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σ max a
kt = = 1+ 2 (14.1)
σ0 ρ
Per determinare la tensione all'estremità di una cricca trasversale è sufficiente fare tendere ρ a 0: si osserva che kt
tende ad infinito. In teoria questo fenomeno dovrebbe provocare la propagazione immediata a causa della
progressiva rottura delle zone dove σ>σr. Tuttavia nei materiali reali il valore di tensione infinito non può essere
raggiunto e sperimentalmente si osserva che essi possono resistere alla presenza di un difetto purché la tensione σ0 si
mantenga sufficientemente bassa.
• Nei materiali duttili la zona sottoposta a tensioni più elevate subisce lo snervamento e le tensioni si mantengono
a valori prossimi a σs; si verifica una ridistribuzione delle tensioni in base alla quale, nelle zone limitrofe alla
cricca, queste ultime risultano maggiori rispetto ai valori teorici (fig.1).
• Nei materiali fragili si può creare una zona con alta densità di piccole fratture nelle vicinanze del difetto.
In qualsiasi caso una relazione di verifica del tipo k t σ ≤ σ lim non può essere utilizzata, proprio perché la
tensione massima calcolata teoricamente è priva di significato. In particolare perde di significato il fattore di
concentrazione delle tensioni kt.
1200
σy [MPa]
F=5000 kN
1000
a=80 mm
y P
800 2b=1000 mm
r
θ
x
600
C A B
σs
400
r’p
rp
200
2a a
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
x [mm]
Fig.14.1- Tensioni teoriche (linea tratteggiata) e reali all'apice della frattura. Fig.14.2 - Sistema di coordinate e lunghezza del difetto.
rp è l’estensione della zona plasticizzata.
Lo spessore della lastra è 50mm e β=1.12.
14.1
L'andamento delle tensioni cartesiane in prossimità dell'apice di una frattura è espresso dalle relazioni di Irwin,
basate sulla teoria lineare elastica, e scritte in coordinate polari secondo lo schema in fig.2:
KI
σx = cos θ 1 − sen θ sen 3θ
2π r 2 2 2
KI
σy = cos θ 1 + sen θ sen 3θ (14.2a,b,c)
2π r 2 2 2
KI
τ xy = cos θ sen θ cos 3θ
2π r 2 2 2
τyz=τzx=0; (14.3)
σ z = ν (σ x + σ y ) = 2ν
KI
σz=0 oppure (14.4a,b)
2π r
nelle quali KI (Kprimo) è il fattore di intensificazione delle tensioni, un valore costante dipendente dalla geometria
componente-difetto e dall’entità dello stato tensionale in assenza della frattura.
Nel caso di lastra sottile il materiale all'apice, soggetto ad ampie deformazioni, è libero di contrarsi per effetto
Poisson; in questo caso si ha uno stato di tensione piano con σz=0. Nel caso di lastra spessa il materiale nelle
vicinanze dell'apice, soggetto a tensioni più basse, si oppone alla contrazione in corrispondenza dell'apice, e provoca
uno stato di deformazione piano con εz=0 e una tensione σz diversa da 0 descritta dall’eq.(4b).
Le relazioni (2) possono essere poste nella seguente forma:
KI
σi = f i (θ ) (14.5)
2π r
Si noti che anche in queste equazioni se r tende a 0 le tensioni tendono ad infinito. Lungo la direzione
orizzontale per θ=0 (l’asse x) le equazioni diventano:
KI
σx =σy = τxy=0 (14.6a,b,c)
2π r
σ z = ν (σ x + σ y ) = 2ν
KI
σz=0 oppure (14.7a,b)
2π r
Secondo queste espressioni la tensione normale tenderebbe a 0 per r tendente ad infinito, cosa non vera perché
essa dovrebbe tendere a σ0; in pratica queste relazioni provengono da una serie di Taylor troncata i cui termini
omessi devono essere particolarizzati a seconda dello stato tensionale effettivamente agente. Tali termini sono
trascurabili in vicinanza dell’apice della frattura in quanto l’effetto prevalente sullo stato tensionale è quello della
singolarità; le (2-7) risultano valide per r/a<<1, in particolare r<0.1a.
dove a è la lunghezza del difetto (fig.14.2) e σ0 è la tensione agente nell’elemento in assenza del difetto.
L’espressione generale di KI, valida per differenti geometrie e stati tensionali non uniformi è la seguente:
KI = β σ 0 π a (14.9)
14.2
nella quale a è sempre la dimensione del difetto, come in fig.2, β è un fattore adimensionale che dipende dalla
geometria elemento-difetto e σ0 è una tensione di riferimento, agente in un punto opportuno dell’elemento e tipica
dello stato tensionale considerato in assenza del difetto.
Valori di KI (in pratica di β) per vari casi pratici possono essere ottenuti mediante la teoria dell'elasticità, metodi
numerici e metodi sperimentali.
La tensione σ0 nella definizione di KI data nelle (8, 9), è identificabile in modo univoco solo in alcuni casi come
quello delle lastre soggette a trazione uniforme. In questo caso σ0 coincide con la tensione che si avrebbe
nell'elemento integro in corrispondenza del difetto. E’ importante sottolineare che, nella maggior parte dei casi,
come σ0 viene assegnato il valore della tensione in un punto di riferimento, caratteristico dello stato tensionale in
assenza di difetto. La posizione di tale punto, in genere, non coincide con quella dell'apice del difetto.
In molti altri casi viene fornito direttamente un valore numerico per data dimensione della cricca che deve essere
moltiplicato per la σ0 agente nel punto specifico.
I Modi
Quanto fin qui riportato vale per carico normale al
difetto cui corrisponde il cosiddetto Modo I
(primo) di propagazione del difetto: il distacco.
Esistono altre situazioni di carico che provocano
differenti modi di propagazione (fig.3): il Modo II,
scorrimento e il Modo III, lacerazione. Il Modo I è
il più pericoloso.
KI≤Kc (14.10)
Imponendo l’uguaglianza tra il valore di KI e Kc, utilizzando la (8) o la (9), è possibile ottenere, per data
lunghezza della cricca il valore critico della tensione o, viceversa, la lunghezza critica del difetto per la tensione
assegnata
2
Kc K
σc = ac = 1 c (14.11,12)
β πa πβ σ 0
Estensione della zona plastica - raggio plastico
L’estensione della zona plasticizzata lungo l’asse x, pari ad rp, può essere stimata determinando, in primo luogo, la
distanza dall’apice della frattura alla quale la tensione equivalente teorica, ottenuta con il criterio di Tresca o di Von
Mises, raggiunge il valore di snervamento. Lungo l’asse x le tensioni σx, σy e σz, date rispettivamente dalle (6) e
dalle (7), risultano principali e la tensione equivalente di tresca nei due casi di tensione e deformazione piana è data,
rispettivamente, da
KI KI
σe = σ x = σ y = σe = σ x −σ z = (1 − 2ν ) (14.13a,b)
2π r 2π r
Imponendo σe=σs ed esplicitando rispetto ad r si ottiene:
14.3
K (1 − 2ν )
2 2
KI
rp′ = rp′ = I (14.14a,b)
2π σ s 2π σ s
Il valore ottenuto, mostrato in fig.1 relativamente al primo caso, non è pari all’estensione della zona
plasticizzata, che risulta essere maggiore. Infatti, considerando lo spessore costante, la differenza tra la σy teorica
(6b) e la tensione di snervamento dà luogo ad una forza ad unità di spessore data dalla seguente espressione:
r p′
∆F = ∫ 0
σ y dr − σ s rp′ (14.15)
Tale forza viene equilibrata da un incremento di tensione nelle zone limitrofe alla posizione r’p che rende più
ampia la zona soggetta allo snervamento. Una valutazione approssimata può essere effettuata uguagliando la forza
ad unità di spessore agente in tutta la zona plasticizzata in direzione y, pari al prodotto σsrp, alla forza che sarebbe
stata esercitata dalla tensione teorica σy (6b) agente dall’apice della frattura sino alla distanza r’p
r p′
KI
σ s rp ≈ ∫ 0 2π r
dr (14.16)
Introducendo al posto di r’p nell’estremo superiore di integrazione della (16) le espressioni (14a) e (14b), si
ottengono due espressioni valide rispettivamente per i casi di stato piano di tensione e deformazione. Tali
espressioni possono essere sintetizzate con
K I2
rp = (14.17)
α π σ s2
con α=1 e α=3, rispettivamente per i due casi citati. In fig.1 è rappresentato il primo caso. Dalla (17) risulta evidente
che, a parità di tensioni σx e σy, la zona plasticizzata risulta più estesa nel caso di stato di tensione piano (lastra
sottile).
14.4
Esempi
M
σ0 σ0 σ0 P/2
h h
b h b h b h
P
a a
a a a
P/2
b t t
t t t b
(1.) (2.) (3.)
Fig.14.5 - Esempi di difetti in lastre in trazione Fig.14.6 - Esempi di difetti in lastre in flessione
Lastre in trazione
I valori di K per piccoli α=a/b e accuratezza del 10 % nei tre casi sono dati da:
1. Per α≤0.4 ⇒ K I = σ 0 πa
2. Per α≤0.13 ⇒ . σ 0 πa
K I = 112
3. Per α≤0.6 ⇒ . σ 0 πa
K I = 112
Per valori qualsiasi di α si ha K I = β σ0 πa . I valori di β da introdurre sono i seguenti:
1 − 0.5α + 0.326α 2
1. β = (h/b≥ 1.5)
1− α
πα 2 πα
2. β = 1 + 0122
. cos4 tan (h/b≥ 2)
2 πα 2
0.857 + 0.265α
β = 0.265( 1 − α ) +
4
3. (h/b≥ 1)
(1 − α ) 2
Lastre in flessione
I 2 casi di flessione nella fig.6 sono coincidenti e si assume come σ0 il valore di tensione al bordo della lastra in
assenza di difetto dato, nei due casi, dalle seguenti espressioni:
6M 3Ph
σ0 = σ0 =
b2t b2t
Il valore di K per piccoli α e accuratezza del 10 % è dato da:
Per α≤0.4 ⇒ . σ 0 πa
K I = 112
0.923 + .
0199 1 − sen
2 πα 2
β = tan h/b elevato
πα 2 πα
cos
2
14.5