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Musica nel Silenzio


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Musica nel Silenzio


La Musica all’epoca del Cinema Muto
La Musica del Cinema Muto

di Alfredo Baldi Categorie

La musica nel film ha sullo spettatore un


 Cinema
effetto soprattutto emotivo ed è per questa via
che partecipa alla narrazione; essa  Cineturismo
contribuisce a svolgere il racconto, a
commentarlo, a stabilire la relazione emotiva e  Colonna Sonora
cognitiva che lo spettatore intrattiene con la
storia raccontata. Semplificando, la musica  Eventi
può svolgere una funzione empatica, si
identifica cioè con il personaggio e l’azione,  Famiglia FELLINI
diviene come un’estensione e un
 FELLINI STORY
prolungamento delle emozioni che ne
scaturiscono, fino a divenire il riflesso
 FotograMa CinematograMca
simbolico di queste emozioni, amplificandole:
un tema romantico che accompagna una  FotograMa Professionale
musica nel Mlm muto
scena d’amore, un tema incalzante su una
scena d’azione, ecc. All’opposto, la musica  FRANCESCA FABBRI FELLINI
può essere anaempatica, cioè sviluppare sentimenti ed emozioni di segno contrario alle immagini che l’accompagnano, creando tra
questi due canali espressivi un effetto di dissonanza. In entrambi i casi, comunque, lo spettatore è stimolato dalla musica abbinata alle  Interviste
immagini in senso emotivo, immediato. Una terza funzione della musica esige invece da parte dello spettatore un ascolto più
intellettuale, un’interpretazione. La musica in questo caso è portatrice di valori simbolici che offrono una lettura delle immagini,  LA FELLINETTE
contiene elementi utili alla comprensione, all’interpretazione, appunto, del racconto. Questa funzione della musica è detta funzione di
 La Fellinette Press-Release
contrappunto didattico: la musica esprime un concetto e guida lo spettatore alla comprensione di un’idea.

 Letteratura
Queste modalità di ascolto si amplificano e si evidenziano con
maggiore intensità nel cinema muto, poiché qui gli altri canali
 Moda
sonori – dialogo e rumori/effetti – non sono presenti e alla musica è
quindi delegato il compito di riempire (addirittura a sovraccaricare,
 Multi-Media
a volte) ogni spazio collegato all’emotività sonora. La musica nel
cinema muto è, in conclusione, un mondo: più la si studia, più si  Musica
scoprono nuove frontiere; più la si ascolta, più ci si avvicina alla
comprensione del testo filmico al quale essa è legata.  NuovaMente.net

Ma non tutti la pensano alla stesso modo. Per restare nel campo  Paparazzi
musicale “alto”, Igor Stravinskij è l’autore della famosa boutade:
«Il solo interesse della musica per film è quello di nutrire il suo  Personaggi
compositore». Egli infatti in tutta la sua lunga e prestigiosa Charly Chaplin_musica nel Mlm muto
carriera non riuscì a comporre una sola colonna sonora per film,  Pittura
pur essendosi interessato più di una volta al mondo del cinema. A
 Reportage
questo riguardo si raccontano un paio di aneddoti. Chaplin nella sua autobiografia ricorda di aver cercato di coinvolgerlo in un progetto
che prevedeva il racconto della passione di Cristo ambientata in un locale notturno. Al termine dell’esposizione di Chaplin, Stravinskij
 ScenograMa
esclamò: «Ma è una cosa sacrilega!». E se ne andò. Qualche settimana dopo, però, il musicista ebbe un ripensamento e scrisse a
Chaplin chiedendogli se era ancora disposto a una collaborazione. Ma ormai l’interesse del cineasta era svanito e tutto finì lì. Nel  Scultura
1942, invece, il compositore accettò di musicare per la Columbia il film Uragano all’alba, regia di John Farrow, un dramma
antinazista interpretato da Paul Muni e Lillian Gish. Quando fece ascoltare al pianoforte ciò che aveva scritto, però, la produzione  Storia del Cinema
non nascose alcune perplessità poiché la musica, sebbene di alto livello, non appariva del tutto adatta al film. Stravinskijnon fece una
piega: si mise sottobraccio i suoi fogli e uscì sbattendo la porta.  Teatro

Il cinema tende alla dimensione sonora fin dalla sua nascita. Ancora prima che facesse la  YOUNG IMAGE GALLERY
sua apparizione il cinema proiettato su schermo, nel Kinetoscopio di Edison (1894) la
visione delle immagini proiettate all’interno della macchina, che lo spettatore vedeva
attraverso un oculare, era accompagnata dalla musica riprodotta da un fonografo. Ma
Commenti recenti
sembra che anche la sera del 28 dicembre 1895 – nel “Salon Indien” del Grand Café, al
Boulevard des Capucins a Parigi – data di nascita ufficiale del cinematografo ad opera
dei fratelli Louis e Auguste Lumière, vi fosse un pianoforte ad accompagnare le ombre  Khalil Guida su TUNISI: atmosfera
luminose che si muovevano sul lenzuolo bianco appeso al muro. Se non proprio dalla da Mille e una Notte
prima sera, certamente dalle successive. Insomma, la necessità del suono si è sempre
sentita, non solo per un motivo pratico, coprire il rumore del proiettore, ma soprattutto per  Andrea su IL COMPLESSO DI ENNIO

ragioni psicologiche, per superare il disagio del silenzio.


 Andrea su IL COMPLESSO DI ENNIO
Il primo strumento che accompagnò le proiezioni fu appunto il pianoforte che rimase
 Cristina su Christian Costamagna –
stabilmente presente nelle sale cinematografiche fino all’avvento del sonoro. Gli accompagnatori dei film, veri professionisti del
L’Uomo che sussurra ai Cani
mestiere (uno di costoro fu Dmitrij Šostakovič che iniziò a lavorare a soli 17 anni), di solito improvvisavano seguendo il ritmo e il
movimento delle immagini, ma presto si sentì il bisogno di qualcosa di più adeguato. Alcuni pianisti iniziarono a specializzarsi nella
 Anna su MacrofotograMa
costruzione di commenti musicali dei film assemblando brani di differenti autori, scelti a seconda del genere della pellicola. Spesso,
Naturalistica
poi, questa selezione veniva trascritta e dava luogo a vere e proprie partiture musicali, seppure non originali. Le case distributrici
assecondarono questa pratica, approntando appositi libretti, i “music cue sheets”, ovvero “fogli di consigli musicali”, destinati ad
accompagnare ogni film nelle sue proiezioni, con l’obbligo per gli esercenti delle sale di far eseguire le musiche previste. Nelle sale di
prima visione delle grandi città, invece, la proiezione era molto spesso accompagnata da un’orchestra che eseguiva una partitura  Cerca...
originale, quasi sempre composta espressamente per quel film; autori ne erano compositori specializzati in questo genere, ma anche –
in casi speciali – compositori di musica “colta”, come vedremo più avanti.

Nei paesini e nelle sale di periferia, poi, le proiezioni erano frequentemente commentate da un imbonitore che spiegava e chiariva i
passaggi narrativi del film, non sempre immediatamente comprensibili dagli spettatori dell’epoca, spesso incolti e ancora poco abituati
al linguaggio delle immagini. Dobbiamo infatti pensare che nel 1911, ad esempio, ben il 46% degli italiani era analfabeta e la
percentuale era naturalmente più alta nelle campagne e nei piccoli centri. Quindi le didascalie dei film, spesso in veloce successione,
risultavano inaccessibili alla maggioranza degli spettatori e poteva facilmente risultare incomprensibile la stessa trama del film. In
conclusione, il cinema sonoro sostituì uno spettacolo che era solo parzialmente muto.

Il cantante di jazz, primo film considerato “sonoro” della storia del cinema, in realtà era
solo cantato e musicato: comprendeva 10 canzoni, 5 brani musicali originali e un
accompagnamento orchestrale pressoché continuo durante tutto il film, mentre i dialoghi
veri e propri si riducevano a meno di venti secondi. Il film, una produzione statunitense
del 1927 della Warner Bros, era diretto da Alan Crosland e interpretato da Al Jolson,
un famoso cantante di musical di origine russa che verso la conclusione della pellicola
appare vestito e truccato in black face. L’enorme successo del film determinò
l’affermazione immediata e definitiva del suono sincronizzato.

Uno dei primi compositori celebri chiamati a elaborare musiche originali per film fu
Camille Saint-Saëns(Parigi 1835 – Algeri 1921) che nel 1908 compose il commento
musicale per L’assassinat du Duc de Guise, di Charles Le Bargy e André Calmettes,
un kolossal per l’epoca anche se la durata era di soli 15 minuti. La partitura – op. 128
Al Jolson-The-Jazz-Singer
per archi, piano e harmonium – composta da un’introduzione e cinque quadri,
costituisce uno dei più precoci e cospicui contributi della musica “colta” al cinema muto.

Notevole anche l’attività di Giuseppe Becce (Vicenza 1877 – Berlino 1973), italiano ma
trapiantato in Germania a partire dal 1906, che nel 1913 fu il protagonista, ma anche l’autore
delle musiche, di Richard Wagner di Carl Froelich. A lui si devono le musiche di molti capolavori
del cinema muto tedesco, come Il gabinetto del Dottor Caligari (1919) di Robert Wiene,
L’ultima risata (1924) e Tartufo (1925) di Friedrich W. Murnau, Wege zu Kraft und Schönheit
(1925) di Nicholas Kaufmann e Wilhelm Prager, I misteri di un’anima (1926) di Georg W. Pabst.
Becce compose musica anche per molti film sonori, come La bella maledetta (1932) di Leni
Riefenstahl e lo scandaloso Estasi (1933) di Gustav Machaty, presentato al Festival di Venezia
nel 1934, nel quale la bellissima Hedwig Eva Kiesler, più nota come Hedy Lamarr, appariva
nature in una lunga sequenza tra boschi e laghetti. Per il cinema italiano Becce ha composto, tra
le altre, le partiture di Condottieri (1937) di Luis Trenker e La cena delle beffe (1942) di
Alessandro Blasetti.
Giuseppe Becce
Per concludere, voglio ricordare che Sergej Ejzenštejn, Grigorij Alexandrov e Vsevolod
Pudovkin, eminenti teorici – ma anche famosi registi – sovietici, pubblicarono il 20 luglio 1928,
sulla rivista Gisn Isskustva [Vita d’arte], la Dichiarazione sul film sonoro, poi chiamata «Manifesto dell’asincronismo», nella quale
si proponeva un uso consapevolmente antinaturalistico dell’elemento sonoro. Vi si affermava che il suono deve presentarsi asincrono e
contrappuntistico rispetto all’immagine, poiché la pura e semplice sovrapposizione della musica all’immagine corrispondente non
avrebbe fatto altro che trasformare il cinema in teatro fotografato. Così gli autori spiegavano il loro assunto: «Solo l’utilizzazione del
sonoro quale contrappunto in rapporto alla scena darà nuove possibilità allo sviluppo e al perfezionamento della regia. I primi lavori
sperimentali del cinema sonoro devono essere indirizzati nel senso di una discordanza netta con i quadri visivi. Soltanto il “contrasto”
darà la sensazione voluta, sensazione che condurrà poi alla creazione di un nuovo contrappunto orchestrale di quadri visivi e auditivi.
[…] Il metodo del contrappunto in relazione all’architettura del film sonoro non solo non indebolirà la portata internazionale del cinema,
ma porterà quest’arte ad un’altezza ed a una potenza non ancora raggiunte.»

Un’ultima considerazione, non irrilevante. Da quanto abbiamo già detto e da quanto potremo
constatare scorrendo, qui di seguito, i titoli

dei primi film e documentari sonori italiani (ma lo stesso è avvenuto,


ad esempio, negli USA), è evidente che la transizione dal cinema
muto al cinema sonoro è avvenuta grazie alla musica e tramite la
musica. I primi film del sonoro sono invariabilmente film musicati, o
comunque nei quali l’elemento “musica” è dominante e
determinante. Basti osservare, per rimanere in Italia, che i primi due
film sonori realizzati in Italia sono La canzone dell’amore, che già
nel titolo rimanda esplicitamente alla musica, e Resurrectio, di cui è
protagonista un direttore d’orchestra e nel quale l’accompagnamento
musicale (musica extradiegetica) e la musica proveniente dall’interno
RESURRECTIO di Alessandro
del film (musica diegetica) pervadono ogni momento. Se poi
Blasetti
leggiamo i titoli dei primi cortometraggi sonori prodotti dalla soc.
Cines tra il maggio 1930 e il dicembre 1931, ben 13 titoli su 26, cioè
la metà, rimandano esplicitamente alla musica o al canto.

The_Song_of_Love

Un breve elenco – chiaramente non esaustivo – dei compositori più eminenti che hanno dato il loro
contributo al cinema muto non può non comprendere:

musica nel Mlm muto

– George Antheil (Trenton 1900 – New York 1959), per Le ballet mécanique (1924) di Fernand Léger;

– Arthur Honegger (Le Havre 1892 – Parigi 1955), per due film di Abel Gance, La rosa sulle rotaie (1921) e il ciclopico Napoléon
(1927);

– Jacques Ibert (Parigi 1890 – 1962), per Un cappello di paglia di Firenze (1927) di René Clair;

– Paul Hindemith (Francoforte 1895 – 1963), per Krazy Cat and Ignatz Mouse at the Circus (1918), film statunitense di animazione; per
Im Kampf mit dem Berge (1921), documentario di Arnold Fanck sull’ascensione al Lyskamm, vetta di oltre 4.500 metri nelle Alpi
svizzere; infine per il breve film sperimentale di Hans Richter Vormittagsspuk (1928), la cui partitura è andata perduta nel 1933.

– Pietro Mascagni (Livorno 1863 – Roma 1945), per Rapsodia satanica (1917) di Nino Oxilia, il cui commento musicale mostra evidenti
reminiscenze wagneriane (uno dei protagonisti maschili si chiama Tristano);

– Darius Milhaud (Aix-en-Provence 1892 – Ginevra 1974), per L’inhumaine (1924) di Marcel L’Herbier;

– Ildebrando Pizzetti (Parma 1880 – Roma 1968), per Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone; in realtà Pizzetti scrisse di suo pugno solo
la possente Sinfonia del fuoco per baritono, coro e orchestra, della durata di 12 minuti, mentre la partitura per il resto del film, oltre tre
ore, fu composta dal suo collaboratore Manlio Mazza.

– Erik Satie (Honfleur 1866 – Parigi 1925), per Entr’acte (1924) di René Clair;

– Dmitrij Šostakovič (Pietroburgo 1906 – Mosca 1975), per La nuova Babilonia (1929) di Grigorij Kozinčev e Leonid Trauberg.

pianista-ai-tempi-del-cinema-muto

Alfredo Baldi
Nato a Roma, ha lavorato dal 1968 al 2007 al Centro Sperimentale di
Cinematogra1a dove è stato dirigente di più settori, tra cui la Scuola Nazionale
di Cinema e la Cineteca Nazionale. Studioso di storia e di tecnica del cinema,
collaboratore di trasmissioni della RAI, organizzatore di produzioni culturali
cinematograMche, è stato docente di “Linguaggio cinematogra/co”
all’Università Sapienza di Roma. Ha pubblicato su riviste specializzate più di
cento articoli e saggi, soprattutto sul cinema italiano, ed è autore o curatore di
una quindicina di volumi. Sulla censura cinematograMca in Italia, che studia Mn
dagli anni Settanta, ha pubblicato due libri, nel 1994 e nel 2002. Nel 2013 è uscito
il suo saggio Le nove vite di Valentina Cortese, dedicato alla grande diva. Nel
2018 e nel 2019 ha pubblicato due libri, dedicati alla storia del Centro
ALFREDO-BALDI
Sperimentale di Cinematogra1a e ai 70 anni della Cineteca Nazionale.

Articoli di Alfredo Baldi


– https://www.sololibri.net/Alfredo-Baldi.html

– https://www.store.rubbettinoeditore.it/alfredo-baldi

– https://www.ibs.it/libri/autori/alfredo-baldi

– https://www.youtube.com/watch?v=aVg5sMpf2IQ ….intervista a Lina Wertmuller

Di Redazione | Cinema, Colonna Sonora, Musica, Storia del Cinema | 0 Commenti

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Scritto da: Redazione

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