrente postale, di un contributo annuale di lire 50mila a
favore dell'ente preposto al rilascio del tesserino regionale di autorizzazione, quale rimborso per le spese sostenute dall'ente medesimo.

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2. Il versamento, nonché il periodo di validità annuale del contributo di cui al comma 1, è da riferirsi alla data di rilascio ovvero di rinnovo
del tesserino regionale di autorizzazione.
3. Il contributo di cui al comma 1 non è dovuto qualora:
a) non si eserciti l’attività di raccolta dei funghi durante l’anno;
b) i raccoglitori di funghi epigei spontanei abbiano superato il sessantacinquesimo anno di età.
9. ( Modalità di raccolta)
1. La raccolta dei funghi epigei spontanei e degli altri prodotti del sottobosco è vietata durante le ore notturne, da un'ora dopo il tramonto
a un'ora prima della levata del sole.
2. Nella raccolta dei funghi epigei spontanei e degli altri prodotti del sottobosco è vietato l'uso di rastrelli, uncini o altri mezzi che
possano danneggiare lo stato umifero del terreno, il micelio fungino o l'apparato radicale della vegetazione.
3. E' vietato calpestare, danneggiare e distruggere la flora fungina anche delle specie non commestibili.
4. Il carpoforo raccolto deve conservare tutte le caratteristiche morfologiche atte a consentire la sicura determinazione della specie. E'
fatto obbligo ai raccoglitori di pulire sommariamente i funghi all'atto della raccolta e di riporli e trasportarli in contenitori rigidi ed aerati atti
a consentire la dispersione delle spore. E' vietato in ogni caso l'uso di contenitori di plastica per tutti i prodotti del sottobosco.
5. E' vietata la raccolta e l'asportazione, anche a fini di commercio, della cotica superficiale del terreno, salvo che per opere di
regolamentazione delle acque, per la manutenzione ordinaria e straordinaria della viabilità e per le pratiche colturali, fermo restando
l'obbligo dell'integrale ripristino dello stato dei luoghi.
10. (Divieti di raccolta)
1. La raccolta dei funghi epigei spontanei e degli altri prodotti del sottobosco è vietata:
a) nelle riserve naturali integrali regionali;
b) nelle aree ricadenti in parchi e riserve naturali regionali, individuate dai relativi organismi di gestione;
c) nelle aree specificamente interdette dalla Giunta regionale, su proposta degli enti locali interessati e sentita la commissione tecnico-
consultiva di cui all'articolo 12, per motivi silvo-colturali ovvero perché ritenute di particolare valore naturalistico o scientifico;
d) nelle aree ricadenti in parchi nazionali e riserve naturali statali, salvo diverse disposizioni dei competenti organismi di gestione.
2. La raccolta è altresì vietata nei giardini, nei parchi privati per tutta la loro estensione, e nei terreni di pertinenza degli immobili ad uso
abitativo per un raggio di almeno 100 metri, salvo che ai proprietari.
3. E' vietato inoltre raccogliere i funghi e gli altri prodotti del sottobosco nelle aree urbane a verde pubblico e per una fascia di 10 metri
dal margine delle strade di viabilità pubblica, nonché nelle aree recuperate da ex discariche e nelle zone industriali.
13. (Ispettorati micologici
1. Presso ogni azienda USL è istituito un centro di controllo micologico pubblico denominato ispettorato micologico, con funzioni, tra
l'altro, di informazione, identificazione e controllo dei funghi per prevenire fenomeni di intossicazione, nonché di supporto tecnico agli
ospedali in caso di intossicazione.
2. Gli ispettorati micologici sono istituiti utilizzando strutture già operanti e personale già dipendente delle aziende USL. 3. Gli ispettorati
micologici possono avvalersi, tramite apposita convenzione, ed escludendo in ogni caso l'instaurazione dí rapporti di lavoro dipendente,
della collaborazione delle associazioni micologiche di rilevanza nazionale o regionale per lo svolgimento delle funzioni di riconoscimento
delle specie fungine destinate all'autoconsumo e per altre attività.
14. (Corsi di formazione)
1. Le Province, i Comuni, le Comunità montane, le aziende USL, le associazioni micologiche di rilevanza nazionale o regionale e gli enti
pubblici o privati organizzano e svolgono, nell'ambito della programmazione regionale in materia di formazione professionale, corsi di
formazione micologica finalizzati al rilascio dell'attestazione di cui all'articolo 4, comma 5, lett. a), ovvero corsi per il conseguimento
dell'attestato di micologo secondo i criteri e le modalità di cui al decreto del Ministero della sanità 29 novembre 1996, n. 686, anche in
vista della assegnazione di personale agli ispettorati micologici.
15. (Vigilanza)
1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è demandata al personale del Corpo forestale dello Stato, ai nuclei
antisofisticazione e sanità dell'Arma dei Carabinieri, alle guardie venatorie provinciali, agli organi di polizia urbana e rurale, agli operatori
professionali di vigilanza ed ispezione delle aziende USL, alle guardie giurate campestri, agli agenti di custodia dei consorzi forestali e
delle aziende speciali, alle guardie giurate volontarie ed agli uffici di sanità marittima, aerea e di confine terrestre del Ministero della
sanità.
2. Le guardie giurate volontarie, addette ai compiti di vigilanza, devono possedere i requisiti di cui all'articolo 138 del testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, ed essere riconosciute dal Prefetto competente per territorio.
3. Nelle aree protette nazionali e regionali la vigilanza viene svolta con il coordinamento degli enti di gestione.
16. (Sanzioni)
1. Per le violazioni delle disposizioni di cui al presente capo, salve le sanzioni più severe eventualmente stabilite dalle leggi vigenti, si
applicano le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
a) da lire 100mila a lire 200mila per chi
1) esercita la raccolta senza avere versato il contributo annuale di cui all'articolo 5;
2) contravviene alle disposizioni relative ai limiti di raccolta di cui all'articolo 3;
b) da lire 100mila a lire 300mila per chi:
1) esercita la raccolta dei funghi in giorni della settimana diversi da quelli stabiliti dalla Provincia ai sensi dell'articolo 4, comma 10;
2) esercita la raccolta dei funghi in periodi di divieto ai sensi dell’articolo 11;
3) esercita la raccolta dei funghi nelle aree riservate ai sensi dell'articolo 6,comma 5;
c) da lire 200mila a lire 600mila per chi:
1) esercita la raccolta dei funghi senza il prescritto tesse-rino regionale di autorizzazione;
2) esercita la raccolta dei funghi nelle aree vietate a norma dell'articolo 10;
3) contravviene le disposizioni relative alle modalità di raccolta di cui all'articolo 9;
d) da lire 50mila a lire 100mila per le violazioni delle disposizioni di cui al presente capo non espressamente sanzionate.
medesima.
3. Ogni violazione delle disposizioni di cui al presente capo, fermo restando l'obbligo della denuncia all'autorità giudiziaria per i reati
previsti dalla legge ogni qualvolta ne ricorrano gli estremi, comporta altresì la confisca del prodotto raccolto che deve essere

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consegnato ad enti di beneficenza ed assistenza ovvero ai soggetti titolari delle aree tabellate a raccolta riservata nel caso di prodotto
raccolto nelle aree medesime.
4. Nei casi di recidiva delle violazioni di cui al comma 1, lett. c), nn. 2 e 3, l'autorizzazione alla raccolta dei funghi è sospesa per un
periodo di un anno.
5. Per l'accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui al presente capo e per l'irrogazione delle relative sanzioni si applicano le
disposizioni contenute nella legge 24 novembre 1981, n. 689 e nella legge regionale 5 luglio 1994, n. 30.
6. Delle sanzioni comminate per le violazioni di cui al comma '1, lett. c), nn. 2 e 3, viene apposta annotazione sintetica sul tesserino
regionale di autorizzazione.

Ricordiamo che il bosco ci ospita, quindi non disturbiamo con urla e schiamazzi, non
lasciamo nulla che non sia biodegradabile. Approfittiamo della sua ospitalità per rilassare
la mente ed il corpo, guardare con curiosità lo spettacolo che ci viene offerto,
meravigliandoci del perfetto disegno della natura. La sera a casa, saremo soddisfatti per
aver trascorso una giornata particolare.

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